Affondamento incrociatore pesante Indianapolis

Transcript

Affondamento incrociatore pesante Indianapolis
La USS Indianapolis (CA-35) è stata un incrociatore della classe Portland della United States
Navy, che ha guadagnato un posto nella storia in seguito alle vicende legate al suo affondamento. In
quella circostanza si registrò la seconda maggior perdita di vite umane in un unico evento della
storia della marina degli Stati Uniti, con un bilancio di 880 vittime, inferiore solo a quello occorso
nell'affondamento della USS Arizona (BB-39) durante l'attacco a Pearl Harbor. Dopo aver
consegnato parti critiche per l'assemblaggio del primo ordigno atomico impiegato in guerra, che in
seguito sarebbe esploso su Hiroshima, alla base statunitense di Tinian il 26 luglio 1945, si trovava
nel Mare delle Filippine quando il 30 luglio 1945 alle ore 00:14 fu attaccata ed affondata da un
sommergibile giapponese. La maggior parte dell'equipaggio perse la vita per una combinazione
letale di vari fattori, tra i quali spiccano esposizione al sole, disidratazione e attacchi di squalo,
durante i quattro giorni di attesa dei soccorsi in mare aperto dopo l'affondamento. La Indianapolis è
stata una delle ultime unità navali statunitensi affondate durante la seconda guerra mondiale.
La nave, comandata dal capitano Charles Butler McVay III aveva trasportato da Pearl Harbor a
Tinian l'involucro e la carica di uranio della prima bomba atomica, ed era ripartita dal porto in
direzione di Leyte nelle Filippine per unirsi alla task force 95.7 dell'ammiraglio McCormick, senza
alcuna scorta nonostante il rischio di un attacco subacqueo fosse riportato ancora come non lieve.
Lungo la rotta prescelta tra le tre possibili, chiamata in codice "Peddie", era in agguato il
sommergibile giapponese I-58, con a bordo anche dei siluri umani Kaiten (siluri con un membro di
equipaggio che doveva compiere un attacco suicida). La nave procedeva alla velocità di 17 nodi e
senza zigzagare, in quanto gli ordini erano di "zigzagare a discrezione in base anche alle condizioni
meteo", e non veniva richiesto di mantenere una elevata velocità. Il comandante giapponese
Mochitsura Hashimoto non era però entusiasta dell'uso dei Kaiten e optò per l'attacco
convenzionale, lanciando una salva di siluri. Due di questi siluri centrarono la fiancata
dell'Indianapolis causando la perdita dell'energia elettrica e l'allagamento della nave che iniziò a
sbandare. Nonostante tutto, il segnale di soccorso venne inviato, ma ben tre stazioni riceventi lo
ignorarono, una perché il capostazione era ubriaco, un'altra perché il comandante aveva ordinato ai
suoi uomini di non disturbarlo e la terza perché il segnale venne classificato come un falso inviato
dai giapponesi.
Il mancato arrivo dell'unità del 31 luglio venne ignorato per ben due giorni dal controllo traffico di
Leyte. Nel frattempo i circa 900 naufraghi che erano riusciti ad abbandonare la nave, su un totale di
1196 uomini di equipaggio, avevano iniziato la loro lotta per la sopravvivenza contro la mancanza
di giubbetti di salvataggio, la disidratazione, che fece impazzire molti uomini, e gli attacchi da parte
di squali. Nelle prime ore del 31 luglio vennero lanciati dei razzi di segnalazione, che furono visti
dall'equipaggio di un C-54 da trasporto dell'Army Air Corps in rotta da Manila a Guam, e
classificati dal comandante Richard G. Le Francis come una "battaglia navale", ma la segnalazione
venne ignorata dai suoi superiori che gli risposero di "non preoccuparsi perché era un problema
della marina".
Dopo l'abbandono della nave, molti membri dell'equipaggio sotto la guida degli ufficiali e dei
sottufficiali presenti avevano organizzato in più gruppi i battellini di salvataggio e i relitti
galleggianti per darsi aiuto reciproco, e molti feriti vennero raccolti. Le razioni di emergenza e le
riserve d'acqua, dove presenti, vennero distribuite all'inizio in modo controllato e razionato. Gli
effetti della disidratazione portarono molti uomini ad impazzire e ad allontanarsi a nuoto dai
battelli, verso la morte per annegamento o per gli attacchi degli squali. Alcuni di un gruppo si
immersero vaneggiando di aver trovato una cisterna di acqua potabile e contagiando altri con una
isteria collettiva e molti trovarono la morte immergendosi in seguito a questa situazione.
I naufraghi vennero ignorati fin quando un velivolo Lockheed B-34 Ventura della squadriglia VPB152 della US Navy, comandato dal tenente Wilbur C. Gwinn, in normale volo di pattugliamento alle
ore 10:25 del 2 agosto non notò delle chiazze di nafta e, mentre si accingeva ad un attacco con
bombe di profondità verso un presunto sottomarino, vide i superstiti. A quel punto abortì l'attacco e
lanciò delle zattere gonfiabili dotate di boe sonar, che i naufraghi non furono però in grado di
azionare, e trasmettendo subito alla base di Peleliu un rapporto di avvistamento. Un idrovolante
PBY Catalina del VPB-23 del comandante Adrian Marks, con nominativo di chiamata Playmate 2,
venne caricato di materiale di soccorso ed inviato alla ricerca dei superstiti, poiché si riteneva che i
circa trenta uomini che erano stati avvistati inizialmente potessero appartenere all'equipaggio di una
nave affondata. Nel frattempo le stime del comandante Gwinn a seguito di una ricerca più accurata
erano salite a 150 naufraghi. A questo punto la segnalazione aveva raggiunto anche il comando
avanzato delle Filippine, che chiese informazioni sulle eventuali unità disperse al centro di controllo
traffico a Leyte; la risposta fu che tre navi erano in ritardo, ed una di esse era l'Indianapolis. Anche
l'ammiraglio McCormick rispose che la nave non aveva raggiunto direttamente il suo task group.
Pur non essendoci ancora la certezza dell'identificazione della nave, vennero ordinate ricerche a
vasto raggio e sette unità navali iniziarono a pattugliare l'area.
L'idrovolante comandato da Marks sorvolò lungo il percorso il cacciatorpediniere Cecil J. Doyle
(DE-368), che venne allertato e si diresse autonomamente per decisione del proprio comandante
verso il luogo del rilevamento; Marks, dopo aver lanciato le zattere di salvataggio, decise di
ammarare per fornire rifugio al maggior numero possibile di naufraghi (alla fine saranno 56). In
questo modo danneggiò irreparabilmente il velivolo, ma riuscì a far salire diverse decine di uomini
nella carlinga e sulle ali, oltre che a raccogliere i battelli attorno all'aereo. Quando la USS Doyle
raggiunse in piena notte il luogo del rilevamento, si fermò a distanza di sicurezza per non rischiare
la vita degli uomini in mare ed accese il proprio proiettore, rendendosi identificabile e mettendosi in
pericolo per poter dare un riferimento ai naufraghi, molti dei quali si resero conto in questo modo
dell'arrivo dei soccorsi. Un gruppo di altre unità venne immediatamente inviato da Ulithi sul luogo,
tra cui i cacciatorpediniere Ralph Talbot (DD-390) veterano della battaglia di Guadalcanal, Helm
(DD-388) e Madison (DD-425), cui poi si aggiunsero il caccia USS Dufilho (DE-423), la USS
Bassett (APD-73) e la USS Ringness (LPR-100) dalle Filippine.
Superstiti dell'incrociatore Indianapolis a Guam, nell'agosto 1945
Fonte: governo federale USA
La ricerca proseguì fino all'8 agosto, ma dei marinai che avevano abbandonato la nave, solo 316 su
1196 vennero recuperati. Tra questi vi fu anche il comandante Charles Butler Mc Vay III, figlio
dell'ammiraglio McVay, che aveva un pessimo rapporto col figlio e non lo supportò mai durante
nessuna fase del processo e dopo. Nel novembre del 1945, McVay venne sottoposto a corte
marziale, unico tra i 700 comandanti di navi statunitensi affondate durante il conflitto, e giudicato
colpevole di aver "messo a rischio la nave rinunciando a zigzagare". In realtà, il comandante
giapponese testimoniò dopo la guerra che la cosa non avrebbe fatto alcuna differenza. Inoltre, fatto
che venne tenuto segreto fino al 1990, le intercettazioni Ultra avevano rivelato la presenza di un
sottomarino operante con certezza nell'area.
Altre prove esistevano comunque a discarico del capitano:



L'Indianapolis fu l'unica unità maggiore inviata da Guam alle Filippine senza una scorta,
sebbene il capitano avesse fatto esplicita richiesta in tal senso.
Benché il caccia di scorta Underhill fosse stato affondato 24 ore prima della partenza da
Guam, il comandante McVay non venne informato.
L'ufficiale addetto al traffico a Guam, pur cosciente dei rischi lungo la rotta, stabilì che una
scorta non era necessaria, e successivamente al processo testimoniò che il rischio di attacchi
da parte di sottomarini per la nave era "molto piccolo".
Alla fine, l'ammiraglio Chester Nimitz annullò la sentenza e prosciolse McVay rimettendolo in
servizio attivo. Sebbene molti superstiti non attribuissero alcuna responsabilità al capitano, molti dei
familiari lo fecero, montando un clima di linciaggio morale che alla fine portò al suicidio di McVay
col revolver di ordinanza nel novembre 1968.
Nell'ottobre 2000 il Congresso degli Stati Uniti pose fine alla questione approvando una risoluzione
secondo la quale sullo stato di servizio del capitano McVay dovesse essere riportato che "egli era
prosciolto dalle accuse per la perdita dell' Indianapolis". Il presidente Bill Clinton stesso firmò la
risoluzione.