Grazie a una struttura narrativa solida e quasi epica, Ron Howard

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Grazie a una struttura narrativa solida e quasi epica, Ron Howard
Grazie a una struttura narrativa solida e quasi epica, Ron
Howard indaga l'oceano di sentimenti che risiede nell'animo
umano
Giancarlo Zappoli
Nell'inverno del 1820 la baleniera del New England "Essex", comandata
dal capitano Polard spesso in contrasto con il primo ufficiale Chase,
viene attaccata da una balena dalle dimensioni enormi. Pochi marinai si
salvano e tra di loro Thomas Nickerson, che all'epoca era poco più di un
bambino. Costui trent'anni dopo e con un'iniziale riluttanza accetta di
raccontare l'esperienza vissuta allo scrittore Herman Melville. Sta per
nascere uno dei capolavori della letteratura di tutti i tempi: "Moby Dick".
Ron Howard, come la stragrande maggioranza dei lettori del romanzo,
non sapeva che alla base del lavoro di Melville ci fosse una storia
realmente accaduta che lo scrittore Nathaniel Philbrick ha indagato nel
libro "Il cuore dell'Oceano - Il naufragio della baleniera Essex", vincitore
del National Book Award per la Saggistica. La possibilità di confrontarsi con una produzione tra
le più complesse da lui mai affrontate si è coniugata con un tema che è centrale nella sua
filmografia: la ricerca di se stessi attraverso le difficoltà da superare e lo scontro con qualcuno
che rappresenta un ostacolo.
Da Cinderella Man a Rush, passando per Frost/Nixon, Howard si è spesso sintonizzato su questa
lunghezza d'onda ma Heart of the Sea gli ha offerto un'ulteriore possibilità. Il suo ruolo di
narratore per il grande pubblico, senza però mai dimenticare la necessità del rispetto nei suoi
confronti, trova nel personaggio di Melville il proprio doppio ideale. Herman come Ron si fa
raccontare (a pagamento) una storia vera per poi intervenire sul suo intreccio con la propria
creatività. Howard lo ha fatto molte volte nel corso della sua carriera (pensiamo ad esempio ad
Apollo 13) quasi volesse alternare la fiction di pura invenzione con degli ancoraggi alla realtà.
C'è il respiro della classicità cinematografica nel modo in cui riprende l'avventura che vede
protagonisti degli esseri umani e un cetaceo che, come lui stesso afferma, non ha nulla de Lo
squalo perché preferisce accostarlo a King Kong leggendo in esso il simbolo di una Natura
primordiale risvegliata dall'essere umano. Non si dimentica però anche di sottolineare come la
balena bianca, divenuta grazie a Melville un soggetto a cui attribuire innumerevoli interpretazioni
simboliche, fosse, al pari dei suoi simili, oggetto di un preciso sfruttamento economico perché
l'olio di balena è stato l'antesignano del petrolio.
Se nel '700 si stimava la presenza negli oceani di cetacei attorno al milione di unità alla fine del
secolo successivo esse erano ridotte a circa un terzo. Howard però non è interessato a realizzare
un film 'ecologista' quanto piuttosto ad indagare, grazie a una struttura narrativa solida e quasi
epica, l'oceano di sentimenti che risiede nell'animo umano e che l'immensa coda della balena
sembra voler scuotere per metterne a nudo i moti e solcarne gli abissi.
Fonte www.mymovies.it