Articolo - Pink Floyd Day

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Articolo - Pink Floyd Day
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GIORNALE DI BRESCIA · Venerdì 8 gennaio 2016
DISCHI
Cage The Elephant,
un onesto viaggio
nel rock dei sixties
THE STRYPES:
PICCOLE
VITTORIE
DI RAPACE
SCHIETTEZZA
I Cage The Elephant maneggiano consapevolmente l’arte di fermare il tempo, invertirne il senso, fare
man bassa nella galleria
del passato - diciamo negli
anni ’60 - e tornare a noi
ispirati e riforniti.
Nata nella popolosa
Bowling Green, la cricca
del Kentucky si è fatta strada sin dell’esordio datato
2007. Assidui frequentatori delle frequenze rock che
vanno dai Led Zeppelin ai
Kasabian passando per i
Nirvana, i Cage The Elephant non ci hanno messo
troppo a farsi notare sui
palchi come quello del Loollapalooza e fare da opening band per Black Keys e
Foo Fighters. «Tell I’m Pretty» è un balsamo al sapore
di rock, ricetta tradizionale. A dirigere gli ingranaggi
/
Stile. Giacche e sguardo sghembo per questa foto degli Strypes in tour
della macchina Dan Auerbach che allunga così il nutrito elenco di produzioni
che portano la sua firma.
Si diceva, un rock dal sapore sixty («Trouble»),
sporcato da qualche graffio garage («Cold Cold
Cold»), psichedelico senza
che il minutaggio delle canzoni strabordi («Cry Baby»). Pur senza hit come
«Ain’t No Rest for the Wicked», «Tell I’m Pretty» centra due obiettivi; primo,
emanciparsi dalla mano di
Dan Auerbach e dal rischio di aderire allo stile
Black Keys diventandone
una macchietta. Secondo,
optare per un ritorno ai
suoni classici dandogli
una forma nuova; non ottusamente nostalgica ma
frenetica, un po’ paranoica e molto attuale. // G.B.
MUSICA E DISEGNI
Nel deserto. Il quartetto di Cavan in uno scatto in bianco e nero: polvere, pantaloni stretti e rock’n’roll
«Little Victories» è il secondo album
della giovanissima band irlandese
cresciuta a pane, rock, blues
e Arctic Monkeys: un disco da provare
DANIELE ARDENGHI
[email protected]
S
dei Gossip. Si tratta di una delle tracce più belle e detonanti del
disco, un biglietto da visita scintillante, marcato da una voce che qui davvero - ricorda da vicino quella di Turner.
Ma non mancano aperture e belle armonie vocali che ampliano
gli orizzonti del viaggio rock, come in «A Good Night’s Sleep And A
Cab Fare Home». Gli Arctic (specie quelli di «Still Take You Home»), mescolati a un’attitudine college rock, rispuntano in «Eighty-Four», altra canzone forte di «Little Victories».
«Queen of The half Crown» sembra invece uscita dal catalogo di
un Lenny Kravitz in jet-lag tra California e Londra. «(I Wanna Be
Your) Everyday» rispolvera atmosfere languide Sixties e racconta
di un amore tanto incasinato quanto inevitabile per una donna
che «mette il cuore in overdrive».
e siete fan degli Arctic Monkeys e cercate qualcosa di
simile senza essere uguale, qualcosa di fresco e potente... beh, provate ad ascoltare The Strypes. Sono un Varietà. I riferimenti sono davvero tanti. In «Best Man» c’è il punk
quartetto irlandese di Cavan, si sono formati nel 2011 riletto a inizio Duemila dai Libertines (che rispuntano prepotentee «Little Victories» è il loro secondo, ottimo album. Il mente in «Fill The Spaces In»), ma anche qualcosa dei Green Day.
disco è uscito nel corso del 2015, ad agosto. Ma non va Ma c’è anche il rock vagamente psichedelico di «Three Streets And
A Village Green» e gli arzigogoli chitarristici quasi
perso nel tentativo di raccontare le uscite belle che il
hard-rock di «Now She’s Gone». Non tutto è dritto,
mercato discografico ci regala. Il disco d’esordio, Il suono diretto
non tutto è in faccia. Perché «Cruel Brunette» rispolve«Snapshot», risale invece al 2013. Se il primo lp li aveva di chi ha passato
ra gli altri Strypes, quelli bianchi e con la «i», visti
portati al numero due della classifica di vendite nazio- tante ore
dall’angolatura storta di una strofa vagamente dissonale, le «piccole vittorie» si sono meritate il gradino più
nel garage
nante.
alto del podio.
e poi è uscito
La versione deluxe di «Little Victories» offre in totale
sedici tracce. Dentro ci sono anche la sinuosa «Lovers
Retroterra. Tra gli artisti che sono stati accostati alla con idee
Leave», che torna a dover molto alla scrittura degli Arcband c’è un sacco di blues, di pub-rock e di rock tradi- di qualità
tic Monkeys, la sferragliante «Rejection» e una «G.o.v.»
zionale. In molti hanno sentito influenze di Dr. Feelgood, Eddie And The Hot Rods, The Rolling Stones, The Yardbirds, che finisce per far sconfinare il suono della band nello ska.
Lew Lewis e Rockpile. Ma anche di Chuck Berry, Bo Diddley,
Howlin’ Wolf e Little Walter. Noi, però, ci sentiamo molto altro. Da provare. Insomma, come si è detto, niente di così nuovo, eppuRiferimenti più recenti, che portano gli Strypes ad essere l’ultima re un album e una band da provare. Di «Little Victories» si gustano
incarnazione del movimento indie nato e cresciuto soprattutto in tante cose. La schiettezza quasi rapace, la voglia di divertirsi, l’enerInghilterra tra il 2005 e il 2009. Un nome su tutti: nel quartetto irlan- gia, la freschezza. E anche l’abilità di una band che - si sente - si è
dese - giovanissimo - si sentono gli Arctic Monkeys. Si sentono così fatta le ossa nel garage. Ma da quel garage ne è uscita con ottime
tanto che viene da pensare che gli Strypes, almeno con questa natu- idee. //
ra, non esisterebbero se Alex Turner e compagni non avessero fatto quello che hanno fatto. Ossia il destrutturare il rock in riff angolaSCHEDA DISCO
ri e potenti con un’attitudine punk e un impatto sonoro scarno,
sexy, fintamente annoiato.
Originalità. C’è qualcosa che, tuttavia, rende la band originale. Per-
ché gli Strypes non si devono considerare in chiave derivativa. Probabilmente è proprio quella ruvidezza rock-blues, quel fuoco che
li rende poco «artici» e molto caldi. E il disco di Ross Farrelly (voce,
armonica), Josh McClorey (chitarra), Peter O’Hanlon (basso) ed
Evan Walsh (batteria) vola via che è un piacere.
Furia vera. L’apertura è affidata a «Get Into It», una bomba a mano
che rimanda a certi schemi di «Standing In The Way Of Control»
TITOLO
Little Victories
CANTANTE / GRUPPO
The Strypes
ETICHETTA
Virgin Emi Records
La graphic novel
su Barrett
e i Pink Floyd
Fondò i Pink Floyd.
Li abbandonò
presto e si
abbandonò alla sua anima
tornemtata. La storia di Syd
Barret è diventata una
graphic novel. S’intitola
«Wish You Were Here - Syd
Barrett e i Pink Floyd». A
disegnarla è stato Luca
Lenci, i testi sono stati
invece scritti da Danilo
Deninotti. Il libro è
pubblicato da Edizioni Bd.
La graphic novel - 96 pagine
- è stata presentata
all’ultima edizione di Lucca
Comics ed è in vendita da
novembre.
Soffia caldo e intenso
il «vento africano»
del Puglia Jazz Factory
Un vento caldo che soffia dall’Africa e, passando
dalla Puglia, porta nei lettori cd un disco carico di
brio, per iniziare l’anno
con il botto. Seconda fatica discografica per il Puglia Jazz Factory, che con
«African Way» (uscito per
Parco della Musica) condensa al meglio colori e
profumi di un tour africano che lo ha portato a zonzo tra Etiopia, Gabon, Mozambico, Zimbawe, Kenya
eSudafrica. Il quintetto formato da Gaetano Partipilo, Raffaele Casarano, Mirko Signorile, Marco Bardoscia e Fabio Accardi gira
a mille, privilegiando brani che poggiano sul groove
e sul fraseggio serrato dei
sax di Partipilo e Casarano
(«Personal Vision»), regalando un sound fresco e
magnetico, frutto di quello
chesembra un dialogo tele/
Cover. La copertina del cd
patico tra gli strumentisti.
Non disdegnando di dare un tocco di maestosità
alla propria musica («Kristiansand»), il Puglia Jazz
Factory suona al meglio
quando può mandare su
di giri il motore («A Talk
with God»), ma si dimostra
abile anche con la melodia, regalando con «Tre
stelle» una gemma purissima, a metà strada tra improvvisazione e forma canzone. // RAMP