La Notte Bianca. Studio etnopsicoanalitico del

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La Notte Bianca. Studio etnopsicoanalitico del
LA NOTTE BIANCA
Studio etnopsicoanalitico del suicidio collettivo
Domenico Arturo Nesci
1991
Circa 15 anni fa, nella collana "Psicoanalisi e Psichiatria del Profondo" di Armando Editore,
fu pubblicato un libro provocatorio (nel senso di thoughts-provoking, capace cioè di generare
pensieri) di Domenico A. Nesci, psicoanalista romano, sulla catastrofe del Peoples Temple. Fino
alla Guerra del Golfo, l’olocausto di Jonestown, con quasi un migliaio di vittime, trascinate a
morire dal Rev. Jim Jones, fu l’evento più seguito dai mass media. Il pastore Jones era un leader
carismatico, fondatore di una Chiesa cristiana, affiliata ai Disciples of Christ, che si estinse, in
un’ordalia del veleno al cianuro, in una comune utopica, nella giungla della Guyana, il 18
Novembre 1978.
Dopo oltre dieci anni di coraggiose ricerche e di studio approfondito di numerosi materiali
(tra cui la registrazione su nastro del rito di morte), il Dr. Nesci riuscì a far luce sulla rimozione
collettiva che aveva fatto passare l’evento per un caso senza precedenti. “La Notte Bianca” prende il
nome dal rito di morte del Peoples Temple ed accompagna i Lettori, attraverso un itinerario
labirintico, nei meandri degli innumerevoli suicidi collettivi che costellano la Storia. In una
originale prospettiva etnopsicoanalitica, Nesci analizza le dinamiche inconsce del rapporto tra il
leader ed il suo gruppo, coniando le concettualizzazioni di leader placentare e gruppo sinciziale, in
questo riprendendo, con assoluto rigore psicoanalitico, le intuizioni di Lloyd deMause sulla
placenta come simbolo della leadership e di Eugenio Gaddini sul sincizio come metafora della
perdità dell’individualità. Dal mio punto di vista questi elementi si collocano in uno strato
assolutamente profondo dello psichismo umano: il suicidio collettivo può essere così ricondotto al
“proto-mentale", all'inconscio puro della psicosi, drammaticamente collettivizzato.
Nesci riprende gli studi antropologici di Briffault, le ricerche di Girard (che conobbe
personalmente a Stanford quando insegnava un corso su “Guerra, genocidio e suicidio collettivo”,
nel 1986) sulla violenza e il sacro e sul capro espiatorio, ed i lavori di Mircea Eliade sulla
metafisica lunare, per ipotizzare un nuovo “mito scientifico” che rimpiazza quello del parricidio, di
Totem e Tabù, riscoprendo un universo notturno e sinciziale in cui l'umanità primordiale era
amalgamata in gruppi di madri che avevano da poco perduto l'originaria istintuale placentofagia.
Gli anni sono trascorsi, tuttavia gli stessi processi distruttivi sono ancora fra noi, se pure in
modo diverso: i genocidi, gli attentati rovinosi, non solo contro innocenti ma specialmente contro
"quelli che fanno bene", le atroci vicende dei "kamikaze", le psicosi più devastanti sono gli aspetti
terrifici della stessa situazione descritta nella Notte Bianca e ci dicono a quali eccessi catastrofici la
creatura umana può giungere, se non provvede adeguatamente ad addomesticare il proprio gruppo e
se stessa. Il proto-mentale, luogo della omogenizzazione fusionale, è di fatto promotore di morte…
e tuttavia può esserlo anche di creatività e di vita.
Non è un caso, a mio avviso, se l’Autore, completato lo studio del suicidio collettivo sia
giunto poi a dedicarsi allo studio della vita prenatale, ed in particolare, insieme ad un piccolo staff
di ricerca interdisciplinare, a prevenire le catastrofi della patologia ostetrica (un’altra situazione in
cui la simbiosi può slittare verso rischi distruttivi). E non è un caso se lo studio delle dinamiche del
capro espiatorio/pharmakos, così importanti nella vicenda tragica di Jonestown, abbia consentito
allo stesso gruppo di ricercatori (tra cui lo psichiatra gruppoanalista Tommaso Achille Poliseno e la
ginecologa ecografista Simonetta Averna) di costruire nuovi setting gruppali formativi (come il
workshop cinema e sogni) nel tentativo di prevenire il burnout degli operatori sanitari e contribuire
Rivista internazionale di psicoterapia e istituzioni – numero 2 – copyright©2006
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alla loro formazione continua. Istinto di vita e istinto di morte si collocano così, come nella
prospettiva del Freud di “Aldilà del principio del piacere”, in un continuum circolare, in un impasto
pulsionale, che, come Armonia, nasce dall’accoppiamento di Ares (dio della guerra) ed Afrodite
(dea dell’amore).
Domenico Arturo Nesci è nato a Roma il 15 Aprile 1951. Con lo pseudonimo di Ibico (antico poeta
greco di Reggio Calabria) ha pubblicato i suoi primi enigmi in una rivista specializzata, all’età di
sedici anni. Le sue radici familiari vengono dallo stretto di Messina e dalle terre neogreche di
Calabria, dove ha trascorso le vacanze estive negli anni dell’adolescenza, ascoltando le storie del
folklore della zona di Bova e leggendone i testi nella versione salvata all’oblio dal Prof. Rolphs,
ospite abituale della famiglia Nesci durante le sue ricerche sul campo, tra gli anni Venti e gli anni
Sessanta. Oggi il Dr. Nesci è Presidente di un Istituto internazionale che promuove la ricerca e la
formazione psicoanalitica degli operatori sanitari oltre a lavorare come Ricercatore Confermato nel
Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” e dirigere, insieme al Dr. Poliseno, la Scuola
Internazionale di Psicoterapia nel Setting Istituzionale (S.I.P.S.I.).
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