Thriller olimpionico

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Thriller olimpionico
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16-22/3
cinema
Thriller olimpionico
Dopo il magico spettacolo per i giochi di Londra, Danny Boyle
torna con Trance, psicogiallo con James McAvoy, Rosario Dawson
e Vincent Cassel di Francesca Lombardo
Foto di Wahib/Contour/Getty
D
anny Boyle ama le sfide, e le sue scelte, mai
facili, fanno quasi sempre centro. Arrivato al
successo grazie a Trainspotting e Piccoli omicidi tra amici, il regista inglese s’è confermato
icona nazionale firmando l’anno scorso la
messa in scena dell’apertura delle Olimpiadi di Londra.
Consacrato da The Millionaire (8 oscar vinti nel 2009 tra
cui miglior film e regia) e dall’avventura esistenzial-alpinistica 127 Hours, Boyle ritorna con Trance (a giorni nei cinema europei), thriller psicologico un po’ estremo che indaga le parti più nascoste dell’animo umano, e soprattutto il potere dell’ipnosi. Interpretato da Vincent Cassel,
Rosario Dawson (la psicologa senza scrupoli Elizabeth) e
James McAvoy (Simon, mercante d’arte che ruba un
quadro e finisce braccato da una gang di criminali), il film
narra la storia di molte solitudini nella Londra d’oggi,
mondi paralleli che si incrociano in un gioco di passato,
presente e futuro, subconscio e ricordi, la cui chiave di interpretazione e lettura è lasciata in parte allo spettatore.
Boyle, perché la scelta di un film sull’ipnosi?
«Dopo le Olimpiadi, avevo bisogno di qualcosa di drammatico, che andasse a fondo nell’animo umano. Trance è
stata la mia evasione finale dai due anni olimpici».
La storia si basa su un personaggio, ipnotizzato per
ricordare dove ha nascosto il quadro. Ma c’è di più?
16 MARZO 2013
Vincent Cassel
in un’immagine
di Trance,
il nuovo film di
Danny Boyle.
«Mi affascina portare sullo schermo la molteplicità delle
prospettive del reale. Le cose non sono mai come sembrano e scandagliare la psiche, nel film mediante l’ipnosi, è
l’unico modo per tentare di afferrare la verità, sempre che
ce ne sia una. I personaggi che paiono vittime (Simon) o
neutrali (Elizabeth) sono manipolatori, malvagi, e il gioco
di prospettive è messo in evidenza attraverso la trance».
Elizabeth è molto ambigua, anche vendicativa...
«La psicologa, l’unica donna della storia, che col trance
cerca di far tornare la memoria a Simon, ha caratteristiche spesso attribuite ai personaggi maschili. Non direi
vendicativa, manipolatrice sì. Ha avuto una storia con Simon, suo paziente, che lui non ricorda. E lei, grazie all’ipnosi, cerca di ristabilire un equilibrio con questa persona
della quale era stata vittima. Del resto tutti i miei film si
ispirano all’idea di ristabilire l’equilibrio nelle relazioni».
Lei si è mai fatto ipnotizzare?
«No, faccio il regista, devo tenere tutto sotto controllo. Ma
se gli attori sono suggestionabili, i registi, che lavorano con
l’immaginazione, sarebbero ottimi soggetti per l’ipnosi:
quindi anch’io forse. Ho preferito esplorare il tema girando un film, sottoponendo gli spettatori alla perdita di senso di realtà.Vedere un film è come cadere in trance, si entra in realtà diverse dalla nostra ma verosimili. Se ci siamo
riusciti con questa storia, abbiamo fatto un buon lavoro».
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