parte ii i moderni misteri del rock`n`roll

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parte ii i moderni misteri del rock`n`roll
Christopher Knowles
Storia segreta del rock
Le misteriose origini della musica moderna
Casa Editrice Arcana
Questo libro è dedicato a tutti quelli a cui il rock’n’roll ha salvato la vita.
Introduzione
Il ballo e la musica piacciono agli dèi più di riti e preghiere
IL NATYA SHASTRA
Sono cresciuto circondato dalla musica, mia madre era una musicista
professionista e ho passato una buona fetta della mia infanzia in nightclub, sale prove, teatri e vari luoghi di culto. Ma quello era solo un rumore
di fondo, il rock’n’roll era l’unica musica di cui mi importasse davvero.
Trascorrevo ore seduto a casa di mia nonna, ascoltando su un vecchio
cambiadischi automatico i 45 giri dei Beatles, degli Stones e di Elvis che
appartenevano alle mie zie e ai miei zii. Dormivo con la radio accesa,
stampigliando le buone vecchie Top 40 dei primi anni Settanta nel mio
inconscio. Più tardi, dischi come MASTER OF REALITY, HOUSES OF
THE HOLY e SHEER HEART ATTACK mi avrebbero fatto conoscere i
ricchi mondi fantastici dell’hard rock e del metal.
A un certo punto, intorno al 1978, il punk rock divenne un altro fattore
fondamentale dell’equazione, nel momento in cui una stazione Fm locale
si reinventò, per un breve periodo, come “Radio New Wave”. Spesi i soldi
del mio tredicesimo compleanno comprando NEVER MIND THE
BOLLOCKS, GIVE ’EM ENOUGH ROPE e ROCKET TO RUSSIA. Ma
Ogni Cosa entrava a far parte del mio apprendistato. Dopo il battesimo dei
megawatt, avvenuto nel 1980 grazie ai Clash, fui iniziato ai Misteri della
nascente scena hardcore, grazie alle prime formazioni di leggende del
punk di Boston come Gang Green e Jerry’s Kids, che frequentavo a scuola.
L’hardcore ispirò una vasta ma invisibile rete di band, club, fanzine ed
etichette discografiche. I volantini che annunciavano i concerti hardcore
erano del tutto incomprensibili per gli estranei, carichi com’erano di
gruppi dai nomi violenti (Minor Threat, SS Decontrol, Negative Approach,
ecc.) e arcani simboli geometrici. Gli accessori punk più comuni - chiodi,
giacche di pelle, capelli alla mohicana e quant’altro - venivano lasciati ai
poseur. Al loro posto c’era una rigorosa uniforme che prevedeva teste
rasate, magliette senza maniche (con i loghi delle band disegnati a mano),
jeans sbiancati con la candeggina, e scarpe di tela o stivali militari poco
costosi. Alcuni appartenenti alla élite hardcore abbracciavano uno stile di
vita a base di astinenza e castità noto come straight edge. I ragazzi straight
edge si riconoscevano tra loro per via delle x nere disegnate sul dorso delle
mani.
A prescindere da ciò che sarebbe accaduto in seguito, gli inizi della
scena furono magici. (Il migliore album di un gruppo hardcore era in
genere il primo). Il genere di concerto hardcore che preferivo era quello
che si teneva, letteralmente, nello scantinato di qualcuno, a cui
partecipavano i gruppi che suonavano e un gruppetto di amici. Le leggi
non erano ancora state scritte e si parlava di un estremamente piccolo
“noi” contro un oceano di “loro”. C’era, in effetti, un reale senso di
fratellanza.
E tuttavia non mi sono reso conto della misura in cui tutto questo fosse
già stato fatto in precedenza fino a quando non ho iniziato a studiare gli
antichi culti misterici, in particolare i culti legati a Mitra, così popolari
presso le legioni romane. Persino la x dello straight edge aveva un
precedente mitraico nella “croce di luce” a forma di x. Avevo letto articoli
di ogni tipo che paragonavano Woodstock e tutto il resto ai Baccanali
dell’antichità, ma ben presto avrei appreso che un gran numero di antichi
culti misterici assomigliava in modo impressionante a sottoculture
moderne e profane. Quello che trovavo particolarmente scioccante era
quanto fosse inconscio questo processo, visti gli inquietanti parallelismi tra
antichità e modernità. Ho scritto questo libro per spiegare il perché.
Scrivo anche con la speranza che la gente possa riscoprire una cultura e
una forma d’arte che troppo spesso viene data per scontata. Il vecchio
marchio d’infamia applicato al rock’n’roll non è mai davvero scomparso.
Nei gli anni Ottanta e nei primi anni Novanta c’erano dei mediocri critici
culturali alla costante ricerca di qualcosa con cui rimpiazzarlo, il che
potrebbe avere a che fare con un odio instillato dai loro genitori e
insegnanti. Dopo la morte del grunge artisti hip hop, dive della dance e
patinati musicisti country sono diventati i beniamini dell’industria
musicale, costringendo i nuovi gruppi rock a lottare per ottenere un po’ di
attenzione. La pirateria e iTunes hanno portato il formato dell’album a
perdere la posizione di leadership.
E tuttavia, in un modo o nell’altro, il rock’n’roll è sopravvissuto. Spero
di riuscire a convincervi del fatto che continua a sopravvivere, per ragioni
che sono molto forti, irrefutabili e fortemente radicate. Sopravvive perché,
in una forma o nell’altra, è sempre stato con noi, e sempre lo sarà.
Parte I Una breve preistoria del rock’n’roll
PRELUDIO
Il rock’n’roll è saltato fuori come una specie di mutante del dopoguerra,
emergendo nella sua forma compiuta con la pubblicazione di Rocket 88 o
Rock Around The Clock? Avevano ragione i genitori degli anni Cinquanta
e Sessanta quando dicevano che si trattava di una specie di intruso
degenerato atto a distruggere l’inviolabilità dell’utopia suburbana
americana? Oppure il rock’n’roll è qualcosa di molto più antico, intenso e
profondo di quei suoni sonnacchiosi, appartenuti ai crooner del Rat Pack1,
di cui prese il posto?
È possibile tracciare una linea a ritroso nel tempo partendo da un
qualsiasi punto: prendete il vostro pezzo o album rock’n’roll preferito e
risalite alle sue radici attraversando le varie tipologie di musica da ballo
afroamericana o di folk rurale. Vi imbatterete in una parte consistente di
quei mattoni che vanno a formare il suono del rock’n’roll. Ma non
troverete alcun vero precedente per quanto riguarda l’esplosione
psichedelica giovanile dell’era rock. Non troverete la fantasia, le ambizioni
rivoluzionarie o le emozioni esasperate dell’Era dell’Acquario nei juke
joint2 e nelle bettole di inizio Novecento. Non ci troverete l’intensità
esplicitamente “religiosa” che si impossessava di decine di migliaia di
ragazzine che sovrastavano con le loro grida i Beatles, i quali facevano
fatica a sentirsi a vicenda nell’isteria dello Shea Stadium.
No, per poter capire il rock’n’roll dovete risalire - andando fino in fondo
— alle origini della civiltà umana. Le droghe, i tamburi, il rumore, i
costumi stravaganti, gli spettacoli pirotecnici, le controversie e gli scandali
che hanno caratterizzato il rock’n’roll del Ventesimo secolo sono lì ad
attendervi, in templi affollati dai vostri antenati arrapati e sballati, convinti
che se fossero usciti dalle loro menti, allontanandosi dall’ego, avrebbero
potuto davvero incontrare quegli spiriti di cui i loro vicini non potevano
che limitarsi a parlare. Nelle pagine che seguiranno apprenderemo i loro
segreti e scopriremo una cultura antica e sorprendentemente simile alla
nostra. Apprenderemo il modo in cui gli antichi culti si organizzavano
intorno ad archetipi specifici, e come quegli stessi temi archetipici
sarebbero poi riemersi, perlopiù intatti, nell’era del rock, tra le varie
sottoculture e i vari generi sviluppatisi a partire da una forma musicale
derivata proprio dalla musica martellante di quegli antichi culti.
Il rock’n’roll non è semplicemente un’altra forma di musica, è una parte
indelebile dell’esperienza umana. Potrebbe essere addirittura la più antica
forma di espressione culturale della storia dell’uomo. Non è spuntato dal
nulla negli anni Cinquanta come una specie di mutante dell’Era Atomica,
si è semplicemente scrollato di dosso la polvere di secoli di repressione, si
è incarnato in un’altra forma e ha proseguito dal punto in cui si era
interrotto.
INIZIAZIONE
Pressoché chiunque sia stato adolescente tra il 1964 e il 1992 ha avuto
un concerto che gli ha “cambiato la vita”. Dal momento in cui i Beatles
sono atterrati all’aeroporto JFK a quello in cui i Nirvana hanno raggiunto
la cima delle classifiche con NEVERMIND, il rock’n’roll ha rappresentato
il centro di gravità della cultura giovanile. Al punto che persone di spicco
lo descrivevano, un tempo, come una nuova religione. Alcuni critici sociali
tiravano in ballo termini quali “dionisiaco” o “Baccanali”, parole che la
maggior parte dei fan del rock non era probabilmente in grado di
comprendere.
Sono due, in realtà, i concerti che mi hanno cambiato la vita. Il primo è
stato quello dei Clash in occasione del tour di LONDON CALLING, nel
1980. Essendo un punk rocker di tredici anni, ero rimasto estremamente
confuso dall’ascolto dell’album, che si era portato via la mia amata guerra
lampo di marca Clash, sostituendola con delle radiofoniche melodie poprock. Ma nulla di tutto ciò si manifestò al Boston Orpheum quella sera, e
quelle stesse canzoni sembravano in quella occasione lo Sbarco in
Normandia. Non avreste trovato alcuna differenza. Successivamente, Joe
Strummer avrebbe spiegato che il più delle volte era come se gli accadesse
qualcosa sul palco, qualcosa che lo spingeva a smarrire ogni coscienza di
sé trascinandolo in un furore sudato e urlante. Uno stato “sciamanico”,
direbbero gli antropologi.
L’altro concerto che mi cambiò la vita fu una specie di prosecuzione del
primo: gli U2 all’Orpheum, nel novembre del 1981. Non avevo preso nulla
prima, ma l’eccitazione e il rumore accesero la mia adrenalina e le mie
endorfine facendomi andare fuori di testa. La cosa divertente è che a
entrambi i concerti riuscivo a malapena a percepire il fatto di trovarmi in
un luogo in compagnia di altre migliaia di persone che stavano avendo
un’esperienza analoga alla mia. Mi trovavo da qualche altra parte, “dentro”
la musica. In seguito mi sarei reso conto di quanto il nome del posto,
“Orpheum”, fosse appropriato per un’esperienza del genere.
Ma c’era qualcos’altro in gioco: i Clash e gli U2 non erano delle
semplici band allora, erano degli eroi, degli “dèi” addirittura. Quei concerti
erano eventi epocali nel calendario della mia gioventù, e quelle band erano
al di fuori della parata dei gruppi rock più comuni, poiché promettevano di
“cambiare il mondo” attraverso la loro musica.
Qualcos’altro ancora mi toccò nel profondo successivamente, nel corso
di un altro concerto, quello dei Nirvana al vecchio New York Coliseum di
Columbus Circle, nel 1994. C’erano schiere di ragazzi, della stessa età che
avevo io quando avevo visto i Clash e gli U2, che si aggiravano per l’atrio
o si attardavano nei bagni mentre il gruppo rock’n’roll del momento era ad
appena una trentina di metri da loro, impegnato a suonare a tutto volume i
suoi più grandi successi. Come mai? I Nirvana stavano sicuramente
facendo la loro parte, eppure mancava qualcosa. Quello che mancava era il
“senso”, il motivo che spingeva ad aggirarsi per un’orribile stalla di
calcestruzzo e sopportare il rumore che rimbombava fastidiosamente sul
pavimento di piastrelle. Dopo più di un decennio di musica e video a
richiesta, ventiquattro ore al giorno, qualcosa si era perso.
Nel cercare di comprendere che cosa mi fosse accaduto nel 1981, e che
cosa fosse accaduto al rock’n’roll nel 1994, fini per scoprire l’origine dei
termini “dionisiaco” e “Baccanali”: le antiche religioni misteriche del
Mediterraneo orientale. Con il passare del tempo, sarei arrivato a
comprendere che il rock’n’roll è, di fatto, un diretto discendente dei
Misteri, evolutisi e adattatisi ai bisogni e alle usanze della cultura laica
americana del dopoguerra.
Che cosa offrivano i Misteri che altri culti del tempo non potessero
offrire? Quasi “esattamente” ciò che il rock’n’roll avrebbe offerto migliaia
di anni più tardi. Alcol. Droghe. Sesso. Musica ad alto volume. Fragorosi
spettacoli pirotecnici. Un senso di trascendenza, lasciare la propria mente e
il proprio corpo per entrare in un altro mondo, carico di misteri e pericoli.
Una personale connessione con qualcosa di più profondo, strano e
incredibilmente senza tempo. Un’opportunità per sfuggire alla opprimente
monotonia della vita di ogni giorno e infrangere tutte le regole della buona
società. Un luogo in cui indossare costumi stravaganti, ballare, bere e
viaggiare per tutta la notte.
I centri destinati ai culti misterici erano gli antichi corrispettivi dei club e
delle sale da concerto di oggi, motivo per cui, probabilmente, un cosi gran
numero di antichi nomi pagani di luoghi viene ancora utilizzato:
l’“Orpheum”, l’“Apollo”, l'”Academy”, il “Palladium” e via dicendo.
Proprio come nell’Era dell’Acquario degli anni Sessanta, alcuni culti
misterici erano più o meno accettabili socialmente (pensate ai Beatles),
mentre altri erano considerati il segno che il mondo stava andando a rotoli
(pensate ai Rolling Stones).
Come vedremo, tracce dei Misteri sopravvissero a lungo dopo la loro
eliminazione da parte degli imperatori cristiani, addirittura all’interno della
Chiesa stessa. E nel Diciassettesimo secolo, con l’ascesa del colonialismo
e dell’imperialismo, un estratto ancora più puro dei Misteri sarebbe emerso
dalle piantagioni del Nuovo Mondo, incominciando lentamente a
esercitare il proprio dominio sulla musica popolare e la cultura occidentali.
Niente nelle nostre società, religione, cultura e politica sarebbe più stato
come prima.
COSTRUIRE UN MISTERO
Mi piace pensare che le origini del rock'n’roll siano simili alle origini
del teatro greco. Il quale ebbe inizio nelle aie, in stagioni decisive, e in un
primo momento consisteva in un gruppo di accoliti che danzavano e
cantavano. Poi, un giorno, una persona posseduta uscì dalla folla e
incominciò a imitare un dio.
JIM MORRISON
La maggior parte degli storici è convinta che i Misteri abbiano avuto
inizio alla fine dell’età neolitica (conosciuta anche come Nuova Età della
Pietra, all’incirca tra il 9000 e il 4500 a.C.), il che ne fa una delle più
antiche innovazioni culturali note all’umanità. Coincidenti con lo sviluppo
dell’agricoltura, questi rituali avevano lo scopo di appellarsi alle divinità
cerealicole dell’Aldilà recitandone i miti, i quali celebravano i cicli della
semina, della crescita e del raccolto. I più antichi Misteri conosciuti
venivano praticati in Egitto, dove la fertilità del suolo dipendeva dalle
annuali inondazioni del Nilo. Questo processo era al centro degli
innumerevoli (e spesso contraddittori) culti regionali che andavano a
costituire quella che oggi viene definita genericamente “religione
egiziana”. Dall’Egitto, i Misteri emigrarono in Asia occidentale e nel
bacino del Mediterraneo, e da lì fino ai limiti estremi del mondo
conosciuto.
I Misteri erano conosciuti con molti nomi in Grecia, tra cui mysteria,
teletai, bakchoi e orgia (dal quale deriva l’omonimo termine). Aggettivi
quali “indicibile” e “proibito” venivano usati spesso, sommandosi al
carattere mistico di tali espressioni. I Misteri si distinguevano in genere
dagli altri culti per un certo numero di caratteristiche. Gli iniziati
adoravano degli “dèi sofferenti” e ne sperimentavano le innumerevoli
morti e i drammi attraverso il teatro e la musica rituale.
I miti venivano raccontati più volte e spesso venivano inscenati facendo
riferimento a temi agricoli. Questi culti praticavano iniziazioni segrete che
non dovevano essere condivise con gli estranei, pena, in alcuni casi, la
reclusione, o addirittura la morte.
I Misteri erano generalmente incentrati su un solo dio, ma tecnicamente
parlando non erano monoteistici. Erano invece “enoteistici”,
riconoscevano cioè l’esistenza di altri dèi ma concentravano le loro energie
su uno solo. Soprattutto, le religioni misteriche non avevano a che fare con
i dogmi, avevano a che fare con l’esperienza. La musica e la danza erano
elementi essenziali degli stessi riti, che solitamente avevano luogo di notte.
E i simboli - o le pratiche - sessuali rappresentavano sovente una parte
cruciale del processo.
In genere si pensava che gli dèi dei Misteri provenissero da terre lontane.
Gli dèi stranieri hanno sempre avuto un po’ quel fascino esotico, una
variante cosmica dell’adagio secondo cui “l’erba del vicino è sempre più
verde”. Questo era particolarmente vero prima dell’arrivo dei mezzi di
comunicazione di massa, ma l’idealizzazione degli dèi altrui era una
pratica diffusa anche nell’Età Vittoriana e negli anni Sessanta. Nel
profondo, la religione ha sempre avuto a che fare con la “fuga”.
Gran parte delle religioni misteriche possedeva un carattere
controculturale, poiché proponeva un rapporto con un dio personale e
diretto, senza fare ricorso a sacerdoti o intermediari. La loro natura
spontanea era radicale per l’epoca, e rifletteva una tendenza orientata
complessivamente all’individualismo nella Grecia classica. Se pure
prevedevano sfrenati rituali, i Misteri richiedevano un elevato grado di
disciplina e devozione. Non parliamo di hippie stonati, e avremo occasione
di rendercene conto: come nel caso degli sciamani dell’America centrale, il
rituale misterico rappresentava il culmine di un lungo periodo di studio,
sacrificio e autopurificazione.
Sulla natura dei rituali in senso stretto ne sappiamo di meno. Ma
sappiamo che venivano eseguite canzoni e danze, solitamente veloci e
sfrenate, con un gran battere di tamburi e flauti urlanti: in altre parole,
rock’n’roll. Spesso venivano usati dei semplici giochi pirotecnici (torce, a
volte trattate con sostanze chimiche per ottenere effetti insoliti) e
altrettanto spesso, nei culti più sfrenati, i Baccanali romani ad esempio, si
arrivava a praticare il sesso in pubblico. Come ha scritto l’eminente storico
tedesco Walter Burkert, le feste misteriche dovevano essere “eventi
indimenticabili che esercitavano una notevole influenza sull’intera vita
futura, dando vita a esperienze che trasformavano l’esistenza.” (Il che ci
riporta al concerto che ci ha cambiato la vita). Gli iniziati contavano
pienamente sulla possibilità di conoscere carnalmente i loro dèi e, a quanto
si dice, in genere non restavano delusi. Il filosofo greco Proclo scriveva
che non sempre gli dèi assumevano sembianze umane, ma “si
manifestavano attraverso molteplici aspetti, assumendo una gran varietà di
forme, a volte apparivano come luce informe, o in una foggia ancora
diversa”.
Come il cristianesimo, qualche tempo più tardi, le religioni misteriche
erano incentrate sui concetti di morte e resurrezione. I Misteri preparavano
i loro credenti alla morte e alla discesa negli Inferi, dove il dio prediletto di
ciascun credente avrebbe guidato costui nel suo viaggio. Questo
contribuiva al culmine dell’eccitazione. Un’iscrizione sul tempio misterico
di Eleusi proclamava: “Davvero meraviglioso è il mistero che ci viene
offerto dai sacri dèi: la morte per i mortali non è più il male, bensì una
benedizione”.
Accanto ai consueti raduni notturni, i culti misterici gestivano templi più
tradizionali per i non iniziati, sorprendentemente simili — se non proprio
identici - a quelli del cristianesimo liturgico, visto che offrivano la
comunione e l’acqua santa (importata dal Nilo), e predicavano dottrine
quali salvazione, resurrezione e giudizio dei morti.
Questa imbarazzante rassomiglianza è la ragione per cui il cristianesimo
delle origini aprì le ostilità con i Misteri nei propri scritti, chiamando
demoni i loro dèi e prostitute infernali le loro dee (si veda l’Apocalisse,
17:5, “Mistero, Babilonia la Grande”). Ma anche quando la Chiesa
divenne il culto ufficiale di Stato e incominciò a spazzare via,
letteralmente, la concorrenza, ci volle parecchio tempo per sradicare i
Misteri. In realtà la Chiesa si limitò ad adottare molti dei loro riti, credenze
e pratiche.
Gli storici antichi hanno citato libri e testi sacri utilizzati nei Misteri,
tuttavia ben pochi sembrano essere sopravvissuti, se non attraverso
qualche frammento. Ma esistono estesi archivi di materiali secondari che
descrivono minuziosamente credenze, pratiche e influenza dei Misteri,
offrendo così una chiara immagine della storia e della forza di questo
notevole movimento. E, come accade spesso quando si parla della civiltà
occidentale, la nostra storia incomincia in Egitto.
ISIDE E OSIRIDE
Chiamata Esi o Aset nel linguaggio kemetico3 dell’Antico Egitto, Iside
fa la sua prima comparsa nei testi sacri nel corso del terzo millennio a.C.
Sintesi di molte altre dee più antiche, Iside (il cui nome significa ‘trono’)
divenne una delle Enneadi, le nove divinità principali del pantheon egizio.
Tutte queste divinità nascevano dalla masturbazione dell’essere supremo
Atum, che successivamente sarebbe diventato Atum-Ra, il quale a sua
volta avrebbe assunto approssimativamente le sembianze di Amon-Ra e
infine, a occhio e croce, di Ra-Horakhti, sintesi di Ra e Horus, entrambi
dèi del Sole. A ogni modo, la religione egizia era sottoposta a costanti
mutamenti, riflesso delle mutevoli realtà politiche e delle varie caste
sacerdotali soggette all’oscillare del proprio potere e della propria
influenza: una sfida per gli esperti che procedono tuttora, lentamente, alla
sua analisi.
Iside e il fratello/marito Osiride assorbirono le identità di altri dèi
durante il millennio in cui furono oggetto di culto, ma non smisero mai di
essere associati all’agricoltura e alle annuali inondazioni del Nilo. Osiride
era anche signore degli Inferi e giudice dei morti, mentre Iside era la dea
della maternità e della magia, e pure dei grani di cereale, che costituivano
la base della dieta egizia. Un altro fratello, Seth, rappresentava il caldo, le
malattie e le tempeste, e sua sorella/moglie Nefti era associata a notte,
pioggia e morte.
Con una trama degna di una soap opera, il dramma di Iside e Osiride
veniva ricostruito nel corso di una rappresentazione teatrale inscenata ogni
anno, in occasione delle festività. Si diceva, a seconda delle versioni, che
Seth fosse sterile, impotente o gay, e così Nefti si travestiva da Iside,
faceva ubriacare Osiride e lo seduceva. Nefti rimaneva incinta e partoriva
Anubi, il dio dei morti dalla testa di sciacallo. Seth dava di matto quando
veniva a sapere quello che era successo, e tramava per uccidere Osiride. Il
malefico dio preparava così una cena in onore del fratello, nel corso della
quale esibiva un bellissimo sarcofago che avrebbe donato a chiunque fosse
riuscito a entrarvi. Quando Osiride ci entrava dentro, Seth sigillava il
coperchio e gettava la bara nel Nilo.
Successivamente Iside si metteva alla ricerca del sarcofago, che nel
frattempo toccava terra a Tiro (nell’odierno Libano), e si spacciava per
bambinaia presso la famiglia reale del luogo, che aveva portato la
bellissima bara nella propria casa e la utilizzava come elemento
decorativo. Iside curava ogni sera il giovane principe consumandone la
mortalità, e le cose si mettevano male nel momento in cui la regina
scopriva che Iside stava per gettare il bambino nel focolare, ma a quel
punto la dea rivelava la propria identità, chiedendo di poter riavere indietro
la bara. La riportava in Egitto e, grazie all’aiuto di Anubi, Osiride ritornava
magicamente in vita. Allora Seth uccideva ancora una volta quest’ultimo,
dando ordine che il suo corpo venisse fatto a pezzi e sparso in giro. Iside,
insieme a Toth e Nefti, recuperava tutte le parti tranne il pene, che ricreava
con il legno (oppure la pietra, l’argilla o l’oro, a seconda della versione).
Dopodiché assumeva le sembianze di un uccello e si autofecondava, e così
Osiride discendeva ancora una volta agli Inferi, insediandosi nuovamente
sul trono.
Con Seth sul sentiero di guerra, Iside fuggiva in una palude salata dove
faceva nascere Arpocrate (“Horus il Giovane”): costui, in quanto dio del
silenzio, veniva considerato la perfetta incarnazione dei Misteri. Arpocrate,
crescendo, diventava il dio del Sole, salvava il mondo sconfiggendo Seth
in battaglia e si impossessava nuovamente del trono del padre. Calate il
sipario e accendete le luci.
Le religioni misteriche affascinavano in maniera particolare le donne e
parte dell’interesse nei confronti di queste rappresentazioni dedicate a Iside
risiedeva nel fatto che offrissero un’opportunità di sfogo alle donne di
casa. Rispettabili casalinghe potevano gridare e battersi il petto dopo la
morte di Osiride, e poi cantare e ballare dopo la sua resurrezione. Le
festività di Iside implicavano anche la possibilità di trascorrere una serata
avvincente, con tanto di fiaccolate e artisti, musica ad alto volume, danze e
un infinito numero di fusti di birra. (Iside era la patrona dei birrai). Gli
egizi, inoltre, possedevano anch’essi le proprie pop star, sotto forma di
sensuali cantanti del tempio, conosciute con l’appellativo di “l’harem degli
dèi”.
Gli studiosi ancora discutono chiedendosi se le prostitute del tempio e il
sesso sacro fossero pratica comune nei santuari dedicati a Iside, tuttavia in
centri di culto, come Abydos, sono stati rinvenuti simboli sessualmente
espliciti. In Ancient Egypt (1886), lo storico britannico George Rawlinson
storceva il naso: “Le sculture religiose degli egizi erano scandalosamente
oscene; le loro feste religiose erano indecenti; comprendevano orge
falliche... orge volgari”. Ma tutto ciò faceva parte di una cultura religiosa
antica e fortemente strutturata, all’interno della quale la sessualità
ricopriva un ruolo importante. Non si trattava certamente di quel genere di
edonismo gratuito che era possibile osservare nella Roma imperiale del
primo periodo.
Nonostante questo, la Festa dell’Ebbrezza andava piuttosto forte in
settori quali sesso, bevute e rock’n’roll. Durante questa abbuffata,
organizzata in onore della dea Sekhmet nell’antica città di Luxor, gli egizi
si ubriacavano il più possibile e “attraversavano le paludi” (leggi:
scopavano) guidati da una musica travolgente, suonata ad alto volume. Il
tutto intendeva celebrare la salvezza dell’umanità dall’ira della dea
guerriera dalla testa di leone Sekhmet, la quale veniva ingannata e costretta
a bere birra tinta di rosso, che scambiava per sangue umano. Al risveglio si
incarnava in Hathor, la dea — indovinate un po’ — del sesso, delle bevute
e della musica.
C’era poi la Festa di Bast, in buona sostanza la versione egizia delle
moderne vacanze di primavera studentesche4. Lo storico greco Erodoto
riferiva di regate festive sul Nilo, osservando che “uomini e donne
navigavano insieme, e in ogni barca c’era lo stesso numero di individui per
ciascun sesso. Alcune donne facevano rumore con dei sonagli, e alcuni
uomini suonavano flauti, per tutto il tragitto, mentre altri ancora, uomini e
donne, cantavano e battevano le mani”. Quando facevano tappa in una
città che si trovava lungo il percorso, le donne assumevano un
comportamento più consono al Mardi Gras o a un video della serie Girls
Gone Wild che a una moderna festività religiosa. Erodoto scrive che le
ragazze “fanno il verso alle donne del posto, altre si alzano e si tirano su le
gonne, altre ancora ballano e si cacciano nei guai. Lo fanno in tutte le città
lungo il corso del Nilo; ma quando raggiungono Bubastis fanno una festa
che prevede grandi offerte e sacrifici, e inoltre durante questa festa si beve
più vino di quanto se ne consumi durante il resto dell’anno”.
L’Egitto è sempre stato una fonte di fascinazione per il resto del mondo,
in particolare nei tempi antichi. Il culto di Iside si diffuse a macchia d’olio
in tutto il mondo ellenistico in seguito alla conquista dell’Egitto da parte di
Alessandro Magno, nel 332 a.C. Vennero costruiti santuari ad Atene, Delfi,
in Sicilia e in Spagna, e, arrivando a Nord, addirittura in Germania e
Gallia. Ma è con il suo arrivo a Roma che la dea fu sul punto di
conquistare l’intero Occidente. Ne riparleremo in seguito.
I GRANDI DEI
I Misteri di Samotracia rappresentavano il più antico culto misterico
conosciuto in Grecia. Fondati, a quanto si dice, dai Cabeiri (dal semitico
kabir, che significa ‘onnipotente’), o Grandi Dèi, per questi misteri si
fanno risalire le origini a popoli marinari indoeuropei, i Troiani o i Pelasgi
probabilmente. Si pensava che questi misteriosi Cabeiri fossero figli di
Efesto (ovvero Vulcano) ed erano descritti talvolta come esseri metà uomo
e metà granchio. Gli antichi studiosi non concordavano sui loro effettivi
nomi, che in alcune zone era proibito pronunciare.
Si credeva che i Cabeiri fossero, come il loro padre, degli artigiani,
tuttavia erano particolarmente popolari presso marinai e pescatori, i quali
facevano loro appello durante le tempeste e altre situazioni critiche. Lo
storico Diodoro raccontava che i Cabeiri “si manifestavano agli umani e
portavano un inaspettato aiuto a quegli iniziati che li evocavano nei
momenti di pericolo”, aggiungendo che eroi come Giasone, Castore e
Polluce, Ercole e Orfeo “ebbero successo in tutte le loro imprese perché
questi dèi apparivano loro”. Gli stessi Cabeiri erano adoratori devoti di dee
a grandi linee equivalenti a quelle che venivano celebrate a Eleusi: la
Grande Madre, Persefone ed Ecate. Vi era anche un dio fallico (all’incirca
l’equivalente di Ermete) nel pantheon di Samotracia, e una figura simile a
quella del Dioniso Ctonio (o Ade). I ruoli precisi e le identità di queste
divinità venivano rivelati solamente nel corso dei riti misterici.
I Misteri di Samotracia venivano celebrati nel cittadino Santuario dei
Grandi Dèi. A differenza di quanto accadeva a Eleusi, il santuario era
aperto a tutti, a prescindere da sesso, età, nazionalità o personalità
giuridica. Gli stessi Misteri venivano celebrati una volta all’anno nella
Casa dei Signori, ed erano preceduti da preghiere collettive, battesimo e
sacrifici a base di sangue e vino, oltre a meditazioni e alla confessione dei
peccati. Uno ierofante6, esibiva successivamente i simboli e pronunciava
la liturgia dei Cabeiri.
C’erano le consuete danze rituali, accompagnate da una musica sferzante
e ad alto volume. I Grandi Dèi venivano anch’essi strettamente identificati
con questo rumore ossessivo, che spesso utilizzava spade e scudi di
metallo come strumenti. Il chiasso e i fuochi d’artificio che lo
accompagnavano avevano lo scopo di instillare un senso di terrore e
riverenza, preparando l’iniziato ad avere un contatto diretto con gli dèi.
Erodoto, anch’egli un iniziato di Samotracia, identificava i Cabeiri con “i
fuochi sacri dei più occulti poteri della natura”. Strabone scriveva che i
Cabeiri erano “soggetti alla frenesia bacchica” e “provocavano il terrore
durante la celebrazione dei sacri riti attraverso danze di guerra,
accompagnate da tumulto, rumore, cembali, tamburi e braccia, oltre che
dal flauto e dalle grida”.
Il sacro matrimonio di Cadmo (fondatore della città-Stato di Tebe) e
della dea Armonia veniva messo in scena durante una rappresentazione
sacra, anch’essa ricca di musica. Diodoro scrive che queste erano “le
prime nozze per le quali gli dèi organizzarono una festa... [Demetra
offriva] il frutto del grano, Ermete offriva una lira, [Atena] una veste e un
flauto, Elettra i sacri riti della Grande Madre... tutti insieme, con i cimbali
e timpani e gli strumenti rituali, [Apollo] suonava la lira e le Muse i loro
flauti”.
Strabone, un intellettuale piuttosto sobrio, descriveva i rumorosi riti di
Samotracia osservando che “la frenesia religiosa sembra permettere una
forma di ispirazione divina e pare essere molto simile a quella
dell’indovino”, e che “la musica, che comprende il ballo tanto quanto il
ritmo e la melodia... ci mette in contatto con il divino”. Lo studioso
concludeva dicendo che gli uomini posso essere simili agli dèi quando
sono felici, e aggiungeva che la vera felicità consisteva nel “fare festa,
celebrare le festività, dedicarsi alla filosofia e impegnarsi nella musica.”
I MISTERI DI ELEUSI
Proprio come Iside, Demetra era la dea dell’agricoltura; la parola
“cereale” trae origine dal suo nome romano, Ceres. I Greci istruiti erano
ben consapevoli dei legami tra Iside e Demetra; le due sarebbero state in
seguito sincretizzate nella figura di Iside-Sothis-Demetra, dove “Sothis” si
riferiva alla stella Sirio. Entrambe le dee subivano la perdita di qualcuno
che amavano (una figlia, nella versione greca). Entrambe erano considerate
“grandi madri”: il nome Demetra significa letteralmente “Madre Terra”. I
Misteri di Demetra, con base nella città costiera di Eleusi, erano i più
prestigiosi dell’epoca, e resistettero fino all’ultimo ai tentativi da parte
della Chiesa di cancellarli.
Nei miti la figlia di Demetra, Persefone (ovvero Core, ovvero
Proserpina), sta raccogliendo dei fiori nei campi di Nysa quando viene
notata da Ade (ovvero Plutone, dio degli Inferi). Dopo aver ottenuto il via
libera da Zeus, Ade sale di corsa sul suo cocchio, risale in superficie,
agguanta la giovane Persefone e la trascina all’Inferno, dove la stupra e la
fa prigioniera. La dea delle streghe Ecate informa Demetra del crimine, e a
entrambe il dio del sole, Elio, dice che la ragazza è stata rapita da Ade,
aggiungendo che Zeus (il cui ruolo, all’interno della mitologia, è
sostanzialmente quello di una specie di cosmico boss mafioso) ha
sottoscritto il patto.
Senza rendersi apparentemente conto che Ade vive negli inferi, Demetra
si mette a cercare Persefone sulla terra, senza successo. Frustrata, si ferma
nei pressi di un pozzo a Eleusi (“avvento” in greco) e si mette a piangere.
Proprio come nel caso di Iside, Demetra viene portata a palazzo per
accudire un bambino, vicenda che finisce all’incirca come nel caso
precedente. Tranne per il fatto che, in questo caso, Demetra chiede agli
eleusini di costruire un tempio e di compiere ogni anno dei riti in suo
onore.
Durante la ricerca Demetra trascura i raccolti, il terreno diventa polvere
e provoca una terribile carestia. Zeus e gli altri dèi sono infastiditi dalla
cosa, poiché senza cibo nessuno è in grado di offrire loro dei sacrifici.
Demetra dice agli Dèi dell’Olimpo che la sfortuna nera è causa loro, il che
sprona infine Zeus a chiedere ad Ade di restituire Persefone alla madre.
Tuttavia, come racconta Apollodoro, il dio degli Inferi aveva ancora
qualche carta da giocare: “Ade diede da mangiare a Persefone un seme di
melagrana, per assicurarsi che non rimanesse a lungo con la madre ”. Per
questo motivo, a Persefone venne chiesto di trascorrere un terzo di ogni
anno all’inferno. Gli antichi Greci avevano tre stagioni, e spiegavano
l’assenza di raccolti in inverno con il lutto di Demetra.
I Misteri di Eleusi celebravano la responsabilità e la gioia di essere
genitori, fatto che spiega l’alta considerazione che avevano in società, in
particolare presso le donne. “Non c’è nulla di più elevato dei Misteri ,
dichiarava l’oratore romano Cicerone. “Non ci hanno solamente mostrato
un modo per vivere con gioia, ma ci hanno anche insegnato a morire con
più speranza”. Il che non significa che fossero noiosi o tranquilli. Oh no, il
contrario, piuttosto.
Vi erano due categorie di riti misterici a Eleusi, i maggiori e i minori. I
Misteri maggiori avevano luogo ogni cinque anni, quelli minori avevano
una cadenza annuale. Il tempio era gestito da due famiglie, gli Eumolpidi e
i Cerici, per i quali il controllo del Telestrion, ovvero la principale sala
dove si officiavano i riti, era un retaggio familiare. Chiunque poteva
prendervi parte - uomo o donna, schiavo o uomo libero - a patto di parlare
il greco e non essersi reso colpevole di omicidio o tradimento. Ciascun
iniziato doveva portare con sé un maialino da sacrificare e doveva pagare
una serie di tasse che equivalevano all’ incirca allo stipendio mensile di un
lavoratore. Gli iniziati incominciavano la loro preparazione molti mesi
prima, studiando miti e riti e praticando periodicamente il digiuno.
I Misteri maggiori avevano luogo durante un periodo di oltre nove
giorni. Il rituale comprendeva alcune fasi tra cui l’assemblea, in occasione
della quale i pellegrini socializzavano. Era anche prevista un’escursione
fino al mare per effettuare i battesimi rituali e c’erano sacrifici in onore
della dea. C’era una parata in onore di Asclepio il guaritore, e altri sacrifici
in onore di Dioniso. Le sacerdotesse portavano le ceste “sacre”, contenenti
simboli rituali quali lana, melagrane, papaveri e dolci. Ovidio scriveva che
le donne consideravano “l’amore e Tessere toccate dagli uomini cose
proibite” nel corso della festa. Qualcosa di molto diverso da ciò che
accadeva ai Baccanali, come vedremo.
Le torce e vari utilizzi del fuoco avevano un ruolo importante nei rituali
notturni, alcuni danzatori indossavano dei copricapi con delle lampade
accese attaccate. Vi era anche una solenne processione con le fiaccole, nel
corso della quale gli iniziati venivano derisi da alcuni disturbatori mentre
passavano sotto il Ponte dei Burloni. I maialini e un toro nero venivano
sacrificati a Dioniso durante la baldoria.
I celebranti si mettevano a cantare a ballare non appena raggiungevano
la sala destinata all’iniziazione. Descrivendo quello che sembra un antico
rave, R. Gordon Wasson scrive, in The Road To Eleusis, che gli iniziati
“ballavano a lungo la notte accanto al pozzo dove originariamente la
madre aveva pianto la perdita della sua Persefone”. Degli inni effettivi si
sono perse le tracce, ma nelle Rane Aristofane fa cantare gli iniziati, rivolti
a Demetra: “O signora, che presiedi i nostri riti / preserva e soccorri la tua
folla corale / e concedi a tutti noi, che nel tuo aiuto confidiamo / di poter
ballare e fare baldoria tutto il giorno”. Il mattino successivo tutti si
riposavano e si preparavano per il gran giorno, facendo altri sacrifici legati
al grano. Il grande dramma di Demetra e Persefone veniva messo in scena
nel corso della rappresentazione sacra.
Poi arrivava il momento dell’evento principale, in occasione del quale
veniva consumata la birra sacra, il kykeon. Gli iniziati si sedevano su
gradinate in pietra all’interno del Telestrion, con uno ierofante di sesso
maschile che cantava in falsetto mentre veniva preparata la birra
utilizzando orzo fermentato, ramoscelli di menta e un ingrediente segreto
di cui parleremo più avanti. Il comportamento degli iniziati mutava
drammaticamente nel momento in cui costoro entravano nel grande salone.
“Anche nei pressi dei suoi portali vedrai un gran tumulto e un’assunzione
di sfrontatezza, mentre alcuni cercano rozzamente, con violenza, di farsi
largo per tributarle i dovuti onori”, osservava Plutarco. “Ma colui che è
riuscito a entrare, e ha visto una gran luce, come se venisse aperta una
teca, assume un’altra condotta, abbandonandosi al silenzio e allo stupore”.
Proclo scriveva: “Prima dell’apparizione di visioni mistiche, il terrore si
impossessa delle menti degli iniziati”. Come si ottenesse esattamente
questo effetto non ci è stato tramandato, ma secondo il racconto di
Aristide, “i mistici venivano portati a provare le più raccapriccianti
sensazioni d’orrore e la più entusiasmante e gioiosa estasi”. Poi, secondo
molti resoconti, facevano la loro comparsa le stesse dee.
Nel fondamentale volume The Great Initiates, il teosofo Edouard Schuré
(1841-1929) descriveva cosi l’epifania: “Una luce di serena meraviglia
inonda il tempio; vediamo i Campi Elisi in tutta la loro purezza; sentiamo
il coro di coloro i quali sono benedetti... Lo ierofante diviene il creatore e
il rivelatore di ogni cosa; il sole non è che il suo tedoforo, la luna colei che
lo accompagna all’altare, ed Ermete, il suo mistico messaggero. Il rituale è
stato consumato, e noi siamo veggenti per sempre”.
I Misteri di Eleusi erano così popolari che in tutto il Mediterraneo
spuntarono culti che li imitavano, come in una specie di Beatlemania. Il
vescovo cristiano Epifanio (367-403 d.C.) scriveva che un grande tempio
ad Alessandria, noto come Koiron, continuava a prosperare nonostante i
brutali attacchi che alla fine del Quarto secolo i culti pagani subivano da
parte delle folle cristiane. Epifanio racconta che gli iniziati “trascorrevano
la notte vigilando, cantando canzoni e suonando i flauti, rivolgendo i loro
canti all’idolo". All’alba scendevano in una stanza sotterranea e
sollevavano una statua di Persefone, “seduta, nuda, con una specie di
marchio che indicava una croce, ricoperta d’oro”. Successivamente
circondavano il tempio con '‘flauti, tamburi e inni’ prima di riportare
l’icona nella stanza, dichiarando che la nuova Aion, o Era, era iniziata.
Come avveniva in gran parte del mondo pagano, Eleusi affrontò con
coraggio gli imperatori cristiani. Valentiniano vietò i Misteri nel 364 d.C.,
ma ritrattò in seguito alle proteste delle autorità greche. Eleusi fini per
cadere quando il signore della guerra Alarico e una banda di monaci
d’assalto profanarono il Telestrion nel 396. Il fatto sorprendente fu che
Alarico morì di febbre prima di compiere quarant’anni. Forse la Grande
Madre si era presa la sua ultima rivincita prima di scomparire dalla storia.
I BACCANALI
Invoco lo strepitante e gozzovigliante Dioniso, primordiale, dalla
duplice natura, tre volte nato, signore bacchico, violento, ineffabile,
misterioso, dai due corni e dalla duplice forma, ricoperto d’edera, dal
muso di toro, bellicoso, urlante, puro.
INNO ORFICO A DIONISO
Molti autori tirano in ballo il termine “dionisiaco” un po’ a cuor leggero,
confondendolo con “edonistico”. È vero che Dioniso ha ispirato i più
scandalosi culti dell’antico Mediterraneo, ma nelle forme più pure di
questi culti c erano un metodo e un significato attribuibili a tutto quel
sesso, droga e rock’n’roll. Ciò nonostante, gran parte dei concerti dei
nostri giorni assomiglia a un picnic parrocchiale se paragonato agli antichi
Baccanali.
Importato in Grecia da oriente e quasi immediatamente identificato con
Osiride, Dioniso diventò una delle dodici divinità del Pantheon,
incarnando il ruolo di dio del vino e del raccolto. Dioniso era inoltre una
figura caratterizzata da burrascose contraddizioni. Raffigurato
originariamente come un tarchiato e barbuto bon vivant, si trasformò poi in
una figura effeminata, quasi femminile, ma allo stesso tempo veniva
adorato nelle sembianze di feroce toro nero. Era il figlio di Zeus/Giove,
dio supremo ufficiale, ma i culti che lo riguardavano venivano spesso
colpiti duramente dallo stesso potere costituito. Le sue discepole più
devote venivano chiamate Menadi, e queste donne selvagge conoscevano
Dioniso (ovvero Bacco), come il “Salvatore” e il “Dio che viene”. Dioniso
offriva ai propri seguaci la speranza di una vita eterna, ma era capace di far
montare un’isteria in grado di spingere miti donne di casa a sventrare
animali selvatici aprendoli da un’estremità all’altra per mangiarseli crudi.
Frutto di una delle numerose avventure adulterine di Zeus, Dioniso era
adorato come dio della resurrezione. Era, moglie gelosa di Zeus, aveva
fatto uccidere Dioniso dai Titani, i quali lo avevano in seguito cucinato e
mangiato. Questo spinse Zeus a uccidere i Titani con un fulmine e a creare
l’uomo dalle loro ceneri. Si credeva che avesse avuto origine in questo
modo la nostra duplice natura; il male proveniva dai Titani, e il bene dalle
parti di Dioniso che costoro avevano digerito. Il culto di Dioniso predicava
che il corpo umano era una prigione di carne, composta dai resti dei Titani
ma animata dallo spirito del Liberatore. Questa credenza sarebbe stata
adottata successivamente dai Misteri orfici e avrebbe inoltre avuto un
enorme impatto su culti successivi, ad esempio quello degli gnostici.
I racconti dei Baccanali sono in grado di fare inorridire qualsiasi
compagnia ben educata. Le Menadi consumavano il loro “vino” ed erano
protagoniste di riti sessuali, o violenti, o violentemente sessuali,
accompagnati dallo sferzare dei tamburi e dai flauti. Si diceva che le
Menadi utilizzassero metodi piuttosto estremi come tagli e flagellazione
durante le loro iniziazioni, e si diceva persino che falli di legno o argilla
(indossati su cinture) avessero qualche indicibile ruolo. Wasson scrive che
quando Dioniso si impossessava delle Menadi e delle Baccanti, “era
sinonimo di Ade, il Signore della Morte, e sposo della dea Persefone”.
Le periodiche misure restrittive applicate agli eccessi dionisiaci
inspirarono una delle più famose opere teatrali dell’antica Grecia, Le
Bacche di Euripide. L’opera racconta la storia del mitico tiranno tebano
Penteo, il quale tenta di cancellare i Baccanali. Penteo viene a sapere, da
un messaggero inviato a spiare le Baccanti, che “l’intera montagna e i suoi
animali selvatici erano in un’estasi bacchica. Ogni volta che queste donne
si muovevano, facevano danzare ogni cosa”. Dioniso guida il “ballo
frenetico per le montagne”, incitando le donne a “ridere insieme al suono
dei flauti, a porre fine a ogni dolore.”
Penteo cerca addirittura di imprigionare il dio, ma fallisce. Dioniso
deride il re, vantandosi di “aver condotto quelle donne, dalle loro case,
nella frenesia”, donne che ora “vivono sulle montagne, fuori di testa”,
indossando costumi adatti ai suoi Misteri. Mentre le Menadi danzano e
urlano al ritmo della musica, Dioniso le incita: “Forza, Baccanti, forza!
Cantate canzoni a Dioniso, al suono fragoroso dei nostri tamburi”.
Poi Dioniso invita Penteo ad assistere ai rituali, ma a una condizione: il
re dovrà non solo vestirsi da donna, ma da donna a sua volta mascherata da
bestia selvatica. Condotte alla follia dai tamburi battenti e dai flauti
striduli, le Menadi scorgono Penteo nascosto nei cespugli e lo riducono a
brandelli.
Lo scomparso classicista harvardiano Charles Segal considera la paura
che prova Penteo nei confronti dei Baccanali simbolica di una profonda
crisi all’interno dell’antica cultura greca. “Le donne non sono solamente
oggetti sessuali la cui comprensione sfugge [a Penteo]”, sostiene Segal, ma
sono legate più strettamente rispetto agli uomini ai “processi biologici
della vita naturale, alla nascita, alla crescita e al cambiamento”. Le Menadi
entrano in contatto con il dio selvaggio perché sono “più strettamente
associate alla liberazione di quella emotività repressa che egli
rappresenta”. Questo corrispondeva in particolare alla realtà in un periodo
della storia greca nel quale molte donne venivano essenzialmente trattate
come macchine per sfornare bambini e rinchiuse nelle loro case.
“I Greci relegavano le donne agli ambiti della spontaneità e della
pazzia”, spiega Jamake Highwater in Myth And Sexuality, aggiungendo
che “il culto di Dioniso offriva alle donne un potere e un’importanza che
erano loro altrimenti negati nell’Atene del Quinto secolo”. Highwater
osserva che i Misteri “consacravano” quel potere, creando un rituale legato
alla natura selvaggia dove le inibizioni finivano per essere fuori controllo.
Vi erano anche degli altri conflitti all’opera, più profondi, originati dalle
aspirazioni di una cultura pre-tecnologica che considerava,
ragionevolmente, le selvagge forze della natura il proprio nemico mortale.
Avendo diligentemente oltraggiato l’intera Grecia, i Baccanali si
trasferirono a Roma. I sediziosi rituali dei baccanti romani sfociarono in un
vero e proprio panico morale nel 186 a.C., spingendo il Senato a prendere
severi provvedimenti, in seguito documentati dallo storico conservatore
Livio (59 a.C.-17 d.C.) nella sua fondamentale Storia di Roma.
Come ci dice Livio, le cose erano talmente sfuggite di mano che,
anziché essere celebrati tre volte all’anno, come in Grecia, i culti romani
venivano celebrati cinque volte al mese. Attizzando l’oltraggiosa condotta
come un conduttore di Fox News dell’antichità, Livio osserva cupamente
che “gli uomini in compagnia di altri uomini portavano un’impurità
maggiore rispetto alle donne”, denunciando il fatto che chiunque rifiutasse
di prendere parte al sesso promiscuo tra uomini veniva sacrificato a Bacco.
“Il non considerare nulla come empio o criminale riassume la loro
religione”, schiumava di rabbia Livio.
Per il macho romano era l’atteggiamento effeminato a costituire un
problema, non l’omosessualità in sé. Molti uomini potenti di Roma
avevano degli schiavi o degli adolescenti che tenevano come “catamiti”,
sebbene fosse tabù (era illegale, in realtà), per un adulto libero, essere un
partner sessuale passivo. Gli uomini romani avevano sempre la meglio. È
contro la perdita di quella forma di controllo, di quel dominio, che Livio si
scaglia quando scrive che “i maschi, l’esatta controparte delle donne” si
erano “sottomessi alla peggiore delle impurità”.
Livio si sente offeso allo stesso modo dal fatto che il comportamento
degli uomini fosse isterico e incontrollato, osservando che costoro erano
“agitati e frenetici, spinti a uscire di senno da notti insonni, dal vino, dalle
grida e dal clamore notturni”. Livio traccia dei parallelismi con gli oracoli
femminili della tradizione quando scrive che gli uomini, “catturati dalla
pazzia e dalle frenetiche alterazioni dei loro corpi, urlavano profezie”.
Guarda caso, quello stesso genere di accusa che sarebbe stato mosso ai
primi seguaci del rock’n’roll.
Per un romano maschilista come Livio, l’oltraggio definitivo perpetrato
dai Misteri Bacchici era dato dal fatto che “le donne costituiva[no] la
maggioranza, il che rappresentava la fonte di tutto il male”. Furioso e con
la bava alla bocca, Livio dichiara: “Non è mai esistito nella Repubblica un
male così gigantesco, che abbia avuto numeri così grandi o causato un
numero maggiore di crimini”, un’affermazione particolarmente risibile
visto che stava parlando dell’antica Roma. In seguito, in soccorso a Livio,
arriva la cavalleria a combattere questa cospirazione del male, e lo storico
si basa sui resoconti dei magistrati per raccontare la sorte dei Baccanti:
“Vennero coinvolti molti nomi e alcuni di costoro, sia uomini che donne, si
tolsero la vita”. Pare che gli arrestati fossero settemila e che “il numero dei
giustiziati superava quel
lo dei condannati al carcere”, scrive Livio. “C’era un gran numero di
uomini e di donne in entrambe le categorie”. Le donne riconosciute
colpevoli “venivano riconsegnate ai propri familiari o tutori affinché se ne
occupassero personalmente; se non vi era nessuno in grado di infliggere la
punizione, esse venivano giustiziate pubblicamente”. Il che significa che
centinaia — se non migliaia — di uomini erano costretti dal Senato a
giustiziare le proprie mogli e figlie.
Gli storici di oggi non danno molto peso agli infervorati resoconti di
Livio sui Baccanali, e generalmente si limitano a considerarli una forma di
isteria innescata da ragioni politiche. Il suo racconto di questo imponente
culto che salta fuori dal nulla e travolge il paese come una tempesta è una
finzione storica, il cui obiettivo è titillare il pubblico. Di fatto, il culto di
Bacco, per un certo periodo, era stato tollerato in Italia. Ma forse, siccome
i Romani erano conosciuti in tutto il mondo antico per il fatto di portare il
proprio gusto per l’eccesso al di là di ogni limite, non è poi così difficile
immaginarsi che queste feste potessero sfuggire di mano.
L’accusa più seria rivolta ai Baccanali era quella di “cospirazione ai
danni della Repubblica”, e quindi è possibile che le accuse di ordine
morale fossero semplici calunnie motivate da ragioni politiche. La paura
più grande, presso l’élite, era che “altre persone fossero in procinto di
sollevarsi” e rovesciare l’ordine esistente. Il più grande spauracchio
dell’aristocrazia romana era il “demagogo”, termine che indicava chiunque
fosse in grado di radunare donne, schiavi e altri individui privi di
cittadinanza per metterli contro le vecchie famiglie di possidenti che
controllavano il Senato. Viste le sconvolgenti disparità socioeconomiche
della Repubblica, così come dell’impero, la ribellione era un pericolo
sempre netto e presente. Poiché molti baccanti erano emigranti provenienti
da Oriente, i loro riti venivano considerati nello stesso modo in cui i
cattolici di oggi potrebbero giudicare la Santeria, un’alterazione della vera
fede, di origine straniera.
A differenza di quanto afferma Livio, i Baccanali non furono proibiti e i
loro santuari non vennero distrutti ma piuttosto sottoposti a una rigida
regolamentazione e controllati dalla legge. E anche se non avrebbero più
raggiunto il parossismo dell’epoca repubblicana, successivamente
sarebbero stati rilanciati da Giulio Cesare e Marco Antonio. Ribattezzati
Liberalia (da un altro appellativo di Dioniso), le nuove feste bacchiche si
sarebbero trasformate in una sorta di fiera all’aperto per famiglie, con dolci
al miele e manicaretti vari al posto di droghe e sesso. Riti sacri, artisti di
strada e altre forme di intrattenimento la rendevano una festa assai
popolare. L’alcol e il sesso ritornarono furtivamente strada facendo, ma in
maniera assai meno scandalosa.
I Liberalia fanno tuttora parte della nostra realtà. Infatti ne celebriamo la
versione moderna nello stesso giorno dei Romani. Nella nostra versione, la
gente non smette di camminare, bere e rimpinzarsi, suonare i flauti, battere
i tamburi e tutto il resto. Continuiamo a rimpinzarci di birra, carne di
manzo e cavolo (il cui uso risale alle feste di Osiride nell’Antico Egitto,
dove si credeva che il cavolo ritardasse gli eccessi dell’ebbrezza). E
continuiamo a indossare il colore di Osiride-Dioniso - Bacco, conosciuto
dai celti come “Green Man” (‘Uomo Verde’).
Sì, i Liberalia esistono ancora oggi. Abbiamo semplicemente cambiato il
nome della festa in “San Patrizio”.
ERMETE, ECATE E APOLLO
Sebbene non fossero le figure più rappresentative dei più importanti
Misteri, gli dèi Ermete, Ecate e Apollo erano profondamente inseriti in
quella tradizione. E visto che rappresentavano, rispettivamente, denaro,
magia e musica, sono connessi anche al rock’n’roll.
Si trattava di divinità legate alla vita di tutti i giorni, responsabili delle
attività quotidiane. Ermete era il messaggero degli dèi, e anche patrono del
commercio, della medicina e della scrittura. Ermete era anche uno
“psicopompo”, aveva cioè il compito di scortare i morti nell’Aldilà. Era
anche il dio del caso, o, se si preferisce, della sincronia.
I Romani lo chiamavano Mercurio, dalla stessa radice di “mercato” e
“merce”, mercatus.
Proprio come Ermete, Ecate giocava un ruolo importante nelle
rappresentazioni misteriche. Essa - come Ermete, Osiride, Dioniso e Mitra
- veniva identificata con il bestiame, ma era più strettamente associata alla
magia, ai fantasmi, alla stregoneria e agli Inferi. Statue di Ecate venivano
piazzate presso le porte delle città come protezione contro gli intrusi, in
particolare quelli di genere demoniaco. Alla dea venivano sacrificati dei
cani, ed essa stessa veniva spesso raffigurata con sembianze canine. Iside
veniva talvolta identificata con Ecate nel ruolo di dea dei maghi, così come
gli animali sacri alle due dee; Iside veniva identificata con Sirio, la Stella
del Cane. Cosa ancora più importante, Ecate era associata a droghe
psicoattive quali belladonna, oppio e mandragola.
Apollo era una delle più importanti divinità del mondo antico. Tra i ruoli
che ricopriva, vi erano quelli di dio della profezia, del tiro con l’arco, della
musica e delle arti e della guarigione. Era uno degli dèi della polis, o cittàstato, e i suoi oracoli venivano consultati prima di importanti battaglie o
altre fondamentali decisioni di Stato. Sebbene Apollo avesse numerosi
Oracoli, o templi profetici, a lui dedicati in tutta la Grecia, il più
importante di essi si trovava a Delfi. Lì il dio rivelava la verità alla Pizia,
sacerdotessa dell’Oracolo, la quale veniva presa da violente convulsioni
causate da un gas tossico o da un allucinogeno, scegliete voi.
Soprattutto, Apollo era egli stesso la divinità rock definitiva. L'Inno
omerico ad Apollo Pizio lo descrive come un antico incrocio tra Hendrix e
Bowie, “di nero vestito, con indosso indumenti profumati... al tocco della
chiave dorata la sua lira emetteva un dolce canto”. Quando Apollo si
esibiva di fronte agli Dèi dell’Olimpo, “gli dèi immortali erano
completamente assorbiti dalla lira e dalla canzone”. Non era solamente un
dio rock, ma anche il dio del rock: un altro inno omerico dedicato ad
Apollo dice che “il menestrello dalla dolce lingua, stringendo la sua lira
dal suono acuto, canta prima di tutto” rivolgendosi al dio. Ma Apollo era
un dio associato alle pestilenze tanto quanto alla guarigione, e il metallico
percuotere del suo arco e delle sue frecce rivaleggiava con quello dei
Cabiri. Il peana, o ‘canzone curativa’, si credeva lo potesse calmare
quando era preda della collera.
Guarigione, profezia, musica e identificazione con il Sole; questi tratti
legano Apollo ad altre figure sciamaniche della storia. Nel suo saggio The
Shamanic Origins Of Religion And Medicine, Weston LaBarre osserva che
i poteri attribuiti ad Apollo possono essere “chiaramente considerati le
caratteristiche proprie dell’antico sciamano eurasiatico. Apollo è il sole,
colui che dà la vita agli animali e alle piante; è il demone della fertilità
associato al bestiame. [Egli] diffonde la peste con le frecce del suo arco e
allo stesso tempo è il grande guaritore ”. Nel profondo, dunque, Apollo ha
una connessione diretta con le divinità dei Misteri. Ma quali altri legami ha
lo sciamanesimo con questi viaggi misteriosi nel mondo degli dèi?
MISTERIOSI SACRAMENTI
O attraverso l'influsso di una bevanda narcotica, di cui gli inni di tutti
gli umani e i popoli indigeni parlano, o attraverso il rinvigorente risveglio
primaverile che infonde tutta la natura di passione, questi impulsi
dionisiaci trovano la loro origine, e mentre crescono di intensità ogni
elemento soggettivo svanisce nella completa perdita dell’identificazione
del sé.
FRIEDRICH NIETSZCHE, La nascita della Tragedia
Un crescente numero di ricercatori moderni ha sostenuto che il
“mistero” nascosto dietro ai Misteri fosse l’utilizzo di potenti allucinogeni
come l'Amanita muscaria e i funghi della psilocibina. Qualcuno ha
sostenuto che il kykeon di Eleusi contenesse una dose di amido di acido
lisergico (Lsa), un parente dell’Lsd che veniva isolato dal fungo dell’ergot.
Altri ancora hanno sostenuto che i partecipanti ai culti dionisiaci
utilizzassero un elisir a base di funghi psichedelici ed erbe come loro
“vino”, e non la consueta miscela di acini fermentati. Antichi testi
prevedevano che questo vino venisse allungato con l’acqua per un
consumo sicuro, sebbene il vino fatto con l’uva non potesse comunque
raggiungere una gradazione superiore a 14 prima dell’invenzione della
distillazione.
I più eminenti sostenitori della “tesi enteogenica” in riferimento ai
Misteri furono R. Gordon Wasson, (1898-1986) e Terence McKenna
(1946-2000), entrambi etnobotanici e micologi dilettanti (enteogeno è una
parola greca che significa ‘creare il dio interiore’). Di professione dirigente
di banca, Wasson finì per fare esperimenti con i funghi psichedelici e si
accorse che i culti messicani legati alle droghe mostravano sorprendenti
similitudini con i Misteri. Si assicurò l’aiuto dello studioso classico
harvardiano Carl Ruck e scrisse The Road To Eleusis esponendo le proprie
controverse teorie sui funghi e sull’ergot, portando il suo coautore a
perdere il posto. In una prosa serrata, Wasson spiegava che i funghi
“saltavano fuori senza avere semi né radici, un mistero fin dall’inizio...
essi esprimono la religione nella sua più pura essenza, priva di contenuto
intellettuale. Aristotele diceva dei Misteri di Eleusi le stesse identiche
cose”.
Wasson rilegge il mito del rapimento come una discesa nell’inconscio,
poiché il fiore del narkissos, che Persefone stava raccogliendo, possedeva
proprietà narcotiche. Wasson sottolinea inoltre che l’Era Micenea (16001100 a.C.) era l’epoca in cui era ambientata la gran parte dei grandi miti
greci e delle grandi rappresentazioni, e successivamente fa risalire
l’etimologia di “miceneo” al mykes o fungo.
McKenna pubblicò le proprie teorie nel 1993, all’interno del libro Food
Of The Gods: The Search For The Original Tree Of Knowledge, nel quale
elabora le idee di Wasson. McKenna era un instancabile sostenitore degli
allucinogeni naturali, e promuoveva quella che chiamava “teoria della
scimmia drogata”, secondo la quale gli allucinogeni rappresentavano il
principale catalizzatore nello sviluppo dell’intelligenza e dell’evoluzione
umana. McKenna considerava gli allucinogeni la base di qualsiasi
religione ed esperienza mistica, una posizione parzialmente condivisa con
John Marco Allegro (1923-1988), il controverso studioso dei Rotoli del
Mar Morto, il quale scrisse, in The Sacred Mushroom And The Cross
(1969), che il sangue e il vino della comunione cristiana traevano in realtà
origine dai funghi psichedelici.
Assodati i legami tra il cristianesimo e i Misteri egizi, era possibile
ipotizzare un legame anche con l’Occhio di Horus (ricordate che “Horus il
Giovane” era l’incarnazione dei Misteri). Il ricercatore Stephen Berlant
sostiene che lo stesso Occhio sarebbe stato una pianta allucinogena, e cita
il leggendario egittologo britannico E.A. Wallis Budge, il quale scrisse, a
proposito dell’Occhio in Gods Of The Egyptians (1904):
Gli dèi si cibavano di cibo celestiale che l’Occhio di Horus riforniva
loro, il che significa che sopravvivevano grazie ai raggi di luce che
scendevano dal sole illuminando il cielo, e diventavano esseri
completamente fatti di luce. Secondo un mito gli stessi dèi vivevano su un
“tronco o un albero della vita”, che pare fosse cresciuto nei pressi del
grande lago di Sekhet-hetep, intorno al quale erano soliti sedersi.,. Altrove
si legge di “pane dell’eternità” e “birra dell’eternità”.
Poiché i funghi prosperano nei climi umidi, il fatto che l’Occhio si
trovasse nei pressi di un lago rafforza le teorie di Berlant. L’altra grande
icona solare della rinascita nella religione egizia era lo scarabeo (sacro), o
scarabeo stercorario, che a prima vista parrebbe una scelta un po’ strana
per un archetipo di tale importanza, finché non ci si rende conto che i
funghi psichedelici crescono spesso sul letame delle mucche. Ricordate
inoltre che il toro era sacro sia per Osiride che per Dioniso.
L’espressione di adorazione più pubblica che ci fosse nei confronti di
Dioniso era la processione del sacro fallo. Il quale avrebbe benissimo
potuto essere la rappresentazione di un esemplare maturo di fungo
dell'Amanita muscaria, che può arrivare ad assomigliare molto da vicino
all’erezione di un individuo ben dotato. Mitra, che incontreremo presto,
sgozza un toro nella più famosa rappresentazione iconica che lo riguarda,
la Tauroctonia. Gran parte degli storici interpretano l’immagine come una
raffigurazione della fine dell’era astrologica del Toro, ma porrebbe trattarsi
dell’ennesimo legame con la crescita dei funghi sul letame, magari
partendo dalla credenza che sia la mucca stessa a creare i funghi. Ancora
più irrefutabile è il copricapo indossato da Mitra, chiamato il “cappello
della libertà”, che ha nome e forma in comune con un fungo psichedelico7.
Sebbene l’eminente studioso delle religioni Huston Smith le abbia
fornito un sostegno qualificato, l’ambiente accademico non ha ancora
approvato la teoria enteogenica. Ma studiosi ribelli continuano a rovistare
nei vecchi testi alla ricerca di prove, e continua a crescere il corpus di
scritti sull’argomento. Gli allucinogeni non erano in ogni caso l’alfa e
l’omega dei Misteri, ma parte di un sistema di crescita della
consapevolezza saldamente costruito e fortemente organizzato, in grado di
portarti sull’Olimpo ancora prima che la pozione venisse servita.
I CORIBANTI
Alcuni pensano che l’heavy metal sia un’evoluzione musicale
relativamente recente, creata nei tardi anni Sessanta da proletari britannici
con i capelli lunghi, intenti a massacrare vecchi fraseggi blues con i
volumi a manetta dei loro amplificatori. Non è esattamente così. Magari la
tecnologia si è evoluta, ma una volta scrostata la superficie ci si rende
conto che l’heavy metal non è nient’altro che un inconscio revival,
applicato al Ventesimo secolo, dei Coribanti, i folli inebriati dal frastuono
che prendevano parte agli antichi Misteri. Questi sacerdoti guerrieri
creavano il loro folle baccano indossando un’armatura completa da opliti8,
battendo fragorosamente le loro spade e i loro scudi a tempo, seguendo il
battito dei tamburi e le lire, urlando letteralmente le loro canzoni fino a
scorticarsi la gola.
Le origini precise di questi hcadbanger1 ellenici erano un tempo
argomento di considerevole confusione tra gli storici, ma è credenza
diffusa che costoro fossero nati nella regione del Monte Ida, nell’odierna
Turchia, come sacerdoti di Cibele, la madre frigia degli dèi. I Coribanti
venivano anche identificati con i Grandi Dèi di Samotracia. Vi erano anche
gruppi simili, dalle origini altrettanto vaghe, come i Cureti e i Dattili. Tutte
queste categorie divennero a un certo punto intercambiabili, in particolare
con l’emergere del cosmopolitismo e del sincretismo. Ma pare che questi
folli macho con la passione per la musica, quale che fosse il loro nome,
rappresentassero un elemento popolare all’interno delle varie tradizioni
misteriche.
Le varie sigle avevano in ogni caso una duplice incarnazione: esseri
mitici e sacerdoti umani. I Coribanti erano semidèi, e avevano il compito
di proteggere Dioniso durante 1 infanzia. Come scriveva Nonno nelle
Dionisiache, “gli incespicanti Coribanti circondavano Dioniso con le loro
danze che rappresentavano l’adorazione e la protezione di un bambino,
sbattevano rumorosamente le loro spade e colpivano i loro scudi facendo
rimbalzare l’acciaio, con movimenti alternati, per nascondere la crescente
giovinezza di Dioniso”. Il dio del vino cresceva ascoltando
“l’incoraggiante rumore degli scudi”, il che spiega piuttosto bene la sua
fame di rock’n’roll. Analogamente, i Cureti avevano il compito di
proteggere il piccolo Zeus dal padre mangiatore di bambini.
Crono. Da parte loro, i Dattili, in alcuni racconti, venivano considerati i
creatori dei giochi olimpici.
Secondo Strabone i Coribanti “erano figli di Zeus e Calliope ed erano
identici ai Cabiri” che viaggiavano fino a Samotracia per praticarvi i
Misteri. Strabone prosegue sostenendo che altri si dicevano invece
convinti della sostanziale identità tra Cureti e i Coribanti, entrambi ministri
di Ecate. Diodoro Siculo sostiene che “i Coribanti erano maghi,
praticavano incantesimi, riti iniziatici e Misteri, e durante un soggiorno a
Samotracia stupirono gli indigeni dell’isola con la loro abilità in simili
faccende... [lo stesso Orfeo] divenne loro allievo, e di conseguenza fu il
primo a introdurre presso i greci i riti iniziatici e i Misteri”.
I Coribanti/Cureti/Dattili non dovevano di certo passare inosservati. La
letteratura antica è ricca di stupefatti tributi in loro onore, è come se
qualsiasi poeta o storico avesse una cotta per questi sacerdoti corazzati e
urlanti. L’autore degli inni orfici scriveva di “saltellanti Cureti i quali, con i
piedi da danzatori e i movimenti circolari dei loro passi armati, si
muovevano a ritmo seguendo il suono della lira... portatori di armi, forti
protettori, dominatori terrificanti... intenti a salvaguardare riti misteriosi e
divini: venite, e partecipate con benevolenza a questo inno”. Sembra quasi
l’estratto da una vecchia fanzine sugli Iron Maiden, non vi pare?
Questo baccano metallico era così irresistibile che “moltissimi orsi si
univano alla danza... Leoni che emettevano ruggiti con le loro gole e
rivaleggiavano, emulandolo, con l’urlo trionfale dei sacerdoti Cabiri, lucidi
nella loro follia; i gozzoviglianti pifferi suonavano una melodia in onore di
Ecate”.
Quale che fosse il nome con cui venivano indicati, i Coribanti divennero
parte integrante dei Misteri di Samotracia, e pure dei Misteri di Cibele e di
Attis. Visto il loro ruolo di guardiani di Dioniso all’interno dei miti, è
possibile che siano stati i Frigi a introdurre per primi quel genere di
violenta esplosione musicale che si sarebbe poi vista successivamente nei
Baccanali. Lo storico Franz Cumont ha inoltre identificato i Coribanti con
Mitra, il che ha sicuramente senso nel contesto di eccesso proprio dei riti
mitraici.
ORFEO
Non sono molte le tradizioni religiose in grado di far risalire le proprie
origini a una rockstar ma, secondo molte fonti antiche, le religioni
misteriche dell’antica Grecia potevano permetterselo. Naturalmente, la
preistoria dei Misteri ha un’origine più antica, e tuttavia alcuni Greci
credevano che il leggendario Orfeo, cantante, poeta lirico e paroliere, fosse
stato il primo a diffondere quei riti segreti nel loro paese. Col tempo, a
Orfeo si sarebbero attribuite molte altre cose, inclusa la creazione della
stessa musica.
Doveva essere un cantante formidabile.
Strabone descrive Orfeo come “un mago che in un primo tempo incassò
dei soldi grazie alla propria musica, alle proprie arti divinatorie e alla
celebrazione di orge legate ai riti iniziatici mistici” e “ottenne una schiera
di seguaci e il potere”. Sfortunatamente, come riporta il geografo, i riti
segreti di Orfeo, proprio come accadde ai rocker del Ventesimo secolo,
destarono sospetti presso i non iniziati, sospetti che portarono, infine, al
suo assassinio.
Come un Elvis dei tempi antichi, Orfeo entrò successivamente
nell’ambito del mito. Rinato come figlio della musa Calliope e di un dio
del fiume, gli venne attribuita la fondazione della civiltà greca, proprio
come accadde a Osiride in Egitto. Oltre ad aver creato la musica e i
Misteri, Orfeo veniva anche considerato colui che, a seconda delle
versioni, aveva introdotto presso i greci la scrittura, la magia, la medicina e
l’agricoltura. Orfeo a un certo punto fu fatto salire a bordo dell’Argo, dove
aiutò Giasone e i suoi marinai a sfuggire alle Sirene durante un antica
battaglia delle band nella quale la sua celebre lira surclassò il canto
trillante di queste ultime. In aggiunta a un curriculum già impressionante,
Eschilo gli attribuì la nascita del culto solare.
Secondo il mitologo inglese del Diciottesimo secolo, Thomas Taylor,
Orfeo “era il figlio di un re che a sua volta creò la teologia presso i greci,
l’istitutore del loro stile di vita e della loro morale, il primo dei profeti, e il
principe dei poeti”. I greci erano convinti che le loro più grandi menti
traessero ispirazione dai Misteri orfici, inclusi la divina musa di Omero, e
la filosofia di Pitagora, e Platone”. Le doti musicali di Orfeo avevano
inoltre proprietà magiche: “Attraverso la melodia della sua lira”,
46
scrive Taylor, “muoveva rocce, boschi e animali selvatici, interrompeva
il corso dei fiumi e riuscì addirittura a commuovere il re degli Inferi”.
Orfeo aveva una moglie chiamata Euridice, figlia di Apollo, che
potrebbe essere la prima groupie di cui si abbia notizia. Nel tentativo di
sfuggire a un satiro infoiato, Euridice incespicò in un nido di serpenti
velenosi, subendone i fatali morsi. Distrutto, Orfeo si recò all’inferno,
dove cantò una serenata in onore di Ade e Persefone. In cambio, essi
permisero a Euridice di ritornare con lui nel mondo di sopra. In uno di quei
frustranti cliché di cui la mitologia è piena, tutto sarebbe andato liscio
finché Orfeo non si fosse girato a guardarla prima di abbandonare
l’inferno. Naturalmente egli guardò all’indietro e lei venne nuovamente
inghiottita dagli Inferi, per sempre. Secondo la tradizione Orfeo avrebbe
rinunciato al sesso (be , quantomeno con le donne) a causa del dolore per
la perdita di Euridice. A quanto pare questa situazione lasciò una scia di
cuori spezzati a desiderare invano l’idolo pop. Il poeta romano Ovidio
scrisse: “Molti provarono il desiderio di unirsi al poeta, e molti piansero
per il suo rifiuto. Effettivamente, fu il primo dei Traci a trasferire il suo
amore ai giovani [maschi]”. Wow, un altro primato.
Il mutare dei sentimenti di Orfeo portò a sua volta alla sua uccisione, per
mano di una banda di Menadi reduci da una sbronza. Ovidio scrisse che le
deliranti donne di Ciconia, i cui seni erano coperti da pelli di animali,
individuarono Orfeo dall’alto di una collina, mentre intonava canzoni
accompagnato dal suono delle corde. [Una di esse] gridò: ‘Guardate,
guardate, ecco quello che ci disprezza’ e scagliò la propria lancia in viso al
poeta di Apollo, mentre costui era impegnato a cantare”. Le Menadi lo
dilaniarono, squarciandolo in due, per aver abbandonato Dioniso, oppure
per aver rifiutato i loro inviti mossi dall’ebbrezza, o forse per entrambi i
motivi.
Taylor racconta che in seguito all’assassinio “l’anima di Orfeo, destinata
a discendere in un altro corpo, avrebbe preferito il corpo di un cigno
piuttosto che nascere ancora una volta da donna, avendo concepito un tale
odio nei confronti del sesso”. Ironicamente, la lira di Orfeo finì per essere
appesa nel tempio di Apollo a Lesbo, dove la sua testa smembrata venne
utilizzata come oracolo e la lira stessa suonata come accompagnamento.
I Misteri orfici avevano a che fare con la magia oltre che con la musica.
Pausania scrisse che Orfeo aveva dato vita a riti misterici annuali in onore
di Ecate, a Egina. In Laconia, aveva creato i Misteri di Demetra degli
Inferi. Col tempo, avrebbe fatto la sua comparsa un intero corpus di poemi
e inni attribuiti a Orfeo, molti dei quali erano dedicati agli dèi e alla pratica
delle varie religioni misteriche.
Nonostante fosse stato fondato da una rockstar polisessuale, l’orfi- smo
non era selvaggio e libero come il dionisismo. I Misteri Orfici si
trasformarono in un un culto rigoroso e ascetico, che praticava il vegetarianesimo e predicava uno stile di vita puritano, oltre che una teologia
pessimistica. In effetti, gli insegnamenti orfici anticipavano la dottrina
cristiana del peccato originale. Poiché l’umanità aveva dentro di sé tracce
dei Titani e allo stesso tempo di Dioniso, era necessario espiare i peccati
dei primi.
In seguito si sviluppò un commercio di amuleti e libri magici attribuiti a
Orfeo. Nell’opera teatrale I Ciclopi, Euripide diede a Orfeo il potere di
escogitare incantesimi magici in grado di sconfiggere i mostri monocoli.
Questo commercio avrebbe dato vita a un vero e proprio mestiere, quello
degli indovini porta a porta, un’antica versione dei Testimoni di Geova.
Nella Repubblica, Platone li liquidava come “preti mendicanti e indovini”
che “producono grandi quantità libri di Museo e di Orfeo, prole della Luna
e delle Muse, libri che utilizzano durante i loro rituali, facendo credere non
solo agli uomini comuni ma anche agli Stati che esista davvero la
remissione dei peccati e la purificazione dalle azioni e dalle ingiustizie”.
I MISTERI DI CIBELE E ATTIS
L’androginia è sempre stata una parte fondamentale dell’atteggiamento
mentale legato alla spiritualità esoterica. Il gender-bending10 non solo non
veniva considerato un “abominio” dagli antichi pagani, ma era spesso un
modo per entrare in contatto gli dèi. Molte delle divinità più importanti
dell’antico Egitto eludevano i tradizionali confini di genere: Atum (il
‘Grande Lui/Lei’ dio creatore), Huh (il dio dell’infinito), Neith (dea della
guerra), Hapi (dio del Nilo, solitamente rappresentato come un uomo dai
grandi seni) e Ptah (dio dei costruttori e degli artigiani, capace di cambiare
genere a piacimento), così come Horus e Seth.
Re-guerrieri egizi come Seti e Ramses erano spesso raffigurati, nell’arte
antica, con indosso un travestimento rituale che comprendeva parrucche,
trucco, gioielli, vesti o gonne. In alcuni casi, i faraoni si distinguono dalle
regine o dalle dee solamente per la lunghezza delle gonne o le barbe
posticce. Gli egittologi sono attualmente convinti che Akhenaton
(ironicamente, il primo monoteista della storia) fosse nato ermafrodita.
Accanto alla sua famosa regina, Nefertiti, Akhenaton aveva anche un
prostituto, Smenkhare. Altre culture mediterranee seguirono le orme degli
Egizi, i Greci in particolare. Dèi maggiori come Zeus, Ermete (il cui
androgino figlio avuto da Afrodite ci ha regalato il termine ermafrodita),
Apollo ed Ercole scopavano qualsiasi cosa d’impulso, riflettendo i valori
del loro tempo.
La vergine dea lunare Artemide aveva una grande importanza a Sparta,
dove la popolazione era comunemente suddivisa in raggruppamenti
omosociali. Lì il mentoraggio con benefit veniva praticato da uomini e
donne (le quali avevano uno status sociale molto più elevato rispetto alle
loro sorelle in altre città-Stato della Grecia). Si credeva tradizionalmente
che le mitiche Amazzoni fossero lesbiche, e che andassero con gli uomini
una volta all’anno solo per mantenere elevato il tasso di natalità. L’antico
testo gnostico Il Divino Pimandro di Ermete Mercurio Trismegisto insegna
che l’umanità era in origine androgina, e che la separazione dei generi
faceva parte di una Caduta dalla condizione di Divinità.
Similmente, esisteva un antico culto misterico incentrato sull’idea di
androginia come salvazione. I Misteri di Cibele e Attis si diffusero in tutto
l’impero Romano grazie a un fiero esercito di sacerdoti eunuchi travestiti,
la cui musica frenetica, rumorosa e selvaggia e i cui sanguinari rituali
anticipano in maniera inquietante il glam e il glitter dei tardi anni Sessanta
e primi Settanta, nonché costole di quei movimenti quali punk, new wave e
hair metal.
L’antica dea della terra Cibele era una delle figure più riverite del mondo
antico. Originaria della Frigia, provincia religiosa fino all’eccesso, Cibele,
sul finire del Terzo secolo a.C., venne adottata come “Madre degli Dèi”
dagli antichi Romani, che le attribuivano la vittoria conseguita nella
Seconda Guerra Punica. Si scatenò il dibattito sull’inclusione di questa dea
straniera nel culto ufficiale, ma una curiosa serie di eventi convinse i
romani a decidere per il sì. Il prevedibilmente eccitabile Livio scrisse che
“il tempio di Giove e il sacro bosco di Marica furono colpiti da un
fulmine”, mentre una municipalità “riferì di un secondo e ancora più
sconvolgente portento: un ruscello di sangue si era messo a scorrere presso
la porta principale”.
In seguito a innumerevoli racconti di piogge di pietre dai cieli, i
pontefici decisero che gruppi di vergini “avrebbero dovuto attraversare la
città cantando un inno” alla dea, ma mentre costoro provavano gli inni nel
tempio ufficiale di Giove, il tempio di Giunone Regina venne colpito da un
altro fulmine. L’imminente arrivo di Cibele si fece ancora più bizzarro. “Si
dice che fossero visibili due soli; ci furono schiarite di luce diurna nel
corso della notte” scrive Livio, aggiungendo che “una meteora fu vista
sfrecciare da oriente a occidente; una porta aTarracina e ad Anagna una
porta e molte parti del muro di cinta vennero colpite da fulmini; nel tempio
di Giunone Sospita di Lanuvium si udì uno schianto seguito da un terribile
boato”.
Dopo una concitata riflessione, al leggendario generale Scipione “venne
ordinato di recarsi a Ostia, accompagnato da tutte le matrone, per
incontrare la dea”. Livio scrisse che “la reputazione di Cibele era stata fino
ad allora dubbia”, ma che l’entourage inviato ad accoglierla “la circondò di
un alone di castità agli occhi dei posteri”.
Cibele era una presenza regale, materna e fisicamente imponente, e
spesso veniva rappresentata alla guida di un cocchio trainato da due leoni.
Divenne la preferita di potenti imperatori quali Augusto, Claudio e
Commodo e sopravvisse ben oltre l’avvento dell’era cristiana. La sua
reputazione era tale che i suoi templi, anziché essere distrutti, vennero
spesso trasformati in santuari dedicati alla Vergine Maria.
Cioè che la rendeva differente dalle altre dee era l’estremismo dei suoi
seguaci, capaci di mettere in imbarazzo persino i più scatenati addestratori
di serpenti di oggi. Infatti, Cibele incuteva un tale rispetto proprio perché
infondeva loro un’eccezionale passione, il che li rese un bersaglio facile
nel momento in cui la Chiesa incominciò a diventare predominante. I
sacerdoti della dea incominciarono pure loro a finire nel mirino per via dei
modi maliziosi e sconvenienti che ne caratterizzavano il comportamento.
Il compagno di Cibele, Attis, era suo figlio (e/o amante, a seconda della
versione del mito che vi capiti di leggere). In alcuni racconti, Attis si castra
nel momento in cui il suo folle amante ermafrodita, Adgistis, si imbuca
alla sua festa di matrimonio. In altri racconti, Adgistis e Cibele
coincidevano (la mitologia può diventare a volte davvero confusa). Dopo
essersi castrato, Attis incomincia a vestirsi da donna e ad avere solo amanti
di sesso maschile, percorrendo la campagna e coinvolgendo la gente in
tributi alla Dea Madre che sembravano in tutto e per tutto antiche versioni
del film Hedwig la diva con qualcosa in più:
Mentre Attis, la falsa donna, cantava questo ai suoi compagni,
Il coro gridò d’improvviso con le proprie lingue agitate.
Il tamburello urla, i cimbali battono di nuovo; la celere truppa si muove
verso Ida a passi affrettati.
Fuori di sé, ansante, alla deriva, all’ultimo momento,
Attis con il suo tamburello li guida per i boschi opachi come una
giovenca pura che rifiuta il giogo:
Ora donna, sono stata uomo, giovane e ragazzo;
Ero l’atleta, e il lottatore.
Intere moltitudini stavano alla mia porta, i miei seguaci dormivano sulla
soglia.
Come tributo ad Attis, i sacerdoti di Cibele - noti come Galli o Galloi —
si castravano e si vestivano anch’essi da donna. Percorrevano la campagna
e guidavano appassionati tributi musicali alla Grande Madre, proprio come
Attis. Un indignato apologeta cristiano di nome Ippolito descriveva
l’attitudine curiosamente postmoderna di questi sacerdoti nei confronti del
genere: “Perché l’uomo, dicono, è bisessuale. E così, secondo questo loro
pensiero, il rapporto carnale tra la donna e l’uomo viene mostrato, nel loro
insegnamento, come il più sciagurato e proibito che ci sia... Attis era
castrato, il che significa privato delle parti terrene della creazione lì in
basso, e ha riesaminato l’essenza eterna su in alto dove, dice, non c’è né il
femminile né il maschile, ma una nuova creatura”.
Gli storici antichi avevano opinioni piuttosto variabili sui Galloi, che
andavano daU’ammirazione, alla confusione, allo scherno. Ma tutti quanti
sembravano essere d’accordo sul fatto che costoro amassero il rock’n’roll,
1 loro riti e festival facevano sembrare Wooodstock un pranzo a un club
per signore.
Le celebrazioni pubbliche dei Galloi erano così intense che le folle
venivano spinte a raggiungere uno stato di panico religioso. Talvolta
giovani uomini devoti si staccavano dalla folla per unirsi ai sacerdoti,
secondo una modalità particolarmente interessante. Lo storico romano
Luciano di Samostata descriveva una scena di questo tipo:
Certi giorni una moltitudine si accalca nel tempio, e tra loro un gran
numero di Galloi, sacri come è loro natura, praticano le cerimonie degli
uomini, si tagliano le braccia e voltano le loro schiene per essere frustati.
Molti astanti suonano i flauti mentre altri, anch’essi numerosi, percuotono
dei tamburi; altri ancora cantano canzoni sacre e divine. Qualsiasi giovane
uomo che decida di compiere questa azione, si toglie i vestiti, e con un
forte grido irrompe nella folla, afferrando una spada... e si castra per poi
correre selvaggiamente per la città, tenendo in mano ciò che ha tagliato. Lo
getta in una casa che ha scelto e dalle donne di questa casa riceve vestiti e
ornamenti.
Ecco un’affascinante tecnica di reclutamento.
I Galloi fecero la loro comparsa pure nelle Metamorfosi di Apuleio, il
classico romanzo comico romano. La storia parla di uno stregone dilettante
di nome Lucio, il quale manda all’aria un sortilegio trasformandosi in
asino. In tali sembianze, Lucio viene venduto a una banda errante di Galloi
e trascinato qua e là mentre i sacerdoti percorrono la campagna, spesso
praticando di casa in casa.
Non essendone evidentemente un sostenitore, Lucio descrive i riti dei
Galloi, che includono un’inquietante precognizione dello headbanging
tipico dell’heavy metal: “Arrivarono presso la villa di un uomo ricco e,
strillando i loro canti stonati fin dal momento in cui erano arrivati in vista
dei cancelli, si riversarono freneticamente all’interno. Piegando le loro
teste, dimenavano e dondolavano il collo avanti e indietro, mentre i lunghi
capelli roteavano disegnando in aria dei cerchi”.
Con l’ascesa del cristianesimo imperiale, le autorità si misero con
particolare insistenza a prendere di mira i Galloi e il loro culto. Ma costoro
furono banditi o vennero semplicemente assorbiti? Era risaputo che i padri
cristiani delle origini praticassero la castrazione, mentre monaci, preti e
suore vivono ancora oggi in ambienti monastici omosociali. E paramenti
sacri, sessualmente ambigui, vengono tuttora utilizzati nelle cerimonie, da
confessioni e sette di ogni tipo.
Un’androginia meticolosamente studiata è stata dunque di gran moda,
per secoli, presso vigorosi europei eterosessuali, proprio come era
avvenuto in Egitto. E tutte le forme di gender-bending — dal dandismo, al
travestitismo, alle forme di sessualità alternative - hanno rappresentato una
parte essenziale della cultura umana nel corso della storia, finendo per
diventare protagoniste di un ritorno in grande stile con l’emergere del
rock’n’roll.
I CULTI ROMANI UFFICIALI
Col tempo, i Misteri finirono per allontanarsi da Frigia, Egitto e Grecia,
e vennero ricondotti nell’orbita del superpotere che dominava il mondo
antico. Una volta lì, si evolvettero assumendo una certa importanza,
fondendosi con i culti rivali, divenendo infine istituzionalizzati. Ma per
capire questo processo occorre prima di tutto comprendere la mentalità
religiosa dei Romani.
Sovranità, potenza militare e fertilità erano i principi fondanti della
religione romana, rappresentati rispettivamente da Giove, Marte e
Giunone. Il culto ufficiale aveva i suoi centri nel Foro (dove si trovava il
Santuario di Vesta) e presso il Campidoglio (dove si trovava il Tempio di
Giove). Alcuni dèi greci finirono per rimpiazzare alcune divinità etrusche,
sebbene molti degli dei più antichi, come Giano (dio dei passaggi), Vesta
(dea del focolare) e Fortuna, mantennero un ruolo centrale nella vita dei
romani.
La vecchia Repubblica cedette il passo all’impero, mentre le antiche
famiglie erano in una fase di declino e nuovi intermediari si impadronirono
del potere. Il culto dell’imperatore venne allora messo in primo piano,
accanto a quello ufficiale. Seguendo l’esempio di Giulio e di Augusto,
molti imperatori si consideravano discendenti della dea dell’amore Venere.
Ciò nonostante, la moralità legata ai valori familiari di Augusto fu
addirittura più rigorosa di quella della Maggioranza dei Benpensanti, e gli
fece approvare leggi contro il divorzio e contro chi non aveva figli.
Mentre il suo impero continuava a crescere e a espandersi, Roma si
trovò a essere invasa da dèi stranieri provenienti dalle colonie. Questi culti
venivano in genere tollerati (con riluttanza), ma spesso si ritrovavano
improvvisamente a non esserlo più. Svetonio riferiva che Tiberio Cesare
(42 a.C.-37 d.C.) bandì indovini e astrologi e “abolì i culti stranieri, in
particolare i riti egizi e quelli ebraici, costringendo tutti coloro che
dipendevano da tali superstizioni a bruciare i paramenti sacri e tutto il loro
armamentario”. Chi si rifiutava di farlo veniva esiliato o peggio.
Malgrado la retorica da ordine pubblico, Tiberio non era interessato ad
alcun genere di moralità. Dèi stranieri e culti segreti tendevano a ispirare
ribellioni o violenza settaria, e quindi dovevano, molto semplicemente,
sloggiare. Svetonio racconta infatti che quando quel “vecchio mandrillo”
di Tiberio si ritirò nella propria villa sulla sua isola “escogitò un certo
divertimento per le proprie orge: gruppi di scostumati di entrambi i sessi,
selezionati in quanto esperti di rapporti sessuali deviati e soprannominati
analisti’, si accoppiavano di fronte a lui in unioni triple per eccitare le sue
sempre più flebili passioni”.
Sulla scia del regno di Tiberio arrivò un nuovo movimento che sarebbe
asceso fino a diventare il culto ufficiale della Roma imperiale. Il
cristianesimo nacque come corrente scissionista del Giudaismo, fondato
sugli insegnamenti di un rabbino viaggiatore che profetizzava l’avvento
del Regno di Dio, i cui seguaci sostenevano fosse risorto e asceso al Cielo.
Nessuno prestava molta attenzione ai cristiani, al di là delle autorità
ebraiche, le quali erano risentite per il fatto che un piantagrane che era
stato crocifisso venisse acclamato come Messia. I Romani erano già
abbastanza impegnati a cercare di mantenere la pace in Giudea, che era
tenuta sotto tiro da una guerra civile tra varie fazioni ortodosse, inclusi
Greci ed Ebrei romanizzati. Fu solo con la comparsa di un cittadino
romano proveniente da Tarso, roccaforte mitraica, che la nuova religione
cominciò davvero a prendere quota.
Saulo di Tarso — ovvero l’Apostolo Paolo — era un ebreo fariseo dal
passato misterioso che sosteneva che Gesù gli fosse apparso mentre era
diretto a Damasco per sopprimere una setta cristiana. Paolo sembrava non
avere in pratica alcuna conoscenza dei dettagli della vita e del ministero
sacerdotale di Gesù, e predicava una dottrina del “Cristo” che prevedeva la
realizzazione di profezie messianiche. Ma costui era un oratore e uno
scrittore estremamente convincente e predicava la propria visione cristiana
ai Gentili, provocando dolorosi scismi all’interno della Chiesa di
Gerusalemme e tra gli Apostoli originali.
Per essere un povero costruttore di tende, Paolo era decisamente
cosmopolita, e predicava in tutto il Mediterraneo. Era anche piuttosto
fortunato — una volta i soldati romani lo salvarono da una folla inferocita,
e un’altra volta lo scortarono in fretta e furia a Cesarea, con una scorta
armata di 470 uomini, nel momento in cui a Gerusalemme venne scoperta
una cospirazione per ucciderlo. (Per contrasto, pensate a quello che
accadde a Gesù in una situazione pressoché identica). I Romani furono
anche così gentili da permettere a Paolo di restare presso una famiglia di
cristiani mentre avrebbe dovuto essere sotto processo a Roma.
Apparentemente agli arresti domiciliari a causa dei suoi scritti e della sua
predicazione, gli fu permesso di continuare a scrivere e predicare in una
villa messa a disposizione nientemeno che dalla Guardia Pretoriana. (I
pretoriani erano grossomodo un equivalente dei moderni Servizi Segreti).
Secondo la leggenda, l’apostolo sarebbe stato condannato a morte da
Nerone, ma non esistono da nessuna parte tracce di un processo a suo
carico o di un’esecuzione.
In ogni caso, Paolo e la sua nuova visione di Cristo arrivarono in un
momento incredibilmente opportuno per la struttura di potere romana. Gli
Ebrei erano una potente minoranza all’interno dell’impero, ed erano
profondamente coinvolti in importanti professioni liberali legate
all’educazione e al commercio. Il giudaismo era inoltre, all’epoca, una
fede tendente al proselitismo, e alcuni cittadini romani si erano convertiti,
facendo aumentare la possibilità che un crescente malcontento potesse
diffondersi in altre aree dell'impero. Una nuova forma di giudaismo
mistico, che non manifestava gratitudine nei confronti del Tempio e della
stessa Terra Santa, era un dono del cielo per i Romani. Soprattutto se
riusciva ad attirare i pagani con argomenti e riti fortemente mutuati dai
Misteri. Con uno sbalorditivo colpo di fortuna per Roma, questo era
esattamente ciò che predicava Paolo.
Le rivolte in Palestina vennero brutalmente represse dai generali
Vespasiano e Tito, entrambi futuri imperatori. Lo storico Josephus
sosteneva che durate l’assalto fosse stato ucciso un milione di persone, e
gli ebrei vennero banditi da Gerusalemme. Nel tentativo di riportare
l'ordine il successore di Tito, Domiziano (51-96 d.C.), si autonominò
censore, attuò un giro di vite sull’adulterio e più in generale la tolleranza,
sopprimendo sia il giudaismo che il cristianesimo. Il rifiuto di rivolgere le
proprie preghiere all’imperatore era la principale ragione per cui i cristiani
venivano puniti; essi avevano il loro imperatore, la cui seconda venuta
credevano letteralmente potesse avere luogo da un momento all’altro. Non
erano di certo gli unici a credere una cosa del genere all’epoca, c’erano
sette di ogni genere convinte che il loro defunto leader sarebbe risorto per
salvare il mondo. Questi culti erano così diffusi che nel 98 d.C.
l’imperatore Traiano bandì tutte le società segrete, incluse le sette cristiane.
L’Impero continuò a espandersi, e con Adriano (iniziato di Eleusi) e il
re-filosofo Marco Aurelio assistette a periodi di relativa calma. Ma la
“Peste Antonina” (che si crede fosse un’epidemia di vaiolo) esplose nel
165 d.C. e uccise circa cinque milioni di persone nel corso dei quindici
anni successivi. Un’altra epidemia di peste scoppiò settant’anni dopo,
facendo paventare l’instabilità politica e militare dell'impero.
Roma uscì da un prolungato periodo di crisi grazie al coraggio e alla
forza di volontà, e a generali fieri e implacabili come Aureliano e Probo, i
quali, arrivati sul trono, imposero la disciplina militare sui propri sudditi. E
fu sotto il governo di questi uomini che i culti misterici di Mitra, Iside e
Cibele raggiunsero un grado di forza e un’influenza senza precedenti in
tutto il mondo antico.
ISIDE, REGINA DEL CIELO
Nel Primo secolo a.C., un’assemblea di seguaci di Iside conosciuta come
i Pastofori fece la sua comparsa a Roma, dando vita a una rete di santuari
in tutta la città. Questi sacerdoti non erano molto dissimili dai moderni
Hare Krishna; costoro scandalizzavano i romani per via delle teste rasate,
alla egiziana, e per via del loro astenersi dal consumo di carne e di vino
oltre che dal matrimonio. Considerando Iside un’influenza straniera
corruttrice, il Senato ordinò la distruzione del tempio a essa dedicato nel
65 a.C. Augusto e Tiberio ebbero anche loro i loro bei sacerdoti crocifissi.
Probabilmente intrigato dalle voci riguardanti la presenza di prostitute nei
templi, Caligola legalizzò il culto di Iside e diede l’ordine di costruire
l’Iseo in suo onore. Vista come un’amorevole alternativa alle fredde e
vecchie divinità ufficiali, ben presto Iside assunse il ruolo di Magna Mater
nel cuore dei Romani. Inizialmente nuda, Iside venne in seguito raffigurata
con indosso un modesto mantello e un velo. Ma la sua immagine pubblica
era un po’ più tranquilla di quella psichedelica che rivelava ai suoi iniziati.
Nelle Metamorfosi, Apuleio descrive il modo in cui Iside si rivela a
Lucio: “Una corona multiforme, fatta di numerosi fiori... nel mezzo della
[sua fronte] vi era una liscia sfera... la quale la identificava come la luna.
[Vipere] avvolgevano la corona sul lato destro, mentre dal lato sinistro vi
erano delle pannocchie... Stelle scintillanti erano disseminate lungo l’orlo
ricamato della veste... [la luna piena] emetteva fiamme ardenti davanti a
sé”.
Rivolgendosi direttamente a Lucio, la dea dice: “Io sono la madre
naturale di tutte le cose, padrona e governante di tutti gli elementi, la
progenie iniziale dei mondi, a capo di poteri divini, la regina del cielo, la
più importante delle divinità celesti, la luce delle dee”.
L’Iside romana reggeva inoltre un sistro (una specie di sonaglio) che
aveva avuto in prestito da Hathor. Nella descrizione di Apuleio, “quando
faceva vibrare queste tre corde, esse producevano un grido stridulo”. Per
gli iniziati, questo rumore sacro non aveva uno scopo solamente rituale,
ma anche cosmico. Come scrive l’erudito romano Plutarco nel suo trattato
Moralia, “il sistro mette anche in chiaro che ogni cosa esistente necessita
di essere scossa, o fatta tintinnare, e non si deve mai fermarne il
movimento, ma, così è, le cose devono essere risvegliate e agitate quando
diventano sonnolente e torpide. Essi sostengono di poter allontanare e
respingere Tifone per mezzo dei sistri, indicando in tal modo che quando
la distruzione mette in scacco la Natura, la generazione la libera e la
risveglia attraverso il movimento”. In altre parole, Iside e la sua musica
tenevano il diavolo, letteralmente, lontano dalla porta. È difficile non
pensare ai poteri di ringiovanimento attribuiti al rock’n’roll in un simile
contesto.
Lucio descrive inoltre l’accoglienza riservata agli iniziati al culto di
Iside, che assomiglia a qualsiasi altro numero da “bombardamento
d’amore” tipico di esperienze di conversione da parte di moderni gruppi
religiosi: “Da tutte le direzioni arrivavano le folle di iniziati, che si
accalcavano intorno a me, e ognuno di essi, seguendo l’antico rito, mi
consegnava vari doni. Infine, con tutti i non iniziati chiusi su se stessi, mi
hanno vestito con una nuova veste di lino, e il sacerdote, prendendomi per
mano, mi ha condotto verso i più intimi recessi del luogo sacro”.
Da quel punto in poi, l’esperienza si fa decisamente più strana, con
Lucio che si cala in quello che appare in tutto e per tutto un potente trip
acido: “Mi avvicinai ai confini della morte, e calpestai la soglia di
Proserpina. Fui trasportato attraverso tutti gli elementi e riportato sulla
terra. Al termine della notte, vidi il sole splendere luminoso. Mi rivolsi agli
dèi in alto e a quelli in basso, e li adorai trovandomi faccia a faccia con
essi... Non appena venne la mattina e i solenni riti furono completati,
avanzai con indosso le dodici vesti che devono portare gli iniziati”.
Oltre al culto misterico, vi era una rete di templi destinati alla gente
comune, nei quali i sacerdoti praticavano i consueti riti egizi per tutto il
giorno. La loro liturgia ci suona familiare ancora oggi. Scrive Budge: “Le
funzioni avevano luogo tutti i giorni all’alba e nel primo pomeriggio, e
ovunque vi prendeva parte una moltitudine di persone. L’acqua santa
utilizzata nelle libagioni e per bagnare le persone era acqua del Nilo,
appositamente importata dall’Egitto, e per coloro i quali prendevano i voti
[monaci o suore] simbolizzava il seme del dio Osiride, il quale germinava
e faceva nascere dei frutti grazie agli incantesimi della dea Iside. Le
festività e le processioni... erano molto popolari ovunque, e venivano
apprezzate da chi era istruito come dagli illetterati”.
I Romani conoscevano Osiride e Serapide, la sintesi di Osiride e Zeus
creata dal governatore di Alessandro, Tolomeo, per ridurre le tensioni tra
Greci ed Egiziani ad Alessandria. La popolarità di Serapide era tale che,
secondo l’imperatore Adriano, il Patriarca (il papa della chiesa originaria)
“veniva costretto da alcuni ad adorare Serapide, e da altri ad adorare
Cristo” ogni volta che visitava la città. Nell’era bizantina, le icone di
Serapide vennero semplicemente corrette e trasformate in ritratti di Gesù,
allo stesso modo Iside e Arpocrate avrebbero finito per rappresentare la
Vergine e Gesù Bambino.
Accanto all’aspetto teatrale del culto, era l’esotismo delle origini egizie a
contribuire ulteriormente al suo fascino. Sfingi e obelischi ne decoravano i
templi in tutto il mondo romano, ma la sua popolarità andava ben oltre.
L’archetipo della dea madre accogliente, sofferente e clemente toccava
corde molto profonde a Roma. Come scrisse Sir James Frazer nel Ramo
d’oro, “In un periodo di decadenza, nel quale le fedi tradizionali
vacillavano... Iside, con la sua calma spirituale e la sua affabile promessa
di immortalità, appariva a molti come una stella in un cielo tempestoso”,
aggiungendo che essa ispirava “un’estasi di devozione non dissimile da
quella che nel corso del Medioevo sarebbe stata tributata alla Vergine
Maria”.
SANGUE E FUOCO: I MISTERI MITRAICI
E’ opinione comune che l’antica Roma sia caduta perché divenuta un
ininterrotto carnevale a base di vomito e sesso anale. Niente di più lontano
della verità. Infatti, un ramo eccezionalmente rigido del cristianesimo
rappresentava la religione ufficiale da oltre un secolo quando l’ultimo
Cesare fu deposto, nel 475 d.C.
Sul finire del Secondo secolo, la religione stava prendendo piede in tutto
l'impero, e un’esplosione di culti importati si disputava i cuori e le menti
dei Romani. Il governo, in genere, tollerava una tale varietà, a meno che
questa o quell altra fede non predicassero la slealtà nei confronti
dell’Imperatore.
L’adorazione di dèi salvatori morti e risorti era popolare presso i Romani
ben prima della nascita di Cristo, e il punto di vista dei romani su queste
dottrine era un po’ più vivace di quanto si sia abituati a credere oggi. Prima
dell’affermarsi del cristianesimo nel Quarto secolo, una religione
enoteistica oggi nota come “Mitraismo” era diventata la fede d’elezione
delle classi mercantili e militari.
Secondo la leggenda, il Mitraismo venne tramandato dai Zoroa- striani
persiani ai Romani per tramite di una banda di pirati tagliagole dell’Asia
Minore. Zoroastro, che visse circa un migliaio di anni prima di Gesù,
predicava l’idea di un mondo stretto nella morsa di un’eterna lotta tra le
forze della luce (guidate da Ahura Mazda) e le forze dell’oscurità (guidate
da Ahriman). Mitra era il figlio di Ahura Mazda, e il mitraismo predicava
all’incirca l’identica cosmologia dualistica della religione che gli era
apparentata. Era, come scrive Burkert, anti-gno- stico e dedicato
“ali’affrontare il cosmo e fare in modo che continuasse a essere fondato
sulla violenza e sul sacrificio”.
Poiché non sono sopravvissuti al trascorrere del tempo testi sacri veri e
propri, le credenze hanno dovuto essere ricostruite, in genere a partire
dagli scritti degli avversari. È opinione generale che i culti mitraici
chiedessero a ogni uomo di impegnarsi nell’eterna lotta contro il male. Il
mitraismo comprendeva inoltre un pasto cerimoniale a base di pane e vino,
praticava il battesimo, utilizzava la domenica come sabbath, e celebrava il
compleanno del proprio dio il 25 dicembre. I primi padri della Chiesa si
dice fossero rimasti talmente scioccati dalle similitudini tra mitraismo e
cristianesimo da sostenere che il culto fosse una specie di trucco diabolico,
il cui scopo era confondere le acque dal punto di vista teologico.
Esistevano tuttavia delle differenze significative. Il mitraismo era
esclusivamente maschile e proponeva sei gradi di iniziazione, simili ai
gradi militari. Era previsto che i seguaci prendessero parte a digiuni e a
una purificazione rituale, oltre a essere sovente sottoposti a prove di forza,
coraggio e resistenza. In poche parole, il mitraismo era un culto guerriero.
Ma era anche, be’, bizzarro.
Le cerimonie mitraiche, cosi come le loro credenze di base, erano
essenzialmente fondate sulla magia rituale, e, a seconda del grado, ciascun
adepto indossava maschere di animali e costumi differenti. E il battesimo?
Be’, in occasione dell’equinozio di primavera, nel principale tempio
mitraico (situato, per ironia della sorte, sul Colle Vaticano) gli iniziati si
sottoponevano al Taurobolium: venivano lavati con il sangue di un toro
sacrificale la cui gola veniva tagliata nel momento esatto in cui questi si
trovava su di una banchina, esattamente sopra l’iniziato. Alcune varianti
prevedevano un ariete al posto del toro, scelta che avrebbe potuto
simbolizzare la fine dell’Era dell’Ariete. Una variante di questa pratica
potrebbe essere stata utilizzata anche dai primi cristiani. (Si veda
l'Apocalisse, 7:14 e 12:11).
Il Taurobolium rappresenta l’icona centrale del culto. La Tauroctonia,
cosi veniva chiamata, raffigura in genere Mitra nell’atto di tagliare la gola
a un toro. E spesso circondato da uno zodiaco, e accompagnato da un dio
solare e da una dea lunare. Vengono solitamente illustrate le sette sorelle
Pleiadi, e due tedofori. Un serpente e un cane leccano il sangue del toro, e
si vede uno scorpione attaccato ai genitali dell’animale. Tutti sono
d’accordo sul fatto che la Tauroctonia risalga alla fine dell’Era del Toro, e
che Mitra sposti i cieli nella nuova era, con i vari animali a rappresentare
le costellazioni, molto probabilmente Scorpione, Idra e Cane Maggiore.
L’altra icona principale dei Misteri mitraici è il dio alato dalla testa di
leone Aion, ovvero il Leontocefalo. In quanto dio dell’Eternità, Aion sta in
cima alla “croce di luce” a forma di x, la quale rappresenta l’intersezione
tra lo zodiaco e l’equatore celeste. Un pitone gigante si avvolge intorno al
suo corpo, e un granchio e una capra ne costeggiano i genitali,
rappresentando i solstizi in Capricorno e Cancro. Diamine, non è
un’immagine rassicurante e confortevole.
E poi c’è la liturgia mitraica, recuperata in un nascondiglio contenente
documenti risalenti all’Egitto del Quarto secolo. Se la Tauroctonia e Aion
vi sembrano strani, allora la liturgia vi sembrerà completamente folle,
poiché combina un linguaggio religioso semipersuasivo con sequenze di
sillabe prive di senso inserite per ottenere un effetto magico, in questo
modo:
Invoco i nomi immortali, viventi e onorati, che non mutano la propria
natura in mortale e che non vengono proclamati in un discorso articolato
da lingua umana o discorso mortale o suono mortale: EEO OEEO IOO OE
EEO EEO OE EO IOO OEEE OEE OOE IE EO OO OE IEO.
O questo:
Silenzio! Silenzio! Silenzio! Simbolo del dio vivente e incorruttibile!
Vegliami, Silenzio, NECH IL LORO THANMELOY! Poi emetti un suono
sibilante e prolungato, successivamente emetti un suono scoppiettante, e
dì:
PROPROPHEGGE
MORIOS
PROPHYR
PROPHEGGE
NEMETHIRE ARPSENTEN PTTETMI MEOY ENARTH PHYRKECHO
PSYRIDARIO TYRE PHYLBA.
Immaginate di recitare tutto ciò ricoperti di sangue bovino, nudi, in una
buia grotta sotterranea. Come accade in generale con i Misteri,
sembrerebbe esserci anche una componente botanica, con il riferimento a
una mistura simile al kykeon, di cui non esiste tuttavia alcuna descrizione.
Inoltre, è necessario che tu, o figlia, prenda i succhi delle erbe e le spezie
che ti verranno date al termine della mia sacra dissertazione, la quale mi è
stata rivelata dall’arcangelo del grande dio Elio Mitra affinché io solo
possa ascendere in cielo come investigatore per vedere l’universo.
Procede in questo modo, descrivendo le consacrazioni con l’aggettivo
“aspre”, una sensazione assolutamente famigliare per chiunque abbia
assaggiato i funghi psichedelici. La cosa si fa ancora più strana, e promette
all’iniziato, “vedrai te stesso sollevato mentre sali in alto, di modo che ti
sembrerà di essere a mezz’aria” e “non sentirai alcunché da parte di uomo
o di altro essere vivente, né in quell’ora vedrai nulla degli affari mortali
sulla terra, vedrai piuttosto tutte le cose immortali”.
Sempre più strana, l’esperienza trasporta l’iniziato nello spazio (“Vedrai
il divino ordine dei cieli”) e promette che “gli dèi visibili appariranno
attraverso il disco di dio” e vedranno una sorta di raggio che l’iniziato
osserverà “scendere dal disco del sole come un tubo”. Sebbene i termini
“disco” e “tubo” facciano pensare a un fungo, questo disco volante è anche
dotato di porte. Lo stesso Mitra appare dietro queste porte, descritto come
“un dio giovanile, di bell’aspetto e dalla fiera chioma, con indosso una
tunica bianca e un mantello scarlatto, in testa una corona ardente”.
All’iniziato viene detto di presentarsi a Mitra con il proprio oroscopo, e
successivamente si trova ad affrontare sette vergini dalla testa di serpente,
sette dèi dalla testa di toro, e via dicendo. Tenete a mente che si parla di
soldati, politici e uomini d’affari, non di una manica di hippie sballati. Non
c’è da stupirsi che volessero mantenere il segreto.
Le legioni romane portarono Mitra con sé negli angoli più remoti del
mondo conosciuto. Stando ad alcune prove archeologiche, il mitraismo
sembrerebbe essersi diffuso in particolare nell’Europa settentrionale,
soprattutto in Gran Bretagna e Germania. Le sette a base di sangue e fuoco
di Mitra utilizzavano sovente caverne, grotte e seminterrati come luoghi di
culto, che oggi conosciamo con il nome di mitrei. Siccome erano molto
spesso nascosti, molti mitrei sono stati riportati alla luce in gran misura
intatti.
L’area di Liverpool, in Inghilterra, veniva utilizzata come base militare
già molto tempo prima che vi sorgesse la città. E vi è una celebre cantina,
dal peculiare stile romano, situata in un edificio all’incrocio tra Tempie
Court e Mathew Street. In realtà, la struttura di questa cantina è identica a
quella di un tipico mitreo romano: un lungo spazio a forma di half-pipe,
completo di archi, colonne e volta arcuata, interamente in mattoni. Negli
anni Cinquanta, la cantina fu trasformata in un night club. Magari ne avete
sentito parlare, si chiama Cavern Club.
A quanto pare un certo gruppo di nome Beatles si è fatto un nome
laggiù.
LA CADUTA DEI MISTERI E IN SEGUITO DELLA STESSA
ROMA
Mitra non era l’unica divinità solare presente nel supermercato spirituale
romano. L’adorazione del sole si diffuse parecchio, fornendo un ampio
assortimento di redentori solari come Apollo, Ercole, Horus e Adone. E
divenne per un breve periodo religione di Stato, quando un estroverso
imperatore adolescente chiamato Eliogabalo (202-222 d.C.) salì sul trono.
Eliogabalo già era impopolare presso l’élite a causa dell’età e delle
origini siriane, e quando divenne imperatore scoppiarono delle rivolte
nell’esercito. Sempre felice di dare un pugno in un occhio
all’establishment, prese per moglie una vergine vestale (è come se il
presidente di uno Stato sposasse una suora di clausura, solo molto più
offensivo). Eliogabalo costruì successivamente un tempio per il proprio
dio El- Gabal, che proclamò nuova divinità suprema, Helios Sol Invictus
(“Il Sole Invitto”). Eliogabalo era appena all’inizio.
Insaziabilmente omnisessuale, Eliogabalo sposò e divorziò da altre
quattro donne, poi sposò sia il suo autista di biga che un celebre atleta, nel
corso di cerimonie pubbliche. Gli piaceva anche vestirsi da donna (una
donna molto bella, tutte le testimonianze concordano su questo punto) e si
prostituiva accompagnandosi alla marmaglia del luogo. Avendo tuttavia
schiacciato troppi bottoni, l’imperatore si ritrovò ben presto dal lato
sbagliato di una spada pretoriana. La Guardia ne uccise anche la madre e
trascinò i corpi nudi di entrambi per le strade di Roma con le proprie
bighe.
Qualche tempo dopo, un altro Cesare fece dell’adorazione di Sol la
religione ufficiale. Arrivando al potere in veste di rigoroso generale
spaccaos- sa, Aureliano (214-275) si mostrò decisivo nello sconfiggere un
gran numero di minacce e rivolte. Con Roma infine pacificata, il nuovo
imperatore si impegnò a ripristinarne l’antica gloria. Riconoscendo la
popolarità dell’enoteismo e convinto che il caos religioso stesse
indebolendo l’impero, fuse insieme i culti di So! e di Mitra. Aureliano fece
costruire un lempio del Sole nel Campus Agrippae e proclamò il 25
dicembre “compleanno del Sole Invitto”. Questo nuovo culto avrebbe
continuato a prosperare anche dopo l’assassinio dell’imperatore, avvenuto
nel 275 d.C.
Qualche anno più tardi, salì sul trono un altro duro. Diocleziano (245312 d.C.) sconfisse i Persiani a oriente e i Germani a Nord, e rimase
imperatore per ventuno anni. Ossessionato dall’unità sociale e dal dominio
della legge, respinse la diffusione dei culti stranieri, bandì i cristiani
dall’esercito e ordinò che i beni della Chiesa venissero sequestrati,
spingendo folle di credenti a dare alle fiamme due dei suoi palazzi. Per non
restare sopraffatto, l’imperatore proclamò il cristianesimo delitto capitale,
punibile con la morte per tortura. Fu sotto Diocleziano che nacque tutto il
classico folklore sulle persecuzioni ai cristiani, il finire in pasto ai leoni e
cose del genere.
Prevedibilmente, il nuovo ordine mondiale imposto da Diocleziano
dovette soccombere alle lotte interne successive al suo pensionamento.
Il suo protetto Costantino (272-337) fu proclamato imperatore ma ben
presto si trovò in guerra con il rivale Massenzio. Alla vigilia di una
battaglia decisiva, nell’ottobre del 312, Costantino ebbe una visione. Disse
di aver visto il simbolo del chi-ro di Cristo" scritto in cielo e di aver sentito
una voce che gli diceva “con questo segno vincerai”. Costantino fece
decorare gli scudi del suo esercito con il monogramma e quando si scontrò
con l’esercito molto più numeroso di Massenzio, il giorno seguente, vinse
la battaglia.
Per rendersi conto dell’impatto che ebbe la conversione di Costantino, è
un po’ come se un Presidente americano si convertisse all'islam. I cristiani
erano una minoranza che ispirava in genere poca fiducia e comprendeva
non più di un decimo della popolazione al principio del Quarto secolo.
Considerati da molti Romani dei fanatici ignoranti che generavano
spaccature sociali, i cristiani si rifiutavano inoltre di pregare per il bene
dell’impero, cosa che i primi, ossessionati dalle superstizioni, credevano
portasse sfortuna.
Fu dunque uno shock quando Costantino emise l’Editto di Milano nel
313 d.C. L’editto poneva fine alla persecuzione del cristianesimo da parte
dello Stato, consentendo alla fede di fiorire sotto l’egida dell’imperatore.
Dovendosi confrontare con un esercito in cui la maggioranza mitraica era
schiacciante, egli non smise di placare gli antichi dèi, coniando le proprie
monete con Sol sul rovescio. Il patrocinio di Costantino, tuttavia,
riguardava esclusivamente le sette cristiane approvate dallo Stato. Nei
decenni successivi qualsiasi vescovo o sacerdote non in sintonia con
l’ortodossia prevalente sarebbe stato torturato, esiliato o decapitato,
talvolta tutte e tre le cose insieme. Come osservava uno storico del Quarto
secolo, Ammiano: “Non ho ancora trovato bestie selvatiche che agiscano
in maniera così selvaggiamente ostile all’uomo come fa la maggior parte
dei cristiani l’uno con l’altro”.
La conversione non rese necessariamente Costantino più umano. Mise
fuori legge la crocifissione, ma la sostituì con l’impiccagione. Gli schiavi
non potevano più essere marchiati a fuoco in volto, ma gli si poteva
versare in gola del piombo fuso nell’eventualità che si ribellassero. E
l’imperatore poteva essere spietato e assetato di sangue come Nerone o
Caligola, visto che assassinò numerosi componenti della propria famiglia,
tra i quali il cognato, il suocero, nipote, figlio e moglie.
I figli di Costantino condividevano con lui la peculiare interpretazione
della religione. Alla sua morte, il figlio Costantino II festeggiò uccidendo
una buona parte dei parenti. Questo lasciò soli lui stesso, i suoi fratelli e
due cugini a spartirsi l’impero. Quando non era occupato a uccidere i
componenti del proprio nucleo familiare, l’imperatore aveva un ruolo
attivo come mediatore dei dibattiti sulla natura divina di Cristo che
sorgevano all’interno del clero.
Teodosio I (347-395 d.C.) fu il più brutale difensore della fede cristiana
che l’impero Romano avesse mai conosciuto. Ma questo solo perché
l’impero, sotto la sua guida, era sprofondato in due distinte guerre civili,
restandone segnato per sempre. Non molto tempo dopo il suo regno,
l’impero d’Occidente fu invaso da barbari che provenivano dal Nord. Il
famigerato Sacco di Roma da parte dei Visigoti ebbe luogo durante il
regno del figlio, Onorio, nel 410 d.C.
A partire dal 389, Teodosio emise quelli che ora sono noti come “Decreti
teodosiani”, con i quali proibì qualsiasi festività pagana, mise fuorilegge i
sacrifici di sangue, bandì le statue pagane e decretò la confisca da parte
della Chiesa dei terreni sui quali erano stati costruiti i templi. Il nuovo
imperatore autorizzò inoltre la distruzione di capisaldi del paganesimo
come il Serafeo. I vescovi cristiani guidarono le folle nel corso delle stragi
di pagani, Gnostici e fazioni cristiane dissidenti in tutto l’impero. Nel 391,
Teodosio estinse il fuoco eterno che si trovava all’interno del Tempio di
Vesta e sciolse le Vergini. La stregoneria e la divinazione erano fuori legge,
i giochi olimpici vennero aboliti nel 393, e migliaia di testi furono raccolti
e poi distrutti. Agli scribi venne proibito di copiare testi pagani, sotto la
minaccia di amputazioni o morte.
Tra le innumerevoli vittime di questo genocidio sistematico vi fu Ipazia
di Alessandria. La leggendaria filosofa e matematica venne picchiata,
denudata e torturata da una banda di monaci su ordine del vescovo locale.
Venne fatta a pezzi utilizzando dei cocci all’interno di una chiesa, e le
varie parti del corpo smembrato furono carbonizzate ed esposte al
pubblico. Era l’ultima preside della Scuola Platonica di Alessandria, e il
suo delitto capitale fu quello di essere una donna istruita in una città
cristiana.
L’Impero d’Occidente venne fatto a pezzi da orde barbariche nel Quinto
secolo. Mentre le migliori menti di Roma erano rinchiuse nei monasteri,
l’infiastruttura educativa e tecnica dell’Europa crollò. Con gli intrighi
politici come presenza costante e sanguinosa, i cavalieri scapparono verso
l’cntroterra e fondarono i loro mini-regni, inaugurando l’era del
feudalesimo. L’Impero Bizantino avrebbe continuato a esistere, ma solo
come isola inesorabilmente destinata a inabissarsi sotto la crescente marea
dell’islam (la cui diffusione in Nord Africa e Asia si alimentò anche in
reazione alla brutalità e alla corruzione dell’imperatore bizantino
Giustiniano 1). Prima della fine del Medioevo anche Bisanzio crollò.
L’ultimo “imperatore Romano” venne chiamato, con una certa ironia
della sorte, Romolo Augustolo, ispirandosi sia al fondatore di Roma che al
suo primo imperatore. Sfortunatamente costui sarebbe stato spodestato da
un barbaro signore della guerra. Dopo la sua deposizione, Romolo avrebbe
trovato la sua vera vocazione, quella di monaco recluso. La società romana
era ormai diventata un caso così disperato che gli storici non sono in grado
di determinare la data di nascita, né quella di morte, di Romolo.
Il MEDIOEVO E LA RINASCITA DEGLI DEI
La depaganizzazione dell’Europa fu lenta e dolorosa e per certi aspetti,
decisivi, mai completata. Più ci si allontanava da Roma, più era difficile
che la popolazione si convertisse, anche se chi li governava lo faceva.
L’antico potere dei vecchi costumi di gruppo era semplicemente un
ostacolo troppo grande da superare per la Chiesa. La mitologia persisteva
nelle campagne, presso pagani recalcitranti, e nella buona società, come
forma di spettacolo. Gli imperatori cristiani continuavano a indossare la
corona d’alloro di Apollo.
Laddove l’antico Impero abbracciava la libertà religiosa (più o meno),
quello nuovo aggirava il problema limitandosi ad assorbire le icone e i riti
pagani. Rendendosi conto del fatto che costumi di gruppo come gli alberi
di Yule, le uova pasquali e i pozzi dei desideri erano ormai troppo radicati,
Papa Gregorio Magno (540-607) ordinò che tutti i santuari non ancora
distrutti e tutti i riti venissero sottoposti a un restauro in chiave cristiana, e
che dèi ed eroi popolari venissero rimaneggiati e trasformati in santi.
Pan, con la sua folle propensione al sesso, era un po’ eccessivo per i
vescovi, e così fece da modello per il Diavolo, un modello attualmente
ancora in uso.
Questo non significa che chiunque facesse resistenza al potere politico
della Chiesa si prendesse una tirata d’orecchie. La prima Crociata non fu
contro i musulmani bensì contro i Sassoni, i quali rifiutavano di
abbandonare i loro vecchi dèi. Carlo Magno ne massacrò decine e decine
di migliaia. Una delle crociate più raccapriccianti ebbe luogo nella regione
francese della Languedoc, nel Tredicesimo secolo, dove una setta mistica
cristiana, i Catari, aveva messo le sue radici. Questa crociata introdusse nel
vocabolario la famosa frase Caedite eos, Novit enim Dominus qui sunt
eios (‘Uccideteli tutti, Dio saprà riconoscere i suoi’).
Dopo un lungo letargo, l’Europa prese a risvegliarsi dal proprio torpore
intellettuale e scientifico nel Dodicesimo secolo. Gli antichi miti subirono
una nuova trasformazione: si disse che, se interpretati nel modo
appropriato, fossero in grado di fornire un appoggio all’educazione
cristiana, anziché indebolirla. Nel tentativo di dare una spiegazione ai
numerosi parallelismi tra mitologia e cristianesimo, religiosi eruditi come
Bernardo di Chartres e Giovanni di Salisbury sostennero che gli angeli
avevano contortamente inserito messaggi segreti sulla venuta di Cristo
all’interno degli antichi miti, allo scopo di coinvolgere i pagani.
Ma fu durante il Rinascimento che gli dèi fecero la loro ricomparsa in
grande stile. Le loro immagini erano ovunque. Liberati dalla responsabilità
di culti, templi e sacerdoti, gli antichi dèi si diedero alla gioia in tutta
Europa, ispirando artisti e pensatori lungo la via. Le commissioni di opere
d’arte che illustravano gli antichi miti furono innumerevoli, e lo stesso
Ercole divenne patrono di Firenze.
La reintegrazione del paganesimo nella Chiesa cristiana non fu
solamente un fenomeno di vaste proporzioni, ma divenne anche il pomo
della discordia per un nuovo gruppo di cristiani radicali, i protestanti.
Il nome del movimento traeva origine da un celebre elenco di lamentele
che un eminente monaco tedesco di nome Martin Lutero aveva affisso
sulla porta di una cattedrale, nel 1517. La principale lagnanza di Lutero
riguardava la vendita delle “indulgenze”, di fatto delle tangenti che
assicuravano al peccatore abituale l’ingresso nel Regno dei Cieli. Ma le
sue proteste incominciarono a saldarsi a quelle di altri cristiani che ne
avevano abbastanza di una gerarchia ecclesiastica corrotta, scatenando così
una ribellione teologica - e un cataclisma politico e sociale — in tutta
Europa.
I passi in avanti nell’ambito delle scienze naturali - e, più importante
ancora, la tecnologia della pressa tipografica - portarono a una nuova
ondata di resistenza nei confronti del Vaticano. La quale, a sua volta,
condusse alla Riforma e successivamente alla Contro-Riforma, cui fece
seguito un lungo periodo di settarismi e carneficine in tutta Europa. Il
disgusto nei confronti di queste nuove guerre sante spinse le classi colte a
riscoprire gli scettici e atei dell’antichità, per arrivare infine all’Illuminismo, nel quale la Ragione divenne il bene più importante.
L’illuminismo attecchì soprattutto in Inghilterra, paese che aveva subito
una guerra civile tra realisti cattolici e repubblicani protestanti
particolarmente cruenta. L’Illuminismo, inoltre, originò la Massoneria, la
quale a sua volta ispirò rivoluzioni democratiche in America e Francia. Ma
quei fertili acri necessitavano di forza lavoro a basso costo, ed è lì che fa
ora tappa la nostra storia.
TRASMISSIONE
La diffusione dei costumi e delle credenze nel tempo e nello spazio è
un’infinita fonte di dibattito per gli storici, soprattutto quando non esiste
una documentazione che consenta di risalire alle fonti di queste forme di
trasmissione. In che modo un sistema di credenze si sposta da un lato del
mondo all’altro? Il più delle volte è difficile stabilirlo, quando si tratta di
società preistoriche o preistruite. Può essere una faccenda ancora più
spinosa quando queste credenze sono segrete o addirittura inconsce. E
questo è sicuramente il caso della trasmissione di tradizioni misteriche
dall’Europa al Nuovo Mondo.
Il Protestantesimo nacque nello stesso momento in cui i poteri europei
inviavano navi e armi nelle Americhe. L’interminabile violenza religiosa
spinse molti protestanti a fare armi e bagagli andando alla ricerca di
fortuna nel Nuovo Mondo. Questo nuovo movimento si rivelò conveniente
per coloro che finanziavano le colonie, poiché non necessitava
dell’ingombrante infrastruttura della Chiesa di Roma, e leader protestanti
come Giovanni Calvino predicavano generosamente abnegazione e
sottomissione all’autorità. Di conseguenza, le banche di Londra e
Amsterdam diedero vita a nuove corporazioni a ombrello come la Virginia
Company e la Massachussetts Bay Company allo scopo di organizzare
insediamenti che potessero accogliere questi reietti della religione, in
cambio del loro lavoro nelle piantagioni.
Non solo gli estremisti protestanti intrapresero il viaggio, ma a loro si
aggiunse una moltitudine di mistici, occultisti, rosacrociani e massoni
insidiati come loro dal caos europeo. Molti di questi gruppi traevano
ispirazione dagli antichi Misteri, anche se non sempre li comprendevano a
pieno. Studiavano con attenzione i vecchi testi in comunità che erano
presenti un po’ ovunque nelle colonie, e li utilizzavano come fonte di
ispirazione per immaginare una nuova Repubblica utopica, seguendo
l’esempio di Platone e dell’influente romanzo di Sir Francis Bacon, La
nuova Atlantide.
Ma echi ancora più forti dei Misteri arrivavano nel Nuovo Mondo
attraverso gli schiavi provenienti dall’Africa e i domestici a contratto
provenienti dall’area celtica delle Isole britanniche. E quando i ritmi e le
melodie di questi individui oppressi entrarono in collisione con gli
archetipi e i rituali dei loro ancestrali costumi di gruppo, accesero una
scintilla che un giorno avrebbe cambiato il volto della musica popolare su
scala mondiale. Come vedremo in seguito, gli europei non avevano fatto in
tempo ad arrivare nel Nuovo Mondo che già incominciavano a darsi al
rock’n’roll.
MERRYMOUNT, 0 LA WOODSTOCK PURITANA
Thomas Morton era un avvocato inglese che arrivò nel Massachussetts e
si stabilì poco più a Sud di Boston, in un avamposto costiero che chiamò
“Mare Mount” (più tardi Merrymount, località attualmente nel territorio di
Quincy). Libero pensatore, Morton instaurò buone relazioni con le tribù
locali (con le fanciulle, in particolare) e vendette loro armi da fuoco
britanniche. Prese inoltre dei servitori a contratto provenienti dalla
Plymouth Plantation, che all’epoca era una complesso di culto sul modello
di Jonestown 2, gestito con inettitudine da “separatisti”, il termine con cui
si autodefinivano i pellegrini.
Morton pensò che la sua nuova comunità sarebbe stata il luogo ideale
per riportare in vita alcuni degli antichi costumi di gruppo europei, che
considerava sorprendentemente simili ad alcuni costumi locali. E così, nel
1627, Morton decise di fare un po’ di baldoria in occasione del
Calendimaggio, come si faceva un tempo, con tanto di vino, donne e
canzoni. In seguito si vantò del fatto che i coloni si fossero concessi
“gozzoviglie e allegria secondo l’antica usanza inglese, allestendo un
albero di maggio13 e distillando un fusto di birra eccellente” e invitarono
tutti quanti a festeggiare, portando con sé “tamburi, fucili, pistole e altri
strumenti appropriati”.
Il bigotto governatore di Plymouth, William Bradford, si sentì
prevedibilmente oltraggiato da Morton e dal suo seguito, catalogando così
le loro trasgressioni nella sua History Of Plymouth Plantation-. “Bevendo
e ballando intorno [all’albero di maggio] per molti giorni tutti insieme,
invitando le donne indiane per affidarle ai loro consorti, ballando e
saltellando tutti insieme [come tante fate, o furie piuttosto] e impegnandosi
in pratiche ancora peggiori. Come se avessero riportato in vita e celebrato
le feste dedicate alla dea romana Flora, o le pratiche bestiali dei folli
Baccanali”.
Fu lì che Thomas Morton compose la prima canzone rock’n’roll
americana, una celebrazione spassosamente oscena del sesso, delle bevute
e dell’andare a caccia di strani dèi. Il primo verso invoca Imene (senza
dubbio un intenzionale doppio senso), figlio di Dioniso e Afrodite:
Bevete e siate felici, felici, felici ragazzi
Lasciate che tutto il vostro diletto sia nelle gioie di Imene
Salve Imene, è giunto il giorno
Che l’allegro albero di maggio trovi spazio
Intrecciate delle verdi ghirlande, tirate fuori le bottiglie
E saziatevi liberamente del dolce nettare
C’è anche un richiamo diretto alle ragazze indiane, il quale avvertiva le
“ninfe” e le “ragazze in pelliccia di castoro” che sarebbero sempre state le
benvenute per una bevuta in compagnia degli uomini di Merrymount.
Il prospero insediamento di Morton festeggiò un paio di volte il
Calendimaggio, ma i Puritani ne avevano avuto abbastanza. Morton scrisse
che l’albero di maggio era “uno spettacolo deplorevole” per costoro,
aggiungendo, “lo definirono un idolo. Lo chiamarono Vitello di Horeb,
ribattezzando il luogo, con disprezzo, Mount Dagon”.
Furono infatti presentati dei reclami, Morton venne arrestato e rispedito
in Inghilterra, e il suo insediamento fu smantellato. Scappò da lì quando i
teppisti assetati di sangue di Cromwell presero il potere, tuttavia quando
ritornò nel Massachussetts scoprì che la popolazione indiana era ormai
decimata e che i Puritani avevano in serbo per lui una fredda e umida cella.
Quando venne scarcerato fuggì da quella zona e finì per morire nel Maine,
nel 1647. Alla fine del secolo, ci sarebbero stati i processi per stregoneria a
Salem, a circa una cinquantina di chilometri da Merrymount. Per ironia
della sorte, la cittadina di Salem è attualmente un focolaio di quel
neopaganesimo che un tempo Norton aveva cercato di introdurre in
America.
I MISTERI MASSONICI
Sebbene l’ampiezza della sua diffusione sia fonte di dibattito, non vi è
alcun dubbio che la Massoneria sia stata un fattore importante nella
Rivoluzione Americana. Molti Padri Fondatori, tra i quali George
Washington, John Hancock e Benjamin Franklin, erano massoni, così
come molti ufficiali che ricoprivano ruoli chiave nelle fila dell’esercito
continentale. Ma dopo una partenza impulsiva, con il passare degli anni i
massoni divennero sempre più noiosi, attirando soggetti razionali come
avvocati e ingegneri, pescando abbondantemente nelle fila della polizia e
dei militari. In altre parole, la Massoneria non è molto rock’n’roll. Ma
quantomeno un importante Padre Fondatore era persuaso che non fosse
sempre stato così.
Thomas Paine era un po’ una pecora nera, anche per i suoi compagni
rivoluzionari. Le sue invettive anti-realiste e antireligiose gli erano valse
un sacco di nemici, costandogli quasi la vita nel corso della Rivoluzione
francese. Ma era anche l’autore di innumerevoli e influenti opere di teoria
politica che ebbero una grande diffusione nel periodo rivoluzionario, prima
fra tutte Common Sense ('Senso Comune) del 1776.
Paine enunciava le proprie idee sulla società segreta in “The Origin Of
Freemasonry”, scritto nel 1818. Sebbene non fosse massone, egli sfidò la
storia ufficiale dell’ordine stesso dichiarando che i massioni altri non erano
che gli antichi druidi celtici ritornati in attività con un nuovo nome, e che
“nella Massoneria molte cerimonie dei druidi vengono preservate nelle
loro condizioni originarie”. Dopodiché, Paine afferma senza ombra di
dubbio che i druidi erano fatti della stessa stoffa dei Misteri egizi: di fatto,
rappresentavano una pura e semplice forma di franchising.
In The Secret Teachings Of All Ages (‘Gli insegnamenti segreti di tutte
le epoche'), lo storico dell’occulto Manly Palmer Hall fa eco a Paine,
sostenendo che i riti druidici “assomigliavano molto da vicino ai Misteri
bacchici ed eleusini della Grecia o ai riti egizi di Iside e Osiride”. Hall
spiega che gli antichi Britanni ricevettero l’insegnamento dei Misteri “da
navigatori Tiriani e Fenici i quali, migliaia di anni prima dell’era cristiana,
fondarono delle colonie in Britannia e Gallia mentre erano alla ricerca di
stagno”.
Nonostante l’appropriazione dell’icona della Grande Piramide, risalente
all’epoca della Rivoluzione, i simboli e i riti effettivi della Massoneria
sembrano derivare più dal giudaismo e dal cristianesimo esoterico che
dall’Egitto o dal druidismo, e dunque potrebbe trattarsi molto
semplicemente della costruzione di una leggenda. Ma il tentativo da parte
dei massoni di far risalire le origini della propria stirpe a quegli esotici
progenitori contribuì senza dubbio a rimettere in circolazione una parte dei
simboli e dell’iconografia appartenenti agli antichi Misteri, se non altro
presso l’immaginario popolare. Basti pensare al grande successo del
Codice da Vinci e del Simbolo perduto.
LE RADICI DRUIDICHE DELLA MUSICA FOLK AMERICANA
I primi schiavi giunti in America erano servitori a contratto provenienti
dalle Isole britanniche, gente così impantanata nella povertà che pagava i
propri debiti con il lavoro. Molti di questi arrivarono insieme ai loro
creditori nelle piantagioni delle colonie americane. E molti di essi
provenivano dalle aree celtiche di Gran Bretagna e Irlanda.
La corona Inglese (in realtà in mano a una dinastia tedesca) regnava
sulle altre nazioni delle Isole britanniche: le terre celtiche di Irlanda,
Scozia e Galles. Tutti questi paesi avevano una ricca tradizione musicale
risalente ai tempi antichi, una tradizione che continua a influenzare anche
la musica dei nostri tempi.
La Gran Bretagna era un importante centro commerciale nell’Età del
Bronzo, e i suoi ricchi depositi di stagno erano particolarmente richiesti
per la fusione dello stesso bronzo. Alla fine, l’isola venne conquistata dai
Romani, che si insediarono nella città di Londra. Poiché i mercanti Fenici
erano profondamente implicati nel commercio con l’Europa settentrionale,
la musica celtica ha una certa somiglianza con l’antica musica del
Mediterraneo orientale. Questa musica, introdotta in America da immigrati
inglesi, irlandesi e francesi, avrebbe avuto un’influenza incalcolabile sullo
sviluppo del rock’n’roll. Le loro “gighe e reel” e le loro “arie” — ovvero
le loro turbolente canzoni da ballo e le loro dolenti ballate - avrebbero
formato la spina dorsale della canzone folk americana. E quella spina
dorsale era basata su un’antica tradizione druidica diffusasi in tutta
l’Europa settentrionale, creando una connessione tra gli antichi Misteri dei
Celti e i loro cugini spirituali in Egitto, Grecia e Asia Minore.
Il folk si sarebbe evoluto e frantumato nel corso del diciottesimo e del
Diciannovesimo secolo. Le canzoni dei cowboy della frontiera americana,
il bluegrass della regione degli Appalachi e i canti di lavoro dell’entroterra si fusero infine nel popolare genere oggi conosciuto come
“country and western”.
Al principio del Ventesimo secolo, la radio e i fonografi avrebbero
diffuso questa musica secondo modalità che i vecchi spartiti non
consentivano. Non era importante dove vivevi, una radio o un giradischi
potevano farti accedere alla migliore musica, suonata dai migliori
musicisti. Questo fatto mise gli americani delle aree rurali allo stesso
livello dei loro cugini urbanizzati. Difficile sopravvalutare l’effetto che
tutto ciò ebbe sulla cultura americana.
Il legame inconscio tra l’antica mitologia e le tradizioni della musica
folk americana permea il film Fratello, dove sei? (2000), scritto e diretto
da Joel ed Ethan Coen, un’allegoria AeVì Odissea. Descrivendo le
avventure di un trio di carcerati in fuga guidati da tale Ulyssess Everett
McGill (interpretato da George Clooney), il film ricolloca l'epica omerica
in un contesto sudista all’epoca della Grande Depressione, con tanto di
rappresentazioni dei vari Ciclopi, Penelope, Poseidone e molti altri
personaggi mitologici.
La colonna sonora del film ha ispirato un mini-revival di bluegrass e
altri generi rurali, riflettendo inconsciamente i legami tra la musica delle
Isole britanniche e i suoi antenati mediterranei, sia strutturalmente che
tematicamente. Anche il Ku Klux Klan ha un ruolo importante all’interno
del film, con le sue vesti e i suoi cappucci bianchi che rappresentano una
corruzione degli antichi costumi cerimoniali druidici.
Ricombinando la mitologia greca con la musica di derivazione celtica,
Fratello, dove sei? si inserisce possibilmente in una corrente profonda e
inconscia all interno del Dna culturale. Nel suo libro del 2005, Omero nel
Baltico. Le origini nordiche dell’Odissea e dell’Iliade, lo storico italiano
Felice Vinci sostiene che Omero sarebbe stato in realtà olandese (molti
storici sono convinti che i Celti siano emersi per la prima volta, come tribù
distinta, nella regione dell’Olanda) e che VOdissea descriverebbe luoghi
del Baltico e della Scandinavia, non del Mediterraneo. Vinci sostiene che
un mutamento climatico avrebbe spinto determinate tribù nordiche verso
Sud e che queste avrebbero portato con sé le proprie mitologie e i propri
eroi, spostandosi verso climi più miti come quello greco.
I MISTERI DEGLI YORUBA
Proprio come egli echi druidici provenienti dalle aree celtiche, anche la
cultura che arrivò con la tratta degli schiavi africani si ricollega agli antichi
Misteri. Probabilmente i parallelismi più diretti con i Misteri, per quanto
riguarda le pratiche e la cosmologia, provengono dalle varie tradizioni
sincretiche del Vodoun e della Santeria, che combinano cattolicesimo e
religione tribale africana. Non è affatto una coincidenza. Le tradizioni
dell’Africa occidentale accolsero i riti, la musica e le divinità dell’antico
Mediterraneo e fecero loro attraversare l’Oceano Atlantico, portandoli nel
Nuovo Mondo.
Queste tradizioni sintetizzate utilizzano un vertiginosa quantità di
sacramenti, tamburi rituali e sacrifici umani, esattamente come i Misteri.
Le donne avevano un ruolo centrale, di potere, nei riti e nelle gerarchie
degli stessi culti, proprio come nei Misteri. E proprio come la Chiesa prese
gli dèi pagani trasformandoli in santi, gli schiavi portati in Louisiana,
Florida e Caraibi presero le identità dei santi per mascherare le divinità
politeistiche alle quali si rifiutavano di rinunciare, divinità legate alla
tradizione Yoruba dell’Africa occidentale.
Il Vodoun (‘spirito’) è la pratica Yoruba predominante nei territori
francofoni. L’essere supremo del Vodoun è Bondye (bon dieu, ‘buon dio’),
un dio distante e inaccessibile (ci sono sfumature che riconducono ad
Atum); i Loa, divinità minori o aspetti del Creatore, entrano in comunione
con gli esseri umani in sua vece. Nel vudù haitiano, le cerimonie sono
presiedute dallo houngan (‘sacerdote’), dalla mambo (‘sacerdotessa’) e dai
bokor (‘stregoni’). Spiccano all’interno della comunità i “cavalli”, sovente
donne, che i Loa “cavalcano” o utilizzano per manifestarsi.
Il Vudù (il nome con il quale è conosciuto il Vodoun in America) era
ampiamente praticato anche nei territori della Louisiana, uno dei luoghi di
nascita del primo rock’n’roll. Il Vudù ha una fama leggendaria nel folklore
della cultura popolare per via delle sue maledizioni e dei suoi incantesimi,
così come la “bambolina vudù” e, non ultimi, gli zombi. L’etnobotanico
Wade Davies, della università di Harvard, ha studiato il Vodoun haitiano
ed è giunto alla conclusione che per indurre lo zombismo (essenzialmente
un danno cerebrale e uno stato catatonico causati dalla droga) veniva
utilizzata una complessa ricetta a base di tossine.
Come avviene per il Vodoun, le radici della Santeria risalgono alla
religione Yoruba africana, fusa con elementi cattolici e indigeni. Lo stesso
termine Santeria è peggiorativo, essendo utilizzato dai signori spagnoli per
farsi beffe della sospetta devozione che manifestavano gli schiavi nei
confronti dei santi. Le cerimonie della Santeria prevedono la bruciatura
dell’incenso, sacrifici di sangue fatti con bestiame, capre o galline ad
esempio, e l’esposizione di icone e feticci. Ancora una volta, proprio come
i Misteri.
La ragione delle similitudini tra le tradizioni Yoruba e gli antichi Misteri
è semplice: molti storici sono convinti che le tradizioni dell’Africa
occidentale fossero state importate anch’esse dall’antico Egitto. Nel suo
libro The Religion Of The Yorubas, J. Olumide Lucas aiferma senza alcun
dubbio che “Gli Yoruba, nell’antichità, vissero nell'amico Egitto prima di
migrare sulla costa atlantica”, e che “la gran parte dei più importanti dèi
[egizi] era ben nota” presso di loro. Lo storico nigeriano A.B. Aderibigbe,
nel 1976, scrisse: “Le similitudini tra gli Yoruba e la cultura dell’antico
Egitto — osservanza religiosa, manufatti artistici, sepoltura e altre usanze raccontano di una possibile migrazione degli antenati degli Yoruba
dall’alto Nilo (fin dal 2000 a.C.-1000 a.C.) a seguito di alcuni
sconvolgimenti avvenuti nell’antico Egitto.
Aderibigbe in questo caso si riferisce probabilmente all’ascesa del
popolo Hyksos, che secondo alcuni storici sarebbe emigrato in Nord Africa
provenendo dalla Siria all’incirca in quello stesso periodo. Furono gli
Hyksos a introdurre lo strumento a corda noto come liuto presso gli Egizi,
luogo dal quale si diffuse in altre parti dell’Africa arrivando poi nelle
Americhe. Alla luce di ciò, la chitarra elettrica è parte di un continuum
culturale che arriva fino agli Yoruba, spingendosi ancora più indietro, fino
all’antico Egitto e, in ultimo, alla Mesopotamia.
Se queste teorie sono giuste, abbiamo un’ulteriore linea di trasmissione
per l’incarnazione secolare ultima dei Misteri: dall’Egitto, all’Africa
Occidentale, fino al Nuovo Mondo. La musica pulsante e i balli fradici di
sudore delle tradizioni Yoruba ebbero un ruolo cruciale nello sviluppo
della musica popolare nelle Americhe, soprattutto in riferimento al
Ventesimo secolo. Lo stesso vudù si sarebbe appostato all’ombra del primo
rock’n’roll, in particolare della musica prodotta dai più influenti artisti di
New Orleans. E i suoi regine e stregoni avrebbero fatto brodo, in
riferimento ai testi, anche per gruppi decisamente lontani dalla città. Il
Carnevale e i Mardi Gras avrebbero reso popolare - e istituzionalizzata —
una moderna forma di Baccanali che continua a crescere a livello di
popolarità, influenza e dimensioni. E tutto quanto proviene dalla stessa
fonte: gli antichi Misteri.
Ma teniamo duro, abbiamo ancora altro condimento da aggiungere a
questo piatto culturale cucinato in casseruola.
L’ORIENTE INCONTRA L’OCCIDENTE
Il colonialismo europeo raggiunse l’apice intorno alla metà del
Diciannovesimo secolo, e, insieme alle spezie e al lino provenienti
dall’Asia e dall’Egitto, si diffusero all’epoca alcune nozioni spirituali
esotiche e antiche. In tutto il Mediterraneo vennero portati alla luce dei siti,
con clamorose scoperte come la città di Troia, a lungo creduta mitica. Il
dissotterramento di Pompei scioccò l’Europa con i suoi dipinti e sculture
esplicitamente erotici. Le ceneri del Vesuvio avevano inoltre preservato la
pompeiana Villa dei Misteri, i cui notevoli affreschi descrivevano i vari
stadi dell’iniziazione ai Baccanali romani.
In questo clima di eccitazione diffusa irruppe tale Helena Von Hahn
(1831-1891), meglio nota come Madame Blavatsky, un’emigrata russa che
sosteneva di aver incontrato un gruppo di guide spirituali immortali,
chiamate “capi segreti”, nella loro roccaforte situata in Tibet. Muovendosi
nel giro degli spiritualisti, la Blavatsky conobbe un ricco avvocato
chiamato Henry Steel Olcott, e, nel 1875, i due fondarono la Società
Teosofica, che riuniva idee religiose e filosofiche di Oriente e Occidente in
una sintesi inedita. Nel 1888, la Blavatsky pubblicò un’opera in due
volumi intitolata Iside svelata, nella quale enunciava le dottrine e la
filosofia del suo nuovo movimento.
La Teosofia — generalmente riconosciuta come precorritrice del
movimento New Age - aprì le porte dell’Occidente alle idee religiose
provenienti da Oriente. Il movimento si frantumò nel Ventesimo seco
lo e non toccò mai più le vette che aveva raggiunto sotto la guida della
Blavatsky, tuttavia la diffusione su vasta scala di pratiche asiatiche fino ad
allora sconosciute come feng shui, yoga, meditazione ed erboristeria si
possono far risalire direttamente ai teosofi. La loro influenza si protrasse
fino al Ventesimo secolo inoltrato, soprattutto negli anni Sessanta, quando
dèi e guru importati dall’Asia divennero di moda.
Ma una fetta importante di questo successo era riconducibile alla
musica; il suono ipnotico e monotono di strumenti indiani come sitar e
tabla erano perfetti per fumare erba e fare viaggi acidi. Questo legame
divenne di dominio comune nel momento in cui la superstar del sitar Ravi
Shankar fece la sua comparsa al Monterey Pop Festival, di fatto la festa
per il raggiungimento della maggiore età della generazione psichedelica.
Gruppi come Beatles, Beach Boys e Moody Blues, nei tardi anni Sessanta,
avrebbero proposto una sintesi neo-teosofica di rock e raga.
I MODERNI MAGHI
In contemporanea all’arrivo di strani dèi provenienti dalle colonie, le
antiche divinità europee si levarono di dosso secoli di polvere e ruggine e
si misero a girare i grandi musei e le gallerie di quello che un tempo era
stato il loro impero. Nello stesso momento, artisti e architetti diedero
origine, alla fine del Diciottesimo secolo, al Movimento Neoclassico, dove
gli dèi del mondo antico venivano letteralmente incisi nella pietra nelle più
importanti città occidentali. Gli antichi dèi non erano più stati così
onnipresenti dai tempi del Rinascimento.
In Germania Richard Wagner faceva conoscere a un nuovo pubblico le
saghe norvegesi con le opere del suo Anello dei Nibelunghi, nei cui
confronti innumerevoli gruppi metal come Judas Priest e Iron Maiden sono
senza dubbio spiritualmente debitori. Wagner ispirò il filosofo Friedrich
Nietzsche nella scrittura di una serie di testi che avrebbero anch’essi
permeato l’heavy metal, con il loro machismo e l’enfasi sulla “morte di
Dio” e sul “desiderio di potere”.
L’opera di Nietszche — e l’esplosione sociomitica dell’epoca —
avrebbe ispirato due uomini che si trovavano agli antipodi nel dare una
nuova interpretazione agli antichi Misteri, con modalità più adatte al
mondo moderno. Artisti di ogni genere sarebbero stati ispirati dai loro
scritti e avrebbero ampiamente introdotto le loro idee nella cultura, un
processo che va ancora avanti ai giorni nostri. Sorprendentemente,
nacquero entrambi nel 1875, lo stesso anno in cui venne fondata la Società
Teosofica.
CARL JUNG
Nel 1987, lo scrittore e professore Joseph Campbell si ritrovò faccia a
faccia con il conduttore della Pbs, Bill Moyers, per una serie di interviste
che sarebbero state trasmesse all’interno del breve ciclo televisivo The
Power Of Myth, e successivamente pubblicate in un libro di grande
successo. Per molte persone si trattò del primo incontro con lo studio
accademico della mitologia. Sebbene in molti attribuiscano a Campbell il
merito di aver risvegliato l’interesse per gli antichi miti, costui edificava su
un terreno già inaugurato dallo psichiatra e filosofo svizzero Carl Jung
(1875-1961), il quale sviluppò un particolare interesse per i Misteri. Jung
incominciò la sua carriera come psichiatra clinico in un ospedale svizzero,
ma successivamente intraprese un lungo e curioso percorso spirituale che
lo avrebbe trasformato, trasformando al contempo la cultura occidentale.
Jung arrivò, nel corso della storia, al momento giusto. L’Europa fin de
siècle era un focolaio non solo per la psichiatria, ma anche per le religioni
alternative, le droghe e la sperimentazione di stili di vita. I territori
tedeschi erano nel bel mezzo di un revival dell’antico paganesimo, guidato
da artisti e bohémien. Jung aveva sempre avuto un debole per il
paranormale, ed era affascinato dal diffondersi dello Spiritismo e delle sue
ramificazioni.
Era anche un brillante clinico, e così attirò l’attenzione di Sigmund
Freud, lo psichiatra più stimato d’Europa. Instaurando un legame quasi
istantaneo, Freud e Jung svilupparono una relazione di amicizia intensa ed
emotivamente carica, ma il secondo tornò ben presto a rivolgersi al
misticismo e all’occulto, e si venne così a creare una spaccatura tra i due
pionieri.
Mentre i suoi conflitti con Freud si acuivano, Jung, nel 1916, subì quella
che molti osservatori descrissero come una crisi psicotica. Emerse dal suo
“viaggio marino notturno” molto cambiato, e incominciò a preparare il
terreno per una nuova psicologia transpersonale.
Jung divenne una celebrità intellettuale e creò un movimento
psichiatrico che rivaleggiava con quello di Freud. Introdusse molti concetti
che sarebbero entrati nel vocabolario comune, come complesso
psicologico, introversione ed estroversione, e la classificazione dei quattro
tratti della personalità utilizzati nel ben noto inventario delle personalità
Myers-Briggs. Jung ebbe anche un ruolo nella creazione degli Alcolisti
Anonimi, ragion per cui un numero infinito di rockstar gli è debitrice.
Lo psichiatra suggerì l’esistenza di un “inconscio collettivo”, una sorta
di database psichico universale. Non c’è bisogno di dire che questa idea
non venne accolta molto positivamente dalla psichiatria ufficiale.
Lavorando a partire da quella teoria, Jung sviluppò nuovi concetti come
anima e animus (l’aspetto femminile della psiche maschile, e viceversa), la
sincronicità (una serie di coincidenze significative) e l’individuazione.
Ancora più importante, ai nostri fini, è il fatto che secondo Jung la
mitologia possedesse una tale forza — ed è ancora così — perché metteva
in scena, in via simbolica, le fatiche della vita umana: nei miti più durevoli
gli dèi soffrono come noi. Inoltre Jung reimmaginò gli antichi dèi come
archetipi, sostenendo che divinità come Mercurio, Apollo e Demetra
fossero configurazioni di memi14 di qualche tipo, e che ognuno di essi
rappresentasse alcuni aspetti della psiche umana. Gli psicologi junghiani,
da allora, utilizzano gli archetipi per classificare aspetti della cultura e
dell’esperienza umana, una pratica che si è allargata alla cultura in senso
generale. E attraverso lenti junghiane che classificheremo e analizzeremo
le categorie archetipiche nelle quali inserire le varie ramificazioni del
rock’n’roll.
L’opera di Jung ha avuto una forte influenza sulla controcultura degli
anni Sessanta e non solo. I Beatles, Peter Gabriel, i King Crimson e i Tool
hanno tutti quanti reso omaggio all’uomo e alla sua opera, e l’influente
album dei Police SYNCRONICITY (1983) venne esplicitamente costruito
sulle sue idee. Fatto ancora più importante, l’incidentale revival degli
antichi Misteri, sul finire degli anni Sessanta, avrebbe confermato le
innovative teorie di Jung sul potere dell’inconscio collettivo.
ALEISTER CROWLEY
Sebbene sia morto al verde e in totale solitudine, il leggendario
occultista inglese Aleister Crowley ha lasciato una grande traccia sulla
cultura pop e sul rock’n’roll in particolare. Nato come Edward Alexander
Crowley nel 1875 nel Warwickshire, in Inghilterra, il giovane Aleister
capitò in una famiglia i cui componenti erano membri della setta
estremista cristiana nota come Fratelli di Plymouth, e che tuttavia fece
fortuna grazie a un birrificio, permettendo al padre di Crowley di ritirarsi
dal lavoro molto presto.
Affascinato già in giovane età dal Libro dell’Apocalisse, Crowley si
guadagnò il suo soprannome preferito, “la Grande Bestia 666”, già da
bambino. Le morti del padre e di una babysitter ne fecero vacillare la fede,
offrendogli un assaggio di quell’occulto che si stava diffondendo nel bel
mondo britannico. E così, dopo essersi ritirato dal college, il giovane
sfruttò la propria eredità per dedicarsi completamente a prostitute, droghe
e stregoneria.
Crowley si mise infine a frequentare L’Ordine Ermetico della Golden
Dawn (‘Alba Dorata’), un leggendario circolo occultista che era sul punto
di implodere. Non ci rimase a lungo, a causa di contrasti con il luminare
A.E. Waite, creatore del più conosciuto mazzo dei Tarocchi in uso oggi. Il
successo di Waite spinse Crowley a creare il proprio mazzo di carte, che
chiamò Il libro di Thoth. Da Londra Crowley si trasferì in Asia, dove si
fece una reputazione come alpinista, guidando spedizioni sul K2 e su altre
impegnative vette. Nel 1903, sposò una giovane vedova di nome Rose
Kelly, che avrebbe presto cambiato il corso della sua esistenza e della sua
opera.
Durante una visita al Cairo, nel 1904, Rose cadde in una trance oracolare
durante la quale sostenne di essere entrata in contatto con Horus. L’evento
diede origine al Libro della legge, che annuncia l’alba di una nuova era
spietata e violenta, battezzata da Crowley “Eone di Horus”. Più simile a
Dioniso che a Horus, l’Horus del Libro della legge ordina agli iniziati di
“eccitare i cuori degli uomini con l’ebbrezza. Adorarmi, bere vino e
assumere strane droghe”. Davvero profetico il vecchio Aleister.
Rispecchiando le inclinazioni nietzscheane di Crowley, Il Libro Mia
legge proclamava il dogma di Thelema, o Vera volontà’ in greco. Thelema
divenne la colonna portante dell’opera di Crowley, attraverso la quale
istituì un undicesimo comandamento: “Fare ciò che vuoi sarà tutta la
Legge”. Assorbendo la forza vitale degli antichi Misteri, Crowley creò
quelli che chiamò “i Riti di Eleusi” per la sua nuova società segreta,
l’Astrum Argentum (‘Stella d’argento’). All’incirca nello stesso periodo,
venne avvicinato da un ordine tedesco di “magia sessuale” chiamato Ordo
Templi Orientalis (Oto), di cui assunse il controllo.
Mantenendosi con la scrittura di poesia pornografica e romanzi di
ambito occulto, Crowley viaggiò fondando logge dell’OTO in ogni parte
del mondo. Creò una comune telemica in Sicilia, scandalizzando l’Italia
per tre anni fino all’espulsione ordinata da Mussolini. Divenne il capro
espiatorio della stampa scandalistica durante un processo per diffamazione,
nel 1934, nel corso del quale il giudice affermò che era impossibile
diffamarlo poiché la sua reputazione non poteva essere in alcun modo
screditata ulteriormente. Tra le due guerre Crowley si dedicò
presumibilmente allo spionaggio, anche se non era ben chiaro per chi
lavorasse.
Con le sue fortune sperperate ormai da tempo, la Grande Bestia passò
tempi difficili, coltivando una mostruosa dipendenza dall’eroina e vivendo
in una pensione. Una delle sue poche fonti di guadagno era costituita dalle
decime che gli venivano sporadicamente pagate da una manciata di logge
dell’Oto, in particolare la Loggia Agape di Pasadena, California. Questa
loggia annoverava tra gli iniziati il fondatore di Scientology, Ron L.
Hubbard, l’attrice Jane Wolfe e il leggendario scienziato missilistico Jack
Parsons. Fu attraverso l’Agape che un giovane cineasta, di nome Kenneth
Anger, si introdusse negli inferi di occulte società segrete, mentre creava il
modello base dei moderni video musicali.
Dopo la morte, Crowley finì con Jung e molti altri luminari sulla
copertina di SGT. PEPPER dei Beatles. Jimmy Page dei Led Zeppelin è un
suo ammiratore e ha accumulato rare edizioni della sua opera in
un’enorme biblioteca. Ozzy Osbourne ha registrato un tributo in suo onore,
ma il cantante degli Iron Maiden, Bruce Dickinson, ha fatto di meglio,
producendo un lungometraggio nel quale Crowley si reincarna. I Killing
Joke hanno stampato le sue poesie sulle loro copertine, artisti diversissimi
come i Ministry, con il loro industrial thrash, l’artista avant-jazz John
Zorn, gli Psychic TV con la loro techno mutante e i Tool, icone dell’artmetal, sono suoi ammiratori. Un seguace di Crowley in particolare, però,
ebbe un’influenza incalcolabile sulla moderna musica americana.
Nei primi anni Cinquanta, l’archivista musicale Harry Smith compilò la
fondamentale ANTHOLOGY OF AMERICAN FOLK MUSIC, dalla
influenza indiscutibile. La raccolta fece conoscere a un’intera generazione
di musicisti le radici dimenticate della musica americana, in particolare il
blues e il folk più spontanei che avrebbero poi ispirato ferventi bohémien
nel corso degli anni Sessanta.
Egli stesso un bohémien nato, Smith fu cresciuto da teosofi e in seguito
sottoposto a un rito di iniziazione da uno sciamano nativo americano.
Affascinato da Crowley, Smith entrò nell’oTO e fu ordinato vescovo nella
sua Ecclesia Gnostica Cattolica. Un esperto come Kenneth Anger, in
seguito, avrebbe addirittura definito Harry Smith il più grande mago
occulto della sua epoca. Questi due seguaci americani di Crowley ebbero
un’influenza inimmaginabile sullo sviluppo del rock classico e del video
musicale, sebbene nessuno dei due ne avesse poi a ricavare dei vantaggi.
Come molti occultisti della sua epoca, Crowley passò la propria vita
ribellandosi a un’educazione religiosa repressiva. Ma in molti modi,
decisivi, la Grande Bestia non aveva mai davvero abbandonato i Fratelli di
Plymouth. Semplicemente, decise di fare la parte del cattivo ne! grande
gioco del fondamentalismo, un ruolo che molti cristiani divenuti satanisti
continuano a impersonare ancora oggi. In questo senso Crowley avrebbe
avuto un’enorme influenza su! movimento heavy metal all’incirca trent
anni dopo la sua morte.
Prima che tutta questa diabolicità prendesse piede, tuttavia, i fedeli del
Buon Dio prepararono il terreno reintroducendo nel mondo occidentale i
ritmi pulsanti e sferzanti che secoli prima i loro antenati europei si erano
lasciati alle spalle.
LA MUSICA GOSPEL E IL MOVIMENTO DELLA SANTITÀ
Sebbene molti storici citino la musica blues e il jazz come elemento di
primaria importanza nello sviluppo del rock’n’roll, è opinione di chi scrive
che la maggiore - e più diretta - influenza su quello che conosciamo come
rock sia di gran lunga la musica gospel. Il gospel, che incominciò a
emergere come forma musicale autonoma verso la fine del
Diciannovesimo secolo, fa risalire le proprie origini agli stili tradizionali
della canzone africana, così come agli adattamenti legati alla diaspora, ad
esempio i canti degli schiavi o le percussioni vudù.
Il conflitto tra musica sacra e musica profana è un elemento che
appartiene intrinsecamente all’esperienza americana. Molti degli inni
cantati dai primi americani erano ricavati da melodie folk (il motivo di
Amazing Grace trae origine da una melodia scozzese per cornamusa) o, in
alcuni casi, si appropriavano di canzoni conviviali inglesi. Tutto ciò
originò condizioni spirituali uniche in tutto il Nuovo Mondo.
La difficoltà di praticare il sacerdozio negli insediamenti sparsi lungo la
frontiera americana diede origine a un gruppo di “predicatori itineranti”
che si spostavano a cavallo e conducevano “incontri di rinascita’ nelle aree
rurali boscose delle colonie. Il sacerdozio dei predicatori itineranti diede
origine a una religione informale e personale che ispirò successivamente
una serie di revival religiosi conosciuti con il nome di Grandi Risvegli.
Il Terzo Grande Risveglio (approssimativamente dal 1850 al 1900)
produsse quello che sarebbe diventato conosciuto come “movimento della
santità ”, un movimento che enfatizzava “doni dello Spirito” quali la
guarigione tramite preghiera, la glossolalia's e i miracoli, e pure
l’esperienza di essere “uccisi nello spirito”, espressione che indicava forti
reazioni fisiche come svenimenti o convulsioni, particolarmente diffusi
durante gli incontri della santità. Al principio del Ventesimo secolo questo
movimento sarebbe confluito in una nuova variante del cristianesimo: il
Pentecostalismo.
Il primo grande leader pentecostale fu un predicatore afroamericano di
nome William J. Seymour, il quale diede il via alla prima grande
esplosione pentecostale nel 1906 a Los Angeles. Seymour incominciò a
tenere i suoi incontri in una chiesa metodista episcopale africana, ospitata
in una stalla convertita. Il Revival di Azusa Street, come venne chiamato,
offriva estasi e trasformazione, con i membri della congregazione che se
ne stavano svegli tutta la notte, “uccisi nello spirito”. La folla radunata
passò da una manciata di individui a millecinquecento persone nel giro di
dieci anni: di volta in volta, si davano alla glossolalia, piangevano
inginocchiati, svenivano sul pavimento o, molto semplicemente, cantavano
la loro musica, una musica schietta ed energica.
Un articolo in prima pagina sul «Los Angeles Times», uscito in quel
periodo (intitolato Strano mormorio di lingue) riportava il fatto che i
membri della congregazione “emettevano strane parole e mormoravano
senza farsi sentire una fede che nessun mortale sano di mente sarebbe in
grado di comprendere”, aggiungendo che “i devoti di questa strana dottrina
praticano i rituali più fanatici, predicano le teorie più deliranti e
precipitano in uno stato di folle eccitazione grazie al loro peculiare
fervore”. Cosa che, ovviamente, ha lo stesso identico aspetto degli antichi
riti misterici.
Un altro resoconto giornalistico osservava che i congreganti “urlavano e
ululavano per tutto il giorno e tutta la notte. Correvano, saltavano,
venivano scossi da brividi, urlavano a squarciagola, roteavano in cerchi,
cadevano sul pavimento ricoperto di segatura dove erano preda di spasmi,
scalciavano e si rotolavano”. Riecheggiando le opinioni di Livio sui
Baccanali, l’inviato conclude dicendo che “questa gente sembra impazzita,
mentalmente sconvolta o vittima di sortilegio”.
Stando a queste descrizioni è chiaro che il Revival di Azusa era di per in
sé un Baccanale senza droga, visto che offriva quello stesso genere di
liberazione emotiva di cui il pubblico povero ed emarginato sentiva un
gran bisogno. Ma la musica trascinante e l’intensità emotiva del
pentecostalismo si sarebbero presto diffuse ad altre sette e chiese
indipendenti in tutto il Sud americano. Buona parte dei primi grandi artisti
rock’n’roll - neri e bianchi - si fecero le ossa in queste chiese, e i ritmi
frenetici, l’ululare pieno di passione e i cori antifonali della musica gospel
americana avrebbero infine costituito l’elemento base della “musica
razziale” e del rhythm’n’blues. Una volta aggiunte le scontrose chitarre dei
bluesmen elettrici, la miscela avrebbe dato vita al rock’n’roll.
Non è un caso che molti dei primi esponenti del rock’n’roll come Elvis,
Little Richard e Jerry Lee Lewis (per non menzionare una miriade di artisti
R’n’B e soul) avrebbero poi inciso alcune delle loro prove più
appassionate nell’ambito del genere gospel. Fu nelle chiese della Santità
che si trovarono a essere consumati, per la prima volta, dal fuoco della
spiritualità.
UNA (MOLTO) BREVE STORIA DEI BACCANALI NEL
VENTESIMO SECOLO
L’Età del Jazz reintrodusse in grande stile i Baccanali in America. Non
che al paese fossero mai mancati quadriglie e juke joint16, liquori di
contrabbando, spinelli e fornicazioni di ogni genere, solamente che si
trattava in buona misura di fenomeni locali, mentre l’Età del Jazz li
trasformò in un grosso affare.
L’America era tra i vincitori della Grande Guerra e si era presa una parte
del bottino, il che aveva dato origine ai ruggenti anni Venti, epoca di
prosperità, urbanizzazione, intrattenimento di massa e credito facile. Le
donne avevano ottenuto il diritto di voto, e i soldati statunitensi di ritorno a
casa portarono con loro l’attitudine libera che avevano gli europei nei
confronti del piacere, ispirando il successo di How You Gonna Keep ’Em
Down on The Farm After They’ve Seen Paree (‘In che modo li tratterrai
alla fattoria dopo che hanno visto Parigi’).
I guardiani della moralità cercarono di limitare tutto quel fare bisboccia
con la proibizione di consumare alcolici, ma tutto quello che ottennero fu
di rendere più forte il crimine organizzato e ispirare disprezzo nei confronti
degli stessi guardiani della moralità. Anche la cocaina era diffusa, poiché
faceva in modo che chi si ubriacava continuasse a ubriacarsi e chi ballava
continuasse a ballare. La radio portò le ultime sonorità nei soggiorni
d’America, mentre le moderne automobili offrivano una sede adatta ai
convegni di tipo sessuale. La radio trasmetteva una variante addolcita di
pop-jazz, ma i ragazzi che andavano ad Harlem e in altri luoghi caldi
potevano ascoltare una musica fragorosa e sfrenata quanto il rock’n’roll.
Gli anni Venti furono inoltre l’epoca delle big band, che avrebbero
dominato incontrastate fino all’ascesa del rock.
Una variante più dura e veloce di jazz, lo swing, incominciò a prendere
piede durante la Grande Depressione. Frenetici “tamburi della giungla”
avevano una parte fondamentale nelle sonorità swing, trasformando in
celebrità batteristi iperattivi come Gene Krupa e Buddy Rich e bandleader
come Benny Goodman e Duke Ellington. Ovviamente ci fu della
resistenza nei confronti di queste nuove sonorità, più spontanee. Fin dal
principio, i gruppi religiosi consideravano il jazz come una minaccia legata
a un complotto bolscevico mondiale il cui scopo era corrompere la
gioventù americana. I loro corrispettivi in Germania e Italia eliminarono
sistematicamente l’influenza corrosiva di quella musica nel momento in
cui Hitler e Mussolini presero il potere.
Durante la guerra, tuttavia, incominciò ad affermarsi un’altra forma di
musica da ballo, altrettanto nuova, che prediligeva formazioni ridotte e un
suono più semplice e grezzo. Il “Rhythm And Blues” o R’n’B era
pesantemente influenzato dal suono trascinante delle chiese gospel, in
modo così evidente, a volte, da affidare solamente al testo la possibilità di
differenziare le due forme musicali. Molte star del primo rock’n’roll —
Chuck Berry, Little Richard, Fats Domino, Bo Diddley e tutti gli altri erano convinte di suonare R’n’B, ma a un certo punto il nome cambiò e
artisti rockabilly come Jerry Lee Lewis, Carl Perkins, Bill Haley e gli altri
iniziarono a sconfinare in altri territori. Il R’n’B diventò in seguito più
scaltro e urbano, assumendo al principio degli anni Sessanta le sembianze
di un nuovo genere, il soul, che sarebbe divenuto un importante elemento
nella lotta ai diritti civili.
Tuttavia, nel corso del Ventesimo secolo le cose rimasero più o meno
inalterate, la musica veloce e fragorosa perlopiù di origine afroamericana
era la colonna sonora perfetta per il piacere e il tempo libero. Ma la potente
miscela culturale che diede origine all’Età Classica del Rock non
riguardava solamente la musica, aveva a che fare con un’esplorazione dei
più profondi recessi della psiche umana. La strada, però, era ancora lunga,
e il vecchio rock’n’roll avrebbe impiegato del tempo per diventare rock
classico. La nostra prossima deviazione potrebbe sembrare un po’ fuori
luogo, ma ci conduce a un’importante fonte di ispirazione per la mistica
eroica ed esasperata che avrebbe caratterizzato i grandi protagonisti del
rock’n’roll anni Sessanta.
DEI IN TECHNICOLOR
Nel momento in cui i ragazzini si riempivano le orecchie con il pop che
precedeva la British Invasion, gli Antichi ritornavano in grande stile
nell'ambito della cultura, ma questa volta come star del cinema. Una serie
di film di produzione italiana, basati sulla mitologia pagana e biblica,
invasero il mercato nei tardi anni Cinquanta e nei primi Sessanta, offrendo
agli adolescenti un’immersione in Technicolor nella mitologia classica che
nessun libro di testo era in grado di eguagliare.
Il culturista americano Steve Reeves contribuì a dare inizio alla moda
“spade e sandali”, interpretando Ercole in due produzioni, una del 1957 e
l’altra del 1959. Entrambe le pellicole ebbero un grande successo, e
ispirarono una vasta ondata di imitatori che saccheggiavano le mitologie
greco-romana, egizia e biblica senza fare troppo caso all’accuratezza o alla
coerenza. (Ercole, a un certo punto, si ritrovava a combattere alieni
provenienti dallo spazio). Questi film ottennero una popolarità talmente
vasta che I Tre Marmittoni17 (protagonisti di un ritorno in grande stile
grazie alla Tv) litigavano con l’eroe in The Three Stooges Meet Hercules
(in italiano Tre oriundi contro Ercole) del 1962, facendo guadagnare agli
ormai anziani comici il loro più grande successo al botteghino.
Le case cinematografiche di Hollywood se ne accorsero e si misurarono
con epopee “spade e sandali” realizzate in proprio. Charlton Heston
interpretò il ruolo principale in un rifacimento di Ben-Hur del 1959.
Stanley Kubrick diresse Kirk Douglas in Spartacus, basato sulla vera storia
di un gladiatore divenuto capo dei ribelli. La coppia hollywoodiana per
antonomasia, Elizabeth Taylor e Richard Burton, fu protagonista di una
versione di quattro ore di Cleopatra. Con tutta probabilità il film più
popolare tra tutti questi, presso i più giovani, fu Jason And The Argonauts
(Gli Argonauti, del 1963), nel quale gli Argonauti combattevano contro
statue giganti e scheletri che si rianimavano, oltre a incontrare
personalmente gli dèi.
Questi temi mistici sarebbero tornati a galla ripetutamente nell’era del
rock classico, in maniera più o meno diretta. Uno dei maggiori successi di
Donovan era un peana rivolto ad Atlantide, e i Cream cantavano “storie del
coraggioso Ulisse”18. I Pink Floyd girarono un film concerto a Pompei, i
Grateful Dead tennero una serie di concerti presso le Grandi Piramidi, e i
King Crimson canticchiavano “sulla scia di Poseidone”19. La più grande
band psichedelica di Boston si chiamava Orpheus, mentre stelle
improbabili come Elton John, Billy Squier e Boz Scaggs cantarono tutte
quante delle odi a Ercole, e i Cocteau Twins intonarono inni a Pandora,
Persefone e alle Sirene. E la lista potrebbe continuare.
Accanto a un revival dei supereroi, più o meno in quello stesso periodo,
i film di “spade e sandali” stuzzicarono l’appetito per dèi ed eroi presso chi
apparteneva a una nuova generazione. I soli musicisti non bastavano più, il
rock’n’roll aveva bisogno di eccesso. L’eccitazione e la grandiosità di
queste storie aveva una controparte musicale nei grandi spettacoli rock da
stadio e nelle arene di fine anni Sessanta e anni Settanta. Si noti che sia
arena che stadium erano espressioni romane che indicavano luoghi dove
venivano ospitati spettacoli molto simili.
Con una fragorosa musica da ballo e gli archetipi degli dèi che
devastavano le giovani menti in tutto l’Occidente, mancava solo più un
tassello del puzzle da sistemare.
PSICHEDELIA
Alcol, caffeina, oppio e marijuana hanno occupato un ruolo centrale
nella cultura umana sin dall’alba dei tempi, e sono sempre stati assai
popolari presso i musicisti e il loro pubblico. Allucinogeni come i funghi
psichedelici e il peyote erano diffusi presso le religioni americane indigene
molto prima dell’arrivo degli europei. Ma si trattava di petardi, poiché il
mondo stava per imbattersi nella bomba atomica psichedelica.
La moderna era psichedelica ebbe inizio con un singolare giro in
bicicletta effettuato da Albert Hoffman in un pomeriggio primaverile del
1943. Dopo aver accidentalmente ingerito una cura sperimentale per
l’emicrania chiamata dietilamide dell’acido lisergico, questo mite
scienziato svizzero si fece il primo viaggio con l’Lsd della storia. “Vidi un
flusso ininterrotto di immagini fantastiche e incredibili forme con un
intenso e caleidoscopico gioco di colori”, rammentò Hoffman.
L’Lsd rimase all’interno dell’ambito psichiatrico come strumento
terapeutico, ma venne anche utilizzato per scopi molto più nefandi, come
quando la Cia diede inizio ai famosi esperimenti di controllo mentale MKUltra, somministrandolo sovente a soggetti ignari, nel tentativo di creare
spie e assassini comandati a distanza. Con l’ascesa del movimento Beat,
sostanze psichedeliche come il peyote e i funghi della psilocibina
diventarono di moda, e così i cercatori compivano dei pellegrinaggi presso
gli sciamani del Messico e degli Stati Uniti sudoccidentali. Il romanziere
Aldous Huxley documentò il suo trip con il peyote nel classico Le porte
della percezione del 1954, dal cui titolo i Doors presero il nome. In un
articolo per «Life» del 1957, Gordon Wasson esplorò i culti legati ai
funghi allucinogeni in Messico. Un poco di buono della Cia chiamato
Andrija Puharich fece addirittura riprendere dalle telecamere di One Step
Beyond, il programma condotto da John Newland, il proprio trip con i
funghi, nel 1961.
Tutto questo fornì l’ispirazione a un giovane professore di nome
Timothy Leary per dare inizio ai suoi esperimenti con gli studenti nello
Harvard Psylocibin Project. Successivamente, un losco inglese di nome
Michael Hollingshead introdusse Leary e il suo gruppo all’Lsd, e le cose
presero un’altra direzione. Leary si autonominò evangelizzatore della
droga, predicando il proprio mantra, “accenditi, sintonizzati, abbandonati”.
Le esperienze del romanziere Ken Kesey come cavia del MK-Ultra
ispirò il suo classico del 1962 Qualcuno volò sul nido del cuculo. Pieno di
soldi grazie al successo del romanzo, Kesey vagabondò per le autostrade
diffondendo il vangelo dell’Lsd con i suoi “acid test”. Fu un’inattesa
conseguenza del MK-Ultra; un’altra cavia fu Ted Kaczynski, il matematico
anarchico trasformatosi in Unabomber.
Per via dell’abuso incontrollato, la potente droga venne definitivamente
messa fuori legge nel 1966. Imperterrito, Kesey si stabilì a San Francisco,
che era virtualmente diventata una città-Stato psichedelica. La febbre
dell’acido toccò il suo apice nell’Estate dell’Amore del 1967. Ma l’hype
mediatico che ne risultò esplose in faccia agli hippie originali, i quali erano
tendenzialmente tipi estremamente colti e relativamente miti. I pellegrini
incominciarono ad arrivare in massa, ragazzini problematici che non
avevano la benché minima idea di che cosa fosse la controcultura. E le
cose incominciarono a farsi un po’ pesanti.
Sulla scia di questo esercito di persone scappate di casa e gente di
passaggio arrivò un’orda di papponi, spacciatori e malati di mente. Entro
l'estate successiva le strade di San Francisco sarebbero state invase da
droghe pesanti come eroina e speed, così come da una variante pessima di
Lsd chiamata Stp e da un pericoloso sedativo per animali soprannominato
“polvere d’angelo”. Con il diffondersi della cultura della droga, per la
Maggioranza Silenziosa la città divenne una terra empia. I filmati di freak
dai capelli lunghi che ballano nudi per le strade sfidavano la repressione
del piacere umano che aveva definito il conservatorismo americano sin dai
tempi di Plymouth. Non è un caso che “Dirty Harry” Callaghan, l’eroe
reazionario interpretato da Clint Eastwood, prestasse servizio all’ombra
del Golden Gate.
Ma l’Era dell’Aquario cancellava la disciplina e la concentrazione, e
contemporaneamente la gratificazione a scoppio ritardato, degli antichi
Misteri. Droghe che erano sacramenti nel vero senso del termine furono
ridotte a giocattoli per figli del baby-boom in cerca di sensazioni forti, per
il grande scoramento di pionieri psichedelici quali Alan Watts, Robert
Anton Wilson e altri, tutti profondamente implicati nel serio studio di quei
composti. I risultati furono disastrosi: mentre i Misteri sopravvissero per
migliaia di anni, la controcultura dell’Aquario riuscì a malapena a durarne
cinque.
L’esito fu inevitabile quando scontato. Sesso, droga e rock’n’roll sono
tutte quante forme meravigliose di intrattenimento, ma insufficienti per
costruirci sopra una cultura, figurarsi una società. Con droghe e vibrazioni
sempre più cattive, molti hippie si trasferirono nell’entroterra per dare vita
a comuni e comunità alternative, sperando di poter resistere alla reazione
che Nixon montò durante la campagna presidenziale del 1968. Eppure
sarebbero sorte delle nuove controculture, e archetipi senza tempo
avrebbero continuato a imperversare rigogliosi in ambito intellettuale,
ridefinendo in maniera radicale quella che era iniziata come pura e
semplice musica da ballo.
PARTE II I MODERNI MISTERI DEL ROCK’N’ROLL
Nel corso dell’Era classica del Rock, alcuni generi e sortogeneri si sono
trasformati di fatto in vere e proprie sette, molte delle quali assomigliano
in maniera impressionante ai culti degli antichi dèi. Ma non si trattava di
“religione” nell’accezione comune del termine, si trattava piuttosto di un
ritorno alle radici naturali ed empiriche della cultura umana. Tuttavia,
ironicamente, molti di questi culti sarebbero arrivati al punto di sviluppare
una propria dottrina e dei propri dogmi, e addirittura linguaggi e codici di
abbigliamento. Molti di questi — punk, skinhead, metallari, hippie esistono ancora oggi, parecchio tempo dopo che si è persa la memoria
della loro ispirazione originaria. La loro longevità dimostra il potere che
hanno gli archetipi di materializzarsi in modalità facilmente comprensibili
dalle successive generazioni.
Nella Parte II daremo un’occhiata a questi nuovi culti e a questi nuovi
dèi rock, alle loro caratteristiche e alla loro origine. Non intende essere un
resoconto storico completo il nostro, quanto piuttosto un’indagine selettiva
di alcuni degli artisti più inequivocabilmente sovrapponibili agli antichi
archetipi. Ho dato un nome a queste categorie basandomi sui nomi degli
dèi più importanti del mondo antico, e in particolare, naturalmente, di
quelli legati alle tradizioni misteriche.
Per via dei limiti di spazio, prenderemo in considerazione solamente
artisti che rientrano nella definizione comunemente accettata di rock. Per
quanto possa essere allettante esplorare generi limitrofi quali funk, reggae,
country e pop, gli archetipi cui fanno riferimento sono spesso differenti,
così come la loro storia e le loro motivazioni.
Un altro importante aspetto riguarda il ruolo giocato dalla spiritualità
nelle vite e nelle opere di molti di questi artisti. La musica, al suo meglio,
ha a che fare di per sé con l’ambito spirituale, con l’espressione di forze
invisibili che l’artista riceve e trasmette, come si suppone facciano i
medium e i canali nello spiritismo. Ora che il rock’n’roll ha il suo Valhalla
(la Rock and Roll Hall Of Fame a Cleveland, in Ohio), le storie di questi
artisti hanno il più delle volte la possibilità di entrare nel campo del mito,
dando loro la possibilità di diventare essi stessi degli archetipi. Ma in ballo
c’è dell’altro: la sorprendente evoluzione della musica rock in sé, e il
modo in cui ha rappresentato uno sbocco per correnti memetiche di
profondità che si pensava fossero ormai state consegnate alla storia. E così,
esattamente come abbiamo visto in quale misura gli antichi Misteri fossero
rock’n’roll, ora esamineremo quanto il nostro moderno rock’n’roll possa
essere simile ai Misteri.
VOX POPULI: I NUOVI APOLLO
Apollo fu il primo dio rock, e gli artisti che rientrano nella sua stessa
categoria archetipica propongono una musica eroica e populista, rivolta
alle masse. Costoro sono i supereroi del rock’n’roll, gli dèi delle arene e
degli stadi. Gli aspetti solari di Apollo si riflettono nell’utilizzo
predominante di chiavi maggiori e ritmi sostenuti. L’archetipo apollineo si
occupa spesso di moralismo politico e religioso, legando i suoi inni
cantabili a una coscienza di tipo sociale.
Una delle caratteristiche più peculiari dell’artista o gruppo apollineo è il
riuscire a trasformare canzoni di genere dionisiaco in pop mainstream. Ad
esempio, i Beatles subivano l’influenza di maestri pop come Chuck Berry
ed Everly Brothers, ma allo stesso tempo andavano a recuperare artisti
blues più legati alla radici. I Fab Four si fecero le ossa nelle birrerie di
Amburgo, dove qualsiasi Menade degna di tale nome si sarebbe sentita a
casa.
ELVIS PRESLEY
Il primo Apollo nel rock nel Ventesimo secolo fu anche la sua prima
superstar, un uomo il cui impetuoso carisma avrebbe eclissato quello dei
supereroi e di tutti gli attori da metodo Stanislavsky che in seguito
lo presero a modello. Elvis è una figura che appartiene di più all’Età
dell’Oro del rock che alla sua Epoca Classica, ma ha finito per
impersonare egli stesso un archetipo, istantaneamente riconoscibile da
chiunque, in ogni parte del mondo. È difficile immaginare che il
rock’n’roll potesse diventare il fenomeno che conosciamo senza di lui.
La storia di Elvis è ben nota: il capo della Sun Records, Sam Phillips,
sperava di poter trovare un bianco in grado di cantare come un nero, ed
eccolo apparire nelle sembianze di un giovane camionista di Memphis,
Tennessee. Non solo Elvis Aaron Presley ha il blues nel sangue, ma ha
pure lo sguardo giusto, da idolo della folla. Uno spietato e competitivo
olandese chiamato Colonnello Tom Parker ne diventa il manager, ed Elvis
infiamma la gioventù americana con una manciata di successi che fondono
senza sforzo il rhythm’n’blues e il ritmo veloce del country dando alla
formula un nuovo nome, “rock’n’roll”, antica espressione slang che indica
il coito, oppure il suono di un treno lungo la ferrovia, a voi la scelta.
L’establishment è irrequieto perché Elvis è una forza sessuale troppo
potente per l’America degli anni Cinquanta, e il cantante viene così
arruolato nell’esercito. Il movimento provocato dal rock’n’roll si calma
considerevolmente. Elvis torna a casa dopo un periodo in Germania, ma
una parte dell’antico fuoco è scomparsa. Peggio ancora, Parker lo spinge a
prendere parte a una serie di banali B-movie che includono esecuzioni di
brani sdolcinati e all’acqua di rose da parte del cantante. Elvis diventa
irrequieto quando la British Invasion prende possesso del mondo rock a
metà anni Sessanta, sebbene gli inglesi lo adorino. Tornato, infine, alle
proprie grezze radici rock, Elvis inscena il proprio ritorno attraverso il
famoso speciale televisivo del 1968. Ottiene ancora una serie di successi
che dura fino agli anni Settanta inoltrati e si aggiudica tre Grammy, tutti
quanti per i suoi appassionati dischi gospel. Ma un’assuefazione provocata
da medicinali e l’obesità fanno finire in ginocchio il vecchio Apollo, che
continua a interpretare la propria parte sudando e incespicando sui palchi
di Las Vegas. Va ancora peggio: muore nel proprio gabinetto nel 1977, al
culmine del punk e della disco, movimenti musicali che si fanno beffe di
lui.
Niente di tutto ciò ha importanza. Il giovane e selvaggio Elvis vivrà per
sempre, così come l’Elvis reduce che indossa lo sfarzoso vestito di cuoio e
strass modellato su quello di Captain Marvel Jr, suo eroe d’infanzia. Elvis
continua a vivere a fianco di altre icone degli anni Cinquanta come James
Dean e Marylin Monroe, e persino i suoi anni appesantiti e gonfi a Las
Vegas riescono in qualche modo ad affascinare. Questo è carisma, il dono
degli dèi.
BEACH BOYS
Al principio degli anni Sessanta, il rock’n’roll veniva considerato una
delle tante mode giovanili, rimpiazzabile da idoli prefabbricati per
adolescenti come Fabian e Frankie Avalon, e da vacui gruppi vocali come i
Four Seasons. La musica da ballo urbana proveniente da Detroit stava
facendo un gran polverone con l’etichetta Motown, gestita da un ex
operaio automobilistico di nome Berry Gordy. Il revival folk era di gran
moda nei campus.
Giovani autori di canzoni di origine ebraica componevano successi per
gruppi vocali afroamericani preso il Brill Building di New York. Da quella
connessione venne fuori Phil Spector, un giovane produttore brillante ma
inquieto che forniva ai suoi gruppi femminili urbani, come le Crystals e le
Ronettes, un suono orchestrale lussuoso ed elettrizzante. Il suo “Wall Of
Sound”
si
adattava
perfettamente
all’ottimismo
travolgente
dell’amministrazione Kennedy, che i media avevano soprannominato la
“Camelot americana”.
Il rock’n’roll era in fase calante, ma non era passato di moda. La
cavalleria arrivò all’assalto proveniente dalle spiagge della California
meridionale, pronta a reintrodurre il rock con le chitarre presso il pubblico
di massa. La cultura surf sulla quale si fondavano i Beach Boys era
apollinea fino al midollo: immersa nel sole, atletica, eroica. Ma la sera
quegli stessi dèi dorati si trasformavano in veri e propri seguaci di Dioniso,
con le loro birre, le loro ragazze e le feste sulle spiagge davanti ai falò.
Questa tensione archetipica finì per caratterizzare i migliori momenti
all’interno del canone musicale dei Beach Boys.
Il gruppo monetizzò la mania per il surf dei primi anni Sessanta,
proponendo un rock’n’roll elementare fortemente influenzato da Chuck
Berry e dal doo-wop. Con il loro aspetto ammodo e le armonie da college,
i Beach Boys rispecchiavano l’ottimismo e la fiducia della Los Angeles dei
primi anni Sessanta. Ma, come avveniva, d’altra parte, con il mito di
Camelot, la facciata nascondeva una realtà ben più problematica.
La band era costituita dai fratelli Wilson - Brian, Dennis e Carl - e dal
loro cugino Mike Love alla voce solista, e a fare da manager c'era il padre
dei ragazzi Wilson, Murry, autore di canzoni fallito e papà rock’n’roll da
Little League 20, il quale angariava incessantemente i suoi bambini. Ma fu
questo suo ruolo di tiranno a mettere il gruppo in una forma tale da poter
essere competitivo, in un momento in cui il rock’n’roll con le chitarre era
passato di moda. Alla fine i Beach Boys ebbero abbastanza successo da
riuscire a sbarazzarsi di Murry, ma il perfezionismo ossessivo di Brian e il
suo consumo di droghe incominciarono a farne a pezzi la sanità mentale. 1
Boys andarono in tour senza di lui, lasciandolo a costruire produzioni
sempre più complesse in studio come il raffinato classico dello psych-rock
Good Vibrations, pubblicato nel 1966, e l’Lp PET SOUNDS di quello
stesso anno.
Tuttavia, Brian non era l’unico ad avere dei problemi. Dennis soffriva di
serie dipendenze da droga e sesso. Nel 1968, la sua ossessione lo portò a
dare asilo a due sciattone hippie, allo scopo di avere un po’ di diletto
pomeridiano nel suo nido d’amore di Sunset Boulevard. Un po’ di tempo
dopo Dennis tornò a casa trovandola invasa da un guazzabuglio di freak
guidati da tale Charles Milles Manson. Charlie accolse Dennis come se
fosse il padrone di casa, ammaliandolo. Dennis prenotò per Charles un po’
di ore in studio di registrazione e cercò di convincere il gruppo a registrare
alcune nelle sue canzoni, ma la carriera di Manson arrivò a un punto
morto, e questi diede la colpa al produttore dei Beach Boys, Terry Melcher.
Dennis ruppe ogni rapporto con Charlie, cosa che gli valse una minaccia di
morte. Nell’estate del ’69, Charlie mandò i suoi tirapiedi in una casa su
Cielo Drive, a Los Angeles, ordinando loro di uccidere chiunque vi si
trovasse e poi dipingere slogan criptici sui muri con il sangue dei
malcapitati. La casa apparteneva a Terry Melcher.
L’immagine solare dei Beach Boys incominciò a perdere il suo fascino
nell’opprimente fine degli anni Sessanta, e Brian venne messo ai margini
in studio, mentre il suo consumo di cocaina era ormai fuori controllo.
Sarebbe diventato di fatto un recluso e successivamente gli avrebbero
diagnosticato una forma di schizofrenia. Dopo aver combattuto molte
dipendenze, Dennis morì affogato nel 1983, cadendo dalla propria
imbarcazione dopo una giornata di eccessi alcolici. Il marchio proseguì la
propria corsa come touring band, ma tutti i Wilson mollarono dopo la
morte di Carl nel 1998. Come la gran parte degli artisti apollinei, i Beach
Boys si identificarono con la pratica spirituale, nello specifico la
Meditazione Trascendentale, che contribuirono a rendere popolare. Mike
Love continua tuttora a promuoverla.
BOB DYLAN
Dal revival folk di fine anni Cinquanta arrivò un altro grande archetipo
apollineo, le cui ambizioni poetiche avrebbero riscritto il manuale del
rock’n’roll negli anni Sessanta. Nato Robert Zimmerman a Hibbing, nel
Minnesota, il giovane cantante si immerse nelle tradizioni folk e popolari
degli anni Cinquanta, ribattezzandosi in onore del poeta gallese Dylan
Thomas e trasferendosi a Manhattan. L’icona del folk Woody Guthrie
rappresentò il suo primo punto di riferimento, e rimase tale fino al periodo
elettrico del Nostro. Dalla metà degli anni Sessanta in poi, Dylan diventò
egli stesso un archetipo, e “dylaniano” divenne un aggettivo
immediatamente riconoscibile per tutti i veri fan della musica.
Il celebre set elettrico di Dylan al Newport Folk Festival del 1965 divise
il suo pubblico esattamente a metà tra puristi folk e avanguardia folk rock.
I critici più anziani scrissero recensioni caustiche (l’icona folk Pete Seeger
era stata vista scappare via dal palco con le mani sulle orecchie), e molti
dylanologi sono convinti che la rabbiosa sfuriata di Positively 4 Street
fosse la risposta di Dylan a quegli attacchi. Proprio come Apollo, però,
l’artista vedeva chiaramente il futuro, un futuro in cui il folk si sarebbe
ancora una volta ritirato dal proscenio e il rock elettrico avrebbe dominato.
A partire da BRINGING IT ALI. BACK HOME del 1965, il Dylan
“elettrico” fece finire regolarmente i suoi album nella Top 10. I suoi
singoli ottenevano una minore visibilità, ma ballate come Lay Lady Lay
(1969) e Knocking On Heaven’s Door (1973) ebbero un grande successo.
La successiva grande reinvenzione di Dylan fu accolta con minoreentusiasmo. A seguito di un periodo difficile causato dalla una reazione
negativa da parte della critica e da una crisi di vendite, Dylan sostenne che
Gesù gli era apparso nella stanza di un motel, una visione che lo esortò a
salire sul carro del movimento evangelico, in quel momento in grande
crescita. Una strana compagnia per un tipo ribelle come Dylan, eppure il
cristianesimo era un aspetto centrale del- l’Americana21 che l’artista
viveva e respirava. Si sentì così abbastanza ispirato da registrare un album
di vigoroso gospel-rock intitolato SLOW TRAIN COMING (1979).
La pubblicità ottenuta grazie alla conversione e il sostegno impetuoso
degli evangelici bastarono per fare di SLOW TRAIN un successo, ma le
sue due successive proposte furono un fiasco. Dylan non necessitava di un
meteorologo per sapere in quale direzione soffiasse il vento22, e
minimizzò la faccenda della rinascita in INFIDEIS, del 1983, un disco
venato di reggae e prodotto con il contributo del leader dei Dire Straits,
Mark Knopfler, anch’egli impegnato all’epoca ad alimentare la sua
dipendenza da Gesù. Quando uscì EMPIRE BURLESQUE, nel 1985, di
fatto sembrava che Dylan avesse smesso di considerarsi rinato. Da allora,
le sue fortune commerciali e critiche sono cresciute e poi calate, ma non ha
mai smesso di andare in tour, a volte sconcertando il pubblico con
esibizioni apatiche o semplicemente bizzarre.
Come si confà a un moderno Apollo, Dylan veniva considerato un tempo
“la coscienza di una generazione”. Dall’epoca della conversione e
successiva deconversione, è difficile dire se qualcuno, al di fuori del suo
culto ormai invecchiato, possa ora percepirne l’importanza. Ma il suo
segno sul modo di scrivere canzoni rock degne di tale nome è indelebile.
Di certo è impossibile immaginare gli anni Sessanta senza di lui.
BEATLES
Elvis, Dylan e i Beach Boys vennero oscurati da quattro ragazzi inglesi,
si erano fatti le ossa con il rock’n’roll americano e i dischi di
rhythm’n’blues che arrivavano via nave al porto di Liverpool, la città in
cui erano nati. In origine un quintetto vestito di jeans e cuoio, i Beatles non
avevano molto successo in un’Inghilterra dove in classifica finiva il pop
più patinato. Il gruppo sbarcò ad Amburgo, dove affinò i trucchi del
mestiere nelle rissose birrerie del quartiere a luci rosse. Di ritorno in
Inghilterra, conquistarono il Cavern Club di Liverpool, dove i loro bei
visini e la frenetica mescolanza di rock e blues eccitava le passioni delle
fraulein locali. La band si era coalizzata intorno ai cantanti e chitarristi
John Lennon e George Harrison, il cantante e bassista Paul McCartney e il
batterista Richard Starkey, alias Ringo Starr.
Lì i Beatles vennero notati da Brian Epstein, imprenditore del luogo, che
vide in quegli approssimativi rocker la next big thing. L’unico problema
era che nessun altro la pensava come lui. I gruppi con le chitarre erano
finiti, gli fu detto. Tenace, Epstein catturò l’attenzione di George Martin,
produttore interno alla Emi, un genio anonimo annoiato dalla quotidianità
del proprio lavoro. Martin prese sotto la sua ala protettiva quella banda di
mascalzoni scouse10 e registrò i demo di Please Please Me e Love Me Do.
Ben presto il produttore e i Beatles presero a sfornare successi in
Inghilterra, mentre Epstein metteva gli occhi sul vasto mercato
d’oltreoceano.
John Lennon avrebbe in seguito liquidato il fenomenale successo
americano dei Beatles definendolo una pura coincidenza della storia. JFK
aveva promesso ai giovani americani una nuova Camelot, ma il suo
assassinio, alla fine del 1963, fece precipitare il paese in uno stato di
shock. Era previsto che i Beatles partecipassero per tre sere di seguito
all'Ed Sullivan Show, che all’epoca veniva seguito da quasi chiunque nel
paese. I Beatles non solo introdussero un nuovo look radicale, con i loro
capelli lunghi e i completi senza colletto, ma erano anche arguti,
affascinanti, eloquenti, e lavoravano sodo, producendo senza sosta singoli,
album e persino lungometraggi prima di fermarsi per riprendere fiato nel
1966.
Lungo il cammino furono introdotti alle droghe allucinogene
nientemeno che da Bob Dylan, il quale aveva offerto loro il primo spinello.
Sinapsi che non avevano mai sospettato di avere iniziarono ad accendersi,
un processo che non fece che accelerare quando, in seguito, scoprirono
l’Lsd. Da tutto ciò scaturì il disco che per chi scrive segna l’inizio dell’Era
Classica del Rock, RUBBER SOUL del 1965. Perché fu a quel punto che
il rock’n’roll, da semplice musica da ballo, divenne qualcosa di
potenzialmente in grado di creare forme espressive di arte moderna
stimolanti e mutevoli.
Rifuggendo i consueti stili riconducibili al pop, i Beatles inglobarono
una gamma di nuove influenze, in particolare i raga indiani su Norwegian
Wood e un che di barocco in In My life, entrambe scritte da Lennon. Il
trascendentale talento melodico di McCartney dava frutti compiuti come
Michelle e You Wont See Me. Ma RUBBER SOUL non era che un
preludio. Appena otto mesi più tardi, REVOLVER (1966) sfoggiava un
virtuosismo compositivo mai sentito prima in ambito rock, così come una
vena surreale ispirata dalI’Lsd, evidente in follie tipo She Said, She Said e
il brano finale del disco, Tomorrow Never Knows. Martin era la mano
invisibile, le sue idee geniali per gli arrangiamenti e i suoi trucchi da studio
rendevano possibile qualsiasi capriccio ai Beatles venisse in mente di
fissare su nastro.
Come forza spirituale i Beatles raggiunsero l’apice al principio del 1967
con il doppio lato A Strawberry Fields Forever/Penny Lane., due minisinfonie pervase dall’impressionante consumo di acido della band. Quella
estate SGT. PEPPER’S LONELY HEARTS CLUB BAND venne
considerato un momento chiave, nel quale i Beatles impersonavano le
utopiche aspettative della generazione dei Sessanta. Ma come capitò a
molti altri, per i Beatles quella estate finì male, con la morte di Brian
Epstein, dovuta a un’overdose accidentale di pillole tranquillanti.
Nel tentativo di risollevarsi, i Beatles cercarono di sfruttare ancora un
po’ la psichedelia con lo speciale Tv Magical Mystery Tour e la relativa
colonna sonora. Cercando di riprendersi attraverso l’esplorazione
spirituale, i quattro volarono successivamente in India, per prendere parte a
un ritiro dedicato alla Meditazione Trascendentale. Il Maharishi aveva
grandi progetti per i Fab Four, ma il viaggio finì male quando il sant’uomo
mise gli occhi su Mia Farrow. Abbandonando l’orbita della Meditazione
Trascendentale, Harrison si sarebbe in seguito dedicato al movimento della
Coscienza di Krishna, e lo stesso avrebbe fatto Lennon per un breve
periodo.
Di ritorno in Inghilterra, il gruppo incominciò a frantumarsi. Il doppio
Lp omonimo del 1968 (meglio noto come WHITE ALBUM) venne
percepito da molti come una collezione di tracce solistiche. In seguito i
Beatles tentarono di realizzare un progetto filmico e discografico
all’insegna del ritorno alle origini, idea che venne abbandonata quando la
tensione tra i componenti del gruppo finì per uccidere l’atmosfera. Sul
punto di sciogliersi, il gruppo si riunì ancora una volta per l’ultimo trionfo,
ABBEY ROAD del 1969, un’opera di diciassette brani che rappresentava
una sorta di retrospettiva, la quale toccava tutti i punti stilisticamente
significativi della carriera della band, con due inni appropriatamente
apollinei come Here Comes The Sun e Sun King.
Nel 1970 il gruppo si sciolse e ciascuno proseguì la propria carriera,
sebbene il solo McCartney sia parso in grado di gestire un successo
durevole. Sia Harrison che Lennon svilupparono problemi con le droghe
negli incerti anni Settanta, ed entrambi si allontanarono dai riflettori per
lunghi periodi. Lennon e la moglie, Yoko Ono, riemersero nel
1980 con un disco carico di hit, DOUBLE FANTASY, ma l’ex Beatle fu
freddato da un fan impazzito quello stesso dicembre. Tuttavia la storia dei
Beatles non era finita, e non finirà mai. Innumerevoli progetti di ristampa,
documentari e biografie hanno fatto conoscere alle generazioni successive
il più grande mito del rock. Nel 2009, i Beatles sono rinati virtualmente,
diventando personaggi animati nel videogioco The Beatles: Rock Band.
Ora sì che ce l’hanno fatta davvero.
ELTON JOHN
Nato Reginald Dwight nel 1946, Elton John non è solo una leggenda
musicale ma è attualmente anche una delle più note celebrità gay del
mondo. Eppure, nei primi anni Settanta, l’immagine che offriva di sé era
trasandata, con una barba mal rasata e abiti di jeans e flanella mal
confezionati. Mentre muscolosi ex mod si vestivano come Liza Minnelli e
sparavano a tutto volume del glam sessualmente ambiguo, Elton John
cantava a squarciagola inni di sapore blues come Burn Down The Mission
e ballate d’amore come Tiny Dancer, con testi scritti dal suo collaboratore
(etero) Bernie Taupin.
Dal 1970 in poi, il team John-Taupin divenne una prodigiosa macchina
sforna-hit, mandando in Top 40, in rapida successione, un singolo dopo
l’altro, e arrivando in cima alle classifiche con importanti successi
radiofonici come Crocodile Rock, Bennie And The Jets e Island Girl. Elton
aderì solo successivamente al partito del glam, ma recuperò il tempo
perduto indossando vestiti e occhiali sgargianti in occasione del singolo di
grandissimo successo — e album doppio — Goodbye Yellow Brick Road,
del 1973, un brano il cui titolo faceva riferimento a Il mago di Oz, vera e
propria icona per milioni di gay. Nel 1976, Elton John era ormai esausto.
La routine da disco e tour ogni anno già di per sé costituiva un peso per gli
artisti, inoltre le pressioni del superstardom erano divenute insopportabili.
Durante il tour di BLUE MOVES, nel 1976, Elton annunciò, in occasione
della data londinese, il proprio ritiro. Sollevò una controversia, inoltre,
quando dichiarò apertamente di essere gay sulle pagine di «Rolling
Stone». I suoi dischi successivi vendettero poco, effetto che qualcuno
attribuì alla dichiarazione di omosessualità.
Ma Elton ritornò in Top 10 nel 1980 con Little Jeannie, e sembrava che
non se ne fosse mai andato. Poi, nel 1983, irruppe nell’era del video con
videoclip che accompagnavano singoli di successo come I’m Still
Standing e Sad Songs (Say So Much). Elton sembrava nato per stare su
Mtv e ben presto diventò onnipresente quanto lo era stato negli anni
Settanta. Inaugurò inoltre una nuova partnership artistica con Tim Rice
(Jesus Christ Superstar, Evita), che portò alla realizzazione della colonna
sonora del Re Leone, straordinario successo Disney del 1994. Nel
momento in cui scrivo questo libro, una produzione di Broadway tratta dal
film è ancora in cartellone. Elton e Rice hanno anche prodotto Aida per la
Disney, altro successo duraturo, questa volta impregnato di un misticismo
riconducibile all’antico Egitto.
Oggi Elton John è diventato una di quelle celebrità conosciute tanto per
il fatto di essere delle celebrità quanto per lo straordinario catalogo di
successi. Ma ha contribuito a rendere la comunità gay molto meno
minacciosa presso il pubblico mainstream, impresa davvero apollinea se
mai ve ne è stata una.
EAGLES
Traendo ispirazione dal materiale più vicino al country dei Byrds - il
gruppo folk rock di Los Angeles - dell’ultimo periodo, armati di capelloni
post-hippie residenti nella West Coast combinarono folk, rock e country e
diedero vita al movimento “soft rock” degli anni Settanta. Il primo gruppo
soft rock di un certo rilievo furono Crosby, Stills e Nash, fondati dall’ex
Byrds David Crosby insieme a Stephen Stills e Graham Nash, provenienti
rispettivamente dai Buffalo Springfield e degli Hollies. Il trio si fece notare
a Woodstock e si allargò a quartetto con l’aggiunta di Neil Young, vecchio
sodale di Stills.
Ma i più popolari e durevoli prodotti di questo nuovo e suadente
movimento erano di gran lunga gli Eagles, i cui componenti avevano
suonato con vari membri dei Byrds nei rispettivi progetti collaterali.
Capeggiati dal batterista e cantante Don Henley e dal chitarrista Glenn
Frey, gli Eagles portarono al soft rock degli anni Settanta un’energia
romantica e ruvida allo stesso tempo, contemporaneamente avventurosa e
conservatrice. Il loro pop semplice diventò la colonna sonora preferita
dalla Generazione Me24, spingendo una nuova ondata di artisti country a
intraprendere la strada del rock.
Gli Eagles raggiunsero il loro apice con HOTEL CALIFORNIA,
pubblicato sul finire del 1976. Il leader dei James Gang, Joe Walsh, era
subentrato come chitarrista solista, affilando un po’ il suono e generando
brani epici come Life In The Fast Lane e Victim Of Love. La title track
aggiungeva alla miscela un tocco di reggae, dando vita a un successo
mostruoso che continua a essere in heavy rotation nelle radio rock. Grandi
scontri causati dall’ego posero fine agli Eagles dopo l’uscita
dell’ironicamente intitolato THE LONG RUN (‘la lunga corsa), ma la
band si riunì nel 1994 per il tour di HELL FREEZES OVER, e da allora ha
continuato a tenere concerti con una certa regolarità. Percependo un
cambiamento nella loro base demografica, gli Eagles hanno messo in
commercio un nuovo album in studio, LONG ROAD OUT OF EDEN del
2007, esclusivamente attraverso la catena di negozi Walmart, per tutto il
primo anno.
SPIRITO NEL CIELO
Artisti rock’n’roll provenienti dalla — o convertitisi alla - tradizione
cristiana:
Jerry Lee Lewis — Il Killer è cugino del tele-evangelista caduto in
disgrazia Jimmy Swaggart.
Pat Boone - Un sostenitore fatto e finito della Destra cristiana.
Cliff Richard - Il cosiddetto Elvis britannico, uno degli ultimi cristiani
rimasti in Inghilterra.
Alice Cooper — li figlio di un sacerdote che ha trovato Gesù sul fondo
di una lattina di Budweiser.
Marvin Gaye — Il figlio di un predicatore che amava indossare abiti
femminili e che ha posto tragicamente fine alla sua vita.
Osmond Brothers — Le star del bubblegum pop sono i rampolli tirati a
lucido di un numeroso clan mormone.
Michael Jackson - Cresciuto come Testimone di Geova ma convertitosi
all’islam, molto probabilmente quando uno sceicco Arabo ha incominciato
a pagargli le bollette 25.
Bob Dylan — Come è noto, ha trovato Gesù alla fine degli anni
Settanta, per poi riperderlo.
U2 — Carismatici protestanti provenienti dalla cattolica Dublino.
Stryper - Questi poseur metal cotonati lanciavano bibbie agli headbanger durante i loro concerti.
Prince - La sua eterna battaglia tra fede e carne è stata vinta grazie a un
assist da parte dei Testimoni di Geova.
Korn - Due componenti di questa band nu-metal nichilista si sono rivolti
a Gesù per ricevere soccorso.
Creed - Il cantante Scott Stapp ha spesso sfoggiato una posa alla Gesù
Cristo 26 sul palco, fino a quando le tentazioni della carne non l’hanno
avuta vinta.
Lou Gramm — Il rocker dai polmoni di cuoio ha lasciato i Foreigner per
dedicare il suo canto a Gesù.
The Killers — I revivalisti new wave sono dei mormoni in mascara.
The Jonas Brothers - Il laccato trio pop-punk ha fatto degli anelli della
verginità una dichiarazione alla moda.
BRUCE SPRINGSTEEN
L’etichetta di “nuovo Dylan” divenne un cliché negli anni Settanta,
applicata com’era a qualsiasi cantautore in possesso di una voce ghiaiosa.
Tra questi vi era il figlio prediletto del New Jersey, Bruce Springsteen. “Il
Boss” iniziò la propria carriera in vari gruppi quando era ancora
adolescente, suonando nei bar proletari della Jersey Shore una miscela di
cover rock e R’n’B e romantici e verbosi brani originali. Poco alla volta
radunò i migliori strumentisti del posto e diede vita alla “E Street Band”,
poi nel 1972 venne messo sotto contratto, per conto della Columbia, dal
leggendario responsabile della divisione A&R, John Hammond.
Il suo primo album, GREETINGS FROM ASBURY PARK, NJ,
conteneva una poetica miscela di brani R’n’B e folk, ma non andò da
nessuna parte. Il suo secondo lavoro, THE WILD, THE INNOCENT AND
THE E STREET SHUFFLE, si impantanò allo stesso modo, fino a quando
le radio Fm non incominciarono a trasmettere una chiassosa traccia
contenuta nell’album, Rosalita. Un incessante calendario concertistico,
caratterizzato da lunghe e infuocate esibizioni, fece di Springsteen un
grandissimo successo underground.
Con il suo terzo Lp eliminò gran parte dei ghirigori jazz e R’n’B in
favore di un rock’n’roll epico e chitarristico, fortemente influenzato dal
Wall of Sound che caratterizzava le produzioni di Phil Spector nei primi
anni Sessanta. Sostenuto dall’omonima title track suonata a rotta di collo,
BORN TO RUN, pubblicato nel 1975, ottenne un grandissimo successo,
assicurando all’artista la copertina sia di «Time» che di «Newsweek».
Springsteen venne salutato da critici e fan come un messia proletario che
aveva impedito al rock’n’roll di disintegrarsi totalmente nell’era postBeatles.
Ma una diatriba con il suo ex manager lo mise fuori gioco per quasi tre
anni. Il suo album successivo, DARKNESS ON THE EDGE OF TOWN
(1978), comprendeva una nuova, cupa visione lirica, alla quale
corrispondeva un suono spoglio, ai confini con l’hard rock. La perdita
della gioia e dell’ottimismo, presenti in passato, rifletteva i problemi
economici che i proletari con cui Springsteen era cresciuto si ritrovarono
ad affrontare a fine anni Settanta.
Il musicista continuò ad asciugare il proprio sound, un tempo complesso,
sul nostalgico doppio Lp del 1980, THE RIVER. Sia musicalmente che dal
punto di vista dei testi, l’album è un’elegia rivolta ai giorni gloriosi del
proletariato americano, ormai in via di dissoluzione, e si ispira fortemente
a tutti quei generi musicali legati alla musica da party che avevano
preceduto la Beatlemania. Il reaganismo e la grande recessione del 1981
ispirarono NEBRASKA, un’evocativa collezione di ballate folk e country
che Springsteen aveva registrato originariamente come demo. In
NEBRASKA l’artista faceva riferimento alla spiritualità primitiva che
abitava il cuore antico del paese, una caratteristica presente nel Dna della
musica tradizionale in cui era immerso. Temi e motivi biblici continuavano
a far parte della sua visione poetica.
Indagando sempre più in profondità un ramo nostalgico dell’Americana,
Springsteen e la sua band registrarono quelli che fino ad allora erano stati i
loro brani rock più primitivi, inclusi nel fenomenale successo BORN IN
THF. USA (1984). Un pezzo pop composto all’ultimo minuto, Dancing In
The Dark, venne aggiunto in tutta fretta quando il management manifestò
l’impressione che l’album non avesse degli hit evidenti. Quanto si
sbagliavano: praticamente ogni canzone presente sull’album diventò un
singolo di successo, inclusa l’improbabile title track, uno stomper 27
monoaccordo il cui testo riportava i problemi di un veterano del Vietnam
disoccupato.
Nello stesso momento in cui le fattorie e le industrie d’America
venivano decimate, Ronald Reagan intraprendeva una campagna di
rielezione carica di nostalgia nei confronti delle radici più profonde del
paese. Alcuni consiglieri repubblicani sentirono il ritmo elettrizzante e il
ritornello di Born In The USA, ma probabilmente non fecero caso alle
amare parole presenti nelle strofe. Ben presto i candidati conserva- tori si
misero a citare in maniera fantasiosa la canzone, che interpretavano
erroneamente come il tributo a un rinnovato patriottismo. Nel 1988
Springsteen ritornò con TUNNEL OF LOVE, un album spoglio e
fortemente caratterizzato dal suono dei sintetizzatori, il cui pop rurale
veniva cantato dall’artista con un accento decisamente campagnolo, non da
New Jersey.
Dopodiché, il Boss incominciò a compiere qualche passo falso. Si
sbarazzò della E Street Band e nel 1992 pubblicò contemporaneamente
HUMAN TOUCH e IX^CKY TOWN. Tutti e due gli album erano carichi
di canzoni rock istrioniche, che sfioravano l’autoparodia. Non era neppure
il genere di best seller a cui il cantante era abituato, e molti fan
intransigenti si rifiutarono di accettare i due dischi come parte del canone
springsteeniano. Probabilmente allo scopo di compiere un atto di
penitenza, Springsteen ritornò alle proprie radici con THF. GHOST OF
TOM JOAD (1995), un album caratterizzato da amare ballate folk cariche
di significati politici, e intraprese un tour in completa solitudine.
Ritornò sotto i riflettori con il suo album del dopo Undici Settembre,
THE RISING (2002), la cui title track venne in seguito adottata da Barack
Obama per la campagna presidenziale del 2008. THE RISING era il primo
album di Springsteen, in quattordici anni, a conquistare più volte il disco di
platino negli Stati Uniti. Apparentemente senza età, Springsteen tiene duro
e continua ad attrarre un pubblico enorme in occasione dei suoi concerti.
JOURNEY
Dopo aver titubato per tutti gli anni Sessanta e i primi Settanta,
l’industria discografica incominciò infine a strappare il controllo del rock
mainstream dalle mani dei freak e della gente più strana intorno alla metà
degli anni Settanta. I pezzi grossi dell’industria discografica
incominciarono a preparare alla celebrità una serie di patinate band hard
rock del Midwest come REO Speedwagon, Styx e Kansas, allo scopo di
offrire versioni più accettabili dei suoni più spigolosi che provenivano dal
Regno Unito.
I risultati furono alterni fino al 1976, quando un cervellone da istituto
tecnico proveniente dal Massachussetts, di nome Tom Scholz, diede vita in
studio di registrazione a un miscuglio comprendente se stesso, il cantante
Brad Delp e una sezione ritmica assoldata per l’occasione, che tirò fuori un
repertorio a base di purissimo distillato di rock apollineo. Il gruppo e il suo
omonimo esordio si chiamarono Boston, una sigla capace di terrorizzare
qualsiasi gruppo hard rock del pianeta grazie ad armonie blindate,
composizioni ermetiche e un impeccabile lavoro di produzione che ancora
oggi appare all’avanguardia. Ben presto, l’hard rock dionisiaco avrebbe
incominciato a sdoppiarsi, da un lato originando un heavy metal di stampo
plutonico, dall’altra creando un rock da stadio dal carattere apollineo. Il
gruppo più archetipico di questo rock da stadio furono probabilmente i
Journey, emersi inaspettatamente dai dintorni di San Francisco.
I Journey erano una congrega di musicisti della quale facevano parte l’ex
chitarrista di Santana, Neil Schon, e un cast di pezzi grossi della Bay Area,
a rotazione. In un primo momento, la novità non impressionò granché, e
l’etichetta insisteva sul fatto che la band avesse bisogno di un buon
cantante. I Journey scoprirono il loro filone d’oro nel ’77, quando
incontrarono Steve Perry, cantante e autore di canzoni dalla incandescente
voce tenorile. Nel 1978 costui li fece finire in classifica per la prima volta,
facendo centro con due singoli, la romantica Lights e la pomposa Wheel In
The Sky.
Perry assunse metodicamente il controllo del gruppo, e l’album del
1980, DEPARTURE, assaltò la Top 10. Strano a dirsi, sulla copertina del
disco era presente un simbolismo riconducibile ai Misteri egizi, nello
specifico uno scarabeo alato che sarebbe diventato l’improbabile marchio
di fabbrica della band. I Journey passarono al livello successivo nel
1981 con ESCAPE, che comprendeva tre enormi successi, Who’s Crying
Now, Open Arms e l’evergreen Don’st Stop Believing. L’album arrivò a
vendere nove milioni di copie. Il loro Lp successivo, FRONTIERS, nel
1983, piazzò quattro singoli nella Top 40.
Tuttavia, Perry l’anno dopo indispettì la band, dando alle stampe un
fortunato album solista che era simile in maniera sospetta a un Lp dei
Journey. Quando ritornò con la band, nel 1986, fece sostituire la sezione
ritmica da turnisti, tra i quali il futuro giudice di American Idol, Randy
Jackson. La nuova formazione ebbe successo, ma Perry manifestò
problemi di salute e dovette lasciare nel 1987. Dopo una fortunata reunion
nel 1996, il cantante disdisse nuovamente l’impegno scusandosi, e la band
tenne duro, con successo variabile. Volendo dimostrare di essere ben
presenti nel Ventunesimo secolo, scoprirono e arruolarono il filippino
Arnel Pineda dopo averlo sentito eseguire una versione karaoke di successi
dei Journey su YouTube.
BLONDIE
I Blondie, fumettistici e pop punk, furono uno dei primi gruppi a
piazzare New York sulla mappa del punk. I ritornelli accattivanti - e la
bellezza impossibile della cantante Debbie Harry - assicurarono al gruppo
un contratto e la celebrità oltreoceano, in Inghilterra, dove i loro colleghi
punk newyorchesi facevano fatica ad affermarsi. I Blondie finirono in cima
alle classifiche nel 1978 con un atipico pezzo disco,
Heart Of Glass, portando al successo anche le più punk One Way Or
Another e Hangin On The Telephone. Traducendo l’energia plutonica e
dionisiaca del punk in un pop di facile digeribilità, i Blondie divennero i
primi autori di successo a emergere dalla scena della Bowery.
Piuttosto che mettersi all’inseguimento di dollari facili con la disco, la
band ritornò al punk in occasione di EAT TO THE BEAT del 1979, e in
seguito, l’anno successivo, con un brano di compromesso, Cali Me, tratto
dalla colonna sonora di American Gigolo. In ogni caso, le pressioni della
celebrità esigettero il loro tributo e la stanchezza creativa fece la sua
comparsa in AUTOAMERICAN, anch’esso del 1980. Alla band rimasero
due momenti davvero notevoli: la cover di un pezzo reggae, The Tide Is
High, e Rapture, un’appropriazione dell’hip hop in anticipo sui tempi. La
carriera solista di Debbie Harry non fece grandi progressi, e così la
cantante trascorse buona parte dei tardi anni Ottanta ad accudire il leader
dei Blondie, Chris Stein, il quale aveva contratto una rara malattia
debilitante. Ma i Blondie furono protagonisti di una fortunata reunion nel
1999, e la band continua a operare nel mercato nostalgico della new wave.
POLICE
Nei tardi anni Settanta sembrava che tutta l’energia e l’eccitazione si
trovassero nei club, in particolare in quelli punk. Di conseguenza, etichette
impavide come la Sire e la Virgin continuarono a mettere freneticamente
sotto contratto i principali artisti punk e a trascinarli in studio. Il problema
era che il ricco mercato statunitense odiava il punk, e così gran parte di
questi dischi fu un fiasco. Di fronte a una consistente crisi finanziaria, i
dirigenti discografici, disperati, se ne uscirono con la strategia di
marketing chiamata “new wave”, che consentì all’industria di convogliare
l’energia anarchica del punk in una confezione vendibile.
Gruppi come Squeeze, XTC e la Joe Jackson Band non avevano nulla a
che fare con l’anarchia e la rivoluzione, ma furono capaci di adottare i
simboli più visibili del punk e applicare i trucchi della vecchia scuola al
nuovo stile, ottenendo dei successi in un momento in cui il punk faceva
cilecca in classifica, intorno alla metà del 1978.
Affermati artisti legati a quello stile incominciarono a moderare i toni
del loro caos per ottenere dei passaggi radiofonici, e i frutti di questo
sforzo sono rinvenibili in LONDON CALLING dei Clash ed END OF
THE CENTURY dei Ramones (addirittura prodotto da Phil Spector).
I maggiori beneficiari della strategia new wave furono di gran lunga i
Police, il cui nome evoca un apollineo concetto di ordine. Il gruppo venne
fondato da Stewart Copeland, figlio di un pezzo grosso della Cia esiliato e
batterista nei veterani del progressive rock Curved Air. Copeland ebbe una
gran botta di fortuna incontrando Gordon Sumner e un aspirante jazzista
soprannominato “Sting” per via dei suoi maglioni a righe gialle e nere2-.
Entrambi erano dotati di talento, ambiziosi e disposti a tutto pur di
diventare delle star. Con il semi-dilettante Henry Padovani alla chitarra, i
Police incominciarono a suonare, anche se l’élite punk li considerava degli
intrusi.
Dopo aver pubblicato un paio di 45 giri, si sbarazzarono di Padovani e lo
sostituirono con Andy Summers, un iperqualificato mago della chitarra che
aveva collaborato con Copeland e Sting a una band da studio chiamata
Strontium 90, di breve durata. Con le loro sonorità punk che non andavano
da nessuna parte, i Police rubarono ai Clash l’idea di una fusione tra punk
e reggae, aggiungendo alla ricetta tocchi di jazz e musica latina. Il nuovo
stile funzionava, e di lì a poco il gruppo ottenne in Gran Bretagna successi
come Roxanne e Cant Stand Losing You. Nel 1978 i Police intrapresero un
programma concertistico spartano, attraversando l’America su una vecchia
station wagon scassata. Il loro secondo album, REGATTA DE BLANC,
del 1979, che arrivò in cima alle classifiche britanniche, comprendeva due
brani di grande successo negli Stati Uniti, Message In A Bottle e Walking
On The Moon.
Con il loro caratteristico rock biondo decolorato, dalle sfumature
tropicali, i Police trasudavano Apollo da tutti i pori. Ogni loro album
vendeva più copie del precedente, e quello del 1983, SYNCHRONICITY,
fu un travolgente successo, arrivando a scalzare THRILLER di Michael
Jackson dalla cima delle classifiche. Il disco, inoltre, valse al gruppo tre
singoli da Top 10, facendoli imbarcare in un lungo tour negli stadi.
Dopo quell’album, Sting pensò che i Police non potessero fare altro che
avviarsi sul viale del tramonto. Intraprese una carriera solista che lo vide
avventurarsi in quel suono pop, jazzato e suadente reso popolare dagli
Steely Dan e dai Doobie Brothers negli anni Settanta. Come si dice in
questi casi, pareva che il punk non fosse mai esistito. Tuttavia, dopo una
pausa di quasi venticinque anni, i Police si sono riformati nel 2007,
imbarcandosi in lungo e lucrativo tour mondiale, eseguendo sgargianti
riproposizioni dei vecchi successi.
U2
Il fumettistico suono della new wave, fortemente caratterizzato dai
sintetizzatori, provocò una forte reazione negativa, e così una nuova
generazione di band con le chitarre fece la sua comparsa nei primi anni
Ottanta, ispirata dalle sonorità psichedeliche di gruppi come Pink Floyd e
Doors. Gruppi come Echo And The Bunnyman, Simple Minds e
Psichedelic Furs finirono per essere trascinati nel vortice della new wave a
metà decennio, ma le loro prime uscite, nell’incerta era post-punk,
assestarono al rock britannico un bel calcio nel sedere. Molte di queste
nuove band ebbero fortuna, ma solo gli U2 diventarono delle superstar.
Gli U2 vennero fuori da una cricca di disadattati della Mount Temple
School di Dublino, un gruppo di persone impegnato a vivere e respirare le
ultime sonorità underground che attraversavano il Mare d lrlanda. Il
momento determinante per la gang di Mount Temple fu il debutto dei
Clash a Dublino, nel 1977, un’esibizione la cui ipnotizzante ferocia spinse
i ragazzi a formare una band tutta loro. Quando non strimpellavano le loro
canzoni punk rock caserecce, tre dei futuri componenti degli U2 — David
Evans, Paul Hewson e Larry Mullen - erano impegnati nelle attività di una
setta protestante nota come Shalom: una mossa coraggiosa, tenendo conto
che l’Irlanda, all’epoca, era essenzialmente una teocrazia cattolica. (Per di
più, Evans e il futuro bassista del gruppo, Adam Clayton, erano entrambi
nati in Inghilterra).
Provando e suonando incessantemente in pubblico, gli U2 forgiarono un
nuovo tipo di hard rock che attingeva, da un lato, alla oscura e spinosa
energia di Joy Division e Public Image Ltd., dall’altro alla indignazione
mitraica dei Clash. Tuttavia, i quattro introdussero nella loro musica anche
sfumature di musica tradizionale irlandese e celtica, oltre a un ottimismo e
una franchezza ispirati dall’eccentrico ramo irlandese del misticismo
cristiano da cui provenivano.
Il debutto degli U2 del 1980, BOY, venne levigato dal celebre produttore
Steve Lillywhite fino a ottenere una lucentezza serrata e aspra.
Il loro singolo I Will Follow ottenne un grande successo nei club e gli
U2 irruppero istantaneamente nelle prime file della scena rock alternativa.
Alcuni pensarono che la band avesse fatto un passo falso con OCTOBER,
disco dal suono molto simile a quello di BOY, ma in WAR emerse un
approccio più sfacciato e politico che nel 1983 li condusse fino al
mainstream statunitense. L’album comprendeva due classici pilastri delle
radio rock, New Year’s Day e Sunday Bloody Sunday. Nei tentativo di
sviluppare ulteriormente il loro suono da stadio, gli U2 sfidarono il volere
della loro casa discografica e ingaggiarono Brian Eno, il produttore e
musicista avant-garde già noto per il suo lavoro con David Bowie e i
Talking Heads. In compagnia del suo braccio destro Daniel Lanois, Eno
segregò gli U2 in un castello irlandese e li costrinse così a uscire dal loro
spazio di benessere. Di primo acchito l’album conseguente, THE
UNFORGETTABLE FIRE: (1984), sembrava non essere destinato a
diventare un bestseller planetario, eppure è esattamente così che andarono
le cose, e il disco insediò gli U2 sul trono del rock mainstream al quale i
Police avevano recentemente abdicato.
Il loro album successivo, THE JOSHUA TREE (1987), li vedeva
proporre la loro interpretazione di quegli idiomi roots-rock tradizionali che
erano diventati di moda negli anni del reaganismo. L’album vendette oltre
dieci milioni di copie, e fece salire due singoli in cima alla classifica Hot
100 di «Billboard». Gli U2, successivamente, si portarono appresso una
troupe cinematografica allo scopo di girare un film concerto che si sarebbe
poi intitolato Rattle And Hum, e registrarono nuove tracce in studio nelle
quali si avvicinavano sempre più alla zolla erbosa di John Cougar
Mellencamp. L’album vendette cinque milioni di copie ma il film fu un
flop di pubblico e critica. La stridente aria da predicatore di Bono, unita ai
cliché alla Spinal Tap (come la visita a Graceland e la jam con BB King),
fece degli U2 oggetto di scherno diffuso.
Castigata, la band ingaggiò nuovamente Eno e Lanois per la pietra
miliare ACHTUNG BABY (1991), che vedeva gli U2 liberarsi dei vecchi
cliché per ritornare all’avanguardia rock. L’album ebbe un grande successo
un po’ ovunque e piazzò quattro brani nella Top 40. Nel 1993, il gruppo
diede un seguito ad ACHTUNG con l’addirittura più sperimentale
ZOOROPA, disco in cui di fatto Eno diventava il quinto componente della
band. Sfruttando la fortuna dell’album, il gruppo lavorò senza Eno e
Lanois su POP, uscito nel 1997, un esperimento con la techno accolto con
poco entusiasmo. Castigata ancora una volta, la band ritornò con Eno e
Lanois per ALL THAT YOU CAN LEAVE BEHIND (2000).
Gli U2 continuano ad avere un incredibile successo, ma la loro relazione
con il potere, sia governativo che aziendale, una relazione distintamente
apollinea, eclissa l’immagine ribelle e mistica che il gruppo ama dare di sé.
Persino la grandemente pubblicizzata filantropia della band sembra spesso
una scusa per giustificare l’incessante onnipresenza mediatica di Bono. Gli
U2 sono indubbiamente la più grande rock’n’roll band del mondo, ma
vendono un mito a cui nessuno crede più: quello che il rock mainstream
aziendale possa “cambiare il mondo”.
GREEN DAY
I Green Day provengono dal Gilman Street Project di Berkeley. Nato
come club privato per eludere le restrizioni della zonizzazione" oltre che
per fare da filtro a neonazisti e piantagrane assortiti, il Gilman divenne
fulcro di un ritorno al punk legato alle canzoni degli anni Settanta. Il
cantante Billie Joe Armstrong e il bassista Mike Dirnt avevano suonato
insieme in vari gruppi punk fin dalla prima adolescenza, e formarono i
Green Day come power trio, arruolando il batterista Tre Cool nel momento
in cui il titolare non riuscì più a dedicarsi al ferreo programma
concertistico tenuto dalla band.
Quando il grunge incominciò a languire, nel 1994, gruppi come Green
Day e Offspring arrivarono a riempire il vuoto, proponendo una tirata
miscela a base di bonario punk rock e ritornelli pop. L’album della svolta,
DOOKIE, salì in cima alle classifiche quello stesso anno, un successo
alimentato da tre instant classic: Longwiew, Basket Case e la
sorprendentemente sentimentale When / Come Around, DOOKIE continuò
a vendere raggiungendo la sbalorditiva cifra di quindici milioni di copie,
imponendo così il pop-punk come suono dell’America adolescente.
Mentre INSOMNIAC, nel 1995, e NIMROD, del 1997, offrivano un
punk sempre più generico, il talento dei tre per i classici istantanei rendeva
loro un servizio migliore con Good Riddance ( lime Of Your Life), una
tenera ballata acustica. Quando l’ascesa delle boy band e dello slut pop
incominciarono a dominare le frequenze, i Green Day fecero fatica a
mantenere una certa forza di impatto. Ma il ritorno in grande stile era
appena dietro l’angolo.
La elezioni del 2004 vedevano gli Stati Uniti divisi come non avveniva
dai tempi della guerra in Vietnam. Il credito facile e una bolla speculativa
edilizia alimentavano un nuovo e dissoluto stile di vita americano, lavori
aziendali esurbani 31, McMansion prefabbricate 32 acquistate con mutui a
tasso variabile, enormi chiese aggressivamente evangeliche e Suv ad alto
consumo crearono una prosperità illusoria. George Bush cavalcava verso
la rielezione con il supporto di una Destra religiosa sempre più
incoraggiata che aveva come capri espiatori gay e lesbiche, e bollava come
traditore chiunque si opponesse alle guerre in Afghanistan e Iraq.
L’enorme successo del 2004, AMERICAN IDIOT, ebbe un effetto
incendiario su questo nuovo sogno americano. La title track, che fu un
successo radiofonico travolgente, riassumeva le frustrazioni di milioni di
cittadini stufi di un’“America subliminalmente schizzata” fedele a un
“programma redneck”, che viveva in un’“era di paranoia”. Il singolo
seguente, Holiday, esibiva un sarcastico dissenso nei confronti del warfare
state33, con Armstrong impegnato nella parodia di un membro del
Congresso intento a minacciare di bombardare la Torre Eiffel durante un
suo discorso parlamentare.
Ciò che rende queste canzoni differenti da migliaia di invettive punk
analoghe è la loro seducente melodia e il compatto suono d’insieme.
AMERICAN IDIOT richiama non solo il punk, ma anche il rock classico
di Who e Kinks. Parallelamente, il gruppo ha adottato un nuovo look, più
militante, e un atteggiamento che va a pescare abbondantemente
nell’immaginario dei Clash. Il punk caustico e satirico dei Green Day
toccava corde profonde in un paese stufo di essere controllato da una
belligerante minoranza consumata da fantasie apocalittiche. Da più punti
di vista, AMERICAN IDIOT è diventato un grido di richiamo,
appoggiando una resistenza in grado di causare massicce perdite ai
repubblicani nelle elezioni del 2006.
ANIMALI DA PARTY: I NUOVI DIONISIACI
L’archetipo dionisiaco ha a che fare con sesso, droghe, alcolici e
confusione, c’è poco da aggiungere. Stiamo parlando degli ossessionati dal
sesso e dei folli del rock’n’roll, quei gruppi che hanno spinto migliaia di
genitori a chiudere a chiave le loro figlie (e a volte i loro figli) in casa ogni
volta che passavano in città. Le analogie con gli antichi culti dionisiaci
sono molteplici, e gli effetti dei due fenomeni sono sostanzialmente
identici. La pietra di paragone per i rocker dionisiaci è il blues, ma molti di
essi hanno compiuto escursioni fuori pista, toccando generi musicali più
esotici. Nel fiore degli anni, questi gruppi facevano andare le adolescenti
fuori di testa, dando vita a bande di Menadi neoconvertite ovunque
facessero tappa.
ROLLING STONES
Catapultatisi fuori dall’underground rock londinese, i Rolling Stones
interpretarono il ruolo dei cattivi ragazzi della British Invasion. Questi
giovani fanatici del blues erano in grado di convogliare lo spirito di eroi
come Muddy Waters e Howlin’ Wolf, in gran parte grazie al chitarrista
solista Brian Jones, il quale conosceva quei vecchi fraseggi a memoria. Il
batterista Charlie Watts e il bassista Bill Wyman avevano anch’essi una
grande esperienza in generi che i leader del gruppo Mick Jagger (voce) e
Keith Richards (chitarra) affrontavano più con entusiasmo che con abilità.
Gli Stones vennero catapultati in America sulla scia dei Beatles, ma non
sfondarono fino al 1965, quando (I Can’t Get No) Satisfaction balzo in
cima alle classifiche. Da quel momento in poi, gli Stones sfornarono
successi malefici e sarcastici l’uno dopo l’altro. L’aura sexy e drogata
valse loro sguardi scrutatori e di disprezzo da parte dell’establishment; il
celebre titolo di un giornale scandalistico strillava: Permettereste a vostra
figlia di sposare un Rolling Stone? Diventarono una cause cèlebre nel
1967, in seguito al famoso arresto per possesso di sostanze stupefacenti
che minacciava di compromettere il futuro della band con un impegnativo
periodo di carcerazione.
Le cose si misero sempre peggio per Brian Jones. Messo ai margini da
Jagger e Richards (in seguito soprannominati “Glimmer Twins”, i ‘gemelli
scintillanti’), Jones diventò sempre più ossessionato non solo dalle droghe
ma anche dalla musica esotica proveniente dall’estero, in particolare i Pan
Pipers del Marocco. Lasciò infine gli Stones nel 1969, per poi essere
assassinato da un tuttofare scontento, nel luglio di quel
lo stesso anno.
All’incirca nello stesso periodo, gli Stones restarono ammaliati da
Kenneth Anger, il quale li introdusse agli scritti di Aleister Crowley e
presentò loro il fondatore della Chiesa di Satana, Anton LaVey. Stando a
quel che si dice, Jagger avrebbe scritto Sympathy For The Devil sotto
l’influenza di Anger, oltre ad aver registrato una colonna sonora
sorprendentemente all’avanguardia per il suo film del 1969, intitolato
Invocation Of My Demon Brother, utilizzando modernissimi sintetizzatori.
Ma il Diavolo sarebbe riuscito ad acchiappare gli Stones entro la fine
dell’anno.
perso l’occasione di partecipare a Woodstock, la band organizzò il
proprio festival gratuito presso il polveroso circuito di Altamont, ai confini
della Central Valley californiana. Gli Stones affidarono agli Hell’s Angels
il compito di gestire la sicurezza, e questi non smisero di colpire con
lunghe pertiche chiunque si avvicinasse troppo al basso palco. L’intero
concerto fu un disastro e i biker finirono per uccidere un fan scontento che
si era lanciato in direzione del palco con una pistola in mano. Gli Stones
sopravvissero al putiferio che ne seguì, ma sembrarono aver perso
qualcosa di vitale dopo Altamont.
Tuttavia la loro uscita del 1970, EXILE ON MAIN STREET, viene
tuttora considerata una pietra miliare, e il gruppo negli anni Settanta ebbe
una serie di successi come Angie e Heartbreaker. SOME GIRLS (1978) fu
anch’esso molto fortunato, dando al gruppo un po’ di respiro. La loro
invenzione più diabolica fu tuttavia di parecchio successiva a Sympathy
For The Devil, quando, i primi a farlo nel rock’n’roll, idearono una
sponsorizzazione aziendale in occasione del loro tour mondiale del 1981.
Il gruppo continuò a inanellare hit negli anni Ottanta, ma per molti
irriducibili il periodo della gloria era finito da tempo. Per molti, i loro
dischi degli anni Ottanta e Novanta erano realizzati in fretta, semplici
scuse per racimolare fondi attraverso la compagnia discografica ed
effettuare mastodontici tour negli stadi. Qualsiasi cosa uno possa pensare
dei loro ultimi dischi, non è tuttavia possibile criticare il vigore degli
Stones. E la loro influenza, anche su band più giovani che non hanno mai
sentito granché della loro musica, resta incalcolabile: il lascivo Dna degli
Stones è saldamente impiantato nel genoma del rock.
GRATEFUL DEAD
Per molte persone, i Grateful Dead incarnano l’Esplosione Hippie dei
tardi anni Sessanta. I Dead esordirono come grezzo ed energico gruppo da
bar, con il nome di Warlocks, suonando ad alti volumi standard blues e
rock, con le parti vocali spesso affidate all’organista Ron “Pigpen’
McKernan. La band ruotava intorno al chitarrista Jerry Garcia, al bassista
Phil Lesh, al batterista Bill Kreutzmann e al chitarrista ritmico Bob Weir.
In seguito si sarebbe aggiunto un secondo batterista, Mickey Hart. La band
si esibì per la prima volta come Grateful Dead per uno dei celebri “acid
tests” promossi dallo scrittore Ken Kesey, nel 1965, un’occasione che si
sarebbe rivelata di ottimo auspicio. La cosa andò così bene che Kesey e i
suoi “Merry Pranksters” adottarono di fatto i Grateful Dead come house
band.
I Dead si esibivano ovunque si potesse radunare una folla, all’aperto
o al chiuso, a volte persino sul cassone di un camion parcheggiato nel
bel mezzo della strada. Come i loro vicini di casa Jefferson Airplane, i
Dead presero l’abitudine di espandere i loro semplici pezzi trasformandoli
in lunghe ed erranti improvvisazioni, sostanzialmente impossibili da
riprodurre in studio. Ma gli hippie apprezzavano tutto, e così band e
pubblico si nutrivano l’una dell’altro, con varie sostanze chimiche a fare
da tramite. Intorno ai Dead si alimentò una mitologia imbevuta di acido,
sostenuta dalla loro sfarzosa ed enigmatica iconografia a base di teschi,
rose e dischi solari alati.
Quando la controcultura degli anni Sessanta si smorzò, i Grateful Dead
tennero duro, allevando piano piano un solida base di appassionati che si
sarebbe poi evoluta in una sottocultura distinta. Non più una semplice
band, i Dead erano diventati soprattutto un clero dionisiaco itinerante e un
museo hippie ambulante che si trascinava dietro una tribù nomade di
spacciatori, idealisti e commercianti. Tutti i concerti prevedevano almeno
una lunga improvvisazione astratta, o “space jam”, che rendeva ogni
spettacolo un evento unico. I fan irriducibili finirono per ignorare gli
album in studio dei Dead, preferendo i bootleg dei loro epici concerti. I
Dead incoraggiavano esplicitamente la registrazione delle loro esibizioni,
arrivando al punto di riservare uno spazio in ogni concerto a quelli che
registravano e alla loro attrezzatura. Questo diede vita a una sofisticata rete
per lo scambio di nastri, una formula che in seguito avrebbe attratto gruppi
di adepti come i Phish.
I Dead si costruirono un ampio seguito negli anni Ottanta, offrendo
un’alternativa controculturale al reaganismo. Ma un occasionale successo
(Touch Of Grey) li fece sbarcare su Mtv nel 1987, e ben presto si
ritrovarono a essere sopraffatti dai nuovi fan, estranei alle arcane regole
iniziatiche della comunità che il gruppo aveva ispirato. I Dead smisero di
divertirsi ma continuarono a fare soldi, tenendo in piedi una vera e propria
azienda che mandava avanti lo spettacolo on the road. Ma Garcia
soccombette al diabete e a una forte dipendenza dall’eroina nel 1995,
ponendo improvvisamente fine al gruppo. Dopo essersi nuovamente
radunati come The Other Ones, i vari componenti portarono avanti i
rispettivi progetti solisti fino a un’ulteriore reunion nel 2003,
semplicemente come The Dead, riprendendo il discorso dal punto in cui si
era interrotto.
DOORS
Gran parte dei gruppi riconducibili all’età classica del rock giocavano
con gli archetipi e i finimenti degli antichi Misteri in modo del tutto
inconsapevole. Non si può dire lo stesso dei Doors, che irruppero sulla
scena nel 1967, partendo dal Sunset Strip di Los Angeles, con un cantante
e poeta che ben conosceva gli antichi dèi ed era determinato a dar loro
libero sfogo in un mondo del tutto ignaro.
I Doors emersero inaspettatamente dagli ambienti del dipartimento
cinematografico dell’Ucla, dove l’organista di formazione classica Ray
Manzarek aveva conosciuto uno strano aspirante regista che diceva ai suoi
compagni di corso di essere nientemeno che il figlio di un importante
generale della Marina degli Stati Uniti. Jim Morrison era arrivato a Los
Angeles dopo avere avuto qualche guaio in un college della Florida, e
vedeva la scena rock come luogo adatto a ospitare la sua eccentrica poesia.
In possesso del quoziente intellettivo che si attribuisce a i geni, Morrison
aveva inoltre la faccia e la voce giusti per diventare una stella.
Il duo arruolò un chitarrista con il pallino del blues, Robbie Krieger, e il
batterista John Densmore, e a quel punto i quattro incominciarono a fare
delle jam, il cui obiettivo era portare le loro particolare sintesi poeticomusicali all’attenzione della scena rock losangelena. Fu sullo Strip che le
in un primo tempo rudimentali canzoni rock dei Doors assunsero una
nuova dimensione. Ci volle un po’ di tempo a Morrison per sentirsi a
proprio agio di fronte alla folla, ma alla fine si sentì ispirato a dare sfogo a
una moltitudine di lunghe, poetiche improvvisazioni accompagnate dal
jamming del gruppo. I Doors firmarono per la Elektra e sostanzialmente
misero su vinile il loro set tipo al Whiskey A Go Go. Diventarono una
sensazione mediatica, con i giornalisti che grokkavano34 le oscure
influenze letterarie di Morrison e le ragazze che andavano in estasi per i
suoi tratti virili.
Ma i Doors trovarono il mondo al di fuori dello Strip disorientante,
finendo per venire trascinati in una serie di estenuanti tour. Dopo aver
esaurito ciò che rimaneva del materiale rodato nei club pubblicandolo su
STRANGE DAYS (uscito nove mesi dopo il debutto), la band sentì su di
sé la pressione provocata dall’obbligo di produrre ulteriori dischi che non
c’era il tempo necessario per preparare a dovere. Il bere di Morrison
incominciava a diventare un grosso problema, così come la sua
inclinazione per le provocazioni teatrali, che mise il gruppo nei guai
mentre si trovava in Florida, quando il cantante pretese di denudarsi di
fronte alla folla. Ma il problema con l’alcol rimaneva la seccatura
principale per il resto del gruppo, visto che Morrison spesso non era in
grado di esibirsi. Vi viene in mente qualcosa di più dionisiaco?
Ma quando gli dèi del rock’n’roll erano dalla sua parte, Morrison era in
grado di mandare se stesso, il gruppo e i fan fuori di testa. Hra in grado di
ottenere pura energia sciamanica da quell’“altra parte” di cui cantava e
riportarla da questo lato. Sebbene alcuni critici ritengano gli ultimi dischi
non all’altezza delle promesse iniziali, i Doors non smisero mai di essere
un’attrazione concertistica di grande livello. Poteva accadere qualsiasi cosa
durante un loro concerto, e in genere era proprio così che andavano le
cose. L’aura mistica dei Doors non era una semplice questione di hype; nel
1970 Morrison sposò una somma sacerdotessa pagana di nome Patricia
Kennealy, la quale continuava a riferirsi a se stessa come “Signora
Morrison”, sebbene la cerimonia non fosse legalmente vincolante.
Anche se il loro primo successo, Light My Fire, è ancora oggi il loro
brano più conosciuto, è The End, lunga 12 minuti, a sigillare la leggenda
della band. Sviluppata a partire da alcune improvvisazioni dal vivo,
risalenti ai tempi dei concerti nei club, The End si era sviluppata fino a
diventare la vera e propria versione occidentale di un raga. La canzone
procede a lunghe falcate seguendo le evoluzioni della chitarra di Krieger,
simili a quelle di un sitar, raggiungendo l’apice in un passaggio parlato
dove Morrison racconta la storia di un Edipo moderno che prende “una
faccia dall’antica galleria” e uccide il resto della famiglia prima di stuprare
la propria madre. Tale era la forza della canzone che Francis Ford Coppola
la utilizzò al culmine del proprio straziante ritratto di sacrificio umano in
Apocalypse Now, spettacolare film storico sulla guerra in Vietnam.
Ma la storia dei Doors non si concluse con la morte di Morrison, per
overdose, nel 1971. Come ogni Dioniso che si rispetti, egli risorse e
divenne ancora una volta una superstar. Le prime avvisaglie provenienti
dalla tomba arrivarono nel 1978, quando i Doors si riunirono per suonare
una tintinnante fusion di scuola jazz-rock, accompagnando alcuni nastri di
Morrison impegnato a recitare poesie sull’Lp AMERICAN PRAYER. Ma
il vero revival si manifestò nel 1980 quando lo sfigato ex componente di
un fan club del gruppo, Danny Sugerman, scrisse il proprio memoriale
Nessuno uscirà vivo di qui insieme al giornalista Jerry Hopkins. Il libro
diventò un best seller e riaccese il fandom 35 dei Doors nelle aree per
fumatori di tutte le scuole superiori d’America.
Un altro revival ebbe luogo nel 1991, quando il fan e regista Oliver
Stone (JFK, Wall Street) scritturò Val Kilmer nel ruolo di Jim Morrison per
il biopic The Doors. Il film era consapevolmente mitologico e presentava
Morrison come una specie di idealizzato martire dionisiaco e
contemporaneamente come uno sciamano, non come l’oltraggioso
alcolizzato che le persone più vicine al cantante conoscevano. Il gruppo
detestò il risultato finale, ma la cosa non ne sminuì più di tanto il lascito.
Molti anni dopo Krieger e Manzarek hanno dato vita a un gruppo chiamato
The Doors Of The 21th Century, con il cantante dei Cult, Ian Astbury, nel
ruolo di voce principale. A seguito di un’azione legale da parte di
Densmore e degli eredi di Morrison, costoro hanno cambiato il nome del
gruppo in Riders On The Storm.
LED ZEPPELIN
Più di qualsiasi altra band, i Mighty Zep hanno finito per definire
l’impulso dionisiaco nel rock’n’roll. Comparendo sulla scia di Woodstock,
Manson e Apollo 11, il loro suono, oscuro e mistico, annunciava la fine
dell’era utopica e apollinea associata alla controcultura rock, e il suo
conseguente frammentarsi nelle sottoculture mutanti che definirono gli
anni Settanta e oltre.
Per quanto possa sembrare strano, la stessa band nacque per adempiere a
un obbligo contrattuale. Il chitarrista Jimmy Page era stato l’ultimo
superstite degli Yardbirds, il gruppo blues rock della British Invasion che
lanciò anche le carriere di Eric Clapton e Jeff Beck. Quando il resto del
gruppo abbandonò il progetto, Page fu lasciato solo a occuparsi delle date
di un tour europeo per il quale erano già stati presi impegni, e non aveva
una band in grado di accompagnarlo.
Page era stato nei giorni gloriosi della British Invasion un turnista molto
richiesto: aveva suonato la chitarra solista in successi di gruppi all’epoca
poco raffinati come Rolling Stones e Kinks. Fu proprio in uno studio di
registrazione che Page incontrò John Paul Jones (nato Baldwin), un
multistrumentista di formazione classica che aveva anch’egli lavorato a
una schiera di successi negli swinging Sixties. Stanco delle incessanti
sedute di registrazione e alla ricerca di qualcosa di più soddisfacente, Jones
si assunse i suoi rischi e accettò l’offerta di Page.
Per formare i cosiddetti New Yardbirds, Page diede una scorsa
all’agenda telefonica dei talenti disponibili nel circuito londinese, ma
infine scelse due teenager sconosciuti provenienti dalle Home Counties36,
il batterista John Bonham e il cantante Robert Plant. I quattro andarono
d’amore e d’accordo fin dalla prima prova collettiva. Page si tenne il
manager degli Yardbirds, uno spaventoso ex lottatore professionista di
nome Peter Grant, e gli affidò gli affari del gruppo. Grant e la gang di
spaccaossa che aveva arruolato tra le fila della malavita londinese tennero
a bada gli squali e gli artisti dell’imbroglio che bazzicavano l’industria
musicale lungo tutta la carriera del gruppo.
In quanto esperti professionisti dello studio di registrazione, Page e
Jones comprendevano il valore dell’economia. Sapevano che le note
omesse erano importanti tanto quanto quelle suonate. Erano anche
consapevoli dell’effetto che la continua ripetizione di potenti riff poteva
avere sul subconscio dell’ascoltatore, proprio come accadeva con il vudù,
il sufismo e gli antichi Misteri. Attenendosi scrupolosamente a questa
infallibile formula, i Led Zeppelin realizzarono una notevole sfilza di
album di enorme successo. I critici li odiavano come fossero veleno (uno
di questi liquidò la loro riscrittura di Whole Lotta Love, in origine un
brano di Willie Dixon, come “uno stupro termonucleare di gruppo”), ma i
ragazzi erano ghiotti della loro musica.
Il gruppo raggiunse il picco nel 1971, con un album senza titolo
comunemente noto come LED ZEPPELIN IV. Partendo con due
implacabili caricatori (Black Dog e Rock And Roll), l’album divaga nel
folklore anglo-celtico grazie a una Battle Of Evermore ispirata da Tolkien
e all’epica Stairway To Heaven. La blueseggiante traccia finale dell’album,
When The Levee Breaks si apre con il break di batteria rock per
antonomasia (registrato su una scala di tre piani per ottenere la
caratteristica ampiezza di suono), campionato da un infinito numero di
artisti.
Gli Zep prolungarono lo stato di grazia nei due album successivi,
HOUSES OF THE Holy e il doppio PHYSICAL GRAFFITI. Il primo era
un purissimo esempio di rock da party dionisiaco, il secondo un
capolavoro di eclettismo, dove ballate e jam blues erano intervallate da
brutali stomper hard rock. L’apice di GRAFFITI è Kashmir, un brano
epico dalla mistica enigmaticità aromatizzato da un minaccioso
arrangiamento orchestrale, con la batteria di Bonham trattata
elettronicamente.
La band era incessantemente in tour, e percorreva migliaia di chilometri
in America sul proprio jet privato. I concerti dei Led Zeppelin erano un
puro esempio di rinascita dionisiaca, con ragazzi stonati e ossessionati dal
sesso che venivano bombardati da uno tsunami di rumore elettrico e riff a
ripetizione. Ma la festa che si svolgeva tra il pubblico non aveva nulla a
che vedere con i baccanali che avevano luogo nel backstage. I Led
Zeppelin e il loro entourage erano ferventi animali da party, e il bere e le
droghe venivano intensificati da una sfilata ininterrotta di fan attraenti e
spesso troppo giovani che impersonavano le Menadi del gruppo.
Il continuo abuso di sostanze e le pressioni originate da tour e sedute di
registrazione raggiunsero la band a metà anni Settanta. Un serio incidente
automobilistico che aveva coinvolto Plant e la sua famiglia lasciò il
cantante in trazione e a mezzo servizio durante le registrazioni dell’album
successivo, PRESENCE, un tentativo di ritornare alle origini intralciato
dai problemi di dipendenza di Page e Bonham. Il 1976 e il 1977 furono
testimoni della dissoluzione dell’enorme fortuna del gruppo. Il difficile
recupero di Plant ostacolò un tour mondiale, inoltre il loro film concerto
The Song Remains The Same (tratto da un concerto newyorchese del
1973) mostrava un gruppo non più in sintonia con la realtà contemporanea,
e venne accolto miseramente. Il loro tour del 1977 fu anche teatro di più di
un incidente violento che coinvolgeva il sempre più pericoloso entourage
dei Led Zeppelin, il quale metteva a repentaglio la reputazione della band
presso potenti promoter come lo scomparso Bill Graham. Dopo uno
spettacolo al Superdome di New Orleans, il gruppo fu scosso fin nelle
fondamenta dalla notizia che il figlio di Plant, Karac, era appena morto per
via di un’infezione virale. La rimanente parte del tour venne
immediatamente cancellata.
Gli Zep si riunirono nuovamente nel 1978 per alcune sedute di
registrazione in Svezia, ma il coinvolgimento di Page e Bonham fu
limitato. Gran parte delle nuove canzoni era costruita su arrangiamenti di
tastiere, e solo un paio di stomper vecchio stile finirono su disco. L’album
che ne uscì venne intitolato IN THROUGH THE OUT DOOR (un
riferimento alle infinite sofferenze della band), ma un tour promozionale
del 1980 si interruppe a causa della morte di Bonham per overdose. Ben
consapevoli della fine di quel feeling magico che li aveva sostenuti fino ad
allora, i Led Zeppelin annunciarono il loro scioglimento due mesi più
tardi.
Nel corso della loro carriera i Led Zeppelin hanno alimentato una
potente mistica che ha avuto pochi eguali nella storia del rock. Il gruppo
rifiutava di essere intervistato o di apparire in televisione, non pubblicava
singoli e non utilizzava proprie foto per le copertine dei dischi,
sostituendole con un enigmatico immaginario surreale. Questo dava loro
un’aria non tanto di semplice mistero, quanto di pura inconoscibilità.
Questa aura mistica era incrementata dalle diffuse voci sul coinvolgimento
della band nell’occulto.
Queste voci non erano prive di fondamento. Jimmy Page era un grande
ammiratore di Aleister Crowley e nel 1975 strinse amicizia con Kenneth
Anger. I due incominciarono a lavorare al capolavoro Lucifer Rising, da
tempo pianificato, per il quale il regista aveva coinvolto Mick Jagger e il
complice di Manson, Bobby Beausoleil, nelle prime fasi della p Cari
roduzione.
Page fornì ad Anger una sistemazione, i soldi e l’attrezzatura, e registrò
una colonna sonora per il film. Ma tutta l’attenzione di Page era
concentrata sulla sfrenata tabella di marcia della sua band, così il
notoriamente irascibile Anger si sentì mancare di rispetto. Il cineasta
espresse le proprie lamentele alla stampa, attaccando Page per l’uso di
droghe e la conseguente perdita di potenza musicale e poteri magici. Page
tagliò qualsiasi legame con Anger e così il regista ritornò negli Stati Uniti,
arruolando infine Beausoleil, ancora dietro le sbarre, per le musiche del
film.
Mentre le fortune del gruppo si offuscavano, girò voce che gli altri
componenti avessero addossato la responsabilità delle cattive vibrazioni
all’interesse di Page per l’occulto. Questi arrivò al punto di parlarne con la
stampa, ammettendo il proprio coinvolgimento nella magia rituale ma
smentendo le voci di un satanismo apparentemente sfuggito di mano. Non
c’è bisogno di dire che tutte queste controversie e le battute di arresto
cementarono la mistica occulta dei Led Zeppelin nelle menti di milioni di
adolescenti in tutto il mondo. Ma quando il film di Anger venne distribuito
nelle sale si capì che con Lucifero c’entrava ben poco (e ancor meno con
Satana); si trattava infatti di una tranquilla, surreale riflessione sui Misteri
egizi, che terminava con Iside e Osiride impegnati a convocare dei dischi
volanti presso la necropoli di Giza.
Il SUPERMERCATO SPIRITUALE DEL ROCK’N’ROLL
La comunità rock ha sempre accolto a braccia aperte guru e sette di ogni
genere. George Harrison fu un generoso promotore del movimento Hare
Krishna, mentre Richard Thompson, chitarrista dei Fairport Convention, e
Peter Murphy, cantante dei Bauhaus, sono entrambi seguaci del sufismo,
una forma di misticismo islamico. Il leader degli Who, Pete Townshend, e
il cantante jazz Bobby McFerrin hanno seguito gli insegnamenti del
mistico indiano Meher Baba, riassunti da McFerrin nel suo hit Don’t
Worry, Be Happy.
Le leggende della chitarra Carlos Santana e John McLaughlin hanno
seguito gli insegnamenti di Sri Chinmoy. Il chitarrista dei King Crimson,
Robert Fripp, ha studiato le opere del mistico e matematico J.G. Bennett,
mentre Dave Davies dei Kinks ha vissuto un risveglio spirituale teosofico
a seguito di un incontro ravvicinato con incorporei spiriti alieni. E
i componenti del power trio canadese Rush erano un tempo seguaci del
culto laico di Ayn Rand, una che predicava la libertà e praticava la
tirannia’7. Ecco alcune espressioni di spiritualità e i loro seguaci più
famosi.
La meditazione trascendentale è una tecnica sviluppata dal guru indiano
Maharishi Manesh Yogi. Promette un po’ di tutto, dall’incremento del
benessere a poteri sovrumani come la levitazione. I Beatles furono i primi
seguaci famosi del Maharishi, ma lo abbandonarono in seguito a uno
sfortunato pellegrinaggio in India. Artisti rock degli anni Sessanta come
Mike Love dei Beach Boys e Donovan si sono votati alla causa, mentre
l’eccentrico regista David Lynch e l’agitatore radiofonico Howard Stern
sono entrambi praticanti.
Il buddismo è una delle più antiche tradizioni religiose della civiltà
umana, legato all’insegnamento della pace e al distacco dalle cose terrene.
I Beastie Boys e Annabella Lwin dei Bow Wow Wow sono due dei
convertiti più improbabili. Leonard Cohen e il musicista soft rock Duncan
Sheik cercano di seguire le orme dell’illuminato.
Scientology è una controversa religione focalizzata sull’auto-aiuto creata
dallo scrittore di fantascienza L. Ron Hubbard. Il testo sacro di riferimento
è il libro Dianetics, dello stesso Hubbard, che ebbe un enorme successo per
via della mania per il miglioramento della persona esplosa dopo la fine
della Seconda Guerra Mondiale. Scientology è particolarmente influente
negli ambienti hollywoodiani. La superstar del rock alternativo Beck,
l’attrice divenuta rockeuse Juliette Lewis, il virtuoso del basso Billy
Sheehan, la leggenda del rhythm’n’blues Isaac Hayes e il rocker albino
Edgar Winter cercano tutti quanti di sbarazzarsi di quei fastidiosi Tetani58.
Il rastafarianesimo è una religione giamaicana secondo la quale il
dittatore etiope Haile Selassié sarebbe stato il messia e il nazionalista nero
Marcus Garvey un profeta. Simile a certe sette cristiane per quanto
riguarda la cosmologia, il rastafarianesimo baratta il pane e il vino sacri
con grosse quantità di ganja. Tra i seguaci più noti le leggende del reggae
Bob Marley e Peter Tosh, i pionieri delPhardcore Bad Brains e
l’omofobico rapper da dancehall Buju Banton.
La cabala è una forma di esoterismo ebraico di origine medievale, per
tradizione riservata agli eruditi. Personaggi di Hollywood come Rosanne
Barr e Madonna Ciccone seguono com’è noto una costosa setta che
sostiene di poter insegnare la mistica arte.
VAN HALEN
I Led Zeppelin ispirarono — e continuarono a ispirare - legioni di
imitatori. Una delle band di maggiore successo tra quelle fatte dello stesso
loro materiale fu un gruppo da bar di Pasadena che poteva vantare uno dei
musicisti più rivoluzionari della storia del rock.
Sebbene la loro popolarità non si sia mai tradotta in vero e proprio
successo dall’altro lato dell’oceano, dal 1979 al 1984 i Van Halen sono
stati il gruppo da party dell’America adolescente. Il gruppo interpretava
l’atmosfera decisamente dionisiaca della California meridionale anni
Settanta, con le sue odi al sesso facile e alle auto veloci e l’immagine da
cattivi ragazzi dal cuore d’oro. A differenza delle band metal britanniche
dell’epoca, macho e arrabbiate, i Van Halen piacevano anche alle ragazze,
poiché proponevano romantici brani pop-rock come Jamie’s Crying e
Dance The Night Away.
La band prendeva il nome dai fratelli Eddie e Alex, il primo un genio
della chitarra di quelli che capitano una volta ogni generazione, il secondo
il fortunato fratello maggiore dietro ai tamburi. Michael Anthony era un
compagno di college di Alex, e si unì alla band come bassista. A
completare la formazione c’era il cantante “Diamond” David Lee Roth, la
cui performance sul palco era per metà da cintura nera, per metà da Borsch
Belt’9. Proveniente da una famiglia benestante, Roth ottenne il posto nei
Van Halen perché aveva il suo impianto personale e la possibilità di
mettere a disposizione uno spazio per le prove nella enorme casa di
famiglia.
I Van Halen si fecero le ossa come cover band in ambito locale,
suonando qualsiasi cosa, dall’hard rock alla disco. Sicuri dei propri mezzi,
si trasferirono da Pasadena a Hollywood e ben presto sbaragliarono
qualsiasi altra band. Lo stile di Eddie Van Halen, fortemente influenzato da
musicisti come Hendrix e Clapton, terrorizzò un’intera generazione di
chitarristi con il suo sound post-psichedelico dai connotati tecnologici.
Eddie era molto competitivo nei confronti di Roth, il quale aveva
sfacciatamente rubato il proprio stile a quel rubacuori sudista di Jim
“Dandy” Mangrum, della boogie band Black Oak Arkansas, arrivando a
copiargli i vestiti di lycra, le frange e le invidiabili basette. Sebbene ai
puristi non piacesse la sua voce, l’energia, il carisma e lo humour di Roth
colmavano il deficit.
Gene Simmons dei Kiss li vide suonare e cercò di prenderli sotto la sua
ala di pipistrello, ma il boss della Warner, Mo Ostin, li prese con sé e li
affidò al produttore delle star Ted Templeman, che aveva dato una lucidata
ai Doobie Brothers fino a far loro ottenere la brillantezza del multiplatino. Dopo la pubblicazione del loro primo album, i Van Halen
accompagnarono in tour i Black Sabbath, oscurandone la leggenda sera
dopo sera. Carichi di energia, i Van Halen bruciarono i soldi del loro
anticipo sfasciando stanze di albergo. Sfornarono anche un classico
istantaneo da party dietro l’altro e Roth si fece un’assicurazione per la
paternità, nel caso avesse messo incinta una delle sue fan. Sebbene la
band, a corto di canzoni, avesse dovuto ricorrere a qualche vecchia cover
in DIVER DOWN del 1982, le loro versioni di Pretty Woman e DanciriIn
The Streets erano tanto fresche quanto qualsiasi cosa i nuovi gruppi synth
pop potessero offrire, e fecero arrivare l’Lp nella Top 3.
Nonostante le obiezioni di Roth, Eddie si portò dietro la tastiera in
occasione delle sedute di registrazione di 1984, che fece arrivare la band al
suo primo Numero Uno, Jump. Anche altri brani ebbero successo, e
il gruppo piazzò tre video sexy e comici in heavy rotation su Mtv.
Mentre gli altri recuperavano le proprie forze, Roth terminò il 1984
(l’anno, non il disco) con un video iconico (e nettamente dionisiaco) girato
per la sua versione di California Girls dei Beach Boys. Il singolo era tratto
da un Ep di cover intitolato crazy from thf. heart, lavoro che conteneva
inoltre un medley di grande successo con vecchi standard come Just A
Gigolo e I Ain’t Got Nobody. A ogni modo, il successo solista di Roth fece
inevitabilmente sentire a disagio i suoi compari.
Il rapporto da sempre delicato tra l’inarrestabile Roth e l’emotivamente
instabile Eddie si spezzò in seguito al tour del 1984, e Roth abbandonò la
band oppure venne licenziato, a seconda della versione della storia cui si
decide di credere. Ted Nugent raccomandò l’esperto urlatore Sammy
Hagar come sostituto e la nuova formazione dei “Van Hagar” si mise al
lavoro. Roth radunò una band di personalità famose, comprendente l’ex
collaboratore di Zappa Steve Vai, il bassista Billy Sheehan e il batterista
Greg Bissonette. Entrambe le fazioni esposero la loro tesi al pubblico
quando furono pubblicati 5150 dei Van Halen e EAT ’EM AND SMILE di
Roth, nel 1986.
Roth partì con il piede giusto, e gli stupidi video dei singoli Yankee Rose
e Crazy From The Heat sembrarono riprendere il discorso dal punto in cui
era stato interrotto nel 1984. Tuttavia i Van Halen danneggiarono
irreparabilmente la propria reputazione di gente tranquilla quando Alex e
Eddie si misero ad attaccare incessantemente il loro ex cantante per mezzo
stampa. Roth si accontentò di minimizzare il tutto con qualche frecciata
ben calibrata all’indirizzo dei suoi ex compagni.
Il marchio Van Halen e il suono hard rock radiofonico erano sufficienti
per consentire loro l’appartenenza al rango platinato, anche se i livelli di
vendite non erano più quelli del debutto o di 1984. I Van Halen non
facevano più party music per le masse, il loro nuovo sound era più adatto
ai raduni dei motociclisti e ai bordelli di Las Vegas.
Peggio ancora, Roth e i Van Halen provocarono un momento di
imbarazzo quando la formazione originale si riunì in occasione degli Mtv
Music Awards del 1996, spingendo molti osservatori a credere che
i Van Halen più classici fossero ritornati. Non era così, e i fratelli Van
Halen ripresero a sputtanare Roth di fronte ai giornalisti. L’ex cantante
degli Extreme, Gary Cherone, era già stato scelto per sostituire Hagar, che
Eddie aveva licenziato per ragioni mai chiarite. Ma l’album dei Van Halen
con Cherone fu un enorme fiasco e la Warner diede il benservito alla band,
un destino inimmaginabile per un gruppo che aveva fatto incassare
all’etichetta centinaia di milioni di dollari.
Ma tutto è bene quel che finisce bene: Roth si è riunito ai Van Halen nel
2006 e il gruppo si è imbarcato in un tour di successo, con il figlio
adolescente di Eddie, Wolfgang, al basso. Ma l’immagine dei fortunati e
sorridenti seguaci di Dioniso, provenienti dalla terra promessa
dell’edonismo sconfinato, era finita da tempo. Al suo posto c’erano tre
individui poco più che cinquantenni dall’aria stanca e un adolescente che
fornivano una dose di nostalgia di cui una Generazione X in procinto di
entrare nella mezza età aveva parecchio bisogno.
BEASTIE BOYS
I vecchi gruppi hard rock e heavy metal si ritrovarono ad affrontare un
nuovo rivale alla fine degli anni Ottanta, un filone ibrido del rock da party
introdotto da un branco di punk provenienti dalla rissosa scena hardcore
newyorchese. I Beastie Boys producevano il consueto rumore indistinto di
scuola hardcore fino a quando un parodistico singolo hip hop, basato sulla
telefonata di un fanatico (Cookie Puss del 1983) mise loro in testa di
prendere più seriamente questo nuovo genere da strada.
Lavorando con il produttore Rick Rubin, i Beastie svilupparono una
sintesi di punk, hard rock e hip hop indubbiamente dionisiaca, con tutti gli
elementi impacchettati in una confezione arrogante, da ragazzi viziati di
buona famiglia, che i giovani arroganti di tutte le classi sociali trovavano
irresistibile. Il loro debutto del 1987, LICENSE TO ILL, salì fino in cima
alle classifiche grazie alla forza di piccolo gioiello di singolo, Fight For
Your Right To Party, un inno dionisiaco se mai ve ne è stato uno. Il
successo dei Beastie Boys, inoltre, diede la stura al rap su Mtv, rete che
fino ad allora aveva esitato a trasmetterlo.
Il seguito, PAUL’S BOUTIQUE del 1989, in confronto fu un flop (si
assicurò solamente il disco d’oro, appena uscito), ma vide i Beastie
scavare ancora più in profondità alla ricerca di ispirazione musicale,
aprendo la strada a una successiva incarnazione del progetto. Lasciando da
parte i campionamenti, i ragazzi si presero tutto il tempo necessario per
imparare a padroneggiare gli strumenti e nel 1992 pubblicarono CHECK
YOUR HEAD, un classico da pipa ad acqua che reinterpretava i loro amati
groove old school alla luce di una nuova e personale miscela. I Beastie
ripeterono la formula due anni dopo con ILL. COMMUNICATION,
ennesimo grande successo. Nel frattempo, i Beastie sono maturati e hanno
sostenuto delle cause politiche, come quella per la liberazione del Tibet. In
tempi più recenti si sono dedicati a stili più rètro, come in HELLO
NASTY del 1998, un album dalle atmosfere electro, e TO THE 5
BOROUGHS del 2002, un disco old school.
RED HOT CHILI PEPPERS
A sfruttare una vena simile a quella dei Beastie Boys sono stati i
losangeleni Red Hot Chili Peppers, i quali hanno tradotto la violenta scena
punk della California meridionale in un atteggiamento mentale più
dionisiaco. Formati dal cantante Anthony Kiedis, dal virtuoso del basso
Flea (all’anagrafe Michael Balzary), dal chitarrista Hillel Slovak e dal
batterista Jack Irons, i Peppers attingevano pesantemente a fonti di
ispirazione come Jimi Hendrix e George Clinton e alla loro violenta libido.
Se alle loro prime cose mancavano melodie e riff memorabili, i Peppers
colmavano il deficit con la loro audace energia e con uno sconfinato
entusiasmo. La scena rock alternativa era comunque più orientata
all’esperienza che all’arte di scrivere canzoni, e i Peppers lavoravano duro
affinché ogni concerto potesse rappresentare un evento indimenticabile.
(Spesso suonavano nudi, o, come la mettevano loro, “rockeggia con
l’uccello di fuori”40).
Il gruppo faceva in ogni caso fatica ad avere successo, e fu dilaniato
dalla tragedia quando Slovak morì per overdose da eroina nel 1987. Irons,
alle prese con la depressione, abbandonò poco dopo la sua morte. Il gruppo
si risollevò nel momento in cui comparve un giovane chitarrista di nome
John Frusciante, in grado di suonare l’intero catalogo dei Peppers a
memoria. Venne ingaggiato il batterista Chad Smith e la band intraprese un
tour prima di registrare il disco della svolta, MOTHER’S MILK, nel 1990.
MILK fornì al gruppo gli hit di cui necessitava con Knock Me Down e
una cover di Higher Ground di Stevie Wonder, entrambe elaborate in una
vena funk-metal. In seguito, i Peppers lavorarono con il produttore dei
Beastie Boys, Rick Rubin, per il successo di cassetta BLOOD SUGAR
SEX MAGICK, del 1991, il primo in una lunga serie di album fortunati
che sfruttavano funk, rock e ballate influenzate dal R’n’B. L’hit
maggiormente in evidenza su BLOOD era Give It Away, un pulsante pezzo
funk il cui fortunato video mostrava i componenti del gruppo intenti a
saltellare nel deserto, agghindati da satiri ricoperti di vernice dorata. Lo
stesso Frusciante cadde vittima dell’abuso di eroina, ma ne uscì grazie agli
altri e rientrò in formazione in occasione di CALIFORNICATION, nel
1999, per poi andarsene di nuovo nel 2010. Ma i Peppers continuano ad
andare avanti come uno dei gruppi più improbabili ad aver raggiunto il
massimo grado di notorietà.
GUNS N’ ROSES
Alla metà degli anni Ottanta, la scena metal di Los Angeles era dominata
dalle “hair band” dei glam rocker che non avevano grande dimestichezza
con il talento e che ci andavano giù pesante con il mascara. Fu una
pacchia, le compagnie discografiche ricoprivano con camionate d’oro
qualsiasi hair band capitasse loro sotto tiro, sicuri che Mtv l’avrebbe
trasmessa in continuazione se il look e i ritornelli fossero stati quelli giusti.
Metteteci dentro anche le spogliarelliste, l’alcol e le droghe e ben presto
Los Angeles si ritrovò a ospitare un vero e proprio manicomio dionisiaco.
Ma le nubi si stavano intensificando. I fan irriducibili del metal odiavano
le hair band, il cui pubblico principale era costituito da ragazzine. Mtv
trasmetteva in continuazione rap, dirottando un sacco di fan maschi, e i
gruppi glam riuscivano a ottenere un successo di breve durata, ma in
buona parte venivano dimenticati quando saltavano fuori le hair-whore
successive. Poi, dal nulla, un’indecorosa banda di teppisti tosti e arrabbiati
irruppe sulla scena, portando la propria dose di sgradevole autenticità in
una scena che era per definizione superficiale.
I Guns N’ Roses vennero fondati da William “Axl” Rose e Jeffrey “Izzy
Stradlin” Isbell nel 1985. Dopo il consueto sgomitare, la band si assestò in
una formazione a cinque, caricando a bordo Saul “Slash Hudson, un
chitarrista mulatto di origine britannica ma cresciuto a Los Angeles. Il
gruppo disprezzava l’appariscente metal che dominava lo Strip, e preferiva
immergersi in classici come Led Zeppelin, Thin Lizzy e Aerosmith.
I Guns N’Roses firmarono per la Geffen nel 1986 e pubblicarono un Ep
di cinque brani registrati dal vivo, uscito nel bel mezzo dell’incisione del
caposaldo APPETITE FOR DISTRUCTION, album pubblicato nel 1987.
L’hard rock-blues da ubriaconi al bar dei Guns N’Roses fu
immediatamente un successone, ma il gruppo si sentì ben presto
schiacciato dalla notorietà. Le acque si agitarono quando il successivo
mini-Lp del 1988 fece finire la band nei pasticci a causa dei testi omofobi
e razzisti. L’eroina, inoltre, prese piede nel backstage, spingendo Rose a
minacciare lo scioglimento del gruppo se i colpevoli non si fossero messi a
rigare dritto.
Un’uscita programmata per il 1991 si trasformò in due album distinti,
USE YOUR ILLUSION I e II. I dischi, dal suono estremamente
professionale, mostravano i Guns’N’Roses ampliare la tavolozza dei loro
colori, e produssero hit in gran numero, tutti quanti accompagnati da
costosi video. In seguito i Guns si imbarcarono in uno sfibrante tour di un
anno e mezzo, segnato da polemiche e lotte interne. L’ultima
pubblicazione della band originale fu THE SPAGHETTI INCIDENT,
album di cover del 1993. A quel punto il grunge aveva ormai preso il
sopravvento, e i Guns rischiavano di finire nel dimenticatoio.
Si trattava in realtà dell’ultimo dei problemi della band, la quale passò i
cinque anni successivi ad andare in pezzi, mentre Rose trascorse gli
ulteriori dieci successivi lavorando al famigerato CHINESE
DEMOCRACY, progetto per cui bruciò milioni di dollari impiegando un
piccolo esercito di musicisti prima che il disco venisse infine pubblicato
nel 2008. Mentre Rose lavorava all’album, il nucleo dei Guns si unì al
cantante degli Stone Temple Pilots, Scott Weiland, per formare un
supergruppo dalla vita breve, i Velvet Revolver, che riuscì a produrre due
album nello stesso lasso di tempo che era servito a Rose per farne uscire
uno. I Guns N’Roses continuano ancora a suonare, dipendendo tuttora dai
mutevoli stati d’animo del Signor Rose. A prescindere da tutto quanto,
tuttavia, APPETITE EOR DESTRUCTION resterà sempre una pietra
miliare del rock da party per quella particolare categoria di fan.
MADRI DELLA TERRA: LE NUOVE ELEUSINE
I Misteri di Eleusi erano incentrati sul ruolo di Demetra in quanto Madre
Terra e contemporaneamente Mater Dolorosa, o “madre del dolore”. La
stessa cosa avviene con l’archetipo di Demetra applicato al rock’n’roll.
Molte di queste artiste utilizzano linguaggi rock dal carattere terreno, e
manifestano sovente una forte identità materna. Ma tutte quante
rockeggiano in maniera credibile, come qualsiasi maschio. C’è anche una
corrente sottomarina legata alla sofferenza e alla tragedia in alcune di
queste artiste, che si tratti di musica, vita, o entrambe. In nessuna quanto
nella prossima di cui andremo a parlare.
TINA TURNER
C’è chi crede che il primo 45 giri rock’n’roll di sempre sia Rocket 88,
registrato in incognito nel 1951 da Ike Turner e i suoi Kings Of Rhythm.
Qualche tempo dopo, mentre lavorava nel chittlin circuit" in Tennessee,
Turner sentì la giovane Anna Mae Bullock cantare a pieni polmoni il blues
e se ne innamorò all’istante. Ike invitò Anna a unirsi alla sua band come
corista, ma la incontenibile cantante gli rubò ben presto la scena e si trovò
un nuovo nome, Tina. La “Ike And Tina Revue” ottenne il primo successo
R’n’B nel 1960, e i due convolarono a nozze nel 1962. Nel frattempo
allevarono quattro figli.
Ike mantenne la fede nel rock’n’roll durante gli anni Sessanta mentre i
suoi rivali passarono al soul, forse perché l’ina era troppo vivace e
infervorata per competere con orgogliose regine del genere quali Aretha
Franklin e Gladys Knight. La accompagnavano tre coriste da schianto,
note come Ikettes, il cui potente erotismo e le cui esibizioni all’insegna di
una fisicità travolgente avrebbero dato filo da torcere alle Menadi. Ike e
Tina eseguivano tonanti versioni di grandi successi rock del periodo,
inclusi Proud Mary, Come Together e Honky Tonk Women, e la loro
musica era tra le preferite di band come i Rolling Stones, i quali invitarono
la Revue a esibirsi in apertura di innumerevoli loro tour.
Ma Ike stava silenziosamente lottando contro la droga e in maniera assai
meno silenziosa sfogò la sua rabbia su Tina per anni. Peggio ancora, la
loro carriera entrò in una fase di stallo nel momento in cui, al principio
degli anni Settanta, un sound più posato si affermò nei palinsesti
radiofonici, il che non fece che provocare un’escalation nella situazione
familiare. Nel 1976 una tremenda litigata poco prima di uno spettacolo
rappresentò la goccia che fece traboccare il vaso, e Tina scappò, sfuggendo
all’ira di Ike grazie all’aiuto di alcuni amici. I due divorziarono nel 1978, e
il loro ultimo successo in coppia fu Nutbush City Limits (1973), stomper
glam rock con Marc Bolan dei I. Rex ospite alla chitarra.
Dopo una parte strappa applausi come Acid Queen nell adattamento
cinematografico dell’opera rock degli Who, TOMMY, la Turner pubblicò il
suo primo Lp solista su major (intitolato anch’esso ACID QUEEN),
comprendente interpretazioni di successi degli Who e degli Stones, e una
lenta versione funky di Whole Lotta Love. Ma dopo un mal consigliato
album disco del 1979, le prospettive di successo della Turner svanirono e
la cantante si buttò sui tour (in particolare in Europa, dove può contare
ancora oggi su un vasto pubblico).
Le fortune di Tina si risollevarono tuttavia nel 1982, quando incontrò il
gruppo synth pop BEF (ovvero gli Fleaven 17), con i quali registrò
versioni di successo di Ball Of Confusion dei Temptations e Let’s Stay
Together di Al Green, preparando la strada a un ritorno a tutti gli effetti nel
1984. Con oltre venti milioni di copie vendute, PRIVATE DANCER è una
produzione all’avanguardia e insieme una sensuale miscela di rock e
R’n’B. Un cast di celebrità diede il suo contributo all’atmosfera patinata e
contemporanea del disco, il quale mandò cinque singoli in Top 40. La
Turner era a quel punto popolare come non mai.
La cantante capitalizzò sul proprio ritorno comparendo nel film del 1985
Mad Max oltre la sfera del suono, la cui colonna sonora le valse altri due
successi da Top 20. L’anno seguente pubblicò un ennesimo disco di
successo e un’autobiografia altrettanto fortunata, Io, Tina, nella quale
rivelava gli abusi fisici ed emotivi a lungo subiti da parte di Ike. Il libro è
diventato un film di successo nel 1993, What’s Love Got To Do With It?
Tina conserva ancora la carica di Regina del Rock. Buddista osservante,
attribuisce alla pratica una forza che è stata per lei fondamentale nel corso
degli alti e bassi avuti in carriera.
JANIS JOPLIN
Janis Joplin arrivò dal Texas come un incendio della prateria, cantando a
pieni polmoni il blues, in un modo che nessun’altra brava ragazza piccolo
borghese avrebbe mai potuto fare. Ma era anche solitaria e sensibile e
aveva adottato la musica come ancora di salvezza. Cantò con i consueti
gruppi folk alle scuole superiori ma restò traumatizzata da una seria forma
di acne che le lasciò profonde cicatrici sul viso. Dopo un breve periodo
alla Università del Texas ad Austin, nel 1963 fece quello a cui tutti i
ragazzi dotati di inclinazioni artistiche aspiravano all’epoca: si trasferì a
San Francisco.
La Joplin si gettò a capofitto nella scena rock blues della città
californiana ma sviluppò un problema con l’alcol e con le droghe
particolarmente serio. Un intervento la rimandò a casa, dove la sua
condotta migliorò e si iscrisse nuovamente al college, cantando nei club di
Austin durante il tempo libero. Ma alcuni demo che aveva inciso a San
Francisco arrivarono all’orecchio della band heavy-blues Big Brother And
The Holding Company, che la invitò a ritornare e a unirsi a loro nel 1966.
La band ottenne degli ingaggi e un contratto, inoltre Janis ricominciò a
bere e a drogarsi.
I Big Brother rappresentarono una grande attrazione per l’Estate
dell’Amore, stendendo tutti a Monterey nel mese di giugno e pubblicando
il loro primo album su Columbia quello stesso agosto. Divennero noti in
tutto il paese e furono anche protagonisti di un paio di apparizioni
televisive, ma il resto del gruppo mal sopportava la crescente attenzione
nei confronti di Janis. L’Lp successivo dei Big Brother, CHEAP THRILLS
(1968), valse alla band un grande successo con Piece Of My Heart, che
consentì alla formazione di intraprendere un tour nazionale da headliner.
La Joplin lasciò il gruppo nel bel mezzo di un concerto, nel mese di
dicembre.
In seguito ingaggiò una band nuova di zecca e nel 1969 registrò il suo
primo disco solista, I GOT DEM OL’ KOZMIC BLUES AGAIN, MAMA!
Ma i debiti per l’eroina salivano alle stelle mentre critici e fan rimanevano
infastiditi dalla sua mosse da diva. Il bere e le droghe incominciavano a
ripercuotersi sulla qualità delle esibizioni, incluso un set sotto i riflettori a
Woodstock, eliminato dalla versione finale del film tratto dal festival.
Nel 1970, la Joplin diede vita a una nuova band e andò in tour per tutto
l’anno prima di entrare in studio con il produttore dei Doors, Paul
Rothschild, per quello che sarebbe stato il suo ultimo disco, PEARL. A
quel tempo prese anche parte a una riunione con i compagni di liceo di
dieci anni prima, occasione che fece riemergere tutto il dolore e le
umiliazioni subiti all’epoca, riaprendo vecchie ferite. Janis portò quel
dolore con sé in studio, e di conseguenza la musica di PEARL era più
dolente e riflessiva di quella contenuta nei dischi precedenti, molto più
scatenati. Tuttavia, non riuscì a completare il disco: il 4 ottobre del 1970
non partecipò a una seduta di registrazione e fu trovata morta nella sua
stanza di albergo per un’overdose di eroina. Il materiale recuperato dalle
incisioni di PEARL ottenne un successo postumo, sospinto dalla cover di
Me And Bobby McGee, un brano di Kris Kristofferson. Nel 1979 la storia
della Joplin avrebbe subito una trasformazione allegorica nel fortunato
film The Rose, con protagonista Bette Midler.
LINDA RONSTADT
Con stelle più spigolose come la Joplin fuori gioco o fuori moda, Linda
Ronstadt regnò come Regina del Rock degli anni Settanta.
Aveva esordito negli anni Sessanta con gli Stone Poneys, un gruppo folk
rock di Los Angeles noto per il successo Different Drum. Quando i Poneys
si sciolsero, nel 1969, la Ronstadt avviò una carriera solista, dilettandosi
con un folk rock dal sapore country. (I musicisti che la accompagnavano
erano i futuri Eagles). Ma fu solamente alleandosi con il produttore
britannico Peter Asher, nel 1973, che la cantautrice raggiunse il successo.
La Ronstadt divenne una celebrità nel 1974 con l’Lp HEART LIKE A
WHEEL, che comprendeva due grandi successi soft rock, You’re No Good
e una cover di When Will I Be Loved degli Everly Brothers.
Grazie alla serie di hit, la Ronstadt finì sulla copertina di «Time» e si
mise addirittura con il Governatore della California Jerry Brown.
Successivamente ampliò il proprio repertorio con materiale più spigoloso,
incidendo cover di Warren Zevon ed Elvis Costello e inserendone
parecchie altre nel suo disco “new wave” del 1980, MAD LOVE. Poco
tempo dopo, si mise a esplorare una moltitudine di stili estranei al rock. Il
suo periodo rock degli anni Settanta è in buona parte precipitato nella
voragine dei ricordi, ma la sua produzione, in quel decennio, ha senza
dubbio ispirato molti altri musicisti.
HEART
Ann e Nancy Wilson erano le adorabili e terribilmente talentuose figlie
di un militare innamoratesi di un gruppo hard rock di Washington: se la
squagliarono a Vancouver quando il leader della band, Roger Fisher,
ricevette la cartolina da soldato. Battezzatosi Heart, il gruppo fece uscire il
disco d’esordio, DREAMBOAT ANNIE, sull’etichetta canadese
Mushroom, nel 1976. Il brano che consacrò gli Heart fu Magic Man, che
secondo una leggenda metropolitana sarebbe stato dedicato a Charles
Manson. (Non era vero).
Nel 1977 gli Heart diedero alle stampe il loro capolavoro, LITTLE
QUEEN, sulla cui copertina le sorelle Wilson erano ritratte agghindate in
uno sfarzoso abbigliamento zingaresco. Tra i solchi si poteva trovare una
miscela zeppeliniana di stomper hard rock e ballate folk rock rese magiche
dalle perfette armonie delle due. La colonna portante del disco era
Barracuda, replica disgustata al suggerimento da parte della Mushroom, in
un annuncio pubblicitario addirittura, che le sorelle praticassero l’incesto.
Gli Heart restarono in classifica fino all esplosione di Mtv nei primi anni
Ottanta, quando il loro hard rock incominciò a sembrare datato in un’epoca
contraddistinta da metal e new wave. Cambiarono varie etichette
discografiche e si reinventarono abbracciando una più patinata forma di
rock anni Ottanta. Le sorelle Wilson restaurarono le proprie pettinature
rendendole ingombranti, mentre le lunghe gambe di Nancy e la sua
generosa scollatura divennero il punto focale dei loro pacchiani video. La
nuova versione degli Heart mandò quattro singoli in Top 10 e raggiunse la
cima delle classifiche statunitensi nel 1985.
Ma la compagnia discografica andò nel panico quando Ann incominciò a
ingrassare, e negli anni Novanta il sound vintage anni Ottanta non sembrò
più molto fresco. Stanche delle pressioni del mercato, le sorelle diedero
vita a un progetto parallelo acustico nel 1991, e nell’era post Nirvana
ridimensionarono considerevolmente, in proporzione, le uscite a nome
Heart, accantonando del tutto l’immagine da gattine sexy. Uno speciale per
VH1 Rock Honors, nel 2007, e l’inclusione delle loro canzoni nel popolare
videogioco Guitar Hero, hanno mantenuto in vita l’interesse per la band,
che continua ad andare in tour e a registrare.
CHRISSIE HYNDE
Chrissie Hynde, nata e cresciuta ad Akron, Ohio, frequentò l’università
di Ken State. Si trovava nel campus nel 1970, quando la Guardia
Nazionale sparò sugli studenti che protestavano contro la guerra in
Vietnam. Alla ricerca di una via di fuga, la Hynde arrivò a Londra all’apice
della moda glam. Lì incontrò il giornalista Nick Kent, che la incoraggiò a
dedicarsi alla scrittura. Ma la vera passione della Hynde era suonare, così
ben presto si mise a frequentare il pubblico punk, lavorando per il manager
dei Sex Pistols, Malcolm McLaren, e jammando con futuri componenti di
Clash e Damned.
La Hynde diede vita ai Pretenders con il virtuoso della chitarra James
Honeyman-Scott, il bassista Pete Farndon e il batterista Martin Chambers.
Il primo singolo del gruppo, una cover di Stop Your Sobbing dei Kinks, fu
un hit nell’Inghilterra del 1979. Poi entrarono in studio con la superstar
Chris Thomas (Roxy Music, Sex Pistols), stimato “produttore di cantanti”.
La Hynde aveva una straordinaria estensione vocale che Thomas riuscì a
sfruttare al meglio: era in grado di fare le fusa, guaire e canticchiare, e
tutto quanto nello spazio di una singola strofa. Miscelando punk, hard
rock, new wave e reggae senza soluzione di continuità, il debutto dei
Pretenders ottenne un grande successo negli Stati Uniti e in Inghilterra.
Nel frattempo la Hynde allacciò una relazione con Ray Davies, dal quale
ebbe un figlio, pretenders ii (1981) ottenne un successo appena inferiore,
ma sembrava che la band fosse sul punto di diventare una delle imprese
rock di punta di tutti gli anni Ottanta.
O no? Farndon venne licenziato per abuso di eroina a metà del 1982, e
poco tempo dopo Honeyman-Scott rimase vittima di un’overdose. La
Hynde e Chambers ingaggiarono dei turnisti per il dolente successo del
1982, Back On The Chain Gang, che la Hynde dedicò ai suoi ex compagni
caduti. La Hynde ingaggiò poi due nuovi musicisti per learning TO c rawl
del 1984, un album che li riportò ai livelli dell’esordio.
Non durò a lungo. I cambi di formazione ridussero i Pretenders a una
sigla. La Hynde si era anche separata da Davies e aveva iniziato a
frequentare il leader dei Simple Minds, Jim Kerr, con il quale ebbe una
bambina. Nel 1994 diede vita a una nuova formazione dei Pretenders, con
il ritorno all’ovile di Chambers. Quell’anno, last of the independents
produsse la fortunata power ballad I’ll Stand By You. Dell’album faceva
parte anche la urlante I’m A Mother, un’esclamazione elementare in cui la
Hynde, come Demetra, dichiara di essere “la fonte” e “il contenitore della
vita”. La musicista ha sempre dichiarato esplicitamente che la maternità
rappresentava per lei un’intensa fonte di orgoglio, un elemento essenziale
della sua identità tanto quanto l’immagine di energica rompipalle. L’istinto
materno della Hynde si estende all’attivismo in favore dei diritti degli
animali, e la cantante continua a fare del suo meglio con i nuovi
Pretenders.
PAT BENATAR
Chrissie Hynde aveva una sorta di corrispettivo hard rock in Pat Benatar,
autrice di parecchi successi nei primi anni Ottanta. Dotata di una voce da
soprano in grado di frantumare i bicchieri, la Benatar e il marito e
chitarrista Neil Giraldo modellarono una fusione di new wave e metal
ricca di memorabili ritornelli, che presentava la minuta cantante come
rigorosa post-femminista con canzoni come You Better Run e Hit Me With
Your Best Shot. Come nel caso della Hynde, l’immagine dura della
Benatar era diluita da un forte vena materna, espressa nel brano rock Hell
Is For Children, che stigmatizzava l’abuso sui minori.
Ma lo spazio per le donne nell’hard rock si restrinse con l’ascesa dell’heavy metal negli anni Ottanta, e con il procedere del decennio la musica
della Benatar deviò verso il synth pop. Il metal offriva ben poche
opportunità, sempre che ne avesse mai offerta alcuna, per le cantanti dotate
di una certa credibilità.
COURTNEY LOVE
L’underground punk offrì alle donne lo spazio per tirar su un gran casino
negli anni Ottanta e Novanta, e il movimento delle Riot Grrrls approfittò
della situazione. Gruppi come Babes in Toyland e Bikini Kill proponevano
una forma di punk stridente e atonale, immersa in un femminismo
postmoderno da college, destinato a una nuova generazione di fan.
Le Hole, il gruppo di Courtney Love, introdussero l’estetica Riot Grrrl
nel mainstream. Il primo album della band, PRETTY ON THE INSIDE,
era un test di resistenza da unghie sulla lavagna, ma la relazione della Love
con il leader dei Nirvana, Kurt Cobain, sembrò radicalmente migliorare le
sue capacità di scrittura. (La Love avrebbe in seguito dato a Cobain una
figlia, Frances Bean). L’album delle Hole pubblicato nel 1994, LIVE
THROUGH THIS, assunse un significato orribilmente beffardo per via del
suicidio di Cobain, avvenuto quattro giorni prima della pubblicazione del
disco. Due mesi più tardi la bassista delle Hole, Kristen Pfaff, morì di
overdose.
La pubblicità e la compassione causate da queste tragedie aiutarono il
disco delle Hole a raggiungere il successo, facendo di Courtney Love un
nome noto. Ma il movimento delle Riot Girls aveva già raggiunto il suo
apice e, quando uscì il disco successivo del gruppo, CELEBRITY SKIN,
era da tempo dimenticato. Le nuove Hole erano una scaltra impresa rock
anni Novanta, e i testi della Love riflettevano la sua esperienza di
istituzione hollywoodiana. La Love lavorò con Billy Corgan degli
Smashing Pumpkins e con la celebre autrice e produttrice Linda Perry per
il disco delle Hole pubblicato nel 2010, NOBODY’S DAUGHTER, ma il
conseguente tour fu oggetto di commenti sarcastici. Courtney Love viene
ora considerata una bizzarria da pagina del gossip, anche se la figlia avuta
da Kurt Cobain, Frances, sta avendo successo come modella.
SLEATER KINNEY
Un’altra band, stanziata anch’essa nel Nord-Ovest, offriva una versione
più rigorosa dell’estetica Riot Grrrl. Le Sleater Kinney, trio punk di
Portland, emergeva dallo stesso ambiente delle Hole, ma proponeva una
più rigorosa coscienza politica femminista. Il gruppo ha lavorato sodo ed è
rimasto indipendente, pubblicando una serie di album ampiamente elogiati
dalla critica. Nonostante l’acquisizione di un fedele seguito, nel 2006 la
band si è presa una lunga pausa per consentire alla cantante Corin Tucker
di allevare la figlia. La Tucker ora opera come artista solista.
GENDER BENDER: I NUOVI GALLOI
L’androginia ha sempre costituito un forte impulso nel rock’n’roll.
Persino Elvis Presley, agli inizi, proiettava una specie di ambigua
sessualità, che modellò su archetipi di ribelli resi popolari da idoli
(bisessuali) del grande schermo come James Dean e Marion Brando. Ma la
combinazione del gender-bending e di un potere catartico, quasi
sciamanico, si sarebbe rivelata una grande forza nella diffusione del
rock’n’roll, in particolare nell’era post-hippie, quando il movimento glam
si impossessò dell’Inghilterra e dell’Europa. Abbiamo potuto osservare
un’identica miscela musicale, a base di effeminata aggressività, nei Galloi
di epoca romana.
LITTLE RICHARD
Il prototipo dei glam rocker fu Richard Penniman, alias Little Richard.
Facendosi musicalmente le ossa nelle chiese della Santità, Richard scoprì
che la sua sessualità e la sua religione si trovavano in costante disaccordo.
Si fece le ossa come frontman girando gli scatenati bar clandestini gay del
profondo Sud, e portò la violenza androgina di quella sottocultura insieme alla lacca, al rossetto e al guylinetA1 di urlatori come Esquerita nei salotti della compassata America anni Cinquanta. Richard introdusse
anche un po’ del rock’n’roll più duro e potente che si fosse mai sentito
nell’etere, intriso di una strepitosa passione pentecostale. La violenta
intensità del suo modo di suonare ed esibirsi sembrava contrastarne
violentemente l’immagine effeminata, e Richard rimase una figura
controversa del primo rock’n’roll.
Nel 1957 abbandonò il rock all’apice del successo per dedicarsi alla
predicazione, ma continuò a ricascarci a intervalli regolari nel corso degli
anni, finendo al centro di un grosso revival in Inghilterra durante gli anni
Sessanta. Ironia della sorte, era in genere molto più sincero a proposito
della propria sessualità quando predicava di quando si esibiva di fronte a
un pubblico profano. Fu poi protagonista di un ritorno negli anni Ottanta,
come personalità mediatica: apparì in alcuni film e in televisione, e si
impegnò in una celebre arringa rivolta all’industria musicale, in occasione
dei Grammy Awards del 1987, giudicandola colpevole di non averne
riconosciuto le opere (cosa che avrebbe poi fatto nel 1993). Nel momento
in cui scriviamo queste righe continua a esibirsi, il più delle volte come
cantante gospel.
GLAM E GLITTER ROCK
Con l’ascesa del movimento per i diritti dei gay, nei tardi anni Sessanta,
il gender-bending divenne una nuova modalità di ribellione contro lo status
quo. Al principio degli anni Settanta, il movimento glam rock, conosciuto
alternativamente come glitter rock, prese piede in Gran Bretagna. I glam
rocker erano in buona parte eterosessuali entusiasti che non avevano
probabilmente mai sentito parlare di Attis
o dei Galloi, ma riconoscevano una forza elementare alla confusione
delle identità sessuali.
L’iperandroginia autocosciente del glam rock — un proto-punk
cantabile, ultraelementare e ultrarumoroso, agghindato con raso e taffetà
- sembrava ispirare gli impulsi più selvaggi e indomiti di questi artisti.
Gran parte dei gruppi glam non riuscirono a sfondare negli Stati Uniti,
neppure quelli che sembravano più freak che effeminati. Gli Sweet, fatto
curioso, ottennero successo, ma gli Slade — i cui inni insidiosamente
orecchiabili ne facevano delle superstar in Gran Bretagna e in Europa non ne ottennero inspiegabilmente alcuno. Marc Bolan e i T. Rex fecero
molto rumore con Bang A Gong, nel 1972, dopodiché non accadde
granché. Gary Glitter entrò in classifica con lo strumentale Rock And Roll
Part 2, e la fernacho43 Suzi Quatro sbarcò, suonando dal vivo, nella
straordinariamente popolare serie Tv Happy Days (interpretando tale
“Leather Buscadero”), ma non ebbe una carriera vera e propria negli Stati
Uniti fino alla fine del decennio, quando si dedicò al soft rock.
Il che spiega i motivi del fallimento del glam rock nel conquistare
l’America: i gruppi glam non solo erano visivamente stravaganti, ma erano
musicalmente aggressivi, caratteristica in qualche misura sempre più fuori
moda nelle classifiche della Top 40 americana. Furono ben pochi i gruppi
rock in grado di incastrare qualche successo nell’intasamento generale
delle frequenze causato da disco music e soft rock, a prescindere dal
volume a cui il glam sparava la propria musica martellante. Ma un gender
bender alzò la posta secondo modalità a cui la cultura mainstream non era
avvezza, ponendo le basi di una lunga carriera caratterizzata da
innovazioni culturali, artistiche e, per quanto possa sembrare strano,
finanziarie.
DAVID BOWIE
Nato David Robert Jones nel 1947, David Bowie crebbe a Bromley, in
Inghilterra, dove si legò molto al tormentato fratello maggiore, Ferry, che
gli fece da mentore nel mondo della musica e delle arti. Proprio come i
suoi compagni di scuola, Bowie si innamorò follemente del rock già in
tenera età, e Little Richard divenne il suo dio. Essendo in grado di
maneggiare il sassofono bene tanto quanto la voce, Bowie incominciò a
esibirsi con alcune band locali. Quando il connazionale Davv Jones
ottenne un enorme successo grazie alla serie Tv The Monkces, Bowie
assunse un nuovo cognome, ispirato da Jim Bowie, martire di Fort Alamo.
Nel 1966 incontrò Ken Pitt, manager dei Manfred Mann, il quale aveva un
sacco di contatti nel mondo dello spettacolo ma non molta esperienza con
il rock’n’roll. Pitt vedeva Bowie come una specie di cantante da night o da
cabaret come Anthony Newley (uno dei tanti eroi dell’artista), e i punti di
vista contrastanti tra i due ritardarono di molti anni 1 ascesa dell'artista alla
celebrità. Pitt fece firmare al cantante un contratto con la Decca, con la
quale registrò un album d’esordio omonimo che non andò da nessuna
parte. Lo schema continuò immutato fino a quando Bowie non se ne uscì
con un hit alla moda, Space Oddity, pubblicato nel 1969 per capitalizzare
l’attenzione riservata all’allunaggio dell Apollo 11.
Bowie incominciò a ostentare un look esplicitamente effeminato che
Pitt, pur essendo gay, non apprezzava. Qualcuno ipotizzo che il genderbending di Bowie fosse una mossa opportunistica (Marc Bolan dei T. Rex
citava le migliaia di conquiste femminili di Bowie ogni volta che gli si
faceva una domanda sulla sessualità di costui), poiché i gay erano
particolarmente influenti nell’ambito dell’industria musicale britannica.
Leggenda vuole che Bowie avesse incontrato la sua futura moglie, Angela,
perché entrambi andavano a letto con “lo stesso tizio . Non a caso, il
“tizio” sarebbe stato un talent scout dell'etichetta Mercury. Il biografo
Christopher Sandford ha riassunto efficacemente la questione in Loving
The Alien -. “Bowie era un eterosessuale attivo che andava a
letto anche con gli uomini”.
Angela esercitò un ruolo decisivo nell'ascesa di Bowie, e le forti
ambizioni la aiutarono a motivare 1 occasionalmente passivo marito, il
quale attraversava gli stili con la velocità di una groupie: dopo essersi
occupato del folk rock in SPACE ODDITY (1969), in THE MAN WHO
SOLD THE WORLD (1970) offriva un heavy metal venato di teatralità.
Cambiando passo, HUNKY DORY (1971) offriva un pop brillante tinto di
cabaret, e procurò a Bowie un hit negli Stati Uniti, l’innodico singolo
Changes. Il disco rendeva inoltre omaggio ad Andy Warhol e alla sua
Factory, il cui appariscente entourage esercitava un influenza enorme sulle
pose glam del Nostro. Quello stesso anno Bowie scaricò Pitt in favore di
Tony DeFries, caricatura ambulante di manager dello spettacolo, la cui
agenzia era stata immodestamente battezzata “MainMan” (‘pezzo grosso).
La mossa si rivelò azzeccata: l’album successivo, ZIGGY STARDUST
AND THE SPIDERS FROM MARS (1972), lo rese una superstar in Gran
Bretagna ed Europa. Bowie e i suoi Spiders ripeterono la formula su
ALADDIN SANE e su un successivo disco di cover, PIN UPS. Tuttavia,
con i problemi economici ancora irrisolti, Bowie sciolse gli Spiders, i quali
avevano minacciato di mettersi in sciopero per ragioni salariali.
Il disco successivo, DIAMOND DOGS (1974), proseguì in una vena
glam, facendosi strada nella Top 10 americana. Lo spettacolo
smodatamente teatrale portato in concerto per accompagnare quell’album
ebbe un enorme successo nella tetra era post-Watergate. Ma giunto a metà
strada Bowie si reinventò come cantante di soul bianco, stupendo i suoi
fan con una rivista soul alla Las Vegas nella seconda sezione del tour. Il
suo lavoro successivo, YOUNG AMERICANS (1975), elaborò l’idea di
“plastic soul” e diede a Bowie il primo Numero Uno negli Stati Uniti con
Fame. Ma egli stava contemporaneamente sviluppando una mostruosa
dipendenza dalla cocaina, e si era rintanato a Los Angeles, dove vedeva a
malapena la luce del giorno.
Il suo interesse per l’occulto era diventato un’ossessione, dando origine
a paranoiche manie di persecuzione. Teneva l’urina e altri suoi fluidi
corporei in alcuni barattoli (non chiedete di più) e si era convinto che una
congrega di streghe stesse progettando di rapirlo per costringerlo a
ingravidarle. Ovunque andasse si portava appresso un’enorme biblioteca di
testi sull’occulto che leggeva e rileggeva in continuazione. E tuttavia la sua
capacità di resistenza, e i suoi poteri creativi, continuarono a essere
pressoché sovrumani. Bicchieri di latte e spremute d’arancia costituivano
la sua unica dieta, oltre a qualche occasionale uovo crudo. Recitò da
protagonista nel ruolo di un alieno (giustamente) ne L’uomo che cadde
sulla terra (1976), diretto dal regista d’avanguardia Nicholas Roeg. Subito
dopo registrò un nuovo album che fondeva disco e rock, STATION TO
STATION, album che molti fan considerano il suo migliore.
Durante un tour in Germania, Bowie conobbe Romy Haag, una star del
cabaret transessuale. Follemente innamorato, si trasferì a Berlino, e i due
androgini personaggi intrapresero un’intensa relazione. Passeggiando per
la città di giorno, Bowie registrò di notte la sua decantata “trilogia
berlinese” insieme a Brian Eno. Il primo album della serie fu LOW (1977),
che la compagnia discografica odiava ma che ora viene universalmente
riconosciuto come un capolavoro. A tallonarlo da vicino fu HEROES, la
cui emozionante title track divenne un successo un po’ ovunque. L’ultimo
Lp della trilogia fu LODGER, che ispirò tre innovativi video. Uno di
questi era Boys Keep Swinging, nel quale Bowie sfoggiava le mosse da
drag queen imparate dalla Haag.
Bowie iniziò gli anni Ottanta con SCARY MONSTERS (AND SUPER
CREEPS), che raggiunse la vetta delle classifiche britanniche e mancò di
poco la Top Ten statunitense, ma trascorse i tre anni successivi a lavorare
per il cinema e per il teatro (inclusa un’acclamata partecipazione alla
riduzione teatrale di The Elephant Man) in attesa che i suoi contratti con la
Rea e con DeFries scadessero. Nel 1983 siglò un contratto multimilionario
con la Emi e pubblicò LET’S DANCE, prodotto dal maestro Nile Rodgers
degli Chic. Il disco ebbe un successo clamoroso, portando Bowie a fare un
tour mondale negli stadi. Ma la supercelebrità mainstream sembrava
annoiarlo: i suoi due lavori successivi vendettero moderatamente ma la
critica li giudicò un fiasco.
Con una credibilità declinante, Bowie mise insieme i Tin Machine con
Hunt e Tony Sales, che in precedenza avevano accompagnato Iggy Pop. Il
rock arrabbiato dei Tin Machine fu di moda per un breve periodo, fino a
quando la noia di Bowie, ancora una volta, non fece passare in secondo
piano il progetto. Dopo una reunion commercialmente sfortunata con
Rodgers nel 1993, Bowie cercò di ravvivare la propria musa con una
colonna sonora d’avanguardia per The Buddha Of Suburbia, lavoro che
catturò l’attenzione di Eno, il quale fece nuovamente squadra con Bowie
per 1. OUTSIDE (1995), primo capitolo di una progettata nuova trilogia. I
critici espressero il loro disappunto, ma Bowie rimediò il danno causato al
suo pubblico più fedele con la tentacolare e avanguardistica follia che
caratterizzava l’album. Gli fece seguire EARTHLING (1997), molto
apprezzato dai fan, che fondeva elementi techno e chitarre heavy metal.
Bowie ritornò con il suo produttore degli anni Settanta, Tony Visconti, e
i due offrirono un po’ di classico Bowie vecchio stile in HEATEN (2002),
disco che ristabilì pienamente la reputazione dell’artista. Il duo diede
immediatamente un seguito all’album l’anno successivo, con REALITY,
ma il revival non sarebbe durato a lungo. Da sempre fumatore accanito,
Bowie ha avuto una trombosi coronarica sul palco, proprio durante il tour
di REALITY. Da allora è rimasto sostanzialmente inattivo.
Ma la sua influenza sul rock’n’roll è incalcolabile e perdura a tutt’oggi.
NEW YORK DOLLS
Se ai gruppi rock venissero pagate le royalties sulle idee, allora i New
York Dolls sarebbero miliardari. Ampiamente oggetto di disprezzo nel
corso della loro breve esistenza, il gruppo, con la sua miscela trash di chic
transessuale e hard rock da pancia in mano ispirò negli anni Ottanta
schiere di imitatori destinati a vendere vagonate di dischi. Gli stessi Dolls
erano dei grandi fan degli Stones, il cantante David Johansen e il
chitarrista solista Johnny Thunders avevano preso consapevolmente a
modello i Gemelli Scintillanti. Il trucco e la lycra entrarono in gioco nel
momento in cui il dinoccolato gruppo, non riuscendo a ritagliarsi uno
spazio nei grandi club, scoprì che i club gay del centro li avrebbero
ingaggiati se solo si fossero fatti abbastanza belli.
Il look oltraggioso dei Dolls e le vibrazioni che trasmettevano
compensavano le gravi carenze della band, permettendo loro di essere
messi sotto contratto dalla Mercury. Il loro album del 1973 fu un flop,
anche se permise al gruppo di conquistarsi una base di devoti sostenitori in
ambito glam. Il titolo del secondo Lp riassumeva al meglio la loro vicenda:
TOO MUCH, TOO SOON (‘Troppo, troppo presto’). Quando anche quel
lo divenne un fiasco, i Dolls finirono per essere licenziati.
Ogni cosa venne lasciata al caso quando il futuro manager dei Sex
Pistols, Malcolm McLaren, li riciclò scioccamente come bizzarra band
Soviet-chic, all’epoca del loro famoso periodo da “pelle rossa verniciata”,
e i Dolls andarono in pezzi molto velocemente. Thunders diede vita agli
Heartbreakers e li portò in Inghilterra appena in tempo per l’esplosione del
punk. Johansen si reinventò in seguito come frequentatore di salotti dalla
acconciatura alla Pompadour e un nuovo nome, Buster Poindexter.
Johansen e il chitarrista ritmico Sylvaine Sylvain diedero vita a una nuova
versione dei Dolls in occasione della partecipazione a un festival, nel
2004, e decisero di continuare: da allora hanno registrato altri due album.
Nel bel mezzo dei due corsi dei Dolls c’è stata la scena hair metal degli
anni Ottanta, che scimmiottò l’androginia da teppisti della band facendo
un sacco di soldi. Gruppi come Poison e Cinderella offrivano una nuova
interpretazione, alla Heather Lockslear o alla Farrah Fawcett, del look da
casalinga stonata dei Dolls, e inventarono degli stomper bubble- gummetal pronti per essere trasmessi da Mtv. Questo travestitismo rock’n’roll
era così epidemico che gli Aerosmith, non esattamente il gruppo più virile
del mondo, ottennero un enorme successo, nel 1987, con l’innodica Dude
Looks Like a Lady (‘Il tipo sembra una signora).
QUEEN
Gruppo in grado di combinare glam, prog e metal, i Queen erano un
branco di rocker provenienti dal college e guidati da un genio polisessuale
con un debole per l’opera. Nato Farrokh Bulsara in una famiglia di indiani
Parsi, il leader dei Queen, Freddie Mercury, era stravagante ed estroverso
come qualsiasi drag queen di Soho, ma nei giorni di gloria lui e la sua band
erano in grado di rockeggiare più duramente, velocemente
rumorosamente di quasi tutti i loro concorrenti più macho.
e
Freddie Mercury si trasferì a Londra e si iscrisse alla scuola d’arte.
Innamorato dell’hard rock, si imbattè in Brian May e Roger Taylor, un
chitarrista e un batterista la cui band si era appena sciolta. Ingaggiato il
bassista John Deacon, il gruppo che Mercury aveva battezzato “Queen”
era pronto alla conquista del mondo. La band si esibiva nel circuito
londinese e sviluppò un suono decisamente influenzato dal- l’hard rock di
Hendrix e Led Zeppelin e dalle armonie vocali dei Beach Boys. Firmarono
un contratto con la Emi e pubblicarono il loro esordio omonimo nel 1973,
un lavoro di cui si accorsero in pochi. Un secondo disco, astutamente
intitolato QUEEN II, seguì a ruota, e il gruppo ottenne un hit in Inghilterra
con Seven Seas Of Rhye.
Nel 1974 May si ammalò, e così Mercury, Taylor e Deacon prepararono
senza di lui le basi per l’album SHEER HEART ATTACK, molto amato
dai fan. Incorporando elementi più pop nel consueto fragore metal, il
primo singolo tratto dal disco, Killer Queen (ode a una prostituta
transessuale) fu un successo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. L’album
comprendeva anche In The Lap Of The Gods, canzone in forma di suite
divisa in due parti, il cui ululato operistico e i cui drammatici passaggi di
pianoforte fecero da prova generale per il loro brano più rappresentativo,
Bohemian Rhapsody, pubblicato l’anno successivo. Rhapsody era
differente da qualsiasi altra cosa si fosse mai sentita nella Top 40
radiofonica, poiché partiva come un lamento alla Elton John, si tramutava
improvvisamente in un pastiche operistico portato all eccesso e infine in
un furibondo ritornello heavy metal, prima di terminare con il dolente
scintillio di Mercury e un drammatico colpo di gong. Rhapsody stava su A
NIGHT AI THE OPERA del 1975, disco che vedeva i Queen allontanarsi
sempre più dalle cadenze zeppeliniane per avvicinarsi ulteriormente a un
eclettismo di stampo beatlesiano. Il loro disco successivo, A DAY AT THE
RACES (1976), proseguiva su quella strada, con Mercury impegnato ad
affrontare il gospel nel successo Somebody To Love.
Avendo portato l’idea di un rock barocco alle estreme conseguenze, i
Queen ritornarono alle origini con NEWS OF THE WORLD del 1977, del
quale faceva parte il doppio lato A We Will Rock You/We Are The
Champions. Quest’ultimo era un tipico esempio di rock alla Queen con
pianoforte e chitarra (ed era stato ispirato dalla grandissima passione dei
Queen per il calcio, contrariamente alle voci che lo volevano inno gay
occulto), ma il primo era un nudo coro in cui la band batteva i piedi per
creare il ritmo su di un pianoforte a coda. I Queen superarono il trionfo di
NEWS nel 1980 con THE GAME, che comprendeva il loro grandissimo
successo rock-disco, Another One Bites The Dust. THE GAME produsse
molti altri hit e trascorse quarantatrè settimane nelle classifiche di
«Billboard», vendendo quattro milioni e mezzo di copie nei soli Stati
Uniti. I Queen divennero inoltre famosi per i loro elaborati Baccanali post
concerto, con tanto di satiri, nani e ballerini nudi.
Il gruppo si immerse sempre più nella musica dance su HOT SPACE
(1982). Il maggiore successo tratto dall’album, Under Pressure, era un
pezzo rock della vecchia scuola con ospite David Bowie, ma il tentativo di
creare una forma di Eurofunk, affidato ai sintetizzatori, alienò
profondamente al gruppo le simpatie del pubblico americano. Malgrado
tutto, divennero la band più grande di tutte nel resto del mondo, rubando la
scena durante il Live Aid londinese del 1985. I Queen stabilirono il record
mondiale di presenze a un concerto nel 1986, in Brasile, suonando di
fronte a oltre trecentomila fan. Sfortunatamente, il tour dei record del 1986
sarebbe stato anche l’ultimo.
Lo sfacciatamente promiscuo Mercury contrasse l’Aids, mettendo i
Queen fuori gioco e rallentando i loro progressi in studio. Il cantante
appariva visibilmente dimagrito nei video prodotti per i singoli tratti dal
loro disco del 1991, INNUENDO. Un conciso comunicato confermò le
voci che Mercury era stato colpito dall’Aids il giorno prima che
soccombesse a una polmonite.
La storia non finì lì: INNUENDO fu un successo ovunque, e uno sketch
che comprendeva Bohemian Rhapsody all’interno della fortunata
commedia Fusi di testa favorì un revival del gruppo negli Stati Uniti. Nel
1992, un concerto tributo a Mercury, con ospiti alcune delle più grandi star
del rock, ebbe luogo presso lo stadio di Wembley, proprio nel momento in
cui la grande mitologia del rock’n’roll era sul punto di implodere. May e
Taylor in seguito si sono uniti al cantante dei Bad Company, Paul Rodgers
(agli antipodi di Mercury, stilisticamente parlando) e hanno intrapreso con
lui numerosi tour di successo, anche se il progetto di realizzare un album
non si è concretizzato e i componenti del gruppo hanno separato le loro
strade.
CAMMINA SUL LATO SELVAGGIO
Lo CHIC BISESSUALE NEL ROCK ‘N’ ROLL
I rocker che hanno oltrepassato i confini di genere, o che si dice lo
abbiano fatto:
Elvis Presley - Altri lo negano con veemenza, ma c’è chi (inclusa la star
di Mod Squad14, Peggy Lipton) ha sostenuto che al Re ogni tanto piacesse
un po’ di jailhouse rock?45.
Dave Davies - Il fratello Ray cercò deliberatamente di barattare l’apertamente bisessuale eroe della chitarra con una villa, offrendolo a David
Watts46.
Jim Morrison - Il biografo Steven Davis sostiene che il Re Lucertola
avesse sudditi sia maschili che femminili.
Jimi Hendrix - L’ex collega Noel Redding e il biografo Charles Cross
affermano che il dio della chitarra a volte chiedeva scusa a se stesso per
aver baciato i ragazzi47.
John Lennon - Molti biografi hanno sostenuto che al Beatle piacesse
stringere qualcos’altro oltre alle mani48.
Mick Jagger — Secondo quanto si dice, riusciva a trovare soddisfazione
sia in Angie che in Jack Flash.
David Bowie — David Bowie.
Laura Nyro — L’archetipo della cantautrice anni Settanta avrebbe potuto
sposare sia Bill che Jill.
Lou Reed - Ha camminato sul lato selvaggio della strada con, tra gli
altri, una squadra di fratelli/sorelle.
Debbie Harry - Ha fatto sapere a uomini e donne che la moquette non si
intona con le tende.
Michael Stipe - Gli ambigui testi della star dei REM coincidono
perfettamente con il carattere della sua sessualità.
Darby Crash — La vittima del punk diceva ai suoi fidanzati, “quello che
facciamo è segreto”49.
Sinead O’Connor - Nulla è paragonabile a te. O a te 50.
Ani Di Franco - Ha scritto l’inno ufficiale dei bisessuali con In Or Out
Ad 1992.
Kurt Cobain — Cos’altro dovrebbe dire 51?
Billie Joe Armstrong - ha fatto chiarezza con la canzone “Coming
Clean” (‘fare chiarezza’, per l’appunto).
JOAN JETT
Curiosamente, l'ascesa di Mtv negli anni Ottanta reaganiani fece pulizia
di gran parte dei rocker macho anni Settanta, sostituendoli con una nuova
ondata di pop star androgine come Boy George dei Culture Club, Annie
Lennox degli Eurhythmies, gli A Flock Of Seagulls, gli Human League e
Joan Jett, che deviavano dai generi da un lato come dall’altro.
Joan Jett era nata a Filadelfia come Joan Marie Larkin. Da ragazzina
adorava Suzi Quatro e scimmiottava le movenze, il suono e addirittura
l’acconciatura della dea del glam. La Jett si trasferì infine a Los Angeles,
dove fondò le Runaways, celebre gruppo punk tutto al femminile degli
anni Settanta. Il manager Ken Fowley presentò le adolescenti Runaways
come delle jailbaifi2, cosa che non veniva granché apprezzata dal ceto
medio americano. Aia al piccolo e fervente pubblico punk piacevano
eccome, e così la band cadeva sul morbido aprendo i concerti di star come
Cheap Trick e Van Halen. Andavano forte anche in Giappone, come da
proverbio, e ogni volta che andavano in tour da quelle parti venivano
trattate come le esponenti di una famiglia reale.
Ma le cose andarono a rotoli molto in fretta, e in un battibaleno le
Runaways persero manager, contratto discografico e la cantante, Cherie
Currie. Joan Jett si trovò così al centro del proscenio, proiettando tuttavia
un’immagine molto diversa da quella della Currie, alta, bionda e
affascinante. La Jett prese a modello i rocker maschi proprio come aveva
fatto Suzie Quatro, e il suo aspetto androgino tradiva l’evidente influenza
dei Ramones, esattamente come la musica.
Le Runaways si sciolsero e la Jett intraprese la carriera solista. Quando
nessuna compagnia discografica si fece avanti, il suo manager creò
un’etichetta sussidiaria tutta per lei. La cantante reclutò una backing band
maschile e registrò un esordio ricco di cover. L’insolente sigla punk- rock
contenuta nel disco, Bad Reputation, le assicurò qualche passaggio in
radio. L’album successivo prese il nome dalla cover di un oscuro stomper
glam, I Love Rock’nRoll, e rimase in cima alla Hot 100 per cinque
settimane.
Sebbene la Jett avesse raggiunto il proprio picco di popolarità nel 1982,
ha continuato a tenere duro senza fare troppo caso a fama e fortuna. Ha
ottenuto qualche successo di tanto in tanto, e continua a pubblicare dischi
pieni di brani originali dal piglio punk alternati a cover di pezzi classici. Al
principio degli anni Novanta, la Jett è diventata una specie di figura
materna per il movimento delle Riot Grrrls, ritornando nel 1994 con un Lp
registrato grazie al contributo di componenti di Babes In Toyland, L7 e
Bikini Kills, tutti quanti gruppi direttamente influenzati dalla musica e
dall’attitudine rocciosa della Jett. Nel 2010 è uscito un biopic sulle
Runaways, con la star di Twilight, Kristen Stewart, nel ruolo della Jett.
PRINCE
Prince, all’anagrafe Prince Rogers Nelson, nacque da una famiglia di
musicisti di Minneapolis. Da bambino soffrì di epilessia, malattia che
scomparve con il tempo. Era un vero e proprio prodigio, in grado di
suonare un abbagliante assortimento di strumenti pressoché a comando.
Comunicava un'evidente effeminatezza andando a letto con donne appena
meno eleganti di lui, e scriveva vigorosi elogi rivolti a un’impenitente
carnalità, sposando al contempo un’eccentrica ma decisamente apocalittica
spiritualità di matrice cristiana. Uno pieno di contraddizioni, il tipo.
Prince debuttò al culmine dell’era disco con l’Lp FOR YOU, suonando
tutti e ventisette gli strumenti presenti sull’album. Seguì un album
omonimo, con un paio di hit nelle classifiche R’n’B. Ma con la disco
music ormai finita nel nella spazzatura, nel 1980, Prince tirò nuovamente i
dadi e rinnovò del tutto il suo suono su DIRTY MIND. La nuova ricetta
era una forma di new wave funk rarefatta e incalzante, con testi che
celebravano incesto, sesso orale e argomenti meno discutibili. Prince
perfezionò la formula in CONTROVERSY, del 1981, ma non abbandonò
la sua ossessione per la sessualità e per lo spingere i bottoni. Il testo del
brano che dà il titolo al disco è celebre per essere riuscito a combinare il
Padre Nostro con l’immortale verso “La gente dice che sono maleducato /
sconcio / vorrei che fossimo tutti nudi”.
Nella sua uscita successiva, il doppio 1999, Prince utilizzò tutte le
risorse che aveva a disposizione. Questa volta la musica era meno rarefatta
e più grandiosa, con sintetizzatori sontuosi e chitarre pacchiane che
aggiungevano nuovi livelli di profondità. La ballata rock Little Red
Corvette ottenne un grande successo, e l’album raggiunse la Top 10. fece
anche ottenere a Prince un contratto per realizzare un film, che l’anno
dopo lo avrebbe spedito ai più alti livelli di notorietà. Purple Rain era un
film autobiografico romanzato che mostrava il musicista nei panni di
eroico abbattitore di tabù. L’Lp con la colonna sonora ottenne un successo
spaventoso, superando gli oltre dieci milioni di copie. Fu anche il primo
disco di Prince con un ampio contributo musicale della band che lo
accompagnava, The Revolution.
Nel 1985 scaraventò sul mercato AROUND THE WORLD IN A DAY,
prima ancora che PURPLE RAIN fosse uscita di classifica. L’album
rappresentava 1 escursione in un arioso pop anni Sessanta che lasciò molti
fan a grattarsi la testa perplessi. Lo sconcerto proseguì con l’uscita del film
Under The Cherry Moon, che fece fiasco al botteghino e si aggiudicò il
titolo “peggior film” ai Golden Raspberry Awards. Prince si riprese nel
1987 con la pubblicazione del doppio SIGN O’ THE; TIMES, un ritorno
alla sicurezza della formula rock-funk premiato con vari dischi di platino.
La scaletta vedeva inoltre Prince ritornare alla routine della one man band,
esclusi i contributi occasionali da parte di altri artisti. Come c’era da
aspettarsi, il musicista mise sul mercato LOVESEXY nel 1988, un disco la
cui copertina raffigurava il suo autore nudo, al massimo grado di
effeminatezza, circondato da orchidee giganti.
Sebbene fossero passati appena due anni dagli innumerevoli dischi di
platino conquistati da SIGN O’ THE TIMES, alla Warner erano convinti
che la carriera di Prince necessitasse di una spinta e gli fecero incidere una
colonna sonora destinata al successo di cassetta hollywoodiano Batman.
Nel film si sentiva ben poco di quella musica, ma l’album ebbe un discreto
successo, sebbene gran parte della critica ne fosse rimasta assai poco
impressionata. Ma, ancora una volta, Prince fece seguire Batman da un
altro flop cinematografico, Graffiti Bridge. Dopo ciò, operò in una vena
più genericamente funky, trascorrendo buona parte degli anni Novanta a
lottare contro la propria compagnia discografica, impegnata a cercare di
domare il suo inarrestabile programma di uscite. Come è noto, Prince
cambiò il proprio nome sostituendolo con un simbolo, fino a quando al
disputa non fu risolta. In seguito si liberò del contratto, creò una propria
etichetta e si mise a vendere dischi attraverso il proprio sito Web. Prince ha
continuato a essere popolare per via delle esibizioni dal vivo, ma la sua
adesione alla setta dei Testimoni di Geova e alcune controverse
dichiarazioni politiche hanno gettato un’ombra sulla sua reputazione
presso gli appassionati. Continua comunque ad avere un aspetto fantastico.
JANE’S ADDICTION
I Jane’s Addiction emersero dalla scena dark losangelena (una scena
dark a Los Angeles era ancora più improbabile di una scena punk) di metà
anni Ottanta. Il cantante Perry Farrell era stato alla guida, in precedenza, di
un gruppo dark chiamato PsiCom, i cui componenti abbandonarono tutti
quanti il progetto per unirsi al movimento Hare Krishna. Farrell incontrò il
bassista Eric Avery, il cui stile musicale era influenzato dai suoni lunatici
del post-punk. Il duo completò la formazione con un’accoppiata
improbabile: il batterista Stephen Perkins e il chitarrista David Navarro, i
cui gusti erano più in linea con la scena glam metal di Hollywood.
I Jane’s presero d’assalto la città, definendo e tenendo in pugno la scena
rock alternativa. Il gruppo proponeva energia punk, post-punk atmosferico
e lampi di metal, mentre Farrell era un intrattenitore instancabile, le cui
carenze vocali erano abbondantemente compensate da un’energia
sciamanica e una grande immaginazione visiva. Il primo album della band
consisteva in un’esibizione dal vivo registrata per un’etichetta
indipendente, ma il loro debutto su major, NOTHING’S SHOCKING
(1988), travolse la scena alternativa come un treno merci. SHOCKING si
articolava in un vertiginoso assortimento di atmosfere e ritmi,
incorporando brani rock metallici, funk alla Chili Peppers e persino un
poco di jazz da cocktail. Presto, le stonature da college rock scomparvero e
arrivarono i power chords. I jane’s avevano insegnato agli hipster che era
possibile rockeggiare e continuare in ogni caso a essere trendy. La band
lavorava sodo dal vivo, ma venne ostacolata dai consueti problemi di
droga ed ego, cosa che ritardò l’uscita del loro album del 1990, RITUAL
DE LO HABITUAL.
Più selvaggio e tentacolare di SHOCKING, RITUAL sfoggiava un
grande assortimento di influenze musicali, suggerendo paragoni con Led
Zeppelin e Grateful Dead. Produsse anche un grosso successo con la
funkeggiante Being Caught Stealing. I Jane’s si imbarcarono quindi in uno
sfibrante tour lungo un anno che includeva l’ultima trovata di Farrell, il
Lollapalooza, un festival itinerante che comprendeva gruppi grunge e di
rock alternativo come Butthole Surfers e Nine Inch Nails, con il rapper Ice
T e Siouxie And The Banshees messi lì a fornire ulteriore condimento.
II FUTURO DELLA FEMME
Dotato di un approccio più diretto all’archetipo che stiamo trattando, il
movimento queercore coniugava testi a tema gay con una forma di poppunk, aggiungendo spesso abbondanti porzioni di umorismo
autodenigratorio. Il genere fu anticipato da gruppi harcore gay dei primi
anni Ottanta come Dicks e Big Boys, entrambi provenienti da Austin,
Texas. I pionieri del queercore Pansy Division andarono in tour con i
Green Day nel 1994, facendo le serenate alle ragazzine con pezzi come
Bill & Ted’s Homosexual Adventure e Dick Of Death.
Con l’ascesa di generi macho e da confraternita come grunge e nu metal
al principio degli anni Novanta, l’androginia scomparve quasi del tutto
dalla scena rock, lasciando esclusivamente a una manciata di gruppi sparsi
come AFI, Tokio Fiotei e il vincitore di American Idol, Adam Lambert, il
compito di mantenere viva la fiamma dei neo- Galloi. Ma il rock è
governato da cicli e tendenze, e una nuova esplosione glam potrebbe
essere dietro l’angolo. Dopotutto, le ragazze adolescenti non chiedono
nulla di meglio di un tipo focoso con mascara e unghie laccate.
DONNE STREGONESCHE: I MODERNI MISTERI DI ISIDE
In quanto figura materna universale, Iside rappresentava la casa e la
famiglia. Allo stesso tempo, era anche la dea della magia e del sesso. tutto
ciò aveva senso per i romani, che amavano il sesso, e gli auspici e la
divinazione avevano un importante funzione ufficiale. La magia veniva
data per scontata ed era una parte integrante della religione.
Ma l’archetipo di Iside non è presente in alcun modo all’interno della
cultura americana delle origini, o comunque non si tratta di una presenza
positiva. La Teosofia cambiò le cose nel corso Diciannovesimo secolo (si
veda Iside disvelata) e l’immagine della donna sicura di sé, dotata di senso
della spiritualità ma comunque sexy, riemerse nei circoli più razionalisti.
Iside divenne popolare anche grazie all’emergere della Wicca e del
neopaganesimo negli anni Trenta e Quaranta. L’archetipo di Iside, inoltre,
si rafforzò nel mondo del rock nel corso degli anni Sessanta.
GRACE SLICK
Probabilmente la prima Iside moderna del rock’n’roll fu Grace Slick,
regina acida del rock di San Francisco. Nata Grace Barnett Wing nel 1939,
la Slick si trasferì a San Francisco nei giorni declinanti del movimento
Beat. Lì incontrò un aspirante regista e musicista part-time di nome Jerry
Slick, e i due si sposarono. Grace si manteneva lavorando di giorno come
modella, mentre The Great Society, il gruppo che lei e Jerry avevano
fondato nel 1965, mandava in visibilio gli hipster ogni sera. Questa band
proponeva un genere di rock psichedelico più oscuro e surreale di quello
suonato dai colleghi della Bay Area, un rock che attingeva ai raga indiani e
ad altre esotiche influenze musicali. L’attitudine maliziosa della cantante,
il suo ululato febbrile e la presenza dominante sul palco rappresentavano
qualcosa di nuovo in ambito rock'n’roll. La sua amica e rivale Janis Joplin
ricorreva a idiomi tipici della tradizione rock, mentre la Slick era
maggiormente influenzata da anticonformisti precursori europei.
Le superstar di San Francisco Jefferson Airplane strapparono la Slick ai
Society quando la loro cantante andò in maternità, e costei portò con sé i
futuri successi degli Airplane Somebody To Love e White Rabbit.
Il suoi testi erano tendenzialmente commenti sarcastici rivolti alle
abitudini sociali che la urtavano all’epoca del suo debutto nell’alta società,
e le sue composizioni erano spesso basate sulle chiavi minori, oltre a
incorporare lente e strane forme sincopate che davano alle canzoni
un’atmosfera stregata e monotona. Questo effetto era accentuato dalla
imponente presenza scenica della Slick, dagli ipnotizzanti light show e,
naturalmente, dalle droghe.
Sebbene inequivocabilmente femminile e voracemente sensuale (le sue
conquiste includevano Jim Morrison), la Slick possedeva una punta di
monellaggine, spesso alimentata dal debole per l’alcol. Si esibì a seno
nudo nel corso di un festival all’aperto, e con il volto annerito in prima
serata Tv. La Slick progettò addirittura di correggere il té di Tricky Dick
Nixon53 con l’Lsd quando le sue vecchie conoscenze di ereditiera
riuscirono a procurarle un invito alla Casa Bianca, nel 1970.
I problemi con l’alcol le procurarono un serio incidente automobilistico
nel 1971, ma il matrimonio con il leader degli Airplane, Paul Kantner, le
offrì un’influenza stabilizzatrice. Durante la corsa all oro del soft-rock anni
Settanta, periodo in cui una diva ispirata dalla Slick finì per sottrarle la
corona di donna stregonesca, i due diedero vita al progetto Jefferson
Starship. Dopo una reunion dei Jefferson Airplane, nel 1987, la cantante
smise definitivamente di esibirsi nel 1989, dicendo di provare repulsione
per “i vecchi che suonano rock’n’roll”.
STEVIE NICKS
Cresciuta nella California meridionale, Stevie Nicks iniziò la propria
carriera duettando con il fidanzato Lindsay Buckingham. Il loro album del
1973 catturò l’attenzione di Mick Fleetwood, il cui cantante e chitarrista
Bob Welch aveva mollato i Fleetwood Mac per perseguire una carriera in
proprio. Con Buckingham e la Nicks a bordo, la nuova versione dei Mac
registrò quello che ora viene considerato un classico, il loro disco
omonimo del 1975, che raggiunse la vetta delle classifiche statunitensi
arrivando a vendere cinque milioni di copie. Rhiannon, ipnotica ballata
scritta dalla Nicks, diventò il brano più conosciuto del gruppo. La canzone
era stata ispirata all’autrice da un romanzo che parlava di una donna
posseduta dallo spirito di un’antica strega gallese, e da quel momento in
poi la vibrazione stregonesca rimase addosso alla Nicks come un velo.
Le pressioni della celebrità e l’abbondante consumo di droghe
rischiarono di fare a pezzi la band, che tuttavia scelse di andare avanti e nel
1977 incise RUMOURS, che a oggi ha venduto oltre quaranta milioni di
copie in tutto il mondo. L’album ha prodotto molti singoli di successo, ma
ancora una volta fu un sinistro brano della Nicks, Dreams, a prendersi gran
parte degli onori. Lo schema proseguì con lo spinoso doppio TUSK, nel
1979. L’unico vero successo di quel lavoro fu Sara, lussureggiante ode alla
sua non troppo segreta storia con Fleetwood. La Nicks alimentò inoltre la
propria aura mistica con la stregonesca Sisters Of The Moon e la spettrale
Angel.
La Nicks ottenne ulteriore visibilità duettando con altri artisti, e infine si
mise in proprio per il debutto solista del 1981, BELLADONNA (titolo con
echi di Ecate). Alimentato dal singolo di successo Edge Of Seventeen,
l’album raggiunse la vetta delle classifiche americane, superando le
vendite di TUSK. La Nicks ha lavorato senza sosta per tutti gli anni
Ottanta, barcamenandosi tra carriera solista e presenza all’interno dei
Fleetwood Mac. Rimase nel gruppo anche quando Buckingham lo
abbandonò, nel 1988, ma ci mise del tempo a superare una lunga battaglia
contro i tranquillanti, rimpiazzati a loro volta da una dipendenza da
cocaina che le ha quasi procurato un buco nel naso. La formazione classica
dei Fleetwood Mac si è riformata nel 1997 per uno speciale di Mtv e per
un tour mondiale, ed è tuttora in attività (senza Christine Me Vie, che si è
ritirata). La Vicks ha continuato anch’essa a fare concerti e registrare
dischi.
PATTI SMITH
Poiché l’archetipo di Iside nel rock ha sempre a che fare con donne forti,
ai margini del mainstream, non c’è da sorprendersi del fatto che il
movimento punk ne abbia prodotte parecchie. Una di queste è Patti Smith,
figura cruciale nello sviluppo del punk e del rock alternativo, e una delle
più importanti poetesse del rock. Cresciuta in New Jersey, la Smith lasciò
il college nel 1967, dopo essere rimasta incinta. Una volta dato il bambino
in adozione, si trasferì nel Greenwich Village, dove incontrò il fotografo
Robert Mapplethorpe. I due intrapresero una relazione e iniziarono a
frequentare l’attiva scena artistica e letteraria di Downtown Manhattan.
Giornalista musicale dilettante, la Smith fece amicizia (e collaborò) con i
Blue Óyster Cult, ed ebbe una lunga relazione con il loro tastierista, Allen
Lanier.
Nel 1974 la Smith iniziò a esibirsi in duo con il chitarrista Lenny Kaye. I
due arruolarono altri musicisti e diedero vita al “Patti Smith Group”, il cui
primo singolo, che le procurò un contratto con la Arista, venne
sovvenzionato da Mapplethorpe. Nel 1975 il gruppo incise l’album
HORSES, che conteneva una meditazione mitopoietica della Smith sul
classico anni Sessanta di Van Morrison, Gloria. Sebbene la sua Gloria
iniziasse con un provocatorio rifiuto della teologia cristiana, la cantante era
cresciuta in una famiglia di Testimoni di Geova, e non ha mai smesso di
professare una profonda spiritualità. Dopo un incidente sul palco che le
provocò la frattura del collo, la Smith ritornò a incidere nel 1978, con
EASTER, disco che includeva la sua versione di Because The Night. Nella
commovente title track, la Smith proclama di essere “terra consacrata”,
“l’infinito germe del mistero”, “la stella della sera” e così via.
Intenzionalmente o meno, la litania della Smith è pressoché identica a un
tipica invocazione a Iside risalente all’antichità.
Sempre nel 1978 incontrò l’ex chitarrista degli MC5, Fred “Sonic”
Smith, il quale fu fonte di ispirazione per i due successivi singoli di Patti,
Frederic e Dancing Barefoot, entrambi presenti in WAVE (1979). I due
Smith si ritirarono in seguito dalla musica per mettere su famiglia.
Ritornarono nel 1988 con l’Lp di Patti DREAM OF LIFE, ma Sonic si
ammalò e morì nel 1994. In seguito alla sua scomparsa, Patti ritornò alla
musica a tempo pieno con il Group nel 1996, dando alle stampe il potente
GONE AGAIN, un’elegia dedicata a Sonic, Mapplethorpe e altri all’epoca
scomparsi. Vale la pena notare che Iside veniva spesso chiamata “la
vedova”. La Smith è rimasta attiva in ambito musicale e continua a ispirare
un rispetto praticamente universale presso la comunità rock. Il suo album
più recente include, significativamente, una cover della White Rabbit di
Grace Slick.
KATE BUSH
Mentre la Nicks e la Smith scuotevano gli Stati Uniti, una giovanissima
e precoce cantautrice che si muoveva lungo analoghe direttrici emerse nel
Regno Unito. Nata da padre inglese e madre irlandese, la Bush crebbe
nell’ambiente idilliaco della campagna inglese. Entrambi i genitori erano
dotati di talento musicale e Kate incominciò a registrare i demo di alcune
canzoni che catturarono l’attenzione di David Gilmour, il quale fece da
intermediario per farle ottenere un contratto con la Emi quando aveva
appena sedici anni. Combinando una fasci- nazione per sesso e misticismo
con un’estensione vocale incredibilmente potente, Kate Bush aveva
trovato un compromesso tra il prog rock e il nuovo movimento art pop
degli anni Ottanta.
Il suo esordio, THE KICK INSIDE del 1978, fu un successo in
Inghilterra, così come il singolo Wuthering Fleights, che la Bush canta dal
punto di vista della spettrale eroina creata nell’omonimo romanzo dalle
sorelle Bronté, Catherine. Nel corso della sua carriera, la cantante ha
esplorato tematiche similmente eteree, con grande disappunto delle frange
più intellettuali della critica. La Bush, inoltre, scioccò il pubblico con la
sua abbagliante bellezza quando si esibì al Saturday Night Live,
dimenandosi su un pianoforte a coda con indosso una tuta aderente di lamé
dorato. Quel genere di nuda sessualità era fuori moda in ambito rock nei
tardi e sciatti anni Settanta, sebbene Michelle Pfeiffer, in seguito, abbia
riproposto il numero nel film I favolosi Baker.
Dopo un secondo lavoro pubblicato in tutta fretta, la Bush finì in cima
alle classifiche inglesi con il terzo Lp, NEVER FOR EVER (1980).
L’album ne mostrava la crescente abilità in studio, così come una
germogliarne coscienza politica, evidente in hit britanniche come
l’antinuclearista Breathing e Army Dreamers. Perfezionista instancabile, la
Bush abbandonò i tour per concentrarsi sulla registrazione e la produzione
di video. Utilizzò la tecnica del campionamento, una novità per l’epoca, in
THE DREAMING (1982), un disco cupo e suggestivo le cui atmosfere
abrasive e le cui parti vocali, più volte sovraincise, mostravano l’influenza
di gruppi post-punk come PIL e Killing Joke.
Intrappolata negli Inferi, tra il prog rock e il post-punk, la musicista ha
avuto una collocazione incerta all’interno della musica pop fino a
HOUNDS OF LOVE del 1985, il cui caldo dance-pop era stato ispirato dal
trasferimento nell’Irlanda rurale. Running Up That Hill, The Big Sky e
Cloudbursting erano gli hit, ma il pezzo forte dell’album era costituito da
The Ninth Wave, una commovente suite di canzoni che raccontava la storia
di una donna naufragata destinata a rivivere le proprie vite passate (inclusa
l’incarnazione in una donna accusata di stregoneria) proiettandosi
astralmente nel cosmo. Tutto molto anni Settanta e cosmico, ma la Bush
riesce a farlo funzionare in quegli anni Ottanta dal cuore di ghiaccio.
L’anno seguente, la Bush raggiunse la Top 10 con Don’t Give Up, un
duetto con Peter Gabriel, e nel 1989 tornò a collaborare con David
Gilmour per l’album THE SENSUAL WORLD, che traeva ispirazione
dall’ Ulisse di James Joyce. Nel 1991 ottenne un hit in Inghilterra con una
cover reggae di Rocket Man, brano di Elton John. E poi, dopo THE RED
SHOES del 1993, scomparve. Le voci e le leggende si sono moltiplicate, e
la Bush ha rotto infine il silenzio nel 2005 con ARIAL, un album doppio
che molti fan considerano il suo capolavoro. Senza fare concessioni alla
modernità, la musicista inglese ha in quella occasione dato origine a una
liturgia pagana postmoderna dedicata al cielo e al mare, con la consueta
miscela di musica sensuale e lussureggiante, passaggi parlati e ghirigori di
suoni trovati alla Pink Floyd.
Il mix di virtuosismo musicale e individualismo assertivo presente nella
Bush ha alterato il Dna della chanteuse postmoderna. Con Grace Slick e
Stevie Nicks, l’artista ha contribuito a interrompere il duopolio tra megera
e madre terra legato ai ruoli femminili nel rock. Sulla scia di HOUNDS OF
LOVE, la cantante canadese Sarah MacLachlan, l’americana Tori Amos e
la discussa artista irlandese Sinead O’Connor si sono abbeverate
abbondantemente all’amalgama di musica e misticismo proposta dalla
Bush, ma hanno ottenuto un successo commerciale maggiore in Nord
America di quanto la più particolare artista inglese abbia mai avuto. Un
nuovo genere di cantanti ispirate alla Bush hanno spinto la MacLachlan a
dare vita a Lilith Fair, un festival itinerante di artiste che ha coinvolto
rappresentanti di successo della musica alternativa per adulti come Fiona
Apple, Paula Cole, Natalie Merchant e Lisa Loeb, tutte quante
spiritualmente debitrici nei confronti di Kate Bush.
SIOUXIE AND THE BANSHEES
Se Kate Bush rappresentava la luce abbagliante del nuovo revival rock
britannico di fine anni Settanta, essa aveva, a Londra, una folle immagine
speculare che incarnava un corrispondente buco nero. Nel 1976 Susan
Ballion, cresciuta nella città natia di Bowie, Bromley, sì ribattezzò
“Siouxie Sioux” e ridefinì l’archetipo della donna stregonesca con una
furia e uno spirito vendicativo che in Inghilterra non si vedeva dai tempi
dei classici film horror della Hammer, risalenti ai tardi anni Sessanta.
Come i suoi compatrioti punk, Siouxie era diventata maggiorenne
all’epoca del glam. Mentre quel movimento stava scomparendo, Siouxie e
i suoi amici del “Bromley Contingent” adottarono i Sex Pistols, agendo
immediatamente da entourage del gruppo. Siouxie divenne maestra nella
provocazione, ostentando in giro il proprio seno nudo, mostrandosi in
tenuta da bondage oppure indossando simboli nazisti, o tutte e tre le cose
insieme. La sua prima apparizione con una formazione dei Banshees fu
una penosa improvvisazione di venti minuti in cui Siouxie urlava il Padre
Nostro e altri frammenti casuali di testi accompagnata dalla band (che
comprendeva il futuro Sex Pistols Sid Vicious alla batteria) e dai suoi
suoni ossessivi.
Siouxie diede infine una stabilità alla band, coinvolgendo il fidanzato di
allora, Steve Severin, al basso, il batterista Kenny Morris e il chitarrista
John McKay. Sfidando le convenzioni del rock, i Banshees modellarono
una versione di punk cupa e spigolosa, ispirata dai Velvet Underground e
dalle colonne sonore dei film horror. Sebbene i testi fossero sovente basati
su temi macabri e riconducibili all’occulto, la band si prese meno sul serio
con Hong Kong Garden, la quale valse loro una presenza nella Top 10
britannica nel 1978.
Scontento dei modi imperiosi di Siouxie, McKay e Morris lasciarono il
gruppo alla vigilia di un tour inglese. Infuriati ma determinati a continuare,
Sioux e Severin ingaggiarono il batterista delle Slits, Peter Clarke (alias
Budgie) e il chitarrista dei Cure, Robert Smith, per onorare gli obblighi
concertistici e televisivi. Budgie rimase fino al loro album successivo,
KALEIDOSCOPE (1980), che raggiunse la Top 5 inglese. John McGeoch
venne in seguito ingaggiato come chitarrista a tempo pieno, e nel 1981 la
band pubblicò juju, una pietra miliare del dark che introdusse nella musica
pop un’energia stregonesca senza precedenti. Sostenuta dal soprannaturale
pulsare dei Banshees, Siouxie urlava testi raccapriccianti ispirati alla
necrofilia, al satanismo da stampa scandalistica e alla magia nera.
Si potrebbe pensare che una ragazza inglese a modo come Siouxie non
avesse motivo di covare pensieri così cupi, ma la sua educazione era stata
tutto tranne che idilliaca. Il padre, alcolizzato, morì quando lei aveva 14
anni, e poco dopo la ragazza contrasse una colite ulcerosa, un lancinante
dolore intestinale che quasi la uccise. Un tormento fisico del genere è
indubbiamente in grado di influenzare una visione del mondo.
I Banshees alleggerirono un po’ il loro approccio con KISS IN THE
DREAMHOUSE del 1982, una raccolta di elogi psichedelici al
polimorfismo sessuale. Nel 1983, tuttavia, la passione per l’alcol causò
l’allontanamento di McGeoch, così Smith venne coinvolto ancora una
volta. La nuova formazione registrò HYENA, che comprendeva brani
morbosi come Bring Me The Head Of The Preacher Man e Pointing Bone,
una canzone ispirata alla stregoneria aborigena.
I Banshees cambiavano chitarristi con la frequenza con cui gli Spinai
Tap cambiavano i batteristi, e Smith abbandonò per riformare i Cure. John
Carruthers venne ingaggiato per TINDERBOX, che vide un ritorno
all’arcano rock chitarristico di juju. Ma Carruthers non era McGeoch, e,
nonostante la consueta carneficina a livello di testi, l’album non riuscì a
ricatturare la contorta intensità che aveva caratterizzato JUJU. I Banshees
cambiarono marcia, allargandosi a quintetto e dandosi a sonorità da rock
alternativo più commerciali. Raggiunsero il successo negli Stati Uniti, ma
si sciolsero nel 1996. Senza perdere tempo, Siouxie e Budgie riformarono
il progetto parallelo The Creatures e ripresero il discorso dal punto in cui
lo avevano interrotto i Banshees. Dopo la separazione del duo, Siouxie ha
proseguito con la propria carriera solista.
COCTEAU TWINS
Una delle innumerevoli band inglesi nate sulla scia di Siouxie furono gli
scozzesi Cocteau Twins, di cui facevano parte la cantante Elizabeth Fraser,
il chitarrista Robin Guthrie e il bassista e pianista Simon Raymonde. Messi
sotto contratto sulla base di un demo fatto in casa e inviato alla autorevole
4ad, i Twins divennero un fenomeno underground in Gran Bretagna. Il
noise cupo e ronzante dei Twins derivava in maniera piuttosto esplicita dai
Banshees ma si distingueva per la voce ipnotica della Fraser, in seguito
descritta come quella di un “alieno” o di una “strega”, o ancora, nelle
parole di un giornalista, come “la voce di Dio”.
I Twins furono straordinariamente prolifici nel loro periodo d’oro, e la
peculiarità
soprannaturale
della
Fraser
ebbe
un’influenza
incommensurabile su tutte quelle artiste che cercavano di eludere i ruoli
limitanti di megera e madre terrena. Curiosamente, la loro svolta in
Inghilterra, nel 1984, arrivò nel momento in cui la Fraser e Guthrie
registrarono un’ipnotica cover di Song To The Siren di Tim Buckley per il
progetto musicale This Mortal Coil, pubblicato dalla 4ad. Siren fu un
successo inatteso e rimase oltre cento settimane nelle classifiche
indipendenti britanniche. Quello stesso anno i Twins pubblicarono il loro
capolavoro TREASURE, che conteneva un’altra canzone dedicata a una
sirena, Lorelei.
I Twins raggiunsero l’apice del loro successo con HEAVEN OR LAS
VEGAS del 1990, un lavoro caratterizzato dal massiccio utilizzo dei
sintetizzatori. In seguito le cose si fecero un po’ difficili, poiché Guthrie e
Raymonde svilupparono una dipendenza dalla droga. Per quanto concerne
la Fraser, le pressioni della maternità e alcuni problemi alle corde vocali
liberarono ricordi di abusi subiti nell’infanzia, il risultato fu un
esaurimento nervoso che richiedette un ricovero. Dopo un paio di album
inferiori alle aspettative, i Twins tornarono insieme per un trionfale tour di
concerti, e ritornarono in studio l’anno successivo, poco prima di subire la
definitiva defezione della Fraser, alla fine del 1997, una decisione che
potrebbe essere stata innescata dalla morte dell’amante d’un tempo Jeff
Buckley, avvenuta al principio di quello stesso anno. Particolare sinistro,
Jeff era il figlio dell’autore di Song To The Siren. Particolare ancora più
sinistro, era affogato nel fiume Mississippi.
I Cocteau Twins hanno avuto una grossa influenza sulla scena pop
sotterranea inglese ed europea, in particolare quella “shoegaze”, che
comprendeva ammiratori della Fraser quali My Bloody Valentine e Lush.
Le prime cose della folle cantante pop islandese Bjork con i Sugarcubes
mostrano un’inequivocabile influenza dei Cocteau, cosi come la musica di
Dolores O’Riordan dei Cranberries. La cantautrice new age irlandese Enya
ha edificato un impero sui passaggi più lievi del suono Cocteau, in
particolare nel singolo che l’ha fatta conoscere al mondo intero, Orinoco
Flow, un titolo alla Cocteau se mai ve n’è stato uno.
DANNO ARTISTICO: Il ROCK ERMETICO
Il termine “ermetico” richiama immagini di alchimisti medievali
rinchiusi in laboratori sotterranei, intenti a respirare vapori chimici mortali
nel disperato tentativo di crackare il codice della Creazione. Il termine
stesso proviene dal leggendario semidio Ermete Trismegisto, una sintesi
dell’Ermete greco e del Thoth egizio, il cui leggendario Corpus
Hermeticum si diceva contenesse i segreti dell’Universo. Questa tradizione
venne riportata in vita con entusiasmo negli anni Sessanta, quando una
schiera di musicisti e produttori, allettati dai nuovi gadget elettronici,
rimanevano coinvolti in session di registrazione che duravano
ventiquattr’ore su ventiquattro.
La tendenza ermetica, nel rock, è fallocentrica quasi quanto lo è
nell’heavy metal e nell’hardcore punk. Gli artisti ermetici si concentrano
sulla tecnica e sull’apparecchiatura, utilizzando lo studio di registrazione
come strumento musicale in sé. I gruppi ermetici sono in genere guidati da
interessi di tipo artistico più che commerciale, e spesso sono in
competizione gli uni con gli altri nell’impresa di espandere le costrizioni
formali, tecniche e tecnologiche.
Il grande eroe ermetico dell’epoca pre-rock è senza dubbio il primo
grande guitar hero americano, Les Paul (1915-2009). Paul non si è limitato
a creare la chitarra elettrica a corpo solido, ma ha anche introdotto la
registrazione multitraccia, l’eco a nastro, e un’intera schiera di innovazioni
tecnologiche, al di là del fatto di essere egli stesso un artista famoso.
L’opera di Paul ha costruito le fondamenta non solo del rock ermetico, ma
dello stesso rock’n’roll.
PINK FLOYD
Il primo vero gruppo ermetico furono i Beatles, che smisero di fare
concerti nel 1966 e si rinchiusero ad Abbey Road per dedicarsi a
interminabili session con George Martin. Ma la prima band di rilievo ad
affermare fin dall’inizio una distinta identità ermetica furono i Pink Floyd.
Il gruppo nacque su iniziativa di alcuni amici nel 1963: Syd Barrett alla
chitarra e alla voce, Roger Waters al basso, Richard Wright all’organo e
Nick Mason alla batteria. Allontanandosi da radici totalmente riconducibili
al R’n’B, Barrett incominciò a scrivere un corpus di canzoni pop maliziose
e spigolose, caratterizzate da astuti giochi di parole e inattesi cambi di
accordo. Il gruppo si intrufolò nella nascente scena musicale psichedelica e
incominciò a incorporare lunghe jam strumentali nei propri set,
intensificandole con strabilianti light show in posti come il leggendario
UFO Club.
A seguito del successo di singoli come Arnold Layne e See Emily Play, i
Floyd registrarono il loro primo Lp, PIPER AT TEIE GATES OF DAWN.
Sebbene oggi venga considerato un classico, alcune registrazioni dei loro
concerti dell’epoca mostrano come PIPER non riuscisse a catturare
completamente la forza che la band era in grado di generare sul palco.
Il futuro dei Floyd si rannuvolò poco dopo l’uscita del disco, quando
Barrett diventò sempre più inaffidabile e imprevedibile. I Floyd
arruolarono David Gilmour per dare una mano alla chitarra, ma Barrett
venne licenziato poco tempo dopo. Il chitarrista contribuì a un brano del
secondo album del gruppo, SAUCERFUL OF SECRETS, ma la band si
rese conto che avrebbe potuto farcela benissimo senza di lui, e così si mise
a investigare in maniera sempre più approfondita paesaggi sonori cosmici
in brani come Set The Controls For The Heart Of The Sun.
I Floyd continuarono a seguire quella vena per mol Cari ti altri dischi,
incrementando le proprie entrate con colonne sonore per film come More o
La Vallee. Con MEDDLE, del 1971, il caos musicale della band
incominciò a trovare una sua coerenza, cosa che aprì la strada a DARK
SIDE OF THE MOON nel 1973, contemporaneamente il loro Lp di
maggior successo e il più atipico, DARK SIDE mostrava i Floyd nella loro
veste più accessibile, con dieci tracce dalla struttura tradizionale. Superò
inoltre le vendite complessive dei dischi precedenti e non è mai uscito di
classifica.
Sentendo probabilmente di essersi eccessivamente compromessi, il loro
lavoro successivo, WISH YOU WERE HERE (1975), conteneva appena
quattro canzoni, una delle quali divisa su due facciate. La canzone che
intitolava il lavoro era una gradevole ballata, ma Welcome To The
Machine, lunga più di sette minuti, proponeva uno stridente groviglio
elettronico, mentre l’amara Have a Cigar si prendeva gioco della loro
stessa compagnia discografica. I Floyd diedero seguito all’album con un
disco ispirato a Orwell, ANIMALS, nel 1977. Ancora una volta l’Lp
conteneva solamente quattro canzoni, e ancora una volta una di queste era
divisa in due parti, ANIMALS era più arrabbiato e caustico di WISH, e
fornì l’occasione a Gilmour per sfoggiare un approccio innovativo agli
effetti elettronici per chitarra.
Ma il gruppo stava andando in pezzi, e così i Floyd, dopo molti anni di
autoproduzione, arruolarono un produttore esterno. Waters aveva ideato un
concept onnicomprensivo al quale aveva dato il titolo di The Wall, una
storia da incubo incentrata su una folle rockstar che si trasforma in un
demagogo fascista: le nuove canzoni erano una miscela di brevi vignette
musicali e concisi, pesanti stomper carichi di wagneriana potenza. Sebbene
gran parte della musica e l’idea stessa provenissero da Waters, furono il
sorprendente e innovativo linguaggio melo- drammatico della chitarra di
Gilmour e le sue seducenti armonie vocali a costituire il punto di forza di
THE WALL. Tutto ciò rispecchiava una dinamica molto particolare
all’interno della band: Waters si considerava la forza creativa alla guida dei
Pink Floyd, ma era la rigogliosa musicalità di Gilmour a trasformarli in
superstar.
La tensione esplose e Waters assunse il pieno controllo in occasione di
THE FINAL CUT del 1983, accolto con scarso entusiasmo. Waters
dichiarò che i Floyd erano finiti, ma Gilmour e Mason non erano
d’accordo e si riunirono nel 1987 per A MOMENTARY LAPSE OF
REASON, un enorme successo che fece conoscere i Pink Floyd a una
nuova generazione. Waters lavorò la band ai fianchi, ma questi nuovi
Floyd andarono avanti intraprendendo una serie tour faraonici, arrivando a
pubblicare un doppio album da vivo e un ultimo album in studio. La
formazione classica si riformò l’ultima volta per un set al concerto di
beneficenza del Live 8 londinese, nel 2008, poco prima della morte di
Wright.
JIMI HENDRIX
Nello stesso periodo in cui i Pink Floyd si facevano una reputazione, un
musicista importato dall’America seminò il terrore nel cuore di ogni
chitarrista inglese finendo per influenzare, per via più o meno diretta, tutti i
musicisti successivi. James Marshall Hendrix nacque nel 1944 e crebbe in
una famiglia di genitori separati nell’area di Seattle. Ricevuta la prima
chitarra all’età di quindici anni, Hendrix, un giovane sensibile e solitario,
prese a esercitarsi continuamente, sviluppando in quelle infinite ore di
solitudine uno stile radicalmente personale. Dopo un periodo nell’esercito,
Hendrix perfezionò i suoi numeri con una serie di gruppi del luogo, e in
seguitò diventò un chitarrista a noleggio per i più importanti artisti soul e
R’n’B dell’epoca. Uno di questi era Little Richard, le cui teatrali esibizioni
avrebbero avuto uno straordinario effetto sul giovane asso.
A New York, Hendrix catturò l’attenzione di Chas Chandler, un
musicista che stava cercando di darsi al management. Travolto
dall’insieme di abilità sovrumane del chitarrista, Chas lo portò con sé in
Inghilterra. Due dei migliori musicisti inglesi, il batterista Mitch Mitchell e
il bassista Noel Redding, vennero ingaggiati per dare vita alla Jimi
Hendrix Experience, e il trio incominciò a suonare a Londra e a Parigi,
facendo istantaneamente nuovi convertiti ovunque suonasse.
Nel 1967, la band pubblicò il proprio esordio, il classico ARE YOU
EXPERIENCED?, e nulla sarebbe più stato come prima. L’affermazione di
Jimi negli Stati Uniti arrivò nel giugno del ’67, con un’incendiaria
esibizione al Monterey Pop Festival, dove il gruppo suonò fianco a fianco
di leggende dei Sixties come Who e Jefferson Airplane. Tutti quanti si
trovarono d’accordo sul fatto che Hendrix li avesse sbaragliati.
Jimi non solo suonava la chitarra, ma utilizzava l’apparecchiatura come
uno strumento, accentuando le sfumature armoniche del feedback e del
sustain generati dagli amplificatori. Hendrix faceva inoltre ampio uso del
crescente assortimento di effetti elettronici immesso sul mercato. Fu
incredibilmente prolifico, dando un seguito al disco di debutto con AXIS:
BOLD AS LOVE, nei negozi prima della fine del 1967. In buona sostanza,
Hendrix inventò la moderna power ballad con l’epica Little Wing, che da
allora venne reinterpretata da artisti come Rod Stewart e Sting. Ispirato da
epiche follie psichedeliche come come SGT. PEPPERS, Hendrix registrò il
doppio ELECTRIC LADYLAND nel 1968, un album che poteva vantare
un cast stellare di musicisti tra cui Steve Winwood e Al Kooper, e che
raggiunse la cima delle classifiche statunitensi.
Dopo che Noel Redding e Hendrix litigarono, Jimi suonò un leggendario
set a Woodstock con una band estemporanea che battezzò Gypsy, Sun And
Rainbows, la quale, a sua volta, si trasformò in Band Of Gypsys,
formazione di breve durata maggiormente orientata al folk e comprendente
Billy Cox e Buddy Miles. Hendrix incominciò a buttar giù pezzi durante la
settimana a New York, tenendo concerti nei weekend con una nuova
versione degli Experience composta, oltre che da lui, da Mitchell e Cox.
Tracce destinate a quello che sarebbe diventato l’album postumo THE
CRY OF LOVE, pubblicato nel 1971, furono registrate negli studi Electric
Lady del Greenwich Village, di cui lo stesso Hendrix era co-fondatore.
Tragicamente, il chitarrista mori a Londra nel 1970, a causa della
reazione a una miscela di vino rosso e tranquillanti, mettendo fine a una
rimarchevole carriera che avrebbe potuto muoversi in qualsiasi direzione.
Circolarono anche voci sinistre sul suo manager e sul personale
dell’ambulanza, poiché la morte era avvenuta in un periodo in cui
morirono altri musicisti chiave.
L’enorme consumo di droga di Hendrix e il suo debole per il sesso
spingerebbero a includerlo nella categoria dionisiaca, ma la sua
instancabile etica del lavoro e le costanti innovazioni tecniche - così come
la sua tendenza a rinchiudersi in studio — raccontano un’altra storia. Il
ragazzino timido, ossessionato dalla fantascienza e dalla letteratura
fantastica, rappresentò sempre una parte consistente della sua personalità,
al di là di quanto potesse apparire stravagante sul palco. Inoltre, la sua
dedizione e il suo virtuosismo hanno avuto un enorme impatto, in
particolare su una nuova generazione di gruppi rock inglesi tra fine anni
Sessanta e primi anni Settanta.
KING CRIMSON
Costituiti da un branco di jazzofili e di virtuosi di formazione classica
guidati dal cantante Greg Lake e dal chitarrista Robert Fripp, i King
Crimson diedero un effetto bruciante e complesso alla psichedelia, poi
divenuto noto, alternativamente, come art rock, progressive rock o
semplicemente “prog”.
Sull’esempio dei King Crimson emerse una moltitudine di gruppi prog,
alcuni dei quali erano gruppi psichedelici del periodo tardo che si erano
messi a comporre tentacolari sinfonie con tanto di assoli autoindulgenti e
testi da fantasy neotolkeniana. Ma dopo lo storico album di debutto del
1969, IN THE COURT OF THE CRIMSON KING, Fripp si ritrovò in
grande difficoltà quando gran parte del gruppo se ne andò. (Lake
abbandonò dopo il secondo disco della band per dare vita a Emerson, Lake
And Palmer). Gruppi come Genesis o Yes offrivano una versione più
digeribile del prog e finirono per ottenere ampio successo, mentre i King
Crimson restarono bloccati in una situazione di stagnazione, resi
zoppicanti da problemi di personale e confusione musicale.
Le fortune di Fripp migliorarono nel 1972. Il solido bassista John Wetton
entrò in formazione, portando con sé uno stile vocale incredibilmente
simile a quello di Lake. Il batterista Bill Bruford abbandonò gli Yes
all’apice della loro popolarità, annoiato dal loro suono sempre più pop. A
partire da LARK’S TONGUES IN ASPIC del 1973, il nuovo modello di
King Crimson offriva un innovativo ibrido di prog e metal, alternando jam
cerebrali a potenti sfuriate. Con RED del 1974, l’elemento cerebrale sfumò
e i Crimson raggiunsero un nuovo assetto basato su una compatta violenza
musicale, uguagliando o addirittura superando qualsiasi cosa i Black
Sabbath avessero mai messo su vinile. Sebbene non avesse messo a ferro e
fuoco le classifiche, RED si sarebbe rivelato una grossa influenza sulla
scena grunge e su quella del metal alternativo, influenzando realtà come
Nirvana e Tool.
Prosciugato dall’intensa prova di RED e sempre più ossessionato dal
misticismo matematico di J.G. Bennett, Fripp sciolse i Crimson dopo un
ulteriore tour e un album dal vivo. Divenne un mago della chitarra
itinerante, suonando con Brian Eno sugli innovativi dischi ambient NO
PUSSYFOOTING ed EVENING STAR e prestando la propria opera a
Blondie, David Bowie e Talking Heads, producendo contemporaneamente
dischi di Peter Gabriel, Daryl Hall e Roches.
Nel 1980 Fripp diede vita a un nuovo modello di King Crimson,
invitando a raggiungere lui e Bruford il cantante e chitarrista Adrian Belew
e il bassista Tony Levin, allo scopo di sviluppare un genere di rock
ermetico totalmente nuovo. A partire da DISCIPLINE del 1981, i nuovi
Crimson costruivano le loro canzoni intorno a ritmi densi e intricati, sui
quali Belew canticchiava e spargeva il proprio caratteristico ingegno
chitarristico. Come era stato per i Crimson dell’epoca di RED, questa
formazione produsse tre album in studio e un live set prima di sciogliersi.
Nei primi anni Novanta, Fripp ha rilanciato per l’ennesima volta il
progetto, che da allora è andato avanti in una forma o nell’altra, dando
libero sfogo a complicati esperimenti sonori di ogni genere.
BRIAN ENO
Complice di Fripp nel corso degli anni è stato Brian Eno, con buona
probabilità l’esempio definitivo di archetipo ermetico nella storia del rock.
Eno iniziò la propria carriera come “non musicista” spudoratamente
androgino, impegnato a belare frammenti atonali di incolto rumore
sintetico per le leggende art-glam Roxy Music. Ma Eno finì per essere
sempre più annoiato dalle ripetitive esigenze di una rock band di successo,
e si avviò a una carriera solista nel 1973.
Il suo primo Lp, HERE COMES THE WARM JETS, radunava la crema
dei musicisti art rock dei primi anni Settanta e li metteva al lavoro su uno
strano mélange di stili, che sostanzialmente creava il modello per il post
punk e la new wave. Eno ripetè il processo su TAKING TIGER
MOUNTAIN BY STRATEGY, e in seguito allargò ampiamente la propria
tavolozza di suoni in ANOTHER GREEN WORLD del 1975, con
performance stellari di Fripp, di Phil Collins alla batteria e del virtuoso del
basso Percy Jones.
In una folle vampata, Eno definì il moderno genere ambient su
DISCREET MUSIC, si riunì a Fripp per EVENING STAR, e registrò con i
krau- trocker Cluster prima di ingaggiare nuovamente Fripp, Collins, Jones
e altre stelle per before and after science, che affinò la formula di GREEN
WORLD. Dopo quel successo, Eno si prese una pausa dalla carriera solista
e raggiunse David Bowie a Berlino per la celebre “trilogia berlinese” di
quest’ultimo, contribuendo a low e a HEROES, entrambi pubblicati nel
1977, e a lodger del 1979.
In tutto questo trovò il tempo per una serie di innovative esplorazioni
ambient, pubblicando MUSIC FOR AIRPORTS, MUSIC FOR FILMS, e
un lavoro con il duo tedesco dei Cluster, tutto quanto nel 1978. “La musica
rock non è più in grado di produrre quella qualità spirituale”, disse Eno.
“Nonostante tutte le critiche fatte alla musica psichedelica, non vi è dubbio
che fosse legata alla creazione di un’estesa consapevolezza”.
TALKING HEADS
Malgrado queste sue convinzioni, Eno continuò a farsi ingaggiare come
produttore e contribuì all’esordio dei Devo e al secondo album dei Talking
Heads. Gli Heads nacquero presso la prestigiosa School Of Design di
Rhode Island su iniziativa del cantante e chitarrista David Byrne, dalla
bassista Tina Weymouth e dal batterista Chris Frantz. Il gruppo si trasferì a
New York, suonando nel nascente circuito punk e presso le feste delle
scuole d’arte. Il multistrumentista Jerry Harrison si aggiunse alla band e il
gruppo registrò il proprio esordio, TALKING HEADS, nel 1977, per
l’etichetta Sire. Il suono degli Heads era teso e ispido, e la loro immagine
era convenzionalmente sfigata. La band cantava una serenata ai
newyorchesi scossi dagli omicidi del Figlio di Sam54 con il singolo
Psycho Killer, enorme e tempestivo hit. Eno ampliò considerevolmente la
tavolozza di suoni degli Heads, in origine secca e graffiarne, su MORE
SONGS ABOUT BUILDINGS AND FOOD, e la band entrò nella Top 40,
al principio del 1979, con una sballata cover di Take Me To The River di
Al Green.
Dopo aver lavorato al classico FEAR OF MUSIC del 1979 (che
produsse un altro classico del rock paranoico come Life During Wartime),
Eno e David Byrne intrapresero una serie di esperimenti su temi musicali
africani che sfociarono in un ulteriore classico, REMAIN IN LIGHT del
1980, e MY LIFE IN THE BUSH OF CLioSTS del 1981, opera
pubblicata a nome Byrne-Eno e ampiamente citata come influenza
fondamentale per l’hip-hop dei tardi anni Ottanta. Dopo l’abbandono di
Eno, gli Heads sfondarono come celebrità pop nel 1983, anno in cui
girarono l’influente documentario concerto Stop Making Sense, diretto da
Jonathan Demme, un vertice artistico il cui suono passò successivamente a
una forma leggera di pop new wave. Quando David Byrne finì sulla
copertina di «Time», il dorato periodo creativo degli Heads era tramontato
da tempo.
PETER GABRIEL
Un altro veterano del prog che entrò nella sfera di un rock futurista è
Peter Gabriel, ex cantante dei Genesis. Nei primi anni Settanta, Gabriel
divenne famoso per via dei costumi e delle esibizioni stravaganti,
sconcertando il pubblico con il proprio comportamento teatrale e i
monologhi sconclusionati sul palco. Ma i Genesis restarono un culto
ampiamente diffuso finché Gabriel rimase in carica, e il suo ultimo disco
con la band fu, nel 1975, l’epico doppio Lp THE IAMB LIES DOWN ON
BROADWAY, un concept album basato su una visione da incubo di New'
York che egli stesso aveva avuto.
La tensione con la band raggiunse il culmine nel momento in cui il
cantante piombò in uno stato di depressione causato dal fatto che il suo
primo figlio era nato con seri problemi di salute, e abbandonò il gruppo
dopo il tour di supporto a THE LAMB.
Fortunatamente, Gabriel ebbe successo con Solisbury Hill, tratta dal suo
primo album solista del 1977. Il resto del disco conteneva del patinato rock
mainstream (confezionato da Bob Ezrin, produttore di Pink Floyd e Alice
Cooper), non esattamente ciò che Gabriel era interessato a suonare.
Ingaggiò Robert Fripp per uno spoglio secondo album, preparando il
terreno al suo storico terzo lavoro (anch’esso senza titolo). Gabriel
coinvolse per l’occasione un cast stellare che includeva Fripp, Kate Bush e
Phil Collins, intorno ai quali il produttore Steve Lilvwhite aveva scolpito
un suono rock cupo e denso. La Bush duetto sull’antimilitarista Games
Without Frontiers, il cui surreale video comprendeva una performance di
Gabriel, frenetica come al solito.
Gabriel sfruttò a pieno l’esplosiva varietà che concedeva la nuova
elettronica sul disco successivo, SECURITY del 1982 :. La traccia chiave
del lavoro era Shock The Monkey, per la quale Gabriel produsse un
magnifico videoclip che aveva per protagonista un uomo d’affari alle prese
con il proprio l’esaurimento dissociativo. Gabriel, in seguito, si avvicinò al
mainstream con SO (1986), una collezione di radiofonici pezzi soft rock
che balzò in cima alle classifiche grazie al premiato video animato di
Sledgehammer. In seguito, coinvolgendo una serie di musicisti provenienti
da tutto il mondo, nel 1989 Gabriel compose l’epica colonna sonora de
L'ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese, con la quale si aggiudicò
un Grammy e un Golden Globe. Gabriel impiega degli anni a creare i
propri album, in maniera meticolosamente artigianale, ma lo si può ormai
considerare un anziano statista dell’art rock britannico. Allo stesso tempo,
nel corso degli anni, non ha mai smesso di promuovere cause politiche e
ambientaliste.
SONIC YOUTH
Nel pieno dell’iperattività anni Settanta di Eno, questi trovò il tempo di
produrre, nel 1978, la compilation NO NEW YORK, documentando in
questo modo la cosiddetta scena No Wave che si era coalizzata intorno a
rumoristi estremi come Mars e DNA. La No Wave ebbe una vita molto
breve e persino i punk più irriducibili facevano fatica a digerirla, ma un
gruppo ispirato dall’autoconsapevole artisticità del movimento sviluppò
uno stile radicalmente dissonante che ebbe un’influenza enorme sul rock
indipendente degli anni Ottanta e Novanta.
I Sonic Youth - il cantante e chitarrista Thurston Moore, sua moglie, la
cantante e bassista Kim Gordon, il batterista Steve Shelley e il chitarrista
Lee Ranaldo - fondevano le innovazioni fortuite della No Wave con il
garage punk e varie influenze nel campo dell’avanguardia, dando vita così
a uno stile perennemente alla moda che alternava momenti elegiaci e
assalti sonori. I Sonic Youth utilizzavano accordature e trattamenti insoliti
(percuotendo ad esempio le loro chitarre con le bacchette della batteria,
ecc.), e aggiungevano volumi spaccatimpani alla hipness e all’ironia prima
che queste divenissero strumenti di marketing. Sebbene il loro profilo si
sia considerevolmente abbassato ultimamente, la band è sopravvissuta
dedicandosi a una visione musicale esoterica. Neppure un best o/ideato per
la catena di caffè Starbucks potrebbe macchiare la loro sempreverde
credibilità indie.
RADIOHEAD
I Radiohead nacquero cavalcando grunge e britpop e ottennero un grosso
successo nel 1993, con Creep. Ma fu con il secondo album, THE BEN OS
(1995), che la band incominciò a farsi notare, ricorrendo a influenze
variegate quali Pink Floyd, Queen, Echo And The Bunnymen e Nirvana. I
Radiohead ampliarono ulteriormente i loro orizzonti sonori con OK
COMPUTER del 1997, generalmente riconosciuto come uno dei più
importanti dischi degli anni Novanta. Il primo singolo tratto dall’album,
Paranoid Android, stimolò paragoni con Bohemian Rhapsody, e il disco fu
anche un successo commerciale, guadagnandosi il doppio platino negli
Stati Uniti.
In seguito, i Radiohead si sono gettati a testa bassa negli idiomi
postpunk e post-rock su K/da (2000), una polarizzante raccolta di brani a
base di noise elettronico, esperimenti ambient, e abrasivo, dissonante
bebop. Nonostante il suo carattere controverso, il disco raggiunse la vetta
delle classifiche negli Stati Uniti c in Gran Bretagna. Lina raccolta
gemella, con brani tratti dalle stesse sessioni, AMNESIAC, venne
pubblicata l’anno successivo. Nel 2003 la band è inciampata in HAIETO
THE THIEF, un apatico compromesso tra il rock più convenzionale e il
loro recente sperimentalismo.
Dopo un lungo periodo dedicato ai tour, i Radiohead si sono liberati del
loro contratto con la Capitol e nel 2007 hanno pubblicato IN RAINBOWS
direttamente sul loro sito Web. Sintetizzando gli innumerevoli impulsi
contrastanti con i quali il gruppo si era destreggiato in precedenza, il disco
è stato salutato come un ritorno alla forma dei tempi migliori. I Radiohead
sono sopravvissuti a quasi tutti i gruppi loro contemporanei dei primi anni
Novanta, e probabilmente una gran parte di questo è merito del loro rifiuto
di ripetersi. Non che sia garantito, ma l’adesione a principi ermetici spesso
permette all’artista una longevità ad altri non concessa.
I fan del prog, del post punk e dell’art rock sono in genere persone
riflessive, interessate al percorso più lungo, proprio come gli artisti stessi. I
principi ermetici hanno persino attecchito in ambito metal, e molti artisti di
culto come Opeth, Fool e Mastodon sono fortemente influenzati dal prog e
dalle sue innumerevoli ramificazioni.
MILIZIE METALLICHE: I NUOVI CORIBANTI
L’utilizzo dell’amplificatore per chitarra fu più frutto del caso che di una
vera e propria innovazione. Gli amplificatori avevano dimensioni modeste
se rapportati agli attuali colossi, e quando le band alzavano i volumi per
riempire sale da concerto più grandi, quel tipico suono rock distorto era in
realtà quello dell’attrezzatura che non funzionava. Ma verso la fine degli
anni Sessanta venne fuori un movimento che rese la distorsione oggetto di
devozione quasi religiosa, ispirando una cultura del machismo e della
musica violenta elaborata, devota e diffusa come non se ne vedevano dai
tempi dei Coribanti. Al ribelle del rockabilly Link Wray viene
generalmente attribuito il primo utilizzo intenzionale della distorsione sul
suo successo del 1958, Rumble, con buona probabilità il primo brano
strumentale a venire bandito dalle radio (sebbene per via del titolo
violento, ‘lotta tra gang’). Wray aveva praticato dei buchi nel cono di carta
dell’altoparlante del suo amplificatore per ottenere l’effetto.
KINKS
Rumble infiammò una generazione di giovani chitarristi, ma il primo a
incorporare il suono distorto nel proprio stile fu Dave Davies dei Kinks,
leggendario gruppo inglese. Davies fece esperimenti utilizzando una
moltitudine di tecniche differenti per sviluppare un suono che fosse grezzo,
sì, ma in maniera affidabile, al punto da rischiare di fulminarsi in uno di
questi tentativi. Ma lui e il fratello Ray svilupparono un vocabolario a base
di riff semplici e ripetitivi ispirati dalle classifiche R’n’B, e ottennero una
manciata di successi con You Really Got Me, All Day And All Of The
Night e Tired Of Waiting.
Davies tenne per sé i suoi segreti e ci vollero un paio d’anni affinché
quel suono prendesse piede, mentre altri musicisti facevano a botte con la
notoriamente inaffidabile apparecchiatura del tempo. La Gibson risolse
questi problemi nel 1965 con il Maestro Fuzztone, effetto reso famoso da
Keith Richards in (I Can’t Get No) Satisfaction. Gli stessi Kinks si
sarebbero poi dedicati a generi più leggeri, inclusi folk rock e music hall, e
la loro popolarità ne avrebbe sofferto. Ma il punk rock e l’incendiaria
cover di You Really Got Me incisa dai Van Halen spinse il gruppo a
recuperare il vecchio suono, mossa che consentì loro di avere nuovamente
successo con una manciata di album nei tardi anni Settanta e primi Ottanta.
WHO
Tra chi cercò di rubare la formula ai Kinks ci furono gli Who, quartetto
con base a Londra che mosse i primi passi suonando “maximum R’n’B”
alimentato ad anfetamine all’apice dell’azzimata scena Mod britannica. In
un primo momento gli Who adattarono i riff semplici e rumorosi dei Kinks
su I Cant Explain e poi sull’innodica My Generation, entrambi degli hit.
Gli stizzosi musicisti cercavano costantemente di superarsi a vicenda: il
chitarrista Pete Townhend utilizzava pesanti riff come base su cui John
Entwistle e il batterista Keith Moon scatenavano una vertiginosa bufera di
note, e il loro vigoroso cantante, Roger Daltrey, urlava e sbraitava. La band
divenne inoltre nota per la costosa abitudine di distruggere gli strumenti
alla fine delle esibizioni. L’effetto complessivo era fragoroso, aggressivo,
ipermascolino.
Il potente approccio all’hard rock degli Who aveva le proprie radici nelle
complesse interazioni sociali in atto in Inghilterra. Pete Townshend
avrebbe spiegato in seguito che il suo stile aggressivo alla chitarra e il caos
generato sul palco era una reazione ai soprusi subiti da parte della
generazione che aveva vissuto la Seconda Guerra Mondiale, la quale,
essendo sopravvissuta ai combattimenti e alla campagna di bombardamenti
di Hitler, considerava i ragazzi degli anni Sessanta delle “femminucce”. Il
crescente stridore nel rock britannico rappresentava la replica della nuove
generazioni.
Townshend allargò la formula a base di riff degli Who in altre direzioni
per creare la “rock opera” TOMMY. Ma furono i violenti concerti del
gruppo a determinare un nuovo standard per l’heavy metal e l’hard rock.
Circondati da muri di altoparlanti, gli Who scatenavano un’onda di rumore
differente da qualsiasi cosa si fosse ascoltata in precedenza. LIVE AT
LEEDS (1970) catturava il caos primario degli Who sul palco, un suono
tentacolare e legato all’improwisazione basato non sulla sola chitarra
distorta ma su un basso che lo era altrettanto. Nel 1971, gli Who
ottimizzarono il proprio suono su WHO’S NEXT, aggiungendo prolungati
passaggi di sintetizzatore al fragore di fondo. La scrittura di Townshend si
fece sempre più sofisticata (un’altra opera rock, QUA- DROPHENIA, uscì
nel 1973), e la band divenne uno dei gruppi rock più importanti degli anni
Settanta, accanto a Stones e Led Zeppelin.
CREAM
I Cream furono il primo “supergruppo” della storia del rock, costituito
dai più freschi musicisti della scena londinese. Furono anche il primo
gruppo di successo a perfezionare il nuovo suono hard rock. Influenzato
dal grezzo blues di Chicago, Eric Clapton sviluppò un timbro grasso e
ronzante che sarebbe poi diventato il prototipo per i solisti rock e metal
successivi. Jack Bruce e Ginger Baker andavano a costituire un’agile
sezione ritmica che si alzava in volo e swingava laddove strumentisti meno
abili non sarebbero stati minimamente in grado di farlo. Il loro esordio del
1966, FRESH CREAM, sintetizzava blues, rock e pop, smentendo
l’affermazione di Clapton, il quale aveva sostenuto di aver lasciato gli
Yardbirds per perseguire un approccio purista al blues.
Il primo tour americano ebbe un forte impatto sulla scena di San
Francisco, e ben presto le band psichedeliche si misero a esplorare quella
stessa strada heavy blues. Sigle con virtuosi sulla scia dei Cream
spuntarono numerose, ad esempio Electric Flag, Fleetwod Mac e Jeff Beck
Group, questi ultimi con un giovane Rod Stewart, Ron Wood, futuro
Rolling Stone, e l’ex Yardbird Beck.
Ma le jam dei Cream, lunghe, rumorose e prolisse, non erano beati
abbandoni con l’obiettivo di far scuotere giovani culi: Clapton avrebbe in
seguito ammesso che le epiche improvvisazioni dal vivo erano solamente
una scusa per mettere in mostra il loro repertorio di trucchi. Queste cattive
abitudini sedussero una moltitudine di gruppi, arrivando infine a provocare
una forte reazione negativa da parte del punk rock. I Cream si sciolsero nel
1968, e Clapton negli anni Settanta diventò una star del soft rock. La band
si è riunita nel 2005 per tenere un paio di concerti alla Royal Albert Hall e
al Madison Square Garden.
IL TUONO DELL’HEAVY METAL
L’origine esatta del termine heavy metal è tuttora controversa. Gli
Steppenwolf cantarono di un “heavy metal thunder” (‘tuono del metallo
pesante’) su Born To Be Wild, il che avrebbe spinto i giornalisti a
utilizzare l’etichetta per descrivere i migliori gruppi hard rock. Negli anni
Sessanta l’hard rock più pesante, basato sul blues, di gruppi come Cream,
Jimi Hendrix Experience e Deep Purple finì per essere identificato con il
termine “acid rock”, in origine un’espressione generica che designava le
più eclettiche band di Haight-Ashbury. Rocker acidi come Blue Cheer,
Vanilla Fudge e Iron Butterfly vengono spesso citati come primi gruppi
proto-metal: erano gruppi che offrivano una versione del- l’hard rock
spoglia, dai volumi altissimi, caratterizzata dalla venerazione per il volume
e per l’eccesso. Tra questi, i Blue Cheer sono senza dubbio i più
importanti, avendo definito il martellamento da timbro fuzz, vagamente
basato sul blues, del primissimo heavy metal.
I Blue Cheer pubblicarono due album nel 1968, che insieme crearono il
grasso schiacciasassi, da Cream fatti di Qaalude56, che i Led Zeppelin e i
Black Sabbath avrebbero fatto loro l’anno successivo e quello dopo
ancora. Il primo dei due dischi, VINCKBUS ERUP'I'UM, valse loro un
successo con la cover di Summertime Blues di Hddie Cochran, che diede
alle radio mainstream il primo esempio di heavy metal “a tutto volume”.
Ma il gruppo era imprevedibile, e subì cambi di formazione a raffica, oltre
che cambi di stile. I diciassette minuti di In-A-Gadda-Da-Vida degli Iron
Butterfly ebbero anch essi un certo successo nell’estate del 1968, sebbene
al brano mancasse l’intensità disperata dei Blue Cheer.
Ci fu un periodo in cui l’heavy blues e l’heavy metal erano adiacenti, ma
le cose cambiarono velocemente quando l’esordio dei Black Sabbath
definì inequivocabilmente le caratteristiche di un nuovo genere. Due
album dei Led Zeppelin diedero corpo al cambiamento, con poderosi canti
funebri blues che davano spazio a forme epiche più varie ed espansive.
Questo genere di approccio ispirò decine di gruppi di successo, che
propinarono le proprie variazioni sul canovaccio di base.
I Deep Purple introdussero degli elementi classici, con l’organo di Jon
Lord che duellava a suon di riff con la chitarra di Ritchie Blackmore.
I Grand Funk Railroad, provenienti da Detroit, facevano il tutto esaurito
allo Shea Stadium, spacciando la propria variante di generico R’n’B
proletario. I bostoniani Aerosmith fondevano un blues rock alla Stones con
il rombo delle chitarre zeppeliniane, e negli anni Settanta incisero una serie
di album di successo, prima che i problemi con la droga li fermassero,
intorno alla fine del decennio. La loro line-up classica si diede una ripulita
e riprese il discorso dal punto in cui lo aveva lasciato a metà anni Ottanta,
ottenendo un successo addirittura maggiore. Gruppi come ZZ Top e
Lynryd Skynyrd offrivano una variante heavy blues da frittura sudista,
ispirando il movimento Southern Rock. Gli irlandesi Thin Lizzy
aggiunsero alla miscela un po’ di poesia celtica, diventando stelle di prima
grandezza in Gran Bretagna e ottenendo un inaspettato successo negli Stati
Uniti. Il sanguinario chitarrista Ted Nugenr si fece notare negli Am boy
Dukes, disinvolta formazione psichedelica che si evolvette diventando una
metallica boogie band. Nugent fece il botto quando si dedicò alla carriera
solista, a partire dalla metà degli anni Settanta, introducendo una versione
taroccata della smania che aveva caratterizzato i concerti degli MC5,
diffondendola presso un pubblico più vasto.
Tuttavia, nel corso degli anni Settanta separare l’hard rock dall’heavy
metal era una faccenda spinosa. I Led Zeppelin disprezzavano il termine
heavy metal, e si sforzarono sempre di sottolineare l’ampia gamma di stili
musicali che erano in grado di affrontare. I Kiss avevano senz’altro un
aspetto da gruppo metal, ma di fatto proponevano un hard rock piuttosto
regolare. I Blue Oyster Cult tiravano in ballo il cupo misticismo e la
teatralità machista del metal, ma il loro suono era profondamente radicato
nell’acid rock degli anni Sessanta. I Rush possedevano l’eccesso glorioso e
la voce penetrante, ma erano troppo consapevolmente intellettuali e
ossessionati dal prog per rientrare nella categoria dei mutanti metal.
Il cammino verso un suono heavy metal ben distinto iniziò a metà anni
Settanta e subì una repentina evoluzione al principio del decennio
successivo. Appena in tempo, un branco di ubriaconi disadattati australiani
si mise a costruire il muro divisorio.
AC/DC
Gli AC/DC erano stati fondati da alcuni scozzesi emigrati in Australia,
tra i quali i fratelli Angus e Malcolm Young, e lo smaliziato Bon Scott alla
voce. Gli AC/DC suonavano incessantemente, piazzando talvolta tre
esibizioni nello stesso giorno, in tre diversi locali. Nel 1975 pubblicarono
HIGH VOLTAGE e TNT, entrambi carichi di uno spoglio hard rock che
enfatizzava in maniera particolare il fragore della chitarra, la quale
sovrastava spesso e volentieri la voce di Scott. La band si imbarcò in un
tour incessante, facendo causa comune con i punk durante la permanenza
in Inghilterra.
Gli AC/DC esplosero come fenomeno, negli Stati Uniti, con HIGHWAY
TO HELL (1979), disco in cui il suono talvolta trasandato del gruppo
venne ripulito dal celebre negriero Robert “Mutt” Lange. Ma il successo di
HIGHWAY TO HELL avrebbe continuato a perseguitare il gruppo durante
le varie cacce alle streghe contro il rock degli anni Ottanta. Il brano che
intitolava il disco rappresentava il più trito dei cliché rock, una road song
che celebrava la vita da tour e allo stesso tempo si lamentava delle
difficoltà annesse. Tuttavia, presto incominciarono a diffondersi voci
ridicole sul fatto che il nome della band potesse essere un acronimo di
“Anticristo/Figli del Demonio”. Ma l’ultima traccia di HIGHWAY l'O
HELL, Night Prowler, rappresenta qualcosa di totalmente differente: un
canto funebre blues che parla di un molestatore. La canzone ottenne una
spiacevole notorietà quando un vero serial killer, di nome Richard
Ramirez, ne fece il proprio inno personale. Satanista dichiarato e fanatico
degli AC/DC, Ramirez sostenne nel 1985 che la canzone gli aveva ispirato
una serie di omicidi.
Durante la preparazione del seguito di HIGHWAY, Bon Scott morì per
intossicazione acuta da alcol e venne sostituito dal cantante inglese Brian
Johnston. Nel 1980 la nuova formazione pubblicò BACK IN BLACK,
disco che offriva una versione patinata e raffinata dell’inconfondibile
assalto sonoro praticato dal gruppo. L’album, ripulito definitivamente di
qualsiasi restante vestigia punk o trasandatezza simile da Lange, si
aggiudicò più volte il disco di platino. Il nuovo suono degli AC/DC
seguiva il modello tracciato dal blues rock dei Free nel loro successo del
1970. All Right Now, un agile riff di derivazione blues con in cima una
chitarra solista smozzicata e un urlo anch’esso, come il resto, blues. Young
si appropriò addirittura dell’inconfondibile vibrato chitarristico di Kossoff.
Johnson possedeva una voce più acuta di quella rauca di Scott, e si inseriva
alla perfezione in una nuova generazione di urlatori metal con studi
operistici alle spalle. Da allora il gruppo ha proseguito con il formato di
RACK IN BIACK, e gli AC/DC vengono considerati le eminenze grigie
del metal di oggi.
JUDAS PRIEST
Gli AC/DC diedero una speranza a tutti gli headbanger quando eroi
come Black Sabbath, Led Zeppelin e Deep Purple incominciarono a
entrare in una fase di declino o si sciolsero. Provenienti dalla fuligginosa
Birmingham, i Judas Priest si misero in testa di diventare il gruppo heavy
metal definitivo, impegnandosi incessantemente nel raggiungimento di
quell’obiettivo. Ricavando il proprio look macho alla Con an il Barbaro
misto Mad Max dall’undergound gay sadomaso, i Priest offrivano un
punto di vista rovesciato sul gender-bending del glam.
ROCKA ROLLA, del 1974, vedeva i Priest ancora impantanati, alle
prese con i linguaggi tradizionali, ma indicava che il passaggio a una più
snella formula metal stava già scalpitando. SAD WINGS OF DESTINY
(1976) ostentava una maggiore sicurezza, e vantava un suono più
aerodinamico e riconoscibilmente metallico, ma anche un’atmosfera cupa
da fumetto o film horror e testi tetri e violenti che in pezzi come Island Of
Domination e Tyrant finivano in territori sadomaso, STAINED CLASS
(1978) comprendeva arrangiamenti barocchi e debolezze teatrali in testi
da “spada e magia” come Saints In Hell e Beyond The Realms Of Death. Il
fragoroso suono dei Priest faceva ancora a botte con una produzione
opaca, ma si trattava inequivocabilmente di heavy metal, senza debiti nei
confronti del blues o dei groove drogati di scuola acid rock.
Nel 1979, i Priest pubblicarono HELL BENT EOR LEATHER (poi
intitolato KILLING MACHINE nel Regno Unito) e il disco live
UNLEASHED IN THE EAST, entrambi caratterizzati da una produzione
nettamente migliore, entrambi efficaci nell’evidenziare le innovazioni
metalliche del gruppo. Questi dischi ebbero un profondo effetto sullo
sviluppo del genere: quello che i concittadini Sabbath avevano creato nel
1970, i Priest lo avevano ridefinito alla fine del decennio.
A seguito di una serie di travolgenti successi, BRITISH STEEL del
1980, SCREAMING FOR VENGEANCE del 1982, il preferito dai fan, e
DEFENDERS OF THE FAITH del 1984, la band fece un passo falso,
TURBO (1986) era un freddo tentativo di capitalizzare sulla moda popmetal che dominava le playlist di Mtv. I Priest si trovavano ad affrontare
un esercito di concorrenti più giovani e veloci e fecero fatica a restare a
galla. La band riprese il passo con PAINKILLER del 1990, ma in seguito a
un trionfale tour mondiale Halford lasciò. Il gruppo allora reclutò Ripper
Owens, proveniente dalle fila di una tribute band, e in seguito ispirò il film
Rockstar, con Mark Wahlberg. I Priest guidati da Owens non fecero molta
strada, e Halford ritornò nel 2005. I Judas Priest sono attualmente
considerati i tedofori del metal britannico.
IRON MAIDEN
Sulle tracce dei Judas Priest c’erano i londinesi Iron Maiden, il cui
suono originario era più vicino a quello di gruppi della terza ondata punk
come gli UK Subs e gli Stiff Little Fingers che a quello di Black Sabbath o
AC/DC, anche se avevano una chitarra influenzata da Ritchie Blackmore
messa in bella evidenza. Dopo aver sostituito il ringhiarne vocalist Paul
Dì’Anno con un urlatore più tradizionalmente heavy metal di nome Bruce
Dickinson, il disco della consacrazione, NUMBER OF THE BEASI del
1982, introdusse sia un suono di chitarra simile al trapano del dentista che
un’idea cinematografica di metal.
Come i Priest, i Maiden propongono un mondo fantastico e cupo a base
di violenza, fuoco e machismo, progettato per piacere ai proletari maschi
adolescenti dall’ego insicuro. Il movimento metal divenne di fatto una
religione proletaria, in particolar modo in un periodo dalle prospettive così
incerte. Reagan e la Thatcher facevano a pezzi la vecchia economia
industriale e i lavori da colletti blu venivano appaltati in grandissima
maggioranza all’estero. Il mondo inequivocabilmente maschile dell’heavy
metal rendeva possibile l’esistenza di una sorta di realtà virtuale a base di
musica, fantasia e senso di appartenenza a una comunità, a cui i fan
potevano affezionarsi. La storia del rock, dunque, ci insegna che più la
musica è rumorosa, più riesce a ispirare una devozione di tipo religioso.
Dioniso capirebbe.
Negli anni Ottanta, la stampa rock era ampiamente dominata da gente
nata nel periodo del baby-boom, convinta che il metal rappresentasse un
dozzinale sostituto degli eroi hard rock che ascoltava in gioventù come i
Cream o Jimi Hendrix. Ma la sentenza dei giornalisti era rivolta sia ai fan
che alla musica. Per reazione, gli stessi fan diedero vita alle loro fanzine e
crearono reti per lo scambio delle cassette, entusiasmandosi per gruppi che
nessun altro aveva ancora ascoltato. “Eravamo come delle società segrete”,
rivelò successivamente il fanzinaro Ron Quintana. Da questo movimento
underground emersero band che fecero del disco di platino un nuovo
standard dell’heavy metal.
MOTÖRHEAD
Molti fan del metal anni Ottanta si ispiravano dichiaratamente alla scena
hardcore e alla sua etica fai da te. Nello stesso periodo i Motorhead, un
power trio guidato dall’ex bassista degli Hawkwind, Lemmy Kilmister,
gettavano un ponte tra il pubblico del metal e quello del punk. Per un
ascoltatore casuale dell’epoca era difficile distinguere i primi Motorhead
dai gruppi hardcore punk, al di là della produzione più accurata e
dell’abilità esecutiva (oltre alle canzoni un po’ più lunghe).
Ma il rumore era rumore, e Lemmy cantava le sue lodi alle droghe, alla
violenza e all e jailbait sul martellare incessante del gruppo, con una voce
sconvolta che assomigliava a quella di un orco. Sebbene i Motorhead
avessero un seguito consistente in Gran Bretagna ed Europa, erano troppo
crudi e bizzarri per piacere al pubblico americano. Nonostante abbiano
influenzato una moltitudine di band famose, sono sempre rimasti una
realtà commercialmente marginale. Comunque, resistono tuttora, e la loro
longevità, così come il loro rifiuto (o la loro incapacità) di arrivare a
compromessi continua a suscitare ammirazione.
METALLICA
Nella maniera più improbabile, due fan del metal americani presero i
mattoni del suono Motorhead combinandoli con frammenti di altre oscure
band metal britanniche, diventando i portavoce di un nuovo standard nel
genere. James Hatfield e Lars Ulrich erano dei fanatici irriducibili del
metal, ma non avevano ancora unito le loro forze per formare un gruppo.
L’opportunità si manifestò sotto forma di una compilation dedicata al
metal underground, che spinse i due a mettere insieme una prima,
provvisoria versione dei Metallica per Hit The Lights. Incoraggiati dalle
reazioni, i ragazzi ingaggiarono il bassista Cliff Burton e il chitarrista Dave
Mustaine (in seguito sostituito da Kirk Hammett) e presero a esercitarsi
mattina, pomeriggio e sera.
I Metallica non andavano d’accordo con i maschi alfa più vecchi ed
esperti che frequentavano la scena di Los Angeles, ma lo stesso si poteva
dire di molti loro fan. Si sviluppò così una scena alternativa che vedeva gli
stessi Metallica nel ruolo di stelle destinate a sfondare. Un rivenditore di
New York diede vita alla Megaforce Records, un’etichetta dedicata al
metal underground, e li mise sotto contratto. La prima uscita in catalogo fu
proprio KILL ’EM ALL dei Metallica, un disco che combinava lo
spericolato abbandono dei Motorhead con tocchi più levigati alla Iron
Maiden. L’apice dell’album era Metal Militia, un’ode autoreferenziale che
rende inconsciamente omaggio ai Coribanti.
Un secondo disco, RIDE THE LIGHTNING del 1984, mostrava la
crescente influenza di H.P. Lovecraft, e metteva insieme rock veloce e
materiale più lento. L’album successivo del gruppo, MASTER OF
PUPPETS (1986), strappò via i Metallica dall’underground
scaraventandoli in cima alle vette del genere. I virtuosismi sferzanti e
l’inclinazione politicamente rabbiosa del disco fecero guadagnare alla
band le lodi della critica estranea al ghetto metal, cambiando le regole di
tutto il metal successivo.
Nei tardi anni Ottanta, Metallica, Megadeth, Slayer e i newyorchesi
Anthrax furono i provvisori leader del movimento, sebbene ogni giorno si
formassero centinaia di gruppi determinati a usurparne il trono. I Metallica
rimasero piuttosto scossi quando il bassista Cliff Burton restò ucciso in un
incidente automobilistico, avvenuto su un’autostrada gelata in Svezia.
Jason Newsted ne prese il posto, ma non venne mai del tutto accettato
come componente fisso del gruppo e lo lasciò nel 2001. Avendo portato il
concetto di thrash alla sua logica conclusione con AND JUSTICE FOR
ALL del 1988, i Metallica si concentrarono sulla scrittura dei brani,
piuttosto che sul mero assemblaggio di riff, nel loro album omonimo del
1991, meglio conosciuto come THE BLACK ALBUM. Il disco ebbe un
incredibile successo e permise al gruppo di passare sulle radio rock
mainstream grazie a pezzi innodici che deviavano bruscamente verso il
metal tradizionale come Sad But True, Enter Sandman e The Unforgiven.
Alcuni metallari irriducibili si lamentarono del cambiamento, ma la band
si trovava nella posizione ideale per resistere al tifone grunge che nei primi
anni Novanta avrebbe spazzato via dalle classifiche quasi tutti i gruppi
metal più in vista. Band che avevano dato per scontati il successo e la
celebrità si resero a malapena conto di ciò che stava loro accadendo nel
momento in cui gruppi come Nirvana e Pearl Jam occuparono le
classifiche nel 1992, proponendo il buon vecchio hard rock sotto una
nuova etichetta, il grunge.
Il che pone una domanda: qual è la differenza tra hard rock e heavy
metal? In definitiva, il metal ha a che fare con il rumore, con la feticizzazione del volume, della velocità e della distorsione. Gruppi come Van
Halen e Def Leppard venivano spesso inseriti nella casella metal, ma
proponevano canzoni accattivanti, radiofoniche e melodiche che la gran
parte dei gruppi metal non avrebbe mai potuto o voluto scrivere.
Il metal è anche una forma di estetica visuale, con gruppi che
abbracciano un immaginario cupo e violento derivato dalla letteratura
fantasy e dal sottobosco sadomaso. L’hard rock può essere rumoroso ed
estremo tanto quanto il metal, ma in genere l’accento viene posto sulle
strutture tradizionali della canzone e sulle melodie, non sul semplice
fragore chitarristico. Tutta la velocità e il volume del metal possono poi
sfociare, e spesso lo fanno, nella staticità, mitigando così il loro impatto.
Tutto questo può spiegare il successo di un revival della estetica hard rock
vecchio stile nell’era grunge e post-grunge, con band come Soundgarden,
Smashing Pumpkins, Stone Temple Pilots e Pearl Jam impegnate a
riportare in primo piano la catarsi e la rabbia dell’hard rock classico, e
contemporaneamente l’arte antica di scrivere canzoni. Ma il rumore
aggressivo e ipermascolino si manifesta attraverso una grande varietà di
aromi, lo vedremo trattando il prossimo archetipo.
ANDANDO SOTTOTERRA: IL ROCK MITRAICO
Gli antichi culti mitraici erano fratellanze tutte al maschile i cui
componenti si incontravano sottoterra, facendo il bagno nel sangue. I loro
rituali erano cupi, bizzarri e inquietanti, e la loro iconografia era violenta,
aggressiva, disturbante. Erano profondamente moralisti e inclini all’ ascesi.
Vedevano il mondo come un teatro cosmico nel quale aveva luogo
un’eterna lotta tra le forze inconciliabili della luce e dell’oscurità.
Questa è anche una perfetta descrizione per l’hardcore punk, difficile
trovare qualcosa di meglio.
Le origini dell’hardcore sono diffuse, ma una sola città rappresenta
l’originale luogo di incubazione. La scena punk degli anni Settanta, a Los
Angeles, rimase piuttosto tranquilla fino a quando il capo della polizia
Daryl Gates, appena insediato, non decise di aver bisogno di un capro
espiatorio da reprimere. Una scena punk costituita dal consueto mix di
bohémien e disadattati si trovò ben presto a fronteggiare manganelli,
lacrimogeni ed elicotteri alla fine di ogni concerto. La pubblicità che Gates
guadagnò grazie a questi raid contribuì ad attrarre surfisti e skater alla
ricerca di brividi, individui che fino ad allora avevano considerato il punk
roba da femminucce. Costoro incrementarono il livello di violenza nei club
con il pogo, lo stage diving e le frequenti scazzottate.
Ben prima che il caos scoppiasse in California, però, una torma di hard
rock politicizzata, che poneva l’accento sulle proprie turbolente esibizioni
dal vivo, venne perfezionata da una serie di gruppi che interpretavano il
noise come strumento politico. I primi furono i Motor City Five, ovvero gli
MC5, che levavano le loro grida da una Detroit immersa nel caos e nelle
sommosse razziali di fine anni Sessanta.
MC5
Gli MC5 attinsero a R’n’B e soul per forgiare il loro suono protometal
che prendeva a pugni l’ascoltatore. Affiliati a John Sinclair, celebrità
radicale e prigioniero politico, e al suo White Panter Party, gli MC5 furono
l’unico grande gruppo rock sufficientemente dotato di attributi per suonare
a Chicago durante la sanguinosa Convention Democratica del 1968, per
otto ore di fila.
Il gruppo entrò nella leggenda grazie all’aggressività da elettroshock
espressa sul palco. Il loro esordio, KICK OUT THE JAMS (1969), un
album da vivo, proiettava una furia cruda ed elementare che, per quanto
possa essere stata uguagliata, resta comunque insuperata. Sciamanici fino
al midollo, gli MC5 venivano totalmente consumati dalla forza della loro
musica, che riusciva a sollevarli e a scaraventarli sul palco come bambole
di pezza. Il loro primo album in studio, BACK IN THE USA (1970),
eliminò buona parte della potenza di fuoco dal suono della band,
deludendo alcuni irriducibili fan. Il loro secondo Lp in studio, HIGH
TIME (1971), ce la mise tutta per rimediare al danno fatto da USA ma,
proprio come il movimento radicale yippie57, la band appassì. Alla fine, lo
stesso fermento politico radicale che forniva alla musica della band una
forza in grado di scuotere il terreno aveva impedito agli MC5, in buona
sostanza, di raggiungere il loro pieno potenziale, perlomeno dal punto di
vista commerciale. Il chitarrista Wayne Kramer riformò gli MC5 nel 2003
senza il cantante Rob Tyner, morto nel 1991.
STOOGES
Guidati dal folle cantante James Osterberg, ovvero Iggy Pop, gli Stooges
erano i “fratellini” degli MC5, e sopperivano alla mancanza di tecnica con
un proto-punk venato di follia e caratterizzato da una teatralità sopra le
righe. Gli Stooges registrarono il loro omonimo album d’esordio per la
Elektra, patria dell’eroe di Iggy, Jim Morrison. Avendo convinto un buon
numero di giornalisti ma assai pochi acquirenti, il loro secondo album
aggiunse un dissonante elemento free jazz alla formula, gettando nel cesso
qualsiasi prospettiva commerciale.
I componenti del gruppo svilupparono tutti quanti gli inevitabili
problemi con le droghe, e a un certo punto Iggy venne internato. Ma
Bowie, che era un loro grande fan, prese il comando delle operazioni in
occasione del terzo album, pubblicato nel 1973, l’influente RAW POWER,
che vide il debutto del nuovo chitarrista James Williamson, il cui suono
ricordava la smerigliante frenesia prodotta dagli MC5. Ma neppure la fama
di Bowie era in grado di trasformare il disco in un successo, e così il
gruppo ritornò alle antiche abitudini. Iggy si diede infine una ripulita e
Bowie gli produsse un paio di dischi in grado di assicurargli un seguito in
Gran Bretagna. Come quasi chiunque, gli Stooges si riformarono al
principio del Ventunesimo secolo. Williamson, da tempo ritiratosi dal
mondo del rock, è tornato con la band nel 2009 per sostituire Ron Asheton,
chitarrista originario scomparso al principio di quello stesso anno.
RAMONES
L’underground punk degli anni Settanta era immerso in una nostalgia
pre-hippie. Era anche zelantemente anti-intellettuale e spesso
politicamente reazionario. Il garage rock veloce, affilato e appuntito di
gruppi come Count Five, Seeds e 13t^1 Floor Elevator era tra i preferiti nei
jukebox dei bohémien. I newyorchesi Ramones presero quegli elementi e
li riunirono in una paradossale portata a base di power chords e melodismo
da gruppo femminile dando vita così a un suono brillante- mente idiota. Lo
“skrong” distorto dei Black Sabbath era un riferimento primario per il
chitarrista Johnny Ramo ne (John Cummings), mentre il bassista Dee Dee
(Douglas Colvin) e Tommy (Thomas Erdelyi) pestavano a un ritmo
regolare e affidabile, consentendo a Joey (Jeffrey Hyman) di mettere in
mostra il suo bizzarro repertorio di tic vocali ispirati a Ronnie Spector ed
Elvis Presley.
I Ramones furono messi sotto contratto e produssero rapidamente una
serie di classici, suonando incessantemente nel circuito punk. Quando il
punk diventò una cosa grossa in Gran Bretagna, il manager Danny Fields li
portò lì. La band cambiò il suono del punk britannico letteralmente da un
giorno all’altro, ragion per cui tutti i gruppi riconducibili a quel l'area sono
fortemente in debito con i ragazzi di Queens per aver perfezionato quel
modello musicale veloce e rumoroso.
La band raggiunse l’apice a fine anni Settanta ma proseguì la sua corsa
fino a metà anni Novanta, operando sostanzialmente come gruppo punk
nostalgico. Tragicamente, tutti e tre i Ramones principali, Joey, Johnny e
Dee Dee, sono scomparsi.
SEX PISTOLS
Mentre i Ramones perfezionavano la loro “musica idiota”, così l’aveva
battezzata Linda Ronstadt, una banda di giovani fan dei New York Dolls
stava tenacemente imparando a suonare utilizzando strumenti rubati. Il
gruppo, che ancora non aveva un nome, era formato da Steve Jones alla
chitarra, Paul Cook alla batteria e Glen Matlock al basso. Avevano iniziato
a frequentarsi nel 1975, in una boutique di King’s Road chiamata SEX il
cui proprietario, Malcolm McLaren, stava cercando il modo di coniugare
le due sue più grandi passioni, il rock’n’roll e le provocazioni mediatiche.
L’assistente di McLaren, Bernie Rhodes, notò un adolescente brutto e
ingobbito di East London e pensò che potesse essere l’uomo giusto per il
gruppo di McLaren. Il giovane John Lydon si unì alla band che McLaren
aveva battezzato Sex Pistols e venne ribattezzato a sua volta, da Jones,
Johnny Rotten, per via dei denti marci.
Il gruppo passò attraverso le solite vecchie cover garage rock, ma Rotten
e Matlock escogitarono anche alcuni brani originali, dotati di testi
sovversivi, come Anarchy In The UK e No Feelings. Iniziarono la loro
carriera suonando di fronte a folle ostili, ma a ogni esibizione c’era sempre
qualche emarginato che si sintonizzava su quello che si celava dietro a
quel baccano.
Ben presto tutte le città in cui suonavano partorirono i propri gruppi
punk: ecco quanto era potente la forza culturale dei Pistols. Avevano
inoltre dalla loro parte un inarrestabile cospiratore che toccava i tasti giusti
nei media e continuava a far vestire il gruppo secondo l’ultima moda
decadente. Ma l’oltraggio era un’arma a doppio taglio. Quasi ogni data del
tour di Anarchy incontrò proteste e cancellazioni. I Pistols erano ridotti a
suonare sotto pseudonimo (“SPOTS”, O “Sex Pistols segretamente in
tour”) e Johnny Rotten e Paul Cook subirono entrambi dei pestaggi, per
mano di patrioti che si sentivano oltraggiati dall’annuncio che il singolo
successivo se la sarebbe presa con la Regina, oltretutto nel pieno del suo
Venticinquesimo Anniversario.
Le cose scadettero ben presto nella parodia quando lo sveglio Matlock
fu rimpiazzato da un vecchio amico di Rotten, John Ritchie alias Sid
Vicious, il quale non era minimamente in grado di suonare e in genere era
troppo drogato anche solo per provare a farlo. Venne realizzato un album,
ma al momento dell’uscita i Pistols erano allo stremo delle forze. Un
atroce tour americano di inizio ’78 mise una volta per tutte la parola fine al
gruppo. Sid e la fidanzata Nancy Spungeon si rifugiarono al Chelsea Hotel
di New York, dove qualcuno — lo stesso Sid o un noto spacciatore al quale
questi doveva dei soldi - accoltellò mortalmente Nancy. Sid venne
arrestato per l’omicidio e poi morì di overdose.
Al di là della condotta oltraggiosa, tuttavia, i Pistols erano dei moralisti
che se la prendevano con i saccheggi perpetuati dalle élite e con
l’edonismo senza scopo della controcultura hippie. Il loro suono rovente fu
una sveglia che scosse l’Inghilterra degli anni Settanta, risvegliandola dal
torpore narcolettico in cui era precipitata. Non c’era alcun futuro nel sogno
inglese, come urlava Johnny Rotten, e un’aristocrazia parassita stava
prosciugando le forze vitali del paese.
CLASH
I rivali più in vista dei Sex Pistols, i Clash, si misero insieme su
iniziativa di Bernie Rhodes, dopo che costui mollò l’impiego da McLaren.
I chitarristi Mick Jones e Keith Levene avevano tirato dentro il progetto
un allampanato studente d’arte che suonava il basso, Paul Simonon,
esclusivamente per il suo bell’aspetto. Alla ricerca di un cantante, decisero
di coinvolgere John Graham Mellor, alias Joe Strummer, che aveva dato
una scossa alla sonnacchiosa Londra con un’eterogenea band proto-punk
chiamata 101ers. Strummer aveva frequentato un collegio privato - e il
padre era un’autentica spia che lavorava al Ministero degli Esteri - ma
idolatrava Bo Diddley ed Elvis Presley e voleva fare del rock. Il quartetto
prese in esame un gran numero di batteristi prima di accordarsi sul fulvo e
vulcanico Terry Chimes. Rhodes disse al gruppo che avrebbe dovuto
liberarsi di tutte le canzoni d’amore e mettersi a scrivere brani di taglio
politico. Alimentati da anfetamine a buon mercato, i concerti dei Clash
divennero esibizioni spontanee di rabbia incondizionata.
Il primo album dei Clash travolse l’Inghilterra al principio del 1977.
Lamentatosi del fatto che la band fosse gestita come una specie di
religione, Chimes abbandonò e un nuovo batterista, Nicky “Topper’
Headon, prese il suo posto. In seguito i Clash fecero uscire una serie di
singoli che ampliò la loro tavolozza punk con tocchi di reggae e RnB.
L’impresario che seguiva i Blue Öyster Cult, Sandy Pearlman, si occupò di
produrre il secondo Lp dei Clash, GIVE ‘EM ENOUGH ROPE (1978),
primo lavoro del gruppo a essere pubblicato anche negli Stati Uniti. Ma il
fragoroso martellare della band si scontrava con una solida generazione di
baby-boomers che stavano invecchiando e che non apprezzavano gli
eccessi del punk rock. Per poter “sfondare” in America, i Clash decisero di
moderare il loro suono in studio, in maniera radicale. Nel momento in cui
decisero di tirare il freno, i dischi dei Clash presero ad assomigliare ben
poco alle prime bordate del gruppo, o ai loro spettacoli dal vivo.
Dopo un intenso periodo dedicato alla scrittura e alle prove in un garage
londinese, i Clash prepararono una serie di canzoncine rock pronte per la
radio e le portarono in studio. Ma a quel punto scoprirono che il produttore
designato, Guy Stevens, era un alcolizzato inaffidabile che aveva rovinato
un costoso pianoforte nuovo di zecca e quasi ucciso Mick Jones
mettendosi a far dondolare una scala all interno dello studio di
registrazione. La band lo mandò a casa e mise inseme i brani con l’aiuto
dell’ingegnere del suono Bill Price, il quale aveva co-prodotto il debutto
dei Pistols. Il risultato fu LONDON CALLING (1979), un doppio Lp di
rock’n’roll rètro coniugato in vari stili che catturò l’attenzione di della
stampa musicale e delle stazioni radio americane e fece il suo ingresso
nella Top 30 statunitense.
Ma il gruppo stava già andando in pezzi. Headon era quasi morto di
overdose nel corso di uno dei tour precedenti, anche se non aveva smesso
con le droghe. Strummer e Jones erano costaniemente in disaccordo sulla
direzione musicale da prendere, con gli impulsi rètro-rock del primo che si
scontravano con l’entusiasmo di Jones per il pop. Sul finire del 1980, il
gruppo pubblicò SANDINISTA!, un triplo album con all’interno qualsiasi
genere immaginabile tranne il punk rock, il che spinse l’etichetta a
cancellare un tour statunitense. Indomito, Rhodes riportò i Clash in
Europa, dove erano delle rockstar da stadio di prima grandezza. Di ritorno
negli Stati Uniti, i Clash si imbatterono in un colpaccio da Pr quando una
serie di date nei club newyorchesi venne annullata per mancata
autorizzazione da parte dei vigili del fuoco, innescando quasi una
sommossa. La storia finì sui canali nazionali e i Clash diventarono così gli
artisti più attesi in città.
Ma non era sufficiente. Il gruppo si disintegrò — quantomeno
spiritualmente - durante la registrazione di COMBAT ROCK, lo spento
disco della svolta commerciale, pubblicato nel 1982. Alla vigilia di un tour
britannico, Strummer scomparve per un mese, e quando ritornò Headon
era stato licenziato. Chimes venne nuovamente ingaggiato, e il suo ritmo
scuoti-stadio spinse il gruppo a ritornare alle sue origini hard rock per un
lungo tour che toccò America e Inghilterra (con anche una parentesi di date
negli stadi in apertura agli Who). Ma poco dopo i Clash finirono davvero
in pezzi, e Jones venne licenziato nel settembre dell’83.
Una nuova formazione dei Clash, dall’orientamento punk, venne messa
in piedi e mandata in tour per una sfiancante maratona concertistica nel
1984, ma Strummer non riusciva a reggere la pressione e cedette il
controllo a Rhodes. Il risultato fu, nel 1985, CUT THE CRAP, un tentativo
ampiamente deriso di fondere l’hip hop anni Ottanta con il punk,
pubblicato un paio di settimane dopo che Strummer aveva sciolto la band.
Allora la reputazione dei Clash era a brandelli, e sarebbe rimasta tale fino a
quando un best o/pubblicato nel 1988, THE STORY OF THE CLASH,
VOL. 1, non ricordò al mondo la potente forza che era stata un tempo la
band, nonostante la miriade di compromessi e le opportunità gettate al
vento.
I Clash potranno non aver concretizzato il loro immenso potenziale, ma
ebbero tuttavia un ruolo cruciale nel dimostrare che il punk poteva essere
una forza vitale e duratura. Anche se a dischi come COMBAT ROCK
mancava l’elemento catartico dei primi lavori, il successo mainstream dei
Clash permise loro di raggiungere un pubblico a cui gruppi punk più
tradizionali non erano riusciti ad arrivare. Quel che è certo è che i giovani
americani curiosi che avevano intercettato i Clash durante le loro maratone
concertistiche, nel 1982 o nel 1984, avevano ottenuto in cambio dei loro
soldi un’esplosione di genuino punk rock. Quello spirito avrebbe messo
radici e avrebbe avuto una gestazione durante i dieci anni successivi,
aprendo la strada a una nuova ondata di gruppi ispirati ai Clash che
diedero l’assalto alle classifiche con il loro punk potente nel momento in
cui il grunge collassava in seguito alla morte di Kurt Cobain.
BLACK FLAG
Un estraneo in visita a Los Angeles, a fine anni Settanta, non avrebbe
probabilmente potuto immaginare che i tempi fossero maturi per una
rivoluzione punk rock. Ma i lustrini e il glamour di Beverly Hills celavano
la vera Los Angeles: una città sporca, affollata e proletaria, con un’aria
pessima e un traffico ancora peggiore. Per milioni di losangele- ni della
classe lavoratrice, le grandi quantità di denaro di Hollywood non facevano
che rendere più difficili le cose, influenzando il costo della vita e
scacciando gli operai per fare spazio a ulteriori ville e centri commerciali.
Con base a Hermosa Beach, i Black Flag emersero da quel disagio nel
1977 e incominciarono a suonare verso la fine del ’79. Nel 1981 si
allargarono a quintetto con l’arrivo di uno schietto maciste di nome Henry
Rollins, i cui muscoli e il cui machismo puritano avrebbero avuto
un’influenza maggiore di quella strettamente musicale. La formazione
registrò il primo album del gruppo, DAMAGED, e lo pubblicò nel
1981. Ma si stancarono molto in fretta della scena che avevano ispirato.
L’hardcore diventò sempre più riduzionista nei primi anni Ottanta, e di
contro i Black Flag si fecero crescere i capelli e riscoprirono le loro radici,
legate al rock testosteronico.
Non potendo incidere a causa di problemi legali, i Black Flag trascorsero
gran parte dell’82 e dell’83 componendo e provando. Il leader del gruppo,
Greg Ginn, guardava a band come i Black Sabbath per trarre ispirazione,
ma il nuovo suono dei Flag — con le sue sfumature free jazz e i timbri tetri
— sembrava più che altro una versione anni Ottanta degli Stooges, nella
quale Rollins sguazzava fino al collo grazie ai lunghi capelli alla Iggy e il
muscoloso petto nudo. I Black Flag ritornarono nel 1984 con MY WAR,
un disco di pezzi più lenti e fangosi. L’album avviò un periodo di
impressionante prolificità nella carriera della band, con un totale di sei Lp
e un Ep prima dello scoglimento. I fedeli più irriducibili odiavano il nuovo
suono, che tuttavia ebbe una forte influenza sulla nascente comunità
grunge. Ma la band continuava a essere costantemente sotto il pugno di
ferro di Ginn, e l’esperienza si chiuse nel 1986.
BAD BRAINS
Come era successo con i Pistols, ogni città in cui i Flag suonavano
produceva in genere la propria scena hardcore. Rollins proveniva
dall’unica altra città statunitense che già ne aveva una: Washington DC, la
cui scena hardcore fu avviata dai Bad Brains, una straordinaria band
composta da musicisti afroamericani che avevano iniziato la loro carriera
come progetto jazz-fusion. Attratti dall’energia anarchica e dalla politica
radicale del punk, i Bad Brains si gettarono a capofitto sulla velocità e
sulla tecnica, aggiungendo persino qualche tocco di metal. Scoprirono il
reggae (e il rastafarianesimo) e nel loro assalto sonoro incorporarono con
perizia delle jam all’insegna del dub.
Dopo che l’esuberanza dei fan portò il gruppo a essere bandito dal
circuito dei locali di Washington, i Bad Brains si trasferirono a New York e
misero la nazione hardcore a ferro e fuoco con il loro storico debutto,
pubblicato solo su cassetta. Ma il rapporto dei Brains con la comunità
punk restò sempre teso a causa della omofobia militante del loro cantante,
H.R. I Bad Brains si sciolsero subito dopo la pubblicazione di ROCK FOR
LIGHT del 1983, un Lp prodotto dal maestro della new wave Rie Ocasek,
ma si riformarono nel 1987 come pionieristico progetto groove-metal.
Subirono una serie di cambi di formazione e di cambiamenti stilistici,
senza più raggiungere la loro piena potenzialità.
In tempi più recenti, Adam Yauch dei Beastie Boys ha incoraggiato i
Brains a tornare al loro suono originario, producendo BUIÌ.D A NATION
del 2007.
MINOR THREAT
Un gruppo più giovane rilevò la corona dell’harcore quando i Bad
Brains divorziarono da Washington. Formatisi a partire da ciò che
rimaneva dei pionieri Teen Idles, i Minor Threat fecero passare in ?
secondo piano l’influenza dei Black Flag da molti punti di vista. Il suono
della band era meno caotico di quello dei loro omologhi di Los Angeles,
inoltre la band iniettò nell’hardcore una filosofia legata a uno stile di vita.
Soprannominato straight edge dal cantante Ian McKaye, questo stile di vita
creò le basi di un nuovo puritanesimo che rifuggeva il fumo, il bere, le
droghe e addirittura il sesso. Non c’è bisogno di dire che lo straight edge
era in conflitto con quell'impulso dionisiaco che rappresentava la linfa
vitale del rock’n’roll. Ma si adattava perfettamente all’antico culto di
Mitra.
La filosofia straight edge mise radici a Boston (che naturalmente aveva
la propria tradizione puritana), adottata da artisti thrash come SS Decontrol
e DYS. L’hardcore newyorchese sembrava essere indifferente allo straight
edge, anche se questa filosofia divenne una scelta obbligata per gruppi
come i Cro-Mags, affiliati al movimento della Coscienza di Krishna.
Nonostante la disciplina puritana sottintesa dal movimento, l’hardcore
originario andò in pezzi a metà anni Ottanta, vessato dalla crescente
violenza e da infelici cadute nell’heavy metal più sfigato. A seguito dello
scioglimento dei Minor Threat, nel 1983, McKaye diede vita ai Fugazi, un
gruppo post punk sperimentale che rimase fedele alla filosofia straight
edge.
Nonostante abbia incorporato influenze musicali metal, grunge e persino
hip-hop, l’hardcore è rimasto una sottocultura combattivamente mitraica. I
concerti hardcore hanno solitamente luogo in poche sedi non
convenzionali e sono frequentati quasi esclusivamente da atletici maschi
adolescenti. Molti gruppi continuano a predicare lo straight edge, spesso
aggiungendo veganesimo e ambientalismo radicale alla ricetta. Ma la
scena è stata funestata — anzi, caratterizzata - dalla violenza e da scontri
tra gang, in particolare a Boston. Una serie di video underground intitolati
Boston Beatdown, che raccoglievano immagini di risse, per strada e al
termine dei concerti, ha portato a una stretta sorveglianza da parte della
polizia. Ma fino a quando ci saranno giovani uomini arrabbiati, bisognosi
di riti di passaggio musicali, l’hardcore punk continuerà a vivere.
PRINCIPI DELL’OSCURITÀ: I NUOVI PLUTONIANI
Una (molto) breve storia di Satana: Dioniso veniva spesso identificato
con Plutone, il dio infernale dei doni e delle ricchezze. Plutone venne in
seguito identificato con Ade, o il Pluto del pantheon romano, e lo stesso
Dioniso aveva un lato oscuro e selvaggio, come abbiamo visto nei
Baccanali. Con l’ascesa del cristianesimo, tuttavia, nacque una cosmologia
dualista che fuse Satana - il quale era un “antagonista” (una specie di
celestiale avvocato dell’accusa) nell’Antico Testamento - con l’Ahriman
zoroastriano e con i peggiori aspetti di Pluto e del Seth egiziano, allo scopo
di creare un nuovo dio del male e dell’oscurità. E così, pressoché fin
dall’inizio, i cattolici sentirono il bisogno di fare comunella con
un’opposizione di cui potersi fidare: nacque così la “messa nera”.
Alcuni gruppi rock’n’roll si sono aggrappati all’archetipo plutoniano per
scioccare e provocare i seguaci della tradizione. Questa tendenza divenne
esplicita per la prima volta nei tardi anni Sessanta, quando influenze
sataniste e di magia nera diventarono alla moda in alcuni ambienti. C’era
una sorta di energia plutoniana di tipo intellettuale, che proponeva arte e
trasgressione sessuale, e parallelamente una corrente più sensazionalistica,
di basso livello, che si crogiolava nell’horror e nel gore. Le due correnti si
mossero in parallelo negli anni Settanta e Ottanta e convergettero nei
Novanta, generando ondate di shock nei media mainstream come non se ne
vedevano dagli albori del rock’n’roll.
VELVET UNDERGROUND
I Velvet Underground convogliarono un’oscurità proveniente dalla
poesia decadente e dalla letteratura che avrà pure tenuto alla larga alcuni
ascoltatori nell’era hippie, ma che ebbe un impatto considerevole su gruppi
successivi, sia musicalmente che dal punto di vista dei testi. Fu dunque
tramite i Velvet che i temi della morte e della decadenza divennero temi
graditi al rock’n’roll.
Il leader dei Velvet, Lou Reed, aveva ricevuto un’educazione
relativamente piccolo borghese a Long Island. Trattandosi degli anni
Cinquanta, in ogni caso, parte di questa educazione convenzionale
consisteva nel sottoporlo a elettroshock allo scopo di estirparne le tendenze
omosessuali. Dopo essere sopravvissuto a tutto ciò, Reed frequentò la
Syracuse University e si specializzò in scrittura creativa. Maturò una
predilezione per il free jazz, le cui dissonanze prive di direzione avrebbero
influenzato le rumorose jam dei Velvet. Dopo la laurea, Reed si trasferì a
New York e siglò un accordo per scrivere canzoni con un’etichetta
improvvisata. Lì incontrò John Cale, un musicista d’avanguardia
proveniente dal Galles, e i due trovarono un’intesa creativa. Reed arruolò
due compagni di college, il chitarrista Sterling Morrison e la batterista
Maureen “Mo” Tucker, e così nacquero i Velvet Underground.
In quei giorni, il celeberrimo artista Andy Warhol stava cercando un
gruppo rock’n’roll da aggiungere al proprio impero mediatico e i Velvet
erano la band adatta alla bisogna. Warhol prese il gruppo sotto la propria
ala protettiva, facendogli ottenere un favoloso ingaggio al Max’s Kansas
City, uno dei nuovi locali newyorchesi più alla moda. Warhol era convinto
che ai Velvet mancasse il sex appeal, e costrinse la band ad accettare
l’arrivo della statuaria modella e attrice tedesca Christine “Nico” Paffgen
nelle vesti di cantante.
La musica cupa, ronzante e monotona dei Velvet era tutto quello che la
scena pop dell’epoca non era. Reed scriveva canzoni su dipendenza
[Heroin, Waiting For My Man), sesso perverso ( Venus In Furs) e violenta
{There She Goes Again), e il gruppo inoltre eseguiva suggestivi raga come
All Tomorrow Parties e The Black Angel’s Death Song. L effetto era
narcotico e bizzarro, ma in un modo spiacevole, che teneva lontani i Figli
dei Fiori. Warhol si inventò uno spettacolo multimediale per il primo tour
dei Velvet che chiamò The Exploding Plastic Inevitable. Non conquistò
molti fan. Cher abbandonò un’esibizione che si teneva al The Trip, locale
alla moda di Los Angeles, dichiarando che i Velvet “erano rimpiazzabili
solamente con il suicidio”. Lina recensione del «Chicago Daily News»
concludeva che “i fiori del male erano in pieno rigoglio”.
Il primo album non andò da nessuna parte, e dopo che i Velvet
perdettero sia Nico che Warhol si misero al lavoro sul loro secondo album,
WHITE LIGHT, WHITE HEAT. Gli argomenti trattati da testi restarono in
buona parte gli stessi, in particolare negli epici diciassette minuti di Sister
Ray, la quale trattava di prostitute transessuali, droghe e omicidio. Il disco
sfiorò a malapena la Top 200, ma ebbe successivamente una grande
influenza su glam, punk e generi simili. Con pochi soldi, ricevendo poche
attenzioni, i Velvet rimpiazzarono Cale con Doug Yule e si misero al
lavoro su un disco omonimo dal suono più tradizionalmente rock,
LOADED (1970) proseguì la trasformazione in direzione di un rock
elementare e produsse due delle canzoni più note dei Velvet, Sweet Jane e
Rock’n’Roll. Ma il successo continuò a sfuggire loro e Reed lasciò il
gruppo un mese prima della pubblicazione dell’album.
Reed intraprese una carriera solista, e il suo TRANSFORMER, nel
1972, venne prodotto da David Bowie e Mick Ronson. Il disco
comprendeva Walk On The Wild Side, l’omaggio di Reed alle “superstar”
transessuali di Warhol, il primo singolo da Top 20 a fare esplicito
riferimento al sesso orale.
BLACK SABBATH
Se i Velvet Underground si occupavano di un ramo decadente ed elitario
dell’energia plutoniana, allora i leggendari Black Sabbath, inglesi di
Birmingham, ne rappresentavano la controparte populista. Emersi dai tetri
sobborghi industriali della città britannica, i Sabbath furono le prime
superstar dell’heavy metal, e i loro primi dischi restano tuttora opere
fondanti del genere.
I Sabbath nacquero dalle ceneri di un gruppo appropriatamente chiamato
“Mythology”. Con l’intento di esplorare le nuove sonorità heavy blues, il
chitarrista Toni Iommi e il batterista Bill Ward arruolarono Bill “Geezer”
Butler al basso e il cantante John “Ozzy” Osbourne, il quale era stato da
poco scarcerato, dopo uno sconvolgente soggiorno in carcere e si ritrovò
ad avere a che fare con Iommi, che lo tormentava ai tempi della scuola. Il
gruppo iniziò il proprio percorso come “Earth” ma cambiò il nome in
Black Sabbath ispirato dall’omonimo film italiano del 1963'8 (sebbene il
nome avrebbe potuto essere anche una strizzata d’occhio ai loro
progenitori spirituali, i Blue Cheer). I film horror erano all’epoca al centro
di un revival, e la band decise di creare un equivalente musicale al genere.
Il suono dei Sabbath prevedeva chitarra e basso potenti e distorti
impegnati a eseguire continuamente ripetitivi riff blues, utilizzando i
registri più bassi a disposizione. Butler mise insieme dei testi basati su
storie orrorifiche, legate all’occulto, di autori come Dennis Wheatley e
H.P. Lovecraft. I critici (com’era prevedibile) odiarono il debutto
omonimo dei Sabbath (1970), ma i ragazzi lo consumarono. Il gruppo
voleva che il secondo album si intitolasse WAR PIGS, in riferimento
all’omonimo, feroce brano che dipingeva i generali come “streghe
impegnate in messe nere”, ma la loro etichetta modificò il titolo in
PARANOID, dall’omonimo, travolgente singolo proto-punk. I testi erano
cupi e il suono pesante, ma lo Sturm und Drang si acquietava nella
ipnotica ballata fantascientifica Planet Caravan. Come era successo con il
primo Lp, PARANOID vendette bene ma il gruppo venne perlopiù
ignorato dalle radio.
I Sabbath si rafforzarono sempre più, sebbene le consuete pressioni da
tour e le costose dipendenze stessero già incominciando a esigere il loro
tributo. Il loro terzo disco, MASTERS OF REALITY (1971), proseguì
nella medesima vena dei predecessori, anche se poteva contare su una
produzione migliore. I brani di maggior rilievo si trovavano sul primo lato,
a partire da Sweet Leaf (un elogio alla ganja) per chiudere con Children Of
The Grave, uno stomper da I figli dell’invasione versione anteguerra^. Nel
mezzo c’era After Forever, il cui testo calvinista era disteso su una guerra
lampo a base di metal, proprio come Lord Of This World sul secondo lato.
I Sabbath ottennero un risultato pressoché unico nella storia: comporre
canzoni gospel che sembravano essere state scritte nelle più profonde
cavità infernali.
Ma le droghe erano alle calcagna (come sempre accade), e i battibecchi
interni alla band guastarono la registrazione di VOL. 4 (1972). Il gruppo si
rilassò allentando le spinte metal nel successivo SABBATH BLOODY
SABBATH, ma a quel punto la situazione legata ad alcol e droghe era
peggiorata, tanto che Butler dovette essere ricoverato. Ciononostante, il
tour del 1974 fui un trionfo e sembrò risollevare l’umore del gruppo. I
Sabbath ritornarono con SABOTAGE (1975), dove il loro caratteristico
metal scuo- ti-ossa era corretto con dosi di jazz, pop e addirittura alcuni
passaggi operistici. Il disco fu lodato come lavoro sorprendentemente
maturo e inventivo al momento dell’uscita, ma la fortuna del gruppo
incominciò a guastarsi nel corso del successivo tour, e Ozzy finì in
panchina dopo un incidente motociclistico. Il successivo Lp dei Sabbath,
TECHNICAL EXTASY del 1976, segnò un allontanamento dal metal che
lasciò i fan a grattarsi la testa, confusi. Dopo un estenuante tour di sei
mesi, Ozzy lasciò i Sabbath per fondare una propria band.
Quando la nuova band si sciolse, il cantante convinse i Sabbath a
riprenderlo con sé. 1 Sabbath dovettero cestinare le canzoni scritte con in
mente l’estensione vocale di chi lo aveva sostituito e ripartire da zero,
cercando di scrivere durante la registrazioni e spesso scoprendo di essere
troppo fatti per fare tutte e due le cose. L’album NEVER SAY DIE venne
pubblicato nel 1978 e il gruppo ritornò a fare concerti con Ozzy,
ingaggiandolo come turnista. Ma gli stanchi e invecchiati maestri del
metal, stando a quel che si dice, vennero umiliati ogni sera dalla giovane e
appassionata band che apriva i loro concerti, i Van Halen.
Quando se ne tornarono a casa barcollanti, la band era allo sfascio, a
causa di alcol e droghe, e Ozzy venne licenziato nel 1979. Fu rimpiazzato
dallo scomparso Ronnie James Dio, un elfico urlatore proveniente dai
Rainbow di Ritchie Blackmore. Ristorati, i Sabbath irruppero nuovamente
sulle scene nel 1980 con HEAVEN AND HELL e ritornarono sui palchi
con un tour di enorme successo, guastato solamente dal licenziamento di
Ward a causa dell’alcol. Costui fu prontamente rimpiazzato da Vinnie
Appice, fratello di Carmine, batterista dei pionieri del metal Vanilla Fudge.
Ward finì senza un tetto ancor prima di accorgersene.
Anche Ozzy toccò il fondo, ma venne trascinato via in un autocommiserante torpore da Sharon Arden, la figlia del manager dei Sabbath,
Don. Cercando di farsi un nome, Sharon aiutò Ozzy a darsi una ripulita e a
trovarsi una nuova band, che includeva un energico giovane chitarrista
americano di nome Randy Rhoads. Ozzy pubblicò con successo
BUZZARD OF OZZ a fine 1980, ma il suo ritorno non fu privo di
incidenti: fece inorridire la sua nuova compagnia discografica staccando a
morsi la testa di una colomba durante una riunione d’affari, ubriaco. Due
anni dopo dovette subire un trattamento antirabbi- co avendo fatto lo
stesso con un pipistrello che un fan aveva lanciato sul palco: credeva si
trattasse di un animale di gomma.
Sia Ozzy che i Sabbath continuarono entrambi a mietere successi fino a
quando Dio abbandonò per fondare la propria band. A Ozzy era andata
molto peggio un paio di mesi prima, quando Rhoads era rimasto ucciso in
modo assurdo durante una scorribanda su un piccolo aereo, mentre il bus
del gruppo era fermo nei pressi di una pista di atterraggio.
Nel corso dei successivi due decenni, Iommi tenne duro con una serie di
formazioni dei “Black Sabbath”. Anche Ozzy passò da un eroe della
chitarra all’altro, ma ottenne un successo ben maggiore di quello
racimolato dal suo vecchio tormentatore dei tempi della scuola. Ispirata dal
successo del Lollapalooza, Sharon diede vita a un tour collettivo chiamato
Ozzfest nel 1996. Il festival acquisì fama nazionale nel 1997 grazie a una
parziale reunion dei Black Sabbath, che fece da principale attrazione. Ward
si unì agli altri quello stesso dicembre per un tour di successo, con annesso
disco dal vivo. Si iniziò a registrare un album per la reunion, che in seguito
venne però rimandato a causa degli impegni musicali di Ozzy. In
definitiva, la reunion dei Sabbath servì solamente a rammentare ai fan
quanto fossero potenti i padrini del metal, e quanto superflui fossero, al
loro confronto, gli innumerevoli imitatori.
Sharon riuscì poi in un altro colpo, un reality su Mtv intitolato The
Osbournes. Lo show ebbe successo, ma molti fan pensavano che mettesse
Ozzy in cattiva luce. Più recentemente, la versione dei Sabbath con Dio è
andata in tour e ha registrato musica sotto la sigla Heaven And Hell. La
morte del cantante, nel 2010, ha portato a parlare di una possibile nuova
reunion dei Black Sabbath.
ALICE COOPER
Il rock da film horror dei Sabbath subì parecchia competizione nei primi
anni Settanta, con due celebri gruppi americani che aggiunsero alla ricetta
un po’ di macabra teatralità. Il primo di questi gruppi riuscì addirittura a
scandalizzare l’annoiata Los Angeles con i suoi abiti femminili e la
teatralità che esprimeva sul palco, oltre che con un ossessivo e maniacale
cantante che sosteneva di essere la reincarnazione di una strega del
Diciassettesimo secolo. L’Alice Cooper Group era così scandaloso che il
padre dei freak, Frank Zappa, gli fece firmare un contratto con la sua
etichetta, la Straight Records, nel 1969.
Guidato dal figlio di un sacerdote, Vince Damon Furnier, l’Alice Cooper
Group pubblicò due album su Straight, PRETTIES FOR YOU ed EASY
ACTION, che non si guadagnarono nient’altro che disprezzo. La fortuna
incominciò a girare quando il gruppo incontrò il produttore Bob Ezrin, il
quale diede una lucidata al suono della band in occasione del terzo album,
LOVE IT io DEATH (1971 ), che conteneva l’hit I’m Eighteen. KILLERS
venne pubblicato a ruota, e valse alla band un altro successo, Under My
Wheels.
Il gruppo attirava un devoto pubblico proletario che chiedeva in cambio
del proprio denaro un po' di intrattenimento stravagante, che la band era in
grado di offrire in abbondanza. Serpenti vivi, ghigliottine, nani infuriati,
sedie elettriche, illusionisti: qualsiasi cosa suscitasse brividi a poco prezzo
andava bene. Ma nonostante tutto queirimmaginario macabro, la musica di
Alice Cooper era rock da party privo di fronzoli, con pochi brani morbosi
come Dead Babies o I Love The Deal aggiunti a fare da condimento.
Tuttavia, le pressioni legate al successo generarono tensioni ed esplosioni
di ego, che spinsero Cooper ed Ezrin a rilanciare il marchio con il primo
nel ruolo di artista solista.
Dopo MUSCLE OF LOVE (1974), l’ultimo album in compagnia della
Alice Cooper Band, Ezrin ingaggiò turnisti di prima qualità per dare vita a
un nuovo gruppo. I primi frutti di questo nuovo corso furono WELCOME
TO MY NIGHTMARE, del 1975, e uno special televisivo. Accanto agli
esempi di hard rock patinato, Ezrin si assicurò che NIGHTMARE e gli
àlbum successivi di Cooper comprendessero anche una romantica ballata
radiofonica. Su NIGHTMARE c’era Only Woman Bleed, che raggiunse la
dodicesima posizione e portò l’album nella Top 5.
La storia procede come da manuale: la passione per il bere di Cooper va
fuori controllo e la sua limitata estensione vocale finisce per perdersi nelle
raffinate produzioni orchestrali costruite su misura. Una ultima uscita con
Ezrin, FROM THE INSIDE, del 1978, produsse l’obbligatoria ballata di
successo, ma l’album fece cilecca. Le prospettive di affermazione di
Cooper rimasero piuttosto deboli per gran parte degli anni Ottanta, ma
vennero illuminate dal suo ritorno del 1989, TRASH, che coinvolgeva
componenti di Aerosmith e Bon Jovi. Da allora ha impersonato il ruolo di
decano del metal e ha continuato a suonare e a registrare.
KISS
Quando la fama di Cooper incominciò a declinare, i newyorchesi Kiss
erano pronti a portare a termine il lavoro lasciato a metà. Comprendenti il
cantante e chitarrista Paul Stanley, il cantante e bassista Gene Simmons, il
chitarrista Ace Frehley e il batterista Peter Criss, i Kiss attingevano alla
stessa vena di Alice: hard rock terra terra con aspetti visivi da fumetto e un
elaborato spettacolo teatrale come contorno. Il chitarrista dei New York
Dolls, Syl Sylvain, lo spiegò perfettamente quando descrisse i Kiss come
dei “camionisti che hanno deciso di fare qualcosa per Halloween”.
Dopo essersi guadagnati un fedele seguito a livello locale, i Kiss
firmarono per la Casablanca Records di Neil Bogart, una etichetta nota
soprattutto per le produzioni disco. Ma i concerti dal vivo erano il loro
principale vanto, e un album live un po’ prematuro, ALIVE (1975), ne fece
delle superstar. Una versione dal vivo dell’inno dionisiaco Rock And Roll
All Nite fu il loro primo successo, e i quattro in seguito ingaggiarono Bob
Ezrin, allo scopo di addolcire il loro suono, in occasione di DESTROYER,
del 1976. Shout It Out Loud fu un successo, ma la ballata cooperiana Beth,
cantata da Peter Criss, fu un successo addirittura clamoroso, e conquistò
tutte quelle ragazze adolescenti che fino ad allora avevano resistito al
fascino dei Kiss. Tenendo il piede in due staffe, i Kiss fecero cantare a
Criss il loro singolo successivo, Hard Luck Woman, un insolito apocrifo di
Rod Stewart.
Il trucco stravagante e i costumi da film horror fornivano il foraggio
perfetto a una guerra lampo a base di merchandising, e così il loro logo
venne appiccicato su qualsiasi cosa, dai libri di fumetti, alle magliette, ai
giocattoli. Ma i succhi creativi sembrarono asciugarsi, e un secondo disco
dal vivo (ALIVE II) fu seguito da DOUBLE PLATINUM (1978), un
greatest hits, denunciando così il prematuro esaurimento creativo del
gruppo.
Poi, nel 1978, i Kiss si accollarono un rischio senza precedenti: ciascun
componente pubblicò contemporaneamente un album solista. Le
prenotazioni furono parecchie, ma solo il disco di Frehley generò un
grande successo (la cover di un hit glam del 1975, New York Groove) e la
Casablanca rimase invasa dall’invenduto. In seguito i Kiss firmarono un
contratto per un film TV, Kiss Meets The Phantom Of The Park, mandato
in onda poco prima di Halloween, nel 1978. La pellicola, a budget ridotto,
prevedeva effetti speciali da due lire e le voci di attori che doppiavano
quelle dei Kiss, nessuna delle quali in maniera credibile. I quattro
ottennero un grosso successo nel 1979 con I Was Made Tor Loving You,
dalle sfumature disco, ma le vendite degli album e le presenze ai concerti
incominciarono a calare, e ben presto sia Criss che Frehley
abbandonarono.
I Kiss lasciarono da parte il trucco nella loro incarnazione anni Ottanta,
ma i risultati continuavano a essere insoddisfacenti. Dopo un lungo
periodo di declino commerciale, Criss e Frehley si riunirono agli altri nel
1996, per un tour mondiale di grande successo, ma alla fine venne fuori
che il loro ruolo era quello di semplice manovalanza, così entrambi
lasciarono la band per l’ennesima volta. Simmons e Stanley comprarono i
diritti dei loro personaggi e continuarono ad andare in tour con altri
musicisti che ne impersonavano il ruolo.
PUBLIC IMAGE LTD.
Il principio di shock di Cooper e dei Kiss venne eclissato da gruppi punk
degli anni Settanta come i Sex Pistols, che facevano sembrare le fantasie
fumettistiche dei loro più vecchi colleghi trite e ritrite. Ma l’archetipo
plutoniano venne portato a un livello ulteriore da molti di quei gruppi che
erano emersi dal punk. Tra questi, i Public Image Ltd. (alias PiL), il ritorno
di John Lydon alle sue radici artistiche pre-punk. Lydon arruolò Keith
Levene, lasciato a piedi dai Clash, e il folle bassista cockney Jah Wobble,
per registrare uno dei singoli più rappresentativi dell’epoca, Public Image
del 1978. La formula originaria dei PiL decostruiva il suono dei Sex
Pistols, e Lydon inserì nei testi una sua visione delle cose cupa, fissata con
il tema della morte.
Il loro esordio, FIRST ISSUE, comprendeva anche Annalisa, ispirata
all’assassinio di Annaliese Michel, una ragazza tedesca con disturbi
mentali che era stata fatta morire di fame da una coppia di “esorcisti”.
Inevitabilmente, era venuto fuori che la Michel soffriva di una severa
forma di epilessia e non era affatto vittima di possessione diabolica. Da
quel punto in poi, la musica e i testi dei PiL non fecero che diventare
sempre più cupi e bizzarri. Il loro singolo successivo fu Death Disco
(Swan Lake), incluso nello storico METAI. BOX del 1979. Un’altra
traccia fondamentale, Poptones, era cantata dal punto di vista della vittima
di un omicidio, il cui corpo nudo era stato abbandonato sotto la pioggia.
Ma Wobble venne cacciato dopo un tour statunitense nel 1980, e le nuove
canzoni dei PiL erano interamente basate su brutali passaggi di batteria,
con un’infarinatura di chitarra, sintetizzatore e suoni gettati nel chiasso
percussivo generale.
L’album che ne uscì fuori nel 1981 venne intitolato FLOWERS oi
ROMANCE, un ironico tributo a Sid Vicious. Lydon dava il via alle danze
frignando “Doom sits in gloom in his room ’ (‘il destino siede triste nella
sua stanza’) con una cadenza pseudoaraba. Nella decisamente lovecraftiana Under The House gemeva, preda del terrore, a proposito di un
cadavere in putrefazione che usciva dal muro. Go Back era un incubo
orwelliano sul risorgere del fascismo. E via dicendo. Un dirigente della
Virgin definì in seguito FLOWERS uno dei dischi meno commerciali mai
pubblicati. I PiL afferrarono l’antifona e decisero di intraprendere una
nuova direzione, legata a un rock alternativo più commerciale.
KILLING JOKE
Il rumore pulsante e la cupa visione del mondo dei PiL fornì
l’ispirazione a un’altra band londinese che sarebbe divenuta ancora più
influente. Fondendo disco, punk, metal e reggae in un insieme all’insegna
della continua aggressività, l'esordio omonimo dei Killing Joke, pubblicato
nel 1980, era talmente impressionante che il leggendario dj John Peel
aveva creduto in un primo momento che si trattasse di un gruppo già
affermato che pubblicava musica in incognito.
Denudando il rock pesante fino a ottenerne gli elementi primari, i
Killing Joke avrebbero influenzato innumerevoli gruppi di rock alternativo
e metal, tra cui Jane’s Addiction, Ministry, Tool, Faith No More e
Metallica. La miscela creata dalla band, a base di ritmi dance, sintetizzatori
stonati, voci distorte e chitarre accordate una tonalità sotto ebbe inoltre
un’enorme influenza su progetti metal industriali come Nine Inch Nails e
Marilyn Manson. I Nirvana rubarono il riff di Come As You Are dallo
stomper Eighties e i Motley Crùe presero in prestito il caratteristico ritmo
di Dr. Feelgood da Love Like Blood. Nessuno dei due furti fu granché
apprezzato dai Jokers.
Al centro della mistica del gruppo c’era un profondo coinvolgimento
nell’occulto, in particolare gli insegnamenti di Aleister Crowley. (Girava
voce che il leader dei Killing Joke, Jaz Coleman, fosse uno dei pochi
luminari ammessi alla leggendaria biblioteca di testi crowleyani
appartenente a Jimmy Page). Nel 1982 i Joke se ne andarono in Islanda
dove, sostenevano, avrebbero atteso l’imminente apocalisse. La band non
si lasciò impressionare dal fatto che il mondo non fosse finito e da allora
non ha mai smesso di fare un tremendo baccano. In tempi recenti lo
scomparso Heath Ledger ha preso in prestito il trucco da giullare psicotico
e la pettinatura scarmigliata di Coleman per la prova da Oscar di The Dark
Knight (2008). Ledger rivelò inoltre di aver modellato il suo Joker sulla
versione presente in una graphic novel di Alan Moore, intitolata —
ovviamente — The Killing Joke.
ABITANTI DELL'OSCURITÀ: I CULTI E L’OCCULTO
Per una certa categoria di cristiani, il rock’n’roll sarà sempre conosciuto
come “la musica del Diavolo”. Questa reputazione demoniaca risale
all’epoca del blues, quando il leggendario cantante Robert Johnson si dice
avesse venduto la propria anima a Satana in cambio del successo. In
seguito alcuni rocker giocarono con l’immaginario diabolico, come
Screaming Jay Hawkins e Arthur Brown. Ma a tutto l’acido, il patchouli e
le buone vibrazioni, negli anni Sessanta si affiancò un genere di
misticismo più serio e dal tono più cupo. La semi-ironica ode scritta dai
Rolling Stones in onore di Lucifero, Sympathy For The Devil, toccava un
nervo scoperto in ambito rock, e avrebbe liberato da quel momento in poi
un torrente di energia occulta.
Come abbiamo visto, Aleister Crowley ha i suoi seguaci in ambito rock,
il più famoso dei quali è Jimmy Page. Ma la Grande Bestia possiede altri
ammiratori, meno noti, nel mondo del rock più eccentrico: i Ministry
hanno campionato alcuni rari passaggi parlati di Crowley in Golden Dawn
del 1988, e gruppi dark come Coil, Current 93, Fields Of The Nephilim e
Kommunity FK hanno anch’essi tratto ispirazione dal fondatore di
Thelema.
La Process Church Of The Final Judgement era una religione con base a
Londra creata da due ex componenti di Scientology, Robert e Mary De
Grimston. Adoravano un’unica divinità - Geova, Gesù, Lucifero e Satana ed erano anche piuttosto interessati a Hitler. I loro seguaci dalla nera
mantella erano un’immagine ben nota nell’Inghilterra degli anni Sessanta e
la loro rivista, «The Process», comprendeva interviste a rockstar del
calibro di Mick Jagger e Paul McCartney. Continuarono ad attrarre una
nuova generazione di ammiratori anche a parecchia distanza di tempo dalla
loro fine, inclusi componenti di Throbbing Gristle e Skinny Puppy.
La Chiesa di Satana venne fondata a San Francisco nel 1966 dall’ex
giostraio Anton LaVey. Questa chiesa attirava uno strano assortimento di
gente in cerca di brividi, inclusa Jayne Mansfield, bionda da schianto degli
anni Cinquanta, e Sammy Davis jr del Rat Pack. Occultisti come Kenneth
Anger e Bobby Beausoleil erano in stretti rapporti con LaVey, anche se
non erano molto in sintonia con il programma della chiesa in sé. Altri
rocker del luogo potrebbero aver fatto festa con il Signore Oscuro, ma
pochi si fecero beccare all’epoca.
Il rock esplicitamente satanico incominciò a emergere sul finire degli
anni Sessanta. Ai rocker acidi Coven, guidati dalla seducente Jinx Dawson,
si attribuisce l’introduzione del gesto delle “corna del diavolo” diffuso tra i
metallari. Il loro primo album, ironicamente intitolato WITCHCRAFT
DESTROYS MINDS AND REAP SOULS (‘La stregoneria distrugge le
menti e miete le anime’), includeva un batti-piedi intitolato Black Mass.
I Coven ebbero un inaspettato hit nel 1971 con One Tin Soldier, un inno
decisamente non satanico tratto dalla colonna sonora di Billy Jack.
Il progetto proto-prog dei Black Widow rappresentò la versione
britannica dei Coven. Il loro singolo del 1970, Come To The Sabbath,
venne bandito nel Regno Unito a causa dei contenuti satanici. Tra le
superstar sataniche più recenti ricordiamo Marilyn Manson, l’icona
eurometal King Diamond, Glenn Danzig e il provocatore underground
Boyd Rice.
Charles Manson non fu solamente il leader di un culto in proprio, ma
fece anche comunella con alcuni dei più importanti rocker dell’epoca,
grazie al legame con Dennis Wilson dei Beach Boys. Star come Neil
Young e limi Hendrix erano impressionati dalla frenesia creativa di
Manson, ma questo non era sufficiente per farlo finire in classifica.
Manson, in seguito, sarebbe diventato a suo modo una star, sebbene non in
relazione alla propria musica. Predicando una visione apocalittica legata a
una futura guerra razziale, egli cercò di dare il via alle danze con una serie
di raccapriccianti omicidi che scioccarono Los Angeles e avvelenarono il
giardino dell’intera Generazione dell’Amore.
David Bowie è stato l'occultista più zelante del rock, girando con
un’enorme biblioteca di testi magici ovunque si trovasse negli anni
Settanta, inclusi quelli dei suoi autori preferiti, Arthur Edward Waite
(nemesi della Golden Dawn di Crawley) e Dion Fortune. Il suo storico Lp
del 1976, STATION TO STAT ION, prese il titolo dalla Cabala, a cui
Bowie faceva riferimento nella canzone che intitolava il disco. Il dilettarsi
di Bowie con l’occulto, combinato con un piano di lavoro devastante e un
consumo di cocaina che avrebbe potuto uccidere un plotone di soldati, lo
portò ad attacchi di delusione, paranoia ed estremismo politico nei tardi
anni Settanta, ma anche a una rimarchevole serie di album ormai
considerati dei classici. Più recentemente, Bowie ha professato interesse
per l’antica Gnostica.
THROBBING GRISTLE
Un’altra band influente emersa dall’underground post-punk furono i
Throbbing Gristle (TG), pionieri — se non inventori — del genere
industriai. I TG vennero fondati dagli ex componenti di una troupe teatrale
di nome COUM Transmissions che metteva in scena spettacoli
sessualmente espliciti, Genesis P. Orridge (Neil Megson) e Cosey Farmi
Tutti (Christine Newby). Alla coppia si aggiunse il mago dell’elettronica
Chris Carter e il polistrumentista Peter Cristopherson, e tutti insieme
dichiararono guerra alla musica, alla decenza e alla sanità mentale.
I TG decisero di scioccare l’Inghilterra scuotendola dal disagio che la
caratterizzava con testi e immaginario che traevano pesantemente
ispirazione dal crimine, dal fascismo e dall’occulto. Ispirati ai survivalisti
americani, incominciarono a indossare tute militari e a utilizzare il loro
arsenale di strumenti elettronici fatti in casa non per intrattenere ma per
assaltare letteralmente il loro pubblico per mezzo del suono. Anticipando
nei testi il movimento death metal, i TG scaricavano raffiche di odio con
titoli come Blood On The Floor (‘Sangue sul pavimento’), Dead On
Arrivai (‘Morto all’arrivo’) e Maggot Death (‘Morte dei vermi’).
Cantarono odi ai serial killer Ian Brady e Myra Hindley e a una donna
carbonizzata che i tabloid avevano soprannominato Hamburger Lady. Il
loro album del 1979, ironicamente intitolato 20 JAZZ FUNK GREAT-,
raffigurava il gruppo in cima a una scogliera inglese, celebre per i suicidi.
Nello scandalizzare i punk annoiati, il flirtare dei TG con il fascismo
divenne sempre meno ironico. Rendendosi conto che il gioco si era spinto
troppo oltre, i TG si sciolsero nell’81. Ma il loro estremismo lasciò il
segno, favorendo la nascita di terroristi e rumoristi elettronici che
rientravano nella categoria industrial come Skinny Puppy, Front 242 e
Cabaret Voltaire. Per un breve periodo, sul finire degli anni Ottanta, la
musica dance industriale dominò i club, allungando i propri malvagi
tentacoli su ambienti più commerciali.
MINISTRY
I Ministry, una delle più conosciute band industriai, mossero i primi
passi come gruppo dance-pop commerciale. Ma il loro secondo album,
TWITCH (1986), vedeva il cantante e leader Alain Jourgensen accantonare
il synth pop per appropriarsi del canzoniere dei Cabaret Voltaire, pionieri
della dance industriale, con tanto di scalpitanti batterie elettroniche, rumori
campionati e tracce vocali semi-sussurrate con accento inglese. Per il loro
album successivo, THE LAND or RAPE AND HONEY (1988), i Ministry
si misero a guardare in direzione degli Skinny Puppy, copiando la ricetta di
quel gruppo, una formula a base di ritmi violenti, raffiche di sintetizzatori,
frammenti di dialoghi tratti da film horror e così via. 1 Ministry, in seguito,
resero omaggio ai Killing Joke su THE MIND is A TERRIBLE THING
TO TASTE (1989), di fatto un rifacimento dell’Lp pubblicato dai Joke nel
1981, WHAT’S THIS FOR? Il loro album successivo, PSALM 69,
aggiunse dei riff alla Slayer, guadagnandosi il passaggio su Mtv. Da lì in
avanti, i Ministry si misero a proporre un più generico suono thrash metal,
prima di sciogliersi nel 2008.
NINE INCH NAILS
Trent Reznor, da Cleveland, traeva ispirazione dalle stesse fonti
esoteriche cui facevano riferimento i Ministry, aggiungendo però un
melodismo lugubre a far lievitare la miscela. Lavorando con la
denominazione di Nine Inch Nails, Reznor pubblicò nel 1989 il classico
PRETTY HATE MACHINE, un disco che combinava angoscia industriale
e solida scrittura. L’album fu un grande successo underground e diede una
scossa ai club, un pezzo dietro l’altro.
Reznor ingaggiò una band che potesse accompagnarlo e inaugurò un
incessante tour (inclusa un’apparizione, di quelle che assicurano la
celebrità, al primo Lollapalooza), sviluppando un più aggressivo suono di
matrice chitarristica. Dopo il cupo e sconnesso Ep BROKEN del ’92,
Reznor divenne un caso con THE DOWNWARD SPIRAL (1994), il cui
successo venne alimentato da due tetri hit, Closer e Hurt.
Significativamente, THE DOWNWARD SPIRAL, venne registrato al
10050 di Cielo Drive, la casa in cui Sharon Tate e i suoi amici erano stati
uccisi dalla banda di Manson. Amici come Tori Amos dissero che quello
era stato un periodo molto cupo per Reznor.
La lotta del musicista contro la depressione ritardò l’uscita del seguito di
SPIRAL, THE FRAGILE, di cinque anni. All’epoca l’introspezione e
l’autocommiserazione erano diventate fuori moda e rocker per affiliati ad
associazioni studentesche come Limp Bizkit e Korn smerciavano una
versione più aggressiva dei suoni che Reznor aveva perfezionato nei Nine
Inch Nails. Il suo album successivo, WITH TEETH, avrebbe richiesto
ulteriori sei anni di lavorazione, poiché la depressione di Reznor aveva
dato origine a un cronico abuso di alcol e droghe. Reznor si è ripulito e ha
pubblicato gratuitamente su Internet THE SLIP, oltre ad aver intrapreso un
tour con i Jane’s Addiction (il NIN/JA tour, com’era stato ribattezzato) nel
2009.
LA MUSICA DEI DIAVOLO - QUESTA VOLTA SUL SERIO
La Destra religiosa dichiarò guerra all’heavy metal a fine anni Settanta,
e trascorse molti anni, in seguito, a cercare di distruggere il genere con
azioni legali, falò di dischi e libri, e film di propaganda anti-metal. La
grottesca caccia alle streghe del backward masking fu alla base di molte di
queste azioni legali. L’idea di fondo era che anche quando i gruppi
parlavano il consueto linguaggio, cantando di auto veloci e cani da slitta,
in realtà stavano segretamente inserendo nei brani, sotto il rumore
immediatamente percepibile, l’ordine di adorare l’Abominevole, attraverso
messaggi che il cervello poteva in qualche modo afferrare e riprodurre
magicamente al contrario, come un registratore a nastro. Molte di queste
azioni legali furono respinte, ma l’attacco continuava, e poteva contare
sulla immensa ricchezza e l’immenso potere della Destra religiosa e sui
suoi loschi rappresentanti in giacca e cravatta.
Alla fine, tutto questo bagnare il letto da parte dei fondamentalisti ebbe
esattamente l’effetto opposto a quello sperato, spingendo moltitudini di
metallari a mettere da parte i vecchi inni da party e siglare esplicitamente
un’alleanza con il Signore Oscuro nei testi delle canzoni. Alla fine degli
anni Ottanta un movimento internazionale aveva preso tutte le distorsioni
più isteriche ed esagerate dei predicatori anti-rock, ci aveva buttato dentro
l’estetica del gore e dei film horror e le raccapriccianti leggende urbane
costruite a partire da eroi degli anni Settanta come Alice Cooper e i Black
Sabbath, e ci aveva costruito intorno un intero genere musicale (con
annessa industria).
I nonni di tutte le band metal sataniche anni Ottanta erano i Venom, trio
di culturisti inglesi dalle trovate discutibili. Ciò che mancava loro in
termini di abilità veniva bilanciato da una tendenza all’eccesso che dava
origine a inni diabolici come In League With Satan, Burn This Place To
The Ground e One Thousand Days In Sodom, e ad album quali
WELCOME TO HELL e POSSESSED. I metallari seri li consideravano
una barzelletta, ma la spiccata etica del lavoro e la perseveranza permisero
al gruppo di crearsi un fedele seguito. L’impenitente dedizione dei Venom
nel perseguire tattiche scioccanti di stampo satanico ispirò orde di
imitatori, molti dei quali fecero passare in secondo piano gli stessi
inventori del genere.
I più importanti tra questi imitatori furono gli Slayer, un gruppo thrash
della California meridionale che emerse dalla scena metal underground dei
primi anni Ottanta. Gli Slayer presero come base il modello dei Venom ma
mettendo insieme gli ingredienti con maggiore perizia tecnica. L’etichetta
rap Def Jam sbaragliò la concorrenza e pubblicò il loro esordio su major,
REIGN IN BLOOD (1986), ma ottenne di più del pattuito con Angel Of
Death, un macabro tributo musicale al criminale di guerra nazista Josef
Mengele. Il resto del disco era appena meno offensivo e la Columbia si
rifiutò di distribuirlo. Intervenne la Geffen, e così l’album si aggiudicò il
disco d’oro.
BlOOD coincise con l’apice della visibilità mediatica degli Slayer. Da
quel momento in avanti il gruppo si abituò a una routine a base di metal
estremo spaccaossa, al servizio di un fedele zoccolo duro di seguaci. Ma
quando l’oltraggio si spense, la band fu infine messa in secondo piano non
solo dal successo mainstream di rivali come i Metallica, ma anche da
un’orda di gruppi ancora più estremi.
THRASH E GRINDCORE
Il genere thrash metal fu ispirato in origine dall’hardcore punk. Una
delle influenze più evidenti sul metal satanico furono i Misfits, un gruppo
punk originario del New Jersey fondato nel 1977 che combinava costumi e
presenza scenica macabri con testi e iconografia legati ai film horror da
drive-in. Molti gruppi black metal trassero ispirazione dal loro
aggiornamento punk rock, tutto muscoli e trucco, del modello inventato
dai Kiss.
A seguito dello scioglimento della formazione originale, il leader dei
Misfits, Glen Danzig, diede vita ai Samhain, un progetto simile che
esplorava in maniera più seria temi legati all’occulto. I Samhain si
trasformarono in Danzig, i quali proponevano un hard rock essenziale che
avanzò progressivamente in direzione metal, e sfoggiavano testi dai temi
satanici, canticchiati dalla voce alla “Elvis Presley incontra Jim Morrison
all’inferno” di Danzig.
Un’influenza più consistente proveniva dall’Inghilterra. I Discharge,
anch’essi formatisi nel 1977, svilupparono quell’approccio al punk
estremo e brutale che avrebbe poi dato vita al thrash. Il cantante Calvin
“Cai” Morris era un maciste dalla voce gutturale i cui testi passarono
dall’essere classiche declamazioni punk a diventare brevi esplosioni di
slogan brutali che non facevano alcuna concessione alla melodia o alla
metrica. Questo stile raggiunse il suo apice nel fondamentale album del
1982 HEAR NOTHING SEE NOTHING SAY NOTHING. I Discharge si
presentavano come antimilitaristi, ma i loro testi violenti, la grafica
macabra e il suono estremamente thrash trasudavano violenza allo stato
puro. E il ringhio da basso profondo di Morris anticipava la celebre voce
da “Cookie Monster”60 introdotta da death metal e grindcore. L’influenza
dei Discharge sull’heavy metal è incalcolabile, e superstar del metal come
Metallica, Anthrax e Sepultura hanno tributato loro omaggio
interpretandone le canzoni.
Un’altra band che trasse diretta ispirazione dai Discharge furono i
Napalm Death, leader del movimento grindcore. Partendo dalla Gran
Bretagna, il grindcore arrivava a rifuggire del tutto i cenni melodici offerti
da Megadeath e Metallica. Le canzoni dei Napalm Death consistevano
solitamente di brevi esplosioni di rumore che arrivavano dritte in faccia,
con una voce ringhiosa e profonda e un estrema, anarchica prospettiva
politica. Altri gruppi come Doom ed Extreme Noise Terror ne seguirono i
passi, alzando la posta in direzione metal e ripassando la palla all’America.
DEATH METAL
I vari temi dell’hardcore e del thrash confluirono nella scena death
metal, che estremizzò ulteriormente gli eccessi degli Slayer aggiungendoci
la voce da “Cookie Monster” come effetto supplementare. La Florida
assolata e suburbana fu l’improbabile epicentro del genere, che poteva
vantare gruppi come Morbid Angel, Possessed e Deicide. Ma un filone
metal ancora più maligno proveniva da Buffalo, nello Stato di New York.
Ispirati dalla gratuita confusione del cinema anni Ottanta più violento e dai
fumetti horror, i Cannibal Corpse condussero l’oltraggio verso nuovi
abissi, con album come TOMB OF THE, MUTILATED e BUTCHERED
AT BIRTH, che potevano contare su copertine e titoli di canzoni
tediosamente offensivi (Hammer-smashed Face, ‘faccia fracassata a
martellate’, è di gran lunga il più innocuo). I gruppi della Florida
elaborarono temi musicali analoghi, sebbene evitassero le fantasie di
mutilazione in favore di un radicalismo satanico. Una vena similmente
oltraggiosa scaturì dalla scena black metal che si sviluppò a partire dalle
stesse radici che avevano generato la scena death, diramandosi in altre
direzioni.
Nato in Scandinavia a metà anni Ottanta, il black metal alzò la posta in
quanto a estremismo religioso e politico, allargandosi a praticare
l’incendio doloso e l’omicidio. Gruppi black metal come Emperor,
Satyricon e Immortai (tra gli altri) sfoggiavano inoltre variazioni sataniche
sulle armature dei Kiss e sul trucco Kabuki. La scena black metal traeva
ispirazione dal dark, incorporando tastiere, cori e altre bardature
sinfoniche, alienandosi così le simpatie di una parte di fanatici metallari
più terra terra, in particolare negli Stati Uniti.
Immersi ne Il signore degli anelli e in Dungeons & Dragons, alcuni
appassionati di black metal si spinsero addirittura ad aprire i libri di storia
e lì scoprirono che i loro predecessori nordici non avevano abbandonato
gli antichi dèi in seguito a una ragionevole opera di persuasione, ma per
mezzo di una spada cristiana macchiata di sangue. Nel tentativo di
vendicare i loro martirizzati antenati vichinghi, alcuni accoliti norvegesi
del black metal dichiararono guerra al cristianesimo e incendiarono oltre
cinquanta chiese (molte delle quali edifici storici) tra il 1992 e il 1996.
MARILYN MANSON
I temi oscuri originatisi dai Velvet Underground e dai Black Sabbath
trovarono maligno sfogo in una lunga serie di gruppi nel corso dell’era del
rock classico e non solo. Tuttavia, negli anni Novanta, gli opposti poli del
rock plutoniano convergettero impossessandosi di un ospite improbabile.
Nato e cresciuto nel cuore dell’Ohio, il giovane Brian Warner ebbe
un’educazione conservatrice e religiosa. Ma quando si ritrovò nella patria
del death metal, la Florida, la sua vita spirituale prese una piega
decisamente bizzarra, facendolo approdare alla Chiesa di Satana di Anton
LaVey.
Warner era pronto a scioccare chiunque: i conservatori, con la sua
filosofia satanica e la sua politica autoritaria, gli headbanger omofobi, con
sporadici cenni di sesso gay in scena, e tutti quelli che si trovavano nel
mezzo, attraverso la sua fascinazione per predatori sessuali e molestatori di
bambini. Warner prese il concetto estetico di Alice Cooper e lo spinse fino
al suo illogico estremo, dando ai componenti della propria band
pseudonimi che combinavano celebrità femminili con serial killer maschi.
Ecco quindi che il mondo conobbe “Twiggy Ramirez”, “Madonna Wayne
Gacy”, “Daisy Berkowitz”, “Zsa Zsa Speck” e via dicendo. Allo stesso
modo, la sua musica combinava metal macho con ritmi dance e vecchie
cover synth pop di androgini precursori quali Depeche Mode e Patti Smith.
Percependo uno spirito affine, Trent Reznor fece firmare Marilyn
Manson per la propria etichetta, la Nothing Records. Ai conservatori
giunse infine voce dell’incoscienza di Warner nel toccare certi tasti quando
la cover realizzata da Manson di Sweet Dreams (Are Mack Of This), il
brano degli Eurythmics, divenne un successo su Mtv, mettendo arpie
professioniste come William Bennett e Joe Lieberman sulle sue tracce.
Manson replicò con la pubblicazione di ANTICHRIST SUPERSTAR nel
1996, dichiarando che la Destra religiosa non era nient’altro che un
adattamento americano del fascismo, impegnato a sopprimere
l’individualità e la creatività mettendosi al servizio del profitto corporativo
e di una guerra infinita. Su ANTICHRIST c’era l’inno più conosciuto di
Manson, The Beautiful People, nel cui video si vedeva lo stesso Warner
impegnato a sfilare sui trampoli con indosso un’androgina tenuta che
faceva il verso all’estetica nazista.
Gli attacchi mediatici si intensificarono quando la band venne
trasformata in capro espiatorio per via del massacro alla Columbine High
School del 1999, nonostante il fatto che i due assassini non fossero
neppure dei fan. Marilyn Manson passò al contrattacco nel 2000 con
l’album HOLY WOOD (IN THE SHADOW OF THE VALLEY OF
DEATH), che diede a Warner lo spunto per leggere alcuni dei più macabri
passaggi della Bibbia sul palco, durante il successivo tour. Più di recente
l’artista ha causato l’allontanamento di vecchi simpatizzanti come Reznor,
per via del suo abuso di droga, e, di fatto, di chiunque altro, a causa di un
raccapricciante video musicale nel quale inscena il pestaggio a morte della
sua fidanzata tira e molla, l’attrice Evan Rachel Wood.
Nonostante la controversia, Marilyn Manson e le brigate death e black
metal ormai non spaventano più nessuno. Senza avere indignati gruppi di
pressione legati alla chiesa alle calcagna, scommettere sul diavolo non è
più divertente. Una strana simbiosi tra fondamentalismo e metal estremo si
era sviluppata al principio degli anni Ottanta, e le due opposte fazioni (dal
simile temperamento, però) si usavano a vicenda come infame pretesto per
giustificare il proprio bisogno di recitare l’estremismo e provare piacere
nel farlo. Dopo un po’, divenne una specie di sciarada — e davvero
parecchio noiosa — e il resto del mondo si dedicò ad altro. Tanto più che,
ora come ora, abbiamo tutti problemi ben più grossi dei quali
preoccuparci.
Il DOLORE SONO IO: I MODERNI MISTERI DI ORFEO
Orfeo era noto per le canzoni dolenti e la tragica esistenza, e lo stesso
vale per il suo archetipo. Questo culto rock assunse una posizione
dominante nell’era grunge, per poi trasformarsi e diffondersi attraverso
varianti nu metal ed emo, minacciando per un certo periodo di trasformare
il rock’n’roll in una grande festa della compassione. Il problema è che
l’autocommiserazione maschera spesso (quando non sempre)
un’ossessione del sé, e le miserie e le pene degli artisti neo-orfici hanno
spinto il rock a rivolgere la propria rabbia verso l’interno, inducendo così
una sorta di atomizzazione nell’intera comunità. L’ironia di tutto ciò è che
molti di questi modelli venivano - e vengono tuttora - consumati dalla
generazione di americani che, nel corso della storia, è stata sottoposta in
maniera più massiccia alla socializzazione. Forse tutta la staticità di
Facebook, Myspace e telefoni cellulari porta, molto semplicemente, a un
nuovo genere di isolamento.
L’archetipo orfico si è espresso inizialmente nel folk, che già aveva alle
spalle una lunga e celebrata storia di canzoni tristi risalente in origine ai
trovatori medievali e ai primi seguaci di Orfeo. L’archetipo saltò di nuovo
fuori nel Ventesimo secolo con crooner come Johnny Ray e Roy Orbison,
infiltrandosi nuovamente nel rock nei primi anni Sessanta, quando rock e
folk presero a mescolarsi. Da allora, una moltitudine di artisti ha portato
l’archetipo orfico fuori dai caffè, fino negli stadi. Al principio dei Settanta,
le canzoni tristi diventarono dunque un grosso, grosso affare.
NEIL YOUNG
Con la sua cupa visione del mondo, la voce malinconica e lamentosa e il
modo rabbioso di menar fendenti con la chitarra, Neil Young rappresenta
l’esatta personificazione della moderna rockstar orfica. Nato in Canada,
Young si trasferì a Los Angeles nel 1965 per intraprendere la carriera
musicale, e finì per unirsi al collaboratore di vecchia data Steven Stills nei
leggendari Buffalo Springfield, noti soprattutto per il loro inno di protesta
For What It’s Worth.
Gli Springfield non raggiunsero mai un successo consistente, e si
sciolsero nel 1968. Young reclutò un gruppo di accompagnamento che
battezzò Crazy Horse, e nel 1969 pubblicò il seminale EVERYBODY
KNOWS THIS IS NOWHERE, che conteneva l’inno alle groupie
Cinnamon Girl e la murder ballad Down By The River, oltre a un diffuso
sentimento di depressione, in chiave minore. Implacabilmente prolisso,
Young si unì inoltre a Crosby, Stills e Nash, con i quali registrò l’inno di
protesta anti Nixon Ohio, scritto dal quartetto inorridito per l’uccisione di
quattro manifestanti pacifisti alla Kent State University, nel 1970.
Il 1970 è anche l’anno dell’uscita di AFTER THE GOLD RUSH, album
influente che comprendeva un altro appassionato inno di protesta,
Southern Man, scritto dopo che il musicista era stato malmenato in un bar
dell’Alabama per via dei capelli lunghi. Young fece seguire GOLD RUSH
da HARVEST, uno dei suoi lavori più celebri con all’interno uno dei suoi
più grandi successi, il singolo Heart Of Gold. L’atmosfera del disco era
rustica e casalinga, ma anche decisamente pessimistica. Il suo successivo
album in studio fu ON THE BEACH (1974), che «Rolling Stone» definì
“uno dei dischi più disperati del decennio”.
Il morale di Young si incupì ulteriormente quando il chitarrista della sua
band e un amico morirono entrambi per overdose, e così utilizzò il suo
lavoro successivo, TONIGHT’S THE NIGHT, per farne un elogio fune
bre. Young non rallentò la propria produttività e nel 1979 diede alle
stampe un disco dal vivo, RUST NEVER SLEEPS, e l’omonimo film
concerto. Il brano che dava il titolo all’album rappresentava il tributo di
Young al punk rock e alla new wave, che lo avevano ispirato a fare nuovi
esperimenti partendo dalla tradizionale formula country e folk. RE-ACTOR, del 1981, vedeva Young gingillarsi con ritmi più veloci, influenzati
ancora dalla new wave, mentre su TRANS (1982) trattò la propria voce
filtrandola attraverso il suono robotico del vocoder. Il 1983 fu l’anno del
pastiche rockabilly EVERYBODY’S ROCKIN’, seguito da un disco
country. Esasperata, la casa discografica gli fece causa, accusandolo di
pubblicare dischi deliberatamente invendibili. Imperterrito, Young
continuò a fare esperimenti fino al 1989, anno in cui pubblicò FREEDOM,
un ritorno epocale che conteneva il caustico inno di protesta Rockin’ In
The Free World. Una nuova generazione scoprì la sua musica, e la scoperta
fu reciproca: rese omaggio a Kurt Cobain nel suo album del 1994,
SLEEPS WITH ANGELS, e registrò con i Pearl Jam l’hanno successivo.
Young, accanto a Crosby, Stills e Nash, fu uno dei pionieri dell’ammorbidimento del rock sul finire degli anni Sessanta, un sintomo di
esaurimento e di profonda disillusione, ma anche del diffuso malessere che
stringeva il paese. CSN&Y non evitarono di occuparsi di politica, ma molti
degli artisti che si misero sulla loro scia sfruttarono questa nuova sintesi
soft rock per gorgheggiare pop inoffensivo di fronte a una nazione stanca
di controversie. Young ha avuto una carriera prolifica e litigiosa,
ritornando all’attivismo politico nel 2006 con l’album LIVING WITH
THE WAR, al quale ha fatto seguito una reunion di CSN&Y che metteva a
confronto l’anziano pubblico yuppie della band con la politica pacifista e
anti-neocon.
JAMES TAYLOR
Nel contesto dei sommovimenti politici degli anni Sessanta, il
movimento cantautorale e quello del soft rock rappresentarono una sorta di
ritirata. La cosiddetta Generazione Migliore61 era ancora saldamente
radicata al potere ed era in piena modalità reazionaria nei confronti della
controcultura. Ai loro occhi, il rock’n’roll era il nemico pubblico numero
uno. Ma il soft rock che incominciò a fare la sua comparsa nei primi anni
Settanta era molto meno minaccioso, e riuscì a superare alcuni dei filtri
escogitati da questa reazione anti-rock (l’hard rock era pressoché invisibile
in prima serata televisiva), contribuendo a cicatrizzare la frattura
generazionale provocata dagli eccessi degli anni Sessanta. Di conseguenza,
molti artisti cavalcarono la formula soft rock e passarono alla cassa, o
quantomeno lo fecero le loro etichette.
Tra costoro vi era James Taylor, il quale rappresentò il modello per il
movimento dei cantautori sensibili dei primi anni Settanta. Nato in una
famiglia benestante del New England, Taylor era un eccellente musicista
ma allo stesso tempo soffriva di depressione. Le sue difficoltà divennero
così sovrastanti che dovette essere internato. Tornato alla vita quotidiana,
era determinato a perseguire una carriera musicale e così sbarcò nel
circuito folk newyorchese prima di trasferirsi a Londra. Lì catturò
l’attenzione di Paul McCartney e fu uno dei primi artisti a firmare per la
Apple, l’etichetta di proprietà dei Beatles.
L’esordio di Taylor non fece molta strada, e le sue fortune peggiorarono
sempre più da quando fu vittima di un debilitante incidente motociclistico,
alla fine del ’69. Durante la convalescenza scrisse molte delle canzoni che
sarebbero poi finite sull'album dell’affermazione commerciale, SWEET
BABY JAMES del 1970. Taylor trasse ispirazione delle proprie esperienze
in ospedale e dal suicidio di un caro amico per Fire And, Rain, vero e
proprio standard del soft rock.
La musica cadenzata e introspettiva di Taylor toccava un nervo scoperto
in una generazione che cercava di adattarsi alla vita dopo la rivoluzione.
L’album fu un enorme successo, dimostrando che Taylor e il movimento
soft rock erano delle forze con cui fare i conti. Taylor sposò la cantante
Carly Simon, e i due divennero la coppia per antonomasia della scena soft
rock nei primi anni Settanta. Ma il cantautore lottava contro i propri
problemi di dipendenza e mandò in frantumi il matrimonio. Alla fine si
riprese e continua tuttora a fare concerti e dischi come decano della
rivoluzione cantautorale.
NICK DRAKE
Sull’altra sponda dell’oceano, la rivendicazione del titolo di nuovo
Orfeo da parte di Taylor subì la sfida (quantomeno da un punto di vista
spirituale) di un cantante inglese che avrebbe raggiunto il successo decenni
dopo la sua tragica morte. In molti modi, Nick Drake era la versione
specularmente sfortunata di James Taylor. Le somiglianze sono irrefutabili:
anche Drake era nato in una famiglia benestante e aveva mostrato
un’inclinazione per la musica, suonando un certo numero di strumenti fin
dai tempi della scuola. Come la sua controparte americana, Drake soffriva
di depressione. A differenza di quella di Taylor, la carriera del talentuoso
cantante - così come la sua vita - avrebbe finito per essere distrutta dalla
malattia. Come nel caso dell’americano, il debutto di Drake, nel 1969, fu
una delusione commerciale, vendendo meno di cinquemila copie in tutta la
Gran Bretagna. A differenza di quanto accadde a Taylor, gli altri dischi di
Drake subirono la stessa identica sorte.
La depressione si aggravò ulteriormente per via dell’insuccesso, e anche
a causa dell’eccezionale consumo di droghe. Dolorosamente timido, il
cantautore detestava esibirsi dal vivo e si rifiutava di promuovere i propri
dischi. La sua malinconia riduceva il canto a un mormorio quasi
indecifrabile, riscattato dalla bellezza ammaliante delle melodie. Frustrato
dall’invadenza della produzione e delle orchestrazioni nei suoi primi due
dischi, Drake registrò PINK MOON interamente da solo, quasi senza
sovraincisioni. Quando consegnò i nastri, questi erano così spogli che
vennero scambiati per dei demo. Il disco fu un disastro commerciale e
spinse il già inquieto artista ad avvitarsi ulteriormente su se stesso, e
conseguentemente a una fatale overdose di quegli antidepressivi che gli
erano stati prescritti. Ma il brano che dava il titolo all’album ha procurato
nuove attenzioni a Drake: negli anni Novanta è stato utilizzato in un
celebre spot televisivo della Volkswagen. Artisti come Belle & Sebastian
ed Elliot Smith (anch’egli poi suicida) hanno tratto ispirazione dalla
musica gracile e intima di Drake in quello stesso decennio.
IAN CURTIS
Pochi anni dopo la scomparsa di Drake, la più nera desolazione che
stringeva il cuore dell’Inghilterra ispirò un nuovo modello di Orfeo, che
indirizzava tutta la rabbia e la furia del punk verso l’interno. Il più
importante - e di gran lunga il più influente — dei gruppi che facevano
riferimento a tale modello furono i Joy Division, dalla triste e piovosa
Manchester. Ispirati dalla diffusione a macchia d’olio del punk avviata dai
Sex Pistols, Ian Curtis, Peter Hook, Bernard Sumner e Stephen Morris,
originari dei sobborghi della città inglese, diedero vita ai Joy Division, una
rabbiosa band post-punk che trasse il proprio nome da un bordello di
Auschwitz. Come molti punk dell’epoca, la band flirtava apertamente con
l’immaginario nazista, scelta che in seguito avrebbe rimpianto. Il primo Ep
dei Joy Division, AN IDEAI FOR LIVING (1978), catturò l’attenzione di
una star della televisione locale di nome Tony Wilson, il quale creò la
leggendaria Factory Records appositamente per loro. Wilson mise i Joy
Division in studio con il folle produttore Martin Hannett, il quale prese il
loro grezzo rumore punk per lavorarlo fino a trarne una lucentezza
atmosferica influenzata dal dub reggae e dai dischi berlinesi di David
Bowie.
L’album che ne uscì fuori, UNKNOWN PLEASURES (1979), conquistò
le classifiche indipendenti e ispirò dalla mattina alla sera un’ondata di
imitatori. Il suono cupo e glaciale di Hannett rappresentava il contrappunto
ideale per il dolente baritono di Curtis e i suoi testi neri come la pece, che
facevano sembrare ogni canzone il biglietto lasciato da un suicida. Come i
suoi antichi predecessori orfici, Curtis vedeva il mondo come qualcosa di
miserabile, morto e privo di speranza.
Il cantante possedeva un’irresistibile ispirazione che riusciva ad abbinare
alla propria visione oscura. Gli era stata diagnosticata l’epilessia proprio
nel momento in cui la band incominciava a carburare e le sue crisi erano
diventate sempre più violente, colpendolo a volte mentre si esibiva in
concerto. Iniziò inoltre a mostrare sintomi di disturbo bipolare, ed era
soggetto a sbalzi di umore. In She’s Lost Control, Curtis proiettava le
proprie strazianti crisi epilettiche su una ragazza sconosciuta “che si
aggrappava al passante più vicino”, il quale “gridava, colpendola su un
fianco”.
Curtis avviò poi una relazione con un’affascinante giornalista belga, e la
distruzione che portò nel suo matrimonio fu alla base del singolo più
iconico dei Joy Division, Love Will Tear Us Apart. Con il peggiorare della
salute di Curtis, per via delle pressioni legate al matrimonio e alla carriera
la sua visione, già desolata, si fece terminale. Incorporando le tastiere, la
band sviluppò un suono più elegiaco, alla Doors, nel secondo album
CLOSER (1980).
Oltre che dalle miserie più ordinarie, Curtis trasse ispirazione dagli
horror storici per brani come Atrocity Exibition, dove un imbonitore da
luna park invita l’ascoltatore ad assistere a “omicidi di massa su scala mai
vista”. Il testo semplice e ripetitivo di Dead Souls è probabilmente il più
agghiacciante. Guardando contemporaneamente al passato, rivolto alle
crudeltà della storia, e di fronte a sé, verso il futuro di una vita di malattia
debilitante, mentale e fisica, Curtis supplica qualcuno di “portare questi
sogni lontano”, in un luogo dal quale le “voci canzonatorie” delle anime
morte “continuano a chiamarlo”.
Dead Souls venne pubblicata postuma su STILL (1981) e resa famosa
dai Nine Inch Nails, che nel 1994 ne fecero una cover per la fortunata
colonna sonora de Il Corvo, ultimo film della star emergente Brandon Lee,
rimasto accidentalmente ucciso sul set.
La moglie di Curtis, Deborah, inoltrò una richiesta di divorzio al
principio del 1980, e il cantante venne ricoverato ad aprile per via di
un’overdose provocata dalle medicine che aveva assunto. Dopo aver
mandato la moglie dalla madre, una sera di primavera, alla vigilia del
primo tour statunitense del proprio gruppo, Curtis si impiccò. La sua band
continuò con il nome di New Order, altra scelta legata alla storia del
fascismo.
Sulla scia dei Joy Division si formò un’orda di mercanti di tetraggine
che traevano ispirazione dal gruppo, guidati soprattutto dal suono dei
sintetizzatori che aveva caratterizzato l’ultimo periodo dei mancu- niani.
Di tutte queste band, quella che ebbe maggiore successo furono i Depeche
Mode, che nacquero come allegro progetto pop-disco ma si incupirono
considerevolmente quando l’autore dei brani, Vince Clarke, li abbandonò
per formare gli Yaz62 insieme alla cantante Allison Moyet.
I Depeche Mode riuscirono lentamente a costruirsi un seguito di culto
negli Stati Uniti prima di raggiungere il vero e proprio successo con
l’album VIOLATOR, nel 1990.
Altri gruppi trassero ispirazione dai lavori precedenti dei Joy Division.
Tra questi, la formazione di maggior successo raggiunse i Depeche Mode
in cima alle classifiche americane, nell’inebriante periodo che precedette la
consacrazione del grunge.
CURE
Tra i primi a seguire le orme oscure di Ian Curtis, i Cure un attimo
potevano crogiolarsi nella disperazione e il successivo saltellare come
folletti. Il gruppo britannico era formato dal cantante e chitarrista Robert
Smith, al quale si aggiunse nel corso degli anni una serie mutevole di
fiancheggiatori. Il loro primo Lp, THREE IMAGINARY BOYS (1979),
era pop-punk spoglio e laconico, dai testi suggestivi e distaccati che
tuttavia non sfociavano nel miserabilismo.
Il gruppo sviluppò un suono post-punk più ricco e affidato in gran parte
ai sintetizzatori su SEVENTEEN SECONDS (1980), che comprendeva
eteree tracce pop come A Forest e Play For Today. La scrittura di Smith si
fece sempre più tetra e pessimistica in FAITH (1981), disco in cui si
trovavano canti fùnebri alla Curtis come The Drowning Man e The Funeral
Party. Combinando testi tetri e nichilisti con una musica cupa e pulsante,
PORNOGRAPHY, nel 1982, si apriva con il memorabile verso “non
importa se moriremo tutti”.
I Cure scioccarono i fan facendo seguire a quella depressa pesantezza il
voltafaccia synth-pop di Let’s Go To Bed. Il contrasto tra
PORNOGRAPHY e i singoli che seguirono fissò i parametri della
rimanente carriera del gruppo: depressione patinata alternata a un pop
saltellante. (Smith si prese gioco di questo approccio schizofrenico quando
intitolò l’album dei Cure del 1998 WILD MOOD SWINGS, ‘tempestosi
sbalzi d’umore’). I Cure ottennero una serie di successi in ambito
alternativo per tutti gli anni Ottanta, culminanti nell’album del 1989,
DISINTEGRATION, e in un modo o nell’altro si ritrovarono in cima al
cartellone del Giants Stadium, nel New Jersey, assicurandosi il record di
band di maggior successo a venir fuori dall’originario movimento postpunk.
SMITHS
Nel 1983, la profonda disperazione dei Ian Curtis era ormai ridotta a un
cliché miserabilista all’interno del panorama pop-indie britannico, a un tale
livello che un gruppo di concittadini di Manchester divennero delle star in
patria facendone la parodia. Gli Smiths erano la trovata di Steven Patrick
Morrissey, un irriducibile discepolo di Oscar Wilde, e Johnny Marr, un
virtuoso della chitarra il cui dizionario degli accordi incominciava nel
punto in cui finiva quello di tutti gli altri. Il duo coinvolse il bassista Andy
Rourke e il batterista Mike Joyce, producendo un gioioso amalgama di
suoni legati al pop anni Sessanta, con Morrissey che canticchiava
maliziosamente quanto fosse terribile la vita.
I titoli delle canzoni degli Smiths già dicevano tutto: Heaven Knows I’m
Miserable Now (‘Dio solo sa quanto sono infelice ora’), Bigmouth Strikes
Again (‘Lo sbruffone colpisce ancora’), Please Please Please Let Me Get
What I Want (‘Per favore per favore per favore lasciami prendere ciò che
voglio”), Last Night I Dreamed That Somebody Loved Me (‘Ieri notte ho
sognato che qualcuno mi amava’). La lingua di Morrissey era sempre
saldamente ironica, impegnata a fare la parodia degli adolescenti
autocomrniseranti che compravano a vagonate i suoi dischi. Ma la band
era un po’ troppo alternativa per cavalcare l’onda della New British
Invasion, e così negli Stati Uniti rimase una faccenda di culto. Gli Smiths
si sciolsero nel 1987 per via dei soliti problemi riconducibili a droga, alcol
ed ego, e Morrissey continuò come solista facendo una musica simile a
quella del gruppo, come se nulla fosse accaduto.
RITES OF SPRING
Un’altra oscura band degli anni Ottanta la cui influenza ha di gran lunga
superato le vendite sono i Rites Of Spring, gruppo post-hardcore di
Washington. Fondati da Guy Picciotto nel 1986, i Rites Of Spring
andarono oltre il tonto riduzionismo dell’hardcore, aggiungendo frammenti
di melodie e testi più legati alle frustrazioni quotidiane che all’assunzione
di cruciali prese di posizione contro la società. Per questi loro crimini i
Rites Of Spring si guadagnarono l’etichetta di “emocore”, abbreviazione di
“emotional hardcore”, hardcore emotivo, una lettera scarlatta che continua
a far infuriare gli ex componenti della band. In stato di gestazione
nell’iperattiva scena indipendente post-grunge, l’emocore diventò emo,
un’etichetta generica affibbiata a quei gruppi indie rock adusi a testi
apatici, suoni aridi e androgine dichiarazioni modaiole.
È importante sottolineare qui che i Misteri di Eleusi rappresentavano le
originali “sagre di primavera”63, e che il compositore del celebre balletto
La sagra della primavera, Igor Stravinsky, compose anche le musiche per
un balletto basato sul mito di Orfeo, e una composizione per coro e
orchestra intitolata Persefone. Il potere dell’inconscio Collettivo è davvero
forte.
Il GRUNGE
Ma prima che l’emo prendesse piede, il grunge emerse dall’underground
e colpì il mainstream come una bomba ai neutroni. Quando il fumo si
diradò, l’Era Classica del rock’n’roll era finita.
Il grunge (vecchia espressione slang di ambito musicale, che indicava
il suono generato da pessimi musicisti alle prese con un
equipaggiamento scadente) aveva avuto una gestazione sotterranea lunga
parecchi anni prima che i Nirvana sbaragliassero le classifiche. Gruppi
come gli MX- 80 Sound di Cleveland ne avevano stabilito i parametri di
base negli anni Settanta, e i Flipper di San Francisco perfezionarono il
modello grunge negli anni Ottanta, costruendo melodie inesplicabilmente
accattivanti a partire da stupidi riff di basso, testi ancora più idioti e
laceranti strati di feedback e fuzz. I Flipper generarono una moltitudine di
imitatori “noise rock” come i Pussy Galore e i Butthole Surfers, ma i
leggendari Pixies, da Boston, presero quella formula, costruita su grezze
linee di basso e chitarra noise, e ne trassero delle irresistibili melodie.
Lo stile mise radici nella costa Nord Ovest del Pacifico, dove il look a
base di jeans strappati e flanella dei primi gruppi grunge era già all’apice. I
presenzialisti di laggiù adottarono l’attitudine scazzata del grunge,
aggiungendo alla ricetta pesanti dosi di buon vecchio rock maschio e un
inopportuno nichilismo diniegante. Ben presto la cosmopolita città di
Seattle si ritrovò a ospitare migliaia di aspiranti rockstar che avevano
l’aspetto di qualcuno appena sceso dal palco del Jerry Springer Shou/'\ In
prima fila tra questi c’erano Kurt Cobain e Chris Novoselic, i fondatori dei
Nirvana, il cui primo album, BLEACH, uscì nel 1989.
NIRVANA
Il grunge semplificato dei Nirvana non avrebbe probabilmente fatto
molta strada senza un grande cantante come Cobain. Il produttore Butch
Vig mise in primo piano la voce di Cobain, intensa, complessa ed
emotivamente carica (sebbene spesso indecifrabile), nel secondo album del
gruppo, NEVERMIND (1991). Il disco sembrava piuttosto improbabile
come successo, ma una profonda recessione aveva guastato lo stato
d’animo del paese, e l’orfica depressione del grunge toccò un nervo
sensibile. Le etichette si lanciarono in un’abbuffata di grunge messo sotto
contratto e ben presto le radio rock ne furono tutte quante invase, e questo
perché uomini in giacca e cravatta terrorizzati non volevano perdersi i
prossimi Nirvana.
La band successivamente arruolò il guru del grunge Steve Albini per
il suo nuovo album in studio, IN UTERO. La compagnia discografica
non era soddisfatta del lavoro di Albini e così venne ingaggiato un
produttore esterno per remixare i singoli. L’album fu un successo grazie al
classico istantaneo All Apologies, uscito anche come singolo, e tuttavia
vendette meno della metà di NEVERMIND. La band andò in tour, ma il
comportamento di Cobain diventò sempre più imprevedibile, e il
chitarrista fece un paio di tentativi di suicidio. Al termine del tour,
nell’aprile 1994, Cobain, rintanatosi nella sua casa di Seattle, morì dopo
essersi inflitto una ferita da arma da fuoco alla testa.
Come nel caso di Curtis, la reale sofferenza di Cobain si trasformò in un
fumetto nelle mani di un’orda di gruppi grunge senza arte né parte che
spacciavano finta infelicità. Ma i ritorni incominciarono a essere meno
consistenti e con la ripresa dell’economia nessuno si sentì più miserabile.
Tuttavia, molte band messe sotto contratto durante la corsa all’oro del
grunge si rivelarono essere estremamente credibili e qualificate. Sigle quali
Pearl Jam, Smashing Pumpkins, Stone Temple Pilots, Alice In Chains,
Soundgarden e Foo Fighters (nei quali suonava il versatile Dave Grohl)
realizzarono musica intensa e stimolante, e contribuirono a riportare
consistentemente sotto i riflettori il genere hard rock dopo
il lungo letargo metallico degli anni Ottanta, anche se i testi si facevano
qua e là malinconici.
Ma i ragazzi più giovani voltarono le spalle alla rabbia e alla cupezza
riconducibile ai giorni della Seatde tiber alles. Al posto di offrire, come via
di fuga, un paese delle meraviglie a base di fantasia, sesso e potere, il
grunge molto semplicemente rifletteva l’infelicità, la goffaggine e
l’insicurezza del proprio pubblico. L’arte delle copertine era un tempo una
forma popolare tra i ragazzi, e aiutava ad ampliare la mistica della musica
contenuta all’interno dell’album. Ma le copertine degli album grunge —
già di per sé penalizzate dal più piccolo formato Cd — erano quasi tutte
brutte e fuori luogo, e anche con una certa arroganza. Tutto, nella cultura
rock, era diventato sgradevole, grigio, privo di vita e studiato, per motivi in
gran parte difficili da comprendere. Quando il rock si sbarazzò finalmente
dell’abitudine al grunge, lo slut pop e le boy band regnavano ormai
indiscussi. Una stazione radio (la newyorchese ZI00) trasmise addirittura
dei promo in cui si scusava con il pubblico per il carico eccessivo di
grunge durante l’apice del movimento.
Non c’è da stupirsi che il pop costruito e prefabbricato abbia creato
il vuoto. I ragazzi avranno sempre bisogno di fuggire dalla crudeltà
dell’adolescenza, e sentiranno sempre la necessità di proiettare i loro sogni
e desideri su ragazzi un po’ più vecchi in grado di rappresentarli. Qualcosa
è stato rovinato - una forma di fiducia - e ci vorranno parecchi anni per
setacciare le macerie e trovarci dietro le spoglie della grande mitologia del
rock’n’roll. Il fatto che questi possa riuscire a rinascere dalle proprie ceneri
è una questione decisamente aperta.
CODA
E allora che importanza può avere tutto questo? Gli antichi Misteri sono
scomparsi da tempo e il rock’n’roll si è tramutato in un’affermata forma di
arte commerciale, in gran parte priva di qualsiasi profondo significato
spirituale. L’epoca dei sociologi che predicavano la nascita di una nuova
religione sorta dalla cultura rock è finita da tempo, così come la ridicola
isteria rivolta alla forma espressiva da parte degli estremisti religiosi (e
politici).
C’è la tentazione di riferirsi al rock’n’roll come a un fenomeno culturale
di cui parlare al passato. La musica continua a essere presente ovunque ci
si giri, ma non è più al centro della vita dei giovani. Il rock’n’roll è
diventato una colonna sonora - uno sfondo - per trasmissioni Tv destinate
ai ragazzini, videogame, chat room su Internet, social network e qualsiasi
altra cosa che coinvolga i giovani (e i meno giovani). Il rock’n’roll non è
più controverso o pericoloso, e non lo è più realmente ormai da più di una
generazione. Tipper Gore e il Pmrc (Parents Music Resource Center), a
metà anni Ottanta, furono l’ultimo rantolo di resistenza del Vecchio
Establishment, ed era più una faccenda di pose e nostalgia yuppie che una
reale minaccia. Persino la candidata alla vicepresidenza nella campagna
2008 Sarah Palin — la quale sostiene di rappresentare i valori cristiani
delle piccole città - ha ballato il valzer sul palco alle manifestazioni della
campagna stessa, al ritmo della violenta Barracuda degli Heart, assumendo
in tutto e per tutto le sembianze di una Milf5 del rock’n’roll.
Ma forse il fatto che cosi tanti diano il rock per scontato non è dovuto a
una sovraesposizione o all’eccessiva familiarità, quanto piuttosto al
contrario. Troppi fra noi accettano il canone estremamente limitato dei
brani di “rock classico”, che in genere comprende due o tre hit, proposti in
tutte le salse, di una scarsa manciata di nomi noti. Ma tutti questi artisti
posseggono anche un catalogo di grandi canzoni che non vengono mai
trasmesse in radio. E per ognuna di queste band di rock classico
universalmente accettate (pensate ai Beatles, agli Stones, agli Who, agli
U2, etc.) ci sono decine di altri gruppi che hanno percorso le stesse strade
ma non sono mai riusciti a raggiungere il grande pubblico. Esiste
un’enorme quantità di grande musica sconosciuta da esplorare nel vasto
periodo che intercorre tra il 1965 e il 1994 affrontato nelle sezioni
precedenti. Potreste trascorrere il resto delle vostre vite nell’impresa.
Gran parte degli artisti che hanno convogliato gli antichi archetipi trattati
qui, anzi, quasi tutti, ne erano del tutto inconsapevoli. Ma questo
contribuisce a dimostrare, molto semplicemente, quanto siano potenti
questi temi, e la misura in cui siano programmati all’interno della nostra
coscienza. L’esperienza umana è vasta e complessa, ma tende a
organizzarsi seguendo determinati percorsi. In epoca antica, la gente si
organizzava in gruppi secondo questi percorsi e creava culti che
veneravano determinati ideali e simboli. Lo stesso processo avviene oggi,
anche se in un contesto profano, culturale.
Persino quando ero un adolescente, percepivo il fatto che il rock’n’roll
fosse semplicemente una nuova incarnazione di qualcosa di molto, molto
antico, e fui abbastanza fortunato da sintonizzarmici in un momento in cui
gli artisti cercavano di allargare i confini della musica,
contemporaneamente mettendosi a scavare per raggiungere le radici. Sono
anche sufficientemente vecchio da aver patito il totale disprezzo e rigetto
delle generazioni più vecchie nei confronti della musica per cui vivevo,
come se si trattasse di una specie di errore storico cresciuto di notte come
un fungo. Sapevo istintivamente che si sbagliavano, ma mi ci è voluta una
vita per provarlo.
UNA FUTURA STORIA DEL ROCK’N’ ROLL
La migliore cultura popolare è tutt’altro che usa e getta. Come abbiamo
visto, fa parte di un processo spesso inconscio, all’interno del quale
insceniamo drammi e archetipi che appartengono al nostro Dna culturale, e
forse al nostro Dna in senso lato.
E così se le band di oggi non emanano la stessa forza culturale di gruppi
come i Beatles, non significa semplicemente che ci sono troppe
distrazioni: è possibile che i nuovi gruppi non stiano cercando di
immettersi in quegli stessi flussi archetipici, o perlomeno non ci provino
con modalità appropriate ai tempi. E forse non ci stanno provando perché
non ne sono neppure consapevoli. Non mancano affatto i gruppi che
rendono omaggio (leggi: imitano) gli stili del rock e gli eroi del passato.
Ma si tratta esclusivamente di fasulla Beatlemania, come disse una volta
Joe Strummer. Capelli intrecciati e jeans svasati non significano più nulla,
né i tagli mohicani o i piercing al capezzolo. Ovviamente non è d’aiuto il
fatto che non manchino gli ultraquarantenni che ancora cercano di
mantenere viva la fiamma, con i loro capelli neri tinti, i tatuaggi
verdognoli e i pantaloni disperatamente stretti in fondo.
Ma non ci sono solo cattive notizie. Affatto.
Videogiochi come Rock Band o Guitar Hero hanno fatto in modo che i
ragazzi rivolgessero la loro attenzione non solo alle vecchie stelle ma alla
forma stessa del rock classico. Le canzoni che vengono fatte ascoltare a
una generazione diventano una rivelazione per quella successiva,
soprattutto quando la tecnologia digitale permette a quest ultima di
mettersi nei panni degli antichi dèi. Sarebbe un’ottima cosa che i giochi (e
altri intrattenimenti digitali) rappresentassero il prossimo passo
nell’evoluzione del rock’n’roll. Questi videogame consentono al giocatore
di divenire co-creatore, insieme agli dèi del rock, e di entrare in ambienti
coinvolgenti per raggiungere i quali un tempo era necessario drogarsi.
Con le possibilità interattive date dal multiplayer e le forme narrative in
esso contenute è difficile dire dove tutto questo porterà. Se il grunge ha
privato il rock’n’roll di una gran parte di mistero, grandeur ed evasione,
questi giochi stanno facendo molto per riportarceli indietro. Sarà
affascinante vedere come vari temi entreranno nel rock attraverso altri
giochi. E con il prepotente ritorno dell’antica mitologia al cinema - oltre
che con il manifestarsi di nuovi potenti miti come Harry Potter e Twilight
- un intero nuovo mondo di possibilità culturali potrebbe essere dietro
l’angolo. E, senza dubbio, gli antichi dèi greci sono stati riportati in vita,
digitalmente ma anche attraverso la celebre serie di videogame Gods Of
War e la serie romanzesca di Percy Jackson.
Ci sono segnali di speranza all’orizzonte. Anche se Internet ha permesso
ai fan di scaricare in allegria migliaia di dollari di musica senza pagare un
centesimo, ha dato vita a un intero sottogenere di artisti che hanno trovato
successo al di fuori del sempre più limitante filtro dell'industria
discografica, e YouTube e altre realtà presenti su Internet rendono ormai
disponibile qualsiasi genere di musica, non importa quanto possa essere
vecchia. Anche l’ottimale formato originario del rock’n’roll — il disco in
vinile - sta compiendo un rientro in scena in grande stile.
Se è vero che l’Era Classica del Rock è già passata, potrebbe esserci
un’Età dell’Oro in arrivo. Ma arriverà solamente quando una nuova
generazione di musicisti avrà la possibilità di attingere al profondo pozzo
dell’energia archetipica e spirituale che ha animato questa musica per
migliaia di anni, e renderla significativa in rapporto a questi tempi.
Forse questo “cambierà il mondo”.
NOTE
1. Nome collettivo che identifica un gruppo di artisti newyorchesi degli
anni Cinquanta comprendente, tra gli altri, Frank Sinatra, Dean Martin e
Sammy Davis jr.
2. Termine gergale degli Stati Uniti sudorientali diffuso a partire dalla
fine del Diciannovesimo secolo, che indica un genere di locale in cui si
balla, si consumano alcolici, si scommette e si ascolta musica (da un certo
punto in poi attraverso il juke box).
3. Kemet, nella lingua egiziana antica, significava ‘Terra nera’,
espressione che indica lo stesso Egitto. Il Kemetismo è una moderna
religione neopagana ispirata al paganesimo egizio, mentre qui l’aggettivo
“kemetico” viene presumibilmente utilizzato dall’autore in riferimento alla
terminologia utilizzata nel corso degli antichi culti egizi.
4. Il termine spring break, utilizzato nel testo originale, indica, in
particolare, la settimana di vacanza tradizionalmente a disposizione degli
studenti americani al principio della primavera.
5. Letteralmente ‘ragazze scatenate’. Celebre serie di video a carattere
semi-pornografico, girati, per l’appunto, in occasione di eventi o festività
quali il Mardi Gras o le vacanze studentesche di primavera.
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6. Gran sacerdote che officiava le cerimonie del culto divino.
7. La Psylocybe semilanceata.
8. Soldati di fanteria dotati di armatura pesante.
9. Il termine, che denota l’appassionato di heavy metal, deriva
dall’abitudine di muovere la testa accompagnando il ritmo.
10. L’espressione gender bender indica la persona che trasgredisce il
comportamento previsto dal genere sessuale a cui appartiene, ad esempio
attraverso il travestitismo.
11. Monogramma originario della parte orientale dell’impero romano,
costituito da lettere dell’alfabeto greco che vanno a formare
un’abbreviazione del nome di Gesù.
12. La comune creata nel 1977 in Guyana dal reverendo statunitense Jim
Jones, fondatore della setta del Tempio del Popolo. Il 18 novembre del
1978 la località fu teatro di quello che viene considerato da molti il più
grande suicidio di massa della storia, quando Jones, sentendosi braccato,
ordinò ai suoi adepti di ingerire un letale cocktail al cianuro.
13. In inglese Maypole, uno dei simboli della tradizione folklorica precristiana, assimilabile all’albero della cuccagna della nostra cultura
popolare.
14. Il meme è una riconoscibile entità di informazione relativa alla
cultura umana replicabile, da una mente o da un supporto simbolico di
memoria (per esempio un libro), a un’altra mente o supporto. In termini
più specifici, si tratta di “una unità auto-propagantesi” di evoluzione
culturale, analoga a ciò che rappresenta il gene nell’ambito della genetica.
La parola è stata coniata da Richard Dawkins nel controverso libro Il gene
egoista.
15. Nell’originale speaking in tongues, ‘parlare in lingue’, espressione
che fa riferimento, per l’appunto, al tuttora dibattuto fenomeno della
glossolalia, manifestatosi per la prima volta nell’antico cristianesimo, per
il quale un individuo in stato di estasi si metterebbe a parlare in una lingua
sconosciuta agli uditori o inesistente.
16. Vedi nota 2.
17. The Three Stooges, celebre trio comico statunitense attivo dal 1930
al 1970.
18. Riferimento a Tales Of Brave Ulysses, brano presente sull’album
DISRAELI GEARS del 1968.
19. Riferimento all’album IN THE WAKE OF POSEIDON del 1970.
20. Organizzazione non-profit statunitense che organizza campionati
giovanili di baseball su base locale, in tutto il mondo.
21. Termine che indica la cultura degli Stati Uniti in senso lato.
22. Riferimento a un verso della canzone Subterranean Homesick Blues
dello stesso Dylan (“ You don’t need a weatherman to know which way the
wind blows’).
23. Accento e dialetto inglese riferibile all’area del Merseyside, che ha
finito per identificare gli abitanti di Liverpool.
24. In ambito sociologico, la generazione cresciuta negli anni Settanta e
caratterizzata dal ripiegamento su se stessa.
25. Nel 2006 il sultano del Brunei offrì a Jackson 10 milioni di dollari
per esibirsi in occasione del venticinquesimo compleanno dell’erede al
trono.
26. Riferimento al brano Jesus Christ Pose dei Soundgarden.
27. Brano vivace, caratterizzato dal ritmo piuttosto marcato.
28. Sting significa ‘pungiglione’.
29. Strumento dell’urbanistica che consiste nell’opera di suddivisione
del territorio di ciascun comune in aree omogenee, secondo determinate
caratteristiche.
30. Slut è un termine dispregiativo che significa letteralmente ‘zoccola’,
e l’espressione slut pop indica un genere di musica pop interpretato da
cantanti femminili il più possibile svestite in videoclip studiati apposta per
attrarre un pubblico maschile.
31. L’“esurbio” e il territorio immediatamente al di là della periferia
urbana, generalmente popolato da classi benestanti.
32. McMansion è un termine peggiorativo che indica un grande casa
appena costruita e giudicata pretenziosa o di pessimo gusto da parte del
vicinato.
33. Gioco di parole tra warfare, ‘guerra’, e welfare state ‘stato sociale’.
34. Il verbo “grokkare” (to gròk) è stato introdotto dallo scrittore di
fantascienza statunitense Robert Heinlein nel romanzo Straniero in terra
straniera (1961), ed equivale ad aver afferrato pienamente il concetto’.
35. La comunità dei fan nel suo complesso.
36. Vasta area dell’Inghilterra sudorientale costituita dalle contee che
circondano Londra.
37. Scrittrice e filosofa statunitense di origine russa (1905-1982),
fondatrice della corrente filosofica dell’oggettivismo.
38. Esseri superiori immortali appartenenti alla cosmologia ideata da
Hubbard.
39. Luogo di villeggiatura delle Catskill Mountains, dagli anni Venti agli
anni Sessanta meta privilegiata dagli ebrei newyorchesi.
40. “Rock out with your cock out".
41. Circuito di locali, diffusi in tutti gli Stati Uniti, che nel periodo della
segregazione razziale consentivano agli artisti afroamericani di esibirsi.
42. Variante maschile del termine eyeliner.
43. Neologismo introdotto nei primi anni Novanta, in riferimento a film
d’azione di orientamento femminista come Thelma e Louise e Nikita.
44. Serie televisiva statunitense trasmessa dal 1968 al 1973.
45. Tra i significati attribuiti all’espressione jailhouse rock (dove
jailhouse indica il carcere), un significato legato ad alcuni ambigui
passaggi dell’omonimo brano di Jerry Leiber e Mark Stoller interpretato da
Elvis, fa riferimento a occasionali atti sessuali compiuti tra uomini
tendenzialmente eterosessuali.
46. Stando a quanto ha dichiarato Ray Davis in The Kinks: The Official
Biography di Jon Savage, David Watts, protagonista dell’omonima
canzone dei Kinks, sarebbe stato ispirato da una figura reale, un promoter
che si era invaghito del fratello Dave.
47. Riferimento a un verso di Purple Haze di Hendrix (“Excuse me
while I kiss the sky", ‘scusami se bacio il cielo’). Sul fraintendimento delle
parole (tra le storpiature più comuni, appunto, “Excuse me while
I kiss this guy", ‘scusami se bacio questo tizio’) lo stesso Hendrix amava
giocare spesso durante i concerti.
48. Riferimento al brano I Want To Hold Your Hands.
49. What We Do Is Secret è il titolo di un Ep dei Germs, band di cui
Crash, morto nel 1980 per overdose da eroina, era cantante, pubblicato
postumo nel 1981. E anche il titolo del biopic dedicato all’artista uscito
nelle sale cinematografiche statunitensi nel 2008.
50. Ci si riferisce alla celebre Nothing Compares To You scritta da
Prince e interpretata dalla O’Connor nel 1990.
51. Riferimento a un verso del brano All Apologies (“ What else could
I say / everyone is gay”, 'cos’altro dovrei dire / tutti sono gay)
52. Termine slang che indica una giovane donna considerata attraente
dal punto di vista sessuale ma non ancora maggiorenne.
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53. “Tricky Dick” (dove tricky sta per ‘disonesto^), soprannome
peggiorativo affibbiato a Richard Nixon, trentasettesimo Presidente degli
Stati Uniti, dimessosi nel 1974 a seguito dello scandalo Watergate.
54. “Son Of Sam” è lo pseudonimo utilizzato dal serial killer David
Berkowitz, autore di svariati omicidi nel Bronx tra il 1975 e il 1977.
55. Titolo dell’edizione statunitense. La versione europea dell’album
uscì ancora una volta senza titolo.
56. Farmaco ad azione sedativa e ipnotica, utilizzato negli anni Sessanta
e Settanta come sostanza stupefacente. In Gran Bretagna veniva
commercializzato con il nome di Mandrax.
57. I seguaci dello Youth International Party (‘Partito internazionale dei
giovani’), partito di estrema Sinistra dalle tendenze libertarie, socialiste e
anarchiche, sorta di ala politica movimentista del movimento hippie,
fondato nel 1966.
58. Titolo inglese dei Tre volti della paura di Mario Bava.
59. Midwich Cockoos il titolo originale del romanzo, pubblicato nel
1957 da John Wyndham e fonte di ispirazione per il celebre film horror Il
villaggio dei dannati.
60. Pupazzo del programma per bambini Sesame Street, noto per la
voracità (letteralmente, ‘mostro dei biscotti’).
61. Nell’originale Greatest Generation, espressione coniata dal
giornalista Tom Brokaw per indicare la generazione cresciuta negli Stati
Uniti durante la Grande Depressione degli anni Trenta.
62. Il nome utilizzato dal duo (noto come Yazoo in Gran Bretagna) negli
Stati Uniti.
63. Rites Of Spring significa letteralmente ‘sagre di primavera’.
64. Celebre talk show condotto dall’ex politico Jerry Springer, dedicato
a casi umani e divenuto col tempo esempio di tv spazzatura.
65. Acronimo tratto dallo slang americano, sta per “Mother I’d Like To
Fuck” (‘madre che vorrei scopare’) e indica una donna matura considerata
sessualmente attraente.
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RINGRAZIAMENTI
L’autore vorrebbe ringraziare Brenda Knight per aver dato il via al tutto
ed essersi assicurata che funzionasse. Un ringraziamento particolarmente
sentito va a Mark Rhynsburger per lo sguardo chirurgico e a Scott Idleman
e Frank Wiedemann. Grazie a Felice Newman, Frédérique Delacoste e
Kara Vuest per aver preparato il terreno. Grazie a Scott Rowley per aver
acceso la fiamma. E, come sempre, amore e gratitudine eterni alla mia
famiglia per essere rusciti a farmi rimanere con i piedi per terra.