giuseppe mazzini

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giuseppe mazzini
150° dell’Unità d’Italia: i protagonisti
Giuseppe
MAZZINI
Pubblico e privato
di Paolo Pagnottella
ei primi anni del secolo XIX, fra le
differenti forme che avrebbe dovuto assumere l’agognato (e nuovo) stato italiano, strenuo sostenitore
della forma repubblicana con un governo centrale era il dottor Giuseppe Mazzini, genovese, classe 1805. Avviato in un
primo tempo agli studi di medicina (per
compiacere il padre, medico e professore di anatomia), passa a quelli a lui più
congeniali di legge: si laurea in “utroque
jure” nell’aprile del 1827, di pari passo
con l’iscrizione alla carboneria e con il
termine del suo primo libro “Dell’amor
patrio di Dante”. La sua attività, considerata ai tempi rivoluzionaria, lo costringe
all’esilio a Marsiglia, dove avviene l’incontro fatale. Qui, infatti, conosce Giuditta Bellerio, poco più grande di lui, vedova Sidoli, anch’egli già carbonaro e
per questo in esilio da Reggio Emilia con
tutta la famiglia.
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Giuditta Bellerio Sidoli
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Marinai d’Italia
Rimasta vedova nel 1828 con quattro figli,
Giuditta segue Ciro Menotti a Reggio nel
1831, per dare colà vita ai moti insurrezionali (dalle sue mani la “Guardia Civica” riceve quella Bandiera tricolore ancor oggi conservata al Museo del Tricolore) ma
questi falliscono e lei prende nuovamente la via dell’esilio, prima a Lugano e poi a
Marsiglia. E qui, al n.57 di Rue de Féréol,
ospita proprio il Mazzini, di cui condivide
idee, passioni politiche e sentimenti, tanto da divenirne amante e collaboratrice.
Con lui fonda il giornale politico “La Giovine Italia”, di cui assume la responsabilità
(e la contabilità) e mette al mondo un figlio, Adolphe, che però muore in tenerissima età. Seguirà Mazzini anche nell’esilio svizzero ed anche dopo la fine della loro relazione sentimentale, Giuditta ne rimarrà amica e confidente. Rimane certamente l’unico, vero amore della vita di
Mazzini, potendosi definire le altre relazioni come amicizie con risvolti amorosi.
A Grenchen, nel Cantone di Solothurn,
Mazzini è ospitato in casa del dottor Gerad, proprietario di uno stabilimento balneare, vedovo e vecchio bonapartista,
padre di tre figlie che, a turno, andavano
a rassettargli la camera. La minore, Jeannette, ne è perdutamente innamorata e
per lei Giuseppe suona la chitarra e la
conquista cantando vecchie canzoni italiane. Nei suoi scritti al padre, dove finge
di essere la nipote Emilia (per sfuggire alle ricerche della polizia politica piemontese), accenna anche a fuggevoli rapporti con le altre due sorelle e definisce le
donne svizzere “piacevoli, meno inclini a
sviluppare legami romantici rispetto alle
donne italiane”. La sua “copertura” vacilla però quando la polizia trova scritto che
“oggi mi sono fatto la barba…. vostra nipote Emilia”.
Nel 1834 arriva a Grenchen una donna
celebre per i suoi libri e per la sua eccentricità, attratta dalle idee del giovane rivoluzionario italiano: Amantine Aurore
Lucille Dupin, meglio nota come George
Sand, con cui Mazzini ha un frettoloso
ma importante rapporto, tanto che quando sarà fermato a Parigi in uno dei suoi
tentativi di rientrare in Italia in incognito,
nel 1844, troverà sicuro rifugio nella casa
di Nohant (e fra le braccia) della Sand.
Nel 1837 Mazzini è espulso dalla Svizzera, che cede alle pressioni di tutti i governi monarchici europei, ormai convinti
della forza rivoluzionaria delle sue idee, e
sbarca a Londra. Ed anche in Inghilterra
molte donne gli saranno vicine, per
confortarlo e amarlo. Qui conosce e diviene amico di un illustre storico, filosofo
e scrittore, Thomas Carlyle, dal carattere
burbero e scontroso, con cui accende interminabili discussioni letterarie e politiche, che finiscono invariabilmente con i
due che rimangono sulle proprie posizioni. E intanto sua moglie, Giovanna Walsh,
donna bella dal carattere romantico e
sentimentale, profondi occhi scuri, procura al Mazzini un appartamento nella
sua stessa via di Chelsea. Si sentiva sola
e trascurata dal marito, spesso collerico,
e trova nel mediterraneo cospiratore
quel “raggio di sole” che le manca. Le
piace riordinargli la casa, fargli da guida
a Londra, incurante delle malelingue che
subito proliferano sui rapporti fra i due:
ma Carlyle non sarà mai geloso di Mazzini, tanto che quando questi si accorge e
denuncia che le lettere che riceve giungono aperte, è lui a scatenare sul “Times” la polemica che costringe il Ministro Graham a presentare al Mazzini
pubbliche scuse.
La polizia inglese aveva davvero passato
a quella austriaca copia di tale carteggio, che porterà a tragica fine la spedizione dei fratelli Bandiera. Mazzini in tal
modo suscita ancor più entusiasmo e
George Sand
Monumento a Giuseppe Mazzini
La proposta di erigere un monumento a Giuseppe Mazzini (1805-1872), uno dei maggiori
artefici dell’unità d’Italia, fu presentata in Parlamento, dopo varie controversie,
solo nel 1890, in quanto pesava sulla sua figura la fede negli ideali repubblicani.
Nel 1902 venne dato ad Ettore Ferrari (1845-1929) l'incarico di realizzare l’opera
il cui bozzetto era concluso nel 1905.
Nel 1914 venne decisa la sua collocazione presso l’Aventino e nel 1922
si ebbe la cerimonia della prima pietra. Alla morte del Ferrari nel 1929
le parti scultoree erano ormai ultimate.
Nel 1948, confermato il luogo per la collocazione del monumento,
questo fu realizzato come concepito dall’artista con la
collaborazione del figlio di questi Gian Giacomo Ferrari
e l’aiuto dello scultore Ettore Guastalla.
Il 2 giugno 1949 venne infine inaugurato
87 anni dopo la morte.
raccoglie intorno e sé, nel salotto dei
Carlyle, numerose e focose ammiratrici,
giovani, belle, di famiglie influenti, tutte sostenitrici delle idee mazziniane. Nel 1848,
allo scoppio dei moti in tutta Italia, Giuseppe torna in Patria e mantiene una fitta corrispondenza con Londra (per inciso, sembra che Mazzini sia una specie di primatista di lettere scritte!) ma non con Giovanna: nel suo clan femminile – come lo definiva egli stesso – dominava la scena la famiglia Ashurst, composta dal notissimo
avvocato, padre famiglia, dal figlio maschio, acceso mazziniano, dalla moglie –
che Mazzini definiva sua seconda madre –
e da tre figlie Elisa, Emilia e Carolina. La
prima a innamorarsi di Giuseppe fu la figlia
nubile, Elisa che lo ama profondamente
ma sentendo che il suo amore è tiepidamente ricambiato, secondo il costume del
tempo delle benestanti signorine inglesi, si
dedica a percorrere il continente europeo,
finendo per sposare un operaio francese.
Sintonia completa con l’esule, invece, raggiunge Emilia, cui sono indirizzate tutte le
lettere dall’Italia e che, al rientro di Mazzini a Londra dopo il fallimento dei moti del
1849, lo accoglie nella sua casa, ben presto trasformata nel centro degli esuli e dei
cospiratori di mezza Europa.
Nel 1859 ancora una volta Mazzini è in Italia ed Emilia è con lui e partecipa a tutti i
memorabili avvenimenti, fino al 1860 quando, durante un viaggio in treno, cade vittima del classico colpo di fulmine per Carlo
Venturi, un ufficiale garibaldino che sposerà dopo avere ottenuto il divorzio dal
marito. È la volta, quindi, di Carolina a
prendersi cura dell’esule e lo farà con discrezione, assiduità e serenità, quella cui
ambiva l’uomo che si avvia alla vecchiaia
dopo avere vissuto una vita intensa. Dalla
biografia scritta da Jessie Merlton White
si apprende della sua amicizia e del suo
amore con e per Giuseppe: attivista delle
idee mazziniane, assieme al marito Alberto Mario subisce anche l’arresto e ci lascia una fitta corrispondenza con il Mazzini, invero assai preziosa per ricostruire gli
avvenimenti dell’epoca. L’ultima donna legata al nome del grande italiano è senza
dubbio Sarah Nathan, pesarese, moglie di
un banchiere israelita, bella, sensibile, paziente nel vegliarne gli ultimi anni. Sarà
nella casa pisana di sua figlia Giannetta,
sposa del banchiere Giannelli, che Giuseppe Mazzini vorrà recarsi quando sentirà vicina la fine dei suoi giorni. Muore
proprio là, a Pisa, il 10 marzo del 1872.
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