da Casa Madre - Missionari della Consolata

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da Casa Madre - Missionari della Consolata
da Casa Madre
Anno 93 - N.3 - 2013
Istituto Missioni Consolata
Perstiterunt in Amore Fraternitatis
BENVENUTO
PAPA FRANCESCO
EDITORIALE
PASQUA
IL VERO PASSAGGIO ALL’ALTRA RIVA
P. Giuseppe Ronco, IMC
Yam kinneret, il lago a forma di cetra, più
conosciuto come lago di Tiberiade, ebbe un
posto importante nella vita di Gesù e dei
suoi discepoli.
Era una fonte di economia e di lavoro per
i pescatori di Galilea, per i commercianti e
i gabellieri della zona: tra di essi Gesù ne
scelse alcuni come suoi discepoli.
Le città adagiate sulle sue rive erano
numerose. Gesù le visitava regolarmente,
incontrando persone e folle a cui annunciava
il Regno di Dio e la conversione.
Ci si serviva del lago come via di
comunicazione, da attraversare in barca a
remi nonostante tempeste improvvise e
venti contrari, perché permetteva di arrivare
alla riva opposta, dove dimoravano i pagani.
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I discepoli che lo seguivano erano testimoni
delle meraviglie che Gesù compiva, ma per
dubbio esistenziale che sempre attanaglia
il cuore umano e per strane vicissitudini
della vita, faticavano a comprendere chi
egli veramente fosse. Non avevano ancora
ricevuto lo Spirito effuso nella Pasqua e il
cammino non era terminato. C’era ancora
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da attraversare il lago delle sofferenze della
passione e le tenebre della morte, prima
di arrivare all’incontro trasformante e
luminoso, sull’altra riva.
Ma il tempo opportuno arriva ed ecco il
miracolo. Dopo aver faticato invano sul
lago per tutta la notte, l’alba viene, foriera
di una pesca abbondante, miracolosa, senza
precedenti. “Ho Kyrios estìn, E’ il Signore”
(Gv 20,7).
Si rendono conto, quasi all’improvviso, che
la traversata del Calvario era indispensabile
per capire in modo definitivo che Gesù aveva
trasformato la morte in vita, donandosi per
amore per la nostra salvezza.
Ora, a Pasqua, sull’altra riva del lago, la
traversata era compiuta.
Il coraggio di attraversare
La parola “pasqua”, pascha in greco e latino,
è una trascrizione dell’aramaico pasha che
corrisponde all’ebraico pesah.
L’etimologia di questa parola ebraica è
incerta, ma il suo significato fondamentale è
“passare oltre”.
Tra i Padri della Chiesa le posizioni
relativamente al significato della Pasqua sono
diverse.
I Padri asiatici, come Melitone di Sardi,
Ireneo, Ippolito e Tertulliano, collegano il
termine pascha con il verbo greco páschein,
soffrire, riferendolo alla passione, páthos, di
Cristo.
Gli alessandrini, con Origene e la
maggioranza dei Padri orientali e occidentali,
trovano un’etimologia più esatta nel termine
“passaggio”, interpretato come diabasis,
transitus. Soggetto è il popolo che “passa”
dalla schiavitù dell’Egitto alla Terra promessa
attraverso il Mar Rosso. Applicato a Cristo,
indicherà il suo “passaggio” da questo mondo
al Padre, mediante il mistero pasquale.
passaggio verso l’alto (anabasis); pasqua
come uscita, passaggio fuori (exodus);pasqua
come passaggio in avanti (progressio).
Tutte queste sfumature indicano aspetti
importanti della festa che celebriamo. Si
tratta di applicarli alla nostra vita.
Siamo invitati a vivere il momento presente
con una sapienza nuova che nasce dal
Crocefisso risorto e a vedere il mondo in
modo totalmente diverso, in una prospettiva
pasquale, da nessuna mai proposta prima.
Chi crede nella risurrezione trova cambiato
il proprio modo di vivere. Trova la capacità
di rileggere nel Risorto ogni attimo
della vita: le proprie fragilità, le paure
che lo tormentano, le frustrazioni che l’
accompagnano, il male che sembra dominare
tutto. Per poi andare oltre, compiendo
la traversata dal male al bene, dall’odio al
perdono, dalla morte alla vita, dall’egoismo
al dono della propria vita per amore.
I Padri di area palestinese-antiochena, come
lo pseudo Origene, Apollinare di Laodicea,
Teodoreto di Ciro e Procopio di Gaza,
intendono pascha come “passar-oltre”,
hypérbasis, e pongono come soggetto Cristo
stesso che, con la sua passione e risurrezione,
è “passato oltre” i limiti della morte e
comunica questo dono ai credenti in lui.
Pasqua è comunque e sempre un passaggio.
La tradizione patristica ha saputo declinare
l’espressione in sfumature ricche di significato
esistenziale e teologico da applicare alle
situazioni della nostra vita: pasqua come
passaggio oltre (hyperbasis); pasqua come
passaggio attraverso (diabasis); pasqua come
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L’annuncio
La festa di Pasqua ha anche un carattere
fortemente
missionario.
Dall’incontro
con Cristo risorto deriva infatti l’invito ad
andare ad annunziarlo e a testimoniarlo al
mondo, camminando per le strade del mondo,
come evangelizzatori che hanno il cuore rivolto
al Signore.
La missione si giustifica solo perché si è
incontrato il Signore.
«Chiunque abbia incontrato il Signore e abbia
fatto un’esperienza del Risorto non può
tenere per sé questa esperienza, ma sente il
bisogno di comunicarla, di restituirla agli altri.
La nuova evangelizzazione parla, pertanto, di
un’esperienza intensa che qualifica la propria
identità, coinvolge tutta la persona e comporta
il sentirsi e comprendersi solo a partire da tale
servizio.
Non si sottolineerà abbastanza la necessità di
una forte esperienza di Dio per essere dei veri
evangelizzatori. Solo attraverso un contatto
permanente con lui, solo quando la Parola
brucia le nostre viscere, come nel caso dei
discepoli di Emmaus, si correrà ad annunciare
la Buona Notizia (cf. Lc 24,32-33). Solo quando
ci lasciamo incontrare dal Vivente, allora le
nostre porte, sbarrate per la paura o per una
fatale rassegnazione, si spalancheranno” (Fr.
José Rodríguez Carballo, Ofm).
Di qui, l’urgenza di uscire dal rachitismo
spirituale, abbandonando l’ignavia e dando
senso alla vita, lasciandoci abitare dal Vangelo.
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Ma anche l’urgenza di porci in cammino sulle
vie del mondo per annunciare a tutti il progetto
di Dio sull’umanità, rivelato al discepolo cha ha
saputo riconoscere Gesù come Signore.
“Esso consiste nella vittoria sulla morte del
peccato e nella nuova partecipazione alla
grazia. Esso compie l’adozione filiale poiché
gli uomini diventano fratelli di Cristo, come
Gesù stesso chiama i suoi discepoli dopo la sua
risurrezione: « Andate ad annunziare ai miei
fratelli » (Mt 28,10). Fratelli non per natura, ma
per dono della grazia, perché questa filiazione
adottiva procura una reale partecipazione alla
vita del Figlio unico, la quale si è pienamente
rivelata nella sua risurrezione” (CCC 654).
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Convinti che Cristo “svela pienamente
l’uomo all’uomo” (GS 22), accetteremo di
incontrare ogni categoria di persone, superando
barriere antropologiche, culturali, religiose e
geografiche, al fine di annunciare con linguaggio
comprensibile e semplice il messaggio che
vogliamo trasmettere.
Diventeremo testimoni significativi e apostoli
della gioia, trasformando le nostre comunità in
fraternità che evangelizzano con il loro stile di
vita.
Non sarà sempre facile nutrire simpatia e
mettersi in sintonia con chi è diverso da noi e
crede in altri ideali, ma il dialogo non cesserà,
credendo con Paolo che “se confessi con la tua
bocca il Signore Gesù, e credi nel tuo cuore che
Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato”.
(Rom 10,9).
«Chiamati a evangelizzare, dobbiamo prima
lasciarci evangelizzare noi stessi. Solo allora
potremo vedere la società secolarizzata non
come una minaccia, ma un’opportunità, un
nuovo areopago per annunciare il Dio vivo,
quel Dio che, sconosciuto da molti, tuttavia
costituisce il senso ultimo, pieno e definitivo di
ogni essere umano».
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ANNO DELLA FEDE
GIUSEPPE ALLAMANO: UOMO DELLA FEDE
Sr. Krystyna Jaciow, MC
I testimoni dicono che l’Allamano fu «un vero
amico di Gesù e un sacerdote suo prediletto»,
ma anche amico degli altri. Chi gli è stato
vicino, afferma che in lui incontrò «un padre
amoroso a provvederlo in tutte le necessità» e
una «madre tenera a compatirlo e consolarlo!
Trovò quasi un altro Gesù che preparava i
discepoli all’apostolato». Sì, perché una volta
che la persona diventa credente e professa
Dio come suo Amico, non può tenere per se
stessa questo grande dono, non può chiuderlo
nell’intimità del suo cuore, al contrario, si apre
alla comunicazione e alla partecipazione. Così
l’Allamano comunica la sua fede e anche la sua
esperienza spirituale: «Io vorrei che ciascuno di
voi fosse un altro Nostro Signore Gesù Cristo
vivente, una vera immagine di Gesù Cristo».
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«Nostro Signore deve vivere in noi, deve
spiegarsi al di fuori nelle nostre opere; dobbiamo
rappresentarlo: che sia Lui che vive nei nostri
pensieri, parole». Oggi un simile imperativo
risuona con forza nei recenti documenti del
Magistero. Per la consacrazione battesimale e,
per alcuni quella religiosa, e per l’energia del
Carisma, tutti siamo chiamati ad annunciare il
Cristo incarnato, crocifisso, risorto, asceso al
cielo, presente in mezzo a noi nello Spirito, che ci
conduce attraverso la porta della fede verso la vita
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in pienezza. Siamo chiamati a diventare GESÙ
OGGI, a rendere visibile il suo Volto a coloro
che vivono nei deserti dell’umanità, a prendersi
cura dell’immagine divina deformata nei volti
di fratelli e sorelle. Infatti, «lo sguardo fisso
sul volto del Signore non attenua nell’apostolo
l’impegno per la persona».
Se il fondamento della nostra fede cristiana
è l’incontro con Gesù Cristo risorto,
domandiamoci: Chi è Gesù per me? Nel terzo punto
il Papa ci invita a «recarsi come la samaritana al
pozzo per ascoltare Gesù che invita a credere in
Lui e ad attingere alla sua sorgente, zampillante
di acqua viva», a ritrovare il gusto della Parola di Dio
e l’Eucaristia .
Il Concilio Vaticano II ci ha consegnato le due
tavole: della Parola di Dio e dell’Eucaristia dove
trovare il primo nutrimento, sorgente pura e
perenne della vita spirituale. Il beato Allamano
precedette i tempi: è per noi il vero maestro che
ci indicò queste due fonti per nutrire la nostra
vita di fede. L’Allamano visse nel tempo in cui
l’accesso alla Bibbia non era abituale. Eppure
tutte le sue prediche e conferenze spirituali
sono piene di citazioni bibliche e di commenti
appropriati dei Padri della Chiesa. Diceva che
la Bibbia è «il nostro libro» e che per gustare
la Parola di Dio bisogna accostarsi ad essa con
gioia per scoprirvi la presenza e il Volto di Dio.
Il beato Allamano citando S. Gregorio Magno
dice: «Nella S. Scrittura dobbiamo riconoscere
il cuore di Dio». Convinto dell’importanza della
Sacra Scrittura nel cammino di fede, afferma: «I
Libri santi sono un pozzo profondo. Se la Sacra
Scrittura è un pozzo, naturalmente per tirar su
acqua costa fatica, ma una dolce e consolante
fatica». Rivolgendosi poi ai suoi missionari,
affermava: la Parola di Dio «sarà in missione la
vostra consolazione; chi saprà meditarla bene, vi
troverà il conforto, fonte di consolazione e di
vita». E che cosa dire dell’Eucaristia nella vita di
fede del nostro Padre Fondatore? Si sono scritte
tesi di laurea, tesine, articoli su questo argomento.
Una cosa è certa: il mistero eucaristico fu il
centro, principio e fondamento di tutta la sua
vita di fede; fede semplice, ardente, entusiasta,
al punto di considerarlo SOLE e AMORE, anzi,
TRE AMORI: «Vorrei farvi tutti devotissimi di
Nostro Signore nel Santissimo Sacramento.
È il SOLE: tutto è attorno e diretto a Lui. La Santa
Messa, la Comunione e l’Adorazione devono
essere i nostri tre amori». La S. Messa era per
lui il tempo più bello e l’azione più importante
della sua giornata. Nutrito della Comunione
eucaristica, prolungava la consapevolezza della
presenza del Signore nella sua anima 24/24 ore.
L’adorazione eucaristica era per lui l’incontro
con «l’Amico più amato» da cui riceveva
sostegno, appoggio, consolazione. Questo
esempio dell’Allamano deve suscitare in noi
seguenti interrogativi: Quale posto occupa nella tua
vita di fede la Parola di Dio? Quanto tempo dedichi
all’incontro con Cristo Risorto presente nell’Eucaristia?
L’atto di fede segna l’intera vita del credente.
Dalla fede personale derivano le diverse forme
di impegno nel mondo, nella società, nella
cultura, nel luogo di lavoro, là dove le persone
vivono e hanno bisogno di una testimonianza
coerente, una parola che infonda a loro
speranza, consolazione, voglia di dare il meglio
di se nelle responsabilità affidate. Così nel
quarto punto della lettera il Papa afferma: «I
contenuti essenziali della Professione di fede che
da secoli costituiscono il patrimonio di tutti i
credenti hanno bisogno di essere confermati,
compresi e approfonditi in maniera sempre
nuova al fine di dare una testimonianza coerente
in condizioni storiche diverse dal passato».
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OPERE DEDICATE ALL’ALLAMANO
LETTERATURA SULL’ALLAMANO
BIOGRAFIE E STUDI
P. Francesco Pavese IMC
Nel campo della letteratura che tratta
dell’Allamano possediamo un materiale
numerosissimo. Su questo versante si apre
un orizzonte sconfinato in tutte le direzioni.
Ma prima di presentare questo materiale, che
possiamo definire il nostro “tesoro”, vediamo
quanto il Fondatore credeva nella stampa.
Incominciamo col dire che è stato lui, assieme al
Camisassa, ad iniziare la rivista “La Consolata”
nel 1899. Non solo l’ha voluta, ma ha pure
incoraggiato i missionari a diventare scrittori
di articoli, o per lo meno ad inviare materiale
utile, annotando sul loro diario notizie adatte
e interessanti per comporre articoli. Scriveva ai
missionari: «Mi è impossibile enumerare ciò che
dovete dire [sui diari]; vi basti ricordare ciò che
fanno ordinariamente le cronache dei giornali e
le minute descrizioni che sogliono dare dei fatti
che succedono».
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L’obiettivo della rivista “La Consolata” all’inizio
era indubbiamente di fare conoscere l’attività
del santuario e suscitare collaborazione, ma
poi si è allargato alle missioni, coprendo poco
alla volta lo spazio principale del periodico.
Dunque un Allamano favorevole alla stampa.
Per convincercene, basterebbe rileggere le
testimonianze dei sacerdoti giornalisti del
suo tempo, tra le quali questa di don A.
Cantono: «Era un giusto estimatore del nostro
giornalismo, che voleva agile e ben fatto. Mi
diceva che certe innovazioni di forma e di
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tecnica non bisogna avere paura di applicarle».
Che l’Allamano usasse volentieri i libri,
sicuramente di tipo religioso, lo dimostra la sua
biblioteca, conservata a Torino, che è abbastanza
ricca, nonostante sia stata grandemente
depredata dai missionari in partenza per le
missioni, consenziente il Fondatore stesso.
Dietro espresso desiderio del Fondatore è
stato composto il primo volume scritto da un
Missionario della Consolata. Nel 1920, p. Pietro
Albertone ha curato un opuscolo (cm 8 x 13) di
276 pagine, stampato dalla tipografia Marietti. Si
tratta di un libretto di preghiere in preparazione
alla S. Comunione, con l’aggiunta di orazioni da
recitarsi prima e dopo la celebrazione della S.
Messa. Il testo, titolo e preghiere sono in latino,
come si usava allora.
Un Allamano per il suo tempo così aperto alla
stampa meritava che su di lui si scrivesse molto.
In effetti così è avvenuto. Rimandando chi
volesse saperne di più alla sessione “Bibliografia”
del Sito dell’Allamano, presento qui un quadro
sintetico della letteratura che lo riguarda.
In questo mese di aprile richiamo l’attenzione
sulle biografie e sugli studi fatti su di lui. Nel
prossimo mese di maggio presenterò le opere
composte solo da quanto egli ha detto o scritto.
In giugno parlerò delle Commemorazioni tenute
in sua memoria, specialmente il 16 febbraio di
ogni anno.
Biografie e profili dell’Allamano. Le
biografie che presentano la vita e la personalità
dell’Allamano, finora sono in tutto 27. Non sono
tutte della stessa mole e dello stesso genere.
Alcune sono biografie scritte secondo la forma
classica; altre seguono uno stile più moderno e
presentano con efficacia la sua personalità; altre
ancora sono piuttosto dei profili di mole più
modesta. Le biografie scritte originariamente
in lingua italiana sono 18 (diverse sono state
poi tradotte in inglese, francese, spagnolo,
portoghese; una persino in swahili, una in
polacco e un’altra in ungherese). Una, a fumetti,
è riservata ai piccoli.
Non essendo possibile presentarle tutte, mi
limito a segnalarne, tra quelle in italiano, tre:
la prima, cioè l’intramontabile biografia scritta
da p. Lorenzo Sales e pubblicata nel 1936,
con successive due edizioni, e con un’edizione
ridotta per facilitare la diffusione. Poi quella
monumentale di p. Igino Tubaldo. Poi ancora
l’album a fumetti di Massimo Maria CottiDavide Lupi , per la sua originalità. Chi volesse
conoscere al completo questa mole di materiale,
che è fondamentale per conoscere l’Allamano,
può consultare il Sito del Fondatore, alla sessione
“Bibliografia - biografie e profili”.
L’opera di p. Sales ha il merito di avere dato il via
ufficiale alla divulgazione della conoscenza del
Fondatore in modo veramente brillante. In essa
si nota la freschezza del testimone “de visu”, che
attingeva le notizie non solo dal sentito dire o
dallo studio dei documenti, ma soprattutto dalla
propria conoscenza diretta del personaggio e
degli eventi. Nel comporre la biografia p. Sales ha
valorizzato molte testimonianze da lui sollecitate
e la lunga intervista che aveva fatto al Fondatore
in vista dell’articolo da pubblicare sulla rivista “La
Consolata” per il 50° di ordinazione. Al riguardo
ha spiegato: «Durante una settimana, tutte le sere
mi recai in camera sua per un’ora e più con carta
e matita. Rispondendo alle mie interrogazioni,
egli raccontava e io scrivevo. Naturalmente presi
occasione per conoscere assai di più di quanto mi
abbisognasse per l’articolo. Fu una vera rassegna
di tutta la sua vita». L’importanza di quest’opera
risulta anche dal fatto che ha colpito persino
qualche componente del tribunale della Santa
Sede, tanto che, durante il processo apostolico,
è stata avanzata un’obiezione, poi risolta, sulla
credibilità di alcuni testimoni, proprio perché si
temeva che fossero stati influenzati dalla lettura
della biografia.
L’opera di p. Tubaldo, da lui stesso chiamata
“biografia”,
è monumentale, in quattro
volumi, più un 5° di indici. È stato l’allora
superiore generale p. Mario Bianchi, nel
1972, a dargli l’incarico di comporre una
biografia del Fondatore attuale e completa.
Come p. Tubaldo abbia fatto a raccogliere e
ordinare tanto materiale in così poco tempo
bisognerebbe che fosse lui a dircelo. Questi
volumi sono una miniera da cui si può attingere
un’infinità di notizie. Si tenga presente che si
tratta di complessive 2874 pagine. È indubbio
che quest’opera è una delle principali fonti per
conoscere sempre meglio il Fondatore, come
pure per saperne di più sulla attività missionaria
dei primi anni e sul mondo religioso e sociale
della Torino di allora.
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Merita ricordare anche la biografia a fumetti di
Massimo Maria Cotti-Davide Lupi, intitolata:
Giuseppe Allamano: La grande Avventura (tradotta
anche in brasiliano). È un album a colori
di 32 pagine, unico nel suo genere, uscito in
occasione della beatificazione, molto originale.
La vita del Fondatore è presentata come
un’avventura interessante, che conquista i
ragazzi. Si deve riconoscere l’abilità di chi ha
composto il testo come pure del disegnatore,
che ha saputo schizzare un Allamano sempre
molto riconoscibile e vero.
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Studi sull’Allamano. Sul versante degli
studi pubblicati sull’Allamano ci sarebbe da
scrivere un libro solo per presentarne l’elenco
bibliografico. Non è possibile calcolare il
numero dei volumi e opuscoli che trattano
direttamente o indirettamente di lui. Se poi
si prendono in esame gli articoli apparsi
sulle riviste nostre o di altri enti, allora c’è da
confondersi. Purtroppo l’Istituto non possiede
una raccolta completa di tale bibliografia. Per
questo mi permetto di rimandare ancora una
volta a quella pubblicata sul Sito del Fondatore,
che è molto sviluppata e che, per ora, è la più
completa.
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C’è da precisare che non tutti questi studi
hanno il medesimo valore. Alcuni sono opere
veramente scientifiche, di differente ampiezza,
mentre altri sono soltanto brevi presentazioni
di qualche aspetto del Fondatore. Gli autori
sono di varia provenienza: cardinali, vescovi,
missionari, missionarie, sacerdoti, laici, italiani
ed esteri. Insomma, un ventaglio di scrittori che
si sono interessati del nostro Padre con stima e
affetto e, molto spesso, con intelligenza.
Siccome è impossibile illustrare tutta questa
bibliografia, mi accontento di fare alcuni nomi
come esempio della ricchezza che possediamo,
scusandomi con gli autori che non cito, che
sono si può dire la totalità.
Incomincio con il volume del p. Ceslao Pera,
domenicano, professore di teologia morale,
esaminatore sinodale e giudice nel tribunale
arcidiocesano di Torino. Il superiora generale
p. G. Barlassina lo aveva così presentato nel
1946: «Una terza opera vi annuncio, la quale
è d’imminente pubblicazione e distribuzione:
Lo spirito missionario negli scritti del Servo di
Dio Giuseppe Allamano. […]. L’Autore non
ha bisogno di presentazione. Noi gli dobbiamo
riconoscenza con gran cuore perché oltre
alla parte attiva che l’ill. Professore svolge
nel Tribunale Ecclesiastico per la causa di
Beatificazione del nostro Ven. Fondatore,
spontaneamente ha voluto offrire questo
prezioso studio, che sarà apprezzato tanto, sia
dai membri dell’Istituto, sia dagli estranei». Ma
l’opera annunciata non è stata stampata, forse per
problemi economici durante la seconda guerra
mondiale, ed è rimasta sepolta negli archivi. È
stato p. I. Tubaldo a scoprirne il manoscritto,
ad esaminarlo e promuoverne la pubblicazione
nel 1973, sotto il titolo: La spiritualità missionaria
nel pensiero del Servo di Dio Giuseppe Allamano. È
un volume di 265 pagine, di lettura impegnativa,
nel quale il p. Pera cerca di individuare la sintesi
della spiritualità a cui sarebbe giunto l’Allamano,
anche in rapporto alla missione.
C’è un secondo volume che non posso
dimenticare. Si tratta dell’opera di p. C. Bona,
dal titolo: La fede e le Opere - Spigolature e ricerche
su Giuseppe Allamano, uscito nel 1989, di 579
pagine. Con quale serietà lavora p. Bona è da tutti
risaputo. Lui stesso, nell’introduzione avverte
che il volume raccoglie e completa una serie
di studi precedenti e fatti in diverse occasioni.
Questi scritti - è lui che parla con sincerità
e esagerata modestia - «sono frutto di una
ricerca minuta, talvolta puntigliosa», e «vanno
paragonati a pennellate maldestre o a tessere
ritrovate di un mosaico». Chi ha letto questo
volume si è sicuramente reso conto che da esso
emerge una gigantesca figura dell’Allamano,
visto nel suo ambiente, impegnato nelle
molteplici attività per il santuario e le missioni,
e in sintonia con personaggi di alto profilo
spirituale del suo tempo.
Meritano speciale menzione gli studi offerti dal
Postulatore p. Gottardo Pasqualetti. Tacendo
dei numerosi suoi articoli apparsi sulla rivista
“Giuseppe Allamano - Dalla consolata al
mondo” e su altre riviste, mi limito a citare
quattro importanti opere, tradotte pure in
altre lingue e molto apprezzate: Missionario per
il mondo nella Chiesa locale, 1976, pp. 80; Poveri
per arricchire gli altri - Esempio e insegnamento di
Giuseppe Allamano sulla povertà religiosa, 1988, pp.
86; Giuseppe Allamano - frammenti di un ritratto,
1986, pp. 96.
C’è un altro volume curato da p. Pasqualetti,
che contiene gli atti del convegno organizzato
a Torino il 24 novembre 1990, nell’ambito
delle manifestazioni per la beatificazione
dell’Allamano. Sono riportati gli interventi di
esimi personaggi del mondo religioso e laico,
tutti molto interessanti. Il titolo del volume
rispecchia lo stesso titolo del convegno:
Giuseppe Allamano - A Torino per il mondo con forza
a pazienza, 1991, pp. 111.
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IL COLOSSEO DI OSSERNENON
SHRINE OF THE NORTH AMERICA MARTYRS
SAN RENE’ GOUPIL (1608 – 1642)
MARTIRE PER IL SEGNO DELLA CROCE
P. Giuseppe Ronco, IMC
René Goupil fu il primo gesuita ad effondere il
suo sangue nella terra del Nord America.
Il 2 maggio 1646, P. Isaac Jogues fece pervenire
al Superiore dei Gesuiti di Québec, P. Jerome
Lalemant, il Narré, racconto dettagliato del
martirio di René Goupil. E’ un documento
di inestimabile valore storico, perché ci fa
conoscere notizie interessanti sugli ultimi mesi
della vita del martire e perché è scritto da un
testimone oculare che poco tempo dopo subirà
la stessa fine.
Il racconto del martirio
“Gli attribuisco il titolo di martire, non solo
perché è stato ucciso da nemici di Dio e della
sua Chiesa, mentre esercitava la carità verso il
prossimo, mettendosi in evidente pericolo per
amore di Dio; ma particolarmente, perché è
stato ucciso a causa delle preghiere e della santa
croce.
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Era in una capanna dove recitava le preghiere.
Ciò non piaceva a un vecchio superstizioso che
là abitava. Un giorno, vedendo un bambino di
tre o quattro anni nella capanna, per eccesso
di devozione e di amore alla croce, si tolse il
berretto e lo mise sulla testa del bambino,
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tracciandogli sul corpo un gran segno di croce.
Il vecchio, vedendo la scena, comandò a un
giovanotto che si preparava ad andare in guerra
di ucciderlo; cosa che subito fece. Estrasse
il tomahawk, un’ascia irochese tagliente che
teneva nascosta sotto una coperta, e diede un
colpo sulla testa di René che cadde faccia a
terra, pronunciando il nome di Gesù.
Mi avvicinai al moribondo, mentre il giovanotto
gli sferrava altri due colpi sulla testa per finirlo,
e gli diedi l’assoluzione. Era il 29 settembre,
festa di San Michele”.
Il segno della croce, che René spesso insegnava
ai ragazzi, fu interpretato come una stregoneria,
un maleficio per uccidere il bambino.
“Il vecchio che aveva ordinato l’uccisione,
un giorno mi chiamò nella sua capanna per
mangiare. Siccome feci il segno della croce prima
di mangiare, mi disse: Ecco ciò che noi odiamo,
ecco perché abbiamo ucciso il tuo compagno e
perché un giorno uccideremo anche te”.
Nel 1640 René Goupil giunse alla missione
di Saint-Joseph de Sillery, vicino a Québec,
per lavorare nell’ospedale. Per mancanza di
strumenti appropriati e medicine necessarie,
non esercitò la chirurgia come l’aveva studiata,
ma curava gli indiani a lui affidati praticando
salassi, fasciando le piaghe, e quando necessario,
facendo piccoli interventi chirurgici.
Il primo agosto 1642, intraprese un viaggio in
canoa con Padre Isaac Jogues ed una quarantina
di Huroni verso le missioni interne, ma caddero
in un imboscata tesa sul lago Saint-Pierre dagli
Irochesi, acerrimi nemici degli Huroni. Furono
torturati ferocemente e mutilati, vedendosi
strappare prima le loro unghie e poi anche le
dita. Nella notte li posero sdraiati a terra, nudi
ed incatenati, e versarono loro addosso carboni
ardenti e ceneri.
Durante il viaggio René manifestò a P. Jogues il
desiderio di diventare membro della Compagnia
di Gesù.
La vita
René Goupil nacque il 15 maggio 1608 a SaintMartin-du-Bois, nella diocesi francese di Angers.
Si dedicò allo studio della chirurgia, praticandola
nell’Ospedale di San Giovanni di Angers. A 31
anni di età, il 16 marzo 1639 entrò nel noviziato
dei Gesuiti a Chantilly, nei pressi di Parigi, ma
dovette interromperlo quasi subito, a causa di
malattie e sordità. “Renatus Goupil a tirocinio
parisiensi exclusus erat, quia surdaster”.
Entrò allora tra i coadiutori, laici che si ponevano
gratuitamente al servizio dei Gesuiti in cambio
del loro sostentamento, ed essendo medico
chirurgo si offrì volontario per andare a lavorare
negli ospedali che la Compagnia aveva fondato
nella Nouvelle France.
“Padre, Dio mi ha sempre dato un grande
desiderio di consacrarmi al suo servizio
attraverso i voti di religione nella Compagnia:
i miei peccati mi hanno reso indegno di questa
grazia fino adesso. Spero però che Nostro
Signore accoglierà favorevolmente l’offerta
che gli voglio fare adesso, nel miglior modo
possibile, di pronunciare i voti della Compagnia
alla presenza di Dio e davanti a voi”.
P. Jogue acconsentì e René emise i voti. Subito
dopo la morte di René scrisse al Superiore di
Francia, P. Jean Filleau, la seguente lettera.
“Era un uomo di 35 anni, ammirevole per la
semplicità, l’innocenza di vita e la pazienza nelle
avversità, perfettamente sottomesso a Dio per
amore, che vedeva sempre presente in tutte le
cose, e alla sua santa volontà. Egli è degno, in
verità, di essere da Lei riconosciuto come uno
dei suoi, non solo perché trascorse diversi mesi
nel noviziato della Compagnia e con il permesso
dei superiori partì nell’Huronia per aiutare i
cristiani con la chirurgia che aveva imparato;
ma soprattutto perché, qualche giorno prima
della morte, spinto dal desiderio di unirsi
maggiormente a Dio, avendo pronunciato
i voti della Compagnia, ad essa si donò nella
misura del suo possibile. Certamente, tanto in
da Casa Madre 4/2013
13
vita quanto in morte, dove pronunciò come
ultima parola il Nome di Gesù, si è dimostrato
un vero figlio della Compagnia”.
Da allora René Goupil fu sempre considerato
come gesuita e fu proposto come modello ed
esempio ai Fratelli di tutta la Compagnia. Nella
Chiesa universale è patrono dei sordi e degli
anestesisti.
preghiera: “Dio sia benedetto, lui che ha
permesso e voluto tutto questo. La sua santa
volontà sia fatta, io l’amo, io la voglio, io la
desidero e l’abbraccio con tutto l’ardore del mio
cuore”.
Aveva sempre la mente rivolta a Dio. Le sue
parole, i suoi discorsi manifestavano vera
sottomissione alla divina Provvidenza e una
accettazione cosciente della morte che Dio che
gli avrebbe mandato. Si offriva a lui in olocausto,
per essere ridotto in cenere dal fuoco degli
Irochesi, che la mano di Dio avrebbe acceso.
Sopportò oltraggi e crudeltà con grande
pazienza e nutriva sentimenti di carità verso
coloro che lo maltrattavano.
Imprigionato in una borgata, mostrò pazienza
e dolcezza straordinaria, anche quando lo
colpirono con numerosi colpi di verghe e di
bastoni di ferro.
Gli tagliarono il pollice alla prima falange, e
lui durante i tormenti diceva: “Gesù, Maria,
Giuseppe”.
Dopo averlo ucciso, i ragazzi lo spogliarono,
gli misero una corda al collo e lo trascinarono
in un torrente che passa vicino al borgo. I cani
gli divorarono la schiena. Poi lo gettarono in
un boschetto vicino, dove durante autunno e
Wl’inverno, i cani, i corvi e le volpi lo divorarono
completamente.
Messomi alla sua ricerca, trovai la testa e qualche
osso mangiucchiato. Li ho baciati diverse
volte, come si baciano le ossa di un martire di
Gesù Cristo. Poi li seppellii con l’intenzione di
trasportarli quanto prima a Trois Rivières”.
Stralci dal Narré
Stralciando alcune frasi dal Narré di
P.Jougues, possiamo conoscere più a fondo
le caratteristiche spirituali di René e ciò che
avvenne dopo la sua morte.
“A Sellery si sottomise totalmente alla volontà
del Superiore della missione, che lo impiegò
per due anni nei lavori più umili della casa.
Svolgeva gli incarichi con molta umiltà e carità.
14
Durante il viaggio verso l’Huronia, quando
fummo abbandonati da tutti, fece questa
da Casa Madre 4/2013
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da Casa Madre 4/2013
ATTIVITÀ DELLA DIREZIONE GENERALE
RIPARTIRE PER CAMBIARE
MESSAGGIO PASQUALE DEL PADRE GENERALE
P. Stefano Camerlengo, IMC
Missionari carissimi, ricevete il nostro saluto
da Toronto dove ci troviamo per la nostra
consueta sessione di Consiglio.
L’idea di visitare ogni tanto le Circoscrizioni
in occasione del nostro Consiglio è nata per il
desiderio di condividere cammino e di sentirci
più vicini ai missionari nei loro luoghi di lavoro.
Pensiamo che la fraternità si costruisce più con
segni che con le parole e questo vuole essere un
segno di vicinanza e di condivisione.
16
A Toronto abbiamo trovato la neve ed il
freddo e subito la nostra salute è stata messa
alla prova. Toronto è una bellissima città del
Canada, multiculturale, segno profondamente
significativo della convivenza dei popoli. A
Toronto a noi è affidata la gestione di una
Parrocchia: St. Andrew, che è espressione,
nella periferia della città, di questa realtà
interculturale, dove persone di provenienze
diverse vivono e condividono la stessa fede e
la stessa volontà di costruire il Regno di Dio.
A Toronto si può imparare la solidarietà e la
tolleranza e per questa ragione è certamente
una buona palestra per lanciare missionari
nel mondo. Come Direzione Generale siamo
intervenuti ed abbiamo cercato con umiltà
e determinazione di rilanciare questa nostra
presenza affinché possa essere più significativa
e diventare punto di riferimento per altri giovani
missionari che si preparano alla missione.
da Casa Madre 4/2013
In questa sessione di Consiglio possiamo
dire che tre sono state le preoccupazioni che
hanno occupato la nostra riflessione, la nostra
preghiera e le nostre decisioni.
1. La preoccupazione economica
Nel bel mezzo della crisi economica in atto
e davanti a difficoltà sempre più grandi nel
reperire fondi per la missione, due domande
si presentano alla nostra attenzione e devono
alimentare le nostre discussioni e proposte.
Come
continuare
ad
essere
missionari
senza essere troppo preoccupati della nostra
sopravvivenza anche economica?
Cosa dobbiamo cambiare nel nostro stile di fare
missione per ridurre le nostre spese e camminare
più al ritmo della nostra gente?
In questi tempi di grandi angosce, d’ansie
e di paure; in questo tempo dove anche in
molti missionari del nostro Istituto è entrata
l’agitazione, in alcuni addirittura il panico
dell’economia, la ricerca e la custodia della pace
del cuore rappresentano quel traguardo che le
nostre “vite di corsa” ed alla ricerca di senso, pur
senza saperlo, tentano di raggiungere.
Certamente riteniamo che la ricerca della pace
del cuore, maturata credendo nella provvidenza
di Dio, e l’accontentarsi del necessario caro al
nostro Fondatore siano per noi indicazioni
importanti e fonte di speranza.
La pace del cuore
Il saluto che Gesù Risorto rivolge ai suoi
discepoli è proprio: “Pace a voi”. Potremo dire
che la pace è un suo dono. Al culmine della sua
missione, Gesù conforta i suoi discepoli con
parole che l’evangelista Giovanni ci riferisce e
che sono entrate nel rito della Messa: “ Vi lascio
la mia pace, vi do la mia pace. Non come la dà il
mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro
cuore e non abbia timore” ( Gv 14, 27). Un
ostacolo che si presenta è la difficoltà a credere
nella Provvidenza. Vorremmo sperimentare
e poi credere: invece è il contrario. “Dio dona
nella misura che attendiamo da lui”, dice san
Giovanni della Croce, e san Francesco di Sales
gli fa eco: “La misura della divina provvidenza
a nostro riguardo è la fiducia che riponiamo in
essa”. Guardiamo all’esempio del Fondatore…
la sua fiducia illimitata nella Provvidenza fa sì
che Dio compia miracoli!
Accontentarsi del necessario
La povertà, prima di esprimersi in forme «
radicali », si esercita nella sobrietà. L’Allamano
educa i missionari ad eliminare le cose superflue
e ad essere contenti di ciò che è necessario
per vivere e lavorare. Non è cosa facile come
potrebbe sembrare. La società in cui viviamo è
piena di cose superflue. Esalta, anzi, l’effimero
e in essa abbonda nello spreco. La povertà
religiosa diventa una testimonianza critica di
fronte a presunte esigenze, mentre tanti non
hanno neppure il minimo per una vita decente.
Inoltre, la sobrietà allena alla vita missionaria,
per saperne affrontare i sacrifici e le privazioni.
L’Allamano porta l’esempio di Mons. F. Perlo
che prima di partire per l’Africa si abituò
a mangiare senza bere niente. Ricorda la
situazione di altri missionari, costretti a vivere
in tenda, a dormire per terra, per ribadire che
bisogna «assuefarsi a fare a meno di quelle
piccole comodità e agi della vita civile, cui si
è ordinariamente tanto attaccati, da sembrarci
necessarie a segno che c’immaginiamo di fare
un gran sacrificio nell’esserne privi».
Occorre quindi imparare a fare a meno di tante
piccole cose, a non crearsi bisogni che tali non
sono; a sapersi adattare: «Non c’è tavolino,
non c’è questo o quello, pazienza, far senza»;
«se non c’è pane, mangio carne; se c’è solo un
lenzuolo mi avvolgo in uno e basta». È questo
il cammino per giungere «a quella generosità di
animo, per cui si fanno poi sacrifici e privazioni
maggiori occorrenti nella vita di missione».
Altrimenti si parte magari con la disposizione
di andare al martirio — dice sempre l’Allamano
— e poi ci si perde «in un armadio» che manca.
2. L’elaborazione di un progetto missionario
continentale
Oramai
s’impone
l’importanza
della
realizzazione di un progetto missionario che
coinvolga tutto il Continente.
L’importanza di un progetto missionario
Davanti ai cambiamenti epocali della nostra
storia, alle nuove sfide della missione di oggi,
agli sconvolgimenti della vita religiosa, sentiamo
il bisogno di una profonda revisione del nostro
stile e metodo di fare missione. Tutti abbiamo
fatto, almeno qualche volta, l’esperienza della
frantumazione e dell’inadeguatezza delle nostre
risposte di fronte alle troppe domande delle
persone e della realtà che ci circonda.
Oggi la missione vive l’esperienza di una
umile ricerca su come meglio servire le nuove
da Casa Madre 4/2013
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generazioni, offrendo loro itinerari di fede e
di vita spirituale per una maturazione umana e
cristiana che le renda idonee a rispondere alla
promozione umana e alla evangelizzazione. La
missione non può ridursi a una serie di idee e
proposte specifiche. Il servizio della missione
va visto sotto la duplice funzione di: favorire
la crescita della nostra identità carismatica
di missionari e, nello stesso tempo, portare
l’annuncio dentro gli itinerari delle comunità
cristiane e dell’umanità.
Diventa urgente l’elaborazione di un progetto
missionario, rendendosi disponibili a un
lavoro paziente di formazione per qualificare
la nostra presenza ad gentes. Un progetto che
punti in primo luogo sull’essere: “Ciascuno
viva secondo la grazia ricevuta...” ( 1Pt. 4,
10), sviluppando una rinnovata attenzione alla
collaborazione con tutti quelli che lavorano
per la costruzione del Regno. L’elaborazione di
un progetto missionario deve tenere presenti
alcune caratteristiche che sono parte del nostro
patrimonio di famiglia, confrontate con i nuovi
orizzonti della missione. Lo Spirito che guida
Gesù quando “andava attorno per tutte le
città e i villaggi, insegnando nelle sinagoghe,
predicando il vangelo del regno e curando ogni
malattia e infermità” (Mt.9, 35) sia anche il
vostro compagno di viaggio in questo nuovo
percorso.
Tre criteri ci sembrano importanti:
Un progetto è credibile se nasce dalla lettura
della realtà della nostra comunità, delle persone
e dei luoghi di presenza, della società del paese
in cui viviamo, nelle sue componenti sociali,
culturali, ecclesiali.
Deve coinvolgere il maggiore numero di
persone con l’apporto di tutte le componenti
locali, coinvolgendo la base, dando particolare
attenzione ai laici.
18
Per essere concreto ed organico deve prevedere
tempi di attuazione abbastanza lunghi, spazi di
realizzazione e di valutazione precisi e puntuali
e sfociare in una celebrazione fraterna. Un
progetto è cosa ben diversa dai programmi
annuali o dalle campagne di sensibilizzazione.
È importante coprire un tempo lungo ed
elaborare un piano di ampio respiro e di
da Casa Madre 4/2013
articolata organicità.
La finalità di un progetto missionario è quella
di alimentare la nostra testimonianza negli
spazi, religiosi e laici, in cui rendere ragione
della nostra speranza, con serietà di impegno
e di preparazione, continuità di presenza e
specificità di approccio. Qualificando ciò che è
decisivo nella nostra presenza, cioè la tensione
missionaria, l’impatto che la missione ha nella
vita della gente, l’orientamento che determina e
orienta lo spirito missionario, fatto di amore per i
lontani, scelta dei poveri, sobrietà e disponibilità,
in un’atmosfera missionaria di universalità,
dialogo e rispetto per tutti, attenzione ai grandi
problemi del mondo.
3. Verso un nuovo stile di missione
La missione ci ha visti e ci vede come gli esperti,
gli addetti ai lavori. Sappiamo tutto, conosciamo
tutto. Gli anni passati nel campo diretto della
missione ci hanno rafforzati, fino a farci
sentire protagonisti. Gente di memoria corta,
dimentichiamo che siamo dei chiamati, che
siamo stati inviati ad annunciare il Regno di Dio
e che è sulla sua Parola che abbiamo il coraggio di
gettare le reti. Dimentichiamo le nostre fragilità
e giorno per giorno ci sostituiamo a Lui, e nell’
annuncio, in maniera invisibile, subdola e latente,
annunciamo noi stessi. La nostra missione ci
richiede di essere, più che assertori di certezze,
umili ricercatori di verità, profeti in cammino
del Regno. Cristo, pur essendo di natura divina,
umiliò se stesso facendosi obbediente al Padre.
Se dimentichiamo il nostro essere chiamati, il
nostro essere noi stessi “terra da evangelizzare”,
la nostra attività sarà come il muoversi “di un
mare agitato che non può calmarsi, e le cui acque
portano su melma e fango” (Is 57,20).
Il motto scelto dal neo-eletto Papa Francesco
I, “miserando atque eligendo”, che descrive
l’atteggiamento di Gesù che guarda con
misericordia il pubblicano peccatore e lo sceglie,
ben esprime quello che deve essere anche il
nostro sentire.
Conclusione: ripartire sempre
Partire è la nostra parola d’ordine. A volte
non sappiamo bene verso dove. L’importante
è partire. Qualche volta non si capisce bene
se sia una fuga o una reale partenza verso
qualcuno; se partire equivalga davvero ad uscire
da noi stessi. La partenza del missionario è
innanzitutto una partenza interiore. Non basta
divorare chilometri per sentirsi missionari:
la partenza che ci viene richiesta è una
partenza ben più radicale e meno avventurosa.
Ripartire quindi sempre, ogni giorno, ogni
momento per andare all’incontro dell’ altro.
Iniziando proprio dalle nostre comunità religiose
che stanno rischiando di assomigliare sempre di
più a luoghi di ritrovo, dove tante volte viviamo
senza conoscerci... e dove studiamo come
portare dentro altre persone.
Nel suo libro ”Rifondare la vita religiosa” il
domenicano Martinez Diaz ritiene che tre
siano i segnali di agonia di un istituto o di una
congregazione: “l’eccessivo interesse per la
costruzione di edifici; il culto per il passato; la
moltiplicazione di documenti”, aggiungendo
che tutto questo è necessario se è orientato alla
rivitalizzazione dell’istituto piuttosto che alla
sopravvivenza.
Dobbiamo cercare di vivere, il che è ben
diverso dal cercare di non morire. La stessa
mancanza di vocazioni, più che un segnale
che il mondo circostante va cambiando
vertiginosamente, è un’ammonizione a
cambiare qualcosa nelle nostre comunità.
Dobbiamo impegnarci ogni giorno di più
affinché le nostre comunità riacquistino
sapore profetico, fede radicale, esperienza di
Dio, qualità evangelica, sequela radicale. Nella
nostra vocazione missionaria ci sono parole
fondamentali e che dobbiamo recuperare:
entusiasmo, passione, gioia, fermezza. Devono
assolutamente sostituire parole come negatività,
stanchezza, istituzionalizzazione del carisma...
Dobbiamo essere lievito nella massa. Curiamo
la qualità delle nostre comunità, del nostro
istituto. Lievito... Non permettiamo di
conformarci alle regole della società, tanto da
riuscire a fare l’antimiracolo di trasformare il
vino in acqua.
19
da Casa Madre 4/2013
LA VISITE CANONIQUE DU P. PENDAWAZIMA IMC
AU SEMINAIRE PHILOSOPHIQUE
ANTONIO BARBERO DE KINSHASA (RDC)
Frère Patrick Mandondo, IMC
Dans nos mœurs et coutumes une pensée
stipule en ce sens : « Veiller à la bonne formation
de la jeunesse, c’est garantir l’avenir et le
développement de toute une nation, voire de
toute une communauté ». Portant les lunettes
de ce slogan, nous pouvons nous aussi à notre
tour dire que « garantir une bonne formation
aux jeunes aspirants à la vie sacerdotale et
consacrée, c’est garantir bien évidement
l’avenir de l’Eglise. C’est pour autant dire dans
un langage purement philosophique que, dès
la conception jusqu’à la mort, l’homme est
toujours considérer comme un projet. Il a ainsi
besoin de la société pour modeler son destin et
parvenir au but de son existence.
Le mois de février 2013 a été arrosé d’un
amalgame d’événements importants pour la
région Imc Congo en générale et pour le séminaire
Philosophique A.Barbero en particulier. Parmi
ses événements nous pourrons citer quelques
uns, notamment la visite canonique du vice
supérieur général, l’anniversaire de la naissance
au ciel de notre fondateur le Bienheureux
Joseph Allamano l’évaluation semestrielle du
projet communautaire de vie etc.
Certes déjà à la première semaine dudit mois
énoncé ci-haut, le Révérend père Pendawazima
fait irruption au sol Congolais pour de raison
de visite canonique à ses missionnaires. De ce
fait, il commença par le séminaire théologique
à Macampagne pour enfin terminer avec
le séminaire philosophique y incluse la
communauté propédeutique. Il était bien clair
aux yeux de tous que le père Pendawazima
consacra plus ou moins trois jours pour
l’entretien d’avec les séminaristes. Il œuvra
Précisément du mercredi 06 février au samedi 09
février. L’ouverture officielle de cette rencontre
commença par une petite rencontre de courte
présentation des concernés à la soirée du
mercredi à la grande salle de la propédeutique.
20
Le jour suivant le père Supérieur dialoguât
da Casa Madre 4/2013
avec tous les séminaristes ; il les édifia et
les instruisit. Il commença par exposer les
grandes lignes des actes du 12ème Chapitre
Général. Il parla notamment de l’identité et du
charisme Imc, de la mission, de l’économie de
communion pour la mission, de l’organisation
et enfin de la formation qui était même le
point culminant de notre dialogue. Il nous a de
manière brève fait montre tout premièrement
les défis qui caractérisent la formation à nos
jours; puis nous a invités d’approfondir notre
relation personnelle avec le Christ qui en tout
temps nous soutient d’affronter les différents
obstacles qui peuvent nuire au processus de
notre formation. Il nous a en plus rassurés que
l’institut ne cessera de s’engager d’avantager
pour nous trouver des bons formateurs à même
de garantir notre croissance en qualité, sérénité,
profondeur, élan missionnaire.
Juste après son exposé, il y a eu surgissement des
questions pertinentes, auxquelles il n’a cessé de
répondre convenablement. Ce qui nous étonna,
ce qu’en dépit des difficultés de la langue
française ; il a tenu un discours compréhensible,
logique et avec des mots justes, précis et conçus.
En tout cas nous avons été tous convaincus de
sa personnalité, parce qu’il était profond dans
ses enseignements, même dans ses homélies.
Un jour plus tard après l’entretient avec tous
les séminaristes à la paillotte il a aussi accordé
son temps pour dialoguer avec nos chers frère
propédeutes l’avant midi. Au après midi de
ce même jour, il montra sa disponibilité pour
écouter les postulants canoniques notamment
Jean-Jacques Lukwanda, Joël Kapiten et Patrick
Mandondo. Quant aux postulants il leur a exhorté
de bien comprendre en quoi ils veulent s’engager
et de bien vouloir prendre leur engagement au
sérieux. C’est donc par là qu’il boucla ses séances
d’entretient avec les séminaristes.
Nous sommes confiant et rassurés que les
enseignements
reçus du Révérend père
Pendawazima en cette année formative 2O122013 ; pourront nous servir de garde-fous dans
notre croissance formative et peuvent nous
rendre des hommes moralement équilibrés,
intellectuellement assis et spirituellement forts.
Eu égard à cela, nous réservons un hommage
sincère en la personnalité du père Dietrich,
à l’institut Missionnaire de la Consolata,
spécifiquement à notre supérieur général et
son conseil, à notre supérieur régional, le
révérend père Symphorien Fumwaswnji et à
son conseil. Nous remercions de même tous les
formateurs que l’institut nous a donnés pour
notre croissance.
21
da Casa Madre 4/2013
CASA GENERALIZIA
MARZO 2013
P. Vedastus Kwajaba, IMC
02 marzo: Di buon mattino la Direzione
Generale parte per Canada dove terranno
sedute di consiglio. Nel frattempo alcuni
membri della comunità si reca a Bravetta a
partecipare a messa di ordinazione diaconale
nella quale cinque candidati sono ordinati nella
messa presieduta da S.E.R. Card. Gianfranco
Ravasi.
destinazione in Nord America. Gli auguriamo
buon viaggio e buona missione. Auguriamo
anche ai cardinali Polletto e John Njue nostri
ospiti, un buon conclave per la scelta del nuovo
papa.
12 marzo: Ci uniamo a tutte le celebrazioni Pro
eligendo pontice, in S.Pietro e nella Cappella
Paolina. Con l’extra omnes inizia il Conclave
con 115 elettori.
13 marzo: Giorno di compleanno per P. Tobias
Oliveira: auguri. Quando alle ore 19.06 appare
la fumata bianca dal camino della Cappella
Sistina, tutti accorriamo in Piazza S. Pietro.
Poco prima un gabbiano si era posato sul
comignolo. Il Card protodiacono Jean Louis
Tauran annuncia l’Habemus Papam: il cardinal
Jorge Mario Bergoglio è il 266° successore di
Pietro, con il nome di Francesco. Riceviamo
la sua benedizione, pregando con lui e per lui.
Ecco le prime parole di Papa Francesco:
08 marzo: La comunità si raduna per Lectio
Divina guidata dalla professoressa Scaiola
Donatella. E’ un momento di riflessione,
condivisione e preghiera per approfondire
la parola di Dio che ci propone di vivere un
cammino verso la conversione personale e
comunitaria.
22
11 marzo: Durante il pranzo salutiamo
padre Paolo Fedrigoni in partenza per la sua
da Casa Madre 4/2013
«Fratelli e sorelle buonasera. Voi sapete che il
dovere del Conclave è di dare un Vescovo a
Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono
andati a prenderlo quasi alla fine del mondo. Ma
siamo qui... Vi ringrazio dell’accoglienza, alla
comunità diocesana di Roma, al suo Vescovo,
grazie. E prima di tutto vorrei fare una preghiera
per il nostro Vescovo emerito Benedetto XVI.
Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore
lo benedica e la Madonna lo custodisca».
Quindi ha recitato il Padre nostro, l’Ave
Maria e il Gloria. «E adesso - ha proseguito
- incominciamo questo cammino, Vescovo
e popolo, questo cammino della Chiesa di
Roma, che è quella che presiede nella carità a
tutte le chiese. Un cammino di fratellanza, di
amore e di fiducia tra noi. Preghiamo sempre
per noi, l’uno per l’altro, preghiamo per tutto
il mondo, perché ci sia una grande fratellanza.
Vi auguro che questo cammino di Chiesa che
oggi incominciamo - mi aiuterà il mio cardinale
vicario qui presente - sia fruttuoso per la
evangelizzazione di questa sempre bella città...
Adesso vorrei dare la benedizione, ma prima vi
chiedo un favore. Prima che il Vescovo benedica
il popolo io vi chiedo che voi pregate il Signore
perché mi benedica: la preghiera del popolo
chiedendo la benedizione per il suo Vescovo.
Facciamo in silenzio questa preghiera di voi
su di me». «Adesso darò la benedizione a voi e
a tutto il mondo, a tutti gli uomini e donne di
buona volontà», ha proseguito, impartendo la
benedizione in latino e concedendo l’indulgenza
plenaria. «Grazie tante dell’accoglienza. Pregate
per me e a presto, ci vediamo presto. Domani
voglio andare a pregare la Madonna perché
custodisca tutta Roma. Buona notte e buon
riposo».
iniziare con il Papa un tempo nuovo nel mondo
e nella chiesa.
23 marzo: Con la Domenica delle Palme, diversi
confratelli raggiungono parrocchie e comunità
varie, dove svolgeranno il servizio pastorale
pasquale.
L’indomani, fine del Conclave, con la messa nella
Cappella Sistina e il discorso programmatico:
camminare, costruire, confessare Cristo
Crocifisso.
15 marzo: Verso sera abbiamo un momento
importante di celebrazione penitenziale guidato
da Padre Pavese Francesco. Ottima preparazione
per la Pasqua ormai vicina.
16 marzo: Ritiro quaresimale animato da Padre
Barreda Jesus Angel, dal titolo Abbracciare la
croce per vivere la Pasqua. Meditazione, silenzio,
Eucarestia e condivisione ne sono le tappe.
18 marzo: Padre Rinaldo Cogliati, amministratore
generale parte per Canada, dove raggiunge la
Direzione generale.
19 marzo: Nella solennità di S. Giuseppe
partecipiamo in Piazza S. Pietro all’inaugurazione
del pontificato di Papa Francesco. Folla
multiculturale e gioiosa, clima di fervida
preghiera. Delegazioni da tutto il mondo per
23
da Casa Madre 4/2013
VITA NELLE CIRCOSCRIZIONI
MENSAGEM DA DIOCESE DE GURÚÈ
ENVIADA AO SANTO PADRE BENTO XVI
+ Francisco Lerma Martínez, IMC
Beatíssimo Padre:
Os fiéis, os animadores das comunidades, os religiosos e religiosas, os sacerdotes, o Bispo Emérito e
o Bispo Diocesano da Diocese de Gurúè em Moçambique, desejamos manifestar a Vossa Santidade
a nossa solidariedade e amor filial na “decisão de grande importância para a vida da Igreja” que V.
Santidade nos comunicou no passado dia 11 de Fevereiro 2013.
Louvamos e agradecemos profundamente o Vosso labor em prol de toda a comunidade eclesial e
de todo o mundo durante os oito anos do seu Pontificado. O testemunho da Vossa fé inquebrável,
a riqueza dos Vosso magistério, a prudência e a bondade de pastor universal ficam para nós como
farol seguro na nossa caminhada de discípulos do Pastor Supremo, Nosso Senhor Jesus Cristo.
Mozambico
Unimo-nos a Vossa oração para que o Espírito Santo de Deus assista, com a bondade materna de
Maria Santíssima, os Padres Cardeais na eleição do novo Sumo Pontífice. Reafirmamos a nossa obediência filial e fidelidade à Cátedra de Pedro
+ Francisco Lerma Martínez, IMC
Bispo de Gurúè
24
da Casa Madre 4/2013
Francisco Pedro, 04/03/2013
Em dia de festa, celebrada com uma eucaristia
na capela dos Missionários da Consolata,
em Fátima, ouviram-se vários testemunhos
emocionados e desvendou-se um segredo.
Quatro dos cinco sacerdotes homenageados –
um não esteve presente por motivos de doença
– deram graças a Deus pelo percurso de cinco
décadas de entrega à missão e agradeceram a
todos os confrades que os acompanharam nesta
caminhada. João Coelho Baptista, que presidiu
à celebração, não resistiu mesmo a revelar um
segredo, para demonstrar o apreço pelo Instituto
e por todos os membros que o compõem. «Durante o tempo em que estive em Moçambique
enviei quase 90 cartas para a minha família.
Estive a rever essas cartas e não encontrei uma
única frase em que me queixasse do Instituto
ou de algum dos meus confrades», revelou o
sacerdote, fazendo uma retroespectiva cem por
cento positiva dos seus 50 anos de sacerdócio.
«Tudo o que aconteceu, mesmo as limitações, os
pecados ou os erros, tudo isso foi bom», frisou. Aproveitando a mensagem do Evangelho, que
falava de doenças e de curas, o padre Norberto
Louro, recordou que as cinco décadas de
ministério sacerdotal ficaram marcadas por «dois
sobressaltos» em termos de saúde, que conseguiu
ultrapassar. Embora só uma das doenças fosse
contagiosa, aproveitou as duas «para contagiar os
outros», «com serenidade» e «alegria da missão». Portogallo
FÁTIMA:MISSIONÁRIOS FESTEJAM
50 ANOS DE SACERDÓCIO
António Rossi destacou a «a união» da
comunidade da Consolata e lembrou o
primeiro encontro com a Nossa Senhora de
Fátima. Tinha saído de Itália com o pai muito
doente, fez uma viagem que «foi um calvário»
e quando se viu na Capelinha das Aparições,
em frente à imagem da Virgem Maria, não
conseguiu conter as lágrimas. «Que nós sejamos
testemunhas entusiasmadas para estimular
novas vocações», apelou o missionário italiano. Com os índios do norte do Brasil no
coração, com quem trabalhou mais de uma
década, o padre Eduardo Frazão agradeceu
sobretudo aos missionários da Consolata
que iam à sua terra (Chainça, concelho de
Leiria) de bicicleta, nos tempos em que era
jovem. Foram muitas das histórias que eles
contaram que o incentivaram a ser sacerdote. No final da eucaristia, o Superior Provincial,
padre António Fernandes, agradeceu «a bênção
sacerdotal, o amor e o testemunho» que os
cinco consagrados têm dado à missão e ao
Instituto Missionário da Consolata (IMC). O
padre Herculano Silva não pôde estar presente
na celebração por problemas de saúde.
25
da Casa Madre 4/2013
¿DESDE DÓNDE VER LA GUERRA EN MALÍ?
P. Ramón Lázaro Esnaola, IMC
No es lo mismo vivir un conflicto a miles de
kilómetros que estando a unos cientos como
estoy. No es que me suscite miedo ni temor
pero ciertamente no es lo mismo. Por eso he
intentado conocer un poco más, profundizar
en las causas porque el exceso de información
o la ausencia de la misma impiden ver con
claridad. Ya alguien dijo que no es fácil pescar
en aguas revueltas. Y en Malí las aguas están
revueltas desde hace más tiempo de lo que nos
creemos.
Ciertamente, la “ayuda” francesa para evitar
que Malí caiga en las garras del islamismo
fundamentalista es una media verdad que
supongo que la mayoría de lectores de Antena
han descubierto desde hace algún tiempo.
Costa d’Avorio
Es sospechosa la unanimidad internacional,
la ausencia de voces discordantes y, lo que
me parece más escandaloso, la ausencia de
imágenes. Estamos ante una guerra “aséptica”,
sin sangre, sin gritos, sin dolor. La guerra en
Malí es un paradigma del continente africano
en el concierto internacional. Su dolor es
silenciado y, de esta forma, inexistente. Porque
“ojos que no ven, corazón que no siente”.
26
A estas alturas, nadie se cree tampoco que
Francia no tenga otra cosa que hacer que
ponerse a hacer la guerra y que el contingente
africano de la CEDEAO ya le gustaría dedicarse
a otra cosa, en vez de irse a Malí a pelear en un
lugar donde no saben muy bien porqué tienen
que ir. No están los tiempos para ingenuidades
y, la situación en Malí, no se resuelve tan poco
diciendo: “Ay, tendrían que haberse sentado a
negociar y ponerse de acuerdo”. No son tan
imbéciles los gobernantes, leches.
Así que intentaré coger un poco de carrerilla
para comprender la realidad. Espero que en
este pequeño safari, los nombres extraños y
las siglas imposibles no te desanimen. Hay que
pasar por ello para poder conocer. Ya lo dijo
Ernesto Cardenal, “hoy en día el conocimiento
científico de la realidad es imprescindible
para el profeta” (creo que lo dijo en un libro
da Casa Madre 4/2013
titulado “Cántico Cósmico”). Así que allá voy,
“a conocer científicamente la realidad”.
El pueblo amazigh.
El Malí está poblado por dos tipos de grupos
humanos muy distintos: uno es nómada y otro
es sedentario. No es que uno sea de izquierdas y
otro de derechas. No es que unos sean blancos y
otros negros. No es que unos sean nacionalistas y
otros centralistas. No. Son diferencias culturales
mucho más significativas.
El norte está poblado, en su gran mayoría, por
las culturas arabo-bereberes; y el sur, por las
culturas subsaharianas. Ciertamente, esto es un
reduccionismo que nos sirve para entendernos
y comprender la realidad. ¡No quiere decir que
todos necesariamente todos sean nómadas en
el norte!
Los bereberes son un conjunto de etnias
autóctonas de África del norte. Sí, autóctonas.
Autóctonas quiere decir que tienen un currículo
que no es para envidiar. Han padecido la
conquista romana, la cristianización, la invasión
vándala, la conquista árabe y la conversión al
Islam. Ahí es nada. Sí, cada uno de ellos ha
dejado cosas maravillosas pero también es cierto
que todas estas maravillas han sido “ofrecidas”
a través la fuerza, la opresión y la violencia. La
historia historia es, nos modela y nos configura,
no podemos evadirnos de ella ni cambiarla pero
podemos interpretarla y su interpretación hará
de nosotros personas inteligentes o personas
resignadas. A cada uno la elección.
Los “imazighen” (en plural, por favor) son, por
lo tanto, un mosaico de pueblos presentes en
el Sahel y que se extienden desde Marruecos
hasta Egipto. De todos estos pueblos, los más
numerosos son los tuaregs que están presentes
en el nordeste de Malí, en el sur y sureste de
Argelia, en una gran parte del Níger y en menor
medida en Libia y Burkina Faso. En total, son
alrededor de un millón y medio y más de la
mitad vive en Malí.
Pero los tuaregs no han comenzado hoy su lucha
en Malí.
El Azawad.
Tampoco me voy a meter a hacer un tratado de
historia pero al menos citar las sublevaciones
más conocidas para que todos caigamos en la
cuenta que esta historia viene de atrás y que tiene
más raíces que “el freno al islamismo radical”.
La primera, de la que tenemos noticia, fue la
“revuelta de Kaocen” en 1916 y 1917. Sí, hace
un siglo. No, si ya te digo que esto viene de atrás.
Desde 1958, el MPA (Movimiento Patriótico
del Azawad –la “región tuareg”) pide el
establecimiento de un “Estado Tuareg”. Sí,
como los catalanes o los vascos o los irlandeses
del norte o los palestinos o los kurdos o los
kosovares (que lo lograron) o los… Vale, no hay
que ponerlos a todos en el mismo saco… pero
todos piden lo mismo, ¿no?
Entre 1962 y 1963 tuvo lugar en Malí la “mal
llamada” “1ª rebelión tuareg” que fue reprimida
muy duramente por el ejército de Malí. Todo
esto, recordémoslo, va dejando heridas que son
difíciles de cicatrizar.
Durante los años 70, los tuaregs se refugian en
Libia y Argelia a causa de la sequía que azota el
norte de Malí. Y en esos países son entrenados
para el combate y enrolados en el ejército.
En 1988, se crea el MPLA, Movimiento
Popular de Liberación del Azawad. Y dos años
después comienza la “2ª rebelión tuareg” que
durará hasta 1995. Hubo otra sublevación en
2006. Y otra aún entre 2007 y 2009 en Níger
y Malí.
Ya ves, muchas intifadas pero pocas nueces. No
hubo intervención francesa (como tampoco la
hay hoy en Israel). “Era un problema interno”,
se decía entonces. Ya sabemos que las Twin
Towers, Bin Laden y Bush Jr cambiaron la
historia y se empezó a hablar de “derecho de
injerencia” y de “golpeo preventivo”. Bueno
esta parte todos la conocemos mal que bien.
Costa d’Avorio
En lengua berbere, se llama “amazigh” a la
persona berbere. De hecho, desde mediados
del siglo XX hay una corriente de pensamiento
(una “marea” se diría hoy) que propugna
el reconocimiento internacional del pueblo
“amazigh” como una entidad cultural propia.
Pero aún están muy lejos de conseguir lo que
consiguió la Autoridad Palestina en las Naciones
Unidas. Puede que con el tiempo…
El 17 de enero de 2012.
Es la fecha oficial de esta nueva “sublevación
tuareg” ¿la tercera? ¿la cuarta? ¿la quinta? Este
empeño occidental por cuantificar a veces es
un poco obsesivo, reconozcámoslo.
En principio, tendría que haber sido “otra
más”. Pero, tomó una connotación diferente
debido a diferentes causas: la debilidad
institucional del gobierno de Malí, la dejadez
del gobierno central con respecto al norte del
país, los secuestros de occidentales en el Sahel,
pero, sobre todo, a causa de la entrada en el
conflicto de grupos islamistas cercanos a AlQaida y a la entrada de combatientes venidos
de la guerra en Libia. Sí, Libia. No hay que
olvidarse de Ghadafi. Sí, el gran monstruo,
era al mismo tiempo el gran estabilizador de
la región. Muerto el estabilizador, el caos se
extiende como una mancha de aceite.
Sí, es fácil empezar guerras y presentarse como
“defensor de la democracia y los derechos
humanos” pero… hay que medir bien las
consecuencias (cf. Lc 14,31-32).
Y aquí ya entramos en el baile de siglas que te
anunciaba al inicio. Ánimo. Ahí voy.
El que empezó la sublevación fue el MNLA
(Movimiento Nacional para la Liberación del
Azawad), que nació en octubre de 2011 de una
fusión del MNA (Movimiento Nacional del
Azawad) y de la ATNM (Alianza Tuareg de
Níger-Malí). Su intención era clara (e incluso
da Casa Madre 4/2013
27
fue tolerada por la comunidad internacional):
la independencia del Azawad, es decir, de las
regiones de Kidal, Tombuctú y Gao. “Otra
sublevación más tuareg” que no implicaba una
movilización de tropas francesas ni de nada
parecido.
Pero, he aquí que la cosa se complicó.
Aparecieron tres grupos islamistas de tonos
distintos que pusieron en guardia a Francia
(tras haber recibido el beneplácito del resto de
gobiernos más influyentes del planeta): Ansar
Dine, que significa “defensores de la religión”
y que es considerado como un movimiento
salafista que puede hacer de bisagra entre el
islamismo fundamentalista y la “comunidad
internacional”; el MUJAO, Movimiento por
la Unidad y la Yihad en África del Oeste; y el
AQMI, Al-Qaida en el Magreb Islámico.
Sí, lo que empezó siendo “otra sublevación más
tuareg” se convirtió en una lucha del islamismo
radical por hacerse con el control del norte
de Malí pero quizás también con el poder en
Bamako.
Costa d’Avorio
¿Cuáles son las diferencias entre ellos? Ansar
Dine nació en marzo 2012 y propugna la
instauración de la sharia. No debe confundirse
con el movimiento sufí del mismo nombre
28
da Casa Madre 4/2013
creado en 1992 en Malí por el líder religioso
Sheriff Osama Haidara y que no tienen nada
que ver el uno con el otro.
El AQMI nació en 2007 como una prolongación
del GSPC (Grupo Salafista por la Predicación
y el Combate) que fue una disidencia del GIA
(Grupo Islámico Armado) argelino. Es una
organización considerada como terrorista por
la mayor parte de gobiernos influyentes del
mundo y obtiene sus recursos económicos de
los secuestros y del tráfico de armas, de heroína
en el este del Sahel y de cocaína en el oeste.
El MUJAO nació a mediados de 2011 fruto
de una escisión del AQMI, ya que perseguía el
control islamista no sólo en el Magreb sino en
toda el África del Oeste. Fue este grupo el que
tomó el control de Gao aplicó la sharia.
El 11 de enero de 2013
Esta es la fecha que hace bascular la sublevación
tuareg hacia una invasión del islamismo radical
y que hace que Francia se decida a intervenir
directamente tras haber obtenido el consenso
de “Occidente” (y “Oriente”).
Ese día el MUJAO pasa el Rubicón y toma
la ciudad de Konna, punto estratégico hacia
Ese día se armó la de San Quintín. Y todos los
medios nos hablaron de la decisión francesa
de “liberar Malí del islamismo radical”. Ni una
imagen de guerra, ni una gota de sangre, sólo
aplausos a medida que las tropas francesas iban
tomando el control de las distintas ciudades del
norte. La destrucción del patrimonio cultural
en Tombuctú alimentó la “indignación del
mundo democrático”. La obra de teatro se iba
desarrollando según el guion previsto pero
lamentablemente no era una obra, no se trataba
de teatro y no sé si se tenían todos los papeles
del guion si uno ve lo que está pasando en la
actualidad. Incluso François Hollande se paseó
por Tombuctú cual McArthur de los “viejos
tiempos”.
Para añadirle un poco de color a todo esto, la
CEDEAO (Comunidad Económica de Estados
de África del Oeste) se mostró dispuesta a
colaborar con tropas de los distintos países
de la zona: Nigeria, Togo, Níger, Burkina…
en total unos 3 000 hombres que se unieron
al contingente francés, que denominó a la
intervención “operación Serval”.
Siempre me llamó la atención la creatividad de
los franceses para dar nombre a sus “operaciones
militares” (mucho más creativos ciertamente que
los EEUU). El serval es un felino de tamaño
medio que sólo está presente en África. Es la
única especie de su género. Es de constitución
esbelta, con la cabeza pequeña en relación al
resto del cuerpo y las orejas grandes. Sus patas
son largas lo que le permite ver mejor. Corre bien
y aunque no suele subirse a los árboles, puede
escalar bastante bien. Me parece una forma
artística de describir al contingente francés.
Lo que no suele decirse y que Laurent Louis
dijo.
¿Laurent Louis? Pues sí, Laurent Louis. Este
hombre es un diputado independiente del
parlamento belga que el 17 de enero de 2013
explicó al parlamento porqué votaba en contra
de la intervención francesa.
resumirla. Más o menos vino a decir que no
se puede justificar una intervención diciendo
que persigue el freno del islam radical si,
al mismo tiempo, en Siria estos mismos
gobiernos occidentales están apoyando a
grupos parecidos para derrocar a Bashar AlAssad. Si en Egipto, Túnez y Libia son los que
han sido puestos en el poder por estos mismos
gobiernos occidentales.
Costa d’Avorio
Bamako y más allá de la “célebre frontera” entre
los grupos nómadas y los sedentarios.
Y habló de otros intereses que no es que estén
ocultos pero tampoco se les da demasiada
importancia como es el interés de Areva, la
empresa francesa líder mundial en energía
nuclear, por explotar una mina de uranio situada
en Falea, una localidad de 17 000 habitantes
situada a 350 km de Bamako y que desde hace
años, la multinacional francesa, intenta hacerse
con la licencia de explotación. Puede que, por
casualidad, tras esta intervención francesa, esta
empresa privada logre su objetivo.
Podría continuar este artículo citando más y
más datos y nombres y localidades pero no es
mi objetivo ser un especialista del tema. Sólo
he querido ver desde otro ángulo la guerra en
Malí, disfrazada de “lucha contra el islamismo
radical” pero que tiene mucho más de “ruptura
social” hasta que no se afronte seriamente la
“cuestión Azawad” y que oculta unos intereses
económicos que quizá sean comparables a los
petrolíferos que tenía occidente en Kuwait o en
Irak o en…
Que el conocimiento científico de la realidad
nos permita de ser profetas.
Su intervención merece la pena leerla entera
porque en este artículo no podré ni tan siquiera
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da Casa Madre 4/2013
“HEMOS HECHO LO QUE DEBÍAMOS HACER.”
LC 17,4
Colombia
P. Joaquín Pinzón, IMC
30
Reciban de mi parte un fraternal saludo con
los mejores deseos para que todo su vivir y
quehacer este impregnado de bienestar alegría,
y entusiasmo misionero.
con una comunidad Regional variada, plural, y
con grandes valores para seguir contribuyendo
al proyecto Misionero Regional, y así seguir
juntos Reavivando el Sí a la Misión.
Como es de su conocimiento, he sido llamado
a prestar el servicio como pastor de la Iglesia
local naciente de Puerto Leguízamo –Solano,
motivo por el cual no me es posible continuar
en la terea que con confianza la comunidad
Regional me ha encomendado desde el pasado
14 de septiembre de 2011. He presentado al
superior general la carta en la que le notifico
que a partir del día 9 del presente ceso en mi
función como superior Regional, quedando
como superior encargado el P. Angelo Casadei.
Quiero aprovechar esta oportunidad para
hacer llegar mi más profundo sentimiento de
gratitud, en primer lugar al consejo Regional,
un gran equipo de Reflexión Vida y Trabajo,
en ellos pude encontrar confianza, lealtad,
apoyo y sobretodo corresponsabilidad, en el
cumplimiento del servicio encomendado, y de
manera muy especial a cada uno de ustedes
misioneros, que desde los diferentes servicios
que prestan a la Región, han hecho posible, que
lleguemos, donde hemos llegado. Pero como
no siempre acertamos, quisiera con sinceridad
pedir disculpas si con alguna actitud pude
ocasionar algún daño a alguien en particular.
En la mitad del trayecto recorrido,
contemplando lo vivido, brotan sentimientos de
gratitud, de alegría y de esperanza, constatando
que no hemos alcanzado el ideal trazado, pero
estamos en camino y con posibilidad de seguir
avanzando, y esto es posible ya que contamos
da Casa Madre 4/2013
Esto no puede sonar a despedida, pues el
haber asumido el servicio que me han pedido
Los invito a participar de mi consagración,
el día 20 de Abril de 2013, en la Catedral
primada de Bogotá, y el día 4 de Mayo de
2013 en la posesión en Puerto Leguizamo. Su
participación es importante para mi.
Nuestra Madre La Consolata y el Beato
Allamano, sigan manteniendo encendido en
todos nosotros el ideal misionero.
En Sintonía y comunión.
Colombia
no me aparta del ideal misionero compartimos,
indudablemente se trata de un proyecto que hace
parte de la opción que el IMC ha hecho al servicio
de la Iglesia que peregrina en Colombia. Por lo
tanto seguimos vinculados y estoy convencido
que el apoyo incondicional que he recibido de
ustedes misioneros, seguirá presente en la nueva
realidad que abrazaré. El proyecto ha sido una
construcción de todos, una construcción que
ha iniciado en el año 1951, cuando un puñado
de intrépidos misioneros asumieron el desafío
de la Amazonía Colombiana, un proyecto que
muchos y muchas lo han continuado, y que hoy
nos pasan la bandera a nosotros, y nos piden que
lo llevemos adelante con fidelidad y creatividad.
Sean todos bienvenidos a ayudar a llevar esa
bandera, con la oración, la reflexión, con la
búsqueda, pero sobre todo con la disponibilidad
para servir de manera directa a las comunidades
allí presentes.
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da Casa Madre 4/2013
CARVOEIRAS E MANCALAS
Museu de Arte Sacra e Etnologia
CARVOEIRAS
Inserida no âmbito da exposição fotográfica
«Damas de Carvão», patente ao público em
Fátima no Museu de Arte Sacra e Etnologia,
realizar-se-á pelas 21h30 do próximo dia
5 de abril uma Mesa Redonda intitulada
«Carvoeiras| duas realidades».
Portogallo
Nesta
iniciativa
conhecer-se-ão
duas
experiências respeitantes à produção de carvão
vegetal: Costa do Marfim (San Pedro) e Portugal
(Marinha Grande). A primeira, relacionada com
a temática da exposição, aborda as carvoarias de
San Pedro, onde dezenas de mulheres trabalham,
todos os dias, na produção de carvão vegetal
para vender como forma de autossubsistência.
Já em Portugal, conhecer-se-á o trabalho das
carvoeiras de Pilado, Marinha Grande, uma
realidade desconhecida por muitos, tendo sido
uma atividade explorada durante várias décadas
pelas mãos femininas que recorriam ao Pinhal
de Leiria para obterem a matéria-prima. Ainda
hoje existem carvoeiras que fornecem carvão a
particulares e a restaurantes, sendo elogiada a
qualidade deste carvão. Foram convidados para esta Mesa-Redonda,
Ana Paula Ribeiro, fotojornalista e autora das
fotografias em exposição, o padre Luís Maurício
Guevara, missionário da Consolata que visitou
as carvoarias de San Pedro (Costa do Marfim)
e Paula Lemos, docente com uma dissertação
de mestrado em Estudos Portugueses –
Culturas regionais Portuguesas, assentando
a sua investigação nas carvoarias da aldeia de
Pilado (Marinha Grande). O diretor do museu,
Gonçalo Cardoso, será o moderador da mesa.
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da Casa Madre 4/2013
Por ocasião das férias da Páscoa, o Museu
de Arte Sacra e Etnologia irá promover uma
oficina de aprendizagem do tradicional jogo
africano “Mankala – O jogo das pedras”. Os
mancalas constituem uma família de jogos
em que o tabuleiro consiste de duas, três
ou quatro fileiras de buracos, nos quais são
distribuídas pedrinhas. A família dos Mancalas
é muito antiga e sua origem é incerta. Espalhouse por vários continentes e tornou-se muito
popular na África.
Portogallo
MANCALA
Uma de suas versões mais comuns é jogada no
tabuleiro tradicional egípcio, com duas fileiras
de 6 buracos e um buraco maior que ocupa as
duas fileiras em cada ponta. Os seis buracos de
baixo são seus e o buraco maior da direita é a sua
mancala, ou seu depósito de pedras capturadas.
O objetivo do jogo é capturar o maior número
de pedras. O jogo começa em geral com 4
pedras em cada buraco. Sua jogada consiste
em escolher um buraco, retirar suas fichas e
distribui-las pelos outros buracos, uma por
buraco, no sentido anti-horário (em algumas
versões do jogo, no sentido horário). Quando
você passa por sua mancala, você deixa uma
pedra nela como se fosse um buraco normal.
Mas a mancala do adversário você pula.
Quando os 6 buracos de um jogador estão
vazios, o adversário coloca todas as pedras que
estiverem na sua metade do tabuleiro em sua
mancala. Somam-se então as pedras e quem
tiver mais vence.
Se a última pedra distribuída cair na sua própria
mancala, você joga de novo. E se ela cair em
um dos seus buracos e ele estiver vazio, você
leva para sua mancala não apenas essa pedra,
mas todas as pedras que estiverem no buraco
adversário exatamente oposto.
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da Casa Madre 4/2013
VITA NELLE COMUNITÀ
LUNAR NEW YEAR
Arvaiheer IMC Community
Arvaiheer
On Feb 11st, we began to celebrate Tsaagan
Tsar, which is the first day of the year according
to the Mongolian Lunar Calendar (Tibetan
tradition). A great deal of work is required
to prepare for the country’s most important
feast. Up until the first day of celebrations
the stores were packed with anxious shoppers
trying to buy food and gifts to give to each
guest who comes to visit them. The women
had the hardest work. They spend several days
preparing hundreds of booz (meat dumplings)
and dairy foods to mark the occasion. Welloff families prepare and serve a stewed side
of sheep as well. While most Europeans and
North Americans would cut off the fat due to
health reasons, the fat is the most important
for Mongolians since it is seen as a sign of
abundance and a source of strength.
34
Perhaps the most important thing to prepare
for Tsaagan Tsar is the pyramid of traditional
cookies (boov) erected on a large dish in a
special fashion which is filled with dried yogurt
curds, boiled goat fat and candies. This symbol
is as characteristic of Tsaagan Tsar as the tree is
for Christmas. The older and richer a person is,
the greater the number of layers. The minimum
would be 3 whereas the maximum would be 11
layers. Regardless, they must be stacked in an
odd number. One layer represents joy whereas
the other represents sorrow. You must always
da Casa Madre 4/2013
The day before Tsagaan Sar is called Bituun, the
name of the lunar phase of dark moon. Usually,
only immediate family remain together for this
evening celebration. This is also a time of year
when Mongolians try to settle all outstanding
financial issues and resolve long standing
problems in order to begin the new year with
a fresh start. They cannot leave their ger until
first rays of sunlight enters through the opening
of the roof. Many men gathered together on
“Pink-Headed Hill” just behind our mission
in the countryside of Arvaiheer in order to be
touched by the first rays of the rising sun. They
believe it brings blessings and good fortune.
Upon sunrise, each returns home to begin the
great feast.
their arms underneath the older persons arms
in order to show that they support them. The
traditional greeting is “Amar cain uu?” or “Are
you at peace?”. We then asked them how their
spring season was going as we exchanged snuff
bottles.
We wish all of our Mongolian friends not only
a year but a lifetime of blessings from the God
who lives in the magnificent “Blue Sky”.
Arvaiheer
begin and end with joy. The platter is placed on
a table near the north side of the ger. It remains
intact for three full days, after which the family
dismantles and eats all of the treats.
On this first day, wearing our deels (traditional
Mongolian dress) and with our blue scarves
in hand, we entered each ger and first greeted
the eldest male of the household all the way
down to the youngest child present. During the
greeting, the youngest person must always place
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da Casa Madre 4/2013
“CAMINANTE NO HAY CAMINO
SE HACE CAMINO AL ANDAR”
La comunidad
Unión-Valle
Con que alegría y gozo en el corazón hemos
iniciado esta etapa formativa que se nos propone
con la familia misionera de los misioneros de
la Consolata. Una llegada cargada de muchas
expectativas y con grandes sueños, que alegría
encontrarnos de diferentes lugares del país
para vivir una experiencia nueva. El viernes,
15 de febrero del 2013, llegamos a la casa de
formación en la Unión-Valle: Jean Carlos,
Sergio y Leonardo de Florencia-Caquetá;
Jeisson Stiven de Roldanillo-Valle; David de
Manizales-Caldas; y Miguel Angel de Bogotá;
la cual está bajo la responsabilidad del padre
Ricardo Bocanegra, IMC. Allí solo se respiraba
alegría y paz. Más que recién conocidos
éramos como hermanos que no se veían desde
hace tiempo. También nos acompañaba el
padre Joaquín, el superior regional, y el padre
Genaro, responsable de la pastoral indígena en
esta región. En la cena compartimos el pan
como hermanos y nos dispusimos a descansar
del largo viaje que habíamos tenido.
36
da Casa Madre 4/2013
El sábado 16 de febrero nos levantamos (a
las 7:00 a.m.) muy animados, tuvimos nuestro
primer momento de oración comunitaria
a cargo del formador, el padre Ricardo, y
complementado por el superior, el padre
Joaquín; quien nos ofreció con su iluminación
una pincelada sobre la figura del bienaventurado
padre José Allamano. Continuamos la jornada
con el arreglo del jardín, acentuando en el grupo
el ánimo de servicio y de trabajo, ya que no hay
mejor forma de aumentar la humildad que es
una característica fundamental en la comunidad
Allamaniana. En esa misma mañana los padres
estuvieron reunidos en la granja.
Cerca de las 10 de la mañana, arribó a la casa
otro integrante más: Danilo, proveniente
de Cogua-Cundinamarca. Después de una
presentación muy rápida continuamos el
trabajo en el jardín y acto seguido compartimos
un agradable desayuno. La organización de la
casa nos dispuso en una actitud de colaboración
Unión-Valle
entre los integrantes del grupo. Acercándose las
horas de la tarde recibimos con gran emoción
el almuerzo, un momento entretenido y muy
ameno gracias a la confianza que habíamos
ganado durante la jornada. Tomamos un breve
receso en las actividades y nos dimos tiempo
para conocernos y reconocer nuestro ambiente.
Ya en la tarde, llegó un momento que alegró
el corazón de todos los integrantes: la
preparación de la Sagrada Eucaristía en la
cual seríamos presentados ante la comunidad
como seminaristas en el año propedéutico. La
celebración tuvo para nosotros varias sorpresas,
una de ellas fue la llegada del padre Alonso
Álvarez quien nos acompañó en la búsqueda de
respuesta a nuestra vocación; llegó acompañado
de un grupo de jóvenes laicos misioneros.
La Eucaristía tuvo inicio cerca de las 6 de la
tarde; estuvo precedida por nuestro superior
y concelebrada por los padres Ricardo, Javier,
Genaro y el padre Alonso. Esta celebración fue
muy significativa puesto que el padre Alonso nos
presentó al superior y este a su vez nos acoge
en la familia de la consolata, entregándonos al
padre Ricardo para el inicio formal del año del
propedéutico. En la homilía, el padre Joaquín
nos exhortó a estar felices y sentir la alegría en
nuestros corazones ya que la comunidad tenía
tres grandes motivaciones: la primera y la de
más orgullo fue la celebración de la pascua del
Beato José Allamano, nuestro padre fundador, el
padre Joaquín recalca la vida del bienaventurado
como imagen de una vida consagrada para
todos aquellos que lo siguen con un bello lema
que siempre estaba presente en la vida del
beato y en su comunidad misionera “primero
santos y luego misioneros “; el segundo motivo
de gozo fue un claro ejemplo de compromiso a
las huellas del fundador como fue la profesión
religiosa de nuestro hermano Alex, aunque
en la distancia nos unimos a él y a toda la
familia misionera en fiesta; por último y no
menos importante las palabras de aliento hacia
nosotros, los integrantes del propedéutico que
damos un pequeño paso hacia el seguimiento
de Jesús en una futura consagración en la vida
religiosa, “la niña de sus ojos”.
37
da Casa Madre 4/2013
TRE FUNERALI E UN COMPLEANNO
P. Gianantonio Sozzi, IMC
Primo funerale
Guillermo, dicono i pochi che lo frequentavano,
doveva avere piú o meno ottant’anni. Era
afro, originario di Esmerandas, ma nessuno
conosceva bene le sue origini. A Palma Roja era
arrivato seguendo María, che l’aveva trovato a
Lago Agrio e se l’era portato a casa.
Ad ogni modo Lago Agrio, capitale di questa
vasta regione amazzonica dell’Ecuador, era
gia lontano dalla sua terra e dai suoi affetti,
ammesso e non concesso che in Esmeraldas,
sul Pacifico, avesse avuto qualche terra, qualche
affetto o qualcosa di simile a una famiglia. Della
sua vita precedente mai una parola a nessuno,
e tutti rispettavano questa sua privacy. Era di
carattere brusco, pochi amici o forse nessuno
che si potesse chiamare tale. Ha avuto figli,
dicono, ma non si da bene da che donna perché
María al poco tempo l’aveva cacciato; dopo tanti
anni è anche incerto il ricordo di quanti fossero
e dove potessero essere in questo momento. In
poche parole Guillermo era solo.
Puerto Ospina
Viveva con i soldi di un sussidio governativo
che non si nega mai a chi ne ha bisogno,
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da Casa Madre 4/2013
specie se il mercato petrolifero è in auge; non
le mancava poi nemmeno un piccolo conto in
banca con qualche centinaia di dollari e una
casetta racimolati negli anni e nella solitudine.
Sapeva che il momento della resa dei conti non
doveva essere lontano, e così aveva deciso di far
qualcosa per equilibrare il deficit con il Padre
Eterno. Non era specialmente cattolico…
eppure aveva messo tutto il suo impegno per
organizzare il pellegrinaggio alla madonna de
las Lajas, rinomato santuario situato su uno
sperone roccioso a strapiombo su un fiume
nelle montagne della regione di Ipiales, sulla
carta geografica in Colombia, ma in realtà in
quella parte del territorio colombiano che, poco
a poco, si va trasformando in Ecuador, nel
linguaggio, nelle tradizioni culinarie e nel modo
d’essere delle persone.
A las Lajas non arrivò mai. Un infarto lo
stroncò “on the road” e a pochi chilometri della
sua meta finale e quasi alle porte del santuario
concludeva così il pellegrinaggio della sua vita.
Sono le sette del mattino quando arrivo alla
chiesa di Palma Rojas: il funerale, inizialmente
progettualità quando domina l’improvvisazione
e il “Dios proveerá”.
Il corpo, coperto da in lenzuolo prestato dalla
parrocchia, è lí steso su due assi da impalcatura di
muratore in attesa della bara che “gente piadosa”
è andata a comprare a Puerto el Carmen.
L’hanno scaricato alle quattro del mattino
da un furgoncino proveniente dell’obitorio
dell’ospedale di Ipiales dove era arrivato ormai
morto.
Poi quando succedono cose specialmente gravi,
in qualche caso perfino irreparabili, tocca quasi
sempre a loro correre ai ripari per rammendare,
rappezzare e consolare. Quando c’è di mezzo
un morto gli uomini fanno il lavoro “pesante”:
caricano la cassa, scavano la fossa, ci mettono
una pietra sopra. Invece le donne fanno il
lavoro “leggero”: i tramiti burocratici di rigore
e lenire le ferite difficili da rimarginare e che
durano nel tempo.
Nessuno lo stava accompagnando a quell’ora o
almeno così m’era sembrato quando entrai alla
chiesa in penombra. Poi in un angolo scorgo
la cagna gialla di doña María, completamente
distesa, con le mammelle rigonfie di latte. Mi
osserva con sguardo turbato e affaticato per la
prossima cucciolata ormai alle porte, e muove
la coda.
Secondo funerale
Nel funerale di Carmen Elisabeth invece di
famiglia ce n’è tanta ed è tutta presente nella
chiesetta del cimitero di Puerto El Carmen, un
paesone che non ha chiesa ma sí una cappella nel
cimitero. Quando ci sono funerali abitualmente
la messa si celebra lí.
È presente la nonna, la mamma, due vedovi e
tre figlie: una bambina di cinque anni avuta dal
primo vedovo e altre due bambine, una di tre e
l’altra di un anno, avute con il secondo vedovo.
Ad eccezione dei vedovi, che piangono
mestamente, sembra una storia tutta fatta da
donne. C’è una nonna ma sembra non ci sia
un nonno; una mamma, pero non un papà;
delle figlie ma nemmeno un degno discendente
maschio. Lo squilibrio dei sessi è molto evidente
in questo territorio. Ci sono attività squisitamente
maschili: come quella di frequentare le taverna,
ubriacarsi per annegare nell’alcol tanto
sconforto, malmenare la consorte quando l’alcol
diventa decisamente troppo. Fra le attività che si
addicono di piú alle donne quella di tirare avanti
la famiglia che per essere quasi sempre numerosa
esige qualità e impegno non indifferenti, perché
si tratta spesso di creare ricchezza letteralmente
dal niente, speranza in mezzo alla disperazione,
In questo caso la “finadita” era una donna, che
è morta giovane: aveva 23 anni, ed è morta
ammazzata. La nonna mi racconta una storia
sconnessa e parecchio difficile da credere: “mia
nipote venerdí sera è stata rapinata, le hanno
rubato 300 dollari, poi l’hanno ferita, ferita è
arrivata a casa, io ho detto di portarla via che
era pericoloso tenerla così, la mamma non
ha voluto, quelli che l’avevano ferita alla fine
l’hanno cercata e l’hanno finita”. A me suona
piú a un solenne regolamento di conti ma non
voglio approfondire ulteriormente.
Puerto Ospina
previsto per le otto, si sarebbe poi celebrato alle
cinque e mezza del pomeriggio.
Faccio togliere la bara da sopra l’altare, al suo
posto resta una macchia di umidità dall’odore
poco gradevole che mi fa immaginare tante
cose, faccio finta di niente, stendo la tovaglia e
si comincia la messa.
Terzo funerale
Jairo era coetaneo di Carmen Elisabeth, o forse
persino piú giovane di qualche mese. “Murió
en su ley”, in mezzo a una sparatoria che ha
lasciato sul terreno quattro morti: tre giovani di
Puerto El Carmen e un colombiano. Quando
c’è di mezzo un colombiano in Ecuador tutto
diventa chiaro e non c’è piú nulla da investigare:
il narcotraffico, la guerrilla, la cocaina, le armi,
la guerra, i grilletti facili. È tutto.
Pero Jairo non era colombiano, colombiano
era il capobanda, probabilmente il principale
obbiettivo dei sicari, un uomo con una storia
di tutto rispetto alle spalle: killer, sequestratore,
assaltante, ricettatore. Forse “miliciano” delle
Farc, forse liquidato, assieme a tutti gli altri, dalle
da Casa Madre 4/2013
39
stesse Farc che sanno risolvere solo in questo
modo i grattacapi prodotti dai “miliziani”
discoli o semplicemente fuori controllo.
Jairo era un giovane nato da una umile famiglia
sempre disposta a lavorare. La mamma è
cuoca nell’internato delle suore della Divina
Provvidenza: è lei che fa da mangiare ai quasi
cinquanta ragazzini di entrambi i sessi che
vengono da veredas e villaggi lontani e che,
per poter studiare, restano in paese da lunedí
fino a venerdí pomeriggio. La accompagnano,
riconoscibili dall’uniforme, tutti i professori
dell’Istituzione Educativa.
“Jairo era era un ragazzo normale -dice il padrino,
prendendo la parola alla fine del funerale– e in
fondo, proprio in fondo, era un buon ragazzo.
Tutti hanno dato a lui buoni consigli e anch’io
ho cercato di farlo, tutti raccomandavano che
era meglio non frequentare quel gruppo di
amici, che la vicinanza a certe persone si paga
cara. Ma Jairo era davvero ostinato e non ha
voluto ascoltare nessuno, e le cose alla fine
sono andate come sono andate”.
Non era colombiano, ma “murió en su ley”…
un sabato sera, una notte qualunque, e con tre
colpi in testa. In un angolo del cimitero una
giovane donna lo piange piú degli altri.
Puerto Ospina
Il compleanno di Don Jumbo
Di “Don Jumbo” non conosco nemmeno il
nome. Tutti lo chiamano usando il cognome
preceduto da un onorevole “don”, “don Jumbo”
quindi. Da anni è sposato con María dalla quale
ha avuto nove figli, ma lui stesso è costretto a
riconoscere che di figli in circolazione ne ha ben
diciotto. “La mia María -dice– mi ha davvero
voluto bene, non ero un caratterino facile io.
40
da Casa Madre 4/2013
Tante donne prima del matrimonio, qualcuna,
un peccato che ho gia confessato, anche dopo.
Ma María mi ha sempre perdonato, e con la sua
forza mi ha aiutato a correggere tante asprezze”.
Don Jumbo è fra i fondatori di Palma Roja.
Il paese si chiama così perché esisteva una
grandissima palma che assumeva un colore
rossastro in certi momenti dell’anno, era l’albero
piú significativo di questa collina così elevata e
quasi a strapiombo sulla riva meridionale del
río San Miguel. “È stato davvero un lavoraccio
costruire il le case, la chiesa, il convento dei
carmelitani, l’unico edificio di due piani che
presiede il centro urbano. Adesso passa la
strada propio li vicino, ma allora il materiale
di costruzione arrivava sul fiume, bisognava
scaricarlo a mano e poi trascinarlo fin quassú.
Ma è uno sforzo che abbiamo fatto volentieri, e
l’abbiamo fatto tutti uniti”.
In tanti anni le cose son cambiate non poco per
don Jumbo e per tutti gli abitanti di Palma Roja. È
arrivata la strada, se ne sono andati i carmelitani,
al loro posto sono arrivati i membri di un equipe
che si dedicava all’evangelizzazione dei mondo
contadino del vicariato di Sucumbíos, poi se ne
sono andati anche loro, alcune famiglie se ne
sono andate, alte ne sono arrivate, sono arrivati
gli evangelici e hanno fatto man bassa, gli ultimi
arrivati sono stati propio i Missionari della
Consolata. Ma in mezzo a questo andirivieni
don Jumbo è sempre rimasto. Non so se starà
aspettando il giorno in cui anche noi ce ne
andremo… nel frattempo, padrecito, gozamos
de su presencia.
“Quando, seguendo il corso del fiume,
raggiungemmo questo territorio, di spazio ce
n’era a bizzeffe. C’ero io, c’era la famiglia Reyes
e pochi altri. Allora eravamo tutti amici e dopo
aver tumbado monte ci dividemmo la terra
Miguel si tuffa nel corso del Putumayo, e magari
poi ci mangiamo un gelato. Da domani si torna
al lavoro hasta que Diosito nos conceda vida.
Novant’anni non si celebrano tutti i giorni”.
La vita in Palma Roja è scandita ancora dal sorgere
e dal tramontare del sole… quando amanece si
va al campo, quando atardece si torna. Sono le
sei di sera quando Jumbo torna a casa il giorno
del suo compleanno. Quella stessa mattina, sulla
sua piccola imbarcazione, aveva attraversato a
remo il San Miguel per vedere come stavano le
mucche e poi, nel tardo pomeriggio, era tornato
a casa ma solo per caricarsi sulle spalle la pompa
necessaria ad irrorare i tre ettari seminati a cacao.
Puerto Ospina
in modo approssimativo, questa collina è mia,
quella è tua, questa zona costiera e piana, ottima
per il pascolo, è mia, la tua è piú in su lungo il
corso del fiume. Dopo esserci messi d’accordo,
todos a sembrar. Quando venne il momento
de catasto le cose si complicarono alquanto.
“Tutti avevano seminato, tutti si erano arricchiti
con questa terra vergine così generosa. E se al
principio sembrava che quasi non avesse nessun
valore economico, alla fine il valore lo diede il
nostro lavoro, la nostra zappa, le nostre sementi,
il nostro sudore… e cominciarono le liti che
divisero la piccola comunità in opposte fazioni”.
È gia quasi tutto pronto per la festa quando lo si
vede arrivare con un sorriso da misión cumplida
stampato sulle labbra. In cucina di María è quasi
tutto pronto ma è ancora aperto il negozietto
dove si vende di tutto: da generi alimentati
di prima necessità fino a buona bottiglia di
agua ardiente e cerveza anche loro necessarie.
“Il negozio è di María -precisa don Jumbo- e
nessuno, nemmeno io, è autorizzato a vendere
un bel niente se lei non c’è”.
Si chiude solo quando è giunta l’ora di mettersi
a tavola: le sedie per i numerosi commensali
si racimolano da tutta la casa e quasi nessuna
uguale a un altra, ma tutti alla fine riescono a
sedersi. È María l’incaricata di fare gli onori della
casa, Jumbo sembra invece piú a suo agio nel
ruolo del cameriere. Non mangia un boccone
fino a quando non comprova che tutti sono
adeguatamente serviti.
Il giorno dopo la festa è sabato, a mezza mattina
prendo il bus che da Palma Roja mi deve riportare
a Puerto El Carmen. In prima fila scopro seduti
e tenendosi per mano a Don Jumbo e María.
“Padre, da anni il sabato mattina ci concediamo
un giretto a Puerto El Carmen, passeggiamo
sul Malecón che costeggia il punto in cui il San
41
da Casa Madre 4/2013
ENCUENTRO DEL EQUIPO BINACIONAL
SUCUMBÍOS-PTO. OSPINA
P. Julio Caldeira, IMC
Desde 2008 los misioneros de la Consolata
estamos presente en el Vicariato de Sucumbíos,
Ecuador, en la frontera con Colombia, con el
objetivo de integrar el trabajo de fronteras,
pues hace décadas estamos en el Vicariato
de San Vicente-Pto. Leguízamo (que desde el
pasado 21 de febrero fue desmembrado y se
llamará Vicariato Pto. Leguízamo-Solano), en
Colombia.
En los últimos años, como una manera práctica
de llevar adelante el trabajo en la frontera
colombo-ecuatoriana hemos buscado un
acercamiento de los misioneros que estamos
en ambas orillas del río Putumayo para las
visitas, reuniones mensuales del equipo (que
hemos llamado binacional) para evaluación,
programación, oración, retiro mensual,
celebraciones, estudios, trabajos del IMC, etc.
Sucumbios
En este año el equipo estará conformado por
los padres Juan Pablo de los Ríos, Gianantonio
Sozzi, Héctor Sánchez y Julio Caldeira (en
Sucumbíos) y por el padre Antonio Benítez
y la misionera laica Esperanza Córdoba (Pto.
Ospina). Entre los días 25 y 27 de febrero
pasado estuvimos reunidos en Lago Agrio,
capital de la provincia de Sucumbíos-Ecuador,
para nuestro encuentro de programación del
año 2013, que contó con la presencia del vicesuperior regional, P. Angelo Casadei.
42
El primero día fue de llegada de los misioneros,
lectura del acta anterior y del compartir de los
misioneros y misionera sobre su vida personal,
comunitaria y pastoral; en un segundo momento
contamos con el compartir del P. Edgar Pinos
sobre el Vicariato de Sucumbíos.
El segundo día comenzó con la celebración
eucarística, el compartir del P. Angelo
Casadei sobre el Vicariato de San VicentePto. Leguízamo, de las perspectivas del nuevo
Vicariato Pto. Leguízamo-Solano y algunas
cuestiones de los misioneros de la Consolata.
Al final de la mañana Mons. Paolo Mietto,
da Casa Madre 4/2013
administrador apostólico del Vicariato de
Sucumbíos ha compartido sus expectativas e
inquietudes sobre nuestro trabajo y el proceso
llevado a cabo en Sucumbíos. En la parte de la
tarde, después de todos los aportes y reflexiones,
hicimos nuestra programación para el año 2013,
que contará con los encuentros mensuales de
tres días en la última semana de cada mes (cada
vez en una de las casas), el continuar la reflexión
sobre la cuestión Amazónica, Fronteriza e
Indígena, bien como las visitas en común y
colaboración mutua por las riberas del río
Putumayo.
En el último día dedicamos al retiro mensual,
a partir del aporte del P. Juan Pablo sobre
“ser santo”. Concluimos nuestro encuentro
con la celebración eucarística y compartiendo
una exquisita “macarronada” preparada por
el P. Angelo, en la expectativa del próximo
encuentro y actividades de este mes, bien como
el encuentro continental amazónico-indígena
IMC que se llevará a cabo en la Amazonia
Ecuatoriana entre los días 22 y 27 de abril.
Tongducheon
TONGDUCHEON
P. Tamrat, IMC
Abbiamo iniziato l’anno 2012 salutando il p. Jair,
che si preparava a tornare alla sua terra di origine
e nuova destinazione: la Colombia. Era arrivato
in Corea come missionario nel febbraio 2005.
Una settimana dopo la sua partenza, è arrivato
alla comunità il p. Alvaro, appena tornato dal suo
anno sabbatico in Portogallo. Con il suo arrivo,
la comunità è così tornata ad essere composta
da tre membri. P. Jair ha lavorato in Corea per
7 anni, 4 dei quali li ha spesi qui a Tongduchon,
nell’assistenza ai lavoratori stranieri, specialmente
i Latino-americani. E’ stato un missionario molto
generoso tra gli ispano- parlanti, e la sua presenza
era considerata molto importante da parte loro.
Un suo ministero speciale consisteva nell’aiutare
i latinoamericani che si trovano in prigione per
qualsiasi motivo, specialmente i Colombiani, a
comunicare con le rispettive famiglie. Assieme
a Suor Angela, visitava regolarmente le famiglie
più bisognose. Era sempre per strada e andava
ovunque ci fosse qualcuno che avesse bisogno
del suo aiuto; quando qualcuno era all’ospedale,
per esempio, o era stato preso dall’Ufficio
Immigrazione e portato negli appositi Centri in
attesa di espulsione dal Paese.
P. Jair era un servitore umile, la cui semplice
presenza era ben apprezzata dalla comunità
e dalle singole persone. Ancora adesso
noi sentiamo il vuoto che egli ha lasciato
nella comunità, specialmente quel “sapore
latinoamericano” che lui portava in comunità,
spargendolo su cibo, cultura o vivace musica
latinoamericana, nelle occasioni speciali o anche
solo nella celebrazione dei compleanni. Dopo la
sua partenza, il numero di latinoamericani che
soleva farci visita è andato diminuendo e adesso
non c’è più quasi nessuno che ci viene a trovare,
eccetto in caso ci sia qualche urgente problema
da parte loro. Nonostante la partenza di p. Jair
sia stata una triste notizia per noi, l’anno 2012
è stato comunque davvero speciale, perché ha
portato il nostro Giuseppino a concludere la sua
esperienza missionaria, e noi a vederlo fare la sua
professione perpetua e ricevere l’ordinazione
diaconale.
Queste celebrazioni sono state per noi
veramente “speciali”, perché eravamo stati
testimoni del suo coraggio nell’affrontare
un grave problema che aveva agli occhi,
problema ora quasi del tutto superato, grazie
a Dio. L’abbiamo visto ben determinato e
deciso a fare la sua professione e assumere il
suo impegno ministeriale con gioia; ora poi,
è entusiasta circa la sua prima destinazione
come sacerdote missionario, alla Colombia. La
nostra casa ha due piani, e mentre la comunità
usa il pianterreno per la sua vita di ogni
giorno, usiamo il primo piano come luogo di
accoglienza per lavoratori immigrati che siano
in particolari difficoltà, a volte per alcuni giorni,
altre per periodi più prolungati. Quest’anno
molte persone, da molti paesi diversi, hanno
usufruito della nostra accoglienza. Ve ne
presento solo quattro, anche per darvi
un’idea migliore di quali sono le persone che
normalmente vengono a rifugiarsi da noi.
Quest’anno abbiamo dato ospitalità a persone
dalla Romania, dalle Filippine, dall’Ecuador e
dal Kyrgyzstan, tutte con le loro buone ragioni
per venire da noi.
Flori era un immigrato illegale dalla Romania.
Una notte stava lavorando in una fabbrica,
quando le autorità dell’immigrazione (sempre
a “caccia” di immigrati illegali) hanno fatto una
retata. Cercando di sfuggire alla cattura, Flori
cadde giù dal primo piano e si ferì malamente.
Portato in ospedale vi rimase due mesi e poi
venne a rifugiarsi da noi, proseguendo le sue
da Casa Madre 4/2013
43
Tongducheon
terapie presso l’ospedale vicino a casa nostra.
Ruben invece veniva dalle Filippine. Voleva
tornare al suo paese ma venne a stare un
periodo da noi, in attesa che la fabbrica gli
pagasse i salari arretrati che gli doveva. Lui era
un immigrato legale, ma dovette estendere il
suo visto di 3 mesi, per avere così tempo di
risolvere il suo caso. Ruben citò il proprietario
della fabbrica in tribunale, purtroppo però
perse la causa e dovette alla fine far ritorno alle
Filippine.
44
Lautaro era Ecuadoriano ma aveva un
passaporto spagnolo. Era venuto in Corea
a lavorare per un breve periodo, perché in
Spagna, a causa della grave crisi, non trovava
lavoro. Stava in Corea con un visto turistico,
ma allo stesso tempo lavorava in una fabbrica,
per tre mesi. Anche a lui capitò di lavorare per
più di due mesi, senza venir pagato. Il padrone
della fabbrica approfittò del fatto che lui, con un
visto turistico, non poteva legalmente lavorare
in Corea, per non pagarlo, e così lo sfruttò per
tutto il tempo. Alla fine, pur senza ricevere i
soldi che gli erano dovuti, Lautaro decise di
tornare in Spagna, ma prima è rimasto un mese
con noi. Era una persona molto buona, e ci
aiutò molto con i lavori di pulizia della casa e
con altri lavoretti di manutenzione della casa.
L’ultimo caso che vi vorrei raccontare è quello
di Alexander, dal Kyrgyzstan, arrivato da noi
attraverso i buoni uffici di P. Domenico, un
sacerdote coreano della diocesi di Chun-cheon,
che lo stava aiutando. Quando ebbe bisogno di
un posto dove stare, infatti, p. Domenico gli ha
parlato di noi e ce l’ha portato. Alexander aveva
un problema con l’alcool. Quando è arrivato
da Casa Madre 4/2013
da noi continuò a tremare in tutto il corpo per
tre giorni, e… a bere! Non mangiava niente,
eccetto un po’ di latte. Rimase con noi circa un
mese, fino s stare bene abbastanza da provare a
lavorare di nuovo, dicendo che si annoiava a stare
a casa da solo e, soprattutto, che aveva bisogno
di guadagnare qualcosa per i suoi bambini a
casa. Assieme a p. Domenico l’abbiamo aiutato
a trovare un lavoro, portandolo anche al Centro
del Lavoro. Dal momento che era entrato
legalmente in Corea, non fu difficile trovargli
un lavoro. Addirittura lo trovò in una fabbrica
vicina a casa nostra, e lui era contento perché,
diceva, ci avrebbe potuto far visita spesso,
almeno nei fine settimana. Ma un giorno,
sfortunatamente, il padrone della fabbrica dove
lavorava l’ha portato da noi e lasciato davanti
alla porta. La causa, come sempre, era l’alcool.
Come ci spiegò il padrone della fabbrica,
Alexander si presentava regolarmente al lavoro
ubriaco fradicio, e la fabbrica non voleva
assumere responsabilità, in caso di un suo
incidente sul lavoro. Restò a casa nostra per un
mese, spendendo in so-ju (un popolare vino
coreano) tutti i soldi che aveva guadagnato
lavorando nella fabbrica. Abbiamo preso
contatto con molti posti, per cercare di aiutarlo
a risolvere il suo problema, ma nessuno finora
si è mostrato disposto ad accoglierlo, a causa
della barriera linguistica. Stiamo continuando a
cercare di aiutarlo.
Il nostro 2012 sta così per finire, con molte
benedizioni e con Giuseppino che si prepara
ad essere ordinato sacerdote il 30 gennaio 2013.
E noi ringraziamo di cuore il Signore, che è
buono con noi, nonostante le difficoltà, che
non mancano mai.
P. Eduardo Reyes, IMC
Fingoé
INÍCIO DA NOVA MISSÃO DE FINGOÉ
O dia 16 de Fevereiro de 2013, se da início da
nova missão de Fingoé no Distrito de Maravia
em Tete. Data importante e significativa para
os missionários da Consolata na Região de
Mozambique.
O dia começa na casa do senhor Bispo de
Tete (Dom Inácio Saure) com a celebração
da Eucaristia lembrando a Festa do Fundador
(Beato José Allamano) e orando pela nova
missão dos missionários da Consolata em Tete.
É uma data importante, pois se reconhece que
estando em vida o Beato José Allamano em
1925, viu o nacimento da missão de Miruro em
Zumbo. Isto é significativo para os missionários
pois vai-se a dar continuidade a aquele primeiro
sonho que se deixou atras.
O senhor Bispo, acompanhado dos padres
Hyacinth Mwallongo, Eduardo Reyes (IMC), pe.
Rosário Dionísio Francisco (Diocesano), e da
irmã Rosalina Xavier (Das Irmãs Franciscanas
Missionária de Maria); fizeram uma visita a Sede
administrativa de Fingoé no Distrito de Maravia;
no dia 16 de Fevereiro. Com o objectivo de
apresentar os novos padres missionários da
Consolata que assumiram essa nova paróquia no
Distrito de Maravia. Esta Sede Administrativa de
Fingoé ainda não é paróquia, mas com a chegada
dos padres missionários se constituirá uma nova
paróquia na Dioceses de Tete. Por enquanto a
comunidade tem uma capela que leva o nome de
Santos Mártires de Uganda.
A Sede administrativa de Fingoé está a uma
distância de 278 km da cidade de Tete. Para
chegar a Fingoé desde a cidade de Tete, se deve
tomar a estrada asfaltada que leva a Zâmbia,
logo depois de 163 km se desvia a esquerda
tomando uma estrada de terra batida de 115
km, que conduze a Fingoé. No caminho se
encontra com uma ponte que Divide o distrito
da Maravia com o Distrito de Chifunde. Desta
ponte até a sede administrativa de Fingoé, há
uma distância de 95 km.
Esta visita se realizou neste dia sábado 16 de
Fevereiro, fazendola coincidir com a festa
dos missionários da Consolata (O aniversario
da morte do Fundador José Allamano em
1926). A chegada foi perto das 15:30 horas.
A comunidade estava na capela ensaiando
os cantos da Missa. Foram acolhidos com
cantos desde a capela até a casa feita para os
missionários. Um grupo musical com violões,
batuques, e maracas acompanhou o desfile
de entrada ao quintal da capela. Tinha muitas
pessoas chegadas de diferentes comunidades
vizinhas (Cantine, Nhimbe, Mbwedzi,
kachombe, Unkanha e Maloera).
Logo depois do almoço o senhor Bispo
convidou os animadores das diferentes
comunidades para fazer uma pequena reunião
da Casa Madre 4/2013
45
e apresentar os novos padres. Fruto desta
reunião podemos ter para a memória alguns
pontos partilhados:
•
Os animadores serão os primeiros
responsáveis dos padres. Cuidar, ajudar e
obedecer nos seus trabalhos nesse lugar.
•
Esta primeira chegada a Fingoé, é
só uma apresentação mútua dos padres a
comunidade, logo mais adiante se pode fazer
uma cerimónia oficial junto com os superiores
da Consolata.
•
Os primeiros trabalhos vão ser de
conhecimento tanto da língua, as tradições
e adaptação ao lugar. Nestes aspectos os
animadores cumprirão um papel muito
importante pois terão que ir guiando aos
missionários pouco a pouco.
•
Fingoé nunca teve padre residente,
pois a paróquia estava em Ucanha, por isso
será uma nova experiencia para aprender
como comunidade a levar adiante esta tarefa.
Necessitarão aprender como organizar-se para
responder a este novo desafio e exigência.
•
Como missionários estão dispostos a
conhecer as comunidades, traçando um plano
de visitas no período seco (Abril - Novembro).
Isto também compreende a sede de Zumbo.
E dar um pouco de atenção mais próxima a
antiga paróquia de Ucanha. Os missionários
desejam poder acompanhar espiritualmente
estas comunidades que estiveram mais de 40
anos sem presença contínua de sacerdotes.
Fingoé
•
O senhor Bispo comprometeu-se a
ajudar nestes primeiros passos de ubiquação e
organização. Como signo importante em esta
visita foi a compra do terreno (de um hectare),
onde está actual capela e outro terreno de 10
hectares para a Diocese. O valor cancelado foi
de 22.398 meticais.
46
•
Tarefa a seguir será de erigir paroquia e
organizar a sede paroquial para poder atender
as diferentes comunidades.
•
Por enquanto, os missionários voltarão
a Tete para coordenar alguns assuntos prévios
à ubiquação definitiva em Fingoé. Também
procurarão as coisas necessárias para poder
da Casa Madre 4/2013
viver em Fingoé.
•
Os
missionários
propõem
aos
animadores um segundo momento de
acercamento para os dias próximos a Semana
Santa. Mais concretamente uma semana antes
de Semana Santa. Assim se poderá programar
com os animadores os dias santos e também
coordenar para ter uma primeira visita a Ucanha.
Terminada a reunião o senhor Bispo passou a
encontrar-se com alguns jovens que solicitaram
falar com ele. E a comunidade continuo
ensaiando a Missa ate as 22:00 horas.
No dia domingo 17, nas horas da manha, se
celebrou a Missa muito solene onde como
pontos principais se tinham:
•
Dar inicia a o tempo da Quaresma com
a imposição das cinzas.
•
Celebrar o primeiro Domingo de
Quaresma.
•
Fazer memoria junto com os missionários
da Consolata da Festa do seu Fundador (José
Allamano).
•
Apresentar de uma forma oficial à
comunidade da igreja de Fingoé os novos
missionários que trabalharão nessa região de
Maravia e Zumbo.
Concluída a cerimónia da Eucaristia, depois de
tirar algumas fotos com a comunidade e logo
do almoço, o senhor Bispo com sua comitiva
empreenderam o caminho de volta para a cidade
de Tete.
Communauté IMC
Le début de cette nouvelle année pastorale a
apporté à notre communauté IMC de Dianra
des nouveautés qui continuent à lui faire changer
son visage. Tout d’abord nous tenons à remercier
le P. Ramón pour sa présence parmi nous. Bien
que courte, elle a considérablement enrichi notre
communauté, pas seulement pour son charisme,
mais aussi pour sa longue expérience dans les
premiers années de notre paroisse. Nous lui
souhaitons plein succès dans ses nouvelles
fonctions comme curé de Dianra-Village et dans
ses responsabilités au sein de la communauté de
Marandallah. Le mois de Septembre a amené un
nouveau visage à notre communauté, le P. Oscar
Medina, qui a été affecté à cette mission après
sept mois en Côte-d’Ivoire et un cours intensif
de français à Abidjan. On veut souhaiter à ce
jeune missionnaire un fructueux témoignage
de l’Évangile dans notre paroisse et dans notre
communauté.
notre patronne Saint Thérèse de Lisieux et en
réfléchissant sur certains passages du message
du Pape pour la Journée Missionnaire Mondiale.
Dianra
NOTRE DÉBUT D’ANNÉE...
Enfin, deux mois pleins de travail et riches de
perspectives, temps de reprendre le chemin
en tenant compte de l’évaluation de l’année
dernière pour améliorer notre témoignage
religieux et missionnaire.
Le mois de Septembre a été aussi le temps où
notre communauté s’est donné les fondements
pour vivre au nom de Dieu et de la mission cette
nouvelle année pastorale. Pour commencer,
entre les jours 17 et 18 du mois nous nous
sommes réunis ici à Dianra avec la communauté
de Marandallah pour partager les activités qui
pourraient nous aider à vivre dans la coopération
et la fraternité comme secteur nord IMC. En outre
l’objectif de nos confrères de Marandallah était
aussi de travailler sur leur projet communautaire
de vie dans la mission. Une semaine plus tard
c’était notre tour de réfléchir et d’élaborer notre
projet missionnaire communautaire de vie,
pour lequel nous sommes allés à Marandallah
dans la dernière semaine du mois. Deux dates
importantes pour mettre en évidence dans ce
mois: les 38 ans de profession religieuse de p.
Manolo et les deux ans de prêtrise de notre curé,
le p. Matteo.
Le mois d’Octobre, mois missionnaire, on l’a
commencé avec un chapelet missionnaire en
commémorant la fête de
47
da Casa Madre 4/2013
AU FIL DES JOURS
Communauté IMC
Nous voici entièrement plongés et engagés
dans le processus de notre histoire, marquée
certainement par le grand événement de
l’histoire ecclésiale : l’année de la « FOI ». Celleci est caractérisée par un renouvellement de
notre communauté. Le Frère Rombaut venait
de partir de Marandallah depuis le mois d’août
dernier, pour répondre à sa nouvelle affectation
à la Mai-son Mère en Italie.
A sa place, le P. Ramón Lázaro Esnaola est
venu de la RD Congo pour faire partie de notre
communauté apostolique. Eu égard à ce qui
précède, il s’est avéré important que nous ayons
un nouveau départ pour que nous puissions
répondre adéquatement aux nouvelles exigences
que la mission nous impose : entre autres, la
consolidation de notre communauté IMC, le
rassemblement de la communauté chrétienne
paroissiale, la pastorale de proximité, etc.
Marandallah
Pour cela, nous avions établi un nouvel horaire
communautaire, en y projetant une rencontre
communautaire chaque mardi à 15h00’. Ensuite,
et de commun accord avec le P. Ramon, nous
nous sommes fixés un rendez-vous deux fois
par semaine pour l’apprentissage de la langue
sénanri, précisément les mercredis et les
vendredis à 15h00.
48
En rapport avec l’année de la foi, nous ne
cessons d’encourager nos fidèles croyants à
redoubler d’efforts en vue d’intensifier notre
rapport et notre communion avec Dieu à
travers la prière et le don de soi. En effet, cela a
fait que nous suggérions d’avoir la messe deux
fois par semaine le soir. Il s’agit du lundi et du
jeudi, avec une demi-heure
d’adoration le jeudi après la messe. Et les
mercredis, nous célébrons au Centre de santé,
pour manifester cette présence consolatrice de
Dieu parmi les désemparés et les souffrants.
Pendant les weekends, nous nous éparpillons
dans les différents villages pour la célébration
dominicale ; même si de temps à temps, le
P. Ramon va à Dianra Village ou à Sononzo
Carrefour pour rejoindre ses fidèles, étant
da Casa Madre 4/2013
donné que la charge de la paroisse Saint Joseph
Mukassa de Dianra Village lui a été confiée,
tout en sachant que ce sont nos confrères de
Dianra Préfecture (ex Sous-Préfecture) qui ont
les mains mises à la patte.
L’autre innovation introduite à notre
communauté apostolique est la « soirée
communautaire » tous les dimanches après la
prière du soir. Il s’agit tout simplement de nous
mettre ensemble, nous réjouir, voir un film ou
un bon programme que la télévision peut nous
offrir. Après le film, et pour bien agrémenter la
soirée, nous nous mettons autour d’une table
pour partager un gâteau, un verre d’amitié,
et faire certains commentaires sur le film vu
précédemment. Ces moments sont vraiment
très édifiants car ils nous aident et consolident
la fraternité, la convivialité et la communion.
En fin de comptes, et sans prétention de grandeur
mais d’une saine fierté, nous osons affirmer
haut que nous sommes une communauté
allègre, joviale et accueillante. Nous essayons
de répondre à l’appel de Dieu au milieu de nos
frères et soeurs koro et senoufo, qui ont été mis
a notre charge en tant qu’équipe missionnaire.
A savoir, notre pastorale ordinaire est appuyée
par les activités du Centre de santé et du projet
d’alphabétisation, sans oublier le « Jardin de
l’Amitié » qui est encore en préparation, bien
qu’il soit déjà opérationnel.
Kasuba Bienvenu, IMC
Sabato 02 marzo 2013, il seminario teologico
internazionale di Bravetta è stato onorato della
presenza del Cardinale Gianfranco Ravasi,
presidente del Pontificio Consiglio della Cultura,
delle Pontificie Commissioni per i Beni Culturali
della Chiesa e di Archeologia Sacra. L’evento è
molto importante e grandioso per noi missionari
della Consolata. Cinque dei nostri confratelli:
Daniel (Etiopia), Dawinso (Colombia), Juan
Carlos (Argentina), Kennedy (Kenya) e Nicolas
(Kenya) sono stati ordinati diaconi nella
Parrocchia Santissimo Crocifisso. In presenza
del padre Sandro Carminati, superiore regione
Italia e del suo vice padre Michelangelo, del padre
Carlo Biella il rettore del seminario e di tanti altri
missionari e sacerdoti e la grande assemblea
venuta da diverse parti dell’Italia, questi nostri
cinque fratelli hanno espresso al Signore la
loro disponibilità a servire Cristo nella totale
gratuità di vita. Erano presenti durante l’evento
degli amici venuti da Torino, Vittorio veneto,
Platì, Santa Maria al mare, Galatina, etc.
Bravetta
ORDINAZIONE DIACONALE
Tutti hanno risposto volentieri all’invito,
soprattutto per accompagnare questi giovani
che hanno vissuto con loro e con loro hanno
condiviso la vita come fratelli e amici. Conviene
ricordare che i cinque ordinati sono compagni
del diacono Antipas Tesha che in Portogallo ha
fatto l’anno di servizio.
49
da Casa Madre 4/2013
CASA REGIONAL
Lisboa
P. Jaime Marques, IMC
50
Dizer que o mês de Fevereiro é o mês allamaniano, é já um lugar-comum. De facto durante
estas poucas semanas o Beato Allamano esteve
sempre presente nas nossas preocupações, na
nossa oração e em muitas actividades, tendo
como centro de convergência a sua pessoa e
a sua doutrina. A festa litúrgica, que ocorre no
dia 16, data da sua passagem deste mundo para
o Céu, tornou-se o centro das atenções, não
somente dos Institutos por ele fundados, mas
da grande família missionária, que vai atingindo dimensões cada vez mais amplas e a nível
nacional. Muita gente colaborou na preparação
da peregrinação. Este grande evento foi, de
facto o ponto mais alto das celebrações. Mais
uma vez pudemos constatar o grande interesse
que esta peregrinação desperta nos amigos da
Consolata.
Obtivemos grande colaboração também dos
Párocos, nossos vizinhos, os quais tiveram a
gentileza de anunciar nas suas igrejas e encorajar a os paroquianos a aderir ao nosso convite.
E no dia 16, portanto a coincidir com a festa litúrgica, lá se dirigiu para Fátima a grande
família consolatina. O tempo primaveril muito
contribuiu para que fosse um grande dia de festa. Esperamos agora que toda esta movimentação seja penhor de um aumento de espírito
missionário e de conhecimento dos nossos Institutos. O mês de Fevereiro foi também um
período de alterações na nossa comunidade.
Os dois jovens estudantes terminaram o curso
de língua e cultura portuguesa que frequentaram na Universidade. Chegou portanto o tempo de serem colocados em lugares de trabalho.
Depois de uma despedida fraterna, na qual
quisemos agradecer a sua presença agradável e
jovial que imprimiam na comunidade, o Bernard partiu para o Zambujal, ao passo que o
Olivier continua a fazer parte desta comunidade. Também o José Brás, depois de uns meses de permanência connosco, partiu para o
Porto a fim de frequentar a filosofia. Obrigado
Zé, pela tua alegria e boa disposição.
Desejamos-te os melhores êxitos. Acolhemos
o P. Serafim, que atrasou a vinda por motivos
de saúde. Tinha sido submetido a uma cirurgia.
Tendo esta sido bem-sucedida, as melhoras
da Casa Madre 4/2013
foram rápidas e satisfatórias. Quando se sentiu
restabelecido, veio ocupar o lugar que o esperava. Desejamos-lhe que se sinta bem entre nós
e que a sua saúde seja beneficiada pelos ares
lisboetas. Todos sabem que está entre nós o P.
Adelino Francisco. Veio de Moçambique por
motivos de saúde. Está frequentando médicos
e tomando medicamentos. Já se notam algumas
melhoras, mas ainda há caminho para andar.
Este mês foi pródigo também em aniversários.
Logo de início foi o P. António, seguiu-se o P.
Elísio e poucos dias depois o P. Serafim. Como
é hábito, os Confrades da Zona Sul associaramse nas festas de parabéns e na partilha da alegria
dos aniversariantes. Ao longo do mês tivemos
muitas visitas internas e de amigos.
Dá gosto ver o movimento que a nossa comunidade vai assumindo. Com todo o IMC
regozijámo-nos com nomeação do novo Bispo,
P. Joaquin Pinzón, ao qual prometemos a nossa
oração. Seguimos com muito interesse a resignação do Pata Bento XVI. Agora sentimo-nos
muito em comunhão com todos aqueles que em
oração seguem os passos da Igreja neste momento prenhe de esperança.
P. Albino Brás, IMC
A nossa comunidade diz-se na sua naturezae nas
atividades que realiza. Mais que umrelatório dos
acontecimentos do mês, deixoaqui algumas notas... soltas:
Bernard Zambujal Obiero
O seminarista Bernard chegou a 4 de Fevereiroà
comunidade do Zambujal e já se sentecomo
peixe na água. Gosta das comunidades(religiosa e
pastoral) e as comunidadestambém gostam dele.
É um relaçõespúblicas e vai entrando facilmente
nos váriosambientes do bairro. O jeito ‘Zambujal de ser’já lhe começa a entrar no sangue. Aqui
vai darcontinuidade ao ano de serviço.
O laboratório: cozinha de autor
A nossa comunidade é a única da Regiãoque não
tem cozinha, tem um... laboratório!Como não
temos empregada, cada umvai desbravando os
segredos da culináriapor entre tachos e panelas.
Não seguimosreceitas. Na hora de preparar uma
refeiçãovamos juntando os vários ingredientes
e,no final, já sentados à mesa, aquele quepreparou a comida já sabe a primeira coisaque deve
dizer: “Hummm... está delicioso”. Eos outros...
concordam, claro! E não é falsamodéstia nem
falsa humildade. Estamo-nos asurpreender uns
aos outros. Cada prato é umasurpresa. E não
passamos fome! Ninguémtem perdido quilos
nem tem andado com orolo de papel higiénico
atrás. A nossa cozinhaé um laboratório: inventamos, criamos,experimentamos... Fazemos
cozinha de autor.Só isso! São servidos?!
O Bruno e a D. Rita: dar e receber
São 23h. Toca a campainha. Não, não é aD.
Rita, que essa senhora, cabo-verdiana deorigem, costuma tocar mais cedo e semprecostuma trazer algo para nos dar: um saco defrutas,
uma meia dúzia de meias, um qualquereletrodoméstico para a cozinha. A alegriadela está
em dar. E, ainda que nem sempreprecisemos
temos que fazer boa cara. O caboverdianonão
costuma preguntar se queremos,dá, simplesmente. E ainda que não precisemosfica mal
não receber. Mas, voltando ao Bruno...Sim,
o Bruno é uma criança que mora no andarde
baixo e é membro de uma família cigana.Vem
pedir-nos alimentos quase diariamente:“Olhe!
Podia-me ‘emprestar’ um litro oudois de leite e
Zambujal
NOTAS SOLTAS DA ZAMBUJAL
51
da Casa Madre 4/2013
Zambujal
52
um pacote de bolachas?”.Sabemos que é uma
família necessitada, massabemos também da
vocação deste povo deetnia cigana para pedir.
Mas esta narrativasere também para frisar os
sinais visíveis depobreza, e mesmo fome, que
existem nestebairro. Quanto a nós, vamos
dosando asajudas, mas com alguma pedagogia.
Domingo do “PÃO SOLIDARIO”
Portugal passa por uma profunda criseeconómico-financeira, que produzdesemprego e até fome. No nosso BairroZambujal,
em particular, há pobres quetêm vergonha de
se apresentarem comotal e, consequentemente,
de pedir ajuda.O evangelho desafia-nos. Temos
quefazer algo!Os/as Missionários/as da Consolata, que desdesempre apoiamos projectos
nos países maispobres, onde temos Missões,
convidamos,agora, a toda a comunidade do
Zambujal aestender esta ajuda à população
mais maiscarenciada da nossa comunidade.Foi
com este objectivo que lançamos esteprojecto:
“Domingo do Pão Solidário”, queteve inicio no
dia 3 de fevereiro É um convitea todos os que
participam na missa dominicalno nosso CCV
(Centro Consolação e Vida), atrazerem um quilo, ou mais, de alimentos nãoperecíveis (arroz,
feijão, massa, açucar, ...). Osprodutos doados
são colocados, como oferta,num cesto diante
do altar, na missa dominical.É um gesto que
se repete sempre no primeirodomingo de cada
mês. Foi instituido umconselho da comunidade para proceder adistribuição dos alimentso
arrecadados,seguindo critérios de maior necessidade dasfamilias. Não resolvemos os graves
problemasde pobreza no bairro, mas é um sinal. Umimportante sinal para comunidade.
“Feliz quem acredita”
A D. Lurdes Barata é uma de tantas mulheresque, da zona sul, animaram peregrinos dos25
autocarros que partiram da região Lisboa/Sintra na 23ª Peregrinação da Consolata aFátima.
D. Lurdes, responsável da capelade São Mamede, em Janas, Sintra, ondecelebramos missa
com alguma regularidade,admira os missionários da Consolatae a missão que realizamos. Com
estessentimentos animou a sua comunidade,
eligava insistentemente para as pessoas paraas
animar a inscreverem-se. Preparou tudoaté ao
mais mínimo detalhe. Chegado odia, animados
na esperança, partiram. Já àentrada de Fátima o
seu autocarro foi barradopela polícia, que ali os
da Casa Madre 4/2013
reteve por quase umahora, por irregularidades
de documentaçãodo autocarro. Como responsável ficou muitonervosa. Até porque – depois
de os terem feitodescer a todos, no frio gélido
e húmido deFátima, e voltar a subir - levaram
o autocarroescoltado até ao seminário, eram
já quase 11h.“Fizeram de tudo para que nos
sentíssemosquase que criminosos, e pra mais
em Fátima”,desabafava ela, tremendo de nervos, nessedia. Um excesso de zelo da polícia,
quedeveria ter sido devidamente denunciadopela organização da peregrinação. Estes diasfalei
novamente com a D. Lurdes. “Então, em2014
volta a organizar a peregrinação na suacomunidade, verdade?!” – “Claro que sim!” –respondeu resoluta – “Apesar dos problemasencontrados, as pessoas gostam de ir”, dizemque “é tudo
muito bonito”. E assim vamos,mais animados
ainda por pessoas que nosanimam!
Fratel Francesco Bruno- Cico, IMC
Da parte mia non posso lamentarmi troppo:
sia lo scorso anno sia questo sono stato aiutato
in tanti modi da molta gente generosa, così
ho potuto aiutare gli indigeni e visitare molti
villaggi, tra cui alcuni per la prima volta. Per
visitare, intendo “stare” almeno un giorno
intero nel villaggio o nella comunità indigena!
In Gennaio, sette giorni di “Via crucis” sotto
il sole caldo, in sette villaggi, in occasione
del passaggio della “Croce Pellegrina” e del
quadro della Madonna, per ricordare il tema
della Campagna di Fraternità il cui Tema
quest’anno é la gioventù. È stato sotto il sole
caldo, per mancanza di luce elettrica, altrimenti
lo avremmo fatto di sera o di notte. Poi altre
visite in altri villaggi per accompagnare feste
patronali, e i vari Progetti in andamento tra
cui quello dei pesci, che crescono lentamente,
mentre il bestiame va un po’ meglio, e per
consegnare tegole per le cappelle e pezzi
di ricambio per le biciclette dei catechisti,
mangime per i pesci, ecc.
Siamo vicini alla festa più importante e solenne
di tutto l’anno, in cui ricordiamo la risurrezione
di Nostro Signore Gesù Cristo! Qui, purtroppo, i
popoli indigeni sono ancora in piena Quaresima,
schiacciati da una “società perversa” dove
pochissimi hanno tutti i diritti e la maggioranza
delle persone, ha solo i rovesci. La festa più
grande e molto rispettata è il Venerdì Santo !
Durante una riunione di Pastorale, un maestro
nato in Amazzonia, che lavora nel Centro di
Formazione della terra Indigena Raposa Serra
do Sol, si è sfogato e ha raccontato la sua
sofferenza come insegnante e, oltre a lamentarsi
della società perversa, ha usato tante parole e
tanti aggettivi, che descrivono bene il “calvario”
e le ingiustizie in cui “vivono” gli indigeni e i
poveri nel Brasile, e purtroppo, dico io, anche in
tanti altri paesi del mondo. Ha parlato anche dei
“Progetti” che accompagna, soprattutto delle
piscicolture, e ha ribadito che occorre ascoltare
gli indigeni, oltre che tenere presente il loro
contesto culturale.
Le richieste, molte, vanno in direzione di
motopompe e tubi per irrigare le piantagioni,
anche per causa del tempo di siccità da parecchi
mesi. Intanto aggiusto i motori e le pompe
esistenti, e altri attrezzi per grattugiare la
Manioca, per fare la farina e altri manicaretti...
Con il torinese Maurizio, siamo stati alle fonti
dove inizia l’acquedotto di Camarà: abbiamo
sofferto un po’ per la salita e le difficoltà del
“sentiero”. Gli indigeni hanno già sostituito i
tubi, e hanno fatto il lavoro meglio di quello
che pensavo, ma si dovranno fare ancora
altri lavoretti, sia per captare l’acqua, sia per
sostenere i tubi in modo durevole e funzionale.
Inoltre Maurizio mi ha veramente aiutato
per 26 giorni, teoricamente e praticamente,
generosamente e senza paura di sporcarsi le
mani. Devo proprio ringraziare per questo
dono inatteso. Specialmente per gli alveari e
per il miele, e adesso sono più tranquillo con
tantissimi telaietti nuovi, e lavori fatti. Dopo
alcune riparazioni, il camioncino ha messo
giudizio e funziona bene: forse ha sentito che
presto arriverà il nuovo, ed è un po’ geloso...
da Casa Madre 4/2013
Camarà
CAMARÀ
53
In febbraio c’è pure stata l’Assemblea Regionale
dei catechisti, nelle “dipendenze” del corral
per l’allevamento del bestiame, all’aria libera,
con una buona partecipazione. Inoltre ho
partecipato a innumerevoli riunioni barbose di
tutti i tipi, qui a Boa Vista (dovevo tagliarmi
la barba due volte al giorno per non correre il
rischio di cadere nel calpestarla...). Per fortuna,
alla fine di una di queste riunioni, una suora
ha suggerito qualche “idea” per migliorare il
clima, evitando la ripetizione di parole a non
finire, che fanno saltare orari, cose varie e anche
la pazienza. Chiaro che in queste riunioni si
impara molto, e si riesce ad avere una visione
generale, ma si passa anche molto tempo seduti
in locali inadatti, con aria condizionata a circolo
chiuso.
Camarà
Sono in partenza per andare all’assemblea di
tutti i capi indigeni di Roraima, in riva al lago
di Caracaranã. Forse riuscirò a farmi qualche
bagno rilassante. Dopo andremo in altri villaggi,
per feste, battesimi, e celebrazioni inerenti alla
Quaresima, Settimana Santa e Pasqua, e in aprile
un corso di aggiornamento per Catechisti...
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da Casa Madre 4/2013
Un cordialissimo grazie grande e immenso
come l’Amazzonia a tutti e l’augurio di tante
cose belle e buone!
P. Aventino Oliveira, IMC
Dia 4, 2ª-feira. Memória do grande apóstoloque foi S. João de Brito, um dos grandessantos
missionários, talvez bastante subestimadopela
história da Igreja. Já foipadroeiro dum dos nossos seminários emPortugal: o Seminário de S.
João de Brito naQuinta dos Cónegos, perto do
Carregado, apartir de 1947. Tempos em que o
gostar doque é nosso era, (como também ainda
hoje…),valia nos quadrantes da nossa carismática.
6, 4ª-F. O nosso decano, o P. SerafimMarques, é
operado à vesícula no hospital deTomar. A operação correu bem, mas a situaçãocomplicou-se
um tantinho quando a pressãoarterial máxima
desceu a níveis perigosos.Mas os medicais lá conseguiram equilibrar asituação: o nosso confrade
teve de ficar doisdias a mais no hospital. Graças a Deus e aoFundador as coisas começaram
a melhorar.
7, 5ª-F. Festa das Cinco Chagas deCristo, em
Portugal. Para os amantes dahistória pátria é
esta uma festa queos deixa a impar de orgulho.
S. Bernardo,primo de Afonso Henriques, tinha
umagrande devoção às Chagas do Senhor. Os
seusmonges trouxeram-na para Alcobaça e de
láespalharam-na pelos pertos e pelos longes.
Com o andar dos séculos tornou-se uma dasfestas principais das gentes lusas.E aos eventos,
felizes ou menos, presidemelas sempre na bandeira nacional. Como dizo Luso Vate Camões
acerca de Cristo e dassuas Chagas: “… a vitória
já passada, Na qualvos deu por armas e deixou
As que ele para sina Cruz tomou” (Luzíadas,
I, 7). Celebramosa festa na capela pública do
seminário coma participação dos nossos amigos e clientesespirituais habituais.- Começa
hoje a novena ao Beato JoséAllamano, nosso
Fundador.- Faz hoje dois meses, faleceu o
primeiromissionário da Consolata português, o
P. M.Carreira, Jr. E com ele lá se foi a memória
demuitas coisas interessantes dos primeirostempos do Instituto em Portugal. RIP.
9-12 de Fevereiro, XXVIII Semana deEstudos sobre a Vida Consagrada: Fé eVida Consagrada – Renovação para a novaevangelização:
no Centro Paulo VI, Fátima.Participantes delirantes.
Fatima
FÁTIMA
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da Casa Madre 4/2013
Fatima
10, Dom. Chega a Fátima o P. M.
Tavares,acompanhante do P. Adelino da C.
Franciscoque de Moçambique vem a Portugal
paracuidados médicos bem necessitados. Caro
P.Adelino, benvindo, e pedimos ao Fundador
eà ‘Fundadora’ que tomem boa conta de ti e
datua saúde, e que te aumentem aquela dose
dealegria que já tinhas quando eras seminarista.
As melhoras!
11, 2ª-F. Como todo o mundo, recebemos
ochoque da “Declaratio” do papa Bento XVIanunciando que “renuncia ao seu ministériode
Bispo de Roma e sucessor de S. Pedro”,efetiva
no dia 28 deste mês de fevereiro de2013, às
20h00, hora local de Roma, aduzindocomo
razão uma acentuda “diminuição dovigor do
seu corpo e do seu espírito que oimpediria de
bem administrar o ministérioque lhe foi confiado”. Muitas outras possíveis(e improváveis)
razões para tal evento vãoser apresentadas ou
inventadas pelos várioscírculos de avaliação,
ou pseudo- avaliação,pelo mundo inteiro. Sentimos o dever delhe agradecer o muito que
fez, e escreveu,mormente para levar muita
gente a aceitar,amar e proclamar mais Jesus
Cristo comoSalvador da humanidade inteira.
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da Casa Madre 4/2013
Só na oraçãose pode compreender este gesto
que, partindodo humano, só no divino se pode
cabalmentecentrar.- O P. Serafim volta esta tarde do hospital,onde foi submetido a cirurgia.
Depois do sustoda tensão arterial muito baixa,
parece que oresto correu bem. Vem bom, agora
precisa dedescanso. Graças a Deus tudo acabou
bem.
13, Quarta-Feira de Cinzas. Deste tempolitúrgico do ano disse-nos o papa Bento
XVI:“Quaresma é subir ao monte para contemplarJesus: ao descermos de lá, vamos trazerconnosco o amor e a força de servir os irmãos”.
Dia 13, que nos recorda como é sempreatual a
mensagem trazida pela Virgem aqui aFátima.Colóquios Fé, Missão e Martírio, de 13 a 24
defevereiro. Mártires de Guiúa.Apresentação
doLivro “Véu de Morte numa Noite de Luar”,
donosso P. Dimantino Guapo Antunes, sobre
oscatequistas mártires do Centro Catequético
deGuiúa. Conferência, muito apreciada, do
Dr.Brasão Mazula.
16, Sab. 87º Aniversário da morte do nossoFundador, Beato José Allamano. Mortevida.XXIII Peregrinação da Família Missionáriada
Consolata a Fátima. A Via Sacra teveum el-
Fatima
emento diferente este ano: em cadaestação
estava um membro IMC paradirigir a oração
nesse lugar. Parece queeste sistema funcionou
bastante bem. Nanossa capela pública também
houve umaVia Sacra especialmente para as pessoasque mais dificuldade tinham em caminhar…
Às 15h30, Missa na Basílica da SantíssimaTrindade celebrada pelo P. João Nascimento,nosso
missionário na Costa do Marfim, quefalou sobre como é agradável missionarnaquele país.
Concelebrantes todos os outrosmissionários
da Consolata presentes… Ao fimda Missa,
consagração a Nossa Senhora naCapelinha das
Aparições, onde o P. ManuelTavares maxi-exibiu
o calor da sua oratória.O terço na Capelinha às
18h30 ficou tambémà nossa responsabilidade,
rezado emportuguês, suaíli e inglês, sob a direção do P.Aventino… Vários membros IMC
prestaramo grande serviço do relacionamento
com os‘peregrinos’. Uns 7.000 membros da
FMCvieram conviver connosco aqui em Fátima,
enotava-se claramente o sentido de família emtodos os presentes. Bem hajam todos aquelesque
bastante labutaram nos muitos, e talvezcomplicados, preparativos.- Vemos com alegria que o P.
Serafim melhoraa olhos vistos. Laudetur.
20, 4ª-F. Memória dos Beatos Franciscoe Jacinta de Fátima. Grandes santos, cujasantidade
consistia numa vida vivida em Deus,com Jesus
Cristo especialmente na Eucaristia,e no amor
materno da Virgem Maria. Destasfontes inesgotáveis surgia neles um intensointeresse e ação
pelo bem do próximo. Bem ocompreendia e
sublinhava o nosso Fundador,quando insistia
que todo o bem ao próximotem de ser feito por
amor a Deus. Do mesmomodo, o Pai da nossa fundação em Portugal,o Rev.mo P. João De
Marchi, insistia que“o bem ao próximo não nos
basta fazê-lopor filantropia, é preciso fazê-lo
por amora Deus”.
23-24, Sáb-Dom.: Retiro sobre o significadoprático da quaresma na vivência diária,pregado
pelo P. Norberto Louro.
25, 2ª-F. Reunião da comunidade local: examecerrado, à lupa, da peregrinação da FMC.
28, 5ª-F. Às 20h00, hora local de Roma,a Igreja
Católica fica na situação de SedeVacante.A Gripe
tem por cá feito das suas. Mesmo os‘cedros do
Líbano’ bufam que se fartam.Aniversários. Dia
de anos: Dia 3, P. AntónioFernandes, Superior
Regional (1968). 11,P. A. Rossi (1930). 24, P.
Aventino (1933).Ordenação: 9, P. Aventino
(1957).Triunvirado. Como todos sabem, temos
nacomunidade de Fátima um triunvirado deIrmãos que dão um tom mais completo àfundação
como o Fundador a via:Os Irmãos José Afonso, António Gonçalves eJoão Alfaiate.Cada um
deles ocupa-se em vários trabalhosque aliviam
o “peso e o calor do dia” dacomunidade:- O
Ir. José Afonso há uns 35 anos que trabalhano
seu atelier de manufatura de objetosreligiosos: estatuetas, terços (antigamente: mais de
1 milhão)... Interessantes os seustrabalhos de
objetos típicos em miniatura,como dobadoiras, fusos, teares, moinhos devento, carros de
bois, cangas; castiçais demadeira para várias velas, caixas para chá, etc.Sempre o primeiro na
Hora de Adoração da5ª-feira.- O Ir. António
ocupa-se de vários trabalhos,tais como acompanhar sacerdotes nossos quevão celebrar
missa em capelas pertencentesàs paróquias de
Santa Catarina da Serra,Fátima e Ourém; tratar
de documentos váriospara membros do IMC;
levar IMCs em visitasa hospitais; questões de
medicamentos;trabalho na nossa horta; manter
a lareiraacesa para o refeitório ficar quente durante asrefeições no inverno e ir buscar lenha
para afogueira; etc.- O Ir. João, vários trabalhos no departamentoda Fátima Missionária;
vai à tipografia emTorres Novas em serviço
da revista; visitasa centros de idosos e idosas
onde animaa liturgia ou para-liturgias com cânticosapropriados, ou só para levar uma nota
alegremuito apreciada; organista na nossa capelapública, etc.“Bem-hajam”, dizemos-lhes
agradecidos.
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DIES NATALIS
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da Casa Madre 4/2013
P. FELICE GARAU, IMC
Nato il 27 aprile 1937 a Assemini (Cagliari), dopo aver frequentato gli studi classici nel Seminario
di Cagliari, fu accolto in noviziato alla Certosa di Pesio, dove emise la professione religiosa il 23
ottobre 1960. Continuò gli studi filosofici e teologici in Casa Madre a Torino, e il 19 dicembre 1964
fu ordinato sacerdote da Mons. Francesco Bottino, Vescovo ausiliare di Torino. Destinato all’Italia,
lavorò come insegnante e animatore a Biadene, Vittorio Veneto e direttore del ginnasio a Varallo
Sesia. Nel 1973, dopo un anno di studio per la lingua inglese a Londra, arrivò in Kenya, e lavorò
nelle missioni di Kaheti e Karatina. Dal 1984 al 1981 fu di nuovo in Italia per la pastorale giovanile
a Martina Franca.
Dal 1966 alla sua morte lavorò a Gatunga e a Mukothima.
E’ deceduto il giorno 02 Marzo 2013 nell’ ospedale M. P. Shah, di Nairobi.
Aveva 75 anni di età, di cui 52 di Professione Religiosa e 48 di Sacerdozio.
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P. ANTONINO ACCOTO, IMC
Nato il 19 novembre 1922 a Minervino di Lecce, entrò da giovane nell’Istituto. Frequentò tutti gli
studi classici prima a Parabita, poi a Varallo e infine a Cereseto Monferrato. Dopo il noviziato alla
Certosa di Pesio, emise la professione religiosa il 2 ottobre 1943.
Continuò gli studi di filosofia e di teologia a Varallo Sesia e a Uviglie e il 31 maggio 1947 fu ordinato
sacerdote da Mons. Giuseppe Angrisani, Vescovo di Casale Monferrato.
Destinato all’Italia, vi passò tutta la sua vita, insegnando nei seminari a Cereseto, Rovereto, Varallo
Sesia, Vittorio Veneto, Bedizzole. Dal 1973 al 1976 fu redattore della rivista Missioni Consolata a
Rivoli. Nel 1976 fu nominato segretario regionale, compito che svolse fino al 1998 assieme a quello
di revisore dei conti ARI.
Nel 2003 fu destinato a Martina Franca, dove prestò servizio in parrocchia, quasi fino alla fine della
sua vita. E’ deceduto il giorno 06 Marzo 2013 ad Alpignano, per complicazioni cardio-respiratorie.
La salma riposa nel cimitero di Alpignano.
Aveva 90 anni di età, di cui 69 di Professione Religiosa e 65 di Sacerdozio.
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da Casa Madre 4/2013
SOMMARIO
ECCO,
IO SONO CON VOI TUTTI I GIORNI,
FINO ALLA FINE DEL MONDO
(MT 28,20)
PASQUA: IL VERO PASSAGGIO
ALL’ALTRA RIVA
2
GIUSEPPE ALLAMANO: UOMO DELLA
FEDE
6
LETTERATURA SULL’ALLAMANO,
BIOGRAFIE E STUDI
8
SAN RENE’ GOUPIL (1608 – 1642)
MARTIRE PER IL SEGNO
DELLA CROCE
12
RIPARTIRE PER CAMBIARE MESSAGGIO
PASQUALE DEL PADRE GENERALE 16
LA VISITE CANONIQUE DU P.
PENDAWAZIMA IMC
AU SEMINAIRE PHILOSOPHIQUE
ANTONIO BARBERO DE KINSHASA
(RDC)
20
MARZO 2013
22
MENSAGEM DA DIOCESE DE GURÚÈ
ENVIADA AO SANTO PADRE BENTO XVI
24
FÁTIMA:MISSIONÁRIOS FESTEJAM
50 ANOS DE SACERDÓCIO
25
¿DESDE DÓNDE VER LA GUERRA EN
MALÍ?
26
“HEMOS HECHO LO QUE DEBÍAMOS
HACER.”
LC 17,4
30
CARVOEIRAS E MANCALAS
32
LUNAR NEW YEAR
34
“CAMINANTE NO HAY CAMINO
SE HACE CAMINO AL ANDAR”
36
TRE FUNERALI E UN COMPLEANNO 38
ENCUENTRO DEL EQUIPO BINACIONAL
SUCUMBÍOS-PTO. OSPINA
42
TONGDUCHEON 43
Sommario
INÍCIO DA NOVA MISSÃO DE FINGOÉ
45
61
da Casa Madre
Mensile dell’Istituto Missioni Consolata
Redazione: Segretariato Generale per al Missione
Supporto tecnico: Adriano Podestà
Viale delle Mura Aurelie, 11-13 00165 ROMA - Tel. 06/393821
C/C postale 39573001 - Email: [email protected]
da Casa Madre 4/2013
NOTRE DÉBUT D’ANNÉE... 47
AU FIL DES JOURS
48
ORDINAZIONE DIACONALE
49
CASA REGIONAL
50
NOTAS SOLTAS DA ZAMBUJAL
51
CAMARÀ 53
FÁTIMA
55
NECROLOGIO
58