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GUINEA BISSAU
Testi Joao Vicente Dias, ofm
I - LA TERRA E LE GENTI
1.
La terra: un piccolo Paese, con paesaggi non uniformi e clima tropicale.
La Guinea-Bissau è un piccolo Paese dell’Africa Occidentale, con 36.125 km2 di superficie e
circa 1.300.000 abitanti. È un Paese indipendente dal 24 settembre 1973, con la
proclamazione unilaterale dell’Indipendenza fatta dalla Guinea a Madina do Boé, anche se
riconosciuta ufficialmente dal Portogallo (potenza colonizzatrice) soltanto il 10 settembre
dell’anno successivo. Confina a nord con il Senegal, a est e sud-est con la Guinea-Conakry, a
sud e ad ovest con l’Oceano Atlantico. Le sue dimensioni maggiori: in longitudine, 330 Km.
e, in latitudine, 193 Km.
È un Paese formato da due parti distinte: una continentale (con un cordone di isole contiguo)
e una insulare (l’Arcipelago dei Bijagós, con circa 40 isole). Della superficie totale del Paese,
soltanto circa 28.000 km2 sono costituiti da terre permanentemente emerse. Il resto del
territorio, rivestito di “tarrafe” (vegetazione marina), è coperto periodicamente dalle maree.
È un Paese con paesaggi non uniformi e che, nella parte continentale, è caratterizzato da tre
ambienti fondamentali:
-
La regione costiera: fatta di pianure basse, semi-paludose e male-bonificate, con grande
abbondanza di tarrafe. In queste pianure si trovano larghe aperture di estuari invasi dalle
maree, con un’immensa quantità di isole che si staccano, alcune vicine al continente e
facilmente accessibili con la bassa marea, altre notevolmente lontane (come è il caso
dell’arcipelago dei Bijagós). Il tracciato della costa è segnato dalla penetrazione di
innumerevoli fiumi simili ai fiordi antiche valli sommerse dal mare; alcuni di questi bracci
di mare, tagliati dalle correnti delle maree, si uniscono e formano tracciati complessi e
interessanti. Questa zona si spinge verso l’interno, per un’estensione di circa 50 km, ed è
qui che si incontrano le maggiori concentrazioni di abitanti e si fanno eccellenti
piantagioni di riso, di altre coltivazioni intensive ed anche di palme. Anche la pesca
costituisce, in questa zona, una fonte alimentare molto importante. Insieme alle isole,
questa regione continentale è ambiente preferito da varie specie di uccelli.
-
La zona di transizione (tra il litorale e l’interno): è caratterizzata dall’esistenza di vaste
foreste, e si estende soprattutto nelle regioni dell’Oio (a nord del Geba) e del Forreá (a
sud del Corubál), ma raramente oltrepassa l’altitudine di 40 metri.
-
La regione dei piccoli altipiani dell’interno: si trovano a Bafatá (altitudine media di 40
metri) e Gabú (altitudine leggermente superiore), e soprattutto nella regione delle colline
di Boé, dove si innalza il Futa Djalón occidentale e dove si trovano le maggiori altitudini
del Paese, che raggiungono i 300 metri. La zona dei piccoli altipiani dell’interno è
caratterizzata da savane di arbusti e alberi, con un paesaggio meno popolato e dove
predominano le culture itineranti. In questa zona interna si segnala già l’esistenza di alcuni
fiumi d’acqua dolce, con un regime de piene legate alle variazioni climatiche. I fiumi, a
causa delle rapide che interrompono il loro corso, sono navigabili soltanto per brevi tratti.
I principali bacini idrografici sono quelli del Geba e del Corubal. Nella zona bagnata dalle
acque dolci, paludi e laghi, si trovano varie specie di rettili.
1
La Guinea-Bissau è un Paese con clima tropicale, caldo e umido. Tuttavia si distinguono due
zone climatiche diverse: quella con clima “sub-guineese”, con temperature più moderate,
variazioni mensili e giornaliere meno accentuate e con maggiori precipitazioni, e quella con
clima “sudanese”, più caldo, più secco e meno umido.
Il clima è caldo e umido soprattutto nella zona marittima, e con maggiori contrasti sugli
altipiani dell’interno dove la stagione secca più marcata. Riguardo alla temperatura dell’aria,
le temperature medie annuali sono superiori a 20 gradi centigradi. Riguardo alle
precipitazioni, il clima della Guinea è piovoso (valore medio dell’anno compreso tra 1.500
mm. al nord e 3.000 mm. al sud). L’umidità dell’aria è sempre elevata. Ci sono due stagioni
durante l’anno: la stagione delle piogge generalmente da maggio a ottobre, e la stagione secca
da novembre ad aprile. A volte il territorio è influenzato dall’harmatão, vento secco e caldo
dall’est o est-nord est, da cui vengono le temperature più alte dell’anno. A causa di tali
caratteristiche, il clima della Guinea-Bissau è considerato abbastanza insalubre: ma ci sono
alcune regioni (Bafatá, Boé, ecc.) dove si trovano grandi aree di clima più gradevole. E,
d’altra parte, questo clima abbastanza difficile per l’uomo, è tuttavia molto favorevole alla
vegetazione e, di conseguenza, all’agricoltura.
Come spazio geograficamente ben delimitato, il Paese può essere datato già fin dal 1886, in
seguito alla Conferenza di Berlino in cui si impose alle potenze colonizzatrici l’obbligo di
limitazione e occupazione effettiva dei territori, anche se negli anni successivi ha ricevuto
alcuni ritocchi territoriali di minore importanza.
STATISTICA: La Guinea-Bissau attraverso alcuni numeri significativi:
Fonte: Banca Mondiale (Internet, World Development Indicators data base, Aprile 2002).
Popolazione
Crescita annuale (%)
Speranza di vita (anni)
Popolazione urbana (% sul totale)
Adulti maschi analfabeti (% + di 15 anni) 49.0
Adulti femmine analfabete (% + di 15 anni) 80.3
Area di foreste (km2)
Fertilità (totale nascite per ogni donna)
Mortalità infantile (per mille nascite)
Mortalità infantile sotto i 5 anni (p/mille)
Debito estero (dollari USA), in milioni
Rendimento pro capite (dollari USA)
Accesso a acqua potabile (% del totale della pop.)
Accesso a servizi sanitari (% urbani)
Strade pavimentate (% del totale)
Utenti di Internet
2.
1997
1.100.000
ab.
2.1
44.1
29.1
45.6
76.7
6.0
131
220.0
110.4
10.3
200
2000
1.200.000
2001
1.200.000
2.2
44.9
31.5
44.5
75.4
21.870
5.8
125.7
211.3
700.0
67.1
49.0
88.0
3.000
2.2
32.3
-
Gli abitanti: un mosaico di etnie, sparse nella zona costiera e all’interno del Paese.
2
La Guinea-Bissau è un mosaico di etnie (circa 30), nonostante le principali siano all’incirca
una decina. Già nel sec. XV, all’epoca dell’arrivo dei portoghesi, esse si trovavano
praticamente nelle stesse aree in cui si trovano oggi, salvo rare eccezioni.
Non è nelle nostre intenzioni una presentazione esaustiva di queste etnie: solo faremo la
presentazione sommaria di alcune, cercando di vedere in quali luoghi si trovano e quali siano
le attività fondamentali alle quali si dedicano.
In questa prospettiva, potremo dividere le popolazioni della Guinea-Bissau in due blocchi
principali: quelle del litorale e quelle dell’interno. Eccole:
a) - Popolazioni del Litorale:
•
Felupes e Baiotes: la coltura del riso e non solo!
Nonostante che dal punto di vista linguistico esistano numerose differenze tra loro,
tuttavia ambedue abitano nel nordovest del Paese, ai margini della imboccatura del fiume
Cacheu; i Felupes abitano sui due margini, i Baiotes sul margine destro. Sono eccellenti
coltivatori di riso, specialisti nella coltivazione irrigata del riso in zone marittime. Sono
anche conosciuti, soprattutto i primi, come “djola”.
I Felupes chiamano se stessi “kadjamtai”, nome relazionato con la topografia della
regione in cui abitano, che significa “uomini della foresta”. Fin dal sec. XVI sono
chiamati Felupes: il nome proviene probabilmente dalla parola “Hulupe”, che nella lingua
locale significa “uomini delle imbarcazioni (poiché abitavano ai margini del fiume, luogo
in cui si faceva la traversata stesso in canoa).
Uomini valorosi nella caccia e nella guerra, organizzati in famiglie patriarcali.
Anticamente erano refrattari alle migrazioni fuori del loro territorio, ma oggi già lo fanno
con più frequenza. Rappresentano attualmente circa il 2% della popolazione del Paese.
I Baiotes: il loro nome, conosciuto già fin dal sec. XVII, è possibile che provenga dalla
parola manjaca “Ba” + “Biote”, che significa “le persone che abitano nei pressi dei vivai
del riso”, così infatti sono sonosciuti dai cristiani di Cacheu, poiché le loro capanne sono
generalmente costruite vicino alle “bolanhas” - zone allagate, in cui è piantato il riso - e,
nei pressi, organizzano i loro vivai di riso per fare a tempo opportuno il trapianto.
Nel censimento del 1979 erano lo 0,16% della popolazione.
•
Manjacos, Mancanhas e Pepéis: un’origine comune, attività diverse, un ricco folclore.
Seppur vivendo in luoghi differenti, hanno grandi analogie linguistiche, per cui non è
illogico immaginare che abbiano avuto un’origine comune. Nelle cronistorie antiche,
cominciarono ad essere tutti soprannominati “Buramos”: si distinguono per una forte
struttura sociale gerarchica (nobili, uomini di culto, artigiani), molto probabilmente a
causa dell’influenza dei mandingas.
I Manjacos sono situati tra i fiumi Cacheu e Mansoa, così come nelle isole costiere di
Pecixe e Geta. Sono già citati come “Manjacos” nel sec. XVIII, da Beaver, e il significato
di questa parola ha origine dal loro modo caratteristico di parlare, visto che ripetono
3
frequentemente l’espressione “Io dissi” (“n’fala”): “Man”: io; “dja”: dissi; “co”:
particella rafforzativa.
Buoni marinai, gli abitanti delle isole di Pecixe e Geta si dedicano specialmente alla
pesca; quelli del continente all’agricoltura, all’allevamento di bestiame e all’estrazione
del sale. Parimenti buoni vasai e tessitori, emigrano molto e possiedono un ricco e
caratteristico folclore. Rappresentano attualmente circa l’11% della popolazione
guineese.
I Mancanhas chiamati anche “Brames”, si trovano soprattutto nelle aree di Bula e Có,
così come nell’isola di Bolama. Il nome “Mancanha” proviene forse dal nome del capo di
uno dei tredici clan da cui erano composti gli aggregati del gruppo, che aveva questo
nome e venne a stabilirsi nella regione di Bula.
La parola “Brame” dovrebbe provenire dal prefisso: “Be” (gente) + “Arame” (fiume
affluente del Cacheu). Pertanto: “gente di Arame” sarebbe quella gente con cui i
portoghesi entrarono in contatto agli inizi della loro presenza nella Guinea. Nel frattempo
c’è anche chi sostiene che l’origine di “Brame” viene da “Ibrahim” o “Braima” (uomo
mandinga) che, per sposarsi con la ragazza fula (di nome Bula, o Baoula) dovette fuggire
nell’attuale Bula.
Sono il 3,3% della popolazione e si dedicano soprattutto alle attività agricole, avendo
perfezionato lungo i tempi un’agricoltura permanente basata sulla rotazione delle colture
ogni tre anni. Si dedicano inoltre alla pesca ed alla estrazione del sale.
I Pepéis (o Papéis) abitano soprattutto nell’isola di Bissau, dalla capitale fino alla “Ponta
de Biombo”. L’origine del nome “Pepel” è sconosciuta, utilizzata già alla fine del sec.
XVI. Il Gruppo Papel si divise in sette clan, uno dei quali (“Intchassu”, al plurale
“Bissássu”) si sarebbe fissato nel luogo in cui oggi sorge Bissau e avrebbe dato il nome
alla città. Mantennero prolungate e strette relazioni con le feitorias portoghesi che si
stabilirono nella loro regione. Resistettero eroicamente durante le campagne di Teixeira
Pinto, nel 1915.
Attualmente costituiscono circa il 10% della popolazione del Paese. Si dedicano
particolarmente alle attività agricole (cajú, riso, ecc.).
•
Beafadas e Nalús: da un’identità propria all’influenza mussulmana.
Sono popoli molto segnati dall’influenza dei mandingas, dei quali probabilmente sono
parenti.
I Beafadas (o “Beafares”) sono localizzati sull’estuario del Geba, nelle regioni di Buba,
Fulacunda e Cubisseque. Essi stessi si definiscono “Bedjola” forma plurale di “Djola”,
che è un qualificativo mandinga per vari popoli soggetti al tributo di vassallaggio. Non si
conosce per certo l’origine del nome “Beafadas”, anche se i Balantas li considerino loro
parenti (in balanta, il nome significherebbe “qualcuno di mio padre”).
Sono il 3,22% della popolazione. Si dedicano alle attività agricole, essendo eccellenti
coltivatori di riso.
I Nalús sono situati nell’estremo sud, sul litorale, a Tombalí e Cacine. Non si conosce
l’origine del termine “Nalú”.
Sono anch’essi eccellenti coltivatori di riso e pescatori. Prima dell’influenza mussulmana,
raggiunsero un notevole livello artistico, soprattutto nel campo della scultura. Sono
l’0,81% della popolazione.
4
•
Balantas: il gruppo più numeroso, con organizzazione sociale decentralizzata.
Sono localizzati dal nord al sud del Paese, in macchie disperse, dal margine destro del
fiume Cacheu fino al margine destro del fiume Cacine. Sono costituiti da vari Gruppi.
Chiamano se stessi “Beraça”, che è il gruppo più numeroso. Questo si divide in due
sottogruppi: quelli “di fuori” (del litorale, Jugudul, Nhacra) e quelli “di dentro” (o
“Bravos”, dell’interno), con un dialetto speciale chiamato “contói”, con molte parole
mandingas. Quelli che hanno subito l’influenza islamica sono chiamati “Manés”. I
portoghesi cominciarono a chiamarli “Balangas” (1506) e successivamente “Balantas”
(1594). Non si conosce l’origine corretta del nome “Balantas”: alcuni affermano che
verrebbe dalla forma pluralizzata di “Alante” (che nella lingua del gruppo vuol dire
“uomo”, “macho”); altri dicono che verrebbe dal nome mandinga “Abalanta”, che
significa “quelli che negano”, “che si rifiutano” (di sottomettersi ai mandingas).
Costituiscono attualmente circa il 27% della popolazione del Paese, sono pertanto il
gruppo più numeroso. Agli inizi del sec. XX, fecero una rilevante emigrazione verso il
sud (zona di Catió), soprattutto in virtù delle campagne violente di Teixeira Pinto. Sono
eccellenti coltivatori di riso. Storicamente si organizzarono in grandi famiglie patriarcali,
con un’organizzazione sociale “decentralizzata”, senza il ricorso ad autorità centrali,
vivendo in “moranças” e “tabancas” locali, generalmente in prossimità delle “bolanhas”
del riso.
•
Bijagós: l’attrazione del mare, l’arte della scultura e l’importanza dei “grandi” e delle
donne.
Situati nell’arcipelago omonimo è dubbiosa l’origine del nome “Bijagós” proviene forse
da “Be” + “odjogó” (che nella lingua locale significa “persone intere, integre”).
Oggi non costituiscono un popolo omogeneo, ma piuttosto un insieme di gruppi sociali,
coscienti di un’unità etnica fondamentale, ma con dialetti variegati e con alcuni costumi
che divergono da un’isola all’altra e perfino dentro alla stessa isola. Si distinguono da
tutti gli altri popoli della Guinea, non solo per la bellezza della loro arte scultorea, ma
anche per l’importanza che la donna ha nell’economia familiare, essendo lei che prende
l’iniziativa del matrimonio e del divorzio. Allo stesso modo è rilevante l’importanza degli
Anziani (“garandessa”) nella vita sociale dei Bijagós. Sono il 2,52% della popolazione.
Si dedicano ad attività legate alla pesca, come anche alla coltivazione delle palme.
Possiedono espressivi riti di iniziazione (“fanado”), anche se non praticano la
circoncisione.
b) - Popolazioni dell’Interno:
Ci riferiremo soltanto ai due Gruppi principali, di religione islamica:
•
Mandingas: la ricchezza culturale e il fascino dell’impero del Gabú.
Si trovano in una parte dell’Oio (distretti di Farim e Bissorã) ed inoltre, in proporzione
minore, nei distretti di Bafatá e Gabú. Popolano le foreste della zona mediana e, a
macchie, nei territori dei Fulas, le savane dell’interno. Vennero dall’Alto Niger, dandosi
il nome di “Mandunkas”, da cui i portoghesi ricavarono il nome di Mandingas, dove
formavano il grande Impero del Mali. Si convertirono parzialmente all’islamismo per lo
meno fin dal sec. XIII. Nella loro espansione si stabilirono nell’est della Guinea-Bissau
(regione di Gabú) fin dal sec. XIII, con le spedizioni militari di Tiramakhan Traoré
(generale del celebre imperatore Sundiata Keita).
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Nell’attuale Guinea-Bissau, formeranno i regni vassalli di Gabú, Oio e Braço, tra cui
quello di Gabú sarebbe giunto ad avere maggior importanza, dal secolo XVI fino al
XVIII, dopo lo smembramento dell’impero del Mali. Erano organizzati in una forte
struttura gerarchica (nobili, uomini liberi, artigiani divisi in caste, schiavi).
I mandingas continuano oggi a possedere un ricco patrimonio culturale (danze e modi di
vestire caratteristici, “korá” come strumento musicale caratteristico, racconti, fiabe,
ecc.). Di loro, nel 1868 il sacerdote guineese, Marcelino Marques de Barros, disse: “sono
tra i popoli di tutta l’Africa, i più civilizzati ed esperti”! Sono eccellenti commercianti ed
anche agricoltori. Attualmente costituiscono circa il 12% della popolazione del Paese.
•
Fulas (Peuls): le relazioni storiche con i Mandingas e la fedeltà al Corano.
Originari probabilmente della valle del Nilo, si trovano attualmente soprattutto nelle
regioni di Bafatá, Gabú e Quínara, estendendosi a sud fino al fiume Cacine. Il nome
proviene da “Fulbè” che significa “castagno-chiaro”, dovuto al colore della pelle di
questo popolo.
Già fin dal sec. XV, si stabilirono pacificamente tra i Mandingas, nell’attuale GuineaBissau, diventando sedentari e formando grandi villaggi propri (“fulacundas”),
sottomettendosi a volte a forti imposte dei Mandingas. Alla metà del sec. XIX, aiutati dai
capi Fulas (“Almamis”) del Futa-Djalon e del Labé, si rivolteranno e vinceranno i
Mandingas, ponendo fine all’Impero del Gabú, nella celebre e leggendaria battaglia di
Kansala (1867). A partire da questo momento storico, si verificò un aumento progressivo
della loro presenza e influenza in tutto l’est del Paese, come anche un’assimilazione
crescente di prigionieri di differenti provenienze, dando così origine a sottogruppi vari,
come ad esempio: fulas-forros, futa-fulas, fulas-pretos, ecc.
Attualmente costituiscono circa il 23% della popolazione del Paese, formando perciò il
secondo gruppo più numeroso. Per tradizione, furono sempre un Popolo di pastori
(soprattutto bestiame bovino) e di commercianti, ma oggi hanno già un’economia
generale più differenziata. Sono i più forti pilastri della presenza islamica nella GuineaBissau.
_____________________________________
STATISTICA: Le Etnie più rappresentative della Guinea-Bissau):
ETNIA
Balantas
Fulas
Mandingas
Manjacos
Pepéis
Felupes
Altri
Totale
Brames o Mancanhas
Beafadas
Bijagós
%
27
23
12
11
10
02
15
100
Fonte: Internet, ICEP, Guinea-Telecom
(In J. Pinto, M. Paulo, P. Duarte, Guiné Nô Pintcha, Lisbona 1999, pg. 21).
6
II.
UNA STORIA CHE INIZIA PRIMA DELL’ARRIVO DEI PORTOGHESI
1- La storia poco conosciuta delle migrazioni: tra storia e leggenda.
Nel territorio che attualmente costituisce la Guinea-Bissau, fin da epoche molto remote,
prima dell’arrivo dei Portoghesi nel sec. XV, vennero a stabilirsi differenti popoli,
ciascuno con la sua cultura, emigrati dal nord e dall’est dell’Africa, venuti alla ricerca di
migliori condizioni di vita, o forzati dall’avanzata militare dell’Impero del Mali, fin dal
sec. XIII.
La maggior parte di questi popoli si stabilì nel territorio del litorale, in grandi famiglie
patriarcali, senza ricorrere ad un potere centralizzato e senza grandi stratificazioni sociali.
Un’altra parte, certamente influenzata dal modello mandinga - per esempio i Manjacos,
Pepéis e Mancanhas - si strutturò in maniera “verticale”, con re e nobili al vertice e con
varie classi subalterne. Si distribuirono in tutto il territorio guineese e organizzarono la
loro vita economico-sociale conforme le condizioni del territorio gli permettevano.
Tutti i popoli che attualmente costituiscono la Guinea-Bissau (e sono più di trenta!)
posseggono descrizioni sui loro antenati, ma tali che risulta molto difficile sapere dove
finisce la leggenda e dove inizia la storia reale. Da dove provengono i Bijagós? Che
relazione esiste tra i Beafadas e i Pepéis o i Balantas? Saranno forse i Nalús, i Cocolis e i
Padjadincas parenti tra loro? I Banhuns, Cassangas e Cobianas, che oggi sono poco
numerosi nella Guinea-Bissau ma che ebbero anche loro una storia non-trascurabile, da
dove provenivano realmente? È una storia che ancora si è appena iniziato a scrivere!
2- I regni mandingas di Gabú, Oio e Braço: quando Kansalá giunsead essere la capitale
di un Impero.
Con l’espansione dell’Impero del Mali, i Mandingas raggiungono nel sec. XIII l’est
dell’attuale Guinea-Bissau, sotto la guida militare di Tiramakhan Traoré, uno dei generali
dell’imperatore Sundiata Keita. Controllano il Gabú ed estendono il loro dominio più a
nord-ovest, formando i regni vassalli di Oio e Braço.
Questi regni erano capeggiati da governatori (“farins”), in regime di vassalli del
“Mansa” (imperatore) che risiedeva a Niani, nel Mali. Con la decadenza dell’Impero,
dalla fine del sec. XVI, questi “Farins” acquistarono forza sempre maggiore e
praticamente diventarono indipendenti. Il governatore del Gabú - il più forte - mantenne
lo stesso titolo di “Mansa”, mentre quelli di Oio e Braço conservarono il titolo di
“farins”.
L’impero del Gabú conoscerà un grande sviluppo tra i secoli XVI-XVIII, includendo non
solo una buona parte della Guinea-Bissau attuale, ma estendendosi anche verso il sud del
Senegal e Gâmbia, fondando la loro ricchezza sulle imposte sui prodotti della terra, sulle
offerte dei loro “farins”, sulle multe della giustizia e soprattutto sulle imposte sui prodotti
scambiati con gli europei sulle piazze costiere di Geba, Ziguinchor, Farim, Cacheu, ecc..
Queste imposte permettevano loro di acquistare armi da fuoco, di fare guerra ai popoli
vicini, come anche acquistare schiavi, che poi rivendevano agli europei. La loro capitale
era stanziata a Kansala, nel nordest della Guinea-Bissau, vicino a Pirada. Il “Mansa”
governava con l’aiuto dei principi reali che diventavano governatori e formavano la loro
corte, degli schiavi reali che costituivano la loro guardia permanente e dei capi delle caste
di artigiani. In caso di guerra, essi facevano appello ai “farins”, che venivano ciascuno
con il suo esercito. Tutti gli uomini liberi erano perciò mobilitati, con i nobili che
formavano la cavalleria. La società di quest’impero era fortemente strutturata in gerarchie
7
(principi reali, uomini liberi, gente delle varie caste, artigiani, schiavi). I re e le loro corti
costituivano di fatto la classe dominante.
L’impero del Gabú giunse anch’esso a decadere, fin dalla fine del sec. XVIII, soprattutto
con il declino del traffico degli schiavi, ma anche per ragioni secondarie di divisioni
interne. Giunse ad essere distrutto nel secolo successivo, dagli attacchi degli “Almamis”
del Futa-Djalon organizzati in teocrazia militare mussulmana. Essi, fin dalla prima metà
del sec. XIX, avrebbero attaccato ripetutamente i mandingas del Gabú, arrivando a
vincerli definitivamente nel 1867: conquistarono e distrussero la capitale Kansala e
ribaltarono a loro favore una situazione storica che per secoli era stata loro sfavorevole.
Dopo il 1867, dell’antica dominazione dei Gabú rimangono soltanto le varie leggende dei
loro eroi, a cominciare dal sacrificio del loro ultimo imperatore, Dianké Wally!
3- Espansione e conquista dei Fulas: una forza crescente fin dalla metà del sec. XIX.
I Fulas (Peuls), originari molto probabilmente dell’Alto Nilo, erano inizialmente pastori
e pagani. Cominciarono a emigrare fin dai tempi preistorici verso l’Africa Occidentale,
passando attraverso il Sahara all’epoca ancora non desertificato come oggi. Per lo meno
fin dal sec. XIII, a causa dell’aridità crescente del deserto, cominciarono ad emigrare
sempre più verso sud della Mauritania, verso il Futa-Toro (valle del Senegal) e verso
Macina (Mali); da lì proseguirono ancora più lontano, in direzione degli altipiani del
Futa-Djalon e, verso est, in direzione del Camerun.
Nell’attuale Guinea-Bissau, i fulas cominciarono a entrare pacificamente, provenienti dal
Futa Djalon, in piccoli gruppi di famiglie di nomadi e pastori (specializzati
nell’allevamento di bestiame bovino), forse ancora prima del sec. XV. Nel sec. XVIII
entrarono pacificamente altri gruppi di Fulas, e si istallarono in mezzo ai mandingas.
Imitarono la vita sociale di costoro, diventando parzialmente sedentari e stabilizzandosi
in grandi villaggi patriarcali caratteristici - i cosiddetti “fulacundas” - con lavoro in
comune che poteva occupare alcune centinaia di persone. Fulas e Fulacundas non
fondarono alcun Stato in Guinea-Bissau prima del sec. XIX, al contrario dei Fulas del
Futa-Djalon. Frequentemente furono sottoposti dai mandingas a pesanti imposte.
Con un carattere violento, già nel sec. XVI, alcuni fulas provenienti dal Futa-Djalon,
sotto il comando di Coli Tenguela, attraversarono l’impero del Gabú, si scontrarono
violentemente con i mandingas e Beafadas e, sconfitti, furono obbligati a migrare verso il
nord, arrivando a stabilirsi nel Tekrur (Futa-Toro, Senegal). Se da un lato è certo che,
dopo lo spostamento di Coli Tenguella verso il Tekrur, l’impero del Gabú poté
ricomporsi di nuovo e proseguire il suo sviluppo fino al sec. XVIII, è naturale anche che
con questo passaggio armato de Coli Tenguela, vari fulas e fulacundas abbiano deciso di
stabilirsi pacificamente nella Guinea-Bissau, non accompagnando il loro capo militare
nello spostamento verso il nord.
La supremazia dei fulas nella Guinea, in rapporto ai mandingas, si realizzerà soltanto alla
metà del sec. XIX, dopo il rafforzamento dello stato teocratico fula nel Futa-Djalon e nel
Labé. A questo punto, i Fulas alleati fra loro, facendo appello al pretesto di infedeltà al
Corano dei mandingas, ma nascondendo con certezza altre ragioni, probabilmente più
“determinanti” porranno fine alla supremazia mandinga nella Guinea-Bissau e nel 1867
rovesceranno la situazione in loro favore, dopo la distruzione della capitale mandinga a
Kansalá.
8
In seguito a questa vittoria, si verificherà una maggiore migrazione fula verso la GuineaBissau, come pure l’assimilazione dei prigionieri di differenti etnie. Questa presenza e
affermazione dei fulas continuerà anche dopo la Conferenza di Berlino (1885) ed il
successivo controllo del territorio guineese da parte dei portoghesi (campagne di Teixeira
Pinto nel 1913-15), sapendo i fulas adattarsi alla nuova relazione di forze imposta dalla
dominazione coloniale, ricevendo in cambio alcuni privilegi di carattere sociale di tipo
feudale.
Oggi, la presenza e l’importanza dei fulas continuano ad aumentare, certamente anche
incoraggiate dall’integrazione della Guinea-Bissau nella zona dell’ UEMOA (Unione
Economica e Monetaria dell’Africa Occidentale), fin dal maggio del 1997.
____________________________________
TESTO: La Caduta di Kansala:
Dianké Walli riunì un ultimo consiglio di guerra nel suo palazzo. Fu deciso di fare un attacco
generale e morire con le armi in mano, piuttosto che lasciarsi sconfiggere dalla fame.
Effettivamente, alla fine di quattro settimane, i viveri cominciavano a mancare.
Gli uomini del Gabú uscirono dalla città al mattino presto e si posero in posizione di
combattimento; era il giorno 19 maggio 1867. Le donne “nianthio” (nobili), appollaiate sulle mura
della città, incoraggiavano gli uomini per la battaglia. La furia mandinga si sciolse; alla porta
orientale, i Fulas furono violentemente allontanati, e avvenne lo stesso sul lato di Durubali, dove
gli assalitori furono presi sul fianco dalla guarnizione di questa città; molti Fulas trovarono la
morte nelle paludi che separavano Kansala da Durubali.
A mezzogiorno, la battaglia era infuocata da tutti i lati intorno alla città; i Mandingas si battevano
uno contro tre con la forza della disperazione, il Fula ostinato resisteva e si esponeva ai colpi dei
Soninkés gridando il nome di Allah.
Le tradizioni dei due popoli immortalarono gli eroi della battaglia di Kansala in poemi celebrativi
che ancor oggi sono molto popolari. Dalla parte Gabú, si cantano i sette discendenti di Bakariba
Sané e di Lombi Banora – i “Nimangs” guerrieri invincibili. Dalla parte del Futa, i poemi epici
cantano Tierno Abdurahmane-mo-Koin, un giovane cavaliere di vent’anni.
Alle tre del pomeriggio, i Mandingas si piegarono davanti al grande numero di avversari.
L’“almamy” Umar pagava di persona e si batteva come un semplice soldato. Dianké Walli inviò
un messaggero alla torre più alta; non si intravedeva nessun esercito di rinforzo. La battaglia
infuriava intorno alle mura; i Mandingas stremati si lasciavano massacrare di fronte alle porte.
Improvvisamente, queste si aprirono. Allora iniziò un terribile combattimento strada per strada.
Le donne “nianthio” e le loro figlie si congedarono da Dianké Walli. Uscirono dal palazzo
cantando e piangendo: - “Mama Dianké Walli! / Dov’è mio zio, mio zio, il Grande “nianthio” /
L’uomo che può tutto, / Mama Dianké Walli. / Non saremo mai schiavi dei Fulas”!
Esse corsero fino al centro della città. Là, c’era un grande pozzo. Una ad una, si buttarono, a
testa in giù, nel pozzo; le loro serve, che le seguivano, buttarono sui loro corpi le casse di gioielli
e di altri ornamenti. Così terminava la “semente regale” del Gabú.
La battaglia infuriava nelle strade di Kansala. I Fulas spuntavano da tutte le parti, terribili, e
combattevano sempre più. Allora, nel momento più acceso della controversia, si elevò dal
palazzo l’inno di guerra del Gabú, “Ceddo”. Gli uomini del Gabú cantavano e il “dioung dioung “
reale tuonava. All’improvviso, avvenne una cosa terribile: uno scoppio come giammai si era udito
e Kansala scompariva sotto una colonna di fuoco che saliva al cielo sereno. Dianké Walli aveva
dato fuoco alle polveri. Era la fine.
Questa fine tragica impressionò lo spirito, tanto dei Mandingas come dei Fulas. Kansala era
caduta. La sua polveriera era enorme; occupava più della metà del palazzo e occupava almeno
9
trenta grandi case. La detonazione fu così forte che si udì in varie località. Poche persone
uscirono vive da Kansala; molte persone morirono asfissiate dal fumo. La colonna di fuoco, che si
innalzò, perdurò su Kansala per più giorni. I Mandingas diedero a questa battaglia il nome di
“tourouban kéloo”, ossia, “guerra di sterminio”. Il nome rimase; anche i Fulas lo adottarono. Fu lo
sterminio dei Mandingas, come se Dianké Walli avesse voluto estinguere la sua razza per non
sopravvivere alla vittoria del Fula, durante tanto tempo soggiogato dal Gabú!
(Djibril Tamsir Niane, Histoire des Mandingues de l’Ouest, Parigi 1989, pg.192-194)
_______________________________________________
III.
LA GUINEA SOTTO L’INFLUENZA E LA DOMINAZIONE DEI PORTOGHESI
Nel 1446 le caravelle portoghesi raggiunsero l’attuale Guinea-Bissau, nella sequenza
della loro esplorazione di tutta la costa africana, soprattutto nella via delle spezie di
Oriente. Fu così che, fin dalla metà del sec. XV cominciò una storia di contatto del
popolo guineese con il popolo portoghese, che si sarebbe protratta per vari secoli, con
maggiore o minore intensità, e che si sarebbe intessuta di luci e ombre, come succede con
la storia di tutte le presenze coloniali.
Nei loro contatti con i popoli della Guinea, i portoghesi iniziarono con lo stabilirsi in
alcune “feitorias” sulla costa (Cacheu, Farim, Geba, Bissau, ecc.), in accordo con i capi
locali, ai quali pagavano qualche tributo, spesso chiamato “daixa”. Alcune di queste
feitorias commerciali, con maggiore o minore resistenza da parte delle popolazioni locali,
si trasformarono in piazze fortificate fin dalla fine del sec. XVI e soprattutto dalla metà
del secolo successivo. In queste piazze fortificate vennero a stabilirsi vertici militari
portoghesi, vari commercianti tanto del Portogallo continentale come anche di Capo
Verde, così come alcuni pochi missionari portoghesi. Nei dintorni delle “piazze” venne a
radicarsi anche un certo numero di persone locali necessarie per i diversi lavori della
“piazza” e per i lavori delle imbarcazioni costiere. Da questo contatto quotidiano, come
anche dal contatto di alcuni avventurieri che si arrischiarono a penetrare più verso
l’interno del territorio alla ricerca di prodotti per il commercio, sarebbe nata la lingua
criola, che non solo resiste ancora oggi ma che si trova in continua evoluzione e
costituisce, di fatto, la lingua “veicolare” di quasi tutta la comunicazione nella GuineaBissau dei nostri giorni.
Il commercio principale iniziò ad essere quello di avorio, colla, cera e altri prodotti.
Tuttavia, a partire dalla scoperta delle Americhe Centrale e del Sud, e soprattutto a partire
dalla necessità di mano d’opera per le piantagioni e per lo sfruttamento delle miniere di
quelle regioni, il commercio degli schiavi si organizzò progressivamente: naque il famoso
“commercio triangolare” (Europa-Africa-America-Europa), che monopolizzerà gli
interessi e si estenderà dal secolo XVI al XIX, raggiungendo il suo punto più alto e
disumano nel secolo XVIII. A questo punto, dai principali porti della Guinea-Bissau
(Cacheu e Bissau), partiranno migliaia di schiavi sia per il Brasile come anche per
l’America Centrale, in una quantità che non possiamo precisare rigorosamente, ma della
cui enormità non si può dubitare, dopo gli studi documentati a questo riguardo, per
esempio da António Carreira.
10
Viste le difficoltà climatiche della Guinea-Bissau e la frequente resistenza delle sue
popolazioni alla presenza europea, la popolazione del Portogallo continentale non è mai
stata molto significativa in Guinea-Bissau (al contrario per esempio dell’Angola, del
Mozambico, o della stessa Capo Verde), riservando naturalmente per loro i posti di
maggiore responsabilità politico-militare - Governatori delle piazze, principali capi
militari e amministrativi - e lasciando agli altri l’amministrazione ordinaria. Anzi, fino al
1879, il centro politico-amministrativo della Guinea non si trovava neanche nella “terra
ferma” della Guinea, ma nelle isole di Capo Verde, dove risiedeva sia il Governatore
Generale di Capo Verde come anche quello della Guinea. Per le decisioni di maggior
peso, i governatori delle piazze della Guinea avrebbero dovuto ottenere in primo luogo il
beneplacito del Governatore Generale di Capo Verde.
Con la fine del traffico degli schiavi, alla metà del secolo XIX, le piazze della Guinea
entrarono in grande declino, poiché le spese di amministrazione erano precedentemente
sostenute soprattutto dalle Compagnie commerciali monopolistiche (“Compagnia di
Cacheu e Capo Verde”, “Compagnia di Grão Pará e Maranhão”, ecc.) e queste
entrarono rapidamente in declino. Dalla metà del sec. XIX, la Guinea passa ad essere, per
i militari e gli altri europei lì presenti (comprendendo anche vari chierici e Religiosi), una
“terra di degrado” e di poco interesse. Così si arriva alla celebre Conferenza di Berlino
(1885) e alle note esigenze della “occupazione effettiva” dei territori, pretesa dalle
potenze coloniali europee.
Il Portogallo, per non perdere la Guinea, fu forzato a delimitare le sue frontiere, con
l’accordo luso-francese del 1886, che obbligò alla cessione della Cazamança in cambio di
vantaggi minori (tanto nella Guinea come fuori) e, alcuni anni più tardi (1913-15) alla
sua “occupazione” effettiva, attraverso le violente campagne di Teixeira Pinto. Costui,
nella sequenza delle sue violente azioni militari, iniziò a collocare posti amministrativi e
militari fissi, sparsi all’interno del territorio. La violenza di queste campagne militari
(eufemisticamente chiamate “campagne di pacificazione”!), avrebbe costretto a
spostamenti di alcune popolazioni, specificamente quella di gruppi balantas verso il sud
del Paese, dove oggi continuano presenti in grande numero.
Con la nascita del “Nuovo Stato” (1927), il Portogallo avrebbe consolidato più
fortemente la sua dominazione tanto politico-militare quanto economica nella Guinea,
rendendo difficile la libera circolazione di case commerciali non portoghesi (tedesche,
francesi, ecc.), che dagli inizi del sec. XIX controllavano la maggior parte del
commercio. Privilegi monopolistici furono riservati alle case commerciali portoghesi, a
scapito di quelle precedentemente esistenti, specificamente alla Casa Gouveia e alla
Società Ultramarina, spingendo nello stesso tempo allo sfruttamento di alcuni prodotti più
redditizi per l’economia portoghese. È il tempo della vera dominazione coloniale della
Guinea, anche se fatta da una potenza (il Portogallo) che non aveva né il potere militare
né la capacità finanziaria di altre potenze coloniali europee - soprattutto l’Inghilterra e la
Francia - dove la rivoluzione industriale ascese più in fretta.
Tra il 1930 e il 1960, il Portogallo tenterà ancora di “recuperare il tempo perduto”, con
alcune azioni di carattere promozionale, sulle quali torneremo a parlare in uno dei
prossimi capitoli, specificamente: nel campo della Salute (lotta ad alcune maggiori
malattie, per esempio: malaria, malattia del sonno, febbre gialla, vaiolo, ecc.); nel campo
dell’Educazione (dal 1940 con l’istruzione primaria non ufficiale consegnata alle
Missioni Cattoliche, con il primo Liceo ufficiale nel 1949, con studi superiori per
11
qualcuno dei dirigenti guineesi, compreso Amílcar Cabral); nel campo delle
infrastrutture (alcune strade, alcuni mezzi di comunicazione fluviale o marittima, ecc.);
nel campo industriale (alcuni inizi molto timidi di trasformazione di prodotti agricoli
locali), ecc. Tale sforzo, anche se considerevole, fu nel contempo insufficiente, se lo
confrontiamo per esempio con azioni molto più evolute portate a termine nelle altre
colonie portoghesi. Quando, nella decade degli anni sessanta, arriva l’ora della Lotta di
Liberazione Nazionale, questo aspetto di grande ritardo economico, sociale e culturale dei
popoli della Guinea - e la rispettiva speranza che il potere avesse il sopravvento sulla
Lotta armata - suonerà come un motivo scatenante altamente suggestivo ed
entusiasmante, che condurrà all’Indipendenza del Paese nel 1973-74.
Da questo contatto plurisecolare tra la Guinea-Bissau e il Portogallo, oltre al
consolidamento locale della lingua criola, rimarrà per il futuro la presenza della lingua
portoghese, promulgata come lingua ufficiale dopo l’Indipendenza. Questa lingua, come
riconobbe lo stesso Amílcar Cabral, è la maggior eredità lasciata dal Portogallo alla
Guinea-Bissau. Essa faciliterà l’apertura della Guinea al mondo globalizzato in cui ci
troviamo, e questa stessa lingua guadagnerà molto con l’indipendenza, valorizzandosi
con nuovi termini ricevuti localmente.
__________________________________
TESTO: Quello che i portoghesi sono soliti donare ai nuovi re pepéis di Bissau, nel 1828:
Relazione degli oggetti preziosi per il dono al nuovo Re gentio, vicino a questa piazza di
guerra di São José de Bissau:
Una divisa di tessuto fino rosso e intarsiato di oro puro.
Una giubba rossa e intarsiato del suddetto.
Un pantalone suddetto del suddetto.
Un cappello fino nuovo intarsiato di oro con preziosi e perle dello stesso.
Un bastone dall’India con impregnatura di argento grande.
Un paio di calze lunghe.
Un completo di scarpe e pantaloni.
Un paio di scarpe su misura.
Una spada per il figlio del Re.
Un tessuto di Capoverde per la Regina.
Quattro tessuti di Listra per le altre donne del Re.
Quattro fazzoletti per le stesse.
Un fazzoletto di seta per la Regina.
Sei fazzoletti di seta per le donne della comitiva.
N.B. Questi ultimi oggetti possono essere provveduti su quest’Isola.
Bissau, 7 Gennaio 1828
Joze Francisco da T.
(Scrivano della Reale Fazenda di Bissau)
(A.H.U. (Lisbona), “Cabo Verde”, caixa 89, doc. 14.)
____________________________________
IV - UN PAESE CON UNA VITTORIOSA LOTTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
12
Tra il 1940 e il 1960 il Continente Africano fu spazzato dal vento forte e favorevole delle
indipendenze africane. Questo vento raggiunse anche, naturalmente, le colonie
portoghesi, specialmente la Guinea-Bissau, facilitato in parte dalla convivenza di studenti
universitari africani a Lisbona, nella celebre “Casa degli Studenti dell’Impero”, dove le
idee della liberazione maturavano e fervevano. La c’era anche il capo dell’indipendenza
guineese, Ingegner Amílcar Lopes Cabral.
Nel caso della Guinea-Bissau, per arrivare all’indipendenza, fu necessario il ricorso finale
alla forza delle armi, ma non era questo il desiderio iniziale dei combattenti della libertà
della patria. Si tentò la via pacifica di negoziati preliminari, in varie forme e da parte di
persone di differenti tendenze politiche, ma senza qualsiasi risultato positivo.
Per questo, nel 1959, dopo la repressione violenta dei marinai del Pindjiguiti in sciopero,
si ebbe la certezza che la via pacifica non era sufficiente per cambiare la situazione del
Paese e così cominciò la preparazione diretta per la Lotta di Liberazione Nazionale,
portata a termine soprattutto - e quasi soltanto esclusivamente - dal PAIGC (Partito
Africano dellIndipendenza di Guinea e Capoverde). Si iniziò allora la preparazione delle
popolazioni dell’interno del Paese, rendendole coscienti sullo sfruttamento cui erano
sottomesse, sulla necessità di organizzarsi convenientemente in stile di guerriglia, - la
“bomba atomica dei poveri”, nella famosa espressione di Mao Tsé Tung - per arrivare
all’obiettivo maggiore dell’indipendenza, abbattendo con la forza l’amministrazione
coloniale portoghese. Fu una mobilizzazione civile di successo, che dal 1963 in avanti
iniziò a rendersi concreta sul terreno. Nell’anno successivo (1964), dopo la grande
riunione di Dirigenti a Cassacá (“primo congresso” del PAIGC), la Lotta diventò
sistematica a livello nazionale e si concretizzò in varie iniziative di grande effetto,
specificamente: la creazione delle FARP (Forze Armate Rivoluzionarie del Popolo), dei
Magazzini del Popolo e delle “Scuole della foresta” nelle zone che gradualmente si
liberarono, con l’aiuto e il controllo delle popolazioni di queste stesse “zone liberate”.
Così, almeno dal 1970, due terzi del territorio della Guinea-Bissau (circa il 50% della
popolazione totale) rimasero sotto il controllo dei guerriglieri del PAIGC.
La lotta si consolidò ugualmente a livello internazionale. I guerriglieri furono
sufficientemente appoggiati dai paesi limitrofi - Senegal e principalmente GuineaConakry - nella cui Capitale fu permessa l’apertura del Segretariato Generale del Partito
(1960), come anche l’inaugurazione della Scuola-Pilota; si permise così al PAIGC di
avere una base di rifugio più sicura e maggiori facilitazioni nel trasporto di armi e altre
necessità relative all’evoluzione della guerra. Sul fronte diplomatico internazionale (sede
delle Nazioni Unite, Vaticano, Svezia, ecc.) si portò a termine anche una forte e
intelligente lotta, in cui brillò sovrastante la figura del leader carismatico, Amílcar Cabral,
sicuramente una delle maggiori figure africane del sec. XX. Così, nel 1972, (dal 2 all’8
aprile), il Portogallo non riuscì ad evitare la visita di una delegazione delle Nazioni Unite
alle “zone liberate” del sud della Guinea: percorsero circa 200 chilometri a piedi e
visitarono nove località, dal Kandiafara fino alla scuola “Areolino Cruz”, passando per
Bilama: testimoniarono internazionalmente che la guerra pendeva definitivamente dal
lato dell’Indipendenza e che stava per nascere una nuova nazione nelle “zone liberate”.
Nella Relazione finale, fatta da questa Missione delle Nazioni Unite, consta: - “Che la
lotta per la liberazione del territorio continua a progredire, e che il Portogallo non esercita
più qualsiasi controllo amministrativo nelle grandi aree della Guinea-Bissau; sono fatti
13
irrefutabili. Secondo il PAIGC, le aree liberate comprendono attualmente più di due terzi,
o tra i due terzi e tre quinti del territorio. Questo fu verificato da molti osservatori e
giornalisti stranieri. È anche evidente che la popolazione delle aree liberate appoggia
senza riserve la politica e le attività del PAIGC, il quale dopo nove anni di lotta, esercita
di fatto un libero controllo amministrativo in queste aree e protegge effettivamente gli
interessi degli abitanti, indipendentemente dalle attività portoghesi”.
All’esito della Lotta di Liberazione Nazionale, contribuì in gran parte l’unione delle varie
etnie della Guinea in vista dell’obiettivo comune da raggiungere, ossia: il conseguimento
dell’Indipendenza. Magistralmente capeggiati da Amílcar Cabral, i guerriglieri seppero
lasciar da parte gli interessi e rivalità personali o tribali, per adoperarsi fondamentalmente
per l’interesse nazionale della lotta per l’indipendenza. È significativo, a questo riguardo,
che una lingua sopra-tribale - il criólo - si sia sviluppata notoriamente durante gli anni
della Lotta di Liberazione Nazionale. Era una forma di affermazione comune, attraverso
una lingua “veicolare”, che prosegue ancor oggi. Non vuol dire che non ci siano stati
dissensi o difficoltà reali tra i combattenti, ma che essi li seppero oltrepassare con
efficacia, in vista di un bene maggiore.
Contemporaneamente si dimostrò decisiva una pianificazione rigorosa ed esigente della
lotta armata, centralizzata nelle FARP: senza bruciare le tappe, pazientemente condotta e
programmata. Anche in questo campo della strategia militare, l’Ingegner Amílcar Cabral
si è rivelato una personalità notevole.
Prima del suo assassinio, il 20 gennaio 1973 (in circostanze ancora poco chiare circa gli
interessi concreti e profondi in gioco), stava già preparando il terreno per realizzare le
elezioni per l’Assemblea Nazionale Popolare. Nonostante la sua tragica morte, la
cosiddetta Assemblea Nazionale Popolare riuscì finalmente a riunirsi e proclamare
solennemente, nelle colline del Boé, l’indipendenza della Guinea-Bissau. Era il giorno 24
settembre 1973. Varie decine di paesi riconobbero, nei mesi successivi, questa
indipendenza. Finalmente, il Portogallo, dopo la “rivoluzione dei garofani (25 aprile
1974) ed in conseguenza di questa, riconosceva anche lui l’indipendenza della GuineaBissau, il 10 settembre dello stesso anno. Era il riconoscimento ufficiale di una realtà
politica già viva e irreversibile. A partire da lì, si apriva una nuova pagina nella storia
delle relazioni secolari tra i due popoli.
____________________________
TESTO: Adesso i cattolici sanno per chi lottare
Conferenza stampa concessa da Amílcar Cabral, dopo la sua intervista collettiva (con
Agostinho Neto e Marcelino dos Santos) con il Papa Paolo VI, nel giugno del 1970.
Vorrei sottolineare che il grande onore concesso al nostro popolo da Sua Santità, nel
ricevere i dirigenti dei nostri movimenti di liberazione, pone adesso un problema soprattutto
ai cattolici del Portogallo, a quelli che hanno appoggiato fino ad ora la guerra colonialista
portoghese.
Noi facciamo decisamente una distinzione tra la gerarchia cattolica in Portogallo ed i cattolici
in generale. Non vorremmo che andassero a finire in prigione, sia tra i Portoghesi, sia tra gli
Africani, coloro che difendono la causa della liberazione dei nostri popoli. Ma la verità è che,
finora, la gerarchia cattolica portoghese si è mostrata, sia attraverso gli organi di
informazione, sia attraverso tutte le manifestazioni religiose, favorevole alla guerra
colonialista, che chiamano nel loro linguaggio “difesa della civiltà cristiana”. Ci stupiamo
14
molto che si possa difendere la civiltà cristiana massacrando i popoli, bruciando con napalm
i bambini, le donne, villaggi interi. E desideriamo veramente un gesto che possa convincere
l’opinione pubblica portoghese che non è questa la posizione della Chiesa cattolica Romana.
Da parte nostra, questo gesto è stato fatto. Ho ricordato che nel mio discorso all’apertura
della nostra Conferenza, ho lanciato un appello a Paolo VI che, ricevendoci ieri in Vaticano,
ha confermato - in accordo con l’Enciclica diretta a tutti i popoli africani - che la Chiesa sta
dalla parte di coloro che soffrono e sempre lottano in favore della libertà, della pace e
dell’indipendenza dei popoli. Crediamo che i cattolici, specialmente i portoghesi, hanno ora
una base molto concreta, oltre a quel documento, per riconoscere, da una parte, quelli che ci
appoggiano e, dall’altra, quelli che finora hanno appoggiato la guerra colonialista. Perché
questi sono contro i principi e le dichiarazioni di colui che è la massima autorità della Chiesa.
È un fatto politico di grande importanza, questo, ma è anche un fatto morale. Nei nostri paesi
ci sono più di un milione di cattolici: se non ce ne sono di più non è colpa nostra, ma colpa
dei missionari portoghesi che, in più di cinque secoli, non hanno saputo condurci. Crediamo
che i cattolici indecisi, angustiati, possono ora appoggiarci tranquillamente, perché sanno
che il Papa è contro tutto quello che è contrario alla libertà, alla pace e all’indipendenza dei
popoli”.
(in AMÍLCAR CABRAL, Guiné-Bissau, nação forjada na luta, Lisbona, 1974, pg.105-106).
_________________________________
V
- UN PAESE INDIPENDENTE,
RICOSTRUZIONE NAZIONALE
ALLA
RICERCA
DELLA
VERA
1. L’Appello della Terra: un Paese essenzialmente agricolo.
La Guinea è un Paese essenzialmente agricolo. Circa il 90% della popolazione si dedica
ad attività primarie, a contatto diretto con la natura del luogo. Pur non possedendo terreni
agricoli in condizioni ottimali, come lo stesso Amílcar Cabral riconobbe, la Guinea
d’altro canto possiede condizioni naturali molto superiori a quelle di altri paesi africani
così da poter vivere e alimentare tranquillamente la sua popolazione di poco più di un
milione di persone. L’attuale situazione dell’agricoltura in questo Paese, risente delle
vicissitudini storiche per le quali la Guinea-Bissau è passata negli ultimi decenni e per
questo è utile rivederle, anche se solo superficialmente.
Nell’epoca coloniale, si dette la prevalenza ad alcuni prodotti destinati fondamentalmente
all’esportazione, come ad esempio: arachidi, noci di cocco, olio di palma, riso, legnami,
ecc. Furono introdotte anche alcune piante sconosciute dai guineesi, specificamente:
canna da zucchero, mais americano, mandioca, patata dolce (patata americana), alcuni
alberi da frutto. Le terre coltivate nel 1953 costituivano soltanto il 12% circa della
superficie totale del Paese e tre grandi colture occupavano l’ 86% della superficie totale
coltivata, ossia: il riso di foresta e irrigato (32%), diverse qualità di mais (32%) e arachidi
(22%).
Durante la Lotta di Liberazione Nazionale, proprio a causa della guerra, si verificò
un’enorme diminuzione della superficie coltivata e conseguentemente nelle esportazioni:
diminuzione di circa il 70% della superficie coltivata, dal 1953 al 1972. Questo fatto
inoltre era la conseguenza di una strategia politica dei Combattenti della Libertà della
Patria, ossia: “distruggere” per indebolire l’occupazione coloniale. Nel 1953 la
produzione di arachidi fu di 63.975 tonnellate (quasi tutta esportata), nel 1972 fu appena
15
di 28.000 tonnellate, pertanto, una diminuzione del 56% circa. Nello stesso periodo, la
produzione di riso fu di 100.297 tonnellate nel 1953, e di appena 29.500 tonnellate nel
1972, con una diminuzione del 71%. La Guinea-Bissau, che nel 1953 poteva garantire il
proprio fabbisogno di riso, alla fine del periodo coloniale era largamente dipendente dalle
importazioni dello stesso prodotto; per esempio, nel 1968 importò 3.880 tonnellate di
riso, ma nel 1974 ne importò già 30.600 tonnellate.
Dopo l’Indipendenza, il recupero è stato molto lento, nonostante i vari sforzi intrapresi.
Nel 1974 la Guinea-Bissau importò 30.600 tonnellate di riso¸ nel 1981 ne importò 70.000
tonnellate. Nel 1952 la produzione di riso era di 90.000 tonnellate circa, arrivando anche
ad esportarlo; nel 1980 la produzione fu appena di 25.000 (tonnellate), ma dal 1989 fino
al 1994 la produzione di riso si mantenne sempre al di sopra delle 100.000 tonnellate,
realizzando nel 1994 il totale di 131.017 tonnellate.
Nella strategia di sviluppo del dopo-indipendenza, se tentò di creare le condizioni per la
crescita della produzione agricola e per una diversificazione più ampia delle coltivazioni.
Si fece ricorso al recupero di alcune risaie: aumentando così le superfici coltivate; si tentò
una distribuzione più abbondante delle sementi; si tentò l’organizzazione di aziende
agricole dello Stato; come luoghi di sperimentazione agricola e di produzione; si fece
ricorso ad alcuni grandi progetti agricoli con l’aiuto della Cina, della Francia,
dell’Algeria. Sebbene non possiamo disporre di dati molto sicuri, sembra fuori di
discussione che nei primi tre anni di indipendenza si verificò un aumento significativo
della produzione agricola. C’è da riferire anche che, alcuni anni più tardi, dal 1986 al
1994, il settore primario dell’economia guineese fu chiaramente quello che diede il
maggior contributo per lo sviluppo economico. Di fatto, mentre lo sviluppo medio
globale non arrivò a raggiungere il 2,8% tra il 1990 e il 1994, lo sviluppo del settore
primario circolava nello stesso periodo intorno al 3,8%. La spiegazione di questi risultati
sta nel miglioramento delle condizioni climatiche verificatesi a partire dal 1983, ampliato
dal fatto che il Governo guineese creò alcune condizione che privilegiarono e
incoraggiarono la produzione agricola. La castagna di cajú si rivelò nel frattempo il
principale prodotto agricolo per l’esportazione, passando dagli 11,60 milioni di dollari
nel 1990 ai 31 milioni di dollari nel 1994. Inoltre, nello stesso periodo, si verificò una
notevole diminuzione dell’importazione di riso: nel 1992 la spesa per l’importazione di
riso fu di 21,7 milioni di dollari, mentre nel 1994 la spesa fu soltanto di 8,6 milioni di
dollari.
L’agricoltura, nonostante la diminuzione progressiva dell’indice delle precipitazioni che
si è verificata negli ultimi 20 anni, continua ad essere oggi il settore principale
dell’attività economica del Paese, sia a livello di contributo percentuale al PIL, sia a
livello di assorbimento della popolazione attiva. Ma è chiaro che, già prima della guerra
civile del 1998/99, la produzione nazionale continuava ad essere chiaramente
insufficiente per rifornire il mercato interno, facendo sì che il ricorso all’importazione
fosse inevitabile. Oltre a ciò, la produzione agricola per l’esportazione - soprattutto del
cajú - si presentava poco diversificata, e poneva il Paese in una situazione abbastanza
fragile davanti alle tendenze sfavorevoli dei prezzi internazionali.
Se questa era la situazione già prima del conflitto militare del 1998/99, molto più pesante
è oggi, dopo le disastrose conseguenze di quel conflitto.
16
_____________________________
STATISTICA: Produzione del settore primario
Produzione agricola in tonnellate
Riso com casca
integrale(?)
Altri cereali
Mandioca
Mancarra
Castagna di cajú
Coconote
Legname
Cotone
1989
110.238
1990
123.023
1991
123.264
1992
123.812
38.571
17.835
16.070
13.700
7.759,6
18.642,3
758
46.354
17.491
18.171
15.481
6.595,7
17.720,2
2.180
57.066
11.869
14.795
17.493,5
6.265,9
16.297,6
2.412
47.768
14.680
15.716
19.417,8
5.952,6
14.518,1
1.233
1993
125.907
1994
131.017
54.828
58.123
14.311 14.740,3
18.141
18.258
21.748 24.357,7
5.059,7 4.300,7
13.031 13.290,3
1.754
1.731
Fonte: J. Pinto, M. Paulo, P. Duarte – Guiné, Nô Pintcha, para uma análise sócio-económica
da Guiné-Bissau, Lisbona, 1999, pg.185.
2. L’attrattiva del mare: la pesca è una vera ricchezza!
La Guinea-Bissau, Paese situato in riva al mare con 200 chilometri di costa, è un piccolo
giardino, attraversato da alcuni corsi d’acqua dolce e soprattutto da innumerevoli bracci
di mare. Le acque della Guinea possono essere considerate acque miste “acque di
estuario”, ricche di varie specie di pesci e frutti di mare, specialmente: tainha, pargo,
bicuda, garoupa, barbo, linguado, raia, gamberi, aragoste, ostriche, polipi, chocos, ecc..
L’attrazione dell’acqua è, per questo, una tendenza naturale e proficua, visto che la pesca
costituisce una fonte accessibile di proteine animali di elevato valore energetico, che
migliorano notevolmente la dieta alimentare delle popolazioni locali. Associata alla
produzione della terra, la pesca è una risorsa naturale alla quale i guineensi possono
facilmente affidarsi.
La Guinea-Bissau possiede una Zona Economica Esclusiva (ZEE) con un’estensione
superiore a 70.000 chilometri, con una possibile differenziazione in tre zone distinte:
acque con meno di 10 metri di profondità, accessibili alle piroghe; acque con meno di 20
metri di profondità, dove possono manovrare navi di portata industriale; ed acque tra i 20
e i 200 metri di profondità, con le più svariate specie di pesci.
Nell’epoca coloniale, la pesca ebbe poco sviluppo, limitandosi quasi soltanto alle zone
poco profonde delle risaie e del litorale, acque relativamente calde, poco salate, rendendo
così difficile l’abbondare di specie ricche dal punto di vista alimentare e industriale; e
questa pesca era fatta con processi tradizionali chiaramente insufficienti. Nel 1965, la
quantità totale di pesce raccolto si avvicinava soltanto a 4.500 tonnellate.
Dopo l’Indipendenza, se fece uno sforzo notevole per lo sviluppo della pesca, sia quella
costiera come quella di alto mare. Si fece ricorso a società miste, specificamente: “Stella
del Mare” (Guinea/Unione Sovietica), “Guialp” (Guinea/Algeria), “Semapesca”
17
(Guinea/Francia), con risultati inizialmente molto incoraggianti. Si chiamarono inoltre
tecnici cinesi per l’insegnamento della costruzione di canoe leggere adatte alla pesca. Gli
anni successivi, però, rivelarono grandi difficoltà di sviluppo in questo settore economico,
sia per mancanza di strutture di appoggio, sia per la scarsità di manodopera qualificata,
come pure per le difficoltà di finanziamento, a causa di una troppo fiacca politica di
incentivi, e della scarsa efficienza nell’apparato di vigilanza costiera, ecc. I prodotti del
mare nel 1981 diedero un contributo di 4,60 milioni di dollari americani, ma nel 1991 il
loro contributo fu soltanto di 2,60 milioni, e nel 1994 il contributo fu di appena di 0,30
milioni.
E la pesca artigianale? - Anche qui, i problemi non sono pochi. La produzione di questo
settore è orientata quasi esclusivamente al consumo interno e, nonostante la concessione di
appoggi finanziari di alcune organizzazioni internazionali a progetti locali, non è stato
ancora possibile darle una struttura che garantisca la possibilità di auto-sostegno
finanziario in futuro.
La crisi del settore della pesca era già molto profonda prima della guerra civile del
1998/99, ma assunse uno spessore ancora maggiore con questa guerra ed il settore
attraversa oggi enormi difficoltà. Il porto di Bissau, in rapporto a tempi non molto lontani,
si presenta con un aspetto desolante, con imbarcazioni paralizzate, o abbandonate alla loro
sorte sulle banchine. Tutto questo, però, non distrugge la convinzione che, se organizzato
più convenientemente, il settore della pesca - tanto industriale quanto artigianale - continui
ad essere una fonte preziosa per l’alimentazione della popolazione guineese e per ridurre il
cronico deficit della sua bilancia commerciale.
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TESTO: Le risorse della pesca della Guinea-Bissau
Le risorse della pesca nella Guinea-Bissau sono molto ricche. Fino alla data di oggi, queste
risorse sono state sfruttate nella quasi totalità dalle flotte straniere e le casse pubbliche hanno
ricevuto ben pochi benefici da questo sfruttamento. I piccoli frutti provengono dal pagamento
delle licenze di queste navi e una piccola parte del totale dei prodotti della pesca di queste
flotte viene sbarcato nel porto di Bissau, per il mercato interno e per l’esportazione.
Oltre alla flotta straniera con autorizzazione alla pesca, esiste anche un grande numero di navi
che invadono illegalmente le nostre acque. I servizi di controllo, salvo negli ultimi tempi, sono
stati praticamente inoperosi.
Teoricamente, l’unica produzione nazionale della pesca proviene dai settori della sussistenza
e artigianale. Non esiste praticamente una flotta moderna di pesca industriale nella GuineaBissau.
Il settore artigianale nella Guinea-Bissau non è così avanzato come nei paesi vicini e la sua
produzione è orientata quasi nella sua totalità al consumo interno. Sono stati creati vari piccoli
progetti di pesca artigianale e sono stati appoggiati finanziariamente da alcune agenzie
internazionali, ma il loro impatto è stato ed è molto localizzato in termini di sviluppo del settore
e, d’altra parte, non è stato sviluppato per diventare auto-sostenibili finanziariamente.
Si sono fatti vari tentativi nel senso di creare un’industria commerciale di pesca moderna
attraverso “joint-ventures”, ma purtroppo fracassarono. Esiste una capacità eccedente in
termini di infrastrutture di conservazione e congelamento. La mancanza di una flotta
commerciale orientata ai prodotti di qualità per l’esportazione, costituisce un potenziale punto
di strozzamento allo sviluppo del settore.
L’inesistenza di “insumos” imprescindibili per lo sviluppo dell’industria della pesca, e la
mancanza di un sistema integrato di distribuzione e esportazione dei prodotti della pesca per il
mercato internazionale, costituiscono un altro punto serio di strangolamento. Anche la politica
di controllo dei prezzi da parte del Governo, le numerose tasse sul prodotto, l’inesistenza di
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una politica di crediti di investimento nel settore, ecc., contribuiscono alla paralisi dello
sviluppo dell’industria della pesca nel Paese.
(Olívio Fortes, “Pesca Industrial”, in O Programa de Ajustamento Estrutural na Guiné-Bissau,
Análise dos efeitos sócio-económicos, Bissau, 1996, pg.276-277).
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3. L’attrazione del commercio e la minore sensibilità allo sviluppo industriale:
a)- Commercio: la “fiera” é caratteristica della vita sociale guineese.
Il commercio, sotto la forma di piccoli o grandi mercati (“feiras”), è caratteristico di tutta
l’Africa Occidentale, specialmente della Guinea-Bissau. È alla “feira” che si passa una
buona parte della vita delle popolazioni cittadine. Lì arrivano i prodotti sia dello stesso
Paese, sia anche di paesi vicini; lì si compra e vende, si dialoga, si mangia qualcosa, si
gioca, o anche si discute e si litiga quando qualche prodotto viene rubato!
Nella Guinea-Bissau, nel periodo coloniale, il commercio estero si riduceva a un piccolo
numero di prodotti selezionati, che venivano esportati quasi interamente verso il
Portogallo. Due imprese maggiori - “Casa Gouveia”/CUF e ”Sociedade Comercial
Ultramarina” - detenevano privilegi monopolistici nella vita commerciale della Colonia. Il
Portogallo, attraverso l’intermediazione di queste “Casas”, esportava dalla Guinea i
prodotti che servivano alla sua industria e sviluppava in Guinea soprattutto la coltura del
riso, indispensabile alla popolazione locale. La bilancia commerciale si mantenne più o
meno equilibrata dal 1950 al 1959, ed in alcuni momenti in eccedenza. Ma, dal 1959 al
1974, affondò nitidamente, per ragioni che sono legate alla Lotta di Liberazione Nazionale.
Durante la Lotta di Liberazione, a partire dal Congresso di Cassacá (1964), il PAIGC
esperimentò nelle “zone liberate” i “Magazzini del Popolo”: impresa generale di
commercio, di tipo statale, per garantire il rifornimento di articoli di prima necessità alle
popolazioni di quelle zone e, per mezzo di scambi, ricevere dalle stesse popolazioni alcuni
prodotti agricoli che avrebbero dovuto servire per l’alimentazione dei combattenti ed anche
per il commercio estero come fonte di sostegno alle necessità della guerra in corso. Le
esportazioni dei “Magazzini del Popolo” verso i paesi vicini, anche se fiacche in valore
assoluto, avevano nel frattempo un’importanza psicologica e tecnica considerevoli,
soprattutto se pensiamo alle difficoltà di trasporto ed ai problemi di sicurezza che esse
implicavano.
Dopo l’Indipendenza, il Governo della Guinea-Bissau iniziò a nazionalizzare le due
grandi Case Commerciali (CUF e Sociedade Ultramarina), introducendo allo stesso tempo
le esperienze dei “Magazzini del Popolo”, in regime di monopolio statale del commercio.
A fianco delle imprese statali, continuarono in attività vari commercianti privati, grandi e
piccoli, con un ruolo apprezzabile nella rete di distribuzione di merci, principalmente nei
centri urbani. Nei primi tre anni (1974-1977) la bilancia commerciale, pur continuando
molto precaria, migliorò, in rapporto agli anni della guerra: le importazioni continuarono
più o meno ai livelli del 1973-74 ma, nello stesso tempo, le esportazioni triplicarono. Con
il passare degli anni, però, per ragioni varie, il monopolio statale del commercio si sarebbe
rivelato chiaramente rovinoso e dei “Magazzini del Popolo” resta oggi soltanto il ricordo.
19
Nella decade del 1980, le importazioni furono circa da 4 a 6 volte superiori alle
esportazioni.
Nel 1984 si diede vita al Plano Director do Comercio, attribuendo al settore privato la rete
del dettaglio, lasciando nel frattempo ancora al settore pubblico tutto il commercio
all’ingrosso ed il commercio estero, come anche la definizione dei prezzi. Soltanto nel
1996 giungeremo a notare alterazioni di fondo a livello della struttura commerciale, con il
Governo che liberalizza il commercio all’ingrosso, autorizzando e facilitando operazioni di
commercio estero per i commercianti privati, semplificando l’autorizzazione di licenze per
l’attività commerciale, e modificando il regime di definizione dei prezzi.
Nel Maggio del 1997, sarebbe avvenuta l’adesione all’UEMOA (Unione Economica e
Monetaria dell’Africa Occidentale), con prospettive incoraggianti per l’economia
guineese, compreso lo sviluppo del suo commercio con Paesi vicini. Però, la guerra civile
del 1998-99 fu un colpo brutale di mannaia su tutto lo sviluppo economico della GuineaBissau e specificamente sul settore del commercio. Le imprese private rimasero - e la
maggior parte continua ancor oggi - completamente prive di capitale. Ai nostri giorni, si
trovano nei principali mercati, prodotti provenienti soprattutto dai Paesi vicini, ma la
maggioranza della popolazione, a causa dei salari bassi, non ha sufficiente potere di
acquisto su cui fare affidamento. Si aspettano giorni molto migliori.
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STATISTICA: Situazione del commercio estero (1990-1994):
Bilancia Commerciale (1990-94) (in miliardi di Pesos Guineesi)
Importazioni
Esportazioni
Saldo
1990
61,1
19,3
- 48,8
1991
67,5
20,4
- 47,1
1992
83,5
6,5
- 77
1993
53,8
16
- 37,9
1994
52,4
33,2
- 19,2
Fonte: J. Pinto, M. Paulo, P. Duarte – Guiné, Nô Pintcha, Lisbona, 1999, pg. 184.
_____________________________________
b)- Industria: deve ancora avvenire il “take-off” della rivoluzione industriale.
La Guinea-Bissau continua ad essere un Paese essenzialmente agricolo. L’impulso
industriale (“take-off”) è ancora poco più che un miraggio, nonostante siano già stati fatti
vari tentativi, fin dai tempi della colonizzazione portoghese. La debolezza tipica
dell’industria guineese rimarrà facilmente visibile nei dati che sono presentati qui di
seguito.
Nell’epoca coloniale, lo sviluppo industriale rimase sempre a livelli molto bassi, accelerato
un po’ negli ultimi anni prima dell’Indipendenza. È significativo che nel 1950 soltanto il
2% della popolazione attiva fosse occupata nell’industria e nel 1963 l’attività industriale
contribuiva appena con circa lo 0,9% alla formazione del PIL. Ugualmente, nel 1969, il
settore secondario impiegava appena circa 25.000 persone, delle quali una buona parte
lavorava legata alle forze armate portoghesi. Nel 1970, a causa delle difficoltà della Lotta
20
di Liberazione, l’industria rappresentava soltanto circa lo 0,5% delle attività economiche.
Fino alla fine dell’epoca coloniale, le attività industriali si diffusero soprattutto nei seguenti
campi: produzione alimentare (trasformazione di “mancarra”, pulitura del riso, oli
vegetali, ecc., con unità rispettive situate quasi soltanto nella zona di Bissau); produzione
di bevande, soprattutto la CICER, un’eccellente fabbrica di bibite, a Bissau; riparazione di
veicoli e di barche con due cantieri navali, a Bissau e Cumeré, che costruivano e
riparavano imbarcazioni della flotta interna; installazioni per diversi combustibili come
l’apprezzabile complesso della SACOR, a Bissau, costruito nel 1967, ecc.
In generale, l’industria coloniale si caratterizzò per le piccole dimensioni e per la fragilità
economica delle imprese, per la sua concentrazione soprattutto nella Regione di Bissau, e
per la sua propensione verso il settore alimentare.
Dopo l’Indipendenza, la situazione non migliorò molto. Senza successi visibili e
soprattutto duraturi, i vari Governi tentarono di porre rimedio alla situazione catastrofica
che da un lato faceva dipendere la vita del Paese dalle importazioni di articoli di prima
necessità e, dall’altro, dalle esportazioni di prodotti agricoli poco o per nulla elaborati. Lo
sforzo di sviluppo del settore industriale nel dopo-indipendenza, si orientò soprattutto
verso:
• Diminuire le importazioni: sostituzione delle importazioni di articoli di prima
necessità destinati al consumo interno, e di piccoli strumenti di lavoro. Per questo
s’incoraggiarono e cominciarono ad apparire piccole imprese di materassi, di
tegole e mattoni, come anche alcune unità di confezioni. Nel 1977 si potevano
contare già una fabbrica di ceramica a Bafatá; una fabbrica di oggetti di plastica;
un’unità di produzione di ossigeno e acetilene a Bissau; un’unità di produzione di
olio e farina di pesce a Cacheu. Queste imprese diversificate erano di carattere
semi-artigianale, ed esigendo una semplice tecnologia di piccole dimensioni, data
la debolezza del potere d’acquisto dei circa 800.000 cittadini del Paese. Avevano
il merito di usare la manodopera locale, molto abbondante dopo l’uscita dei
portoghesi. Alcune volte queste società erano statali, altre erano miste, con forte
partecipazione pubblica e scarsa iniziativa privata nazionale. Queste piccole unità
industriali cercavano il miglioramento delle condizioni materiali di vita delle
popolazioni, non avevano bisogno di grandi investimenti, e non esigevano una
manodopera specializzata e quindi costosa.
• Appoggio alla produzione agricola e silvestre: si tentarono alcune realizzazioni
semi-industriali, specificamente: confezioni di succhi e marmellate di frutta;
produzione di miele; di trattamento della castagna di cajú; lavorazione del
legname (segherie, fabbriche di mobili e parquet). Queste piccole unità avrebbero
dovuto servire al mercato interno e, per quanto possibile, ad aiutare le esportazioni
per l’estero.
• Apertura al mercato internazionale: qui si collocano le realizzazioni maggiori, più
“moderne”, che esigono infrastrutture dispendiose ed importanti. È qui che si
collocano le iniziative nel campo della pesca, dei legnami, delle bibite, come
anche le prospettive nel campo delle estrazioni minerali (bauxite, fosfato) e
petrolifere (queste ultime con forte probabilità di risultati positivi in futuro).
La maggior parte di queste iniziative, furono portate a termine principalmente nei
primi anni dell’Indipendenza: Complesso agro-industriale di Cumeré nel 1978,
con un investimento di circa 28 milioni di dollari; fabbrica CITROEN di
montaggio di automobili “N’Haye”, nel 1978; impresa GUINÉMETAL (1984),
per equipaggiamenti agricoli; SOCOTRAM (1976), per commercializzazione e
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trasformazione di legnami; DICOL (1977), per distribuzione di combustibili e
lubrificanti, impresa mista sulla base dell’antica impresa portoghese “SACOR”.
Nel frattempo, e nonostante tutto questo sforzo, la produzione industriale nel 1989 si
calcolava in appena il 10,7% del PIL, e nel 1995 si era già abbassata al 9,06%, secondo
dati della Banca Centrale della Guinea-Bissau. Di quasi tutte le imprese “grandiose”, già
prima della recente guerra civile (1998-99) ma soprattutto dopo questa, non restano se non
macerie e ricordi di un passato recente, che promise molto ma affondò troppo in fretta. Una
nuova nascita, probabilmente più modesta, dovrà accadere.
________________________________________
TESTO: La crescita del settore industriale tra il 1986 e il 1994:
Il settore industriale presenta un tasso medio di crescita negativa (- 4,45%) nel periodo 19861990 ed una crescita quasi nulla (0,06%) nel periodo seguente (1990-1994), evidenziando
un’evoluzione molto lenta.
Questo fatto si deve essenzialmente al nuovo orientamento strategico adottato, che relegò in
secondo piano i problemi relativi all’organizzazione e all’amministrazione del settore. Così,
una parte significativa delle piccole unità di trasformazione sparirono o si trovarono in uno
stato di inattività. La dinamica rivelata dal settore si deve all’azione del settore privato, il quale
venne ad acquisire le unità dello Stato paralizzate o in situazione difficile, o a creare nuove
imprese.
(J. Pinto, M. Paulo, P. Duarte – Guiné, Nô Pintcha, Lisbona, 1999, pg. 51-52).
___________________________________________
3. Gli ambiti fondamentali della Sanità e dell’Educazione:
a)- Sanità: Se molto si è fatto, molto di più c’è ancora da fare!
Questo è uno dei campi più importanti in qualsiasi società, probabilmente quello di cui le
persone si rendono conto più in fretta, per cogliere il reale sviluppo della società. Ancor
oggi, in Guinea-Bissau, questo campo continua lontano dal poter essere considerato
soddisfacente.
•
•
-
Nell’epoca coloniale, la durata media della vita passava di poco i 30 anni e la mortalità
infantile s’aggirava atorno al 60%. Le malattie più diffuse erano il paludismo, le malattie
intestinali (ancilostomiasi e bilarziosi, ecc.), la malattia del sonno, la tubercolosi, le
malattie veneree, ecc. Per la lotta alle malattie, nel 1972 (secondo dati forniti dalla Giunta
di Investigazioni dell’Ultramar), le istituzioni sanitarie si presentavano divise in tre gruppi:
Servizi generali fissi di cura:
1 ospedale centrale a Bissau, con 407 letti.
3 ospedali regionali (Canchungo, Bafatá, Bolama), con 300 letti
6 ospedali rurali (Bissorã, Bubaque, Catió, Farim, São Domingos, Gabú)
24 maternità rurali, con 104 letti
17 consultori sanitari.
Servizi ambulatoriali di prevenzione e cura:
4 unità di consulte esterne negli ospedali
22
-
1 policlinico, con possibilità di ricovero
6 centri di assistenza sanitaria con possibilità di ricovero
71 centri di assistenza sanitaria senza possibilità di ricovero
•
-
Istituzioni mediche e sanitarie specializzate:
1 centro de protezione materna-infantile (Bissau)
1 centro de salute mentale (Bissau)
1 dispensario anti-tuberculosi (Bissau)
È importante sapere che il personale medico, impiegato in questi ospedali, era in gran parte
militare. In quello stesso anno 1972, su un totale di 54 medici, 49 erano militari; e, d’altra
parte, i centri di assistenza medica erano concentrati nelle città (Bissau, Bafatá,
Canchungo, Bolama), corrispondendo così alle necessità soprattutto della popolazione
cosiddetta “civilizzata” e all’occupazione militare che si trovava nei centri urbani. Di
conseguenza, la popolazione rurale rimaneva in buona parte esclusa dai benefici della
sanità pubblica.
Agli inizi della Lotta di Liberazione Nazionale, il PAIGC contava appena su 4
infermieri, senza nessun medico. Si insegnarono i soccorsi di emergenza ad un gruppo di
militanti tra i combattenti; l’assistenza ai feriti nei combattimenti era, a questo punto,
prioritaria. Dal 1965 al 1970, accompagnando lo sviluppo dell’organizzazione nelle “zone
liberate”, l’organizzazione sanitaria si estese e si perfezionò: si moltiplicarono rapidamente
le unità sanitarie di base e cominciarono a funzionare alcuni ospedali da campo; iniziò
anche il lavoro di lotta contro malattie infettive, ed i corsi di formazione dei quadri della
sanità, tanto dentro come fuori dalla Guinea. A partire dal 1970, si intrapresero le “brigate
sanitarie”, che visitavano regolarmente le “tabancas”, dando indicazioni alle popolazioni
ed effettuando controlli della salute.
•
•
•
•
Nel 1973, già con un quadro notevole di persone guineesi formate, il sistema di assistenza
medica era organizzato in tre strutture principali, distribuite conforme i fronti di lotta,
ossia:
Ospedali regionali e di settore: prima di tutto per i militari. Erano costruzioni provvisorie
e comprendevano:
- 6 ospedali regionali (2 nel nord, 3 al sud, ed 1 ad est), diretti da chirurghi nazionali e
stranieri, per consulte, cura di feriti ricoverati ed alcuni interventi chirurgici, formando
anche alcuni infermieri ausiliari).
- 7 ospedali di settore (3 nel nord, 3 al sud ed 1 ad est), diretti da medici assistenti,
quasi con le stesse funzioni dei precedenti.
Consultori sanitari: aperti anche alla popolazione civile. Costruzioni provvisorie, per poter
essere posti in funzionamento in tempi rapidi. Diretti da infermieri e visitati regolarmente
dall’equipe medica dell’ospedale regionale.
Alla fine del 1971, c’erano 117 consultori sanitari civili nelle “zone liberate”.
Brigate sanitarie: iniziate nel 1970. Costituirono un’innovazione sul piano medico e
sociale, ed anche sul piano politico. Costituite da un’equipe di infermieri che circolavano
regolarmente nei villaggi, educando le popolazioni alle attenzioni igieniche e alimentari
fondamentali; era un’innovazione politica, orientata a tutta la popolazione ed in stretto
legame con i “comitati di tabanca”.
Ospedali del PAIGC fuori dalla Guinea: si trovavano nei Paesi vicini, specificamente in:
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- Boké (Guinea-Conakry): costruito con importanti aiuti stranieri, soprattutto dei paesi
dell’Est (da qui il suo nome di “ospedale Solidarietà”); nel 1971 aveva 123 letti, in tre
padiglioni. Da qui uscì nel 1972-73 il primo gruppo di infermieri diplomati.
- Koundara (Guinea-Conakry): nel 1971 aveva 50 letti. Questi due ospedali ricevevano
feriti dai fronti sud ed est.
- Ziguinchor (Senegal): riceveva malati e feriti dal fronte nord.
Dopo l’Indipendenza, la Guinea-Bissau dovette confrontarsi con l’esistenza di due sistemi
separati: le strutture lasciate in eredità dall’epoca coloniale, concentrate principalmente
nelle città, e le esperienze iniziate nelle aree rurali liberate. Il PAIGC tentò di sviluppare
entrambe le strutture, integrandole allo stesso tempo in un unico sistema nazionale di
sanità. Si cercò di camminare verso qualche forma di decentralizzazione dei servizi
sanitari, e di raggiungere anche le regioni più lontane dai centri urbani. Si decise di
conservare i due ospedali di Bissau - l’ospedale centrale “Simão Mendes” e l’ospedale
“Três de Agosto” - come anche i tre ospedali regionali di Bafatá, Canchungo e Bolama,
dotandoli di medici stranieri, di infermieri, levatrici e tecnici, inviandovi operatori guineesi
per esercitarsi. L’idea iniziale era di riuscire ad avere ospedali con un minimo di 60 letti in
ciascuna delle otto regioni del Paese, ed ospedali settoriali con una capacità dai 16 ai 20
letti. Questo non potè essere realizzato, per mancanza soprattutto di personale. I consultori
sanitari dotati soltanto di infermieri, avrebbero dovuto garantire consulte e cure più facili
nei villaggi più popolosi o di più difficile accesso.
La formazione degli operatori sanitari si realizzò in due scuole di Infermeria: a Bolama e
Bissau. Quella di Bissau, per un Corso Generale di Infermeria; quella di Bolama, per
aggiornamento di operatori di pronto soccorso soprattutto del tempo della Lotta, con un
livello soltanto di conclusione degli studi primari. Quest’ultima finiva con l’essere
abbandonata, già prima della recente guerra civile del 1998-99.
Una certa priorità fu data al rafforzamento e attivazione della medicina preventiva: con
vaccinazioni di massa e iniziative varie di educazione sanitaria tra le popolazioni
dell’interno. Si progettò per ciascuna Regione una carovana medica mobile, che disponesse
di un camion-dispensario, che sarebbe passata regolarmente nei diversi settori a coordinare
ed animare questi lavori di vaccinazione e di educazione sanitaria di base.
La Cooperazione Internazionale giocò durante questi primi anni un ruolo importante nel
campo sanitario, non solo per l’invio di medicine e materiale sanitario vario, ma anche per
l’invio cdi molte equipes di personale medico e para-medico, provenienti da diversi paesi:
Cina (ospedale di Canchungo), Cuba (ospedale e facoltà di medicina di Bissau, ospedale
di Bolama), Unione Sovietica (ospedale di Bafatá e Gabú), Portogallo (Centro di Medicina
Tropicale, Bissau), Svezia (ospedale di Morés), Jugoslavia, ecc…
Nel 1993-94, la situazione della Sanità in generale, nonostante i miglioramenti introdotti, si
manteneva ancora notevolmente preoccupante. I tassi di mortalità infantile e materna erano
tra i più elevati del mondo. I tassi di mortalità di minori da 1 anno a 5 anni erano, nel 1993,
246 per mille, e i tassi di mortalità materna si aggiravano intorno ai 914 per centomila nati
vivi. Un medico era allora responsabile dell’assistenza, in media, di 7.230 guineesi; un
infermiere di 717, ed una levatrice di 914 donne in età fertile. Riguardo alle infrastrutture
sanitarie ed all’accesso ai servizi sanitari, esisteva nel frattempo un ospedale ogni 75.643
malati, un centro sanitario ogni 8.626 ed un consultorio sanitario di base ogni 1.975
abitanti.
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Purtroppo, la guerra civile del 1998-99 venne a complicare ancor più la situazione, già per
se stessa molto difficile. Ora, passati tre anni dalla fine del conflitto, la situazione si mostra
ancora molto preoccupante, ma si è già iniziato il recupero del “tempo perduto”, sia nel
recupero degli edifici ed equipaggiamenti, come anche del personale medico e dell’accesso
alle medicine disponibili. Se molto si è fatto fin qui, molto più c’è ancora da fare!
______________________________
STATISTICA: Ospedali durante la Lotta di Liberazione (1972):
Rete ospedaliera
Letti
Ospedali di
retroguardia (3)
Ospedali
Regionali (6)
Ospedali di
Settore (7)
Totali
245
Medici Nazionali Tecnici Levatrici Inf. Inf. Alunni
Stranieri
Ausil.
6
4
11
1
3
10
65
140
6
-
2
-
6
48
72
105
-
7
-
-
1
56
-
490
12
11
13
1
10
114
137
(J. Cl. Andréini, M. L. Lambert – La Guinée-Bissau, Parigi, 1978, pg. 170.)
______________________________
b)- Educazione: Tanti sforzi e così magri risultati!
Questo è un altro dei campi fondamentali per valutare lo stato di sviluppo di una società.
Nella Guinea-Bissau, le trasformazioni introdotte negli ultimi decenni furono molte, ma la
situazione presente è ancora piena di problemi e bisognosa di riprendere urgentemente il
dinamismo dei primi anni dell’Indipendenza.
Nel 1972, negli ultimi anni dell’epoca coloniale, la situazione scolastica nella Guinea si
presentava così:
•
Istruzione primaria:
- un totale di 297 scuole o centri scolastici con 661 professori e 31.281 alunni.
•
Istruzione secondaria:
- un unico Liceo, a Bissau, fondato nel 1949 e che era frequentato da circa 2.000 alunni
(1.500 nel Ciclo Preparatorio e 500 nell’istruzione secondaria propriamente detta).
Più della metà di questi alunni erano figli di portoghesi residenti e impiegati in
Guinea.
A titolo di curiosità, possiamo informare che il primo complesso liceale in Guinea non fu
creato dallo Stato portoghese, ma dalle Missioni Cattoliche, nel 1943, a Bissau. La sua
durata sarà però estremamente breve (appena due o tre anni), per ragioni economiche e
soprattutto perché gli studi non erano riconosciuti ufficialmente dallo Stato; gli alunni
25
erano costretti a portarsi a Capo Verde per sostenere gli esami e vedere così i loro studi
riconosciuti. In questo complesso studiarono alcune personalità conosciute della società di
Bissau, ad esempio: Tito Lívio Vaz Fernandes, César Carvalho Alvarenga, José Gardette
Correia, Rui das Mercês Barreto, ecc.
•
Istruzione tecnico-professionale:
- 1 Scuola Commerciale e 1 Industriale, create a Bissau rispettivamente nel 1959, e nel
1964 con 31 professori e 482 alunni.
- 1 Scuola di Apprendistato Agricolo creata a Bissau nel 1959, che funzionava nella
stazione agricola di Pessubé, per la preparazione di tecnici agricoli: nel 1966 aveva
soltanto 7 professori e 20 alunni.
- 1 Scuola di Infermeria annessa all’Ospedale Centrale di Bissau, che nel 1965 aveva
soltanto 3 professori e 32 alunni.
L’accesso agli studi superiori, in Portogallo, fu molto limitato. Nel 1961, soltanto 14
guineesi avevano ottenuto un Diploma di Studi Superiori e 11 un Diploma di Studi Medi.
Nell’anno 1971-72 c’era in Portogallo un totale di 54 borsisti, tra studi medi e superiori.
Nel 1970-71 c’era in Guinea, secondo dati ufficiali portoghesi, un totale di 44.122 alunni,
dei quali la maggioranza schiacciante (31.852) si trovavano nell’istruzione primaria.
È naturale che la politica dell’educazione portoghese mirava a formare soprattutto una
piccola elite, legata alla piccola borghesia guineese e che potesse collaborare con
l’amministrazione locale. Nonostante questo, è interessante constatare che sarà proprio
questa piccola borghesia locale formata nelle scuole dell’amministrazione coloniale, a
porre in questione il sistema coloniale vigente: sarà questa piccola borghesia cittadina a
guidare anche i destini della Lotta di Liberazione Nazionale.
Durante questa Lotta, soprattutto dopo il Congresso di Cassacá (1964), l’istruzione
costituì una delle preoccupazioni più importanti del PAIGC: ciò aiutò a comprendere
meglio le cause della stessa Lotta e del sottosviluppo in cui la maggior parte della
popolazione si trovava. Così nel 1965, si fondarono a Conakry l’“Instituto de Amizade” e
la “Escola Piloto”, per ricevere figli e orfani dei combattenti e per prepararli alle
responsabilità future. L’“Instituto de Amizade” si cimentò rapidamente in alcune attività
specifiche, come la creazione di scuole materne, collegi interni e scuole primarie. La base
del sistema di istruzione fu costituita dalle scuole di tabanca, dagli Internati del Partito e
dalle Scuole-Pilota.
Le scuole di tabanca furono insediate in tutti i villaggi delle “zone liberate”. Erano
costruzioni molto precarie, facili da smontare e ricostruire rapidamente per causa dei
pericoli della guerra, situate in aperta campagna, ad alcuni chilometri dal centro abitato per
evitare il più possibile il pericolo degli attacchi militari. Nella maggior parte di queste, per
mancanza di operatori qualificati, si offriva soltanto la 1ª e 2ª classe, lasciando la 3ª e 4ª
classe agli internati del Partito. Nel 1971-72, c’erano già 164 scuole primarie, con 258
professori e 14.531 alunni. Queste “scuole di tabanca” costituirono qualcosa di
completamente nuovo nella storia del Paese e contribuirono ampiamente a guadagnare
l’ammirazione del mondo verso la Lotta di Liberazione.
Gli internati del Partito erano diretti da professori con migliore preparazione di quelli delle
scuole di tabanca. Nel 1971, il PAIGC riuscirà già ad insediare quattro internati, ciascuno
con circa 70 alunni (ragazzi e ragazze). Vi erano accolti prioritariamente gli orfani e figli
26
di combattenti e costituivano vere scuole di formazione per i quadri dirigenti del Partito. I
professori e gli alunni degli internati dovevano garantire tutti i lavori necessari alla
manutenzione, senza aspettare che la Direzione del PAIGC venisse da fuori a sostituirli. I
migliori alunni degli internati erano poi inviati alle Scuole-Pilota, situate a Ziguinchor e
Conakry.
La Scuola-Pilota di Conakry fu aperta nel 1965: a quell’epoca era soltanto un centro in cui
si raccoglievano orfani e figli di combattenti. Però, con il passare del tempo, si trasformò in
una vera istituzione scolastica. Gli alunni vi ricevevano una formazione accelerata che
permettesse loro di raggiungere un livello sufficiente, per seguire la formazione tecnica o
la preparazione per l’istruzione superiore all’estero. Dal 1965 al 1971, furono 176 gli
alunni della scuola-pilota che ebbero la possibilità di studi all’estero. Nel 1973, erano 31
gli studenti guineesi che continuavano i loro studi superiori, mentre 36 quelli che avevano
già terminato e 386 facevano una specializzazione tecnica. Fu così che, soprattutto nei
paesi socialisti (Unione Sovietica, Cina, Romania, Germania dell’Est, Cuba, Svezia, ecc.)
si riuscì a formare numerosi dirigenti del Partito - agronomi, giuristi, medici, ecc. - che
oggi costituiscono un “valore aggiunto” per la Guinea-Bissau.
Anche a livello di preparazione dei professori, il PAIGC iniziò a fare dei passi degni di
essere registrati. Così, fino al 1970, legato alla Scuola-Pilota di Conakry, funzionò il
“Centro di Perfezionamento dei Professori”, soltanto durante i due mesi di vacanze
scolastiche e fu frequentato da circa 200 professori. Più tardi, questo Centro sarebbe stato
completato dal “Centro Permanente dei Professori”, dove soltanto una ventina di professori
avrebbero ricevuto formazione intensiva durante tutto l’anno scolastico.
Ugualmente a livello di contenuto dell’Insegnamento, il PAIGC si sforzò di innovare. Fu
così che nel 1966 riuscì a diffondere nelle scuole il compendio “Il nostro primo libro di
lettura”, un manuale contenente nozioni-base per comprendere i valori ed il significato
della Lotta di Liberazione. E, dal 1968 al 1970, saranno redatti una serie di nuovi testi
scolastici, su temi vari, cercando di adattarli alla realtà concreta del Paese in lotta. Ci sono
ragioni per dire che lo sforzo realizzato dal PAIGC, a tutti i livelli di Insegnamento, fu di
fatto notevole, nonostante i limiti e le imperfezioni che vi si possono trovare.
Dopo l’Indipendenza e la presa di possesso del Paese, nell’ottobre del 1974, un enorme
lavoro si accumulò al Commissariato di Stato dell’Educazione Nazionale. Prima di tutto,
doveva affrontare il nuovo anno scolastico che stava per iniziare e non c’era tempo per
grandi cambiamenti. Per questo, si tentò appena di armonizzare due sistemi differenti di
Insegnamento: quello che proveniva dall’epoca coloniale e quello che proveniva
dall’esperienza della lotta di liberazione nazionale. In questo primo anno scolastico
(1974/75) dai vari compendi di insegnamento si tolsero soltanto alcuni passaggi che non
fosse possibile conciliare con la nuova fase dell’indipendenza o con l’ideologia di base del
PAIGC.
Già nel 1975/76 - considerato l’“Anno 1” dell’organizzazione scolastica - e negli anni
seguenti, fu necessario iniziare ad affrontare i vari ed enormi problemi, come ad esempio:
il “boom” scolastico dei primi anni, la necessità di diffondere l’insegnamento fuori dalle
principali città, la riorganizzazione dei “programmi” scolastici, la lotta contro
l’analfabetismo dominante nel Paese, la formazione dei professori, ecc. Nel 1975/76 si
elaborò il nuovo Progetto, che avrebbe dovuto essere attivato gradualmente negli anni
27
seguenti. Questo nuovo Progetto introduceva alcune modifiche riguardo al sistema
scolastico vigente nell’epoca coloniale.
Nell’epoca coloniale, il sistema comprendeva: il Ciclo Pre-Primario (1 anno), l’Istruzione
primaria (4 anni), il Ciclo Preparatorio (2 anni), il Liceo Corso Generale (3 anni), il Liceo
Corso Complementare (2 anni). A partire dalla fine del Ciclo Preparatorio, c’era anche la
possibilità di orientarsi verso l’Istruzione tecnica (3 anni).
Con il nuovo progetto del 1975/76, si volle incamminarsi verso l’istruzione Pre-Scolastica
(2 anni), l’istruzione di Base (6 anni), l’istruzione generale polivalente (3 anni), e poi
l’insegnamento medio politecnico di 4 anni, comprendenti una serie di Istituti con una
formazione teorica e pratica più approfondita.
Un problema per nulla facile da affrontare fu quello dell’integrazione dell’“Instituto de
Amizade” nel nuovo sistema di istruzione. Quest’Istituto passò a far parte del
Commissariato dell’Educazione, ma con una grande autonomia, date le sue peculiari
caratteristiche. Nell’anno scolastico 1975/76 l’Istituto aveva 1.426 alunni - con età tra i 3
ed i 17 anni - e 76 professori. Nel 1977 l’Istituto dirigeva 1 scuola materna, 1 scuola
agricola, la Scuola-Pilota e 7 collegi interni sparsi nelle varie regioni del Paese. Gli alunni
dell’Istituto rivelavano una formazione ed un ingaggio politico lungamente al di sopra
degli alunni degli altri licei del Paese. I collegi interni assicuravano i quattro anni di scuola
primaria, poi la Scuola-Pilota garantiva la 5ª, 6ª e 7ª classe di un insegnamento che non
corrispondeva totalmente a quello del Liceo. Questa differenziazione, accompagnata da
altre difficoltà soprattutto di carattere economico, avrebbero portato alcuni anni più tardi
all’estinzione pura e semplice dell’Istituto che, aveva svolto un ruolo assai importante
durante la Lotta di Liberazione Nazionale.
Riguardo al “boom” scolastico, a tutti i livelli di istruzione, che si verificò dopo
l’Indipendenza, basterà ricordare che negli anni 1971-72, nell’Istruzione Primaria, c’era un
totale di 461 scuole con 45.531 alunni e 258 professori, mentre nell’anno 1974-75 c’erano
già 699 scuole (+ 52%), con 70.226 alunni (+ 54%) e 1.490 professori (+ 62%).
In riferimento al Liceo, intorno al 1980 c’erano già 6 licei sparsi nel Paese, anche se
soltanto il liceo di Bissau assicurava la totalità dell’istruzione secondaria (10ª e 11ª classe).
Nell’istruzione secondaria, nel 1977-78 c’erano 140 professori e 4.612 alunni, mentre nel
1983-84 c’erano già 660 professori e 13.783 alunni. In quello stesso anno (1977/78), se
pensiamo anche agli altri rami generali di Istruzione, si raggiunse il picco più alto di
frequenza scolastica, con un totale generale di circa 100.000 alunni. Questo avrebbe, nel
frattempo, creato gravi difficoltà per il futuro.
Nella lotta contro l’analfabetismo, si creò subito, nel 1974, un dipartimento speciale del
Commissariato dell’Educazione per organizzare l’alfabetizzazione della popolazione LA
cui maggioranza schiacciante era analfabeta. A fianco delle Forze Armate si organizzò un
dipartimento simile e, nel 1975, su iniziativa e con le direttive del conosciuto pedagogo
brasiliano, Paulo Freire, si organizzò un Consiglio Nazionale di Alfabetizzazione,
capeggiato dallo stesso Presidente della Repubblica che riuniva i Responsabili di differenti
Commissariati. Uno dei problemi sorti nell’alfabetizzazione fu la lingua in cui questa si
sarebbe dovuto fare, visto che il portoghese - adottato come lingua ufficiale e di
insegnamento, ma poco parlata e compresa nell’insieme del Paese - comportava alcuni
problemi, fin dai tempi della Lotta di Liberazione Nazionale; da parte sua, il criolo che
rimase come lingua nazionale ma non poteva essere usata nell’alfabetizzazione - per il
fatto di non essere ancora codificata nella scrittura - comportava problemi ancora maggiori,
anche se non insolubili. Molto meno possibile sarebbe stato l’utilizzo immediato di altre
28
lingue nazionali delle differenti etnie, dato il loro carattere soltanto etnico o local. Questo
problema, purtroppo, non trovò una risposta conveniente e fu rimandato fino ad oggi,
anche se con alcune piccole esperienze interessanti, ma molto localizzate. Lo stesso
sarebbe successo all’insieme del metodo ed alle iniziative di Paulo Freire che, col passare
degli anni, furono abbandonate e dimenticate completamente.
Per la preparazione dei professori, dopo l’Indipendenza si conservarono le due rispettive
scuole: quella di Bissau per insegnamento primario, e quella di Bolama per professori. Per
entrare nella scuola dell’insegnamento primario, gli alunni avrebbero dovuto fare cinque
anni - 2 del Ciclo Preparatorio più 3 del corso generale dei licei -; per questo gli alunni
diminuirono, arrivando nell’anno 1975-76 soltanto a 10. Al contrario, la scuola di Bolama
- con scuola primaria e più 4 anni - ebbe maggior successo, registrando per esempio nel
1975 un totale di 85 alunni. Ancora nel campo della formazione di professori, ma in
regime meno formale, si iniziarono seminari di formazione di professori - nelle vacanze
lunghe, o in altre occasioni favorevoli - con la collaborazione di docenti portoghesi
provenienti dal C.I.D.A.C. (Centro di Informazione e Documentazione Amílcar Cabral).
Nel 1976, si creò a Có anche il Centro “Máximo Gorki”, per la formazione e
specializzazione dei professori: doveva ricevere professori formati durante la Lotta di
Liberazione e dar loro in due anni il livello corrispondente alla fine del Ciclo Preparatorio,
più un altro anno di specializzazione pedagogica: nel primo anno ricevette 30 alunni.
Questi furono alcuni tra i molti tentativi di miglioramento introdotti nei primi anni di
Indipendenza.
Purtroppo, però, varie ragioni - di ordine socio-economico, politico, ecc. - verrebbero nel
futuro a rendere difficile e radere al suolo molto di ciò che era stato costruito con
entusiasmo e fervore nazionalista. La situazione venne deteriorandosi gradualmente, a
cominciare dall’Istruzione di Base. Tra gli anni 1981 e 1987, il sistema educativo iniziò ad
entrare nitidamente in crisi. Le infrastrutture scolastiche non accompagnarono il ritmo di
crescita della popolazione scolastica che si stima in 2,8% - e che rappresentava, pertanto,
un tasso superiore a quello della crescita demografica, che era del 2,1% -. La cattiva qualità
dell’insegnamento si impose a causa di una serie di fattori, che andavano dalla scarsità di
materiale didattico, ai contenuti dell’insegnamento, agli obiettivi di ciascuna fase, alla
lingua ufficiale di insegnamento, alla scarsa motivazione economica dei professori, alla
elevata percentuale di ripetenti, all’abbandono scolastico, ecc.. Nel 1999, il tasso globale di
scolarizzazione si affermava sul 37%, contro il 47% nel 1995 e il 56% nel 1981. Si
verificava anche che gli effettivi femminili diminuivano progressivamente nella misura in
cui si saliva nei livelli di insegnamento. Così, nell’Istruzione secondaria, le ragazze
rappresentavano (nel 1997) appena un terzo degli effettivi, e nell’Istruzione Superiore Facoltà di Medicina e Diritto - le ragazze rappresentavano appena il 6% degli effettivi. I
tassi di abbandono toccarono livelli elevati, raggiungendo il 57% nel 1994-95 nella regione
di Gabú ed il 14% a Bissau. Anche il tasso di analfabetismo, nonostante i progressi fatti fin
dall’Indipendenza, si mantenne molto alto. Nel 2001, la percentuale di adulti maschi
analfabeti (dai 15 anni in su) era sul 44,5% e gli analfabeti adulti femmine, nella stessa
epoca e con la stessa fascia d’età, erano sul 75,4%.
Ad aumentare tutte queste difficoltà, che preoccupavano fortemente i Responsabili del
Ministero dell’Educazione Nazionale, si aggiunsero nel 1998/99 tutti i problemi derivanti
dal conflitto armato esploso, e le cui conseguenze negative, anche per l’Istruzione, sono
sotto gli occhi di tutti. È significativo che soltanto all’inizio di Gennaio del 2003 si siano
29
consegnati i risultati finali dell’anno scolastico 2001/2002 ed anche che, soltanto a questo
punto, si siano potute iniziare le lezioni del nuovo anno scolastico 2002/2003 nelle scuole
statali! Tanto sforzo già speso per così magri risultati nel momento presente!
______________________________________________
STATISTICA: Professori nell’insegnamento di base e secondario (1985-1991)
Evoluzione dei docenti effettivi nell’insegnamento di base e secondario
Anno
1985/86
1986787
1987/88
1988/89
1989/90
1990/91
Insegnamento di Base
3.101
3.061
3.011
2.817
2.676
2.422
Insegnamento Secondario
676
591
245
597
415
339
Totale
3.777
3.652
3.256
3.414
3.129
2.761
(Huco Monteiro, Geraldo Martins – “Os efeitos do PAE no sector da Educação”, in O
Programa de Ajustamento estrutural na Guiné-Bissau, Bissau, 1996, pg.138).
______________________________
5. Una democrazia difficile da apprendere:
“Si ermons lambu tarçado pa n’utro,
djugudés que ta bim toma conta di morança”!
“Se i fratelli non si intendono,
i rapaci governeranno la casa” (proverbio popolare guineese)
La Guinea-Bissau raggiunse la sua indipendenza dopo una dura Lotta di Liberazione
Nazionale, condotta da un capo carismatico - Amílcar Lopes Cabral - di fama mondiale.
Egli non potè, però, accompagnare la marcia vittoriosa del suo popolo nei primi anni
dell’indipendenza, giacché mani assassine lo uccisero il 20 Gennaio 1973, a Conakry. In
quello stesso anno, il 24 settembre, in una manifestazione determinata e solenne la GuineaBissau proclamava unilateralmente la sua indipendenza, sulle colline del Boé.
Accettata ufficialmente l’indipendenza anche da parte del Portogallo (agosto 1974), il
Governo fu consegnato al PAIGC che, anche se mai lo dichiarò formalmente, in pratica
diresse i destini del Paese nella linea degli orientamenti politici del marxismo-leninismo. Il
Partito Unico, che aveva portato il Paese all’indipendenza, era ancora l’avanguardia nella
nuova lotta per la Ricostruzione Nazionale: “luce, forza e guida del Popolo, nella Guinea e
Capo Verde” o, se si preferisce, “forza politica dirigente della società” (art. 4º della prima
Costituzione della nuova Repubblica).
La direzione del Partito-Stato si faceva sentire chiaramente nell’organizzazione generale
del Paese: dall’Assemblea Nazionale Popolare, allo Stato Centrale - Consiglio di Stato,
Presidente del Consiglio di Stato/Governo -, alle tre Province (Nord, Est e Sud), alle otto
Regioni e Settore Autonomo di Bissau, ai 36 Settori amministrativi ed ai 3.600 comitati di
tabanca. Lo stesso si può dire in relazione alle grandi “Organizzazioni unitarie di massa”,
30
per l’integrazione ed il controllo ideologico dei principali settori della società: UDEMU
(donne), JAAC (giovani), pionieri “Abel Djassi” (adolescenti), UNTG (lavoratori). Fu
allontanata una o l’altra organizzazione giovanile esistente (es. Scouts), ma non fu proibita
la libera riunione di giovani con motivazioni religiose (per es. a Bissau funzionarono
sempre liberamente i “Giovani Cattolici”, gruppo organizzato dalle varie parrocchie della
città). In nome della sicurezza e dell’unità nazionale, furono controllati ugualmente i
principali mezzi di comunicazione sociale (radio e giornale “No Pintcha”). Erano i primi
anni dell’Indipendenza e, comprensibilmente, tutto era accettato come novità e con una
certa facilità.
Però, nella misura in cui gli anni passarono, i problemi apparvero con più durezza e a volte
anche con preoccupazione, per esempio i problemi di ordine politico ossia le
contraddizioni da risolvere fin dai tempi della Lotta; le detenzioni arbitrarie; le prigioni ed
esecuzioni sommarie in nome della “sicurezza nazionale”, come si sarebbe scoperto più
tardi con le 500 persone uccise nelle boscaglie di Portogole, Cumeré e Mansabá. Senza
parlare poi dei problemi crescenti di ordine economico.
Fu così che, con sorpresa e preoccupazione, si arrivò al “Golpe” del 14 novembre 1980,
capeggiato da Nino Vieira e denominato “Movimento Reajustador” (Movimento
Restauratore). All’origine di questo colpo di stato c’erano certamente divergenze profonde
nel PAIGC, con alcuni problemi che venivano fin dagli anni della Lotta, come ad esempio
i contrasti tra l’ala militare e la direzione politica del Partito; le contraddizioni tra guineesi
e capoverdiani in rapporto al progetto di Stato bi-nazionale (desiderato dal Partito ma
poco accettato dalle popolazioni dei due paesi destinati all’unione); le difficoltà nate dal
passaggio dalla teoria dello Stato rivoluzionario alla pratica amministrativa in un contesto
poco preparato per questa esperienza, ecc. Questo colpo di stato porterà alla creazione del
PAICV a Capo Verde, aprendo così una frattura insanabile nell’unità del PAIGC e
allontanando definitivamente l’ipotesi di un solo Partito nelle due nazioni.
Nella decade successiva al colpo di Stato del 14 novembre, si assisté ad uno sfaldamento
dell’eredità del periodo di Lotta per la Liberazione, rimanendo chiara l’incapacità di
adattamento alla realtà di tre aspetti fondamentali dell’ideologia del PAIGC: lo Stato binazionale - nella Guinea e a Capo Verde - l’economia statalizzata - centrata nei “Magazzini
del Popolo” -, la democrazia nazionale rivoluzionaria o “Centralismo democratico” con
partito unico, che saranno abbandonati rispettivamente nel 1980, 1983 e 1991.
In questa stessa decade, anche se con una diminuzione drastica della repressione politica,
delle detenzioni e prigioni arbitrarie, e della prevaricazione dei diritti umani - con molti
prigionieri politici posti in libertà - continuarono ancora le lotte di potere, con accuse di
tentativi di colpo di Stato e depurazioni tra gli alti dirigenti del Partito-Stato.
Uno dei pretesi colpi di Stato fu quello dell’ex-Primo Ministro Víctor Saúde Maria (marzo
1984), ma il più famoso fu quello di Paulo Correia 1º Vice-Presidente e di Viriato Pã il
rovesciamento del Governo con la forza, furono arrestati con un’altra cinquantina di alleati
collaboratori, giudicati nove mesi più tardi e i due condannati a morte con altri quattro
compagni, nonostante le richieste di clemenza fatte da varie entità internazionali e,
internamente anche dalla Diocesi di Bissau. Fu in seguito a queste esecuzioni sommarie
che si creò a Lisbona la “RESISTENZA DELLA GUINEA-BISSAU / MOVIMENTO BÁFATÁ” (27 luglio 1986) che, insieme alla FLING, saranno oppositori diretti del PAIGC
prima dell’apertura di questo Partito al pluri-partitismo avvenuta solo nel 1991.
31
In questa situazione di una certa turbolenza, si arriva all’anno 1991. In gennaio di
quell’anno, dopo i venti favorevoli della “perestroika” in Unione Sovietica e nei Paesi
dell’Est (1989), sotto gli effetti della grave crisi economica che attinse il Paese, e sotto la
pressione dei donatori bilaterali e multilaterali, si realizzò il II Congresso Straordinario del
PAIGC, sullo slogan “Rinnovamento, Unità Nazionale ed Approfondimento della
Democrazia”. Da questo usciranno alcune raccomandazioni importanti all’Assemblea
Nazionale Popolare - organo legislativo massimo del Paese - che porteranno subito
all’approvazione di alcune misure rilevanti e innovatrici, specialmente: l’abbandono
dell’egemonia del PAIGC sulla società e lo Stato, con la legalizzazione dei partiti politici;
la de-partitizzazione e de-politicizzazione delle FARP e della Sicurezza dello Stato; la
libertà di stampa; la libertà sindacale e la separazione tra UNTG e PAIGC; il
riconoscimento dei principi basici dell’economia di mercato; l’adozione della nuova
legislazione sui diritti, libertà e garanzie dei cittadini in accordo con la Dichiarazione
Universale dei Diritti dell’Uomo, ecc.
In conseguenza di questa apertura politica, iniziata nel 1991, vari Partiti Politici iniziarono
ad essere legalizzati e nel luglio ed agosto del 1994 fu possibile finalmente realizzare le
prime elezioni multipartitiche (legislative e presidenziali). Alle elezioni legislative del 3
luglio del 1994 concorsero 7 partiti ed una alleanza. Il PAIGC ottenne la maggioranza
assoluta dei deputati (62), anche se con soltanto il 37,92% del totale dei voti, approfittando
della divisione e inesperienza dell’Opposizione. Nel primo turno delle elezioni
presidenziali (3 luglio 1994), su un totale di otto concorrenti, il Presidente João Bernardo
Vieira ottenne il 46,20% dei voti e Koumba Yalá il 21,88%. Realizzato il secondo turno (7
agosto dello stesso anno), al Presidente João Bernardo Vieira furono attribuiti
ufficialmente il 52% dei voti ed a Koumba Yalá il 48%.
Passati quattro anni e quando praticamente nessuno avrebbe potuto immaginarlo, il 7
giugno 1998, si dichiarava una gravissima crisi politica, con la guerra civile del
1998/99, in cui guineesi avrebbero impugnato le armi contro i loro fratelli guineesi ed in
cui una delle parti in lotta chiamava combattenti stranieri (dal Senegal e dalla GuineaConakry) per aiutare a combattere guineesi nella terra della Guinea-Bissau. Questa
incredibile guerra civile si protrasse per un lungo e doloroso periodo di 11 mesi e le sue
conseguenze disastrose ancor oggi continuano ad apparire alla vista di tutti.
Perché questa guerra fosse possibile, si incrociarono cause diverse, alcune già antiche ed
altre più recenti, come: vecchi risentimenti e divisioni accumulate fin dai tempi del
Congresso di Cassacá e della morte di Amílcar Cabral, appesantite più tardi dalle prigioni
ed esecuzioni del dopo-indipendenza; alcune difficoltà provenienti dall’adesione della
Guinea-Bissau all’ UEMOA (Unione Economica e Monetaria dell’Africa Occidentale) nel
1997; la dimissione dell’esecutivo del Colonnello Manuel Saturnino da Costa; il traffico di
armi per Casamance e l’esonero del Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate Brigadiere Ansumane Mané - la nitida crisi politica interna al PAIGC, manifestata nel VI
Congresso ordinario del maggio 1998, dentro alle istallazioni militari della Base Aerea di
Bissalanca, ecc.
Nel mezzo di questa guerra incredibile (iniziata nel periodo delle piogge!), emerse in
maniera considerevole la figura venerabile del vecchio Vescovo di Bissau, Mons.
Settimio Arturo Ferrazzetta che, già con i suoi 74 anni, fece di tutto per far fermare la
violenza delle armi ed aiutare a risolvere per mezzo del dialogo un contenzioso così
32
allarmante. Sarebbe morto, nel frattempo, senza arrivare a vedere i risultati tangibili del
suo ultimo impegno in favore delle genti della Guinea-Bissau.
Ottenuta la pace provvisoria per gli Accordi di Abuja il 2 novembre del 1998, formato un
Governo di Unità Nazionale presieduto da Francisco Fadul e consumata la vittoria della
Giunta Militare su Nino Vieira il 7 maggio 1999, il popolo della Guinea-Bissau poté
finalmente respirare e giungere alle seconde elezioni multipartitiche - legislative e
presidenziali - nel novembre del 1999 e gennaio del 2000. Queste elezioni avrebbero tratto
alcune conseguenze politiche importanti: qui, per la prima volta le forze di Opposizione
all’antico partito unico ottennero la maggioranza al Parlamento e fecero eleggere, nel
secondo turno, il loro candidato presidenziale, il Dr. Kumba Yalá, sconfitto anteriormente
nel secondo turno delle Presidenziali nel 1994.
Una nuova fase politica si apriva, così, per la società guineese: per la prima volta, il
Paese non era governato dal PAIGC.
Questa fase continua ancor oggi. Però, nel momento in cui vengono scritte queste righe
(febbraio 2003), sono già fissate nuove elezioni legislative (anticipate) per aprile di
quest’anno ed è stato formato un Governo di iniziativa presidenziale fino alla realizzazione
delle stesse. Segnale che quella turbolenza politica, anteriore al 1999, non si è ancora
calmata definitivamente. Non è stato facile l’apprendimento della democrazia in questo
giovane Paese. Ma, come sempre, è il popolo guineese che avrà l’ultima parola e lui
continuerà ad essere il vero padrone del suo destino.
_______________________________
TESTO: La vita della comunità politica
Perché la partecipazione responsabile dei cittadini porti a felici risultati nella vita pubblica di
tutti i giorni, è necessario che esista un ordinamento giuridico positivo, che stabilisca
convenientemente la divisione delle funzioni e degli organi dell’autorità pubblica ed allo stesso tempo
protezione del diritto efficace e pienamente indipendente da chiunque.
Insieme ai doveri ai quali tutti i cittadini sono obbligati, siano riconosciuti, assicurati ed incoraggiati i diritti
delle persone, famiglie e gruppi sociali, come anche l’esercizio degli stessi (...).
Quando, per esigenza del bene comune, si limita temporaneamente l’esercizio dei diritti, si ristabilisca
quanto prima la libertà, appena che si modificano le circostanze. È, però, disumano che l’autorità politica
assuma forme totalitarie o dittatoriali, che ledono i diritti delle persone o dei gruppi sociali. (...)
I cittadini coltivino con magnanimità e lealtà l’amore per la patria, ma senza ristrettezze dello spirito, in
maniera che, allo stesso tempo, abbiano sempre presente il bene di tutta la famiglia umana, che risulta
dai vari legami tra le razze, i popoli e le nazioni. (...)
I partiti politici devono promuovere quello che giudicano necessario per il bene comune, senza
che giammai sia lecito anteporre il proprio interesse al bene comune. Si deve porre particolare
attenzione all’educazione civica e politica, oggi così necessaria alla popolazione e soprattutto
ai giovani, perché tutti i cittadini possano partecipare alla vita della comunità politica. Quelli
che sono, o possono diventare adatti ad esercitare la difficile e molto nobile arte della politica,
si preparino a questa; e cerchino di esercitarla senza pensare all’interesse proprio o a
vantaggi materiali”.
(VATICANO II, Gaudium et Spes, cap.IV, nº 75)
___________________________________
33
VI- UN PAESE DI CONVIVENZA PACIFICA TRA VARIE RELIGIONI
In questo piccolo Paese, di poco più di un milione di abitanti, convivono da secoli
differenti religioni, da quella tradizionale all’islamismo, al cristianesimo e a vari
movimenti religiosi contemporanei. Non sempre la convivenza fu facile ma, globalmente,
possiamo dire che riuscirono a convivere sempre senza qualsiasi “guerra di religione”.
La Religione Tradizionale
La prima e più antica tra le religioni dei popoli della Guinea, fu esattamente la Religione
Tradizionale. Si perde nella notte dei tempi la sua origine, così antica come i primi uomini
che qui iniziarono a vivere. Nonostante le differenze sensibili tra le varie etnie, potremmo
anche dire che in tutte si manifesta la credenza consolidata in un Essere Supremo, Creatore
e Signore di tutto quello che esiste. Questo Essere supremo ha vari nomi, conforme i
differenti popoli che la praticano: “Emitai” (felupes), “N’hala” (balantas), Nathim bathi
(manjacos, mancanhas...), “Nindô” (bijagós), “Uxi” (pepéis), ecc.
L’Essere Supremo esiste, ma non ha un rapporto diretto e molto frequente con le creature
umane. Sono soprattutto gli spiriti intermedi (“Irão”) che svolgono questa funzione in
rapporto agli uomini, tanto per il bene come per il male, per la protezione come per la
disgrazia. A questi sono offerte svariatissime “cerimonie”, compiute da persone a ciò
deputate (“djambacozes”), nelle varie tappe e circostanze della vita delle persone. Per
queste cerimonie, ci sono i loro “templi” generalmente all’aperto, con maggiore o minore
grandiosità, dal frondoso e secolare poilão fino al piccolo “tempio” costruito davanti alla
casa, per proteggere la famiglia. Questa religione tradizionale viene chiamata anche
religione “animista”. Il termine può essere accettato purché non si immagini che essa si
riduca solo al culto degli spiriti; tale culto non invalida la credenza fondamentale
nell’Essere Supremo, dal quale gli spiriti dipendono: è preferibile, però, la terminologia
che abbiamo usato: “Religione tradizionale”.
Secondo il censimento del 1991, la Religione tradizionale rappresenterebbe soltanto il
36,5% della popolazione guineese.
La Religione Musulmana
La seconda grande religione dei popoli della Guinea è la religione mussulmana (islamica).
Nonostante non ci siano disponibili dei numeri completamente affidabili, essa è
chiaramente maggioritaria tra le varie religioni del Paese; già nel censimento del 1991 le
veniva attribuita la percentuale del 45,5%, che è una percentuale notevole.
È una religione monoteista, perché crede in un solo Dio (“Alláh”), Creatore e Signore di
tutto quello che esiste, davanti al quale tutti gli uomini devono essere “sottomessi”
(islamici). È la religione del Profeta (Maometto, sec. VI d.C.) e del “Libro” (“Corano”,
che si crede rivelato al profeta attraverso l’angelo Gabriele). Si basa sui cinque pilastri
(precetti) fondamentali: preghiera quotidiana (cinque volte al giorno, girati verso la
Mecca); digiuno di 40 giorni, dal sorgere del sole al tramonto, nel mese del Ramadan;
pellegrinaggio alla Mecca, se possibile, almeno una volta nella vita; elemosina d’accordo
con le possibilità; abluzioni di piedi e mani prima delle preghiere. Le cerimonie del culto si
realizzano nelle “moschee”, che si presentano con maggior o minore ricchezza
architettonica. Nel caso della Guinea-Bissau, le moschee sono quasi tutte
architettonicamente abbastanza modeste, al contrario per esempio del Paese vicino, il
Senegal. La struttura organizzativa dei mussulmani non è di carattere verticale - come per
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es. quella dei cattolici - ma “orizzontale”, decentralizzata, frequentemente organizzata in
“Confraternite”, capeggiate da mistici considerevoli, come: “Qadiriya” (Abd al-Qadir,
Iran, 1077), “Shadiliya” (Abul Hassan as-Shadili, Marocco, 1197) “Tidjaniya” (Ahmad alTidjani, Algeria, 1937-1815), ecc.
In Guinea-Bissau, l’islamismo arrivò con l’espansione mandinga dell’impero del Mali, per
lo meno fin dal sec. XIV. Ma si sviluppò soprattutto con l’espansione e conquista fulas del
sec. XIX. Al turista più distratto non può sfuggire la maniera tipica di vestire e di pregare
dei mussulmani, come anche la rilevanza sociale di alcuni loro Responsabili principali:
“almamis” (capi maggiori), “aladjes” (uomini con pellegrinaggio alla Mecca), “Hadjes”
(donne con pellegrinaggio alla Mecca), “tchernos” (maestri del Corano), “Imãs” (autorità
religiose che dirigono le cinque preghiere quotidiane) ecc. Oltre all’attività religiosa
realizzata nelle moschee, la diffusione della cultura islamica nella Guinea si fece - e
continua ad essere fatta - attraverso le scuole coraniche (“madrassas”) e centri islamici
sparsi un po’ ovunque, ma soprattutto nelle Regioni di Bafatá e Gabú. Nella GuineaBissau, le due principali Confraternite presenti sono la “Qadiriya” e la “Tidjaniya”: la
prima, fondata già nel sec. XII, nella Mesopotamia, ben rappresentata tra i Mandingas; la
seconda, di origine molto più recente e specificamente africana (fine del sec. XVIII),
sarebbe visibile soprattutto tra i Fulas, nonostante non si debba fare una separazione
religiosa troppo rigida tra queste due etnie guineesi.
La Religione Cattolica
La terza grande religione in Guinea-Bissau è il Cattolicesimo. Religione monoteista - un
solo Dio, ma nella Trinità Santissima -, un solo Salvatore Gesù Cristo, un solo Libro - la
Bibbia -, una Chiesa di carattere spirituale ma anche esteriormente visibile, strutturata in
forma di piramide, con al vertice il Papa, successore del capo degli Apostoli, seguito dai
Vescovi, sacerdoti, e popolo di Dio in generale.
Il cattolicesimo arrivò in Guinea, portato soprattutto dai portoghesi, fin dalla metà del sec.
XV e principalmente a partire dalla creazione della Diocesi di Capo Verde (1533), la quale
includeva anche la “terra ferma” della Guinea. Nell’evangelizzazione, lungo i secoli,
presero parte sacerdoti del clero secolare - una decina di questi nati in Guinea-Bissau - e
membri di Congregazioni Religiose maschili e femminili. L’influenza della Chiesa
Cattolica in Guinea si verificò, prima di tutto, attraverso il culto religioso, realizzato sotto
l’ombra degli alberi, in semplici cappelle provvisorie, o in chiese definitive. Dei templi
attualmente esistenti, meritano un risalto speciale la cappellina di Nostra Signora della
Natività a Cacheu che ha origine già nel sec. XVII, e la cattedrale di Bissau che porta la
data del 1950, ma di particolare bellezza architettonica.
Oltre ai locali di culto, l’influenza continua oggi a verificarsi attraverso le Scuole di
differenti livelli: sono attualmente circa 50, dalla scuola materna fino al Liceo completo,
passando inoltre per due scuole professionali. È notevole anche l’apporto dei vari punti di
assistenza Sanitaria: sono circa trenta piccoli centri e tre ospedali maggiori, dei quali uno è
il punto di riferimento unico per la lotta contro la lebbra in Guinea-Bissau. La formazione
di candidati al sacerdozio o alla vita religiosa consacrata, si fa attraverso due Seminari e
differenti “Case di Formazione” per le varie Congregazioni femminili esistenti.
Nel censimento del 1991, i cattolici furono valutati con una rappresentanza del 12,8% sul
totale della popolazione. Oggi, devono essere cresciuti un po’ di più. Contano già su 23
sacerdoti locali, 2 religiosi guineesi, 20 religiose locali ed il primo Vescovo di tutta la
storia della Guinea, Mons. José Câmnate na Bissign, consacrato il 12 Febbraio 2000, nella
cattedrale di Bissau.
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Altre Chiese o Movimenti ecclesiali:
Oltre alla Chiesa Cattolica, altre “Chiese” o “Movimenti ecclesiali” di ispirazione cristiana
si stabilirono nella Guinea-Bissau, fin dagli inizi del sec. XX, specificamente: la “Chiesa
Evangelica”, iniziata nel 1921, con un ruolo di rilievo nel campo dell’evangelizzazione,
dell’istruzione e dell’assistenza, che ha avuto per alcuni anni un lavoro encomiabile con i
lebbrosi a Bissorã; la “Chiesa Avventista del 7º Giorno” con attività religiosa ed alcune
attività anche nel campo dell’istruzione; la Chiesa “Dio è Amore” (Pentecostali); le
“Assemblee di Dio”; la “Chiesa Universale del Regno di Dio” con presenza quotidiana in
programmi religiosi radiofonici; “I Vincitori”; la “Chiesa Nuova Apostolica”, ecc.
Questi nuovi movimenti religiosi, di ispirazione cristiana, meritano tutto il nostro rispetto
ed attenzione. Non possiamo, però, dar loro qui il conveniente risalto, dovuto alla
mancanza di informazione concreta che abbiamo su di loro. Speriamo e desideriamo che
siano essi stessi a farlo, per iscritto ed in maniera sistematica, in modo che la società
guineese li possa conoscere meglio e rispettare ecumenicamente come conviene.
Tra queste varie religioni, che con il tempo vennero a fissarsi in Guinea-Bissau, possiamo
dire che esiste oggi una vera “convivenza pacifica”, senza qualsiasi “guerra di religione”
nello stile di quelle che la storia registrò per esempio nella vita dell’Europa. Ci sono
rapporti di amicizia e di rispetto mutuo tra i Responsabili ed i praticanti delle varie
religioni, anche se manca un dialogo ecumenico o inter-religioso dottrinalmente
approfondito. Sono significativi, in rapporto a questa convivenza pacifica, alcuni fatti
recenti che la testimoniano, specificamente: l’incontro di cattolici con mussulmani durante
la visita del Papa Giovanni Paolo II alla Guinea-Bissau, in gennaio del 1990; la
partecipazione di alcuni membri cattolici ed evangelici nel “gruppo di buona-volontà”,
durante la recente guerra civile; l’uno o l’altro incontro di preghiera e/o di riflessione
ecumenica, realizzati da giovani di Bissau e Mansoa; alcuni incontri informali del Vescovo
di Bissau Mons. José Câmnate na Bissign con Responsabili di altre religioni; lo studio e la
valorizzazione di aspetti positivi nella Religione Tradizionale, da parte di vari operatori
pastorali della Chiesa Cattolica, ecc.
Durante l’epoca coloniale, la religione cattolica, maggioritaria in Portogallo, fu certamente
più favorita. Ma, globalmente - il che non esclude singole difficoltà - possiamo dire che si
rispettarono le altre credenze religiose, soprattutto la religione mussulmana. Oggi, lo Stato
della Guinea-Bissau è uno Stato laico che, conseguentemente, dà garanzie di rispetto per
tutte le religioni legalmente esistenti nel Paese.
________________________________
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STATISTICA: Le varie religioni della Guinea-Bissau, secondo il censimento del 1991
Popolazione residente, secondo le Regioni:
Regioni
SAB
Bafatá
Gabú
Oio
Cacheu
Biombo
Bolama
Quínara
Tomabali
RGB
Totale
195.389
145.088
136.101
155.312
146.570
59.827
26.891
42.960
71.065
979.203
100%
Religioni
Animista
58.224
7.511
1.394
70.411
98.712
46.595
15.609
20.188
33.972
352.616
36,5%
Mussulma Cattolica Altre
Altre
Senza
na
cristian Religioni Religion
e
e
59.451
58.939
4.703
595
13.477
121.779
13.646
554
410
1.188
130.070
3.876
330
19
412
66.994
12.392
1.839
284
3.392
18.458
19.803
5.063
327
4.207
962
4.741
1.148
335
6.046
4.310
3.415
781
11
2.765
17.662
3.249
411
13
1.437
29.247
5.576
481
366
1.423
448.933 125.637 15.310
2.360
34.347
45,5%
12,8%
1,5%
0,2%
3,5%
Fonte: R.G.B., Secretaria de Estado do Plano (Instituto Nacional de Estatística e Censos),
1991.
__________
VII – UN PAESE RICCO DI ARTE E GIOIA DI VIVERE
La Guinea-Bissau è un Paese tra i più poveri del pianeta, ma sicuramente anche uno dei più
accoglienti e animati. È un Paese che merita di essere conosciuto nelle sue varie
manifestazioni culturali, specialmente di scultura, di musica e danza, di teatro, di sport, di
culinaria, ecc.
Sculture pluri-funzionali:
Nella scultura guineese, si mettono in evidenza chiaramente i Bijagós, con la confezione di
statuette femminili - legate alla difesa della vita - e di maschere d’animali decorati e
coloriti (tori o buoi selvaggi, a volte collocati sulla prua delle canoe). Oltre ai Bijagós,
anche i Nalús, Beafadas, Pajadincas, Soninqués e Manjacos mantengono ancora un certo
valore nel campo della scultura, anche se nel caso di alcuni di loro l’influenza mussulmana
abbia probabilmente reso difficile il loro naturale sviluppo. Nel caso dei Nalús, essi
scolpivano grandi tamburi sostenuti da cavalli o figure femminili monumentali, come
anche enormi maschere (“nimba”) legate alla garanzia della fecondità. Nel caso dei
Beafadas, Pajadincas e Soninqués, sono conosciuti soprattutto gli eleganti scettri regali in
ferro ricoperto di bronzo, simboli dell’autorità e del potere, che venivano consegnati ai
capi tradizionali nel momento dell’investitura; erano decorati con motivi astratti, o
rappresentanti cavalieri o teste di uomo. Oggi, hanno già smesso di essere prodotti e
possono essere visti soltanto in alcuni musei. Quanto ai Manjacos, essi si sono dedicati alla
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scultura di statuette funerarie e grandi tamburi in legno, per prolungare la memoria viva dei
principali capi defunti.
Al ritmo della musica e della danza:
Se dal campo della scultura passiamo a quello della musica e della danza, allora entriamo
realmente nel cuore della “festa guineese”, rivelatrice di una esuberante gioia di vivere. I
ritmi guineesi come anche la varietà e ricchezza di espressione corporale che li
caratterizza, sono qualcosa di profondamente attraente anche per lo straniero più distratto
che visita questo Paese, o per gente fuori dalla Guinea che in qualche forma possa venire a
contatto con la musica africana. Nella Guinea-Bissau si inizia ad aver contatto con la danza
fin dai primi anni di vita. È ammirevole la facilità con cui bambini in tenera età, al sentire
il suono dei tamburi, iniziano immediatamente graziosi movimenti del corpo,
simultaneamente tradotti in danza e vibrazione. La musica e la danza sono animate da vari
strumenti tradizionali, come: il “bombolom” - che alcuni chiamano “il telegrafo africano”!
-; la “Korá”, arpa mandinga, di 22 corde; il “tambor”;, il “balafon”, simile al bombolom,
ma molto più ridotto nelle dimensioni; la “cabaça” che - posta nell’acqua - trasmette un
suono particolare; ecc. Ci sono veri maestri nell’utilizzazzo di ciascuno di questi strumenti.
Attualmente, soprattutto nelle città principali, oltre a questi strumenti tradizionali, sono già
utilizzati altri più raffinati, provenienti dall’estero e che si valgono delle facilitazioni date
dalla rivoluzione elettronica dei nostri giorni. Lo stesso potremo dire riguardo ai generi di
musica. Tra i più tradizionali, si contano: la “tina” che utilizza la cabaça nell’acqua; il
“cussundé” balanta; il “djambadón” fula; il “n’gumbé” che utilizza già strumenti più
diversificati; ecc. Ma, oltre a questi tradizionali, si seguono generi e ritmi dell’Angola
(“kuduro”), di Capo Verde (“funaná”, “batuque”...), del Congo (“makossa”), ecc. Le
notti del fine settimana e le mille opportunità della vita di ogni giorno, sono una prova
evidentissima di ciò.
Di fatto, i pretesti per una festa in Guinea sono i più svariati: dai momenti della nascita,
malattia, anniversari, celebrazioni familiari o nazionali, fino ai riti di Iniziazione
(“fanado”), al Carnevale, ecc. Le feste del “fanado” mobilizzano villaggi interi ed il
Carnevale di Bissau trasforma la capitale in un mare di gente, camuffata con maschere di
tutte le fattezze e con danze e suoni che non finiscono più.
Tra i cantori guineesi più conosciuti, molti dei quali esercitano fuori dalla Guinea, si
contano: Justino Delgado, Zé Manel, Manecas Costa, Rui Sangará, Tino Trimó, Sidónio
Pais, Micas Cabral, Ramiro Naka, Netos de N’Gumbé, Roger Moreira, Kaba Mané, Eneida
Marta, ecc. La musica guineese è portata sempre più in auge da questo gruppo già molto
apprezzabile di artisti.
Teatri improvvisati:
Altro aspetto significativo dell’arte e allegria dei popoli della Guinea-Bissau, possiamo
incontrarlo nel Teatro. È impressionante, per uno straniero, la facilità con cui i guineesi
“rappresentano” una situazione della vita, sia essa tragica o comica. Non hanno bisogno di
grandi scenari per improvvisare rapidamente una situazione teatrale e “ci si mettono
dentro” ai personaggi rispettivi con inconsueta capacità e rapidità. Non si dimentichi che,
in generale, realizzano questi spettacoli teatrali con un elevato numero di figuranti, non
solo con due o tre.
I piaceri della tavola:
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Un altro aspetto ancora dell’arte e gioia di vivere, lo incontriamo nella Culinaria. Il piacere
della tavola fa parte insostituibile della “festa guineese”. Una festa che non presenti niente
da mangiare o da bere, non è una vera “festa”. Nella tradizione locale, ci sono varie
specialità degne di registrazione e apprezzamento, specialmente: il “tchebén” o chabéu; il
“caldo de mancarra” o salsa di arachidi; il “caldo di site” con olio di palma; la “sigá”
varietà di dolce; la “poportada”; la “scalada” al pesce; la “cafriela” di pollo; la “canja de
ostra”; il “pot-mandé” di fagioli con riso; ecc. Naturalmente approfittano anche dei “piatti”
di altri paesi per valorizzare ancor di più la culinaria locale; uno dei “piatti” stranieri di
maggior diffusione è la “catchupa” capoverdiana con carne, mais, fagioli.
Gli sport possibili:
Infine, in questa gioia di vivere, non possiamo dimenticare anche lo Sport. Qualsiasi
piccolo recinto, anche se non perfettamente piano o pulito, si trasforma rapidamente in un
campo di calcio per bambini o giovani. Per mancanza di condizioni materiali più che per la
poca abilità naturale degli atleti, gli sport di alta competizione sono ancora esordienti. È
per questo che vari atleti cercano all’estero - soprattutto in Portogallo - quello che non
riescono a trovare nel loro Paese di origine.
Oltre al calcio, uno sport molto caratteristico e popolare è il “luto” - una specie di lotta
greco-romana - che si organizza anche in tornei pieni di animazione, dove gli atleti si
eliminano successivamente fino a rimanere il vincitore finale; sono “combattimenti” pieni
di energia e perizia, che portano ad infuocare la tifoseria entusiasmata.
_________________________________
TESTO: Le feste del “Fanado” viste da un sacerdote guineese, nel 1883
Circoncisione (“cuiang-ô” o “fanado”)
“Si esige segreto assoluto”
(CAPELLO e IVENS – De Benguella às terras de Iàca)
In tutta la Senegambia, è mia opinione, nessuno considera la circoncisione sotto un aspetto
religioso: un balanta può essere circonciso, senza che per questo si consideri islamico o
giudeo; un cristiano può essere circonciso, senza che per questo fatto si consideri pagano o
rinnegato. La circoncisione, poi, non è niente più che un mantello sacro, che avvolge una
società segreta, universale, terribile e mirabilmente costituita, con i suoi segnali e con i
suoi simboli, e dove le razze, i colori, le religioni e le gerarchie scompaiono
completamente.
Hanno proprio ragione i biafadas nel dire come il saggio: “Nihil sub sole novum”; “Iás lire
liaissé iábulár”. Il capo che tutti chiamano pae, e che pretende sempre di passare come un
ente misterioso e invulnerabile; quando appare - il che succede rarissime volte - fa
ricordare la furia Alecto, avvolta in un intreccio di foglie di palma e con due spade
sguainate nell’una e nell’altra mano: egli decapita la testa dei “solmás” o incirconcisi che
appaiono al suo rapido passaggio: è il terribile angelo dello sterminio, l’esecutore fedele
della giustizia di Dio e degli spiriti.
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Le feste della circoncisione sono le più segrete che si conoscano, ed in queste si notano
certi usi strani e singolari. Non c’è niente, alla fine, più interessante e più curioso nello
studio profondo degli usi e costumi africani di questa cerimonia, che chiamano “fanado”;
insignificante all’apparenza, ma che, sotto sotto, è l’origine dei lineamenti politici delle
nazioni e la fonte degli eroismi, di grande virtù e di attentati enormi. Lì si imparano lingue
sempre sconosciute dal popolo; lì si tagliano le protuberanze fisiche e morali dell’uomo; è
inoltre lì dove si entra nella conoscenza di un nome simile a quello di Jehovah degli ebrei,
per non essere pronunciato se non una o due volte nella vita, e forse mai; così sono, tra gli
altri: “Athamit” e “Nansibati”.
Anche le donzelle, tra i mandingas, biafadas e fulas, sono soggette alla circoncisione e
formano una società a parte e con rito differente.
Io darò prova, in altro scritto più sviluppato, di tutto quello che vengo ad esporre in questo
ed in altri capitoli.
I bujagós sono gli unici che non si circoncidono.
(P. Marcelino Marques de Barros, “GUINEA PORTUGUEZA, ou breve noticia sobre alguns dos
seus usos, costumes, linguas e origens dos seus popoli”, in Boletim da Sociedade de Geografia de
Lisboa, 1889, pg. 707-731).
_____________________________________
BIBLIOGRAFIA COMPLEMENTARE
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2. BARROS, Marcelino Marques de – “Guiné Portuguesa, ou breve notícia dos seus usos,
costumes, línguas e origens de seus povos”, in Boletim da Sociedade de Geografia de
Lisboa, Lisboa 1889.
3. BULL, Benjamim Pinto – O crioulo da Guiné-Bissau, filosofia e sabedoria, Bissau 1989.
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Sociedadde de Geografia de Lisboa, 20ª série, nº7 (Julho de 1902), pg. 121-128.
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6. CARREIRA, António – Formação e extinção duma sociedade escravocrata (1460-1878),
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7. CARREIRA, António – “Aspectos históricos da evolução do islamismo na Guiné Portuguesa”,
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XVIII”, in Portugal em África, vol. II (1945), pg. 159-165 e 223-229.
10. DUQUETTE, Danielle Gallois – Dynamique de l’Art Bidjogo, Lisboa 1983.
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18. KOUDAWO, Fafali – Cabo Verde e Guiné-Bissau: da democracia revolucionária à democracia
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21. LOPES, Carlos – Kaabunké, espaço, território e poder na Guiné-Bissau, Gâmbia e
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27. MOTA, Adelino Teixeira da – As viagens do Bispo D. Frei Victoriano portuense à Guiné e a
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33. SILVA, António E. Duarte – A Independência da Guiné-Bissau e a descolonização
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37. PNUD –GUINÉ-BISSAU: Relatório do Desenvolvimento Humano, 2002.
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