1 Dott.ssa Federica Boschi PROGETTO TECNICHE DI

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1 Dott.ssa Federica Boschi PROGETTO TECNICHE DI
Dott.ssa Federica Boschi
PROGETTO
TECNICHE DI TELERILEVAMENTO PER L’ARCHEOLOGIA DEI PAESAGGI TRA
TARDOANTICO E ALTOMEDIOEVO: IL CASO DI CLASSE.
PREMESSA
Negli ultimi anni la zona archeologica di Classe è stata oggetto di un rinnovato interesse che ha
comportato la ripresa degli scavi e, più in generale, ha inaugurato una nuova stagione di studi volti
non solo ad esporre le più recenti scoperte, ma anche ad approfondire e rivisitare argomenti già
trattati.
La città di Ravenna, con i suoi più illustri esponenti politici, la Facoltà di Conservazione dei Beni
Culturali e con la sede locale della Soprintendenza dei Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, sta
mostrando sincero interesse per le potenzialità di studio e di ricerca dell’area e per la significatività
delle stesse nel definire in modo più dettagliato l’antica storia della città. Un interesse per la zona
archeologica di Classe che si è concretizzato con la recente istituzione della Fondazione
RavennAntica che, fra i vari obiettivi, si prefigge la realizzazione di un Parco Archeologico nel sito,
nonché l’approfondito studio delle aree circostanti.
La Fondazione ha pertanto finanziato negli ultimi anni la ripresa di scavi sistematici presso il
quartiere portuale di Podere Chiavichetta e altri progetti di ricerca, come la realizzazione di una
carta archeologica di Classe e Cesarea.
Nell’ambito del progetto Carta delle potenzialità archeologiche dell’antica città di Classe (diretto
dal Prof. Andrea Augenti), il vaglio della documentazione relativa all’area ha permesso di stimare il
potenziale di diversi siti già più o meno noti dalle fonti letterarie e archeologiche. Tale lavoro si è
prevalentemente basato su un’analisi a posteriori del sedimento scavato, una volta stabiliti dei criteri
di valutazione del deposito archeologico (percentuale scavata, articolazione della sedimentazione e
complessità diacronica) mediante parametri matematici, ma solo in casi limitati è stato possibile
dettagliare la ricerca con il sussidio di indagini geofisiche e di ricognizioni sul campo.
Nonostante i notevoli risultati conseguiti, molte questioni restano aperte e soprattutto si è delineato
il quadro di una città per molti aspetti ancora da scoprire.
Particolare della Carta Archeologica di Classe (in fase di elaborazione).
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TEMA
Il presente progetto trae forma e motivazione dalla mia recente partecipazione alla XIV Summer
School in Archaeology dal titolo “Ricognizione aerea, fotografia digitale e interpretazione GIS
based”, svoltasi a Grosseto nei giorni 30 maggio – 8 giugno 2005, e dalla presa di coscienza
dell’inestimabile valore di una “nuova strategia di ricerca, fondata sulla convinzione che solo
attraverso l’uso integrato di un’ampia gamma di metodologie di indagine e di tecnologie
informatiche sia possibile affrontare lo studio dei paesaggi pregressi, nonché di contribuire alla loro
valorizzazione e tutela” (CAMPANA, FRANCOVICH 2003 e CAMPANA 2005).
Durante il lavoro affrontato per la realizzazione della Carta Archeologica di Classe è emerso il dato
di una realtà archeologica ancora in buona parte sconosciuta e problematica, soprattutto per quanto
riguarda le trasformazioni del paesaggio tra l’età romana e l’età tardoantica e tra questa e la fase
altomedievale.
Pare legittimo ipotizzare che il sobborgo di Classe sia nato principalmente in funzione del porto e
dell’accampamento militare romano, ma che già nella fase più antica annoverasse nel suo ambito
degli edifici isolati, verosimilmente delle ville suburbane, che dovevano essere circondati da
necropoli. L’agricoltura e l’allevamento devono aver avuto un ruolo primario
nell’approvvigionamento della flotta e i ritrovamenti attribuibili a strutture abitative sembrano
attestare l’esistenza di piccole proprietà terriere, forse di origine coloniaria, attirate dalla ricchezza
del suolo. Più tardi, probabilmente a partire dal III secolo d.C., la zona conobbe un’urbanizzazione
progressiva, in ragione delle intense attività che coinvolgevano il porto e i suoi annessi. Dunque
l’abitato sembrerebbe essersi formato naturalmente e progressivamente fino a configurarsi come un
centro urbano vero e proprio solo in epoca tardoantica. Classe dovette allora assumere un aspetto
simile a quello riportato nel mosaico della civitas Classis all’interno della chiesa teodericiana di S.
Apollinare Nuovo, circondata da massicce mura, con edifici monumentali, grandi basiliche e con il
porto-canale completamente in funzione.
Il periodo tardoantico è senza dubbio quello archeologicamente meglio attestato a Classe, sebbene
occorra precisare che pochissimi sono gli scavi sistematici condotti nell’area, ancor meno quelli
stratigrafici, e che la tradizione degli studi è sempre rimasta ancorata a cronologie oramai attempate
e che spesso necessiterebbero di una radicale revisione, soprattutto alla luce delle nuove cognizioni
raggiunte dai recenti studi di cultura materiale. Non è un caso, infatti, che a Podere Chiavichetta,
attualmente in corso di scavo (dir. Prof. Andrea Augenti), si stia marcatamente delineando anche un
orizzonte cronologico altomedievale, fino a qualche anno fa sostanzialmente sottovalutato. Questo
stato di cose autorizza a supporre situazioni analoghe anche per altri siti del territorio di Classe,
dove si rende necessaria una più corretta comprensione delle dinamiche di frequentazione e di
popolamento.
Come anticipato sopra, nonostante il fatto che l’esistenza di una città di Classe fosse testimoniata da
monumenti ancora esistenti, come la basilica di S. Apollinare, e dalle fonti storiche, nei secoli scorsi
non vennero mai tentati scavi organizzati. Frequenti rinvenimenti sporadici, però, facevano
supporre l’importanza della zona. Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 furono avviate alcune
ricerche nelle aree di necropoli, con lo scavo parziale della necropoli di Cà Lunga e di quella di Cà
delle Vigne. Dopo un lungo intervallo di tempo, solo negli anni ’50 - ’60 si risvegliò l’interesse per
la zona con un Convegno nel 1961 incentrato sull’aerofotografia e con la “ricognizione” mediante
“sondaggi penetrometrici”. Dal 1964 gli scavi, condotti dalla Soprintendenza Archeologica
dell’Emilia Romagna, interessarono la basilica di S. Severo, quella della Cà Bianca e numerosi altri
edifici, nonché diverse aree di necropoli, come quella monumentale della Marabina. Nel 1974
iniziarono i lavori nell’impianto portuale tardoromano e bizantino nel podere Chiavichetta. A
partire dall’estate del 2001 sono state avviate nuove ricerche che hanno comportato un’estensione
spaziale dell’area di indagine sempre maggiore ed un crescente coinvolgimento delle autorità
partecipanti (Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna, S.A.E.R., Fondazione
RavennAntica).
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PROBLEMATICHE DI RICERCA
Le informazioni in nostro possesso sul sito di Classe sono, dunque, in molti casi ancora
insoddisfacenti o, addirittura, fossilizzate su congetture e ricostruzioni proposte da studiosi locali
assunte poi come assiomatiche.
Un caso emblematico è quello del Podere Mazzotti, lungo la via Romea Vecchia, dove la tradizione
degli studi sulle antichità di Classe vorrebbe riconoscere il sito della cosiddetta Basilica Petriana,
uno degli edifici religiosi annoverati nel Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis.
L’area ha nel tempo rivelato un potenziale archeologico molto promettente; numerosi sono infatti i
rinvenimenti in essa succedutisi. È stata oggetto di ricerche dalla fine del XIX alla seconda metà del
XX secolo mirate al ritrovamento della famigerata basilica di cui parla Andrea Agnello, dal
momento che lo storico ravennate colloca l’edificio entro le mura di Classe a ca. 600 m di distanza
dalla chiesa di San Severo. Al 1872 risale la notizia della scoperta presso il podere Mazzotti di un
pavimento in opus sectile. Nel 1875 il canonico G. Berti riferisce del rinvenimento di 3 lunghi muri
fra loro paralleli, frammenti musivi e marmorei che ritiene di poter attribuire alla suddetta basilica.
Nel 1964 viene condotta nel sito una campagna di sondaggi penetrometrici e trivellazioni e si
propongono diverse piante ricostruttive dell’edificio religioso. Secondo tali indagini si tratterebbe di
una struttura a pianta rettangolare con terminazione absidale, orientata sull’asse est-ovest, articolata
in tre navate scandite da due file di colonne, preceduta da un nartece e da un quadriportico. Lunga
78 metri circa e larga 43,56 metri, la basilica avrebbe la navata mediana ampia il doppio di quelle
laterali (rispettivamente 19 metri e 9,5 metri) e un quadriportico di dimensioni quasi equivalenti che
i sondaggi collocano a ridosso dell’attuale linea ferroviaria. Ai sondaggi seguono tre saggi di scavo
contigui che mettono in luce due muri paralleli, riferiti alla fondazione della navata meridionale, al
di sopra dei quali se ne imposta un terzo a loro perpendicolare ed evidentemente a essi posteriore.
Nel 1972 vengono aperti cinque saggi di scavo, coordinati da M.G. Maioli, che rivelano una
complessa stratificazione, senza tuttavia riuscire ad appurare se le strutture sepolte appartengano
realmente alla Basilica Petriana oppure a un edificio di diversa natura. Nell’agosto del 2004,
nell’ambito del progetto Carta delle potenzialità archeologiche dell’antica città di Classe, il sito
viene riesaminato alla luce dell’aerofotointerpretazione e di una campagna di prospezioni geofisiche
che portano a mettere in discussione l’identificazione delle strutture sepolte con la celeberrima
Petriana.
Fotografia aerea del sito della cd. Basilica Petriana e indicazione dell’area investigata con metodologia Georadar.
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Quello della cosiddetta Basilica Petriana non è la sola questione problematica a Classe. Molti dei
dati divulgati e tramandati nel corso degli anni si basano sulla stessa labilità di informazioni, o su
metodi di indagine di dubbia scientificità quali i sondaggi penetrometrici. Non nego, infatti, una
personale mancanza di fiducia nel sistema dell’“ascoltare e riconoscere il suono dei materiali
sepolti” (sulle modalità di esecuzione dei sondaggi si veda CORTESI 1967), anche perché i dati
forniti da questo genere di intervento sono eccessivamente puntiformi e necessitano di una forte
integrazione di tipo interpretativo. Inoltre le stesse ricostruzioni proposte in virtù di tale
esplorazione risultano particolarmente suscettibili a variazioni e rettifiche.
Le fonti scritte e la cartografia storica riconoscono a Classe un cospicuo numero di edifici e
monumenti. Proprio tale ricchezza di attestazioni ha da sempre stimolato l’attività di esploratori e
studiosi, condizionando però al contempo le interpretazioni dei risultati acquisiti e le proposte di
identificazione degli stessi.
Cd. Basilica Petriana. Rilievo del 1964 ricostruito in base ai sondaggi penetrometrici. Il grafico (in alto a sinistra)
mostra la forte sproporzione fra i metri lineari di strutture murarie individuati nel 1875 (in arancione), quelli
effettivamente accertati mediante scavo (in rosso) e quelli semplicemente sondati (in giallo).
Per lo studio e la conoscenza del territorio si ritengono necessari lo spoglio e la consultazione di:
1. fonti letterarie, documenti d’archivio, notizie e dati relativi a scavi e ritrovamenti
archeologici; dati toponomastici; studi di geografia storica e di topografia antica;
2. carte e documenti catastali antichi e moderni; carte geologiche, pedologiche, forestali,
agrarie ecc.; monografie geografiche e topografiche;
3. vecchie coperture aerofotografiche.
La fotografia aerea storica costituisce una fonte irrinunciabile per lo studio del territorio, poiché
spesso le informazioni in essa contenute mostrano un paesaggio profondamente diverso dalla realtà
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contemporanea, trasformato dallo sviluppo edilizio, dalla realizzazione di opere infrastrutturali, da
cambiamenti nell’uso del suolo, dalla meccanizzazione dell’agricoltura.
Dopo il Convegno per lo studio della zona archeologica di Classe a mezzo dell’aerofotografia del
1961, l’interesse per la topografia e l’archeologia dell’antica città è andato aumentando. Nuove
ricerche ed esplorazioni sono confluite nel Convegno Internazionale di Studi sulle Antichità di
Classe del 1967.
La fotografia aerea storica relativa al territorio di Ravenna e Classe annovera:
- dodici coperture aerofotografiche eseguite dall’Aeronautica Militare per il Convegno per lo studio
della zona archeologica di Classe a mezzo dell’aerofotografia del 1961;
- dieci coperture a scopo cartografico dall’I.G.M., dall’I.R.T.A., dall’A.M.;
- fotografie panoramiche a colori riprese dal prof. Vitale Valvassori;
- fotomosaico del litorale comprendente l’estensione delle aree a est della strada Romea dal Savio a
Comacchio, oltre all’area circostante la città di Ravenna, eseguito negli anni Sessanta.
I rilevamenti aerofotografici utilizzati durante il Convegno del 1961 hanno offerto importanti
contributi soprattutto per quanto concerne la ricostruzione dell’antica situazione geo-topografica del
territorio ravennate, permettendo di individuare ad esempio le tappe successive del protendimento
della linea di spiaggia. Minori risultati si sono avuti invece per quanto riguarda la determinazione
degli antichi alvei fluviali e le testimonianze archeologiche, senza riuscire a fornire la planimetria
esatta delle strutture del porto di Classe o dei numerosi resti archeologici sepolti nella zona.
Il fotomosaico del litorale realizzato a partire dal 1964 comprende l’estensione delle aree a est della
strada Romea dal Savio a Comacchio, oltre all’area circostante la città di Ravenna. Nello specifico
trattasi di:
- ripresa della zona urbana e sub-urbana della città di Ravenna, eseguita nel giugno del 1964;
- ripresa della fascia costiera ravennate tra la foce del fiume Savio e Porto Garibaldi, dalla strada
statale Romea al mare eseguita nell’agosto dello stesso anno;
- ripresa di un vasto comprensorio a nord di Ravenna compreso tra il Fiume Lamone e la Strada
Statale Romea, dalla ferrovia Ravenna-Lugo al fiume Reno, del dicembre 1966;
- ripresa di parte delle Valli di Comacchio;
- ripresa di una fascia di 2 km ad ovest della S.S. Romea tra i Fiumi Uniti e Savio.
Chiaramente, trattandosi di fotografie aeree verticali, scattate principalmente per scopi militari o
cartografici, le evidenze archeologiche vi appaiono quasi sempre per caso e verosimilmente i voli
non sono nemmeno stati eseguiti nel periodo dell’anno più idoneo per rilevare informazioni
archeologiche.
Le fotografie più recenti scattate sul sito di Classe risalgono all’estate del 2003 quando, in seguito a
un periodo di forte siccità, si delinearono favorevoli condizioni per la lettura del terreno. Si tratta di
poche foto oblique realizzate da un fotografo amatore. L’area oggetto di indagine fu quella
compresa tra la linea ferroviaria Ravenna-Rimini e la via Romea Vecchia. A un’analisi preliminare
le immagini rivelano una situazione che sostanzialmente pare confermare l’esistenza di strutture
sepolte a una profondità relativamente superficiale. Sul terreno sono evidenti crop-marks, tracce
dovute a variazioni della crescita, del colore, dell’altezza delle colture, riconducibili ad attività
antropiche e che spesso, per forma e caratteristiche, palesano la presenza di strutture nel sottosuolo.
L’ottima visibilità archeologica registrata dalle ultime foto rende particolarmente promettente a
Classe un programma sistematico di survey aereo; inoltre occorre precisare che le immagini
scattate, benché altamente informative, sono spesso prive di punti di controllo, indispensabili per la
fase successiva di rettificazione e georeferenziazione dei fotogrammi. Per tali motivi la nuova
copertura fotografica qui caldeggiata appare non solo allettante ma probabilmente addirittura
necessaria, anche in rapporto al valore aggiuntivo che può fornire sia alla concretizzazione del
piano regolatore comunale.
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Foto aeree scattate a Classe nell’estate 2003.
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A tale proposito c’è ancora un passaggio da considerare. Stefano Campana (CAMPANA 2005) ha
recentemente dimostrato in modo esaustivo come le fotografie aeree sono, per loro natura,
estremamente ricche di informazioni, ma dove un archeologo può riconoscere elementi di proprio
interesse, specialisti di altre discipline possono essere attratti da tutt’altri aspetti. Intenzione del
presente progetto è infatti quella di procedere all’interpretazione delle immagini mediante il disegno
delle tracce e dei vari elementi di interesse su diversi livelli informativi ad essi dedicati, ricorrendo
all’integrazione delle molteplici fonti di informazione, in modo da ottenere un archivio
multimediale costituito da una moltitudine di elementi fisicamente definibili e georeferenziati su
base cartografica e che possa risultare opportuno anche agli organi preposti alla tutela e alla
pianificazione del territorio.
OBIETTIVI
L’obiettivo principale del presente progetto è quello di riuscire a fornire una documentazione il più
possibile esaustiva e attendibile del territorio di Classe, partendo imprescindibilmente da uno studio
accurato della sua storia e affiancando ad esso una nuova ricerca mediante l’impiego di tecniche di
rilevamento e di ricognizione di superficie, con le quali stabilire un rapporto diretto con le evidenze.
Questo tipo di studio permetterebbe di approfondire notevolmente l’attuale cognizione dell’antico
paesaggio e delle modalità di insediamento della zona oggetto di interesse oltre che, si auspica, di
individuare e cartografare l’esistenza di nuove o presunte emergenze archeologiche, per le quali
verrà proposta una ricostruzione interpretata attraverso l’interpolazione delle informazioni fornite
dalle diverse soluzioni tecnologiche adottate.
La ricognizione aerea rappresenta il metodo più efficace ed economico per lo studio estensivo del
territorio e in condizioni ideali consente di ottenere informazioni estremamente dettagliate.
Le recenti esperienze di ricognizioni aeree effettuate in Italia dalle Università di Siena, Lecce e
Foggia nell’ambito del progetto European Landscapes: past, present and future, hanno dimostrato
come l’apporto della fotografia aerea possa risultare determinante nella ricerca archeologica, ma
anche come il documento aerofotografico costituisca soltanto la prima fase di un processo
conoscitivo al quale successivamente devono aggiungersi ulteriori informazioni utili a integrare la
comprensione delle evidenze fotografate. La possibilità poi, per me concreta, di utilizzare strumenti
di indagine geofisica, in particolare georadar e geoelettrica, rende effettivamente conseguibili gli
obiettivi di seguito esposti. Le prospezioni geofisiche possono aggiungere informazioni anche
molto significative ai siti documentati da fotografia aerea. Tramite l’impiego combinato di diverse
tecniche di telerilevamento si potrebbe altresì contribuire a far decadere il luogo comune secondo
cui suoli scarsamente produttivi per la visibilità aerea delle tracce archeologiche siano altrettanto
poco adatti all’applicazione di metodi geofisici. È ferma convinzione che il confronto e
l’integrazione con altre informazioni possa risultare più efficace se tutti i dati raccolti vengono
inseriti in un sistema GIS.
La principale aspirazione del presente progetto sarebbe quella di portare ed applicare al territorio di
Classe la straordinaria attività di ricerca che da oltre venti anni l’Area di Archeologia Medievale
dell’Università di Siena conduce nella Toscana centro-meridionale. Per tanto, per il territorio di
Classe, ci si prefigge di:
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effettuare ricognizioni aeree e relativa documentazione tramite fotografie aeree oblique (non
si esclude la possibilità di condurre un programma sistematico di ricognizione esplorativa
sull’intero comprensorio della bassa ravennate);
avviare la costituzione di un archivio di fotografie oblique per il censimento del patrimonio
archeologico del territorio di Classe (ed eventualmente di Ravenna);
attuare ricognizioni di superficie ed elaborare gli spot date dei materiali raccolti;
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-
-
eseguire prospezioni geofisiche di carattere estensivo;
elaborare un progetto di GIS archeologico, e non solo, contenente la mole dei dati
telerilevati capaci di integrarsi con tutti i possibili tematismi geografici e antropici.
Condizione fondamentale è ovviamente che i dati telerilevati siano tipicamente
georeferenziati, in modo da determinarne una sovrapposizione automatica sulle informazioni
spaziali esistenti;
creare modelli digitali del terreno (DTM) tramite l’interpolazione dei dati raccolti.
È noto come l’archeologia dei paesaggi necessiti di far ricorso simultaneamente a tanti metodi e
strumenti, in modo da raggiungere una buona conoscenza del contesto territoriale attraverso sistemi
non invasivi, capaci sia di rispondere a domande storico-archeologiche che di soddisfare in modo
convincente le istanze della tutela e del monitoraggio dei beni archeologici. Data l’impossibilità di
affrontare e risolvere il problema della trasformazione dei paesaggi soltanto con la ricognizione
aerea o le prospezioni geofisiche o lo scavo diretto, si ritiene fortemente necessaria una integrazione
fra tutte le metodologie adottabili. Il survey da solo non garantisce una significativa acquisizione di
dati per lo studio del paesaggio dal momento che fornisce un campione di informazioni di tipo
parziale. Il problema della notevole variabilità delle giaciture archeologiche (per composizione,
forma, struttura, posizione, interro, cropmarks, ecc.) non è risolvibile con l’aerofotointerpretazione,
ma solo grazie a una conoscenza approfondita del terreno, dell’altimetria, dei suoli, del paesaggio
antropico e geomorfologico e delle coperture vegetali. Per questo si propone un approccio multistage che partendo dai dati storici, topografici e geomorfologici, dalla documentazione d’archivio,
dalla cartografia disponibile, dalla lettura di vecchie e di nuove foto aeree, passi per la ricognizione
di superficie e attraverso indagini geofisiche sistematiche. In tal modo si potrebbe arricchire
quantitativamente e qualitativamente la conoscenza dei lineamenti strutturali del territorio
dell’antica città di Classe, delle sue emergenze e del deposito archeologico sepolto.
METODOLOGIA
Il contesto territoriale che vorrebbe essere oggetto del presente progetto di ricerca ha una superficie
di circa 1.281 ettari.
Un’estensione forse relativamente contenuta ma probabilmente adatta a un’indagine che si propone
di essere il più possibile mirata e approfondita.
Gli strumenti di telerilevamento che si possono utilizzare per indagare il territorio sono numerosi e
operano con risoluzioni e metodologie di classificazione differenti sia in micro che in macro scala.
Per il caso specifico di Classe, benché sia comunque opportuna la consultazione delle immagini
satellitari, si ritiene conveniente limitarsi alle tecniche di telerilevamento in micro scala, quali
l’aerofotografia, la geofisica, il rilievo con GPS, il rilevamento mediante stazioni totali. Inoltre, in
seguito al lavoro svolto nell’ambito della realizzazione della Carta delle potenzialità archeologiche
dell’antica città di Classe, la ricerca qui promossa dovrebbe senz’altro essere favorita dalla
conoscenza oramai acquisita, in modo più o meno approssimativo, delle profondità del deposito
archeologico nel territorio oggetto di studio. Elemento non di poco conto se si considera che
permetterebbe di settare più adeguatamente gli strumenti dell’indagine geofisica una volta nota la
profondità del bersaglio da ricercare. Allo stesso modo, la comprensione delle caratteristiche
litologiche e geomorfologiche dei diversi terreni nella zona di Classe o della presenza di determinati
elementi che potrebbero costituire un ostacolo alla ricerca, può consentire di effettuare una scelta
ragionata e a priori del metodo di prospezione geofisica più idoneo per il contesto in esame. Ad
esempio, laddove il livello della falda freatica si rivelasse particolarmente alto potrebbe essere più
conveniente ricorrere ai sistemi magnetometrico o geoelettrico piuttosto che a quello georadar; al
contrario, quest’ultimo potrebbe risultare ideale da applicare nei terreni che si estendono nelle
immediate adiacenze della linea ferroviaria (Ravenna-Rimini), dove verosimilmente l’impiego del
magnetometro potrebbe fornire scarsi risultati o, ancor peggio, essere fortemente disturbato dalla
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linea di alta tensione del tracciato ferroviario. È tuttavia intendimento del presente progetto l’
indagare i siti, quantomeno quelli risultanti potenzialmente più interessanti o di difficile
comprensione in seguito allo studio della storia del paesaggio e della ricognizione (aerea e sul
campo), ricorrendo al sussidio integrato di diversi metodi geofisici, ovviamente qualora le
caratteristiche dei siti stessi lo consentano. Ciò permetterebbe altresì di capire quale metodologia
consente di ottenere i migliori risultati in rapporto al caso specifico e, più in generale, di stabilire in
termini generali quale sia l’impatto potenziale delle diverse tecniche di telerilevamento per lo studio
del territorio di Classe.
Per la messa in opera del presente progetto si dovrà far fronte a non poche difficoltà di carattere
pratico e logistico, legate proprio all’utilizzo integrato di vari sistemi di telerilevamento che
richiedono mezzi idonei, costi e una specifica strumentazione. Ritengo comunque che tutti i limiti
oggettivi possano essere sostanzialmente superabili, in primo luogo grazie al rapporto di
collaborazione che si intende attivare con gli Aero Club della provincia di Ravenna e con quello già
esistente con l’Aero Club di Firenze, nonché con Studi Professionali di geofisica, geotecnica e
geologia, quali la ditta individuale GeoExploration di Forlì, con la quale chi scrive lavora da
qualche anno, e la WaterSoil S.r.l di Ravenna. Si confida, inoltre, nella possibilità di disporre
dell’assistenza o consulenza del team del Laboratorio di Archeologia dei Paesaggi e
Telerilevamento dell’Università di Siena (soprattutto per l’eventuale impiego del magnetometro)
con il quale si spera di avviare presto una proficua reciproca cooperazione.
La documentazione fotografica che verrà raccolta sarà probabilmente costituita sia da materiale
fotografico digitale che da stampe cartacee; ovviamente in queste ultime rientrano anche le vecchie
coperture aerofotografiche effettuate sul territorio di Classe. Si ritiene tuttavia necessario realizzare
un sistema di archiviazione informatizzato e, per tanto, la scansione digitale del materiale
fotografico su supporto cartaceo. La soluzione che verrà adottata sarà quella di un database
multimediale capace di catalogare le informazioni in base a tematismi specifici.
Come esposto sopra, l’intero lavoro confluirà nella creazione di un sistema GIS. La versione del
software utilizzata sarà verosimilmente la 9.0.
La ricognizione aerea porterà all’acquisizione di fotografie oblique, prevalentemente in formato
digitale, mediante l’utilizzo di camere digitali ad alta risoluzione. Questa scelta è motivabile sia in
virtù dell’immediata disponibilità dei risultati offerta dalle macchine digitali, sia perché le immagini
digitali con risoluzione grafica accettabile possono rappresentare un’ottima soluzione per
risparmiare sui costi della scansione a fini di pubblicazione.
Ovviamente alla ricognizione aerea e alla raccolta dati mediante fotografie oblique, seguiranno la
georeferenziazione e la fotointerpretazione tramite restituzione grafica vettoriale delle evidenze. La
prima parte del lavoro verrà affrontata mediante il software AIRPHOTO, capace di operare con
numerosi sistemi geografici di riferimento, compreso il sistema Gauss-Boaga, e che permette di
lavorare contemporaneamente con la fotografia e con la base cartografica di riferimento. Tramite
tale programma è possibile procedere alla rettifica e georeferenziazione delle immagini
aerofotografiche. La georeferenziazione delle carte e delle foto consente di ottenere la loro
localizzazione automatica in ambiente GIS. Inoltre, eseguite le trasformazioni necessarie, i dati
possono essere registrati in un’ampia gamma di formati a cui sono associate le informazioni di
georeferenziazione indispensabili per la gestione delle immagini su piattaforma GIS.
La fase di fotointerpretazione avverrà sempre mediante GIS. L’intento è quello di creare diversi
layer per la restituzione delle varie tipologie di tracce. Ad esempio potrebbero essere generati layer
per evidenze tipo fossato, probabile fossato, parcellizzazioni agrarie, strutture, ecc. Ad ognuno di
essi sarà attribuito un proprio colore codificato.
Per quanto concerne la parte del lavoro che prevede un contatto diretto con il terreno e le evidenze
archeologiche, l’attività di ricognizione superficiale si svolgerà mediante l’indispensabile sussidio
di strumenti di rilievo topografico delle griglie di raccolta e di posizionamento assoluto per i reperti
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particolari. I dispositivi GPS utilizzati saranno quelli di tipo compatto, preferibilmente coadiuvati da
strumenti topografici di precisione, quali la total station.
Per le applicazioni geofisiche si intende realizzare una esplorazione estensiva, per tanto le
metodologie più idonee da applicarsi sarebbero il georadar e il magnetometro. Occorre però
precisare che per condurre la ricerca qui esposta posso attualmente disporre soltanto dei sistemi
GPR (Ground Penetrating Radar) ed ERT (Electrical Resistivity Tomography). Uno dei propositi è
infatti quello di ricorrere anche alla tomografia elettrica, sia nei casi in cui risultasse poco
produttivo l’impiego del georadar, sia qualora si volesse ottenere una più dettagliata informazione
sulle caratteristiche e proprietà morfologiche del deposito sepolto e quindi integrarlo ad altri sistemi
geofisici.
Le apparecchiature radar che si intendono utilizzare sono il GSSI SIR 2 e il GSSI SIR 3000,
equipaggiati da antenne monostatiche di varia frequenza in rapporto alla profondità degli elementi
da investigare. È presumibile che sarà l’antenna da 500 o 400 MHz a trovare le principali
applicazioni, data la relativamente contenuta entità dell’interro esistente sopra le emergenze
archeologiche e la necessità di disporre di dati ad alta risoluzione e di un buon grado di dettaglio. Si
preventiva comunque anche l’utilizzo di antenne con frequenze più basse (300 o 100 MHz),
sebbene offrano un dettaglio relativamente inferiore, permettendo però una maggiore estensione di
misura dal piano di campagna. L’elaborazione dei file di registrazione (normalizzazione delle
scansioni/metro, filtraggi, amplificazione dei segnali, ecc.) sarà effettuata tramite PC mediante
software RADAN e tutti i radargrammi acquisiti verranno introdotti sulla piattaforma GIS, associati
al programma di visualizzazione degli stessi, RADVIEW.
Metodologia GPR. Antenna da 500 MHz.
L’indagine geoelettrica verrà condotta con un Georesistivimetro PASI Mod. 16SG multi-elettrodo
(fino a 96 elettrodi) caratterizzato da una modalità di acquisizione con dispositivo elettrodico
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Wenner. L'elaborazione dei dati di resistività apparente sarà realizzata con un Personal Computer
opportunamente programmato con software denominato RES2DINV ver. 3.3 (by M. H. Loke), che
permette una restituzione dei “file” in formato grafico (*.bmp o *.pcx). Gli strumenti di analisi
geofisica fin qui descritti verranno cortesemente concessi a chi scrive dalle ditte
GEOEXPLORATION e WATERSOIL.
Strumentazione per metodologia ERT ed esempio di tomogramma geoelettrico.
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L’analisi integrata dei dati rivolgerà una particolare attenzione verso i metodi di rilievo topografico
di tutte le fonti coinvolte. In tal modo sarà possibile garantire la possibilità di confronto dei dati nel
GIS archeologico.
TEMPI DI REALIZZAZIONE
Si stima che la realizzazione del progetto qui presentato possa compiersi nel corso di almeno 3 anni,
data la mole delle informazioni da raccogliere, elaborare e interpretare, nonché la necessità di
svolgere un programma di ricognizione aerea che preveda una ripetizione come minimo stagionale
delle battute aerofotografiche.
Bibliografia citata:
CAMPANA, FRANCOVICH 2003 = S. CAMPANA, R. FRANCOVICH, Landscape Archaeology in
Tuscany: Cultural resource management, remotely sensed techniques, GIS based data integration
and interpretation, in M. FORTE, P.R. WILLIAMS (eds), The reconstruction of Archaeological
Landscape trought Digital Technologies, Proceedings of the 1st Italy – United States Workshop,
Boston, Massachussets, USA, November 1-3, 2001, BAR International Series 1151, Oxford.
CAMPANA 2005 = S. CAMPANA, Looking to the future: una strategia per l’archeologia dei paesaggi
toscani, in C. MUSSON, R. PALMER, S. CAMPANA, In volo nel passato. Aerofotografia e cartografia
archeologica, 2005, All’Insegna del Giglio s.a.s.
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