A CASA DI DENISE (di Roberto Puglisi)

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A CASA DI DENISE (di Roberto Puglisi)
Attualità IL REPORTAGE
Al numero 42 di via Fondo Crocco c’è un cancello
sbarrato e un cane spelacchiato . Qui i Ris
hanno fatto gli accertamenti seguendo
le tracce di un’intercettazione telefonica
Nel casolare degli orrori
alla ricerca di Denise
di Roberto Puglisi
C
i sono tutti i pezzi, gli ingredienti
classici della favola . C’è la sorellastra, c’è la mamma in attesa .
E c’è una bambina smarrita nel
bosco . Non l’ha divorata il lupo . L’hanno mangiata gli uomini.
Ed è precisamente qui, quando arrivi
agli uomini, che la favola diventa la storia di Denise Pipitone, la bambina con
gli occhi grandi e neri, rapita sull’uscio
di casa, il primo settembre del 2004 e
non ancora tornata . Qualcuno pensa che
sarebbe il caso di correggere quel “non
ancora”, di trasformarlo in mai più, nel
“mai più” di un ricongiungimento im-
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Ecco l’abitazione di Villagrazia di Carini nella quale
sarebbe stata nascosta la bambina rapita nel 2004
possibile. Ma sua madre, Piera Maggio,
non ci crede. E dice che non è solo istinto, non è soltanto quella pazzia che fa
sobbalzare il cuore di una madre a ogni
ombra strusciata contro il vetro, a ogni
soffio di vento nella notte, a ogni candela accesa al santo dei miracoli. “Sono i
fatti che mi danno ragione – quasi grida
al telefono Piera –. Stiamo celebrando
un processo per sequestro di persona,
non per omicidio . Sa qual è il problema? Nessuno sta cercando davvero mia
figlia . Vogliono trovare i colpevoli, non
gli importa troppo degli innocenti come
mia figlia”. Il processo e la sentenza di
una mamma dolente. Sono gli estremi
della matassa . Da dove cominciare per
dipanarla?
Forse è normale che il primo passo
conduca occhi e immaginazione su un
sentiero riparato, su una strada di Villagrazia di Carini, via Fondo Crocco,
un vicolo sommerso tra i boschi. Qui,
il lupo avrebbe condotto Denise per un
tratto della sua prigionia . Qui l’avrebbe
rinchiusa per qualche tempo in un caso-
lare sgarrupato . Le informazioni raccolte portano al numero quarantadue, uno
stinto quarantadue rosso che segna e
delimita un cancellaccio serrato da una
catena, accanto a un muretto diroccato .
C’è un cane, e non è un cane da guerra .
È un botolo spelacchiato e fa le feste a
ogni mano che si avvicina . Non sono
molte, per via delle pulci. Il viottolo oltre il cancello porta a casolari nascosti.
Qui, i carabinieri del Ris hanno compiuto un accertamento per trovare tracce
della bimba perduta . Sostiene mamma
Piera Maggio: “Le forze dell’ordine e i
giudici sono arrivati a Villagrazia per la
nostra insistenza, per la tenacia dell’avvocato”. Il legale è Giacomo Frazzitta
e sta giocando le sue pedine difficili in
una lunga guerra di lupi e boschi. I sentieri di alcune “utenze telefoniche” hanno spostato l’attenzione degli inquirenti tra gli alberi, lungo questo viottolo .
“Nella stradina indicata da noi – spiega
l’avvocato – c’erano almeno quindici
bambini. Una bimba come Denise poteva tranquillamente passare inosserva-
ta”. Infatti, uno dei radi autoctoni visibili delle casette e dei villini circostanti
oppone la faccia dello stupore alle domande del cronista: “Denise qua? Non
l’ho mai vista . E non ne sapevo niente.
Mi pare assurdo”.
Nella drammatica favola di una bimba
smarrita e di una madre che aspetta, c’è
la sorellastra, dunque. Jessica Pulizzi è
stata rinviata a giudizio per il sequestro;
sua madre, Anna Corona, è indagata per
la stessa ragione. Il movente, secondo
l’accusa? La gelosia, come accade per
tutte le sorellastre del mondo. Jessica e
Denise hanno lo stesso padre. Sono state
alcune strane intercettazioni a mettere la
ragazza nei guai. Jessica – è una parte
della ricostruzione – non avrebbe sopportato la rottura del matrimonio tra sua
madre Anna e il padre e avrebbe ritenuto responsabile del trauma Piera Maggio.
Un sodalizio dissolto, un’altra figlia che
le contende il primato nel cuore del padre. Ecco perché Jessica si sarebbe vendicata crudelmente, con la scomparsa di
Denise. Una crudeltà inimmaginabile.
Piera Maggio è stanca . Parla a fatica al
telefono . Racconta da anni la stessa storia, la medesima speranza . Ogni sillaba
del racconto deve pesarle enormemente. Sussurra, intervallando le parole con
sussulti che sembrano singhiozzi: “Lei
mi chiede in che momento siamo? Al
solito, sulle montagne russe tra tristezza e speranza . Sono arrabbiata, tanto .
Con le indagini abbiamo fatto passi importanti, però è tardi. Si sono mossi con
ritardo, sì. E questo mi dà amarezza . La
Procura segue il suo lavoro con scrupolo . Purtroppo, adesso, nessuno cerca mia figlia . La Procura fa la Procura .
Vuole i colpevoli. In Italia non abbiamo
strutture adatte”. Di nuovo un sospiro:
“Qualcuno magari pensa che sia inutile
cercare. Ma finora nessuno ha cercato
davvero Denise. Vedo troppa burocrazia, si dimentica il senso umano della
vicenda: c’è una bambina lontana da
casa, c’è la sua mamma che l’aspetta
a braccia aperte, da sei anni. All’epoca
del rapimento, mia figlia ne aveva appena quattro”.
Piera Maggio ha messo su il suo cammino nel bosco, per stanare il lupo, con
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tutte le forze a disposizione. C’è un sito
(www.cerchiamodenise.it) che è l’epicentro della ricerca . Si possono reperire
notizie utili. Si possono fornire notizie
utilissime. C’è un numero di telefono in
servizio permanente effettivo . Ci sono
link dedicati ai video di Denise, ai suoi vestiti, alle sue
canzoncine. Denise giocava normalmente il giorno
d’autunno in cui sparì, sorvegliata a tratti dall’occhio
della nonna . Quello che le
è successo, qualunque cosa
sia, deve avere spezzato il suo cuore di
bambina .
Piera Maggio si indurisce, quando il quesito è: crede che sua figlia sia viva? Un
interrogativo spietato . La voce diventa
di acciaio, poi si spezza stavolta in un
chiaro singhiozzo trattenuto . “Certo
che lo credo . Non lo dico soltanto per il
sentimento che conservo nel mio cuore
di madre. I fatti sono dalla mia parte.
Stiamo celebrando un processo per se-
questro di persona, non per omicidio .
E finché i fatti saranno questi io avrò
la certezza di poter riabbracciare mia
figlia . Riabbraccerò Denise”. Un cruccio
su tutti: “La mia ferita resterà profonda .
Nessuno potrà mai risarcirmi del tem-
l’assenza del contatto, delle carezze. Ci
senti tutto il veleno di una guancia che
non può posarsi contro un’altra guancia . È il deserto . Elemosinare ciò che
sarebbe nel diritto di una madre. Ogni
giorno, il mancato ritorno scava un
solco . Rende più cattivo
il delirio dell’amore che
non può più tradursi in
gesto .
Al confine di Villagrazia
di Carini, dove c’è il cartello con un segno rosso
sul nome del Comune,
c’è Fondo Crocco . Le informazioni conducono qui, dentro uno dei passaggi
della storia . “Chi l’ha visto”, in anteprima, ha mostrato gli interni di un casolare esaminato dai carabinieri del Ris, con
l’ingresso nascosto tra gli alberi. C’erano persone che si discolpavano: Denise
non è mai stata qui. Adesso non si vede
nessuno .
Fondo Crocco si snoda in una serpentina
terrosa, una curva a esse, una lingua di
La madre di Denise, Piera Maggio,
è dura: “Non stiamo celebrando un processo
per omicidio . Il problema è che cercano
i colpevoli, non mia figlia”
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po sprecato, di tutti i giorni senza mia
figlia”. Un altro sussurro: “La mia speranza è forte come la mia rabbia . Nessuno ha pensato troppo a noi. Nessuno,
a parte pochi, si è preso cura di una
mamma che elemosina l’abbraccio della
sua bambina”. Dice proprio così, Piera
Maggio . Usa il verbo “elemosinare”, ed
è un tornado . È un vento, uno strappo
che percorre con un tremito la cornetta
e l’orecchio dell’interlocutore. Ci senti
asfalto, un cartello rugginoso, un cane
che non farebbe paura nemmeno a una
mosca. Quel numero quarantadue stinto
su un cancello di pietra. Qui, da qualche
parte, in fondo al viottolo protetto dalla
cancellata, avrebbero tenuto Denise. Il
cane si contorce e si sfrega sul muretto
diroccato per via delle pulci. Accanto, c’è
un’altra villetta. Piccoli segnali di vita.
Un barbecue. Una porta chiusa. Su una
sedia all’esterno, un pallone sgonfio.
Uno di quei soliti palloni da calcio a rombi bianchi e neri. Qui deve abitarci un
bambino, un ragazzo, o un adulto con la
passione del calcio e delle partitelle.
Il viottolo parte dal cancello e si perde in
Nella via abitano circa
altri quindici bambini.
I vicini, però, sono sicuri:
“Denise non è mai stata
da queste parti”
una curva, in un boschetto di parietaria.
Forse Denise ha percorso il cammino, la
via crucis in compagnia del lupo, il sentiero sbagliato del bosco. E non ha fatto
in tempo a lasciare dietro di sé una scia
di molliche di pane. O magari i corvi le
hanno divorate, come capita a tutte le
molliche di pane in tutte le fiabe. È solo
una bambina, Denise. Le fiabe le piacevano e chissà se le piaceranno ancora.
Le piacevano le canzoncine che cantava.
Una è stampata sul sito di sua madre:
“Palloncino blu, su su su. In cielo se ne
va, su su su. Palloncino blu...”.
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