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Dal viaggio Praga-Vienna-Budapest - Luglio 2001
[…da un gruppo poco avventuriero…
-sonetti scherzosi-]
(testo e foto di Livio Liverani)
Un italiano all’estero…anzi, otto
(da un semplicissimo viaggio nella Mitteleuropa)
Anche se non tutti eravamo effettivi “viaggiatori”, abbiamo comunque apprezzato
all’unanimità gli ottimi caffè giornalieri che Fabio meticolosamente forniva al gruppo con la
sua moka portata da casa, con tanto di zucchero e porzioni calcolate (peccato che
mancassero la pastasciutta e la pizza napoletana…), le insistenze di Patrizia nell’andare in
cerca di una pizza che almeno assomigliasse a quella delle nostre terre, la premura di
Mariella che si dilungava nei menù per cercare qualcosa di casalingo che ovviamente non
esisteva, e il grande desiderio di Luciana di rientrare in patria, tanto che al ritorno, alla
frontiera Slovenja/Italia urlava: “finalmente Italia…!. A dispetto dei valzer e dei violini
tzigani si apprezzavano le cassette di Claudio Baglioni e Pino Daniele, tanto per non
dimenticare l’Italia tanto amata, che avremmo voluto rivedere dopo due soli giorni di
viaggio. Altrettanto veniva apprezzata l’ottima interlocutrice-guida “praghese” Jessica
(ndr.: compagna di viaggio), che già conosceva la città, seppure pronta a “imboscarsi”
(forse per acquisti personali…) appena capitava l’occasione. Eccellente Massimo,
“romanziere” del gruppo, sfavillante, erudito e, grazie alla sua attività di operatore postale,
grande conoscitore di carte topografiche; Anna, “vera signora d’altri tempi”, eccellente per
l’amministrazione della nostra cassa comune e non solo.
E’ certo che coloro i quali si ritengono viaggiatori, o comunque turisti responsabili,
documentaristi oppure semplici osservatori e scrittori, quindi a maggior ragione evitano di
offendere sia il passato sia il presente dei popoli e delle nazioni che ci ospitano in qualsiasi
viaggio, ben sanno che Praga fu maledetta da Kafka, nonché da Saint Vaclav, come
veniva chiamato il drammaturgo-presidente Vaclav Havel, eroe ormai leggendario della
Rivoluzione di Velluto.
In effetti Praga, cuore pulsante della Mitteleuropea, è da sempre la città degli
scrittori. Vissuta in carne e ossa, in colore e pietra, i fantasmi letterari di Praga sono
sempre stati inevitabili. Alle sue infinite e magiche tentazioni nessun scrittore ha mai
potuto sfuggire. Tuttavia, malgrado tutti abbiano espresso la propria condanna senza
rimedio e il proprio malumore, si sono successivamente piegati sia alla fierezza della
popolazione sia al volto della città, fatto di barocco e di gotico, in bilico fra l’arte sveva e
quella rinascimentale.
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Indimenticabile è il ricordo del magnifico ponte trecentesco di Carlo IV, lungo più di
cinquecento metri, carico di statue di santi, sul quale di notte è tutto un brulicare di giovani
intenti a suonare, a discutere, a esporre riproduzioni di statue e a proporre ritratti
personalizzati. Da qui si gode una bella panoramica che abbraccia, sulle sponde della
Moldava, la fortezza e i palazzi barocchi e rinascimentali del quartiere di Mala Strana.
Sotto il ponte Carlo c’è un piccolo lembo di terra silenzioso e magico, dal vago
sapore veneziano: il rione di Kampa, divenuto ritrovo di giovani artisti emergenti e
bohémien. Indimenticabili le passeggiate per le sue viuzze, fiocamente illuminate da
lampade antiche dalla luce soffusa.
Neppure la memoria delle periferie di Praga, con i loro quartieri operai all’interno dei
quali esistono scale di pietra dai gradini consumati, fatte di palazzi mantenuti in rovina
forse per non dare la possibilità a qualche polacco o a qualche tedesco di accusare i
praghesi di aver sofferto poco, possono cancellare le vere immagini della città d’oro, della
Praga che conta. Non ha mai sofferto, come altre città dell’Est, il black-out del turismo.
Forte dei suoi luoghi storici di grande richiamo culturale, nonché del fatto di essere rimasta
pressoché intatta dopo l’ultimo conflitto mondiale, ha sempre esercitato il suo fascino.
Praga è tutto, e, ambiguamente, il contrario di tutto. E’ più che mai la città dove
vecchio e nuovo si mescolano in maniera irresistibile. In un contrappunto musicale,
angoscia e gioia, colline, giardini, fiumi e cieli si specchiano a rovescio nei vicoli e nei
cunicoli di Mala Strana, nei cortili segreti, nei sottopassi, nelle doppie uscite celate agli
sguardi degli “ignari turisti” di Stare Mesto, la città vecchia, percorsa più volte dai
personaggi kafkiani.
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La Starometske Nàmesti, la piazza della città vecchia, la più amata dai cittadini
praghesi, per secoli testimone di tutte le manifestazioni, da quelle antiabsburgiche e
anticattoliche a quelle antisovietiche, è una piazza da scoprire lentamente, come tutta la
città, gustandone l’atmosfera sobria.
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L’eleganza culmina nel suo elaborato municipio, costituito dalla casa trecentesca di
un mercante cui si affianca la torre del celebre orologio astronomico del Quattrocento e
dalle cui finestre, ogni ora, sfilano il Cristo, gli Apostoli e uno scheletro; segna infatti le ore
mercantili, mentre le campane della poderosa chiesa gotica di Teyn, che si affaccia con
tutti i suoi pinnacoli a nord della piazza, ricorda, con la sua vetustà, che fino al Seicento fu
luogo di preghiera degli hussiti.
Come in molti altri interni praghesi, sacri e profani, anche a Tyn preziosi tesori
d’arte si riuniscono tra loro, in un muto colloquio, come il pulpito, il baldacchino gotico,
l’organo e gli altari barocchi che si alternano, quasi mescolandosi.
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Praga è in effetti un avvicendarsi di stili dissimili, ma meravigliosamente composti,
che riesce sempre a ritrovare una propria continuità estetica. E’ una continuità creata dal
gotico trecentesco di Carlo IV allo stile, meno severo, dell’ultimo liberty. Tale eterogeneità
spicca maggiormente nel quartiere ebraico, il ghetto più citato e visitato; è certo qui che
bisogna cercare Kafka, le cui tracce sono disseminate un po’ per tutta la città.
Nel cimitero ebraico, uno dei più importanti e antichi d’Europa, le lapidi recanti
iscrizioni simboliche in jiddish sono conficcate e accatastate l’una sull’altra, come se vi
fossero state catapultate. A pochi passi capeggia l’edificio più vecchio del ghetto, la
Staronova Skola, la sinagoga costruita nel XIII secolo.
Nel Hrad (Castello Reale) si raggomitolano il Vicolo d’Oro, le minuscole casette
abitate un tempo da alchimisti e orefici, l’imponente cattedrale di San Vito e le raffinate
sale cinquecentesche del palazzo reale.
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Misteri Ungheresi
Come le masse che nel 1968 diedero vita alla “primavera di Praga”, come gli
operai berlinesi del 1953, anche gli ungheresi furono protagonisti di un grande ed eroico
rifiuto popolare del comunismo. Infatti migliaia di studenti, operai, semplici cittadini
morirono in una rivolta disperata, fornendo al mondo la prova che il comunismo
“realizzato” era la fine di un sogno di giustizia sociale disgiunta dalla libertà, e aiutando
anche quanti, in Occidente, avevano creduto nel comunismo senza tuttavia abdicare del
tutto al giudizio critico.
Oggi in Ungheria sono tornati al potere i comunisti, sotto altro nome, con altri
metodi, e soprattutto senza più la “sponda” offerta dall’Unione Sovietica, che non esiste
più. Pertanto il dibattito politico, al suo meglio, riguarda i tempi e i modi dell’adeguamento
all’economia di mercato, per la quale l’Ungheria era impreparata e per la quale ancora
oggi strumenti e mentalità continuano a essere inadeguati. In tale situazione i giovani, in
Ungheria, come in altre parti del mondo, non hanno nessun interesse per la storia, che a
loro appare un inganno oppure un inutile esercizio della memoria, soprattutto in un’epoca
in cui il tempo reale e il veloce succedersi e superarsi degli avvenimenti registra una sola
memoria: quella elettronica, e un solo parametro: l’efficienza economica.
Budapest, definita talvolta la “regina del Danubio”, talvolta la “Parigi dell’Est”,
rimane una città contraddittoria, divisa fra le vestigia di un passato glorioso ma con una
grande spinta verso il futuro. Il suo fascino è potente e bizzarro: da una parte cerca di
liberarsi dei guasti prodotti dal comunismo, come il degrado architettonico e la povertà;
dall’altra ostenta gli aspetti dell’Occidente, come gli innumerevoli telefonini, i prezzi
grossolanamente esagerati, gli hotel amministrati in parte da americani e giapponesi.
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Budapest è un punto nevralgico della cultura europea, con le sue note orchestre
filarmoniche e vari teatri d’opera e di musica folk, con il gusto diffuso per la musica e per
l’arte, con il grande numero di attori d’ogni genere, musicisti, cantanti e ballerini. Se tanti
giovani imparano a fare cinema con grande entusiasmo, mentre si rinnovano teatri di
prosa e tecnologie, non va dimenticata l’industria del porno, di cui Budapest è la capitale
mondiale, che prospera senza complessi e fornisce alla produzione attori e maestranze: è
infatti capace di offrire un’incredibile varietà di set a luci rosse.
Tra bagni turchi d’epoca in Art Déco, come quello di piazza degli Eroi, e studios
cinematografici di ogni genere presi d’assalto dalle compagnie tedesche, austriache e
italiane, tra la maestà del Danubio e la desolazione attuale, ma non priva di un’atmosfera
affascinante, degli storici quartieri come Obuda, tra un’aria d’opera, di folk e di technomusic sparata a tutto volume dai disco-pub sempre gremiti, Budapest riesce ad offrire
emozioni speciali. Il suo fascino include anche e soprattutto la cordialità nei confronti di noi
italiani: non è difficile fare amicizie e, talvolta, sbocciano con grande facilità amori.
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Giungendo a Budapest da Vienna, inchiodati sui sedili del nostro minivan Combi, è
un’avventura ottocentesca attraversare una parte della puszta, un mare verde nel cuore
dell’Europa, in una regione di grandi cavalieri e di cavalli straordinari. In queste zone si
incontrano zingari ubriachi di palinka intenti a suonare violini tzigani, commercianti di sale,
poeti e pittori in cerca d’ispirazione, tra butteri a cavallo e mandrie di montoni. Poche sono
al mondo le regioni di tale estensione ancora adibite quasi esclusivamente al pascolo.
In questa parte della puszta si favoleggia, come nel deserto, di miraggi lontani e
irraggiungibili come fate morgane. Minuscoli villaggi appaiono tra i vapori dell’aria estiva e
umida, fra stretti filari di salici e nubi provocate dalla nebbia. Aironi, gru e falchi sono le
visioni più reali e frequenti, anche se l’incontro locale inevitabile resta quello con i buoi e i
bufali.
La puszta non fu creata soltanto dal succedersi delle ere geologiche e dal lento
lavorìo dei millenni. Le devastazioni dei Tartari prima, l’invasione turca poi, il
disboscamento feroce e le continue inondazioni furono responsabili, appena qualche
secolo fa, di questa distesa smisurata, nuda, inospitale e paludosa. Alla fine del
Settecento venne bonificata in un pascolo a perdita d’occhio.
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Austria, fra profumi naturali e bagliori d’oro
Anche se suonate a tutto volume, le canzoni di Claudio Baglioni e Pino Daniele, che
ci accompagnano nel nostro minivan Combi, sempre per non dimenticare la cara e amata
Italia, vengono sicuramente sminuite, se non rase al suolo, dalle arie delle operette di
Strauss e dei cori di Wagner. Infatti a noi viaggiatori i profumi naturali austriaci
suggeriscono sensazioni profonde, che si alternano soprattutto quando si percorre un
tratto di strada di montagna che unisce il Salisburghese e la Carinzia. E’ un angolo
d’Austria ora delicato ora maestoso, come una principessa e un imperatore. Prati, boschi,
cime alte tremila metri, balconi mozzafiato su valli aurifere si susseguono in uno dei
percorsi alpini più belli. In poco più di cinquanta chilometri si compie un viaggio attraverso
mezzo mondo, attraversando tutte le zone climatiche e di vegetazione comprese tra
l’Austria e l’Artide, soprattutto scendendo verso Linz, dove i panorami wagneriani lasciano
il posto alle atmosfere d’operetta.
Salzburg è la patria di Mozart, che vi nacque nel 1756. Prima di trasferirsi a Vienna
fu al servizio dell’arcivescovo. Infatti per oltre dieci secoli e fino a tutto il Settecento, la città
fu governata da arcivescovi colti e intelligenti, protettori della musica e delle arti.
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Presso la Getreidegasse, la via più caratteristica, con negozi sormontati da antiche
e pittoresche insegne di ferro battuto, vi è la casa natale di Mozart, ora adibita a museo,
con il suo clavicembalo, i suoi ritratti e i suoi manoscritti.
Linz, città di origine romana (Lentia), situata sulla riva destra del Danubio, terza città
dell’Austria per grandezza, è dal XVI secolo capoluogo dell’ “Ober Ősterreich” (Austria
Superiore). Magnifica la cattedrale barocca
(Alter Dom), nonché la Hautptplatz,
circondata da case del Cinque, Sei e Settecento.
Ma eccoci finalmente in una delle più importanti capitali europee: Vienna.
“Wien, Wien, nur du allein, sollst stets die stadit meiner Träume sein!“: così dice il
ritornello di un celebre valzer dedicato alla bellissima città danubiana. Nessuna meraviglia
che questo valzer venga ballato in tutto il mondo e che il suo ritornello venga cantato
all’unisono da austriaci e non, perché chi è stato anche una sola volta a Vienna non potrà
mai scordare questa città d’aspetto nobile e grandioso, ricca di opere d’arte, dove si
respira un’aria di allegria e cordialità.
In questa “perla del Danubio”, malgrado la dura sorte che la storia ha riservato alla
città e ai suoi abitanti, regna un’atmosfera di buonumore e di giovialità che affascina
chiunque; sarà forse la musica, un’arte in cui gli austriaci eccellono particolarmente. Nelle
più diverse parti del mondo, dalla Finlandia all’Australia, dal Giappone alla California,
basta andare a un concerto o aprire la radio per udire prima o poi le melodie immortali di
qualche compositore austriaco, si tratti della musica di Mozart o dei valzer di Strauss.
Non si può fare a meno di visitare l’antica, veneranda cattedrale di Santo Stefano,
il più nobile edificio gotico di tutta l’Austria. Occupa un posto così importante nella storia
politica e artistica della nazione che, senza esagerazioni, la si può definire il gioiello più
prezioso di Vienna.
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L’imponente castello di Schönbrunn, palazzo d’estate degli Asburgo, costruito
secondo il modello della Versailles parigina ma dal carattere più particolare e familiare,
dall’architettura barocca la cui perfezione fu concepita per soddisfare le esigenze più
esclusive, ricorda non solo le note vicende della bellissima imperatrice Sissi, ma anche
famosi appuntamenti politici, fra i quali il Congresso di Vienna del 1815. Di grande
interesse è la visita degli appartamenti, ricchi di opere d’arte e di ricordi storici. Molte sale
sono ornate dai ritratti dei membri della famiglia imperiale e da quadri che rappresentano
alcuni avvenimenti importanti. Affascinanti, poi, sono gli appartamenti di Francesco
Giuseppe e dell’imperatrice Elisabetta, detta “Sissi”, nonché la “Sala degli Specchi”,
adibita a serate danzanti, nella quale Mozart, fanciullo prodigio, diede a sei anni, con la
sorellina di nove, un concerto di pianoforte davanti all’imperatrice Maria Teresa.
Dedichiamo l’ultimo giorno al rinomato Prater, l’immenso parco pubblico situato fra
il Danubio e il Donau-Kanal, che per secoli fu un bosco riservato alle cavalcate di caccia
della famiglia imperiale e della nobiltà. Vi si trova ancora un piccolo padiglione di caccia di
Carlo VI, il Lusthaus, divenuto oggi un caffè-ristorante. Durante il Congresso di Vienna, il
Prater fu teatro di splendide feste.
Naturalmente non manchiamo di fare un giro sulla Riesenrad, la Ruota Gigante, il
classico emblema del Prater, alta sessanta metri e che fu eretta in occasione
dell’esposizione mondiale nel 1897. La ruota gira così lentamente da permettere ai turisti
di godere di uno splendido panorama sulla città.-
Livio Liverani
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