studio sui contenitori in pietra ollare da siti individuati in superficie

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studio sui contenitori in pietra ollare da siti individuati in superficie
C. Malaguti, A. Zane :
STUDIO
SUI CONTENITORI IN PIETRA OLLARE DA SITI
Studio sui contenitori in pietra ollare
INDIVIDUATI
NELPolesine
MEDIO POLESINE 1
da siti individuatiIN
in SUPERFICIE
superficie nel Medio
di Chiara Malaguti (*) e Antonella Zane (**)
La “pietra ollare” è un materiale roccioso frequentemente utilizzato per la produzione di recipienti finalizzati soprattutto alla cottura ed alla conservazione dei cibi. Rocce di questo tipo, derivate dal
metamorfismo di ofioliti, affiorano lungo l’intero arco alpino, sebbene la quasi totalità dei giacimenti e i centri di lavorazione noti in
letteratura siano circoscritti alle Alpi Centrali ed Occidentali. Mannoni
et al. (1987) hanno riconosciuto, a partire dallo studio di 400 giacimenti di pietra ollare di cui 195 con tracce di sfruttamento, 11 diversi litotipi (Tab. 1). Le associazioni mineralogiche che caratterizzano questi materiali sono alquanto varie sia dal punto di vista
qualitativo che quantitativo, con una predominanza di talco, clorite
e carbonati (specialmente magnesite e dolomite). Per questo motivo la definizione “pietra ollare” è puramente merceologica, atta ad
accomunare rocce metamorfiche di composizione, colore ed aspetto alquanto diversi, ma con precise caratteristiche chimiche e fisiche. In particolare la facile lavorabilità, l’elevata refrattarietà, la bassa porosità e la stabilità chimica dei minerali che costituiscono
queste rocce ne hanno decretato la fortuna a partire, in particolare,
dal periodo tardoantico /altomedievale.
I mezzi di trasporto usati, vista l’indubbia consistenza dei recipienti in questione, dovevano essere, nella maggior parte dei casi,
imbarcazioni atte a trasportare, per via fluviale, lacuale e marittima, la pietra ollare unitamente ad altri prodotti. A questo proposito
di particolare interesse sembra essere il corso del Po, vista la facilità di comunicazione, mediante i suoi affluenti di sinistra, tra le aree
alpine, (ricche di cave e di laboratori di tornitura) le zone perilacuali
dei grandi laghi e i centri abitati della Pianura Padana e della costa
adriatica.
Una volta raggiunte le foci del Po i manufatti raggiungevano probabilmente un vasto areale alle spalle della linea di costa (MALAGUTI,
ZANE 1999). Queste ipotesi, suffragate da un buon numero di
rinvenimenti, chiamano in causa anche la pietra ollare rinvenuta a
Pontecchio (vedi infra, “conclusioni”).
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(**) Collaboratrice Dipartimento di Mineralogia
e Petrologia dell’Università di Padova
(*) Specializzanda in Archeologia Medievale
1 Si ringrazia la Soprintendenza Archeologica
del Veneto, il Gruppo Archeologico di
Villadose, il dott. Raffaele Peretto, direttore
del museo di Rovigo ed il dott. Enrico
Maragno, per averci messo a disposizione
questo materiale per il nostro studio.
OBIETTIVI (1) E METODOLOGIA (2)
Le ricognizioni di superficie, effettuate dal Gruppo Archeologico di Villadose nel territorio del Medio Polesine, hanno restituito 35
frg. riconducibili a recipienti in pietra ollare riferibili a diverse tipologie
e litologie.
Lo studio è stato affrontato sia dal punto di vista archeologico
che mineralogico – petrografico2 , con gli obiettivi (1) di:
- individuare l’epoca di produzione;
- circoscrivere le probabili aree di estrazione e lavorazione del
materiale roccioso;
- ipotizzare il tracciato dei possibili percorsi commerciali.
2 Si ringraziano L. Tauro per la preparazione
delle sezioni sottili e R. Menegazzi per l’analisi
in diffrazione RX. Questo studio è stato
finanziato dal Progetto Finalizzato Beni
Culturali del CNR.
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(2) Tenendo in considerazione i punti sopra descritti, lo studio dei
reperti esaminati si è articolato nelle seguenti fasi:
1) studio dei 35 reperti sulla base di: lavorazione esterna ed interna, spessore, forma, diametro (quando ricavabile), grado di
annerimento (e dunque di probabile esposizione al fuoco); restituzione grafica dei frammenti più significativi e meglio conservati (tavv.
I e II); divisione in tipologie; confronti bibliografici.
2) Selezione, su base macroscopica, dei reperti litologicamente
più rappresentativi (23) e realizzazione dei campioni di studio (sezioni sottili e polveri);
3) analisi petrografica effettuata su sezioni sottili al microscopio
polarizzatore in luce trasmessa;
4) analisi in diffrazione RX su polveri eseguite presso il Dipartimento di Mineralogia e Petrologia dell’Università di Padova con un
diffrattometro delle polveri PW3710 BASED fornito di
monocromatore. Condizioni utilizzate: radiazione Cu Ka, filtro di
Nichel, divergenza slitte di 1°, tensione 40 kV, corrente 20 mA, intervallo angolare 0 - 55°;
5) confronto con le sezioni sottili di rocce provenienti da cave
note di pietra ollare nelle Alpi centrali e occidentali (collezione della
SMAA)3
Per le problematiche connesse allo studio mineralogicopetrografico nonché diffrattometrico dei reperti in pietra ollare si
rimanda ai lavori di ROSSO et al., 1999 e ZANE (in corso di
stampa).
3 Collezione della Sezione di Mineralogia e
Petrografia Applicate all’Archeologia dell’Istituto di Mineralogia dell’Università di Genova gentilmente concessi dal Prof. Mannoni che qui si
ringrazia.
TIPOLOGIA4
1) scanalature ad arco di cerchio a margini irregolari
(h. 0,6/1 cm); TAV. I,3.
Rinvenuti tre frammenti riconducibili a recipienti di forma
troncoconica e pseudocilindrica, attestati i litotipi C e D. L’unico
diametro è di 17,5 cm ca. La parete esterna è decorata da scanalature ad arco di cerchio (altezze concentrate sui 0,6/0,75, con
una punta sui 0,95/1 cm) con apici dall’andamento irregolare,
mentre la parete interna è solcata da fitte linee di tornio, in un
caso liscia, con lievi tracce di tornio. Spessori concentrati sui 0,5/
0,65 cm, con una punta di 0,9/0,95 cm. L’unico orlo attestato si
presenta piatto e discendente verso l’interno, arrotondato (TAV.
I,3). Pare di notare, in due casi, tracce di grappa metallica dovute
probabilmente a riparazioni avvenute in antico, per prolungarne la
fase d’utilizzo, o forse per permettere la sospensione del recipiente.
Attestati: RP 14°, VP 3, VC 28.
Confronti: Monte Barro, BOLLA 1991a, tipo IX, tav. LVII, 5-6. “Attestati altrove da fine V-VI secolo ad età longobarda” (BOLLA 1988,
p. 215, nota 22).
Santa Giulia, MASSARI 1987, tav. III, 6 (Altomedioevo I, ca. metà
VI- tardo VIII sec.).
4 Le tipologie descritte si basano su reperti spesso frammentari.
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2) scanalature ad arco di cerchio
- h. 0,9/1; TAV. I,4.
Tre frammenti riconducibili a recipienti di forma troncoconica, interessati da parete esterna decorata da scanalature ad arco di cerchio con altezze concentrate tra 0,8 e 1 cm. Attestato il litotipo D.
Parete interna percorsa da fitte solcature dovute all’azione del tornio. Spessori delle pareti concentrati tra 0,6 e 0,9 cm. L’unico orlo
attestato si presenta a punta, a sezione triangolare (TAV. I,4), mentre il solo fondo rinvenuto è spesso 1,4/1,6 cm, piatto ed esternamente liscio, internamente mostra fitte solcature, sembra anche di
riconoscere tracce di una probabile grappa metallica.
Attestati: VC 38, VP 4, RP 14 a.
Confronti: San Basilio, TONIOLO 1986, scheda n. 72, pp. 197,
207 (IV -V sec. d.C.).
Monte Barro, BOLLA 1991a, tipo VII (qui è assente il cordone
mediano), tav. LVI, 10-13; tav. LVII, 1-2 (seconda metà V – prima
metà VI secolo).
Castelseprio, LUSUARDI SIENA, STEFANI 1987, tav. II, nn. 5-6
(età longobarda, gruppo C).
Milano, BOLLA 1987, tipo X, nn. 52-54, tav. XI (età altomedievale).
Santa Giulia, MASSARI 1987, tav. III, 7, tav. IV, 9; tav. VI, 16-17,
Altomedioevo I (metà VI ca. – tardo VIII sec.) e Altomedioevo II (tardo VIII ca. – X/XI sec.).
- h. 0,2/0,4 cm TAV. II,8.
Quattro frammenti riconducibili a recipienti di forma troncoconica,
presentano parete esterna interessata da scanalature ad arco di
cerchio (h. 0,2/0,4 cm), in un caso leggermente tendenti al “gradino”. Attestato il litotipo C. La superficie interna del pezzo mostra
tracce dovute all’azione del tornio. Gli spessori variano da un minimo di 0,75 ad un massimo di 1,2 cm. I due diametri ricavabili si
aggirano sui 24 cm ca. Tracce probabilmente riconducibili a grappe metalliche presenti in antico, in un caso (TAV. II, 8) evidente
grappa metallica in ferro.
Attestati: RP 14*, RP 13* 1, VC 9, VR 17.
Confronti: Santa Giulia, MASSARI 1987, tav. VI, 16-17,
Altomedioevo II (tardo VIII sec. ca. – X/XI sec.).
Milano, BOLLA 1991, tipo 10, tavv. CLVIII- CLXII, ff. 48-55 (scanalature alte 0,3/0,5 cm; contesti non anteriori al VII sec.).
3) Tipo: scanalature ad arco di cerchio tendenti al “gradino”
h. 0,55/0,7 cm; TAV. II,9
due frammenti di parete interessati da una decorazione esterna
a scanalature ad arco di cerchio tendenti al gradino, alte 0,55/0,7
cm, parete interna solcata da fitte linee di tornio, in un caso in alcuni punti liscia. Attestato il litotipo B. Recipienti di forma troncoconica
e pseudocilindrica. Spessori concentrati tra 0,95 ed 1,25 cm. I diametri si aggirano sui 25 cm ca. In un caso tracce probabilmente
relative alla presenza, in antico, di una grappa metallica.
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Attestata: VC 28*, VP 5°.
Confronti: Monte Barro, BOLLA 1991a, tipo VIII, tav. LVII, 3-4 (seconda metà V – prima metà VI secolo).
Milano, BOLLA 1987, tipo XII, nn. 59 – 68; tavv. XII – XIII (età
altomedievale).
Santa Giulia, MASSARI 1987, tav. III, 5 / tav. IV, 10 (Altomedioevo
I, metà VI – tardo VIII sec.).
4) Tipo: parete esterna liscia, con tracce di tornio; TAV. I,5 e I,6 e
II,7.
Dodici frammenti attestati riconducibili a recipienti di forma
troncoconica e, in un caso, pseudocilindrica. Attestati i litotipi C, D
e B. Parete esterna liscia, con tracce dovute all’azione del tornio,
appena visibili, in un solo caso più marcate (recipiente di forma
pseudocilindrica). Parete interna percorsa da leggere solcature.
Un frg. (TAV.II,7) mostra tracce di scalpello poco visibili sulla parete
nella zona d’attacco con il fondo, sono probabilmente dovute ad
un’iniziale opera di sbozzatura, antecedente alla fase di tornitura.
I quattro fondi attestati si presentano piatti, a parte un caso leggermente convesso, mentre la quasi totalità mostra segni dovuti
all’azione di uno scalpello. Frequenti le scanalature concentriche e
le incrostazioni carboniose.
I due orli attestati si presentano:
- piatto, arrotondato (TAV. I,6);
- piatto, discendente verso l’esterno (TAV. I,5).
Gli spessori dei fondi oscillano tra 0,9 e 1,5 cm, mentre quelli
delle pareti variano tra i 0,5 e l’1,7 cm (nella zona dell’attacco con il
fondo).
I diametri oscillano tra 12 cm ca. e 25 cm.
In alcuni casi si possono notare tracce (tra cui fori passanti) dovute probabilmente a riparazioni (effettuate con grappe metalliche)
avvenute in antico, per prolungare la fase d’uso del recipiente; in un
caso (RP 13*2) si possono notare segni interpretabili come tracce
di una fascia metallica probabilmente finalizzata alla sospensione
del recipiente.
Attestato: RP 13, VC 39, 2RP 13a, VC 28°, RP 13°, VC 1, VC 00,
VP2 202, VR 12, VC 6, RP 13*2, VP 4*.
Confronti: questa tipologia è particolarmente diffusa e frequente.
Milano, BOLLA 1991, tipo 11 (tavv. CLXII, ff. 57-59, CLXIII, ff.
60-64).
Altaura di Casale Scodosia, ZAFFANELLA 1987, fig. 7/1,4,5
(Altomedioevo).
5) Tipo: parete esterna liscia, con solcature spesso interrotte (TAV.
I,2).
Quattro frammenti, uno dei quali provvisto di orlo piatto (TAV. I,2),
riconducibili a recipienti di forma troncoconica. Attestati i litotipi C e
B. Parete esterna liscia, percorsa da solcature interrotte, parete
interna interessata dai segni dovuti all’azione del tornio. Spessori
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relativamente sottili, concentrati tra i 0,4 ed i 0,75 cm.
Attestati: VC 38°, PG 10, VC 6, RP 1*.
Confronti: Milano, BOLLA 1987, tipo XI, nn. 55-58; tav. XII (età
altomedievale).
6) Fitte scanalature (TAV. I,1)
L’unico frg. litologicamente ascrivibile al gruppo petrografico F
(classificazione MANNONI et alii 1987) è riconducibile ad un recipiente pseudocilindrico la cui parete presenta esternamente fitte
scanalature ed internamente linee dovute all’azione del tornio in
fase di lavorazione. Spessore: 1,15/1,35 cm. Orlo piatto, leggermente arrotondato, presenta superiormente leggere scanalature.
Una sottile fascia liscia, alta 0,4 cm ca., è presente sotto l’orlo.
Litologia e tipologia fanno pensare ad una provenienza dalle Alpi
Occidentali.
Attestato: RP 14.
Confronti: Aosta, complesso cimiteriale fuori Porta Decumana,
MOLLO MEZZENA 1987, tav. XXII, 15 (VI – VIII secolo).
S. Antonino di Perti, MURIALDO et al. 1986, fig. 7,8, (VII secolo).
Fondi sprovvisti del raccordo con la parete.
Sei frammenti di fondi di recipienti in pietra ollare, purtroppo sprovvisti del raccordo con la parete. Attestati i litotipi C, B e D. Si presentano piatti nella quasi totalità (a parte uno leggermente concavo), in un caso si possono notare i segni dello stacco del moccio
centrale; frequenti i gradini, le scalpellature e le solcature concentriche. In un caso foro attestante tracce di riparazioni con grappa
metallica.
Spessori oscillanti tra 0,7 e 1,85 cm.
Attestati: VC 29, VC 38*, RP 1, VC 35, RP 24, VC 4.
LITOTIPI
I principali risultati dell’analisi petrografica e diffrattometrica sono
stati riassunti e schematizzati in Tab. 2. I reperti studiati possono
essere ricondotti a quattro diversi litotipi che corrispondono ai gruppi
B, C, D, F della classificazione di MANNONI et al., 1987 (Tab. 1).
Come già discusso per altri reperti simili rinvenuti in Veneto (vedi i
lavori di: ARDIZZON 1992; DE VECCHI 1987; DE VECCHI, ROSSO 1988; ROSSO et al. 1999; MALAGUTI in corso di stampa;
MALAGUTI, ZANE 1999; ZANE in corso di stampa, ai quali si rimanda per una descrizione più dettagliata della distribuzione dei
laboratori e delle condizioni termiche e bariche nei diversi settori
delle Alpi) le litologie riscontrate nella pietra ollare di Pontecchio
permettono di fare le seguenti ipotesi sulle aree di provenienza dei
manufatti:
n gruppo B (talco-cloritoscisti carbonatici ad anfibolo): la caratteristica associazione mineralogica ad antofillite è tipica del settore
centrale delle Alpi centrali (Alpi Lepontine) e numerosi laboratori
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sono noti in particolare nell’area compresa tra la Valle d’Antigorio e
la Val Mesolcina;
n gruppo C (talco-cloritoscisti carbonatici a grana grossa): questo litotipo si rinviene in numerosi affioramenti che coprono l’intero
arco alpino sebbene debba essere segnalata una maggiore concentrazione nelle Alpi centrali;
n gruppo D (talco-cloritoscisti carbonatici a grana fine): si tratta
di un litotipo che differisce solo per le dimensioni delle fasi mineralogiche dal gruppo precedente. Centri molto attivi di estrazione e
lavorazione di questo materiale sono noti nel settore orientale delle
Alpi Centrali (Chiavenna, Val Bregaglia, Engadina;
n gruppo F (cloritoscisto): purtroppo il reperto RP14 non fornisce indicazioni utili a risalire alla probabile area di provenienza. Non
è stata, infatti, riscontrata alcuna analogia tra l’associazione mineralogica e in questo reperto con quelle dei cloritoscisti della collezione SMAA di riferimento. L’assenza di minerali “indice”, inoltre,
non ci permette di definire le condizioni di temperatura e pressione
alle quali questa roccia può essersi formata.
CONCLUSIONI
La presenza, nelle zone prese in considerazione dalle ricerche,
di litologie ascrivibili ai centri produttori delle Alpi centrali e occidentali (per queste ultime l’attribuzione del reperto RP14, tipo 6, non è
sicura, ma l’esame congiunto dei dati litologici e tipologici permette
di azzardarne la provenienza) e di tipologie riconducibili a fasi
cronologiche diverse tra loro (vedi supra “confronti”), induce ad ipotizzare un proficuo utilizzo di rotte commerciali a lunga percorrenza:
- la vicinanza alle foci del Po suggerisce il corso stesso del fiume come via legata ai centri produttori delle Alpi centrali e occidentali (?) (MALAGUTI, ZANE 1999), (vedi supra “Introduzione”). Una
volta raggiunta la foce, è ipotesi plausibile che i commerci sfruttassero la viabilità terrestre e fluvio- lagunare (per una discussione
dettagliata sull’argomento si veda PERETTO 1986).
- La vicinanza alla via commerciale costituita dalla valle dell’Adige
può far presumere una via alternativa, (MALAGUTI, ZANE 1999)
fermo restando che l’ipotesi più accreditata è quella legata al corso
del Po.
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BIBLIOGRAFIA
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Padova.
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TAVOLA I
1 (tipo 6, RP 14); 2 (tipo 5, VC 38°); 3 (tipo 1, RP 14°); 4 (tipo 2, VC 38); 5 (tipo 4, VP 4*); 6 (tipo 4, VC 6).
TAVOLA II
7 (tipo 4, VR 12); 8 (tipo 2, RP 14*); 9 (tipo 3, VP 5°).
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