da Casa Madre - Missionari della Consolata
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da Casa Madre Anno 93 - N.3 - 2013 Istituto Missioni Consolata Perstiterunt in Amore Fraternitatis BENVENUTO PAPA FRANCESCO EDITORIALE PASQUA IL VERO PASSAGGIO ALL’ALTRA RIVA P. Giuseppe Ronco, IMC Yam kinneret, il lago a forma di cetra, più conosciuto come lago di Tiberiade, ebbe un posto importante nella vita di Gesù e dei suoi discepoli. Era una fonte di economia e di lavoro per i pescatori di Galilea, per i commercianti e i gabellieri della zona: tra di essi Gesù ne scelse alcuni come suoi discepoli. Le città adagiate sulle sue rive erano numerose. Gesù le visitava regolarmente, incontrando persone e folle a cui annunciava il Regno di Dio e la conversione. Ci si serviva del lago come via di comunicazione, da attraversare in barca a remi nonostante tempeste improvvise e venti contrari, perché permetteva di arrivare alla riva opposta, dove dimoravano i pagani. 2 I discepoli che lo seguivano erano testimoni delle meraviglie che Gesù compiva, ma per dubbio esistenziale che sempre attanaglia il cuore umano e per strane vicissitudini della vita, faticavano a comprendere chi egli veramente fosse. Non avevano ancora ricevuto lo Spirito effuso nella Pasqua e il cammino non era terminato. C’era ancora da Casa Madre 4/2013 da attraversare il lago delle sofferenze della passione e le tenebre della morte, prima di arrivare all’incontro trasformante e luminoso, sull’altra riva. Ma il tempo opportuno arriva ed ecco il miracolo. Dopo aver faticato invano sul lago per tutta la notte, l’alba viene, foriera di una pesca abbondante, miracolosa, senza precedenti. “Ho Kyrios estìn, E’ il Signore” (Gv 20,7). Si rendono conto, quasi all’improvviso, che la traversata del Calvario era indispensabile per capire in modo definitivo che Gesù aveva trasformato la morte in vita, donandosi per amore per la nostra salvezza. Ora, a Pasqua, sull’altra riva del lago, la traversata era compiuta. Il coraggio di attraversare La parola “pasqua”, pascha in greco e latino, è una trascrizione dell’aramaico pasha che corrisponde all’ebraico pesah. L’etimologia di questa parola ebraica è incerta, ma il suo significato fondamentale è “passare oltre”. Tra i Padri della Chiesa le posizioni relativamente al significato della Pasqua sono diverse. I Padri asiatici, come Melitone di Sardi, Ireneo, Ippolito e Tertulliano, collegano il termine pascha con il verbo greco páschein, soffrire, riferendolo alla passione, páthos, di Cristo. Gli alessandrini, con Origene e la maggioranza dei Padri orientali e occidentali, trovano un’etimologia più esatta nel termine “passaggio”, interpretato come diabasis, transitus. Soggetto è il popolo che “passa” dalla schiavitù dell’Egitto alla Terra promessa attraverso il Mar Rosso. Applicato a Cristo, indicherà il suo “passaggio” da questo mondo al Padre, mediante il mistero pasquale. passaggio verso l’alto (anabasis); pasqua come uscita, passaggio fuori (exodus);pasqua come passaggio in avanti (progressio). Tutte queste sfumature indicano aspetti importanti della festa che celebriamo. Si tratta di applicarli alla nostra vita. Siamo invitati a vivere il momento presente con una sapienza nuova che nasce dal Crocefisso risorto e a vedere il mondo in modo totalmente diverso, in una prospettiva pasquale, da nessuna mai proposta prima. Chi crede nella risurrezione trova cambiato il proprio modo di vivere. Trova la capacità di rileggere nel Risorto ogni attimo della vita: le proprie fragilità, le paure che lo tormentano, le frustrazioni che l’ accompagnano, il male che sembra dominare tutto. Per poi andare oltre, compiendo la traversata dal male al bene, dall’odio al perdono, dalla morte alla vita, dall’egoismo al dono della propria vita per amore. I Padri di area palestinese-antiochena, come lo pseudo Origene, Apollinare di Laodicea, Teodoreto di Ciro e Procopio di Gaza, intendono pascha come “passar-oltre”, hypérbasis, e pongono come soggetto Cristo stesso che, con la sua passione e risurrezione, è “passato oltre” i limiti della morte e comunica questo dono ai credenti in lui. Pasqua è comunque e sempre un passaggio. La tradizione patristica ha saputo declinare l’espressione in sfumature ricche di significato esistenziale e teologico da applicare alle situazioni della nostra vita: pasqua come passaggio oltre (hyperbasis); pasqua come passaggio attraverso (diabasis); pasqua come 3 da Casa Madre 4/2013 L’annuncio La festa di Pasqua ha anche un carattere fortemente missionario. Dall’incontro con Cristo risorto deriva infatti l’invito ad andare ad annunziarlo e a testimoniarlo al mondo, camminando per le strade del mondo, come evangelizzatori che hanno il cuore rivolto al Signore. La missione si giustifica solo perché si è incontrato il Signore. «Chiunque abbia incontrato il Signore e abbia fatto un’esperienza del Risorto non può tenere per sé questa esperienza, ma sente il bisogno di comunicarla, di restituirla agli altri. La nuova evangelizzazione parla, pertanto, di un’esperienza intensa che qualifica la propria identità, coinvolge tutta la persona e comporta il sentirsi e comprendersi solo a partire da tale servizio. Non si sottolineerà abbastanza la necessità di una forte esperienza di Dio per essere dei veri evangelizzatori. Solo attraverso un contatto permanente con lui, solo quando la Parola brucia le nostre viscere, come nel caso dei discepoli di Emmaus, si correrà ad annunciare la Buona Notizia (cf. Lc 24,32-33). Solo quando ci lasciamo incontrare dal Vivente, allora le nostre porte, sbarrate per la paura o per una fatale rassegnazione, si spalancheranno” (Fr. José Rodríguez Carballo, Ofm). Di qui, l’urgenza di uscire dal rachitismo spirituale, abbandonando l’ignavia e dando senso alla vita, lasciandoci abitare dal Vangelo. 4 Ma anche l’urgenza di porci in cammino sulle vie del mondo per annunciare a tutti il progetto di Dio sull’umanità, rivelato al discepolo cha ha saputo riconoscere Gesù come Signore. “Esso consiste nella vittoria sulla morte del peccato e nella nuova partecipazione alla grazia. Esso compie l’adozione filiale poiché gli uomini diventano fratelli di Cristo, come Gesù stesso chiama i suoi discepoli dopo la sua risurrezione: « Andate ad annunziare ai miei fratelli » (Mt 28,10). Fratelli non per natura, ma per dono della grazia, perché questa filiazione adottiva procura una reale partecipazione alla vita del Figlio unico, la quale si è pienamente rivelata nella sua risurrezione” (CCC 654). da Casa Madre 4/2013 Convinti che Cristo “svela pienamente l’uomo all’uomo” (GS 22), accetteremo di incontrare ogni categoria di persone, superando barriere antropologiche, culturali, religiose e geografiche, al fine di annunciare con linguaggio comprensibile e semplice il messaggio che vogliamo trasmettere. Diventeremo testimoni significativi e apostoli della gioia, trasformando le nostre comunità in fraternità che evangelizzano con il loro stile di vita. Non sarà sempre facile nutrire simpatia e mettersi in sintonia con chi è diverso da noi e crede in altri ideali, ma il dialogo non cesserà, credendo con Paolo che “se confessi con la tua bocca il Signore Gesù, e credi nel tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato”. (Rom 10,9). «Chiamati a evangelizzare, dobbiamo prima lasciarci evangelizzare noi stessi. Solo allora potremo vedere la società secolarizzata non come una minaccia, ma un’opportunità, un nuovo areopago per annunciare il Dio vivo, quel Dio che, sconosciuto da molti, tuttavia costituisce il senso ultimo, pieno e definitivo di ogni essere umano». 5 da Casa Madre 4/2013 ANNO DELLA FEDE GIUSEPPE ALLAMANO: UOMO DELLA FEDE Sr. Krystyna Jaciow, MC I testimoni dicono che l’Allamano fu «un vero amico di Gesù e un sacerdote suo prediletto», ma anche amico degli altri. Chi gli è stato vicino, afferma che in lui incontrò «un padre amoroso a provvederlo in tutte le necessità» e una «madre tenera a compatirlo e consolarlo! Trovò quasi un altro Gesù che preparava i discepoli all’apostolato». Sì, perché una volta che la persona diventa credente e professa Dio come suo Amico, non può tenere per se stessa questo grande dono, non può chiuderlo nell’intimità del suo cuore, al contrario, si apre alla comunicazione e alla partecipazione. Così l’Allamano comunica la sua fede e anche la sua esperienza spirituale: «Io vorrei che ciascuno di voi fosse un altro Nostro Signore Gesù Cristo vivente, una vera immagine di Gesù Cristo». 6 «Nostro Signore deve vivere in noi, deve spiegarsi al di fuori nelle nostre opere; dobbiamo rappresentarlo: che sia Lui che vive nei nostri pensieri, parole». Oggi un simile imperativo risuona con forza nei recenti documenti del Magistero. Per la consacrazione battesimale e, per alcuni quella religiosa, e per l’energia del Carisma, tutti siamo chiamati ad annunciare il Cristo incarnato, crocifisso, risorto, asceso al cielo, presente in mezzo a noi nello Spirito, che ci conduce attraverso la porta della fede verso la vita da Casa Madre 4/2013 in pienezza. Siamo chiamati a diventare GESÙ OGGI, a rendere visibile il suo Volto a coloro che vivono nei deserti dell’umanità, a prendersi cura dell’immagine divina deformata nei volti di fratelli e sorelle. Infatti, «lo sguardo fisso sul volto del Signore non attenua nell’apostolo l’impegno per la persona». Se il fondamento della nostra fede cristiana è l’incontro con Gesù Cristo risorto, domandiamoci: Chi è Gesù per me? Nel terzo punto il Papa ci invita a «recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù che invita a credere in Lui e ad attingere alla sua sorgente, zampillante di acqua viva», a ritrovare il gusto della Parola di Dio e l’Eucaristia . Il Concilio Vaticano II ci ha consegnato le due tavole: della Parola di Dio e dell’Eucaristia dove trovare il primo nutrimento, sorgente pura e perenne della vita spirituale. Il beato Allamano precedette i tempi: è per noi il vero maestro che ci indicò queste due fonti per nutrire la nostra vita di fede. L’Allamano visse nel tempo in cui l’accesso alla Bibbia non era abituale. Eppure tutte le sue prediche e conferenze spirituali sono piene di citazioni bibliche e di commenti appropriati dei Padri della Chiesa. Diceva che la Bibbia è «il nostro libro» e che per gustare la Parola di Dio bisogna accostarsi ad essa con gioia per scoprirvi la presenza e il Volto di Dio. Il beato Allamano citando S. Gregorio Magno dice: «Nella S. Scrittura dobbiamo riconoscere il cuore di Dio». Convinto dell’importanza della Sacra Scrittura nel cammino di fede, afferma: «I Libri santi sono un pozzo profondo. Se la Sacra Scrittura è un pozzo, naturalmente per tirar su acqua costa fatica, ma una dolce e consolante fatica». Rivolgendosi poi ai suoi missionari, affermava: la Parola di Dio «sarà in missione la vostra consolazione; chi saprà meditarla bene, vi troverà il conforto, fonte di consolazione e di vita». E che cosa dire dell’Eucaristia nella vita di fede del nostro Padre Fondatore? Si sono scritte tesi di laurea, tesine, articoli su questo argomento. Una cosa è certa: il mistero eucaristico fu il centro, principio e fondamento di tutta la sua vita di fede; fede semplice, ardente, entusiasta, al punto di considerarlo SOLE e AMORE, anzi, TRE AMORI: «Vorrei farvi tutti devotissimi di Nostro Signore nel Santissimo Sacramento. È il SOLE: tutto è attorno e diretto a Lui. La Santa Messa, la Comunione e l’Adorazione devono essere i nostri tre amori». La S. Messa era per lui il tempo più bello e l’azione più importante della sua giornata. Nutrito della Comunione eucaristica, prolungava la consapevolezza della presenza del Signore nella sua anima 24/24 ore. L’adorazione eucaristica era per lui l’incontro con «l’Amico più amato» da cui riceveva sostegno, appoggio, consolazione. Questo esempio dell’Allamano deve suscitare in noi seguenti interrogativi: Quale posto occupa nella tua vita di fede la Parola di Dio? Quanto tempo dedichi all’incontro con Cristo Risorto presente nell’Eucaristia? L’atto di fede segna l’intera vita del credente. Dalla fede personale derivano le diverse forme di impegno nel mondo, nella società, nella cultura, nel luogo di lavoro, là dove le persone vivono e hanno bisogno di una testimonianza coerente, una parola che infonda a loro speranza, consolazione, voglia di dare il meglio di se nelle responsabilità affidate. Così nel quarto punto della lettera il Papa afferma: «I contenuti essenziali della Professione di fede che da secoli costituiscono il patrimonio di tutti i credenti hanno bisogno di essere confermati, compresi e approfonditi in maniera sempre nuova al fine di dare una testimonianza coerente in condizioni storiche diverse dal passato». 7 da Casa Madre 4/2013 OPERE DEDICATE ALL’ALLAMANO LETTERATURA SULL’ALLAMANO BIOGRAFIE E STUDI P. Francesco Pavese IMC Nel campo della letteratura che tratta dell’Allamano possediamo un materiale numerosissimo. Su questo versante si apre un orizzonte sconfinato in tutte le direzioni. Ma prima di presentare questo materiale, che possiamo definire il nostro “tesoro”, vediamo quanto il Fondatore credeva nella stampa. Incominciamo col dire che è stato lui, assieme al Camisassa, ad iniziare la rivista “La Consolata” nel 1899. Non solo l’ha voluta, ma ha pure incoraggiato i missionari a diventare scrittori di articoli, o per lo meno ad inviare materiale utile, annotando sul loro diario notizie adatte e interessanti per comporre articoli. Scriveva ai missionari: «Mi è impossibile enumerare ciò che dovete dire [sui diari]; vi basti ricordare ciò che fanno ordinariamente le cronache dei giornali e le minute descrizioni che sogliono dare dei fatti che succedono». 8 L’obiettivo della rivista “La Consolata” all’inizio era indubbiamente di fare conoscere l’attività del santuario e suscitare collaborazione, ma poi si è allargato alle missioni, coprendo poco alla volta lo spazio principale del periodico. Dunque un Allamano favorevole alla stampa. Per convincercene, basterebbe rileggere le testimonianze dei sacerdoti giornalisti del suo tempo, tra le quali questa di don A. Cantono: «Era un giusto estimatore del nostro giornalismo, che voleva agile e ben fatto. Mi diceva che certe innovazioni di forma e di da Casa Madre 4/2013 tecnica non bisogna avere paura di applicarle». Che l’Allamano usasse volentieri i libri, sicuramente di tipo religioso, lo dimostra la sua biblioteca, conservata a Torino, che è abbastanza ricca, nonostante sia stata grandemente depredata dai missionari in partenza per le missioni, consenziente il Fondatore stesso. Dietro espresso desiderio del Fondatore è stato composto il primo volume scritto da un Missionario della Consolata. Nel 1920, p. Pietro Albertone ha curato un opuscolo (cm 8 x 13) di 276 pagine, stampato dalla tipografia Marietti. Si tratta di un libretto di preghiere in preparazione alla S. Comunione, con l’aggiunta di orazioni da recitarsi prima e dopo la celebrazione della S. Messa. Il testo, titolo e preghiere sono in latino, come si usava allora. Un Allamano per il suo tempo così aperto alla stampa meritava che su di lui si scrivesse molto. In effetti così è avvenuto. Rimandando chi volesse saperne di più alla sessione “Bibliografia” del Sito dell’Allamano, presento qui un quadro sintetico della letteratura che lo riguarda. In questo mese di aprile richiamo l’attenzione sulle biografie e sugli studi fatti su di lui. Nel prossimo mese di maggio presenterò le opere composte solo da quanto egli ha detto o scritto. In giugno parlerò delle Commemorazioni tenute in sua memoria, specialmente il 16 febbraio di ogni anno. Biografie e profili dell’Allamano. Le biografie che presentano la vita e la personalità dell’Allamano, finora sono in tutto 27. Non sono tutte della stessa mole e dello stesso genere. Alcune sono biografie scritte secondo la forma classica; altre seguono uno stile più moderno e presentano con efficacia la sua personalità; altre ancora sono piuttosto dei profili di mole più modesta. Le biografie scritte originariamente in lingua italiana sono 18 (diverse sono state poi tradotte in inglese, francese, spagnolo, portoghese; una persino in swahili, una in polacco e un’altra in ungherese). Una, a fumetti, è riservata ai piccoli. Non essendo possibile presentarle tutte, mi limito a segnalarne, tra quelle in italiano, tre: la prima, cioè l’intramontabile biografia scritta da p. Lorenzo Sales e pubblicata nel 1936, con successive due edizioni, e con un’edizione ridotta per facilitare la diffusione. Poi quella monumentale di p. Igino Tubaldo. Poi ancora l’album a fumetti di Massimo Maria CottiDavide Lupi , per la sua originalità. Chi volesse conoscere al completo questa mole di materiale, che è fondamentale per conoscere l’Allamano, può consultare il Sito del Fondatore, alla sessione “Bibliografia - biografie e profili”. L’opera di p. Sales ha il merito di avere dato il via ufficiale alla divulgazione della conoscenza del Fondatore in modo veramente brillante. In essa si nota la freschezza del testimone “de visu”, che attingeva le notizie non solo dal sentito dire o dallo studio dei documenti, ma soprattutto dalla propria conoscenza diretta del personaggio e degli eventi. Nel comporre la biografia p. Sales ha valorizzato molte testimonianze da lui sollecitate e la lunga intervista che aveva fatto al Fondatore in vista dell’articolo da pubblicare sulla rivista “La Consolata” per il 50° di ordinazione. Al riguardo ha spiegato: «Durante una settimana, tutte le sere mi recai in camera sua per un’ora e più con carta e matita. Rispondendo alle mie interrogazioni, egli raccontava e io scrivevo. Naturalmente presi occasione per conoscere assai di più di quanto mi abbisognasse per l’articolo. Fu una vera rassegna di tutta la sua vita». L’importanza di quest’opera risulta anche dal fatto che ha colpito persino qualche componente del tribunale della Santa Sede, tanto che, durante il processo apostolico, è stata avanzata un’obiezione, poi risolta, sulla credibilità di alcuni testimoni, proprio perché si temeva che fossero stati influenzati dalla lettura della biografia. L’opera di p. Tubaldo, da lui stesso chiamata “biografia”, è monumentale, in quattro volumi, più un 5° di indici. È stato l’allora superiore generale p. Mario Bianchi, nel 1972, a dargli l’incarico di comporre una biografia del Fondatore attuale e completa. Come p. Tubaldo abbia fatto a raccogliere e ordinare tanto materiale in così poco tempo bisognerebbe che fosse lui a dircelo. Questi volumi sono una miniera da cui si può attingere un’infinità di notizie. Si tenga presente che si tratta di complessive 2874 pagine. È indubbio che quest’opera è una delle principali fonti per conoscere sempre meglio il Fondatore, come pure per saperne di più sulla attività missionaria dei primi anni e sul mondo religioso e sociale della Torino di allora. 9 da Casa Madre 4/2013 Merita ricordare anche la biografia a fumetti di Massimo Maria Cotti-Davide Lupi, intitolata: Giuseppe Allamano: La grande Avventura (tradotta anche in brasiliano). È un album a colori di 32 pagine, unico nel suo genere, uscito in occasione della beatificazione, molto originale. La vita del Fondatore è presentata come un’avventura interessante, che conquista i ragazzi. Si deve riconoscere l’abilità di chi ha composto il testo come pure del disegnatore, che ha saputo schizzare un Allamano sempre molto riconoscibile e vero. 10 Studi sull’Allamano. Sul versante degli studi pubblicati sull’Allamano ci sarebbe da scrivere un libro solo per presentarne l’elenco bibliografico. Non è possibile calcolare il numero dei volumi e opuscoli che trattano direttamente o indirettamente di lui. Se poi si prendono in esame gli articoli apparsi sulle riviste nostre o di altri enti, allora c’è da confondersi. Purtroppo l’Istituto non possiede una raccolta completa di tale bibliografia. Per questo mi permetto di rimandare ancora una volta a quella pubblicata sul Sito del Fondatore, che è molto sviluppata e che, per ora, è la più completa. da Casa Madre 4/2013 C’è da precisare che non tutti questi studi hanno il medesimo valore. Alcuni sono opere veramente scientifiche, di differente ampiezza, mentre altri sono soltanto brevi presentazioni di qualche aspetto del Fondatore. Gli autori sono di varia provenienza: cardinali, vescovi, missionari, missionarie, sacerdoti, laici, italiani ed esteri. Insomma, un ventaglio di scrittori che si sono interessati del nostro Padre con stima e affetto e, molto spesso, con intelligenza. Siccome è impossibile illustrare tutta questa bibliografia, mi accontento di fare alcuni nomi come esempio della ricchezza che possediamo, scusandomi con gli autori che non cito, che sono si può dire la totalità. Incomincio con il volume del p. Ceslao Pera, domenicano, professore di teologia morale, esaminatore sinodale e giudice nel tribunale arcidiocesano di Torino. Il superiora generale p. G. Barlassina lo aveva così presentato nel 1946: «Una terza opera vi annuncio, la quale è d’imminente pubblicazione e distribuzione: Lo spirito missionario negli scritti del Servo di Dio Giuseppe Allamano. […]. L’Autore non ha bisogno di presentazione. Noi gli dobbiamo riconoscenza con gran cuore perché oltre alla parte attiva che l’ill. Professore svolge nel Tribunale Ecclesiastico per la causa di Beatificazione del nostro Ven. Fondatore, spontaneamente ha voluto offrire questo prezioso studio, che sarà apprezzato tanto, sia dai membri dell’Istituto, sia dagli estranei». Ma l’opera annunciata non è stata stampata, forse per problemi economici durante la seconda guerra mondiale, ed è rimasta sepolta negli archivi. È stato p. I. Tubaldo a scoprirne il manoscritto, ad esaminarlo e promuoverne la pubblicazione nel 1973, sotto il titolo: La spiritualità missionaria nel pensiero del Servo di Dio Giuseppe Allamano. È un volume di 265 pagine, di lettura impegnativa, nel quale il p. Pera cerca di individuare la sintesi della spiritualità a cui sarebbe giunto l’Allamano, anche in rapporto alla missione. C’è un secondo volume che non posso dimenticare. Si tratta dell’opera di p. C. Bona, dal titolo: La fede e le Opere - Spigolature e ricerche su Giuseppe Allamano, uscito nel 1989, di 579 pagine. Con quale serietà lavora p. Bona è da tutti risaputo. Lui stesso, nell’introduzione avverte che il volume raccoglie e completa una serie di studi precedenti e fatti in diverse occasioni. Questi scritti - è lui che parla con sincerità e esagerata modestia - «sono frutto di una ricerca minuta, talvolta puntigliosa», e «vanno paragonati a pennellate maldestre o a tessere ritrovate di un mosaico». Chi ha letto questo volume si è sicuramente reso conto che da esso emerge una gigantesca figura dell’Allamano, visto nel suo ambiente, impegnato nelle molteplici attività per il santuario e le missioni, e in sintonia con personaggi di alto profilo spirituale del suo tempo. Meritano speciale menzione gli studi offerti dal Postulatore p. Gottardo Pasqualetti. Tacendo dei numerosi suoi articoli apparsi sulla rivista “Giuseppe Allamano - Dalla consolata al mondo” e su altre riviste, mi limito a citare quattro importanti opere, tradotte pure in altre lingue e molto apprezzate: Missionario per il mondo nella Chiesa locale, 1976, pp. 80; Poveri per arricchire gli altri - Esempio e insegnamento di Giuseppe Allamano sulla povertà religiosa, 1988, pp. 86; Giuseppe Allamano - frammenti di un ritratto, 1986, pp. 96. C’è un altro volume curato da p. Pasqualetti, che contiene gli atti del convegno organizzato a Torino il 24 novembre 1990, nell’ambito delle manifestazioni per la beatificazione dell’Allamano. Sono riportati gli interventi di esimi personaggi del mondo religioso e laico, tutti molto interessanti. Il titolo del volume rispecchia lo stesso titolo del convegno: Giuseppe Allamano - A Torino per il mondo con forza a pazienza, 1991, pp. 111. 11 da Casa Madre 4/2013 IL COLOSSEO DI OSSERNENON SHRINE OF THE NORTH AMERICA MARTYRS SAN RENE’ GOUPIL (1608 – 1642) MARTIRE PER IL SEGNO DELLA CROCE P. Giuseppe Ronco, IMC René Goupil fu il primo gesuita ad effondere il suo sangue nella terra del Nord America. Il 2 maggio 1646, P. Isaac Jogues fece pervenire al Superiore dei Gesuiti di Québec, P. Jerome Lalemant, il Narré, racconto dettagliato del martirio di René Goupil. E’ un documento di inestimabile valore storico, perché ci fa conoscere notizie interessanti sugli ultimi mesi della vita del martire e perché è scritto da un testimone oculare che poco tempo dopo subirà la stessa fine. Il racconto del martirio “Gli attribuisco il titolo di martire, non solo perché è stato ucciso da nemici di Dio e della sua Chiesa, mentre esercitava la carità verso il prossimo, mettendosi in evidente pericolo per amore di Dio; ma particolarmente, perché è stato ucciso a causa delle preghiere e della santa croce. 12 Era in una capanna dove recitava le preghiere. Ciò non piaceva a un vecchio superstizioso che là abitava. Un giorno, vedendo un bambino di tre o quattro anni nella capanna, per eccesso di devozione e di amore alla croce, si tolse il berretto e lo mise sulla testa del bambino, da Casa Madre 4/2013 tracciandogli sul corpo un gran segno di croce. Il vecchio, vedendo la scena, comandò a un giovanotto che si preparava ad andare in guerra di ucciderlo; cosa che subito fece. Estrasse il tomahawk, un’ascia irochese tagliente che teneva nascosta sotto una coperta, e diede un colpo sulla testa di René che cadde faccia a terra, pronunciando il nome di Gesù. Mi avvicinai al moribondo, mentre il giovanotto gli sferrava altri due colpi sulla testa per finirlo, e gli diedi l’assoluzione. Era il 29 settembre, festa di San Michele”. Il segno della croce, che René spesso insegnava ai ragazzi, fu interpretato come una stregoneria, un maleficio per uccidere il bambino. “Il vecchio che aveva ordinato l’uccisione, un giorno mi chiamò nella sua capanna per mangiare. Siccome feci il segno della croce prima di mangiare, mi disse: Ecco ciò che noi odiamo, ecco perché abbiamo ucciso il tuo compagno e perché un giorno uccideremo anche te”. Nel 1640 René Goupil giunse alla missione di Saint-Joseph de Sillery, vicino a Québec, per lavorare nell’ospedale. Per mancanza di strumenti appropriati e medicine necessarie, non esercitò la chirurgia come l’aveva studiata, ma curava gli indiani a lui affidati praticando salassi, fasciando le piaghe, e quando necessario, facendo piccoli interventi chirurgici. Il primo agosto 1642, intraprese un viaggio in canoa con Padre Isaac Jogues ed una quarantina di Huroni verso le missioni interne, ma caddero in un imboscata tesa sul lago Saint-Pierre dagli Irochesi, acerrimi nemici degli Huroni. Furono torturati ferocemente e mutilati, vedendosi strappare prima le loro unghie e poi anche le dita. Nella notte li posero sdraiati a terra, nudi ed incatenati, e versarono loro addosso carboni ardenti e ceneri. Durante il viaggio René manifestò a P. Jogues il desiderio di diventare membro della Compagnia di Gesù. La vita René Goupil nacque il 15 maggio 1608 a SaintMartin-du-Bois, nella diocesi francese di Angers. Si dedicò allo studio della chirurgia, praticandola nell’Ospedale di San Giovanni di Angers. A 31 anni di età, il 16 marzo 1639 entrò nel noviziato dei Gesuiti a Chantilly, nei pressi di Parigi, ma dovette interromperlo quasi subito, a causa di malattie e sordità. “Renatus Goupil a tirocinio parisiensi exclusus erat, quia surdaster”. Entrò allora tra i coadiutori, laici che si ponevano gratuitamente al servizio dei Gesuiti in cambio del loro sostentamento, ed essendo medico chirurgo si offrì volontario per andare a lavorare negli ospedali che la Compagnia aveva fondato nella Nouvelle France. “Padre, Dio mi ha sempre dato un grande desiderio di consacrarmi al suo servizio attraverso i voti di religione nella Compagnia: i miei peccati mi hanno reso indegno di questa grazia fino adesso. Spero però che Nostro Signore accoglierà favorevolmente l’offerta che gli voglio fare adesso, nel miglior modo possibile, di pronunciare i voti della Compagnia alla presenza di Dio e davanti a voi”. P. Jogue acconsentì e René emise i voti. Subito dopo la morte di René scrisse al Superiore di Francia, P. Jean Filleau, la seguente lettera. “Era un uomo di 35 anni, ammirevole per la semplicità, l’innocenza di vita e la pazienza nelle avversità, perfettamente sottomesso a Dio per amore, che vedeva sempre presente in tutte le cose, e alla sua santa volontà. Egli è degno, in verità, di essere da Lei riconosciuto come uno dei suoi, non solo perché trascorse diversi mesi nel noviziato della Compagnia e con il permesso dei superiori partì nell’Huronia per aiutare i cristiani con la chirurgia che aveva imparato; ma soprattutto perché, qualche giorno prima della morte, spinto dal desiderio di unirsi maggiormente a Dio, avendo pronunciato i voti della Compagnia, ad essa si donò nella misura del suo possibile. Certamente, tanto in da Casa Madre 4/2013 13 vita quanto in morte, dove pronunciò come ultima parola il Nome di Gesù, si è dimostrato un vero figlio della Compagnia”. Da allora René Goupil fu sempre considerato come gesuita e fu proposto come modello ed esempio ai Fratelli di tutta la Compagnia. Nella Chiesa universale è patrono dei sordi e degli anestesisti. preghiera: “Dio sia benedetto, lui che ha permesso e voluto tutto questo. La sua santa volontà sia fatta, io l’amo, io la voglio, io la desidero e l’abbraccio con tutto l’ardore del mio cuore”. Aveva sempre la mente rivolta a Dio. Le sue parole, i suoi discorsi manifestavano vera sottomissione alla divina Provvidenza e una accettazione cosciente della morte che Dio che gli avrebbe mandato. Si offriva a lui in olocausto, per essere ridotto in cenere dal fuoco degli Irochesi, che la mano di Dio avrebbe acceso. Sopportò oltraggi e crudeltà con grande pazienza e nutriva sentimenti di carità verso coloro che lo maltrattavano. Imprigionato in una borgata, mostrò pazienza e dolcezza straordinaria, anche quando lo colpirono con numerosi colpi di verghe e di bastoni di ferro. Gli tagliarono il pollice alla prima falange, e lui durante i tormenti diceva: “Gesù, Maria, Giuseppe”. Dopo averlo ucciso, i ragazzi lo spogliarono, gli misero una corda al collo e lo trascinarono in un torrente che passa vicino al borgo. I cani gli divorarono la schiena. Poi lo gettarono in un boschetto vicino, dove durante autunno e Wl’inverno, i cani, i corvi e le volpi lo divorarono completamente. Messomi alla sua ricerca, trovai la testa e qualche osso mangiucchiato. Li ho baciati diverse volte, come si baciano le ossa di un martire di Gesù Cristo. Poi li seppellii con l’intenzione di trasportarli quanto prima a Trois Rivières”. Stralci dal Narré Stralciando alcune frasi dal Narré di P.Jougues, possiamo conoscere più a fondo le caratteristiche spirituali di René e ciò che avvenne dopo la sua morte. “A Sellery si sottomise totalmente alla volontà del Superiore della missione, che lo impiegò per due anni nei lavori più umili della casa. Svolgeva gli incarichi con molta umiltà e carità. 14 Durante il viaggio verso l’Huronia, quando fummo abbandonati da tutti, fece questa da Casa Madre 4/2013 15 da Casa Madre 4/2013 ATTIVITÀ DELLA DIREZIONE GENERALE RIPARTIRE PER CAMBIARE MESSAGGIO PASQUALE DEL PADRE GENERALE P. Stefano Camerlengo, IMC Missionari carissimi, ricevete il nostro saluto da Toronto dove ci troviamo per la nostra consueta sessione di Consiglio. L’idea di visitare ogni tanto le Circoscrizioni in occasione del nostro Consiglio è nata per il desiderio di condividere cammino e di sentirci più vicini ai missionari nei loro luoghi di lavoro. Pensiamo che la fraternità si costruisce più con segni che con le parole e questo vuole essere un segno di vicinanza e di condivisione. 16 A Toronto abbiamo trovato la neve ed il freddo e subito la nostra salute è stata messa alla prova. Toronto è una bellissima città del Canada, multiculturale, segno profondamente significativo della convivenza dei popoli. A Toronto a noi è affidata la gestione di una Parrocchia: St. Andrew, che è espressione, nella periferia della città, di questa realtà interculturale, dove persone di provenienze diverse vivono e condividono la stessa fede e la stessa volontà di costruire il Regno di Dio. A Toronto si può imparare la solidarietà e la tolleranza e per questa ragione è certamente una buona palestra per lanciare missionari nel mondo. Come Direzione Generale siamo intervenuti ed abbiamo cercato con umiltà e determinazione di rilanciare questa nostra presenza affinché possa essere più significativa e diventare punto di riferimento per altri giovani missionari che si preparano alla missione. da Casa Madre 4/2013 In questa sessione di Consiglio possiamo dire che tre sono state le preoccupazioni che hanno occupato la nostra riflessione, la nostra preghiera e le nostre decisioni. 1. La preoccupazione economica Nel bel mezzo della crisi economica in atto e davanti a difficoltà sempre più grandi nel reperire fondi per la missione, due domande si presentano alla nostra attenzione e devono alimentare le nostre discussioni e proposte. Come continuare ad essere missionari senza essere troppo preoccupati della nostra sopravvivenza anche economica? Cosa dobbiamo cambiare nel nostro stile di fare missione per ridurre le nostre spese e camminare più al ritmo della nostra gente? In questi tempi di grandi angosce, d’ansie e di paure; in questo tempo dove anche in molti missionari del nostro Istituto è entrata l’agitazione, in alcuni addirittura il panico dell’economia, la ricerca e la custodia della pace del cuore rappresentano quel traguardo che le nostre “vite di corsa” ed alla ricerca di senso, pur senza saperlo, tentano di raggiungere. Certamente riteniamo che la ricerca della pace del cuore, maturata credendo nella provvidenza di Dio, e l’accontentarsi del necessario caro al nostro Fondatore siano per noi indicazioni importanti e fonte di speranza. La pace del cuore Il saluto che Gesù Risorto rivolge ai suoi discepoli è proprio: “Pace a voi”. Potremo dire che la pace è un suo dono. Al culmine della sua missione, Gesù conforta i suoi discepoli con parole che l’evangelista Giovanni ci riferisce e che sono entrate nel rito della Messa: “ Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore” ( Gv 14, 27). Un ostacolo che si presenta è la difficoltà a credere nella Provvidenza. Vorremmo sperimentare e poi credere: invece è il contrario. “Dio dona nella misura che attendiamo da lui”, dice san Giovanni della Croce, e san Francesco di Sales gli fa eco: “La misura della divina provvidenza a nostro riguardo è la fiducia che riponiamo in essa”. Guardiamo all’esempio del Fondatore… la sua fiducia illimitata nella Provvidenza fa sì che Dio compia miracoli! Accontentarsi del necessario La povertà, prima di esprimersi in forme « radicali », si esercita nella sobrietà. L’Allamano educa i missionari ad eliminare le cose superflue e ad essere contenti di ciò che è necessario per vivere e lavorare. Non è cosa facile come potrebbe sembrare. La società in cui viviamo è piena di cose superflue. Esalta, anzi, l’effimero e in essa abbonda nello spreco. La povertà religiosa diventa una testimonianza critica di fronte a presunte esigenze, mentre tanti non hanno neppure il minimo per una vita decente. Inoltre, la sobrietà allena alla vita missionaria, per saperne affrontare i sacrifici e le privazioni. L’Allamano porta l’esempio di Mons. F. Perlo che prima di partire per l’Africa si abituò a mangiare senza bere niente. Ricorda la situazione di altri missionari, costretti a vivere in tenda, a dormire per terra, per ribadire che bisogna «assuefarsi a fare a meno di quelle piccole comodità e agi della vita civile, cui si è ordinariamente tanto attaccati, da sembrarci necessarie a segno che c’immaginiamo di fare un gran sacrificio nell’esserne privi». Occorre quindi imparare a fare a meno di tante piccole cose, a non crearsi bisogni che tali non sono; a sapersi adattare: «Non c’è tavolino, non c’è questo o quello, pazienza, far senza»; «se non c’è pane, mangio carne; se c’è solo un lenzuolo mi avvolgo in uno e basta». È questo il cammino per giungere «a quella generosità di animo, per cui si fanno poi sacrifici e privazioni maggiori occorrenti nella vita di missione». Altrimenti si parte magari con la disposizione di andare al martirio — dice sempre l’Allamano — e poi ci si perde «in un armadio» che manca. 2. L’elaborazione di un progetto missionario continentale Oramai s’impone l’importanza della realizzazione di un progetto missionario che coinvolga tutto il Continente. L’importanza di un progetto missionario Davanti ai cambiamenti epocali della nostra storia, alle nuove sfide della missione di oggi, agli sconvolgimenti della vita religiosa, sentiamo il bisogno di una profonda revisione del nostro stile e metodo di fare missione. Tutti abbiamo fatto, almeno qualche volta, l’esperienza della frantumazione e dell’inadeguatezza delle nostre risposte di fronte alle troppe domande delle persone e della realtà che ci circonda. Oggi la missione vive l’esperienza di una umile ricerca su come meglio servire le nuove da Casa Madre 4/2013 17 generazioni, offrendo loro itinerari di fede e di vita spirituale per una maturazione umana e cristiana che le renda idonee a rispondere alla promozione umana e alla evangelizzazione. La missione non può ridursi a una serie di idee e proposte specifiche. Il servizio della missione va visto sotto la duplice funzione di: favorire la crescita della nostra identità carismatica di missionari e, nello stesso tempo, portare l’annuncio dentro gli itinerari delle comunità cristiane e dell’umanità. Diventa urgente l’elaborazione di un progetto missionario, rendendosi disponibili a un lavoro paziente di formazione per qualificare la nostra presenza ad gentes. Un progetto che punti in primo luogo sull’essere: “Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta...” ( 1Pt. 4, 10), sviluppando una rinnovata attenzione alla collaborazione con tutti quelli che lavorano per la costruzione del Regno. L’elaborazione di un progetto missionario deve tenere presenti alcune caratteristiche che sono parte del nostro patrimonio di famiglia, confrontate con i nuovi orizzonti della missione. Lo Spirito che guida Gesù quando “andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità” (Mt.9, 35) sia anche il vostro compagno di viaggio in questo nuovo percorso. Tre criteri ci sembrano importanti: Un progetto è credibile se nasce dalla lettura della realtà della nostra comunità, delle persone e dei luoghi di presenza, della società del paese in cui viviamo, nelle sue componenti sociali, culturali, ecclesiali. Deve coinvolgere il maggiore numero di persone con l’apporto di tutte le componenti locali, coinvolgendo la base, dando particolare attenzione ai laici. 18 Per essere concreto ed organico deve prevedere tempi di attuazione abbastanza lunghi, spazi di realizzazione e di valutazione precisi e puntuali e sfociare in una celebrazione fraterna. Un progetto è cosa ben diversa dai programmi annuali o dalle campagne di sensibilizzazione. È importante coprire un tempo lungo ed elaborare un piano di ampio respiro e di da Casa Madre 4/2013 articolata organicità. La finalità di un progetto missionario è quella di alimentare la nostra testimonianza negli spazi, religiosi e laici, in cui rendere ragione della nostra speranza, con serietà di impegno e di preparazione, continuità di presenza e specificità di approccio. Qualificando ciò che è decisivo nella nostra presenza, cioè la tensione missionaria, l’impatto che la missione ha nella vita della gente, l’orientamento che determina e orienta lo spirito missionario, fatto di amore per i lontani, scelta dei poveri, sobrietà e disponibilità, in un’atmosfera missionaria di universalità, dialogo e rispetto per tutti, attenzione ai grandi problemi del mondo. 3. Verso un nuovo stile di missione La missione ci ha visti e ci vede come gli esperti, gli addetti ai lavori. Sappiamo tutto, conosciamo tutto. Gli anni passati nel campo diretto della missione ci hanno rafforzati, fino a farci sentire protagonisti. Gente di memoria corta, dimentichiamo che siamo dei chiamati, che siamo stati inviati ad annunciare il Regno di Dio e che è sulla sua Parola che abbiamo il coraggio di gettare le reti. Dimentichiamo le nostre fragilità e giorno per giorno ci sostituiamo a Lui, e nell’ annuncio, in maniera invisibile, subdola e latente, annunciamo noi stessi. La nostra missione ci richiede di essere, più che assertori di certezze, umili ricercatori di verità, profeti in cammino del Regno. Cristo, pur essendo di natura divina, umiliò se stesso facendosi obbediente al Padre. Se dimentichiamo il nostro essere chiamati, il nostro essere noi stessi “terra da evangelizzare”, la nostra attività sarà come il muoversi “di un mare agitato che non può calmarsi, e le cui acque portano su melma e fango” (Is 57,20). Il motto scelto dal neo-eletto Papa Francesco I, “miserando atque eligendo”, che descrive l’atteggiamento di Gesù che guarda con misericordia il pubblicano peccatore e lo sceglie, ben esprime quello che deve essere anche il nostro sentire. Conclusione: ripartire sempre Partire è la nostra parola d’ordine. A volte non sappiamo bene verso dove. L’importante è partire. Qualche volta non si capisce bene se sia una fuga o una reale partenza verso qualcuno; se partire equivalga davvero ad uscire da noi stessi. La partenza del missionario è innanzitutto una partenza interiore. Non basta divorare chilometri per sentirsi missionari: la partenza che ci viene richiesta è una partenza ben più radicale e meno avventurosa. Ripartire quindi sempre, ogni giorno, ogni momento per andare all’incontro dell’ altro. Iniziando proprio dalle nostre comunità religiose che stanno rischiando di assomigliare sempre di più a luoghi di ritrovo, dove tante volte viviamo senza conoscerci... e dove studiamo come portare dentro altre persone. Nel suo libro ”Rifondare la vita religiosa” il domenicano Martinez Diaz ritiene che tre siano i segnali di agonia di un istituto o di una congregazione: “l’eccessivo interesse per la costruzione di edifici; il culto per il passato; la moltiplicazione di documenti”, aggiungendo che tutto questo è necessario se è orientato alla rivitalizzazione dell’istituto piuttosto che alla sopravvivenza. Dobbiamo cercare di vivere, il che è ben diverso dal cercare di non morire. La stessa mancanza di vocazioni, più che un segnale che il mondo circostante va cambiando vertiginosamente, è un’ammonizione a cambiare qualcosa nelle nostre comunità. Dobbiamo impegnarci ogni giorno di più affinché le nostre comunità riacquistino sapore profetico, fede radicale, esperienza di Dio, qualità evangelica, sequela radicale. Nella nostra vocazione missionaria ci sono parole fondamentali e che dobbiamo recuperare: entusiasmo, passione, gioia, fermezza. Devono assolutamente sostituire parole come negatività, stanchezza, istituzionalizzazione del carisma... Dobbiamo essere lievito nella massa. Curiamo la qualità delle nostre comunità, del nostro istituto. Lievito... Non permettiamo di conformarci alle regole della società, tanto da riuscire a fare l’antimiracolo di trasformare il vino in acqua. 19 da Casa Madre 4/2013 LA VISITE CANONIQUE DU P. PENDAWAZIMA IMC AU SEMINAIRE PHILOSOPHIQUE ANTONIO BARBERO DE KINSHASA (RDC) Frère Patrick Mandondo, IMC Dans nos mœurs et coutumes une pensée stipule en ce sens : « Veiller à la bonne formation de la jeunesse, c’est garantir l’avenir et le développement de toute une nation, voire de toute une communauté ». Portant les lunettes de ce slogan, nous pouvons nous aussi à notre tour dire que « garantir une bonne formation aux jeunes aspirants à la vie sacerdotale et consacrée, c’est garantir bien évidement l’avenir de l’Eglise. C’est pour autant dire dans un langage purement philosophique que, dès la conception jusqu’à la mort, l’homme est toujours considérer comme un projet. Il a ainsi besoin de la société pour modeler son destin et parvenir au but de son existence. Le mois de février 2013 a été arrosé d’un amalgame d’événements importants pour la région Imc Congo en générale et pour le séminaire Philosophique A.Barbero en particulier. Parmi ses événements nous pourrons citer quelques uns, notamment la visite canonique du vice supérieur général, l’anniversaire de la naissance au ciel de notre fondateur le Bienheureux Joseph Allamano l’évaluation semestrielle du projet communautaire de vie etc. Certes déjà à la première semaine dudit mois énoncé ci-haut, le Révérend père Pendawazima fait irruption au sol Congolais pour de raison de visite canonique à ses missionnaires. De ce fait, il commença par le séminaire théologique à Macampagne pour enfin terminer avec le séminaire philosophique y incluse la communauté propédeutique. Il était bien clair aux yeux de tous que le père Pendawazima consacra plus ou moins trois jours pour l’entretien d’avec les séminaristes. Il œuvra Précisément du mercredi 06 février au samedi 09 février. L’ouverture officielle de cette rencontre commença par une petite rencontre de courte présentation des concernés à la soirée du mercredi à la grande salle de la propédeutique. 20 Le jour suivant le père Supérieur dialoguât da Casa Madre 4/2013 avec tous les séminaristes ; il les édifia et les instruisit. Il commença par exposer les grandes lignes des actes du 12ème Chapitre Général. Il parla notamment de l’identité et du charisme Imc, de la mission, de l’économie de communion pour la mission, de l’organisation et enfin de la formation qui était même le point culminant de notre dialogue. Il nous a de manière brève fait montre tout premièrement les défis qui caractérisent la formation à nos jours; puis nous a invités d’approfondir notre relation personnelle avec le Christ qui en tout temps nous soutient d’affronter les différents obstacles qui peuvent nuire au processus de notre formation. Il nous a en plus rassurés que l’institut ne cessera de s’engager d’avantager pour nous trouver des bons formateurs à même de garantir notre croissance en qualité, sérénité, profondeur, élan missionnaire. Juste après son exposé, il y a eu surgissement des questions pertinentes, auxquelles il n’a cessé de répondre convenablement. Ce qui nous étonna, ce qu’en dépit des difficultés de la langue française ; il a tenu un discours compréhensible, logique et avec des mots justes, précis et conçus. En tout cas nous avons été tous convaincus de sa personnalité, parce qu’il était profond dans ses enseignements, même dans ses homélies. Un jour plus tard après l’entretient avec tous les séminaristes à la paillotte il a aussi accordé son temps pour dialoguer avec nos chers frère propédeutes l’avant midi. Au après midi de ce même jour, il montra sa disponibilité pour écouter les postulants canoniques notamment Jean-Jacques Lukwanda, Joël Kapiten et Patrick Mandondo. Quant aux postulants il leur a exhorté de bien comprendre en quoi ils veulent s’engager et de bien vouloir prendre leur engagement au sérieux. C’est donc par là qu’il boucla ses séances d’entretient avec les séminaristes. Nous sommes confiant et rassurés que les enseignements reçus du Révérend père Pendawazima en cette année formative 2O122013 ; pourront nous servir de garde-fous dans notre croissance formative et peuvent nous rendre des hommes moralement équilibrés, intellectuellement assis et spirituellement forts. Eu égard à cela, nous réservons un hommage sincère en la personnalité du père Dietrich, à l’institut Missionnaire de la Consolata, spécifiquement à notre supérieur général et son conseil, à notre supérieur régional, le révérend père Symphorien Fumwaswnji et à son conseil. Nous remercions de même tous les formateurs que l’institut nous a donnés pour notre croissance. 21 da Casa Madre 4/2013 CASA GENERALIZIA MARZO 2013 P. Vedastus Kwajaba, IMC 02 marzo: Di buon mattino la Direzione Generale parte per Canada dove terranno sedute di consiglio. Nel frattempo alcuni membri della comunità si reca a Bravetta a partecipare a messa di ordinazione diaconale nella quale cinque candidati sono ordinati nella messa presieduta da S.E.R. Card. Gianfranco Ravasi. destinazione in Nord America. Gli auguriamo buon viaggio e buona missione. Auguriamo anche ai cardinali Polletto e John Njue nostri ospiti, un buon conclave per la scelta del nuovo papa. 12 marzo: Ci uniamo a tutte le celebrazioni Pro eligendo pontice, in S.Pietro e nella Cappella Paolina. Con l’extra omnes inizia il Conclave con 115 elettori. 13 marzo: Giorno di compleanno per P. Tobias Oliveira: auguri. Quando alle ore 19.06 appare la fumata bianca dal camino della Cappella Sistina, tutti accorriamo in Piazza S. Pietro. Poco prima un gabbiano si era posato sul comignolo. Il Card protodiacono Jean Louis Tauran annuncia l’Habemus Papam: il cardinal Jorge Mario Bergoglio è il 266° successore di Pietro, con il nome di Francesco. Riceviamo la sua benedizione, pregando con lui e per lui. Ecco le prime parole di Papa Francesco: 08 marzo: La comunità si raduna per Lectio Divina guidata dalla professoressa Scaiola Donatella. E’ un momento di riflessione, condivisione e preghiera per approfondire la parola di Dio che ci propone di vivere un cammino verso la conversione personale e comunitaria. 22 11 marzo: Durante il pranzo salutiamo padre Paolo Fedrigoni in partenza per la sua da Casa Madre 4/2013 «Fratelli e sorelle buonasera. Voi sapete che il dovere del Conclave è di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo. Ma siamo qui... Vi ringrazio dell’accoglienza, alla comunità diocesana di Roma, al suo Vescovo, grazie. E prima di tutto vorrei fare una preghiera per il nostro Vescovo emerito Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca». Quindi ha recitato il Padre nostro, l’Ave Maria e il Gloria. «E adesso - ha proseguito - incominciamo questo cammino, Vescovo e popolo, questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità a tutte le chiese. Un cammino di fratellanza, di amore e di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi, l’uno per l’altro, preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa che oggi incominciamo - mi aiuterà il mio cardinale vicario qui presente - sia fruttuoso per la evangelizzazione di questa sempre bella città... Adesso vorrei dare la benedizione, ma prima vi chiedo un favore. Prima che il Vescovo benedica il popolo io vi chiedo che voi pregate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo chiedendo la benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me». «Adesso darò la benedizione a voi e a tutto il mondo, a tutti gli uomini e donne di buona volontà», ha proseguito, impartendo la benedizione in latino e concedendo l’indulgenza plenaria. «Grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me e a presto, ci vediamo presto. Domani voglio andare a pregare la Madonna perché custodisca tutta Roma. Buona notte e buon riposo». iniziare con il Papa un tempo nuovo nel mondo e nella chiesa. 23 marzo: Con la Domenica delle Palme, diversi confratelli raggiungono parrocchie e comunità varie, dove svolgeranno il servizio pastorale pasquale. L’indomani, fine del Conclave, con la messa nella Cappella Sistina e il discorso programmatico: camminare, costruire, confessare Cristo Crocifisso. 15 marzo: Verso sera abbiamo un momento importante di celebrazione penitenziale guidato da Padre Pavese Francesco. Ottima preparazione per la Pasqua ormai vicina. 16 marzo: Ritiro quaresimale animato da Padre Barreda Jesus Angel, dal titolo Abbracciare la croce per vivere la Pasqua. Meditazione, silenzio, Eucarestia e condivisione ne sono le tappe. 18 marzo: Padre Rinaldo Cogliati, amministratore generale parte per Canada, dove raggiunge la Direzione generale. 19 marzo: Nella solennità di S. Giuseppe partecipiamo in Piazza S. Pietro all’inaugurazione del pontificato di Papa Francesco. Folla multiculturale e gioiosa, clima di fervida preghiera. Delegazioni da tutto il mondo per 23 da Casa Madre 4/2013 VITA NELLE CIRCOSCRIZIONI MENSAGEM DA DIOCESE DE GURÚÈ ENVIADA AO SANTO PADRE BENTO XVI + Francisco Lerma Martínez, IMC Beatíssimo Padre: Os fiéis, os animadores das comunidades, os religiosos e religiosas, os sacerdotes, o Bispo Emérito e o Bispo Diocesano da Diocese de Gurúè em Moçambique, desejamos manifestar a Vossa Santidade a nossa solidariedade e amor filial na “decisão de grande importância para a vida da Igreja” que V. Santidade nos comunicou no passado dia 11 de Fevereiro 2013. Louvamos e agradecemos profundamente o Vosso labor em prol de toda a comunidade eclesial e de todo o mundo durante os oito anos do seu Pontificado. O testemunho da Vossa fé inquebrável, a riqueza dos Vosso magistério, a prudência e a bondade de pastor universal ficam para nós como farol seguro na nossa caminhada de discípulos do Pastor Supremo, Nosso Senhor Jesus Cristo. Mozambico Unimo-nos a Vossa oração para que o Espírito Santo de Deus assista, com a bondade materna de Maria Santíssima, os Padres Cardeais na eleição do novo Sumo Pontífice. Reafirmamos a nossa obediência filial e fidelidade à Cátedra de Pedro + Francisco Lerma Martínez, IMC Bispo de Gurúè 24 da Casa Madre 4/2013 Francisco Pedro, 04/03/2013 Em dia de festa, celebrada com uma eucaristia na capela dos Missionários da Consolata, em Fátima, ouviram-se vários testemunhos emocionados e desvendou-se um segredo. Quatro dos cinco sacerdotes homenageados – um não esteve presente por motivos de doença – deram graças a Deus pelo percurso de cinco décadas de entrega à missão e agradeceram a todos os confrades que os acompanharam nesta caminhada. João Coelho Baptista, que presidiu à celebração, não resistiu mesmo a revelar um segredo, para demonstrar o apreço pelo Instituto e por todos os membros que o compõem. «Durante o tempo em que estive em Moçambique enviei quase 90 cartas para a minha família. Estive a rever essas cartas e não encontrei uma única frase em que me queixasse do Instituto ou de algum dos meus confrades», revelou o sacerdote, fazendo uma retroespectiva cem por cento positiva dos seus 50 anos de sacerdócio. «Tudo o que aconteceu, mesmo as limitações, os pecados ou os erros, tudo isso foi bom», frisou. Aproveitando a mensagem do Evangelho, que falava de doenças e de curas, o padre Norberto Louro, recordou que as cinco décadas de ministério sacerdotal ficaram marcadas por «dois sobressaltos» em termos de saúde, que conseguiu ultrapassar. Embora só uma das doenças fosse contagiosa, aproveitou as duas «para contagiar os outros», «com serenidade» e «alegria da missão». Portogallo FÁTIMA:MISSIONÁRIOS FESTEJAM 50 ANOS DE SACERDÓCIO António Rossi destacou a «a união» da comunidade da Consolata e lembrou o primeiro encontro com a Nossa Senhora de Fátima. Tinha saído de Itália com o pai muito doente, fez uma viagem que «foi um calvário» e quando se viu na Capelinha das Aparições, em frente à imagem da Virgem Maria, não conseguiu conter as lágrimas. «Que nós sejamos testemunhas entusiasmadas para estimular novas vocações», apelou o missionário italiano. Com os índios do norte do Brasil no coração, com quem trabalhou mais de uma década, o padre Eduardo Frazão agradeceu sobretudo aos missionários da Consolata que iam à sua terra (Chainça, concelho de Leiria) de bicicleta, nos tempos em que era jovem. Foram muitas das histórias que eles contaram que o incentivaram a ser sacerdote. No final da eucaristia, o Superior Provincial, padre António Fernandes, agradeceu «a bênção sacerdotal, o amor e o testemunho» que os cinco consagrados têm dado à missão e ao Instituto Missionário da Consolata (IMC). O padre Herculano Silva não pôde estar presente na celebração por problemas de saúde. 25 da Casa Madre 4/2013 ¿DESDE DÓNDE VER LA GUERRA EN MALÍ? P. Ramón Lázaro Esnaola, IMC No es lo mismo vivir un conflicto a miles de kilómetros que estando a unos cientos como estoy. No es que me suscite miedo ni temor pero ciertamente no es lo mismo. Por eso he intentado conocer un poco más, profundizar en las causas porque el exceso de información o la ausencia de la misma impiden ver con claridad. Ya alguien dijo que no es fácil pescar en aguas revueltas. Y en Malí las aguas están revueltas desde hace más tiempo de lo que nos creemos. Ciertamente, la “ayuda” francesa para evitar que Malí caiga en las garras del islamismo fundamentalista es una media verdad que supongo que la mayoría de lectores de Antena han descubierto desde hace algún tiempo. Costa d’Avorio Es sospechosa la unanimidad internacional, la ausencia de voces discordantes y, lo que me parece más escandaloso, la ausencia de imágenes. Estamos ante una guerra “aséptica”, sin sangre, sin gritos, sin dolor. La guerra en Malí es un paradigma del continente africano en el concierto internacional. Su dolor es silenciado y, de esta forma, inexistente. Porque “ojos que no ven, corazón que no siente”. 26 A estas alturas, nadie se cree tampoco que Francia no tenga otra cosa que hacer que ponerse a hacer la guerra y que el contingente africano de la CEDEAO ya le gustaría dedicarse a otra cosa, en vez de irse a Malí a pelear en un lugar donde no saben muy bien porqué tienen que ir. No están los tiempos para ingenuidades y, la situación en Malí, no se resuelve tan poco diciendo: “Ay, tendrían que haberse sentado a negociar y ponerse de acuerdo”. No son tan imbéciles los gobernantes, leches. Así que intentaré coger un poco de carrerilla para comprender la realidad. Espero que en este pequeño safari, los nombres extraños y las siglas imposibles no te desanimen. Hay que pasar por ello para poder conocer. Ya lo dijo Ernesto Cardenal, “hoy en día el conocimiento científico de la realidad es imprescindible para el profeta” (creo que lo dijo en un libro da Casa Madre 4/2013 titulado “Cántico Cósmico”). Así que allá voy, “a conocer científicamente la realidad”. El pueblo amazigh. El Malí está poblado por dos tipos de grupos humanos muy distintos: uno es nómada y otro es sedentario. No es que uno sea de izquierdas y otro de derechas. No es que unos sean blancos y otros negros. No es que unos sean nacionalistas y otros centralistas. No. Son diferencias culturales mucho más significativas. El norte está poblado, en su gran mayoría, por las culturas arabo-bereberes; y el sur, por las culturas subsaharianas. Ciertamente, esto es un reduccionismo que nos sirve para entendernos y comprender la realidad. ¡No quiere decir que todos necesariamente todos sean nómadas en el norte! Los bereberes son un conjunto de etnias autóctonas de África del norte. Sí, autóctonas. Autóctonas quiere decir que tienen un currículo que no es para envidiar. Han padecido la conquista romana, la cristianización, la invasión vándala, la conquista árabe y la conversión al Islam. Ahí es nada. Sí, cada uno de ellos ha dejado cosas maravillosas pero también es cierto que todas estas maravillas han sido “ofrecidas” a través la fuerza, la opresión y la violencia. La historia historia es, nos modela y nos configura, no podemos evadirnos de ella ni cambiarla pero podemos interpretarla y su interpretación hará de nosotros personas inteligentes o personas resignadas. A cada uno la elección. Los “imazighen” (en plural, por favor) son, por lo tanto, un mosaico de pueblos presentes en el Sahel y que se extienden desde Marruecos hasta Egipto. De todos estos pueblos, los más numerosos son los tuaregs que están presentes en el nordeste de Malí, en el sur y sureste de Argelia, en una gran parte del Níger y en menor medida en Libia y Burkina Faso. En total, son alrededor de un millón y medio y más de la mitad vive en Malí. Pero los tuaregs no han comenzado hoy su lucha en Malí. El Azawad. Tampoco me voy a meter a hacer un tratado de historia pero al menos citar las sublevaciones más conocidas para que todos caigamos en la cuenta que esta historia viene de atrás y que tiene más raíces que “el freno al islamismo radical”. La primera, de la que tenemos noticia, fue la “revuelta de Kaocen” en 1916 y 1917. Sí, hace un siglo. No, si ya te digo que esto viene de atrás. Desde 1958, el MPA (Movimiento Patriótico del Azawad –la “región tuareg”) pide el establecimiento de un “Estado Tuareg”. Sí, como los catalanes o los vascos o los irlandeses del norte o los palestinos o los kurdos o los kosovares (que lo lograron) o los… Vale, no hay que ponerlos a todos en el mismo saco… pero todos piden lo mismo, ¿no? Entre 1962 y 1963 tuvo lugar en Malí la “mal llamada” “1ª rebelión tuareg” que fue reprimida muy duramente por el ejército de Malí. Todo esto, recordémoslo, va dejando heridas que son difíciles de cicatrizar. Durante los años 70, los tuaregs se refugian en Libia y Argelia a causa de la sequía que azota el norte de Malí. Y en esos países son entrenados para el combate y enrolados en el ejército. En 1988, se crea el MPLA, Movimiento Popular de Liberación del Azawad. Y dos años después comienza la “2ª rebelión tuareg” que durará hasta 1995. Hubo otra sublevación en 2006. Y otra aún entre 2007 y 2009 en Níger y Malí. Ya ves, muchas intifadas pero pocas nueces. No hubo intervención francesa (como tampoco la hay hoy en Israel). “Era un problema interno”, se decía entonces. Ya sabemos que las Twin Towers, Bin Laden y Bush Jr cambiaron la historia y se empezó a hablar de “derecho de injerencia” y de “golpeo preventivo”. Bueno esta parte todos la conocemos mal que bien. Costa d’Avorio En lengua berbere, se llama “amazigh” a la persona berbere. De hecho, desde mediados del siglo XX hay una corriente de pensamiento (una “marea” se diría hoy) que propugna el reconocimiento internacional del pueblo “amazigh” como una entidad cultural propia. Pero aún están muy lejos de conseguir lo que consiguió la Autoridad Palestina en las Naciones Unidas. Puede que con el tiempo… El 17 de enero de 2012. Es la fecha oficial de esta nueva “sublevación tuareg” ¿la tercera? ¿la cuarta? ¿la quinta? Este empeño occidental por cuantificar a veces es un poco obsesivo, reconozcámoslo. En principio, tendría que haber sido “otra más”. Pero, tomó una connotación diferente debido a diferentes causas: la debilidad institucional del gobierno de Malí, la dejadez del gobierno central con respecto al norte del país, los secuestros de occidentales en el Sahel, pero, sobre todo, a causa de la entrada en el conflicto de grupos islamistas cercanos a AlQaida y a la entrada de combatientes venidos de la guerra en Libia. Sí, Libia. No hay que olvidarse de Ghadafi. Sí, el gran monstruo, era al mismo tiempo el gran estabilizador de la región. Muerto el estabilizador, el caos se extiende como una mancha de aceite. Sí, es fácil empezar guerras y presentarse como “defensor de la democracia y los derechos humanos” pero… hay que medir bien las consecuencias (cf. Lc 14,31-32). Y aquí ya entramos en el baile de siglas que te anunciaba al inicio. Ánimo. Ahí voy. El que empezó la sublevación fue el MNLA (Movimiento Nacional para la Liberación del Azawad), que nació en octubre de 2011 de una fusión del MNA (Movimiento Nacional del Azawad) y de la ATNM (Alianza Tuareg de Níger-Malí). Su intención era clara (e incluso da Casa Madre 4/2013 27 fue tolerada por la comunidad internacional): la independencia del Azawad, es decir, de las regiones de Kidal, Tombuctú y Gao. “Otra sublevación más tuareg” que no implicaba una movilización de tropas francesas ni de nada parecido. Pero, he aquí que la cosa se complicó. Aparecieron tres grupos islamistas de tonos distintos que pusieron en guardia a Francia (tras haber recibido el beneplácito del resto de gobiernos más influyentes del planeta): Ansar Dine, que significa “defensores de la religión” y que es considerado como un movimiento salafista que puede hacer de bisagra entre el islamismo fundamentalista y la “comunidad internacional”; el MUJAO, Movimiento por la Unidad y la Yihad en África del Oeste; y el AQMI, Al-Qaida en el Magreb Islámico. Sí, lo que empezó siendo “otra sublevación más tuareg” se convirtió en una lucha del islamismo radical por hacerse con el control del norte de Malí pero quizás también con el poder en Bamako. Costa d’Avorio ¿Cuáles son las diferencias entre ellos? Ansar Dine nació en marzo 2012 y propugna la instauración de la sharia. No debe confundirse con el movimiento sufí del mismo nombre 28 da Casa Madre 4/2013 creado en 1992 en Malí por el líder religioso Sheriff Osama Haidara y que no tienen nada que ver el uno con el otro. El AQMI nació en 2007 como una prolongación del GSPC (Grupo Salafista por la Predicación y el Combate) que fue una disidencia del GIA (Grupo Islámico Armado) argelino. Es una organización considerada como terrorista por la mayor parte de gobiernos influyentes del mundo y obtiene sus recursos económicos de los secuestros y del tráfico de armas, de heroína en el este del Sahel y de cocaína en el oeste. El MUJAO nació a mediados de 2011 fruto de una escisión del AQMI, ya que perseguía el control islamista no sólo en el Magreb sino en toda el África del Oeste. Fue este grupo el que tomó el control de Gao aplicó la sharia. El 11 de enero de 2013 Esta es la fecha que hace bascular la sublevación tuareg hacia una invasión del islamismo radical y que hace que Francia se decida a intervenir directamente tras haber obtenido el consenso de “Occidente” (y “Oriente”). Ese día el MUJAO pasa el Rubicón y toma la ciudad de Konna, punto estratégico hacia Ese día se armó la de San Quintín. Y todos los medios nos hablaron de la decisión francesa de “liberar Malí del islamismo radical”. Ni una imagen de guerra, ni una gota de sangre, sólo aplausos a medida que las tropas francesas iban tomando el control de las distintas ciudades del norte. La destrucción del patrimonio cultural en Tombuctú alimentó la “indignación del mundo democrático”. La obra de teatro se iba desarrollando según el guion previsto pero lamentablemente no era una obra, no se trataba de teatro y no sé si se tenían todos los papeles del guion si uno ve lo que está pasando en la actualidad. Incluso François Hollande se paseó por Tombuctú cual McArthur de los “viejos tiempos”. Para añadirle un poco de color a todo esto, la CEDEAO (Comunidad Económica de Estados de África del Oeste) se mostró dispuesta a colaborar con tropas de los distintos países de la zona: Nigeria, Togo, Níger, Burkina… en total unos 3 000 hombres que se unieron al contingente francés, que denominó a la intervención “operación Serval”. Siempre me llamó la atención la creatividad de los franceses para dar nombre a sus “operaciones militares” (mucho más creativos ciertamente que los EEUU). El serval es un felino de tamaño medio que sólo está presente en África. Es la única especie de su género. Es de constitución esbelta, con la cabeza pequeña en relación al resto del cuerpo y las orejas grandes. Sus patas son largas lo que le permite ver mejor. Corre bien y aunque no suele subirse a los árboles, puede escalar bastante bien. Me parece una forma artística de describir al contingente francés. Lo que no suele decirse y que Laurent Louis dijo. ¿Laurent Louis? Pues sí, Laurent Louis. Este hombre es un diputado independiente del parlamento belga que el 17 de enero de 2013 explicó al parlamento porqué votaba en contra de la intervención francesa. resumirla. Más o menos vino a decir que no se puede justificar una intervención diciendo que persigue el freno del islam radical si, al mismo tiempo, en Siria estos mismos gobiernos occidentales están apoyando a grupos parecidos para derrocar a Bashar AlAssad. Si en Egipto, Túnez y Libia son los que han sido puestos en el poder por estos mismos gobiernos occidentales. Costa d’Avorio Bamako y más allá de la “célebre frontera” entre los grupos nómadas y los sedentarios. Y habló de otros intereses que no es que estén ocultos pero tampoco se les da demasiada importancia como es el interés de Areva, la empresa francesa líder mundial en energía nuclear, por explotar una mina de uranio situada en Falea, una localidad de 17 000 habitantes situada a 350 km de Bamako y que desde hace años, la multinacional francesa, intenta hacerse con la licencia de explotación. Puede que, por casualidad, tras esta intervención francesa, esta empresa privada logre su objetivo. Podría continuar este artículo citando más y más datos y nombres y localidades pero no es mi objetivo ser un especialista del tema. Sólo he querido ver desde otro ángulo la guerra en Malí, disfrazada de “lucha contra el islamismo radical” pero que tiene mucho más de “ruptura social” hasta que no se afronte seriamente la “cuestión Azawad” y que oculta unos intereses económicos que quizá sean comparables a los petrolíferos que tenía occidente en Kuwait o en Irak o en… Que el conocimiento científico de la realidad nos permita de ser profetas. Su intervención merece la pena leerla entera porque en este artículo no podré ni tan siquiera 29 da Casa Madre 4/2013 “HEMOS HECHO LO QUE DEBÍAMOS HACER.” LC 17,4 Colombia P. Joaquín Pinzón, IMC 30 Reciban de mi parte un fraternal saludo con los mejores deseos para que todo su vivir y quehacer este impregnado de bienestar alegría, y entusiasmo misionero. con una comunidad Regional variada, plural, y con grandes valores para seguir contribuyendo al proyecto Misionero Regional, y así seguir juntos Reavivando el Sí a la Misión. Como es de su conocimiento, he sido llamado a prestar el servicio como pastor de la Iglesia local naciente de Puerto Leguízamo –Solano, motivo por el cual no me es posible continuar en la terea que con confianza la comunidad Regional me ha encomendado desde el pasado 14 de septiembre de 2011. He presentado al superior general la carta en la que le notifico que a partir del día 9 del presente ceso en mi función como superior Regional, quedando como superior encargado el P. Angelo Casadei. Quiero aprovechar esta oportunidad para hacer llegar mi más profundo sentimiento de gratitud, en primer lugar al consejo Regional, un gran equipo de Reflexión Vida y Trabajo, en ellos pude encontrar confianza, lealtad, apoyo y sobretodo corresponsabilidad, en el cumplimiento del servicio encomendado, y de manera muy especial a cada uno de ustedes misioneros, que desde los diferentes servicios que prestan a la Región, han hecho posible, que lleguemos, donde hemos llegado. Pero como no siempre acertamos, quisiera con sinceridad pedir disculpas si con alguna actitud pude ocasionar algún daño a alguien en particular. En la mitad del trayecto recorrido, contemplando lo vivido, brotan sentimientos de gratitud, de alegría y de esperanza, constatando que no hemos alcanzado el ideal trazado, pero estamos en camino y con posibilidad de seguir avanzando, y esto es posible ya que contamos da Casa Madre 4/2013 Esto no puede sonar a despedida, pues el haber asumido el servicio que me han pedido Los invito a participar de mi consagración, el día 20 de Abril de 2013, en la Catedral primada de Bogotá, y el día 4 de Mayo de 2013 en la posesión en Puerto Leguizamo. Su participación es importante para mi. Nuestra Madre La Consolata y el Beato Allamano, sigan manteniendo encendido en todos nosotros el ideal misionero. En Sintonía y comunión. Colombia no me aparta del ideal misionero compartimos, indudablemente se trata de un proyecto que hace parte de la opción que el IMC ha hecho al servicio de la Iglesia que peregrina en Colombia. Por lo tanto seguimos vinculados y estoy convencido que el apoyo incondicional que he recibido de ustedes misioneros, seguirá presente en la nueva realidad que abrazaré. El proyecto ha sido una construcción de todos, una construcción que ha iniciado en el año 1951, cuando un puñado de intrépidos misioneros asumieron el desafío de la Amazonía Colombiana, un proyecto que muchos y muchas lo han continuado, y que hoy nos pasan la bandera a nosotros, y nos piden que lo llevemos adelante con fidelidad y creatividad. Sean todos bienvenidos a ayudar a llevar esa bandera, con la oración, la reflexión, con la búsqueda, pero sobre todo con la disponibilidad para servir de manera directa a las comunidades allí presentes. 31 da Casa Madre 4/2013 CARVOEIRAS E MANCALAS Museu de Arte Sacra e Etnologia CARVOEIRAS Inserida no âmbito da exposição fotográfica «Damas de Carvão», patente ao público em Fátima no Museu de Arte Sacra e Etnologia, realizar-se-á pelas 21h30 do próximo dia 5 de abril uma Mesa Redonda intitulada «Carvoeiras| duas realidades». Portogallo Nesta iniciativa conhecer-se-ão duas experiências respeitantes à produção de carvão vegetal: Costa do Marfim (San Pedro) e Portugal (Marinha Grande). A primeira, relacionada com a temática da exposição, aborda as carvoarias de San Pedro, onde dezenas de mulheres trabalham, todos os dias, na produção de carvão vegetal para vender como forma de autossubsistência. Já em Portugal, conhecer-se-á o trabalho das carvoeiras de Pilado, Marinha Grande, uma realidade desconhecida por muitos, tendo sido uma atividade explorada durante várias décadas pelas mãos femininas que recorriam ao Pinhal de Leiria para obterem a matéria-prima. Ainda hoje existem carvoeiras que fornecem carvão a particulares e a restaurantes, sendo elogiada a qualidade deste carvão. Foram convidados para esta Mesa-Redonda, Ana Paula Ribeiro, fotojornalista e autora das fotografias em exposição, o padre Luís Maurício Guevara, missionário da Consolata que visitou as carvoarias de San Pedro (Costa do Marfim) e Paula Lemos, docente com uma dissertação de mestrado em Estudos Portugueses – Culturas regionais Portuguesas, assentando a sua investigação nas carvoarias da aldeia de Pilado (Marinha Grande). O diretor do museu, Gonçalo Cardoso, será o moderador da mesa. 32 da Casa Madre 4/2013 Por ocasião das férias da Páscoa, o Museu de Arte Sacra e Etnologia irá promover uma oficina de aprendizagem do tradicional jogo africano “Mankala – O jogo das pedras”. Os mancalas constituem uma família de jogos em que o tabuleiro consiste de duas, três ou quatro fileiras de buracos, nos quais são distribuídas pedrinhas. A família dos Mancalas é muito antiga e sua origem é incerta. Espalhouse por vários continentes e tornou-se muito popular na África. Portogallo MANCALA Uma de suas versões mais comuns é jogada no tabuleiro tradicional egípcio, com duas fileiras de 6 buracos e um buraco maior que ocupa as duas fileiras em cada ponta. Os seis buracos de baixo são seus e o buraco maior da direita é a sua mancala, ou seu depósito de pedras capturadas. O objetivo do jogo é capturar o maior número de pedras. O jogo começa em geral com 4 pedras em cada buraco. Sua jogada consiste em escolher um buraco, retirar suas fichas e distribui-las pelos outros buracos, uma por buraco, no sentido anti-horário (em algumas versões do jogo, no sentido horário). Quando você passa por sua mancala, você deixa uma pedra nela como se fosse um buraco normal. Mas a mancala do adversário você pula. Quando os 6 buracos de um jogador estão vazios, o adversário coloca todas as pedras que estiverem na sua metade do tabuleiro em sua mancala. Somam-se então as pedras e quem tiver mais vence. Se a última pedra distribuída cair na sua própria mancala, você joga de novo. E se ela cair em um dos seus buracos e ele estiver vazio, você leva para sua mancala não apenas essa pedra, mas todas as pedras que estiverem no buraco adversário exatamente oposto. 33 da Casa Madre 4/2013 VITA NELLE COMUNITÀ LUNAR NEW YEAR Arvaiheer IMC Community Arvaiheer On Feb 11st, we began to celebrate Tsaagan Tsar, which is the first day of the year according to the Mongolian Lunar Calendar (Tibetan tradition). A great deal of work is required to prepare for the country’s most important feast. Up until the first day of celebrations the stores were packed with anxious shoppers trying to buy food and gifts to give to each guest who comes to visit them. The women had the hardest work. They spend several days preparing hundreds of booz (meat dumplings) and dairy foods to mark the occasion. Welloff families prepare and serve a stewed side of sheep as well. While most Europeans and North Americans would cut off the fat due to health reasons, the fat is the most important for Mongolians since it is seen as a sign of abundance and a source of strength. 34 Perhaps the most important thing to prepare for Tsaagan Tsar is the pyramid of traditional cookies (boov) erected on a large dish in a special fashion which is filled with dried yogurt curds, boiled goat fat and candies. This symbol is as characteristic of Tsaagan Tsar as the tree is for Christmas. The older and richer a person is, the greater the number of layers. The minimum would be 3 whereas the maximum would be 11 layers. Regardless, they must be stacked in an odd number. One layer represents joy whereas the other represents sorrow. You must always da Casa Madre 4/2013 The day before Tsagaan Sar is called Bituun, the name of the lunar phase of dark moon. Usually, only immediate family remain together for this evening celebration. This is also a time of year when Mongolians try to settle all outstanding financial issues and resolve long standing problems in order to begin the new year with a fresh start. They cannot leave their ger until first rays of sunlight enters through the opening of the roof. Many men gathered together on “Pink-Headed Hill” just behind our mission in the countryside of Arvaiheer in order to be touched by the first rays of the rising sun. They believe it brings blessings and good fortune. Upon sunrise, each returns home to begin the great feast. their arms underneath the older persons arms in order to show that they support them. The traditional greeting is “Amar cain uu?” or “Are you at peace?”. We then asked them how their spring season was going as we exchanged snuff bottles. We wish all of our Mongolian friends not only a year but a lifetime of blessings from the God who lives in the magnificent “Blue Sky”. Arvaiheer begin and end with joy. The platter is placed on a table near the north side of the ger. It remains intact for three full days, after which the family dismantles and eats all of the treats. On this first day, wearing our deels (traditional Mongolian dress) and with our blue scarves in hand, we entered each ger and first greeted the eldest male of the household all the way down to the youngest child present. During the greeting, the youngest person must always place 35 da Casa Madre 4/2013 “CAMINANTE NO HAY CAMINO SE HACE CAMINO AL ANDAR” La comunidad Unión-Valle Con que alegría y gozo en el corazón hemos iniciado esta etapa formativa que se nos propone con la familia misionera de los misioneros de la Consolata. Una llegada cargada de muchas expectativas y con grandes sueños, que alegría encontrarnos de diferentes lugares del país para vivir una experiencia nueva. El viernes, 15 de febrero del 2013, llegamos a la casa de formación en la Unión-Valle: Jean Carlos, Sergio y Leonardo de Florencia-Caquetá; Jeisson Stiven de Roldanillo-Valle; David de Manizales-Caldas; y Miguel Angel de Bogotá; la cual está bajo la responsabilidad del padre Ricardo Bocanegra, IMC. Allí solo se respiraba alegría y paz. Más que recién conocidos éramos como hermanos que no se veían desde hace tiempo. También nos acompañaba el padre Joaquín, el superior regional, y el padre Genaro, responsable de la pastoral indígena en esta región. En la cena compartimos el pan como hermanos y nos dispusimos a descansar del largo viaje que habíamos tenido. 36 da Casa Madre 4/2013 El sábado 16 de febrero nos levantamos (a las 7:00 a.m.) muy animados, tuvimos nuestro primer momento de oración comunitaria a cargo del formador, el padre Ricardo, y complementado por el superior, el padre Joaquín; quien nos ofreció con su iluminación una pincelada sobre la figura del bienaventurado padre José Allamano. Continuamos la jornada con el arreglo del jardín, acentuando en el grupo el ánimo de servicio y de trabajo, ya que no hay mejor forma de aumentar la humildad que es una característica fundamental en la comunidad Allamaniana. En esa misma mañana los padres estuvieron reunidos en la granja. Cerca de las 10 de la mañana, arribó a la casa otro integrante más: Danilo, proveniente de Cogua-Cundinamarca. Después de una presentación muy rápida continuamos el trabajo en el jardín y acto seguido compartimos un agradable desayuno. La organización de la casa nos dispuso en una actitud de colaboración Unión-Valle entre los integrantes del grupo. Acercándose las horas de la tarde recibimos con gran emoción el almuerzo, un momento entretenido y muy ameno gracias a la confianza que habíamos ganado durante la jornada. Tomamos un breve receso en las actividades y nos dimos tiempo para conocernos y reconocer nuestro ambiente. Ya en la tarde, llegó un momento que alegró el corazón de todos los integrantes: la preparación de la Sagrada Eucaristía en la cual seríamos presentados ante la comunidad como seminaristas en el año propedéutico. La celebración tuvo para nosotros varias sorpresas, una de ellas fue la llegada del padre Alonso Álvarez quien nos acompañó en la búsqueda de respuesta a nuestra vocación; llegó acompañado de un grupo de jóvenes laicos misioneros. La Eucaristía tuvo inicio cerca de las 6 de la tarde; estuvo precedida por nuestro superior y concelebrada por los padres Ricardo, Javier, Genaro y el padre Alonso. Esta celebración fue muy significativa puesto que el padre Alonso nos presentó al superior y este a su vez nos acoge en la familia de la consolata, entregándonos al padre Ricardo para el inicio formal del año del propedéutico. En la homilía, el padre Joaquín nos exhortó a estar felices y sentir la alegría en nuestros corazones ya que la comunidad tenía tres grandes motivaciones: la primera y la de más orgullo fue la celebración de la pascua del Beato José Allamano, nuestro padre fundador, el padre Joaquín recalca la vida del bienaventurado como imagen de una vida consagrada para todos aquellos que lo siguen con un bello lema que siempre estaba presente en la vida del beato y en su comunidad misionera “primero santos y luego misioneros “; el segundo motivo de gozo fue un claro ejemplo de compromiso a las huellas del fundador como fue la profesión religiosa de nuestro hermano Alex, aunque en la distancia nos unimos a él y a toda la familia misionera en fiesta; por último y no menos importante las palabras de aliento hacia nosotros, los integrantes del propedéutico que damos un pequeño paso hacia el seguimiento de Jesús en una futura consagración en la vida religiosa, “la niña de sus ojos”. 37 da Casa Madre 4/2013 TRE FUNERALI E UN COMPLEANNO P. Gianantonio Sozzi, IMC Primo funerale Guillermo, dicono i pochi che lo frequentavano, doveva avere piú o meno ottant’anni. Era afro, originario di Esmerandas, ma nessuno conosceva bene le sue origini. A Palma Roja era arrivato seguendo María, che l’aveva trovato a Lago Agrio e se l’era portato a casa. Ad ogni modo Lago Agrio, capitale di questa vasta regione amazzonica dell’Ecuador, era gia lontano dalla sua terra e dai suoi affetti, ammesso e non concesso che in Esmeraldas, sul Pacifico, avesse avuto qualche terra, qualche affetto o qualcosa di simile a una famiglia. Della sua vita precedente mai una parola a nessuno, e tutti rispettavano questa sua privacy. Era di carattere brusco, pochi amici o forse nessuno che si potesse chiamare tale. Ha avuto figli, dicono, ma non si da bene da che donna perché María al poco tempo l’aveva cacciato; dopo tanti anni è anche incerto il ricordo di quanti fossero e dove potessero essere in questo momento. In poche parole Guillermo era solo. Puerto Ospina Viveva con i soldi di un sussidio governativo che non si nega mai a chi ne ha bisogno, 38 da Casa Madre 4/2013 specie se il mercato petrolifero è in auge; non le mancava poi nemmeno un piccolo conto in banca con qualche centinaia di dollari e una casetta racimolati negli anni e nella solitudine. Sapeva che il momento della resa dei conti non doveva essere lontano, e così aveva deciso di far qualcosa per equilibrare il deficit con il Padre Eterno. Non era specialmente cattolico… eppure aveva messo tutto il suo impegno per organizzare il pellegrinaggio alla madonna de las Lajas, rinomato santuario situato su uno sperone roccioso a strapiombo su un fiume nelle montagne della regione di Ipiales, sulla carta geografica in Colombia, ma in realtà in quella parte del territorio colombiano che, poco a poco, si va trasformando in Ecuador, nel linguaggio, nelle tradizioni culinarie e nel modo d’essere delle persone. A las Lajas non arrivò mai. Un infarto lo stroncò “on the road” e a pochi chilometri della sua meta finale e quasi alle porte del santuario concludeva così il pellegrinaggio della sua vita. Sono le sette del mattino quando arrivo alla chiesa di Palma Rojas: il funerale, inizialmente progettualità quando domina l’improvvisazione e il “Dios proveerá”. Il corpo, coperto da in lenzuolo prestato dalla parrocchia, è lí steso su due assi da impalcatura di muratore in attesa della bara che “gente piadosa” è andata a comprare a Puerto el Carmen. L’hanno scaricato alle quattro del mattino da un furgoncino proveniente dell’obitorio dell’ospedale di Ipiales dove era arrivato ormai morto. Poi quando succedono cose specialmente gravi, in qualche caso perfino irreparabili, tocca quasi sempre a loro correre ai ripari per rammendare, rappezzare e consolare. Quando c’è di mezzo un morto gli uomini fanno il lavoro “pesante”: caricano la cassa, scavano la fossa, ci mettono una pietra sopra. Invece le donne fanno il lavoro “leggero”: i tramiti burocratici di rigore e lenire le ferite difficili da rimarginare e che durano nel tempo. Nessuno lo stava accompagnando a quell’ora o almeno così m’era sembrato quando entrai alla chiesa in penombra. Poi in un angolo scorgo la cagna gialla di doña María, completamente distesa, con le mammelle rigonfie di latte. Mi osserva con sguardo turbato e affaticato per la prossima cucciolata ormai alle porte, e muove la coda. Secondo funerale Nel funerale di Carmen Elisabeth invece di famiglia ce n’è tanta ed è tutta presente nella chiesetta del cimitero di Puerto El Carmen, un paesone che non ha chiesa ma sí una cappella nel cimitero. Quando ci sono funerali abitualmente la messa si celebra lí. È presente la nonna, la mamma, due vedovi e tre figlie: una bambina di cinque anni avuta dal primo vedovo e altre due bambine, una di tre e l’altra di un anno, avute con il secondo vedovo. Ad eccezione dei vedovi, che piangono mestamente, sembra una storia tutta fatta da donne. C’è una nonna ma sembra non ci sia un nonno; una mamma, pero non un papà; delle figlie ma nemmeno un degno discendente maschio. Lo squilibrio dei sessi è molto evidente in questo territorio. Ci sono attività squisitamente maschili: come quella di frequentare le taverna, ubriacarsi per annegare nell’alcol tanto sconforto, malmenare la consorte quando l’alcol diventa decisamente troppo. Fra le attività che si addicono di piú alle donne quella di tirare avanti la famiglia che per essere quasi sempre numerosa esige qualità e impegno non indifferenti, perché si tratta spesso di creare ricchezza letteralmente dal niente, speranza in mezzo alla disperazione, In questo caso la “finadita” era una donna, che è morta giovane: aveva 23 anni, ed è morta ammazzata. La nonna mi racconta una storia sconnessa e parecchio difficile da credere: “mia nipote venerdí sera è stata rapinata, le hanno rubato 300 dollari, poi l’hanno ferita, ferita è arrivata a casa, io ho detto di portarla via che era pericoloso tenerla così, la mamma non ha voluto, quelli che l’avevano ferita alla fine l’hanno cercata e l’hanno finita”. A me suona piú a un solenne regolamento di conti ma non voglio approfondire ulteriormente. Puerto Ospina previsto per le otto, si sarebbe poi celebrato alle cinque e mezza del pomeriggio. Faccio togliere la bara da sopra l’altare, al suo posto resta una macchia di umidità dall’odore poco gradevole che mi fa immaginare tante cose, faccio finta di niente, stendo la tovaglia e si comincia la messa. Terzo funerale Jairo era coetaneo di Carmen Elisabeth, o forse persino piú giovane di qualche mese. “Murió en su ley”, in mezzo a una sparatoria che ha lasciato sul terreno quattro morti: tre giovani di Puerto El Carmen e un colombiano. Quando c’è di mezzo un colombiano in Ecuador tutto diventa chiaro e non c’è piú nulla da investigare: il narcotraffico, la guerrilla, la cocaina, le armi, la guerra, i grilletti facili. È tutto. Pero Jairo non era colombiano, colombiano era il capobanda, probabilmente il principale obbiettivo dei sicari, un uomo con una storia di tutto rispetto alle spalle: killer, sequestratore, assaltante, ricettatore. Forse “miliciano” delle Farc, forse liquidato, assieme a tutti gli altri, dalle da Casa Madre 4/2013 39 stesse Farc che sanno risolvere solo in questo modo i grattacapi prodotti dai “miliziani” discoli o semplicemente fuori controllo. Jairo era un giovane nato da una umile famiglia sempre disposta a lavorare. La mamma è cuoca nell’internato delle suore della Divina Provvidenza: è lei che fa da mangiare ai quasi cinquanta ragazzini di entrambi i sessi che vengono da veredas e villaggi lontani e che, per poter studiare, restano in paese da lunedí fino a venerdí pomeriggio. La accompagnano, riconoscibili dall’uniforme, tutti i professori dell’Istituzione Educativa. “Jairo era era un ragazzo normale -dice il padrino, prendendo la parola alla fine del funerale– e in fondo, proprio in fondo, era un buon ragazzo. Tutti hanno dato a lui buoni consigli e anch’io ho cercato di farlo, tutti raccomandavano che era meglio non frequentare quel gruppo di amici, che la vicinanza a certe persone si paga cara. Ma Jairo era davvero ostinato e non ha voluto ascoltare nessuno, e le cose alla fine sono andate come sono andate”. Non era colombiano, ma “murió en su ley”… un sabato sera, una notte qualunque, e con tre colpi in testa. In un angolo del cimitero una giovane donna lo piange piú degli altri. Puerto Ospina Il compleanno di Don Jumbo Di “Don Jumbo” non conosco nemmeno il nome. Tutti lo chiamano usando il cognome preceduto da un onorevole “don”, “don Jumbo” quindi. Da anni è sposato con María dalla quale ha avuto nove figli, ma lui stesso è costretto a riconoscere che di figli in circolazione ne ha ben diciotto. “La mia María -dice– mi ha davvero voluto bene, non ero un caratterino facile io. 40 da Casa Madre 4/2013 Tante donne prima del matrimonio, qualcuna, un peccato che ho gia confessato, anche dopo. Ma María mi ha sempre perdonato, e con la sua forza mi ha aiutato a correggere tante asprezze”. Don Jumbo è fra i fondatori di Palma Roja. Il paese si chiama così perché esisteva una grandissima palma che assumeva un colore rossastro in certi momenti dell’anno, era l’albero piú significativo di questa collina così elevata e quasi a strapiombo sulla riva meridionale del río San Miguel. “È stato davvero un lavoraccio costruire il le case, la chiesa, il convento dei carmelitani, l’unico edificio di due piani che presiede il centro urbano. Adesso passa la strada propio li vicino, ma allora il materiale di costruzione arrivava sul fiume, bisognava scaricarlo a mano e poi trascinarlo fin quassú. Ma è uno sforzo che abbiamo fatto volentieri, e l’abbiamo fatto tutti uniti”. In tanti anni le cose son cambiate non poco per don Jumbo e per tutti gli abitanti di Palma Roja. È arrivata la strada, se ne sono andati i carmelitani, al loro posto sono arrivati i membri di un equipe che si dedicava all’evangelizzazione dei mondo contadino del vicariato di Sucumbíos, poi se ne sono andati anche loro, alcune famiglie se ne sono andate, alte ne sono arrivate, sono arrivati gli evangelici e hanno fatto man bassa, gli ultimi arrivati sono stati propio i Missionari della Consolata. Ma in mezzo a questo andirivieni don Jumbo è sempre rimasto. Non so se starà aspettando il giorno in cui anche noi ce ne andremo… nel frattempo, padrecito, gozamos de su presencia. “Quando, seguendo il corso del fiume, raggiungemmo questo territorio, di spazio ce n’era a bizzeffe. C’ero io, c’era la famiglia Reyes e pochi altri. Allora eravamo tutti amici e dopo aver tumbado monte ci dividemmo la terra Miguel si tuffa nel corso del Putumayo, e magari poi ci mangiamo un gelato. Da domani si torna al lavoro hasta que Diosito nos conceda vida. Novant’anni non si celebrano tutti i giorni”. La vita in Palma Roja è scandita ancora dal sorgere e dal tramontare del sole… quando amanece si va al campo, quando atardece si torna. Sono le sei di sera quando Jumbo torna a casa il giorno del suo compleanno. Quella stessa mattina, sulla sua piccola imbarcazione, aveva attraversato a remo il San Miguel per vedere come stavano le mucche e poi, nel tardo pomeriggio, era tornato a casa ma solo per caricarsi sulle spalle la pompa necessaria ad irrorare i tre ettari seminati a cacao. Puerto Ospina in modo approssimativo, questa collina è mia, quella è tua, questa zona costiera e piana, ottima per il pascolo, è mia, la tua è piú in su lungo il corso del fiume. Dopo esserci messi d’accordo, todos a sembrar. Quando venne il momento de catasto le cose si complicarono alquanto. “Tutti avevano seminato, tutti si erano arricchiti con questa terra vergine così generosa. E se al principio sembrava che quasi non avesse nessun valore economico, alla fine il valore lo diede il nostro lavoro, la nostra zappa, le nostre sementi, il nostro sudore… e cominciarono le liti che divisero la piccola comunità in opposte fazioni”. È gia quasi tutto pronto per la festa quando lo si vede arrivare con un sorriso da misión cumplida stampato sulle labbra. In cucina di María è quasi tutto pronto ma è ancora aperto il negozietto dove si vende di tutto: da generi alimentati di prima necessità fino a buona bottiglia di agua ardiente e cerveza anche loro necessarie. “Il negozio è di María -precisa don Jumbo- e nessuno, nemmeno io, è autorizzato a vendere un bel niente se lei non c’è”. Si chiude solo quando è giunta l’ora di mettersi a tavola: le sedie per i numerosi commensali si racimolano da tutta la casa e quasi nessuna uguale a un altra, ma tutti alla fine riescono a sedersi. È María l’incaricata di fare gli onori della casa, Jumbo sembra invece piú a suo agio nel ruolo del cameriere. Non mangia un boccone fino a quando non comprova che tutti sono adeguatamente serviti. Il giorno dopo la festa è sabato, a mezza mattina prendo il bus che da Palma Roja mi deve riportare a Puerto El Carmen. In prima fila scopro seduti e tenendosi per mano a Don Jumbo e María. “Padre, da anni il sabato mattina ci concediamo un giretto a Puerto El Carmen, passeggiamo sul Malecón che costeggia il punto in cui il San 41 da Casa Madre 4/2013 ENCUENTRO DEL EQUIPO BINACIONAL SUCUMBÍOS-PTO. OSPINA P. Julio Caldeira, IMC Desde 2008 los misioneros de la Consolata estamos presente en el Vicariato de Sucumbíos, Ecuador, en la frontera con Colombia, con el objetivo de integrar el trabajo de fronteras, pues hace décadas estamos en el Vicariato de San Vicente-Pto. Leguízamo (que desde el pasado 21 de febrero fue desmembrado y se llamará Vicariato Pto. Leguízamo-Solano), en Colombia. En los últimos años, como una manera práctica de llevar adelante el trabajo en la frontera colombo-ecuatoriana hemos buscado un acercamiento de los misioneros que estamos en ambas orillas del río Putumayo para las visitas, reuniones mensuales del equipo (que hemos llamado binacional) para evaluación, programación, oración, retiro mensual, celebraciones, estudios, trabajos del IMC, etc. Sucumbios En este año el equipo estará conformado por los padres Juan Pablo de los Ríos, Gianantonio Sozzi, Héctor Sánchez y Julio Caldeira (en Sucumbíos) y por el padre Antonio Benítez y la misionera laica Esperanza Córdoba (Pto. Ospina). Entre los días 25 y 27 de febrero pasado estuvimos reunidos en Lago Agrio, capital de la provincia de Sucumbíos-Ecuador, para nuestro encuentro de programación del año 2013, que contó con la presencia del vicesuperior regional, P. Angelo Casadei. 42 El primero día fue de llegada de los misioneros, lectura del acta anterior y del compartir de los misioneros y misionera sobre su vida personal, comunitaria y pastoral; en un segundo momento contamos con el compartir del P. Edgar Pinos sobre el Vicariato de Sucumbíos. El segundo día comenzó con la celebración eucarística, el compartir del P. Angelo Casadei sobre el Vicariato de San VicentePto. Leguízamo, de las perspectivas del nuevo Vicariato Pto. Leguízamo-Solano y algunas cuestiones de los misioneros de la Consolata. Al final de la mañana Mons. Paolo Mietto, da Casa Madre 4/2013 administrador apostólico del Vicariato de Sucumbíos ha compartido sus expectativas e inquietudes sobre nuestro trabajo y el proceso llevado a cabo en Sucumbíos. En la parte de la tarde, después de todos los aportes y reflexiones, hicimos nuestra programación para el año 2013, que contará con los encuentros mensuales de tres días en la última semana de cada mes (cada vez en una de las casas), el continuar la reflexión sobre la cuestión Amazónica, Fronteriza e Indígena, bien como las visitas en común y colaboración mutua por las riberas del río Putumayo. En el último día dedicamos al retiro mensual, a partir del aporte del P. Juan Pablo sobre “ser santo”. Concluimos nuestro encuentro con la celebración eucarística y compartiendo una exquisita “macarronada” preparada por el P. Angelo, en la expectativa del próximo encuentro y actividades de este mes, bien como el encuentro continental amazónico-indígena IMC que se llevará a cabo en la Amazonia Ecuatoriana entre los días 22 y 27 de abril. Tongducheon TONGDUCHEON P. Tamrat, IMC Abbiamo iniziato l’anno 2012 salutando il p. Jair, che si preparava a tornare alla sua terra di origine e nuova destinazione: la Colombia. Era arrivato in Corea come missionario nel febbraio 2005. Una settimana dopo la sua partenza, è arrivato alla comunità il p. Alvaro, appena tornato dal suo anno sabbatico in Portogallo. Con il suo arrivo, la comunità è così tornata ad essere composta da tre membri. P. Jair ha lavorato in Corea per 7 anni, 4 dei quali li ha spesi qui a Tongduchon, nell’assistenza ai lavoratori stranieri, specialmente i Latino-americani. E’ stato un missionario molto generoso tra gli ispano- parlanti, e la sua presenza era considerata molto importante da parte loro. Un suo ministero speciale consisteva nell’aiutare i latinoamericani che si trovano in prigione per qualsiasi motivo, specialmente i Colombiani, a comunicare con le rispettive famiglie. Assieme a Suor Angela, visitava regolarmente le famiglie più bisognose. Era sempre per strada e andava ovunque ci fosse qualcuno che avesse bisogno del suo aiuto; quando qualcuno era all’ospedale, per esempio, o era stato preso dall’Ufficio Immigrazione e portato negli appositi Centri in attesa di espulsione dal Paese. P. Jair era un servitore umile, la cui semplice presenza era ben apprezzata dalla comunità e dalle singole persone. Ancora adesso noi sentiamo il vuoto che egli ha lasciato nella comunità, specialmente quel “sapore latinoamericano” che lui portava in comunità, spargendolo su cibo, cultura o vivace musica latinoamericana, nelle occasioni speciali o anche solo nella celebrazione dei compleanni. Dopo la sua partenza, il numero di latinoamericani che soleva farci visita è andato diminuendo e adesso non c’è più quasi nessuno che ci viene a trovare, eccetto in caso ci sia qualche urgente problema da parte loro. Nonostante la partenza di p. Jair sia stata una triste notizia per noi, l’anno 2012 è stato comunque davvero speciale, perché ha portato il nostro Giuseppino a concludere la sua esperienza missionaria, e noi a vederlo fare la sua professione perpetua e ricevere l’ordinazione diaconale. Queste celebrazioni sono state per noi veramente “speciali”, perché eravamo stati testimoni del suo coraggio nell’affrontare un grave problema che aveva agli occhi, problema ora quasi del tutto superato, grazie a Dio. L’abbiamo visto ben determinato e deciso a fare la sua professione e assumere il suo impegno ministeriale con gioia; ora poi, è entusiasta circa la sua prima destinazione come sacerdote missionario, alla Colombia. La nostra casa ha due piani, e mentre la comunità usa il pianterreno per la sua vita di ogni giorno, usiamo il primo piano come luogo di accoglienza per lavoratori immigrati che siano in particolari difficoltà, a volte per alcuni giorni, altre per periodi più prolungati. Quest’anno molte persone, da molti paesi diversi, hanno usufruito della nostra accoglienza. Ve ne presento solo quattro, anche per darvi un’idea migliore di quali sono le persone che normalmente vengono a rifugiarsi da noi. Quest’anno abbiamo dato ospitalità a persone dalla Romania, dalle Filippine, dall’Ecuador e dal Kyrgyzstan, tutte con le loro buone ragioni per venire da noi. Flori era un immigrato illegale dalla Romania. Una notte stava lavorando in una fabbrica, quando le autorità dell’immigrazione (sempre a “caccia” di immigrati illegali) hanno fatto una retata. Cercando di sfuggire alla cattura, Flori cadde giù dal primo piano e si ferì malamente. Portato in ospedale vi rimase due mesi e poi venne a rifugiarsi da noi, proseguendo le sue da Casa Madre 4/2013 43 Tongducheon terapie presso l’ospedale vicino a casa nostra. Ruben invece veniva dalle Filippine. Voleva tornare al suo paese ma venne a stare un periodo da noi, in attesa che la fabbrica gli pagasse i salari arretrati che gli doveva. Lui era un immigrato legale, ma dovette estendere il suo visto di 3 mesi, per avere così tempo di risolvere il suo caso. Ruben citò il proprietario della fabbrica in tribunale, purtroppo però perse la causa e dovette alla fine far ritorno alle Filippine. 44 Lautaro era Ecuadoriano ma aveva un passaporto spagnolo. Era venuto in Corea a lavorare per un breve periodo, perché in Spagna, a causa della grave crisi, non trovava lavoro. Stava in Corea con un visto turistico, ma allo stesso tempo lavorava in una fabbrica, per tre mesi. Anche a lui capitò di lavorare per più di due mesi, senza venir pagato. Il padrone della fabbrica approfittò del fatto che lui, con un visto turistico, non poteva legalmente lavorare in Corea, per non pagarlo, e così lo sfruttò per tutto il tempo. Alla fine, pur senza ricevere i soldi che gli erano dovuti, Lautaro decise di tornare in Spagna, ma prima è rimasto un mese con noi. Era una persona molto buona, e ci aiutò molto con i lavori di pulizia della casa e con altri lavoretti di manutenzione della casa. L’ultimo caso che vi vorrei raccontare è quello di Alexander, dal Kyrgyzstan, arrivato da noi attraverso i buoni uffici di P. Domenico, un sacerdote coreano della diocesi di Chun-cheon, che lo stava aiutando. Quando ebbe bisogno di un posto dove stare, infatti, p. Domenico gli ha parlato di noi e ce l’ha portato. Alexander aveva un problema con l’alcool. Quando è arrivato da Casa Madre 4/2013 da noi continuò a tremare in tutto il corpo per tre giorni, e… a bere! Non mangiava niente, eccetto un po’ di latte. Rimase con noi circa un mese, fino s stare bene abbastanza da provare a lavorare di nuovo, dicendo che si annoiava a stare a casa da solo e, soprattutto, che aveva bisogno di guadagnare qualcosa per i suoi bambini a casa. Assieme a p. Domenico l’abbiamo aiutato a trovare un lavoro, portandolo anche al Centro del Lavoro. Dal momento che era entrato legalmente in Corea, non fu difficile trovargli un lavoro. Addirittura lo trovò in una fabbrica vicina a casa nostra, e lui era contento perché, diceva, ci avrebbe potuto far visita spesso, almeno nei fine settimana. Ma un giorno, sfortunatamente, il padrone della fabbrica dove lavorava l’ha portato da noi e lasciato davanti alla porta. La causa, come sempre, era l’alcool. Come ci spiegò il padrone della fabbrica, Alexander si presentava regolarmente al lavoro ubriaco fradicio, e la fabbrica non voleva assumere responsabilità, in caso di un suo incidente sul lavoro. Restò a casa nostra per un mese, spendendo in so-ju (un popolare vino coreano) tutti i soldi che aveva guadagnato lavorando nella fabbrica. Abbiamo preso contatto con molti posti, per cercare di aiutarlo a risolvere il suo problema, ma nessuno finora si è mostrato disposto ad accoglierlo, a causa della barriera linguistica. Stiamo continuando a cercare di aiutarlo. Il nostro 2012 sta così per finire, con molte benedizioni e con Giuseppino che si prepara ad essere ordinato sacerdote il 30 gennaio 2013. E noi ringraziamo di cuore il Signore, che è buono con noi, nonostante le difficoltà, che non mancano mai. P. Eduardo Reyes, IMC Fingoé INÍCIO DA NOVA MISSÃO DE FINGOÉ O dia 16 de Fevereiro de 2013, se da início da nova missão de Fingoé no Distrito de Maravia em Tete. Data importante e significativa para os missionários da Consolata na Região de Mozambique. O dia começa na casa do senhor Bispo de Tete (Dom Inácio Saure) com a celebração da Eucaristia lembrando a Festa do Fundador (Beato José Allamano) e orando pela nova missão dos missionários da Consolata em Tete. É uma data importante, pois se reconhece que estando em vida o Beato José Allamano em 1925, viu o nacimento da missão de Miruro em Zumbo. Isto é significativo para os missionários pois vai-se a dar continuidade a aquele primeiro sonho que se deixou atras. O senhor Bispo, acompanhado dos padres Hyacinth Mwallongo, Eduardo Reyes (IMC), pe. Rosário Dionísio Francisco (Diocesano), e da irmã Rosalina Xavier (Das Irmãs Franciscanas Missionária de Maria); fizeram uma visita a Sede administrativa de Fingoé no Distrito de Maravia; no dia 16 de Fevereiro. Com o objectivo de apresentar os novos padres missionários da Consolata que assumiram essa nova paróquia no Distrito de Maravia. Esta Sede Administrativa de Fingoé ainda não é paróquia, mas com a chegada dos padres missionários se constituirá uma nova paróquia na Dioceses de Tete. Por enquanto a comunidade tem uma capela que leva o nome de Santos Mártires de Uganda. A Sede administrativa de Fingoé está a uma distância de 278 km da cidade de Tete. Para chegar a Fingoé desde a cidade de Tete, se deve tomar a estrada asfaltada que leva a Zâmbia, logo depois de 163 km se desvia a esquerda tomando uma estrada de terra batida de 115 km, que conduze a Fingoé. No caminho se encontra com uma ponte que Divide o distrito da Maravia com o Distrito de Chifunde. Desta ponte até a sede administrativa de Fingoé, há uma distância de 95 km. Esta visita se realizou neste dia sábado 16 de Fevereiro, fazendola coincidir com a festa dos missionários da Consolata (O aniversario da morte do Fundador José Allamano em 1926). A chegada foi perto das 15:30 horas. A comunidade estava na capela ensaiando os cantos da Missa. Foram acolhidos com cantos desde a capela até a casa feita para os missionários. Um grupo musical com violões, batuques, e maracas acompanhou o desfile de entrada ao quintal da capela. Tinha muitas pessoas chegadas de diferentes comunidades vizinhas (Cantine, Nhimbe, Mbwedzi, kachombe, Unkanha e Maloera). Logo depois do almoço o senhor Bispo convidou os animadores das diferentes comunidades para fazer uma pequena reunião da Casa Madre 4/2013 45 e apresentar os novos padres. Fruto desta reunião podemos ter para a memória alguns pontos partilhados: • Os animadores serão os primeiros responsáveis dos padres. Cuidar, ajudar e obedecer nos seus trabalhos nesse lugar. • Esta primeira chegada a Fingoé, é só uma apresentação mútua dos padres a comunidade, logo mais adiante se pode fazer uma cerimónia oficial junto com os superiores da Consolata. • Os primeiros trabalhos vão ser de conhecimento tanto da língua, as tradições e adaptação ao lugar. Nestes aspectos os animadores cumprirão um papel muito importante pois terão que ir guiando aos missionários pouco a pouco. • Fingoé nunca teve padre residente, pois a paróquia estava em Ucanha, por isso será uma nova experiencia para aprender como comunidade a levar adiante esta tarefa. Necessitarão aprender como organizar-se para responder a este novo desafio e exigência. • Como missionários estão dispostos a conhecer as comunidades, traçando um plano de visitas no período seco (Abril - Novembro). Isto também compreende a sede de Zumbo. E dar um pouco de atenção mais próxima a antiga paróquia de Ucanha. Os missionários desejam poder acompanhar espiritualmente estas comunidades que estiveram mais de 40 anos sem presença contínua de sacerdotes. Fingoé • O senhor Bispo comprometeu-se a ajudar nestes primeiros passos de ubiquação e organização. Como signo importante em esta visita foi a compra do terreno (de um hectare), onde está actual capela e outro terreno de 10 hectares para a Diocese. O valor cancelado foi de 22.398 meticais. 46 • Tarefa a seguir será de erigir paroquia e organizar a sede paroquial para poder atender as diferentes comunidades. • Por enquanto, os missionários voltarão a Tete para coordenar alguns assuntos prévios à ubiquação definitiva em Fingoé. Também procurarão as coisas necessárias para poder da Casa Madre 4/2013 viver em Fingoé. • Os missionários propõem aos animadores um segundo momento de acercamento para os dias próximos a Semana Santa. Mais concretamente uma semana antes de Semana Santa. Assim se poderá programar com os animadores os dias santos e também coordenar para ter uma primeira visita a Ucanha. Terminada a reunião o senhor Bispo passou a encontrar-se com alguns jovens que solicitaram falar com ele. E a comunidade continuo ensaiando a Missa ate as 22:00 horas. No dia domingo 17, nas horas da manha, se celebrou a Missa muito solene onde como pontos principais se tinham: • Dar inicia a o tempo da Quaresma com a imposição das cinzas. • Celebrar o primeiro Domingo de Quaresma. • Fazer memoria junto com os missionários da Consolata da Festa do seu Fundador (José Allamano). • Apresentar de uma forma oficial à comunidade da igreja de Fingoé os novos missionários que trabalharão nessa região de Maravia e Zumbo. Concluída a cerimónia da Eucaristia, depois de tirar algumas fotos com a comunidade e logo do almoço, o senhor Bispo com sua comitiva empreenderam o caminho de volta para a cidade de Tete. Communauté IMC Le début de cette nouvelle année pastorale a apporté à notre communauté IMC de Dianra des nouveautés qui continuent à lui faire changer son visage. Tout d’abord nous tenons à remercier le P. Ramón pour sa présence parmi nous. Bien que courte, elle a considérablement enrichi notre communauté, pas seulement pour son charisme, mais aussi pour sa longue expérience dans les premiers années de notre paroisse. Nous lui souhaitons plein succès dans ses nouvelles fonctions comme curé de Dianra-Village et dans ses responsabilités au sein de la communauté de Marandallah. Le mois de Septembre a amené un nouveau visage à notre communauté, le P. Oscar Medina, qui a été affecté à cette mission après sept mois en Côte-d’Ivoire et un cours intensif de français à Abidjan. On veut souhaiter à ce jeune missionnaire un fructueux témoignage de l’Évangile dans notre paroisse et dans notre communauté. notre patronne Saint Thérèse de Lisieux et en réfléchissant sur certains passages du message du Pape pour la Journée Missionnaire Mondiale. Dianra NOTRE DÉBUT D’ANNÉE... Enfin, deux mois pleins de travail et riches de perspectives, temps de reprendre le chemin en tenant compte de l’évaluation de l’année dernière pour améliorer notre témoignage religieux et missionnaire. Le mois de Septembre a été aussi le temps où notre communauté s’est donné les fondements pour vivre au nom de Dieu et de la mission cette nouvelle année pastorale. Pour commencer, entre les jours 17 et 18 du mois nous nous sommes réunis ici à Dianra avec la communauté de Marandallah pour partager les activités qui pourraient nous aider à vivre dans la coopération et la fraternité comme secteur nord IMC. En outre l’objectif de nos confrères de Marandallah était aussi de travailler sur leur projet communautaire de vie dans la mission. Une semaine plus tard c’était notre tour de réfléchir et d’élaborer notre projet missionnaire communautaire de vie, pour lequel nous sommes allés à Marandallah dans la dernière semaine du mois. Deux dates importantes pour mettre en évidence dans ce mois: les 38 ans de profession religieuse de p. Manolo et les deux ans de prêtrise de notre curé, le p. Matteo. Le mois d’Octobre, mois missionnaire, on l’a commencé avec un chapelet missionnaire en commémorant la fête de 47 da Casa Madre 4/2013 AU FIL DES JOURS Communauté IMC Nous voici entièrement plongés et engagés dans le processus de notre histoire, marquée certainement par le grand événement de l’histoire ecclésiale : l’année de la « FOI ». Celleci est caractérisée par un renouvellement de notre communauté. Le Frère Rombaut venait de partir de Marandallah depuis le mois d’août dernier, pour répondre à sa nouvelle affectation à la Mai-son Mère en Italie. A sa place, le P. Ramón Lázaro Esnaola est venu de la RD Congo pour faire partie de notre communauté apostolique. Eu égard à ce qui précède, il s’est avéré important que nous ayons un nouveau départ pour que nous puissions répondre adéquatement aux nouvelles exigences que la mission nous impose : entre autres, la consolidation de notre communauté IMC, le rassemblement de la communauté chrétienne paroissiale, la pastorale de proximité, etc. Marandallah Pour cela, nous avions établi un nouvel horaire communautaire, en y projetant une rencontre communautaire chaque mardi à 15h00’. Ensuite, et de commun accord avec le P. Ramon, nous nous sommes fixés un rendez-vous deux fois par semaine pour l’apprentissage de la langue sénanri, précisément les mercredis et les vendredis à 15h00. 48 En rapport avec l’année de la foi, nous ne cessons d’encourager nos fidèles croyants à redoubler d’efforts en vue d’intensifier notre rapport et notre communion avec Dieu à travers la prière et le don de soi. En effet, cela a fait que nous suggérions d’avoir la messe deux fois par semaine le soir. Il s’agit du lundi et du jeudi, avec une demi-heure d’adoration le jeudi après la messe. Et les mercredis, nous célébrons au Centre de santé, pour manifester cette présence consolatrice de Dieu parmi les désemparés et les souffrants. Pendant les weekends, nous nous éparpillons dans les différents villages pour la célébration dominicale ; même si de temps à temps, le P. Ramon va à Dianra Village ou à Sononzo Carrefour pour rejoindre ses fidèles, étant da Casa Madre 4/2013 donné que la charge de la paroisse Saint Joseph Mukassa de Dianra Village lui a été confiée, tout en sachant que ce sont nos confrères de Dianra Préfecture (ex Sous-Préfecture) qui ont les mains mises à la patte. L’autre innovation introduite à notre communauté apostolique est la « soirée communautaire » tous les dimanches après la prière du soir. Il s’agit tout simplement de nous mettre ensemble, nous réjouir, voir un film ou un bon programme que la télévision peut nous offrir. Après le film, et pour bien agrémenter la soirée, nous nous mettons autour d’une table pour partager un gâteau, un verre d’amitié, et faire certains commentaires sur le film vu précédemment. Ces moments sont vraiment très édifiants car ils nous aident et consolident la fraternité, la convivialité et la communion. En fin de comptes, et sans prétention de grandeur mais d’une saine fierté, nous osons affirmer haut que nous sommes une communauté allègre, joviale et accueillante. Nous essayons de répondre à l’appel de Dieu au milieu de nos frères et soeurs koro et senoufo, qui ont été mis a notre charge en tant qu’équipe missionnaire. A savoir, notre pastorale ordinaire est appuyée par les activités du Centre de santé et du projet d’alphabétisation, sans oublier le « Jardin de l’Amitié » qui est encore en préparation, bien qu’il soit déjà opérationnel. Kasuba Bienvenu, IMC Sabato 02 marzo 2013, il seminario teologico internazionale di Bravetta è stato onorato della presenza del Cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, delle Pontificie Commissioni per i Beni Culturali della Chiesa e di Archeologia Sacra. L’evento è molto importante e grandioso per noi missionari della Consolata. Cinque dei nostri confratelli: Daniel (Etiopia), Dawinso (Colombia), Juan Carlos (Argentina), Kennedy (Kenya) e Nicolas (Kenya) sono stati ordinati diaconi nella Parrocchia Santissimo Crocifisso. In presenza del padre Sandro Carminati, superiore regione Italia e del suo vice padre Michelangelo, del padre Carlo Biella il rettore del seminario e di tanti altri missionari e sacerdoti e la grande assemblea venuta da diverse parti dell’Italia, questi nostri cinque fratelli hanno espresso al Signore la loro disponibilità a servire Cristo nella totale gratuità di vita. Erano presenti durante l’evento degli amici venuti da Torino, Vittorio veneto, Platì, Santa Maria al mare, Galatina, etc. Bravetta ORDINAZIONE DIACONALE Tutti hanno risposto volentieri all’invito, soprattutto per accompagnare questi giovani che hanno vissuto con loro e con loro hanno condiviso la vita come fratelli e amici. Conviene ricordare che i cinque ordinati sono compagni del diacono Antipas Tesha che in Portogallo ha fatto l’anno di servizio. 49 da Casa Madre 4/2013 CASA REGIONAL Lisboa P. Jaime Marques, IMC 50 Dizer que o mês de Fevereiro é o mês allamaniano, é já um lugar-comum. De facto durante estas poucas semanas o Beato Allamano esteve sempre presente nas nossas preocupações, na nossa oração e em muitas actividades, tendo como centro de convergência a sua pessoa e a sua doutrina. A festa litúrgica, que ocorre no dia 16, data da sua passagem deste mundo para o Céu, tornou-se o centro das atenções, não somente dos Institutos por ele fundados, mas da grande família missionária, que vai atingindo dimensões cada vez mais amplas e a nível nacional. Muita gente colaborou na preparação da peregrinação. Este grande evento foi, de facto o ponto mais alto das celebrações. Mais uma vez pudemos constatar o grande interesse que esta peregrinação desperta nos amigos da Consolata. Obtivemos grande colaboração também dos Párocos, nossos vizinhos, os quais tiveram a gentileza de anunciar nas suas igrejas e encorajar a os paroquianos a aderir ao nosso convite. E no dia 16, portanto a coincidir com a festa litúrgica, lá se dirigiu para Fátima a grande família consolatina. O tempo primaveril muito contribuiu para que fosse um grande dia de festa. Esperamos agora que toda esta movimentação seja penhor de um aumento de espírito missionário e de conhecimento dos nossos Institutos. O mês de Fevereiro foi também um período de alterações na nossa comunidade. Os dois jovens estudantes terminaram o curso de língua e cultura portuguesa que frequentaram na Universidade. Chegou portanto o tempo de serem colocados em lugares de trabalho. Depois de uma despedida fraterna, na qual quisemos agradecer a sua presença agradável e jovial que imprimiam na comunidade, o Bernard partiu para o Zambujal, ao passo que o Olivier continua a fazer parte desta comunidade. Também o José Brás, depois de uns meses de permanência connosco, partiu para o Porto a fim de frequentar a filosofia. Obrigado Zé, pela tua alegria e boa disposição. Desejamos-te os melhores êxitos. Acolhemos o P. Serafim, que atrasou a vinda por motivos de saúde. Tinha sido submetido a uma cirurgia. Tendo esta sido bem-sucedida, as melhoras da Casa Madre 4/2013 foram rápidas e satisfatórias. Quando se sentiu restabelecido, veio ocupar o lugar que o esperava. Desejamos-lhe que se sinta bem entre nós e que a sua saúde seja beneficiada pelos ares lisboetas. Todos sabem que está entre nós o P. Adelino Francisco. Veio de Moçambique por motivos de saúde. Está frequentando médicos e tomando medicamentos. Já se notam algumas melhoras, mas ainda há caminho para andar. Este mês foi pródigo também em aniversários. Logo de início foi o P. António, seguiu-se o P. Elísio e poucos dias depois o P. Serafim. Como é hábito, os Confrades da Zona Sul associaramse nas festas de parabéns e na partilha da alegria dos aniversariantes. Ao longo do mês tivemos muitas visitas internas e de amigos. Dá gosto ver o movimento que a nossa comunidade vai assumindo. Com todo o IMC regozijámo-nos com nomeação do novo Bispo, P. Joaquin Pinzón, ao qual prometemos a nossa oração. Seguimos com muito interesse a resignação do Pata Bento XVI. Agora sentimo-nos muito em comunhão com todos aqueles que em oração seguem os passos da Igreja neste momento prenhe de esperança. P. Albino Brás, IMC A nossa comunidade diz-se na sua naturezae nas atividades que realiza. Mais que umrelatório dos acontecimentos do mês, deixoaqui algumas notas... soltas: Bernard Zambujal Obiero O seminarista Bernard chegou a 4 de Fevereiroà comunidade do Zambujal e já se sentecomo peixe na água. Gosta das comunidades(religiosa e pastoral) e as comunidadestambém gostam dele. É um relaçõespúblicas e vai entrando facilmente nos váriosambientes do bairro. O jeito ‘Zambujal de ser’já lhe começa a entrar no sangue. Aqui vai darcontinuidade ao ano de serviço. O laboratório: cozinha de autor A nossa comunidade é a única da Regiãoque não tem cozinha, tem um... laboratório!Como não temos empregada, cada umvai desbravando os segredos da culináriapor entre tachos e panelas. Não seguimosreceitas. Na hora de preparar uma refeiçãovamos juntando os vários ingredientes e,no final, já sentados à mesa, aquele quepreparou a comida já sabe a primeira coisaque deve dizer: “Hummm... está delicioso”. Eos outros... concordam, claro! E não é falsamodéstia nem falsa humildade. Estamo-nos asurpreender uns aos outros. Cada prato é umasurpresa. E não passamos fome! Ninguémtem perdido quilos nem tem andado com orolo de papel higiénico atrás. A nossa cozinhaé um laboratório: inventamos, criamos,experimentamos... Fazemos cozinha de autor.Só isso! São servidos?! O Bruno e a D. Rita: dar e receber São 23h. Toca a campainha. Não, não é aD. Rita, que essa senhora, cabo-verdiana deorigem, costuma tocar mais cedo e semprecostuma trazer algo para nos dar: um saco defrutas, uma meia dúzia de meias, um qualquereletrodoméstico para a cozinha. A alegriadela está em dar. E, ainda que nem sempreprecisemos temos que fazer boa cara. O caboverdianonão costuma preguntar se queremos,dá, simplesmente. E ainda que não precisemosfica mal não receber. Mas, voltando ao Bruno...Sim, o Bruno é uma criança que mora no andarde baixo e é membro de uma família cigana.Vem pedir-nos alimentos quase diariamente:“Olhe! Podia-me ‘emprestar’ um litro oudois de leite e Zambujal NOTAS SOLTAS DA ZAMBUJAL 51 da Casa Madre 4/2013 Zambujal 52 um pacote de bolachas?”.Sabemos que é uma família necessitada, massabemos também da vocação deste povo deetnia cigana para pedir. Mas esta narrativasere também para frisar os sinais visíveis depobreza, e mesmo fome, que existem nestebairro. Quanto a nós, vamos dosando asajudas, mas com alguma pedagogia. Domingo do “PÃO SOLIDARIO” Portugal passa por uma profunda criseeconómico-financeira, que produzdesemprego e até fome. No nosso BairroZambujal, em particular, há pobres quetêm vergonha de se apresentarem comotal e, consequentemente, de pedir ajuda.O evangelho desafia-nos. Temos quefazer algo!Os/as Missionários/as da Consolata, que desdesempre apoiamos projectos nos países maispobres, onde temos Missões, convidamos,agora, a toda a comunidade do Zambujal aestender esta ajuda à população mais maiscarenciada da nossa comunidade.Foi com este objectivo que lançamos esteprojecto: “Domingo do Pão Solidário”, queteve inicio no dia 3 de fevereiro É um convitea todos os que participam na missa dominicalno nosso CCV (Centro Consolação e Vida), atrazerem um quilo, ou mais, de alimentos nãoperecíveis (arroz, feijão, massa, açucar, ...). Osprodutos doados são colocados, como oferta,num cesto diante do altar, na missa dominical.É um gesto que se repete sempre no primeirodomingo de cada mês. Foi instituido umconselho da comunidade para proceder adistribuição dos alimentso arrecadados,seguindo critérios de maior necessidade dasfamilias. Não resolvemos os graves problemasde pobreza no bairro, mas é um sinal. Umimportante sinal para comunidade. “Feliz quem acredita” A D. Lurdes Barata é uma de tantas mulheresque, da zona sul, animaram peregrinos dos25 autocarros que partiram da região Lisboa/Sintra na 23ª Peregrinação da Consolata aFátima. D. Lurdes, responsável da capelade São Mamede, em Janas, Sintra, ondecelebramos missa com alguma regularidade,admira os missionários da Consolatae a missão que realizamos. Com estessentimentos animou a sua comunidade, eligava insistentemente para as pessoas paraas animar a inscreverem-se. Preparou tudoaté ao mais mínimo detalhe. Chegado odia, animados na esperança, partiram. Já àentrada de Fátima o seu autocarro foi barradopela polícia, que ali os da Casa Madre 4/2013 reteve por quase umahora, por irregularidades de documentaçãodo autocarro. Como responsável ficou muitonervosa. Até porque – depois de os terem feitodescer a todos, no frio gélido e húmido deFátima, e voltar a subir - levaram o autocarroescoltado até ao seminário, eram já quase 11h.“Fizeram de tudo para que nos sentíssemosquase que criminosos, e pra mais em Fátima”,desabafava ela, tremendo de nervos, nessedia. Um excesso de zelo da polícia, quedeveria ter sido devidamente denunciadopela organização da peregrinação. Estes diasfalei novamente com a D. Lurdes. “Então, em2014 volta a organizar a peregrinação na suacomunidade, verdade?!” – “Claro que sim!” –respondeu resoluta – “Apesar dos problemasencontrados, as pessoas gostam de ir”, dizemque “é tudo muito bonito”. E assim vamos,mais animados ainda por pessoas que nosanimam! Fratel Francesco Bruno- Cico, IMC Da parte mia non posso lamentarmi troppo: sia lo scorso anno sia questo sono stato aiutato in tanti modi da molta gente generosa, così ho potuto aiutare gli indigeni e visitare molti villaggi, tra cui alcuni per la prima volta. Per visitare, intendo “stare” almeno un giorno intero nel villaggio o nella comunità indigena! In Gennaio, sette giorni di “Via crucis” sotto il sole caldo, in sette villaggi, in occasione del passaggio della “Croce Pellegrina” e del quadro della Madonna, per ricordare il tema della Campagna di Fraternità il cui Tema quest’anno é la gioventù. È stato sotto il sole caldo, per mancanza di luce elettrica, altrimenti lo avremmo fatto di sera o di notte. Poi altre visite in altri villaggi per accompagnare feste patronali, e i vari Progetti in andamento tra cui quello dei pesci, che crescono lentamente, mentre il bestiame va un po’ meglio, e per consegnare tegole per le cappelle e pezzi di ricambio per le biciclette dei catechisti, mangime per i pesci, ecc. Siamo vicini alla festa più importante e solenne di tutto l’anno, in cui ricordiamo la risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo! Qui, purtroppo, i popoli indigeni sono ancora in piena Quaresima, schiacciati da una “società perversa” dove pochissimi hanno tutti i diritti e la maggioranza delle persone, ha solo i rovesci. La festa più grande e molto rispettata è il Venerdì Santo ! Durante una riunione di Pastorale, un maestro nato in Amazzonia, che lavora nel Centro di Formazione della terra Indigena Raposa Serra do Sol, si è sfogato e ha raccontato la sua sofferenza come insegnante e, oltre a lamentarsi della società perversa, ha usato tante parole e tanti aggettivi, che descrivono bene il “calvario” e le ingiustizie in cui “vivono” gli indigeni e i poveri nel Brasile, e purtroppo, dico io, anche in tanti altri paesi del mondo. Ha parlato anche dei “Progetti” che accompagna, soprattutto delle piscicolture, e ha ribadito che occorre ascoltare gli indigeni, oltre che tenere presente il loro contesto culturale. Le richieste, molte, vanno in direzione di motopompe e tubi per irrigare le piantagioni, anche per causa del tempo di siccità da parecchi mesi. Intanto aggiusto i motori e le pompe esistenti, e altri attrezzi per grattugiare la Manioca, per fare la farina e altri manicaretti... Con il torinese Maurizio, siamo stati alle fonti dove inizia l’acquedotto di Camarà: abbiamo sofferto un po’ per la salita e le difficoltà del “sentiero”. Gli indigeni hanno già sostituito i tubi, e hanno fatto il lavoro meglio di quello che pensavo, ma si dovranno fare ancora altri lavoretti, sia per captare l’acqua, sia per sostenere i tubi in modo durevole e funzionale. Inoltre Maurizio mi ha veramente aiutato per 26 giorni, teoricamente e praticamente, generosamente e senza paura di sporcarsi le mani. Devo proprio ringraziare per questo dono inatteso. Specialmente per gli alveari e per il miele, e adesso sono più tranquillo con tantissimi telaietti nuovi, e lavori fatti. Dopo alcune riparazioni, il camioncino ha messo giudizio e funziona bene: forse ha sentito che presto arriverà il nuovo, ed è un po’ geloso... da Casa Madre 4/2013 Camarà CAMARÀ 53 In febbraio c’è pure stata l’Assemblea Regionale dei catechisti, nelle “dipendenze” del corral per l’allevamento del bestiame, all’aria libera, con una buona partecipazione. Inoltre ho partecipato a innumerevoli riunioni barbose di tutti i tipi, qui a Boa Vista (dovevo tagliarmi la barba due volte al giorno per non correre il rischio di cadere nel calpestarla...). Per fortuna, alla fine di una di queste riunioni, una suora ha suggerito qualche “idea” per migliorare il clima, evitando la ripetizione di parole a non finire, che fanno saltare orari, cose varie e anche la pazienza. Chiaro che in queste riunioni si impara molto, e si riesce ad avere una visione generale, ma si passa anche molto tempo seduti in locali inadatti, con aria condizionata a circolo chiuso. Camarà Sono in partenza per andare all’assemblea di tutti i capi indigeni di Roraima, in riva al lago di Caracaranã. Forse riuscirò a farmi qualche bagno rilassante. Dopo andremo in altri villaggi, per feste, battesimi, e celebrazioni inerenti alla Quaresima, Settimana Santa e Pasqua, e in aprile un corso di aggiornamento per Catechisti... 54 da Casa Madre 4/2013 Un cordialissimo grazie grande e immenso come l’Amazzonia a tutti e l’augurio di tante cose belle e buone! P. Aventino Oliveira, IMC Dia 4, 2ª-feira. Memória do grande apóstoloque foi S. João de Brito, um dos grandessantos missionários, talvez bastante subestimadopela história da Igreja. Já foipadroeiro dum dos nossos seminários emPortugal: o Seminário de S. João de Brito naQuinta dos Cónegos, perto do Carregado, apartir de 1947. Tempos em que o gostar doque é nosso era, (como também ainda hoje…),valia nos quadrantes da nossa carismática. 6, 4ª-F. O nosso decano, o P. SerafimMarques, é operado à vesícula no hospital deTomar. A operação correu bem, mas a situaçãocomplicou-se um tantinho quando a pressãoarterial máxima desceu a níveis perigosos.Mas os medicais lá conseguiram equilibrar asituação: o nosso confrade teve de ficar doisdias a mais no hospital. Graças a Deus e aoFundador as coisas começaram a melhorar. 7, 5ª-F. Festa das Cinco Chagas deCristo, em Portugal. Para os amantes dahistória pátria é esta uma festa queos deixa a impar de orgulho. S. Bernardo,primo de Afonso Henriques, tinha umagrande devoção às Chagas do Senhor. Os seusmonges trouxeram-na para Alcobaça e de láespalharam-na pelos pertos e pelos longes. Com o andar dos séculos tornou-se uma dasfestas principais das gentes lusas.E aos eventos, felizes ou menos, presidemelas sempre na bandeira nacional. Como dizo Luso Vate Camões acerca de Cristo e dassuas Chagas: “… a vitória já passada, Na qualvos deu por armas e deixou As que ele para sina Cruz tomou” (Luzíadas, I, 7). Celebramosa festa na capela pública do seminário coma participação dos nossos amigos e clientesespirituais habituais.- Começa hoje a novena ao Beato JoséAllamano, nosso Fundador.- Faz hoje dois meses, faleceu o primeiromissionário da Consolata português, o P. M.Carreira, Jr. E com ele lá se foi a memória demuitas coisas interessantes dos primeirostempos do Instituto em Portugal. RIP. 9-12 de Fevereiro, XXVIII Semana deEstudos sobre a Vida Consagrada: Fé eVida Consagrada – Renovação para a novaevangelização: no Centro Paulo VI, Fátima.Participantes delirantes. Fatima FÁTIMA 55 da Casa Madre 4/2013 Fatima 10, Dom. Chega a Fátima o P. M. Tavares,acompanhante do P. Adelino da C. Franciscoque de Moçambique vem a Portugal paracuidados médicos bem necessitados. Caro P.Adelino, benvindo, e pedimos ao Fundador eà ‘Fundadora’ que tomem boa conta de ti e datua saúde, e que te aumentem aquela dose dealegria que já tinhas quando eras seminarista. As melhoras! 11, 2ª-F. Como todo o mundo, recebemos ochoque da “Declaratio” do papa Bento XVIanunciando que “renuncia ao seu ministériode Bispo de Roma e sucessor de S. Pedro”,efetiva no dia 28 deste mês de fevereiro de2013, às 20h00, hora local de Roma, aduzindocomo razão uma acentuda “diminuição dovigor do seu corpo e do seu espírito que oimpediria de bem administrar o ministérioque lhe foi confiado”. Muitas outras possíveis(e improváveis) razões para tal evento vãoser apresentadas ou inventadas pelos várioscírculos de avaliação, ou pseudo- avaliação,pelo mundo inteiro. Sentimos o dever delhe agradecer o muito que fez, e escreveu,mormente para levar muita gente a aceitar,amar e proclamar mais Jesus Cristo comoSalvador da humanidade inteira. 56 da Casa Madre 4/2013 Só na oraçãose pode compreender este gesto que, partindodo humano, só no divino se pode cabalmentecentrar.- O P. Serafim volta esta tarde do hospital,onde foi submetido a cirurgia. Depois do sustoda tensão arterial muito baixa, parece que oresto correu bem. Vem bom, agora precisa dedescanso. Graças a Deus tudo acabou bem. 13, Quarta-Feira de Cinzas. Deste tempolitúrgico do ano disse-nos o papa Bento XVI:“Quaresma é subir ao monte para contemplarJesus: ao descermos de lá, vamos trazerconnosco o amor e a força de servir os irmãos”. Dia 13, que nos recorda como é sempreatual a mensagem trazida pela Virgem aqui aFátima.Colóquios Fé, Missão e Martírio, de 13 a 24 defevereiro. Mártires de Guiúa.Apresentação doLivro “Véu de Morte numa Noite de Luar”, donosso P. Dimantino Guapo Antunes, sobre oscatequistas mártires do Centro Catequético deGuiúa. Conferência, muito apreciada, do Dr.Brasão Mazula. 16, Sab. 87º Aniversário da morte do nossoFundador, Beato José Allamano. Mortevida.XXIII Peregrinação da Família Missionáriada Consolata a Fátima. A Via Sacra teveum el- Fatima emento diferente este ano: em cadaestação estava um membro IMC paradirigir a oração nesse lugar. Parece queeste sistema funcionou bastante bem. Nanossa capela pública também houve umaVia Sacra especialmente para as pessoasque mais dificuldade tinham em caminhar… Às 15h30, Missa na Basílica da SantíssimaTrindade celebrada pelo P. João Nascimento,nosso missionário na Costa do Marfim, quefalou sobre como é agradável missionarnaquele país. Concelebrantes todos os outrosmissionários da Consolata presentes… Ao fimda Missa, consagração a Nossa Senhora naCapelinha das Aparições, onde o P. ManuelTavares maxi-exibiu o calor da sua oratória.O terço na Capelinha às 18h30 ficou tambémà nossa responsabilidade, rezado emportuguês, suaíli e inglês, sob a direção do P.Aventino… Vários membros IMC prestaramo grande serviço do relacionamento com os‘peregrinos’. Uns 7.000 membros da FMCvieram conviver connosco aqui em Fátima, enotava-se claramente o sentido de família emtodos os presentes. Bem hajam todos aquelesque bastante labutaram nos muitos, e talvezcomplicados, preparativos.- Vemos com alegria que o P. Serafim melhoraa olhos vistos. Laudetur. 20, 4ª-F. Memória dos Beatos Franciscoe Jacinta de Fátima. Grandes santos, cujasantidade consistia numa vida vivida em Deus,com Jesus Cristo especialmente na Eucaristia,e no amor materno da Virgem Maria. Destasfontes inesgotáveis surgia neles um intensointeresse e ação pelo bem do próximo. Bem ocompreendia e sublinhava o nosso Fundador,quando insistia que todo o bem ao próximotem de ser feito por amor a Deus. Do mesmomodo, o Pai da nossa fundação em Portugal,o Rev.mo P. João De Marchi, insistia que“o bem ao próximo não nos basta fazê-lopor filantropia, é preciso fazê-lo por amora Deus”. 23-24, Sáb-Dom.: Retiro sobre o significadoprático da quaresma na vivência diária,pregado pelo P. Norberto Louro. 25, 2ª-F. Reunião da comunidade local: examecerrado, à lupa, da peregrinação da FMC. 28, 5ª-F. Às 20h00, hora local de Roma,a Igreja Católica fica na situação de SedeVacante.A Gripe tem por cá feito das suas. Mesmo os‘cedros do Líbano’ bufam que se fartam.Aniversários. Dia de anos: Dia 3, P. AntónioFernandes, Superior Regional (1968). 11,P. A. Rossi (1930). 24, P. Aventino (1933).Ordenação: 9, P. Aventino (1957).Triunvirado. Como todos sabem, temos nacomunidade de Fátima um triunvirado deIrmãos que dão um tom mais completo àfundação como o Fundador a via:Os Irmãos José Afonso, António Gonçalves eJoão Alfaiate.Cada um deles ocupa-se em vários trabalhosque aliviam o “peso e o calor do dia” dacomunidade:- O Ir. José Afonso há uns 35 anos que trabalhano seu atelier de manufatura de objetosreligiosos: estatuetas, terços (antigamente: mais de 1 milhão)... Interessantes os seustrabalhos de objetos típicos em miniatura,como dobadoiras, fusos, teares, moinhos devento, carros de bois, cangas; castiçais demadeira para várias velas, caixas para chá, etc.Sempre o primeiro na Hora de Adoração da5ª-feira.- O Ir. António ocupa-se de vários trabalhos,tais como acompanhar sacerdotes nossos quevão celebrar missa em capelas pertencentesàs paróquias de Santa Catarina da Serra,Fátima e Ourém; tratar de documentos váriospara membros do IMC; levar IMCs em visitasa hospitais; questões de medicamentos;trabalho na nossa horta; manter a lareiraacesa para o refeitório ficar quente durante asrefeições no inverno e ir buscar lenha para afogueira; etc.- O Ir. João, vários trabalhos no departamentoda Fátima Missionária; vai à tipografia emTorres Novas em serviço da revista; visitasa centros de idosos e idosas onde animaa liturgia ou para-liturgias com cânticosapropriados, ou só para levar uma nota alegremuito apreciada; organista na nossa capelapública, etc.“Bem-hajam”, dizemos-lhes agradecidos. da Casa Madre 4/2013 57 DIES NATALIS 58 da Casa Madre 4/2013 P. FELICE GARAU, IMC Nato il 27 aprile 1937 a Assemini (Cagliari), dopo aver frequentato gli studi classici nel Seminario di Cagliari, fu accolto in noviziato alla Certosa di Pesio, dove emise la professione religiosa il 23 ottobre 1960. Continuò gli studi filosofici e teologici in Casa Madre a Torino, e il 19 dicembre 1964 fu ordinato sacerdote da Mons. Francesco Bottino, Vescovo ausiliare di Torino. Destinato all’Italia, lavorò come insegnante e animatore a Biadene, Vittorio Veneto e direttore del ginnasio a Varallo Sesia. Nel 1973, dopo un anno di studio per la lingua inglese a Londra, arrivò in Kenya, e lavorò nelle missioni di Kaheti e Karatina. Dal 1984 al 1981 fu di nuovo in Italia per la pastorale giovanile a Martina Franca. Dal 1966 alla sua morte lavorò a Gatunga e a Mukothima. E’ deceduto il giorno 02 Marzo 2013 nell’ ospedale M. P. Shah, di Nairobi. Aveva 75 anni di età, di cui 52 di Professione Religiosa e 48 di Sacerdozio. 59 da Casa Madre 4/2013 P. ANTONINO ACCOTO, IMC Nato il 19 novembre 1922 a Minervino di Lecce, entrò da giovane nell’Istituto. Frequentò tutti gli studi classici prima a Parabita, poi a Varallo e infine a Cereseto Monferrato. Dopo il noviziato alla Certosa di Pesio, emise la professione religiosa il 2 ottobre 1943. Continuò gli studi di filosofia e di teologia a Varallo Sesia e a Uviglie e il 31 maggio 1947 fu ordinato sacerdote da Mons. Giuseppe Angrisani, Vescovo di Casale Monferrato. Destinato all’Italia, vi passò tutta la sua vita, insegnando nei seminari a Cereseto, Rovereto, Varallo Sesia, Vittorio Veneto, Bedizzole. Dal 1973 al 1976 fu redattore della rivista Missioni Consolata a Rivoli. Nel 1976 fu nominato segretario regionale, compito che svolse fino al 1998 assieme a quello di revisore dei conti ARI. Nel 2003 fu destinato a Martina Franca, dove prestò servizio in parrocchia, quasi fino alla fine della sua vita. E’ deceduto il giorno 06 Marzo 2013 ad Alpignano, per complicazioni cardio-respiratorie. La salma riposa nel cimitero di Alpignano. Aveva 90 anni di età, di cui 69 di Professione Religiosa e 65 di Sacerdozio. 60 da Casa Madre 4/2013 SOMMARIO ECCO, IO SONO CON VOI TUTTI I GIORNI, FINO ALLA FINE DEL MONDO (MT 28,20) PASQUA: IL VERO PASSAGGIO ALL’ALTRA RIVA 2 GIUSEPPE ALLAMANO: UOMO DELLA FEDE 6 LETTERATURA SULL’ALLAMANO, BIOGRAFIE E STUDI 8 SAN RENE’ GOUPIL (1608 – 1642) MARTIRE PER IL SEGNO DELLA CROCE 12 RIPARTIRE PER CAMBIARE MESSAGGIO PASQUALE DEL PADRE GENERALE 16 LA VISITE CANONIQUE DU P. PENDAWAZIMA IMC AU SEMINAIRE PHILOSOPHIQUE ANTONIO BARBERO DE KINSHASA (RDC) 20 MARZO 2013 22 MENSAGEM DA DIOCESE DE GURÚÈ ENVIADA AO SANTO PADRE BENTO XVI 24 FÁTIMA:MISSIONÁRIOS FESTEJAM 50 ANOS DE SACERDÓCIO 25 ¿DESDE DÓNDE VER LA GUERRA EN MALÍ? 26 “HEMOS HECHO LO QUE DEBÍAMOS HACER.” LC 17,4 30 CARVOEIRAS E MANCALAS 32 LUNAR NEW YEAR 34 “CAMINANTE NO HAY CAMINO SE HACE CAMINO AL ANDAR” 36 TRE FUNERALI E UN COMPLEANNO 38 ENCUENTRO DEL EQUIPO BINACIONAL SUCUMBÍOS-PTO. OSPINA 42 TONGDUCHEON 43 Sommario INÍCIO DA NOVA MISSÃO DE FINGOÉ 45 61 da Casa Madre Mensile dell’Istituto Missioni Consolata Redazione: Segretariato Generale per al Missione Supporto tecnico: Adriano Podestà Viale delle Mura Aurelie, 11-13 00165 ROMA - Tel. 06/393821 C/C postale 39573001 - Email: [email protected] da Casa Madre 4/2013 NOTRE DÉBUT D’ANNÉE... 47 AU FIL DES JOURS 48 ORDINAZIONE DIACONALE 49 CASA REGIONAL 50 NOTAS SOLTAS DA ZAMBUJAL 51 CAMARÀ 53 FÁTIMA 55 NECROLOGIO 58