MALATI DI MEnIèrE - AIMM Italia Onlus

Transcript

MALATI DI MEnIèrE - AIMM Italia Onlus
ASSOCIAZIONE ITALIANA
MALATI DI MEnière
OTTOBRE 2012
C
ari amici,
ONLUS
Sede legale: A.I.M.M. Onlus Corso Tassoni 12 - 10143 Torino
vi scrivo prima di uno dei tanti eventi che ci ha e ci vedrà
protagonisti ai congressi medici di tutt’Italia più qualificati
e interessanti per nuove frontiere di ricerca per combattere la Malattia di Menière. La presenza dell’AIMM non solo risulta sempre
più importante ma è sempre più gradita in quanto contribuiamo
notevolmente, in qualità di portavoci sicuramente “personalmente” qualificati a trasmettere lo stato d’animo del malato menierico.
Ho notato che nei miei primi interventi da presidente dell’AIMM,
aldilà dell’appoggio e partecipazione su temi e dibattiti scientifici,
è sempre più che gradita l’esperienza; quell’esperienza che condivido con tutti voi. Le nostre giornate che iniziano con due sveglie:
l’una “classica”, l’altra con un sibilo; gli acufeni che non ci mollano
mai, ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo ci ricordano quello
che vorremmo dimenticare. Questa seconda sveglia scandisce non
l’inizio della giornata ma l’inizio dei dubbi: oggi cosa accadrà? In
questo contesto sociale viviamo tempi ipercompetitivi; pochi soldi,
poco lavoro e crisi divenuta ormai congenita; noi viviamo purtroppo in una “modalità al rallentatore”, una situazione frustrante e a
volte (dalle tante lettere e scoramento che ogni giorno ci pervengono) di impotente rabbia: questi tempi esigono massime performance umane e accade che il datore di lavoro di turno, vedendo che
non siamo più capaci, a volte, di reggere il ritmo frenetico, diventa
sospettoso, ostile, pensa a chissà quali nostri stratagemmi per non
dare il massimo; noi sappiamo che non è così. Noi diamo il massimo sempre, malgrado la luce del cielo ci schiacci gli occhi già la
mattina per le vertigini, malgrado ogni attività che per altri è sicuramente banale e routinaria, per noi è fonte di soddisfazione e di
orgoglio. Questo è quanto diciamo ai congressi: noi siamo persone
speciali tutto sommato; viviamo senza certezze e senza speranze
ma con tanta voglia di vivere, di andare avanti e di apprezzare le
piccole cose, sicuramente più di chi non ha la Malattia di Menière.
Chiunque colpito da una grave malattia invalidante come la nostra
potrebbe raccontare analoghe esperienze: ciò che prima si dava per
scontato, dopo si apprezza con maggior profondità. Ebbene noi affetti da Malattia di Menière siamo più “fortunati” in quanto la nostra malattia è incostante: ci dà periodi di tregua, ci regala momenti
in cui ci sentiamo meglio con alternanza imprevedibile, una sorta
di luna park emotivo con periodi positivi e negativi senza controllo e prevedibilità: non possiamo adeguarci al nostro stato di “sani”
e non possiamo e dobbiamo adeguarci al nostro stato di “malati”.
Per questo è indispensabile cercare nuovi contatti, in tutto il territorio nazionale, di medici non solo preparati scientificamente,
ma che riconoscono l’estrema importanza di un percorso empatico
con ognuno di noi senza il quale il rapporto tra medico e malato di
Menière è sterile, menomato da una componente essenziale. Tra i
nuovi protocolli di accesso a ulteriori strutture ospedaliere, già ad
oggi, dall’inizio dell’anno possiamo confermarvi l’Ospedale Santa
Maria del Carmine di Rovereto, l’Ospedale Maria delle Grazie di
Matera, il Policlinico di Bari ed infine il Policlinico “Le Scotte” di
Siena. Come sempre è nostro scrupolo, aldilà di assicurarci circa la
preparazione professionale dei medici a noi vicino, di verificare la
presa in carico del malato di Menière che per la prima volta accede alle strutture con noi convenzionate. Il malato di Menière non
ha la necessità di una serie infinita di esami medici, ma di pochi e
calibrati interventi. Aldilà della ricerca scientifica che, al contrario,
utilizza molti strumenti destinati al tracciare nuove soluzioni terapeutiche, dobbiamo pensare che l’utilizzo di tanti (troppi) esami
non solo fa trasparire una non completa e corretta conoscenza della
Menière, ma va ad impattare sui costi del nostro già gravato Servizio Sanitario Nazionale con servizi inutilmente costosi. Al congresso di Torino dello scorso 31 marzo all’Ospedale Molinette, con tutta
la disponibilità umana e professionale del prof. Albera abbiamo registrato un successo senza precedenti per l’elevata partecipazione di
medici e malati di Menière. Pochi giorni prima, lo scorso 24 marzo,
siamo stati presenza gradita al congresso di Otoneurologia presso
l’Ospedale delle Grazie di Matera ospiti del dott. Asprella Libonati.
Come anticipavo prima tra pochi giorni saremo presenti al Cenacolo di Audiovestibologia dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti
sotto l’amichevole e qualificata ospitalità del prof. Neri. È stato ultimato lo studio dei questionari da voi inviati per il riconoscimento
legale della Malattia di Menière con i quali abbiamo avuto un forte
ed importante riscontro da parte vostra (sono stati quasi 300 i questionari debitamente compilati e spediti) e per i quali vi ringraziamo come sempre per il vostro essenziale contributo. Un équipe di
medici e psicologi, sotto la supervisione del prof. Albera di Torino
sta ultimando l’analisi per poter fornire al prof. Messina di Palermo gli strumenti inequivoci delle caratteristiche invalidanti della
Malattia di Menière. Il nostro intento con questo studio è, una volta
riconosciuta la scientificità dei risultati dalle più significative realtà
medico/universitarie di tutt’Italia, portare i risultati di questa ricerca in seno alla Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica e perorare la nostra causa per tentare di vedere riconosciuta
la nostra malattia nel suo insieme: se ciò avverrà, avremo ricadute
molto positive sulla valutazione medico legale da parte delle commissioni esaminatrici per il rilascio delle invalidità civili. Proprio
a questo scopo il prossimo congresso nazionale di Palermo ci vedrà partecipi fianco a fianco del prof. Paolo Procaccianti, direttore
dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Palermo ed altri
dirigenti nazionali dell’Inps e dell’Inail. Infine il 15 dicembre avrò
il piacere di presenziare ad un finale congresso a Rovereto continuando a portare sull’intero territorio nazionale la nostra richiesta
di essere capiti ed aiutati.
Un caro saluto a tutti con la speranza di vedervi presto ai nostri
appuntamenti.
Maurizio Marendino – Presidente A.I.M.M.
www.aimmitalia.it
La terapia
intratimpanica:
indicazioni e risultati
Prof. Roberto Albera, Dott.ssa Claudia Cassandro,
Dott.ssa Azia Maria Sammartano
SCDU-Audiologia e Foniatria -Università di Torino
V
ertigini, ipoacusia ed acufeni sono la triade sintomatologica che caratterizza la Malattia di Menière, la cui
diagnosi tutt’oggi si basa ancora molto spesso sulla storia clinica riferita dai pazienti senza discostarsi molto da quanto
Prospero Menière aveva descritto nel 1861.
La grande variabilità sintomatologica intra ed interindividuale, la molteplicità di presidi terapeutici disponibili (medici e
chirurgici) e la non certa eziologia della Malattia di Menière
causano spesso frustrazione, depressione e disillusione con
un peggioramento della qualità di vita del paziente.
Dal momento che le cause della malattia non sono note, non
esiste un trattamento medico o chirurgico che sia in grado
di ripristinare le condizioni iniziali di salute dell’orecchio interno.
Tutte le terapie proposte ai pazienti sono infatti somministrate al fine di trattare i vari sintomi di questa
‘capricciosa’ malattia cercando di:
1 - Ridurre il numero e la severità degli attacchi di vertigine
acuta;
2 - Evitare o diminuire l’ipoacusia e gli acufeni associati a
ciascun attacco;
3 - Alleviare i sintomi cronici (e.g. acufeni e instabilità);
4 - Prevenire la progressione della malattia ed in particolare
il peggioramento dell’ipoacusia e della funzione vestibolare
Nella maggior parte dei pazienti la risoluzione dagli episodi
di vertigine può essere raggiunto mediante la terapia medica
o nei casi refrattari alla terapia medica si può ricorrere al
trattamento chirurgico mediante gentamicina intratimpanica (ITG) o neurectomia vestibolare (VN). La reale incidenza dei diversi approcci terapeutici nella Malattia di Menière
(medico o chirurgico ed anche ITG o VN) non è mai stata
valutata in letteratura su un’ampia scala di pazienti. La terapia primaria nella Malattia di Menière definita sembra essere la terapia medica, mentre la terapia ablativa rappresenta
la seconda scelta.
Il trattamento medico conservativo nella m.d.m permette di
ottenere un buon controllo della sintomatologia, circa nel
70-80 % nella nostra casistica, con una percentuale quindi
relativamente bassa di pazienti a cui viene proposto un trattamento ablativo.
Appare però evidente come, sia l’indicazione ad un eventuale trattamento ablativo che il concetto di successo/fallimento terapeutico, dipendono in buona parte dal grado di
tolleranza da parte del paziente.
La gentamicina è un antibiotico noto per essere più tossico per il neuroepitelio vestibolare piuttosto che per quello
cocleare. In letteratura sono descritti diversi protocolli per
la somministrazione di gentamicina intratimpanica: dose
multipla giornaliera, somministrazione settimanale, somministrazione a bassa dose, infusione continua con micro-
2
catetere ed infine titration methods. La percentuale di successo per il controllo delle vertigini con il trattamento con
gentamicina è pari all’84%.
Il successo nella terapia è dato dall’insorgenza di instabilità
a riposo e nella marcia, indizio che la terapia deve essere
sospesa.
Il meccanismo con cui la gentamicina agisce nell’orecchio
interno è basato sulla melanina presente nelle dark cells
dell’ampolla e della stria vascolare.
Le Na-K ATP-asi e i fosfolipidi presenti nelle dark cells si
legano alla melanina e giocano un ruolo fondamentale nel
trasporto attivo degli elettroliti nel labirinto vestibolare influenzando il bilancio Ns/K.
Questa alterazione elettrolitica rappresenta la prima parte
del danno che è reversibile sospendendo la somministrazione della gentamicina. La seconda fase è invece irreversibile
ed è data dall’alterazione della permeabilità della membrana
delle cellule ciliate agli ioni Ca2+ e Mg+, provocandone la
distruzione. Questo meccanismo porta alla riduzione della
produzione di endolinfa ed al conseguente controllo delle
vertigini.
In letteratura molti studi spiegano che l’uso di dosi ridotte e
refratte di gentamicina prevengono la tossicità irreversibile
a carico delle cellule ciliate.
È altresì evidente come riportato da uno studio di Perez del
2003 che la completa ablazione della funzione vestibolare
non è necessaria per ottenere il controllo delle crisi vertiginose.
Dal punto di vista tecnico – pratico la Gentamicina (40 mg/
ml tamponati con bicarbonato di sodio) è iniettata, dopo aver
praticato un’anestesia locale, molto lentamente nell’orecchio
medio mediante un ago sottile inserito nella porzione postero-superiore della membrana timpanica in corrispondenza
della regione delle finestre ovale e rotonda. L’iniezione intratimpanica di gentamicina viene praticata settimanalmente
al fine di minimizzare i rischi di danno uditivo. Il numero di
infiltrazioni è solitamente compreso tra 1 e 6; dopo la sesta
seduta la terapia viene terminata per la sua supposta inefficacia terapeutica.
Gli studi sull’utilizzo degli steroidi intratimpanici nella
MdM non sono particolarmente numerosi e per di più molto eterogenei rispetto a quelli sulla sublabirintectomia con
Gentamicina, di cui abbiamo appena trattato, per la grande
variabilità dovuta al tipo di cortisonico utilizzato, alla dose,
al modo di somministrazione ed ai criteri utilizzati per valutarne l’efficacia.
Indubbiamente gli effetti della somministrazione per via intratimpanica rappresentano un vantaggio rispetto alla somministrazione per via sistemica sia per la maggiore permanenza del farmaco a contatto con le strutture dell’ orecchio
interno sia per i minori effetti collaterali.
I principali effetti degli steroidi intratimpanici (IT) sono dovuti all’azione antiinfiammatoria-immunosoppressiva che
porterebbe ad una riduzione della pressione endolinfatica
consentendo un miglioramento della vertigine, dell’acufene
e dell’ipoacusia.
Purtroppo la grande variabilità dei risultati ottenuti tra un
paziente e l’altro è dovuta alla presenza sia ad alcune ghiandole mucose e cellule dell’infiammazione intorno alla finestra ovale che se ben rappresentate porterebbero alla degradazione sia di farmaci che di eventuali patogeni, che alla
e-mail: [email protected]
presenza di tessuto fibro-adiposo.
In quelle forme resistenti alla terapia sistemica, pur non essendoci, infatti, delle evidenze cliniche a supporto di una
reale efficacia della terapia steroidea nel controllare l’ipoacusia, fullness auricolare e le vertigini, negli ultimi anni la
somministrazione trans timpanica ha acquisito una certa
popolarità probabilmente per la facilità di somministrazione ed il basso rischio di complicanze.
Il farmaco di scelta in virtù di una elevata rapidità di raggiungimento di concentrazione all’interno della coclea è il
Desametasone e la modalità di somministrazione intrtimpanica (IT), può essere effettuata o tramite iniezione diretta o attraverso l’applicazione di microcateteri posizionati in
prossimità della finestra rotonda, dopo aver chiaramente
praticato un’anestesia per contatto a livello della MT analogamente a quanto già descritto per la somministrazione di
Gentamicina IT.
La cadenza ed il dosaggio sono estremamente variabili in
letteratura, il nostro protocollo prevede una iniezione IT di
Desametasone da 40mg/ml ogni 2gg per 4-6 sedute.
Dall’analisi di alcune review i risultati appaiono essere molto
variabili con percentuali tra il 96% ed il 47% nel controllo della sintomatologia vertiginosa, degli acufeni e della fullness,
mentre più confortante appare essere il risultato sul miglioramento uditivo, con un guadagno medio di circa 10dB.
Analizzando i dati in nostro possesso, peraltro, in accordo
con quelli presenti in letteratura l’utilizzo della terapia steroidea IT può essere considerata di scelta in pazienti con
una forma bilaterale, con ampie fluttuazioni uditive, nelle
forme a sospetta patogenesi autoimmune o che rifiutano la
terapia ablativa.
Conclusione:
È sempre bene ricordare che riguardo la diagnosi e il trattamento precoce di tale patologia sono stati fatti molti passi
avanti anche se si è ancora lontani dal conoscere l’origine
della Malattia di Menière.
Personaggi famosi come Giulio Cesare, Martin Lutero, Jonathan Swift, Charles Darwin, Van Gogh, Marlyn Monroe che
sembra soffrissero della Malattia di Menière, sicuramente
non hanno potuto beneficiare delle terapie che ad oggi sono
a disposizione dei pazienti affetti da questa patologia troppo
spesso invalidante.
Prof. E. Mira - Congresso di Torino
La medicina infatti negli ultimi anni si evolve con una rapidità sorprendente sia perché cambiano le tecniche di indagine diagnostica sia perché le stesse malattie tendono ad
acquisire connotati differenti, al punto quasi da richiedere
nuove classificazioni.
Il dovere di ogni medico è quello aggiornarsi con la massima competenza e professionalità, ma anche quello di informare i pazienti sui nuovi orizzonti del progresso tecnologico e sulle nuove prospettive che delinea la moderna scienza
medica.
Ed è con questo obiettivo che ormai da due anni il servizio
di Otorinolaringoiatria – Audiologia e Foniatria collabora
con l’Associazione Italiana Malati Menière (AIMM) trattando non solo la malattia ma rapportandosi direttamente al
malato nella realtà di tutti i giorni.
La vita di una persona non è una somma di sintomi o di
dati di laboratorio. (M. Montello)
Nuove possibilità
diagnostiche nella
Malattia di Menière:
la diagnosi proteomica
L
Ospedale “Molinette” di TORINO
Prof. Giuseppe Chiarella
Cattedra ed U.O. di Audiologia e Foniatria,
Università “Magna Graecia”, Catanzaro
e attuali possibilità diagnostiche per la malattia di Menière ricadono in gran parte in ambito clinico con difficoltà ad avere una diagnosi di certezza soprattutto nelle
prime manifestazioni di malattia. L’idrope dell’endolinfa
nell’orecchio interno è la condizione anatomopatologica
comune nei pazienti affetti da questa malattia, caratterizzata da un esordio insidioso e da sintomi aspecifici, quali
vertigine, ipoacusia ed acufene che, come purtroppo i nostri lettori ben sapranno, possono diventare molto invalidanti.
Il principale problema è la scarsa conoscenza dei meccanismi fisiopatologici che stanno alla base della malattia. In
poche parole, abbiamo tutta una batteria di test da spendere per inquadrare questi pazienti ma la diagnosi alla fine è
sempre affidata all’interpretazione clinica.
www.aimmitalia.it
3
Nella nostra Università già da diversi anni è stato implementato un raffinato laboratorio di proteomica e spettrometria di massa che ha prodotto ad oggi interessanti
risultati riportati in numerose pubblicazioni scientifiche
apparse sulle principali riviste internazionali del settore.
La diagnostica molecolare è una disciplina relativamente
recente che consente di individuare pattern di espressione
genomica e proteomica e che utilizza queste informazioni per distinguere tra tessuti (o fluidi biologici) normali e
patologici a livello molecolare. L’approccio proteomico è
divenuto sempre più interessante per lo studio di problemi
biologici complessi. In sostanza questo tipo di studio consente di cercare e spesso di individuare una “firma” tipica
di una certa malattia ricavandola dall’analisi, ad esempio,
del sangue dei pazienti.
E questo abbiamo cercato di fare. Utilizzando un approccio basato sulla proteomica abbiamo cercato di identificare potenziali biomarkers della malattia: la famosa firma di
cui parlavamo.
Lo studio è stato condotto in collaborazione con il prof.
Ettore Cassandro (Ordinario di Otorinolaringoiatria
dell’Università di Salerno) e sono state programmate ed
effettuate due fasi successive.
La prima fase prevedeva la selezione di individui affetti da
malattia di Menière definita secondo i criteri di definizione internazionali dell’AAO-HNS. Ne abbiamo selezionati
16, che sono stati studiati nel nostro reparto con i test che
molti di voi lettori ben conoscono: valutazione otorinolaringoiatrica, esami audiologici e vestibolari (audiometria
tonale e vocale, impedenzometria, test vestibolari strumentali, potenziali evocati uditivi del tronco encefalico
(ABR) e potenziali evocati vestibolari miogenici (VEMPs).
I test otoneurologici sono stati completati da uno studio di
risonanza magnetica dell’encefalo. Infine è stata eseguita
la valutazione diagnostica molecolare tramite un semplice prelievo di sangue. I risultati sono stati confrontati con
quelli di un campione di soggetti normali.
I risultati finali sono stati molto soddisfacenti: è stato possibile identificare un set di proteine la cui espressione appare differentemente modulata nei pazienti con malattia
di Menière rispetto ai controlli non malati.
Questa firma molecolare è dunque molto promettente,
nonostante si tratti ancora di un campione non particolarmente numeroso. I dati sono stati pubblicati su una prestigiosa rivista scientifica americana, il Journal of Cellular
Physiology. Abbiamo già intrapreso la seconda fase dello
studio che prevedeva il confronto dei dati già ottenuti con
un nuovo gruppo di soggetti affetti da malattia di Menière.
E i primi confronti confermano il risultato, la “firma” molecolare continua ad essere presente anche nel sangue di
questo nuovo gruppo di pazienti.
Tutto questo ci fa ben sperare sulla possibilità di poter sviluppare uno strumento innovativo per una diagnosi precoce e precisa di malattia di Menière e naturalmente di
fornire elementi utili a comprendere i meccanismi ancora
poco chiari che la causano. In questo senso, siamo orientati a credere che il profilo proteomico ottenuto dall’analisi del plasma possa aiutare, in un futuro prossimo, lo
sviluppo di schemi terapeutici innovativi e razionali per i
pazienti affetti da malattia di Menière, alternativi a quelli
tradizionali.
4
Il ruolo della
chirurgia del sacco
endolinfatico
nel trattamento della
malattia di Menière
Dott. Giuseppe Nicolò Frau
U.O. ORL Ospedale Santa Maria del Carmine,
Rovereto - TN
L
a malattia di Menière (MdM), come descritta da Prospero Menière, è definita dalla classica triade sintomatologica di vertigine oggettiva della durata di ore, ipoacusia neurosensoriale, inizialmente fluttuante, e acufene di
bassa frequenza. Tali sintomi si manifestano in crisi ricorrenti, durante le quali è presente anche ovattamento auricolare.
La malattia ha un classico andamento a poussé, con variabile alternarsi di fasi di remissione e fasi di riacutizzazione.
Nei periodi intervallari la sintomatologia tende a esaurirsi,
ma con il passar del tempo la progressiva degenerazione
dei recettori cocleo-vestibolari tende a definire un lento
deterioramento della funzionalità uditiva e labirintica.
La malattia è in genere monolaterale e i dati sull’incidenza
delle forme bilaterali variano nelle diverse casistiche dal
20% al 60% ma a nostro avviso il rischio di sviluppare una
MdM bilaterale riguarda il dato più basso con percentuali
tra il 20%e il 30% dei casi percentuale che aumenta con il
passare degli anni (Ostrowsky 2003; Pappas. 1997; Paparella 1984). La MdM raramente interessa l’età pediatrica,
nella gran parte dei casi i disturbi coinvolgono soggetti
adulti di età compresa tra 20 e 60 anni.
Anatomia patologica/fisiopatologica
Quali sono i dati certi sulla MdM? Pochi. I reperti postmortem sono tra questi. Nei pazienti che hanno sofferto
in vita di MdM si evidenziano i seguenti dati:
Portmann nel 1927 parlò della malattia di Menière come
di un “glaucoma dell’orecchio” e per la prima volta pensò
che la causa potesse essere l’alterato assorbimento dell’endolinfa da parte del sacco endolinfatico. Gli anatomopatologi Hallpike e Cairns nel 1938, confermarono le ipotesi
di Portmann, sezionando le ossa temporali di due pazienti deceduti in seguito alla sezione intracranica dell’ottavo
nervo per ottenere la risoluzione di una grave sindrome
vertiginosa; in entrambi i casi fu documentata una dilatazione spiccata del labirinto endolinfatico, a livello della
chiocciola e del vestibolo. Anche Yamakawa nel1938 riportò una dilatazione del sistema endolinfatico, reperto
che è quasi invariabilmente visto nella MdM documentata
(Merchant 2005; Schuknecht 1993). Shaumbaugh osservò
inoltre un’ischemia del sacco endolinfatico dei pazienti
menierici, il cui lume era obliterato per aderenza delle pareti e spesso dislocato. La dimostrazione che il deficit di
riassorbimento del sacco possa dar luogo all’idrope endolinfatico fu data da Kimura e Schuknecht, che provocarono nelle cavie un’idrope cocleare tipico già dopo un giorno
e-mail: [email protected]
dall’obliterazione del dotto endolinfatico, idrope che diveniva progressivamente grave due o tre settimane dopo,
determinando la sporgenza della membrana di Reissner
nella scala vestibolare.
L’ampia distensione del labirinto membranoso (scala media, sacculo, utricolo), con ipertensione dell’endolinfa,
sarebbe connessa sia a un’alterazione dei meccanismi di
riassorbimento del sacco endolinfatico sia a una modificazione dell’omeostasi dei liquidi endolabirintici (aumento
della pressione osmotica endolinfatica, modificazioni elettrolitiche a carico della perilinfa).
Alcuni autori hanno segnalato la possibilità di rottura della membrana di Reissner come causa di tutti gli attacchi
della MdM (Schuknecht, 1968), ma lo studio di ossa temporali di pazienti affetti da MdM ha dimostrato che circa
i 2/3 dei pazienti non presentava tale reperto (Sperling et
al., 1993).
Altri autori hanno evidenziato presenza di fibrosi attorno
al sacco endolinfatico, che, tuttavia, non è stata evidenziata/ confermata da studi successivi (Wackym 1994). Inoltre,
un’idrope endolinfatica primaria e secondaria è stata documentata in ossa temporali di soggetti che non avevano
sofferto di MdM (Merchant 2005), è pertanto verosimile
che l’idrope sia un epifenomeno.
Alcuni studi istopatologici sugli organi terminali del sistema vestibolare dell’orecchio interno ottenuti da interventi
di labirintectomia hanno evidenziato una relativa conservazione del neuro epitelio (Rizvi 1986; Ylikoski 1979) con
un grado variabile di modificazione ultrastrutturale al microscopio elettronico (Sanchez-Fernandez 1975; Rosenhall 1977). Tuttavia erano limitati all’esame della macula
utriculare.
Studi recenti (Andrew 2009) indicano un maggior coinvolgimento del neuroepitelio dell’orecchio interno negli
stadi avanzati della malattia con un particolare interessamento della membrana basilare.
Il fattore eziologico principale scatenante l’idrope e la
conseguente sintomatologia è l’alterazione dell’equilibrio
ionico tra la produzione e l’assorbimento dell’endolinfa.
(Vosteen et al., 1986).
L’endolinfa è prodotta principalmente dalla stria vascolare
(Paparella et al, 1984). Tuttavia, sembra che alla sua produzione contribuiscano anche il piano semilunatum e le
dark cells vestibolari ed è lentamente riassorbita dal dotto
e dal sacco endolifatico (Paparella et al, 1984). Il problema
fondamentale nella MdM è il malassorbimento dell’endolinfa dal dotto e dal sacco endolinfatico (Paparella, 1991).
Lo sviluppo della disfunzione del flusso è un meccanismo
molto lento che richiede tanti anni. L’evento scatenante la
MdM potrebbe essersi sviluppato molti anni prima e insorgenza della sintomatologia manifestarsi molto tempo
dopo. Quando il dotto endolinfatico è ostruito meccanicamente, come in caso di frattura conseguente un trauma
cranico, l’insorgenza di idrope endolifatica è più veloce (Paparella et al, 1983). (Figura 1). Il malassorbimento
dell’endolinfa nel lungo periodo di tempo è più probabilmente collegato allo sviluppo di anomalie del sacco e del
dotto endolifatici in associazione con un seno laterale dislocato. È stato riscontrato che un drenaggio venoso libero del sistema vestibolare attraverso la vena dei canalicoli
paravestibolari gioca un ruolo importante nell’omeostasi
dei fluidi dell’orecchio interno. Anomalie della vascolarizzazione potrebbero contribuire alla quantità di idrope
endolinfatica (Paparella)
Il SE si trova in uno sdoppiamento della meninge della
fossa cranica posteriore e, attraverso il dotto endolinfatico è in comunicazione con l’utricolo e il sacculo. Prima di
aprirsi in quest’ultimo il dotto endolinfatico forma il seno
endolinfatico che è circondato da perilinfa e, attraverso il
dotto utricolare, mette in comunicazione l’utricolo con il
sacculo mediante la valvola di Bast (Bast 1949).
Funzionalmente il SE contribuisce al riassorbimento
dell’endolinfa ed è la principale sede di regolazione del suo
volume (Salt 2004); svolge funzione di difesa mediante
meccanismi non-immunologici (fagocitosi) ed immunomediati (Barbara 1997); secerne glicoproteine che richiamano liquidi al suo interno (Gibson 1997); produce un
ormone denominato “saccina” che stimola la formazione
di endolinfa (Qvortrup 2002).
Recenti studi di Salt hanno dimostrato che variazioni di
pressione della perilinfa regolano la quantità di endolinfa
che raggiunge il SE o che dal SE raggiunge il sacculo. Infatti aumenti di pressione della perilinfa, perlopiù secondari ad aumenti di pressione del liquido cefalo-rachideo
attraverso l’acquedotto cocleare, chiuderebbero il seno endolinfatico escludendo il SE dal sistema endolinfatico; al
contrario riduzioni della pressione della perilinfa favorirebbero il passaggio di endolinfa dal SE al sacculo.
Altri autori ritengono responsabili le alterazioni anatomostrutturali conseguenti a processi flogistici o le disfunzioni
immunologiche a carico dell’acquedotto del vestibolo e del
sacco endolinfatico. Sono stati difatti evidenziati l’ischemia del sacco, associato ad esiti fibrotici, degenerazione
dell’epitelio, ispessimento della lamina propria.
Sembra che il sacco ed il dotto endolinfatico siano il centro
di una reattività immunitaria e le caratteristiche del sacco
predispongono ad un’aumentata deposizione di immunomplessi circolanti (Paparella). Queste caratteristiche riguardano anche i vasi capillari fenestrati (Leone 1984.)
Numerose statistiche hanno dato rilievo a turbe metaboliche ed endocrine, quali allergie alimentari, stati di ipo- o
ipertiroidismo, iperlipoproteinemie di tipo II, III o IV, sifilide congenita tardiva o latente, vasculopatie, alterazioni
dell’equilibrio acido-base, disordini della coagulazione.
Ciascun quadro patologico concomitante alla malattia
puo’ ovviamente offrire utili elementi ai fini di un trattamento mirato.
fig. 1 - Idrope endolinfatica in tutti i giri cocleari
www.aimmitalia.it
5
Indicazioni
La chirurgia del sacco endolinfatico viene considerata di
prima scelta quando la terapia medica fallisce nei casi di
MdM intrattabile o rapidamente progressiva (Paparella) o
nei casi di idrope ricorrente vestibolare o cocleare .
Ci sono poi delle indicazioni particolari in cui l’otologo
deve valutare caso per caso:
- pazienti con MdM bilaterale: si opera l’orecchio più attivo
dal punto di vista sintomatologico o peggiore poiché di
solito all’intervento segue la regressione della malattia
- pazienti anziani poiché una chirurgia distruttiva comportare un maggior rischio di instabilità postoperatoria
cronica (Kaylie 2005; Thedinger 1998)
- pazienti già affetti da tempo da ipoacusia percettiva insorta in età adulta all’improvviso o nell’infanzia, che manifestino una sintomatologia vertiginosa spesso associata
a fullness auricolare ed acufeni (Nadol 1975).
Si effettua revisione chirurgica solo nei casi di insuccesso
che almeno in fase iniziale del primo intervento abbiano avuto un buon risultato funzionale almeno (Paparella
2002; Telischi 1993).
È stato notato che l’intervento è più efficace nei casi in
cui venga eseguito nelle fasi precoci della malattia, ossia
quando siano ancora presenti fluttuazioni uditive e nei
pazienti con positività al test al glicerolo. Infatti quando il
danno o lo shift della soglia uditiva diventano permamenti, è difficile che la chirurgia del sacco possa rimediare alla
distruzione delle cellule sensoriali o dei neuroni. Tuttavia
altri autori hanno osservato buoni risultati funzionali anche nei pazienti con udito stabilizzato. La durata media
della malattia prima di ricorrere a questo intervento è di
circa 6 anni. (Paparella e Sajjadi, 1994).
Il trattamento chirurgico dell’idrope prevede la decompressione del sacco endolinfatico; vi sono quattro varianti:
lo shunt endolinfatico mastoideo (SEM), lo shunt endolinfatico subaracnoideo (SES), la decompressione del SE
(DSE) e la escissione del SE (ESE).
SEM
Lo shunt endolinfatico mastoideo prevede la decompressione del SE per via transmastoidea, effettuando un’incisione del foglietto mastoideo del SE (Portmann 1927);
una variante di quest’intervento consiste nell’applicare un
drenaggio permanente nel lume del SE (Shea 1966) (tali
drenaggi possono essere di diverso materiale - teflon, silastic) e meccanismo di drenaggio (valvole unidirezionali,
valvole capillari).
SES
Questo intervento prevede l’incisione del foglietto mediale del SE, allestendo uno shunt sub aracnoideo (Gardner
1988; Glasscock 1977). Fu W. House (1962; 1964) che lo
propose inserendo una valvola in teflon che raggiungeva
lo spazio subaracnoideo.
DSE
Questa tecnica prevede la semplice decompressione della
regione del SE e della dura della fossa cranica posteriore
perisacculare (Shambaugh 1966). Una sua variante associa anche la decompressione della dura della fossa cranica
posteriore e del seno laterale (Gianoli 1998).
6
ESE
Gibson (1996), ritenendo che le glicoproteine prodotte dal
SE per secrezione richiamino liquidi all’interno degli spazi
endolinfatici favorendo l’idrope, ha proposto un intervento che anziché decomprimere il SE, lo esclude, rimuovendone la porzione extraossea.
Complicanze
Le complicanze di questo tipo di chirurgia sono rare. Il rischio di anacusia o ipoacusia profonda viene riportato nel
2% dei casi (Brackmann 1987).
Quaranta parla di ipoacusia trasmissiva derivante da trauma accidentale della catena ossiculare o da fissazione di
quest’ultima per diffusione di polvere d’osso.
Paparella (1994) cita il rischio di sanguinamento intraoperatorio derivante dal seno sigmoideo o dal bulbo della
giugulare (complicanza che viene riportata in meno del
1% dei casi o liquorrea (complicanza rara).
Il rischio di infezione postoperatoria della ferita è raro, soprattutto perché è d’abitudine trattare il paziente con antibiotici e medicazioni locali.
Una paresi del nervo facciale postoperatoria è stata evidenziata in una percentuale dallo 0 al 4% dei casi (Gardner
1988).
Il rischio di meningite postoperatoria, estremamente basso, ha riguardato quasi esclusivamente lo SES (Glasscock
1977).
Risultati
La metanalisi statistica dei risultati (Brackmann 1987) ha
dimostrato che tra le diverse tecniche utilizzate non vi è
differenza statisticamente significativa sia riguardo alle
vertigini sia al peggioramento della PTA. In alcuni studi
(Grant 1997) si è osservato un controllo della vertigine
in oltre l’80% dei soggetti sottoposti a SEM permanente
e controllati a più di 6 anni dall’intervento. Sembra che lo
SEM consenta una regressione della vertigine in una percentuale di soggetti maggiore di quella che si osserva dopo
DSE a distanza di tempo.
Discussione e conclusioni
Molti otologi ritengono che la chirurgia del SE sia il primo
trattamento chirurgico in pazienti affetti da MdM resistente alla terapia medica. È stato notato che in follow-up di 24
mesi il numero di pazienti sottoposti a trattamento chirurgico del SE che guariscono dalle vertigini risulta significativamente maggiore di quello di pazienti che rifiutano
l’intervento chirurgico (Goldenberg 1990). Tale chirurgia
sembra, inoltre, essere associata anche ad un miglioramento degli acufeni e della fullness auricolare (Quaranta
1998), ma ad un peggioramento della funzione uditiva in
un numero di pazienti maggiore rispetto a quelli affetti da
MdM non operati (Filipo 1994).
Tale reperto può essere attribuito alla progressiva formazione di fibrosi del SE e del dotto endolinfatico per le manovra chirurgiche sul SE (Quaranta 1997).
La nostra esperienza con la decompressione del sacco endolinfatico è recente, ma positiva e in linea con i risultati
della fascia alta in letteratura. Attualmente utilizziamo la
tecnica di Kitahara (Kitahara e altri 2008) di associare alla
e-mail: [email protected]
decompressione del SE il posizionamento di cortisone a rilascio prolungato nel tempo all’interno di esso. Lo schema
di trattamento della MdM che utilizziamo più di frequente
è riassunto nelle figure 2 e 3 esso va adattato alle diverse
situazioni cliniche e discusso con il paziente.
Diagnosi clinica di MdM
Monolaterale
Risposta + alla terapia medica
Risposta - alla terapia medica
Udito normale / Fluttuante
Buona funzione vestibolare
Udito basso
ITD / DSE
Risposta
ITG (Titration)
Risposta - udito residuo
VN
Risposta - sordità profonda
Labirintectomia
Fig.2 - Schema terapeutico della malattia di Menière monolaterale (ITD desametasone intratimpanico, DSE decompressione del sacco endolinfatico, ITG
gentamicina intratimpanica, VN neurectomia vestibolare)
Diagnosi clinica di MdM
Bilaterale
Risposta + alla terapia medica
Risposta - alla terapia medica
Orecchio attivo
Udito basso
ITD / DSE
Risposta
ITG (Titration)
Risposta - udito residuo
VN
Risposta - sordità profonda
Labirintectomia
Fig.3 - Schema terapeutico della malattia di Menière bilaterale (ITD desametasone intratimpanico, DSE decompressione del sacco endolinfatico, ITG gentamicina intratimpanica, VN neurectomia vestibolare)
L’angolo
della Posta
Buongiorno
sono una socia di Ortona (CH) malata di Menière dal
2004.
A seguito della malattia non ho più potuto svolgere la
mia funzione di docente e attualmente sono utilizzata
a scuola in altre mansioni, devo dire che questo nuovo
lavoro mi piace molto ma la strada per arrivarci non è
stata semplice. Nel 2006 ho avuto un aggravamento della
malattia con crisi ogni 10-12 giorni. La scuola mi mandò
a visita collegiale, uno dei medici mi misurò la pressione, mi chiese di toccarmi la punta del naso con le dita e
mi disse che stavo benissimo, la malattia era in fase remissiva e potevo tornare a lavoro, tutto questo con tono
sprezzante, mentre avevo appena presentato una cartella
clinica che esprimeva l’esatto contrario.
Ovviamente feci ricorso e lo vinsi ottenendo dal Giudice
del Tribunale del Lavoro di Chieti l’ordinanza che citava
la mia come “grave patologia, cronica, ingravescente, a
sicuro andamento degenerativo”.
Quest’anno ho fatto domanda di invalidità, qualche giorno fa mi è arrivata la decisione della commissione medica
che mi riconosce il 55% di invalidità con legge 104 art.3
comma 1 e non art. 3 comma 3, ossia niente grave patologia.
È possibile che l’INPS abbia così annullato una sentenza
del Tribunale del lavoro solo perchè il Tribunale non ha
espresso una percentuale di invalidità, ma ha riconosciuto
tutta la malattia una grave patologia, mentre loro danno
punti per gli acufeni, per le vertigini, per l’ipoacusia, e
la depressione fobica senza neanche valutare che essendo
stata trattata con gentamicina ho un solo labirinto quindi
una menomazione fisica permanente?
È possibile che dopo 8 anni di lotte con colleghi e famigliari che non ti capiscono, datori di lavoro che non sanno
che pesci pigliare, noi menierici dobbiamo passare la vita
nei tribunali? Perchè ovviamente adesso devo fare ricorso
ma come sappiamo la trafila è minimo un anno prima di
riuscire a sapere qualcosa con un esborso per gli avvocati
non indifferente e una situazione psicologica ormai fuori
controllo.
C’è qualche garanzia o strada da percorrere a tal proposito.
Vi ringrazio per l’aiuto sempre puntuale.
Pina Nestore
COMUNICAZIONE PER I SOCI
Si ringraziano STEFANIA, CANDIDO, MARIA RITA e GIUSEPPE che, in occasione del loro 50° anniversario
di matrimonio, hanno deciso di rinunciare ai loro regali e di raccogliere delle offerte da donare alla nostra
associazione. La donazione è risultata importante. Ancora grazie.
Abbiamo ricevuto sul nostro c/c postale un versamento di € 35,00 per l’iscrizione anno 2012. Purtroppo
le Poste Italiane ci hanno inviato un bollettino sostitutivo e privo del nominativo. Il versamento sembra sia
stato fatto il 13 Marzo 2012 presso l’ufficio postale di Alife (Ce). Chi si riconoscesse in questo versamento
e non ha ricevuto la ricevuta di iscrizione è pregato di segnalarcelo. Grazie
www.aimmitalia.it
7
Carissimi amici dell’AIMM,
relativamente al riconoscimento medico legale della Malattia di Menière, il numero e le stesse risposte pervenute alla nostra osservazione ci inducono a confermare da un lato che l’argomento è
affrontato in modo assolutamente disomogeneo dalle diverse commissioni mediche e dall’altro che
i soci dell’AIMM non ritengano, spesso a ragione, che la classe medica comprenda realmente cosa
significhi essere portatore di Malattia di Menière.
Gli associati dell’AIMM riferiscono nei questionari una scala di valori di valutazione da parte delle
diverse commissioni di invalidità civile operanti sul territorio nazionale, che va dal 30% al 100%, La
qualcosa non ci stupisce, anzi è quello che già sapevamo di dovere osservare.
Ovviamente questo non basta.
Un’associazione, come l’AIMM, non può limitarsi ad evidenziare e denunziare ma deve provare a
modificare lo stato delle cose. L’associazionismo in una parola deve essere anche protagonista di quel
cambiamento generazionale di logica d’intervento che rivoluziona il concetto della Medicina, anche
medico legale. Questo mutamento ha uno slogan: “dalla Medicina for people alla Medicina by people”. In parole semplici chi meglio di un malato, anche menierico, conosce i propri problemi? Se la
vostra risposta è “nessuno”, si passi alla seconda domanda. Chi può far capire al legislatore deputato
a scrivere le tabelle d’invalidità cosa significhi avere quella malattia, per carità, lasciandogli poi la
competenza di uniformare tra loro le diverse tabelle per le varie patologie? Ma vi sembra possibile
che l’asma sia valutato 10 volte più di un acufene?
Non possiamo fermarci qui. Ora ci sembra necessario, sensibilizzare gli organi preposti a codificare
le percentuali invalidanti di INPS, Invalidità Civile ed INAIL a conoscere e “capire” non la malattia di
Menière ma il malato di Menière.
Per questo motivo con l’AIMM, con il prof. Roberto Albera dell’Università di Torino, con il quale
stiamo elaborando lo studio statistico dei vostri questionari e con il Professor Paolo Procaccianti,
direttore dell’istituto di Medicina Legale dell’Università di Palermo, abbiamo invitato ad un convegno
che vuole raggiungere questo obiettivo, ed aperto a tutti voi, non solo i dirigenti nazionali dell’INPS,
dell’INAIL ma quanti operano a qualsiasi titolo nel settore medico legale.
La sede sarà l’aula Magna del Policlinico Universitario di Palermo, la data dovrebbe essere quella del
13 ottobre. Ma capirete che le personalità da raccordare sono molte e la data non può essere oggi
certa.
Per ora abbiamo pensato di utilizzare l’uscita di questo numero del giornalino per informarvi e “prenotare” la vostra attenzione per il 13 ottobre. Quanti interessati a venire a Palermo possono sin d’ora
fornirci la loro mail e li informeremo per tempo.
Noi speriamo che veniate tutti per poter incidere maggiormente in chi ci ascolta, per premiarci con
la vostra presenza dei nostri sforzi, per darci l’onore di stringervi la mano e... per realizzare il sogno
di essere attori di una associazione by people e non più for people.
Dott. Aldo Messina
Dott. Maurizio Marendino
Responsabile Otoneurologia
Università “Paolo Giaccone” Palermo
Presidente A.I.M.M. Onlus
Modalità di iscrizione all’A.I.M.M. Onlus
La quota associativa annua 2012 è di € 35,00 socio ordinario
La quota associativa annua 2012 è di € 100,00 socio sostenitore
Da versare tramite:
• c/c postale n. 18219782 intestato all’A.I.M.M. Onlus – 10141 Torino.
• bonifico bancario, intestato a A.I.M.M. Onlus presso Banca D’Alba, filiale di Moncalieri (To)
IBAN : IT 10 V 08530 20000 000470 100529
Centro di ascolto: Ospedale Molinette Via Genova,3 - 10126 Torino
telefono 011 6709 577
Giovedì
dalle ore 15.30 alle ore 17.00
cellulare 334 9922569
Martedi
dalle ore 19.30 alle ore 21.00
cellulare 334 9922579
Mercoledì
dalle ore 19.30 alle ore 21.00
e-mail: [email protected]
Stampa e grafica: Litostampa Mario Astegiano - Marene (CN) - www.astegianolitostampa.com
Appuntamenti ... notizie!

Documenti analoghi

malati menière

malati menière Grazie per avere voluto dar vita all'Associazione Malati di Meniére, così utile a tutti noi colpiti da que-sta malattia, non mortale, come sempre ci viene ripetuto, ma certo molto avvilente. La mal...

Dettagli

Menière La malattia delle incertezze

Menière La malattia delle incertezze E la raccolta di prove scientifiche è resa difficile dal fatto che la malattia di Menière è una malattia poco comune, sconosciuta alla maggior parte dei medici generici e anche degli specialisti ot...

Dettagli