Il blog magazine del network Blogo.it
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Numero 6/07 EMOTICONS TUNICK@AMSTERDAM TRAPANAZIONI COMMENTA LA LIFE 2.0 Photo: theXenon @ Flickr Il blog magazine del network Blogo.it SOMMARIO 2007 PERMALINK 9 BADILE Luglio 3 War of words Non solo la neolingua, anche le emoticon uccideranno l’Italiano Giovanni, Eugenio PIOPPO Francesco MISURE Dario Ci rivediamo appena risorgiamo, dopo l’estate. WWW.BLOGO.IT WWW.PERMALINK.IT 4 Mobile e virtuale Un imprenditore del web della prima ora ci racconta il futuro del telefonino incentrato sugli Operatori mobili virtuali 7 Scrivere online Un tutorial per imparare ad esprimersi con efficacia pur non restando un attimo coi piedi per terra 10 Life 2.0 Real comment. Oltre i blog, Permalink vuole portare i commenti nella realtà 16 Io, nudo Reportage dall’ultima installazione di Spencer Tunick ad Amsterdam. Arte o artbiz? 20 Matite in fuga Intervista con l’illustratrice Marina Sagona, la delicatezza di un’illustratrice a New York 23 Ilaria Alpi di china Uno dei delitti irrisolti italiani diventa un fumetto. Incontro con lo sceneggiatore Marco Rizzo 26 Trepanation L’antica arte di farsi un buco nel cranio, non è una leggenda urbana. Invito alla trapanazione Permalink è un supplemento alla testata Blogo.it registrata presso il Tribunale di Milano n. 487/06. © 2004-2007 Blogo.it, P. IVA 04699900967 alcuni diritti riservati sotto licenza Creative Commons. 29 Amsterdam Weekly La rubrica dei free press alla scoperta di un settimanale di cultura e appuntamenti senza analoghi in Italia 32 Bricolage Il racconto del mese si fonde con Retrosfera. Una storia BDSM scritta da Ayzad che vinse primo premio al concorso di Softblog.it l’anno scorso Permalink n. 6 Luglio 2007 NEOLOGISMI DEL MESE di Doracalva Emoticon di Doracalva el corso della loro breve ma espressiva vita, le emoticon hanno saputo passare dalla forma primordiale di miniaturizzata Ascii art - in principio fu :) , il primo vagito di uno smiley - fino a somigliare sempre più ai brandelli di iconicità, sparsi nel fitto del testo, che conosciamo oggi, e che popolano ogni rigo di chat che scriviamo o leggiamo, per quanto lavorativa o culturalmente engagé possa essere la discussione che stiamo seguendo. O che facciamo finta di seguire, grazie anche alle emoticon stesse. Di pari passo, da semplice segno di interpunzione quasi anti-sintattico che erano, hanno costituito un paralinguaggio tutto loro. E sono quasi le parole, che si pongono fra un’emoti- con e l’altra, a fare di tanto in tanto almeno da virgola al quel fluire che sarebbe incessante. Insomma, nate per illustrare in parte il testo di un forum o di una email, ora se ne fanno del tutto beffe. Non più solo sorrisi, lacrime o stupore: le nuove emoticon più in voga, su network di instant messaging egemoni fra i teenager come Microsoft Msn, si animano (qui la capostipite potrebbe essere Dancing Banana); hanno una loro durata superiore e indipendente rispetto al tempo di lettura del messaggio in cui sono inserite; e finiscono per rappresentare vere e proprie storie. Narrazioni che spesso ci illudiamo di personalizzare, mentre invece oggettivizzano sempre di più non solo il nostro linguaggio, ma anche i nostri contenuti. Permalink n. 6 Luglio 2007 La crisi di questo mezzo è tutta qui: i pretesti di maggiore rapidità espressiva, tramite le emoticon, stanno rapidamente venendo meno. E quello che un tempo era amore di sintesi, ora è soltanto nervosismo nei confronti del nostro prossimo. Forse, è solo un altro dei molti modi in cui la neolingua, cui ci siamo affezionati sempre meno, in ognuna delle puntate di questa rubrica sui neologismi di Permalink, ucciderà l’Italiano. Oppure, meglio, è uno dei primi modi in cui qualcosa di ancora nuovo, le cui proporzioni possiamo solo immaginare nel profilo di una banana instancabile e fuori tempo, ucciderà perfino la neolingua stessa. Doracalva Vive ancora in molti uomini dai gusti dubbi, che si nutrono di vecchi ricordi e neologismi. Non ricorda mai abbastanza proverbi a memoria. Ha sempre fieramente rifiutato ogni extension. Eppure, nel frattempo, non godersi i loro colori sarebbe da insensibili. SCENARI Mobile e Virtuale Il telefonino 2.0 di Alessandro Morelli di Francesco Magnocavallo n Mobile Virtual Network Operator (Operatore di rete mobile virtuale) è una compagnia che fornisce servizio di telefonia mobile - via wireless o cellulare - pur non disponendo di una sua quota di radiofrequenze atte ad erogare il servizio, in base ad accordi con un Mobile Network Operator classico. Nel mondo ci sono circa 360 MVNO. Paese come l’Olanda, la Francia, la Danimarca, il Regno Unito, la Finlandia, il Belgio, l’Austrialia e gli Stati Uniti ne contano il maggior numero e i maggiori successi. In Italia - come in Spagna, Portogallo e Austria - com- pagnie di MVNO stanno entrando solo ora sul mercato. Come quella di Alessandro Morelli, un imprenditore del primo web che ci racconterà cosa sta per accadere ai nostri amati cellulari, nell’arco di cinque anni. Parola d’ordine: proprio il MVNO, e rivolgersi a quei mercati di nicchia che le Telecom nostrane si ostinano a contrastare. Presentati in breve per i nostri lettori Mi chiamo Alessandro Morelli, ho quasi 36 anni e soprattutto una figlia, Caterina, di pochi giorni. Da sempre appassionatissimo di ICT. Ho cominciato giocando con il Commodore sotto l’albero di Natale nel 1983. Durante il periodo universitario ho lavorato come consulente IT e dopo la laurea mi sono trasferito in UK con l’obiettivo di capire cosa fossero le TLC, in un mercato liberalizzato già nel 1997. Grazie a questa esperienza, al rientro in Italia ho lanciato due iniziative nel settore nascente di internet (1998): Tariffe.it e Gullivertown.com. Gullivertown è nato da un fortunato incontro con un imprenditore attivo nel settore dei libri “remainder”. Erano i tempi di Amazon, del primo classico prodotto di vendita online, che abbiamo riproposto col modello del 50% di sconto su internet. Stiamo per raggiungere i 10 anni di vita. Parallelamente, ricordiamolo, nel 1998 c’è stata la liberalizzazione delle Telecom italiane. Proprio in questo ambito è nato il progetto Tariffe.it, che si prefiggeva di dare un supporto alla domanda ricorrente in quegli anni: qual’è la tariffa migliore per telefonare? Permalink n. 6 Luglio 2007 Francesco Magnocavallo Ha ormai più collaboratori che discipline in cui versarsi, e non sono poche queste ultime né i primi. È sempre disposto a chat su Skype di ispirazione situazionista. Scoprire i travestimenti di blogger molto quotati in classifiche normalizzate sui valori di massimo lo eccita. Stickering L’immagine di un cellulare su un bancone di bar può farvi sentire meno soli e più ubriachi, alle volte (angerman @ flickr) SCENARI MVNO Sonopia, l’MNVO oggi Se le idee di Alessandro Morelli, potenzialmente, possono cambiare il modo degli italiani di comunicare per mezzo di telefonia mobile, network come Sonopia già realizzano, soprattutto per il mercato Usa, qualcosa di simile. Ecco la descrizione della mission di Sonopia dal sito ufficiale: “Sonopia propone a ogni organizzazione, gruppo o club l’opportunità di creare un proprio network di comunicazione mobile personalizzato, insieme a una web community.” Marchi leader, organizzazioni no-profit, circoli ambientalisti stanno già usando i servizi di questa società, che ha due sedi: in California e in Ucraina. E perfino piccole squadre di baseball non rinunciano alla scheda Sim personalizzata con i loro colori e i loro contenuti. In paricolare, il mobile blogging è il servizio a più alto tasso di innovazione. La cosa più interessante è che una piccola parte delle bollette e degli incassi di Sonopia può ritornare all’organizzazione cui il network è dedicato, con particolari condizioni per quelle che hanno scopi benefici. E dopo dieci anni, ora c’è la deregulation nella telefonia mobile. Infatti, arrivando ai nostri giorni, sto rivivendo la stesso “film”. In particolare il 1997 ha visto nascere in UK il modello di operatore mobile virtuale grazie all’entrata in campo di Virgin Mobile. L’MVNO possiamo definirlo una società che compra all’ingrosso capacità di rete (voce, dati, SMS) e distribuisce sul suo mercato di riferimento. Oggi, 2007, finalmente, possono nascere nuovi attori e servizi, un po’ come gli operatori del fisso che comperano all’ingrosso e vendono al dettaglio. Rispetto a quanto è già avvenuto nel fisso, dove l’unica variabile è il prezzo, nel mobile invece ci sono ancora tante nicchie e applicazioni non esplorate. Pensa alla localizzazione, ai servizi di instant messaging, servizi di presenza, in generale tutti quei servizi web based e social 2.0 che già viviamo attarverso un computer (fisso) ma ora è possibile viverle in libertà e mobilità. Mi dicevano di uno dei grandi MVNO italiani, che ha tutto in outsourcing: rimane solo un discorso di brand, che gli permette addirittura di sfruttare la fiducia dei clienti per vendere gli stessi servizi di telefonia mobile a prezzi più alti degli operatori tradizionali. Ma il valore effettivo di questa scheda rebranded qual’è? Ci sono due aspetti da vedere: il marketing è il primo. Se una società riesce a “markettare” a prezzo più alto del suo fornitore lo stesso prodotto, non lo considero una distorsione, anzi complimenti al marketing manager! Dal lato di prodotto, invece, offrire sempre e solo servizi “voce/SMS” lo considero non avere coraggio di innovare, e per questo arrivo a dire che non fa bene alla crescita della nostra società in senso lato. Si sa come vanno le cose in Italia? Quali servizi esistono, quali funzionano, quali vuole il cliente? Manca un tariffario controllato per il costo del traffico voce. Si fa un vestitino nuovo Permalink n. 6 Luglio 2007 Du gust per la scheda SIM ma non c’è un vero operatore virtuale. Alessandro Morelli fissa l’obiettivo, ma non dimentica Tahiti Nella teoria, non dovrebbero esistere ingerenze del “grossista” dopo il momento della vendita, ma in realtà ci sono accordi per non “disturbare” il proprio fornitore all’ingrosso. BT ha un’intesa per non “attaccare” subito gli attuali clienti Vodafone, che le fornisce il servizio all’ingrosso. In questo ambito è risaputo quanto Filippetti, Amministratore Delegato di Tele2 stia lottando per trovare un fornitore di traffico all’ingrosso, ma che oltre a non porre limiti al business, abbia anche tariffe competitive. Ad ogni modo, siamo solo alle prime battute di questa rivoluzione del mobile italiano. Il modello di business dell’MVNO se non per legge, si svilupperà per una semplice regola di mercato: raggiungere le nicchie che i grandi operatori non possono raggiungere per motivi di struttura dei costi. Cosa pensi che saranno i servizi delle nuove SIM MVNO, all’estero cosa c’è? I servizi Voce sono solo l’inizio, il mercato VAS (Servizi a Valore Aggiunto) esiste. SCENARI MVNO Si deve lasciare a strutture piccole, snelle con le idee chiare, che non targhettano il mass market, ma come dicevo le nicchie. Pensiamo a quello che il Blackberry sta facendo nel mercato business. Se chiedi ad una persona che cosa ha in mano ti risponde “un Blackberry”, non una SIM TIM/Vodafone con il servizio di mail push! Questo nel settore business. Nel settore consumer si sta assistendo ad una richiesta di servizi di presenza e di messaging. Pensa ad un mix di MSN+S kype+Twitter+Blog+RSS. Il mercato ha costi che aumentano con la profondità, non ha struttura definita, costi e mentalità. Nel caso del mobile, vuol dire che qualcuno inizierà a specializzarsi per offrire tariffe e servizi migliori solamente ad una parte dei 65 milioni di italiani. All’estero arriviamo all’assurdo dell’Olanda, dove ad una popolazione equivalente alla Lombardia, corrispondono circa 40 operatori di telefonia mobile. In quella nazione esistono operatori specializzati in ogni etnia, e in Olanda ce ne sono tante. cercherà di starci dietro, ma non riusciranno a seguire nicchie troppo piccole - ad esempio i blogger sono solo 300 mila in Italia, saranno sempre pochi rispetto ai milioni di utenti interessanti per un grande operatore, ma rappresentano un gruppo con esigenze di servizio definite e specialistiche. Pensavo ieri per ridere ad un operatore virtuale per i musulmani, che hanno un codice di comportamento stretto e molto particolare per i trasferimenti finanziari, che ne dici? Hai perfettamente azzeccato il punto. Pensa che un operatore satellitare (Thuraya) offre per le persone musulmane un servizio di alert per i momenti preghiera, con indicazione automatica della Mecca, ovunque tu sia. Cosa ne pensi dei servizi di pagamento via mobile. È una nicchia interessantissima. Purtroppo il tutto in Italia è monitorato dalla CONSOB, che vieta di usare i servizi premium (sovrapprezzo) per comprare un servizio che non sia legato al cellulare. In Gran Bretagna invece esiste una fascia di numeri premium usati come borsellino elettronico. Chiami un numero stampato sulla macchinetta e paghi così la Coca Cola o lo snack, da qualsiasi SIM. Normativamente il credito telefonico è slegato dalla funzione telefonica, e può quindi essere speso per qualsiasi prodotto o servizio. Che programmi hai nel futuro? Insieme ad alcuni amici stiamo per lanciare un laboratorio tutto italiano. L’idea è di costruire insieme a chi e’ appassionato di vita digitale un servizio mobile dedicato. Su Mvno.it lanceremo nei prossimi giorni il nostro blog e chiederemo attivamente ai visitatori di aiutarci a costruire l’operatore mobile ideale. Un operatore specializzato nell’etnia turca in Germania, offre un servizio customizzato completamente: dai menu alla musica e ai wallpaper, le tariffe stesse con la Turchia sono agevolate. Si tratta di accordi all’ingrosso, sulla base dei quali l’operatore virtuale costruisce pacchetti di servizi targettizzati per un segmento del pubblico. Gli operatori classici finiranno per fare solo i carrier puri, l’infrastruttura sarà di pochi perchè costosa da mantenere. La tendenza del consumatore invece è quella di specializzarsi: il marketing delle grandi aziende New modernariato Cellulari d’epoca in un mercatino di Helsinki (gruntzooki @ flickr) Permalink n. 6 Luglio 2007 FARE MEDIA Scrivere Online Come esprimersi con efficacia pur non restando un attimo coi piedi per terra di Giovanni de Stefano n fondo, l’arte del blogger sta nell’equilibrio fra una certa forza e il suo lato oscuro, come in Star Wars. Fin dalla loro preistoria - vale a dire: le iscrizioni rupestri a matita sul banco di scuola, soprattutto se con commenti aperti - i blog sono il modo apparentemente più facile per scrivere male sul web. Se la forza del blogger, come vedremo nel corso di questo brevissimo decalogo ideale sul tema della scrittura online, è il linkare, non usare correttamente questa forza, può spingere facilemente verso un lato oscuro che si chiama molestia comunicazionale. le del vostro blog. L’aggettivazione di massa vi appaia come una peste che si manifesti in bubboni tutti sinonimi fra loro. (Avrete già notato, probabilmente, che questo punto del decalogo non parrebbe essere in vigore anche per chi scriva tutorial sul web writing). Considerate il suono e la vista della vostra prolissità come una goffa parodia - alla: “ciao, magre!” - della buona comunicazione online. Sentitevi sporchi se esagerate, e mai troppo puliti se state facendo bene, troppo presto. Quanto di meglio abbiamo trovato online sulla cura della verbosità, è qui. Interpunzione ✒ La punteggiatura (vostra amica d’infanzia) non è, per quanto possa sembrarvi, dalla prospettiva in cui alcuni di noi la vedono, roba da pivelli. Fate conto che esista. Non abbiate il coraggio di farne a meno, come in uno di quei momenti altamente formativi tipo quando si regala un vecchio giocattolo adorato alla figlia di un mezzadro meritevole. Non considerate una piccola rivoluzione linguistica - che annuncerete proprio voi, in un manifesto poetico di almeno una cartella senza un virgola - la libertà che lascereste a Giovanni de Stefano Aspirante a una vita semimonastica, ha tentato di rifuggire le tentazioni del secolo fuggendo dalla corrotta capitale per il suo buen retiro salentino. Inutile: mente lo spirito si elevava in azzurri sbuffi di Latakia, l’Amore ha scardinato le porte del suo cenobio. Verbosità ✒ Non siate soprattutto una cosa: verbosi. Non dovrete far altro che i parolai, se vorrete farvi cogliere in odore di realizzare una versione scritta e online dell’alitosi.Fra i contrari di “verboso” dal Pittano Zanichelli, non dico “tacitiano”, ma quantomeno “asciutto” dovrà dovrà essere la tagline mora- Way of life Non è mai troppo presto per prendere dimestichezza con la scrittura (belowthe49th@Flickr) Permalink n. 6 Luglio 2007 FARE MEDIA SCRIVERE ONLINE Parole chiave Non tutti gli argomenti riceveranno la stessa attenzione di pubblico sul vostro blog ciascun lettore, in cuor suo, di farsi un’idea propria della punteggiatura che avreste potuto utilizzare in un vostro post, come se questa fosse una nuova frontiera del giornalismo partecipato nell’epoca del web 2.0. Autoreferenzialità ✒ Siate autoreferenziali il giusto, e informativi quanto NON basta. Ci sono sottili linee rosa, troppo spesso infrante, fra un buon registro colloquiale - nei confronti del lettore - e quello delle nascite del nostro comune di origine. La maggior parte dei vostri potenziali utenti in senso stretto (cioè chi - ci si augura - non vi è parente né ex-compagna di catechismo) non vorrà sapere cosa vi siete fatti sfuggire ai saldi. Per tutto il resto c’è Facebook. Perché “informativi quanto non basta”? Perché il vostro lettore in senso lato non vorrà mai sapere più di quello che sapete voi, con l’eccezione della vostra eccezionale opinione in materia, se sta cercando di capirne qual- cosa in un blog. Per tutto il resto, come vedremo due punti sotto, ci sono i link. Sintassi, mon amour ✒ Per quanto stretto debba essere il rapporto, nei nostri amati periodi, fra i predicati e i loro soggetti - e noi abbiamo davvero bisogno che lo sia - cerchiamo pure di non tralasciare mai una certa “variatio”, a livello di sintassi. Molte bellezze, si sa, si formano per analogia. Ma tante altre, nascono per contrasto. Cosa c’è di più bello di un nome proprio di persona che compie un’azione al presente congiuntivo, se quell’azione costituisce la protasi di un autentico periodo ipotetico? Ma, pure, quale post sfonderebbe su Technorati se fosse composto di soli sette, otto periodi semplici o, peggio ancora, di un solo unico monociliare bisonte logico? Sappiate sorprendere i lettori, ma solo quando più se lo aspettano. Linkare ✒ Per quanto strano o poco interessante possa sembrare a vostra nonna, esprimersi per Permalink n. 6 Luglio 2007 link è qualcosa di insospettabilmente naturale. Anzi, è la comunicazione giornalistica tradizionale ad essere in debito con quelle caratteristiche della mente umana che ci portano a conquiste come il simbolismo in pittura, la schizofrenia in psichiatria e Jessica Alba nella vostra stanza, se solo lo desiderate. Siate, dunque, il meno lineari possibile. Il link è una forza non violenta, socratica, quasi all’italiana, quando sa di non sapere e prende il volo, fantasticando. Dimenticatevi dello spazio in cui scrivete, perché non esiste, se a un click su un’icona a forma di catenella, potrete legare una volta o tutta la vita (come con un lucchetto di Ponte Milvio epistemologico e solo apparentemente più sfigato) la vostra idea appena concettualizzata in una parola, a un’altra idea, di un’altra persona, dall’altra parte del mondo o di quel ponte che gli esperti del settore chiamano ipertestualità. Fate capire alla pagina bianca che il vostro word processor simula, in che epoca ha tentato FARE MEDIA SCRIVERE ONLINE di essere un foglio di carta. Come dice Luisa Carrada nel suo fondamentale sito sulla scrittura creativa “Il mestiere di scrivere”: ”Senza link non c’è ipertesto […] non c’è sorpresa […] non “succede” niente”. Titolare ✒ Il titolo di un post, molto spesso, finisce per essere più importante del post stesso. Almeno, quando non sono più importanti le categorie in cui lo inseriamo o le tag di cui lo dotiamo. E questo, non solo perché le parole contenute nel titolo godranno sempre di un altro tipo di visibilità, rispetto al corpo di un testo, nei motori di ricerca come nella nostra attenzione. Secondo Jakob Nielsen, guru dell’usabilità dei siti web, bisogna evitare titoli eccessivamente creativi, se poi si finisce per richiedere troppo sforzo al proprio lettore, per scegliere se leggere o no il post sottostante. Inutile dire che, nella maggior parte dei casi, nel dubbio, sceglierà di non leggere. Semplici e informativi sia il vostro motto: con una strizzatina d’occhio a Google, se vi pare, che non fa mai male. Parole chiave, parole chiave, parole chiave, fino allo sfinimento. Il lettore c’est moi ✒ Neo-testamentariamente, non fate agli altri quello che non vorreste fosse fatto a voi. Nella fattispecie: fingete pure, spesso e volentieri, di essere voi il lettore del vostro blog. Naturalmente, non solo dal punto di vista della grafica e dell’usabilità in senso stretto. Ma da quello dei contenuti. Poco importa se avrete impara- Reazioni Esiste una vera alternativa alla scrittura online? C’è chi crede di sì. (autumn fawn @ Flickr) to, alla Kandinskij, a collegare i colori delle vostre grafiche ai sentimenti che desiderate suscitare nel vostro lettore, se poi sarete voi i primi a distrarvi dal contenuto, volontariamente o meno, a seconda che sia stato l’eccesso di interesse nell’aspetto a fuorviare o le stesse mancanze del testo in questione. Anche qui, la parola d’ordine è equilibrio fra forma e funzione. Che spesso, non vuol dire altro che: semplicità. Immagini ✒ Per quanto un testo possa essere evocativo di immagini, è sempre un testo. Ma provate ad accoppiarlo con la giusta foto (e, soprattutto, a dare un nome azzeccato al file della foto che uploadate o linkate) e vedrete che, ben presto, non sarà più quella foto ad illustrare un concetto, ma le due parti diverranno due mani che si lavano a vicenda. Il successo chiavi in mano ✒ La vostra popolarità - parrà strano - può aumentare. Potreste parlare per semestri di quanto vi piaccia il tabac- Permalink n. 6 Luglio 2007 co Balkan Sobranie da pipa, senza che possiate pensare di raggiungere la metà dei lettori che vi procurerebbe un solo paio di post ben assestati e soprattutto ben citati o linkati dagli altri blogger (leggasi: da altri blogger che contano). Una volta partiti, fate moltissima più attenzione alle chiavi di ricerca Google tramite cui si accede al vostro blog, di quanto certi esiti comici delle stesse. Happy ending ✒ Dunque, provate a pensare non solo con la vostra testa, non solo con quella ipotetica del vostro lettore medio, ma con quella, virtuale ma concretissima, in soldoni, dei motori di ricerca. Sappiate farvi valorizzare dalla giusta dose di pubblicità, all’occorrenza, ma non svendete il vostro utente con un eccesso di banner che, pure, penalizzeranno soprattutto voi. Sui blog, siate soltanto voi stessi, o la migliore versione di voi che riuscite ad esprimere con un portatile sulle ginocchia e una giornata di sole fuori dalla finestra. OFFLINE Life, 2.0 BETA Per un mondo a misura di commento poi sul web comparvero i commenti, e fra uomini e form fu subito amore. le notifiche. Per ora, se volete sapere se qualcuno ha risposto al vostro commento vi tocca andare fisicamente sul posto. Da allora, scrivere le proprie opinioni sui blog e in giro per la rete e diventata l’attività principale per milioni di persone riluttanti al lavoro in ufficio. I commenti sono uno strumento dai mille usi, un tonificante della libertà d’espressione, un acceleratore di discussioni, sono come un piccolo media uno-amolti a disposizione di tutti. Indietro non si torna. E allora perché non andare avanti? Permalink questo mese vi propone di estendere il fascino del commento dal virtuale al reale. Come potete intuire è abbastanza facile: basta stampare i commenti e cominciare a diffondere i propri pensieri nella realtà fisica. Saranno sufficienti una stampante, un po’ di scotch e un pennarello. Meteo Per rompere il ghiaccio, il discorso va a parare sempre sul tempo. Una regola che vale anche per il real comment Problemi tecnici non ne abbiamo registrati durante queste prove, se non l’impossibilità di avere uno strumento RSS per Permalink n. 6 Luglio 2007 10 OFFLINE COMMENTI Sarah e Agata Commentare i propri amici non ha prezzo. Fra tutte le applicazioni del real comment, forse la più perfettamente inutile. Vintage Non godendo del budget per affrontare una collezione tanto valida, il potere del commento vale come sfogo in questo caso. Permalink n. 6 Luglio 2007 11 OFFLINE COMMENTI Catena alimentare Ecco il volto politico del real comment. Nessun infimo ristorante resterà impunito, nessun Sultano o Wok to Walk non riceverà il complimento che merita. Leggere Lasciare commenti in libreria, fra le pagine dei propri libri preferiti. Tributi d’amore a cavallo fra la street art e la bookshop art. Permalink n. 6 Luglio 2007 12 OFFLINE COMMENTI Tutto scorre Fissare un momento particolarmente propizio. Nello specifico non è servito a nulla e Alex ha perso anche questa volta. Scimmie albine Spam In questo caso è la scimmia albina a mettere il proprio commento sul mondo. Sono momenti che non capitano spesso. Vale la pena immortalare. Gli spammer sono sempre i primi a raccogliere le idee migliori. E la propecia funziona davvero, parola di Amir. Permalink n. 6 Luglio 2007 13 INSERISCI UN COMMENTO INSERISCI UN COMMENTO nome (richiesto): nome (richiesto): email (richiesta): email (richiesta): URL del vostro sito (opzionale): URL del vostro sito (opzionale): Volete salvare le informazioni per la prossima volta? Volete salvare le informazioni per la prossima volta? Sì No Sì Il vostro commento: Il vostro commento: Pubblica Pubblica INSERISCI UN COMMENTO INSERISCI UN COMMENTO nome (richiesto): nome (richiesto): email (richiesta): email (richiesta): URL del vostro sito (opzionale): URL del vostro sito (opzionale): Volete salvare le informazioni per la prossima volta? Volete salvare le informazioni per la prossima volta? Sì No Sì Il vostro commento: No Il vostro commento: Pubblica Pubblica ✃ ✃ No INSERISCI UN COMMENTO INSERISCI UN COMMENTO nome (richiesto): nome (richiesto): email (richiesta): email (richiesta): URL del vostro sito (opzionale): URL del vostro sito (opzionale): Volete salvare le informazioni per la prossima volta? Volete salvare le informazioni per la prossima volta? Sì No Sì Il vostro commento: Il vostro commento: Pubblica Pubblica INSERISCI UN COMMENTO INSERISCI UN COMMENTO nome (richiesto): nome (richiesto): email (richiesta): email (richiesta): URL del vostro sito (opzionale): URL del vostro sito (opzionale): Volete salvare le informazioni per la prossima volta? Volete salvare le informazioni per la prossima volta? Sì No Sì Il vostro commento: No Il vostro commento: Pubblica Pubblica ✃ ✃ No ARTE Io, nudo A chiappe al vento si può capire meglio l’arte? Reportage dall’ultima installazione di Spencer Tunick di Eugenio Orsi Come potete immaginare, trovarsi al terzo piano di un parcheggio, porgendo le chiappe ad Amsterdam ventosa ed i suoi canali, è una condizione che favorisce il formarsi di alcune domande. Mi giro di 180 gradi e alzo un braccio, seguendo diligentemente le facili istruzioni impartite da Tunick. Per una volta, la domanda se qualcosa è “veramente” arte o no, ha per me un senso e un urgenza concreta. O meglio, mi chiedo: sto davvero prestando il servizio del mio corpo nudo, vulnerabile e infreddolito per qualcosa di autenticamente bello? O sono nel mezzo di un’ennesima trappola dell’arte contemporanea? Come proverò a sostenere, ci sono validi argomenti validi per entrambe le tesi. *** Mezz’ora fa ero all’interno del parcheggio insieme alle altre 2000 persone ancora vestite, che aspettavano nella parte interna del parcheggio. Mentre l’organizzazione faceva il suo corso con nordica efficienza, osservavo e intervistavo la gente. L’età media dei partecipanti sarà stata intorno ai 30 anni, leggera prevalenza degli uomini sulle donne, completa Eugenio Orsi L’incontro con Tunick è stato una via di Damasco. Solo, ad Amsterdam. Con tutte le conseguenze del caso. Dopo averne constatato gli effetti sulle masse, apostolicamente, si interroga difatti sul prezzo dei megafoni di livello. ph: idros@flickr otte, alba quasi fatta, sono nudo in un parcheggio. Dall’altra parte della strada Spencer Tunick dà indicazioni con il megafono ad altre 2000 persone altrettanto nude, e scatta fotografie. Un paio di ore prima, alla fine di un breve briefing, Spencer Tunick ringraziava le suddette 2000 persone, ancora vestite, perché stavano per prendere parte a questo «meraviglioso pezzo d’arte». Permalink n. 6 Luglio 2007 16 ARTE SPENCER TUNICK Vi imbarazza l’idea di spogliarvi? «No per ora no. Forse al mio ragazzo di più che a me». Waitin’for In attesa che il megafono di Spencer performi il fatidico invito a liberarsi di vestiti e pregiudizi Risata. Come avete deciso di venire?, chiedo ad un altra coppia di mezza età. «Anche io sono fotografo e lavoro con il nudo, quindi è naturale che mi interessi». Come avete deciso di venire?, chiedo ancora ad un gruppo di stranieri. assenza di teenager e bambini. Un banchetto in un angolo vendeva poster e una maglietta commemorativa dell’evento, che gettava un’ombra di merchandising da concerto rock nell’installazione. Per il resto l’atmosfera dominante era quella dell’attesa paziente, sedeva per terra chiacchierando e mangiando un panino. Come avete deciso di venire?, chiedo ad una coppia sorridente. «Ci piaceva l’idea di partecipare a questo evento. La sensazione che qualcosa di non comune stia accadendo in effetti c’ è un po’ come quando al porto si aspetta la nave. La gente Abbiamo scoperto Tunick vedendo un documentario in televisione e ci è piaciuto». «È la quinta volta che partecipo a queste installazioni - mi dice una ragazza, anche lei artista - è una cosa che mi piace tantissimo, ha a che fare con la libertà, l’amore […]» A questo punto non afferro il continuo della frase, ma credo che introducesse concetti di “energia” e altre parole chiave che mi riportano per un istante negli anni ‘60. A questo proposito va sottolineato che in diverse interviste Tunick difende il suo lavoro tenendo a distanza qualsiasi cosa vagamente in odore di perline e fiori, ma in realtà è innegabile che susciti consensi negli ambienti post-hippy. Ripropongo la stessa do- Permalink n. 6 Luglio 2007 17 ARTE SPENCER TUNICK manda ad un’altra coppia. «Siamo qui per divertimento. Come dire, è una di quelle cose che una volta nella vita vanno fatte». Quest’ultimo sembra un movente che sembra importante per molti: la curiosità, pura e genuinamente fine a se stessa. Ma, forse, l’elemento saliente è un altro ancora, e forse ricorda i famosi 15 minuti di popolarità warholiani. Che in questo caso sono divisi per 2000, certo, ma l’idea di portare il proprio sè come parte questo primo attore, sebbene corale, ha un peso che non va sottovalutato. Torniamo quindi alla domanda principale: sto mostrando il mio culo alla Reuters - che lo manderà sulle pagine del New York Times - o sono parte di un qualcosa che trascende il banale funzionamento della macchina mediatica? Tunick lavora ai suoi “nudi di massa”, come vengono comunemente definiti, da oltre 10 anni. Scorrendo l’archivio del suo lavoro vi sfiorerà senz’altro l’idea che qui c’è qualcosa che si ripete, una formula affrontata da ogni possibile punto di vista con un risultato finale invariato. Volendo demolire Tunick in una frase: l’arte di Tunick non è che un fenomeno sociale, sopravvive in quanto evento, cresce grazie all’interesse commerciale dei media. Da questo punto di vista Tunick puzza di vecchio, per non dire peggio. Falso ragazzone dai modi timidi e dalla parlata popolare, vero furbone, cinico artista superstar in un mondo dove non conta cosa fai, ma in quanti lo vedono. Eppure io sono qui accanto a centinaia di corpi nudi, che si perdono a vista d’occhio. La sensazione che qualcosa di non comune stia accadendo c’è. Il rapporto fra i corpi e la struttura architettonica, fra organico e inorganico, apre innumerevoli finestre di suggestioni. La prima è personale e può essere sentita solo da chi partecipa all’installazione. Mi viene da dire “umanesimo”, amore e interesse per l’umanità. Una certa sensazione accentuata di appartenenza al genere umano è innegabile. Tolti i vestiti, crollano i codici, non fa più differenza nulla, l’orizzontalità e la reciprocità è tale che sì, Fatto apposta per me Una giovane volontaria (la seconda da destra) colta in un particolare momento di impazienza Se lo scopo della sua arte è quello di celebrare l’umanità, non può continuare a celebrarla solo sui suoli comodi e chic delle metropoli globalizzate Permalink n. 6 Luglio 2007 18 ARTE SPENCER TUNICK si prova un sentimento favorevole, indistinto e universale nei confronti dell’altro da sé. Volendo ci sarebbe anche un aspetto più spicciolo relativo ai tanto discussi standard estetici propinati dai media con una forza al limite del dittatoriale. Con l’eleganza di un fatto della Natura, qui le differenze fra i corpi, i difetti quindi, hanno il valore di creare differenza nell’uguaglianza, varietà e quindi bellezza. Ogni forma, ogni colore, ogni rotondità, come ogni flaccidità, il sodo e il grinzoso, tutto concorre a restituire l’immagine globale della specie umana. E poi, evidentemente, il tema del rapporto fra l’uomo che crea per se stesso un architettura e un mondo artificiale così diverso dalla propria essenza e via discorrendo. Non mi soffermo su questo punto non perché poco interessante, ma perché ognuno può trarre le proprie conclusioni semplicemente guardando le fotografie. Insomma mi sembra chiaro a questo punto come non sia facile dare un valore all’arte di Tunick. Tunick potrà andare avanti ancora a lungo in questo modo e sempre più gente lo conoscerà etichettandolo semplicemente come quello che fotografa tanta gente nuda. Oppure potrebbe rinnovarsi magari mantenendo questa formula ma portandola su terreni diversi. Ad esempio mi piacerebbe un tour di Tunick in Medio Oriente, o in Africa. Se lo scopo della sua arte è quello di celebrare l’umanità, non può continuare a celebrarla solo sui suoli comodi e chic delle metropoli globalizzate. Dura lex Spencer posa con alcuni tutori della legge, ironizzando sulle difficoltà con cui potranno sostenere, davanti all’ingorgo che si formerà di lì a poco che: “non c’è niente da guardare. Circolare!” Permalink n. 6 Luglio 2007 19 ILLUSTRAZIONE Marina Sagona La matita in fuga di un’italiana a New York di Edoardo de Cicco are che in Italia i cervelli siano talmente in fuga che non fuggono più soltanto dalla ricerca scientifica o tecnologica, ma perfino dall’insospettabile mondo dell’arte e dell’illustrazione. Di tanto in tanto torna a qualche commissione italiana, come nel caso delle locandine per la stagione 2006-2007 dei teatri Argentina e India di Roma. Nel tempo ha consolidato una modalità espressiva ben rico- noscibile in cui i personaggi e gli oggetti, disegnati con tratto elegante, sembrano fluttuare liberamente nei vivaci sfondi fauves. Il maggior pregio dei suoi lavori sta proprio nell’eloquenza, nella capacità di rappresentare in maniera chiara, direi miniEdoardo de Cicco Marina Sagona, romana, illustratrice dal 1989, ne è prova. Nel 1995 ha deciso di lasciare la scena italiana, trasferendosi all’aria fresca di New York. Dove finisca il giornalista e inizi il vernissage nessuno lo sa. Universitario per hobby, gallery animal per professione. Lo trovate ogni giorno su Artsblog.it sotto il falso palindromo Odraode. Dopo un inizio difficile, nel 1997 Marina non si è lasciata sfuggire la grande opportunità di disegnare una copertina della Book Review del New York Times. Da lì è iniziata un’ascesa che in breve l’ha portata ad essere una delle illustratrici più apprezzate sulla scena newyorkese, e a ricevere commissioni da brand importanti come Walt Disney, Swatch, Mackintosh, United Airlines, o da pubblicazioni come il New Yorker e il Los Angeles Time. Ha illustrato alcuni libri per ragazzi, tra cui il bellissimo Frida Kahlo del 2006, edizioni EL, e NO. Anna e il cibo, 2006, Orecchio Acerbo, del quale è anche autrice del testo. Italia Locandina per il Teatro Argentina di Roma Permalink n. 6 Luglio 2007 20 ILLUSTRAZIONE MARINA SAGONA malista, senza rinunciare però al gusto per un segno ricco. Che tipo di formazione è stata la tua? Ho frequentato una scuola di illustrazione a Roma, ma mi considero un’autodidatta. Raccontaci come hai fatto a diventare una tra le illustratrici più richieste di New York. Nel febbraio del 1997 Steven Heller, l’art director del Book Review del NY Times, mi ha offerto di farne la copertina e mi ha dato la possibilità di avere una grande visibilità. Subito dopo ho iniziato a lavorare per il New Yorker. Quali sono le principali tecniche, materiali, software che usi? Uso sempre la gouache su carta e a volte ritocco i disegni in Photoshop. Nelle tue illustrazioni mi sembra di notare dei riferimenti a certi quadri di Matisse, Dufy e Van Dogen. Confermi questa impressione? Quali sono eventuali altri maestri da non dimenticare? Quando sono arrivata a NY ho scoperto il minimalismo di Ellsworth Kelly e Donald Judd e ho visto una indimenticabile mostra di Bonnard. La sua pittura e i suoi colori mi sono rimasti negli occhi. Mi piace molto anche Rothko che per me è il corrispettivo astratto di Bonnard, e tra gli illustratori Saul Steinberg. Hai illustrato vari libri per bambini, come imposti il tuo lavoro quando sai che è destina- Permalink n. 6 Luglio 2007 Germania La grande coreografa Pina Bausch secondo Marina Sagona. 21 ILLUSTRAZIONE MARINA SAGONA to ad occhi così attenti e curiosi? tente non la pensa come te? Raccontare una storia per immagini è molto simile al lavoro di un regista che gira un film o monta uno spettacolo teatrale con la sua troupe. Ciò che è interessante nel fare un libro, per bambini o no, è È un tiro alla fune, conta non solo la forza delle proprie idee ma anche la passione nel saperle trasmettere all’altro. E non di rado accade che mi renda conto che la committenza ha ragione. ll lavoro a cui sei più affezionata? È sempre il mio ultimo, in questo caso i disegni che sto preparando per la mostra di ottobre a Palermo. E poi il libro NO, la storia di una bambina che non mangia e di sua madre. È una storia autobiografica che ha avuto per me una funzione terapeutica ed è servita ad esorcizzare l’esperienza dell’anoressia infantile di mia figlia. Un progetto a cui pensi sempre e che finora non hai realizzato? Lavorare in teatro e fare scene e costumi per un’opera. Blog, siti, riviste imprescindibili? La rubrica di Maira Kalman “Principles of Uncertainty” sul NY Times on line, e The New Yorker. Parlaci della tua prossima mostra,”Mito e Intimità” che inizierà il 2 ottobre a Palermo. il privilegio di ricoprire il ruolo del regista, dell’attore e dello scenografo al tempo stesso e la libertà di tempi lunghi. Le idee di un illustratore, come quelle di un architetto, sono più vincolate dal giudizio della committenza rispetto, per esempio, a quelle di un pittore. Cosa fai se il commit- Uno o più consigli che ti senti di dare ad un giovane illustratore? Essere curiosi, lavorare tutti i giorni e poi, come diceva Calvino, imparare le poesie a memoria, fare i calcoli a mente, e ricordarsi che tutto ciò che abbiamo è effimero. Permalink n. 6 Luglio 2007 È un’autobiografia per immagini, raccontata attraverso le donne della mia vita. Sarà composta da trenta ritratti di figure femminili alcune delle quali appartengono al mito, sono cioé figure letterarie o immaginarie, e altre che appartengono all’intimità, alla mia vita privata e affettiva. Inizia con mia madre e finisce con Antonietta Raphael passando per Edith Piaf e Ray Eames. Ogni disegno è accompagnato da una frase o a volte solo da una libera associazione di idee. La mostra è curata da Lea Mattarella e aprirà il 2 ottobre alla galleria Le Nuvole di Palermo. Messico Un omaggio da donna a Frida Kahlo 22 FUMETTI Ilaria Alpi se fosse fumetto Uno dei delitti irrisolti italiani diventa un fumetto. Incontro con lo sceneggiatore Marco Rizzo di Marcello Durante Era il 20 marzo 1994 quando a Mogadiscio veniva assassinata la giornalista Ilaria Alpi a colpi di kalashnikov. Dopo quasi quindici anni il caso è ancora un mistero, una ferita aperta della storia d’Italia. E oggi, il fitto intreccio che sovrappone il traffico d’armi e rifiuti tossici con sospetti coinvolgimenti delle istituzioni italiane stanno per diventare un fumetto (uscita prevista per settembre 2007). L’operazione è a cura di Becco Giallo, casa editrice specializzata in fumetti ad alto contenuto storico, informativo e sociale (fra gli altri ricordiamo Garduno, In tempo di pace Brancaccio, storie di mafia quotidiana, Sequestro Moro, storie dagli anni di piombo). La sceneggiatura è ora in mano a Marco Rizzo, sceneggiatore e fondatore del più importante portale di fumetti italiano, Comicus.it. Il disegni invece sono in carico a Francesco Ripoli, alla sua prima pubblicazione. Abbiamo raggiunto Marco con uno dei nostri interrogatori per scoprire un po’ di retroscena personali e professionali e per avere qualche tavola in anteprima. Fino a che punto della storia si spinge il fumetto. Affronti anche la questione della commissione parlamentare d’inchiesta guidata da Taormina? Sì, ovviamente. I risultati della commissione, per quanto discutibili, hanno aperto alcuni squarci e chiarito alcune sequenze. L’omicidio, ad esempio, pare sia avvenuto diversamente da come si era immaginato fino a poco tempo fa. Tra l’altro oltre al documento ufficiale la commissione ha generato una “contro-relazione” di minoranza che mette in luce altri aspetti e sottolinea le omissioni della relazione ufficiale. Riguardo fino a che punto... sarei tentato di dire leggilo e lo scoprirai, ma ti accenno che pur con una volata veloce, la vicenda viene vista più o meno nella sua interezza. Il fumetto sosterrà una tesi su come si sono svolti realmente le cose? Marcello Durante Attivista del fronte erotizzato di comicsblog. it, ama Michael Jackson al punto da non ridere ad alcuna battuta che si possa fare a riguardo. Per ristabilire il suo equilibrio personale dopo aver scritto di “Ilaria Alpi” ha fatto degli impacchi con copertine di varie edizioni di Invisibles. Magari potessi sapere la verità... e non pretendo non solo di esserne il depositario ma anche di essere in grado Soffi di vita Lontana da casa, inebriata dallo spirito della calda Africa, Ilaria vive. Permalink n. 6 Luglio 2007 23 FUMETTI ILARIA ALPI selezione delle fonti mi ha dato una mano Francesco Barilli, che ha collaborato all’apparato redazionale del volume, visto che ha seguito il caso sin dall’inizio. Direi che vista l’importanza del realismo e dell’attinenza nei volumi Beccogiallo, questo lavoro di documentazione fa un buon 40% del valore del libro. Gli opposti non si attraggono Sale la tensione a Mogadiscio, il rispetto si conquista col terrore. Francesco Ripoli è il disegnatore incaricato di “animare” le tue ricerche. Come si svolge la vostra collaborazione? Raccontaci qualche dettaglio. di dirla. Diciamo che mi sono fatto una mia idea su cosa c’è dietro, e la lascio trasparire. È un’idea abbastanza diffusa e credo anche abbastanza comprensibile, visto che la metto in bocca ad un paio di personaggi. Su come si sono svolte le cose realmente, temo non lo sapremo mai. e là, gli atti del processo di Roma e delle commissioni. Dopo avere abbozzato un soggetto ho visto il film, non volevo che mi influenzasse come scelte narrative. Puoi spiegarci le fonti che avete usato e come? Prevedevo che questo lavoro massacrante di documentazione mi avrebbe preso moltissimo tempo, invece in tre mesi circa ho finito, anche per la spinta dell’entusiasmo. “Finito”, diciamo per dire, visto che di pagine da leggere ancora ce ne sarebbero. Nella Ho letto i libri (Omicidio al crocevia dei traffici e L’esecuzione), alcuni degli articoli di Famiglia Cristiana, che ha seguito approfonditamente la vicenda, sparsi qua A livello di tempo? In che ordine di grandezza si colloca l’impegno per questo lavoro? Permalink n. 6 Luglio 2007 Ci siamo confrontati sul soggetto, mentre gli mandavo foto, fermi immagine, documentari etc. Francesco unisce le qualità dell’improvvisazione dell’artista con il gusto per il crudo realismo di un reporter, visto come attinge ai documenti iconografici e come studia le foto. Ha apprezzato molto il mio soggetto e ha deciso di non interferire quasi per nulla. Eventuali modifiche o aggiustamenti li vediamo insieme strada facendo tavola dopo tavola. Non è facile scrivere un fumetto, ma ancor più non è facile se il tema del fumetto si distacca dall’idea collettiva che accosta il fumetto alla fantasia, per abbracciare delicate argomentazioni sociali,storiche e politiche come quella che stai sviluppando. Il tuo modo di procedere quindi sarà nettamente differente da qualsiasi “cantastorie”. Hai inventato uno stile tutto tuo per affrontare la tragedia di Ilaria Alpi? È più un crudo reportage giornalistico per immagini, o lascerai spazio 24 FUMETTI ILARIA ALPI ad emozioni tue e dei protagonisti, romanzando gli istanti più caldi in una fredda Somalia? Di certo è una procedura molto diversa da come ho scritto Pianeta Rosso o le varie storie brevi sparse qua e là. Mi sono dovuto attenere a date, posizioni geografiche, comportamenti, scelte dei personaggi, senza poterli manovrare verso indirizzi ben precisi e calandoli in contesti veri o perlomeno verosimili. Ma ho voluto comunque improntare un ritmo, fare in modo che il lettore non si annoiasse, non limitarmi alla semplice cronaca. Direi che ho tentato una sorta di mediazione tra lo stile molto americano delle mie sceneggiature di fiction e lo stile classico Beccogiallo (per quanto si possa uniformare). Emozioni o considerazioni mie non ce ne sono, mentre da quelle dei protagonisti spero si respiri il clima di quei giorni. Cambiando parzialmente argomento, cosa ne pensi della possibilità di introdurre il fumetto tra gli strumenti di educazione, addirittura sostituendoli in casi limitati ai libri? Oddio, dipende. Sarebbe come sostituire un romanzo con un libro di grammatica. Non credo esistano in circolazione fumetti che possano trasmettere le conoscenze di un buon libro di testo. Arricchirle però sì. Ecco, un professore di educazione civica, o di storia potrebbe far leggere uno dei tanti libri Beccogiallo. Uno di Italiano potrebbe far leggere sia Italo Calvino che Hugo Pratt. Raccontaci un po’ come lavori, manie strane, rituali personali. Rapporto pagine scritte / caffè bevuti? Non riesco a stare concentrato a lungo sulla pagina. Mi alzo, giro per la stanza, sfoglio i fumetti a portata di mano. Scarabocchio, guardo fuori dalla finestra, e ovviaPermalink n. 6 Luglio 2007 mente bevo caffè. Meno di quanto pensi, visto che sono abituato a dormire poco. Ceci n’est pas une glace Il microfono ascolta una realtà locale. Ultima domanda, il fumetto che ogni persona dovrebbe leggere prima che sia troppo tardi. KillKiller, così penserà di non essersi perso nulla. 25 “Apri la tua mente”. Qualcuno applica alla lettera questo invito, facendosi aprire un buco nel cranio. di Francesca D’Amato Chi lo fa ritiene che la trapanazione ampli in modo permanente le facoltà percettive. Le convinzioni teoriche di costoro sono che il cervello infantile, libero di espandersi e pulsare perché non ingabbiato da una scatola cranica rigida, sia per questo meglio ossigenato. L’efficienza, la creatività, la capacità di concentrazione sarebbero proporzionali all’ossigenazione. Ultimo presupposto teorico che spinge gli adulti a trapanarsi: “Se funzionava da bambini, funzionerà anche da grandi”. Nel web ci sono racconti di sale operatorie allestite con attrezzi comprati nei centri per il fai da te. Anestetici, scalpelli e attrezzature per sterilizzare sono di libera vendita. Una sala operatoria casalinga può essere fatta ricoprendo le pareti di una camera con un telo di plastica. Bastano due amici e un po’ di coraggio. Per capire se questo fenomeno che impazza sul web abbia delle radici tradizionali, abbiamo rivolto qualche domanda a Luigi Capasso, docente di Antropologia presso l’università di Chieti, che studia da anni i crani forati. Professore, in che cosa consiste la trapanazione cranica? È una tecnica antichissima, la prima forma documentata di medicina, e consiste nell’asportazione di un pez- zo di osso dal cranio di un vivente o di un morto. Che scopi aveva? Nel caso dei morti l’uso è arrivato fino a noi ed in Abruzzo era diffusa la pratica di prelevare delle rondelle d’osso dai crani dei defunti e tenerle in loro ricordo. Nei vivi ha avuto vari significati: forse una iniziazione rituale in Perù, molto probabilmente la cura di patologie endocraniche in Europa. La trapanazione era utilizzata per curare la cefalea, la pazzia, la possessione diabolica, i tumori e le infestazioni cerebrali di insetti, oltre che nei casi di frattura compressa del cranio, dove però la casistica è molto Francesca D’Amato Francesca D’Amato. La lumachina più veloce a postare su ecoblog. it. Lotta contro gli sprechi di risorse energetiche, la pigrizia di molti consumatori non consapevolissimi e la tendenza a farsi bucare il cranio per mezzo di strumenti facilmente reperibili. La tecnica Ci sono vari modi di asportare un pezzo di cranio a qualcuno: Si può raschiare la testa con oggetti abrasivi. Si può incidere l’osso con uno strumento tagliente. Si possono fare dei forellini ravvicinati con un trapano, sullo stile “taglia lungo la linea tratteggiata”. Si possono incidere dei rettangoli e scalzarli dal cranio con uno scalpello. Permalink n. 6 Luglio 2007 Fascinazioni Un cranio trapanato d’altri tempi continua a distinguersi dalle masse 26 MISTERI TREPANATION differente da quelle di cui stiamo parlando ora. In particolar modo la trapanazione era usata nei casi di ipertensione endocranica. La pressione eccessiva del liquor ha come sintomi il mal di testa, il vomito e la perdita di coscienza; sintomi che spariscono istantaneamente non appena si rimuove l’ostacolo al deflusso del liquor. Queste guarigioni immediate devono aver lasciato una traccia indelebile nell’immaginario delle genti, contribuendo a far circolare la fama delle persone capaci di eseguire una trapanazione o una perforazione. Diceva che queste pratiche potrebbero avere un valore rituale. Può spiegarci meglio questo punto? Si, il concetto di base era aprire una connessione tra l’interno e l’esterno, rimuovendo un ostacolo (l’osso) che impediva, ad esempio, ai demoni che possedevano una persona di uscire. In altri casi poteva trattarsi di un rito di passaggio per confermare o acquisire uno status sociale. Ma una trapanazione cranica o una perforazione lasciano cicatrici visibili che possano essere esibite e paragonate alle cicatrici rituali? Di solito le cicatrici sono piccole. Per una perforazione si parte da un cerchio con anche 15 cm di diametro e poi si scende, in forma conica, fino ad aprire un buco di pochissimi centimetri. All’inizio i lembi di pelle vengono staccati, sollevati e a lavoro finito si ricuce sopra tutto. A meno di tenere la testa rasata, difficilmente si vede qualcosa. Che differenza vi è tra una perforazione e una trapanazione? La trapanazione è molto rara e avviene con un trapano, mentre la perforazione si esegue con lame affilate, asportando strati via via più profondi di osso. Sono state usate varie tecniche, spesso documentate nello stesso posto e nella stessa epoca ( vedi box ). Gli strumenti con cui si esegue questa operazione devono essere maneggiati in modo da non ledere le meningi o i laghi venosi: ne va della vita degli operati. Che percentuale di sopravvivenza vi è per una operazione del genere? La maggior parte dei pazienti (il 70%) sopravvive, nonostante le difficoltà dell’operazione. I problemi erano di immobilizzare, sedare, evitare l’eccessiva perdita di sangue e, dopo, disinfettare il paziente. È stato ipotizzato un laccio emostatico ad anello, ma non vi sono prove del suo utilizzo. Ma poi il buco veniva chiuso o protetto con altri materiali? Sitografia Bmezine.com: diario, foto, testimonianze dirette di un trapanato fai da te. Le foto non sono adatte a stomaci delicati. Trepan.com: Il sito dove si ritrovano i trapanati e gli aspiranti tali Trepanationguide.com: Pro e contro l’apertura di fori nel cranio La storia della neurochirurgia Permalink n. 6 Luglio 2007 Generalmente no. Vi è un ritrovamento di un tappo d’oro in Perù, ma penso sia stato applicato dopo la morte. Rimedi Hieronymus Bosch, “La cura della follia” Esiste una continuità temporale nei ritrovamenti che lasci pensare ad una tradizione che sia continuata dalla preistoria fino ai giorni nostri, in Italia o in altre parti del mondo? In alcune zone, ad esempio in Francia, probabilmente esistevano delle scuole. I trapani si sono diffusi nel medioevo, prima era molto più diffusa la perforazione per asportazione successiva di strati. Vi sono dei filmati fatti in Kenia, di un ricercatore danese, in cui si vede uno stregone che opera con una lametta, per curare un caso di mal di testa. 27 MISTERI TREPANATION Il diario di un trapanato fai da te Chi si sottopone a trapanazione volontaria spesso mette on line foto, diari e consigli tecnici. Dopo aver rasato e disinfettato bene la parte su cui operare, si incide la pelle e poi si parte con il trapano. Lentamente, molto lentamente, per non arrivare anche al Queste pratiche erano comuni anche in Italia? Si, specialmente nella Sardegna al tempo dei nuraghe. Gli Etruschi eseguivano le perforazioni con un coltello a lama rotonda fatto di bronzo. Si sono trovati strumenti simili anche nelle Americhe, dove probabilmente la gente ha scoperto indipendentemente lo strumento di forma migliore per compiere l’operazione. Lei è a conoscenza di ricerche di archeologia sperimentale che abbiano “testato” tale tecnica? cervello. Un buco può richiedere un’ora e mezza di cicli alternati di trapanazione, risciacquo della polvere d’osso e del sangue, trapanazione, ... sentire il rumore del trapano che si avvicina pare sia particolarmente emozionante. Ad un certo punto l’osso finisce e dicono si possa finalmente vedere il cervello “pulsare”. Dal giorno dopo l’operazione il trapanato smise di bere caffè a colazione e si deliziò della vividezza delle percezioni tattili. Toccava di tutto, apprezzando le sensazioni date da diverse superfici. Altro punto notevole del cambiamento, abbandono della precedente pigrizia. “Ora penso che cosa voglio fare e lo faccio subito”. Pare che l’avere dei fori nel cranio aiuti a ricordare i sogni. A qualche giorno di distanza dall’operazione, il trapanato ammette che l’autosuggestione potrebbe aver influenzato il suo giudizio, ma nonostante questo, ritiene di aver guadagnato molto, in qualità della vita, dalla trapanazione. Più avanti nel diario arriva la brutta notizia: “non credo di avere più effetti permanenti dovuti alla trapanazione: cercavo di capire se le mie sensazioni fossero diverse e questa curiosità era la ragione dell’intensità delle sensazioni.” Alla fine la sua attenzione ritorna a livelli simili a quelli sperimentati prima della trapanazione e la sensazione da “trip permanente” evapora. Quel che resta e’ la consapevolezza di essere sopravvissuto ad una esperienza indubbiamente forte. Quanto influisca l’effetto placebo, l’adrenalina rilasciata dall’operazione, il coinvolgimento di amici fidati nel “rituale” e le enormi aspettative di questo rito di passaggio lungamente e segretamente progettato e sognato... sinceramente non lo so. Permalink n. 6 Luglio 2007 Si, vi sono stati due filoni di studio: uno, su cadaveri, per testare l’efficacia degli strumenti trovati e capire come andassero usati. L’altra, su cani, per studiare la progressione della cicatrizzazione del tessuto osseo. Ma i risultati ottenuti dai cani sono applicabili all’uomo? Si, sono state costruite delle curve con cui è possibile risalire, guardando la ricrescita dei tessuti, a quanto tempo prima della morte era stata fatta l’operazione al cranio. Un’ultima domanda: ha notizia di studi su persone che abbiano subito o che si siano procurate spontaneamente una perforazione o una trapanazione? No, non che io sappia. Mi occupo di antropologia fisica e gli aspetti psichici o rituali sono fuori dal mio campo di studio. Sarei curioso di leggere qualcosa in proposito. 28 EDITORIA Amsterdam Weekly Free press di successo: come uscire dalla nicchia senza vendere l’anima di Urbano Galeno l freepress che recensiamo questo mese ha due caratteristiche distintive: è scritto in inglese - nonostante sia pubblicato in Olanda, e presenta contenuti di alto profilo - nonostante sia un magazine-calendario d’eventi. Ad Amsterdam non c’è persona sotto i 30 che non si procacci la propria copia settimanale, cosa affatto difficile visto che si trova praticamente ovunque. Più che trend setter, il Weekly sembra candidarsi come interprete del mood socio-culturale che si respira in città, con le sue rubriche fotografiche che fanno da punteggiatura al tempo, le interviste ai personaggi e agli artisti che arrivano e partono a flusso continuo nella capitale più cosmopolita d’Europa, o la famosa rubrica di annunci personali, osservatorio privilegiato per capire il mondo e la vita degli altri. Grazie a questa formula che mischia di intimità, utilità ed interesse, il Weekly è riuscito in pochi anni a conquistare i lettori, che dimostrano una fedeltà e un amore verso la rivista che non trova analoghi nel panorama dei free press italiani. Abbiamo raggiunto Steve Kover per sondare meglio il tessuto di questa esperienza editoriale: Puoi presentarti ai nostri lettori italiani ? Sono Steve Korver, editor dell’Amsterdam Weekly. Un tempo lavoravo freelance finché, circa due anni fa, non sono stato risucchiato in questo lavoro abbastanza fico. Una breve storia del giornale? Todd Savage, l’editore, è venuto a vivere qui più o meno cinque anni fa, e si è accorto di una lacuna nel mercato per quanto riguardava un giornale di annunci culturali in lingua Inglese, uno che seguisse il modello nordamericano del settimanale di cultura alternativa. Con l’aiuto del giornale per cui scriveva al tempo, il Chicago Reader, lo ha messo in piedi da zero. Ora esistiamo da circa 3 anni e mezzo. Urbano Galeno Dimenticate quello che negli scorsi numeri vi abbiamo spacciato per profili autore dedicati a lui. Urbano Galeno è l’opposto di quello che pensate. Sappiate solo che questo profilo l’abbiamo dovuto scrivere dietro la minaccia neanche tanto fantasma che ci avrebbe negato per sempre qualsiasi forma di dritta per rimorchiare col megafono. Quante persone leggono il Non si può avere tutto Maartje legge il Weekly nel terrore di essere spiata sotto la gonna. Permalink n. 6 Luglio 2007 29 EDITORIA AMSTERDAM WEEKLY Lifestyle/1 Ozio e lettura le principali attività di un businessman del vintage giornale ogni settimana ? Stampiamo oltre 25.000 copie, stimiamo circa 40.000 lettori. Pensi che il formato dell’Amsterdam Weekly possa essere esportato anche in altri paesi, oppure è troppo strettamente legato alla vita di Amsterdam? Con la “globalizzazione” e la continua crescita dell’inglese come lingua universale, penso di sì. Amsterdam è però un ambiente unico, dato che praticamente tutti leggono l’Inglese. Ma è servito comunque un po’ di tempo prima che la gente lo accettasse come un giornale per tutta Amsterdam e non un foglio per turisti o espatriati. Il periodo più difficile che hai avuto? Direi l’inizio. Essere un nuovo nome e quindi spiegare all’infinito chi eravamo. Ora la maggior parte della gente sa chi siamo e, lasciamelo dire, questo ti fa risparmiare tempo. La parte più divertente del tuo lavoro. Ce ne sono molte. La prima che mi viene in mente, ed è stato quando ho pensato “hmm, questo lavoro mi piace, forse dovrei fermarmi qui per un po’”, è stata la volta in cui ho assegnato al nostro Ghiottone in Incognito l’incarico di intervistare il miglior ristorante di costolette della città. Lui, un tipo di 150 chili col cappello da giullare in testa, è piombato in ginocchio di fronte a me dichiarando: “Adoro le costolette: sarò il tuo cavaliere e tu il mio Re Artù, e tornerò con la costoletta dorata!”. Credo che quello sia stato il momento in cui ho cominciato a sentire l’ebbrezza del potere. Cosa intendi quando de- Permalink n. 6 Luglio 2007 Lifestyle/2 Steve Korver, editor del Weekly, in uno dei rari momenti di superlavoro 30 EDITORIA AMSTERDAM WEEKLY business, ma è questione di arrivare al pareggio più che di fare enormi profitti. No green Il limite fra poesia e annuncio può essere anche molto sottile Quindi non siete in attivo? In Olanda non ci sono fondi pubblici per l’editoria culturale? In Italia è l’unico modo per sopravvivere nella maggior parte dei casi. Stiamo raggiungendo tutti gli obiettivi, siamo sulla strada giusta. E no, non riceviamo fondi extra dal governo. Immagina di non avere limiti di budget: che giornale ti piacerebbe dirigere? finisci l’Amsterdam Weekly come “indipendente”? I nostri articoli non possono essere comprati. C’è una separazione fondamentale fra la parte editoriale e le vendite - qualcosa di abbastanza unico se lo confronti con altri magazine di appuntamenti che trovi in giro. Cosa pensi della free press in generale? Pensi che arriverà a guidare il mercato dei giornali? Penso che ci saranno sempre entrambi. Ci sarà sempre un pubblico disposto a pagare per la qualità. Internet, Web 2.0, citizen journalism, free press: la qualità del giornalismo sta migliorando o peggiorando con la comparsa di questi nuo- vi mezzi di comunicazione? Difficile da dire. Direi che più informazione c’è meglio è, ma come facciamo a trovare la qualità? Come facciamo a verificare un’informazione? Vorrei avere qualcosa di profondo da dire, ma siamo ancora in una fase piena di incertezza, è il selvaggio West là fuori. Fosse l’Amsterdam Weekly, avrebbe più pagine e sarebbe più impegnato nella politica locale, prendendo a calci nel sedere il Comune tutte le volte che crede di poter cambiare le cose dall’alto. E magari salvare qualche albero. Riviste e giornali preferiti? The Guardian, il giornale locale Het Parool, Book Forum, McSweeney’s, The Believer, That Dam… Siti web preferiti? Parliamo di soldi: una rivista culturale può essere un buon business? Qual’è il sostegno economico dell’Amsterdam Weekly? Boingboing.net, Metafilter.com. Possiamo sopravvivere solo se pubblichiamo abbastanza pubblicità. Però non puoi guadagnarti la fiducia dei tuoi lettori con la pubblicità, quindi si tratta di un equilibrio abbastanza delicato. Speriamo di diventare presto un buon Da sempre vorrei provare il formaggio sardo con i vermi. Ah, e perché viaggiate sempre in gruppo? Avete mai sentito parlare del processo di individualizzazione? Heh-heh (risata nervosa). Permalink n. 6 Luglio 2007 Qualcosa che avresti sempre voluto sapere dell’Italia? 31 RACCONTO DEL MESE Bricolage Creatività nel sesso non significa sempre fai da te di Ayzad eiss entrò da BriColeur, sede Como Sud, come una diva sale su un palcoscenico. Rispondendo istintivamente al richiamo del ticchettio dei tacchi a spillo sul pavimento di cemento liscio, gli addetti al banco informazioni e metà dei cassieri si erano già voltati a guardarla prima che le grandi porte scorrevoli si fossero chiuse alle sue spalle. Gli altri li imitarono un attimo dopo, incuriositi da cosa mai avesse potuto dipingere un’espressione tanto ebete sul volto dei colleghi. La donna trattenne a stento un sorriso: benché il suo scopo fosse precisamente suscitare quell’effetto, le reazioni esagerate degli uomini non smettevano di stupirla. di troppo, a lasciare intravedere una scollatura mozzafiato esaltata dal bustino vintage con stecche di balena. Il tocco finale era affidato ai guanti in pelle di vitellino, alle calze - fumé, con riga dietro e l’orlo ricamato che si poteva appena intuire attraverso lo spacco della gonna - e naturalmente alle scarpe. Stiletto da quindici centimetri e décolleté accentuato: un monumento al feticismo. L’unico a non sembrare ipnotizzato dal suo ancheggiare era Schwarz, che la seguiva indispettito portando uno dei grossi cesti di plastica col marchio del negozio. I suoi jeans e felpa griffati erano l’esatto contraltare del look della compagna, e insieme all’abbronzatura e al taglio di capelli lo etichettavano immediatamente come una vittima dei capricci delle riviste di moda. «Ma era proprio necessario farmi prendere il pomeriggio dal lavoro per venire in un centro del fai da te?» Weiss si girò di scatto e tracciò un arabesco nell’aria con una mano, sino ad appoggiarvi il mento e la guancia; l’altra mano andò a sostenere il gomito, nella pantomima di una impegnativa meditazione. «In effetti. sì, penso di sì,» lo informò Ayzad Ayzad, appassionato dal lato teorico quando da quello pratico del BDSM, è autore di questo racconto originale con cui ha vinto, l’anno scorso, il primo premio del nostro concorso letterario su Softblog.it. Parte del merito era sicuramente delle ore passate in palestra e dall’estetista, che le permettevano di competere con molte ventenni nonostante avesse ormai il doppio dell’età. Il trucco curatissimo era un altro elemento. Ma ciò che più colpiva era la scelta degli abiti: un tailleur grigio anni ‘40 che riusciva a essere al tempo stesso tanto severo quanto sexy e ne fasciava il corpo facendo risaltare ogni curva. Sotto, una semplice camicetta bianca di cui era stato dimenticato” aperto un bottone Permalink n. 6 Luglio 2007 32 RACCONTO DEL MESE BRICOLAGE con fare corrucciato. «Tu devi comprare una plafoniera nuova per il garage. E io ho bisogno di qualcosina per non fare brutta figura domani sera.» Le labbra dell’uomo si aprirono in un sorriso. «Sono sicura che in un posto così grande,» aggiunse lei a voce più bassa, accarezzandogli il viso con un dito, «avranno anche qualche pervertibile, non credi?» Lui ebbe un brivido. «Sicuramente, amore. Con la tua fantasia, poi.» La donna gli si avvicinò come per baciarlo. Quando lui socchiuse la bocca, però, si interruppe a pochi millimetri e si limitò a sussurrare: «Già.» Un attimo dopo Weiss stava già dirigendosi verso la corsia Autoaccessori. Ancora inebriato dal suo profumo, Schwarz strabuzzò gli occhi e si precipitò a seguirla. Lei percorse sinuosa il corridoio sino a un lungo scaffale di bombolette spray. «Cominciamo dall’indispensabile,» disse passandogli due confezioni di polish per cruscotti. «Con questo potrai lucidarmi la catsuit nuova e far brillare anche i tuoi boxer in lattice.» Non c’era stato alcuno sforzo di moderare il tono della voce. Una giovane commessa che stava disponendo della merce su un ripiano poco distante arrossì e si voltò per dar loro le spalle, sperando di non farsi notare. La cliente era però inarrestabile nelle sue provocazioni. Con un sorriso compiaciuto fece un passo verso la ragazza accucciata a frugare in uno scatolone e, facendo scivolare le mani lungo le gambe fino a piegarsi ad angolo retto, aggiunse: «O credi che la tuta di latex intera possa farmi il sedere grosso, caro?» «Direi che non c’è pericolo, amore.» La commessa raccolse in fretta il cartone e fuggì altrove, mentre i due amanti si scambiavano uno sguardo carico di passione e malizia. Continuarono a esplorare il grande capannone con metodo, percorrendo uno dopo l’altro tutti i corridoi. Nell’area ‘Hobbistica’ Weiss acquistò una bacchetta in fibra di carbonio lunga e flessibile, che fece fischiare nell’aria eliminando ogni dubbio sul suo futuro utilizzo; in ‘Impiantistica’ due metri di tubo corrugato in gomma. Altrove si divertì a terrorizzare il compagno, esaminando con aria crudele articoli Permalink n. 6 Luglio 2007 particolarmente minacciosi. Componenti meccanici e passamanerie, aggeggi minuscoli e ingombranti utensili edili: bastava un suo ghigno per colorare gli oggetti più improbabili di sinistri impieghi erotici. «Uh! Le mollette da tenda!» esclamò allegra come una bimba quando vide il reparto ‘Arredamento’. Schwarz non riusciva a nascondere quanto fosse preoccupato ed eccitato, e lei approfittò della cosa sfilandosi un guanto con la grazia ostentata di una brava spogliarellista: a giudicare dall’espressione dell’uomo, sarebbe bastato poco di più per fargli perdere del tutto il controllo. «Tienimi questo,» mugolò languida sfiorandogli le labbra. Lui aprì la bocca, e si ritrovò con il guanto fra i denti. Pareva proprio un cucciolo con il suo osso, tanto che la donna non riuscì a restar seria: «Fa’ attenzione a non sbavarmelo, capito?» Weiss prese a esaminare le semplici molle con l’occhio di un’intenditrice. «Queste no, che tagliano troppo. Questa so già che 33 RACCONTO DEL MESE BRICOLAGE Saggi Guida per esploratori dell’erotismo estremo è il saggio di Ayzad edito da Castelvecchi interamente dedicato all’argomento. Ayzard esplora il tema della dominazione anche attraverso progetti teatrali e performance. Per approfondire: Ayzad.com non tiene. Arancioni? Ma chi diavolo usa mollette arancioni?» Finalmente trovò un modello di suo gusto: metallo nero, senza particolari decorazioni e con denti arrotondati. Volgendosi verso l’uomo, che non aveva perduto l’aria da cagnolino ubbidiente, aprì le dita della mano nuda e si applicò la pinza sulla pelle fra pollice e indice. «Ahi, com’è dura.» piagnucolò mordendosi il labbro ma senza per questo toglierla, «Pensa che fa male persino qui, dov’è quasi insensibile. In altri punti deve essere proprio. una tortura.» Il ragionamento venne concluso da un piccolo e sensuale sospiro quando aprì le ganasce, per ammirare brevemente il segno che avevano lasciato sulla pelle. Schwarz aveva gli occhi lucidi. «Non potresti fermarti alle mollette da bucato, amore?» la supplicò non appena lei riprese il guanto liberandogli la bocca. «Ma no, che sciocchezza! Non hai visto come sono antiestetiche? Sono così dozzinali: una tale caduta di stile! E poi,» aggiunse fissandolo negli occhi, «mi sembra di ricordare che hai ancora qualcosa da farti perdonare, vero?» dimenticheranno,» rise Schwarz. Lui abbassò immediatamente lo sguardo: «S- sì, amore.» «Quale, ‘Teer’? ‘Via dalle balle’. Una delle prime frasi che impari a lezione di danza del ventre.» «Bene. Allora diciamo che ne prendiamo. quattro? Ma no, facciamo sei, che non si sa mai. E ora andiamo a cercare i nastri adesivi.» Nella sezione dedicata agli attrezzi da giardino incontrarono due ragazzi mediorientali in abiti da muratore, intenti a caricare pesanti vasi di cemento su un grosso carrello. Il più maturo dei due fece cenno all’amico di seguirlo e si accodò alla coppia gustandosi senza pudore lo sculettare della donna mentre l’altro, visibilmente imbarazzato dalla situazione, simulava maldestramente di star cercando qualcosa nei corridoi attraversati. La processione continuò per un po’, accompagnata da un monologo in arabo dell’operaio “anziano”, interrotto solo dalle sue occasionali risatine. Dopo un paio di corsie Weiss si fermò di colpo, prese il primo oggetto a portata di mano e lo andò a consegnare al giovane: «Ragazzi, certe cose vanno fatte con buon gusto: c’è un limite a tutto. Tieni, yaakhuth!» Questi arrossì e cominciò a balbettare qualcosa, ma lei si era già parata di fronte all’altro, furente. «Teer, teer wasek!» gli urlò in faccia. I muratori sparirono a passo di corsa. «Vedrai che quando racconteranno agli amici di averti incontrata questa parte se la Permalink n. 6 Luglio 2007 «So che ‘wasek’ vuol dire ‘porco’, ma l’altra parola cos’era?» L’allegria dell’uomo si trasformò improvvisamente in sobrietà reverenziale. «Guarda, ecco i nastri,» mormorò. «È per quella specie di bozzolo, vero?» «Proprio così. Su Talons & Fouet c’era un articolo di Maîtresse Yvette che consigliava di usare l’american tape. Prova un po’ a vedere se lo trovi. Dice che tiene bene e quando lo togli non lascia colla sulla pelle.» «Sperando che sia meglio di quello che hai provato l’altra volta: sto ancora aspettando che mi ricrescano i peli sul braccio.» «Oh, povero il mio amorino depilato. Non volevo essere cattiva, giuro,» scherzò lei. «Eccolo! Quanto ne servirà?» «Tanto, ho paura. Non potevo trovarmi una che usa le corde come tutte le altre, dico?» «Se vuoi una ‘come tutte le altre’ va’ pure, caro. Però poi non tornare a cercarmi, capito? A sentirti,» disse imbronciata mentre riempiva il cestello con i rotoli di nastro grigio, «sembra quasi che a stare con me ti annoi. E dire che passo le giornate a studiare come farti divertire, che farei di tutto per tenerti con me.» Weiss gli mostrò una delle confezioni: «Tenerti stretto stretto stretto.» Lui deglutì, contemplandola adorante. 34 Le Ganga, di Roberta Galassini