la psicoterapia: osservare/misurare/valutare cosa? e

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la psicoterapia: osservare/misurare/valutare cosa? e
NOTA INFORMATIVA: Il presente saggio è stato presentato nell’ambito di “La valutazione dei processi e degli esiti in
psicoterapia”. 1° Congresso Nazionale della Società Italiana di Psicologia Clinica e Psicoterapia (Milano, 14-15 marzo
1997).
Published in www.anthropos-web.it 2007.
Published in www.anthropos1987.org 2009.
LA PSICOTERAPIA:
OSSERVARE/MISURARE/VALUTARE
COSA? E SOPRATTUTTO COME?
Luciano Peirone
Riassunto
Il progetto ed il processo, l’inizio e la fine, il contratto fondativo e l’esito, la previsione ed il follow up, la personalità e
la relazione, la comunicazione e la trasformazione: questi, assieme ad altri, sono i cardini della psicoterapia, i temi
attorno ai quali ruota ogni discorso in termini di valutazione. Ma per valutare, occorre conoscere; e per conoscere,
occorre osservare e misurare ciò che si è osservato. Il tutto - non di rado drammaticamente espresso nel contesto
dinamico della soggettività-intersoggettività e dell’inconscio - pone enormi problemi di ordine logico-empirico. Cosa
osservare/misurare/valutare: cioè l’oggetto. Come osservare/misurare/valutare: cioè il metodo. L’uno e l’altro si
inscrivono in un ordine epistemologico che vede la “terapia psicologica” quale un curioso binomio: “forte” nel suo polo
pragmatico-tecnico (l’obiettivo della cura-guarigione) e “debole” nel suo polo conoscitivo-scientifico (l’obiettivo della
obiettività). I cosiddetti “criteri” - o, se si preferisce, “canoni” - non possono allora che ruotare attorno ad alcune
significative e pregnanti parole-chiave. Per cui la psicoterapia può/deve essere: vera o falsa, efficace o inefficace, utile
o inutile, benefica o dannosa, opportuna o non opportuna, conveniente o non conveniente (se non addirittura sconveniente).
1. INTRODUZIONE
Il progetto ed il processo, l’inizio e la fine, il contratto fondativo e l’esito, la previsione ed il
follow up, la personalità e la relazione, la comunicazione e la trasformazione: questi, assieme
ad altri, sono i cardini della psicoterapia, i temi attorno ai quali ruota ogni discorso in termini di
valutazione (Eysenck, 1952; Smith e Glass, 1977; AA.VV, 1987; Lang, 1989; Seligman, 1995;
AA.VV., 1996; Sperry, Brill, Howard e Grissom, 1996; VandenBos, 1996).
Ma per valutare, occorre conoscere; e per conoscere, occorre osservare e misurare ciò che si è
osservato. Il tutto - non di rado drammaticamente espresso nel contesto dinamico della
soggettività-intersoggettività e dell’inconscio - pone enormi problemi di ordine logico-empirico.
Cosa osservare/misurare/valutare: cioè l’oggetto.
Come osservare/misurare/valutare: cioè il metodo.
2. ALCUNE “COSE” PROBLEMATICHE IN TEMA DI CONOSCENZA
Cos’è e cosa fa la psicoterapia? Giusto: “che cosa?”. E “cosa” rimanda ad “oggetto”.
Oggetto-oggettualità-oggettività-obiettività. Già le parole intorno alle “cose” fanno addensare
in modo ricco e magmatico la materia (nonché aggrottare la fronte del pensatore).
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Materia, e quindi empirismo. Empirismo significa, innanzitutto ed essenzialmente:
- realtà vs possibilità, ovvero
- effettività vs ipoteticità.
Vari oggetti (qui di seguito limitati ad un ordine generale) si affollano pertanto davanti al
ricercatore:
a) i reali/effettivi problemi e malesseri che vengono portati nel set/setting
terapeutico;
b) i reali/effettivi pazienti che vengono
a chiedere aiuto;
c) i reali/effettivi interventi che vengono resi
operativi nella relazione d’aiuto;
d) i reali/effettivi professionisti che tale
aiuto forniscono.
Ma queste “cose” come si possono conoscere (e come si possono manipolare, sia per conoscerle
meglio sia per modificarle)? Tutte queste cose, a ben vedere tendono verso una empiria il cui
contenuto risulta di tipo soggettivo... non certo facile da oggettivare in senso scientificotecnico.
Basti pensare alla ambiguità di quel criterio contenutistico chiamato “grado di soddisfazione”
(dell’utente/paziente/cliente/committente), per il cui la positività del processo e la positività
degli esiti magari dipendono dall’accordo (e/o collusione) fra chi fruisce del servizio terapeutico
e chi quel servizio lo eroga...
Qui il termine “collusione” è da intendersi in senso negativo o invece in senso positivo?
Rilevare e quantificare il qualitativo (Lo Verso, 1989): questo è l’immane compito...
3. ALCUNI “COME” PROBLEMATICI IN TEMA DI CONOSCENZA
La psicoterapia aiuta? Così spesso ci si interroga (Consumer Reports, 1995). Ma per rispondere,
bisogna domandarsi “come fa?”. Giusto: “in che modo?”. E “modo” rimanda a “metodo”.
Metodo-metodologia. Già le parole intorno al “come” fanno capire come ci voglia “una via
verso, una via oltre/al di sopra”.
Ma quale via, ma quali vie... di fronte ad un oggetto per definizione mutevole e sfuggente, di
fronte ad un oggetto per lo più “non-naturale” bensì appartenente alle Geisteswissenschaften?
Qual è il metodo quando il disegno di ricerca (Del Corno, 1989) spazia dallo sperimentale al
quasi-sperimentale al non-sperimentale al lavoro sul campo?
Qual è il metodo quando prevale il modello delle scienze idiografiche, caratterizzate da schemi
di leggi e schemi di teorie, quando cioè tende a mancare una adeguata “chiusura”
dell’osservazione (e quindi della concettualizzazione-definizione)? Dove insomma le difficoltà
misurative si riverberano nelle difficoltà valutative?
All’estremità del polo soggettivo-qualitativo - cioè nell’ambito più consueto e pragmaticamente
più importante per la psicoterapia - ci si incontra e scontra con il famoso e famigerato problema
“N=1”.
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Inoltre, l’irripetibilità degli eventi e la non riproducibilità degli esperimenti portano al crollo del
paradigma induttivo (ma anche quello deduttivo non di rado vacilla!).
Nell’universo delle ”differenze” e delle “unicità” i metodi scientifici di fondo possono anche
funzionare, ma sono i contenuti con cui riempirli a costituire massicci punti interrogativi, per cui
anche il modello di indagine più raffinato e corretto a cosa serve in funzione della ricerca di
base e in funzione del principio di generalizzazione?
Dall’interno della pratica professionale si ha spesso la sensazione di una ricerca indebita,
sorretta da velleitarie esigenze accademiche più che da reali possibilità empiriche (soprattutto
sotto il profilo del compito chiamato “verifica delle ipotesi”).
Il dilemma di fondo - nella valutazione della psicoterapia - è allora fra le esigenze veritative
(con una ricerca raffinata e metodologicamente corretta, ma ahimè correlata ad una azione
poco incisiva e a volte sterile) e le esigenze utilitaristiche (con una ricerca ahimè grossolana e
metodologicamente non molto corretta, ma correlata ad una azione assai incisiva e feconda,
magari ottenuta casualmente vista la difficoltà nel verificare/falsificare le ipotesi).
4. DIFFICOLTA’ EPISTEMOLOGICHE DI IERI, DI OGGI, DI SEMPRE
Come si è visto, l’oggetto e il metodo. L’uno e l’altro ben distinti concettualmente, ma anche
rimandantisi l’uno con l’altro circolarmente, in virtù della soggettività che sottende il primo.
Laddove l’”oggetto” è in realtà anche un “soggetto”, il metodo conoscitivo (ma anche il metodo
tecnico-modificativo) risultano influenzati/influenzabili (per l’appunto dallo strano oggetto).
Comunque sia, l’uno e l’altro (l’oggetto e il metodo) si inscrivono in un ordine epistemologico
che vede la “terapia psicologica” quale un curioso binomio: “forte” nel suo polo pragmaticotecnico (l’obiettivo della cura-guarigione) e “debole” nel suo polo conoscitivo-scientifico
(l’obiettivo della obiettività).
La contraddizione ed il conflitto sono stridenti fa “ciò che si sa” e “ciò che si dovrebbe poter
fare”. Anche le aspettative cognitive sono elevate, ma la loro resa non è certo all’altezza del
grado di realizzazione delle aspettative pratiche. E poi chi può dire con certezza che queste
ultime siano in ogni caso all’altezza? Per cui ogni discorso valutativo - tanto sul sapere
psicoterapeutico quanto sul fare psicoterapeutico - risulta comunque con un bilancio più
passivo che attivo.
Le debolezze epistemologiche di ieri (e probabilmente di sempre) della psicoterapia ruotano
attorno ai temi fin qui presentati (che sono di ordine metodologico generale).
Le debolezze epistemologiche di oggi (rilevazioni empiriche sempre più spurie, nonché disegni
di ricerca sempre più complicati e perciò sempre meno fattibili) si aggiungono in virtù di nuovi
elementi che introducono variabili sempre più numerose, sempre meno prevedibili, sempre più
embricabili fra loro:
Esempi in tal senso si possono facilmente trovare:
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modelli psicoterapeutici in turbolenta ed esplosiva proliferazione (tipica “crisi” di crescita);
pazienti fenomenologicamente ed antropologicamente nuovi: più grezzi e semplici (ma non
per questo più facilmente gestibili);
nuovi problemi e nuovi settori di intervento: famiglie miste, famiglie sub-nucleari, coppie a
termine, singles, soggetti con disturbi dell'identità di genere, malattie oncologiche, AIDS etc;
una diagnostica più efficace ma decisamente più difficile in quanto integrata e processuale;
settings innovativi: dalle reti artificiali all'interposta persona e così via;
uno “stare in terapia” spesso “originale e stravagante”;
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una rinnovata alleanza fra terapia psicologica e terapia farmacologica;
la crisi dei tradizionali ordinamenti modellici nella tecnica della psicoterapia;
il trend plurale-multimodale-disidentico nella tecnica della psicoterapia;
il trend eclettico-integrativo-transversale nella tecnica della psicoterapia;
il trend complesso nella tecnica della psicoterapia.
Come si vede, si è di fronte a nuovi eventi, a nuove “cose” grezze. Ma, a questo punto, si è di
fronte a quali fatti? a quali variabili? a quali disegni di ricerca? Insomma, a quali nuove “cose”
scientifiche? e a quali nuovi “come” scientifici?
In psicoterapia il ricercatore si ritrova sottoposto a spinte contrastanti: da un lato scopi e
metodi di tipo “forte” (disegni di ricerca, esperimenti, controllo delle ipotesi, statistica
probabilistica), e dall’altro lato risorse di tipo “debole” (osservazioni, statistica descrittiva, dati
di base non sempre in grado di soddisfare minimali criteri epistemologici sul duplice versante
della logica e dell’empiria).
Basti pensare allo spartiacque che separa le “time-limited therapies” dalle terapie illimitate: per
le prime l’assessment risulta fattibile e in una certa misura facile, mentre per le seconde...
5. CRITERI VALUTATIVI SULLA PSICOTERAPIA
“Sulla” psicoterapia, ovviamente... il che implica un approccio critico (tanto epistemologico
quanto etico): critico e quindi anche, e soprattutto, auto-critico.
Nell’ambito delle discipline scientifiche storico-sociali che studiano la soggettività, il numero
delle domande tende facilmente a superare le risposte. E’ più facile aprire che chiudere i
problemi. Ovviamente anche in psicoterapia, dove la soggettività è di casa (“sto male”, “sto
bene”, “mi sento un pochino meglio”...).
Per cui i criteri di valutazione - soggetti come sono a difficoltà di ordine epistemico - non
sempre risultano operativi al meglio. Ma, almeno, su quali essi siano, esiste un accordo di
massima.
Alla luce delle considerazioni avanzate, i cosiddetti “criteri” - o, se si preferisce, “canoni” (vale
a dire “regole/norme”) - non possono allora che ruotare attorno ad alcune significative e
pregnanti parole-chiave. Per cui la psicoterapia può/deve essere:
vera o falsa
efficace o inefficace
utile o inutile
benefica o dannosa
opportuna o non opportuna
conveniente o non conveniente (se non addirittura s-conveniente).
6. CONCLUSIONI
Giudicare la psicoterapia costituisce un compito sia clinico, sia professionale e scientifico, sia
etico e deontologico.
Alla fin fine, si tratta di una questione di responsabilità da parte dello psicoterapeuta nei
confronti del proprio agire professionale, a salvaguardia in primis dell’utenza, mediante il
mettere a fuoco l’importanza dei risultati e l’efficacia del trattamento.
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Il problema è che ci sono tre ordini di problemi: valutare ciò che succede in ambito eticodeontologico rimanda a ciò che succede in ambito tecnico-pratico, e da qui si viene rimandati a
ciò che succede in ambito conoscitivo-scientifico. Però - e qui sta il paradosso - tutto richiede
strumenti la cui natura è - giustamente - conoscitiva e scientifica. Il solito serpente che si
morde la coda...
Ma non disperiamo. Continuiamo a fare ricerca, sia pure tra mille difficoltà. Sia pure
condividendo le parole di Hans Strupp, significativamente messe in copertina nella più recente
monografia dell’American Psychologist sul tema in questione:
“Il problema di valutare gli esiti della psicoterapia continua ad assillare il settore come fece
un secolo fa quando la moderna psicoterapia venne in essere. A dispetto di centinaia di studi e
spesso ripetute dimostrazioni che la gente la quale si sottopone alla psicoterapia di una forma o
di un’altra trae beneficio da essa... lo scetticismo pervasivo persiste, e ogni studio
supplementare... è trattato come se esso fosse il primo (Strupp, 1996, 1017)”.
BIBLIOGRAFIA
AA.VV. (1987), “Psicoterapia: obiettivi e verifica”, Rivista di Psicologia Clinica, Fascicolo
Monografico, 1(3): 261-373.
AA.VV. (1996), Outcome assessment of psychotherapy, Special Issue, 51(10): 1002-1088.
Consumer Reports (1995), “Mental health: does therapy help?”, 734-739.
Del Corno F. (1989), “Disegni della ricerca in psicologia clinica”, in Del Corno F., Lang M. (eds.)
Psicologia clinica. Vol. I: Fondamenti storici e metodologici, Angeli, Milano, 169-208.
Eysenck H.-J. (1952), “The effects of psychotherapy: an evaluation”, Journal of Consulting
Psychology, 16: 319-324.
Lang M. (1989), “La valutazione dell’efficacia delle psicoterapie: problemi metodologici e
clinici”, in Del Corno F., Lang M. (eds.), Psicologia clinica. Vol. I: Fondamenti storici e
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Lo Verso G. (1989), “La verifica in psicoterapia ovvero la questione della scientificità del
qualitativo: una proposta di inquadramento del problema”, in Del Corno F., Lang M. (eds.),
Psicologia clinica. Vol. I: Fondamenti storici e metodologici, Angeli, Milano, 289-306.
Seligman M. E. P. (1995), “The effectiveness of psychotherapy: the Consumer Reports study”,
American Psychologist, 50: 965-974.
Smith M. L., Glass G. V. (1977), “Meta-analysis of psychotherapy”, American Psychologist, 32:
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Sperry L., Brill P. L., Howard K. I., Grissom G. R. (1996), Treatment outcomes in psychotherapy
and psychiatric interventions, Brunner/Mazel, New York.
Strupp H. H. (1996), “The tripartite model and the Consumer Reports study”, American
Psychologist, 51(10): 1017-1024.
VandenBos G. R. (1996), “Outcome assessment of psychotherapy”, American Psychologist, 51
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