consulta il primo numero 2015 - Centro Servizi per il Volontariato di

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consulta il primo numero 2015 - Centro Servizi per il Volontariato di
Africa
e Affari
Sommario — Pag. 1
Nigeria / Presidenziali
Saranno le elezioni
più incerte di sempre
Sudafrica / George Bizos
Rivista mensile
sul continente del futuro
“Dopo l’apartheid, la terra
è questione prioritaria”
Gennaio 2015
Zoom / Kenya-Somalia
Africa e Affari / anno 3 numero 1 / gennaio 2015 / € 15
Quella linea marittima
che nasconde petrolio
Focus
Commercio, ecco gli Ape
Europa e Africa rinnovano le relazioni economiche: ve le spieghiamo...
_Intervista esclusiva al presidente del Mozambico Armando Guebuza
Indice
4
Editoriale
34
5
Focus
6
Lo sviluppo dell’Africa alla prova degli Ape
ZOOM / Kenya-Somalia, quella linea marittima che
per Mogadiscio significa ‘futuro’
10
Il quadro regionale
12
Risvolti doganali, opportunità e scetticismi
14
Intervista ad Armando Guebuza
17
Il caso Mozambico, da Eni alle Pmi
18
Un punto di vista africano
23
Gli accordi secondo l’Europa
24
Viaggiare in africa
29
EQUILIBRI
30
Nigeria al voto, le elezioni più incerte di sempre
31
Infrastrutture, investimenti in costante aumento
32
La Campagna Africa, NO ebola va avanti
33
Sudafrica, George Bizos sulla questione agraria
14
38
6
35
DENTRO L’AFRICA
36
Energia / Sudafrica, un piano in cinque punti
per affrontare la crisi energetica
I fattI dI dIcembre 2014
tunIsIa
Beji Caid Essebsi
nuovo capo di Stato
lIbIa
Africa e Affari — Pag. 26
Campi di addestramento
per jihadisti nell’est
malI
2
Liberato ultimo
ostaggio francese
38
Agricoltura / Più caffè per l’Etiopia
40
Industria / Gli algerini di Cevital per rilanciare
le acciaierie di Piombino
42
Infrastrutture / Togo, un nuovo terminal per Lomé
44
Commercio / In Sudafrica raddoppia il commercio
guInea
Sciopero al porto
di Conakry contro
Bolloré
1
nIgerIa
centrafrIca
Nuove violenze di Boko
Haram nel nord-est
somalIa
Bangui denuncia in
Francia l’ex presidente
Bozizé
elettronico
Estesa per altri due anni
la missione Ue antipirateria
2
r.d. congo
Rimpasto di governo,
entra una parte
dell’opposizione
burundI
Conclusa la locale
missione Onu
ZambIa
46
Economia e finanza / Fondi per rilanciare il Camerun
48
Sviluppo / Madagascar, abolita la pena di morte
50
Appuntamenti
Presidenziali, urne
aperte il 20 gennaio
3
26
namIbIa
Hage Geingob eletto
presidente, la Swapo
domina il parlamento
maurItIus
Elezioni parlamentari:
vince l’opposizione
4
I fatti del mese — Pag. 27
1
2
3
burkina faso
si insedia il parlamento di transizione,
Zida promette giustizia
Si è insediato a Ouagadougou il Consiglio
nazionale di transizione, l’organo legislativo della transizione burkinabè. Composto
da 90 membri, il Cnt sarà guidato dal
giornalista Cherif Moumina Sy, nominato
presidente di questa istituzione. Noto per
le sue posizioni contro ingiustizie e impunità, Sy ha dichiarato che si impegnerà a
dare delle risposte precise alla volontà di
cambiamento espressa dal popolo.
Kenya e sudan
la giustizia internazionale ‘scagiona’
Kenyatta e bashir
Prove insufficienti: questa la motivazione
con cui la Corte penale internazionale ha
ritirato le accuse contro il capo di Stato
keniano Uhuru Kenyatta, indagato per
crimini contro l’umanità per le violenze del
2007-2008. Procedimento sospeso anche
per il presidente del Sudan, Omar alBashir, per il quale la Procura ha lamentato una mancanza di collaborazione da
parte della comunità internazionale.
Zimbabwe
Il ministro della giustizia nominato
vice di mugabe
È quello del ministro della Giustizia Emmerson Mnangagwa il nome più in vista
nel duo di vicepresidenti scelti da Robert
Mugabe per il partito di governo dello
Zimbabwe Zanu-Pf e di conseguenza per
il paese. L’altro posto sarà occupato da
Phelekezela Mphoko. Noto con il soprannome di ‘Ngwena’ (coccodrillo), Mnangagwa, 68 anni, diventa così il favorito
d’obbligo per la successione a Mugabe.
4
sudafrica
la ‘nazione arcobaleno’ ricorda
mandela
Un anno fa, il 5 dicembre 2013, moriva
Nelson Mandela, artefice della libertà del
Sudafrica dall’apartheid. Nell’anniversario
della morte, il Sudafrica lo ha ricordato
con cerimonie ed eventi. L’iniziativa più
simbolica è stata quella dei 6 minuti e 7
secondi divisi tra rumore e silenzio: una
durata simbolica per ricordare i 67 anni
di attivismo di Madiba, in parte vissuti nel
silenzio del carcere di Robben Island.
anno 3 numero 1
gennaio 2015
Direttore responsabile
Massimo Zaurrini
Direttore editoriale
Gianfranco Belgrano
Hanno collaborato
Céline Camoin, Ilenia Cassetta,
Klaus Eisner, Davide Maggiore,
Maria Scaffidi, Ernesto Sii,
Michele Vollaro
Progetto grafico
Antonella Belgrano
Editore
Internationalia Srl
Registro degli Operatori
di Comunicazione
iscrizione del 26/04/2013
numero 23474
Stampa
PressUp srl
Chiuso in redazione
il 20 dicembre 2014
Africa
e Affari
Un nuovo anno,
una nuova Africa
[di Massimo Zaurrini, direttore responsabile]
Gli Ape/Epa, i Millenium Development Goals (Mdg), Expo: questo
2015 appena iniziato sembra destinato
a segnare un punto di svolta per l’Africa, soprattutto per le sue relazioni
con il resto del mondo. Gli Accordi di
Partenariato Economico (Ape, secondo l’acronimo italiano o francese,
Epa secondo quello inglese) segnano, nel bene o nel male, una svolta
nelle relazioni con l’Europa e vanno a
indicare, almeno sul fronte commerciale, un nuovo tipo di rapporto ‘tra
pari’ fra i continenti a nord e a sud del
Mediterraneo, seppur gradualmente e
nell’arco dei prossimi vent’anni. Anche
l’analisi dei risultati ottenuti rispetto
agli Mdg decisi dalle Nazioni Unite 15
anni fa lasceranno l’immagine di un
continente diverso.
C’è sicuramente ancora molta strada
da fare, ma appare abbastanza certo
che varie fette del continente hanno
fatto registrare progressi significativi
nella riduzione della povertà, nella
sfera sanitaria ed educativa. Anche
Expo 2015 che si terrà a Milano a
partire da maggio rappresenta un punto di svolta. Non si era mai registrata,
infatti, una così ampia partecipazione di paesi africani alla più grande
esposizione del pianeta. Tra padiglioni
autonomi, come quello dell’Angola,
a quelli inseriti nei cluster tematici (il
grosso si troverà in riso, cacao e caffè),
quasi due terzi dei paesi d’Africa
saranno rappresentati a Milano per la
seconda metà dell’anno. Il 2015 sarà
un anno importante per cominciare a
intravedere quello che noi definiamo
il Continente del futuro. Tempo una
generazione da oggi e l’immagine
dell’Africa che abbiamo sarà cambiata. Buon Anno.
Sommario — Pag. 1
Nigeria / Presidenziali
Saranno le elezioni
più incerte di sempre
Sudafrica / George Bizos
Rivista mensile
sul continente del futuro
“Dopo l’apartheid, la terra
è questione prioritaria”
Gennaio 2015
Zoom / Kenya-Somalia
Africa e Affari / anno 3 numero 1 / gennaio 2015 / € 15
Quella linea marittima
che nasconde petrolio
Focus
Commercio, ecco gli Ape
Europa e Africa rinnovano le relazioni economiche: ve le spieghiamo...
Viaggiare verso sud
non solo con i numeri
[di Gianfranco Belgrano, direttore editoriale]
_Intervista esclusiva al presidente del Mozambico Armando Guebuza
In copertina
un’elaborazione grafica
dedicata al Focus
di questo numero
....................................................
Per informazioni
Internationalia Srl
via Val Senio 25
00141 Roma
tel. +39.06.8860492
tel. +39.06.92956629
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www.africaeaffari.it
Caratteristiche
Questa rivista è composta in
Sabon LT Std, Helvetica LT Std;
è stampata su carta Classic demimatt
patinata opaca da 100 gr
Una copia 15 euro
Con questo numero ‘Africa e Affari’
entra nel suo terzo anno di vita. Non
male per una pubblicazione di nicchia, destinata a un pubblico amante
dell’Africa, o semplicemente desideroso di saperne di più per seguire i
propri affari o per studiare l’ingresso
in nuovi mercati. Per noi l’Africa - e
speriamo anche per la maggior parte
delle persone che ci legge - è però
molto di più che tabulati, grafici,
trend e numeri. L’Africa è un continente ricco di luoghi e popoli, che
meritano di essere visitati e conosciuti. Con questo spirito, inauguriamo
una rubrica, ‘Viaggiare in Africa’,
che vuole essere un contributo, una
goccia che mostri di volta in volta un
posto, magari poco conosciuto, che
a noi è piaciuto e la cui conoscenza
vogliamo condividere. Cominciamo
dal Mozambico, che in queste pagine
troverete a più riprese anche con
un’intervista esclusiva al presidente
uscente Armando Guebuza.
Vogliamo poi rendervi partecipi del
successo che ha incontrato la campagna ‘Africa, NO ebola’, protagonista
del numero precedente di questo
mensile. La distribuzione gratuita ha
contribuito a diffondere in maniera
più ampia possibile il messaggio che
volevamo dare: l’epidemia di ebola
in corso in Guinea, Liberia e Sierra
Leone è grave e merita ancora più
attenzione da parte della comunità
internazionale; ma ingiustificati sono
gli effetti che la psicosi da ebola sta
avendo sul resto dell’Africa. Sul tema
abbiamo in programma altre iniziative. Le anticiperemo nel sito: www.
africaeaffari.it
Sommario — Pag. 5
FOCUS
Focus Lo sviluppo dell’Africa alla prova degli accordi commerciali europei pag. 6 — Focus
Il quadro regionale pag. 10 — Focus Risvolti doganali e opportunità, ma anche scetticismo
africano pag. 12 — Focus Intervista ad Armando Guebuza: "L’Europa ci ascolti" pag. 14 —
Focus Il caso Mozambico, da palcoscenico Eni a campo d’azione per le Pmi pag. 17 —
Focus Un punto di vista africano: gli Ape non sono la vera questione pag. 18 — Focus
Gli accordi secondo l’Europa: alla pari e di reciproco vantaggio pag. 23
Africa e Affari — Pag. 6
La risposta degli Stati Uniti
Se l’Europa punta su legami tradizionali e Ape/Epa, gli Stati Uniti non restano a guardare. Lo scorso agosto, Washington ha ospitato il primo Us-Africa
Leader Summit: per tre giorni si è parlato di Africa e il presidente americano
Barack Obama ha promesso più investimenti, più missioni commerciali, più
sforzi di cooperazione. Finora l’Africa ha contato solo per l’1% dell’export
statunitense
— Ape/Epa
Lo sviluppo dell’Africa alla prova
degli accordi commerciali europei
Lo scorso ottobre è scaduto l’ultimatum fissato dall’Unione Europea per la firma
dei nuovi accordi di partenariato economico. Alla fine la firma c’è stata, ma il dibattito
resta aperto e alcuni paesi africani temono che l’intesa ne freni lo sviluppo industriale.
— di Michele Vollaro
Gli investimenti e gli scambi commerciali
tra paesi africani e Unione Europea (Ue)
sono un tema di fondamentale importanza
e, al tempo stesso, particolarmente spinoso.
Il commercio non può essere infatti considerato come qualcosa fine a se stesso, ma piuttosto dev’essere ritenuto uno strumento utile e necessario per migliorare le già esistenti
relazioni politiche, per rafforzare i legami
economici bilaterali e, in linea di principio,
per sostenere gli sforzi atti a promuovere lo
sviluppo sociale ed economico. I problemi
nascono, da un lato, al momento di individuare il modello di regime commerciale
più appropriato e i conseguenti accordi - a
livello multilaterale, regionale, bilaterale o
domestico - che meglio promuovano tali
obiettivi, in modo da raggiungere uno svi-
Focus — Pag. 7
luppo realmente sostenibile e il più inclusivo
possibile; dall’altro, quando occorre stabilire la modalità con cui tali accordi debbano
essere messi in pratica.
È in questo senso che i negoziati sugli Accordi di partenariato economico (Ape, in
inglese Economic Partnership Agreements,
Epa) assumono un significato cruciale.
Sintetizzando, gli Ape sono accordi di libero scambio che garantiscono alle merci
africane l’accesso ai mercati europei senza
dazi doganali né quote, e viceversa. Si tratta
quindi di accordi reciproci anche se asimmetrici, poiché l’Ue concede l’ingresso libero
nel proprio mercato a beni e servizi, mentre
gli altri paesi firmatari s’impegnano a garantire la progressiva apertura fino all’83% dei
propri mercati nazionali ai prodotti provenienti dall’Europa.
I negoziati per gli Ape erano cominciati nel
2002, in considerazione della necessità di
sostituire i precedenti accordi di Cotonou
(2000) e la convenzione di Lomé (1975),
che non erano conformi alle norme stabilite
dall’Organizzazione mondiale del commercio (Wto/Omc). Oltre che i paesi dell’Africa,
le contrattazioni per la firma di questi accordi sono state avviate anche con i paesi ex
colonie europee dei Caraibi e del Pacifico,
utilizzando perciò la sigla collettiva di paesi Acp. Per lo svolgimento delle trattative,
è stato poi deciso di suddividere tutti questi paesi in sette differenti blocchi regionali,
che, per quel che riguarda l’Africa, ricalcano le organizzazioni regionali esistenti nel
continente, pur non coincidendo completamente. Soltanto il territorio contestato del
Sahara occidentale e due paesi martoriati da
conflitti decennali come Sud Sudan e Somalia, sono rimasti al di fuori del quadro negoziale. Inoltre, nei negoziati sugli Ape non
sono inclusi i paesi del Nordafrica affacciati
sul mar Meditterraneo, che non sono membri Acp e sono invece soggetti alla Politica
europea di vicinato.
I cinque gruppi regionali, comprendenti in
totale i 47 paesi del continente coinvolti
nelle trattative, sono quello dell’Africa occidentale, dell’Africa centrale, i cinque Stati
membri della Comunità dell’Africa orientale, il raggruppamento Epa della Comunità
di sviluppo dell’Africa australe e il gruppo
cosiddetto dell’Africa orientale e meridionale.
L’idea sottostante agli Ape è quella di considerare la liberalizzazione commerciale come
strada maestra per l’integrazione dei paesi
africani nell’economia globale, presumendo
che in questo modo sia possibile rafforzarne la competitività. In base alle dichiarazioni dei negoziatori europei vi è l’intenzione
di adottare una logica di partenariato ‘tra
pari’, che superi il retaggio di tipo assisten-
Per capire meglio
Ricapitoliamo e sciogliamo una serie di sigle che troverete nelle prossime pagine. Sono le parole chiave che aiutano a comprendere meglio la
questione degli Ape e i suoi protagonisti.
Le sigle degli accordi commerciali
Ape Accordi di partenariato economico, in inglese Epa, Economic Partnership Agreements
Eba Everything but arms, in italiano Tutto fuorché le armi; accordo sancito con i paesi meno sviluppati
Enp South European Neighbourhood Policy; accordo inerente i paesi a
sud del Mediterraneo
Spg Sistema delle preferenze generalizzate
I gruppi regionali
Africa occidentale West Africa Group (il gruppo è composto in massima
parte dai 15 paesi della Comunità economica dell'Africa occidentale,
Ecowas/Cedeao)
Africa centrale Central Africa Group
Eac East African Community, in italiano Comunità dell'Africa orientale
Sadc Southern African Development Community, in italiano Comunità di
sviluppo dell'Africa australe (il gruppo è composto da 15 paesi)
Sacu Southern African Customs Union, in italiano Unione doganale
dell'Africa australe (il gruppo è composto da cinque paesi)
Sadc-Epa Sono i paesi Sacu più altri due paesi Sadc, interessati da un
Ape regionale
Esa Eastern and Southern Africa, in italiano Africa orientale e australe
Ldc Least Developed Countries, in italiano i Paesi meno sviluppati
Acp Paesi appartenenti ai gruppi geografici Africa, Caraibi, Pacifico
>>> Il quadro regionale di pagina 10 approfondisce ulteriormente il
profilo dei partner africani negli accordi Ape
ziale che di fatto aveva sempre relegato i
paesi dell’Africa al ruolo di semplici beneficiari di concessioni commerciali unilaterali
da parte dell’Europa. La proposta del nuovo regime di apertura commerciale è stata
però immediatamente criticata da molti paesi dell’Africa, secondo i quali abbattere il
protezionismo significava sottrarre una delle principali fonti di entrate per i propri bilanci pubblici. Per questo motivo sono stati
ben pochi i progressi fatti in più di dieci
anni di negoziati, spingendo così lo scorso
anno la Commissione europea a indicare il
1° ottobre 2014 come termine ultimo entro il quale i paesi Acp avrebbero dovuto
almeno approvare un Ape interinale, cioè
provvisorio, in attesa di accordi definitivi.
A quella data, infatti, fu fissata la scadenza del regolamento europeo sull’accesso al
mercato (Market Access Regulation, Mar
1528/2007), che fino a quel momento concedeva l’accesso preferenziale non recipro-
Africa e Affari — Pag. 8
Unione Africana (in alto) e Unione Europea
co al mercato dell’Unione Europea sotto
forma di tariffe ridotte o nulle. Dopo il 1°
ottobre, il libero accesso ai mercati europei
sarebbe stato garantito soltanto ai paesi che
avessero già firmato e avviato il processo di
ratifica degli Ape - oppure a quei paesi inseriti nella categoria dei cosiddetti Ldc che
avrebbero comunque continuato a godere
del libero accesso grazie a un altro accordo
europeo unilaterale che per sostenere lo sviluppo di queste economie meno avanzate ne
liberalizza tutte le esportazioni con l’esclusione di armi e munizioni (l’accordo Eba).
Prima di stabilire l’ultimatum del 1° ottobre
2014, l’Ue era riuscita a concludere i negoziati con alcuni singoli paesi dell’Africa. È il
caso per esempio della Costa d’Avorio e del
Ghana, che hanno avviato entrambi un Ape
interinale a dicembre 2007, anche se soltanto la Costa d’Avorio lo ha effettivamente
firmato nel novembre dell’anno successivo,
mentre il Ghana ha preferito attendere la
decisione degli altri membri del raggruppamento regionale. A gennaio 2009 è stato il
Camerun ad accettare un Ape con l’Europa,
ratificandolo ufficialmente nel luglio dello
scorso anno. Sempre nel 2009 un altro Ape
era stato firmato da Zimbabwe, Seychelles,
Mauritius e Madagascar, con i primi due
paesi che hanno nel frattempo provveduto
anche alla ratifica parlamentare dell’accordo, mentre Mauritius e Madagascar hanno
notificato a Bruxelles la sua adozione provvisoria in attesa di un’intesa con tutti i paesi
del gruppo Esa. Da quando invece è stata
fissata la scadenza di ottobre 2014 per la firma degli Ape, le trattative sono cominciate
a farsi molto più serrate, complice senz’altro anche il timore da parte di diversi Stati
dell’Africa di perdere l’accesso al mercato
europeo, che rappresenta in ogni caso la
principale destinazione commerciale.
Il primo gruppo regionale ad aver avviato
formalmente un Ape interinale con l’Ue è
stato quello dei 16 paesi dell’Africa occidentale, i cui capi di Stato e di governo
hanno dato lo scorso 10 luglio il loro avallo
alla firma dell’accordo commerciale. L’intesa - che è stata fortemente osteggiata dalla
Nigeria, il principale partner commerciale
dell’Europa nella regione, poiché giudicata controproducente ai fini degli sforzi per
promuovere l’industrializzazione dei paesi
dell’Africa - copre esclusivamente le merci e non i servizi, anche se durante i futuri
negoziati potranno essere integrati nuovi
regolamenti relativi all’apertura reciproca
dei mercati dei servizi. Sia i paesi dell’Africa
occidentale sia i paesi dell’Ue, si stanno preparando alla firma ufficiale dell’Ape e alla
conseguente ratifica parlamentare.
Una settimana più tardi, il 15 luglio, è stato
il turno dei paesi riuniti nel gruppo SadcEpa - con l’esclusione dell’Angola, inserita
fra i paesi Ldc, la quale ha però sottoscritto
un’opzione per potersi aggregare all’accordo commerciale regionale in un prossimo
futuro - a dare il proprio via libera all’Ape con l’Europa. In questo caso i negoziati
sono stati guidati soprattutto dal Sudafrica,
che aveva già siglato un accordo di libero
scambio con l’Europa nel 1999 instaurando
un regime commerciale preferenziale volto
alla creazione progressiva di una zona di libero scambio (Zls) per la libera circolazione
delle merci.
Proprio questa posizione di forza è stata
utilizzata dai negoziatori sudafricani per
offrire garanzie anche ai paesi vicini della
80%
— La quota di mercato
interno che sarà aperta
dai paesi dell’Africa
orientale
47
— I paesi coinvolti
nelle trattative. Fuori
Somalia, Sud Sudan,
Sahara O. e Nordafrica
Focus — Pag. 9
regione, attraverso l’approvazione di una
serie di disposizioni che dovrebbero evitare
abusi da parte delle imprese più rilevanti,
garantendo una maggiore protezione alle
industrie locali e intensificando, d’altro canto, l’integrazione economica regionale.
L’ultimo raggruppamento ad aver raggiunto
un’intesa con l’Ue è stato quello composto
dai paesi membri della Comunità dell’Africa orientale, che hanno finalizzato un Ape
completo e non interinale lo scorso 16 ottobre, due settimane quindi dopo l’ultimatum
fissato da Bruxelles. In questo caso il Kenya
- unico Stato dell’Eac non inserito nella li-
Abuja ha ostacolato
i negoziati, il Sudafrica
ha giocato sul suo peso
sta dei paesi Ldc - sarà il paese che risentirà
maggiormente del ritardo nella firma di un
accordo commerciale. Mentre gli altri paesi della regione continueranno infatti a godere del libero accesso al mercato europeo
in considerazione dell’accordo unilaterale
di sostegno alle economie giudicate meno
sviluppate, Nairobi, dopo la data del 1° ottobre, non ha più tutele particolari e dovrà
adesso attendere l’approvazione dell’Ape
regionale da parte della Commissione europea prima e del Parlamento europeo poi
per poter riacquisire la possibilità di vendere le proprie merci sul mercato europeo
senza quote d’ingresso né dazi doganali.
Libero accesso che secondo il rappresentante della delegazione Ue in Kenya, Lodewijk
Briet, avverrà non prima della terza o quarta settimana di gennaio, tenendo conto dei
tempi tecnici necessari per calendarizzare il
voto sull’Ape dell’Eac all’Europarlamento
di Bruxelles. In cambio del libero accesso
ai mercati europei e la promessa dell’Ue di
eliminare gradualmente i sussidi finora concessi all’agricoltura sotto forma della Politica agricola comune (Pac), i paesi dell’Eac
hanno accordato la progressiva apertura nei
prossimi 15 anni dell’80% dei propri mercati locali.
In sostanza, l’avvio degli accordi Ape nella
seconda metà del 2014 è sicuramente una
novità, che non risolve però la questione di
fondo legata all’effettivo beneficio che ne riceveranno i paesi africani.
Decenni di preferenze commerciali unilaterali accordate dai paesi europei ai partner
africani coi precedenti regimi legati alle diverse Convenzioni di Lomé, non sono stati
sufficienti a promuovere crescita e diversificazione delle esportazioni.
L’ipotesi sottostante i nuovi accordi Ape -
che cioè attraverso l’accesso a importazioni
a basso costo dall’Europa si possano ridurre
i costi di produzione, i prezzi al consumo
nei paesi africani e rafforzare lo sviluppo
industriale, la competitività africana e l’integrazione nella catena del valore globale - è
tutt’altro che verificata e i dubbi e le proteste non sono affatto venuti meno. La ratifica degli accordi da parte di alcuni paesi
non risolve le questioni e sposta semmai la
sfida dal fronte dei negoziati a quello più
avanzato dell’applicazione e del monitoraggio degli effetti indotti sulle produzioni e sui
territori locali.
Africa e Affari — Pag. 10
_Il quadro regionale
L’Europa esporta soprattutto macchinari industriali, prodotti chimico-farmaceutici, veicoli. L’export dei paesi
africani è costituito da materie prime e prodotti agricoli
_Africa centrale
La maggior parte dei paesi
inseriti nel gruppo dell’Africa centrale sono considerati
paesi meno avanzati e hanno
quindi accesso al regime Eba,
con l’esclusione del Camerun,
del Gabon e della Repubblica
del Congo (quest’ultimo può
adottare però il regime commerciale Spg). Complessivamente
nel 2013 il volume degli scambi
commerciali con l’Ue è stato
pari a 17,4 miliardi di euro - 10,4
miliardi dei quali riguardavano
le esportazioni di questi paesi
verso il mercato europeo. Circa
il 70% di tali esportazioni riguardavano il petrolio: l’unico paese
del raggruppamento regionale
che non vende petrolio all’Ue
è la Repubblica Centrafricana.
Tra gli altri prodotti esportati figurano cacao, legname,
rame, banane e diamanti. Da
parte sua l’Ue esporta verso la
regione soprattutto macchinari
e applicativi meccanici, equipaggiamenti per l’industria,
veicoli, prodotti alimentari e
farmaceutici. L’Ue è il primo
partner commerciale dei paesi
dell’Africa occidentale, con una
quota del 30,7%, seguita dalla
Cina (22,1%) e dagli Stati Uniti
(10,4%).
_Africa orientale (paesi Eac)
La Comunità dell’Africa orientale è una regione geograficamente ed economicamente
omogenea, impegnata sul
fronte dell’integrazione regionale: l’unione doganale è stata
istituita nel 2005 e dal 2010 vige
il regime interno di tariffe zero;
è in via di ratifica un protocollo
per avviare l’unione monetaria
e in discussione un progetto per
la creazione di una federazione
politica. Tutti e cinque i paesi
(Burundi, Kenya, Rwanda, Tanzania e Uganda) sono membri
dell’Organizzazione mondiale del
commercio (Wto/Omc). Nel 2013
il volume degli scambi commerciali all’interno della regione è
stato pari a 4,4 miliardi di euro,
il 10,5% del totale degli scambi commerciali dei paesi Eac.
Nello stesso anno il volume degli
scambi commerciali tra l’Ue e
l’Eac è stato pari a 5,7 miliardi di
euro: 2,15 miliardi di esportazioni
dall’Eac verso l’Ue e 3,55 miliardi di esportazioni europee verso i
paesi Eac. In Europa sono giunti
soprattutto caffè, fiori tagliati, tè,
tabacco, prodotti ittici e verdura.
Dall’Europa, invece, sono partiti
soprattutto macchinari e applicativi industriali, attrezzature
per trasporto e veicoli, pezzi di
ricambio e prodotti chimici e farmaceutici. L’Ue è il terzo partner
commerciale dei paesi dell’Eac,
con una quota del 14,9%, dopo
India (18,9%) e Cina (17,5%); il
mercato europeo è, d’altro canto,
la prima destinazione dei prodotti locali, coprendo il 24,7% delle
esportazioni, seguito a grande
distanza dall’India (9%) e dagli
Emirati Arabi Uniti (7,4%).
_Africa orientale e meridionale
(Esa, esclusi i paesi Eac)
Il gruppo dei paesi dell’Africa
orientale e meridionale include
paesi piuttosto distanti geograficamente, poiché la regione inizialmente considerata per avviare
i negoziati Ape, comprendeva
anche gli Stati membri della Comunità dell’Africa orientale, posizionati al centro di questa macroregione. I paesi Eac, però, hanno
in seguito deciso di concludere
con l’Ue un accordo commerciale
a parte, in considerazione dei loro
sforzi per l’integrazione politica ed
economica regionale, separando
quindi in due sottogruppi i paesi
dell’attuale raggruppamento Esa.
Tutti questi paesi sono membri
dell’Organizzazione mondiale
del commercio con l’esclusione dell’Etiopia, che dovrebbe
entrare a farne parte nel corso
del 2015, e dell’Eritrea, che
non ha ancora avviato alcun
negoziato. Il valore degli scambi
commerciali tra l’Ue e i paesi
Esa è stato pari nel 2013 a 9,1
miliardi di euro: 3,9 miliardi di
export dai paesi Esa verso l’Ue
e 5,2 miliardi di esportazioni
europee verso i mercati locali,
con un saldo di bilancio a favore
dell’Europa. Le esportazioni africane sono composte soprattutto
da zucchero, caffè, prodotti ittici,
tabacco, rame e petrolio. Nei paesi del raggruppamento giungono invece soprattutto macchinari
e applicativi industriali, veicoli
e prodotti farmaceutici. L’Ue è il
secondo partner commerciale
per i paesi Esa, con una quota
di mercato del 15,1%, dopo la
Cina (19,4%) e prima del Sudafrica (10,9%).
_Africa australe (Sadc-Epa)
Nella Comunità di sviluppo
dell’Africa australe, il Sudafrica
è il principale partner commerciale dell’Ue nella regione.
L’esportazione di diamanti accomuna Sudafrica, Botswana, Lesotho e Namibia, ma il Sudafrica è l’economia più diversificata
anche nelle esportazioni (platino, frutta, beni manufatti e vino).
Sono presenti prodotti agricoli
(come la carne dal Botswana,
il pescato dalla Namibia o lo
zucchero dallo Swaziland), il
petrolio dall’Angola e l’alluminio
dal Mozambico. L’Ue esporta
verso la regione prodotti simili
a quelli esportati in tutte le altre
regioni dell’Africa, cioè soprattutto macchinari industriali, veicoli
e prodotti chimico-farmaceutici.
L’Epa riconosce un accesso
al mercato asimmetrico: Botswana, Lesotho, Mozambico,
Focus — Pag. 11
Namibia e Swaziland hanno
un accesso al mercato dell’Ue
esente da dazi e quote, mentre
il Sudafrica - che ha preferito
mantenere un accordo bilaterale e non regionale con l’Ue
- riceverà condizioni migliorative
rispetto a quelle attualmente in
vigore, soprattutto per quanto
riguarda 32 prodotti agricoli e
della pesca (compreso vino,
zucchero ed etanolo). L’Ue
otterrà un accesso più ampio al
mercato dell’Unione doganale
dell’Africa australe (Sacu), in
particolare per i prodotti agricoli,
a condizione di non fare ricorso
a sussidi alle esportazioni, e
manterrà un accordo bilaterale
con il Mozambico. Complessivamente il volume degli scambi
commerciali tra l’Ue e i paesi
Sadc inclusi nei negoziati per
l’Ape è stato pari nel 2013 a
64,3 miliardi di euro, 31 miliardi dei quali erano costituiti
da esportazioni dirette verso il
mercato europeo e 33,3 miliardi
da esportazioni europee verso
la regione.
Africa orientale
(paesi Eac)
Africa occidentale
Africa centrale
Africa australe
Africa orientale
e meridionale
Regione/Paesi
_Africa occidentale
L’Africa occidentale è, tra tutte
le regioni Acp, il partner commerciale più importante dell’Ue,
rappresentando circa il 40%
dell’intero interscambio commerciale tra Europa e paesi
Acp. Tutti gli Stati inseriti nel
raggruppamento regionale sono
membri dell’Organizzazione
mondiale del commercio (Wto/
Omc), con l’esclusione della
Liberia, che ha avviato però nel
2012 i negoziati per farne parte.
Nel 2013, il valore complessivo
degli scambi commerciali tra le
due parti è stato pari a 68,8 miliardi di euro (un valore inferiore
rispetto all’anno precedente,
che ha contato 71,3 miliardi di
euro), con un export verso l’Ue
di 38,3 miliardi. La maggior
parte delle esportazioni (circa
l’80%) arriva da Costa d’Avorio, Ghana e Nigeria, con la
Nigeria che vende soprattutto
petrolio. Proprio il petrolio è
stato da poco inserito anche
nelle esportazioni del Ghana,
tradizionalmente specializzato
- come la Costa d’Avorio - nel
cacao (di cui sono i due principali esportatori mondiali), ma
anche in banane e prodotti ittici
trasformati, insieme a Capo
Verde e Senegal. L’Ue esporta
verso la regione beni industriali, macchinari, attrezzature
per trasporto e veicoli, prodotti
chimici. L’Epa si concentra sui
beni ma dovrebbe estendersi
anche a servizi. L’Ue è il primo
partner commerciale dei paesi
dell’Africa occidentale con una
quota del 30,5%, seguita a
grande distanza dalla Cina
(14%) e dagli Stati Uniti (9%).
Africa centrale
Camerun
Ciad
Gabon
Guinea equat.
Centrafrica
Rep. del Congo
R.d. Congo
São Tomé e P.
Africa orientale
Kenya
Tanzania
Uganda
Burundi
Rwanda
Africa orientale
e meridionale
Eritrea
Etiopia
Gibuti
Sudan
Comore
Madagascar
Malawi
Mauritius
Seychelles
Zambia
Zimbabwe
Africa australe
Angola
Botswana
Lesotho
Mozambico
Namibia
Sudafrica
Swaziland
Africa
occidentale
Benin
Burkina Faso
Capo Verde
Costa d’Avorio
Gambia
Ghana
Guinea
Guinea Bissau
Liberia
Mali
Mauritania
Niger
Nigeria
Senegal
Sierra Leone
Togo
Africa e Affari — Pag. 12
Kenya temporaneamente senza tutele
Il Kenya è il paese dell’Africa orientale che più ha risentito del ritardo della
firma di un accordo con l’Europa. La firma è arrivata il 16 ottobre scorso,
ma Nairobi deve aspettare la ratifica del Parlamento europeo, prima di
recuperare le antiche tutele. A fare pressioni per la firma era stata l’industria
floricola che aveva minacciato di delocalizzare le sue unità produttive in
Tanzania o in Etiopia
— L’esperto
Risvolti doganali e opportunità
ma anche scetticismo degli africani
Se l’accordo di Cotonou sancì la progressiva evoluzione delle relazioni tra i due blocchi
verso l’affermazione del principio di reciprocità, secondo diversi paesi del continente
gli ultimi sviluppi rischiano di compromettere alcuni comparti, tra cui quello agricolo.
— Giuseppe De Marinis*
Gli Accordi di partenariato economico (Epa) sono accordi di libero scambio volti ad abbattere le barriere
doganali e a promuovere l’integrazione economica delle aree coinvolte, e hanno da sempre visto, da parte
degli Stati africani, una non volontà nel sottoscriverli.
Recentemente, tuttavia, alcuni accordi sono stati siglati
dall’Unione Europea con tre differenti gruppi di Stati africani: il gruppo dell’Africa occidentale, il gruppo
Sadc-Epa e il gruppo comprendente i cinque paesi della
Comunità dell’Africa orientale. Gli accordi sono stati
raggiunti dopo un lungo processo negoziale e vanno a
ridisegnare le relazioni economiche e commerciali tra
Ue e paesi Acp. Infatti, con la firma degli accordi Epa si
aprono sicuramente vantaggi anche a livello doganale,
sia lato import che lato export, per le imprese italiane
che hanno relazioni commerciali con tali paesi. Ovviamente bisogna tener conto dello specifico prodotto
di riferimento che può portare o a un azzeramento
Focus — Pag. 13
del dazio o a una parziale riduzione degli assolvimenti doganali attualmente previsti per l’ingresso delle
merci provenienti dall’Ue nei mercati di alcuni Stati
africani.
Le difficoltà nel siglare gli Epa si sono presentate anche durante il quarto vertice tra Ue e Africa, tenutosi
ad aprile 2014, in cui l’Unione Europea ha fatto i conti con una serie di problemi, tra cui, appunto, quello
relativo agli investimenti e agli scambi commerciali.
Già dalla firma dell’accordo di Cotonou, la politica
economico-commerciale tra Ue e paesi Acp presentava difficoltà sul tema degli accordi di partenariato
economico, che avrebbero dovuto essere operativi dal
2007.
Davanti ai tanti ostacoli nel trovare un accordo sugli
Epa - e alla contrarietà di molte espressioni della società civile organizzata in Europa in nome della tutela
di modi di produzione a livello locale che avrebbero
pagato il prezzo più alto della liberalizzazione commerciale - una mediazione è stata quella di siglare e
poi ratificare accordi Epa interinali, in preparazione
di quelli definitivi.
Il ritardo anche sul fronte degli Epa interinali ha spinto l’Ue a fissare un ultimatum: firmare gli Epa entro il
1° ottobre 2014, pena l’adozione di un regime commerciale meno favorevole per i paesi che non avessero
compiuto tutti i passi necessari. Nella pratica, per i
paesi meno avanzati sarebbe cambiato poco, avendo
comunque accesso al mercato europeo a tariffe zero
e senza contingentamenti, mentre per gli altri paesi
si sarebbero adottati regimi commerciali gravati da
dazi. Questa è stata la motivazione che da giugno ha
spinto diversi Stati dell’Africa a siglare gli accordi di
partenariato interinali.
Evoluzione degli accordi di cooperazione e Epa
Previsti dal Titolo II “Cooperazione economica e
commerciale” (agli articoli 34–38 dell’Accordo di
partenariato stipulato a Cotonou il 23 giugno 2000
tra gli Stati associati nel gruppo Acp, da un lato, e la
Comunità Europea e i suoi Stati membri, dall’altro),
gli Epa si presentavano come lo strumento più idoneo
a garantire l’integrazione dei 77 paesi Acp nell’economia globale “nel rispetto delle loro scelte politiche e
delle loro priorità di sviluppo”.
L’accordo di Cotonou sancisce una netta cesura nei
rapporti tra Africa ed Europa. Il principio dell’unilateralità dei privilegi concessi ai paesi africani, principio delineante un profilo meramente assistenzialista
nei rapporti tra i due continenti, ha subito una progressiva evoluzione culminata nell’affermazione di un
approccio fondato sulla reciprocità delle concessioni
preferenziali, che sostanzia pertanto un radicale mutamento nelle relazioni commerciali e politiche. Le
due convenzioni di Yaoundé firmate nel 1963 e nel
1969 costituiscono i primi esempi di cooperazione
nell’ambito dei quali la Comunità economica europea concedeva aiuti e vantaggi commerciali unilaterali agli allora 18 paesi africani, ex colonie da poco
redente.
I concreti effetti nello sviluppo economico sembravano
però contraddire le aspettative e gli obiettivi che avevano ispirato la nascita del partenariato. Nonostante le
accorate proteste dei paesi non associati nei confronti
del regime preferenziale nel commercio e negli aiuti,
mentre le esportazioni dei paesi associati tra il 1958
e il 1967 crescevano del 47%, quelle dei paesi in via
di sviluppo considerati nel loro insieme arrivavano al
68%. Con gli accordi di Lomé I (1975) e II (1980)
si delinea già un primo parziale mutamento nell’approccio tra Nord e Sud. I principi alla base dell’intesa
prevedevano, accanto alla predisposizione di politiche
di sicurezza e alla condivisione di strumenti giuridici,
anche una sostanziale eguaglianza tra i due blocchi. In
questo contesto, gli anni successivi alla firma dell’accordo non sembravano mostrare dati incoraggianti, se
si pensa che l’incremento delle importazioni dai paesi
Acp verso la Cee aumentarono di appena 0,9 miliardi
di dollari (da 14,2 miliardi nel 1977 a 15,1 nel 1978.
Il trattato di Lomé III (1985) fu certamente segnato
dall’ingresso della Grecia nella Cee. In particolare le
opposte vedute tra i paesi del nord e del sud Europa
(che vedevano contrapposti Regno Unito, Danimarca,
Germania e Paesi Bassi a Grecia, Italia e Francia) evidenziavano come i primi erano tendenzialmente favorevoli ad ampliare i benefici commerciali per i prodotti
originari dai paesi Acp ridimensionandone l’aiuto finanziario, mentre i secondi si trovavano su posizioni
specularmente opposte. Particolarmente incisiva fu anche la spinta britannica verso una politica neoliberista
fortemente voluta da Margaret Thatcher che subordinava la concessione di aiuti e finanziamenti al rispetto
delle regole del libero mercato.
Gli accordi Lomé IV (1990) e IV bis (1995) diedero
un’ulteriore spinta al processo di cooperazione economica introducendo per la prima volta una clausola che
ancorava il mantenimento dei vantaggi commerciali ed
economici al rispetto dei diritti umani fondamentali e
dello stato di diritto e della democrazia. I paesi Acp
espressero chiaramente la loro disapprovazione nei
confronti di un accordo che avrebbe investito l’Europa
di un potere di controllo sulla loro politica interna.
Conclusioni
Il grande scetticismo mostrato dai paesi africani nei
confronti degli Epa non è del tutto ingiustificato. Il
primo elemento critico deriva della perdita di un importante e costante introito per i bilanci delle deboli
economie africane. Le liberalizzazioni potrebbero segnare un duro colpo al mercato agricolo africano che
si troverebbe a competere con quello europeo supportato da decine di miliardi di euro l’anno.
Per l’Unione Europea, invece, l’abbattimento dei dazi
rappresenta un obiettivo fondamentale, se si guarda
all’incremento costante del costo delle materie prime e
alla necessità di trovare nuovi sbocchi per la produzione di beni e servizi. Uno degli obiettivi prioritari degli
Epa mira a far sì che le concessioni siano reciproche
e che l’apertura dei mercati sia totale, mettendo sullo
stesso piano, però, economie totalmente diverse.
*Giurista internazionalista, senior partner dello Studio
Tupponi, De Marinis, Russo & Partners, Giuseppe De
Marinis è professore a contratto di International trade
law presso l’Università di Macerata. Conciliatore specializzato in materia civile e societaria.
Africa e Affari — Pag. 14
— Intervista / Armando Emilio Guebuza
“Siamo indipendenti, ora è tempo
che l’Europa ascolti la nostra voce”
Il capo di Stato mozambicano, giunto alla fine del suo secondo mandato, sottolinea
le ricadute positive degli accordi commerciali con l’Unione Europea, ma evidenzia
anche come la voce dell’Africa continui a rimanere debole nell’arena internazionale.
— di Gianfranco Belgrano e Massimo Zaurrini
— Foto di Carlo Christian Spano
Un momento dell’intervista con Africa e Affari
“La principale critica riguarda il fatto che
la nostra voce non è ancora abbastanza
forte, abbiamo bisogno invece che la nostra voce giunga chiara così come chiara
giunge a noi stessi”. Nella sala dell’Excelsior di Roma, dove ci riceve per l’intervista, il presidente del Mozambico Armando
Emilio Guebuza appare pacato, ma fermo.
Pesano e si sentono i dieci anni trascorsi
alla presidenza del Mozambico e ormai
giunti a scadenza, l’esperienza maturata
in politica, ma anche come capo militare
del Frelimo ai tempi della lotta per l’indipendenza e, ancora, come mediatore per
mettere fine al conflitto civile con la Renamo. “È l’Europa - dice - che non ascolta la nostra voce così come a noi africani
piacerebbe”.
Focus — Pag. 15
Presidente, gli accordi di partenariato con
l’Unione Europea sono stati firmati...
Abbiamo discusso e raggiunto un accordo
da cui pensiamo di poter trarre benefici. E
credo che anche i nostri amici europei abbiano sottoscritto intese da cui pensano di
trarre vantaggio. Penso che questo approccio di reciproco vantaggio sia molto positivo per tutti e, quindi, anche per la crescita
della nostra economia.
Eppure, la vostra voce, diceva, non viene
ascoltata così come vorreste.
Sappiamo bene di aver bisogno di tempo,
ma una volta prese le misure dell’Europa
e una volta fatti i conti con tutti i problemi che l’Africa ha, è indubbio che il nostro
è un continente ricco di risorse naturali e
umane. È tempo di prestare attenzione
all’Africa.
Lei pensa che gli europei abbiano un approccio all’Africa ancora legato al passato?
Cina, India Brasile guardano all’Africa come
a un’opportunità, lo fa anche l’Europa?
Da non europeo, posso dirvi cosa non mi
sembra giusto. Gli europei dicono: “La Cina
pone delle condizioni alla sua presenza, non
si comporta bene... Noi europei vogliamo
solo assicurarci che siano garantite democrazia e libertà...”. Ecco, questo confronto
non mi sembra corretto. Gli europei devono accettare il fatto che siamo indipendenti.
Siamo noi a scegliere cosa è meglio per noi,
cosa ci porta risultati, siamo noi a decidere
sulla base del beneficio che ricaviamo.
E l’Europa presta attenzione alle vostre opinioni?
Rispondo dicendo che colloqui e discussioni devono ancora fare una lunga strada, ma
che il quadro è positivo anche se non ancora abbastanza.
Cambiamo argomento. Mozambico e Italia
hanno storiche relazioni, la recente visita
del primo ministro italiano Matteo Renzi
sembra prospettare ulteriori passi avanti.
_Dalla lotta per l’indipendenza alla guida del paese
Armando Emilio Guebuza è nato nella provincia di Nampula, nel nord del Mozambico, nel
1943. Giovanissimo, entra nel Frelimo e si impegna nella lotta per l’indipendenza dal Portogallo. Ministro degli Interni con Samora Machel, rappresentò successivamente il Frelimo ai
negoziati di Roma con gli allora ribelli della Renamo. Capo dello Stato dal 2005, dopo due
mandati lascerà il suo posto al compagno di partito ed ex ministro della Difesa Filipe Nyussi.
Guebuza resterà però alla guida del Frelimo.
Africa e Affari — Pag. 16
Credo che le nostre relazioni cresceranno
ancora più rapidamente. Le ragioni sono
ovvie e legate alla presenza di importanti
realtà italiane nel mio paese a partire da
Eni. Miglioreranno i rapporti commerciali
e politici, aumenteranno gli investimenti e
crescerà il nostro mercato interno.
Al di là delle grandi aziende italiane, ci sarà
spazio anche per realtà più piccole?
Il Mozambico è un grande paese per estensione geografica, ha una crescente popolazione e ha risorse che devono ancora essere
sfruttate. C’è spazio per le piccole e medie
imprese, una specialità italiana che può
contribuire a creare posti di lavoro, in particolare nel settore dell’agribusiness. Noi
stiamo cominciando ad avere un eccesso di
produzione agricola che intendiamo esportare: esportare prodotti lavorati è uno degli obiettivi che ci siamo posti e l’Italia può
dare un importante contributo in questo
ambito.
Nei dieci anni del suo mandato, ormai
prossimi alla scadenza, il Mozambico è cresciuto enormemente in termini macroeconomici. La sfida dei prossimi anni sembra
essere quella di ridistribuire questa crescente ricchezza e di diversificare l’economia.
Stiamo ponendo le basi per consentire al
popolo mozambicano di avvantaggiarsi di
questa situazione. Lo stiamo facendo, per
esempio, con le università. Nei secoli del
dominio coloniale portoghese, avevamo
una sola università a Maputo. Oggi abbiamo tre o quattro università per ognuna delle undici regioni in cui è suddiviso
il paese. Stiamo ovviamente lavorando per
rafforzare le infrastrutture, la distribuzione di energia elettrica, lo stato sociale, le
infrastrutture economiche. Solo per dare
qualche dato: nel 2004, solo il 7% della
popolazione aveva accesso all'energia, oggi
questa quota è salita al 42%.
Lei cita una questione, quella energetica,
che può fare la differenza in Africa.
Sa, ci piace parlare di povertà, ma diverse
possono essere le interpretazioni che possiamo dare alla parola 'povertà'. La povertà
deve trovare un termine di paragone, ci sono
indicatori di cui tener conto. Chi non aveva
scarpe un tempo oggi le ha; chi non aveva
una casa resistente alle intemperie, oggi ha
un tetto sotto al quale può sentirsi sicuro;
chi andava a piedi in città, oggi dispone di
un mezzo. Chi avesse voluto bere una birra
fredda cinque anni fa, sarebbe magari stato costretto a percorrere 25 chilometri ma
oggi non è più così. Sono solo esempi per
dire che, benché ci sia ancora da lavorare, la
strada fatta è stata tanta.
Quindi per i mozambicani il futuro non potrà che essere più luminoso?
Sì, abbiamo davanti un futuro luminoso.
Dobbiamo trovare il modo di spiegare i
risultati raggiunti. Certo, non siamo mai
contenti, ma è giusto anche così. Stiamo
lottando per migliorare la nostra vita.
Il futuro dell’Italia e dell’Europa è stato invece offuscato da una crisi economica con
pochi precedenti e tuttora in atto. Ha un
messaggio per i nostri imprenditori?
Penso che le imprese italiane possano fare
molto di più, dovrebbero essere più coraggiose, farsi avanti con proposte concrete.
Noi possiamo trarre vantaggio dalla loro
esperienza, dalla capacità di investire e di
trasmettere il loro know-how, ma il vantaggio può essere reciproco. Quindi: siate i
benvenuti in Mozambico.
Focus — Pag. 17
— Ape e Mozambico / Intervista a Simone Santi
Il caso Mozambico, da palcoscenico
dell’Eni a campo d’azione delle Pmi
A colloquio con il console onorario di Maputo a Milano, secondo cui l’oil & gas
ha aperto una strada che andrà a vantaggio anche di quelle Pmi italiane in grado
di investire puntando a partnership sul posto: “Perché il local content è decisivo”.
— di Massimo Zaurrini
Il Mozambico oggi è uno dei paesi africani che maggiormente attira l’attenzione delle imprese italiane,
grandi e piccole. Anche grazie agli accordi di partenariato economico con l’Europa le relazioni commerciali tra Italia e Mozambico nei prossimi anni sembrano
quindi destinate ad aumentare. Per comprendere quali
siano i settori più interessanti e le problematiche da
affrontare abbiamo incontrato il console onorario del
Mozambico in Italia, Simone Santi, egli stesso imprenditore attivo in Mozambico ormai da diversi anni.
Console Santi il Mozambico, soprattutto negli ultimi
mesi, viene sempre più associato alle attività del gruppo Eni. Ma ci sono spazi anche per altre aziende italiane?
Sono fermamente convinto che gli spazi per le aziende
italiane in questo momento siano molto ampi. Eni è
una variabile importante ma lo è ancor di più per la
visibilità che è riuscita a dare al paese. Il Mozambico
fino a qualche anno fa era conosciuto soprattutto dagli
esperti di settore e di Africa, pur essendo un paese che
aveva dimostrato una capacità di crescita importante.
Eni gli ha dato ovviamente la pubblicità di cui aveva
bisogno e ha contribuito quindi a farlo conoscere in
Italia. Un altro elemento importante collegabile alla
presenza di Eni, così come dell’americana Anadarko,
è che queste aziende hanno consentito l’apertura di un
settore nuovo e importante come quello dell’oil & gas.
Un settore decisivo per il Mozambico…
Importante per il Mozambico, sicuramente, ma anche
per molte imprese, anche Pmi, italiane e mozambicane, che vedono aprirsi di fronte a loro tutto il mercato dell’indotto. Lasciando da parte per un momento
i grandi player internazionali si sta delineando uno
spazio considerevole per tutti. Trasporti, logistica e
agricoltura, distribuzione, costruzioni erano settori
già interessanti prima ma che sulla spinta dell’indotto
dell’oil & gas conosceranno un vero boom nei prossimi anni. Così come il mondo dei servizi della sicurez-
za, della logistica, dei porti, del noleggio macchine, del
materiale di costruzione, delle cave e così via.
Lei aiuta le aziende italiane a entrare nel mercato mozambicano e nel paese, mettendosi il cappello da imprenditore ritiene che il Mozambico sia a dimensione
di Pmi italiane? E se sì, quali sono le difficoltà maggiori
che le aziende italiane trovano?
Io sono l’esempio, prima di essere console, del piccolo
imprenditore italiano che ha creduto nel paese. Oggi
mi trovo con una decina di attività, tutte costruite però
con il capitale di un imprenditore che ha iniziato con
una start up avviata a 28 anni e che era andato a lavorare in Mozambico per una grande azienda (Cmc).
Sono quindi la dimostrazione che si può fare. Si può
fare con alcune pregiudiziali, a cominciare dalla propensione all’investimento e alla disponibilità al parteneriato locale, due elementi su cui oggi le aziende si
giocano la possibilità di entrare nel paese. Un imprenditore, seppur piccolo, deve avere ben chiara in mente
la propria potenzialità di investimento. Perché oggi il
Mozambico è un paese più per investitori che per vendita di prodotti, e poi perché il mozambicano vuole che
tu sia fisicamente presente. L’altro importante discrimine per lavorare bene in Mozambico è la capacità di fare
partnership. Il local content
non è una cosa banale, così
come non è banale formare
o trovare persone in grado di risolvere i problemi
dell’attività quotidiana.
E la burocrazia?
La burocrazia c’è, ma noi
siamo abituati all’Italia,
dove la burocrazia è il vero
problema dell’imprenditore, per cui non può certo
spaventare la burocrazia
mozambicana.
Africa e Affari — Pag. 18
— Un punto di vista africano / Peter Draper
Gli Ape non sono la vera questione,
è l’Africa che deve cambiare passo
Al continente serve una trasformazione radicale, possibile con l’impegno della politica
e dei suoi dirigenti: uno dei compiti più importanti sarà quindi riuscire a varare riforme
per attrarre investimenti e dispiegare il potenziale nel manifatturiero e nell’agricoltura.
— di Michele Vollaro
“Un’opportunità da cogliere senza alcun
dubbio per ristrutturare le tradizionali relazioni di dipendenza commerciale, anche
se molti paesi dell’Africa sono ancora piuttosto scettici sulle reali intenzioni dell’Europa”. Peter Draper è uno dei maggiori
esperti sudafricani di diritto internazionale
ed è con lui che ‘Africa e Affari’ ha voluto
passare in rassegna le posizioni che l’Africa ha rispetto agli Accordi di partenariato
economico con l’Europa (Ape), i dubbi che
questi accordi stanno sollevando.
“Sentimenti critici nei confronti di questi accordi commerciali provengono non
soltanto dalla società civile o dalle orga-
nizzazioni non governative - dice Draper
- dal momento che, nel corso degli anni,
giudizi molto aspri sono stati più volte
espressi anche da funzionari degli stessi
governi africani, da ministri e capi di Stato, talvolta addirittura da imprenditori e
capitani d’industria. Il grado di scetticismo
o, se preferiamo, dei sospetti nei riguardi
di cosa cerchi di ottenere l’Europa con gli
Ape, resta sempre molto alto e questo è legato ovviamente a tutta una lunga serie di
fatti storici, a partire dal periodo del colonialismo”.
In Sudafrica Draper ha fondato una società
di consulenza per le imprese interessate a
Focus — Pag. 19
investire nei mercati emergenti dell’Africa
subsahariana, la Tutwa Consulting, e collabora con due tra i più prestigiosi think
tank sudafricani, il South African Institute of International Affairs (Saiia), presso
il quale è responsabile del programma di
ricerca in diplomazia economica, e il Centre for Development and Enterprise (Cde),
dove si occupa invece di studiare come rafforzare le relazioni con Brasile, Russia, India e Cina, che insieme al Sudafrica formano il gruppo dei cosiddetti paesi Brics. In
passato ha lavorato anche per il ministero
del Commercio e dell’industria sudafricano, oltre ad aver collaborato per istituzioni
internazionali come la Banca Mondiale e
l’Organizzazione mondiale del commercio
(Omc/Wto). Un’esperienza molto ampia,
utile a guardare con una certa preparazione di fondo a quanto sta avvenendo.
“Dopo anni di negoziati anche molto tesi riassume Draper, raggiunto telefonicamente a Pretoria - gli Ape sono ormai giunti a
un punto di svolta. Il quadro generale per l’Africa subsahariana può ancora apparire
piuttosto oscuro per chi non ha seguito attivamente le trattative, ma possiamo affermare che i principali gruppi regionali hanno ormai firmato gli accordi commerciali.
Sembra probabile che alcuni dei più importanti paesi non compresi tra quelli meno
sviluppati, come Costa d’Avorio, Ghana,
Kenya e Nigeria, saranno integrati nella
rete dei rapporti stabiliti dagli Ape, mentre per i paesi meno sviluppati (i cosiddetti
paesi Ldc) si garantisce il pieno ingresso
al mercato dell’Ue attraverso lo schema di
accesso preferenziale ‘Tutto tranne le armi’
(Eba), sebbene il raggruppamento regionale di cui fanno parte non sia ancora integrato negli Ape. Gli Ape, inoltre, pur essendo incentrati principalmente sull’ingresso
delle merci, includono clausole di revisione
che prevedono la possibilità di ampliare e
approfondire le relazioni future. Eppure, il
quadro generale e il panorama economico
globale si è trasformato radicalmente da
quando, una dozzina d’anni fa, erano cominciati i negoziati: penso in questo senso
alle trattative in corso per nuovi accordi
commerciali megaregionali e alla rapida
ascesa della Cina nel commercio e gli investimenti con e nei paesi dell’Africa”.
Nel suo ragionamento, Draper sottolinea
come sia ovvio che gli Ape siano stati pensati dall’Europa per mantenere, nelle relazioni commerciali con i partner africani, il
ruolo centrale che attualmente riveste, a
confronto dei nuovi attori che stanno progressivamente emergendo sul palcoscenico
globale: “È un argomento molto complesso, ma è necessario andare oltre gli stereotipi e comprendere le numerose variabili
in gioco, come la diversa struttura delle relazioni con l’Africa messe in piedi dall’Europa rispetto per esempio a quelle portate
avanti dalla Cina”.
Se infatti la Cina e gli altri paesi emergenti
possono risultare partner molto interessanti in quei settori produttivi ad alta intensità
di manodopera e di capitale, diversi paesi
del continente africano possono sostenere
lo sviluppo delle rispettive industrie nazionali favorendo innanzitutto il trasferimento di competenze e tecnologie con partner
all’altezza, anche con l’obiettivo non secondario di potersi inserire in una rete di
contatti globali che la cooperazione con
tali imprese tecnologicamente all’avan-
Dall’Europa possiamo
avere tecnologie utili
alla catena produttiva
guardia può aprire. E molto spesso le imprese in grado di promuovere localmente
sviluppo tecnologico e trasferimento delle
competenze sono proprio quelle europee o
statunitensi. Per questo motivo, l’obiettivo
dichiarato degli accordi commerciali con
l’Europa è proprio quello di contribuire
a sostenere l’importazione di tecnologie e
macchinari, al fine di ristrutturare la catena
di produzione del valore in Africa.
“Bisogna separare la politica dall’economia - prosegue Draper - anche se naturalmente è impossibile scordare che gli Ape in
fondo altro non sono che accordi tra le ex
potenze coloniali europee e i territori che
hanno poi ottenuto l’indipendenza. È ov-
Africa e Affari — Pag. 20
vio che simili accordi non possono essere
considerati una panacea per lo sviluppo
economico dell’Africa, ma non devono
nemmeno essere visti come l’origine di tutti i mali. Personalmente penso infatti che
qualsiasi politica di sviluppo non possa
che nascere a casa propria. Ciò significa
realizzare, prima di tutto, istituzioni statuali funzionanti ed efficaci, che siano capaci di gestire le risorse economiche loro
assegnate e di rispondere alla popolazione
delle loro azioni. E purtroppo a me sembra
che sono ancora molti i paesi dell’Africa
che non rientrano in questi criteri direi
fondamentali. Detto questo, è innegabile
che esista una progressiva tendenza al miglioramento e molti Stati dell’Africa hanno
avviato un proprio percorso per risolvere
tali criticità. Ma si tratta appunto di un
processo tutto africano e non ci si può attendere che sia l’Europa a dover riformare
le istituzioni statuali di questi paesi”.
Il processo negoziale verso la firma degli
Ape è stato enormemente ritardato, secondo Draper, anche da questa differenza tra
i vari paesi dell’Africa, che hanno trattato con l’Ue suddivisi in raggruppamenti
regionali: “In un contesto caratterizzato
in Africa da blocchi economici regionali
ancora piuttosto deboli, dove il livello del
commercio regionale è spesso molto basso e svolto in maniera informale, dove le
esportazioni sono in larga parte costituite
dalla vendita verso Europa, Stati Uniti o
Cina di materie prime non lavorate e dove
la catena di produzione del valore è poco
sviluppata, sono gli stessi paesi dell’Africa
ad avere priorità diverse tra loro: i termini
che per esempio potrebbero essere considerati utili per lo sviluppo del Benin, non
per forza sono quelli che la Nigeria ritiene
fondamentali per sostenere i propri sforzi
di diversificazione economica”.
Il processo negoziale
ritardato da differenze
evidenti tra i vari paesi
Il discorso sulla bontà e sull’utilità degli
Ape in Africa, continua l’analista sudafricano, dovrebbe prendere in considerazione
una molteplicità di aspetti, da un’analisi
intrinseca delle necessità di ogni singolo
paese alla dinamica più generale degli aiuti
per la cooperazione allo sviluppo concessi
dall’Ue, dal controverso tema dei sussidi
concessi da Bruxelles ai produttori agricoli
Focus — Pag. 21
Agricoltura in Kenya / N. Palmer
Peter Draper
europei all’argomento più complessivo se
la liberalizzazione dei mercati internazionali sia effettivamente l’approccio economico più adatto per sostenere la crescita a
livello globale.
Nelle sue considerazioni finali Draper ricorda ancora una volta come la crescita
delle economie dell’Africa subsahariana, la
più rapida negli ultimi anni a livello globale, sia stata però trainata in gran parte
dalle materie prime. Crescita che in ogni
caso resta ancora statisticamente inferiore
rispetto a quella che era stata registrata nel
sud-est asiatico negli anni ‘80, alla vigilia
del cosiddetto miracolo economico delle
tigri asiatiche. Uno dei compiti più importanti per i paesi dell’Africa è quindi riuscire
a portare a termine le riforme necessarie a
migliorare il clima degli affari e a sviluppare la propria attrattività come destinazioni
per gli investimenti esteri, in modo da poter dispiegare il rispettivo potenziale nelle attività manifatturiere e la produttività
agricola. Infrastrutture moderne e servizi
fondamentali (logistica, telecomunicazioni e trasporti) sono ulteriori presupposti
per sostenere la competitività e la capacità
di attingere in sofisticate catene globali di
creazione del valore. Garantire maggiore
spessore e coerenza agli sforzi già in corso
per l’integrazione regionale sarà un altro
importante elemento: a oggi, infatti, la debolezza registrabile nel campo dell’integrazione regionale è in parte connessa sia alla
mancanza di elementi di complementarietà tra le diverse economie della regione sia
alla persistenza nel commercio di elevate
barriere tariffarie e non, che limitano gravemente la capacità di formare catene di
valore regionali.
“Se le cose non cambiano - conclude Draper - l’Africa rimarrà ancora per lungo
tempo dipendente dalle forze esterne. Tuttavia le iniziative a livello regionale potrebbero essere utilizzate come laboratori
per ristrutturare e per costruire ex novo
catene regionali del valore che mirino a
una progressiva integrazione nelle reti di
produzione globali. Non è un processo che
avviene dall’oggi al domani e gli Ape da
soli non bastano, sono soltanto un mezzo:
quel che è invece fondamentale è che la
politica e i dirigenti dei paesi dell’Africa si
impegnino a fondo per promuovere questa
trasformazione radicale”.
Africa e Affari — Pag. 22
Focus — Pag. 23
DOCs / Economic partnership agreements
Gli accordi secondo l’Europa:
alla pari e di reciproco vantaggio
[Di seguito un documento ufficiale na tassa da pagare sulle esportaziodella Commissione Ue che dà una ni verso l’Europa: libero accesso al
visione europea degli Ape]
mercato europeo da mezzo miliardo
di persone per tutti i prodotti Acp,
Gli Ape aiutano a creare le giuste con la possibilità di applicare ecocondizioni per commercio e investi- nomie di scala;
menti. Insieme agli aiuti allo svilup- accesso a un mercato ancora più
po, ciò può fornire benefici ai paesi ampio includendo i paesi Efta, tra
Acp (Africa, Caraibi e Pacifico):
cui Svizzera e Norvegia;
più mercati: più vendite grazie all’a- costruzione di mercati regionali: aupertura del mercato europeo alle mentando le relazioni tra paesi Acp
importazioni dai paesi Acp, raffor- confinanti e regioni;
zando gli scambi anche tra gli Acp; competizione non obbligatoria: i
migliori infrastrutture, amministra- paesi Acp apriranno i loro mercati
zione e servizi pubblici: per aumen- ai prodotti europei solo in maniera
tare la capacità produttiva, creare graduale; inoltre i produttori del
opportunità e trasferire know-how; 20% dei prodotti più sensibili gopiù trasparenza/stabilità politica ed dranno di protezione permanente;
economica: perché il dialogo politi- no shocks: gli Ape saranno messi in
co è diventato parte integrante delle atto così da evitare shock indesiderelazioni Acp-Ue, con il fine di mi- rati. Le imposte doganali saranno
gliorare gli standard democratici, il eliminate nell’arco di un periodo di
buon governo e i diritti umani.
15/25 anni, a salvaguardia e supporto di questi paesi Acp che dovesBenefici per i consumatori europei sero soffrire problemi;
Prezzi più bassi: la rimozione delle copertura dei servizi e investimenti
barriere porta a una competizione stranieri: gli Ape non riguardano
più sana nel mercato europeo e a soltanto il commercio di beni ma lo
prezzi più bassi per i consumatori; sviluppo nel suo senso più ampio,
più scelta: nuovi esotici prodotti perché il commercio è sviluppo;
dall’Africa, dai Caraibi e dal Paci- riforme più ampie: gli Ape fanno
fico (paesi Acp), e nuove varietà di parte di una più ampia agenda sullo
prodotti comuni come caffè, cacao, sviluppo dei paesi Acp, per rafforzamango, ananas etc;
re il diritto, attrarre investimenti lobuona qualità e valore: i prodotti cali e stranieri, creare le condizioni
tropicali crescono in climi tropicali; per una maggiore prosperità.
lavoro: nel lungo termine, il commercio aiuterà i paesi Acp a diven- Gli Ape e i paesi meno sviluppati
tare più prosperi. A sua volta, gene- (Ldc)
rerà più domanda per l’expertise e Molti dei paesi Acp che commerper i prodotti europei, con risvolti ciano con l’Europa godono già di
positivi per l’occupazione;
facilitazioni doganali e di quote di
scelte etiche: migliaia di piccole libero accesso ai mercati europei atimprese a conduzione familiare dei traverso lo schema “Everything but
paesi ACP beneficeranno della pos- arms” (Eba) destinato proprio ai
sibilità di vendere i loro prodotti paesi Ldc. Ma gli Ape hanno molto
nell’Unione Europea.
di più da offrire:
gli Ape rafforzano il commercio: al
Per gli agricoltori e i produttori
di là dell’accesso al libero mercato,
di Africa, Caraibi e Pacifico
gli Ape includono regole meno seveNessuna quota da rispettare, nessu- re, rendendo più semplice per i paesi
Ldc esportare i prodotti con input di
altri paesi (third-country inputs), in
settori chiave come agricoltura, ittico, tessile e abbigliamento;
gli Ape affrontano la cooperazione
su questioni commerciali: gli Ape
danno la possibilità di occuparsi e
risolvere questioni complesse come
il copyright e l’ambiente;
gli Ape spingono i mercati regionali
e i regolmenti: attraverso iniziative
di integrazione regionale, gli Ape
aiutano a promuovere soluzioni regionali per lo sviluppo;
gli Ape portano a un approccio più
ampio delle barriere commerciali:
con gli Ape si riconosce che tariffe
doganali e quote non sono l’unico
ostacolo al commercio, indicando
in questo modo una strada per affrontare questioni più ampie come
l’assenza di infrastrutture, i controlli
inefficienti alle dogane e ai posti di
frontiera, gli standard inadeguati;
gli Ape forniscono un approccio su
misura ai bisogni regionali: i negoziati sono stati condotti su base
regionale per prendere in considerazione le esigenze regionali, le sensibilità e le condizioni di ciascun paese;
gli Ape salvaguardano le economie
locali: sebbene i paesi Acp che firmano gli Ape debbano gradualmente aprire l’80% dei loro mercati alle
importazioni europee, sono previste
misure perché i prodotti europei
non competano con prodotti locali.
In questo modo si evita che il commercio venga meno, con beneficio di
industrie e consumatori locali;
gli Ape rispettano la sovranità nazionale: invece di imporre strategie
di sviluppo, gli Ape richiedono che
i paesi determinino strategie di sviluppo e tempi delle riforme;
gli Ape sono forme di partenariato
stabili tra l'Unione Europea e i paesi
Acp: gli Ape stabiliscono contratti
realistici tra partner alla pari che
non possono essere modificati in
maniera unilaterale.
Viaggiare in Africa
Africa e Affari — Pag. 24
_Mozambico
Le saline di Nova Mambone
_ testo di Maria Scaffidi
_ foto di Gabriele Casadei
_Da
Roma
a Mafuiane
La parrocchia
di San Frumenzio:
in missione dal 1991
S
ale. Il sale che dà vita e dà lavoro. Che
con fatica viene separato dall’acqua
del mare, raffinato, impacchettato.
Questa è oggi Nova Mambone, provincia di Inhambane, Mozambico. Quando
tutto cominciò, nel 1957, il giovane Amadio Marchiol poteva solo immaginare fino
a che punto sarebbe arrivata la sua iniziativa. Né, d’altra parte, poteva sapere quali corsi avrebbe preso la storia. Da lì a 20
anni, il Mozambico avrebbe riconquistato
indipendenza e libertà, per rituffarsi purtroppo nel periodo buio del conflitto civile.
Oggi il sole è tornato a splendere sul paese, ma si può dire che mai abbia cessato di
splendere sulle saline di Nova Mambone,
realizzate proprio da padre Amadio, missionario della Consolata da queste parti
ricordato come Amadeu. “La ricchezza
di Nova Mambone sono le saline” ci dice
padre Gabriele Casadei, anch’egli missionario della Consolata originario di Gambettola (Forlì-Cesena), arrivato a Nova
Mambone nel 2005 e da pochissimo trasferitosi in un’altra missione. “Tutto cominciò
quando qui in Mozambico c’erano ancora
i colonizzatori portoghesi - racconta padre
Gabriele mischiando l’italiano a qualche
parola di portoghese, la lingua franca del
Mozambico - e dal Friuli giunse il giovane
Amadio Marchiol, che a Matola, alle porte
di Maputo, vide delle saline e ne cominciò a
capire il funzionamento”. Amadeu - ora in
una casa di riposo del torinese - fu inviato
a Mambone e qui trovò una piccola località, alla foce del fiume Save, che era povera,
aveva poche risorse ed era carente di infrastrutture. Anche il clima non aiutava l’agricoltura, ma l’esistenza di un’estensione di
terra argillosa a una decina di chilometri
dal mare gli fece balenare l’idea di realizzare proprio lì una salina, così come l’aveva
vista a Matola. Era il 1957 e sarebbero passati nove anni prima che, nel 1966, l’allora
governo coloniale concedesse l’autorizzazione al progetto della salina che nell’idea
di Amadeu avrebbe sostentato la missione
e la popolazione. Oggi la salina di Nova
Mambone dà lavoro stabile a 30 persone,
che salgono a 80/90 da agosto a novembre.
Col tempo, sono sorte altre tre saline: “Proprio ciò che volevamo” conclude padre Gabriele, “un po’ di sana concorrenza e più
lavoro per la gente del posto”.
Da Prati Fiscali (Roma
Nord) a Mafuiane, nel
sud del Mozambico e
del mondo. Dal 1991, in
questo villaggio di alcune migliaia di persone
a circa 40 chilometri da
Maputo, la parrocchia
di San Frumenzio è
anche São Frumenzio.
Una missione che sta
portando avanti tanti
progetti, in particolare
a favore dei bambini
(tre asili con annessa
mensa, un servizio
scuolabus), degli anziani
e delle persone, donne
in particolare, colpite da
Aids. Ad aiutare San Frumenzio che opera anche
nei vicini villaggi di Goba
e Baka-Baka, dal 2014 ci
sono altre due parrocchie romane: Sant’Ugo
e Santa Gemma. Per
chi volesse sostenere
San Frumenzio o avere
informazioni sulle attività
in Mozambico c’è un sito
internet consultabile:
www.sanfrumenzio.org
Sciopero al porto
di Conakry contro
Bolloré
Guinea
1
Liberato ultimo
ostaggio francese
MAli
Nuove violenze di Boko
Haram nel nord-est
nigeria
Beji Caid Essebsi
nuovo capo di Stato
tunisia
Rimpasto di governo,
entra una parte
dell’opposizione
R.d. Congo
Bangui denuncia in
Francia l’ex presidente
Bozizé
CENTRAFRICA
Campi di addestramento
per jihadisti nell’est
libia
burundi
2
2
Conclusa la locale
missione Onu
I fatti di dicembre 2014
Estesa per altri due anni
la missione Ue antipirateria
somalia
Africa e Affari — Pag. 26
3
Zimbabwe
Il ministro della Giustizia nominato
vice di Mugabe
È quello del ministro della Giustizia Emmerson Mnangagwa il nome più in vista
nel duo di vicepresidenti scelti da Robert
Mugabe per il partito di governo dello
Zimbabwe Zanu-Pf e di conseguenza per
il paese. L’altro posto sarà occupato da
Phelekezela Mphoko. Noto con il soprannome di ‘Ngwena’ (coccodrillo), Mnangagwa, 68 anni, diventa così il favorito
d’obbligo per la successione a Mugabe.
2
Kenya e Sudan
La giustizia internazionale ‘scagiona’
Kenyatta e Bashir
Prove insufficienti: questa la motivazione
con cui la Corte penale internazionale ha
ritirato le accuse contro il capo di Stato
keniano Uhuru Kenyatta, indagato per
crimini contro l’umanità per le violenze del
2007-2008. Procedimento sospeso anche
per il presidente del Sudan, Omar alBashir, per il quale la Procura ha lamentato una mancanza di collaborazione da
parte della comunità internazionale.
Burkina Faso
Si insedia il parlamento di transizione,
Zida promette giustizia
Si è insediato a Ouagadougou il Consiglio
nazionale di transizione, l’organo legislativo della transizione burkinabè. Composto
da 90 membri, il Cnt sarà guidato dal
giornalista Cherif Moumina Sy, nominato
presidente di questa istituzione. Noto per
le sue posizioni contro ingiustizie e impunità, Sy ha dichiarato che si impegnerà a
dare delle risposte precise alla volontà di
cambiamento espressa dal popolo.
4
1
Hage Geingob eletto
presidente, la Swapo
domina il parlamento
namibia
3
Presidenziali, urne
aperte il 20 gennaio
Zambia
Sudafrica
La ‘Nazione Arcobaleno’ ricorda
Mandela
Un anno fa, il 5 dicembre 2013, moriva
Nelson Mandela, artefice della libertà del
Sudafrica dall’apartheid. Nell’anniversario
della morte, il Sudafrica lo ha ricordato
con cerimonie ed eventi. L’iniziativa più
simbolica è stata quella dei 6 minuti e 7
secondi divisi tra rumore e silenzio: una
durata simbolica per ricordare i 67 anni
di attivismo di Madiba, in parte vissuti nel
silenzio del carcere di Robben Island.
4
Elezioni parlamentari:
vince l’opposizione
Mauritius
I fatti del mese — Pag. 27
Africa e Affari — Pag. 28
Africa e Affari
AGRIBUSINESS
MONITOR
Agribusiness Monitor è lo strumento più utile per seguire gli sviluppi del settore
agribusiness in Africa. Ogni mese (per 11 mesi all’anno), una selezione di tutte
le notizie economiche, politiche e sociali che interessano le aziende attive nella
filiera agricola.
Uno strumento indispensabile per sapere chi e cosa si muove all’interno di un
settore chiave per l’Africa che nei prossimi anni conoscerà una vera e propria
rivoluzione. Dalla produzione al commercio, dal packaging ai fertilizzanti: quelli
che in passato erano punti di debolezza stanno già diventando occasioni di
sviluppo per l’Africa e per chi punta sull’Africa.
Un anno di Agribusiness Monitor costa 1000 euro. Una singola uscita 150 euro.
Per informazioni: www.internationalia.org oppure [email protected]
Focus — Pag. 29
EQUILIBRI
Equilibri Nigeria al voto, saranno le elezioni più aperte e incerte di sempre pag. 30 —
Equilibri Infrastrutture, in costante aumento la spesa annuale nella regione subsahariana
pag. 31 — Equilibri Africa, NO ebola: molte lezioni per il futuro pag. 32 — Equilibri Post-apartheid, George Bizos: “La questione terra è fondamentale” pag. 33
Africa e Affari — Pag. 30
— Appuntamenti
Nigeria al voto, saranno le elezioni
più aperte e incerte di sempre
Il presidente uscente Goodluck Jonathan ha spento ogni velleità interna al suo partito
ma si troverà di fronte un’opposizione ben organizzata che sta spingendo sui temi
della sicurezza e della gestione politica: peseranno corruzione endemica e Boko Haram.
— di Michele Vollaro
Le prossime elezioni presidenziali, politiche e amministrative in Nigeria - previste per metà febbraio - saranno,
secondo le analisi della maggior parte dei commentatori,
le più aperte e incerte da quando è finito il periodo dei
regimi militari e il paese è tornato alla democrazia. Per
la prima volta dal 1999, il partito al governo - il Peoples
Democratic Party (Pdp) - rischia infatti di vedere il proprio dominio seriamente minacciato dall’avanzata del
principale raggruppamento della minoranza parlamentare, l’All Progressive Congress (Apc), sorto due anni fa
dall’unione di quattro movimenti dell’opposizione.
I cittadini nigeriani saranno chiamati alle urne il 14
febbraio per eleggere il prossimo capo dello Stato e rinnovare i membri dell’Assemblea nazionale, mentre due
settimane più tardi dovranno votare per scegliere i governatori e le assemblee locali dei 36 Stati federali in cui
è suddiviso amministrativamente il paese.
L’attuale presidente federale Goodluck Jonathan, alla
guida del paese dal maggio 2010, aveva già annunciato
nei mesi scorsi la sua intenzione di correre per un secondo mandato. Originario delle regioni meridionali della
Nigeria e di religione cristiana, Jonathan è riuscito a raccogliere l’intero partito attorno a sé, senza che nessun
altro candidato potesse emergere, promettendo agli elettori di sconfiggere la rivolta islamista portata avanti nel
nord-est dal gruppo radicale di Boko Haram, che da cinque anni affligge il paese, e far fronte alla crisi economica
causata dalla drastica diminuzione del prezzo del petrolio sui mercati internazionali. L’opposizione dell’Apc ha
invece scelto l’innovativa formula delle elezioni primarie
per decidere chi rappresenterà il partito alle presidenziali: circa 6000 delegati erano stati invitati a scegliere tra
cinque aspiranti candidati, fra i quali è emersa la figura
del generale Muhammadu Buhari, che aveva già guidato
la Nigeria tra la fine del 1983 e agosto 1985 come capo
dell’allora regime militare.
A separare i due partiti non sono però le differenze ideologiche né le posizioni sui principali temi della politica
interna, quanto piuttosto la capacità o meno dell’attuale
amministrazione di saper guidare le istituzioni e rispettare le promesse della campagna elettorale. Sarebbe infatti
proprio l’incapacità dimostrata nella lotta al terrorismo
di Boko Haram a essere considerata una delle principali
ombre sull’operato del presidente, a cui si aggiungono
poi gli scandali miliardari nella gestione del petrolio, di
cui la Nigeria è primo produttore nel continente. Se da
un lato una vera competizione elettorale non può che
essere benvenuta quale segno di una progressiva maturazione della realtà democratica in Nigeria, dall’altro non
si può fare a meno di notare come una campagna sempre
più polarizzata e avvelenata nei toni rischi di tradursi in
scontri e violenze tra i sostenitori dei due diversi partiti.
I media locali riferiscono della possibilità che le faide
tra fazioni all’interno dello stesso partito si trasformino in veri e propri episodi di violenza all’indomani delle primarie, così come le opposte pretese di vincere le
elezioni presidenziali tra esponenti cristiani delle regioni
meridionali e leader musulmani del nord possano portare a scontri in una o in entrambe le regioni dopo il
voto di metà febbraio. Così, in alcuni Stati settentrionali potrebbero ripetersi incidenti come quelli avvenuti
nel 2011 dopo l’elezione alla presidenza del meridionale
Jonathan, se l’Apc - i cui principali candidati sono tutti espressione del nord - dovesse ottenere un cattivo
risultato. Allo stesso modo, il rischio che sia invece la
regione meridionale del Delta del Niger, luogo di provenienza di Jonathan, a sprofondare nel caos qualora
il Pdp perdesse le elezioni presidenziali, viene considerato piuttosto alto.
Il timore più grande resta però legato agli sviluppi nelle
regioni settentrionali del paese: l’insurrezione di Boko
Haram e lo stato d’emergenza negli Stati di Borno,
Adamawa e Yobe potrebbero impedire a molti cittadini di recarsi alle urne. Se ciò dovesse accadere, è molto
probabile che sarà proprio il partito d’opposizione che ha nel nord le sue roccaforti elettorali - a perdere il
numero maggiore di voti, spingendolo eventualmente
a respingere l’esito elettorale e mettendo così in discussione la legittimità del governo eletto. Infine, un’elezione che non si svolga allo stesso modo in tutti gli Stati
della federazione rischierebbe di inficiare i requisiti di
costituzionalità per l’elezione del presidente, che prevede per il vincitore la necessità di aver ottenuto il 25%
delle preferenze in almeno due terzi dei 36 Stati.
Equilibri — Pag. 31
Fondi della Banca Mondiale per l’Africa orientale
è pari a 1,2 miliardi di dollari, il prestito accordato dalla Banca Mondiale al programma d’integrazione della Comunità dell’Africa orientale (Eac) per finanziare
i progetti di sviluppo infrastrutturale elaborati dai cinque Stati membri dell’organizzazione regionale. L’operazione ha lo scopo di favorire l’integrazione politica e
ridurre le barriere al commercio regionale
— Africa
Spesa annuale per le infrastrutture
in costante aumento fino al 2025
Entro 10 anni la regione subsahariana passerà da 57 a 146 miliardi di euro all’anno
di fondi stanziati per colmare il gap infrastrutturale. A sostenerlo è stato un rapporto
della Pricewaterhouse Coopers: il 68% degli investimenti in Nigeria e Sudafrica.
— di Ernesto Sii
La spesa annuale per lo sviluppo delle infrastrutture
in Africa subsahariana è attesa in decisa crescita, dai
circa 57 miliardi di euro registrati nel 2013 fino agli
oltre 146 miliardi di euro all’anno stimati per il 2025,
secondo un rapporto diffuso dalla società britannica
Pricewaterhouse Coopers (PwC), specializzata in servizi professionali di revisione di bilancio, advisory e
consulenza legale e fiscale.
Il rapporto, dedicato alle infrastrutture e ai progetti
di capitale, è stato realizzato in collaborazione con 95
professionisti tra esperti e rappresentanti di aziende
leader del settore.
Nonostante la notevole crescita di investimenti nel
prossimo decennio, lo studio evidenzia come la spesa
per le infrastrutture in Africa subsahariana rappresen-
ti soltanto una porzione del 2% sulle spese previste a
livello mondiale nello stesso periodo.
Nigeria e Sudafrica, le due principali economie continentali, coprono la quota maggiore di spese nella
regione, con una percentuale complessiva del 68%
condivisa in modo sostanzialmente equo, seguiti poi
dal Kenya (10% sul totale delle spese per le infrastrutture).
Il Ghana impegna l’8% degli investimenti, l’Etiopia il
6%, la Tanzania il 5% e il Mozambico il 3%.
Il rapporto di PwC mette poi anche in evidenza la
crescita del mercato dell’energia: produzione e distribuzione rappresenteranno nel 2025 un mercato dal
valore pari a 45 miliardi di euro, rispetto ai circa 12
miliardi contati nel 2012.
Africa e Affari — Pag. 32
— La campagna di ‘Africa e Affari’
Africa, NO ebola: tra ignoranza
e fallimenti, molte lezioni per il futuro
La nostra rivista ha lanciato una campagna per contribuire alla lotta all’epidemia
e allo stesso tempo combattere una psicosi che sta facendo anche più danni del virus:
il dibattito è stato avviato con la presentazione lancio alla Camera dei deputati.
— di Céline Camoin
Africa
e Affari
Rivista mensile
sul continente del futuro
Dicembre 2014
Sommario — Pag. 1
Intervista / Sierra Leone
Konteh: “Isolati, qui è
peggio di un embargo”
Intervista / Italia
Lorenzin: “I protocolli
sanitari funzionano”
Turismo
Per i tour operator
il conto è già salato
Africa e Affari / anno 2 numero 10 / dicembre 2014 / numero gratuito
“Tra gli obiettivi di sviluppo del Millennio fissati nel
2000 dalla comunità internazionale, alcuni riguardavano la sfera sanitaria ma sono quelli sui quali siamo
rimasti più indietro, in particolare in Africa. L’epidemia
di ebola può essere il pretesto, in vista del 2015, l’anno
delle valutazioni, per fare ragionamenti seri. Il fatto che
due paesi ‘stelle’ della cooperazione internazionale, la
Liberia e il Sierra Leone, non siano stati in grado di
contenere l’epidemia, deve spingerci a riflettere su cosa
non ha funzionato e su cosa fare in futuro, concentrandoci forse su meno cose ma fatte bene”.
Questa dell’onorevole Lia Quartapelle è stata una delle
riflessioni emerse l’11 dicembre durante la presentazione, presso la sala stampa della Camera dei deputati, del
numero di dicembre del mensile 'Africa e Affari’ intitolato ‘Africa, NO ebola’, e dell’omonima campagna
promossa dalla redazione a favore di un’informazione
più corretta e meno stereotipata sul continente africano
in generale e sull’emergenza ebola in particolare. “La
miscela di ignoranza sull’Africa e sulla malattia stessa
sta provocando danni concreti: prima di tutto nei tre
paesi colpiti dall’epidemia, vittime della visione di un
continente reputato senza speranze che ci spinge a girare le spalle. Già da dicembre 2013 si sapeva dei casi
di ebola, a marzo è stata dichiarata l’epidemia, ma la
comunità internazionale si è mossa soltanto ad agosto”
ha ricordato Massimo Zaurrini, direttore responsabile
di 'Africa e Affari’.
Tra le provocazioni e i suggerimenti emersi nel corso
della presentazione, quello di Guglielmo Micucci, responsabile di Amref, convinto che “andare a rafforzare
in profondità il capitale umano, in particolare il personale locale, è l’unica chiave di volta che abbiamo per
riuscire a creare quella emancipazione sanitaria necessaria in Africa, un continente enorme, ma che a causa
della cattiva narrazione viene considerato un grande
paese”. In Guinea, ha ricordato Micucci, c’è un medico
ogni 100.000 persone e se quel medico viene a mancare, tutta quella fetta di popolazione rimane priva di
assistenza.
Focus
Africa, NO ebola
L’epidemia è solo in tre paesi, ma la psicosi ha contagiato tutti
_Il quadro economico, i danni della cattiva informazione, reportage, infografiche e approfondimenti
Al di là del dramma umano, la psicosi alimentata attorno a ebola oscura “l’immagine di tutto un continente
in pieno sviluppo, in piena espansione demografica, che
offre anche belle opportunità alle aziende italiane” ha
aggiunto Gianfranco Belgrano, direttore editoriale della rivista.
Di ebola si può certo morire, ma nel 40% dei casi registrati finora si è anche guarito. “è il messaggio di speranza che ci lasciano i pazienti nelle giornate più buie”
ha raccontato Chiara Burzio, infermiera di Medici senza frontiere, tornata da una missione a Monrovia, in
Liberia.
I danni economici, come quelli gravissimi al settore del
turismo, e la paura figlia dell’ignoranza, stanno forse
facendo più danni in Africa dello stesso virus ebola.
Focus — Pag. 33
— Sudafrica
Post apartheid, George Bizos:
“La questione terra è fondamentale”
Lo storico avvocato e amico di Nelson Mandela è stato a Roma per una iniziativa
con cui sono stati celebrati i primi 20 anni di democrazia in Sudafrica. Intervistato
da ‘Africa e Affari’ ha sottolineato gli ostacoli che restano ancora da superare.
— di Gianfranco Belgrano
“Fare dei cambiamenti fondamentali in una società
è un processo difficile e lungo. Noi siamo riusciti a
compiere giganteschi passi avanti e non sono d’accordo con quanti sostengono che in Sudafrica nulla
è cambiato. Molte cose sono cambiate anche se ancora c’è da fare”. Questo un passaggio di una breve
intervista rilasciata ad ‘Africa e Affari’ da George
Bizos, storico avvocato e amico di Nelson Mandela,
che lo scorso novembre ha partecipato a Roma a un
Simposio giuridico organizzato dall’ambasciata sudafricana nell’ambito delle iniziative per celebrare i
20 anni di democrazia post-apartheid.
Prendendo spunto dalla Costituzione sudafricana,
costituzionalisti italiani e sudafricani hanno discusso
l’importanza della dignità e della giustizia cercando
di proporre un momento di dialogo interattivo, comparativo e simbiotico tra partecipanti di altissimo
livello. Tra i relatori dell’evento c’erano il ministro
della Giustizia Andrea Orlando, il professore Franco
Gallo (già presidente della Corte Costituzionale), il
giudice costituzionale Giuliano Amato, la professo-
ressa Paola Severino (già ministro della Giustizia),
i giuristi sudafricani Albie Sachs, Yvonne Mokgoro
e Christopher Jafta e, appunto, l’avvocato George
Bizos.
“La lezione di Nelson Mandela - ha detto ad ‘Africa
e Affari’ Bizos - e il fatto, per esempio, di non aver
accettato di correre per un secondo mandato presidenziale sono un insegnamento per il Sudafrica ma
devono esserlo anche per l’Africa e il resto del mondo. Mandela credeva che il potere non fosse un bene
da sviluppare per il proprio tornaconto personale,
quanto un bene da porre a vantaggio del paese. Purtroppo il suo esempio non viene seguito”.
Parlando del Sudafrica di oggi, Bizos ha infine sottolineato come la proprietà della terra resti la principale questione da risolvere: “Non possiamo continuare
ad avere una politica discriminatoria sulla terra - ha
detto - il governo dice che ci sono dei limiti costituzionali alla sua azione, ma a mio parere ci sono modi
per aggirare questi ostacoli anche all’interno della
Costituzione”.
Africa e Affari — Pag. 34
/ Kenya-Somalia
Quella linea marittima contesa
che per Mogadiscio significa ‘futuro’
— di Michele Vollaro
L
a disputa sulla linea del confine marittimo tra
Somalia e Kenya va avanti in modo latente già
da diversi decenni, sin da quando, negli anni
‘60, i due paesi hanno raggiunto l’indipendenza. Al centro della diatriba è la direzione che il confine
deve idealmente prendere in mare, se cioè, come sostiene Mogadiscio, debba proseguire la frontiera terrestre
e, quindi, avanzare verso sud-est, oppure se debba seguire una linea latitudinalmente diretta a est, come invece pretende Nairobi. Per stabilire chi abbia ragione, il
governo federale della Somalia si è rivolto lo scorso 28
agosto alla Corte internazionale di giustizia (Icj), il più
alto tribunale delle Nazioni Unite, chiedendo “di determinare, sulla base del diritto internazionale, il corso
completo del confine marittimo unico e dividere tutte
le zone marittime di competenza di Somalia e Kenya
nell’Oceano Indiano”.
Per anni la controversia ha mantenuto lontani da
quell’area gli investitori internazionali, i quali temevano che la mancanza di chiarezza giuridica su chi fosse
il reale detentore dei diritti di sovranità rappresentasse
l’ostacolo maggiore alle attività di esplorazione sulle
potenziali riserve di petrolio e gas offshore. Un accordo
pareva essere stato raggiunto nel 2009, quando i due
paesi avevano congiuntamente deciso di riferirsi alla
Commissione Onu per stabilire i limiti della piattaforma continentale oltre le 200 miglia nautiche. Era stato
firmato un memorandum d’intesa tra il governo somalo
- allora presieduto da Omar Abdirashid Ali Sharmarke
- e quello keniano per porre le basi di una demarcazione dei rispettivi confini marittimi, anche se le ambiguità
di alcuni passaggi contenuti nel testo di quell’accordo
avrebbero consentito al Kenya, pochi anni più tardi, di
avanzare maggiori diritti sulla piattaforma continentale somala. Perciò, quando circa tre anni fa il governo
di Nairobi ha assegnato alle compagnie petrolifere internazionali le sue prime licenze per l’esplorazione di
greggio al largo delle coste settentrionali, Mogadiscio
ha di nuovo reclamato la propria sovranità territoriale
in quelle acque, promuovendo prima una serie di incontri diplomatici bilaterali e chiedendo poi l’intervento dell’Icj.
Si tratta di un triangolo d’acqua che si estende per più
di 100.000 chilometri quadrati (40.000 miglia quadrate), che Nairobi ha suddiviso in blocchi e già attribuito
a diverse società petrolifere. All’interno del territorio
conteso rientrano i blocchi che sono tecnicamente indicati come L-21 (assegnato all’italiana Eni), L-22 (alla
francese Total), L-23 (Eni), L-24 (Eni) e L-25 (negoziati
in corso con la norvegese Statoil), gran parte dell’L-5
(assegnato alla statunitense Anadarko), più alcune
porzioni dell’L-13 (alla britannica Zarara) e dell’L-26
(alla statunitense Lamu Exploration). Alla luce del contenzioso sollevato dalla Somalia, la maggior parte delle imprese concessionarie ha già interrotto le attività
esplorative per evitare di essere a loro volta trascinate
in tribunale.
Alla Somalia, pur in una situazione istituzionale ancora
difficilissima, non mancano le speranze. Secondo una
recente stima diffusa dal centro di ricerca con sede a
Mogadiscio Heritage Institute for Policy Studies, il paese potrebbe addirittura diventare il settimo produttore mondiale di petrolio, con riserve che sfiorerebbero i
110 miliardi di barili. Ma in questi calcoli è fondamentale l’offshore ed ecco il perché di tanto interesse, sia da
parte somala sia da parte keniana.
I somali hanno fatto ricorso
alla giustizia internazionale:
in palio il petrolio offshore
La posizione della Somalia è molto probabilmente la
più valida dal punto di vista del diritto internazionale,
ma la questione sarà adesso oggetto della valutazione
dei giudici dell’Icj, che hanno nel frattempo fissato le
date entro cui i due paesi dovranno presentare le loro
prime memorie processuali necessarie per la valutazione del caso. In base al calendario la Somalia avrà tempo
fino al prossimo 13 luglio per depositare la propria documentazione, mentre il Kenya dovrà presentare il suo
contro-memoriale non oltre il 27 maggio 2016. Già da
questo primo programma emerge come per arrivare a
una soluzione della disputa saranno necessari ancora
diversi anni, ma il ricorso al massimo tribunale delle
Nazioni Unite assicura, per lo meno, il coinvolgimento
di un mediatore internazionale esterno riconosciuto da
entrambe le parti e, in linea teorica, del tutto al di sopra delle parti stesse, nonché una via giuridico-arbitrale
concreta per la definizione della questione.
Sommario — Pag. 35
Dentro l’Africa
Dentro l’Africa Sudafrica, iniziative per affrontare la crisi energetica pag. 36 — Dentro l’Africa
Più caffè per l’Etiopia, verso record di esportazioni pag. 38 — Dentro l’Africa Acciaierie di
Piombino, rilancio in mano agli algerini di Cevital pag. 40 — Dentro l’Africa Togo, operativo il
nuovo terminal del porto di Lomé pag. 42 — Dentro l’Africa Sudafrica, raddoppia il commercio elettronico pag. 44 — Dentro l’Africa Piano da 1,4 miliardi di euro per spingere l’economia del Camerun pag. 46 — Dentro l’Africa Il Madagascar abolisce la pena di morte pag. 48
Africa e Affari — Pag. 36
— Energia
Sudafrica, un piano in cinque punti
per affrontare la crisi energetica
Uno dei cardini del progetto messo a punto dal governo è il coinvolgimento dei privati
nella produzione elettrica estendendo i contratti già esistenti. Il diesel sarebbe sostituito
dal gas naturale, si ricorrerebbe a nuove tecnologie e a risorse alternative al carbone.
— di Davide Maggiore
Il governo di Pretoria ha annunciato un piano in cinque
punti per risolvere la crisi energetica che ha colpito il
Sudafrica, costringendo la compagnia elettrica statale
Eskom - in difficoltà nel garantire le forniture a livello
nazionale - a una serie di distacchi programmati di corrente, i cosiddetti ‘load sheddings’.
A breve termine il problema può essere risolto attivando turbine alimentate a diesel per sostenere le centrali
a carbone che forniscono la grande maggioranza dell’energia al Sudafrica. Tuttavia - ha ammesso il ministro
delle Imprese pubbliche Lynne Brown - sul lungo periodo la soluzione non è sostenibile. Di qui il piano in
cinque punti, che è stato delineato dal ministro alla Presidenza, Jeff Radebe.
Uno dei cardini del progetto è permettere un maggior
coinvolgimento dei privati nella produzione di elettricità, innanzitutto estendendo i contratti già esistenti.
Sostituire il diesel con il gas naturale, hanno poi con-
cordato Radebe e il ministro dell’Energia Tina JoematPetterson, sarebbe una seconda soluzione praticabile.
Gli altri tre punti del piano riguardano poi la fornitura
di tecnologie per la produzione di energia alle comunità locali, l’individuazione di combustibili alternativi
al carbone e l’indicazione dei tempi di attuazione della
strategia, che dovrà partire entro un mese.
Alla rapida crescita della domanda, il Sudafrica non
riesce a rispondere con una altrettanto crescita dell’offerta in campo energetico.
Il paese deve inoltre fare i conti con le condizioni non
ottimali di almeno 13 centrali a carbone che starebbero
operando al di sopra delle loro capacità e che non sarebbero sottoposte a un’adeguata manutenzione.
Nei mesi scorsi, i media sudafricani avevano paventato
il rischio di blackout a catena causati proprio dall’aumento della domanda. Eskom, il provider nazionale,
aveva però minimizzato questo rischio.
Dentro
Sommario
l’Africa——Pag.
Pag.
3737
Gas di scisto, primi test Sonatrach
in un pozzo pilota algerino
Stanno per entrare nella fase degli
esperimenti a scopo commerciale le
operazioni di esplorazione del gas di
scisto nel pozzo pilota di Ahnet, a In
Salah, nel sud-ovest dell’Algeria. Lo
ha annunciato l’azienda pubblica Sonatrach, precisando che sono terminate le operazioni di trivellazione e di
compressione. Secondo Said Sahnoun,
presidente ad interim di Sonatrach, lo
sfruttamento del gas di scisto costituisce un asse di sviluppo “risolutivo” e
un potenziale di crescita notevole per
la compagnia nazionale algerina di
idrocarburi. Secondo il responsabile
della Sonatrach, l’utilizzo commerciale del gas di scisto è previsto per il
2022. Diverse aziende hanno manifestato il proprio interesse, tra cui Eni,
Shell, Talisman, Exxon e Anadarko,
già selezionate per l’esplorazione nei
bacini di Tindouf, Ahnet/Timimoun,
Reggane, Berkine-Ghadames, Illizi e
Mouydir. Lo sfruttamento del gas di
scisto, o shale gas, è controverso, per
il suo metodo di estrazione, la fratturazione idraulica, consistente nell’iniezione di un miscuglio di acqua, sabbia
e composti chimici sotto pressione
all’interno di formazioni rocciose.
Il Ghana sigla un accordo
di esplorazione con Eni
Il governo di Accra ha siglato un accordo di oltre 4,8 miliardi di euro con
la sussidiaria locale del gruppo italiano Eni, la Eni Ghana Exploration and
Production, per l’avvio dei lavori di
esplorazione presso il blocco offshore
di Cape Three Points, a ovest di Takoradi, e l’utilizzo di una terza unità
galleggiante di produzione, stoccaggio
e scarico (Fpso).
L’accordo deve essere ancora soggetto ad approvazione parlamentare,
ma secondo un comunicato diffuso
dall’ufficio della Presidenza del Ghana dovrebbe garantire l’avvio della
produzione di petrolio e gas naturale
entro la metà del 2017. La Eni Ghana
Exploration e Production Limited è
il principale operatore del blocco offshore di Cape Three Points con una
quota del 47,222 per cento. Gli altri
partner sono Vitol Upstream Ghana
Limited, con il 37,778% e la compagnia di stato Ghana National Petroleum Corporation (Gnpc), con il 15%
più un’opzione per un’ulteriore quota
del 5%. Il potenziale del blocco è di
circa 450 milioni di barili di olio in
posto, con risorse recuperabili fino a
150 milioni di barili.
_Egitto
BP programma investimenti
per i prossimi cinque anni
Ha un valore di poco inferiore a
10 miliardi di euro, il programma di investimenti in Egitto
per i prossimi cinque anni reso
noto dalla BP, società britannica
operante nel settore energetico,
soprattutto del petrolio e del
gas naturale. Ne danno notizia
i media nazionali che citano il
direttore della società in Egitto,
Hesham Mekawi, specificando
come l’obiettivo sia riuscire a
raddoppiare l’attuale fornitura
di gas sul mercato locale entro
i prossimi dieci anni.
_Angola
Petrolio, Total inaugura
un megaprogetto offshore
La compagnia petrolifera francese Total ha inaugurato il 4
dicembre le attività estrattive
previste nel progetto di Clov,
che include i blocchi offshore di Cravo, Lirio, Orquidea e
Violeta, situati un centinaio di
chilometri al largo delle coste
settentrionali angolane, di fronte alla città di N’zeto. Clov, che
prevede una capacità estrattiva
fino a 160.000 barili di greggio
al giorno, era stato lanciato nel
2010 con un costo complessivo
di circa 6,5 miliardi di euro. Il
progetto comprende 34 pozzi
sottomarini realizzati a profondità comprese tra i 1100 e
i 1400 metri e collegati a un’unità galleggiante di produzione,
stoccaggio e scarico (Fpso).
_Seychelles
Lanciato schema di incentivi
per le energie rinnovabili
Sulla scia di una serie di programmi lanciati dall’inizio
dell’anno per promuovere l’utilizzo delle energie rinnovabili
anche presso gli utilizzatori finali, il governo delle Seychelles
ha introdotto un nuovo sistema
di finanziamento per facilitare
l’acquisto di impianti fotovoltaici. A darne notizia sono i
media specializzati, specificando che il programma di incentivi rappresenta il frutto di una
collaborazione tra il ministero
delle Finanze delle Seychelles, il
Programma delle Nazioni Unite
per lo sviluppo (Unpd) e il Global Environment Facility (Gef).
Il programma prevede il rimborso di parte delle spese per
tecnologie atte alla produzione
di energia da fonti solari.
Africa e Affari — Pag. 38
— Agricoltura
Sempre più caffè per l’Etiopia, verso
un aumento record delle esportazioni
La siccità che ha colpito le piantagioni sudamericane sta favorendo il paese dell’Africa
orientale, che nel biennio 2014-2015 potrebbe compiere un salto di qualità. La stagione
in corso dovrebbe fruttare almeno 700 milioni di euro, già in crescita rispetto al 2013.
— di Klaus Eisner
Potrebbero aumentare di quasi un quarto rispetto
allo scorso anno le esportazioni del caffè coltivato in
Etiopia nel periodo 2014-2015, in seguito anche alle
siccità e alle malattie che stanno colpendo le piantagioni in America Latina, e in particolare in Brasile.
A sostenerlo è il responsabile dell’Associazione degli esportatori del caffè etiopico, Hussein Agraw, che
ha reso noti i dati relativi alle vendite fino allo scorso mese di settembre. Nei quattro mesi tra luglio e
settembre, secondo quel che ha dichiarato Agraw, le
esportazioni di caffè sono state pari a 54.000 tonnellate, per un valore equivalente a 188,5 milioni di
euro, in crescita rispetto alle 51.000 tonnellate (poco
più di 140 milioni) dello stesso periodo della stagione
precedente. Per l’intera stagione in corso, si stima che
l’Etiopia possa esportare fino a 235.000 tonnellate
di caffè, ricavandone oltre 700 milioni di euro. Lo
scorso anno, sono state 190.000 le tonnellate di caffè
esportato, per un controvalore economico pari a 683
milioni di euro.
Dentro l’Africa — Pag. 39
Angola, un miliardo di dollari
per l’agricoltura da Banca Mondiale
Uno stanziamento di un miliardo
di dollari è pronto per essere sbloccato dalla Banca Mondiale a favore
del governo di Luanda per sostenere
progetti legati ai settori dell’acqua e
dell’agricoltura in Angola.
Lo riferisce l’Agenzia di stampa nazionale angolana (Angop), citando
Gregor Blinker, direttore della Banca
per Angola, Guinea Equatoriale, Camerun, Gabon, Repubblica Centrafricana e São Tomé e Príncipe. L’annuncio è stato fatto agli inizi di dicembre
durante una conferenza stampa nella
quale è stato reso noto l’apporto che
la Banca Mondiale intende fornire
al governo angolano per sostenere
il bilancio dello Stato del 2015. Il
finanziamento potrebbe agevolare
l’applicazione delle misure necessarie
per diversificare l’economia nazionale, attualmente fortemente dipendente dal settore petrolifero, creare più
posti di lavoro e ridurre la povertà
nel paese. Blinker ha ricordato che la
Banca Mondiale ha già investito 426
milioni di dollari in Angola in progetti legati a istruzione, agricoltura,
salute e sviluppo locale. L’Angola è
uno dei paesi a più forte crescita del
continente africano, ma ha necessità
di diversificare l’economia.
Prestito dell’Ifad all’Uganda
per servizi finanziari in aree rurali
Il governo ugandese ha ottenuto un
prestito di 29 milioni di dollari da
parte del Fondo per lo sviluppo agricolo delle Nazioni Unite (Ifad) che
servirà a coprire parte di un progetto settennale, il Project for Financial
Inclusion in Rural Area (Profira), il
cui obiettivo è far crescere l’accesso
ai servizi finanziari per gli abitanti
delle comunità rurali. Il Profira è finanziato in parte anche da Kampala.
L’accordo è stato siglato lo scorso dicembre a Roma, dove ha sede
l’Ifad, dall’ambasciatore ugandese
Grace Dinah Akello, e dal vicepresidente dell’Ifad Michel Mordasini.
_Egitto
Frutta e verdura
si esporteranno in Russia
Sui tavoli della Russia potrebbe
presto arrivare un’ampia scelta di frutta e verdura egiziana.
Secondo dirigenti del ministero
dell’Agricoltura del Cairo, sono
in corso operazioni di verifica
degli standard fitosanitari necessari per poter esportare circa
65 tipi di derrate alimentari di
produzione locale. A prendere
la rotta verso Mosca saranno
tra l’altro mele, carciofi, broccoli, carote, cetrioli e coriandolo.
Il provvedimento è un’ennesima
conseguenza del boicottaggio
dei prodotti agricoli europei
deciso dalla Russia nell’ambito
del braccio di ferro in atto tra
l’Ue e Mosca a causa della crisi
ucraina.
_Sudafrica
Imprenditori agricoli contrari
a salario minimo
L’introduzione di un salario minimo in Sudafrica porterebbe a
una perdita di posti di lavoro,
secondo gli imprenditori del
settore agricolo. La testata ‘Business Report’ riferisce le parole
del presidente dell’associazione
AgriSA, Johannes Möller: “Sarebbe poco lungimirante se non
disumano non prendere in considerazione la situazione in cui
molti sudafricani si trovano”,
ha detto Möller. L’aumento del
50% del salario minimo porterebbe, secondo Möller, a un
calo dell’occupazione. “Ciò di
cui abbiamo bisogno - ha sostenuto - è una forza lavoro più
abile, mercati meno rigidi e politiche di sostegno”.
_Egitto
Coltivare grano nel deserto,
un progetto venuto dal Golfo
Coltivare grano nelle regioni
desertiche dell’Egitto per ridurre del 10% la quantità di cereale importato, entro i prossimi
due anni: è il progetto che due
aziende degli Emirati Arabi
Uniti, la Al Dahra e la Jenaan,
stanno tentando di far nascere
insieme al governo del Cairo.
Un simile progetto era già stato tentato in passato, poi fallito, sotto l’amministrazione di
Hosni Mubarak. Le compagnie
emiratine auspicano di poter
sfruttare milioni di acri di terre
desertiche sulle quali poter impiantare coltivazioni intensive.
Africa e Affari — Pag. 40
— Industria
Alle acciaierie di Piombino si cambia,
rilancio in mano agli algerini di Cevital
La società nordafricana ha battuto gli indiani di Jindal South West: il piano industriale
prevede a regime l’occupazione di tutto il personale, il rilancio della produzione e l’avvio
di operazioni di diversificazione nei settori dell’agroalimentare e della logistica.
— di Céline Camoin
Il gruppo algerino Cevital diventerà il nuovo proprietario delle acciaierie Lucchini di Piombino. Nella gara
per la ripresa dell’azienda italiana, da tempo in grave
crisi e dal 2012 affidata a un commissariamento, l’offerta della Cevital è stata ritenuta quella più vantaggio-
sa rispetto al concorrente indiano Jindal South West.
Il piano industriale presentato dalla Cevital prevede a
regime l’occupazione di tutto il personale di Piombino,
mediante il rilancio della produzione di acciaio e attraverso elementi di diversificazione nei settori dell’agroalimentare e della logistica. L’offerta è stata ritenuta
inoltre più valida per i creditori.
Il Comitato di sorveglianza ha chiesto al ministero
dello Sviluppo economico l’autorizzazione a firmare il
preliminare di vendita con il gruppo Cevital.
L’intenzione dell’acquirente sarebbe quella di costruire nuovi impianti dove produrre acciaio in linea con
forni elettrici, colata continua e piano di laminazione
nell’area di Ischia di Crociano, a circa 7 chilometri da
Piombino, mentre il vecchio impianto più vicino alla
città, dopo la relativa bonifica, dovrebbe ospitare una
piattaforma agroindustriale per la trasformazione del
prodotto. L’investimento previsto dalla società algerina è di circa 400 milioni di euro.
La Nigeria vieta l’importazione di navi
prive di adeguato ‘local content’
Il governo federale di Abuja ha approvato un provvedimento che vieta l’importazione di navi acquistate all’estero prive di contributi prodotti localmente da cantieri
marittimi nigeriani. A segnalarlo è il quotidiano nigeriano ‘The Guardian’, che cita il segretario esecutivo
del Nigerian Content Development Monitoring Board
(Ncdmb), Ernest Nwapa, secondo il quale il divieto
entrerà in vigore a partire dal 1° gennaio 2015. L’approvazione della nuova politica è legata al tentativo di
promuovere lo sviluppo delle capacità locali nel settore
della cantieristica navale. “Da gennaio 2015, tutte le
società interessate ad acquistare navi che opereranno
Dentro
Sommario
l’Africa——Pag.
Pag.
4141
nelle acque territoriali della Nigeria
dovranno presentare il piano d’acquisto associato al Nigerian Content - ha
detto Nwapa - in questo modo saremo in grado di determinare quali parti
della nave potranno essere realizzate
in Nigeria”. Dando notizia dell’approvazione da parte del governo federale
della nuova politica, Nwapa ha inoltre
segnalato la necessità di una maggiore
collaborazione tra le società internazionali e le imprese navali nigeriane in
modo da promuovere ulteriormente le
capacità locali. La Nigeria, tra i principali produttori di petrolio, sta tentando di diversificare l’economia.
In Mozambico è sempre Mozal
la più importante impresa del paese
La compagnia produttrice di alluminio Mozal resta la più grande impresa
presente in Mozambico, come ormai
avviene da più di dieci anni. Lo si ap-
prende da uno studio condotto dalla
società Kpmg Mozambique, i cui risultati sono stati riferiti dai media locali.
Secondo i dati relativi al 2013, i ricavi di Mozal sono però in discesa del
6,8%, fermandosi poco sotto il miliardo di dollari (cioè 32,3 miliardi di meticais). Nettamente minori, comunque,
i ricavi della seconda compagnia della
lista, Petroleos de Moçambique (Petromoc), che si ferma a 18,8 miliardi di
meticais.
Complessivamente, nel 2013, le cento più grandi imprese del Mozambico
hanno prodotto oltre 281 miliardi di
meticais (8,6 miliardi di dollari circa),
cifra che è in aumento del 18,8% rispetto a quella registrata nel 2012.
Calzedonia sceglie l’Etiopia,
aprirà un impianto a Macallè
L’azienda italiana di abbigliamento
Calzedonia si accinge a realizzare importanti investimenti in Etiopia e dovrebbe aprire entro il prossimo anno il
suo primo impianto nel paese, a Macallè, nella regione settentrionale del
Tigrè.
Ne danno notizia i media nazionali, riferendo di una recente visita ad Addis
Abeba da parte del presidente dell’azienda, Sandro Veronesi, che si è incontrato con il ministro etiopico di Stato
degli Affari esteri, Dawano Kedir. “Il
nostro incontro con il ministro di Stato è stato molto fruttuoso - ha detto
ai media etiopici Veronesi - siamo stati in grado di identificare i vantaggi di
investire nel paese e le condizioni più
adatte per realizzare tali investimenti:
vogliamo impiantare una fabbrica per
produrre abbigliamento da notte capace di impiegare tra le due e le tremila
persone”. Calzedonia potrà contare su
una tradizione locale importante.
_Nigeria
Accordo per assemblaggio
veicoli Volkswagen
Il produttore automobilistico
tedesco Volkswagen ha siglato
un contratto con il gruppo nigeriano Stallion per avviare entro
il 2015 l’assemblaggio di alcuni modelli dei propri veicoli in
Nigeria. A darne notizia sono i
media locali, ricordando che il
gruppo Stallion e la Volkswagen
avevano già siglato un accordo
simile negli anni Settanta creando un impianto di assemblaggio
a Ojo, nei pressi di Lagos, denominato Volkswagen of Nigeria
(Von). I lavori furono però interrotti pochi anni dopo, in seguito al calo della domanda nel
mercato domestico. L’impianto
di Ojo è stato poi acquisito del
tutto dal gruppo Stallion, che vi
produce soprattutto autobus e
veicoli commerciali.
_Rwanda
A un gruppo indiano commessa
per impianto idroelettrico
L’impresa statale indiana Bharat Heavy Electricals Limited
(Bhel), specializzata in componenti per l’industria elettrica, ha
annunciato di aver ottenuto dal
governo di Kigali l’incarico di
realizzare un progetto idroelettrico capace di generare fino a
28 megawatt di energia.
Il contratto, del quale non è stato resto noto l’importo economico, prevede la costruzione di
due unità idroelettriche ciascuna della capacità di 14 MW sul
fiume Nyaborongo.
_Africa
Poca Ict nell’area subsahariana,
Mauritius e Seychelles avanti
Le Mauritius, le Seychelles
e il Sudafrica salgono sul
podio della classifica dei paesi
dell’Africa subsahariana dove
le tecnologie dell’informazione
e delle comunicazioni (Ict) sono
più sviluppate. La classifica
2014 dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni (Uit)
‘Misurare la società dell’informazione’ mette in evidenza che,
tranne nei casi delle Mauritius
e delle Seychelles, l’Africa
subsahariana è al di sotto della
media mondiale nello sviluppo
dell’Itc. Sia il Sudafrica che la
Nigeria, i due motori della crescita economica nella regione
subsahariana, ottengono un
punteggio inferiore alla media
mondiale nello sviluppo Ict.
Africa e Affari — Pag. 42
— Infrastrutture
Operativo il nuovo terminal container
del porto di Lomé, servirà l’intera area
La capitale del Togo potrebbe diventare uno scalo di riferimento anche per altri paesi
dell’Africa occidentale grazie alle nuove infrastrutture e alla profondità naturale
delle acque: saranno migliaia i posti di lavoro diretti creati e significativo l’indotto.
— di Céline Camoin
è operativa la nuova piattaforma per il
trasbordo dei container costruita al porto di Lomé, la capitale del Togo. Il Lomé
Container Terminal ha consentito lo
scorso dicembre l’approdo di un gigante dei mari, la nave cargo DS National
Monrovia, il più grande portacontainer
mai giunto nella regione.
Il nuovo terminal vuole diventare un punto di riferimento del commercio per via
marittima nell’Africa occidentale. Grazie
alle nuove infrastrutture e alla profondità naturale delle acque, Lomé dovrebbe
diventare uno scalo molto importante
e dare possibilità di lavoro a migliaia di
persone.
Diversi istituti finanziari internazionali,
tra cui la Banca africana per lo sviluppo e
la Società finanziaria internazionale, hanno contribuito al finanziamento del progetto, del valore pari a circa 350 milioni
di euro.
Dentro
Sommario
l’Africa——Pag.
Pag.
4343
La Nigeria stanzia due miliardi di euro
per nuove strade e ponti
Il governo federale di Abuja ha approvato contratti del valore complessivo di poco inferiore a due miliardi
di euro (430 miliardi di naira) per la
costruzione o la riabilitazione di 17 in-
frastrutture tra strade e ponti ritenute
strategiche per lo sviluppo del paese.
A darne notizia sono i media nazionali, specificando che i contratti
siglati rientrano nel Progetto per le
strade e i ponti, sotto la supervisione
del ministero dei Lavori pubblici. Nel
corso dello stesso consiglio dei ministri sono stati approvati anche alcuni
contratti riguardanti la costruzione
di città satellite e la realizzazione di
infrastrutture nei pressi della capitale
federale di Abuja.
I 17 contratti riguardano opere sparse in 14 dei 36 Stati federali in cui è
suddivisa amministrativamente la Nigeria: Borno, Yobe, Gombe, Rivers,
Bayelsa, Delta, Enugu, Nassarawa,
Abia, Niger, Kogi, Cross River, Lagos
e Kaduna.
Tra i progetti, alcuni tra i più significativi sono la strada tra le città di
Bodo e di Bonny nello Stato meridionale di Rivers con tre nuovi ponti
annessi ad Afa Creek, Opobo Channel e Nanabie Creek; e il nuovo
ponte di Ikom sul fiume Cross che
dovrebbe collegare la città di Oron
con Calabar.
In Marocco una nuova città
con opportunità per le aziende italiane
La marocchina Saz - Société d’Aménagement de Zenata - ha interesse a collaborare con le imprese italiane per la realizzazione della nuova città di Zenata,
situata tra Mohammedia e Casablanca a 80 chilometri dalla capitale Rabat.
Lo riferisce l’ambasciata d’Italia in Marocco, precisando che tra gli interventi
infrastrutturali previsti per Zenata ci sono un polo educativo con un centro
universitario, un polo dedicato alle manifestazioni culturali e alle manifestazioni fieristiche, 400 mila alloggi abitativi, un centro commerciale.
Le imprese italiane interessate potranno inviare alla Saz una presentazione relativa all’attività svolta negli ultimi anni sia in Italia che all’estero.
Il Marocco è uno dei paesi più interessanti del Maghreb in questo momento,
ha risentito meno degli effetti della cosiddetta ‘primavera araba’ e si sta presentando alla comunità internazionale come un centro di investimenti valido
sia per il suo mercato interno che come hub regionale.
_Niger
Accordo con l’Italia
per infrastrutture e sviluppo
Prevede la concessione di un
credito di 20 milioni di euro,
l’accordo siglato il 27 novembre dal viceministro degli Affari esteri e della cooperazione
internazionale italiano, Lapo
Pistelli, e dal ministro di Stato
per la Pianificazione del Niger,
Amadou Boubacar Cissé. L’intesa mira alla realizzazione di
un progetto per favorire l’accesso ai mercati e di infrastrutture
rurali nella regione meridionale di Tahoua, a un centinaio
di chilometri dal confine con
la Nigeria. In base all’accordo,
saranno realizzati o riabilitati
230 chilometri di piste rurali che collegheranno le zone di
produzione agricola ai mercati
dei cinque principali centri di
commercializzazione regionali.
I mercati saranno inoltre dotati di nuove infrastrutture allo
scopo di favorire la creazione
di veri e propri poli di sviluppo
economico rurale. La Cooperazione italiana ha stanziato anche un contributo volontario di
753.060 euro a favore dell’Ifad
per garantire la necessaria assistenza tecnica per la realizzazione dell’iniziativa.
_Mozambico
Apre l’aeroporto di Nacala
Il primo volo passeggeri del
nuovo aeroporto di Nacala è atterrato nella città della provincia mozambicana di Nampula
con alcuni giorni d’anticipo
sull’inaugurazione ufficiale dello scalo, avvenuta il 13 dicembre. Secondo il quotidiano ‘Noticias’ lo stesso volo, sulla tratta
Nacala-Maputo, verrà ripetuto
tre volte alla settimana.
_Uganda
Progetto per un secondo terminal per l’aeroporto di Entebbe
Costeranno una cifra pari a
325 milioni di euro, i lavori di
espansione dell’aeroporto internazionale di Entebbe per realizzare un secondo terminal per i
passeggeri. Lo si apprende da
una nota diffusa dall’Autorità
per l’aviazione civile ugandese,
in cui si afferma che il progetto di espansione avverrà sotto
forma di partenariato pubblicoprivato e prevede, oltre alla costruzione del terminal passeggeri, anche la realizzazione di un
terminal dedicato alle merci.
Africa e Affari — Pag. 44
— Commercio
Cresce il commercio elettronico,
per il Sudafrica mercato raddoppiato
Secondo i dati resi noti dal portale Paygate, in un anno il volume di affari è aumentato
del 100% attestandosi a 4,4 miliardi di rand: le regioni più promettenti sono Gauteng
e Capo occidentale, corrispondenti ai centri nevralgici dell’economia nazionale.
— di Davide Maggiore
Il numero di esercenti che hanno utilizzato il portale sudafricano Paygate per il commercio elettronico è
raddoppiato nel 2014: lo indicano dati citati dal sito
specializzato Fin24. Paygate effettua operazioni in
convenzione con tutte le maggiori banche sudafricane
e i dati forniti dal suo amministratore delegato Peter
Harvey concordano con i risultati di altre ricerche in
materia. Mastercard, marchio di carte di credito tra i
più importanti al mondo, aveva notato in uno studio a
marzo che la quota di mercato dei siti sudafricani negli
acquisti elettronici effettuati nel paese era in crescita.
La percentuale di operazioni effettuate su siti esteri, infatti, era scesa in due anni dal 33% al 24%. Secondo
Arthur Goldstuck, direttore operativo della compagnia
World Wide Worx, inoltre, il giro d’affari dell’e-commerce sudafricano può essere stimato in 4,4 miliardi
di rand (equivalenti a circa 310 milioni di euro). Per
quanto riguarda invece la provenienza degli acquirenti, un’indagine di Effective Measures, compagnia che
si occupa di statistiche online, ha riscontrato che, su
10.000 partecipanti al sondaggio, il 45% provenivano
dal Gauteng (area in cui si trovano Johannesburg e Pretoria) e il 22,6% dal Capo occidentale, la regione dove
sorge Città del Capo. Nonostante il suo primato venga
insidiato dalla Nigeria, il Sudafrica resta la locomotiva
economica del continente africano.
Dentro l’Africa — Pag. 45
Uganda: un sistema online per gli acquisti
della pubblica amministrazione
Il ministro delle Finanze ugandese,
Maria Kiwanuka (nella foto), ha lanciato ufficialmente una nuova strategia quinquennale per gli acquisti
online del governo.
Denominato e-Government Procurement (e-GP), il sistema consentirà
una maggiore trasparenza nella gestione degli acquisti della pubblica
amministrazione.
A darne notizia è il quotidiano di
Kampala ‘New Vision’, secondo il
quale il nuovo sistema dovrebbe garantire anche un calo delle spese e
una maggiore efficienza dei servizi.
Grazie al sistema di acquisti online,
le aziende interessate a rifornire la
pubblica amministrazione accederanno a tutte le informazioni necessarie per le proprie offerte.
Il ministro ha riconosciuto in ogni
caso che molte piccole e medie imprese locali non saranno in grado di
accedere nel breve termine al nuovo
sistema, a causa dell’ancora scarsa
diffusione delle tecnologie informatiche nel paese. A questo scopo, è
stata annunciata una serie di iniziative volte a informare le aziende locali
sulle possibilità offerte dall’Ict.
Commercio più snello in Costa d’Avorio
grazie alla piattaforma online Maoc
Sta portando i suoi primi frutti il
Meccanismo di allerta sugli ostacoli
al commercio (Maoc), una piattaforma online pensata per consentire
agli operatori economici della Costa
d’Avorio di segnalare alle autorità
competenti alcuni problemi burocratici e altre difficoltà che rallentano o
ostacolano le proprie attività. Sin dal
lancio dell’iniziativa nel maggio scorso, un centinaio di aziende si sono registrate alla piattaforma, divenuta un
canale di dialogo tra le imprese private e gli enti pubblici.
Il Maoc fa parte del Programma di
sostegno al commercio e all’integrazione regionale (Pacir) finanziato
dall’Unione Europea.
_Algeria
Renzi ad Algeri, nei colloqui
scambi commerciali e Cevital
Ha incontrato i massimi dirigenti istituzionali, tra cui il presidente Abdelaziz Bouteflika,
ma anche uomini d’affari, il presidente del Consiglio italiano
Matteo Renzi, impegnato il 2
dicembre in una visita ad Algeri.
“Posso confermare che le relazioni economiche italo-algerine
sono molto buone. L’Italia è per
l’Algeria un potente partner, in
particolare nell’ambito dell’energia. La cooperazione deve
essere forte e basata sull’interesse dei due popoli” ha detto
il primo ministro Abdelmalek
Sellal dopo l’incontro con Renzi, durante il quale si è parlato
di una maggiore cooperazione nei settori dell’agricoltura,
dell’industria e del turismo, ma
anche dell’istruzione e della
società civile. Nell’ambito della Difesa, Sellal ha accennato
a “grandi progetti” in corso di
elaborazione. L’Italia importa
gas dall’Algeria, che a sua volta
importa molti beni industriali e
alimentari. Tra i due paesi vige
un trattato di cooperazione siglato nel 2003. Renzi ha avuto
un incontro con Isad Rebrab, il
presidente del gruppo Cevital
che ha di recente comprato le
acciaierie Lucchini di Piombino.
Italia e Algeria si incontreranno
di nuovo a Roma nel primo semestre del 2015.
_Kenya
Conferenza ministeriale Omc
a Nairobi nel 2015
Sarà ospitata a Nairobi, a dicembre prossimo, la decima
conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc/Wto). A renderlo
noto è stato il ministero keniano
degli Affari esteri, specificando
che la decisione di svolgere l’incontro a Nairobi è stata presa
all’unanimità dai paesi membri
dell’organizzazione internazionale. La conferenza ministeriale
dell’Omc è l’organo decisionale
dell’organizzazione e si riunisce
una volta ogni due anni con la
partecipazione di rappresentanti di tutti i 153 Stati membri; è
abilitata a prendere decisioni in
relazione a tutti gli aspetti contemplati negli accordi commerciali multilaterali sottoscritti ed
è l’unica istanza che può ratificare nuovi accordi sulla base del
consenso.
Africa e Affari — Pag. 46
— Economia e finanza
Un piano da 1,4 miliardi di euro
per spingere l’economia del Camerun
Gli investimenti pianificati dal governo di Yaoundé hanno l’ambizioso obiettivo di far
salire il prodotto interno lordo del 50% nei prossimi cinque anni. Il primo ministro Yang
ha puntato tutto su sanità, infrastrutture stradali, agricoltura, energia e sicurezza.
— di Klaus Eisner
Sono pari a poco più di 1,4 miliardi di euro
in tre anni, gli investimenti pianificati dal
governo di Yaoundé per sostenere la crescita economica e raggiungere l’ambizioso
obiettivo di far salire il prodotto interno
lordo del Camerun del 50% nei prossimi
cinque anni.
“Il programma speciale d’investimenti - ha
detto nel corso di una conferenza stampa il
primo ministro Philemon Yang (nella foto
in alto) - è valutato in 925 miliardi di franchi cfa e sarà finanziato dalla mobilitazio-
ne delle risorse, da istituzioni finanziarie
locali e internazionali. Tra gli investimenti
prioritari figurano settori quali le infrastrutture stradali, la sanità, l’agricoltura,
l’energia e la sicurezza”.
In base alle stime del governo, l’economia
nazionale è attesa quest’anno in crescita
del 5,8% mentre nel 2015 l’aumento dovrebbe essere del 6,3%. Le stime del Fondo monetario internazionale prevedono
invece un tasso del 5,1% per quest’anno e
del 5,2% per il prossimo.
Dentro
Sommario
l’Africa——Pag.
Pag.
4747
Il Fondo sovrano angolano investe
in infrastrutture e settore alberghiero
Il Fondo sovrano dell’Angola, guidato da José Filomeno Dos Santos,
figlio del presidente della Repubblica José Eduardo Dos Santos, nei primi nove mesi del 2014 ha investito
1,1 miliardi di dollari in un fondo
per le infrastrutture e un ulteriore
mezzo miliardo in un fondo per lo
sviluppo dell’industria alberghiera
in Africa. A riportare queste cifre
sono diverse fonti locali.
Secondo queste fonti il capitale
netto del fondo - che si propone di
investire nei settori dell’energia dei
trasporti e dello sviluppo industriale, sia in Angola che nel resto dell’Africa subsahariana - è di poco inferiore ai 5 miliardi di dollari.
Creato ufficialmente nel 2012 per
permettere un migliore e più tra-
sparente utilizzo dei redditi derivanti dal petrolio, il fondo sovrano
dell’Angola ha in programma di
diversificare i suoi investimenti in
futuro, includendovi obbligazioni
pubbliche e private, valute estere,
derivati finanziari e proprietà immobiliari. Secondo lo statuto del
Fondo, almeno il 7,5% della sua dotazione finanziaria dovrà essere speso in progetti legati all’istruzione,
la creazione di reddito per le fasce
meno protette della popolazione angolana, l’accesso all’acqua potabile,
i servizi sanitari e la distribuzione di
elettricità. L’obiettivo è allo stesso
tempo quello di compiere “investimenti sostenibili nel lungo periodo”
e di “garantire lo sviluppo socioeconomico dell’Angola”.
Il Kenya alza il tetto sui prestiti esteri
per finanziare gli obiettivi di sviluppo
Il Parlamento di Nairobi ha approvato un nuovo emendamento che raddoppia il limite imposto al governo
keniano sui prestiti che vengono contratti all’estero, aumentandolo fino a
2500 miliardi di scellini keniani (equivalente a circa 22,3 miliardi di euro).
La richiesta di raddoppiare il limite
era stata formulata lo scorso novembre dal ministro delle Finanze Henry
Rotich e motivata con la necessità di
dover finanziare i numerosi progetti
infrastrutturali programmati dall’esecutivo.
Secondo il capogruppo della maggioranza in Parlamento, Aden Duale,
l’aumento del tetto sui prestiti sarebbe essenziale “per aiutare il governo
a raggiungere gli obiettivi di sviluppo” entro le scadenze previste.
Il debito pubblico del Kenya era stimato fino a inizio settembre in una
percentuale di poco superiore al
50% rispetto al prodotto interno lordo (pil); tuttavia, dopo un esercizio
di rimodulazione del calcolo del pil,
tale percentuale è stata notevolmente
ridotta.
_Africa
Assicurazioni, Axa verso Kenya
e Ghana: “è l’ora dell’Africa”
Il Kenya e il Ghana potrebbero
essere due prossime destinazioni per la compagnia di assicurazioni francese Axa, una delle
principali a livello europeo, già
ben impiantata nei paesi francofoni dell’Africa occidentale.
“Questo è chiaramente un buon
momento per interessarsi all’Africa. Lo sviluppo economico
sarà sostenuto e per un lungo
periodo, un fattore che favorirà
la nascita di una classe media.”
ha detto Jean-Laurent Granier,
direttore generale di Axa per la
regione Mediterraneo e America Latina al quotidiano francese
‘Les Echos’. Nell’area dell’Africa anglofona, Axa è già entrata in Nigeria con l’acquisto del
77% di Mansard, gruppo che
segue il settore privato.
_Costa d’Avorio
Prestito cinese per il TC2
del porto di Abidjan
Ha un valore di poco superiore a 700 milioni di euro, il
prestito concesso dalla Banca
Export-Import della Cina per
finanziare la costruzione del
secondo terminal container del
porto di Abidjan. A darne notizia è stato il direttore generale
dell’autorità portuale ivoriana,
Hien Yacouba Sie, ricordando
che quest’estate altri tre istituti
bancari (la Banca africana di
import-export/Afreximbank, la
Atlantic Bank e la francese Société Générale) avevano annunciato un finanziamento di circa
200 milioni di euro.
_Tunisia
Prestiti della Bei a sostegno
delle microimprese
Il sostegno agli imprenditori e
alle microimprese è stato al centro della prima visita in Tunisia
di Werner Hoyer, presidente della Banca europea degli investimenti (Bei), accompagnato dal
suo vice, Philippe de Fontaine
Vive. Due accordi di finanziamento sono stati firmati, con
l’Istituto per la microfinanza
Taysir e con la Banque TunisoKoweitienne, nell’ambito di un
partenariato con la rete Entreprende, per un importo complessivo di 21 milioni di euro.
Tale progetto mira a facilitare
l’accesso al credito alle piccolissime imprese e alle startup delle
aree più remote.
Africa e Affari — Pag. 48
— Sviluppo
In Madagascar un voto unanime
dei deputati abolisce la pena di morte
Le più recenti condanne nell’isola dell’Oceano Indiano erano state comminate nel 2005
ma l’ultima esecuzione riportava indietro al 1958. Salgono così a 36 gli Stati africani
abolizionisti, sono invece cinque quelli in cui la massima pena viene ancora applicata.
— di Céline Camoin
Con un voto unanime, il Parlamento malgascio ha
abolito il 10 dicembre la pena di morte. La decisione,
coincisa con la settimana in cui si celebrava l’adozione
della Dichiarazione universale dei diritti umani, è stata
salutata con favore dalla società civile e dal presidente Hery Rajaonarimampianina (nella foto). Dal 1958,
data dell’ultima esecuzione capitale, le pene erano state
sistematicamente commutate in lavori forzati. Le ultime
condanne erano state pronunciate nel 2005 nei confronti di un gruppo di 11 persone. Nel 2012, l’allora presidente Andry Rajoelina aveva già firmato un trattato nel
quale si impegnava a far abolire definitivamente la pena
di morte dalla legislazione nazionale. La tendenza verso
l’abolizione della pena di morte in Africa subsahariana
è sempre più evidente e nell’intero continente sono 36
gli Stati abolizionisti. Nel 2013, tuttavia, 19 paesi africani hanno pronunciato condanne alla pena capitale e
almeno cinque l’hanno applicata.
Oms, grandi progressi nella lotta
alla malaria in Africa subsahariana
Progressi significativi nella lotta alla malaria nel mondo, e in particolare in Africa subsahariana, si sono registrati sin dal 2000: nella regione africana il numero
di decessi dovuti alla malattia è calato del 54%, un
risultato superiore alla media mondiale del 47%. Lo
riferisce l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms)
sottolineando che i buoni risultati dell’Africa subsahariana si sono verificati in parallelo a un aumento della
popolazione del 43%. Tra il 2000 e il 2013 è aumentato l’accesso alle zanzariere impregnate con insetticida,
così come l’accesso ai test e alle cure. Ma nonostante
i progressi, gli esperti dell’Oms sottolineano che l’area
resta focolaio di malaria e che ancora un terzo delle
famiglie non possiede adeguati repellenti. I buoni risultati sono messi a rischio nei tre paesi colpiti dall’epidemia di ebola (Liberia, Sierra Leone e Guinea).
Dentro
Sommario
l’Africa——Pag.
Pag.
4949
_Angola
In programma un’indagine
sulla proprietà terriera
L’Angola ha in programma
un’indagine sulla proprietà terriera in modo da determinare
l’utilizzo dei vari lotti di terreno,
identificare quelli a cui non corrisponde un certificato di proprietà, quelli occupati illegalmente e anche quelli sottratti ai
legittimi proprietari. Edeltrudes
Costa, capo di gabinetto del presidente angolano José Eduardo
Dos Santos, ha dato l’annuncio
rassicurando allo stesso tempo
sul fatto che il governo rispetterà “i diritti e gli interessi protetti
dalla legge dei cittadini”.
Cooperazione tra Ghana e Danimarca
per migliorare il sistema fiscale
I governi di Accra e Copenhagen
hanno siglato un accordo per un
programma quadriennale destinato
a sostenere la governance economica
e la sostenibilità del sistema fiscale
ghanese. A darne notizia sono i media
ghanesi, specificando che il program-
ma si inserisce nella strategia generale
del governo della Danimarca di promuovere le relazioni bilaterali con il
Ghana e trasformarle da un modello
fondamentalmente basato sulla cooperazione allo sviluppo a uno incentrato sulla cooperazione politica e
commerciale.
Obiettivo del programma è una sostanziale riforma del sistema fiscale
ghanese, che garantisca un aumento
degli introiti, maggiore trasparenza
ed efficacia del sistema di riscossione.
Il programma prevede la collaborazione tra l’autorità fiscale danese e
quella ghanese (Gra), e due altri progetti da svolgere insieme a due organizzazioni ghanesi della società civile
che si occuperanno invece di responsabilità fiscale. Il valore del programma è pari a circa 32 milioni di euro.
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_Benin
Fondi Ue per governance,
agricoltura ed energia
Ammonta a 372 milioni di euro
lo stanziamento deciso dall’Unione Europea a favore del Benin entro il 2020. Il finanziamento, previsto per il periodo
2014-2020, copre tre settori
considerati prioritari nell’ambito della cooperazione tra Benin
e Unione Europea: governance,
agricoltura ed energia.
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06/09
Arredamento
Egitto
Si terrà al Cairo International Convention
Center l’edizione 2015 di Furnex. Furnex
è una fiera specializzata organizzata dal
2004 con l’obiettivo di introdurre l’Egitto
nel settore dell’arredamento e del mobilio.
Per informazioni è possibile visitare il sito
ufficiale della manifestazione:
www.furnexegypt.com
Idrocarburi
Tunisia
Con il patrocinio del ministero dell’Industria tunisino, si terrà a Sfax Petroserv
2015, iniziativa dedicata all’industria
del petrolio e del gas. Nella precedente
edizione, all’appuntamento hanno risposto
200 espositori provenienti da 17 paesi;
per questa edizione gli organizzatori si
attendono una partecipazione ancora più
ampia. Per informazioni è possibile visitare
il sito ufficiale della manifestazione:
www.petroservexpo.com
febbraio
19/20
marzo
Appuntamenti
Costruzioni
Zambia
Si svolge a Lusaka, la capitale dello
Zambia, la prima edizione di ZambiaBuild, dedicata al settore delle costruzioni
e ai materiali per l’edilizia. L’obiettivo
dei promotori dell’iniziativa è di creare
una piattaforma utile alle imprese per
proporre i rispettivi prodotti e allo stesso
tempo realizzare uno spazio per rafforzare
network e relazioni commerciali. Ulteriori informazioni sono reperibili nel sito:
www.zambiabuild.com
22/24
aprile
Minerario
R. Congo
La Congo International Mining Conference & Exhibition avrà luogo a Brazzaville e si proporrà come negli anni scorsi
quale luogo di incontro dei protagonisti
del settore minerario nel paese dell’Africa
centrale. La Ciemc 2015 è patrocinata
dalla Presidenza della Repubblica, la fiera
durerà tre giorni, la conferenza due. Il
tema scelto per quest’anno è: “Crescita
economica congolese: outlook per uno sviluppo integrato e sostenibile dell’industria
mineraria”. Per informazioni:
www.ciemcongo.com
maggio
19/20
maggio
Idrocarburi
Mozambico
Si terrà al Girassol Indy Congress Hotel di
Maputo la terza edizione di MozamBuild,
iniziativa legata al crescente settore delle
costruzioni del Mozambico. L’obiettivo di
questa manifestazione, patrocinata dalla
Mozambican Federation of Contractors è
creare uno spazio di incontri sia per imprese già presenti sul territorio sia per chi sta
valutando un ingresso nel mercato mozambicano. Per ulteriori informazioni:
www.mozambuild.com
27/28
maggio
Minerario
Camerun
Sarà il Palazzo dei Congressi di Yaoundé a
ospitare la seconda edizione della Cimec,
la Cameroon International Mining Conference & Exhibition). L’evento è organizzato dal ministero delle Miniere del Camerun
ed è patrocinato dal capo dello Stato Paul
Biya. Nel corso dei tre giorni della manifestazione, i partecipanti avranno l’opportunità di avviare e rafforzare relazioni grazie
alla presenza dei protagonisti del settore
minerario nel paese. Ulteriori informazioni
sono disponibili nel seguente sito:
www.cimecameroon.com
Info
Africa
Per conoscere il continente del futuro
InfoAfrica è uno strumento informativo pensato per aziende, istituzioni e organizzazioni non
governative che guardano all’Africa. Si propone di fornire un quadro completo per aiutare chi ha
investito o intende investire in Africa ad avere un flusso informativo costante, aggiornato e preciso.
Il Notiziario, base e personalizzato, la Rassegna stampa e l’Osservatorio
sono i principali strumenti messi a disposizione della nostra utenza.
Su richiesta e per rispondere a esigenze precise sono forniti altri servizi.
www.infoafrica.it - [email protected]
Africa e Affari — Pag. 52