Il business plan nel franchising
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Il business plan nel franchising
Il business plan nel franchising: profili giuridici Una delle più comuni problematiche che si riscontra nell’ambito del franchising è quella concernente il c.d. business plan, cioè le previsioni circa la redditività della futura attività del franchisee, che, con varie modalità, molto spesso il franchisor sottopone all’aspirante franchisee per invogliarlo ad entrare a far parte di una rete in franchising. Frequentemente si verifica uno scostamento, una differenza più o meno rilevante tra i profitti che sono indicati nel business plan e quelli effettivamente raggiunti dal franchisee; talvolta tale differenza è talmente rilevante che il franchisee non solo non ottiene gli utili indicati nel business plan ma non ottiene alcun utile, cioè va in perdita, con tutte le conseguenze del caso. Di qui il tentativo del franchisee, che talvolta si trova in situazioni disperate, di promuovere un’azione legale nei confronti del franchisor per ottenere il risarcimento del danno oppure soltanto per sottrarsi, per sciogliere un contratto di franchising divenuto per lui insostenibile. Cerchiamo quindi di fare un po’ di chiarezza su questo delicato argomento e di fornire qualche suggerimento agli affiliati. Anzitutto, non vi è alcun obbligo per il franchisor di fornire all’aspirante franchisee un business plan prima della sottoscrizione del contratto, dato che la L. 129/2004, che prevede una serie di obblighi informativi in capo al franchisor, non prevede tale obbligo. Ciò nonostante, quasi sempre il franchisor, spontaneamente o su richiesta dell’aspirante affiliato, mostra o, talvolta, consegna a quest’ultimo un business plan contenente una previsione circa i profitti che conseguiranno per effetto dell’adesione al suo network. Tali previsioni possono essere formulate nel modo più vario, con maggiore o minore grado di dettaglio, con maggiore o minore riferimento all’effettivo mercato nel quale opererà l’affiliato, etc. Dato che i business plan dei franchisor sono scritti in modo molto vario, è impossibile generalizzare circa il loro effettivo grado di verosimiglianza. I franchisors più seri offrono delle previsioni dettagliate e contestualizzate; quelli meno seri, si limitano a fare delle previsioni generiche e avulse dal mercato di riferimento, o che fanno riferimento ai risultati (più o meno veri) raggiunti da altri franchisee in contesti geografici e di mercato magari completamente diversi. Oppure ancora prospettano guadagni del tutto falsi ed inventati. In ogni caso, è ovvio che quasi sempre il business plan contiene previsioni positive circa i profitti dell’affiliato, in modo da influire positivamente sulla sua decisione. Dal punto di vista legale, il fatto che il business plan non debba essere consegnato obbligatoriamente all’aspirante affiliato, e soprattutto il fatto che esso non entri a far parte del contratto, cioè rimanga fuori del regolamento contrattuale, significa che le previsioni che sono in esso contenute non sono vincolanti per il franchisor. Quindi, il fatto che il franchisee non consegua poi effettivamente i profitti che erano stati pervisti nel business plan non provoca, in linea generale, alcuna la responsabilità in capo al franchisor nei confronti del franchisee. In questo senso, in alcune decisioni sono state respinte le domande di risarcimento dei danni che il franchisee aveva avanzato nei confronti del franchisor, sulla base di previsioni di redditività che durante il trattative il franchisor aveva consegnato al franchisee, e che si erano poi rivelate non veritiere. I giudici hanno infatti ritenuto che, poiché tale previsione non era entrata a far parte del testo contrattuale, il franchisor non aveva assunto alcun impegno nei confronti del franchisee circa il profitto derivante dall’affiliazione. Del resto, i profitti derivanti da un’attività in franchising sono connessi in larga misura alle capacità del franchisee – che è un imprenditore autonomo e sopporta il rischio d’impresa - alle condizioni di mercato (non facilmente prevedibili) e a circostanze esterne (ad es. la concorrenza nel settore). Non può quindi configurarsi, in linea generale, un obbligo del franchisor (e una conseguente responsabilità) affinché il franchisee consegua un determinato profitto, dato che esso dipende anche, in varia misura, da circostanze estranee al franchisor. Se un tale obbligo fosse previsto, non ci troveremmo di fronte ad un contratto di franchising ma ad altro tipo di rapporto, più simile ad un rapporto di lavoro subordinato. Ciò non significa, tuttavia, che un business plan prospettato o consegnato dal franchisor al franchisee, che si riveli inesatto o falso, sia irrilevante dal punto di vista giuridico. Si tratta infatti di un documento sul quale inevitabilmente l’aspirante franchisee fa affidamento nel corso delle trattative, e che anzi costituisce uno dei motivi determinanti che spingono un soggetto ad affiliarsi ad una determinata rete in franchising, soprattutto quando si fa riferimento ai risultati raggiunti da altri franchisee nella stessa catena. Una prima possibile rilevanza del business plan deriva quindi proprio dal fatto che sui dati in esso contenuti l’aspirante franchisee ripone delle aspettative circa il ritorno economico che gli deriverà dall’attività. Quindi, qualora il franchisee riesca a dimostrare che tali dati non erano veritieri o addirittura falsi, che il proprio insuccesso economico deriva proprio da tale circostanza – e non da altre, come ad es. una congiuntura sfavorevole di mercato - può ottenere l’annullamento del contratto di franchising per dolo del franchisor, con conseguente risarcimento del danno. Si tratta tuttavia di una dimostrazione non certamente facile da fornire. Occorre poi avere presente che l’azione di annullamento del contratto si prescrive in 5 anni dal momento in cui il franchisee ha scoperto la falsità dell’informazione, per cui il franchisee non può attendere troppo prima di agìre in giudizio. Una seconda rilevanza del business plan si ha sotto il profilo pubblicitario. Infatti, un messaggio pubblicitario – veicolato in vario modo (volatini, depliant, siti web etc.) il quale contenga affermazioni non veritiere circa i possibili profitti derivanti dall’affiliazione commerciale può integrare gli estremi della pubblicità ingannevole, e quindi può esporre il franchisor all’intervento dell’AGCM, la quale può comminare delle sanzioni pecuniarie anche elevate al franchisor. Una seconda possibilità per il franchisee – da impiegare alternativamente o congiuntamente all’azione di risarcimento dei danni in sede civile – è quindi quella di segnalare all’AGCM l’ingannevolezza del messaggio pubblicitario del franchisor. Vi sono già numerose decisioni dell’AGCM in tal senso, che hanno comminato sanzioni a vari franchisors per avere generato con messaggi pubblicitari di vario tipo false aspettative in capo agli aspiranti affiliati circa i risultati economici realizzabili attraverso l’affiliazione, ad es. prospettando guadagni “certi” quando invece gli stessi erano altamente incerti in quanto dipendevano dalle più diverse variabili. Quali suggerimenti è possibile fornire in generale agli aspiranti affiliati? Anche in questo caso, è altamente opportuno prevenire, nei limiti del possibile, eventuali problematiche che possono diventare anche gravi nel corso del rapporto e difficilmente rimediabili dal punto di vista giuridico. Come abbiamo visto, è molto difficile, e a volte impossibile, avanzare pretese giuridiche nei confronti del franchisor sulla base di un business plan che si è poi rivelato non veritiero. Molto meglio, quindi, controllare attentamente il business plan prima di firmare il contratto di franchising. In generale è sempre opportuno chiedere al franchisor di consegnare un businss plan scritto, e non semplicemente visionarlo, magari in una slide proiettata frettolosamente. Dopo di che, il business plan predisposto dal franchisor deve essere attentamente analizzato e verificato dall’aspirante franchisee, il quale, a meno che non sia dotato di conoscenze specifiche, dovrà avvalersi di esperti nel settore, i quali non soltanto lo esamineranno ma provvederanno – come generalmente accade – ad integrarlo, se del caso chiedendo una serie di elementi aggiuntivi al franchisor. Dovrà quindi instaurarsi una sorta di dialogo, a volte anche abbastanza lungo e complesso, tra franchisor e franchisee (o meglio, con i consulenti del franchisee), in esito al quale si dovrebbe pervenire alla predisposizione di un business plan completo e sufficientemente realistico, sulla base del quale il franchisee potrà compiere le proprie valutazioni e decisioni. Una scarsa collaborazione del franchisor in questa fase è indice di scarsa serietà dell’iniziativa. Infine, è opportuno – anche se difficile da ottenere – che nel contratto di franchising si dia atto che il franchisor ha fornito un determinato business plan al franchisee (che magari andrebbe allegato al contratto), e che in esso sono riportate una serie di previsioni di redditività, sia pure fondate su stime. In questo modo, resterà quanto meno traccia nel contratto del fatto che il franchisee abbia deciso di stipulare il contratto anche sulla base delle previsioni contenute in un determinato business plan, e soprattutto resterà traccia dei criteri sui quali è stato redatto il business plan, in modo da agevolare l’eventuale futura azione risarcitoria del franchisee. Se il franchisor è un soggetto serio, non avrà difficoltà a dare atto di ciò nel contratto, con l’accortezza – del tutto legittima ed anzi fisiologica – di precisare che si tratta di mere previsioni e non di promesse di risultato, il cui esito potrà dipendere da circostanze non controllabili dallo stesso franchisor.
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