Asimmetrie informative, fallimento del mercato e bad bank
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Asimmetrie informative, fallimento del mercato e bad bank
A simmetrie informative, fallimento del mercato e bad bank: esperienze internazionali e proposte per l’Italia Asymmetric information, market failures and bad banks: international experiences and proposals for Italy Numerose esperienze di bad bank sono già state avviate in diversi Paesi a seguito della crisi finanziaria e hanno dimostrato di aver spesso prodotto risultati positivi, riducendo le asimmetrie informative e i risultanti fallimenti di mercato legati alla selezione avversa e all’azzardo morale. Sulla base delle caratteristiche distintive di tali esperienze, è possibile delineare quindi alcune soluzioni strategiche che potrebbero essere percorse e attuate anche nel contesto italiano. Claudio Scardovi Università Bocconi, Milano Many kinds of bad banks have already been launched in several countries following the financial crisis, producing successful results, reducing asymmetric information and market failures related to adverse selection and moral hazard. On the basis of the characteristics of these experiences, it is possible to delineate some strategic options to be implemented in Italy. 1 Introduzione L’attuale congiuntura economica internazionale rappresenta quasi paradossalmente l’esempio perfetto per un «case book» di Istituzioni e mercati finanziari, evidenziando come situazioni caratterizzate da perduranti disequilibri macroeconomici e da strategie e comportamenti microeconomici «estremi» possano eventualmente condurre a situazioni di fallimento di mercato e di asimmetrie informative importanti e, per questa via, in avvitamenti recessivi dei principali settori industriali a livello globale. La maggior parte delle crisi finanziarie viene infatti originata da squilibri macroeconomici dei conti pubblici (anche riferibili al contesto geopolitico internazionale) che impattano a livello microeconomico attraverso il deterioramento dei bilanci bancari, le variazioni repentine e anomale dei tassi d’interesse e delle valute, la caduta del mercato azionario e l’aumento dell’incertezza a livello di sistema. Questi fattori rendono più evidenti e acuti alcuni dei problemi di selezione avversa e di azzardo morale generati dalle asimmetrie informative presenti nell’economia, che generano poi elevata volatilità sui prezzi e sui tassi. Keywords: crisi finanziaria, asimmetrie informative, bad bank Jel codes: G01, G21, G28 70 STRATEGIE BANCARIA n. 11/2009 Questo circolo vizioso finisce per avere come conseguenza un declino dell’attività economica; la fase recessiva dell’economia reale riemerge quindi sui bilanci bancari, degradandone la qualità media e contribuendo al rapido e massiccio incremento dei «bad loans» (crediti in contenzioso). Questo deterioramento dei bilanci bancari, oltre ad accentuare il rischio di bancarotta degli istituti più colpiti, finisce con l’esasperare i fenomeni di fallimento del mercato derivanti dalle asimmetrie informative, con un ulteriore ritorno negativo sull’economia reale. Le origini e le motivazioni della crisi finanziaria sviluppatasi a livello internazionale a partire dal 2007 sono ormai oggetto di una copiosa e approfondita letteratura. Questo paper, partendo da alcune delle conseguenze della crisi in atto, si propone invece di ragionare sulle probabili conseguenze e sulle possibili soluzioni che potrebbero essere attuate attraverso partnership pubbliche e private con la creazione e la gestione di una bad bank di sistema. In particolare, due situazioni di criticità contingenti, nel contesto dell’attuale crisi, appaiono incidere negativamente sulla qualità dei bilanci bancari, in diversa misura a livello internazionale e domestico: – il forte sviluppo del credito subprime, l’eccessivo utilizzo di prodotti creditizi strutturati dall’elevato profilo di rischio e la leva debitoria eccessiva utilizzata su operazioni finanziarie di acquisizione e di leveraged buy-out hanno condotto all’accumulazione di cosiddetti «asset tossici» sugli attivi delle grandi banche internazionali (molto ridotta per le banche italiane); – l’altrettanto rapido e profondo rallentamento dell’economia incide progressivamente sul livello di bad loans di sistema, con stime di nuovi flussi netti nei prossimi tre anni in continuo rialzo. In questo caso, l’impatto sul sistema Italia, già caratterizzato da una crescita del Pil inferiorie alla media europea, risulta più importante. Il peggioramento dello stato patrimoniale delle banche italiane implicherà l’aggravarsi dei fenomeni di fallimento del mercato dovuti alle asimmetrie informative presenti nell’economia: data l’inevitabile, limitata trasparenza dei bilanci bancari (con particolare riferimento alla qualità degli attivi creditizi), gli investitori saranno incapaci di distinguere le «mele buone» dalle «mele cattive» contenute nel loro paniere. Questi penalizzeranno conseguentemente, con forti vendite, i loro prezzi borsistici di riferimento; e i sottoscrittori del debito emesso dalle stesse diventeranno più esigenti, richiedendo più elevati premi per il rischio di default. La maggiore difficoltà e onerosità nella raccolta di capitale proprio o di debito da parte delle banche le costringerà a rallentare o ridurre l’offerta creditizia concessa ai propri clienti. Conseguentemente, le controparti in difficoltà aumenteranno e con loro il numero di default e l’ammontare complessivo dei nuovi flussi e degli stock di bad loans. L’effetto distorsivo creato dalle asimmetrie informative in termini di selezione avversa potrà quindi essere potenzialmente accompagnato da quello relativo all’azzardo morale (essendo le banche «buone» e «cattive» trattate similarmente, il top management sarà incentivato a perseguire le operazioni caratterizzate dai profili di rischio/reddittività più aggressive, essendo ricompensato con una partecipazione all’upside generato, ma senza essere simmetricamente penalizzato sul downside). Anche questo effetto non farà che peggiorare ulteriormente la qualità creditizia dei bilanci bancari, renden- done più difficile il finanziamento e la ricapitalizzazione, comportando quindi nuove restrizioni del credito. La creazione di una bad bank di sistema, o di tante bad bank localizzate al livello dei singoli principali istituti, avrebbe il merito non già di ridurre il livello di rischiosità presente nel sistema (poiché, anche in finanza, come nella fisica, nulla si crea e nulla si distrugge), ma di ridurre l’intensità delle asimmetrie informative e dei risultanti fallimenti di mercato legati alla selezione avversa e all’azzardo morale. L’intervento di un giudice imparziale (ad esempio, la Banca centrale del paese di riferimento) nel set up della bad bank, nella definizione degli asset da apportare e nel loro prezzo di conferimento garantirebbe la necessaria trasparenza e credibilità all’operazione. Dopo la creazione della bad bank, gli investitori conoscerebbero esattamente la qualità (buona) degli asset rimasti nel bilancio delle singole banche, contribuendo positivamente al rilancio dei loro prezzi di borsa e della loro offerta creditizia. L’intervento in partnership di capitale pubblico e privato potrebbe invece garantire, in primo luogo, il livello di risorse necessarie a capitalizzare la bad bank creata; in secondo luogo, l’economicità dell’operazione di ripatrimonializzazione: la bad bank non dovrebbe realizzare trasferimenti di valore dai tax payers agli azionisti delle banche, quanto piuttosto essere gestita in economicità e con una prospettiva di rendimento a termine interessante e coerente con il profilo di rischio assunto. In questo paper, ci proponiamo di: inquadrare rapidamente lo stato attuale dell’industria bancaria italiana e internazionale; rappresentare una breve casistica di bad bank avviate dopo la crisi finanziaria e in corso d’opera; discutere i vantaggi e gli svantaggi di ciascuna tassonomia ragionando sui possibili approcci; presentare un caso di struttura raccomandabile, indicandone i passi per l’eventuale realizzazione. 2 Lo stato dei mercati finanziari e dell’industria bancaria globale Negli ultimi 20 anni, si sono osservate quattro principali crisi dei mercati finanziari; le prime tre caratterizzate da un violento declino dei valori azionari e di alcuni comparti del 71 STRATEGIE mercato del debito, ma anche da altrettanto rapidi «rientri alla normalità» (2-3 trimestri). La quarta, quella attuale, potrebbe discostarsi dalle precedenti sia in termini di severità (misurata in termini di impatto sul Pil) che di durata: • i write off riconducili alla crisi subprime e dei mercati creditizi più in generale hanno raggiunto a fine 2008 la cifra di 8441 miliardi di dollari, con aspettative pari a 1.6252 miliardi di dollari complessivi nel biennio 2009-2010 (circa il 100% della capitalizzazione di mercato attuale delle banche a livello globale), con alcuni primi casi di fallimento di banche; • i principali indici azionari hanno ceduto, da inizio 2007, fino a oltre il 50% circa, anche se i recenti trend rialzisti hanno in buona parte già recuperato tale gap; la notevole volatilità dei mercati evidenzia peraltro la possibilità di ulteriori ricadute, specie nel comparto finanziario; • le emissioni di capitale primario (equity e hybrid) nel settore finanziario internazionale sono state a fine 2008 pari a 792 miliardi di dollari, con un crescente ruolo giocato dai fondi governativi internazionali, specie dei Paesi emergenti, favoriti dalle ingenti disponibilità collegate al parallelo incremento del prezzo del petrolio e agevolate dalla limitata regolamentazione e trasparenza di mercato (nessun limite alla leva, nessuna applicazione del «fair value», ecc.); • la temporanea crisi di liquidità del mercato interbancario è stata arginata attraverso il massiccio intervento delle banche centrali, anche con interventi legislativi ad hoc e con pubblicizzazione di rischio privato; i mercati delle cartolarizzazioni risultano tuttavia ancora in larga parte chiusi; • conseguentemente, il leverage perseguibile da parte del sistema bancario (totale attivo lordo su capitale proprio tangibile) risulta progressivamente ridursi con stime circa del 20-40%. zazione di nuovi progetti di bad bank. In questo paragrafo esamineremo rapidamente le esperienze più importanti riferite agli ultimi vent’anni, quasi tutte giunte ormai al termine del loro ciclo di vita, focalizzandoci su quelle degli ultimi 18-24 mesi, annunciate ma non ancora pienamente realizzate. Appartengono alla prima categoria: 1 la bad bank Rtc (Resolution Trust Corporation). Fu crea— ta negli Stati Uniti nel 1989 come asset manager interamente controllato dal Governo incaricato di acquistare gli impieghi in sofferenza dalle Savings & Loans (le casse di risparmio americane) che erano divenute insolventi a seguito della grave crisi del 1987-1989. La Rtc operò attraverso il «programma di equity partnership» che prevedeva partecipazioni di minoranza di soci privati al portafoglio complessivo degli asset acquisiti dalla Rtc. Nei sei anni successivi alla sua nascita, la Rtc intervenne come controparte di 747 S&L, acquisendo asset per complessivi 394 miliardi di dollari. Al netto del recupero effettivo, il costo pubblicizzato dell’intervento è stato stimato dall’amministrazione americana pari a 124 miliardi di dollari; 2 la bad bank Pvb (Public Body Vehicle). Fu creata in — Francia nel 1990. Fu progettata e realizzata per assorbire e liquidare gli asset in sofferenza del Crédit Lyonnais. La Pvb, che comprendeva anche il portafoglio mutui, pur godendo di garanzia pubblica illimitata, venne finanziata dallo stesso Crédit Lyonnais, ovvero dal bilancio della good bank che sui finanziamenti alla bad bank applicava quindi un risk weight regolamentare dello 0%, proprio per la garanzia di ultima istanza dello Stato. Quest’ultimo conservava un diritto alla partecipazione sull’upside derivante dalle attività di recupero attraverso una «better fortune clause», ma anche sostenendo nel tempo il costo delle svalutazioni dei crediti (trasferiti al valore nominale); 3 la bad bank Ccpp (Cooperative Credit Purchasing — Program). Fu creata in Giappone nel 1992 come veicolo centralizzato e capitalizzato dal governo per l’acquisto dei crediti in sofferenza ceduti da banche e cooperative che versavano in situazione di stress. La Ccpc acquisiva quindi crediti immobiliari a prezzi determinati da comitati di esperti, con il finanziamento fornito dalle società cedenti e si 1 2 3 3 Bad bank: una realtà in rapida evoluzione Numerose soluzioni strategiche ed esperienze implementative di bad bank sono rintracciabili nella recente storia dell’industria dei servizi finanziari. La profonda crisi finanziaria del 2007-2009 ha stimolato lo studio e la rapida realiz- 1 I dati che seguono sono tratti dal Global Financial Stability Report, IMF, Aprile 2009. 2 Esclude l’impatto degli aiuti governativi al sistema bancario. 72 STRATEGIE BANCARIA n. 11/2009 impegnava nella vendita a terzi degli asset sul mercato, trasferendo ogni differenza di prezzo (rispetto a quella di trasferimento) alle singole società cedenti. Nei tre anni successivi, la Ccpc acquisì asset per un valore nominale di circa 8,7 trilioni di Yen, con perdite medie di circa il 55%; 4 le bad bank Securum e Retriva. Queste banche furono — create in Svezia nel 1992 per gestire gli impieghi non performing delle istituzioni finanziarie domestiche, a quei tempi fortemente sotto stress patrimoniale ed economico. Gli asset in sofferenza furono trasferiti ad una delle due bad bank capitalizzate dal governo che ne gestì quindi la vendita sul mercato. Il costo complessivo dell’intervento pubblico fu stimato pari a circa il 4% del Pil svedese del 2003, quasi interamente recuperato negli anni successivi attraverso i proventi derivati dalla vendita degli asset; 5 la bad bank Equitas. Fu creata in Gran Bretagna nel 1993 — con il supporto del governo. Equitas era costituita essenzialmente da un veicolo riassicurativo incaricato di gestire tutte le passività e le riserve associate fino al 1993 con i Lloyd’s di Londra, i cui membri ricevettero crediti per circa 3,2 miliardi di sterline, quasi interamente compensati dal premio pagato da questi a Equitas, mentre il governo si fece carico delle perdite eccedenti le riserve conferite alla bad bank; 6 la bad bank Sga (Società Gestione Attivi). La Sga fu crea— ta in Italia nel 1997, sotto la regia della Banca d’Italia e del Ministero del Tesoro per rilevare (attraverso la Legge Sindona) i circa 6,4 miliardi di euro di crediti in sofferenza e altre partecipazioni azionarie del Banco di Napoli, che cedette tutti gli asset problematici alla Sga, fornendogli anche il finanziamento, ma godendo della piena garanzia dello Stato che si fece carico delle perdite di tale portafoglio. La Sga socializzò parte delle perdite della bancarotta del Banco, ma seppe poi recuperare circa il 76% del valore nominale apportatogli nei 10 anni successivi. Alla seconda categoria di bad bank appartengono: 1 la bad bank presentata da Lehman Brothers nel settembre — del 2008, poco prima del fallimento e quindi mai realizzata, che prevedeva lo spin off delle attività a rischio (crediti immobiliari e «leveraged loans» soprattutto) e la good bank con asset management e investment banking: 4 5 6 1 74 STRATEGIE BANCARIA n. 11/2009 2 La bad bank «ibrida» creata nel 2009 da Citigroup, che è — stata divisa in due unità: la prima, Citi Holdings, rappresenta una proxy di bad bank, comprendendo circa 850 miliardi di dollari di asset, di cui circa 300 problematici, e anche altri asset non più strategici per il gruppo e in via di dismissione.; la seconda, CitiCorp, rappresenta la good bank con circa 1,1 trilioni di dollari di asset e include le attività di retail, di investment banking e di private banking. 3 La bad bank in corso di creazione in Islanda. Tale entità — dovrebbe assumere la quasi totalità delle passività delle principali 15-20 aziende domestiche in difficoltà, attraverso uno swap (a fronte di questo, il governo assumerebbe una quota nel capitale delle banche). 4 La bad bank Nama (National Asset Management Agen— cy) creata in Iralnda nel 2009. Controllata dalla National Treasury Management Agency (Ntma) ha lo scopo di emettere titoli garantiti dallo Stato utilizzati per l’acquisto a sconto di titoli illiquidi. Tali titoli avrebbero un risk weight regolamentare pari allo 0% e potrebbero essere stanziati presso la Banca centrale europea permettendo alle banche cedenti di ottenere liquidità. Il piano di pagamento degli interessi e del valore nominale dovuti ai possessori di tali titoli sarebbe peraltro scadenzato rispetto alla tempistica di effettivo recupero dei crediti problematici acquisiti. 5 La bad bank di Ubs, creata sempre nel corso del 2009 — attraverso uno special purpose vehicle (Spv) gestito da Ubs ma garantito dalla Banca centrale svizzera. L’Spv, finanziato con capitale di rischio di Ubs per 6 miliardi di dollari e da ulteriore debito per 54 miliardi fornito dallo Stato, ha acquisito 60 miliardi di crediti in sofferenza da Ubs ed è stato quindi acquisito per 1 dollaro dalla Banca centrale, che ha anche sottoscritto medium term notes di 6 miliardi emesse da Ubs. La Banca centrale si è assunta il rischio delle ulteriori perdite pur lasciando a Ubs l’opzione di ricomprare l’intero capitale del veicolo a un prezzo stabilito. 6 Un primo schema soft di bad bank è stato anche realizza— to dal governo tedesco per gestire i crediti problematici di due landesbanken in forte difficoltà finanziaria. Un secondo 2 3 4 5 6 modalità di co-investimento con asset manager dotati di capitali privati. La sintesi presentata delle più recenti esperienze di disegno e implementazione di bad bank mette in luce alcuni tratti distintivi ricorrenti, e alcune opzioni alternative in gioco: • in quasi tutti i casi prospettati, lo Stato si è fatto garante della stabilità del sistema bancario assumendosi una quota delle perdite già registrate o di quelle potenziali; • in molti casi, le soluzioni di bad bank sono state proposte e realizzate con i singoli istituti interessati. In altri, si è invece proceduto a soluzioni di sistema che realizzassero l’accentramento degli attivi problematici di più banche presso un unico veicolo e un’unica società di recupero e gestione dei crediti, patrimonializzata e garantita dallo Stato; • nella maggior parte dei casi, il ruolo pubblico (sempre presente nella «pubblicizzazione» delle perdite) è stato di fatto preponderante, limitando gli interventi di terzi ai finanziamenti di debito spesso concessi dalle banche cedenti gli asset e comunque garantiti dallo Stato. In altri casi, come nel Piano Geithner, l’utilizzo di capitali privati è stato previsto e sollecitato, per aumentare la capacità di messa in gioco di nuove risorse finanziarie e anche per assicurare l’applicazione di logiche di mercato tese ad aumentare l’efficienza/efficacia dell’intervento; schema hard di bad bank hard è stato poi successivamente approvato con la creazione di due piattaforme di riferimento per l’intero sistema domestico ed è oggi in piena fase realizzativa. 7 Infine, uno schema di bad bank è stato annunciato ed è — in via di realizzazione negli Stati Uniti, sotto l’egida della nuova amministrazione del Presidente Barack Obama. Lo schema, messo a punto dal Tesoro in coordinamento con l’Agenzia per l’assicurazione dei depositi bancari e con la Fed, prevede l’utilizzo di fondi pubblici e privati per generare una capacità di acquisto di titoli problematici stimata pari ad almeno 500 miliardi di dollari, fino a un massimo di 1.000 miliardi. Il programma di investimento pubblicoprivato si compone di due parti principali: il primo «Legacy Loans Plan» è dedicato al recupero della qualità dell’attivo delle banche; il secondo «Legacy Securities Plan» è invece dedicato al recupero della qualità dei titoli cartolari riferiti a crediti problematici che si trovano nei bilanci bancari ma anche in quelli assicurativi, dei fondi pensione e dei fondi comuni. Per entrambi i piani, sono attesi sconti sul valore di acquisto pari al 25% del valore nominale per i titoli illiquidi ma ancora classificati come «vivi» o «performanti»; pari al 50% per quelli invece già in sofferenza. Nella figura 1 vengono rappresentati i meccanismi di funzionamento del primo e del secondo schema, per quest’ultimo anche nella 6 Figura 1 Lo schema di bad bank negli Stati Uniti “Legacy Loans Plan” “Legacy Securities” – Prestito dalla FED Investitori Privati TARP Garanzia FDIC Investitori Privati FED (TALF) “Legacy Securities” – Co-investimento PP Fino al 100% del capitale investito dalla FED FED concede in prestito Par Value al netto dell’ haircut SPV Acquista Attivo non performing SPV SPV Capitale L’emittente vende ABS alla SPV Vende Banca Investitori Privati Debito 50% Capitale L’emittente vende ABS alla SPV Emittente 50% Tesoro Emittente 75 STRATEGIE nella maggior parte dei casi si è cercato di prevedere meccanismi di punizione/premiazione per le banche cedenti gli asset problematici, forzandole a una prima svalutazione all’atto della cessione degli asset e quindi legandole ai ritorni attesi dall’attività di recupero sugli stessi attraverso meccanismi di «earn out» (positivi ma a volte anche negativi); • il conferimento degli asset alla bad bank si è tipicamente realizzato attraverso una cessione degli stessi, e altre volte attraverso lo strumento giuridico dello spin off, forse più coerente rispetto al principio di separazione dell’azienda in due (una buona e una cattiva) ma molto più difficile da strutturare e da implementare, per i noti vincoli societari, fiscali e per gli elevati tempi di realizzazione richiesti. • 4 Bad bank: possibili opzioni attuative per l’Italia Sulla base degli obiettivi di intervento delineati nei paragrafi iniziali (risoluzione delle asimmetrie informative, garanzia della solvibilità del sistema bancario, supporto alla continua estensione dell’offerta creditizia ai privati e ai principali settori industriali del Paese) e della recente casistica internazionale, delineeremo alcune possibili linee di intervento per la creazione di una bad bank per le singole banche o di sistema da considerarsi eventualmente applicabile anche alla realtà italiana. Esistono due strutture tipo che possono permettere alle banche italiane il trasferimento e il deconsolidamento del loro portafoglio di asset problematici rischiosi: • Spin off della bad bank. In questa prima opzione, la singola banca contribuisce i propri asset non performing ad un veicolo societario che viene proporzionalmente scisso a favore dei propri azionisti che ricevono, al posto di ciascuna delle loro vecchie azioni, due nuove azioni: la prima riferita alla bad bank scissa, la seconda alla good bank che rimane dopo lo spin off degli asset in sofferenza. In questo modo, con la prima azione, gli azionisti partecipano all’upside potenziale collegato all’attività di recupero sui non performing loans della bad bank. Con la seconda azione hanno invece la possibilità di rimanere investiti in una banca dalla 76 STRATEGIE BANCARIA n. 11/2009 (ritrovata) eccellente qualità creditizia, con ridotta volatilità degli utili e dei valori patrimoniali. Lo spin off dei non performing asset al loro attuale valore di libro (e non al loro valore di mercato) permetterebbe di evitare immediate svalutazioni contabili che, prima della scissione, potrebbero deprimere eccessivamente i livelli di patrimonializzazione regolamentare della banca. D’altra parte, la realizzazione di uno spin off richiede tempi lunghi e approvazioni assembleari che potrebbero rivelarsi critiche in fase attuativa. Nel caso di una banca quotata, lo spin off richiederebbe inoltre l’approvazione della Consob. • Vendita o contribuzione della bad bank. In questa seconda opzione, la banca contribuisce gli asset problematici e le passività finanziarie associate ad un nuovo veicolo che viene ceduto a uno o più investitori terzi, per una quota o nella sua totalità. La vendita limitata ad alcuni asset non performing ricade di fatto in questa casistica, richiedendo tipicamente una qualche forma di «vendor loan» (il finanziamento della banca all’acquirente degli asset) rendendo quindi le strutture equivalenti. Il processo in questo caso risulta più veloce, senza approvazioni assembleari e della Consob richieste per l’esecuzione della struttura. Tipicamente, oltre al «vendor loan», la banca mantiene una quota di minoranza nell’equity del portafoglio ceduto, partecipando pro quota al potenziale upside collegato all’attività di gestione e recupero dei crediti problematici. La banca cedente è piuttosto forzata a svalutare gli asset al momento della vendita, dovendo sostenere subito le svalutazioni riferite alla differenza (di solito negativa) tra il loro valore di libro e il prezzo transato con la controparte. Entrambe le strutture descritte permettono il deconsolidamento del portafoglio degli asset in sofferenza (proporzionale nella seconda ipotesi, in funzione della quota realmente ceduta) e impatti similari nei termini di capitale regolamentare liberato (nell’ipotesi, nel primo caso, che lo spin off venga realizzato con una dotazione di capitale regolamentare proporzionale rispetto alla struttura patrimoniale della banca «madre»). Peraltro, se lo spin off permette il deconsolidamento degli asset in sofferenza anche in contesti di mercati illiquidi e in assenza di controparti interessate a comprare, tale opzione non elimina né il rischio della volatilità legato alla svalutazione degli asset scissi che si trasmette al valore della nuova azione della bad bank creata, né il rischio di «unlimited liability» su tali asset (il diritto di revocatoria sugli asset della good bank si protrae per alcuni anni dopo lo spin off, a tutela dei creditori della banca originaria). In entrambi i casi, in contesti di mercati del credito difficili, sarà inoltre molto difficile per la bad bank potersi finanziare presso terzi, attraverso credito bancario o con l’emissione di titoli cartolari. In entrambi i casi sarà quindi richiesto l’impegno finanziario della banca cedente attraverso «vendor loan» pari anche all’80-90% del valore nominale trasferito (post svalutazioni, nel caso della cessione a terzi). Questi impieghi creditizi genereranno quindi nuovi assorbimenti patrimoniali regolamentari che ridurranno significativamente il beneficio ottenibile in termini di liberazione patrimoniale; genereranno inoltre il rischio di ulteriori perdite qualora il capitale di rischio fornito dalla controparte acquirente non risulti capiente rispetto alle perdite eventualmente realizzate attraverso l’attività di recupero. Per questi motivi, l’intervento governativo è solitamente determinante per garantire la realizzabilità della bad bank. La controparte pubblica potrebbe essere l’unica a poter agire in contesti di mercato illiquido e con carenza di domanda di investimenti in asset rischiosi, potendo peraltro pagare il portafoglio di asset in sofferenza attraverso la consegna di titoli di Stato; essa inoltre non genererebbe nuovi assorbimenti sul «vendor financing» concesso per via del suo risk weight allo 0% e darebbe garanzia di stabilità del veicolo della bad bank anche in contesti di elevata turbolenza di mercato. L’intervento pubblico sposterebbe l’appetibilità della struttura più a favore della vendita o contribuzione del portafoglio di asset rispetto a quella di spin off, spesso da considerarsi come estrema ratio in contesti di mercati illiquidi e di assenza di intervento pubblico. L’intervento pubblico può peraltro realizzarsi attraverso due principali modalità alternative, con scelte che dipendono dall’opportunità (quanto è estesa la crisi: situazione 78 STRATEGIE BANCARIA n. 11/2009 specifica versus crisi di sistema) e dalla convenienza (semplicità realizzativa versus sinergie di scala e di scopo): a creazione di bad bank individuali e molteplici. In ques— ta prima ipotesi, l’intervento governativo si esplica attraverso la creazione di singole bad bank, tante quante sono le banche interessate dalla crisi, ovvero molteplici in un contesto di crisi sistemica. Ciascuna bad bank può quindi assumere contorni definiti, specificatamente ritagliati rispetto alle specifiche esigenze delle singole controparti. Il processo risulta ovviamente più veloce e con ridotta complessità negoziale, ma anche con limitate economie di scala e di scopo. L’incentivo della banca cedente a contribuire positivamente alla futura performance nel recupero del valore degli asset non performing è peraltro più linearmente riconoscibile; così pure sono più facilmente gestibili le asimmetrie informative generabili da tale operazione di separazione dei bad asset dalla banca che li ha originati. D’altro canto, ogni banca dovrà finanziare le proprie posizioni, riducendo l’effetto di diversificazione complessivo. b Creazione di un’unica bad bank di sistema. Essa gesti— rà in pool tutti gli asset problematici ceduti o conferiti alla stessa dalle principali banche del sistema, con ovvie economie di scala e di scopo e anche informative. Tale bad bank potrà peraltro offrire a investitori terzi un profilo di rischio maggiormente diversificato per controparte originante le posizioni problematiche in portafoglio e potrebbe più facilmente finanziarsi sul mercato attraverso l’emissione di Abs (Asset backed securities). Sarebbero peraltro superati ad originem gli eventuali problemi di standardizzazione tra le diverse bad bank create, contribuendo alla trasparenza, equità (stesso trattamento per tutte le banche) ed efficienza del sistema. Il set up della bad bank unica risulterebbe peraltro molto lungo e complesso, con molteplici negoziazioni da svolgersi in parallelo e in ottemperanza del principio dell’uniformità di trattamento. Il problema dell’incentivazione delle singole banche cedenti rispetto alla performance futura dei loro asset ceduti potrebbe essere superato attraverso meccanismi di earn out collegati ai singoli portafogli a b apportati, mentre gli investitori privati potrebbero partecipare alla creazione di diversificazione creata dal portafoglio gestito in pool. Sulla base di queste considerazioni, possiamo sintetizzare la struttura ad oggi tradizionalmente adottata (figura 2): 1 il Ministero dell’Economia e la Banca centrale incorpo— rano un Spv con dotazione di capitale pubblico nell’ordine del 10% rispetto al prezzo di trasferimento degli asset da acquisire; 2 l’Spv (ovvero la bad bank) acquisisce gli asset non perfor— ming dalla banca cedente che garantisce anche il finanziamento della quota a debito (il rimanente 90%) attraverso un loan direttamente garantito dallo Stato e che non genera, quindi, alcun assorbimento patrimoniale regolamentare aggiuntivo per la banca cedente e fornitrice del loan; 3 La bad bank, per incentivare la banca cedente rispetto — alla performance futura degli asset conferiti, concede un’opzione di riacquisto o un diritto di earn out alla stessa, per partecipare in parte all’upside potenziale collegato alle attività di recupero. La soluzione praticabile per la realtà italiana, pur confermando lo schema tradizionale appena descritto, potrebbe distinguersi per alcuni elementi specifici e altri inediti. Nell’ipotesi proposta (figura 3): 1 2 3 1 il Ministero dell’Economia e la Banca d’Italia incor— porano una Spv (bad bank) con una dotazione di capitale pubblico iniziale pari ad esempio al 10% degli asset; 2 la bad bank negozia un prezzo di trasferimento con la — banca cedente rispetto al portafoglio di asset problematici oggetto dell’acquisto (tale prezzo dovrebbe essere tale da non generare svalutazioni tanto elevate da rendere la banca cedente tecnicamente insolvente rispetto ai parametri di vigilanza); 3 il Ministero dell’Economia e la Banca d’Italia capita— lizzano (eventualmente) la bad bank in via ulteriore attraverso nuovo capitale di rischio (pari alla differenza tra il prezzo concordato per la vendita e quello di mercato ove significativamente inferiore) e altre «junior notes» (10%); 4 la bad bank emette un’ulteriore quota di debito mezza— nino, pari ad esempio al 20% del fair market value e una di debito senior, garantita dallo Stato pari al 60% rimanente del fair value; 5 la bad bank, con il 100% del finanziamento ottenuto, — sottoscrive titoli di Stato a lunga durata che utilizza per pagare gli asset problematici alle banche cedenti. La bad bank, a riduzione del prezzo di acquisto, concede un’opzione call alla banca cedente che potrà ricomprare in futuro la quota del portafoglio a prezzo dato, ma solo 1 2 3 4 5 Figura 2 Transazione e struttura di riferimento della bad bank tradizionale Dettagli della transazione Status post transazione Vendor loan Vendor loan Bad Bank Banca X Attivo Non Performing Attivo Non Performing Banca X / Good Bank Passivo Attivo Non Performing Cassa PN Passivo Attivo Performing Bad Bank Passivo PN Passivo Attivo Performing Patrimonio Netto Tesoro Garanzia governativa sul Vendor loan Patrimonio Netto Garanzia governativa sul Vendor loan Tesoro 79 STRATEGIE banca, favorendo il ripetersi dell’azzardo morale anche in tempi futuri. Inoltre, deve giustificare una situazione di partenza della bad bank sufficientemente «normalizzata» così da rendere appetibili i ritorni attesi per gli azionisti privati che sottoscriveranno le note di debito junior e mezzanino. Nella nostra analisi abbiamo quindi ipotizzato: • di considerare come base di partenza il fair value degli asset che sarà molto probabilmente maggiore del market value, considerando il valore medio degli asset nel corso del ciclo economico, e in particolare la ripresa di valore che si potrà verificare per gli stessi quando le situazioni contingenti di crisi finanziaria e illiquidità dei mercati si saranno risolte; • di considerare quindi, qualora il fair value risultasse troppo penalizzante per il conto economico e per la struttura patrimoniale delle banche cedenti, una quota di capitale pubblico a «fondo perduto» che coprirebbe un primo layer di perdite e che dovrebbe essere strutturato così da non incidere troppo sui rendimenti previsti sulle note junior e mezzanine dell’Spv cedute ai privati. Analizzeremo ora un esempio di creazione di bad bank per singola banca, valido anche per la soluzione di pool, qualora la soluzione identificata e realizzata fosse quella di un’unica bad bank domestica centralizzata. dopo che la bad bank avrà ripagato tutti i debiti junior e senior. I vantaggi relativi alla seconda struttura si riferiscono soprattutto al maggiore «layering» degli strumenti di finanziamento (oltre al capitale proprio, anche una quota junior e una di mezzanino) essenzialmente create per attrarre i capitali privati di investitori con diversi profili di rischio/rendimento atteso. L’intervento di investitori terzi ridurrebbe l’esborso complessivo diretto o tramite garanzia dello Stato, mentre l’utilizzo dei Btp per il pagamento degli asset faciliterebbe il collocamento del debito pubblico di nuova emissione. Per entrambe le strutture, la definizione del prezzo di transazione risulta uno dei punti critici per una realizzazione di successo della bad bank, dovendo contemperare due diversi interessi, tra loro contrapposti. Da una parte, l’intervento pubblico che ha finalità di stabilizzazione del sistema bancario non può pretendere svalutazioni troppo importanti degli asset problematici al momento della cessione, riducendo ulteriormente la capitalizzazione delle banche cedenti e quindi rendendole potenzialmente insolventi rispetto ai requisiti di vigilanza e alle aspettative dei mercati dei capitali internazionali. Dall’altra, non può meramente qualificare un trasferimento di valore dai fondi pubblici agli azionisti della Figura 3 Transazione e struttura di riferimento della bad bank innovativa Dettagli della tansazione Status post transazione Prezzo di trasferimento pagato in BTP + Call option Bad Bank Banca X PN Attivo Performing Patrimonio Netto Banca X vende ANP alla Bad Bank 80 STRATEGIE BANCARIA n. 11/2009 Tesoro BTP a 20/30 anni Bad Bank Attivo Non Performing Passivo Passivo PN Attivo Performing Patrimonio Netto Tesoro Garanzia sul passivo Passivo Passivo Garanzia sul passivo BTP a 20/30 anni Attivo Non Performing Banca X / Good Bank La creazione di una bad bank in Italia: un esempio numerico Nell’esempio analizzato, abbiamo considerato una banca ipotetica (Banca Alpha), con tre soli azionisti, ciascuno con una quota del 33,3% del capitale, con 500 milioni di euro di asset, di cui 400 (circa l’80%) rappresentati da crediti vivi (performing asset) e 20 rappresentati da crediti non performing lordi (circa il 5% dei crediti commerciali) già svalutati per il 50% del loro valore nominale (ovvero per 10 milioni di euro). Supponiamo inoltre che la banca sia capitalizzata con 25 milioni di euro di capitale proprio («tangibile», ovvero al netto di goodwill e di altri elementi immateriali eventualmente capitalizzati), pari al 5% degli asset, con una patrimonializzazione regolamentare pari quindi al 7,04%. Tale patrimonializzazione è ottenuta dividendo il capitale proprio per i risk weighted asset (pari a 355 milioni nel nostro esempio, date alcune ipotesi di lavoro: crediti performing pesati al 75%; crediti non performing pesati al 100%; rimanenti asset pesati al 50%). Riportiamo nella figura 4 lo stato patrimoniale iniziale di Alpha. Figura 4 Stato patrimoniale iniziale della Attivo Crediti Performing Crediti Non Performing V alore L ord o Ris e r ve Valor e Ne tto Altre Attiv ita ' Totale Attiv o Indicatori VLNP / VL crediti total VNNP / VN crediti totali C o v e ra g e ra ti o Come prima fase di strutturazione della bad bank ipotizziamo il set up da parte del Tesoro e della Banca d’Italia di uno Spv che ha il mandato iniziale di finanziarsi per comprare poi gli asset problematici del sistema. L’Spv (chiamato BadCo) viene costituito come società non finanziaria priva della licenza bancaria e capitalizzata con un capitale minimo pari a 100 mila euro. La BadCo negozia quindi l’acquisto dalla Banca Alpha del suo intero portafoglio di crediti non performing (valore lordo 20 milioni, già svalutato a 10) al valore di libro, ovvero a 10 milioni di euro, che assumiamo in questo esempio pari al fair value degli stessi asset. Il Tesoro capitalizza la BadCo per ulteriori 1 milione di euro (pari al 10% del valore d’acquisto degli asset) sottoscrivendo note di debito junior emesse dallo Spv (in alternativa, le junior notes vengono sottoscritte in parte o in toto da un investitore privato). La BadCo emette anche 2 milioni di debito mezzanino e 7 milioni di debito senior garantito dallo Stato. Il debito mezzanino e quello senior vengono sottoscritti da investitori privati e saranno rimborsati lungo la vita della BadCo pari passu per i primi 18 mesi, e quindi in termini preferenziali al senior negli anni successivi. Con i 10 milioni di euro raccolti, la BadCo sottoscrive Btp emessi dal Tesoro per un importo di pari ammontare. Banca Alpha A questo punto, la BadCo esegue la transazione con la banca cedente pagando con i Btp in Passiv o e Pat rimon io Netto portafoglio l’acquisto dell’attivo non performing. La BadCo consegna anche ad Alpha 400.000 Depositi verso clientela 320.000 un’opzione call sulle proprie azioni, esercitabile Altre Passività 155.000 dopo il rimborso delle passività da parte della BadCo (ovvero dopo il completo run-off del 20.000 portafoglio dei crediti) ad un prezzo pari al (1 0 . 0 0 0 ) valore nominale del capitale inizialmente sotto1 0 . 0 0 0 Patrimonio Netto 25.000 scritto più, ad esempio, il 50% dell’apprezzaPN /Totale dell'Attivo 5,0% mento. Infine, la BadCo stabilisce un accordo di servicing con Banca Alpha affidando a questa la 90.000 riscossione dei crediti non performing o, in 500.000 Totale Pas s iv o e PN 500.000 alternativa, gestendola direttamente. Tale operazione consente ad Alpha di eliminaRWA - Fattori di conversione re dal proprio bilancio l’alto rischio di credito 4,8% Crediti Performing 75% riferito alla bassa qualità dell’attivo ceduto e di 2,4% Crediti NP (Valore netto) 100% migliorare i suoi indicatori patrimoniali. Un 5 0% A l tre a ttiv i ta ' 50% bilancio più trasparente con un profilo di rischio definito contribuisce così a far recuperaIndicatori di Capitale re l’interesse degli investitori verso la banca R WA 355. 000 Alpha. T ie r I 7, 04 % 6 Conclusioni L’analisi dei casi di studio e delle esperienze internaziona- finanziaria manifestatasi nel 2007 e oggi ancora in atto. Peraltro, lo stato dell’economia e le previsioni circa la seve- li ha messo in luce come numerose esperienze di bad bank rità e la durata dell’attuale fase recessiva supportano la razio- (centralizzata a livello domestico o supportata a livello delle nalità delle scelte già prese e suggeriscono nuovi interventi singole banche) siano già state avviate a seguito della crisi coerenti con le stesse. 81 STRATEGIE Figura 5 Step 1: il Tesoro costituisce una BadCo che investe in Btp Il Tesoro costituisce la BadCo BadCo emette mezzanino e credito senior ed acquista BTP Tesoro capitalizza la BadCo BadCo sottoscrive E 10.0 mld di Mezzanino Tesoro Tesoro Tesoro Banca Alpha E 7.0 mld di Senior 100% Banca Alpha e BadCo negozia un accordo di acquisto del Credito “Non Performing” al valore di libro Attivo Cassa Cassa BadCo Attivo BadCo Attivo E 1.0 mld di Junior Notes BadCo Passivo e PN 0,1 Capitale "Core" 0,1 Tot. Attivo Passivo e PN 10,1 Senior Mezzanino Totale Passivo 1,0 0,1 - 1,1 Tot. Passivo e PN Investitori Privati Passivo e PN Cassa 1,1 Junior notes Capitale "Core" Sovraprezzi di Emissione Investitori Privati 100% Il Tesoro sottoscrive 100% Capitale "Core" Sovraprezzi di Emissione Junior notes Totale PN 1,0 1,1 10,1 Tot. Passivo e PN 10,1 1,1 Tot. Attivo 7,0 2 9,0 E 2.0 mld di Mezzanino 0,1 - Figura 6 Step 2: BadCo acquista crediti non performing conferendo Btp BadCo conferisce BTP per crediti non performing Post step 2 Banca Alpha Banca Alpha E 10 mld di crediti non performing Attivo Tesoro Passivo e PN Crediti Performing Crediti Non Performing B TP Altre Attivita' 100% E 10 mld di BTP + Call option Totale Attivo Attivo Cassa 100% 320,0 155,0 475,0 BadCo 25,0 500,0 345,0 7,25% Attivo Passivo e PN Cassa 0, 1 S eni or M ezzani no Totale Passivo Passivo e PN 10,1 Senior Mezzanino Totale Passivo Capitale "Core" Sovraprezzi di Emissione Junior notes Totale PN Tot. Attivo 400,0 Depositi verso clientela Altre Passivita' - Totale Passivo 10, 0 90,0 Capitale Pre-Operzione Altri Write - Off 500,0 Totale Passivo e PN Indicatori di capitale RWA Tier I BadCo Tesoro 10,1 Tot. Passivo e PN 7,0 2 9,0 Crediti Non Performing Valore Lordo Riserve Valore Netto 0,1 1,0 1,1 Total assets 20,0 Capitale "Core" (10,0) Sovraprezzi 10,0 di Emissione Junior notes Totale PN 10,1 Tot. Passivo e PN Valore di mercato mercatodei dei crediti non performing Valore di crediti non perfoming 7, 0 2, 0 9,0 0,1 1,0 1,1 10,1 10,0 10,1 BadCo BadCo stabilisce stabilisce unun contratto contratto didiservicing servicing con con Banca Alpha o acquista unun NPL NPL manager manager In Italia, al netto dell’esperienza di Italease (che ha creato una propria bad bank a seguito degli episodi di mala gestione che ne avevano fatto precipitare redditività, patrimonializzazione e qualità degli asset) l’argomento bad bank 82 STRATEGIE BANCARIA n. 11/2009 risulta ancora in larga parte tabù. Lungi dall’essere una soluzione drastica e «di non ritorno», la creazione di una bad bank di sistema ci appare invece avere prodotto molto spesso risultati positivi nella recente storia economica e anche in questi ultimi mesi, proprio perché incide, riducendole in La soluzione proposta, per quanto suggestiva, risulta certa- larga parte, sulle inefficienze informative che sono alla base mente non priva di rischi realizzativi, e di notevole difficoltà dello stallo dell’economia. nella definizione del set up strategico e della gestione dei Questo paper si è proposto di fornire un contributo, non recuperi successiva. Ci auguriamo che questo, lungi dal solamente riepilogando la più recente casistica e tentando- rappresentare un freno allo sviluppo della stessa, rappresenti ne una schematizzazione per tipologia e prassi, ma anche un ulteriore stimolo per una più ampia e condivisa discussio- avanzando alcune ipotesi circa soluzioni strategiche che ne, che parta dal male necessario della bad bank per arrivare potrebbero essere percorse e attuate nel contesto italiano. idealmente al risultato atteso del «good banking». Figura 7 Stato patrimoniale di Banca Alpha e BadCo dopo l’operazione Banca Alpha (E m) Attiv o Crediti Performing Crediti Non Performing Valore Lordo R is e rv e V a lore Ne tto B TP Altre Attiv ita ' Totale Attiv o Indicatori VLNP / VL crediti totali VNNP / VN crediti totali C o v e ra g e ra tio BadCo (E m) Pas s iv o e Patrimon io N etto 400.000 Depositi verso clientela Altre Passivita' - Ca p ita le P re -Op e rz ion e Altri Write - Of f 1 0 . 0 0 0 Patrimonio Netto PN /Totale dell'Attivo 90.000 500.000 Totale Pa s s iv o e PN RWA - Fattori di conversione - Crediti Performing - Crediti NP (Valore netto) N A A ltre A ttiv ita ' B TP Indicatori di Capitale R WA T ie r I Attiv o 320.000 155.000 Ca s s a Crediti Performing 25.000 - Crediti Non Performing V a lore L ord o R is e rv e V a lore Ne tto 25.000 5,0% 500.000 75% 100% 5 0% 0% Oth e r a s s e ts Totale Attiv o Ratios VLNP / VL crediti totali VNNP / VN crediti totali C o v e ra g e ra ti o Pas s iv o e Patrimonio Netto 1 0 0 S e n ior (7 0 % ) Mezzanino (20%) - Totale Pas s iv o 2 0 . 0 0 0 Ca p ita le (1 0 . 0 0 0 ) S ov ra p re z z i 1 0 . 0 0 0 d i E m is s ion e Junior notes (10%) Patrimonio Netto 10.100 Totale Pas s iv o e PN 7.000 2.000 9.000 100 1.000 1.100 10.100 100% 100% 50 % 3 45. 000 7, 2 5% 83 STRATEGIE