Teatro della Pergola Colazione da Tiffany (pdf - 2.451 KB)

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Teatro della Pergola Colazione da Tiffany (pdf - 2.451 KB)
Compagnia Gli Ipocriti
TRUMAN CAPOTE
E LILLI MAE
William Parsons
Joe Bell
Holly Golightly
Madame Spanella
Mr. Yunioshi, Doc Golightly
Sid Arbuck, Harry Sears, Connor
O.J. Berman
Middy Munson, Infermiera
Rusty Trawler
Mag Wildwood
José Ybarra-Jaegar
dal mito Audrey Hepburn, ne ha
costruito la fama mondiale.
Il nostro spettacolo ha voluto
ispirarsi al mondo di Capote, alla
sua biografia e, cercando di mantenere la brillante leggerezza e la
spleenetica malinconia, raccontare attraverso William/Truman e
Holly/Lulamae la vera storia di
Colazione da Tiffany.
Holly non conosce quello che ama
se non quando lo ha buttato via
ma è lei che consente a William
di diventare Truman, che gli insegna la leggerezza e l’accettazione
degli altri e di sé, che gli consiglia
cosa scrivere e perché, ma senza
nessun moralismo, senza pesantezza… Holly scambierebbe William solo per Greta Garbo. “Se lei
mi chiedesse di sposarla lo farei…
l’amore dovrebbe sempre essere
permesso… non importa di chi
con chi...” dice ad un certo punto Holly e noi siamo totalmente
d’accordo con lei.
PIERO MACCARINELLI
FRANCESCA INAUDI LORENZO LAVIA
interpreti
LORENZO LAVIA
VINCENZO FERRERA
FRANCESCA INAUDI
ANNA ZAPPAROLI
FLAVIO BONACCI
RICCARDO FLORIS
MAURO MARINO
CRISTINA MACCA'
GIULIO FEDERICO JANNI
IPPOLITA BALDINI
PIETRO MASOTTI
di
TRUMAN CAPOTE
adattamento SAMUEL ADAMSON
Foto RICCARDO GHILARDI
La madre di Truman, Nina Capote, detta Lilli Mae, aveva preso l’abitudine di lasciarlo solo
per passare lunghi periodi a New
York.
Forse Nina è la prima ispiratrice
della figura di Holly GolightlyLulamae Barnes.
Anche Nina come Holly si sposa
in giovanissima età, lascia il marito, si ribella alle convenzioni ed
al rigido moralismo americano
degli anni ‘30 - ’40; anche Holly, come Nina, attraversa la vita
in punta di piedi spargendo sugli altri leggerezza e buonumore,
anche lei ha un’ebbrezza che ha
sempre l’amaro retrogusto di una
insondabile malinconia.
Anche Nina come Holly frequenta
amici ricchi e fatui, personaggi di
un mondo ingenuamente alla ricerca della felicità esteriore…
Deve esserci questo alla base della scrittura secca, brillante e frizzante ma nello stesso tempo dura
di Colazione da Tiffany.
Il titolo stesso, del resto, ha un’origine brillante e trasgressiva; si
dice che nasca da un aneddoto
raccontato all’autore da un suo
amico: durante la seconda guerra
mondiale un uomo di mezza età
passa una notte con un marine.
La domenica, per sdebitarsi, lo
invita per un buon breakfast ed
il giovane che ha sentito dire che
Tiffany è un luogo molto elegante
e ignora che si tratti di una gioielleria, chiede di essere portato a
Colazione da Tiffany.
Basterebbero già tali elementi per
capire come questo adattamento
del celebre romanzo breve si avvicini alla scrittura di Capote più
del film che, genialmente diretto
da Blake Edwards e interpretato
personaggi
traduzione FABRIZIA POMPILIO consulenza musicale ANTONIO DI POFI - GIANLUCA GRAZIEADIO
disegno luci FRANCO SABATINO assistente alla regia RICCARDO FLORIS
capo macchinista FRANCO DOTTORI macchinista SALVATORE GRIMALDI
elettricista FRANCO SABATINO sarta LORELLA SANTORI
foto RICCARDO GHILARDI foto di scena PIETRO PESCE
acconciature MARIANO SABATELLI - FRANCESCO PEGORETTI truccatrice MIRIAM FORGETTA
scene SPAZIO SCENICO, Roma costumi TIRELLI COSTUMI, Roma
parrucche ROCCHETTI, Roma - RP wigs-makeup-sfx srl, Roma noleggio luci e fonica S.F., Napoli
trasporti T.P.R., Roma grafica DADAPAKY.IT stampa CENTRO STAMPA TORTORA, Napoli
ideatore del progetto teatrale MARCO BALSAMO direzione tecnica BRUNO BUONINCONTRI
ufficio stampa BENEDETTA CAPPON comunicazione PAOLA MANETTA
amministrazione FRANCESCA RUSSO amministratore di compagnia CARMINE IULA
organizzazione MELINA BALSAMO
La produzione è stata autorizzata da:
The Agency (London) Ltd, 24 Pottery Lane, London W11 4LZ.
e-mail: [email protected]
Per gentile concessione di Arcadia & Ricono srl a socio unico.
Una produzione anno 2012
GLI IPOCRITI
www.ipocriti.com
con
MAURO MARINO FLAVIO BONACCI ANNA ZAPPAROLI
VINCENZO FERRERA GIULIO FEDERICO JANNI CRISTINA MACCA'
IPPOLITA BALDINI RICCARDO FLORIS PIETRO MASOTTI
scene GIANNI CARLUCCIO costumi ALESSANDRO LAI
regia PIERO MACCARINELLI
LA TRAMA
Si racconta la storia di Holly; chi la racconta è William Parsons, scrittore giovane che arriva dall’Alabama a New York, forse un alter ego di
Truman Capote.
Siamo nel 1957 e lo scrittore incontra Joe Bell, il barista che, segretamente innamorato di Holly, lo invita a ripercorrere la sua storia e a
rivedere il suo vecchio appartamento nell’East Side…
William/Fred ritorna e ricorda tutto del 1943, l’anno in cui ha conosciuto per la prima volta Holly, una ragazza del Sud che si è trasferita a
New York, dove frequenta il bel mondo dell’East Side ma anche personaggi equivoci come il mafioso Sally Tomato che lei visita a Sing Sing o
il suo avvocato Mr. O’Shaughnessy.
I suoi amici sono personaggi fatui: Mag Wildwood, una fotomodella
dell’Arkansas; O.J. Berman, agente di secondo piano di Hollywood; il
diplomatico brasiliano Josè Ybarra-Jaegar; Rusty Trawler, miliardario
nazista; Middy Munson, ex attrice ora giornalista di gossip; Madame
Spanella, cantante lirica pettegola e frustrata.
Holly si innamora di Josè, ma a provocare un cortocircuito emotivo è
l’arrivo, dal Texas, del suo primo marito, Doc Golightly.
Holly vorrebbe sposare Josè di cui è rimasta incinta ma uno scandalo
le impedisce di farlo; perde il bambino e decide, nonostante tutto, di
partire da sola per il Brasile dove vuole incontrare “i venti miliardari
più ricchi di ogni razza e di ogni colore”… Da quel momento, dopo aver
abbandonato anche il suo gatto, di Holly si perdono le tracce…
Joe e William/Fred si raccontano, nel ’57, che forse lei era in Africa,
fotografata da Yunioshi, il giapponese di «Harper’s Bazaar».
Solo una lettera spedita da Holly all’editore di William/Fred ci dice
che avrebbe fatto conoscere il suo indirizzo quando l’avesse saputo lei
stessa; l’indirizzo non si conoscerà mai e Holly, con grande leggerezza,
entrerà nel sogno di Fred/William/Truman e nell’immaginario collettivo di tutti noi…
LA PRIMA HOLLY
Truman Capote era stato costretto allo sradicamento fin dall’infanzia.
Alla fine degli anni Venti Lilly Mae, sua madre, aveva preso l’abitudine
di abbandonarlo con i parenti per mesi e mesi mentre lei passava da
un riccone all’altro. Un po’ alla volta essere scaricato non lo fece più
soffrire tanto – o forse si era soltanto assuefatto al dolore – e con il
tempo adattarsi divenne il suo talento. Imparò a inserirsi in qualsiasi
ambiente. Quando i genitori avevano divorziato, Truman aveva cinque
anni e fu spedito a casa della zia a Monroeville, in Alabama.
Lilly Mae ebbe finalmente la possibilità di saltar giù dal carro bestiame
della provincia per montare su un rapido diretto verso la grande città.
Si sentiva destinata alla vita di una donna di mondo, ricca e vezzeggiata, e solo a New York poteva riuscirci. Lilly Mae – o Nina, come si
presentava in città – avrebbe raggiunto il suo obiettivo molto prima
se non fosse stato per Truman, il figlio che non aveva mai voluto, e
che aveva tentato di abortire. Spesso Nina piombava in Alabama senza
preavviso, in un vortice di stoffe stravaganti, gli faceva due moine, si
dichiarava pentita, e spariva. Poi, come se niente fosse, eccola di ritorno. Veniva immancabilmente scaricata dalla sua ultima fiamma per
colpa di quell’aria provinciale che cercava invano di nascondere, se
ne andava dall’ascensore di servizio e tornava di corsa da Truman con
gli occhi gonfi come mongolfiere. Passavano un giorno o due. Nina si
rendeva conto di trovarsi in Alabama e alzava nuovamente i tacchi per
dare la scalata ai piani alti di Manhattan.
Se Truman fosse stato più grande, forse sarebbe riuscito a non mettere
il suo cuore nelle mani della madre, cosa che in futuro avrebbe imparato a fare con tutti gli altri, ma allora era ancora troppo piccolo e
non poteva non amarla. Diceva di amarlo anche lei e a volte sembrava
facesse sul serio, come quando se lo portava dietro in qualche hotel e gli
prometteva che sarebbero rimasti insieme per sempre. Salvo poi chiuderlo a chiave tutta la notte in camera per filarsela nella stanza accanto
a un rendez-vous mercenario con l’ennesimo elegantone. E ovviamente
Truman sentiva tutto.
Una volta trovò in giro una boccetta del suo profumo e, con la disperazione di un tossico, se la bevve. Non servì a farla tornare da lui, ma
almeno in quei sorsi aspri la sentì più vicina. Quella boccetta – ciò che
gli restava ormai della madre – fu la fonte di quasi tutte le sue creazioni
di romanziere. L’idea di lei, come l’idea dell’amore e di una casa si
rivelarono molto difficili da definire. Ci provò, comunque. Ma nessuna
bottiglia di profumo o di whisky, non importa quanto intenso o accattivante, poté cambiare la realtà della sua assenza. E nemmeno le donne
o gli uomini a cui si legò in seguito. Nessuno riusciva mai a riversare
abbastanza calore nel vuoto che sentiva. Di conseguenza, Capote era in
parti uguali desiderio e vendetta, si aggrappava alle persone con artigli
che puntava contro di sé quando restava solo.
La sofferenza era atroce, ma quegli artigli strapparono sua madre al
passato per metterla sulla pagina dove, sotto forma di parole, Truman
riuscì a replicarne il profumo in una fragranza inesauribile di nome
Holly Golightly. Al primo sbuffo di eau d’Holly, i lettori si innamorarono di Truman, dandogli l’unica cosa che aveva sempre desiderato da
quando sua madre se n’era andata la prima volta, oltre all’illusione di
avere finalmente una casa, un luogo di sensazioni familiari, un odore
conosciuto, la sua sciarpa preferita o il fermacarte bianco a forma di
rosa che teneva sulla scrivania mentre scriveva Colazione da Tiffany.
da “Colazione con Audrey” di Sam Wasson, Rizzoli, 2011
il suo ruolo subalterno. La sua Vocetta acutissima si fa udire ovunque.
Nel frattempo continua a scrivere racconti, alcuni dei quali (A Mink
of One’s Own e The Shape of Things) pubblicati su «Decade of Short
Stories»; sente però che è giunto il momento di scrivere un romanzo. Ma
nella casa di Park Avenue non è facile concentrarsi e nell’autunno del
1943 Truman decide di recarsi a Monroeville, nella casa della prozia,
per portare avanti il suo lavoro.
Neanche lì si trova bene, e nell’estate del 1944 torna al «The New Yorker», appena in tempo per essere bruscamente licenziato a causa di
un oscuro incidente. Il giorno del licenziamento Truman torna a casa
piangendo, e implora il padre adottivo di mantenerlo finché non ha
finito di scrivere il suo romanzo. Joe Capote acconsente di buon grado,
e Truman ritorna in Alabama dove cerca di terminare la stesura di
Summer Crossing, un romanzo sulle feste e gli incontri che un ragazzo
di New York organizza in estate mentre i genitori sono in vacanza. Il
risultato non lo soddisfa, e anzi proprio lì, nel Sud dei suoi primi anni,
ne mette a fuoco la ragione fondamentale, in preda a quella che poi
definirà un’improvvisa «eccitazione – una sorta di coma creativo». La
verità è che non di New York egli vuole scrivere, ma di qualcos’altro.
1945
Dopo essersi sbarazzato del manoscritto incompleto di Summer Crossing, Truman prende in affitto una stanza nel cuore di New Orleans
TRUMAN CAPOTE E HOLLY GOLIGHTLY
1942-1944
Durante i tre anni trascorsi nei sobborghi di New York, quasi ogni fine
settimana Truman si recava in treno a New York per ballare e divertirsi;
cosicché, quando i Capote vi fanno definitivamente ritorno nel 1942,
Manhattan non gli è assolutamente estranea. Ormai egli ama davvero
«quest’isola, che galleggia su acqua di fiume come un iceberg di diamante», e riesce inoltre a trovare un lavoro (part-time, per via dell’ultimo anno di High School) presso la redazione della rivista «The New
Yorker». Il suo compito consiste nel tenere in ordine gli uffici, i tavoli, le
sedie, e in particolare nel raccogliere le vignette e i disegni che verranno
poi scelti per la pubblicazione. Truman si fa notare da tutti – e talvolta
odiare – per la sua insolente indiscrezione, e per il modo in cui travalica
e comincia a scrivere un nuovo romanzo, nel quale – ormai ne è sicuro – il
Sud avrà un ruolo fondamentale. Non
appena la grande macchina è avviata,
però, ritorna a New York e comincia a
frequentare le redazioni di «Mademoiselle» e «Harper’s Bazaar», riviste che
nell’immediato dopoguerra si propongono di presentare al pubblico il meglio
della nuova generazione letteraria del
tempo. Conosce Tennessee Williams
e Gore Vidal; e con loro forma un trio
di amicizia-rivalità che durerà tutta
la vita. Nel giugno «Mademoiselle» gli
pubblica il racconto Miriam; in ottobre «Harper’s Bazaar» pubblica
A Tree of Night (Un albero di notte) e in dicembre esce su «Mademoiselle» A Jug of Silver (Una brocca piena d’argento).
1955
Il 1955 è l’anno in cui Capote mette in cantiere il futuro Breakfast at
Tiffany’s (Colazione da Tiffany), al quale lavorerà per circa due anni;
da tempo il titolo è stato già coniato, e alcuni modelli di riferimento per
il personaggio di Holly Golightly individuati.[...]
1958
Capote trascorre gran parte dell’anno in Grecia a lavorare sul personaggio di Holly Golightly… Quando sbarca a New York, Colazione da
Tiffany è in tutte le librerie, e diverse donne si contendono l’onore di
essere state modello per il personaggio della protagonista; che è semmai
la somma di molte donne conosciute e osservate da Capote.
1961
Nel 1961 supervisiona la sceneggiatura di Colazione da Tiffany, redatta da George Axelrod, ma non riesce a far inserire Marilyn Monroe
nel ruolo della protagonista, interpretata, invece, dalla indimenticabile
Audrey Hepburn.
da Romanzi e racconti – Truman Capote, Mondadori, 1999