Eutanasia della diaspora

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Eutanasia della diaspora
Eutanasia della diaspora italiana nel mondo
di Graziano Tassello
Tanti non amano parlare della comunità italiana come della storia di una diaspora, cioè la
dispersione migratoria di un popolo costretto ad abbandonare la sua sede originaria,
disseminandosi in ogni parte del mondo. La diaspora per antonomasia è l'abbandono della terra
natale da parte di un popolo; la dispersione del popolo ebreo dopo la distruzione del tempio di
Gerusalemme a opera dei Romani.
Le caratteristiche di una diaspora sono costituite da un numero rilevante di popolazione, della
stessa cultura e lingua, che interagisce a livello culturale, religioso e ed economico. Oggi l'esempio
più eclatante della diaspora nel mondo è quella cinese di cui le Chinatown sono l'emblema più
significativo.
Per noi le Little Italies sono rimaste un ricordo per turisti in cerca di emozioni holliwoodiane e
comunque invase dell'inesorabile espansione cinese. Non abbiamo saputo conservare il retaggio
del nostro passaggio.
La storia dell'emigrazione italiana è una storia precisa. Si tratta di una popolazione sollecitata e
costretta a lasciare la patria. E abbiamo ascoltato la voce dei banditori e dei mercanti di carne
umana. Lentamente il numero degli oriundi si è moltiplicato. Sono ancora tanti coloro che
portano un cognome italiano, anche se storpiato da incompetenti addetti ai registri di sbarco.
Nonostante le conferenze di emigrazione abbiano giocato sulla retorica dei numeri e della
consistenza e peso reale delle comunità italiane residenti all'estero, non possiamo negare i segni di
una crisi di questa diaspora.
I giornali di emigrazione devono affrontare crisi regolari.
Anche l'associazionismo, che ha giocato un ruolo vitale nella storia delle migrazioni, non è esente
da momenti di smarrimento. Lo si può intravedere facendo un'analisi di contenuto dei numerosi
bollettini di collegamento che ormai dedicano ampio spazio ai ricordi, agli annunci funebri, alle
curiosità dei luoghi di partenza. Il nuovo stenta ad emergere. Le alleanze nel campo della
solidarietà tra rimasti e partiti, un metodo attuato da Rino Zandonai, non è stato copiato da altri.
Gli unici a non conoscere crisi (eccetto in qualche caso) sono i patronati in crescita per il numero
sempre maggiore di pensionati che hanno bisogno delle loro prestazioni
Una diaspora è tenuta insieme non solo dalla cosiddetta italianità - un termine assai difficile da
definire in emigrazione, dove sono sorte e si sono sviluppate nuove identità: gli italo-americani, gli
italo-francesi, gli italo-svizzeri che comunque sono legati da un filo rosso comune: il desiderio di
tramandare una storia e dei valori alle nuove generazioni che portano un cognome italiano senza
rendersi conto del significato. A fianco di questo impegno si colloca il lavoro delle regioni con il
desiderio di ricuperare la regionalità, la toscanità, la sicilianità. Il processo di un' "Italia fattasi
all'estero" sta frastagliandosi. Sta riemergendo la regionalizzazione per motivi meramente
economici.
Un décalage impressionante dovuto anche al disinteresse per la promozione della cultura e lingua
italiana.
Con la crisi economica sono soprattutto le nazioni del continente latino-americano a scoprire il
mito dell'Italia con un numero elevato di popolazione che ha espresso il desiderio di riacquistare la
cittadinanza per poter emigrare liberamente in Europa. Non è certo il desiderio di partecipare alla
vita politica della nazione. Il voto comunque diviene un'occasione per chiedersi che cosa significa
avere un passaporto italiano.
L'istituzione di un ministero per gli italiani nel mondo e la rappresentazione delle comunità
attraverso i Comites e il CGIE hanno costituito un momento forte e un ricupero dell'importanza
strategica della diaspora, ma a motivo dei soliti localismi e spartizioni secondo precise linee
partitiche la creatività della base è stata spesso accantonata. Apprendiamo dai comunicati stampa
delle regioni simili slogan: "Giovani toscani nel mondo ambasciatori del 'made in Tuscany' " che, a
onor del vero. Sono spesso accompagnati da cospicui investimenti nel campo formativo e
linguistico. Il consigliere Alberto "Cecchi ha segnalato l'importanza della presenza di questi giovani
e ha spiegato che questo percorso, oltre ad essere un'occasione di crescita personale, dovrebbe
diventare anche un'opportunità per rappresentare e promuovere le eccellenze toscane nel
mondo. I giovani coinvolti, diventano così dei veri e propri "ambasciatori della Toscana all'estero",
dei punti di riferimento internazionali".(Inform)
Il CGIE e i Comites da tempo stanno vivendo momenti di crisi, anche per problemi finanziari.
Nel frattempo è stato costituto il Museo Nazionale dell'Emigrazione Italiana presso il Complesso
Monumentale del Vittoriano, accompagnato anche dall'emissione di un francobollo celebrativo.
Ma il ricordo di una presenza non cancella la crisi.
Gli ultimi segnali provenienti dalla diaspora e densi di significato sono la presentazione di un
volume di Antonio Razzi. "Le mie mani pulite" dopo le note vicende che lo hanno coinvolto e non
condivise da larga parte dell'opinione pubblica. La prefazione del volume, dedicato dal deputato
agli italiani all'estero, è dell'ex premier Berlusconi, le cui scelte politiche hanno disintegrato la
diaspora. "Il libro – prosegue Razzi - l'ho dedicato ai miei connazionali all'estero che non ho mai
dimenticato e mai dimenticherò. Essi sono la ragione prima ed ultima della mia esperienza
parlamentare ed è per loro soprattutto che mi sono deciso di cercare percorsi diversi che
rendessero la mia azione politica più incisiva".
Questo volume induce a verificare il ruolo giocato da parlamentari eletti nella circoscrizione
all'estero e la loro incisività a favore delle diaspora. Alcuni sono rimasti sconosciuti, altri si sono
distinti per le interrogazioni e interpellanze parlamentari, altri si sono dedicati al problemi sociali
di loro competenza, altri hanno iniziato una campagna contro la mafia in Germania. Per fortuna
qualcuno ha investito sul problema più urgente: la promozione della lingua e cultura, sfidando
anche lo strapotere di un sindacato che vuole imporre le suo norme e non ammette nessuna
ingerenza del privato, distruggendo così una delle intuizioni più geniali delle comunità, gli enti
gestori, e l'impostazione che essi davano, offrendo a tutti e non solo a poche élites la chance di
apprendere la lingua.
Come ultimo barlume di speranza spunta la richiesta di un difensore civico anche per gli italiani
all'estero, la nuova proposta di legge del parlamentare Fabio Porta.
Suonano dense di significato le parole nel primo racconto di Luis Sepúlveda "Salute, professor
Gálvez!" (dal suo volume "Le rose di Atacama"). Durante un incontro in un bar di Madrid con
l'autore il professor Carlos Galvez, che prima di fuggire come esule ad Amburgo insegnava
spagnolo in una piccola scuola di campagna vicino a Chilla, nel sud del Cile, sbottò: "Siamo tornati
in patria, capisci. La nostra lingua è la nostra patria".
Rimboccarci le maniche, cercare di individuare le priorità, il movimento associativo che inizia a
riflettere sul futuro della diaspora al di là delle cene sempre piacevoli e festose. Investire di più nel
mondo giovanile. Nello stesso modo le vite degli uomini e delle donne di cui Sepúlveda parla
hanno illuminato per un momento il mondo con la luce delle loro azioni, ma la loro fiaccola non
sempre è stata raccolta da altri. Se non raccogliamo noi questa eredità, se non individuiamo
alleati, chi ci potrà aiutare? I giovani non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere.
(15.02.2012)