Il blog magazine del network Blogo.it

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Il blog magazine del network Blogo.it
Numero 6/07
EMOTICONS
TUNICK@AMSTERDAM
TRAPANAZIONI
COMMENTA LA LIFE 2.0
Photo: theXenon @ Flickr
Il blog magazine del network Blogo.it
SOMMARIO
2007
PERMALINK 9
BADILE
Luglio
3 War
of words
Non solo la neolingua, anche le emoticon uccideranno l’Italiano
Giovanni, Eugenio
PIOPPO
Francesco
MISURE
Dario
Ci rivediamo appena
risorgiamo, dopo l’estate.
WWW.BLOGO.IT
WWW.PERMALINK.IT
4 Mobile
e virtuale
Un imprenditore del web della prima ora ci racconta il futuro del telefonino
incentrato sugli Operatori mobili virtuali
7 Scrivere
online
Un tutorial per imparare ad esprimersi con efficacia pur non restando un attimo
coi piedi per terra
10 Life
2.0
Real comment. Oltre i blog, Permalink vuole portare i commenti nella realtà
16 Io,
nudo
Reportage dall’ultima installazione di Spencer Tunick ad Amsterdam. Arte o artbiz?
20 Matite
in fuga
Intervista con l’illustratrice Marina Sagona, la delicatezza
di un’illustratrice a New York
23 Ilaria
Alpi di china
Uno dei delitti irrisolti italiani diventa un fumetto. Incontro
con lo sceneggiatore Marco Rizzo
26 Trepanation
L’antica arte di farsi un buco nel cranio, non è una leggenda urbana.
Invito alla trapanazione
Permalink è un
supplemento alla testata
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presso il Tribunale di
Milano n. 487/06.
© 2004-2007 Blogo.it,
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alcuni diritti riservati sotto
licenza Creative Commons.
29 Amsterdam
Weekly
La rubrica dei free press alla scoperta di un settimanale di cultura
e appuntamenti senza analoghi in Italia
32 Bricolage
Il racconto del mese si fonde con Retrosfera. Una storia BDSM scritta da Ayzad
che vinse primo premio al concorso di Softblog.it l’anno scorso
Permalink n. 6 Luglio 2007
NEOLOGISMI DEL MESE
di Doracalva
Emoticon
di Doracalva
el corso della
loro breve ma
espressiva vita,
le emoticon
hanno saputo
passare dalla forma primordiale
di miniaturizzata Ascii art - in
principio fu :) , il primo vagito
di uno smiley - fino a somigliare
sempre più ai brandelli di iconicità, sparsi nel fitto del testo,
che conosciamo oggi, e che
popolano ogni rigo di chat che
scriviamo o leggiamo, per quanto lavorativa o culturalmente
engagé possa essere la discussione che stiamo seguendo. O che
facciamo finta di seguire, grazie
anche alle emoticon stesse.
Di pari passo, da semplice
segno di interpunzione quasi
anti-sintattico che erano, hanno
costituito un paralinguaggio tutto loro. E sono quasi le parole,
che si pongono fra un’emoti-
con e l’altra, a fare di tanto in
tanto almeno da virgola al quel
fluire che sarebbe incessante.
Insomma, nate per illustrare
in parte il testo di un forum o
di una email, ora se ne fanno
del tutto beffe. Non più solo
sorrisi, lacrime o stupore: le
nuove emoticon più in voga, su
network di instant messaging
egemoni fra i teenager come Microsoft Msn, si animano (qui la
capostipite potrebbe essere Dancing Banana); hanno una loro
durata superiore e indipendente
rispetto al tempo di lettura del
messaggio in cui sono inserite;
e finiscono per rappresentare
vere e proprie storie. Narrazioni che spesso ci illudiamo di
personalizzare, mentre invece
oggettivizzano sempre di più
non solo il nostro linguaggio,
ma anche i nostri contenuti.
Permalink n. 6 Luglio 2007
La crisi di questo mezzo è
tutta qui: i pretesti di maggiore
rapidità espressiva, tramite le
emoticon, stanno rapidamente
venendo meno. E quello che
un tempo era amore di sintesi,
ora è soltanto nervosismo nei
confronti del nostro prossimo.
Forse, è solo un altro dei molti
modi in cui la neolingua, cui
ci siamo affezionati sempre
meno, in ognuna delle puntate
di questa rubrica sui neologismi
di Permalink, ucciderà l’Italiano. Oppure, meglio, è uno dei
primi modi in cui qualcosa di
ancora nuovo, le cui proporzioni
possiamo solo immaginare nel
profilo di una banana instancabile e fuori tempo, ucciderà
perfino la neolingua stessa.
Doracalva
Vive ancora in molti
uomini dai gusti dubbi,
che si nutrono di vecchi
ricordi e neologismi. Non
ricorda mai abbastanza
proverbi a memoria.
Ha sempre fieramente
rifiutato ogni extension.
Eppure, nel frattempo,
non godersi i loro colori sarebbe da insensibili.
SCENARI
Mobile e
Virtuale
Il telefonino 2.0 di Alessandro Morelli
di Francesco Magnocavallo
n Mobile Virtual Network
Operator (Operatore di rete
mobile virtuale)
è una compagnia che fornisce
servizio di telefonia mobile
- via wireless o cellulare - pur
non disponendo di una sua
quota di radiofrequenze atte
ad erogare il servizio, in base
ad accordi con un Mobile
Network Operator classico.
Nel mondo ci sono circa 360
MVNO. Paese come l’Olanda, la Francia, la Danimarca,
il Regno Unito, la Finlandia,
il Belgio, l’Austrialia e gli Stati Uniti ne contano il maggior
numero e i maggiori successi.
In Italia - come in Spagna,
Portogallo e Austria - com-
pagnie di MVNO stanno entrando solo ora sul mercato.
Come quella di Alessandro
Morelli, un imprenditore del
primo web che ci racconterà
cosa sta per accadere ai nostri
amati cellulari, nell’arco di
cinque anni. Parola d’ordine:
proprio il MVNO, e rivolgersi a quei mercati di nicchia
che le Telecom nostrane si
ostinano a contrastare.
Presentati in breve
per i nostri lettori
Mi chiamo Alessandro
Morelli, ho quasi 36 anni
e soprattutto una figlia,
Caterina, di pochi giorni. Da
sempre appassionatissimo di
ICT. Ho cominciato giocando con il Commodore sotto
l’albero di Natale nel 1983.
Durante il periodo universitario ho lavorato come consulente IT e dopo la laurea
mi sono trasferito in UK
con l’obiettivo di capire cosa
fossero le TLC, in un mercato
liberalizzato già nel 1997.
Grazie a questa esperienza,
al rientro in Italia ho lanciato due iniziative nel settore
nascente di internet (1998):
Tariffe.it e Gullivertown.com.
Gullivertown è nato da un
fortunato incontro con un
imprenditore attivo nel
settore dei libri “remainder”.
Erano i tempi di Amazon,
del primo classico prodotto di vendita online, che
abbiamo riproposto col
modello del 50% di sconto su internet. Stiamo per
raggiungere i 10 anni di vita.
Parallelamente, ricordiamolo,
nel 1998 c’è stata la liberalizzazione delle Telecom
italiane. Proprio in questo
ambito è nato il progetto
Tariffe.it, che si prefiggeva di dare un supporto
alla domanda ricorrente in
quegli anni: qual’è la tariffa
migliore per telefonare?
Permalink n. 6 Luglio 2007
Francesco
Magnocavallo
Ha ormai più collaboratori
che discipline in cui
versarsi, e non sono
poche queste ultime né i
primi. È sempre disposto
a chat su Skype di
ispirazione situazionista.
Scoprire i travestimenti di
blogger molto quotati in
classifiche normalizzate
sui valori di massimo lo
eccita.
Stickering
L’immagine di un cellulare
su un bancone di bar può
farvi sentire meno soli
e più ubriachi, alle volte
(angerman @ flickr)
SCENARI MVNO
Sonopia, l’MNVO oggi
Se le idee di Alessandro
Morelli, potenzialmente,
possono cambiare il modo
degli italiani di comunicare per mezzo di telefonia
mobile, network come
Sonopia già realizzano,
soprattutto per il mercato
Usa, qualcosa di simile.
Ecco la descrizione della
mission di Sonopia dal sito
ufficiale: “Sonopia propone a ogni organizzazione,
gruppo o club l’opportunità
di creare un proprio network
di comunicazione mobile
personalizzato, insieme
a una web community.”
Marchi leader, organizzazioni
no-profit, circoli ambientalisti stanno già usando i
servizi di questa società,
che ha due sedi: in California e in Ucraina. E perfino
piccole squadre di baseball
non rinunciano alla scheda
Sim personalizzata con i loro
colori e i loro contenuti.
In paricolare, il mobile
blogging è il servizio a più
alto tasso di innovazione.
La cosa più interessante è
che una piccola parte delle
bollette e degli incassi di
Sonopia può ritornare all’organizzazione cui il network
è dedicato, con particolari
condizioni per quelle che
hanno scopi benefici.
E dopo dieci anni, ora
c’è la deregulation nella telefonia mobile.
Infatti, arrivando ai nostri giorni, sto rivivendo la stesso “film”.
In particolare il 1997 ha visto
nascere in UK il modello di
operatore mobile virtuale grazie
all’entrata in campo di Virgin
Mobile. L’MVNO possiamo
definirlo una società che compra
all’ingrosso capacità di rete
(voce, dati, SMS) e distribuisce
sul suo mercato di riferimento.
Oggi, 2007, finalmente,
possono nascere nuovi
attori e servizi, un po’ come
gli operatori del fisso che
comperano all’ingrosso
e vendono al dettaglio.
Rispetto a quanto è già
avvenuto nel fisso, dove
l’unica variabile è il prezzo,
nel mobile invece ci sono
ancora tante nicchie e
applicazioni non esplorate.
Pensa alla localizzazione,
ai servizi di instant messaging, servizi di presenza, in
generale tutti quei servizi
web based e social 2.0 che già
viviamo attarverso un computer (fisso) ma ora è possibile
viverle in libertà e mobilità.
Mi dicevano di uno dei grandi
MVNO italiani, che ha tutto
in outsourcing: rimane solo
un discorso di brand, che gli
permette addirittura di sfruttare la fiducia dei clienti per
vendere gli stessi servizi di
telefonia mobile a prezzi più
alti degli operatori tradizionali.
Ma il valore effettivo di questa
scheda rebranded qual’è?
Ci sono due aspetti da vedere:
il marketing è il primo. Se una
società riesce a “markettare” a
prezzo più alto del suo fornitore
lo stesso prodotto, non lo considero una distorsione, anzi complimenti al marketing manager!
Dal lato di prodotto, invece,
offrire sempre e solo servizi
“voce/SMS” lo considero non
avere coraggio di innovare, e
per questo arrivo a dire che
non fa bene alla crescita della
nostra società in senso lato.
Si sa come vanno le cose in Italia? Quali servizi esistono, quali
funzionano, quali vuole il cliente? Manca un tariffario controllato per il costo del traffico
voce. Si fa un vestitino nuovo
Permalink n. 6 Luglio 2007
Du gust
per la scheda SIM ma non c’è
un vero operatore virtuale.
Alessandro Morelli fissa
l’obiettivo, ma non
dimentica Tahiti
Nella teoria, non dovrebbero
esistere ingerenze del “grossista”
dopo il momento della vendita,
ma in realtà ci sono accordi per
non “disturbare” il proprio fornitore all’ingrosso. BT ha un’intesa per non “attaccare” subito
gli attuali clienti Vodafone, che
le fornisce il servizio all’ingrosso.
In questo ambito è risaputo
quanto Filippetti, Amministratore Delegato di Tele2 stia lottando per trovare un fornitore di
traffico all’ingrosso, ma che oltre
a non porre limiti al business,
abbia anche tariffe competitive.
Ad ogni modo, siamo solo alle
prime battute di questa rivoluzione del mobile italiano.
Il modello di business dell’MVNO se non per legge, si
svilupperà per una semplice
regola di mercato: raggiungere
le nicchie che i grandi operatori
non possono raggiungere per
motivi di struttura dei costi.
Cosa pensi che saranno i
servizi delle nuove SIM
MVNO, all’estero cosa c’è?
I servizi Voce sono solo l’inizio, il mercato VAS (Servizi
a Valore Aggiunto) esiste.
SCENARI MVNO
Si deve lasciare a strutture piccole, snelle con le idee chiare, che
non targhettano il mass market,
ma come dicevo le nicchie.
Pensiamo a quello che il Blackberry sta facendo nel mercato
business. Se chiedi ad una
persona che cosa ha in mano
ti risponde “un Blackberry”,
non una SIM TIM/Vodafone
con il servizio di mail push!
Questo nel settore business. Nel
settore consumer si sta assistendo ad una richiesta di servizi
di presenza e di messaging.
Pensa ad un mix di MSN+S
kype+Twitter+Blog+RSS.
Il mercato ha costi che aumentano con la profondità, non
ha struttura definita, costi e
mentalità. Nel caso del mobile,
vuol dire che qualcuno inizierà
a specializzarsi per offrire tariffe
e servizi migliori solamente
ad una parte dei 65 milioni di
italiani. All’estero arriviamo
all’assurdo dell’Olanda, dove ad
una popolazione equivalente alla
Lombardia, corrispondono circa
40 operatori di telefonia mobile.
In quella nazione esistono operatori specializzati in ogni etnia,
e in Olanda ce ne sono tante.
cercherà di starci dietro, ma non
riusciranno a seguire nicchie
troppo piccole - ad esempio i
blogger sono solo 300 mila in
Italia, saranno sempre pochi
rispetto ai milioni di utenti
interessanti per un grande
operatore, ma rappresentano un
gruppo con esigenze di servizio definite e specialistiche.
Pensavo ieri per ridere ad un
operatore virtuale per i musulmani, che hanno un codice
di comportamento stretto e
molto particolare per i trasferimenti finanziari, che ne dici?
Hai perfettamente azzeccato il punto.
Pensa che un operatore satellitare (Thuraya) offre per le
persone musulmane un servizio
di alert per i momenti preghiera, con indicazione automatica
della Mecca, ovunque tu sia.
Cosa ne pensi dei servizi di
pagamento via mobile.
È una nicchia interessantissima.
Purtroppo il tutto in Italia è
monitorato dalla CONSOB,
che vieta di usare i servizi
premium (sovrapprezzo) per
comprare un servizio che
non sia legato al cellulare.
In Gran Bretagna invece esiste
una fascia di numeri premium
usati come borsellino elettronico. Chiami un numero stampato sulla macchinetta e paghi
così la Coca Cola o lo snack,
da qualsiasi SIM. Normativamente il credito telefonico è
slegato dalla funzione telefonica,
e può quindi essere speso per
qualsiasi prodotto o servizio.
Che programmi hai nel futuro?
Insieme ad alcuni amici stiamo
per lanciare un laboratorio tutto
italiano. L’idea è di costruire
insieme a chi e’ appassionato di
vita digitale un servizio mobile
dedicato. Su Mvno.it lanceremo
nei prossimi giorni il nostro
blog e chiederemo attivamente
ai visitatori di aiutarci a costruire l’operatore mobile ideale.
Un operatore specializzato
nell’etnia turca in Germania,
offre un servizio customizzato completamente: dai menu
alla musica e ai wallpaper, le
tariffe stesse con la Turchia sono
agevolate. Si tratta di accordi
all’ingrosso, sulla base dei quali
l’operatore virtuale costruisce
pacchetti di servizi targettizzati
per un segmento del pubblico.
Gli operatori classici finiranno per fare solo i carrier puri,
l’infrastruttura sarà di pochi
perchè costosa da mantenere.
La tendenza del consumatore
invece è quella di specializzarsi:
il marketing delle grandi aziende
New modernariato
Cellulari d’epoca in un
mercatino di Helsinki
(gruntzooki @ flickr)
Permalink n. 6 Luglio 2007
FARE MEDIA
Scrivere
Online
Come esprimersi con efficacia pur non
restando un attimo coi piedi per terra
di Giovanni de Stefano
n fondo, l’arte
del blogger sta
nell’equilibrio
fra una certa
forza e il suo
lato oscuro, come in Star Wars.
Fin dalla loro preistoria - vale
a dire: le iscrizioni rupestri a
matita sul banco di scuola,
soprattutto se con commenti
aperti - i blog sono il modo
apparentemente più facile
per scrivere male sul web.
Se la forza del blogger, come
vedremo nel corso di questo
brevissimo decalogo ideale sul
tema della scrittura online,
è il linkare, non usare correttamente questa forza, può
spingere facilemente
verso un lato oscuro
che si chiama molestia comunicazionale.
le del vostro blog. L’aggettivazione di massa vi appaia come
una peste che si manifesti in
bubboni tutti sinonimi fra
loro. (Avrete già notato, probabilmente, che questo punto
del decalogo non parrebbe
essere in vigore anche per chi
scriva tutorial sul web writing).
Considerate il suono e la vista
della vostra prolissità come
una goffa parodia - alla: “ciao,
magre!” - della buona comunicazione online. Sentitevi
sporchi se esagerate, e mai
troppo puliti se state facendo bene, troppo presto.
Quanto di meglio abbiamo
trovato online sulla cura
della verbosità, è qui.
Interpunzione
✒ La punteggiatura (vostra
amica d’infanzia) non è, per
quanto possa sembrarvi, dalla
prospettiva in cui alcuni di noi
la vedono, roba da pivelli. Fate
conto che esista. Non abbiate
il coraggio di farne a meno,
come in uno di quei momenti altamente formativi tipo
quando si regala un vecchio
giocattolo adorato alla figlia
di un mezzadro meritevole.
Non considerate una piccola
rivoluzione linguistica - che
annuncerete proprio voi, in un
manifesto poetico di almeno
una cartella senza un virgola
- la libertà che lascereste a
Giovanni de Stefano
Aspirante a una vita
semimonastica, ha tentato
di rifuggire le tentazioni
del secolo fuggendo dalla
corrotta capitale per il
suo buen retiro salentino.
Inutile: mente lo spirito si
elevava in azzurri sbuffi
di Latakia, l’Amore ha
scardinato le porte del suo
cenobio.
Verbosità
✒ Non siate soprattutto una cosa: verbosi. Non dovrete far
altro che i parolai, se
vorrete farvi cogliere
in odore di realizzare
una versione scritta e
online dell’alitosi.Fra
i contrari di “verboso”
dal Pittano Zanichelli, non dico “tacitiano”, ma quantomeno
“asciutto” dovrà dovrà
essere la tagline mora-
Way of life
Non è mai troppo
presto per prendere
dimestichezza con la
scrittura
(belowthe49th@Flickr)
Permalink n. 6 Luglio 2007
FARE MEDIA SCRIVERE ONLINE
Parole chiave
Non tutti gli argomenti
riceveranno la stessa
attenzione di pubblico sul
vostro blog
ciascun lettore, in cuor suo, di
farsi un’idea propria della punteggiatura che avreste potuto
utilizzare in un vostro post,
come se questa fosse una nuova
frontiera del giornalismo partecipato nell’epoca del web 2.0.
Autoreferenzialità
✒ Siate autoreferenziali il
giusto, e informativi quanto
NON basta. Ci sono sottili linee rosa, troppo spesso
infrante, fra un buon registro
colloquiale - nei confronti
del lettore - e quello delle
nascite del nostro comune
di origine. La maggior parte
dei vostri potenziali utenti
in senso stretto (cioè chi - ci
si augura - non vi è parente
né ex-compagna di catechismo) non vorrà sapere cosa vi
siete fatti sfuggire ai saldi. Per
tutto il resto c’è Facebook.
Perché “informativi quanto
non basta”? Perché il vostro
lettore in senso lato non vorrà
mai sapere più di quello che
sapete voi, con l’eccezione della vostra eccezionale
opinione in materia, se sta
cercando di capirne qual-
cosa in un blog. Per tutto
il resto, come vedremo due
punti sotto, ci sono i link.
Sintassi,
mon amour
✒ Per quanto stretto debba essere il rapporto, nei nostri amati
periodi, fra i predicati e i loro
soggetti - e noi abbiamo davvero
bisogno che lo sia - cerchiamo
pure di non tralasciare mai
una certa “variatio”, a livello di
sintassi. Molte bellezze, si sa, si
formano per analogia. Ma tante
altre, nascono per contrasto.
Cosa c’è di più bello di un nome
proprio di persona che compie
un’azione al presente congiuntivo, se quell’azione costituisce la
protasi di un autentico periodo
ipotetico? Ma, pure, quale post
sfonderebbe su Technorati se
fosse composto di soli sette,
otto periodi semplici o, peggio
ancora, di un solo unico monociliare bisonte logico? Sappiate
sorprendere i lettori, ma solo
quando più se lo aspettano.
Linkare
✒ Per quanto strano o poco
interessante possa sembrare a
vostra nonna, esprimersi per
Permalink n. 6 Luglio 2007
link è qualcosa di insospettabilmente naturale. Anzi, è la
comunicazione giornalistica
tradizionale ad essere in debito
con quelle caratteristiche della
mente umana che ci portano a
conquiste come il simbolismo
in pittura, la schizofrenia in psichiatria e Jessica Alba nella vostra stanza, se solo lo desiderate.
Siate, dunque, il meno lineari
possibile. Il link è una forza
non violenta, socratica, quasi
all’italiana, quando sa di non
sapere e prende il volo, fantasticando. Dimenticatevi dello
spazio in cui scrivete, perché
non esiste, se a un click su
un’icona a forma di catenella,
potrete legare una volta o tutta
la vita (come con un lucchetto
di Ponte Milvio epistemologico e solo apparentemente più
sfigato) la vostra idea appena
concettualizzata in una parola, a
un’altra idea, di un’altra persona,
dall’altra parte del mondo o di
quel ponte che gli esperti del
settore chiamano ipertestualità.
Fate capire alla pagina bianca
che il vostro word processor
simula, in che epoca ha tentato
FARE MEDIA SCRIVERE ONLINE
di essere un foglio di carta.
Come dice Luisa Carrada nel
suo fondamentale sito sulla
scrittura creativa “Il mestiere di
scrivere”: ”Senza link non c’è
ipertesto […] non c’è sorpresa
[…] non “succede” niente”.
Titolare
✒ Il titolo di un post, molto
spesso, finisce per essere più
importante del post stesso.
Almeno, quando non sono più
importanti le categorie in cui
lo inseriamo o le tag di cui lo
dotiamo. E questo, non solo
perché le parole contenute
nel titolo godranno sempre
di un altro tipo di visibilità,
rispetto al corpo di un testo,
nei motori di ricerca come
nella nostra attenzione.
Secondo Jakob Nielsen, guru
dell’usabilità dei siti web,
bisogna evitare titoli eccessivamente creativi, se poi si finisce
per richiedere troppo sforzo al
proprio lettore, per scegliere se
leggere o no il post sottostante.
Inutile dire che, nella maggior
parte dei casi, nel dubbio,
sceglierà di non leggere. Semplici e informativi sia il vostro
motto: con una strizzatina
d’occhio a Google, se vi pare,
che non fa mai male. Parole
chiave, parole chiave, parole
chiave, fino allo sfinimento.
Il lettore c’est moi
✒ Neo-testamentariamente,
non fate agli altri quello che
non vorreste fosse fatto a voi.
Nella fattispecie: fingete pure,
spesso e volentieri, di essere
voi il lettore del vostro blog.
Naturalmente, non solo dal
punto di vista della grafica e
dell’usabilità in senso stretto.
Ma da quello dei contenuti.
Poco importa se avrete impara-
Reazioni
Esiste una vera alternativa
alla scrittura online? C’è
chi crede di sì.
(autumn fawn @ Flickr)
to, alla Kandinskij, a collegare
i colori delle vostre grafiche
ai sentimenti che desiderate
suscitare nel vostro lettore, se
poi sarete voi i primi a distrarvi
dal contenuto, volontariamente
o meno, a seconda che sia stato
l’eccesso di interesse nell’aspetto a fuorviare o le stesse mancanze del testo in questione.
Anche qui, la parola d’ordine è
equilibrio fra forma e funzione. Che spesso, non vuol
dire altro che: semplicità.
Immagini
✒ Per quanto un testo possa
essere evocativo di immagini,
è sempre un testo. Ma provate
ad accoppiarlo con la giusta
foto (e, soprattutto, a dare un
nome azzeccato al file della
foto che uploadate o linkate) e vedrete che, ben presto,
non sarà più quella foto ad
illustrare un concetto, ma
le due parti diverranno due
mani che si lavano a vicenda.
Il successo chiavi
in mano
✒ La vostra popolarità - parrà
strano - può aumentare.
Potreste parlare per semestri
di quanto vi piaccia il tabac-
Permalink n. 6 Luglio 2007
co Balkan Sobranie da pipa,
senza che possiate pensare di
raggiungere la metà dei lettori
che vi procurerebbe un solo
paio di post ben assestati e
soprattutto ben citati o linkati
dagli altri blogger (leggasi: da
altri blogger che contano). Una
volta partiti, fate moltissima
più attenzione alle chiavi di
ricerca Google tramite cui si
accede al vostro blog, di quanto
certi esiti comici delle stesse.
Happy ending
✒ Dunque, provate a pensare non solo con la vostra
testa, non solo con quella
ipotetica del vostro lettore
medio, ma con quella, virtuale
ma concretissima, in soldoni, dei motori di ricerca.
Sappiate farvi valorizzare
dalla giusta dose di pubblicità, all’occorrenza, ma non
svendete il vostro utente con
un eccesso di banner che, pure,
penalizzeranno soprattutto voi.
Sui blog, siate soltanto voi
stessi, o la migliore versione
di voi che riuscite ad esprimere con un portatile sulle
ginocchia e una giornata di
sole fuori dalla finestra.
OFFLINE
Life, 2.0
BETA
Per un mondo
a misura di commento
poi sul web
comparvero i
commenti, e fra
uomini e form
fu subito amore.
le notifiche. Per ora, se volete
sapere se qualcuno ha risposto
al vostro commento vi tocca
andare fisicamente sul posto.
Da allora, scrivere le proprie
opinioni sui blog e in giro per
la rete e diventata l’attività
principale per milioni di persone riluttanti al lavoro in ufficio.
I commenti sono uno strumento dai mille usi, un tonificante
della libertà d’espressione, un
acceleratore di discussioni, sono
come un piccolo media uno-amolti a disposizione di tutti.
Indietro non si torna. E allora
perché non andare avanti?
Permalink questo mese vi propone di estendere il fascino del
commento dal virtuale al reale.
Come potete intuire è abbastanza facile: basta stampare
i commenti e cominciare
a diffondere i propri pensieri nella realtà fisica.
Saranno sufficienti una
stampante, un po’ di
scotch e un pennarello.
Meteo
Per rompere il ghiaccio, il discorso
va a parare sempre sul tempo. Una
regola che vale anche per il real
comment
Problemi tecnici non ne abbiamo registrati durante queste
prove, se non l’impossibilità di
avere uno strumento RSS per
Permalink n. 6 Luglio 2007
10
OFFLINE COMMENTI
Sarah e Agata
Commentare i propri
amici non ha prezzo. Fra
tutte le applicazioni del
real comment, forse la
più perfettamente inutile.
Vintage
Non godendo del budget per
affrontare una collezione tanto
valida, il potere del commento
vale come sfogo in questo caso.
Permalink n. 6 Luglio 2007
11
OFFLINE COMMENTI
Catena alimentare
Ecco il volto politico del real comment.
Nessun infimo ristorante resterà impunito,
nessun Sultano o Wok to Walk non riceverà il
complimento che merita.
Leggere
Lasciare commenti in libreria, fra le
pagine dei propri libri preferiti. Tributi
d’amore a cavallo fra la street art e la
bookshop art.
Permalink n. 6 Luglio 2007
12
OFFLINE COMMENTI
Tutto scorre
Fissare un momento
particolarmente propizio. Nello
specifico non è servito a nulla e Alex
ha perso anche questa volta.
Scimmie albine
Spam
In questo caso è la scimmia albina
a mettere il proprio commento
sul mondo. Sono momenti che
non capitano spesso. Vale la pena
immortalare.
Gli spammer sono sempre i primi
a raccogliere le idee migliori. E la
propecia funziona davvero, parola
di Amir.
Permalink n. 6 Luglio 2007
13
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ARTE
Io, nudo
A chiappe al vento si può capire meglio
l’arte? Reportage dall’ultima installazione
di Spencer Tunick
di Eugenio Orsi
Come potete immaginare,
trovarsi al terzo piano di
un parcheggio, porgendo
le chiappe ad Amsterdam
ventosa ed i suoi canali, è una
condizione che favorisce il
formarsi di alcune domande.
Mi giro di 180 gradi e alzo
un braccio, seguendo diligentemente le facili istruzioni impartite da Tunick.
Per una volta, la domanda se
qualcosa è “veramente” arte o
no, ha per me un senso e un
urgenza concreta. O meglio, mi
chiedo: sto davvero prestando
il servizio del mio corpo nudo,
vulnerabile e infreddolito per
qualcosa di autenticamente
bello? O sono nel mezzo di
un’ennesima trappola dell’arte contemporanea?
Come proverò a sostenere, ci sono validi argomenti
validi per entrambe le tesi.
***
Mezz’ora fa ero all’interno del
parcheggio insieme alle altre
2000 persone ancora vestite,
che aspettavano nella parte
interna del parcheggio. Mentre
l’organizzazione faceva il suo
corso con nordica efficienza,
osservavo e intervistavo la
gente. L’età media dei partecipanti sarà stata intorno ai 30
anni, leggera prevalenza degli
uomini sulle donne, completa
Eugenio Orsi
L’incontro con Tunick è
stato una via di Damasco.
Solo, ad Amsterdam.
Con tutte le conseguenze
del caso. Dopo averne
constatato gli effetti sulle
masse, apostolicamente,
si interroga difatti sul
prezzo dei megafoni di
livello.
ph: idros@flickr
otte, alba quasi
fatta, sono nudo
in un parcheggio. Dall’altra
parte della strada
Spencer Tunick dà indicazioni
con il megafono ad altre 2000
persone altrettanto nude, e
scatta fotografie. Un paio di
ore prima, alla fine di un breve
briefing, Spencer Tunick ringraziava le suddette 2000 persone,
ancora vestite, perché stavano
per prendere parte a questo
«meraviglioso pezzo d’arte».
Permalink n. 6 Luglio 2007
16
ARTE SPENCER TUNICK
Vi imbarazza l’idea
di spogliarvi?
«No per ora no. Forse al mio
ragazzo di più che a me».
Waitin’for
In attesa che il megafono
di Spencer performi il
fatidico invito a liberarsi di
vestiti e pregiudizi
Risata.
Come avete deciso di venire?, chiedo ad un altra
coppia di mezza età.
«Anche io sono fotografo e
lavoro con il nudo, quindi è
naturale che mi interessi».
Come avete deciso di venire?, chiedo ancora ad
un gruppo di stranieri.
assenza di teenager e bambini.
Un banchetto in un angolo
vendeva poster e una maglietta
commemorativa dell’evento, che gettava un’ombra di
merchandising da concerto
rock nell’installazione. Per il
resto l’atmosfera dominante
era quella dell’attesa paziente,
sedeva per terra chiacchierando e mangiando un panino.
Come avete deciso di venire?, chiedo ad una
coppia sorridente.
«Ci piaceva l’idea di partecipare a questo evento.
La sensazione che qualcosa di non
comune stia accadendo in effetti c’ è
un po’ come quando al porto
si aspetta la nave. La gente
Abbiamo scoperto Tunick
vedendo un documentario in
televisione e ci è piaciuto».
«È la quinta volta che partecipo
a queste installazioni - mi dice
una ragazza, anche lei artista - è
una cosa che mi piace tantissimo, ha a che fare con la libertà,
l’amore […]» A questo punto
non afferro il continuo della
frase, ma credo che introducesse concetti di “energia” e altre
parole chiave che mi riportano
per un istante negli anni ‘60.
A questo proposito va sottolineato che in diverse interviste
Tunick difende il suo lavoro
tenendo a distanza qualsiasi
cosa vagamente in odore di
perline e fiori, ma in realtà è
innegabile che susciti consensi
negli ambienti post-hippy.
Ripropongo la stessa do-
Permalink n. 6 Luglio 2007
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ARTE SPENCER TUNICK
manda ad un’altra coppia.
«Siamo qui per divertimento. Come dire, è una di
quelle cose che una volta
nella vita vanno fatte».
Quest’ultimo sembra un movente che sembra importante
per molti: la curiosità, pura e
genuinamente fine a se stessa.
Ma, forse, l’elemento saliente è
un altro ancora, e forse ricorda i
famosi 15 minuti di popolarità
warholiani. Che in questo caso
sono divisi per 2000, certo,
ma l’idea di portare il proprio
sè come parte questo primo
attore, sebbene corale, ha un
peso che non va sottovalutato.
Torniamo quindi alla domanda principale: sto mostrando
il mio culo alla Reuters - che
lo manderà sulle pagine del
New York Times - o sono parte
di un qualcosa che trascende il banale funzionamento
della macchina mediatica?
Tunick lavora ai suoi “nudi di
massa”, come vengono comunemente definiti, da oltre 10
anni. Scorrendo l’archivio del
suo lavoro vi sfiorerà senz’altro
l’idea che qui c’è qualcosa che
si ripete, una formula affrontata da ogni possibile punto
di vista con un risultato finale
invariato. Volendo demolire
Tunick in una frase: l’arte di
Tunick non è che un fenomeno
sociale, sopravvive in quanto
evento, cresce grazie all’interesse commerciale dei media.
Da questo punto di vista
Tunick puzza di vecchio, per
non dire peggio. Falso ragazzone dai modi timidi e dalla
parlata popolare, vero furbone,
cinico artista superstar in un
mondo dove non conta cosa
fai, ma in quanti lo vedono.
Eppure io sono qui accanto a
centinaia di corpi nudi, che si
perdono a vista d’occhio. La
sensazione che qualcosa di non
comune stia accadendo c’è. Il
rapporto fra i corpi e la struttura architettonica, fra organico
e inorganico, apre innumerevoli finestre di suggestioni. La
prima è personale e può essere
sentita solo da chi partecipa
all’installazione. Mi viene da
dire “umanesimo”, amore e
interesse per l’umanità. Una
certa sensazione accentuata di
appartenenza al genere umano
è innegabile. Tolti i vestiti,
crollano i codici, non fa più
differenza nulla, l’orizzontalità
e la reciprocità è tale che sì,
Fatto apposta per me
Una giovane volontaria (la
seconda da destra) colta
in un particolare momento
di impazienza
Se lo scopo della sua arte è quello di
celebrare l’umanità, non può continuare
a celebrarla solo sui suoli comodi e chic
delle metropoli globalizzate
Permalink n. 6 Luglio 2007
18
ARTE SPENCER TUNICK
si prova un sentimento favorevole, indistinto e universale
nei confronti dell’altro da sé.
Volendo ci sarebbe anche un
aspetto più spicciolo relativo ai
tanto discussi standard estetici
propinati dai media con una
forza al limite del dittatoriale.
Con l’eleganza di un fatto della
Natura, qui le differenze fra i
corpi, i difetti quindi, hanno
il valore di creare differenza
nell’uguaglianza, varietà e
quindi bellezza. Ogni forma,
ogni colore, ogni rotondità,
come ogni flaccidità, il sodo
e il grinzoso, tutto concorre
a restituire l’immagine globale della specie umana.
E poi, evidentemente, il tema
del rapporto fra l’uomo che
crea per se stesso un architettura e un mondo artificiale così
diverso dalla propria essenza
e via discorrendo. Non mi
soffermo su questo punto non
perché poco interessante, ma
perché ognuno può trarre le
proprie conclusioni semplicemente guardando le fotografie.
Insomma mi sembra chiaro
a questo punto come non sia
facile dare un valore all’arte di
Tunick. Tunick potrà andare
avanti ancora a lungo in questo
modo e sempre più gente
lo conoscerà etichettandolo
semplicemente come quello
che fotografa tanta gente nuda.
Oppure potrebbe rinnovarsi
magari mantenendo questa
formula ma portandola su
terreni diversi. Ad esempio mi
piacerebbe un tour di Tunick
in Medio Oriente, o in Africa.
Se lo scopo della sua arte è
quello di celebrare l’umanità,
non può continuare a celebrarla
solo sui suoli comodi e chic
delle metropoli globalizzate.
Dura lex
Spencer posa con
alcuni tutori della
legge, ironizzando sulle
difficoltà con cui potranno
sostenere, davanti
all’ingorgo che si formerà
di lì a poco che: “non
c’è niente da guardare.
Circolare!”
Permalink n. 6 Luglio 2007
19
ILLUSTRAZIONE
Marina
Sagona
La matita in fuga
di un’italiana a New York
di Edoardo de Cicco
are che in Italia
i cervelli siano
talmente in
fuga che non
fuggono più
soltanto dalla ricerca scientifica o tecnologica, ma perfino
dall’insospettabile mondo
dell’arte e dell’illustrazione.
Di tanto in tanto torna a qualche commissione italiana, come
nel caso delle locandine per la
stagione 2006-2007 dei teatri
Argentina e India di Roma.
Nel tempo ha consolidato una
modalità espressiva ben rico-
noscibile in cui i personaggi e
gli oggetti, disegnati con tratto
elegante, sembrano fluttuare
liberamente nei vivaci sfondi
fauves. Il maggior pregio dei suoi
lavori sta proprio nell’eloquenza,
nella capacità di rappresentare
in maniera chiara, direi miniEdoardo de Cicco
Marina Sagona, romana, illustratrice dal 1989, ne è prova.
Nel 1995 ha deciso di lasciare
la scena italiana, trasferendosi
all’aria fresca di New York.
Dove finisca il giornalista e
inizi il vernissage nessuno
lo sa. Universitario per
hobby, gallery animal per
professione. Lo trovate
ogni giorno su Artsblog.it
sotto il falso palindromo
Odraode.
Dopo un inizio difficile, nel
1997 Marina non si è lasciata sfuggire la grande opportunità di disegnare una
copertina della Book Review
del New York Times.
Da lì è iniziata un’ascesa che in
breve l’ha portata ad essere una
delle illustratrici più apprezzate sulla scena newyorkese,
e a ricevere commissioni da
brand importanti come Walt
Disney, Swatch, Mackintosh,
United Airlines, o da pubblicazioni come il New Yorker
e il Los Angeles Time.
Ha illustrato alcuni libri per
ragazzi, tra cui il bellissimo
Frida Kahlo del 2006, edizioni EL, e NO. Anna e il cibo,
2006, Orecchio Acerbo, del
quale è anche autrice del testo.
Italia
Locandina per il Teatro
Argentina di Roma
Permalink n. 6 Luglio 2007
20
ILLUSTRAZIONE MARINA SAGONA
malista, senza rinunciare però
al gusto per un segno ricco.
Che tipo di formazione è stata la tua?
Ho frequentato una scuola di
illustrazione a Roma, ma mi
considero un’autodidatta.
Raccontaci come hai fatto a
diventare una tra le illustratrici
più richieste di New York.
Nel febbraio del 1997 Steven
Heller, l’art director del Book
Review del NY Times, mi ha
offerto di farne la copertina
e mi ha dato la possibilità di
avere una grande visibilità.
Subito dopo ho iniziato a
lavorare per il New Yorker.
Quali sono le principali tecniche, materiali, software che usi?
Uso sempre la gouache su
carta e a volte ritocco i disegni in Photoshop.
Nelle tue illustrazioni mi
sembra di notare dei riferimenti a certi quadri di
Matisse, Dufy e Van Dogen.
Confermi questa impressione? Quali sono eventuali altri
maestri da non dimenticare?
Quando sono arrivata a NY ho
scoperto il minimalismo di Ellsworth Kelly e Donald Judd e ho
visto una indimenticabile mostra
di Bonnard. La sua pittura e i
suoi colori mi sono rimasti negli
occhi. Mi piace molto anche
Rothko che per me è il corrispettivo astratto di Bonnard, e tra
gli illustratori Saul Steinberg.
Hai illustrato vari libri per
bambini, come imposti il tuo
lavoro quando sai che è destina-
Permalink n. 6 Luglio 2007
Germania
La grande coreografa Pina
Bausch secondo Marina
Sagona.
21
ILLUSTRAZIONE MARINA SAGONA
to ad occhi così attenti e curiosi?
tente non la pensa come te?
Raccontare una storia per immagini è molto simile al lavoro
di un regista che gira un film o
monta uno spettacolo teatrale
con la sua troupe.
Ciò che è interessante nel fare
un libro, per bambini o no, è
È un tiro alla fune, conta non
solo la forza delle proprie idee
ma anche la passione nel saperle
trasmettere all’altro. E non di
rado accade che mi renda conto
che la committenza ha ragione.
ll lavoro a cui sei più
affezionata?
È sempre il mio ultimo, in
questo caso i disegni che sto preparando per la mostra di ottobre
a Palermo.
E poi il libro NO, la storia di
una bambina che non mangia e
di sua madre.
È una storia autobiografica che
ha avuto per me una funzione terapeutica ed è servita ad
esorcizzare l’esperienza dell’anoressia infantile di mia figlia.
Un progetto a cui pensi sempre
e che finora non hai realizzato?
Lavorare in teatro e fare scene e costumi per un’opera.
Blog, siti, riviste imprescindibili?
La rubrica di Maira Kalman
“Principles of Uncertainty” sul NY
Times on line, e The New Yorker.
Parlaci della tua prossima
mostra,”Mito e Intimità” che
inizierà il 2 ottobre a Palermo.
il privilegio di ricoprire il ruolo
del regista, dell’attore e dello
scenografo al tempo stesso e
la libertà di tempi lunghi.
Le idee di un illustratore,
come quelle di un architetto,
sono più vincolate dal giudizio
della committenza rispetto,
per esempio, a quelle di un
pittore. Cosa fai se il commit-
Uno o più consigli che ti
senti di dare ad un giovane illustratore?
Essere curiosi, lavorare tutti
i giorni e poi, come diceva
Calvino, imparare le poesie
a memoria, fare i calcoli a
mente, e ricordarsi che tutto
ciò che abbiamo è effimero.
Permalink n. 6 Luglio 2007
È un’autobiografia per immagini, raccontata attraverso le donne
della mia vita. Sarà composta da
trenta ritratti di figure femminili
alcune delle quali appartengono
al mito, sono cioé figure letterarie o immaginarie, e altre che
appartengono all’intimità, alla
mia vita privata e affettiva.
Inizia con mia madre e finisce
con Antonietta Raphael passando per Edith Piaf e Ray Eames.
Ogni disegno è accompagnato
da una frase o a volte solo da una
libera associazione di idee. La
mostra è curata da Lea Mattarella e aprirà il 2 ottobre alla
galleria Le Nuvole di Palermo.
Messico
Un omaggio da donna a
Frida Kahlo
22
FUMETTI
Ilaria
Alpi
se fosse fumetto
Uno dei delitti irrisolti italiani diventa
un fumetto. Incontro con lo sceneggiatore
Marco Rizzo
di Marcello Durante
Era il 20 marzo 1994 quando
a Mogadiscio veniva assassinata la giornalista Ilaria Alpi
a colpi di kalashnikov. Dopo
quasi quindici anni il caso è
ancora un mistero, una ferita
aperta della storia d’Italia.
E oggi, il fitto intreccio che
sovrappone il traffico d’armi
e rifiuti tossici con sospetti
coinvolgimenti delle istituzioni
italiane stanno per diventare
un fumetto (uscita prevista per
settembre 2007). L’operazione
è a cura di Becco Giallo, casa
editrice specializzata in fumetti
ad alto contenuto storico, informativo e sociale (fra gli altri
ricordiamo Garduno, In tempo
di pace Brancaccio, storie di mafia quotidiana, Sequestro Moro,
storie dagli anni di piombo). La
sceneggiatura è ora in mano a
Marco Rizzo, sceneggiatore e
fondatore del più importante
portale di fumetti italiano, Comicus.it. Il disegni invece sono
in carico a Francesco Ripoli,
alla sua prima pubblicazione.
Abbiamo raggiunto Marco
con uno dei nostri interrogatori per scoprire un po’ di
retroscena personali e professionali e per avere qualche tavola in anteprima.
Fino a che punto della storia
si spinge il fumetto. Affronti
anche la questione della commissione parlamentare d’inchiesta guidata da Taormina?
Sì, ovviamente. I risultati della commissione, per
quanto discutibili, hanno
aperto alcuni squarci e chiarito
alcune sequenze. L’omicidio,
ad esempio, pare sia avvenuto
diversamente da come si era
immaginato fino a poco tempo
fa. Tra l’altro oltre al documento ufficiale la commissione
ha generato una “contro-relazione” di minoranza che mette
in luce altri aspetti e sottolinea
le omissioni della relazione
ufficiale. Riguardo fino a che
punto... sarei tentato di dire
leggilo e lo scoprirai, ma ti accenno che pur con una volata
veloce, la vicenda viene vista
più o meno nella sua interezza.
Il fumetto sosterrà una
tesi su come si sono svolti realmente le cose?
Marcello Durante
Attivista del fronte
erotizzato di comicsblog.
it, ama Michael Jackson
al punto da non ridere
ad alcuna battuta che si
possa fare a riguardo. Per
ristabilire il suo equilibrio
personale dopo aver
scritto di “Ilaria Alpi” ha
fatto degli impacchi con
copertine di varie edizioni
di Invisibles.
Magari potessi sapere la
verità... e non pretendo non
solo di esserne il depositario
ma anche di essere in grado
Soffi di vita
Lontana da casa, inebriata
dallo spirito della calda
Africa, Ilaria vive.
Permalink n. 6 Luglio 2007
23
FUMETTI ILARIA ALPI
selezione delle fonti mi ha
dato una mano Francesco
Barilli, che ha collaborato
all’apparato redazionale del
volume, visto che ha seguito il
caso sin dall’inizio. Direi che
vista l’importanza del realismo
e dell’attinenza nei volumi
Beccogiallo, questo lavoro di
documentazione fa un buon
40% del valore del libro.
Gli opposti non si
attraggono
Sale la tensione a
Mogadiscio, il rispetto si
conquista col terrore.
Francesco Ripoli è il disegnatore incaricato di “animare” le
tue ricerche. Come si svolge la
vostra collaborazione? Raccontaci qualche dettaglio.
di dirla. Diciamo che mi sono
fatto una mia idea su cosa c’è
dietro, e la lascio trasparire.
È un’idea abbastanza diffusa e credo anche abbastanza
comprensibile, visto che la
metto in bocca ad un paio
di personaggi. Su come si
sono svolte le cose realmente,
temo non lo sapremo mai.
e là, gli atti del processo di
Roma e delle commissioni.
Dopo avere abbozzato un
soggetto ho visto il film, non
volevo che mi influenzasse come scelte narrative.
Puoi spiegarci le fonti che
avete usato e come?
Prevedevo che questo lavoro
massacrante di documentazione mi avrebbe preso
moltissimo tempo, invece in
tre mesi circa ho finito, anche
per la spinta dell’entusiasmo.
“Finito”, diciamo per dire,
visto che di pagine da leggere
ancora ce ne sarebbero. Nella
Ho letto i libri (Omicidio al
crocevia dei traffici e L’esecuzione), alcuni degli articoli
di Famiglia Cristiana, che
ha seguito approfonditamente la vicenda, sparsi qua
A livello di tempo? In che
ordine di grandezza si colloca
l’impegno per questo lavoro?
Permalink n. 6 Luglio 2007
Ci siamo confrontati sul
soggetto, mentre gli mandavo
foto, fermi immagine, documentari etc. Francesco unisce
le qualità dell’improvvisazione
dell’artista con il gusto per il
crudo realismo di un reporter,
visto come attinge ai documenti iconografici e come
studia le foto. Ha apprezzato molto il mio soggetto e
ha deciso di non interferire
quasi per nulla. Eventuali
modifiche o aggiustamenti
li vediamo insieme strada
facendo tavola dopo tavola.
Non è facile scrivere un
fumetto, ma ancor più non
è facile se il tema del fumetto si distacca dall’idea
collettiva che accosta il
fumetto alla fantasia, per
abbracciare delicate argomentazioni sociali,storiche
e politiche come quella che
stai sviluppando. Il tuo
modo di procedere quindi
sarà nettamente differente da
qualsiasi “cantastorie”. Hai
inventato uno stile tutto tuo
per affrontare la tragedia di
Ilaria Alpi? È più un crudo
reportage giornalistico per
immagini, o lascerai spazio
24
FUMETTI ILARIA ALPI
ad emozioni tue e dei
protagonisti, romanzando gli istanti più caldi in
una fredda Somalia?
Di certo è una procedura
molto diversa da come ho
scritto Pianeta Rosso o le varie
storie brevi sparse qua e là. Mi
sono dovuto attenere a date,
posizioni geografiche, comportamenti, scelte dei personaggi, senza poterli manovrare
verso indirizzi ben precisi e
calandoli in contesti veri o
perlomeno verosimili. Ma ho
voluto comunque improntare
un ritmo, fare in modo che
il lettore non si annoiasse,
non limitarmi alla semplice
cronaca. Direi che ho tentato
una sorta di mediazione tra
lo stile molto americano delle
mie sceneggiature di fiction
e lo stile classico Beccogiallo
(per quanto si possa uniformare). Emozioni o considerazioni
mie non ce ne sono, mentre da
quelle dei protagonisti spero si
respiri il clima di quei giorni.
Cambiando parzialmente
argomento, cosa ne pensi
della possibilità di introdurre il fumetto tra gli
strumenti di educazione,
addirittura sostituendoli
in casi limitati ai libri?
Oddio, dipende. Sarebbe come
sostituire un romanzo con
un libro di grammatica. Non
credo esistano in circolazione
fumetti che possano trasmettere le conoscenze di un buon
libro di testo. Arricchirle però
sì. Ecco, un professore di educazione civica, o di storia potrebbe far leggere uno dei tanti
libri Beccogiallo. Uno di Italiano potrebbe far leggere sia
Italo Calvino che Hugo Pratt.
Raccontaci un po’ come
lavori, manie strane, rituali
personali. Rapporto pagine scritte / caffè bevuti?
Non riesco a stare concentrato a lungo sulla pagina.
Mi alzo, giro per la stanza,
sfoglio i fumetti a portata di
mano. Scarabocchio, guardo
fuori dalla finestra, e ovviaPermalink n. 6 Luglio 2007
mente bevo caffè. Meno di
quanto pensi, visto che sono
abituato a dormire poco.
Ceci n’est pas une
glace
Il microfono ascolta una
realtà locale.
Ultima domanda, il fumetto che ogni persona
dovrebbe leggere prima
che sia troppo tardi.
KillKiller, così penserà di
non essersi perso nulla.
25
“Apri la tua mente”. Qualcuno applica alla lettera
questo invito, facendosi aprire un buco nel cranio.
di Francesca D’Amato
Chi lo fa ritiene che la trapanazione ampli in modo permanente le facoltà percettive. Le
convinzioni teoriche di costoro
sono che il cervello infantile,
libero di espandersi e pulsare
perché non ingabbiato da una
scatola cranica rigida, sia per
questo meglio ossigenato. L’efficienza, la creatività, la capacità
di concentrazione sarebbero
proporzionali all’ossigenazione.
Ultimo presupposto teorico che
spinge gli adulti a trapanarsi:
“Se funzionava da bambini,
funzionerà anche da grandi”.
Nel web ci sono racconti di
sale operatorie allestite con
attrezzi comprati nei centri per
il fai da te. Anestetici, scalpelli
e attrezzature per sterilizzare
sono di libera vendita. Una
sala operatoria casalinga può
essere fatta ricoprendo le
pareti di una camera con un
telo di plastica. Bastano due
amici e un po’ di coraggio.
Per capire se questo fenomeno
che impazza sul web abbia delle
radici tradizionali, abbiamo rivolto qualche domanda a Luigi
Capasso, docente di Antropologia presso l’università di Chieti,
che studia da anni i crani forati.
Professore, in che cosa consiste la trapanazione cranica?
È una tecnica antichissima,
la prima forma documentata di medicina, e consiste
nell’asportazione di un pez-
zo di osso dal cranio di un
vivente o di un morto.
Che scopi aveva?
Nel caso dei morti l’uso è arrivato fino a noi ed in Abruzzo
era diffusa la pratica di prelevare delle rondelle d’osso dai crani dei defunti e tenerle in loro
ricordo. Nei vivi ha avuto vari
significati: forse una iniziazione
rituale in Perù, molto probabilmente la cura di patologie
endocraniche in Europa. La
trapanazione era utilizzata per
curare la cefalea, la pazzia, la
possessione diabolica, i tumori
e le infestazioni cerebrali di
insetti, oltre che nei casi di
frattura compressa del cranio,
dove però la casistica è molto
Francesca D’Amato
Francesca D’Amato. La
lumachina più veloce
a postare su ecoblog.
it. Lotta contro gli
sprechi di risorse
energetiche, la pigrizia
di molti consumatori non
consapevolissimi e la
tendenza a farsi bucare
il cranio per mezzo di
strumenti facilmente
reperibili.
La tecnica
Ci sono vari modi di asportare un pezzo di cranio a qualcuno:
Si può raschiare la testa con oggetti abrasivi.
Si può incidere l’osso con uno strumento tagliente.
Si possono fare dei forellini ravvicinati con un trapano, sullo stile “taglia lungo la linea tratteggiata”.
Si possono incidere dei rettangoli e scalzarli dal cranio con uno scalpello.
Permalink n. 6 Luglio 2007
Fascinazioni
Un cranio trapanato
d’altri tempi continua a
distinguersi dalle masse
26
MISTERI TREPANATION
differente da quelle di cui stiamo parlando ora. In particolar
modo la trapanazione era usata
nei casi di ipertensione endocranica. La pressione eccessiva
del liquor ha come sintomi
il mal di testa, il vomito e la
perdita di coscienza; sintomi
che spariscono istantaneamente non appena si rimuove
l’ostacolo al deflusso del liquor.
Queste guarigioni immediate
devono aver lasciato una traccia
indelebile nell’immaginario
delle genti, contribuendo a far
circolare la fama delle persone
capaci di eseguire una trapanazione o una perforazione.
Diceva che queste pratiche
potrebbero avere un valore rituale. Può spiegarci
meglio questo punto?
Si, il concetto di base era
aprire una connessione tra
l’interno e l’esterno, rimuovendo un ostacolo (l’osso)
che impediva, ad esempio, ai
demoni che possedevano una
persona di uscire. In altri casi
poteva trattarsi di un rito di
passaggio per confermare o
acquisire uno status sociale.
Ma una trapanazione cranica
o una perforazione lasciano
cicatrici visibili che possano
essere esibite e paragonate alle cicatrici rituali?
Di solito le cicatrici sono piccole. Per una perforazione si parte
da un cerchio con anche 15 cm
di diametro e poi si scende, in
forma conica, fino ad aprire un
buco di pochissimi centimetri.
All’inizio i lembi di pelle vengono staccati, sollevati e a lavoro finito si ricuce sopra tutto. A
meno di tenere la testa rasata,
difficilmente si vede qualcosa.
Che differenza vi è tra una perforazione e una trapanazione?
La trapanazione è molto rara e
avviene con un trapano, mentre
la perforazione si esegue con
lame affilate, asportando strati
via via più profondi di osso.
Sono state usate varie tecniche,
spesso documentate nello stesso
posto e nella stessa epoca (
vedi box ). Gli strumenti con
cui si esegue questa operazione devono essere maneggiati
in modo da non ledere le
meningi o i laghi venosi: ne
va della vita degli operati.
Che percentuale di sopravvivenza vi è per una
operazione del genere?
La maggior parte dei pazienti
(il 70%) sopravvive, nonostante le difficoltà dell’operazione. I problemi erano di
immobilizzare, sedare, evitare
l’eccessiva perdita di sangue e,
dopo, disinfettare il paziente.
È stato ipotizzato un laccio
emostatico ad anello, ma non
vi sono prove del suo utilizzo.
Ma poi il buco veniva chiuso
o protetto con altri materiali?
Sitografia
Bmezine.com: diario, foto, testimonianze dirette di un trapanato fai da te. Le foto non sono adatte a stomaci delicati.
Trepan.com: Il sito dove si ritrovano i trapanati e gli aspiranti tali
Trepanationguide.com: Pro e contro l’apertura di fori nel cranio
La storia della neurochirurgia
Permalink n. 6 Luglio 2007
Generalmente no. Vi è un
ritrovamento di un tappo d’oro
in Perù, ma penso sia stato
applicato dopo la morte.
Rimedi
Hieronymus Bosch,
“La cura della follia”
Esiste una continuità temporale nei ritrovamenti che lasci
pensare ad una tradizione che
sia continuata dalla preistoria
fino ai giorni nostri, in Italia
o in altre parti del mondo?
In alcune zone, ad esempio in
Francia, probabilmente esistevano delle scuole. I trapani
si sono diffusi nel medioevo,
prima era molto più diffusa la
perforazione per asportazione
successiva di strati. Vi sono
dei filmati fatti in Kenia, di
un ricercatore danese, in cui si
vede uno stregone che opera
con una lametta, per curare un caso di mal di testa.
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MISTERI TREPANATION
Il diario di un trapanato fai da te
Chi si sottopone a trapanazione volontaria spesso mette on line foto, diari e consigli tecnici.
Dopo aver rasato e disinfettato bene la parte su cui operare, si incide la pelle e poi si parte con il trapano. Lentamente, molto lentamente, per non arrivare anche al
Queste pratiche erano comuni anche in Italia?
Si, specialmente nella Sardegna al tempo dei nuraghe. Gli
Etruschi eseguivano le perforazioni con un coltello a lama
rotonda fatto di bronzo. Si
sono trovati strumenti simili
anche nelle Americhe, dove
probabilmente la gente ha
scoperto indipendentemente
lo strumento di forma migliore
per compiere l’operazione.
Lei è a conoscenza di ricerche di archeologia sperimentale che abbiano
“testato” tale tecnica?
cervello. Un buco può richiedere un’ora e mezza di cicli
alternati di trapanazione, risciacquo della polvere d’osso
e del sangue, trapanazione, ... sentire il rumore del trapano che si avvicina pare sia particolarmente emozionante.
Ad un certo punto l’osso finisce e dicono si possa finalmente vedere il cervello “pulsare”.
Dal giorno dopo l’operazione il trapanato smise
di bere caffè a colazione e si deliziò della vividezza delle percezioni tattili. Toccava di tutto, apprezzando le sensazioni date da diverse superfici.
Altro punto notevole del cambiamento, abbandono della precedente pigrizia. “Ora penso che cosa voglio fare e lo faccio subito”. Pare che l’avere dei fori nel cranio aiuti a ricordare i sogni.
A qualche giorno di distanza dall’operazione, il trapanato
ammette che l’autosuggestione potrebbe aver influenzato
il suo giudizio, ma nonostante questo, ritiene di aver guadagnato molto, in qualità della vita, dalla trapanazione.
Più avanti nel diario arriva la brutta notizia: “non credo di
avere più effetti permanenti dovuti alla trapanazione: cercavo di capire se le mie sensazioni fossero diverse e questa
curiosità era la ragione dell’intensità delle sensazioni.”
Alla fine la sua attenzione ritorna a livelli simili a quelli sperimentati prima della trapanazione e
la sensazione da “trip permanente” evapora.
Quel che resta e’ la consapevolezza di essere sopravvissuto ad una esperienza indubbiamente forte.
Quanto influisca l’effetto placebo, l’adrenalina rilasciata dall’operazione, il coinvolgimento di amici fidati nel “rituale” e le
enormi aspettative di questo rito di passaggio lungamente e
segretamente progettato e sognato... sinceramente non lo so.
Permalink n. 6 Luglio 2007
Si, vi sono stati due filoni di
studio: uno, su cadaveri, per
testare l’efficacia degli strumenti trovati e capire come andassero usati. L’altra, su cani, per
studiare la progressione della cicatrizzazione del tessuto osseo.
Ma i risultati ottenuti dai cani
sono applicabili all’uomo?
Si, sono state costruite delle curve con cui è possibile
risalire, guardando la ricrescita
dei tessuti, a quanto tempo
prima della morte era stata
fatta l’operazione al cranio.
Un’ultima domanda: ha
notizia di studi su persone
che abbiano subito o che
si siano procurate spontaneamente una perforazione o una trapanazione?
No, non che io sappia. Mi
occupo di antropologia fisica
e gli aspetti psichici o rituali
sono fuori dal mio campo di
studio. Sarei curioso di leggere qualcosa in proposito.
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EDITORIA
Amsterdam
Weekly
Free press di successo: come uscire
dalla nicchia senza vendere l’anima
di Urbano Galeno
l freepress che
recensiamo
questo mese ha
due caratteristiche distintive: è
scritto in inglese - nonostante
sia pubblicato in Olanda, e
presenta contenuti di alto
profilo - nonostante sia un
magazine-calendario d’eventi.
Ad Amsterdam non c’è persona
sotto i 30 che non si procacci
la propria copia settimanale,
cosa affatto difficile visto che
si trova praticamente ovunque.
Più che trend setter, il Weekly
sembra candidarsi come interprete del mood socio-culturale
che si respira in città, con le
sue rubriche fotografiche che
fanno da punteggiatura al tempo, le interviste ai personaggi
e agli artisti che arrivano e
partono a flusso continuo nella
capitale più cosmopolita d’Europa, o la famosa rubrica di
annunci personali, osservatorio
privilegiato per capire il mondo e la vita degli altri. Grazie
a questa formula che mischia
di intimità, utilità ed interesse,
il Weekly è riuscito in pochi
anni a conquistare i lettori, che
dimostrano una fedeltà e un
amore verso la rivista che non
trova analoghi nel panorama
dei free press italiani. Abbiamo raggiunto Steve Kover per
sondare meglio il tessuto di
questa esperienza editoriale:
Puoi presentarti ai nostri lettori italiani ?
Sono Steve Korver, editor
dell’Amsterdam Weekly. Un
tempo lavoravo freelance
finché, circa due anni fa,
non sono stato risucchiato in
questo lavoro abbastanza fico.
Una breve storia del giornale?
Todd Savage, l’editore, è
venuto a vivere qui più o meno
cinque anni fa, e si è accorto
di una lacuna nel mercato per
quanto riguardava un giornale
di annunci culturali in lingua
Inglese, uno che seguisse il
modello nordamericano del
settimanale di cultura alternativa. Con l’aiuto del giornale
per cui scriveva al tempo, il
Chicago Reader, lo ha messo
in piedi da zero. Ora esistiamo da circa 3 anni e mezzo.
Urbano Galeno
Dimenticate quello che
negli scorsi numeri vi
abbiamo spacciato per
profili autore dedicati
a lui. Urbano Galeno
è l’opposto di quello
che pensate. Sappiate
solo che questo profilo
l’abbiamo dovuto scrivere
dietro la minaccia neanche
tanto fantasma che ci
avrebbe negato per
sempre qualsiasi forma di
dritta per rimorchiare col
megafono.
Quante persone leggono il
Non si può avere
tutto
Maartje legge il Weekly nel
terrore di essere spiata
sotto la gonna.
Permalink n. 6 Luglio 2007
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EDITORIA AMSTERDAM WEEKLY
Lifestyle/1
Ozio e lettura le principali
attività di un businessman
del vintage
giornale ogni settimana ?
Stampiamo oltre 25.000 copie,
stimiamo circa 40.000 lettori.
Pensi che il formato dell’Amsterdam Weekly possa essere
esportato anche in altri paesi,
oppure è troppo strettamente
legato alla vita di Amsterdam?
Con la “globalizzazione” e la
continua crescita dell’inglese
come lingua universale, penso
di sì. Amsterdam è però un
ambiente unico, dato che praticamente tutti leggono l’Inglese.
Ma è servito comunque un po’
di tempo prima che la gente
lo accettasse come un giornale
per tutta Amsterdam e non un
foglio per turisti o espatriati.
Il periodo più difficile che hai avuto?
Direi l’inizio. Essere un
nuovo nome e quindi spiegare
all’infinito chi eravamo. Ora
la maggior parte della gente sa
chi siamo e, lasciamelo dire,
questo ti fa risparmiare tempo.
La parte più divertente del tuo lavoro.
Ce ne sono molte. La prima
che mi viene in mente, ed
è stato quando ho pensato
“hmm, questo lavoro mi piace,
forse dovrei fermarmi qui per
un po’”, è stata la volta in cui
ho assegnato al nostro Ghiottone in Incognito l’incarico di
intervistare il miglior ristorante
di costolette della città. Lui, un
tipo di 150 chili col cappello
da giullare in testa, è piombato in ginocchio di fronte
a me dichiarando: “Adoro le
costolette: sarò il tuo cavaliere
e tu il mio Re Artù, e tornerò con la costoletta dorata!”.
Credo che quello sia stato il
momento in cui ho cominciato
a sentire l’ebbrezza del potere.
Cosa intendi quando de-
Permalink n. 6 Luglio 2007
Lifestyle/2
Steve Korver, editor del
Weekly, in uno dei rari
momenti di superlavoro
30
EDITORIA AMSTERDAM WEEKLY
business, ma è questione di
arrivare al pareggio più che
di fare enormi profitti.
No green
Il limite fra poesia e
annuncio può essere
anche molto sottile
Quindi non siete in attivo? In Olanda non ci sono
fondi pubblici per l’editoria
culturale? In Italia è l’unico
modo per sopravvivere nella
maggior parte dei casi.
Stiamo raggiungendo tutti gli
obiettivi, siamo sulla strada
giusta. E no, non riceviamo
fondi extra dal governo.
Immagina di non avere
limiti di budget: che giornale ti piacerebbe dirigere?
finisci l’Amsterdam Weekly
come “indipendente”?
I nostri articoli non possono essere comprati. C’è una
separazione fondamentale fra
la parte editoriale e le vendite - qualcosa di abbastanza
unico se lo confronti con
altri magazine di appuntamenti che trovi in giro.
Cosa pensi della free press in
generale? Pensi che arriverà a
guidare il mercato dei giornali?
Penso che ci saranno sempre entrambi. Ci sarà sempre un pubblico disposto
a pagare per la qualità.
Internet, Web 2.0, citizen
journalism, free press: la
qualità del giornalismo sta
migliorando o peggiorando
con la comparsa di questi nuo-
vi mezzi di comunicazione?
Difficile da dire. Direi che più
informazione c’è meglio è, ma
come facciamo a trovare la
qualità? Come facciamo a verificare un’informazione? Vorrei
avere qualcosa di profondo
da dire, ma siamo ancora in
una fase piena di incertezza,
è il selvaggio West là fuori.
Fosse l’Amsterdam Weekly,
avrebbe più pagine e sarebbe
più impegnato nella politica
locale, prendendo a calci nel
sedere il Comune tutte le volte
che crede di poter cambiare
le cose dall’alto. E magari
salvare qualche albero.
Riviste e giornali preferiti?
The Guardian, il giornale locale Het Parool, Book
Forum, McSweeney’s, The
Believer, That Dam…
Siti web preferiti?
Parliamo di soldi: una rivista culturale può essere
un buon business? Qual’è
il sostegno economico
dell’Amsterdam Weekly?
Boingboing.net, Metafilter.com.
Possiamo sopravvivere solo
se pubblichiamo abbastanza
pubblicità. Però non puoi
guadagnarti la fiducia dei
tuoi lettori con la pubblicità,
quindi si tratta di un equilibrio
abbastanza delicato. Speriamo
di diventare presto un buon
Da sempre vorrei provare il
formaggio sardo con i vermi. Ah, e perché viaggiate
sempre in gruppo? Avete
mai sentito parlare del processo di individualizzazione?
Heh-heh (risata nervosa).
Permalink n. 6 Luglio 2007
Qualcosa che avresti sempre
voluto sapere dell’Italia?
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RACCONTO DEL MESE
Bricolage
Creatività nel sesso
non significa sempre fai da te
di Ayzad
eiss entrò da
BriColeur,
sede Como
Sud, come una
diva sale su un
palcoscenico. Rispondendo
istintivamente al richiamo del
ticchettio dei tacchi a spillo sul
pavimento di cemento liscio,
gli addetti al banco informazioni e metà dei cassieri si erano
già voltati a guardarla prima
che le grandi porte scorrevoli si fossero chiuse alle sue
spalle. Gli altri li imitarono un
attimo dopo, incuriositi da cosa
mai avesse potuto dipingere
un’espressione tanto ebete sul
volto dei colleghi. La donna
trattenne a stento un sorriso:
benché il suo scopo fosse precisamente suscitare quell’effetto,
le reazioni esagerate degli uomini non smettevano di stupirla.
di troppo, a lasciare intravedere una scollatura mozzafiato
esaltata dal bustino vintage con
stecche di balena. Il tocco finale
era affidato ai guanti in pelle
di vitellino, alle calze - fumé,
con riga dietro e l’orlo ricamato
che si poteva appena intuire
attraverso lo spacco della gonna
- e naturalmente alle scarpe.
Stiletto da quindici centimetri e décolleté accentuato: un
monumento al feticismo.
L’unico a non sembrare ipnotizzato dal suo ancheggiare
era Schwarz, che la seguiva
indispettito portando uno dei
grossi cesti di plastica col marchio del negozio. I suoi jeans
e felpa griffati erano l’esatto
contraltare del look della
compagna, e insieme all’abbronzatura e al taglio di capelli
lo etichettavano immediatamente come una vittima dei
capricci delle riviste di moda.
«Ma era proprio necessario
farmi prendere il pomeriggio
dal lavoro per venire in un
centro del fai da te?» Weiss si
girò di scatto e tracciò un arabesco nell’aria con una mano,
sino ad appoggiarvi il mento e
la guancia; l’altra mano andò
a sostenere il gomito, nella
pantomima di una impegnativa meditazione. «In effetti.
sì, penso di sì,» lo informò
Ayzad
Ayzad, appassionato
dal lato teorico quando
da quello pratico del
BDSM, è autore di questo
racconto originale con cui
ha vinto, l’anno scorso, il
primo premio del nostro
concorso letterario su
Softblog.it.
Parte del merito era sicuramente delle ore passate in palestra
e dall’estetista, che le permettevano di competere con molte
ventenni nonostante avesse
ormai il doppio dell’età. Il trucco curatissimo era un altro elemento. Ma ciò che più colpiva
era la scelta degli abiti: un tailleur grigio anni ‘40 che riusciva
a essere al tempo stesso tanto
severo quanto sexy e ne fasciava
il corpo facendo risaltare ogni
curva. Sotto, una semplice camicetta bianca di cui era stato
dimenticato” aperto un bottone
Permalink n. 6 Luglio 2007
32
RACCONTO DEL MESE BRICOLAGE
con fare corrucciato. «Tu devi
comprare una plafoniera nuova
per il garage. E io ho bisogno
di qualcosina per non fare
brutta figura domani sera.» Le
labbra dell’uomo si aprirono
in un sorriso. «Sono sicura
che in un posto così grande,»
aggiunse lei a voce più bassa,
accarezzandogli il viso con un
dito, «avranno anche qualche
pervertibile, non credi?»
Lui ebbe un brivido. «Sicuramente, amore. Con
la tua fantasia, poi.»
La donna gli si avvicinò come
per baciarlo. Quando lui
socchiuse la bocca, però, si
interruppe a pochi millimetri
e si limitò a sussurrare: «Già.»
Un attimo dopo Weiss stava già dirigendosi verso la
corsia Autoaccessori. Ancora
inebriato dal suo profumo,
Schwarz strabuzzò gli occhi
e si precipitò a seguirla.
Lei percorse sinuosa il corridoio sino a un lungo scaffale di
bombolette spray. «Cominciamo dall’indispensabile,» disse
passandogli due confezioni di
polish per cruscotti. «Con questo potrai lucidarmi la catsuit
nuova e far brillare anche i tuoi
boxer in lattice.» Non c’era
stato alcuno sforzo di moderare il tono della voce. Una
giovane commessa che stava
disponendo della merce su un
ripiano poco distante arrossì e
si voltò per dar loro le spalle,
sperando di non farsi notare.
La cliente era però inarrestabile
nelle sue provocazioni. Con
un sorriso compiaciuto fece un
passo verso la ragazza accucciata a frugare in uno scatolone e,
facendo scivolare le mani lungo
le gambe fino a piegarsi ad
angolo retto, aggiunse: «O credi
che la tuta di latex intera possa
farmi il sedere grosso, caro?»
«Direi che non c’è pericolo, amore.»
La commessa raccolse in fretta
il cartone e fuggì altrove, mentre i due amanti si scambiavano
uno sguardo carico di passione
e malizia. Continuarono a
esplorare il grande capannone
con metodo, percorrendo uno
dopo l’altro tutti i corridoi.
Nell’area ‘Hobbistica’ Weiss acquistò una bacchetta in fibra di
carbonio lunga e flessibile, che
fece fischiare nell’aria eliminando ogni dubbio sul suo futuro
utilizzo; in ‘Impiantistica’ due
metri di tubo corrugato in
gomma. Altrove si divertì a terrorizzare il compagno, esaminando con aria crudele articoli
Permalink n. 6 Luglio 2007
particolarmente minacciosi.
Componenti meccanici e passamanerie, aggeggi minuscoli
e ingombranti utensili edili:
bastava un suo ghigno per colorare gli oggetti più improbabili
di sinistri impieghi erotici.
«Uh! Le mollette da tenda!»
esclamò allegra come una
bimba quando vide il reparto
‘Arredamento’. Schwarz non
riusciva a nascondere quanto
fosse preoccupato ed eccitato, e lei approfittò della cosa
sfilandosi un guanto con la
grazia ostentata di una brava
spogliarellista: a giudicare dall’espressione dell’uomo, sarebbe
bastato poco di più per fargli
perdere del tutto il controllo.
«Tienimi questo,» mugolò
languida sfiorandogli le labbra.
Lui aprì la bocca, e si ritrovò con il guanto fra i denti.
Pareva proprio un cucciolo
con il suo osso, tanto che
la donna non riuscì a restar seria: «Fa’ attenzione a
non sbavarmelo, capito?»
Weiss prese a esaminare le
semplici molle con l’occhio di un’intenditrice.
«Queste no, che tagliano
troppo. Questa so già che
33
RACCONTO DEL MESE BRICOLAGE
Saggi
Guida per esploratori
dell’erotismo estremo è il
saggio di Ayzad edito da
Castelvecchi interamente
dedicato all’argomento.
Ayzard esplora il tema
della dominazione anche
attraverso progetti teatrali
e performance. Per approfondire: Ayzad.com
non tiene. Arancioni? Ma chi
diavolo usa mollette arancioni?»
Finalmente trovò un modello di
suo gusto: metallo nero, senza
particolari decorazioni e con
denti arrotondati. Volgendosi
verso l’uomo, che non aveva
perduto l’aria da cagnolino
ubbidiente, aprì le dita della
mano nuda e si applicò la pinza
sulla pelle fra pollice e indice.
«Ahi, com’è dura.» piagnucolò
mordendosi il labbro ma senza
per questo toglierla, «Pensa che
fa male persino qui, dov’è quasi
insensibile. In altri punti deve
essere proprio. una tortura.» Il
ragionamento venne concluso
da un piccolo e sensuale sospiro
quando aprì le ganasce, per
ammirare brevemente il segno
che avevano lasciato sulla pelle.
Schwarz aveva gli occhi lucidi.
«Non potresti fermarti alle
mollette da bucato, amore?» la
supplicò non appena lei riprese
il guanto liberandogli la bocca.
«Ma no, che sciocchezza! Non
hai visto come sono antiestetiche? Sono così dozzinali:
una tale caduta di stile! E
poi,» aggiunse fissandolo negli
occhi, «mi sembra di ricordare che hai ancora qualcosa
da farti perdonare, vero?»
dimenticheranno,» rise Schwarz.
Lui abbassò immediatamente
lo sguardo: «S- sì, amore.»
«Quale, ‘Teer’? ‘Via dalle balle’.
Una delle prime frasi che impari a lezione di danza del ventre.»
«Bene. Allora diciamo che
ne prendiamo. quattro? Ma
no, facciamo sei, che non
si sa mai. E ora andiamo a
cercare i nastri adesivi.»
Nella sezione dedicata agli
attrezzi da giardino incontrarono due ragazzi mediorientali
in abiti da muratore, intenti a
caricare pesanti vasi di cemento su un grosso carrello.
Il più maturo dei due fece
cenno all’amico di seguirlo e
si accodò alla coppia gustandosi senza pudore lo sculettare
della donna mentre l’altro,
visibilmente imbarazzato dalla
situazione, simulava maldestramente di star cercando qualcosa nei corridoi attraversati.
La processione continuò per
un po’, accompagnata da un
monologo in arabo dell’operaio “anziano”, interrotto solo
dalle sue occasionali risatine.
Dopo un paio di corsie Weiss si
fermò di colpo, prese il primo
oggetto a portata di mano e lo
andò a consegnare al giovane:
«Ragazzi, certe cose vanno fatte
con buon gusto: c’è un limite
a tutto. Tieni, yaakhuth!»
Questi arrossì e cominciò a
balbettare qualcosa, ma lei si
era già parata di fronte all’altro,
furente. «Teer, teer wasek!»
gli urlò in faccia. I muratori
sparirono a passo di corsa.
«Vedrai che quando racconteranno agli amici di averti
incontrata questa parte se la
Permalink n. 6 Luglio 2007
«So che ‘wasek’ vuol dire ‘porco’, ma l’altra parola cos’era?»
L’allegria dell’uomo si trasformò improvvisamente in
sobrietà reverenziale. «Guarda,
ecco i nastri,» mormorò. «È per
quella specie di bozzolo, vero?»
«Proprio così. Su Talons &
Fouet c’era un articolo di
Maîtresse Yvette che consigliava
di usare l’american tape. Prova
un po’ a vedere se lo trovi. Dice
che tiene bene e quando lo togli
non lascia colla sulla pelle.»
«Sperando che sia meglio di
quello che hai provato l’altra
volta: sto ancora aspettando che
mi ricrescano i peli sul braccio.»
«Oh, povero il mio amorino
depilato. Non volevo essere
cattiva, giuro,» scherzò lei.
«Eccolo! Quanto ne servirà?»
«Tanto, ho paura. Non potevo
trovarmi una che usa le corde
come tutte le altre, dico?»
«Se vuoi una ‘come tutte le altre’
va’ pure, caro. Però poi non tornare a cercarmi, capito? A sentirti,» disse imbronciata mentre
riempiva il cestello con i rotoli
di nastro grigio, «sembra quasi
che a stare con me ti annoi. E
dire che passo le giornate a studiare come farti divertire, che farei di tutto per tenerti con me.»
Weiss gli mostrò una delle
confezioni: «Tenerti stretto
stretto stretto.» Lui deglutì,
contemplandola adorante.
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Le Ganga, di Roberta Galassini