P.CEZANNE – “LA REALIZATION” “Oggi ti vorrei parlare un poco di
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P.CEZANNE – “LA REALIZATION” “Oggi ti vorrei parlare un poco di
P.CEZANNE – “LA REALIZATION” “Oggi ti vorrei parlare un poco di Cèzanne. Per quanto riguarda il lavoro, così afferma, ha vissuto da Bohemien fino ai quarant’anni. Solo più tardi, con la conoscenza di Pissarro, ha preso gusto al lavoro. Ma allora, fino al punto di passare gli ultimi trent’anni della sua vita non facendo altro che lavorare. Senza gioia invero, come sembra, cono una rabbia incessante, in conflitto con ogni sua singola opera, perché nessuna di esse gli sembrava raggiungere ciò che egli riteneneva essere la rèalization e la trovava nei ‘veneziani’ che aveva visto e rivisto al Louvre e apprezzava incondizionamente. Il convincente, il farsi cosa. La realtà sublimata fino a divenire indistruttibile attraverso la propria esperienza dell’oggetto, era questo che gli pareva l’intento più intimo del suo lavoro; vecchio malandato, ogni sera consunto fino allo spasimo dal regolare lavoro giornaliero (tanto che spesso andava a dormire alle sei, all’imbrunire, dopo una cena mandata giù distrattamente) arrabbiato, diffidente, deriso ogni qualvolta si recava al suo atelier, schernito, maltrattato…sperava un giorno, di raggiungere quel compimento che egli sentiva come l’unico essenziale…” Così scrisse il poeta Rainer Maria Rilke il 9 ottobre 1907 da Parigi, dopo una visita alla prima grande unica retrospettiva che il Salon d’Automne dedicò a Paul Cezanne a un anno dalla morte. Pittore difficile, complesso, ma molto importante e influente per tutta la pittura del ‘900, in primis i cubisti, che riprenderanno di molto la riduzione delle forme naturali ad un insieme di solidi geometrici. “Bisogna trattare la natura per mezzo del cilindro, della sfera, del cono, il tutto messo in prospettiva” è forse la frase più significativa, vero e proprio manifesto della sua pittura, che si potrebbe dire intendeva, partendo dalle stesse basi (anch’egli partecipò ad alcune mostre impressioniste) solidificare l’impressionismo”. Quindi per Cezanne, volendo andare oltre questo, l’obiettivo non è più cercare di cogliere l’apparenza di un momento ma la sostanza, attraverso una ricerca della sintesi formale massima, dell’essenzialità soggiacente in ogni cosa, che è poi parte di quella ricerca sul rapporto eterno dell’uomo e la realtà, e che diventa quasi una sfida impossibile se condotta attraverso la pittura che ovviamente è basata sulla percezione e apparenza delle cose. Fra tutta la sterminata opera pittorica di Cezanne, sempre coerente a questi principi di ricerca vi sono dei temi ricorrenti, soggetti che producono una sequenza di opere dedicate, quali la natura morta (arance e mele) ritratti di personaggi, le bagnanti (frequente tema il nudo a fine ‘800) e paesaggi di natura, fra cui la serie raffigurante la > montagna Sainte Victoire che l’artista vedeva dal suo studio di Aix en Provence. Di questo soggetto vi sono almeno 11 tele e numerosi acquerelli, ognuno, anche con sole pochissime angolazioni del punto di vista, avente precisi caratteri di autonomia, che evidenziano, caso per caso, differenti elementi, concrezioni, effetti di luce. Nella montagna la plasticità del monte è direttamente suggerita dall’accostamento di singole pennellate biancastre, ocra, verdi e azzurre, che non mirano come in Seurat a liberare la luminosità del colore, ma a costruire una forma tridimensionale, come se fossero minute sfaccettature di un solido geometrico. Per questo si parla, per Cèzanne di una pennellata costruttiva. Nella tela del 1902-04 del Philadelfia Museum la composizione si divide in tre fasce orizzontali: la bassa vegetazione in primo piano; la seconda la piana della campagna, la terza la sagoma della montagna si incunea in un cielo fatto della sua stessa materia pittorica. Cielo e terra si contaminano e si fondono dandoci l’impressione di trovarci al centro di uno spazio 3D vorticante. Il colore ad olio è diluito, quasi trasparente, seppur cupo e livido. La stessa pietra del monte, rispetto alle precedenti versioni sembra essersi dissolta nei riflessi del cielo e del bosco, anche per una resa della profondità secondo la prospettiva aerea inventata da > Leonardo “Ora per noi uomini la natura è più in profondità che in superficie, di qui la necessità di introdurre nelle nostre vibrazioni di luce, rappresentate dai rossi e dai gialli, una quantità di azzurri per far sentire la presenza dell’aria.” “Per fare dei progressi non c’è che la natura, l’occhio si educa nel rapporto con lei. Voglio dire che in una arancia, in una mela, in una palla, in una testa c’è un punto culminante; e questo punto è sempre, malgrado il terribile effetto di luce e ombra, sensazioni di colore, il più vicino al nostro occhio. Con un minimo di temperamento si può essere veri pittori. Si possono fare delle cose buone senza avere un gran senso dell’armonia né del colore. Basta avere il sentimento dell’arte, quel sentimento che certamente fa inorridire i borghesi. Dunque le istituzioni, le pensioni, gli onori sono fatti solo per i cretini, i buffoni, i disonesti. Non fate il critico d’arte, fate della pittura. La salvezza sta in questo.” Cezanne, 1904