Alberto Moravia: `vocazione alla modernità`

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Alberto Moravia: `vocazione alla modernità`
Antonella Iacobbe
Alberto Moravia: ‘vocazione alla modernità’
di Antonella Iacobbe
«[...] non sento bisogno del passato.
Ho cominciato Gli indifferenti nell’ottobre del 1925.
Faccia il calcolo: quasi cinquantasette anni fa.
Da allora la mia vera volontà è quella di non ripetermi.
Per tornare all’immagine del rabdomante,
io continuo a cercare in me nuovi giacimenti».
(Intervista concessa a Giulio Nascimbeni nel 1982)
«Quando uno scrittore, specie se giovanissimo, si presenta al pubblico è
come se compisse un salto nel buio. Questo è vero anche per lo scrittore che vuole
penetrare attraverso un ambiente diverso da quello del paese di origine» 1.
Alberto Moravia, invece, fu un caso straordinario: con la sua spregiudicatezza scandalizzò molti, venendo spesso attaccato e rifiutato, ma fu uno dei
pochi narratori italiani che ebbe grande fama, quasi più all’estero che nel proprio
Paese.
Venne tradotto in quasi tutte le principali lingue del mondo e, tra le nazioni
in cui l’opera di Moravia si diffuse largamente, l’America occupò uno dei primi
posti, nonostante il periodo della guerra avesse provocato un’interruzione dei
rapporti culturali che intercorrevano tra l’Italia e questo Paese.
Con la fine della guerra mondiale, in realtà, i contatti tra i due Paesi divennero
più frequenti e, quasi, sembrarono un mezzo di riscoperta dell’Italia, da parte degli
Stati Uniti.
Varie le ragioni per cui la narrativa italiana suscitò tanto interesse tra il
pubblico americano: probabilmente furono la diffusione ed il conseguente successo
dei film neo-realisti italiani, in aggiunta ai quali si percepì il carattere più universale
della narrativa stessa, rispetto al passato.
Questo ritorno alla letteratura italiana, da parte dell’America, permise anche
al Nostro la scalata al successo oltremare.
1
Ferdinando ALFONSI, Alberto Moravia in America, un quarantennio di critica (1929-1969), Catanzaro,
A. CARELLO editore, 1984, p. 35.
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Numerosi furono gli studiosi che cercarono di spiegarsi, in maniera
particolare, il motivo della popolarità di Moravia.
Vincent Luciani suppose che esso derivasse dal Suo ‘…non comune interesse
per la fisiologia e psicologia del sesso…’2, soggetto che, da sempre, provoca ed
incuriosisce chiunque.
Frances Keene, invece, considerò che il successo del Nostro fosse da
attribuirsi direttamente alla questione che, costantemente, si ritrovava nei suoi
romanzi e, cioè, la borghesia, tema che suggestionò facilmente i lettori.
In America, il romanzo d’esordio, Gli Indifferenti, nonostante fu un
insuccesso, portò scompiglio tra la critica e, solo con La Romana, lo Scrittore poté
presto imporsi al pubblico statunitense. Egli poté affermarsi, perché rappresentava
una novità in relazione alla narrativa italiana di quegli anni e riscuoteva gran successo,
soprattutto tra gli adolescenti, in quanto designato come scrittore erotico.
‘Dal 1950, tutti i romanzi che egli scrisse uscirono, negli Stati Uniti, nella
traduzione data in Inghilterra, diventando opere di successo, tanto che, almeno tre
di queste, furono best seller.
Bisogna ricordare, quindi, che Moravia fu ampiamente criticato, sia dagli
italiani che dagli americani e che fu uno degli scrittori di cui si è maggiormente
parlato, sia per difenderlo che per offenderlo, tanto da dividere la critica in
Moraviani ed Antimoraviani.
Numerose furono le sue dichiarazioni riguardo la critica e, più volte, le sue
parole fecero trapelare un senso di fastidio e di diffidenza nei confronti di essa,
anche perché gli esperti, nei loro giudizi affrettati, lasciavano apparire il segno ‘…
della parzialità e manchevolezza dell’esame…’3 dei testi del nostro Autore.
Durante un’intervista dello Scrittore con Ferdinando Alfonsi, alla domanda
in cui quest’ultimo voleva sapere come la critica lo influenzasse, Moravia rispose:
«…Criticism has scarce influence on a writer since the very first critic of any given
author is the author himself... Criticism has never had any effect on me or any other
true writer.»4
Moravia disse ancora, a proposito della critica: «Criticism is an extremely
personal act of the critic: it is, in fact, another creation. Actually, it can be said that
the critic is not concerned with the writer, but rather with himself. He uses the
writer, only as a means of speaking about himself, and the writer knows this».5
2
Vincent LUCIANI, The Vogue of Contemporary Italian Literature, 1947-1958, 1959, pp. 54-55.
Rocco CARBONE, Nuovi Argomenti, n. 37, (lug-sett 1991), p. 57.
4
F. ALFONSI, S. ALFONSI, Annotated bibliography of Moravia criticism in Italy and in the English-speaking
world (1929-1975), New York, Garland publishing, 1976, p. XI-XII. (“…La critica ha scarsa influenza su uno
scrittore, in quanto il primo critico di uno scrittore è sé stesso… La vera critica non ha mai avuto su di me
influenza né l’ha mai avuta su nessuno scrittore”).
5
Sharon WOOD, Woman as object. Language and gender in the work of Alberto Moravia, London Pluto
Press, 1990, p. 179 (“La critica è un atto estremamente personale del critico: esso è, infatti, un’altra creazione.
Effettivamente si può dire che il critico non s’interessa allo scrittore, ma piuttosto a se stesso. Egli usa lo
scrittore, solo come mezzo per parlare di sé e, questo, lo scrittore lo sa”).
3
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Moravia credeva che la critica, in particolare quella italiana, fosse troppo
legata al passato, mentre, invece, le sue opere erano troppo in anticipo sui tempi.
Egli era convinto, infatti, che, in questo senso, gli americani fossero più aggiornati e
moderni. Nonostante le affermazioni dello Scrittore, bisogna ammettere quanto la
critica italiana sia stata più raffinata rispetto a quella americana, che appariva, invece,
scarna e, quasi esclusivamente, rivolta ad uno scopo puramente commerciale. La
prima, infatti, non si limitava allo studio superficiale del lavoro di Moravia, come,
invece, faceva la seconda, la quale, soffermandosi all’esame dell’opera in generale,
tralasciava i temi e la tecnica da lui adottati.
Motivo di questi due diversi approcci potrebbe essere che gli italiani
hanno una diversa preparazione culturale, motivo della loro più antica tradizione
letteraria.
La critica, sia italiana che americana, ha posto l’accento su vari argomenti
trattati da Moravia, come il realismo, la psicanalisi e l’impegno sociale di Moravia.
I critici americani, come del resto quelli italiani, furono d’accordo
nell’affermare che Moravia era ‘…un professionista della penna, un uomo molto
dotato, un narratore nato…’6, tanto che qualcuno, dopo la sua morte, griderà ad
una grossa perdita.
Dario Bellezza, in un articolo tratto dalla rivista Nuovi Argomenti, ci
ha descritto quanto è stato difficile accettare la sua scomparsa, per se stesso, in
quanto suo caro amico, ma anche per la letteratura italiana, perché non potrà più
godere dei suoi insegnamenti. Pensa che a tale perdita si potrà ovviare solamente
buttandoci ‘…al suo inseguimento e riportarlo vittoriosi indietro…’.7 Per D.
Bellezza Moravia ‘…era un personaggio dell’Ottocento capitato nel Novecento,
ma nello stesso tempo era modernissimo. Più moderno di ogni moderno.’8 e i suoi
scritti ‘…parlano a chi li sa intendere, senza dover cercare per forza meschinità
o mediocrità…’9.
Per un altro autore, Rocco Carbone, ‘…i libri di Moravia…già da tempo hanno
quei caratteri di ‘classicità’ che nessun evento…può modificare o attenuare’ 10.
Geno Pampaloni, già prima della scomparsa di Moravia e, precisamente,
nel 1985, scrisse: ‘Senza Moravia, la storia della nostra narrativa è oggettivamente
impensabile, nel senso che non possiamo immaginare che cosa sarebbe stata’11.
Non tutti concordarono, però, con questi pareri, soprattutto quando si
trattava di attribuire allo Scrittore giudizi di grandezza.
6
F. ALFONSI, Alberto Moravia in America…, cit.,, p. 151.
Dario BELLEZZA, Nuovi Argomenti, n. 37, p. 6.
8
Ibidem, p. 7.
9
Ibidem, p. 8.
10
Rocco CARBONE, Nuovi Argomenti, n. 37, p. 56.
11
Geno PAMPALONI, Nuovi Argomenti, n. 37, p. 56.
7
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Alcuni lo reputarono un ‘falso letterario’;12 William Dunlea, ad esempio,
espresse il suo giudizio dicendo: ‘Moravia is not a writer of major note’.13
Altri, nonostante considerarono le sue opere immorali, non vollero negargli
l’attributo di grandezza, infatti, Capouya considerò lo Scrittore ‘…a writer we
must be very glad to have…’.14
Più favorevole fu il giudizio di Mario Praz, che ritenne Moravia senza eguali,
come pure positiva fu l’opinione del Grazzini: ‘Moravia’s work reveals an acute
penetration of the moral fabric of the contemporary world’.15
Si è già accennato, in un precedente studio, al fatto che per molti, il Nostro è
stato giudicato l’autore di un unico libro, Gli Indifferenti, ‘…restando generalmente
fedele alle premesse che avevano qualificato il primo romanzo’,16 in quanto usava
ripetere gli stessi temi di quest’ultimo, in ogni sua opera, tendendo ‘…a reduplicare
in serie un personaggio, una vicenda morale,…un aspetto della società…’. 17
John Simon scrisse: ‘Alberto Moravia is one–book man in the saddest
sense of all…’.18 Come lui, tanti altri accusarono lo Scrittore di essersi ripetuto
monotonamente e di esser rimasto troppo legato alla sua personale visione del
mondo, nella quale non s’intravedeva alcuna evoluzione.
Giancarlo Pandini scrisse, a proposito di queste ripetizioni, che provocavano
una narrativa ‘monotonous, heavy, grey and repetitive…’.19 Pure Edoardo Sanguineti
vide, nello stile di Moravia, una certa aridità che ritenne attribuire alla povertà di
idee dell’Autore.
Lo stesso concetto fu espresso dall’americano Fantazzi: ‘…Signor Moravia
keeps turning out the same book with relentless monotony’.20
Moravia non ignorava di esser criticato come tale e si rendeva conto, egli stesso,
che i contenuti delle sue opere non erano molto vari. Malgrado ciò, non smise mai di
difendere con irremovibilità se stesso, il suo stile e la sua tecnica di narrazione.
Per quel che riguarda ancora la critica americana, molti riconobbero che
l’Autore scrisse libri scadenti, ma non gli contestarono mai la sua reputazione.
12
F. ALFONSI, Alberto Moravia in America…, cit., p. 151.
William DUNLEA, Moralist without an Ideal, Commonweal, 1960, p. 680. (Moravia non è uno scrittore
di riguardo/ di chiara fama).
14
Emile CAPOUYA, Aliments of the Spirit, s.e., p. 30. (“uno scrittore che dobbiamo essere felici di avere”).
15
Giovanni GRAZZINI, Contemporary Italian Writers, AM, 1958, p. 175. (“Il lavoro di Moravia rivela
un’acuta penetrazione nella struttura morale del mondo contemporaneo”).
16
Salvatore BATTAGLIA, La narrativa di Moravia e la defezione della realtà (in Le ragioni narrative, nn. 8-9,
aprile giugno, 1961), Napoli, R. Pironti e figli editori, 1961, p. 119.
17
Ibidem, pp. 126-127.
18
John SIMON, Surface Excursions, Deep Soundings BW, 1966, p. 96 (“Alberto Moravia è l’autore di un
unico libro nel senso più triste in assoluto…”).
19
Sharon WOOD, Woman as object, p.24. (monotona, pesante, grigia e ripetitiva…).
20
Charles FANTAZZI, The Fetish and other stories, SSF, Fall 1965, p. 269. (“…il signor Moravia continua a
produrre lo stesso libro con inesorabile monotonia”).
13
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Guglielmo Alberti, infatti, a differenza dei precedenti, ammetteva che l’Autore
usava ripetersi, ma allo stesso tempo, sostenne che in lui vi fosse un ‘…progresso
tecnico…’. 21
Anche Carlo Golino, in Alberto Moravia, confermò che Egli aveva migliorato
lo stile, pur non essendo cambiato dai tempi de Gli Indifferenti.
Mario Lunetta, inoltre, pur notando una certa stasi in Moravia, lo giustifica,
parlando di marmorizzazione della sua scrittura, come di ‘…una sorta di difesa di
fronte al flusso violento di un universo…in aggressivo disfacimento’.22
Il critico italiano Salvatore Battaglia esaltò le doti dello Scrittore e, pur
ammettendo che esse, come il suo stile, non siano progredite col tempo, ammira
in Moravia il fatto che egli abbia ‘…saggiato la psicanalisi, il froidismo, il
surrealismo…l’esistenzialismo, ed…anche il saggiamo’,23 non fermandosi, dunque,
esclusivamente ad un unico genere.
Non mancarono studiosi che notarono, invece, oltre che uno sviluppo ed
un allargamento degli orizzonti, un rinnovamento negli argomenti di Moravia. Tra
questi abbiamo Giuseppe Prezzolini, con il suo Moravia; Sergio Pacifici e, infine,
Thomas Bergin, che esprime il suo giudizio positivo con The Moravian Muse.
Diversi critici difesero in tutto e per tutto lo Scrittore.
‘…despite the repetition of some themes, we have to consider that these
themes are always shown in a narrative and psychological situation always varied
and in a constant stylistic evolution’.24
E ancora: ‘Moravia used the same themes again and again but for the
purpose of getting his message across effectively. He would have liked to change
his theme, but his fiction reflects the world he lived in. Moravia hopes for a change
in the world and believes we can achieve this by exposing the problems through
his writing.’25
L’opinione si è dibattuta molto anche su un altro aspetto, cioè se la produzione moraviana fosse stata migliore nel romanzo breve o in quello a più largo
respiro. Unanimemente, si è ritenuto che l’Autore fosse meno valido nel racconto
lungo, nel quale si abbandonava a lungaggini e ad un’‘…inutile sovrabbondanza
21
F. ALFONSI, Alberto Moravia in America…, cit., p. 147.
Mario LUNETTA in A Homage to Alberto Moravia, edited by R. Capozzi, M. Mignone, New York, Forum Italicum, 1993, p. 117.
23
S. BATTAGLIA, La narrativa di Moravia, cit., p. 129.
24
Dal sito internet: http://library.thinkquest.org/28490/data/inglese/autori/Moravia.htm. (“…nonostante
la ripetizione di alcuni temi, dobbiamo considerare che questi temi sono sempre mostrati in una situazione
narrativa e psicologica che varia sempre ed in una costante evoluzione stilistica”).
25
Dal sito internet: www.uwgb.edu/galta/333/papers.htm (“Moravia usava ripetutamente gli stessi temi,
ma con lo scopo di far capire con efficacia ed ovunque il suo messaggio. Avrebbe voluto cambiare il suo tema,
ma la sua narrativa riflette il mondo in cui viveva. Moravia spera in un cambiamento nel mondo e crede che
questo possa essere raggiunto, esponendo i problemi attraverso la sua scrittura”).
22
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di particolari…’,26 perdendosi eccessivamente nello studio degli stati d’animo dei
personaggi; questo portava il lettore a farsi distrarre facilmente da uno stile da
molti giudicato privo di contenuto (come affermano Golino, Carver e Mayhew) e
‘…old- fashioned…’, 27come sostiene Bergin.
‘Nelle sue mani, invece,…’ per Michele Cantarella ‘…il racconto breve è
definitivamente arte, per la sua chiarezza e unità’.28
Esaminiamo, allora, quali sono stati i temi tanto cari a Moravia, argomenti
che, allo stesso tempo, hanno portato tanti esperti a scontrarsi, giudicando
spesso l’Autore un uomo amorale, ‘…uno scrittore pornografo,…astutamente e
calcolatamente tale…’. 29
Forse proprio ‘…his courage and his frankness in dealing with subjects that
many considered a taboo’,30 potrebbero essere stati dei possibili motivi da attribuire
al suo successo.
Il Galletti, invece, giudicò la produzione moraviana una ‘scorribanda di
pornografia vera e propria’.31 Come pure Francesco Flora, costatò che Moravia
cadeva troppo spesso in descrizioni troppo dettagliate, ‘…sfociando…in un
verismo erotico gratuito’.32
È vero, si dovrebbe quasi ammettere che il Nostro abbia dedicato i suoi
scritti alla prostituzione, all’incesto e, specialmente, a quello strato della società
che agisce solo per interesse o per istinto, per questo, a volte, le descrizioni da
Lui fatte, sono sembrate disgustose e nauseanti. Solo in uno dei suoi romanzi
l’elemento sessuale è stato tralasciato: si tratta de La Ciociara, dove questo
concetto è presente solo nella parte finale, in cui è raccontato l’episodio dello
stupro di Rosetta.
Feci per spingere la porta che adesso era chiusa e mi trovai naso a naso con
uno di quei soldati che sembrava un turco, tanto era scuro e butterato(…)
e, dietro di lui, vidi che ce n’erano degli altri ma non vidi quanti, perché lui
adesso…mi tirava dentro la chiesa (…). Poi udii un urlo acuto, era Rosetta, e
allora cercai con tutte le mie forze di liberarmi per correre in aiuto a Rosetta,
ma lui mi teneva stretta (…).
Ma non mi aveva fatto niente anche perché, come ricostruii in seguito, i compagni l’avevano chiamato per tenere ferma Rosetta e lui mi aveva lasciato e
ci era andato e si era sfogato come tutti gli altri su di lei. Purtroppo, però,
26
F. ALFONSI, Alberto Moravia in America…, cit., p. 160.
Thomas BERGIN, The Moravian Muse, VQR, XXIX (1953), p. 221. (…fuori moda/ all’antica…).
28
Michele CANTARELLA, Alberto Moravia, in Prosatori del novecento, New York, Holt Reinhart, 1967, p. 2.
29
F. ALFONSI, Alberto Moravia in America…, cit., p. 129
30
Rocco CAPOZZI e M. MIGNONE, in A Homage to Moravia, New York, Forum Italicum, 1993, p. 1. (“…il
suo coraggio e la sua franchezza nel trattare argomenti che molti consideravano un tabù”).
31
Alfredo GALLETTI, Storia letteraria italiana: Novecento, Milano, Vallardi, 1954, p. 709.
32
Francesco FLORA, Alberto Moravia in Scrittori italiani contemporanei, Pisa, Nistri-Lischi, 1952, p. 220.
27
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Rosetta non era svenuta, e tutto quello che era successo lei l’aveva veduto
con i suoi occhi e sentito con i suoi sensi.33
Qui i particolari della violenza sessuale sono stati tralasciati, per dar spazio
alla crudeltà dei soldati che, negli occhi della ragazza, resterà indelebile.
(…) poi levai gli occhi e vidi Rosetta. L’avevano trascinata o lei era fuggita
fin sotto l’altare; stava distesa, supina, con le vesti rialzate sopra la testa
e non si vedeva, nuda dalla vita ai piedi. Le gambe erano rimaste aperte,
come loro le avevano lasciate(…). Io pensai che fosse morta anche per
via del sangue il quale, benché capissi che era il sangue della sua verginità
massacrata, era pur sangue e suggeriva idee di morte(…). Vidi allora che
lei mi guardava con occhi spalancati, senza dir parola né muoversi, con
uno sguardo che non le avevo mai visto, come di animale che sia stato
preso in trappola e non può muoversi e aspetta che il cacciatore gli dia
l’ultimo colpo.34
Lo Scrittore, dunque, non volle soffermarsi sull’elemento sessuale, bensì
sulla difficile condizione umana, circoscritta soprattutto al periodo della guerra.
Con riferimento a questo, bisogna ricordare come Moravia sia stato uno dei
pochi scrittori del suo tempo ad aver definito attentamente gli avvenimenti che
sconvolgevano la vita della gente comune, durante la guerra.
Il romanzo, dunque, è a sé rispetto agli altri, in quanto, finalmente, si respira
un clima familiare e, dove, la dignità ed il coraggio vengono ritenuti ancora valori
importanti.
Quando, ne La Ciociara, Moravia si riferiva ai contadini, si notava come
Lui, più che parteggiare per loro, ne provava quasi pietà, mostrando come questa
gente, tanto umile, ma gretta e avara, fosse attaccata più alle cose che alle proprie
idee.
Mio padre e mia madre erano contadini, si sa, però mi avevano fatto un corredo come ad una signora, trenta di tutto (…).
Avevo anche dei coralli, di quelli che valgono di più, rosso scuro (…).35
Ancora si denota l’ignoranza e la bassezza d’animo, quando la protagonista
inizia a parlare del periodo della Guerra:
Tedeschi, inglesi, americani, russi, per me come dice il proverbio, ammazza
ammazza, è tutta una razza. Ai militari che venivano a bottega e dicevano:
33
A. MORAVIA, La Ciociara, Milano, Bompiani, 1983, p. 260-261
Ibidem, p. 261-262.
35
Ibidem, p. 5.
34
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vinceremo là, andremo qua, diventeremo, faremo, io gli rispondevo: per me
tutto va bene finché il negozio va bene 36
Spesso, però, proprio grazie a questo tipo di descrizione dei ‘…lati più tetri e
viziosi dell’uomo…’37 e all’esposizione realistica degli avvenimenti, Moravia, riuscì
a comunicare al lettore la repulsione che Lui, in prima persona, provava di fronte
a certi fatti. Era come se l’Autore volesse provocare, scuotere il suo pubblico, ‘…
strapparlo dall’idillica e spensierata immobilità in cui vive…’,38 per aprirgli gli occhi
su ciò che c’è ‘…di falso, di malsano, di marcio, di ambiguo’.39
Addirittura, alcuni esperti, proprio per questo suo lato particolare, lo
definirono un moralista. Sembrerebbe strano parlare di moralità in uno scrittore
come Moravia, ma, quasi per assurdo, proprio tramite questo suo modo di essere
talmente freddo e di restare apparentemente passivo davanti al male, Egli si può
definire, a suo modo, un moralista e, come ha detto Sidney Alexander, un moralista
senza fede, ‘…a moralist who writes non-morality plays to demonstrate a thesis’40, ed
ancora ‘a lucid observer with the temper of a moralist…’41, per Poggioli. Altri, come
Joan Ross e Donald Freed, in The Existentialism of Alberto Moravia, rigettarono
questo suggerimento, affermando che ‘Moravia is never moralistic…’.42
I suoi scritti, in ogni modo, presentavano una società corrotta, in cui l’uomo
è guidato dai propri capricci e dove il sesso vince l’amore. Il motivo che compariva
spesso nei suoi scritti, dunque, era proprio il sesso, ma, non per questo, Moravia
può essere definito un pornografo.
Egli stesso affermò: ‘Per me il sesso è da una parte un dato un fatto oggettivo,
e dall’altra la metafora per raccontare’.43 In un’intervista con Ferdinando Alfonsi,
inoltre, Moravia parlò di amore fisico, perché, solo tramite un rapporto d’amore,
l’uomo, che ‘…è un animale sociale’,44 può riscoprire l’esistenza ‘…di un rapporto
positivo con la realtà…’.45
Riferimenti al sesso e alla sensualità, possiamo trovarli, più volte, già all’inizio
del romanzo Gli Indifferenti, in cui la prima pagina è dedicata alla descrizione di
Carla, la quale, più che ventiquattrenne, appare una ragazzina impacciata:
36
Ibidem, p. 9 .
F. ALFONSI, Alberto Moravia in America…, cit., p. 136
38
S. BATTAGLIA, La narrativa di Moravia…, cit.,, p. 97.
39
Ibidem, p. 97.
40
Sidney ALEXANDER, A French novel in Italian, dalla rivista Reporter, Nov. 23, 1961, p.56 (“…un moralista che scrive opere immorali per dimostrare una tesi”).
41
Renato POGGIOLI, The Italian Success Story, dalla rivista Wake, No. 12, 1953, p. 17. (“un lucido osservatore con il temperamento di un moralista”).
42
S. WOOD, op. cit., p. 4. (“Moravia non è mai moralistico”).
43
A. MORAVIA, da un’intervista con Nico Orengo, in Tutto libri, 18 maggio 1985.
44
F. ALFONSI, Alberto Moravia in America…, cit., p. 171.
45
Ibidem, p. 171.
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Entrò Carla; aveva indossato un vestitino di lanetta marrone con la gonna
così corta, che bastò quel movimento di chiudere l’uscio per fargliela salire
di un buon palmo sopra le pieghe lente che le facevano le calze intorno alle
gambe….46
Presto, le prime volgari allusioni, da parte dell’amante della madre di Carla,
Leo Merumeci, riguardanti il corpo della ragazza:
Sai che hai delle belle gambe, Carla? disse volgendole una faccia stupida ed
eccitata….47
…aveva aspettato dieci anni che ella si sviluppasse e maturasse per insidiarla
ora, in quella sera, in quel salotto oscuro.48
…tirava la gonna, l’occhio eccitato gli andava da quella faccia spaventata ed
esitante a quel po’ di gamba nuda che s’intravedeva là, sopra la calza. ‘Portarmela a casa’; pensava ‘possederla…’.49
Ma ecco, seppure impacciata, la reazione di Carla e la insistente ostinazione
dell’uomo:
Restiamo buoni amici, Leo, vuoi? Buoni amici come prima ma la veste tirata
le scopriva le gambe, e c’era in tutto il suo atteggiamento renitente e in quei
gesti che faceva per coprirsi e per difendersi, e in quelle voci che le strappavano le strette libertine dell’uomo, una vergogna, un rossore, un disordine…
Stringeva i denti, tutti i suoi sensi si esaltavano alla vicinanza di quel corpo
desiderato: ‘Ti ho alfine’ pensava…. 50
Ancora, mentre la narrazione scorre, si ripetono le frasi ‘sconce’ e piene di
doppi sensi di Leo, che sottolineano la sfacciataggine del personaggio nei confronti
della figlia della sua amante.
‘Ah, che bella bambina’ pensava intanto Leo; (…) ‘Ah, che bella bambina,’ e
già si chinava per abbracciarla….51.
[…] ‘Che bel vestitino hai’ cominciò Leo con voce carezzevole e sommessa: ‘Chi te lo ha fatto?… Che bella bambina sei…vedrai come si starà bene
insieme: sarai la mia bambina, la sola bambina della mia vita, la mia grazio46
A. MORAVIA, Gli Indifferenti, Milano, Bompiani, 1964, p. 5.
Ibidem, p. 6.
48
Ibidem, p.7.
49
Ibidem, p.8.
50
Ibidem, p. 9.
51
Ibidem, p. 105.
47
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sa bambina’ (…) ‘sicuro che l’amo la mia Carlotta, la mia bambola, la mia
Carlottina’ soggiunse Leo ficcando delle dita sconvolgitrici nei capelli della
fanciulla; ‘la amo moltissimo e guai a chi me la toccherà… e la desidero anche, certo…tutta intera… desidero queste labbra, queste guance, queste belle
braccia, queste belle spalle, questo suo corpo (…).52
Per Donald Heiney Moravia ‘… is a specialist in sex but he feels sex as a
means of power. The goal of sex is not pleasure, or reproduction; it is dominance
over others…’.53
In molti, infatti, tra cui Golino e Sidney Alexander, ritennero che Moravia
non fosse un pornografo, ‘…o perché nel fatto sessuale scoprono un significato
profondo, o perché si accorgono che esso è trattato in modo freddo, distaccato,
per nulla provocante’. 54
Moravia, infatti, non voleva indurre al sapore piccante del fatto sessuale,
anzi, ‘in una realtà…in cui i valori morali vanno in disfacimento il sesso non solo
non ha nulla di morboso, ma diventa l’unico mezzo per entrare in contatto con il
mondo, con gli uomini.55
Molti critici, per questo, si chiesero perché il Nostro Scrittore si fosse
tanto basato sull’erotismo, senza che esso fosse destinato a rivelare qualche
segno di vera passione o di trasporto, anzi, rappresentasse piuttosto un’abitudine
automatica, arida e passiva. Essi sono riusciti a darsi due possibili motivazioni
riguardanti questa scelta di Moravia: una potrebbe essere che la sessualità
rappresenta una grande preoccupazione per le generazioni di tutti i tempi,
soprattutto per quel che riguarda l’esperienza del sesso nell’età adolescenziale,
in quanto può provocare nell’individuo la crisi, perché ‘…aggredisce il mistero
dell’adolescenza alle radici, come la prima tempesta di vento che s’abbatte
su una giovane pianta’56; l’altra motivazione è che il sesso, per Moravia, può
esser stato interpretato come una via di scampo ‘…dalla noia e dal senso del
vuoto’.57
Tra coloro che la pensavano in questo modo, vi è Lilia Crocenzi, che
osserva come la passionalità sia, in Moravia, un fatto ‘…liberatore e portatore di
tormento…’,58 qualcosa che permette ai Suoi personaggi, anche secondo Heiney,
52
Ibidem, p. 186-187.
Dal sito internet: www.uwgb.edu/galta/333/papers.htm. D. HEINEY, Alberto Moravia in Three Italian Novelist, Ann Arbor, the University of Michigan Press, 1968. (‘…è uno specialista del sesso ma sente il
sesso come un mezzo di potere. Lo scopo del sesso non è il piacere o la riproduzione; è il predominio sugli
altri…’).
54
F. ALFONSI, Alberto Moravia in America…, cit.,p.129.
55
Ibidem, p. 123.
56
S. BATTAGLIA, La narrativa di Moravia, cit., p. 121.
57
F. ALFONSI, Alberto Moravia in America…, cit., p. 126.
58
Ibidem, p. 123.
53
102
Antonella Iacobbe
di raggiungere la propria identità personale, perché ‘the sexual encounter is a
microcosm of all human relations…And it is only in this relation to others that
the individual can establish an identity, can be somebody, even to himself’.59
Un aspetto particolare del fatto sessuale è il voyeurismo, ‘…quella curiosità
morbosa con cui alcuni individui si procurano certe soddisfazioni connesse con il
piacere sensuale’.60
Secondo Rocco Capozzi, lo spiare potrebbe essere, nella scrittura di Moravia,
una tecnica narrativa ‘…for the self-analysis of his future narrator- intellectuals’,61
una strategia mediante la quale,‘…oltre a farci vedere ciò che tutti potrebbero
vedere,… ci fa vedere ciò che nessuno potrebbe vedere, a meno di essere, appunto,
un voyeur’.62
Di solito, in Moravia, ‘chi guarda’ è, il più delle volte, l’uomo che spia la
donna, suo oggetto, muoversi ed esibirsi per lui.
La donna, dunque, viene osservata e, allo stesso tempo, viene descritta
attentamente dallo Scrittore, per la curiosità ed il piacere che il suo corpo, spesso
innocente ed indifeso, suscita nell’uomo.
«Curvo, seduto sul divano, egli osservava la fanciulla con una attenzione avida;
gambe dai polpacci storti, ventre piatto, una piccola valle di ombra fra i grossi
seni, braccia e spalle fragili, e quella testa rotonda così pesante sul collo sottile.
‘Eh che bella bambina’; egli si ripeté ‘che bella bambina’. La libidine sopita
per quel pomeriggio si ridestava, il sangue gli saliva alle guance, dal desiderio
avrebbe voluto gridare».63
L’elemento del voyeurismo è stato trattato da Olga Ragusa; ella lo giustifica
nel momento in cui appartiene al mondo degli adolescenti, in quanto questi ultimi
appaiono incuriositi dall’altro sesso, soprattutto nei loro primi approcci con esso.
(…) la porta della madre era attigua alla sua. Egli si avvicinò, ma trovandola
socchiusa, invece di bussare come sempre faceva, forse guidato inconsapevolmente da quel suo nuovo desiderio di sorprendere l’intimità materna, sospinse dolcemente il battente aprendolo a metà.
[…] La prima cosa che vide fu la madre ritta in piedi davanti a questo cassettone. Ella non era nuda come aveva quasi presentito e sperato affacciandosi,
59
D. HEINEY, Alberto Moravia, cit., p. 5. (‘L’incontro del sesso è un microcosmo di tutte le relazioni umane…Ed è solo in questa relazione con gli altri che l’individuo può stabilire un’identità, può essere qualcuno,
anche per se stesso’.)
60
F. ALFONSI, Alberto Moravia in America…, cit., pp. 128-129.
61
R. CAPOZZI, in A Homage to Moravia, New York, Forum Italicum, 1993 p. 40. (‘…per l’auto-analisi dei
suoi narratori-intellettuali’.)
62
Ibidem, p. 46.
63
A. MORAVIA, Gli Indifferenti, cit., p.6.
103
Moravia: «vocazione alla modernità»
bensì quasi spogliata e in atto di togliersi davanti allo specchio la collana e
gli orecchini.64
Da questa visione si discosta un altro studioso, il Lewis, che vede, in questo
desiderio di osservare di nascosto, una volontà, da parte di Moravia, di far vivere e
afferrare quella parte ‘…indefinibile… sfuggente…’65 della vita dell’uomo. Inoltre
egli afferma che lo spiare, nei romanzi del Nostro Autore, diventa ‘…a piece of
theatrical mechanics,…essential to the progress of the action’. 66
La teatralità delle narrazioni è un’altra caratteristica importante di Moravia,
difatti, essa è stata avvertita da non pochi critici.
Frank Baldanza, addirittura, parla di ‘…classical Greek tragedy’,67 in quanto
lo Scrittore utilizza, nelle sue opere, come nella tragedia greca, un ristretto numero
di personaggi e, inoltre, si avvale dell’immagine classica del fato, un insieme di
forze irresistibili e dominanti, di cui l’uomo non può venire a conoscenza.
Anche il Lewis ritiene che ‘…Moravia’s fiction is theatrical…’,68 ma non
crede, come Chiaromonte, nella drammaticità della sua opera. Per quest’ultimo
critico, infatti, ‘Moravia’s work is an illuminating example of the relation between
narrative and the dramatic art…’.69
Per alcuni studiosi, Moravia, occupandosi, nelle sue opere, di diversi ambiti
della società, meriterebbe l’appellativo di scrittore realista, infatti, ‘il realismo… è
la rappresentazione di modi di vita e di società in disfacimento, in cui gli uomini
appaiono impegnati soltanto esteriormente, ma sostanzialmente increduli e
scettici’.70 Lo Scrittore, infatti, con un continuo ‘…evocare immagini di vita in
atto…’,71 ha fatto dei suoi racconti un approfondito studio del vero, in cui, tramite
i suoi personaggi che sembravano reali, ha messo a nudo i difetti della società
borghese ed ha utilizzato la sua scrittura come segno di protesta e di denuncia.
I critici italiani parlano di realismo ‘…classico o magico…’,72 mentre quelli
americani insistono sulle componenti psicologiche dei personaggi, sulle quali
lo stesso Autore sembra insistere molto. Bisogna apprezzare, infatti, il forte
64
A. MORAVIA, Agostino, Milano, Bompiani, 1944, p. 39.
F. ALFONSI, Alberto Moravia in America…, cit. p. 129.
66
R. W. B. LEWIS, Alberto Moravia: Eros and Existence, in The Picaresque Saint, Philadelphia, J. B. Lippincott, 1959, pp. 45-46. (‘…un meccanismo teatrale…essenziale al progresso dell’azione’.)
67
Frank BALDANZA, The Classicism of Alberto Moravia, MFS, III, 1957, pp. 309-310. (‘…tragedia classica
greca’).
68
R. W. B. LEWIS, op. cit., p. 46. (‘…la narrativa di Moravia è teatrale’).
69
Nicola CHIAROMONTE, Moravia and the Theatre, in Realism and Neo-realism in Contemporary Italian
Literature, CE, XIV, 1953, p. 646. (‘Il lavoro di Moravia è un esempio illuminante della relazione tra la narrativa e l’arte drammatica...’).
70
S. BATTAGLIA, La narrativa di Moravia..., cit., p. 97.
71
Ibidem, p. 127.
72
F. ALFONSI, Alberto Moravia in America, cit., p. 89.
65
104
Antonella Iacobbe
interesse di Moravia per la penetrazione psicologica dei suoi personaggi, che,
parlando in prima persona, permettono al lettore di poter fare di essi un’analisi
generale.
Il gusto per l’esame dei personaggi, però, per alcuni studiosi di letteratura,
faceva perdere allo Scrittore il controllo della scrittura, infatti, occupandosi,
soprattutto di problemi psicologici e volendo, a tutti i costi, trovarvi una soluzione
individuale ed oggettiva, era costretto a soffermarsi su questo aspetto, a svantaggio
dell’esposizione della storia.
Carlo Golino, parlando del realismo di Moravia, accennò al fatto che Egli
si preoccupava molto più del ‘…mental process which determine the behaviour of
people’,73 che degli elementi fisici o delle azioni dei personaggi.
Sempre a proposito di realismo, Nicola Chiaromonte, affermò che ‘the birth
date of contemporary Italian realism …is 1929, the year when Alberto Moravia’s
first novel…was published’.74 Egli si soffermò molto sull’abilità dello Scrittore ‘…
nel darci creazioni di carattere psicologico’,75 accennando ad un realismo puramente
morale, che scaturisce dai suoi racconti, ‘…stories of this dead world’.76 Chiaromonte
si riferisce ad un mondo senza vita, perché quello descritto da Moravia è irreale,
infatti, le descrizioni paiono non appartenere a cose o eventi accaduti, ma a ‘…their
negative impression on consciousness’.77
Moravia, inoltre, venne definito da Giovanni Cecchetti lo scrittore realista
‘tra i più aderenti del secolo’,78 perché era capace di far muovere i suoi personaggi
‘…in un mondo spietatamente reale’.79
Tra coloro che credevano nel realismo moraviano, vi era, ancora, Sergio
Pacifici, il quale sostenne che l’Autore avesse dipinto ‘…a…portrayal of the middle
class in such incisive and lucid manner’. 80Tra questi vi sono anche lo scrittore
Giorgio Barberi Squarotti che denotò, in Moravia, un desiderio, ‘…a…moral will
to penetrate the world, with all its manifestations of horror, pain, struggle…’81 e il
critico Salvatore Battaglia, che vide, nel realismo di Moravia, uno ‘…strumento
73
Carlo GOLINO, Alberto Moravia, MLJ, XXXVI, 1952, p. 335-336. (‘…processo mentale che determina
il comportamento delle persone’).
74
N. CHIAROMONTE, Realism and Neo-realism…, cit., p. 433. (‘La data di nascita del realismo italiano
contemporaneo…è il 1929, l’anno in cui il primo romanzo di Alberto Moravia… fu pubblicato’).
75
F. ALFONSI, Alberto Moravia in America…, cit. p. 90.
76
N. CHIAROMONTE, Letter from Italy, PR, XIX, 1952, p. 95. (‘…storie di questo mondo morto’).
77
Ibidem, p. 95. (‘…la loro impressione negativa sulla coscienza’).
78
Giovanni CECCHETTI, Alberto Moravia, Italica, XXX, 1953, p. 159.
79
Op. cit., p. 160.
80
Sergio PACIFICI, The Fiction of Alberto Moravia Portrait of a Wasteland, Mq, XVI, 1955, p. 68. (‘…un…
ritratto della borghesia in maniera tanto incisiva quanto lucida’).
81
S. WOOD, Woman as object..., cit., p. 64. (‘…una…volontà morale di penetrare il mondo, con tutte le sue
manifestazioni di orrore, dolore, lotta…’).
105
Moravia: «vocazione alla modernità»
di lavoro’82, ‘…un tramite che lo scrittore stabilisce tra il mondo e la propria
fantasia…’.83
Per altri critici, invece, questo suo modo di dedicarsi troppo spesso alla
decadente borghesia, apparve come un limite, perché non permetteva allo Scrittore
di avere una visione completa della realtà; così i Suoi scritti non potevano essere
definibili reali, in quanto l’Autore non si preoccupava del dettaglio, né di certe
sfumature ma, piuttosto, appariva distante dalle cose, che non riusciva a cogliere
nella loro oggettività.
Gli esperti, nell’esaminare la produzione moraviana, ‘…sembra quasi che
non possano fare a meno di formulare il problema dell’impegno’84 sociale dello
Scrittore. Questo avviene quando si esamina la Sua abitudine a concentrare tutto
sui conflitti e sulla vita dei borghesi, ma anche sulle classi più basse, delle quali,
nonostante Egli non vi appartenesse, sapeva mostrare bene le stravaganze ed i
capricci.
Alcuni, come Olga Ragusa o il Sanguineti, credevano che la simpatia per i
poveri non fosse un fatto naturale in Moravia, ma solamente qualcosa di forzato che
scaturiva dall’odio che Egli provava nei confronti della sua classe di appartenenza.
In ogni caso, benché Moravia simpatizzasse per i più deboli, non abbracciò
mai nessuna ideologia politica come soluzione ai mali della società, anche se non
rimase nascosta la sua simpatia nei confronti del Comunismo.
Anche se certi racconti, come La Mascherata o Il Conformista, appaiono
‘a bitter and satirical parody of the Fascist regime and its principal figures’,85 non
appare in essi una critica diretta alla politica del tempo. Nel primo libro, infatti,
Moravia sembra utilizzare il fascismo come sfondo all’intrigo e a descrizioni di
passioni violente. Naturalmente, diversi sono i critici e, diverse, le chiavi di lettura:
tra gli americani che si dedicarono a questo aspetto, vi è Giuliano Dego che,
parlando de Gli Indifferenti, notò: ‘…we find not only the embryo of Moravia’s
future social preoccupation, but also the whole sense of the desolate limitations… of
Michele’s class’.86
Ebbene, a quale mondo appartengono i personaggi moraviani?
Tutti, come uniformati, vivono istintivamente, tristi ed in solitudine,
in una società senza ideali e senza amore, schiacciati ‘…dalle regole di una vita
inautentica…’,87 incapaci di comunicare tra loro e quasi ridotti al silenzio; il loro è
82
S. BATTAGLIA,La narrativa di Moravia…, cit., p. 98
Ibidem, p. 99.
84
F. ALFONSI, Alberto Moravia in America…, cit., p. 102.
85
Ibidem, p. 104. (Una pungente e satirica parodia del regime Fascista e delle sue principali figure).
86
Giuliano DEGO, Moravia, p. 18, in Alberto Moravia in America... cit. (‘…non solo troviamo l’embrione
della preoccupazione dell’avvenire sociale di Moravia, ma anche la completa conoscenza delle sconsolate
limitazioni…della classe di Michele’).
87
Cristina BENUSSI, in A Homage to Alberto Moravia, New York, Forum Italicum, 1993, p. 7.
83
106
Antonella Iacobbe
un mondo di cecità spirituale, chiuso e pessimista, corrotto dal denaro, dalla noia
e dall’indifferenza. Pertanto nelle varie storie non è difficile imbattersi in alcuni
di essi che, afflitti e privi di una propria individualità, paiono indossare ‘…una
maschera stupida e patetica’,88‘…una maschera pietrificata in un’espressione di
patetico smarrimento…’.89
«Moravia’s view of life is tragic because he fears that man has become a
machine. He states, ‘the use of man as a means, and not as an end, is the root of all
evil’».90 Ben visibile, pertanto, è la tragicità della vita stessa dei personaggi, che, per
essere compresa, la si deve guardare con compassione perché, come ha affermato
un suo studioso, ‘compassion is the key to life, not only for yourself but for others.
Moravia wants us to accept the challenge of assuming the sorrows of others, and to
suffer because of others.’91
Le situazioni che lo Scrittore crea nelle sue opere, ci rendono consapevoli
della crisi del mondo moderno, trainato dai ‘…false values of the industrial middle
class…’ (Giacalone) 92 crisi che ha origine dalla stretta relazione tra sesso e danaro
e ‘…that reduces the human relationships to sexual relationship because of the
avarice’.93
Le difficoltà della vita sono ampiamente descritte nel suo primo romanzo:
‘Mamma è gelosa di te’ disse guardandolo; ‘per questo ci fa a tutti la vita
impossibile’.94
A queste spiacevoli situazioni, spesso, i personaggi di Moravia non si
oppongono oppure, se hanno intenzione di reagire, trovano la risoluzione tramite
rinunce o espedienti, che non sempre portano ad evoluzioni favorevoli.
‘Se tu sapessi’, ella continuò… ‘quanto tutto questo sia opprimente e miserabile e gretto, e quale vita sia assistere tutti i giorni, tutti i giorni…’ …ella
restò cogli occhi spalancati, senza respiro, resa muta da questo passaggio di
odio…
88
A. MORAVIA, Gli Indifferenti,cit., p. 9.
Ibidem, p. 41.
90
Dal sito internet: www.uwgb.edu/galta/333/papers.htm («Il punto di vista di Moravia sulla vita è tragico perché egli teme che l’uomo sia diventato una macchina. Dichiara: “L’uso dell’uomo come un mezzo, e
non come un fine, è l’origine di tutti i mali”»).
91
Dal sito internet: www.uwgb.edu/galta/333/papers.htm (‘La compassione è la chiave della vita, non
solo per te stesso, ma anche per gli altri. Moravia vuole che accettiamo la sfida di appropriarsi dei dispiaceri
degli altri e di soffrire per gli altri’).
92
Dal sito internet: http://library.thinkquest.org/28490/data/inglese/autori/Moravia.htm. (‘…falsi valori della borghesia industriale…’).
93
Dal sito internet: http://library.thinkquest.org/28490/data/inglese/autori/Moravia.htm. (‘…che riduce le relazioni umane alla relazione sessuale, a causa dell’avarizia’)
94
A. MORAVIA,Gli Indifferenti,cit., p. 6.
89
107
Moravia: «vocazione alla modernità»
‘E così’ egli domandò… ‘proprio non ne puoi più?’ La vide annuire un poco
impacciata dal tono confidenziale che assumeva il dialogo. ‘E allora…sai
cosa si fa quando non se ne può più? Si cambia…Cambia,…vieni a stare con
me’.95
Carla, annoiata e stanca della sua vita, vorrebbe vedere mutato drasticamente
il suo stato.
…allora, per la prima volta, si accorse quanto vecchia, abituale e angosciosa fosse la scena che aveva davanti agli occhi: la madre e l’amante seduti in
atteggiamento di conversazione l’uno in faccia all’altra; quell’ombra, quella
lampada, quelle facce immobili e stupide, e lei stessa affabilmente appoggiata
al dorso della poltrona per ascoltare e per parlare. ‘La vita non cambia’, pensò, ‘non vuol cambiare’. Avrebbe voluto gridare….96
Tutti quanti i personaggi vivono una condizione di particolare incomprensione
e falsi rapporti, dai quali derivano malintesi, di cui non si conosce di che natura
siano, se di amore o di amicizia.
…Verrai a stare con me che sono il tuo solo vero amico, il solo che ti capisca
e sappia quel che vuoi.
…Alzò gli occhi verso quella faccia smarrita e provò un desiderio, per rassicurarla, di dirle una tenerezza qualsiasi: ‘Carla, amor mio… .97
Questo mondo statico ed immutabile, oltre che ne Gli Indifferenti, è stato
riproposto da Moravia in quasi tutti i suoi romanzi.
Solo in alcune opere, come ne La disubbidienza, ne La romana e ne La
Ciociara, pare esserci uno spiraglio di speranza sulla possibilità di un mutamento.
Ne La Ciociara, appunto, vi è un passo in cui la protagonista, Cesira,
attribuisce all’insegnamento avuto dalla religione, tramite Michele, la vittoria
sull’indifferenza:
…e ricordai quella sera che aveva letto ad alta voce, nella capanna, a
Sant’Eufemia,il passo del Vangelo su Lazzaro (…). Allora queste parole di
Michele mi avevano lasciato incerta; adesso, invece, capivo che Michele aveva
avuto ragione; e che per qualche tempo eravamo state morte anche noi due,
Rosetta ed io, morte alla pietà che si deve agli altri e a se stessi. Ma il dolore ci
aveva salvate all’ultimo momento; e così, in certo modo, il passo di Lazzaro
era buono anche per noi poiché, grazie al dolore, eravamo, alla fine, uscite
95
Ibidem, p. 7.
Ivi, p. 7.
97
Ivi, p. 7.
96
108
Antonella Iacobbe
dalla guerra che ci chiudeva nella sua tomba di indifferenza e di malvagità ed
avevamo ripreso a camminare nella nostra vita(…).98
Un ruolo significativo lo ricopre la fede religiosa pure ne La Romana,
grazie alla quale si può confidare in un miglioramento e, tramite la quale Adriana
può salvarsi, perché le permetterà di liberarsi da quel senso di solitudine e di
disperazione che avverte.
Questa ragazza, infatti, nonostante la propria condizione e la tristezza
derivante da essa, non si lascia sopraffare dallo smarrimento, perché si sente
confortata da ‘…un Dio che vedeva chiaro dentro di me, e vedeva che non c’era
niente di male, e che io, per il solo fatto di vivere, ero innocente, come, del resto,
tutti gli uomini’.99
Anche se Dacia Maraini affermò che ‘Moravia non ha mai fatto dell’autobiografia’,100 molti autori notarono come questo senso di disperazione nei racconti
fosse aderente alla vita dello Scrittore e derivasse direttamente dalle difficoltà che
Egli fu costretto ad affrontare, a causa della sua problematica situazione familiare,
del suo sentirsi incompleto, anche da un punto di vista letterario, perché, probabilmente, avrebbe preferito dedicarsi più al teatro, che al giornalismo o alla narrazione.
Un po’ in tutti i personaggi di Moravia si avverte la presenza di una decisa
indifferenza ad un mondo che pare non offrigli niente, se non dispiaceri.
Ne Gli Indifferenti, ad esempio, Michele, uno dei principali personaggi,
quando scopre che Leo rappresenta la rovina della sua famiglia, sia da un punto
di vista economico che morale, vorrebbe reagire in modo aggressivo, ma, come al
solito, ad ogni inizio di azione, i suoi interventi si trasformano da decisi ed energici,
nell’indifferenza, sentimento che lo rende incapace di farsi valere.
‘Vengo proprio ora dall’amministratore di Leo’; continuò tranquillamente
il ragazzo. ‘Ho saputo un monte di belle cose…e prima di tutto che siamo
rovinati’.
‘Vorrebbe dire?’ chiese la fanciulla interdetta.
‘Vorrebbe dire’ spiegò Michele ‘che dovremo cedere la villa a Leo, in pagamento di quell’ipoteca, e andarcene, senza un soldo, andarcene altrove’.
Si guardarono; un sorriso forzato squallido passò sulla faccia del ragazzo:
‘Perché sorridi?’ ella domandò.‘Ti par cosa da sorridere?’.
‘Perché sorrido?’ egli ripeté. ‘Perché tutto questo mi è indifferente…e anzi
quasi mi fa piacere’.101
98
Ibidem, p. 307-308.
A. MORAVIA, La Romana, Milano, Bompiani, 1992, p. 260.
100
Dacia MARAINI, in A Homage to Moravia, cit., p. 60.
101
A. MORAVIA, Gli Indifferenti,cit., p. 13.
99
109
Moravia: «vocazione alla modernità»
Egli, infatti, esprime, più degli altri personaggi, l’indifferenza che pervade
tutto il romanzo, perché, nonostante abbia degli ideali, non riesce a portare avanti
ciò in cui crede, sopraffatto com’è dalle cose materiali, in quanto parte di una
società che si ispira al denaro ed alla corruzione.
‘Eh eh, che bel vestito che hai…chi te lo ha fatto?…’.
Era un vestito di stoffa turchina di buon taglio ma molto usato, che Leo
doveva avergli veduto addosso almeno cento volte; ma colpito da questo diretto attacco alla sua vanità, Michele dimenticò in un solo istante tutti i suoi
propositi di odio e di freddezza.
‘Ti pare?…’ domandò non nascondendo un mezzo sorriso di compiacimento(…).
(…) dalla rabbia avrebbe voluto gridare; vanità e indifferenza, nel giro di
pochi minuti Leo aveva saputo farlo cadere in ambedue queste sue meschine
voragini.102
Lo stesso meccanismo di cedimento avviene ne La romana, come a Michele
de Gli Indifferenti, a Giacomo, militante antifascista, al quale
…accadeva di infiammarsi, insomma, per un fine qualsiasi e, finché durava
il fuoco del suo entusiasmo, di vedere quel fine come una cosa concreta e
possibile. Poi, tutto ad un tratto, il fuoco si spegneva ed egli non provava più
che noia, disgusto e, soprattutto, un completo sentimento di assurdità. Allora o si lasciava del tutto andare ad una specie di smorta e inerte indifferenza,
oppure agiva in maniera esteriore e convenzionale, come se quel fuoco non
si fosse mai spento, ossia, in una sola parola, fingeva. 103
Con il Pacifici si è avuta una nuova e particolare interpretazione di cosa sia
stata l’indifferenza moraviana; secondo lui, lo Scrittore ha voluto rappresentare un
mondo senza principi, per denunciare il bisogno di un rinnovamento necessario
alla società. Per questo autore ‘indifference is not just a mixture of apathy… and
futilità’,104 ma è alla base dell’azione, del cambiamento. Per il Pacifici l’indifferenza,
appunto, rappresenta una‘…man’s struggle to find himself in a civilization without
beliefs’. 105
Si è dedotto che ci fosse un effetto diretto dell’indifferenza, la noia, tema
studiato in maniera approfondita, poiché emblema della disperazione dell’uomo,
che, dopo essersi confrontato con la realtà, rimane solo. Avviene questo perché
102
Ibidem, pp. 14-15.
A. MORAVIA, La Romana¸cit., p. 401.
104
Sergio PACIFICI, Alberto Moravia and ‘The age of Indifference’, Symposium, 8, 1954, p. 324. (‘L’indifferenza non è solo un misto di apatia…e futilità’).
105
Ibidem, p. 324. (‘…lotta dell’uomo per ritrovare se stesso in una civiltà senza fede’).
103
110
Antonella Iacobbe
al mondo moraviano, che rappresenta poi quello reale, vi si può accedere solo
grazie al denaro che, facilmente ottenibile tramite sporchi compromessi o cattive
ambizioni, determina che l’essere umano, scoraggiato, si abbandoni a se stesso.
Nella maggior parte delle vicende, queste situazioni vedono protagoniste le
donne che, rassegnate e contagiate dall’ambiente, si lasciano trasportare dalle
cose materiali.
Così avviene per Carla de Gli Indifferenti, nella quale sopraggiunge una
sorta di accettazione, per quanto inconscia, nel momento in cui Leo le offre di
andare a vivere con lui, promettendole ‘tutto quel che vorrai…vestiti, molti vestiti,
viaggi…(…) 106
Ella fece di nuovo il vano gesto di respingerlo, ma ancor più fiaccamente di
prima, ché ora la vinceva una specie di volontà rassegnata; perché rifiutare
Leo?…
Ma invece supplicò: ‘Lasciami’, e tentò di nuovo di svincolarsi; pensava vagamente prima di respingere Leo e poi di cedergli, non sapeva perché,… forse
per un resto di civetteria….107
Avviene grosso modo la stessa cosa in altri romanzi, in cui il danaro ha la meglio
su ogni altra cosa, anche sugli affetti. Ne La Romana, ad esempio, la madre esibisce
la figlia al pittore, ‘…proprio come si fa con le bestie per invogliare i compratori al
mercato’108 e sembra che ella ‘… voglia bene soprattutto al denaro’.109
Com’è facile notare, la bozza di quelli che sarebbero stati il mondo ed i
personaggi moraviani, si ebbe già ne Gli Indifferenti. Sembra come se la storia
di questo suo primo romanzo si ripeta e, a volte, si sviluppi in quelli successivi.
I personaggi, che si rassomigliano come se legati da un rapporto di parentela,
combattono contro una dura realtà, ma, pur ribellandosi alle situazioni, scoprono
di essere dei deboli, dei falliti.
Alcuni critici, tra cui il Pacifici, diranno che questi personaggi, notevolmente
poveri d’animo, sono delle caricature, delle marionette, perché, come loro, non sono
in grado di fare delle scelte autonomamente, di decidere tra il bene ed il male.
Non bisogna tralasciare, a questo punto, l’abilità di Moravia ad analizzare
scrupolosamente, ad esaminare e ad esprimere le sensazioni, le emozioni e le
passioni dei suoi personaggi. Per questo si è parlato di quanta importanza abbia
avuto l’elemento freudiano nelle opere del Nostro.
In Agostino, infatti, si può accennare al complesso di Edipo. Questo ragazzo,
a volte, nell’osservare sua madre la vede come una donna bellissima, come se non
106
A. MORAVIA,Gli Indifferenti, cit., p. 8.
Ibidem, pp. 8-9.
108
A. MORAVIA, La Romana, cit., p. 8.
109
Ibidem, p. 12.
107
111
Moravia: «vocazione alla modernità»
fosse più suo figlio, ma, semplicemente, un ragazzo che sente il desiderio di spiarla
mentre si spoglia.
Tutto il corpo grande e splendido sembrava, sotto gli occhi trasognati di
Agostino, vacillare e palpitare nella penombra della camera e come per una
lievitazione della nudità ora slargarsi smisuratamente riassorbendo nella rotondità fenduta e dilatata dei fianchi così le gambe come il torso e la testa
(…). Ma nello specchio, in un’ombra misteriosa di pittura annerita, il viso
pallido e lontano pareva guardarlo con occhi lusinghieri e la bocca sorridergli
tentante.
Il primo impulso di Agostino, a tale vista, fu di ritirarsi in fretta; ma subito
questo nuovo pensiero ‘è una donna’ lo fermò, le dita aggrappate alla maniglia, gli occhi spalancati (…). Così, in questo combattimento, tra la ripugnanza e l’attrattiva, tra la sorpresa e il compiacimento, più fermi e più nitidi gli
apparvero i particolari del quadro che contemplava (…). 110
Inoltre, con la scoperta del sesso, mentre il ragazzo osserva sua madre con
l’amante, è come se, in lui, fosse avvenuta una trasformazione.
Intanto la madre suonava e la musica pareva ad Agostino vivace, tumultuosa,
scintillante (…).
Poi, tutto ad un tratto, a metà di un accordo, i suoni si interruppero; e Agostino fu sicuro, in una maniera oscura, che l’impeto che traspariva nella musica aveva improvvisamente trovato uno sfogo più adeguato. Egli mosse due
passi avanti e si affacciò sulla soglia del salotto.
Quello che vide non lo meravigliò molto. Il giovane stava in piedi e baciava la
donna sulla bocca. Rovesciata indietro sul basso ed esiguo sgabello dal quale
d’ogni parte traboccava il suo corpo piegato, ella teneva ancora una mano
sulla tastiera e con l’altra cingeva il collo al giovane (…).
Il bacio fu lungo e parve ad Agostino che ogni volta che il giovane voleva
interromperlo, la madre, con insaziata avidità, lo rinnovasse (…).111
Agostino, dopo questa esperienza, vorrebbe che la madre lo trattasse da
uomo, non‘…sempre come un bambino’112 e, inoltre, nella sua psicologia, è come
se fosse scattato un senso di gelosia e di ribellione, a causa del quale, in seguito,
Agostino saprà che gli sarà difficile guardare sua madre come una volta.
Un senso di compassione per la madre a cui quel bacio pareva essere stato
così prezioso e sconvolgente; e al tempo stesso un ribrezzo forte non tanto
per quello che aveva veduto quanto per il ricordo che gliene era rimasto (…).
110
A. MORAVIA, Agostino, cit., p.40.
Ibidem, p. 82-83.
112
Ibidem, p. 96.
111
112
Antonella Iacobbe
Egli presentiva che quel ricordo gli sarebbe per sempre rimasto impresso
nella memoria.113
Sempre riguardo i personaggi, alcuni critici affermano che siano stati ben
caratterizzati, perché naturali, e aderenti alla realtà; altri, invece, accusano lo
Scrittore di averli resi troppo rigidi e senza vita per poter essere convincenti.
Altri studiosi ancora li definiscono strani e noiosi, perché sempre uguali, con i
medesimi tratti di uomini infelici, gelosi e, seppure sensuali, tormentati dall’amore
o dall’arrivismo.
Personaggi femminili, si avvicendano, frequentemente, nelle pagine
moraviane; figure femminili legate tra loro da caratteristiche simili, che
agiscono secondo l’istinto e non in base alle convenzioni sociali e, come ‘…
predestinate a un’esistenza erotica,…si lasciano andare quasi per remissiva e
sorda connivenza…’.114
Questa curiosità per il mondo femminile da parte dell’Autore, deriverebbe,
secondo Dacia Maraini, ‘…da una precoce partecipazione alla vita sentimentale ed
erotica della madre’.115
La critica, soprattutto italiana, in quanto ha approfondito questo studio
più di quella americana, lo indica come uno scrittore spietato verso la donna,
perché, oltre a presentarla spesso maltrattata, sfortunata e respinta dalla società,
la rappresenta anche dominata da un impulso quasi inumano e, anche fisicamente,
la descrive come un animale, sgradevole e odiosa, perché sembra non esserci in lei
un’anima.
Anche per la critica americana, la donna moraviana è ridotta ad un livello
di ‘occasionally useful object’116 e viene vista ‘…as an inert body, a sex to be
consumed,..a fragile and unstable creature…especially through marriage’.117
Soprattutto nel matrimonio, quindi, la donna moraviana diventa oggetto ‘…in
the eyes of the subject…’,118 e, accettando la ‘…man’s sovereignty…’,119 fa sì che
l’uomo, non sentendosi affatto minacciato, abbia la consapevolezza di essere, per
lei, una presenza centrale ed insostituibile.
Non mancano, tuttavia, voci come quella del critico italiano Alberto
Limentani, per il quale, la concezione della donna in Moravia, trattata nel suo
Alberto Moravia: tra esistenza e realtà, è piuttosto positiva. Per lui la donna,
113
Ibidem, p. 85.
S. BATTAGLIA, La narrativa di Moravia…, cit., p. 113.
115
D. MARAINI, A Homage to Moravia,cit., p. 58.
116
S. WOOD, Woman as object..., p. 11. (‘oggetto occasionalmente utile’).
117
Ibidem, p. 10. (‘…un corpo inerte, un sesso da esser consumato,…una fragile ed instabile creatura…
specialmente nel matrimonio’.)
118
Ibidem, p. 19. (‘…agli occhi del soggetto’).
119
Ivi, p. 19. (‘…sovranità/potere dell’uomo…’).
114
113
Moravia: «vocazione alla modernità»
appunto, diventa un figura carica di mistero, ‘…the image of the absurd,
the irrational…’,120 che da all’uomo quella ‘spinta esistenziale …’121 che gli
permette di raggiungere la conoscenza di se stesso. Addirittura, anche l’attenta
femminista Dacia Maraini, che conobbe bene Moravia, in quanto visse per molti
anni con lui, non volle considerare antifemminista, né pornografica la scrittura
del Nostro; anzi, la Maraini notò come Egli avesse grande ammirazione e stima
per le donne, che trattava come sue pari, rispettando la loro libertà e la loro
autonomia.
Altri, come Oreste Del Buono, vedono nella donna moraviana una presenza
consolatrice e salvatrice, in quanto ella, in ugual modo, secondo Frank Baldanza,
‘is…instinctive, naive…’122 per cui, di lei l’uomo ha bisogno: ‘…he needs the
woman’s powerful affirmative force…’.123
La donna, tuttavia, svolge un ruolo di secondo piano, tanto è vero che l’unica
possibilità che le si concede, è quella di venir correlata al sesso.
In conseguenza a tutto questo, due critici, Liliana Caruso e Bibi Tomasi,
vedono che nelle opere di Moravia,‘if a woman is sensual, she is judged to be a
whore, but she is useful and allowed to survive; if she is frigid she is of no use and
is to be eliminated’. 124
Da altri ancora, come William Phillips, il sesso, infatti, è paragonato ad una
‘…great female force like the earth…or one’s mother country’.125 Phillips sostiene
che la donna moraviana possegga una facoltà particolare, cioè quella di incantare
l’uomo, seducendolo e rendendolo vittima ‘…of a feminine imperialism…’. 126
Lidia Crocenzi, invece, pensa che il personaggio della donna sia stato, per il
Nostro, non la trascrizione della vera donna, ma la proiezione, in essa, della mente
dell’uomo.
A proposito dei rapporti uomo-donna, nei romanzi di Moravia, spesso, le
relazioni coniugali falliscono e l’amore svanisce, fino a diventare disprezzo e odio.
È esattamente in questo senso che si denota il continuo conflitto tra uomo e donna,
che vivono spesso un rapporto privo di comunicabilità e, di conseguenza, privo di
comprensione, di amore e tenerezza.
Questo contesto è presente ne La Ciociara, dove il matrimonio va avanti,
fino alla morte del marito, per un motivo di sopportazione ed obbedienza da parte
120
Ibidem, p. 5. (‘…l’immagine dell’assurdo, l’irrazionale’).
Ivi, p. 5.
122
F. BALDANZA, The Classicism of Moravia, MFS, III, 1957, p.312. (‘è …istintiva, ingenua…’).
123
Ivi, p.312 (…egli ha bisogno della potente forza affermativa della donna).
124
S. WOOD,Woman as object…, cit.,p. 11. (‘se una donna è sensuale, è giudicata una prostituta, ma è utile
e le è concesso vivere; se lei è frigida, non ha nessuna utilità ed è da eliminare’).
125
William PHILLIPS, European Fiction, AMr, 1952, pp. 104-105. (‘…grande forza femminile come la terra…
o la propria madre patria’).
126
Ibidem, p. 104-105. (‘…di un imperialismo femminile’).
121
114
Antonella Iacobbe
della donna e, probabilmente, anche per un sentimento di rispetto che la ciociara
sentiva di dover offrire all’uomo che l’aveva presa in sposa.
Parlando di mio marito, dimenticavo di dire che era già quasi vecchio quando lo sposai e ci fu chi disse che l’avevo sposato per interesse e certo non
sarei mai stata innamorata di lui ma, quant’è vero Dio, gli sono sempre stata
fedele, sebbene lui, invece, non lo fosse a me. (…) Quando invece non ci
aveva donne, diventava cupo, mi rispondeva male e qualche volta persino mi
menava.127
Nonostante la condizione spiacevole, la protagonista di questa storia sente
di dover sopportare tutto:
Del resto una donna deve essere fedele al marito qualsiasi cosa avvenga, anche se il marito, come era il caso, non è fedele a lei.128
Ma arriverà un punto in cui la situazione si aggraverà e la donna riconoscerà
il suo disagio:
Io pazientavo, ma in fondo lo odiavo anch’io e non potevo più vederlo.129
Addirittura, quando il marito si ammalerà gravemente, per poi morire, lei
non indugerà a far sapere la sua contentezza, pur continuando a stargli vicino e ad
accudirlo, forse solo per il mero senso del dovere:
…e quando si ammalò sul serio, debbo confessarlo, quasi quasi provai sollievo. Però lo curai con amore, come si deve curare il marito quando è ammalato (…). Morì alla fine; e allora io mi sentii di nuovo quasi felice.130
Tra le principali figure femminili moraviane, vi è Adriana, la prostituta de La
Romana, di cui già accennato sopra. Ella sembra essere la vera eroina di Moravia,
perché, in un mondo in sfacelo, desidera ‘uscire da questo… carcere di pietà e
di angoscia’,131 cercando di instaurare un rapporto con gli altri, seppure tramite
l’amore sessuale.
Pensavo che ero uscita da un buio senza fine e che sarei rientrata presto in
un altro buio egualmente illimitato e che questo mio breve passaggio sarebbe
127
A. MORAVIA, La Ciociara,cit., p. 7.
Ivi, p. 7.
129
A. MORAVIA, La Ciociara, cit., p. 8.
130
Ivi, p. 8.
131
Ibidem, p. 297.
128
115
Moravia: «vocazione alla modernità»
stato contrassegnato soltanto da atti assurdi e casuali. Allora capivo che la
mia angoscia non era dovuta alle cose che facevo, ma, più profondamente,
al nudo fatto di vivere, che non era né male né bene, ma soltanto doloroso e
insensato.132
Ed ancora
Ma non mi illudevo di essere sola a provare sentimenti così violenti e così disperati. Pensavo che dovesse accadere a tutti, almeno una volta al giorno, di
sentire la propria vita ridursi ad un punto d’angoscia, ineffabile e assurdo (…).
Questo pensiero mi confermava nella convinzione che tutti gli uomini, senza
eccezioni, sono degni di compassione, non fosse altro perché vivono. 133
Dopo questa analisi, è facile affermare che senz’altro in quel precocissimo
esordio, Gli Indifferenti¸ sono contenuti molti semi delle numerose opere future;
ma da questo sarebbe sciocco concludere che l’autore, nel suo primo libro, abbia
già detto tutto.
Sarebbe opportuno cogliere l’invito di Raffaele Manica a leggere Moravia
fino in fondo, occupandosi anche della fase più discussa, sottovalutata (e perciò
meno approfondita) dell’opera moraviana: appunto, l’ultima.
Con risultati alterni, certo, ha dato prova, sino alla fine - oltre che di una
indiscutibile capacità di raccontare storie - della sua solidissima ‘vocazione alla
modernità’ (l’espressione è di Baldacci), quella che gli consente di
‘andare nel fondo delle cose fingendo di restare perennemente in superficie’.
132
133
Ibidem, pp. 212-213.
Ibidem, p. 214.
116

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