consulta il primo numero 2015 - Centro Servizi per il Volontariato di
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Africa e Affari Sommario — Pag. 1 Nigeria / Presidenziali Saranno le elezioni più incerte di sempre Sudafrica / George Bizos Rivista mensile sul continente del futuro “Dopo l’apartheid, la terra è questione prioritaria” Gennaio 2015 Zoom / Kenya-Somalia Africa e Affari / anno 3 numero 1 / gennaio 2015 / € 15 Quella linea marittima che nasconde petrolio Focus Commercio, ecco gli Ape Europa e Africa rinnovano le relazioni economiche: ve le spieghiamo... _Intervista esclusiva al presidente del Mozambico Armando Guebuza Indice 4 Editoriale 34 5 Focus 6 Lo sviluppo dell’Africa alla prova degli Ape ZOOM / Kenya-Somalia, quella linea marittima che per Mogadiscio significa ‘futuro’ 10 Il quadro regionale 12 Risvolti doganali, opportunità e scetticismi 14 Intervista ad Armando Guebuza 17 Il caso Mozambico, da Eni alle Pmi 18 Un punto di vista africano 23 Gli accordi secondo l’Europa 24 Viaggiare in africa 29 EQUILIBRI 30 Nigeria al voto, le elezioni più incerte di sempre 31 Infrastrutture, investimenti in costante aumento 32 La Campagna Africa, NO ebola va avanti 33 Sudafrica, George Bizos sulla questione agraria 14 38 6 35 DENTRO L’AFRICA 36 Energia / Sudafrica, un piano in cinque punti per affrontare la crisi energetica I fattI dI dIcembre 2014 tunIsIa Beji Caid Essebsi nuovo capo di Stato lIbIa Africa e Affari — Pag. 26 Campi di addestramento per jihadisti nell’est malI 2 Liberato ultimo ostaggio francese 38 Agricoltura / Più caffè per l’Etiopia 40 Industria / Gli algerini di Cevital per rilanciare le acciaierie di Piombino 42 Infrastrutture / Togo, un nuovo terminal per Lomé 44 Commercio / In Sudafrica raddoppia il commercio guInea Sciopero al porto di Conakry contro Bolloré 1 nIgerIa centrafrIca Nuove violenze di Boko Haram nel nord-est somalIa Bangui denuncia in Francia l’ex presidente Bozizé elettronico Estesa per altri due anni la missione Ue antipirateria 2 r.d. congo Rimpasto di governo, entra una parte dell’opposizione burundI Conclusa la locale missione Onu ZambIa 46 Economia e finanza / Fondi per rilanciare il Camerun 48 Sviluppo / Madagascar, abolita la pena di morte 50 Appuntamenti Presidenziali, urne aperte il 20 gennaio 3 26 namIbIa Hage Geingob eletto presidente, la Swapo domina il parlamento maurItIus Elezioni parlamentari: vince l’opposizione 4 I fatti del mese — Pag. 27 1 2 3 burkina faso si insedia il parlamento di transizione, Zida promette giustizia Si è insediato a Ouagadougou il Consiglio nazionale di transizione, l’organo legislativo della transizione burkinabè. Composto da 90 membri, il Cnt sarà guidato dal giornalista Cherif Moumina Sy, nominato presidente di questa istituzione. Noto per le sue posizioni contro ingiustizie e impunità, Sy ha dichiarato che si impegnerà a dare delle risposte precise alla volontà di cambiamento espressa dal popolo. Kenya e sudan la giustizia internazionale ‘scagiona’ Kenyatta e bashir Prove insufficienti: questa la motivazione con cui la Corte penale internazionale ha ritirato le accuse contro il capo di Stato keniano Uhuru Kenyatta, indagato per crimini contro l’umanità per le violenze del 2007-2008. Procedimento sospeso anche per il presidente del Sudan, Omar alBashir, per il quale la Procura ha lamentato una mancanza di collaborazione da parte della comunità internazionale. Zimbabwe Il ministro della giustizia nominato vice di mugabe È quello del ministro della Giustizia Emmerson Mnangagwa il nome più in vista nel duo di vicepresidenti scelti da Robert Mugabe per il partito di governo dello Zimbabwe Zanu-Pf e di conseguenza per il paese. L’altro posto sarà occupato da Phelekezela Mphoko. Noto con il soprannome di ‘Ngwena’ (coccodrillo), Mnangagwa, 68 anni, diventa così il favorito d’obbligo per la successione a Mugabe. 4 sudafrica la ‘nazione arcobaleno’ ricorda mandela Un anno fa, il 5 dicembre 2013, moriva Nelson Mandela, artefice della libertà del Sudafrica dall’apartheid. Nell’anniversario della morte, il Sudafrica lo ha ricordato con cerimonie ed eventi. L’iniziativa più simbolica è stata quella dei 6 minuti e 7 secondi divisi tra rumore e silenzio: una durata simbolica per ricordare i 67 anni di attivismo di Madiba, in parte vissuti nel silenzio del carcere di Robben Island. anno 3 numero 1 gennaio 2015 Direttore responsabile Massimo Zaurrini Direttore editoriale Gianfranco Belgrano Hanno collaborato Céline Camoin, Ilenia Cassetta, Klaus Eisner, Davide Maggiore, Maria Scaffidi, Ernesto Sii, Michele Vollaro Progetto grafico Antonella Belgrano Editore Internationalia Srl Registro degli Operatori di Comunicazione iscrizione del 26/04/2013 numero 23474 Stampa PressUp srl Chiuso in redazione il 20 dicembre 2014 Africa e Affari Un nuovo anno, una nuova Africa [di Massimo Zaurrini, direttore responsabile] Gli Ape/Epa, i Millenium Development Goals (Mdg), Expo: questo 2015 appena iniziato sembra destinato a segnare un punto di svolta per l’Africa, soprattutto per le sue relazioni con il resto del mondo. Gli Accordi di Partenariato Economico (Ape, secondo l’acronimo italiano o francese, Epa secondo quello inglese) segnano, nel bene o nel male, una svolta nelle relazioni con l’Europa e vanno a indicare, almeno sul fronte commerciale, un nuovo tipo di rapporto ‘tra pari’ fra i continenti a nord e a sud del Mediterraneo, seppur gradualmente e nell’arco dei prossimi vent’anni. Anche l’analisi dei risultati ottenuti rispetto agli Mdg decisi dalle Nazioni Unite 15 anni fa lasceranno l’immagine di un continente diverso. C’è sicuramente ancora molta strada da fare, ma appare abbastanza certo che varie fette del continente hanno fatto registrare progressi significativi nella riduzione della povertà, nella sfera sanitaria ed educativa. Anche Expo 2015 che si terrà a Milano a partire da maggio rappresenta un punto di svolta. Non si era mai registrata, infatti, una così ampia partecipazione di paesi africani alla più grande esposizione del pianeta. Tra padiglioni autonomi, come quello dell’Angola, a quelli inseriti nei cluster tematici (il grosso si troverà in riso, cacao e caffè), quasi due terzi dei paesi d’Africa saranno rappresentati a Milano per la seconda metà dell’anno. Il 2015 sarà un anno importante per cominciare a intravedere quello che noi definiamo il Continente del futuro. Tempo una generazione da oggi e l’immagine dell’Africa che abbiamo sarà cambiata. Buon Anno. Sommario — Pag. 1 Nigeria / Presidenziali Saranno le elezioni più incerte di sempre Sudafrica / George Bizos Rivista mensile sul continente del futuro “Dopo l’apartheid, la terra è questione prioritaria” Gennaio 2015 Zoom / Kenya-Somalia Africa e Affari / anno 3 numero 1 / gennaio 2015 / € 15 Quella linea marittima che nasconde petrolio Focus Commercio, ecco gli Ape Europa e Africa rinnovano le relazioni economiche: ve le spieghiamo... Viaggiare verso sud non solo con i numeri [di Gianfranco Belgrano, direttore editoriale] _Intervista esclusiva al presidente del Mozambico Armando Guebuza In copertina un’elaborazione grafica dedicata al Focus di questo numero .................................................... Per informazioni Internationalia Srl via Val Senio 25 00141 Roma tel. +39.06.8860492 tel. +39.06.92956629 fax +39.06.92933897 [email protected] www.africaeaffari.it Caratteristiche Questa rivista è composta in Sabon LT Std, Helvetica LT Std; è stampata su carta Classic demimatt patinata opaca da 100 gr Una copia 15 euro Con questo numero ‘Africa e Affari’ entra nel suo terzo anno di vita. Non male per una pubblicazione di nicchia, destinata a un pubblico amante dell’Africa, o semplicemente desideroso di saperne di più per seguire i propri affari o per studiare l’ingresso in nuovi mercati. Per noi l’Africa - e speriamo anche per la maggior parte delle persone che ci legge - è però molto di più che tabulati, grafici, trend e numeri. L’Africa è un continente ricco di luoghi e popoli, che meritano di essere visitati e conosciuti. Con questo spirito, inauguriamo una rubrica, ‘Viaggiare in Africa’, che vuole essere un contributo, una goccia che mostri di volta in volta un posto, magari poco conosciuto, che a noi è piaciuto e la cui conoscenza vogliamo condividere. Cominciamo dal Mozambico, che in queste pagine troverete a più riprese anche con un’intervista esclusiva al presidente uscente Armando Guebuza. Vogliamo poi rendervi partecipi del successo che ha incontrato la campagna ‘Africa, NO ebola’, protagonista del numero precedente di questo mensile. La distribuzione gratuita ha contribuito a diffondere in maniera più ampia possibile il messaggio che volevamo dare: l’epidemia di ebola in corso in Guinea, Liberia e Sierra Leone è grave e merita ancora più attenzione da parte della comunità internazionale; ma ingiustificati sono gli effetti che la psicosi da ebola sta avendo sul resto dell’Africa. Sul tema abbiamo in programma altre iniziative. Le anticiperemo nel sito: www. africaeaffari.it Sommario — Pag. 5 FOCUS Focus Lo sviluppo dell’Africa alla prova degli accordi commerciali europei pag. 6 — Focus Il quadro regionale pag. 10 — Focus Risvolti doganali e opportunità, ma anche scetticismo africano pag. 12 — Focus Intervista ad Armando Guebuza: "L’Europa ci ascolti" pag. 14 — Focus Il caso Mozambico, da palcoscenico Eni a campo d’azione per le Pmi pag. 17 — Focus Un punto di vista africano: gli Ape non sono la vera questione pag. 18 — Focus Gli accordi secondo l’Europa: alla pari e di reciproco vantaggio pag. 23 Africa e Affari — Pag. 6 La risposta degli Stati Uniti Se l’Europa punta su legami tradizionali e Ape/Epa, gli Stati Uniti non restano a guardare. Lo scorso agosto, Washington ha ospitato il primo Us-Africa Leader Summit: per tre giorni si è parlato di Africa e il presidente americano Barack Obama ha promesso più investimenti, più missioni commerciali, più sforzi di cooperazione. Finora l’Africa ha contato solo per l’1% dell’export statunitense — Ape/Epa Lo sviluppo dell’Africa alla prova degli accordi commerciali europei Lo scorso ottobre è scaduto l’ultimatum fissato dall’Unione Europea per la firma dei nuovi accordi di partenariato economico. Alla fine la firma c’è stata, ma il dibattito resta aperto e alcuni paesi africani temono che l’intesa ne freni lo sviluppo industriale. — di Michele Vollaro Gli investimenti e gli scambi commerciali tra paesi africani e Unione Europea (Ue) sono un tema di fondamentale importanza e, al tempo stesso, particolarmente spinoso. Il commercio non può essere infatti considerato come qualcosa fine a se stesso, ma piuttosto dev’essere ritenuto uno strumento utile e necessario per migliorare le già esistenti relazioni politiche, per rafforzare i legami economici bilaterali e, in linea di principio, per sostenere gli sforzi atti a promuovere lo sviluppo sociale ed economico. I problemi nascono, da un lato, al momento di individuare il modello di regime commerciale più appropriato e i conseguenti accordi - a livello multilaterale, regionale, bilaterale o domestico - che meglio promuovano tali obiettivi, in modo da raggiungere uno svi- Focus — Pag. 7 luppo realmente sostenibile e il più inclusivo possibile; dall’altro, quando occorre stabilire la modalità con cui tali accordi debbano essere messi in pratica. È in questo senso che i negoziati sugli Accordi di partenariato economico (Ape, in inglese Economic Partnership Agreements, Epa) assumono un significato cruciale. Sintetizzando, gli Ape sono accordi di libero scambio che garantiscono alle merci africane l’accesso ai mercati europei senza dazi doganali né quote, e viceversa. Si tratta quindi di accordi reciproci anche se asimmetrici, poiché l’Ue concede l’ingresso libero nel proprio mercato a beni e servizi, mentre gli altri paesi firmatari s’impegnano a garantire la progressiva apertura fino all’83% dei propri mercati nazionali ai prodotti provenienti dall’Europa. I negoziati per gli Ape erano cominciati nel 2002, in considerazione della necessità di sostituire i precedenti accordi di Cotonou (2000) e la convenzione di Lomé (1975), che non erano conformi alle norme stabilite dall’Organizzazione mondiale del commercio (Wto/Omc). Oltre che i paesi dell’Africa, le contrattazioni per la firma di questi accordi sono state avviate anche con i paesi ex colonie europee dei Caraibi e del Pacifico, utilizzando perciò la sigla collettiva di paesi Acp. Per lo svolgimento delle trattative, è stato poi deciso di suddividere tutti questi paesi in sette differenti blocchi regionali, che, per quel che riguarda l’Africa, ricalcano le organizzazioni regionali esistenti nel continente, pur non coincidendo completamente. Soltanto il territorio contestato del Sahara occidentale e due paesi martoriati da conflitti decennali come Sud Sudan e Somalia, sono rimasti al di fuori del quadro negoziale. Inoltre, nei negoziati sugli Ape non sono inclusi i paesi del Nordafrica affacciati sul mar Meditterraneo, che non sono membri Acp e sono invece soggetti alla Politica europea di vicinato. I cinque gruppi regionali, comprendenti in totale i 47 paesi del continente coinvolti nelle trattative, sono quello dell’Africa occidentale, dell’Africa centrale, i cinque Stati membri della Comunità dell’Africa orientale, il raggruppamento Epa della Comunità di sviluppo dell’Africa australe e il gruppo cosiddetto dell’Africa orientale e meridionale. L’idea sottostante agli Ape è quella di considerare la liberalizzazione commerciale come strada maestra per l’integrazione dei paesi africani nell’economia globale, presumendo che in questo modo sia possibile rafforzarne la competitività. In base alle dichiarazioni dei negoziatori europei vi è l’intenzione di adottare una logica di partenariato ‘tra pari’, che superi il retaggio di tipo assisten- Per capire meglio Ricapitoliamo e sciogliamo una serie di sigle che troverete nelle prossime pagine. Sono le parole chiave che aiutano a comprendere meglio la questione degli Ape e i suoi protagonisti. Le sigle degli accordi commerciali Ape Accordi di partenariato economico, in inglese Epa, Economic Partnership Agreements Eba Everything but arms, in italiano Tutto fuorché le armi; accordo sancito con i paesi meno sviluppati Enp South European Neighbourhood Policy; accordo inerente i paesi a sud del Mediterraneo Spg Sistema delle preferenze generalizzate I gruppi regionali Africa occidentale West Africa Group (il gruppo è composto in massima parte dai 15 paesi della Comunità economica dell'Africa occidentale, Ecowas/Cedeao) Africa centrale Central Africa Group Eac East African Community, in italiano Comunità dell'Africa orientale Sadc Southern African Development Community, in italiano Comunità di sviluppo dell'Africa australe (il gruppo è composto da 15 paesi) Sacu Southern African Customs Union, in italiano Unione doganale dell'Africa australe (il gruppo è composto da cinque paesi) Sadc-Epa Sono i paesi Sacu più altri due paesi Sadc, interessati da un Ape regionale Esa Eastern and Southern Africa, in italiano Africa orientale e australe Ldc Least Developed Countries, in italiano i Paesi meno sviluppati Acp Paesi appartenenti ai gruppi geografici Africa, Caraibi, Pacifico >>> Il quadro regionale di pagina 10 approfondisce ulteriormente il profilo dei partner africani negli accordi Ape ziale che di fatto aveva sempre relegato i paesi dell’Africa al ruolo di semplici beneficiari di concessioni commerciali unilaterali da parte dell’Europa. La proposta del nuovo regime di apertura commerciale è stata però immediatamente criticata da molti paesi dell’Africa, secondo i quali abbattere il protezionismo significava sottrarre una delle principali fonti di entrate per i propri bilanci pubblici. Per questo motivo sono stati ben pochi i progressi fatti in più di dieci anni di negoziati, spingendo così lo scorso anno la Commissione europea a indicare il 1° ottobre 2014 come termine ultimo entro il quale i paesi Acp avrebbero dovuto almeno approvare un Ape interinale, cioè provvisorio, in attesa di accordi definitivi. A quella data, infatti, fu fissata la scadenza del regolamento europeo sull’accesso al mercato (Market Access Regulation, Mar 1528/2007), che fino a quel momento concedeva l’accesso preferenziale non recipro- Africa e Affari — Pag. 8 Unione Africana (in alto) e Unione Europea co al mercato dell’Unione Europea sotto forma di tariffe ridotte o nulle. Dopo il 1° ottobre, il libero accesso ai mercati europei sarebbe stato garantito soltanto ai paesi che avessero già firmato e avviato il processo di ratifica degli Ape - oppure a quei paesi inseriti nella categoria dei cosiddetti Ldc che avrebbero comunque continuato a godere del libero accesso grazie a un altro accordo europeo unilaterale che per sostenere lo sviluppo di queste economie meno avanzate ne liberalizza tutte le esportazioni con l’esclusione di armi e munizioni (l’accordo Eba). Prima di stabilire l’ultimatum del 1° ottobre 2014, l’Ue era riuscita a concludere i negoziati con alcuni singoli paesi dell’Africa. È il caso per esempio della Costa d’Avorio e del Ghana, che hanno avviato entrambi un Ape interinale a dicembre 2007, anche se soltanto la Costa d’Avorio lo ha effettivamente firmato nel novembre dell’anno successivo, mentre il Ghana ha preferito attendere la decisione degli altri membri del raggruppamento regionale. A gennaio 2009 è stato il Camerun ad accettare un Ape con l’Europa, ratificandolo ufficialmente nel luglio dello scorso anno. Sempre nel 2009 un altro Ape era stato firmato da Zimbabwe, Seychelles, Mauritius e Madagascar, con i primi due paesi che hanno nel frattempo provveduto anche alla ratifica parlamentare dell’accordo, mentre Mauritius e Madagascar hanno notificato a Bruxelles la sua adozione provvisoria in attesa di un’intesa con tutti i paesi del gruppo Esa. Da quando invece è stata fissata la scadenza di ottobre 2014 per la firma degli Ape, le trattative sono cominciate a farsi molto più serrate, complice senz’altro anche il timore da parte di diversi Stati dell’Africa di perdere l’accesso al mercato europeo, che rappresenta in ogni caso la principale destinazione commerciale. Il primo gruppo regionale ad aver avviato formalmente un Ape interinale con l’Ue è stato quello dei 16 paesi dell’Africa occidentale, i cui capi di Stato e di governo hanno dato lo scorso 10 luglio il loro avallo alla firma dell’accordo commerciale. L’intesa - che è stata fortemente osteggiata dalla Nigeria, il principale partner commerciale dell’Europa nella regione, poiché giudicata controproducente ai fini degli sforzi per promuovere l’industrializzazione dei paesi dell’Africa - copre esclusivamente le merci e non i servizi, anche se durante i futuri negoziati potranno essere integrati nuovi regolamenti relativi all’apertura reciproca dei mercati dei servizi. Sia i paesi dell’Africa occidentale sia i paesi dell’Ue, si stanno preparando alla firma ufficiale dell’Ape e alla conseguente ratifica parlamentare. Una settimana più tardi, il 15 luglio, è stato il turno dei paesi riuniti nel gruppo SadcEpa - con l’esclusione dell’Angola, inserita fra i paesi Ldc, la quale ha però sottoscritto un’opzione per potersi aggregare all’accordo commerciale regionale in un prossimo futuro - a dare il proprio via libera all’Ape con l’Europa. In questo caso i negoziati sono stati guidati soprattutto dal Sudafrica, che aveva già siglato un accordo di libero scambio con l’Europa nel 1999 instaurando un regime commerciale preferenziale volto alla creazione progressiva di una zona di libero scambio (Zls) per la libera circolazione delle merci. Proprio questa posizione di forza è stata utilizzata dai negoziatori sudafricani per offrire garanzie anche ai paesi vicini della 80% — La quota di mercato interno che sarà aperta dai paesi dell’Africa orientale 47 — I paesi coinvolti nelle trattative. Fuori Somalia, Sud Sudan, Sahara O. e Nordafrica Focus — Pag. 9 regione, attraverso l’approvazione di una serie di disposizioni che dovrebbero evitare abusi da parte delle imprese più rilevanti, garantendo una maggiore protezione alle industrie locali e intensificando, d’altro canto, l’integrazione economica regionale. L’ultimo raggruppamento ad aver raggiunto un’intesa con l’Ue è stato quello composto dai paesi membri della Comunità dell’Africa orientale, che hanno finalizzato un Ape completo e non interinale lo scorso 16 ottobre, due settimane quindi dopo l’ultimatum fissato da Bruxelles. In questo caso il Kenya - unico Stato dell’Eac non inserito nella li- Abuja ha ostacolato i negoziati, il Sudafrica ha giocato sul suo peso sta dei paesi Ldc - sarà il paese che risentirà maggiormente del ritardo nella firma di un accordo commerciale. Mentre gli altri paesi della regione continueranno infatti a godere del libero accesso al mercato europeo in considerazione dell’accordo unilaterale di sostegno alle economie giudicate meno sviluppate, Nairobi, dopo la data del 1° ottobre, non ha più tutele particolari e dovrà adesso attendere l’approvazione dell’Ape regionale da parte della Commissione europea prima e del Parlamento europeo poi per poter riacquisire la possibilità di vendere le proprie merci sul mercato europeo senza quote d’ingresso né dazi doganali. Libero accesso che secondo il rappresentante della delegazione Ue in Kenya, Lodewijk Briet, avverrà non prima della terza o quarta settimana di gennaio, tenendo conto dei tempi tecnici necessari per calendarizzare il voto sull’Ape dell’Eac all’Europarlamento di Bruxelles. In cambio del libero accesso ai mercati europei e la promessa dell’Ue di eliminare gradualmente i sussidi finora concessi all’agricoltura sotto forma della Politica agricola comune (Pac), i paesi dell’Eac hanno accordato la progressiva apertura nei prossimi 15 anni dell’80% dei propri mercati locali. In sostanza, l’avvio degli accordi Ape nella seconda metà del 2014 è sicuramente una novità, che non risolve però la questione di fondo legata all’effettivo beneficio che ne riceveranno i paesi africani. Decenni di preferenze commerciali unilaterali accordate dai paesi europei ai partner africani coi precedenti regimi legati alle diverse Convenzioni di Lomé, non sono stati sufficienti a promuovere crescita e diversificazione delle esportazioni. L’ipotesi sottostante i nuovi accordi Ape - che cioè attraverso l’accesso a importazioni a basso costo dall’Europa si possano ridurre i costi di produzione, i prezzi al consumo nei paesi africani e rafforzare lo sviluppo industriale, la competitività africana e l’integrazione nella catena del valore globale - è tutt’altro che verificata e i dubbi e le proteste non sono affatto venuti meno. La ratifica degli accordi da parte di alcuni paesi non risolve le questioni e sposta semmai la sfida dal fronte dei negoziati a quello più avanzato dell’applicazione e del monitoraggio degli effetti indotti sulle produzioni e sui territori locali. Africa e Affari — Pag. 10 _Il quadro regionale L’Europa esporta soprattutto macchinari industriali, prodotti chimico-farmaceutici, veicoli. L’export dei paesi africani è costituito da materie prime e prodotti agricoli _Africa centrale La maggior parte dei paesi inseriti nel gruppo dell’Africa centrale sono considerati paesi meno avanzati e hanno quindi accesso al regime Eba, con l’esclusione del Camerun, del Gabon e della Repubblica del Congo (quest’ultimo può adottare però il regime commerciale Spg). Complessivamente nel 2013 il volume degli scambi commerciali con l’Ue è stato pari a 17,4 miliardi di euro - 10,4 miliardi dei quali riguardavano le esportazioni di questi paesi verso il mercato europeo. Circa il 70% di tali esportazioni riguardavano il petrolio: l’unico paese del raggruppamento regionale che non vende petrolio all’Ue è la Repubblica Centrafricana. Tra gli altri prodotti esportati figurano cacao, legname, rame, banane e diamanti. Da parte sua l’Ue esporta verso la regione soprattutto macchinari e applicativi meccanici, equipaggiamenti per l’industria, veicoli, prodotti alimentari e farmaceutici. L’Ue è il primo partner commerciale dei paesi dell’Africa occidentale, con una quota del 30,7%, seguita dalla Cina (22,1%) e dagli Stati Uniti (10,4%). _Africa orientale (paesi Eac) La Comunità dell’Africa orientale è una regione geograficamente ed economicamente omogenea, impegnata sul fronte dell’integrazione regionale: l’unione doganale è stata istituita nel 2005 e dal 2010 vige il regime interno di tariffe zero; è in via di ratifica un protocollo per avviare l’unione monetaria e in discussione un progetto per la creazione di una federazione politica. Tutti e cinque i paesi (Burundi, Kenya, Rwanda, Tanzania e Uganda) sono membri dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto/Omc). Nel 2013 il volume degli scambi commerciali all’interno della regione è stato pari a 4,4 miliardi di euro, il 10,5% del totale degli scambi commerciali dei paesi Eac. Nello stesso anno il volume degli scambi commerciali tra l’Ue e l’Eac è stato pari a 5,7 miliardi di euro: 2,15 miliardi di esportazioni dall’Eac verso l’Ue e 3,55 miliardi di esportazioni europee verso i paesi Eac. In Europa sono giunti soprattutto caffè, fiori tagliati, tè, tabacco, prodotti ittici e verdura. Dall’Europa, invece, sono partiti soprattutto macchinari e applicativi industriali, attrezzature per trasporto e veicoli, pezzi di ricambio e prodotti chimici e farmaceutici. L’Ue è il terzo partner commerciale dei paesi dell’Eac, con una quota del 14,9%, dopo India (18,9%) e Cina (17,5%); il mercato europeo è, d’altro canto, la prima destinazione dei prodotti locali, coprendo il 24,7% delle esportazioni, seguito a grande distanza dall’India (9%) e dagli Emirati Arabi Uniti (7,4%). _Africa orientale e meridionale (Esa, esclusi i paesi Eac) Il gruppo dei paesi dell’Africa orientale e meridionale include paesi piuttosto distanti geograficamente, poiché la regione inizialmente considerata per avviare i negoziati Ape, comprendeva anche gli Stati membri della Comunità dell’Africa orientale, posizionati al centro di questa macroregione. I paesi Eac, però, hanno in seguito deciso di concludere con l’Ue un accordo commerciale a parte, in considerazione dei loro sforzi per l’integrazione politica ed economica regionale, separando quindi in due sottogruppi i paesi dell’attuale raggruppamento Esa. Tutti questi paesi sono membri dell’Organizzazione mondiale del commercio con l’esclusione dell’Etiopia, che dovrebbe entrare a farne parte nel corso del 2015, e dell’Eritrea, che non ha ancora avviato alcun negoziato. Il valore degli scambi commerciali tra l’Ue e i paesi Esa è stato pari nel 2013 a 9,1 miliardi di euro: 3,9 miliardi di export dai paesi Esa verso l’Ue e 5,2 miliardi di esportazioni europee verso i mercati locali, con un saldo di bilancio a favore dell’Europa. Le esportazioni africane sono composte soprattutto da zucchero, caffè, prodotti ittici, tabacco, rame e petrolio. Nei paesi del raggruppamento giungono invece soprattutto macchinari e applicativi industriali, veicoli e prodotti farmaceutici. L’Ue è il secondo partner commerciale per i paesi Esa, con una quota di mercato del 15,1%, dopo la Cina (19,4%) e prima del Sudafrica (10,9%). _Africa australe (Sadc-Epa) Nella Comunità di sviluppo dell’Africa australe, il Sudafrica è il principale partner commerciale dell’Ue nella regione. L’esportazione di diamanti accomuna Sudafrica, Botswana, Lesotho e Namibia, ma il Sudafrica è l’economia più diversificata anche nelle esportazioni (platino, frutta, beni manufatti e vino). Sono presenti prodotti agricoli (come la carne dal Botswana, il pescato dalla Namibia o lo zucchero dallo Swaziland), il petrolio dall’Angola e l’alluminio dal Mozambico. L’Ue esporta verso la regione prodotti simili a quelli esportati in tutte le altre regioni dell’Africa, cioè soprattutto macchinari industriali, veicoli e prodotti chimico-farmaceutici. L’Epa riconosce un accesso al mercato asimmetrico: Botswana, Lesotho, Mozambico, Focus — Pag. 11 Namibia e Swaziland hanno un accesso al mercato dell’Ue esente da dazi e quote, mentre il Sudafrica - che ha preferito mantenere un accordo bilaterale e non regionale con l’Ue - riceverà condizioni migliorative rispetto a quelle attualmente in vigore, soprattutto per quanto riguarda 32 prodotti agricoli e della pesca (compreso vino, zucchero ed etanolo). L’Ue otterrà un accesso più ampio al mercato dell’Unione doganale dell’Africa australe (Sacu), in particolare per i prodotti agricoli, a condizione di non fare ricorso a sussidi alle esportazioni, e manterrà un accordo bilaterale con il Mozambico. Complessivamente il volume degli scambi commerciali tra l’Ue e i paesi Sadc inclusi nei negoziati per l’Ape è stato pari nel 2013 a 64,3 miliardi di euro, 31 miliardi dei quali erano costituiti da esportazioni dirette verso il mercato europeo e 33,3 miliardi da esportazioni europee verso la regione. Africa orientale (paesi Eac) Africa occidentale Africa centrale Africa australe Africa orientale e meridionale Regione/Paesi _Africa occidentale L’Africa occidentale è, tra tutte le regioni Acp, il partner commerciale più importante dell’Ue, rappresentando circa il 40% dell’intero interscambio commerciale tra Europa e paesi Acp. Tutti gli Stati inseriti nel raggruppamento regionale sono membri dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto/ Omc), con l’esclusione della Liberia, che ha avviato però nel 2012 i negoziati per farne parte. Nel 2013, il valore complessivo degli scambi commerciali tra le due parti è stato pari a 68,8 miliardi di euro (un valore inferiore rispetto all’anno precedente, che ha contato 71,3 miliardi di euro), con un export verso l’Ue di 38,3 miliardi. La maggior parte delle esportazioni (circa l’80%) arriva da Costa d’Avorio, Ghana e Nigeria, con la Nigeria che vende soprattutto petrolio. Proprio il petrolio è stato da poco inserito anche nelle esportazioni del Ghana, tradizionalmente specializzato - come la Costa d’Avorio - nel cacao (di cui sono i due principali esportatori mondiali), ma anche in banane e prodotti ittici trasformati, insieme a Capo Verde e Senegal. L’Ue esporta verso la regione beni industriali, macchinari, attrezzature per trasporto e veicoli, prodotti chimici. L’Epa si concentra sui beni ma dovrebbe estendersi anche a servizi. L’Ue è il primo partner commerciale dei paesi dell’Africa occidentale con una quota del 30,5%, seguita a grande distanza dalla Cina (14%) e dagli Stati Uniti (9%). Africa centrale Camerun Ciad Gabon Guinea equat. Centrafrica Rep. del Congo R.d. Congo São Tomé e P. Africa orientale Kenya Tanzania Uganda Burundi Rwanda Africa orientale e meridionale Eritrea Etiopia Gibuti Sudan Comore Madagascar Malawi Mauritius Seychelles Zambia Zimbabwe Africa australe Angola Botswana Lesotho Mozambico Namibia Sudafrica Swaziland Africa occidentale Benin Burkina Faso Capo Verde Costa d’Avorio Gambia Ghana Guinea Guinea Bissau Liberia Mali Mauritania Niger Nigeria Senegal Sierra Leone Togo Africa e Affari — Pag. 12 Kenya temporaneamente senza tutele Il Kenya è il paese dell’Africa orientale che più ha risentito del ritardo della firma di un accordo con l’Europa. La firma è arrivata il 16 ottobre scorso, ma Nairobi deve aspettare la ratifica del Parlamento europeo, prima di recuperare le antiche tutele. A fare pressioni per la firma era stata l’industria floricola che aveva minacciato di delocalizzare le sue unità produttive in Tanzania o in Etiopia — L’esperto Risvolti doganali e opportunità ma anche scetticismo degli africani Se l’accordo di Cotonou sancì la progressiva evoluzione delle relazioni tra i due blocchi verso l’affermazione del principio di reciprocità, secondo diversi paesi del continente gli ultimi sviluppi rischiano di compromettere alcuni comparti, tra cui quello agricolo. — Giuseppe De Marinis* Gli Accordi di partenariato economico (Epa) sono accordi di libero scambio volti ad abbattere le barriere doganali e a promuovere l’integrazione economica delle aree coinvolte, e hanno da sempre visto, da parte degli Stati africani, una non volontà nel sottoscriverli. Recentemente, tuttavia, alcuni accordi sono stati siglati dall’Unione Europea con tre differenti gruppi di Stati africani: il gruppo dell’Africa occidentale, il gruppo Sadc-Epa e il gruppo comprendente i cinque paesi della Comunità dell’Africa orientale. Gli accordi sono stati raggiunti dopo un lungo processo negoziale e vanno a ridisegnare le relazioni economiche e commerciali tra Ue e paesi Acp. Infatti, con la firma degli accordi Epa si aprono sicuramente vantaggi anche a livello doganale, sia lato import che lato export, per le imprese italiane che hanno relazioni commerciali con tali paesi. Ovviamente bisogna tener conto dello specifico prodotto di riferimento che può portare o a un azzeramento Focus — Pag. 13 del dazio o a una parziale riduzione degli assolvimenti doganali attualmente previsti per l’ingresso delle merci provenienti dall’Ue nei mercati di alcuni Stati africani. Le difficoltà nel siglare gli Epa si sono presentate anche durante il quarto vertice tra Ue e Africa, tenutosi ad aprile 2014, in cui l’Unione Europea ha fatto i conti con una serie di problemi, tra cui, appunto, quello relativo agli investimenti e agli scambi commerciali. Già dalla firma dell’accordo di Cotonou, la politica economico-commerciale tra Ue e paesi Acp presentava difficoltà sul tema degli accordi di partenariato economico, che avrebbero dovuto essere operativi dal 2007. Davanti ai tanti ostacoli nel trovare un accordo sugli Epa - e alla contrarietà di molte espressioni della società civile organizzata in Europa in nome della tutela di modi di produzione a livello locale che avrebbero pagato il prezzo più alto della liberalizzazione commerciale - una mediazione è stata quella di siglare e poi ratificare accordi Epa interinali, in preparazione di quelli definitivi. Il ritardo anche sul fronte degli Epa interinali ha spinto l’Ue a fissare un ultimatum: firmare gli Epa entro il 1° ottobre 2014, pena l’adozione di un regime commerciale meno favorevole per i paesi che non avessero compiuto tutti i passi necessari. Nella pratica, per i paesi meno avanzati sarebbe cambiato poco, avendo comunque accesso al mercato europeo a tariffe zero e senza contingentamenti, mentre per gli altri paesi si sarebbero adottati regimi commerciali gravati da dazi. Questa è stata la motivazione che da giugno ha spinto diversi Stati dell’Africa a siglare gli accordi di partenariato interinali. Evoluzione degli accordi di cooperazione e Epa Previsti dal Titolo II “Cooperazione economica e commerciale” (agli articoli 34–38 dell’Accordo di partenariato stipulato a Cotonou il 23 giugno 2000 tra gli Stati associati nel gruppo Acp, da un lato, e la Comunità Europea e i suoi Stati membri, dall’altro), gli Epa si presentavano come lo strumento più idoneo a garantire l’integrazione dei 77 paesi Acp nell’economia globale “nel rispetto delle loro scelte politiche e delle loro priorità di sviluppo”. L’accordo di Cotonou sancisce una netta cesura nei rapporti tra Africa ed Europa. Il principio dell’unilateralità dei privilegi concessi ai paesi africani, principio delineante un profilo meramente assistenzialista nei rapporti tra i due continenti, ha subito una progressiva evoluzione culminata nell’affermazione di un approccio fondato sulla reciprocità delle concessioni preferenziali, che sostanzia pertanto un radicale mutamento nelle relazioni commerciali e politiche. Le due convenzioni di Yaoundé firmate nel 1963 e nel 1969 costituiscono i primi esempi di cooperazione nell’ambito dei quali la Comunità economica europea concedeva aiuti e vantaggi commerciali unilaterali agli allora 18 paesi africani, ex colonie da poco redente. I concreti effetti nello sviluppo economico sembravano però contraddire le aspettative e gli obiettivi che avevano ispirato la nascita del partenariato. Nonostante le accorate proteste dei paesi non associati nei confronti del regime preferenziale nel commercio e negli aiuti, mentre le esportazioni dei paesi associati tra il 1958 e il 1967 crescevano del 47%, quelle dei paesi in via di sviluppo considerati nel loro insieme arrivavano al 68%. Con gli accordi di Lomé I (1975) e II (1980) si delinea già un primo parziale mutamento nell’approccio tra Nord e Sud. I principi alla base dell’intesa prevedevano, accanto alla predisposizione di politiche di sicurezza e alla condivisione di strumenti giuridici, anche una sostanziale eguaglianza tra i due blocchi. In questo contesto, gli anni successivi alla firma dell’accordo non sembravano mostrare dati incoraggianti, se si pensa che l’incremento delle importazioni dai paesi Acp verso la Cee aumentarono di appena 0,9 miliardi di dollari (da 14,2 miliardi nel 1977 a 15,1 nel 1978. Il trattato di Lomé III (1985) fu certamente segnato dall’ingresso della Grecia nella Cee. In particolare le opposte vedute tra i paesi del nord e del sud Europa (che vedevano contrapposti Regno Unito, Danimarca, Germania e Paesi Bassi a Grecia, Italia e Francia) evidenziavano come i primi erano tendenzialmente favorevoli ad ampliare i benefici commerciali per i prodotti originari dai paesi Acp ridimensionandone l’aiuto finanziario, mentre i secondi si trovavano su posizioni specularmente opposte. Particolarmente incisiva fu anche la spinta britannica verso una politica neoliberista fortemente voluta da Margaret Thatcher che subordinava la concessione di aiuti e finanziamenti al rispetto delle regole del libero mercato. Gli accordi Lomé IV (1990) e IV bis (1995) diedero un’ulteriore spinta al processo di cooperazione economica introducendo per la prima volta una clausola che ancorava il mantenimento dei vantaggi commerciali ed economici al rispetto dei diritti umani fondamentali e dello stato di diritto e della democrazia. I paesi Acp espressero chiaramente la loro disapprovazione nei confronti di un accordo che avrebbe investito l’Europa di un potere di controllo sulla loro politica interna. Conclusioni Il grande scetticismo mostrato dai paesi africani nei confronti degli Epa non è del tutto ingiustificato. Il primo elemento critico deriva della perdita di un importante e costante introito per i bilanci delle deboli economie africane. Le liberalizzazioni potrebbero segnare un duro colpo al mercato agricolo africano che si troverebbe a competere con quello europeo supportato da decine di miliardi di euro l’anno. Per l’Unione Europea, invece, l’abbattimento dei dazi rappresenta un obiettivo fondamentale, se si guarda all’incremento costante del costo delle materie prime e alla necessità di trovare nuovi sbocchi per la produzione di beni e servizi. Uno degli obiettivi prioritari degli Epa mira a far sì che le concessioni siano reciproche e che l’apertura dei mercati sia totale, mettendo sullo stesso piano, però, economie totalmente diverse. *Giurista internazionalista, senior partner dello Studio Tupponi, De Marinis, Russo & Partners, Giuseppe De Marinis è professore a contratto di International trade law presso l’Università di Macerata. Conciliatore specializzato in materia civile e societaria. Africa e Affari — Pag. 14 — Intervista / Armando Emilio Guebuza “Siamo indipendenti, ora è tempo che l’Europa ascolti la nostra voce” Il capo di Stato mozambicano, giunto alla fine del suo secondo mandato, sottolinea le ricadute positive degli accordi commerciali con l’Unione Europea, ma evidenzia anche come la voce dell’Africa continui a rimanere debole nell’arena internazionale. — di Gianfranco Belgrano e Massimo Zaurrini — Foto di Carlo Christian Spano Un momento dell’intervista con Africa e Affari “La principale critica riguarda il fatto che la nostra voce non è ancora abbastanza forte, abbiamo bisogno invece che la nostra voce giunga chiara così come chiara giunge a noi stessi”. Nella sala dell’Excelsior di Roma, dove ci riceve per l’intervista, il presidente del Mozambico Armando Emilio Guebuza appare pacato, ma fermo. Pesano e si sentono i dieci anni trascorsi alla presidenza del Mozambico e ormai giunti a scadenza, l’esperienza maturata in politica, ma anche come capo militare del Frelimo ai tempi della lotta per l’indipendenza e, ancora, come mediatore per mettere fine al conflitto civile con la Renamo. “È l’Europa - dice - che non ascolta la nostra voce così come a noi africani piacerebbe”. Focus — Pag. 15 Presidente, gli accordi di partenariato con l’Unione Europea sono stati firmati... Abbiamo discusso e raggiunto un accordo da cui pensiamo di poter trarre benefici. E credo che anche i nostri amici europei abbiano sottoscritto intese da cui pensano di trarre vantaggio. Penso che questo approccio di reciproco vantaggio sia molto positivo per tutti e, quindi, anche per la crescita della nostra economia. Eppure, la vostra voce, diceva, non viene ascoltata così come vorreste. Sappiamo bene di aver bisogno di tempo, ma una volta prese le misure dell’Europa e una volta fatti i conti con tutti i problemi che l’Africa ha, è indubbio che il nostro è un continente ricco di risorse naturali e umane. È tempo di prestare attenzione all’Africa. Lei pensa che gli europei abbiano un approccio all’Africa ancora legato al passato? Cina, India Brasile guardano all’Africa come a un’opportunità, lo fa anche l’Europa? Da non europeo, posso dirvi cosa non mi sembra giusto. Gli europei dicono: “La Cina pone delle condizioni alla sua presenza, non si comporta bene... Noi europei vogliamo solo assicurarci che siano garantite democrazia e libertà...”. Ecco, questo confronto non mi sembra corretto. Gli europei devono accettare il fatto che siamo indipendenti. Siamo noi a scegliere cosa è meglio per noi, cosa ci porta risultati, siamo noi a decidere sulla base del beneficio che ricaviamo. E l’Europa presta attenzione alle vostre opinioni? Rispondo dicendo che colloqui e discussioni devono ancora fare una lunga strada, ma che il quadro è positivo anche se non ancora abbastanza. Cambiamo argomento. Mozambico e Italia hanno storiche relazioni, la recente visita del primo ministro italiano Matteo Renzi sembra prospettare ulteriori passi avanti. _Dalla lotta per l’indipendenza alla guida del paese Armando Emilio Guebuza è nato nella provincia di Nampula, nel nord del Mozambico, nel 1943. Giovanissimo, entra nel Frelimo e si impegna nella lotta per l’indipendenza dal Portogallo. Ministro degli Interni con Samora Machel, rappresentò successivamente il Frelimo ai negoziati di Roma con gli allora ribelli della Renamo. Capo dello Stato dal 2005, dopo due mandati lascerà il suo posto al compagno di partito ed ex ministro della Difesa Filipe Nyussi. Guebuza resterà però alla guida del Frelimo. Africa e Affari — Pag. 16 Credo che le nostre relazioni cresceranno ancora più rapidamente. Le ragioni sono ovvie e legate alla presenza di importanti realtà italiane nel mio paese a partire da Eni. Miglioreranno i rapporti commerciali e politici, aumenteranno gli investimenti e crescerà il nostro mercato interno. Al di là delle grandi aziende italiane, ci sarà spazio anche per realtà più piccole? Il Mozambico è un grande paese per estensione geografica, ha una crescente popolazione e ha risorse che devono ancora essere sfruttate. C’è spazio per le piccole e medie imprese, una specialità italiana che può contribuire a creare posti di lavoro, in particolare nel settore dell’agribusiness. Noi stiamo cominciando ad avere un eccesso di produzione agricola che intendiamo esportare: esportare prodotti lavorati è uno degli obiettivi che ci siamo posti e l’Italia può dare un importante contributo in questo ambito. Nei dieci anni del suo mandato, ormai prossimi alla scadenza, il Mozambico è cresciuto enormemente in termini macroeconomici. La sfida dei prossimi anni sembra essere quella di ridistribuire questa crescente ricchezza e di diversificare l’economia. Stiamo ponendo le basi per consentire al popolo mozambicano di avvantaggiarsi di questa situazione. Lo stiamo facendo, per esempio, con le università. Nei secoli del dominio coloniale portoghese, avevamo una sola università a Maputo. Oggi abbiamo tre o quattro università per ognuna delle undici regioni in cui è suddiviso il paese. Stiamo ovviamente lavorando per rafforzare le infrastrutture, la distribuzione di energia elettrica, lo stato sociale, le infrastrutture economiche. Solo per dare qualche dato: nel 2004, solo il 7% della popolazione aveva accesso all'energia, oggi questa quota è salita al 42%. Lei cita una questione, quella energetica, che può fare la differenza in Africa. Sa, ci piace parlare di povertà, ma diverse possono essere le interpretazioni che possiamo dare alla parola 'povertà'. La povertà deve trovare un termine di paragone, ci sono indicatori di cui tener conto. Chi non aveva scarpe un tempo oggi le ha; chi non aveva una casa resistente alle intemperie, oggi ha un tetto sotto al quale può sentirsi sicuro; chi andava a piedi in città, oggi dispone di un mezzo. Chi avesse voluto bere una birra fredda cinque anni fa, sarebbe magari stato costretto a percorrere 25 chilometri ma oggi non è più così. Sono solo esempi per dire che, benché ci sia ancora da lavorare, la strada fatta è stata tanta. Quindi per i mozambicani il futuro non potrà che essere più luminoso? Sì, abbiamo davanti un futuro luminoso. Dobbiamo trovare il modo di spiegare i risultati raggiunti. Certo, non siamo mai contenti, ma è giusto anche così. Stiamo lottando per migliorare la nostra vita. Il futuro dell’Italia e dell’Europa è stato invece offuscato da una crisi economica con pochi precedenti e tuttora in atto. Ha un messaggio per i nostri imprenditori? Penso che le imprese italiane possano fare molto di più, dovrebbero essere più coraggiose, farsi avanti con proposte concrete. Noi possiamo trarre vantaggio dalla loro esperienza, dalla capacità di investire e di trasmettere il loro know-how, ma il vantaggio può essere reciproco. Quindi: siate i benvenuti in Mozambico. Focus — Pag. 17 — Ape e Mozambico / Intervista a Simone Santi Il caso Mozambico, da palcoscenico dell’Eni a campo d’azione delle Pmi A colloquio con il console onorario di Maputo a Milano, secondo cui l’oil & gas ha aperto una strada che andrà a vantaggio anche di quelle Pmi italiane in grado di investire puntando a partnership sul posto: “Perché il local content è decisivo”. — di Massimo Zaurrini Il Mozambico oggi è uno dei paesi africani che maggiormente attira l’attenzione delle imprese italiane, grandi e piccole. Anche grazie agli accordi di partenariato economico con l’Europa le relazioni commerciali tra Italia e Mozambico nei prossimi anni sembrano quindi destinate ad aumentare. Per comprendere quali siano i settori più interessanti e le problematiche da affrontare abbiamo incontrato il console onorario del Mozambico in Italia, Simone Santi, egli stesso imprenditore attivo in Mozambico ormai da diversi anni. Console Santi il Mozambico, soprattutto negli ultimi mesi, viene sempre più associato alle attività del gruppo Eni. Ma ci sono spazi anche per altre aziende italiane? Sono fermamente convinto che gli spazi per le aziende italiane in questo momento siano molto ampi. Eni è una variabile importante ma lo è ancor di più per la visibilità che è riuscita a dare al paese. Il Mozambico fino a qualche anno fa era conosciuto soprattutto dagli esperti di settore e di Africa, pur essendo un paese che aveva dimostrato una capacità di crescita importante. Eni gli ha dato ovviamente la pubblicità di cui aveva bisogno e ha contribuito quindi a farlo conoscere in Italia. Un altro elemento importante collegabile alla presenza di Eni, così come dell’americana Anadarko, è che queste aziende hanno consentito l’apertura di un settore nuovo e importante come quello dell’oil & gas. Un settore decisivo per il Mozambico… Importante per il Mozambico, sicuramente, ma anche per molte imprese, anche Pmi, italiane e mozambicane, che vedono aprirsi di fronte a loro tutto il mercato dell’indotto. Lasciando da parte per un momento i grandi player internazionali si sta delineando uno spazio considerevole per tutti. Trasporti, logistica e agricoltura, distribuzione, costruzioni erano settori già interessanti prima ma che sulla spinta dell’indotto dell’oil & gas conosceranno un vero boom nei prossimi anni. Così come il mondo dei servizi della sicurez- za, della logistica, dei porti, del noleggio macchine, del materiale di costruzione, delle cave e così via. Lei aiuta le aziende italiane a entrare nel mercato mozambicano e nel paese, mettendosi il cappello da imprenditore ritiene che il Mozambico sia a dimensione di Pmi italiane? E se sì, quali sono le difficoltà maggiori che le aziende italiane trovano? Io sono l’esempio, prima di essere console, del piccolo imprenditore italiano che ha creduto nel paese. Oggi mi trovo con una decina di attività, tutte costruite però con il capitale di un imprenditore che ha iniziato con una start up avviata a 28 anni e che era andato a lavorare in Mozambico per una grande azienda (Cmc). Sono quindi la dimostrazione che si può fare. Si può fare con alcune pregiudiziali, a cominciare dalla propensione all’investimento e alla disponibilità al parteneriato locale, due elementi su cui oggi le aziende si giocano la possibilità di entrare nel paese. Un imprenditore, seppur piccolo, deve avere ben chiara in mente la propria potenzialità di investimento. Perché oggi il Mozambico è un paese più per investitori che per vendita di prodotti, e poi perché il mozambicano vuole che tu sia fisicamente presente. L’altro importante discrimine per lavorare bene in Mozambico è la capacità di fare partnership. Il local content non è una cosa banale, così come non è banale formare o trovare persone in grado di risolvere i problemi dell’attività quotidiana. E la burocrazia? La burocrazia c’è, ma noi siamo abituati all’Italia, dove la burocrazia è il vero problema dell’imprenditore, per cui non può certo spaventare la burocrazia mozambicana. Africa e Affari — Pag. 18 — Un punto di vista africano / Peter Draper Gli Ape non sono la vera questione, è l’Africa che deve cambiare passo Al continente serve una trasformazione radicale, possibile con l’impegno della politica e dei suoi dirigenti: uno dei compiti più importanti sarà quindi riuscire a varare riforme per attrarre investimenti e dispiegare il potenziale nel manifatturiero e nell’agricoltura. — di Michele Vollaro “Un’opportunità da cogliere senza alcun dubbio per ristrutturare le tradizionali relazioni di dipendenza commerciale, anche se molti paesi dell’Africa sono ancora piuttosto scettici sulle reali intenzioni dell’Europa”. Peter Draper è uno dei maggiori esperti sudafricani di diritto internazionale ed è con lui che ‘Africa e Affari’ ha voluto passare in rassegna le posizioni che l’Africa ha rispetto agli Accordi di partenariato economico con l’Europa (Ape), i dubbi che questi accordi stanno sollevando. “Sentimenti critici nei confronti di questi accordi commerciali provengono non soltanto dalla società civile o dalle orga- nizzazioni non governative - dice Draper - dal momento che, nel corso degli anni, giudizi molto aspri sono stati più volte espressi anche da funzionari degli stessi governi africani, da ministri e capi di Stato, talvolta addirittura da imprenditori e capitani d’industria. Il grado di scetticismo o, se preferiamo, dei sospetti nei riguardi di cosa cerchi di ottenere l’Europa con gli Ape, resta sempre molto alto e questo è legato ovviamente a tutta una lunga serie di fatti storici, a partire dal periodo del colonialismo”. In Sudafrica Draper ha fondato una società di consulenza per le imprese interessate a Focus — Pag. 19 investire nei mercati emergenti dell’Africa subsahariana, la Tutwa Consulting, e collabora con due tra i più prestigiosi think tank sudafricani, il South African Institute of International Affairs (Saiia), presso il quale è responsabile del programma di ricerca in diplomazia economica, e il Centre for Development and Enterprise (Cde), dove si occupa invece di studiare come rafforzare le relazioni con Brasile, Russia, India e Cina, che insieme al Sudafrica formano il gruppo dei cosiddetti paesi Brics. In passato ha lavorato anche per il ministero del Commercio e dell’industria sudafricano, oltre ad aver collaborato per istituzioni internazionali come la Banca Mondiale e l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc/Wto). Un’esperienza molto ampia, utile a guardare con una certa preparazione di fondo a quanto sta avvenendo. “Dopo anni di negoziati anche molto tesi riassume Draper, raggiunto telefonicamente a Pretoria - gli Ape sono ormai giunti a un punto di svolta. Il quadro generale per l’Africa subsahariana può ancora apparire piuttosto oscuro per chi non ha seguito attivamente le trattative, ma possiamo affermare che i principali gruppi regionali hanno ormai firmato gli accordi commerciali. Sembra probabile che alcuni dei più importanti paesi non compresi tra quelli meno sviluppati, come Costa d’Avorio, Ghana, Kenya e Nigeria, saranno integrati nella rete dei rapporti stabiliti dagli Ape, mentre per i paesi meno sviluppati (i cosiddetti paesi Ldc) si garantisce il pieno ingresso al mercato dell’Ue attraverso lo schema di accesso preferenziale ‘Tutto tranne le armi’ (Eba), sebbene il raggruppamento regionale di cui fanno parte non sia ancora integrato negli Ape. Gli Ape, inoltre, pur essendo incentrati principalmente sull’ingresso delle merci, includono clausole di revisione che prevedono la possibilità di ampliare e approfondire le relazioni future. Eppure, il quadro generale e il panorama economico globale si è trasformato radicalmente da quando, una dozzina d’anni fa, erano cominciati i negoziati: penso in questo senso alle trattative in corso per nuovi accordi commerciali megaregionali e alla rapida ascesa della Cina nel commercio e gli investimenti con e nei paesi dell’Africa”. Nel suo ragionamento, Draper sottolinea come sia ovvio che gli Ape siano stati pensati dall’Europa per mantenere, nelle relazioni commerciali con i partner africani, il ruolo centrale che attualmente riveste, a confronto dei nuovi attori che stanno progressivamente emergendo sul palcoscenico globale: “È un argomento molto complesso, ma è necessario andare oltre gli stereotipi e comprendere le numerose variabili in gioco, come la diversa struttura delle relazioni con l’Africa messe in piedi dall’Europa rispetto per esempio a quelle portate avanti dalla Cina”. Se infatti la Cina e gli altri paesi emergenti possono risultare partner molto interessanti in quei settori produttivi ad alta intensità di manodopera e di capitale, diversi paesi del continente africano possono sostenere lo sviluppo delle rispettive industrie nazionali favorendo innanzitutto il trasferimento di competenze e tecnologie con partner all’altezza, anche con l’obiettivo non secondario di potersi inserire in una rete di contatti globali che la cooperazione con tali imprese tecnologicamente all’avan- Dall’Europa possiamo avere tecnologie utili alla catena produttiva guardia può aprire. E molto spesso le imprese in grado di promuovere localmente sviluppo tecnologico e trasferimento delle competenze sono proprio quelle europee o statunitensi. Per questo motivo, l’obiettivo dichiarato degli accordi commerciali con l’Europa è proprio quello di contribuire a sostenere l’importazione di tecnologie e macchinari, al fine di ristrutturare la catena di produzione del valore in Africa. “Bisogna separare la politica dall’economia - prosegue Draper - anche se naturalmente è impossibile scordare che gli Ape in fondo altro non sono che accordi tra le ex potenze coloniali europee e i territori che hanno poi ottenuto l’indipendenza. È ov- Africa e Affari — Pag. 20 vio che simili accordi non possono essere considerati una panacea per lo sviluppo economico dell’Africa, ma non devono nemmeno essere visti come l’origine di tutti i mali. Personalmente penso infatti che qualsiasi politica di sviluppo non possa che nascere a casa propria. Ciò significa realizzare, prima di tutto, istituzioni statuali funzionanti ed efficaci, che siano capaci di gestire le risorse economiche loro assegnate e di rispondere alla popolazione delle loro azioni. E purtroppo a me sembra che sono ancora molti i paesi dell’Africa che non rientrano in questi criteri direi fondamentali. Detto questo, è innegabile che esista una progressiva tendenza al miglioramento e molti Stati dell’Africa hanno avviato un proprio percorso per risolvere tali criticità. Ma si tratta appunto di un processo tutto africano e non ci si può attendere che sia l’Europa a dover riformare le istituzioni statuali di questi paesi”. Il processo negoziale verso la firma degli Ape è stato enormemente ritardato, secondo Draper, anche da questa differenza tra i vari paesi dell’Africa, che hanno trattato con l’Ue suddivisi in raggruppamenti regionali: “In un contesto caratterizzato in Africa da blocchi economici regionali ancora piuttosto deboli, dove il livello del commercio regionale è spesso molto basso e svolto in maniera informale, dove le esportazioni sono in larga parte costituite dalla vendita verso Europa, Stati Uniti o Cina di materie prime non lavorate e dove la catena di produzione del valore è poco sviluppata, sono gli stessi paesi dell’Africa ad avere priorità diverse tra loro: i termini che per esempio potrebbero essere considerati utili per lo sviluppo del Benin, non per forza sono quelli che la Nigeria ritiene fondamentali per sostenere i propri sforzi di diversificazione economica”. Il processo negoziale ritardato da differenze evidenti tra i vari paesi Il discorso sulla bontà e sull’utilità degli Ape in Africa, continua l’analista sudafricano, dovrebbe prendere in considerazione una molteplicità di aspetti, da un’analisi intrinseca delle necessità di ogni singolo paese alla dinamica più generale degli aiuti per la cooperazione allo sviluppo concessi dall’Ue, dal controverso tema dei sussidi concessi da Bruxelles ai produttori agricoli Focus — Pag. 21 Agricoltura in Kenya / N. Palmer Peter Draper europei all’argomento più complessivo se la liberalizzazione dei mercati internazionali sia effettivamente l’approccio economico più adatto per sostenere la crescita a livello globale. Nelle sue considerazioni finali Draper ricorda ancora una volta come la crescita delle economie dell’Africa subsahariana, la più rapida negli ultimi anni a livello globale, sia stata però trainata in gran parte dalle materie prime. Crescita che in ogni caso resta ancora statisticamente inferiore rispetto a quella che era stata registrata nel sud-est asiatico negli anni ‘80, alla vigilia del cosiddetto miracolo economico delle tigri asiatiche. Uno dei compiti più importanti per i paesi dell’Africa è quindi riuscire a portare a termine le riforme necessarie a migliorare il clima degli affari e a sviluppare la propria attrattività come destinazioni per gli investimenti esteri, in modo da poter dispiegare il rispettivo potenziale nelle attività manifatturiere e la produttività agricola. Infrastrutture moderne e servizi fondamentali (logistica, telecomunicazioni e trasporti) sono ulteriori presupposti per sostenere la competitività e la capacità di attingere in sofisticate catene globali di creazione del valore. Garantire maggiore spessore e coerenza agli sforzi già in corso per l’integrazione regionale sarà un altro importante elemento: a oggi, infatti, la debolezza registrabile nel campo dell’integrazione regionale è in parte connessa sia alla mancanza di elementi di complementarietà tra le diverse economie della regione sia alla persistenza nel commercio di elevate barriere tariffarie e non, che limitano gravemente la capacità di formare catene di valore regionali. “Se le cose non cambiano - conclude Draper - l’Africa rimarrà ancora per lungo tempo dipendente dalle forze esterne. Tuttavia le iniziative a livello regionale potrebbero essere utilizzate come laboratori per ristrutturare e per costruire ex novo catene regionali del valore che mirino a una progressiva integrazione nelle reti di produzione globali. Non è un processo che avviene dall’oggi al domani e gli Ape da soli non bastano, sono soltanto un mezzo: quel che è invece fondamentale è che la politica e i dirigenti dei paesi dell’Africa si impegnino a fondo per promuovere questa trasformazione radicale”. Africa e Affari — Pag. 22 Focus — Pag. 23 DOCs / Economic partnership agreements Gli accordi secondo l’Europa: alla pari e di reciproco vantaggio [Di seguito un documento ufficiale na tassa da pagare sulle esportaziodella Commissione Ue che dà una ni verso l’Europa: libero accesso al visione europea degli Ape] mercato europeo da mezzo miliardo di persone per tutti i prodotti Acp, Gli Ape aiutano a creare le giuste con la possibilità di applicare ecocondizioni per commercio e investi- nomie di scala; menti. Insieme agli aiuti allo svilup- accesso a un mercato ancora più po, ciò può fornire benefici ai paesi ampio includendo i paesi Efta, tra Acp (Africa, Caraibi e Pacifico): cui Svizzera e Norvegia; più mercati: più vendite grazie all’a- costruzione di mercati regionali: aupertura del mercato europeo alle mentando le relazioni tra paesi Acp importazioni dai paesi Acp, raffor- confinanti e regioni; zando gli scambi anche tra gli Acp; competizione non obbligatoria: i migliori infrastrutture, amministra- paesi Acp apriranno i loro mercati zione e servizi pubblici: per aumen- ai prodotti europei solo in maniera tare la capacità produttiva, creare graduale; inoltre i produttori del opportunità e trasferire know-how; 20% dei prodotti più sensibili gopiù trasparenza/stabilità politica ed dranno di protezione permanente; economica: perché il dialogo politi- no shocks: gli Ape saranno messi in co è diventato parte integrante delle atto così da evitare shock indesiderelazioni Acp-Ue, con il fine di mi- rati. Le imposte doganali saranno gliorare gli standard democratici, il eliminate nell’arco di un periodo di buon governo e i diritti umani. 15/25 anni, a salvaguardia e supporto di questi paesi Acp che dovesBenefici per i consumatori europei sero soffrire problemi; Prezzi più bassi: la rimozione delle copertura dei servizi e investimenti barriere porta a una competizione stranieri: gli Ape non riguardano più sana nel mercato europeo e a soltanto il commercio di beni ma lo prezzi più bassi per i consumatori; sviluppo nel suo senso più ampio, più scelta: nuovi esotici prodotti perché il commercio è sviluppo; dall’Africa, dai Caraibi e dal Paci- riforme più ampie: gli Ape fanno fico (paesi Acp), e nuove varietà di parte di una più ampia agenda sullo prodotti comuni come caffè, cacao, sviluppo dei paesi Acp, per rafforzamango, ananas etc; re il diritto, attrarre investimenti lobuona qualità e valore: i prodotti cali e stranieri, creare le condizioni tropicali crescono in climi tropicali; per una maggiore prosperità. lavoro: nel lungo termine, il commercio aiuterà i paesi Acp a diven- Gli Ape e i paesi meno sviluppati tare più prosperi. A sua volta, gene- (Ldc) rerà più domanda per l’expertise e Molti dei paesi Acp che commerper i prodotti europei, con risvolti ciano con l’Europa godono già di positivi per l’occupazione; facilitazioni doganali e di quote di scelte etiche: migliaia di piccole libero accesso ai mercati europei atimprese a conduzione familiare dei traverso lo schema “Everything but paesi ACP beneficeranno della pos- arms” (Eba) destinato proprio ai sibilità di vendere i loro prodotti paesi Ldc. Ma gli Ape hanno molto nell’Unione Europea. di più da offrire: gli Ape rafforzano il commercio: al Per gli agricoltori e i produttori di là dell’accesso al libero mercato, di Africa, Caraibi e Pacifico gli Ape includono regole meno seveNessuna quota da rispettare, nessu- re, rendendo più semplice per i paesi Ldc esportare i prodotti con input di altri paesi (third-country inputs), in settori chiave come agricoltura, ittico, tessile e abbigliamento; gli Ape affrontano la cooperazione su questioni commerciali: gli Ape danno la possibilità di occuparsi e risolvere questioni complesse come il copyright e l’ambiente; gli Ape spingono i mercati regionali e i regolmenti: attraverso iniziative di integrazione regionale, gli Ape aiutano a promuovere soluzioni regionali per lo sviluppo; gli Ape portano a un approccio più ampio delle barriere commerciali: con gli Ape si riconosce che tariffe doganali e quote non sono l’unico ostacolo al commercio, indicando in questo modo una strada per affrontare questioni più ampie come l’assenza di infrastrutture, i controlli inefficienti alle dogane e ai posti di frontiera, gli standard inadeguati; gli Ape forniscono un approccio su misura ai bisogni regionali: i negoziati sono stati condotti su base regionale per prendere in considerazione le esigenze regionali, le sensibilità e le condizioni di ciascun paese; gli Ape salvaguardano le economie locali: sebbene i paesi Acp che firmano gli Ape debbano gradualmente aprire l’80% dei loro mercati alle importazioni europee, sono previste misure perché i prodotti europei non competano con prodotti locali. In questo modo si evita che il commercio venga meno, con beneficio di industrie e consumatori locali; gli Ape rispettano la sovranità nazionale: invece di imporre strategie di sviluppo, gli Ape richiedono che i paesi determinino strategie di sviluppo e tempi delle riforme; gli Ape sono forme di partenariato stabili tra l'Unione Europea e i paesi Acp: gli Ape stabiliscono contratti realistici tra partner alla pari che non possono essere modificati in maniera unilaterale. Viaggiare in Africa Africa e Affari — Pag. 24 _Mozambico Le saline di Nova Mambone _ testo di Maria Scaffidi _ foto di Gabriele Casadei _Da Roma a Mafuiane La parrocchia di San Frumenzio: in missione dal 1991 S ale. Il sale che dà vita e dà lavoro. Che con fatica viene separato dall’acqua del mare, raffinato, impacchettato. Questa è oggi Nova Mambone, provincia di Inhambane, Mozambico. Quando tutto cominciò, nel 1957, il giovane Amadio Marchiol poteva solo immaginare fino a che punto sarebbe arrivata la sua iniziativa. Né, d’altra parte, poteva sapere quali corsi avrebbe preso la storia. Da lì a 20 anni, il Mozambico avrebbe riconquistato indipendenza e libertà, per rituffarsi purtroppo nel periodo buio del conflitto civile. Oggi il sole è tornato a splendere sul paese, ma si può dire che mai abbia cessato di splendere sulle saline di Nova Mambone, realizzate proprio da padre Amadio, missionario della Consolata da queste parti ricordato come Amadeu. “La ricchezza di Nova Mambone sono le saline” ci dice padre Gabriele Casadei, anch’egli missionario della Consolata originario di Gambettola (Forlì-Cesena), arrivato a Nova Mambone nel 2005 e da pochissimo trasferitosi in un’altra missione. “Tutto cominciò quando qui in Mozambico c’erano ancora i colonizzatori portoghesi - racconta padre Gabriele mischiando l’italiano a qualche parola di portoghese, la lingua franca del Mozambico - e dal Friuli giunse il giovane Amadio Marchiol, che a Matola, alle porte di Maputo, vide delle saline e ne cominciò a capire il funzionamento”. Amadeu - ora in una casa di riposo del torinese - fu inviato a Mambone e qui trovò una piccola località, alla foce del fiume Save, che era povera, aveva poche risorse ed era carente di infrastrutture. Anche il clima non aiutava l’agricoltura, ma l’esistenza di un’estensione di terra argillosa a una decina di chilometri dal mare gli fece balenare l’idea di realizzare proprio lì una salina, così come l’aveva vista a Matola. Era il 1957 e sarebbero passati nove anni prima che, nel 1966, l’allora governo coloniale concedesse l’autorizzazione al progetto della salina che nell’idea di Amadeu avrebbe sostentato la missione e la popolazione. Oggi la salina di Nova Mambone dà lavoro stabile a 30 persone, che salgono a 80/90 da agosto a novembre. Col tempo, sono sorte altre tre saline: “Proprio ciò che volevamo” conclude padre Gabriele, “un po’ di sana concorrenza e più lavoro per la gente del posto”. Da Prati Fiscali (Roma Nord) a Mafuiane, nel sud del Mozambico e del mondo. Dal 1991, in questo villaggio di alcune migliaia di persone a circa 40 chilometri da Maputo, la parrocchia di San Frumenzio è anche São Frumenzio. Una missione che sta portando avanti tanti progetti, in particolare a favore dei bambini (tre asili con annessa mensa, un servizio scuolabus), degli anziani e delle persone, donne in particolare, colpite da Aids. Ad aiutare San Frumenzio che opera anche nei vicini villaggi di Goba e Baka-Baka, dal 2014 ci sono altre due parrocchie romane: Sant’Ugo e Santa Gemma. Per chi volesse sostenere San Frumenzio o avere informazioni sulle attività in Mozambico c’è un sito internet consultabile: www.sanfrumenzio.org Sciopero al porto di Conakry contro Bolloré Guinea 1 Liberato ultimo ostaggio francese MAli Nuove violenze di Boko Haram nel nord-est nigeria Beji Caid Essebsi nuovo capo di Stato tunisia Rimpasto di governo, entra una parte dell’opposizione R.d. Congo Bangui denuncia in Francia l’ex presidente Bozizé CENTRAFRICA Campi di addestramento per jihadisti nell’est libia burundi 2 2 Conclusa la locale missione Onu I fatti di dicembre 2014 Estesa per altri due anni la missione Ue antipirateria somalia Africa e Affari — Pag. 26 3 Zimbabwe Il ministro della Giustizia nominato vice di Mugabe È quello del ministro della Giustizia Emmerson Mnangagwa il nome più in vista nel duo di vicepresidenti scelti da Robert Mugabe per il partito di governo dello Zimbabwe Zanu-Pf e di conseguenza per il paese. L’altro posto sarà occupato da Phelekezela Mphoko. Noto con il soprannome di ‘Ngwena’ (coccodrillo), Mnangagwa, 68 anni, diventa così il favorito d’obbligo per la successione a Mugabe. 2 Kenya e Sudan La giustizia internazionale ‘scagiona’ Kenyatta e Bashir Prove insufficienti: questa la motivazione con cui la Corte penale internazionale ha ritirato le accuse contro il capo di Stato keniano Uhuru Kenyatta, indagato per crimini contro l’umanità per le violenze del 2007-2008. Procedimento sospeso anche per il presidente del Sudan, Omar alBashir, per il quale la Procura ha lamentato una mancanza di collaborazione da parte della comunità internazionale. Burkina Faso Si insedia il parlamento di transizione, Zida promette giustizia Si è insediato a Ouagadougou il Consiglio nazionale di transizione, l’organo legislativo della transizione burkinabè. Composto da 90 membri, il Cnt sarà guidato dal giornalista Cherif Moumina Sy, nominato presidente di questa istituzione. Noto per le sue posizioni contro ingiustizie e impunità, Sy ha dichiarato che si impegnerà a dare delle risposte precise alla volontà di cambiamento espressa dal popolo. 4 1 Hage Geingob eletto presidente, la Swapo domina il parlamento namibia 3 Presidenziali, urne aperte il 20 gennaio Zambia Sudafrica La ‘Nazione Arcobaleno’ ricorda Mandela Un anno fa, il 5 dicembre 2013, moriva Nelson Mandela, artefice della libertà del Sudafrica dall’apartheid. Nell’anniversario della morte, il Sudafrica lo ha ricordato con cerimonie ed eventi. L’iniziativa più simbolica è stata quella dei 6 minuti e 7 secondi divisi tra rumore e silenzio: una durata simbolica per ricordare i 67 anni di attivismo di Madiba, in parte vissuti nel silenzio del carcere di Robben Island. 4 Elezioni parlamentari: vince l’opposizione Mauritius I fatti del mese — Pag. 27 Africa e Affari — Pag. 28 Africa e Affari AGRIBUSINESS MONITOR Agribusiness Monitor è lo strumento più utile per seguire gli sviluppi del settore agribusiness in Africa. Ogni mese (per 11 mesi all’anno), una selezione di tutte le notizie economiche, politiche e sociali che interessano le aziende attive nella filiera agricola. Uno strumento indispensabile per sapere chi e cosa si muove all’interno di un settore chiave per l’Africa che nei prossimi anni conoscerà una vera e propria rivoluzione. Dalla produzione al commercio, dal packaging ai fertilizzanti: quelli che in passato erano punti di debolezza stanno già diventando occasioni di sviluppo per l’Africa e per chi punta sull’Africa. Un anno di Agribusiness Monitor costa 1000 euro. Una singola uscita 150 euro. Per informazioni: www.internationalia.org oppure [email protected] Focus — Pag. 29 EQUILIBRI Equilibri Nigeria al voto, saranno le elezioni più aperte e incerte di sempre pag. 30 — Equilibri Infrastrutture, in costante aumento la spesa annuale nella regione subsahariana pag. 31 — Equilibri Africa, NO ebola: molte lezioni per il futuro pag. 32 — Equilibri Post-apartheid, George Bizos: “La questione terra è fondamentale” pag. 33 Africa e Affari — Pag. 30 — Appuntamenti Nigeria al voto, saranno le elezioni più aperte e incerte di sempre Il presidente uscente Goodluck Jonathan ha spento ogni velleità interna al suo partito ma si troverà di fronte un’opposizione ben organizzata che sta spingendo sui temi della sicurezza e della gestione politica: peseranno corruzione endemica e Boko Haram. — di Michele Vollaro Le prossime elezioni presidenziali, politiche e amministrative in Nigeria - previste per metà febbraio - saranno, secondo le analisi della maggior parte dei commentatori, le più aperte e incerte da quando è finito il periodo dei regimi militari e il paese è tornato alla democrazia. Per la prima volta dal 1999, il partito al governo - il Peoples Democratic Party (Pdp) - rischia infatti di vedere il proprio dominio seriamente minacciato dall’avanzata del principale raggruppamento della minoranza parlamentare, l’All Progressive Congress (Apc), sorto due anni fa dall’unione di quattro movimenti dell’opposizione. I cittadini nigeriani saranno chiamati alle urne il 14 febbraio per eleggere il prossimo capo dello Stato e rinnovare i membri dell’Assemblea nazionale, mentre due settimane più tardi dovranno votare per scegliere i governatori e le assemblee locali dei 36 Stati federali in cui è suddiviso amministrativamente il paese. L’attuale presidente federale Goodluck Jonathan, alla guida del paese dal maggio 2010, aveva già annunciato nei mesi scorsi la sua intenzione di correre per un secondo mandato. Originario delle regioni meridionali della Nigeria e di religione cristiana, Jonathan è riuscito a raccogliere l’intero partito attorno a sé, senza che nessun altro candidato potesse emergere, promettendo agli elettori di sconfiggere la rivolta islamista portata avanti nel nord-est dal gruppo radicale di Boko Haram, che da cinque anni affligge il paese, e far fronte alla crisi economica causata dalla drastica diminuzione del prezzo del petrolio sui mercati internazionali. L’opposizione dell’Apc ha invece scelto l’innovativa formula delle elezioni primarie per decidere chi rappresenterà il partito alle presidenziali: circa 6000 delegati erano stati invitati a scegliere tra cinque aspiranti candidati, fra i quali è emersa la figura del generale Muhammadu Buhari, che aveva già guidato la Nigeria tra la fine del 1983 e agosto 1985 come capo dell’allora regime militare. A separare i due partiti non sono però le differenze ideologiche né le posizioni sui principali temi della politica interna, quanto piuttosto la capacità o meno dell’attuale amministrazione di saper guidare le istituzioni e rispettare le promesse della campagna elettorale. Sarebbe infatti proprio l’incapacità dimostrata nella lotta al terrorismo di Boko Haram a essere considerata una delle principali ombre sull’operato del presidente, a cui si aggiungono poi gli scandali miliardari nella gestione del petrolio, di cui la Nigeria è primo produttore nel continente. Se da un lato una vera competizione elettorale non può che essere benvenuta quale segno di una progressiva maturazione della realtà democratica in Nigeria, dall’altro non si può fare a meno di notare come una campagna sempre più polarizzata e avvelenata nei toni rischi di tradursi in scontri e violenze tra i sostenitori dei due diversi partiti. I media locali riferiscono della possibilità che le faide tra fazioni all’interno dello stesso partito si trasformino in veri e propri episodi di violenza all’indomani delle primarie, così come le opposte pretese di vincere le elezioni presidenziali tra esponenti cristiani delle regioni meridionali e leader musulmani del nord possano portare a scontri in una o in entrambe le regioni dopo il voto di metà febbraio. Così, in alcuni Stati settentrionali potrebbero ripetersi incidenti come quelli avvenuti nel 2011 dopo l’elezione alla presidenza del meridionale Jonathan, se l’Apc - i cui principali candidati sono tutti espressione del nord - dovesse ottenere un cattivo risultato. Allo stesso modo, il rischio che sia invece la regione meridionale del Delta del Niger, luogo di provenienza di Jonathan, a sprofondare nel caos qualora il Pdp perdesse le elezioni presidenziali, viene considerato piuttosto alto. Il timore più grande resta però legato agli sviluppi nelle regioni settentrionali del paese: l’insurrezione di Boko Haram e lo stato d’emergenza negli Stati di Borno, Adamawa e Yobe potrebbero impedire a molti cittadini di recarsi alle urne. Se ciò dovesse accadere, è molto probabile che sarà proprio il partito d’opposizione che ha nel nord le sue roccaforti elettorali - a perdere il numero maggiore di voti, spingendolo eventualmente a respingere l’esito elettorale e mettendo così in discussione la legittimità del governo eletto. Infine, un’elezione che non si svolga allo stesso modo in tutti gli Stati della federazione rischierebbe di inficiare i requisiti di costituzionalità per l’elezione del presidente, che prevede per il vincitore la necessità di aver ottenuto il 25% delle preferenze in almeno due terzi dei 36 Stati. Equilibri — Pag. 31 Fondi della Banca Mondiale per l’Africa orientale è pari a 1,2 miliardi di dollari, il prestito accordato dalla Banca Mondiale al programma d’integrazione della Comunità dell’Africa orientale (Eac) per finanziare i progetti di sviluppo infrastrutturale elaborati dai cinque Stati membri dell’organizzazione regionale. L’operazione ha lo scopo di favorire l’integrazione politica e ridurre le barriere al commercio regionale — Africa Spesa annuale per le infrastrutture in costante aumento fino al 2025 Entro 10 anni la regione subsahariana passerà da 57 a 146 miliardi di euro all’anno di fondi stanziati per colmare il gap infrastrutturale. A sostenerlo è stato un rapporto della Pricewaterhouse Coopers: il 68% degli investimenti in Nigeria e Sudafrica. — di Ernesto Sii La spesa annuale per lo sviluppo delle infrastrutture in Africa subsahariana è attesa in decisa crescita, dai circa 57 miliardi di euro registrati nel 2013 fino agli oltre 146 miliardi di euro all’anno stimati per il 2025, secondo un rapporto diffuso dalla società britannica Pricewaterhouse Coopers (PwC), specializzata in servizi professionali di revisione di bilancio, advisory e consulenza legale e fiscale. Il rapporto, dedicato alle infrastrutture e ai progetti di capitale, è stato realizzato in collaborazione con 95 professionisti tra esperti e rappresentanti di aziende leader del settore. Nonostante la notevole crescita di investimenti nel prossimo decennio, lo studio evidenzia come la spesa per le infrastrutture in Africa subsahariana rappresen- ti soltanto una porzione del 2% sulle spese previste a livello mondiale nello stesso periodo. Nigeria e Sudafrica, le due principali economie continentali, coprono la quota maggiore di spese nella regione, con una percentuale complessiva del 68% condivisa in modo sostanzialmente equo, seguiti poi dal Kenya (10% sul totale delle spese per le infrastrutture). Il Ghana impegna l’8% degli investimenti, l’Etiopia il 6%, la Tanzania il 5% e il Mozambico il 3%. Il rapporto di PwC mette poi anche in evidenza la crescita del mercato dell’energia: produzione e distribuzione rappresenteranno nel 2025 un mercato dal valore pari a 45 miliardi di euro, rispetto ai circa 12 miliardi contati nel 2012. Africa e Affari — Pag. 32 — La campagna di ‘Africa e Affari’ Africa, NO ebola: tra ignoranza e fallimenti, molte lezioni per il futuro La nostra rivista ha lanciato una campagna per contribuire alla lotta all’epidemia e allo stesso tempo combattere una psicosi che sta facendo anche più danni del virus: il dibattito è stato avviato con la presentazione lancio alla Camera dei deputati. — di Céline Camoin Africa e Affari Rivista mensile sul continente del futuro Dicembre 2014 Sommario — Pag. 1 Intervista / Sierra Leone Konteh: “Isolati, qui è peggio di un embargo” Intervista / Italia Lorenzin: “I protocolli sanitari funzionano” Turismo Per i tour operator il conto è già salato Africa e Affari / anno 2 numero 10 / dicembre 2014 / numero gratuito “Tra gli obiettivi di sviluppo del Millennio fissati nel 2000 dalla comunità internazionale, alcuni riguardavano la sfera sanitaria ma sono quelli sui quali siamo rimasti più indietro, in particolare in Africa. L’epidemia di ebola può essere il pretesto, in vista del 2015, l’anno delle valutazioni, per fare ragionamenti seri. Il fatto che due paesi ‘stelle’ della cooperazione internazionale, la Liberia e il Sierra Leone, non siano stati in grado di contenere l’epidemia, deve spingerci a riflettere su cosa non ha funzionato e su cosa fare in futuro, concentrandoci forse su meno cose ma fatte bene”. Questa dell’onorevole Lia Quartapelle è stata una delle riflessioni emerse l’11 dicembre durante la presentazione, presso la sala stampa della Camera dei deputati, del numero di dicembre del mensile 'Africa e Affari’ intitolato ‘Africa, NO ebola’, e dell’omonima campagna promossa dalla redazione a favore di un’informazione più corretta e meno stereotipata sul continente africano in generale e sull’emergenza ebola in particolare. “La miscela di ignoranza sull’Africa e sulla malattia stessa sta provocando danni concreti: prima di tutto nei tre paesi colpiti dall’epidemia, vittime della visione di un continente reputato senza speranze che ci spinge a girare le spalle. Già da dicembre 2013 si sapeva dei casi di ebola, a marzo è stata dichiarata l’epidemia, ma la comunità internazionale si è mossa soltanto ad agosto” ha ricordato Massimo Zaurrini, direttore responsabile di 'Africa e Affari’. Tra le provocazioni e i suggerimenti emersi nel corso della presentazione, quello di Guglielmo Micucci, responsabile di Amref, convinto che “andare a rafforzare in profondità il capitale umano, in particolare il personale locale, è l’unica chiave di volta che abbiamo per riuscire a creare quella emancipazione sanitaria necessaria in Africa, un continente enorme, ma che a causa della cattiva narrazione viene considerato un grande paese”. In Guinea, ha ricordato Micucci, c’è un medico ogni 100.000 persone e se quel medico viene a mancare, tutta quella fetta di popolazione rimane priva di assistenza. Focus Africa, NO ebola L’epidemia è solo in tre paesi, ma la psicosi ha contagiato tutti _Il quadro economico, i danni della cattiva informazione, reportage, infografiche e approfondimenti Al di là del dramma umano, la psicosi alimentata attorno a ebola oscura “l’immagine di tutto un continente in pieno sviluppo, in piena espansione demografica, che offre anche belle opportunità alle aziende italiane” ha aggiunto Gianfranco Belgrano, direttore editoriale della rivista. Di ebola si può certo morire, ma nel 40% dei casi registrati finora si è anche guarito. “è il messaggio di speranza che ci lasciano i pazienti nelle giornate più buie” ha raccontato Chiara Burzio, infermiera di Medici senza frontiere, tornata da una missione a Monrovia, in Liberia. I danni economici, come quelli gravissimi al settore del turismo, e la paura figlia dell’ignoranza, stanno forse facendo più danni in Africa dello stesso virus ebola. Focus — Pag. 33 — Sudafrica Post apartheid, George Bizos: “La questione terra è fondamentale” Lo storico avvocato e amico di Nelson Mandela è stato a Roma per una iniziativa con cui sono stati celebrati i primi 20 anni di democrazia in Sudafrica. Intervistato da ‘Africa e Affari’ ha sottolineato gli ostacoli che restano ancora da superare. — di Gianfranco Belgrano “Fare dei cambiamenti fondamentali in una società è un processo difficile e lungo. Noi siamo riusciti a compiere giganteschi passi avanti e non sono d’accordo con quanti sostengono che in Sudafrica nulla è cambiato. Molte cose sono cambiate anche se ancora c’è da fare”. Questo un passaggio di una breve intervista rilasciata ad ‘Africa e Affari’ da George Bizos, storico avvocato e amico di Nelson Mandela, che lo scorso novembre ha partecipato a Roma a un Simposio giuridico organizzato dall’ambasciata sudafricana nell’ambito delle iniziative per celebrare i 20 anni di democrazia post-apartheid. Prendendo spunto dalla Costituzione sudafricana, costituzionalisti italiani e sudafricani hanno discusso l’importanza della dignità e della giustizia cercando di proporre un momento di dialogo interattivo, comparativo e simbiotico tra partecipanti di altissimo livello. Tra i relatori dell’evento c’erano il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il professore Franco Gallo (già presidente della Corte Costituzionale), il giudice costituzionale Giuliano Amato, la professo- ressa Paola Severino (già ministro della Giustizia), i giuristi sudafricani Albie Sachs, Yvonne Mokgoro e Christopher Jafta e, appunto, l’avvocato George Bizos. “La lezione di Nelson Mandela - ha detto ad ‘Africa e Affari’ Bizos - e il fatto, per esempio, di non aver accettato di correre per un secondo mandato presidenziale sono un insegnamento per il Sudafrica ma devono esserlo anche per l’Africa e il resto del mondo. Mandela credeva che il potere non fosse un bene da sviluppare per il proprio tornaconto personale, quanto un bene da porre a vantaggio del paese. Purtroppo il suo esempio non viene seguito”. Parlando del Sudafrica di oggi, Bizos ha infine sottolineato come la proprietà della terra resti la principale questione da risolvere: “Non possiamo continuare ad avere una politica discriminatoria sulla terra - ha detto - il governo dice che ci sono dei limiti costituzionali alla sua azione, ma a mio parere ci sono modi per aggirare questi ostacoli anche all’interno della Costituzione”. Africa e Affari — Pag. 34 / Kenya-Somalia Quella linea marittima contesa che per Mogadiscio significa ‘futuro’ — di Michele Vollaro L a disputa sulla linea del confine marittimo tra Somalia e Kenya va avanti in modo latente già da diversi decenni, sin da quando, negli anni ‘60, i due paesi hanno raggiunto l’indipendenza. Al centro della diatriba è la direzione che il confine deve idealmente prendere in mare, se cioè, come sostiene Mogadiscio, debba proseguire la frontiera terrestre e, quindi, avanzare verso sud-est, oppure se debba seguire una linea latitudinalmente diretta a est, come invece pretende Nairobi. Per stabilire chi abbia ragione, il governo federale della Somalia si è rivolto lo scorso 28 agosto alla Corte internazionale di giustizia (Icj), il più alto tribunale delle Nazioni Unite, chiedendo “di determinare, sulla base del diritto internazionale, il corso completo del confine marittimo unico e dividere tutte le zone marittime di competenza di Somalia e Kenya nell’Oceano Indiano”. Per anni la controversia ha mantenuto lontani da quell’area gli investitori internazionali, i quali temevano che la mancanza di chiarezza giuridica su chi fosse il reale detentore dei diritti di sovranità rappresentasse l’ostacolo maggiore alle attività di esplorazione sulle potenziali riserve di petrolio e gas offshore. Un accordo pareva essere stato raggiunto nel 2009, quando i due paesi avevano congiuntamente deciso di riferirsi alla Commissione Onu per stabilire i limiti della piattaforma continentale oltre le 200 miglia nautiche. Era stato firmato un memorandum d’intesa tra il governo somalo - allora presieduto da Omar Abdirashid Ali Sharmarke - e quello keniano per porre le basi di una demarcazione dei rispettivi confini marittimi, anche se le ambiguità di alcuni passaggi contenuti nel testo di quell’accordo avrebbero consentito al Kenya, pochi anni più tardi, di avanzare maggiori diritti sulla piattaforma continentale somala. Perciò, quando circa tre anni fa il governo di Nairobi ha assegnato alle compagnie petrolifere internazionali le sue prime licenze per l’esplorazione di greggio al largo delle coste settentrionali, Mogadiscio ha di nuovo reclamato la propria sovranità territoriale in quelle acque, promuovendo prima una serie di incontri diplomatici bilaterali e chiedendo poi l’intervento dell’Icj. Si tratta di un triangolo d’acqua che si estende per più di 100.000 chilometri quadrati (40.000 miglia quadrate), che Nairobi ha suddiviso in blocchi e già attribuito a diverse società petrolifere. All’interno del territorio conteso rientrano i blocchi che sono tecnicamente indicati come L-21 (assegnato all’italiana Eni), L-22 (alla francese Total), L-23 (Eni), L-24 (Eni) e L-25 (negoziati in corso con la norvegese Statoil), gran parte dell’L-5 (assegnato alla statunitense Anadarko), più alcune porzioni dell’L-13 (alla britannica Zarara) e dell’L-26 (alla statunitense Lamu Exploration). Alla luce del contenzioso sollevato dalla Somalia, la maggior parte delle imprese concessionarie ha già interrotto le attività esplorative per evitare di essere a loro volta trascinate in tribunale. Alla Somalia, pur in una situazione istituzionale ancora difficilissima, non mancano le speranze. Secondo una recente stima diffusa dal centro di ricerca con sede a Mogadiscio Heritage Institute for Policy Studies, il paese potrebbe addirittura diventare il settimo produttore mondiale di petrolio, con riserve che sfiorerebbero i 110 miliardi di barili. Ma in questi calcoli è fondamentale l’offshore ed ecco il perché di tanto interesse, sia da parte somala sia da parte keniana. I somali hanno fatto ricorso alla giustizia internazionale: in palio il petrolio offshore La posizione della Somalia è molto probabilmente la più valida dal punto di vista del diritto internazionale, ma la questione sarà adesso oggetto della valutazione dei giudici dell’Icj, che hanno nel frattempo fissato le date entro cui i due paesi dovranno presentare le loro prime memorie processuali necessarie per la valutazione del caso. In base al calendario la Somalia avrà tempo fino al prossimo 13 luglio per depositare la propria documentazione, mentre il Kenya dovrà presentare il suo contro-memoriale non oltre il 27 maggio 2016. Già da questo primo programma emerge come per arrivare a una soluzione della disputa saranno necessari ancora diversi anni, ma il ricorso al massimo tribunale delle Nazioni Unite assicura, per lo meno, il coinvolgimento di un mediatore internazionale esterno riconosciuto da entrambe le parti e, in linea teorica, del tutto al di sopra delle parti stesse, nonché una via giuridico-arbitrale concreta per la definizione della questione. Sommario — Pag. 35 Dentro l’Africa Dentro l’Africa Sudafrica, iniziative per affrontare la crisi energetica pag. 36 — Dentro l’Africa Più caffè per l’Etiopia, verso record di esportazioni pag. 38 — Dentro l’Africa Acciaierie di Piombino, rilancio in mano agli algerini di Cevital pag. 40 — Dentro l’Africa Togo, operativo il nuovo terminal del porto di Lomé pag. 42 — Dentro l’Africa Sudafrica, raddoppia il commercio elettronico pag. 44 — Dentro l’Africa Piano da 1,4 miliardi di euro per spingere l’economia del Camerun pag. 46 — Dentro l’Africa Il Madagascar abolisce la pena di morte pag. 48 Africa e Affari — Pag. 36 — Energia Sudafrica, un piano in cinque punti per affrontare la crisi energetica Uno dei cardini del progetto messo a punto dal governo è il coinvolgimento dei privati nella produzione elettrica estendendo i contratti già esistenti. Il diesel sarebbe sostituito dal gas naturale, si ricorrerebbe a nuove tecnologie e a risorse alternative al carbone. — di Davide Maggiore Il governo di Pretoria ha annunciato un piano in cinque punti per risolvere la crisi energetica che ha colpito il Sudafrica, costringendo la compagnia elettrica statale Eskom - in difficoltà nel garantire le forniture a livello nazionale - a una serie di distacchi programmati di corrente, i cosiddetti ‘load sheddings’. A breve termine il problema può essere risolto attivando turbine alimentate a diesel per sostenere le centrali a carbone che forniscono la grande maggioranza dell’energia al Sudafrica. Tuttavia - ha ammesso il ministro delle Imprese pubbliche Lynne Brown - sul lungo periodo la soluzione non è sostenibile. Di qui il piano in cinque punti, che è stato delineato dal ministro alla Presidenza, Jeff Radebe. Uno dei cardini del progetto è permettere un maggior coinvolgimento dei privati nella produzione di elettricità, innanzitutto estendendo i contratti già esistenti. Sostituire il diesel con il gas naturale, hanno poi con- cordato Radebe e il ministro dell’Energia Tina JoematPetterson, sarebbe una seconda soluzione praticabile. Gli altri tre punti del piano riguardano poi la fornitura di tecnologie per la produzione di energia alle comunità locali, l’individuazione di combustibili alternativi al carbone e l’indicazione dei tempi di attuazione della strategia, che dovrà partire entro un mese. Alla rapida crescita della domanda, il Sudafrica non riesce a rispondere con una altrettanto crescita dell’offerta in campo energetico. Il paese deve inoltre fare i conti con le condizioni non ottimali di almeno 13 centrali a carbone che starebbero operando al di sopra delle loro capacità e che non sarebbero sottoposte a un’adeguata manutenzione. Nei mesi scorsi, i media sudafricani avevano paventato il rischio di blackout a catena causati proprio dall’aumento della domanda. Eskom, il provider nazionale, aveva però minimizzato questo rischio. Dentro Sommario l’Africa——Pag. Pag. 3737 Gas di scisto, primi test Sonatrach in un pozzo pilota algerino Stanno per entrare nella fase degli esperimenti a scopo commerciale le operazioni di esplorazione del gas di scisto nel pozzo pilota di Ahnet, a In Salah, nel sud-ovest dell’Algeria. Lo ha annunciato l’azienda pubblica Sonatrach, precisando che sono terminate le operazioni di trivellazione e di compressione. Secondo Said Sahnoun, presidente ad interim di Sonatrach, lo sfruttamento del gas di scisto costituisce un asse di sviluppo “risolutivo” e un potenziale di crescita notevole per la compagnia nazionale algerina di idrocarburi. Secondo il responsabile della Sonatrach, l’utilizzo commerciale del gas di scisto è previsto per il 2022. Diverse aziende hanno manifestato il proprio interesse, tra cui Eni, Shell, Talisman, Exxon e Anadarko, già selezionate per l’esplorazione nei bacini di Tindouf, Ahnet/Timimoun, Reggane, Berkine-Ghadames, Illizi e Mouydir. Lo sfruttamento del gas di scisto, o shale gas, è controverso, per il suo metodo di estrazione, la fratturazione idraulica, consistente nell’iniezione di un miscuglio di acqua, sabbia e composti chimici sotto pressione all’interno di formazioni rocciose. Il Ghana sigla un accordo di esplorazione con Eni Il governo di Accra ha siglato un accordo di oltre 4,8 miliardi di euro con la sussidiaria locale del gruppo italiano Eni, la Eni Ghana Exploration and Production, per l’avvio dei lavori di esplorazione presso il blocco offshore di Cape Three Points, a ovest di Takoradi, e l’utilizzo di una terza unità galleggiante di produzione, stoccaggio e scarico (Fpso). L’accordo deve essere ancora soggetto ad approvazione parlamentare, ma secondo un comunicato diffuso dall’ufficio della Presidenza del Ghana dovrebbe garantire l’avvio della produzione di petrolio e gas naturale entro la metà del 2017. La Eni Ghana Exploration e Production Limited è il principale operatore del blocco offshore di Cape Three Points con una quota del 47,222 per cento. Gli altri partner sono Vitol Upstream Ghana Limited, con il 37,778% e la compagnia di stato Ghana National Petroleum Corporation (Gnpc), con il 15% più un’opzione per un’ulteriore quota del 5%. Il potenziale del blocco è di circa 450 milioni di barili di olio in posto, con risorse recuperabili fino a 150 milioni di barili. _Egitto BP programma investimenti per i prossimi cinque anni Ha un valore di poco inferiore a 10 miliardi di euro, il programma di investimenti in Egitto per i prossimi cinque anni reso noto dalla BP, società britannica operante nel settore energetico, soprattutto del petrolio e del gas naturale. Ne danno notizia i media nazionali che citano il direttore della società in Egitto, Hesham Mekawi, specificando come l’obiettivo sia riuscire a raddoppiare l’attuale fornitura di gas sul mercato locale entro i prossimi dieci anni. _Angola Petrolio, Total inaugura un megaprogetto offshore La compagnia petrolifera francese Total ha inaugurato il 4 dicembre le attività estrattive previste nel progetto di Clov, che include i blocchi offshore di Cravo, Lirio, Orquidea e Violeta, situati un centinaio di chilometri al largo delle coste settentrionali angolane, di fronte alla città di N’zeto. Clov, che prevede una capacità estrattiva fino a 160.000 barili di greggio al giorno, era stato lanciato nel 2010 con un costo complessivo di circa 6,5 miliardi di euro. Il progetto comprende 34 pozzi sottomarini realizzati a profondità comprese tra i 1100 e i 1400 metri e collegati a un’unità galleggiante di produzione, stoccaggio e scarico (Fpso). _Seychelles Lanciato schema di incentivi per le energie rinnovabili Sulla scia di una serie di programmi lanciati dall’inizio dell’anno per promuovere l’utilizzo delle energie rinnovabili anche presso gli utilizzatori finali, il governo delle Seychelles ha introdotto un nuovo sistema di finanziamento per facilitare l’acquisto di impianti fotovoltaici. A darne notizia sono i media specializzati, specificando che il programma di incentivi rappresenta il frutto di una collaborazione tra il ministero delle Finanze delle Seychelles, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (Unpd) e il Global Environment Facility (Gef). Il programma prevede il rimborso di parte delle spese per tecnologie atte alla produzione di energia da fonti solari. Africa e Affari — Pag. 38 — Agricoltura Sempre più caffè per l’Etiopia, verso un aumento record delle esportazioni La siccità che ha colpito le piantagioni sudamericane sta favorendo il paese dell’Africa orientale, che nel biennio 2014-2015 potrebbe compiere un salto di qualità. La stagione in corso dovrebbe fruttare almeno 700 milioni di euro, già in crescita rispetto al 2013. — di Klaus Eisner Potrebbero aumentare di quasi un quarto rispetto allo scorso anno le esportazioni del caffè coltivato in Etiopia nel periodo 2014-2015, in seguito anche alle siccità e alle malattie che stanno colpendo le piantagioni in America Latina, e in particolare in Brasile. A sostenerlo è il responsabile dell’Associazione degli esportatori del caffè etiopico, Hussein Agraw, che ha reso noti i dati relativi alle vendite fino allo scorso mese di settembre. Nei quattro mesi tra luglio e settembre, secondo quel che ha dichiarato Agraw, le esportazioni di caffè sono state pari a 54.000 tonnellate, per un valore equivalente a 188,5 milioni di euro, in crescita rispetto alle 51.000 tonnellate (poco più di 140 milioni) dello stesso periodo della stagione precedente. Per l’intera stagione in corso, si stima che l’Etiopia possa esportare fino a 235.000 tonnellate di caffè, ricavandone oltre 700 milioni di euro. Lo scorso anno, sono state 190.000 le tonnellate di caffè esportato, per un controvalore economico pari a 683 milioni di euro. Dentro l’Africa — Pag. 39 Angola, un miliardo di dollari per l’agricoltura da Banca Mondiale Uno stanziamento di un miliardo di dollari è pronto per essere sbloccato dalla Banca Mondiale a favore del governo di Luanda per sostenere progetti legati ai settori dell’acqua e dell’agricoltura in Angola. Lo riferisce l’Agenzia di stampa nazionale angolana (Angop), citando Gregor Blinker, direttore della Banca per Angola, Guinea Equatoriale, Camerun, Gabon, Repubblica Centrafricana e São Tomé e Príncipe. L’annuncio è stato fatto agli inizi di dicembre durante una conferenza stampa nella quale è stato reso noto l’apporto che la Banca Mondiale intende fornire al governo angolano per sostenere il bilancio dello Stato del 2015. Il finanziamento potrebbe agevolare l’applicazione delle misure necessarie per diversificare l’economia nazionale, attualmente fortemente dipendente dal settore petrolifero, creare più posti di lavoro e ridurre la povertà nel paese. Blinker ha ricordato che la Banca Mondiale ha già investito 426 milioni di dollari in Angola in progetti legati a istruzione, agricoltura, salute e sviluppo locale. L’Angola è uno dei paesi a più forte crescita del continente africano, ma ha necessità di diversificare l’economia. Prestito dell’Ifad all’Uganda per servizi finanziari in aree rurali Il governo ugandese ha ottenuto un prestito di 29 milioni di dollari da parte del Fondo per lo sviluppo agricolo delle Nazioni Unite (Ifad) che servirà a coprire parte di un progetto settennale, il Project for Financial Inclusion in Rural Area (Profira), il cui obiettivo è far crescere l’accesso ai servizi finanziari per gli abitanti delle comunità rurali. Il Profira è finanziato in parte anche da Kampala. L’accordo è stato siglato lo scorso dicembre a Roma, dove ha sede l’Ifad, dall’ambasciatore ugandese Grace Dinah Akello, e dal vicepresidente dell’Ifad Michel Mordasini. _Egitto Frutta e verdura si esporteranno in Russia Sui tavoli della Russia potrebbe presto arrivare un’ampia scelta di frutta e verdura egiziana. Secondo dirigenti del ministero dell’Agricoltura del Cairo, sono in corso operazioni di verifica degli standard fitosanitari necessari per poter esportare circa 65 tipi di derrate alimentari di produzione locale. A prendere la rotta verso Mosca saranno tra l’altro mele, carciofi, broccoli, carote, cetrioli e coriandolo. Il provvedimento è un’ennesima conseguenza del boicottaggio dei prodotti agricoli europei deciso dalla Russia nell’ambito del braccio di ferro in atto tra l’Ue e Mosca a causa della crisi ucraina. _Sudafrica Imprenditori agricoli contrari a salario minimo L’introduzione di un salario minimo in Sudafrica porterebbe a una perdita di posti di lavoro, secondo gli imprenditori del settore agricolo. La testata ‘Business Report’ riferisce le parole del presidente dell’associazione AgriSA, Johannes Möller: “Sarebbe poco lungimirante se non disumano non prendere in considerazione la situazione in cui molti sudafricani si trovano”, ha detto Möller. L’aumento del 50% del salario minimo porterebbe, secondo Möller, a un calo dell’occupazione. “Ciò di cui abbiamo bisogno - ha sostenuto - è una forza lavoro più abile, mercati meno rigidi e politiche di sostegno”. _Egitto Coltivare grano nel deserto, un progetto venuto dal Golfo Coltivare grano nelle regioni desertiche dell’Egitto per ridurre del 10% la quantità di cereale importato, entro i prossimi due anni: è il progetto che due aziende degli Emirati Arabi Uniti, la Al Dahra e la Jenaan, stanno tentando di far nascere insieme al governo del Cairo. Un simile progetto era già stato tentato in passato, poi fallito, sotto l’amministrazione di Hosni Mubarak. Le compagnie emiratine auspicano di poter sfruttare milioni di acri di terre desertiche sulle quali poter impiantare coltivazioni intensive. Africa e Affari — Pag. 40 — Industria Alle acciaierie di Piombino si cambia, rilancio in mano agli algerini di Cevital La società nordafricana ha battuto gli indiani di Jindal South West: il piano industriale prevede a regime l’occupazione di tutto il personale, il rilancio della produzione e l’avvio di operazioni di diversificazione nei settori dell’agroalimentare e della logistica. — di Céline Camoin Il gruppo algerino Cevital diventerà il nuovo proprietario delle acciaierie Lucchini di Piombino. Nella gara per la ripresa dell’azienda italiana, da tempo in grave crisi e dal 2012 affidata a un commissariamento, l’offerta della Cevital è stata ritenuta quella più vantaggio- sa rispetto al concorrente indiano Jindal South West. Il piano industriale presentato dalla Cevital prevede a regime l’occupazione di tutto il personale di Piombino, mediante il rilancio della produzione di acciaio e attraverso elementi di diversificazione nei settori dell’agroalimentare e della logistica. L’offerta è stata ritenuta inoltre più valida per i creditori. Il Comitato di sorveglianza ha chiesto al ministero dello Sviluppo economico l’autorizzazione a firmare il preliminare di vendita con il gruppo Cevital. L’intenzione dell’acquirente sarebbe quella di costruire nuovi impianti dove produrre acciaio in linea con forni elettrici, colata continua e piano di laminazione nell’area di Ischia di Crociano, a circa 7 chilometri da Piombino, mentre il vecchio impianto più vicino alla città, dopo la relativa bonifica, dovrebbe ospitare una piattaforma agroindustriale per la trasformazione del prodotto. L’investimento previsto dalla società algerina è di circa 400 milioni di euro. La Nigeria vieta l’importazione di navi prive di adeguato ‘local content’ Il governo federale di Abuja ha approvato un provvedimento che vieta l’importazione di navi acquistate all’estero prive di contributi prodotti localmente da cantieri marittimi nigeriani. A segnalarlo è il quotidiano nigeriano ‘The Guardian’, che cita il segretario esecutivo del Nigerian Content Development Monitoring Board (Ncdmb), Ernest Nwapa, secondo il quale il divieto entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2015. L’approvazione della nuova politica è legata al tentativo di promuovere lo sviluppo delle capacità locali nel settore della cantieristica navale. “Da gennaio 2015, tutte le società interessate ad acquistare navi che opereranno Dentro Sommario l’Africa——Pag. Pag. 4141 nelle acque territoriali della Nigeria dovranno presentare il piano d’acquisto associato al Nigerian Content - ha detto Nwapa - in questo modo saremo in grado di determinare quali parti della nave potranno essere realizzate in Nigeria”. Dando notizia dell’approvazione da parte del governo federale della nuova politica, Nwapa ha inoltre segnalato la necessità di una maggiore collaborazione tra le società internazionali e le imprese navali nigeriane in modo da promuovere ulteriormente le capacità locali. La Nigeria, tra i principali produttori di petrolio, sta tentando di diversificare l’economia. In Mozambico è sempre Mozal la più importante impresa del paese La compagnia produttrice di alluminio Mozal resta la più grande impresa presente in Mozambico, come ormai avviene da più di dieci anni. Lo si ap- prende da uno studio condotto dalla società Kpmg Mozambique, i cui risultati sono stati riferiti dai media locali. Secondo i dati relativi al 2013, i ricavi di Mozal sono però in discesa del 6,8%, fermandosi poco sotto il miliardo di dollari (cioè 32,3 miliardi di meticais). Nettamente minori, comunque, i ricavi della seconda compagnia della lista, Petroleos de Moçambique (Petromoc), che si ferma a 18,8 miliardi di meticais. Complessivamente, nel 2013, le cento più grandi imprese del Mozambico hanno prodotto oltre 281 miliardi di meticais (8,6 miliardi di dollari circa), cifra che è in aumento del 18,8% rispetto a quella registrata nel 2012. Calzedonia sceglie l’Etiopia, aprirà un impianto a Macallè L’azienda italiana di abbigliamento Calzedonia si accinge a realizzare importanti investimenti in Etiopia e dovrebbe aprire entro il prossimo anno il suo primo impianto nel paese, a Macallè, nella regione settentrionale del Tigrè. Ne danno notizia i media nazionali, riferendo di una recente visita ad Addis Abeba da parte del presidente dell’azienda, Sandro Veronesi, che si è incontrato con il ministro etiopico di Stato degli Affari esteri, Dawano Kedir. “Il nostro incontro con il ministro di Stato è stato molto fruttuoso - ha detto ai media etiopici Veronesi - siamo stati in grado di identificare i vantaggi di investire nel paese e le condizioni più adatte per realizzare tali investimenti: vogliamo impiantare una fabbrica per produrre abbigliamento da notte capace di impiegare tra le due e le tremila persone”. Calzedonia potrà contare su una tradizione locale importante. _Nigeria Accordo per assemblaggio veicoli Volkswagen Il produttore automobilistico tedesco Volkswagen ha siglato un contratto con il gruppo nigeriano Stallion per avviare entro il 2015 l’assemblaggio di alcuni modelli dei propri veicoli in Nigeria. A darne notizia sono i media locali, ricordando che il gruppo Stallion e la Volkswagen avevano già siglato un accordo simile negli anni Settanta creando un impianto di assemblaggio a Ojo, nei pressi di Lagos, denominato Volkswagen of Nigeria (Von). I lavori furono però interrotti pochi anni dopo, in seguito al calo della domanda nel mercato domestico. L’impianto di Ojo è stato poi acquisito del tutto dal gruppo Stallion, che vi produce soprattutto autobus e veicoli commerciali. _Rwanda A un gruppo indiano commessa per impianto idroelettrico L’impresa statale indiana Bharat Heavy Electricals Limited (Bhel), specializzata in componenti per l’industria elettrica, ha annunciato di aver ottenuto dal governo di Kigali l’incarico di realizzare un progetto idroelettrico capace di generare fino a 28 megawatt di energia. Il contratto, del quale non è stato resto noto l’importo economico, prevede la costruzione di due unità idroelettriche ciascuna della capacità di 14 MW sul fiume Nyaborongo. _Africa Poca Ict nell’area subsahariana, Mauritius e Seychelles avanti Le Mauritius, le Seychelles e il Sudafrica salgono sul podio della classifica dei paesi dell’Africa subsahariana dove le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (Ict) sono più sviluppate. La classifica 2014 dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni (Uit) ‘Misurare la società dell’informazione’ mette in evidenza che, tranne nei casi delle Mauritius e delle Seychelles, l’Africa subsahariana è al di sotto della media mondiale nello sviluppo dell’Itc. Sia il Sudafrica che la Nigeria, i due motori della crescita economica nella regione subsahariana, ottengono un punteggio inferiore alla media mondiale nello sviluppo Ict. Africa e Affari — Pag. 42 — Infrastrutture Operativo il nuovo terminal container del porto di Lomé, servirà l’intera area La capitale del Togo potrebbe diventare uno scalo di riferimento anche per altri paesi dell’Africa occidentale grazie alle nuove infrastrutture e alla profondità naturale delle acque: saranno migliaia i posti di lavoro diretti creati e significativo l’indotto. — di Céline Camoin è operativa la nuova piattaforma per il trasbordo dei container costruita al porto di Lomé, la capitale del Togo. Il Lomé Container Terminal ha consentito lo scorso dicembre l’approdo di un gigante dei mari, la nave cargo DS National Monrovia, il più grande portacontainer mai giunto nella regione. Il nuovo terminal vuole diventare un punto di riferimento del commercio per via marittima nell’Africa occidentale. Grazie alle nuove infrastrutture e alla profondità naturale delle acque, Lomé dovrebbe diventare uno scalo molto importante e dare possibilità di lavoro a migliaia di persone. Diversi istituti finanziari internazionali, tra cui la Banca africana per lo sviluppo e la Società finanziaria internazionale, hanno contribuito al finanziamento del progetto, del valore pari a circa 350 milioni di euro. Dentro Sommario l’Africa——Pag. Pag. 4343 La Nigeria stanzia due miliardi di euro per nuove strade e ponti Il governo federale di Abuja ha approvato contratti del valore complessivo di poco inferiore a due miliardi di euro (430 miliardi di naira) per la costruzione o la riabilitazione di 17 in- frastrutture tra strade e ponti ritenute strategiche per lo sviluppo del paese. A darne notizia sono i media nazionali, specificando che i contratti siglati rientrano nel Progetto per le strade e i ponti, sotto la supervisione del ministero dei Lavori pubblici. Nel corso dello stesso consiglio dei ministri sono stati approvati anche alcuni contratti riguardanti la costruzione di città satellite e la realizzazione di infrastrutture nei pressi della capitale federale di Abuja. I 17 contratti riguardano opere sparse in 14 dei 36 Stati federali in cui è suddivisa amministrativamente la Nigeria: Borno, Yobe, Gombe, Rivers, Bayelsa, Delta, Enugu, Nassarawa, Abia, Niger, Kogi, Cross River, Lagos e Kaduna. Tra i progetti, alcuni tra i più significativi sono la strada tra le città di Bodo e di Bonny nello Stato meridionale di Rivers con tre nuovi ponti annessi ad Afa Creek, Opobo Channel e Nanabie Creek; e il nuovo ponte di Ikom sul fiume Cross che dovrebbe collegare la città di Oron con Calabar. In Marocco una nuova città con opportunità per le aziende italiane La marocchina Saz - Société d’Aménagement de Zenata - ha interesse a collaborare con le imprese italiane per la realizzazione della nuova città di Zenata, situata tra Mohammedia e Casablanca a 80 chilometri dalla capitale Rabat. Lo riferisce l’ambasciata d’Italia in Marocco, precisando che tra gli interventi infrastrutturali previsti per Zenata ci sono un polo educativo con un centro universitario, un polo dedicato alle manifestazioni culturali e alle manifestazioni fieristiche, 400 mila alloggi abitativi, un centro commerciale. Le imprese italiane interessate potranno inviare alla Saz una presentazione relativa all’attività svolta negli ultimi anni sia in Italia che all’estero. Il Marocco è uno dei paesi più interessanti del Maghreb in questo momento, ha risentito meno degli effetti della cosiddetta ‘primavera araba’ e si sta presentando alla comunità internazionale come un centro di investimenti valido sia per il suo mercato interno che come hub regionale. _Niger Accordo con l’Italia per infrastrutture e sviluppo Prevede la concessione di un credito di 20 milioni di euro, l’accordo siglato il 27 novembre dal viceministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale italiano, Lapo Pistelli, e dal ministro di Stato per la Pianificazione del Niger, Amadou Boubacar Cissé. L’intesa mira alla realizzazione di un progetto per favorire l’accesso ai mercati e di infrastrutture rurali nella regione meridionale di Tahoua, a un centinaio di chilometri dal confine con la Nigeria. In base all’accordo, saranno realizzati o riabilitati 230 chilometri di piste rurali che collegheranno le zone di produzione agricola ai mercati dei cinque principali centri di commercializzazione regionali. I mercati saranno inoltre dotati di nuove infrastrutture allo scopo di favorire la creazione di veri e propri poli di sviluppo economico rurale. La Cooperazione italiana ha stanziato anche un contributo volontario di 753.060 euro a favore dell’Ifad per garantire la necessaria assistenza tecnica per la realizzazione dell’iniziativa. _Mozambico Apre l’aeroporto di Nacala Il primo volo passeggeri del nuovo aeroporto di Nacala è atterrato nella città della provincia mozambicana di Nampula con alcuni giorni d’anticipo sull’inaugurazione ufficiale dello scalo, avvenuta il 13 dicembre. Secondo il quotidiano ‘Noticias’ lo stesso volo, sulla tratta Nacala-Maputo, verrà ripetuto tre volte alla settimana. _Uganda Progetto per un secondo terminal per l’aeroporto di Entebbe Costeranno una cifra pari a 325 milioni di euro, i lavori di espansione dell’aeroporto internazionale di Entebbe per realizzare un secondo terminal per i passeggeri. Lo si apprende da una nota diffusa dall’Autorità per l’aviazione civile ugandese, in cui si afferma che il progetto di espansione avverrà sotto forma di partenariato pubblicoprivato e prevede, oltre alla costruzione del terminal passeggeri, anche la realizzazione di un terminal dedicato alle merci. Africa e Affari — Pag. 44 — Commercio Cresce il commercio elettronico, per il Sudafrica mercato raddoppiato Secondo i dati resi noti dal portale Paygate, in un anno il volume di affari è aumentato del 100% attestandosi a 4,4 miliardi di rand: le regioni più promettenti sono Gauteng e Capo occidentale, corrispondenti ai centri nevralgici dell’economia nazionale. — di Davide Maggiore Il numero di esercenti che hanno utilizzato il portale sudafricano Paygate per il commercio elettronico è raddoppiato nel 2014: lo indicano dati citati dal sito specializzato Fin24. Paygate effettua operazioni in convenzione con tutte le maggiori banche sudafricane e i dati forniti dal suo amministratore delegato Peter Harvey concordano con i risultati di altre ricerche in materia. Mastercard, marchio di carte di credito tra i più importanti al mondo, aveva notato in uno studio a marzo che la quota di mercato dei siti sudafricani negli acquisti elettronici effettuati nel paese era in crescita. La percentuale di operazioni effettuate su siti esteri, infatti, era scesa in due anni dal 33% al 24%. Secondo Arthur Goldstuck, direttore operativo della compagnia World Wide Worx, inoltre, il giro d’affari dell’e-commerce sudafricano può essere stimato in 4,4 miliardi di rand (equivalenti a circa 310 milioni di euro). Per quanto riguarda invece la provenienza degli acquirenti, un’indagine di Effective Measures, compagnia che si occupa di statistiche online, ha riscontrato che, su 10.000 partecipanti al sondaggio, il 45% provenivano dal Gauteng (area in cui si trovano Johannesburg e Pretoria) e il 22,6% dal Capo occidentale, la regione dove sorge Città del Capo. Nonostante il suo primato venga insidiato dalla Nigeria, il Sudafrica resta la locomotiva economica del continente africano. Dentro l’Africa — Pag. 45 Uganda: un sistema online per gli acquisti della pubblica amministrazione Il ministro delle Finanze ugandese, Maria Kiwanuka (nella foto), ha lanciato ufficialmente una nuova strategia quinquennale per gli acquisti online del governo. Denominato e-Government Procurement (e-GP), il sistema consentirà una maggiore trasparenza nella gestione degli acquisti della pubblica amministrazione. A darne notizia è il quotidiano di Kampala ‘New Vision’, secondo il quale il nuovo sistema dovrebbe garantire anche un calo delle spese e una maggiore efficienza dei servizi. Grazie al sistema di acquisti online, le aziende interessate a rifornire la pubblica amministrazione accederanno a tutte le informazioni necessarie per le proprie offerte. Il ministro ha riconosciuto in ogni caso che molte piccole e medie imprese locali non saranno in grado di accedere nel breve termine al nuovo sistema, a causa dell’ancora scarsa diffusione delle tecnologie informatiche nel paese. A questo scopo, è stata annunciata una serie di iniziative volte a informare le aziende locali sulle possibilità offerte dall’Ict. Commercio più snello in Costa d’Avorio grazie alla piattaforma online Maoc Sta portando i suoi primi frutti il Meccanismo di allerta sugli ostacoli al commercio (Maoc), una piattaforma online pensata per consentire agli operatori economici della Costa d’Avorio di segnalare alle autorità competenti alcuni problemi burocratici e altre difficoltà che rallentano o ostacolano le proprie attività. Sin dal lancio dell’iniziativa nel maggio scorso, un centinaio di aziende si sono registrate alla piattaforma, divenuta un canale di dialogo tra le imprese private e gli enti pubblici. Il Maoc fa parte del Programma di sostegno al commercio e all’integrazione regionale (Pacir) finanziato dall’Unione Europea. _Algeria Renzi ad Algeri, nei colloqui scambi commerciali e Cevital Ha incontrato i massimi dirigenti istituzionali, tra cui il presidente Abdelaziz Bouteflika, ma anche uomini d’affari, il presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi, impegnato il 2 dicembre in una visita ad Algeri. “Posso confermare che le relazioni economiche italo-algerine sono molto buone. L’Italia è per l’Algeria un potente partner, in particolare nell’ambito dell’energia. La cooperazione deve essere forte e basata sull’interesse dei due popoli” ha detto il primo ministro Abdelmalek Sellal dopo l’incontro con Renzi, durante il quale si è parlato di una maggiore cooperazione nei settori dell’agricoltura, dell’industria e del turismo, ma anche dell’istruzione e della società civile. Nell’ambito della Difesa, Sellal ha accennato a “grandi progetti” in corso di elaborazione. L’Italia importa gas dall’Algeria, che a sua volta importa molti beni industriali e alimentari. Tra i due paesi vige un trattato di cooperazione siglato nel 2003. Renzi ha avuto un incontro con Isad Rebrab, il presidente del gruppo Cevital che ha di recente comprato le acciaierie Lucchini di Piombino. Italia e Algeria si incontreranno di nuovo a Roma nel primo semestre del 2015. _Kenya Conferenza ministeriale Omc a Nairobi nel 2015 Sarà ospitata a Nairobi, a dicembre prossimo, la decima conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc/Wto). A renderlo noto è stato il ministero keniano degli Affari esteri, specificando che la decisione di svolgere l’incontro a Nairobi è stata presa all’unanimità dai paesi membri dell’organizzazione internazionale. La conferenza ministeriale dell’Omc è l’organo decisionale dell’organizzazione e si riunisce una volta ogni due anni con la partecipazione di rappresentanti di tutti i 153 Stati membri; è abilitata a prendere decisioni in relazione a tutti gli aspetti contemplati negli accordi commerciali multilaterali sottoscritti ed è l’unica istanza che può ratificare nuovi accordi sulla base del consenso. Africa e Affari — Pag. 46 — Economia e finanza Un piano da 1,4 miliardi di euro per spingere l’economia del Camerun Gli investimenti pianificati dal governo di Yaoundé hanno l’ambizioso obiettivo di far salire il prodotto interno lordo del 50% nei prossimi cinque anni. Il primo ministro Yang ha puntato tutto su sanità, infrastrutture stradali, agricoltura, energia e sicurezza. — di Klaus Eisner Sono pari a poco più di 1,4 miliardi di euro in tre anni, gli investimenti pianificati dal governo di Yaoundé per sostenere la crescita economica e raggiungere l’ambizioso obiettivo di far salire il prodotto interno lordo del Camerun del 50% nei prossimi cinque anni. “Il programma speciale d’investimenti - ha detto nel corso di una conferenza stampa il primo ministro Philemon Yang (nella foto in alto) - è valutato in 925 miliardi di franchi cfa e sarà finanziato dalla mobilitazio- ne delle risorse, da istituzioni finanziarie locali e internazionali. Tra gli investimenti prioritari figurano settori quali le infrastrutture stradali, la sanità, l’agricoltura, l’energia e la sicurezza”. In base alle stime del governo, l’economia nazionale è attesa quest’anno in crescita del 5,8% mentre nel 2015 l’aumento dovrebbe essere del 6,3%. Le stime del Fondo monetario internazionale prevedono invece un tasso del 5,1% per quest’anno e del 5,2% per il prossimo. Dentro Sommario l’Africa——Pag. Pag. 4747 Il Fondo sovrano angolano investe in infrastrutture e settore alberghiero Il Fondo sovrano dell’Angola, guidato da José Filomeno Dos Santos, figlio del presidente della Repubblica José Eduardo Dos Santos, nei primi nove mesi del 2014 ha investito 1,1 miliardi di dollari in un fondo per le infrastrutture e un ulteriore mezzo miliardo in un fondo per lo sviluppo dell’industria alberghiera in Africa. A riportare queste cifre sono diverse fonti locali. Secondo queste fonti il capitale netto del fondo - che si propone di investire nei settori dell’energia dei trasporti e dello sviluppo industriale, sia in Angola che nel resto dell’Africa subsahariana - è di poco inferiore ai 5 miliardi di dollari. Creato ufficialmente nel 2012 per permettere un migliore e più tra- sparente utilizzo dei redditi derivanti dal petrolio, il fondo sovrano dell’Angola ha in programma di diversificare i suoi investimenti in futuro, includendovi obbligazioni pubbliche e private, valute estere, derivati finanziari e proprietà immobiliari. Secondo lo statuto del Fondo, almeno il 7,5% della sua dotazione finanziaria dovrà essere speso in progetti legati all’istruzione, la creazione di reddito per le fasce meno protette della popolazione angolana, l’accesso all’acqua potabile, i servizi sanitari e la distribuzione di elettricità. L’obiettivo è allo stesso tempo quello di compiere “investimenti sostenibili nel lungo periodo” e di “garantire lo sviluppo socioeconomico dell’Angola”. Il Kenya alza il tetto sui prestiti esteri per finanziare gli obiettivi di sviluppo Il Parlamento di Nairobi ha approvato un nuovo emendamento che raddoppia il limite imposto al governo keniano sui prestiti che vengono contratti all’estero, aumentandolo fino a 2500 miliardi di scellini keniani (equivalente a circa 22,3 miliardi di euro). La richiesta di raddoppiare il limite era stata formulata lo scorso novembre dal ministro delle Finanze Henry Rotich e motivata con la necessità di dover finanziare i numerosi progetti infrastrutturali programmati dall’esecutivo. Secondo il capogruppo della maggioranza in Parlamento, Aden Duale, l’aumento del tetto sui prestiti sarebbe essenziale “per aiutare il governo a raggiungere gli obiettivi di sviluppo” entro le scadenze previste. Il debito pubblico del Kenya era stimato fino a inizio settembre in una percentuale di poco superiore al 50% rispetto al prodotto interno lordo (pil); tuttavia, dopo un esercizio di rimodulazione del calcolo del pil, tale percentuale è stata notevolmente ridotta. _Africa Assicurazioni, Axa verso Kenya e Ghana: “è l’ora dell’Africa” Il Kenya e il Ghana potrebbero essere due prossime destinazioni per la compagnia di assicurazioni francese Axa, una delle principali a livello europeo, già ben impiantata nei paesi francofoni dell’Africa occidentale. “Questo è chiaramente un buon momento per interessarsi all’Africa. Lo sviluppo economico sarà sostenuto e per un lungo periodo, un fattore che favorirà la nascita di una classe media.” ha detto Jean-Laurent Granier, direttore generale di Axa per la regione Mediterraneo e America Latina al quotidiano francese ‘Les Echos’. Nell’area dell’Africa anglofona, Axa è già entrata in Nigeria con l’acquisto del 77% di Mansard, gruppo che segue il settore privato. _Costa d’Avorio Prestito cinese per il TC2 del porto di Abidjan Ha un valore di poco superiore a 700 milioni di euro, il prestito concesso dalla Banca Export-Import della Cina per finanziare la costruzione del secondo terminal container del porto di Abidjan. A darne notizia è stato il direttore generale dell’autorità portuale ivoriana, Hien Yacouba Sie, ricordando che quest’estate altri tre istituti bancari (la Banca africana di import-export/Afreximbank, la Atlantic Bank e la francese Société Générale) avevano annunciato un finanziamento di circa 200 milioni di euro. _Tunisia Prestiti della Bei a sostegno delle microimprese Il sostegno agli imprenditori e alle microimprese è stato al centro della prima visita in Tunisia di Werner Hoyer, presidente della Banca europea degli investimenti (Bei), accompagnato dal suo vice, Philippe de Fontaine Vive. Due accordi di finanziamento sono stati firmati, con l’Istituto per la microfinanza Taysir e con la Banque TunisoKoweitienne, nell’ambito di un partenariato con la rete Entreprende, per un importo complessivo di 21 milioni di euro. Tale progetto mira a facilitare l’accesso al credito alle piccolissime imprese e alle startup delle aree più remote. Africa e Affari — Pag. 48 — Sviluppo In Madagascar un voto unanime dei deputati abolisce la pena di morte Le più recenti condanne nell’isola dell’Oceano Indiano erano state comminate nel 2005 ma l’ultima esecuzione riportava indietro al 1958. Salgono così a 36 gli Stati africani abolizionisti, sono invece cinque quelli in cui la massima pena viene ancora applicata. — di Céline Camoin Con un voto unanime, il Parlamento malgascio ha abolito il 10 dicembre la pena di morte. La decisione, coincisa con la settimana in cui si celebrava l’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani, è stata salutata con favore dalla società civile e dal presidente Hery Rajaonarimampianina (nella foto). Dal 1958, data dell’ultima esecuzione capitale, le pene erano state sistematicamente commutate in lavori forzati. Le ultime condanne erano state pronunciate nel 2005 nei confronti di un gruppo di 11 persone. Nel 2012, l’allora presidente Andry Rajoelina aveva già firmato un trattato nel quale si impegnava a far abolire definitivamente la pena di morte dalla legislazione nazionale. La tendenza verso l’abolizione della pena di morte in Africa subsahariana è sempre più evidente e nell’intero continente sono 36 gli Stati abolizionisti. Nel 2013, tuttavia, 19 paesi africani hanno pronunciato condanne alla pena capitale e almeno cinque l’hanno applicata. Oms, grandi progressi nella lotta alla malaria in Africa subsahariana Progressi significativi nella lotta alla malaria nel mondo, e in particolare in Africa subsahariana, si sono registrati sin dal 2000: nella regione africana il numero di decessi dovuti alla malattia è calato del 54%, un risultato superiore alla media mondiale del 47%. Lo riferisce l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) sottolineando che i buoni risultati dell’Africa subsahariana si sono verificati in parallelo a un aumento della popolazione del 43%. Tra il 2000 e il 2013 è aumentato l’accesso alle zanzariere impregnate con insetticida, così come l’accesso ai test e alle cure. Ma nonostante i progressi, gli esperti dell’Oms sottolineano che l’area resta focolaio di malaria e che ancora un terzo delle famiglie non possiede adeguati repellenti. I buoni risultati sono messi a rischio nei tre paesi colpiti dall’epidemia di ebola (Liberia, Sierra Leone e Guinea). Dentro Sommario l’Africa——Pag. Pag. 4949 _Angola In programma un’indagine sulla proprietà terriera L’Angola ha in programma un’indagine sulla proprietà terriera in modo da determinare l’utilizzo dei vari lotti di terreno, identificare quelli a cui non corrisponde un certificato di proprietà, quelli occupati illegalmente e anche quelli sottratti ai legittimi proprietari. Edeltrudes Costa, capo di gabinetto del presidente angolano José Eduardo Dos Santos, ha dato l’annuncio rassicurando allo stesso tempo sul fatto che il governo rispetterà “i diritti e gli interessi protetti dalla legge dei cittadini”. Cooperazione tra Ghana e Danimarca per migliorare il sistema fiscale I governi di Accra e Copenhagen hanno siglato un accordo per un programma quadriennale destinato a sostenere la governance economica e la sostenibilità del sistema fiscale ghanese. A darne notizia sono i media ghanesi, specificando che il program- ma si inserisce nella strategia generale del governo della Danimarca di promuovere le relazioni bilaterali con il Ghana e trasformarle da un modello fondamentalmente basato sulla cooperazione allo sviluppo a uno incentrato sulla cooperazione politica e commerciale. Obiettivo del programma è una sostanziale riforma del sistema fiscale ghanese, che garantisca un aumento degli introiti, maggiore trasparenza ed efficacia del sistema di riscossione. Il programma prevede la collaborazione tra l’autorità fiscale danese e quella ghanese (Gra), e due altri progetti da svolgere insieme a due organizzazioni ghanesi della società civile che si occuperanno invece di responsabilità fiscale. Il valore del programma è pari a circa 32 milioni di euro. Nuova grafica, nuove rubriche, nuovi servizi esclusivi. La stessa passione di sempre per il continente vero. _Benin Fondi Ue per governance, agricoltura ed energia Ammonta a 372 milioni di euro lo stanziamento deciso dall’Unione Europea a favore del Benin entro il 2020. Il finanziamento, previsto per il periodo 2014-2020, copre tre settori considerati prioritari nell’ambito della cooperazione tra Benin e Unione Europea: governance, agricoltura ed energia. AFRICA MISSIONE • CULTURA APPROFITTA DELL’OFFERTA LANCIO STA.IT RICARIVI ALE IO 2015 - ANNO 93 RIVISTA WWW.AF BIMESTR A NE • CULTUR MISSIO -FEBBRA N.1 GENNAIO abe USIVO ESCL ta a Mug Intervis E RTAG REPO al voto Nigeria Un ario sion eroe mis DA RUAN NAMIBIA Al di là Con soli 30 euro leggi la rivista cartacea per un anno AFRICA e ricevi in omaggio via mail Africa digitale (in formato pdf). N.1 GENNAIO-FEBBRAIO 2015 - ANNO 93 e delle dun RIVISTA BIMESTRALE AFRICA N.1 GENNAIO-FEBBRAIO 2015 - ANNO 93 RIVISTA BIMESTRALE WWW.AFRICARIVISTA.IT MISSIONE • CULTURA WWW.AFRICARIVISTA.IT VIVERE IL CONTINENTE VERO MISSIONE • CULTURA VIVERE IL CONTINENTE VERO ESCLUSIVO IA ETIOP LORIA I DI G CHIL Intervista a Mugabe REPORTAGE Nigeria al voto RUANDA Un eroe missionario NAMIBIA AFRICA N.1 GENNAIO-FEBBRAIO 2015 - ANNO 93 RISPARMI 20 euro! 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Furnex è una fiera specializzata organizzata dal 2004 con l’obiettivo di introdurre l’Egitto nel settore dell’arredamento e del mobilio. Per informazioni è possibile visitare il sito ufficiale della manifestazione: www.furnexegypt.com Idrocarburi Tunisia Con il patrocinio del ministero dell’Industria tunisino, si terrà a Sfax Petroserv 2015, iniziativa dedicata all’industria del petrolio e del gas. Nella precedente edizione, all’appuntamento hanno risposto 200 espositori provenienti da 17 paesi; per questa edizione gli organizzatori si attendono una partecipazione ancora più ampia. Per informazioni è possibile visitare il sito ufficiale della manifestazione: www.petroservexpo.com febbraio 19/20 marzo Appuntamenti Costruzioni Zambia Si svolge a Lusaka, la capitale dello Zambia, la prima edizione di ZambiaBuild, dedicata al settore delle costruzioni e ai materiali per l’edilizia. L’obiettivo dei promotori dell’iniziativa è di creare una piattaforma utile alle imprese per proporre i rispettivi prodotti e allo stesso tempo realizzare uno spazio per rafforzare network e relazioni commerciali. Ulteriori informazioni sono reperibili nel sito: www.zambiabuild.com 22/24 aprile Minerario R. Congo La Congo International Mining Conference & Exhibition avrà luogo a Brazzaville e si proporrà come negli anni scorsi quale luogo di incontro dei protagonisti del settore minerario nel paese dell’Africa centrale. La Ciemc 2015 è patrocinata dalla Presidenza della Repubblica, la fiera durerà tre giorni, la conferenza due. Il tema scelto per quest’anno è: “Crescita economica congolese: outlook per uno sviluppo integrato e sostenibile dell’industria mineraria”. Per informazioni: www.ciemcongo.com maggio 19/20 maggio Idrocarburi Mozambico Si terrà al Girassol Indy Congress Hotel di Maputo la terza edizione di MozamBuild, iniziativa legata al crescente settore delle costruzioni del Mozambico. L’obiettivo di questa manifestazione, patrocinata dalla Mozambican Federation of Contractors è creare uno spazio di incontri sia per imprese già presenti sul territorio sia per chi sta valutando un ingresso nel mercato mozambicano. Per ulteriori informazioni: www.mozambuild.com 27/28 maggio Minerario Camerun Sarà il Palazzo dei Congressi di Yaoundé a ospitare la seconda edizione della Cimec, la Cameroon International Mining Conference & Exhibition). L’evento è organizzato dal ministero delle Miniere del Camerun ed è patrocinato dal capo dello Stato Paul Biya. Nel corso dei tre giorni della manifestazione, i partecipanti avranno l’opportunità di avviare e rafforzare relazioni grazie alla presenza dei protagonisti del settore minerario nel paese. Ulteriori informazioni sono disponibili nel seguente sito: www.cimecameroon.com Info Africa Per conoscere il continente del futuro InfoAfrica è uno strumento informativo pensato per aziende, istituzioni e organizzazioni non governative che guardano all’Africa. Si propone di fornire un quadro completo per aiutare chi ha investito o intende investire in Africa ad avere un flusso informativo costante, aggiornato e preciso. Il Notiziario, base e personalizzato, la Rassegna stampa e l’Osservatorio sono i principali strumenti messi a disposizione della nostra utenza. Su richiesta e per rispondere a esigenze precise sono forniti altri servizi. www.infoafrica.it - [email protected] Africa e Affari — Pag. 52