Intervista a un pugile italiano che vive in Messico : Angelo Villani

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Intervista a un pugile italiano che vive in Messico : Angelo Villani
Intervista a un pugile italiano che vive in Messico : Angelo Villani
BOXENEWS
Scritto da Andrea Rosellini
Creato: martedì, 10 dicembre 2013
E’ dura fare il pugile in Italia? Cosa non funziona? Abbiamo voluto chiederlo a un pugile professionista come tanti, ma che ha
molte cose da dire al riguardo. Si chiama Angelo Villani, peso piuma di Taranto che, come leggeremo
nell’intervista, ora vive e si allena in Messico. Da dilettante ha incrociato i guantoni con Daniele
Limone, Giampiero Contestabile e da professionista fu il primo ad atterrare il futuro campione del mondo
Scott Quigg, che è ancora imbattuto e detiene il WBA dei supergallo. Vi avvisiamo che l'intervista
è divisa in due pagine vista la vastità dei temi trattati e la generosità
dell'intervistato. 
 
Ma leggiamo direttamente cosa ci ha risposto Angelo sul tema e sulle sue scelte:
 
 
E’ difficile fare il professionista in Italia?
"Sì, è molto difficile, soprattutto se paragonato ad altre realtà come gli Stati Uniti, il
Messico, l’Inghilterra. E' difficile perché i giornal e, le televisioni ne parlano poco: abbiamo dei
pugili che sono campioni d’Europa, ma quando combattono la Gazzetta dello Sport gli dedica uno
spazio piccolissimo, dandone di più al pattinaggio e agli scacchi!
Loro sono buoni pugili, e meritano di più. Per il problema delle televisioni è che non pagano
abbastanza, e spesso anche un campione d’Europa non può fare solo il pugile ma deve
lavorare per mantenersi, e questo incide sui risultati.
Tu te lo immagini Manny Pacquiao che va a lavorare in fabbrica come un operario? Ci sono pochi sponsor, si
pubblicizzano poco gli eventi e i pugili in Italia sono visti come esseri stupidi, che non fanno altro che
prendersi a pugni. L’Italia è un paese molto ipocrita, come tutto il mondo d’altronde. La
gente si scandalizza a vedere un match di pugilato, quando poi fa cose molto peggiori. In Italia si parla di
pugilato solo quando muore un pugile o quando Mike Tyson fa una bravata…"
Nella tua carriera come si sono riflettute queste difficoltà?
"Le difficoltà principali le ho avute quando sono passato professionista, dovute anche al fatto che la
mia città, Taranto, offre pochissimo. Quando combattevo a casa, infatti, dovevo procurarmi io i soldi
per finanziare il match: non ricevevo nulla e inoltre pagavo la borsa del mio avversario, il suo viaggio e il suo
pernottamento in albergo. In tutto circa 1500 euro.
Come fa a vivere e allenarsi in queste condizioni un pugile professionista? Oltre a correre la mattina, lavorare
per mantenersi (facevo il camionista), allenarsi in palestra e seguire la dieta, deve sbattersi per finanziare i
suoi combattimenti. Tutto questo stress uno se lo porta sul ring, e quindi non riesce a essere al 100%. Per
questo molti pugili non emergono. L’altro problema, sempre legato alla mancanza di soldi e che si
combatte poco."
Nessuno ti aiutava a sponsorizzare i match?
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Scritto da Andrea Rosellini
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"A volte qualche commerciante a cui chiedevo mi dava 50-100 euro, che dovevo però ritirare il giorno
del combattimento, e spesso all’ultimo minuto si rifiutava di pagare. Nell’ultimo match che ho
fatto a Taranto, la mattina dell’incontro, al posto che riposare, sono andato in giro per i negozi a
raccogliere i soldi. Le grandi imprese, come L’ILVA, non davano mai nulla e non solo alla boxe, ma
anche ad altri sport come il calcio." 
E’ per tutti così?
"No. Se il tuo manager vede che su di te c’è un certo interesse, che hai un buon seguito di fan
e che il tuo comune ti sponsorizza, ti fa combattere in giro nei sottoclou dei match importanti e poi ti fa
disputare un titolo nella tua città, perché sa che ci può guadagnare."
Il match più importante della tua carriera è stato quello con Scott Quigg (attuale imbattuto
campione dei supergallo WBA). Come ti è arrivato il match?
"Era il Luglio del 2008. Non combattevo da sette mesi poiché per vari motivi mi saltarono 3-4 match.
Dissi allora al mio manager di cercarmi un incontro all’estero, poiché ormai preferivo avere un
impegno più duro ma con la certezza di combattere e di prendere una buona borsa. Mi trovò
un ingaggio in Scozia, ma pochi giorni prima del match stetti male io e rinunciai.
Alla fine mi proposero di combattere a Liverpool contro questo giovane prospect. Combattemmo nel sottoclou
di un titolo inglese, con diretta Sky. Anche se persi, fu un’esperienza bellissima. Mi esibivo in una
platea immensa rispetto ai palasport fatiscenti, dove avevo sempre combattuto, e inoltre andai vicino alla
vittoria: nella prima ripresa riuscì ad atterrarlo. Posso dire, con un pizzico di orgoglio, che sono stato
quello che più si è avvicinato a battere Quigg. So che nel suo ultimo match ha pareggiato
[l’intervista è stata fatta tempo prima del suo incontro con Oscar Silva], ma ho letto che
è stato un furto e che meritava ampiamente la vittoria. Certo, non era il Quigg di adesso quello che
ho affrontato, ma mi piace pensare che quella sera ho quasi battuto un campione del mondo."
Cambiamo argomento. Come sei arrivato in Messico?
"Dopo il match con Quigg iniziai a viaggiare. Partii per Città del Messico, e li conobbi mia moglie. Ci
ritrovammo quando lei venne in Europa da sua zia in Svizzera, e ci mettemmo assieme. Abbiamo vissuto un
po’ in Italia, poi, complice anche il fatto che andai in cassa integrazione, decidemmo di andare a vivere
in Messico. "
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Angelo Villani con Oscar Blanquet
 
E la tua carriera di pugile?
"Dal marzo 2009 non riuscì più a combattere. Lasciai la mia vecchia palestra, e mi
trasferì alla Polisportiva Vivere Solidale di Salvatore Cupri, perché non mi trovavo più
bene, e pensavo che la nuova società mi avrebbe aiutato a combattere in condizioni più
accettabili a Taranto. Dovevo tornare sul ring nell’estate del 2010 ma accadde un fattaccio. Il giorno
stesso in cui Cupri aveva chiamato il manager per trovarmi un avversario per un match a Luglio e uno ad
Agosto, mi ruppi la mandibola, e quindi tutto andò in fumo. Stavo facendo sparring ed ero
leggermente raffreddato. Feci l’errore di aprire leggermente la bocca per respirare e mentre facevo
ciò, fui centrato in pieno da un colpo, per la verità non eccezionale, ma che bastò a
fratturarla. E fu un peccato: questo mio secondo allenatore ci teneva di più a me, e nel match di
Agosto, che si sarebbe svolto a Taranto, non avrei dovuto neanche trovare i soldi per combattere,
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poiché lui aveva un’azienda edile con cui si auto-sponsorizzava le riunioni. Faceva
l’allenatore più per passione che per i soldi. Non gli interessava vivere con
l’abbonamento mensile degli amatori e trascurare invece i poco proficui professionisti, come facevano
in molti, tra cui la mia vecchia società, che tra l’altro scoprì in seguito che si prendeva
anche una parte di quei soldi che guadagnavo per finanziare i miei match. Decisi di smettere. Ormai non ne
valeva più la pena. Troppi sacrifici, poche soddisfazioni e il pesante infortunio mi fecero appendere i
guantoni al chiodo."
Vedo però che hai sul tuo record un match datato dicembre 2012. Ci ripensasti?
"Sì. La voglia di pugilato mi tornò quando ci trasferimmo in Messico. Lì accendi la
televisione, e parlano di pugilato allo stesso modo di come in Italia parlano di calcio. Lo respiri proprio.
Città del Messico poi è piena di palestre. Mi tornò il fuoco dentro e decisi quindi di
iscrivermi in una palestra, la Pancho Rosales. Scoprì un mondo completamente diverso. Lì le
palestre aprono alle 8,00 del mattino e chiudono alle 10,00 di sera. Solo da noi si allenano sessanta pugili
professionisti, tra cui Juan Carlos Salgado [2 volte campione del mondo dei superpiuma], Alejandro
 Sanabria, Daniel Estrada, Oscar Blanquet.
Purtroppo ebbi troppa fretta: persi tanti chili in poco tempo e disputai questo match al limite dei superpiuma,
dove fisicamente non rendo tantissimo. In Messico i pugili sono molto tirati fisicamente e arrivano al giorno
del peso completamente disidratati. Riassorbono poi tutta l’acqua nelle 36 ore che precedono la lotta e
questo gli permette di prendere diversi kg. Io mi presentai al mio peso forma sulla bilancia e sul ring pesavo
solo un kg in più. Il mio avversario invece ne aveva acquisiti almeno 4 o 5. Persi per ferita al 4 round
e comunque stavo perdendo ai punti."
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Angelo Villani con Juan Carlos Salgado
 
Scusa Angelo ma su Boxrec è scritto che hai perso per TKO al secondo round…
"Questo è un problema che in Messico accade spesso. Molti incontri non vengono scritti su Boxrec e
rimangono segnati solo negli archivi della federazione messicana, poiché qua combattono in tanti e
molte volte, e quindi è difficile segnare tutto. Per questo motivo spesso molte volte si organizzano
pure incontri illegali!"
Davvero?
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"Sì, ma ti assicuro che non riesci a distinguerli da quelli veri. Sono fatti come quelli normali, con i
guantoni, l’arbitro il verdetto ecc. L’unica cosa è che non hanno l’autorizzazione
dalla federazione."
Tornando a te. Hai intenzione di continuare ?
"Certo! Dovevo combattere a Giugno ma poi il match saltò e per vari impegni non riuscì
più ad allenarmi con continuità. A Gennaio riprendo gli allenamenti e mi piacerebbe
combattere in primavera. Per tornare alla parentesi di prima, l’avversario di giugno secondo Boxrec
era un debuttante, mentre in realtà tra match illegali e legali ne aveva almeno una decina. Questo
è il bello del Messico! Qui poi non esistono i match di collaudo. Ogni incontro che vedi è una
battaglia."
Sembra di stare negli anni '20 del secolo scorso. Tanti match, duri e spesso illegali, anzi, chiamiamoli non
ufficiali, che va più di moda!
"Hai detto bene. Sembra di stare proprio in quei tempi folli. E i risultati si vedono."
Tu che ti sei allenato sia in Messico sia in Italia, cosa pensi che ci sia di diverso, di migliore in quelle palestre
?
"Qua ci alleniamo con riprese di quattro minuti e trenta secondi di riposo, sia dilettanti, quei pochi, che
professionisti. Considera anche che Città del Messico si trova a 2400 metri di altitudine. Tutto
ciò sviluppa una grande resistenza. Poi non c’è neanche bisogno di dirlo: in Messico
insegnano un pugilato di grande tecnica offensiva. Non è che non trascurano l’aspetto
difensivo, ma nella loro concezione l’attacco è il motore di tutto. Un pugile come Mayweather
qua non potrebbe mai nascere, anzi, non lo farebbero mai salire sul ring!"
A posteriori, se tornassi indietro di dieci anni con una macchina del tempo, andresti prima in Messico?
"Io non rimpiango nulla di quello che ho fatto nella mia vita e sono soddisfatto di quello che ho realizzato, ma
se dovesse capitare una cosa del genere, probabilmente andrei in Messico prima per fare il pugile."
E perché non Filadelfia o New York? Sarebbe meno drammatico il cambiamento. Poi sono loro le due
città storiche del pugilato.
"Questo si dice spesso ma secondo me è falso. Si dice spesso che la città della boxe sia
Filadelfia, sbagliato, io penso che la vera città della boxe sia Città del Messico... Carlos Zarate,
Alfonso Zamora, Ruben Olivares, Pipino Cuevas, Marco Antonio Barrerà, Juan Manuel Marquez, Rafael
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Scritto da Andrea Rosellini
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Marquez, Israel Vasquez…solo per citare qualche nome più recente. Poi ognuno è libero
di pensare quello che vuole!"
Grazie Angelo è stata una piacevole chiacchierata!
Anche per me. A presto!
Intervista di Andrea Rosellini
 
 
 
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