L`@priscatole riscatole riscatole
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L`@priscatole riscatole riscatole
L’@ L’@priscatole collana politica per informare i cittadini Gentile Ministro … premesso che … per sapere che … ... una raccolta “random” di interrogazioni parlamentari alla Camera, presentate dai portavoce del MoVimento 5 Stelle sui principali temi scottanti del nostro Paese e sui privilegi della casta ... 2013 Copyleft Titolo del libro: Gentile Ministro … premesso che … per sapere se … Autori: Angelo Casto, Daniele Mancini, Giuseppe Nigro, Alberto Malagrida Filomena Paciello 2013, Self publishing * email: [email protected] La riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo, è assolutamente consentita in forma gratuita e senza limiti, previa comunicazione, a scopo informativo, agli autori. 2 Dedicato a … … a tutti i cittadini onesti, desiderosi di risposte chiare e sincere da parte dei politici e dei tecnocrati che con questi collaborano nell’amministrazione del Paese … .... a tutti coloro che, come Voi, come Noi, come Beppe Grillo, e come altri nove milioni di italiani hanno ritenuto e ritengono che credere nei propri sogni e perseguirli, senza compromessi morali, rappresenti quella sottile linea rossa che fa la differenza tra vivere ed esistere....!" 3 4 Indice Prefazione ………………………………………………………. pag. 7 Presentazione degli autori ……………………………….. pag. 9 Capitolo I Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri …………. pag. 11 Capitolo II Al Ministero per gli Affari Esteri ……………………….. pag. 99 Capitolo III Al Ministero dell’Interno ………………………………….. pag. 111 Capitolo IV Al Ministero della Giustizia ……………………………… pag. 187 Capitolo V Al Ministero della Difesa ………………………………….. pag. 223 Capitolo VI Al Ministero dell’Economia e delle Finanze ………..pag.279 Capitolo VII – Al Ministro dello Sviluppo Economico……………….. pag.329 Capitolo VIII Al Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali………………………………………………………... pag.375 Capitolo IX Al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare…………………pag.389 Capitolo X Al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti……… pag.469 Capitolo XI Al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali…. pag.555 Capitolo XII Al Ministero della Salute ………………………………….. pag.625 Capitolo XIII Al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca..pag.673 Capitolo XIV Al Ministero dei Beni e Attività Culturali……………. pag.703 5 6 Prefazione interattiva … … la prefazione scrivila Tu … inviala a: [email protected] [email protected] mettendo come oggetto: prefazione interattiva librolibro-raccolta interrogazioni … tutti testi inviati verranno inseriti in un database pubblico per essere votate. Le prime 10 più votate verranno inserite nella stesura definitiva del libro … DEMOCRAZIA E’ PARTECIPAZIONE 7 8 Presentazione degli autori … Questa iniziativa di attivismo civile, spontaneo, volontario e gratuito nasce – nell’ambito di un progetto più ampio denominato “iStreet” (dal web alla strada) – dall'esperienza e dalla volontà di alcuni cittadini maturata durante il confronto e le discussioni nelle strade, nelle piazze delle proprie città, nei luoghi di lavoro, nelle frequentazioni tra amici, nelle stesse famiglie italiane che molto spesso vedono convivere più di due generazioni al loro interno. Quello che emerge è che i Cittadini non sanno! I Cittadini sono ingannati da false rappresentazioni della realtà, prodotti ben confezionati dalla disinformazione e/o dalla non informazione organizzata da parte di coloro che al contrario, per ruolo istituzionale e sociale, avrebbero il dovere di concorrere alla formazione delle coscienze individuali e collettive di un popolo, quello Italiano, che nella storia ha vissuto momenti tragici, dove il sacrificio umano di molti e' valso alla conquista della libertà e della democrazia, e momenti, più recenti, dove intere generazioni hanno ricostruito un Paese con orgoglio e sudore in nome di un futuro migliore, soprattutto una società migliore per i propri figli. I Cittadini sono il Paese, i Cittadini sono lo Stato e non possono essere ingannati con continue pantomime e tatrini della politica, ne' ignorati da chi e' chiamato ad occuparsi onestamente della cosa pubblica e della loro qualità della vita. Questo e' un peccato capitale che la storia ricorderà e ricorderà alle future generazioni e a quelle dei loro figli. Per combattere questa guerra mediatica e culturale, che molti stanno cercando di vincere nella Rete e attraverso la Rete, Noi Cittadini abbiamo deciso, qualche mese fa', di informare e formare direttamente Voi, Cittadini come Noi, portando fisicamente e materialmente il WEB (Internet), la RETE nelle strade, nelle piazze, nelle città. 9 Informazioni pubbliche di atti, documenti, votazioni, decisioni della classe politica e dirigente italiana che incidono pesantemente sulla vita di tutti i giorni di ogni Cittadino. In questo senso è orientata una iniziativa chiamata “iStreet” che si prefigge il compito di portare le informazioni pubbliche e certificate (proprio come gli atti parlamentari) da Internet alle strade, alle piazze, in modo che queste informazioni – come già detto – possano essere fruibili da tutti i Cittadini … perché è giusto che loro sappiano tutto! L’idea di creare uno strumento d’informazione “classico” come può essere un libro che raccoglie solo una piccola parte del lavoro straordinario e puntuale di tutti i portavoce del MoVimento 5 Stelle, attraverso interrogazioni parlamentari, interpellanze e question time in aula, nasce da cittadini come Voi che – con il loro impegno civico – hanno deciso di mettere a disposizione le proprie capacità e il proprio tempo per cercare di non uccidere ancora di più i sogni e il futuro delle prossime generazioni. Con lo stesso spirito, nasce questa idea nella speranza, mai sopita, che possa costituire uno strumento per capire meglio cosa sta accadendo davvero in Italia e poter meglio valutare il quadro complessivo della politica italiana. Informarsi con notizie vere è l’unica medicina per una democrazia malata, dove i poteri economici nazionali ed internazionali la fanno da padroni sui politici e quindi sui cittadini. Se sei un cittadino informato puoi cominciare a prendere piena coscienza e puoi scegliere meglio. La tua forza sta nella conoscenza! Informati per cambiare la storia del Tuo Paese … il Tuo, soltanto il Tuo! ....dedicato a tutti coloro che, come Noi, come Voi, come Beppe Grillo, e come altri nove milioni di italiani hanno ritenuto e ritengono che credere nei propri sogni e perseguirli, senza compromessi morali, rappresenti quella sottile linea rossa che fa la differenza tra vivere ed esistere....!" …. scusate gli eventuali errori … (gli Autori) 10 … adesso rilassati e comincia a leggere … 11 12 Capitolo 1 Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri premesso che …....... per sapere se ………. § 1. Breve sommario In questo capitolo, sono raccolti solo 32 atti di sindacato ispettivo (interrogazioni a risposta scritta, question time in aula, interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che pongono domande e quesiti alla Presidenza del Consiglio. Molti di questi – alla data di pubblicazione della presente raccolta – non hanno ancora risposta. § 2. Interpellanza urgente nr. 2/001371 Atto Camera - Interpellanza urgente 2-00137, presentato da AGOSTINELLI Donatella, testo di Venerdì 12 luglio 2013, seduta n. 52: I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che: con atto di sindacato ispettivo n. 4-00324 del 29 aprile 20132, gli interpellanti hanno chiesto al Governo specifiche notizie in merito agli arbitrati concessi dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al signor Edoardo Longarini, ex concessionario dei piani di ricostruzione post-bellica di Ancona, Ariano Irpino e Macerata; l'interrogazione parlamentare, ancora senza risposta, richiama gli atti dei piani di ricostruzione post bellica; con 1http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=503&stile=7 &highLight=1&paroleContenute=%27INTERPELLANZA+URGENTE%27 2http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.asp?highLight=0&idAtto =1574&stile=8 13 disciplinare 12 novembre 1964, n. 3758, sono stati affidati in concessione alla srl Adriatica costruzioni i lavori del 1o e 2o lotto del piano di ricostruzione della città di Macerata; con ulteriore disciplinare del 15 dicembre 1975, sono stati affidati in concessione alla medesima società anche i lavori del 3o, 4o e 5o lotto del piano di ricostruzione di Macerata; con domanda di arbitrato, notificata in data 25 giugno 2007, il signor Edoardo Longarini, in qualità di unico socio assegnatario di tutti i rapporti facenti capo alla suddetta società posta in liquidazione, ha avviato un contenzioso riguardante il suddetto rapporto concessorio per la realizzazione del piano di ricostruzione di Macerata; con l'atto di cui sopra il signor Edoardo Longarini ha designato quale arbitro di parte l'ingegnere Vito Gamberale; l'Avvocatura generale dello Stato, con atto di declinatoria della competenza arbitrale, datato 2 luglio 2007, nel richiamare la sentenza n. 152 del 1996 della Corte costituzionale, che consente alla parte cui è notificata la domanda di poter declinare la competenza arbitrale, e nell'attestare l'intenzione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di avvalersi della relativa facoltà, ha, di conseguenza, declinato la competenza arbitrale in ordine alla suddetta controversia; in data 26 giugno 2007, ovvero il giorno successivo alla domanda di arbitrato, è stato sottoscritto a firma delle parti (Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore e Longarini) il verbale di nomina, quale arbitro di parte ministeriale, dell'avvocato Domenico Condello, nonché, in veste di presidente del collegio arbitrale, del professore Carlo Malinconico; nell'atto di cui sopra, sottoscritto presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si apprende che: «le Parti concordano nel deferire ad arbitri la controversia di cui alle premesse e nel designare – casi come designano con il presente verbale – il professor Carlo Malinconico quale terzo arbitro con funzione di Presidente, ai fini della risoluzione della controversia insorta come in epigrafe indicata»; a distanza di 30 minuti dalla firma di suddetto verbale di nomina il collegio arbitrale, così come stabilito dall'articolo 809 del codice di procedura civile, si è riunito e ha designato, quale terzo arbitro con funzione di presidente, il professore Carlo Malinconico; si apprende dal verbale di costituzione di suddetto collegio arbitrale che, in tale occasione, si è anche proceduto alla nomina dell'ufficio di segreteria, cui sono stati preposti la signora Rita Rufini e il signore Guglielmo Marconi, che 14 hanno accettato l'incarico e sono stati immessi immediatamente nelle loro funzioni; con ordinanza datata 16 luglio 2007, il presidente Malinconico ha disposto la nomina dell'avvocato Sergio Fidanzia, quale terzo segretario del collegio arbitrale; il professore Carlo Malinconico all'epoca dei fatti esercitava le funzioni di segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri; l'ingegnere Vito Gamberale all'epoca dei fatti era amministratore delegato di Fondo 2 infrastrutture (F2i), costituito a cura del Ministro dell'economia e delle finanze, di natura pubblica; l'avvocato Domenico Condello, tra gli altri incarichi, era docente presso le università di Urbino e di Roma «La Sapienza» e «Roma tre», nonché giudice costituzionale aggregato (eletto dal Parlamento in seduta comune il 5 luglio 2006); il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, nel corso di un'intervista pubblicata sul Sole 24 Ore in data 7 settembre 2007, ha dichiarato di essere contrario agli arbitrati in quanto la pubblica amministrazione era sempre soccombente ed ha annunciato norme urgenti per sopprimerli, salvo poi, in meno di 24 ore dalla pubblicazione dell'articolo, accordare l'arbitrato; il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nel concedere l'arbitrato di cui sopra, non ha atteso che l'organo di difesa dello Stato potesse, nei 20 giorni previsti dalla legge, declinare la competenza arbitrale, cosa che è puntualmente avvenuta. L'Avvocatura generale dello Stato, infatti, in data 2 luglio 2007, ha «declinato la competenza arbitrale in relazione alla controversia introdotta con domanda notificata il 26 giugno 2007 ed invitato la controparte a proporre le proprie domande e istanze avanti al Giudice Ordinario secondo le vigenti norme di rito»; nel 1999, il Parlamento ha approvato una norma d'interpretazione autentica della legge n. 317 del 1993, che prevede: «che per le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministero dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori». Tale norma, a detta degli interpellanti, non sembra essere stata presa in considerazione al fine di contrastare la fondatezza delle pretese del signor Longarini; 15 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore ha espressamente sottoscritto la nomina del terzo arbitro con funzioni di presidente – unitariamente alla controparte – facendo espressa menzione dell'accettazione («concordano») di deferire agli arbitri la controversia, senza attendere che, come sopra visto, l'Avvocatura dello Stato potesse esercitare la facoltà di declinatoria; il professore Carlo Malinconico ha rinunciato all'incarico e la controversia, in data 27 giugno 2008, veniva quindi trasferita al medesimo collegio arbitrale (presidente avvocato Vincenzo Nunziata, arbitro l'ingegnere Vito Gamberale, arbitro l'avvocato Ignazio Messina) già costituito per la risoluzione della vertenza relativa al comune di Ariano Irpino e ciò «in ragione della suddetta attinenza di questioni giuridiche e tecniche, e pertanto per ragioni di economicità, speditezza ed efficienza della procedura arbitrale»; con il verbale di costituzione del collegio arbitrale del 27 giugno 2008, si è anche proceduto alla nomina dell'ufficio di segreteria, cui sono stati preposti la dottoressa Maria Caterina Giuffrè e confermati i signori Rita Ruffini e Guglielmo Marconi già nominati dal precedente collegio arbitrale: «Tutti accettano l'incarico e vengono immediatamente immessi nelle funzioni»; la legge n. 317 del 1993 è stata inserita, in coincidenza con i fatti sopra descritti, nell'elenco delle leggi da sopprimere poiché considerata superata e inutile; in un articolo pubblicato in data 9 luglio 2008 su Il Corriere della Sera, a firma di Gian Antonio Stella, si leggeva quanto segue: «Ricordate Edoardo Longarini, era famoso negli anni ’80. La facilità con cui riusciva ad avere dai protettori politici «piacerini» incredibili come il riconoscimento di un anno lavorativo di soli 180 giorni (tre e mezzo a settimana) con il risultato che arrivò a ottenere 29 anni e un mese di tempo per costruire una strada di 4 chilometri. L'inserimento in un decreto di due righe che, in contrasto con tre leggi precedenti, toglievano dei lavori all'ANAS per darli a lui. Due righine infilate in un decreto sullo smaltimento delle arance invendute in Sicilia. Quella volta il regaluccio, scoperto all'ultimo istante, saltò per un solo voto: 171 a 170. Ma oggi (...), Edoardo Longarini sta per essere benedetto di nuovo da una nuova leggina ad hoc. Nel calderone delle norme da «disboscare», infatti, una misteriosa manina ha inserito la legge 317 del 1993»; a seguito della pubblicazione del Il Corriere della Sera, numerosi parlamentari protestarono vivamente e il Ministro per la semplificazione normativa pro temporeCalderoli rimediò alla 16 definita «svista», evitando la soppressione della legge; come risulta dall'elenco «pubblicità incarichi conferiti e autorizzati dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa» in data 6 novembre 2008, è stato affidato al professore Pasquale De Lise l'incarico di presidente del collegio arbitrale per la risoluzione della controversia tra il signore Edoardo Longarini e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nominato dalle parti per un petitum di 300.000.000 euro (trecento milioni di euro). Oltre al presidente De Lise, dovrebbero far parte del collegio arbitrale anche il professor Aldo Pezzana e l'avvocato Aurelio Vessichelli; il professore De Lise, era, all'epoca della nomina, presidente aggiunto del Consiglio di Stato e nel 2012 è stato indicato, dal Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, Corrado Passera, nella terna delle personalità da valutare per la carica di presidente della nascente autorità indipendente sui trasporti, mentre l'avvocato Vessichelli fa parte dell'Avvocatura generale dello Stato; ad avviso degli interpellanti, nel periodo 2007 e 2008 (Ministri delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore Di Pietro e Matteoli), il signor Longarini ha dato corso agli arbitrati contro il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sono stati costituiti i collegi che, presumibilmente, hanno concluso o si apprestano a concludere i propri lavori e a stabilire se e quanto spetti alle parti; riguardo all'arbitrato sul piano di ricostruzione di Macerata, in base ad un articolo di stampa su Il Corriere della Sera del 10 gennaio 2012 dal titolo «Tutti i super incarichi del tecnico trasversale», allusivamente rivolto al professore Malinconico, il giornalista Sergio Rizzo scriveva: «il costruttore Edoardo Longarini, come noto alle cronache di Tangentopoli, aveva attivato un arbitrato per il vecchio Piano di ricostruzione di Macerata chiedendo allo Stato 70 milioni di euro. La clausola era nel contratto e il Ministro Di Pietro era con le spalle al muro. Nominò come proprio arbitro l'Avvocato dipietrista Domenico Condello. Longarini designò invece l'ex amministratore di Autostrade Vito Gamberale. I due arbitri di parte nominarono quindi di comune accordo come presidente del collegio il nostro Carlo Malinconico. Una scelta si disse «di garanzia». Ma che non mancò di suscitare polemiche. Anche perché un Segretario Generale di Palazzo Chigi, nelle vesti di arbitro in una controversia privata, non si era mai visto»; riguardo all'arbitrato presieduto dal professore De Lise, l'entità è pubblicata sul sito degli incarichi pubblici ed è di 300 milioni di 17 euro; non si conosce, invece, l'entità della somma richiesta per il piano di ricostruzione di Ariano Irpino; ad avviso degli interpellanti, visti gli esiti degli arbitrati che hanno visto lo Stato soccombere per oltre il 95 per cento degli stessi, e in innumerevoli casi per somme superiori a quelle richieste dalle controparti private, si può supporre che la richiesta allo Stato si potrebbe avvicinare a un miliardo di euro; la legge n. 317 del 1993, in vigore prima della costituzione dei collegi arbitrali di cui sopra, esplicitamente prevede che: «I lavori relativi a lotti di piani di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, sono contabilmente definiti con riferimento allo stato di avanzamento dei lavori esistente alla data di emanazione del decreto di annullamento. Il comma 3 dell'articolo 2 della legge 12 agosto 1993, n. 317, va interpretato nel senso che per le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori»; di recente sono emersi ulteriori atti che possono mettere a serio rischio la politica annunciata dal Governo; secondo alcuni articoli di stampa pubblicati sui quotidiani Il Corriere Adriatico e Il Messaggero cronache di Ancona e sul mensile Panorama del 24 maggio 2013, la guardia di finanza, su mandato della procura della Repubblica di Roma, in seguito ad un esposto presentato da un consigliere regionale, ha effettuato ripetute visite presso gli uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed acquisito documentazione riferita agli arbitrati oggetto dell'interpellanza. L'entità del contenzioso in cui lo Stato sarebbe soccombente ammonterebbe a circa 1,5 miliardi di euro, ovvero una somma pari al costo degli ammortizzatori sociali a favore di 500.000 lavoratori italiani per un periodo di 36 mesi; risulta agli interpellanti che è stato emanato il lodo arbitrale definitivo n. 142 del 2009, reso esecutivo con decreto emesso in data 28 settembre 2010 (r.g. 12682/10), lo stesso con cui si rendeva esecutivo il lodo per il piano di ricostruzione di Ariano Irpino; risulta altresì agli interpellanti che, con riferimento ai piani di ricostruzione di Ariano Irpino e Macerata, il signore Edoardo Longarini, con atto di precetto del 23 febbraio 2011, notificato il 18 1o marzo 2011, ha intimato il pagamento di 254.236.165,43 euro e a tale atto di precetto è seguito, in data 18 marzo 2011, notificato il 6 aprile 2011, un atto di pignoramento per la cifra di 381.354.248,14 euro; successivamente, a seguito della rideterminazione dell'importo effettuata dall'ufficio centrale di bilancio e sulla base del parere dell'Avvocatura generale dello Stato, è stato emesso un decreto di pagamento (n. 7630 del 2 maggio 2011) mediante la speciale procedura in conto sospeso per l'importo di 250.097.010,94 euro; risulta altresì agli interpellanti che per il piano di ricostruzione di Ancona sono stati emanati il lodo parziale in data 26 marzo 2012 e il lodo definitivo in data 20 luglio 2012, non ancora esecutivo, con cui il collegio arbitrale, composto dal presidente Pezzana e dagli arbitri Longobardi e Vessichelli, ha deciso: «1. liquida in favore del signor Edoardo Longarini la complessiva somma risarcitoria di 1.201.105.077 euro, in corrispondenza della condanna del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; 2. condanna il MIT al pagamento in favore di Edoardo Longarini di metà delle spese, diritti ed onorari di lite, che liquida per intero in 4.000.000 di euro oltre a spese generali, IVA e C.P.A.; 3. dispone che le spese di funzionamento del Collegio arbitrale, gli onorari degli arbitri, il compenso dei segretari, le spese e gli onorari del C.T.U., da liquidarsi con separate ordinanze, con obbligo di solidarietà siano poste a metà tra il MIT e il signor Longarini»; risulta altresì agli interpellanti che il collegio arbitrale ha emesso un'ordinanza che dispone la liquidazione agli arbitri, ai segretari e per le spese di funzionamento del collegio arbitrale. La direzione generale per gli affari generali ed il personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con nota 5894/u del 21 novembre 2012, ha ritenuto che «le ingenti richieste del collegio: 12.000.000 di euro per gli arbitri, 1.200.000 euro per i segretari e 620.000 euro per il CTU (al netto di IVA, oneri previdenziali e C.P.A.), non corrispondono assolutamente a quanto effettivamente liquidabile in applicazione della vigente normativa» e ha chiesto di revocare la suddetta ordinanza, rideterminando le somme da liquidare sulla base di parametri fissati in base a quanto disposto dal codice dei contratti pubblici (articolo 241 del decreto legislativo n. 163 del 2006); non sembra agli interpellanti che sia stata osservata la legge n. 317 del 1993: «i lavori relativi a lotti di piani ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, sono contabilmente 19 definiti con riferimento allo stato di avanzamento dei lavori esistente alla data di emanazione del decreto di annullamento»; «le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione, annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, perdono efficacia e la definizione contabile deve essere effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di esecuzione dei lavori»; «dalla data di entrata in vigore della legge cessano di avere efficacia le disposizioni riferite ai piani di ricostruzione» –: quali iniziative concrete e immediate si intendano assumere per impedire un esborso per una cifra enorme (oltre 1,5 miliardi di euro), non dovuto ai sensi della citata legge n. 317 del 1993 e per recuperare i 250 milioni di euro pagati in conto sospeso dallo Stato al signor Longarini; se intenda contrastare e come «le ingenti richieste» dei collegi arbitrali come quello riferito ad Ancona per 12.000.000 euro ai tre arbitri, 1.200.000 euro per i segretari e 620.000 euro per il consulente tecnico d'ufficio. (2-00137) § 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/003243 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-00324, presentato da AGOSTINELLI Donatella, testo di Giovedì 29 aprile 2013, seduta n. 10: AGOSTINELLI,TERZONI, SIMONE,VALENTE, SARTI, VIGNAROLI, SEGONI, BALDASSARRE, COLLETTI, CECCONI e FANTINATI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che: con disciplinare del 12 novembre 1964, n. 3758, vennero affidati in concessione alla Srl Adriatica Costruzioni i lavori del 1o e 2o lotto del piano di ricostruzione della città di Macerata; con ulteriore disciplinare del 15 dicembre 1975, vennero affidati in concessione alla medesima società anche i lavori del 3o, 4o e 5o lotto del piano 3http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1574&stile= 7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT TA%27 20 di ricostruzione di Macerata; con domanda di arbitrato, notificata in data 25 giugno 2007, il signor Edoardo Longarini, in qualità di unico socio assegnatario di tutti i rapporti facenti capo alla suddetta società posta in liquidazione, ha avviato un contenzioso riguardante il suddetto rapporto concessorio per la realizzazione del piano di ricostruzione di Macerata; con questo atto, il signor Edoardo Longarini ha designato quale arbitro di parte l'ingegner Vito Gamberale; l'Avvocatura generale dello Stato con atto di declinatoria della competenza arbitrale, datato 2 luglio 2007, nel richiamare la sentenza n. 152 del 1996 della Corte Costituzionale, che consente alla parte cui è notificata la domanda di poter declinare la competenza arbitrale e nell'attestare l'intenzione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di avvalersi della relativa facoltà, ha, di conseguenza, declinato la competenza arbitrale in ordine alla suddetta controversia; inspiegabilmente, in data 26 giugno 2007, ovvero il giorno successivo alla domanda di arbitrato, è stato sottoscritto a firma delle parti (Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore e Longarini), il verbale di nomina quale arbitro di parte ministeriale l'avvocato Domenico Condello nonché in veste di Presidente del collegio arbitrale, il professor Carlo Malinconico: atto redatto e sottoscritto alle ore 10,30 presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con il quale «le Parti concordano nel deferire ad arbitri la controversia nel designare – così come designano con il presente verbale – il professor Carlo Malinconico quale terzo arbitro con funzione di Presidente, ai fini della risoluzione della controversia insorta come in epigrafe indicata»; ancor più sorprendentemente, in pari data, mezz'ora dopo la nomina del presidente, il collegio arbitrale, si è costituito ex articolo 809 codice di procedura civile, designando e accettando, quale terzo arbitro con funzione di presidente, il professor Carlo Malinconico; con il verbale di costituzione del collegio arbitrale, si è anche proceduto alla nomina dell'ufficio di segreteria, cui sono stati preposti la signora Rita Rufini e il signor Guglielmo Marconi, che hanno accettato l'incarico e sono stati immessi immediatamente nelle loro funzioni; con ordinanza datata 16 luglio 2007, il presidente Malinconico ha disposto la nomina dell'avvocato Sergio Fidanzia, quale terzo segretario del collegio arbitrale; il professor Carlo Malinconico all'epoca dei fatti esercitava le funzioni di segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri; l'ingegner Vito Gamberale all'epoca dei fatti era 21 amministratore delegato di Fondo 2 infrastrutture (F2i), costituito a cura del Ministro dell'economia e delle finanze, di natura pubblica; l'avvocato Domenico Condello, all'epoca dei fatti, tra gli altri incarichi, era docente presso le università di Urbino e di Roma «La Sapienza» e «Roma tre», nonché giudice costituzionale aggregato (eletto dal Parlamento in seduta comune il 5 luglio 2006); alla luce dei suddetti elementi, emergono, ad avviso degli interroganti: l'incoerenza con quanto dichiarato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, nel corso di un'intervista pubblicata sul Sole 24 ore in data 7 settembre 2007, nonché l'incompatibilità con la legge finanziaria 2008, di procedere alla definizione delle controversie interessanti i contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi mediante il collegio arbitrale. Ciò che rileva ancor di più è: il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore non ha nemmeno atteso che l'organo di difesa dello Stato potesse – nei 20 giorni previsti dalla legge – così come in concreto effettuato, declinare la competenza arbitrale. Infatti, l'Avvocatura generale dello Stato, in data 2 luglio 2007: «DECLINA la competenza arbitrale in relazione alla controversia introdotta con domanda notificata il 26 giugno 2007 ed invita la controparte a proporre le proprie domande e istanze avanti al Giudice Ordinario secondo le vigenti norme di rito»; l'avventatezza del contenzioso, promosso da Longarini, è evidenziata dalla circostanza che, nel 1999, il Parlamento ha approvato una norma d'interpretazione autentica della legge n. 317 del 1993, disponendo: «che per le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministero dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori»: disposizione questa, ad avviso degli interroganti, giammai presa in considerazione per contrastare categoricamente la fondatezza delle pretese del Longarini; inoltre, va considerato che – il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore ha espressamente sottoscritto la nomina del terzo arbitro con funzioni di presidente – unitamente alla controparte – facendo espressa menzione dell'accettazione («concordano») di deferire agli arbitri la controversia, senza attendere che, come sopra visto, l'Avvocatura 22 dello Stato potesse esercitare la facoltà di declinatoria; infine, va detto che – in un secondo momento, il professor Carlo Malinconico ha rinunciato all'incarico. La controversia, in data 27 giugno 2008, veniva trasferita al medesimo collegio arbitrale (presidente avvocato Vincenzo Nunziata, arbitro l'ingegner Vito Gamberale, arbitro l'avvocato Ignazio Messina) già costituito per la risoluzione della vertenza relativa al comune di Ariano Irpino e ciò «in ragione della suddetta attinenza di questioni giuridiche e tecniche, e pertanto per ragioni di economicità, speditezza ed efficienza della procedura arbitrale»; con il verbale di costituzione del collegio arbitrale (27 giugno 2008), si è anche proceduto alla nomina dell'ufficio di segreteria, cui sono stati preposti la dottoressa Maria Caterina Giuffrè e confermati i signori Rita Ruffini e Guglielmo Marconi già nominati dal precedente Collegio arbitrale: «Tutti accettano l'incarico e vengono immediatamente immessi nelle funzioni»; non può sfuggire agli interroganti la coincidenza che negli stessi giorni, la legge n. 317 del 1993, viene inserita nell'elenco delle leggi da sopprimere, come ormai superate e inutili. A tale proposito vale la pena di citare alcuni brani di un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 9 luglio 2008, a firma di Gian Antonio Stella, che tra l'altro afferma: «Ricordate Edoardo Longarini, era famoso negli anni 80. La facilità con cui riusciva ad avere dai protettori politici «piacerini» incredibili come il riconoscimento di un anno lavorativo di soli 180 giorni (tre e mezzo a settimana) col risultato che arrivò a ottenere a 29 anni e un mese di tempo per costruire una strada di 4 chilometri. L'inserimento in un decreto di due righe che, in contrasto con tre leggi precedenti, toglievano dei lavori all'Anas per darli a lui. Due righine infilate in un decreto sullo smaltimento delle arance invendute in Sicilia. Quella volta il regaluccio, scoperto all'ultimo istante, saltò per un solo voto: 171 a 170. Ma oggi (...), Edoardo Longarini sta per essere benedetto di nuovo da una nuova leggina ad hoc. Nel calderone delle norme da «disboscare», infatti, una misteriosa manina ha inserito la legge n. 317 del 1993»; come è noto, a seguito della pubblicazione del Corriere della Sera, numerosi parlamentari protestarono vivamente e il Ministro Calderoli rimediò, alla definita «svista», evitando la soppressione della legge anche se nessuno sa ancora chi l'avesse inserita tra le norme da sopprimere. Si tratta di una legge che era vigente prima e comunque nel periodo in cui sono stati costituiti i collegi arbitrali; 23 inoltre, come risulta dall'elenco «Pubblicità incarichi conferiti e autorizzati dal consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, in data 6 novembre 2008, è stato affidato al professor Pasquale De Lise, l'incarico di presidente del collegio arbitrale per la risoluzione della controversia tra il signor Edoardo Longarini e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nominato dalle parti per un petium di euro 300.000.000 (trecento milioni di euro)». Si può supporre, ad avviso degli interroganti, che l'arbitrato potesse riguardare il piano di ricostruzione di Ancona, anch'esso soppresso con la citata legge n. 317 del 1993, al pari di quelli di Ariano Irpino e Macerata; oltre al Presidente De Lise, dovrebbero far parte del collegio arbitrale il professor Aldo Pezzana e l'avvocato Aurelio Vessichelli; il professor De Lise era presidente aggiunto del Consiglio di Stato. Nei mesi scorsi il Ministro pro tempore Corrado Passera l'ha indicato nella terna delle personalità per la carica di presidente della nascente Autorità indipendente sui trasporti. Terna che non è stata accolta dalle Camere; l'avvocato Vessichelli fa parte dell'Avvocatura generale dello Stato; da quanto sopra esposto, ad avviso degli interroganti, in sostanza risulta che nel periodo 2007 e 2008 (Ministri pro tempore Di Pietro e Matteoli), il signor Longarini ha dato corso agli arbitrati contro il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; che sono stati costituiti i collegi i quali, presumibilmente hanno concluso o si apprestano a concludere i propri lavori e a stabilire se e quanto spetti alle parti; si conosce solo parzialmente l'entità del petium: a) riguardo all'arbitrato sul piano di ricostruzione di Macerata in base ad un articolo di stampa sul Corriere della Sera del 10 gennaio 2012, dal titolo, rivolto al professor Malinconico, «tutti i super incarichi del tecnico trasversale», il giornalista Sergio Rizzo scrive: «il costruttore Edoardo Longarini, nome noto alle cronache di Tangentopoli, aveva attivato un arbitrato per il vecchio Piano di ricostruzione di Macerata chiedendo allo Stato 70 milioni di euro. La clausola era nel contratto e il Ministro Di Pietro era con le spalle al muro. Nominò come proprio arbitro l'avvocato dipietrista Domenico Condello. Longarini designò invece l'ex amministratore di Autostrade Vito Gamberale. I due arbitri di parte nominarono quindi di comune accordo come presidente del collegio il nostro Carlo Malinconico. Una scelta si disse «di garanzia». Ma che non mancò di suscitare polemiche. Anche perché un Segretario Generale 24 di Palazzo Chigi, nelle vesti di arbitro in una controversia privata, non si era mai visto; b) riguardo all'arbitrato presieduto dal professor De Lise l'entità è pubblicata sul sito degli incarichi pubblici ed è di 300 milioni di euro; c) non si conosce l'entità della somma richiesta per il piano di ricostruzione di Ariano Irpino; ad avviso degli interroganti, visti gli esiti degli arbitrati che hanno visto lo Stato soccombere per oltre il 95 per cento degli stessi, e in innumerevoli casi per somme superiori a quelle richieste dalle controparti private si può supporre, ovviamente con ampia facoltà di sbagliare, che la richiesta allo Stato si potrebbe avvicinare a un miliardo di euro; e pensare che la legge n. 317 del 1993, è esplicita: «I lavori relativi a lotti di piani di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, sono contabilmente definiti con riferimento allo stato di avanzamento dei lavori esistente alla data di emanazione del decreto di annullamento. Il comma 3 dell'articolo 2 della legge 12 agosto 1993, n. 317, va interpretato nel senso che per le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori»; si tratta di una legge che era vigente prima e comunque nel periodo in cui sono stati costituiti i collegi arbitrali; appare agli interroganti non compatibile con il suo ruolo di «giudice costituzionale aggregato» l'esercizio da parte dell'avvocato Condello di funzioni retribuite da soggetti privati, in disparte ogni altra considerazione sulla difficile situazione di incompatibilità con l'esercizio della sua funzione giudicante della Corte costituzionale, tenuto conto anche della sua colorazione politica –: se il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro interrogato siano a conoscenza dei fatti suesposti e se risulti agli atti quali siano i motivi che hanno indotto il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore – senza preventivamente richiedere all'Avvocatura generale dello Stato il proprio parere sulla declinatoria del collegio arbitrale – a sottoscrivere la nomina dei componenti ministeriali del collegio stesso, come sopra specificati, 25 per far espressamente deferire agli arbitri la soluzione della controversia con la nomina congiunta del terzo arbitro con funzioni di presidente; se sia stata acquisita preventivamente l'autorizzazione allo svolgimento dell'incarico da parte del competente organo delle università di appartenenza a favore dell'avvocato Domenico Condello; se non sia inopportuno che il professor Carlo Malinconico, investito della rilevante funzione di segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, chiamato sovente a risolvere, in veste di assoluta indipendenza, questioni interessanti soggetti privati abbia potuto rivestire il suddetto ruolo di presidente del collegio arbitrale; se, parimenti, il signor Edoardo Longarini potesse nominare, quale arbitro di parte, l'ingegner Vito Gamberale e se questi potesse accettare l'incarico, stante il suo ruolo di amministratore pubblico che impone la massima indipendenza nei confronti di soggetti privati, specie se operanti nel settore delle opere pubbliche con conseguente divieto di assumere, a sfavore della pubblica amministrazione, il ruolo di difensore di interessi privati, ad elevata incidenza economico-patrimoniale; se risulti quali siano le ragioni che hanno determinato i contenziosi riguardanti i rapporti concessori per i piani di ricostruzione delle città di Ancona, Ariano Irpino e Macerata, che sono state annullati nel 1992 dal Ministro dei lavori pubblici pro tempore, nonché dalla legge n. 317 del 1993, precisando l'ammontare dei compensi comunque erogati a qualsiasi titolo alla Società Adriatica Costruzioni e alla Società Adriatica Costruzioni di Ancona; quale sia la consistenza economica dell'attuale contenzioso che sarà definito dai collegi arbitrali, in relazione al quale non è difficile prevedere (come avviene nella quasi totalità dei casi), la condanna dello Stato con correlato arricchimento della controparte privata; se risulti quali siano le ragioni che hanno indotto alla nomina nell'ufficio di segreteria del Collegio arbitrale in questione della signora Rita Ruffini, segretaria del capo di gabinetto, e del signor Guglielmo Marconi segretario del vice capo di gabinetto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, e in base a quale titolo professionale dal momento che successivamente è stato nominato in qualità di segretario l'avvocato Fidanzia, operante, non molto tempo addietro, nello studio legale del professor Malinconico; se risulti quali siano le ragioni che hanno indotto il 26 Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore a non rispettare e a non far rispettare il disposto dell'articolo 44 della legge 17 maggio 1999, n. 144, che in modo indiscutibile, mette fine ad ogni pretesa risarcitoria della Società Adriatica Costruzioni del signor Longarini e che ad avviso degli interroganti inspiegabilmente il Ministro si avvia ad assecondare; se risultino le ragioni per le quali il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, che si è proclamato contrario all'istituto dell'arbitrato – tanto da farsi portatore della corrispondente norma esistente nella vigente legge finanziaria 2008 – abbia nella fattispecie espressamente devoluto la soluzione della controversia agli arbitri, senza nemmeno dare la possibilità all'Avvocatuta dello Stato di esercitare pienamente la propria funzione; se risulti quali siano le ragioni della somma urgenza con le quali dopo la notifica della domanda di arbitrato, si sia, il giorno successivo, proceduto alla nomina dell'arbitro in rappresentanza dell'amministrazione (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) ed alla sottoscrizione dell'accordo di nomina del terzo arbitro con funzioni di presidente; se risulti quali siano le ragioni per le quali non sia stato demandato all'arbitro dell'amministrazione (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avvocato Condello) la scelta, unitamente con l'arbitro di parte privata, del presidente ed, in mancanza di accordo, all'organo istituzionale preposto; se risulti quali siano le ragioni della successiva rinuncia all'incarico del professor Carlo Malinconico; quali siano le conclusioni del collegio arbitrale (pres. Nunziata, arbitro Gamberale, arbitro Messina) e la consistenza economica dell'attuale contenzioso, avviato con domanda di arbitrato dal signor Edoardo Longarini, per la risoluzione della controversia insorta in ordine al rapporto concessorio di cui ai decreti ministeriali n. 4923 del 13 novembre 1964 (relativo al I e II lotto) e 4370 del 17 dicembre 1975 (III, IV e V lotto) per la realizzazione del piano di ricostruzione adottato dal comune di Macerata; quali siano le conclusioni del collegio arbitrale (pres. Nunziata, arbitro Gamberale, arbitro Messina) e la consistenza economica dell'attuale contenzioso, avviato con domanda di arbitrato dal signor Edoardo Longarini) per la risoluzione della controversia insorta in ordine al rapporto concessorio di cui al decreto ministeriale 6100/6101 del 27 1 dicembre 1972 per la realizzazione del piano di ricostruzione del comune di Ariano Irpino; quali siano le conclusioni del collegio arbitrale (pres. De Lise, professor Pezzana e avvocato Vessichelli); se lo Stato, ovvero i Ministri interrogati, in proprio, o anche per mezzo dei propri difensori e dell'Avvocatura dello Stato, intendano eccepire l'incompetenza degli arbitrati e far rispettare la legge. (400324)” § 4. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/008574 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-00857, presentato da AGOSTINELLI Donatella, testo di Giovedì 13 giugno 2013, seduta n. 10: BALDASSARRE, BECHIS, CIPRINI, COMINARDI, RIZZETTO, ROSTELLATO, TRIPIEDI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: l'ISTAT ha pubblicato il Report annuale 2013 «La situazione del Paese», nel quale emerge che nel 2012, in presenza di una flessione del prodotto interno lordoreale del 2,4 per cento, il potere d'acquisto delle famiglie è diminuito del 4,8 per cento; la situazione risulta preoccupante se si considera che il reddito disponibile delle famiglie, al netto dell'inflazione, è ritornato a un livello pari a quello di venti anni fa; l'incidenza delle imposte correnti sul reddito disponibile alle famiglie è salita al 16,1 per cento: si tratta del livello più alto dal 1990; l'aumento dell'aliquota Iva dal 20 al 21 per cento applicato a settembre 2011 e le variazioni delle accise sui carburanti intervenute a partire dal 2011 hanno prodotto un costo maggiore per le famiglie con livelli di spesa medi di circa lo 0,9 per cento, rispetto a quelle con livelli di spesa più elevati; la notevole diminuzione del reddito 4http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2318&stile= 7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT TA%27 28 disponibile delle famiglie ha portato ad un forte calo della spesa per i consumi (-1,9) e che allo stesso tempo si è avuta una riduzione della propensione al risparmio, fino a toccare il minimo storico dell'8,2 per cento; tutto questo porta ad un generico impoverimento con notevoli effetti negativi anche sulla dimensione psicologica della popolazione, creando elementi di frattura nel tessuto sociale e sfiducia verso qualsiasi azione di politica economica e del lavoro; ad avviso dell'interrogante, le politiche a favore della famiglia, dovrebbero porre rimedio al fenomeno messo in evidenza dal Rapporto ISTAT 2013 attraverso riforme organiche e complessive in grado di intervenire «prima» che la situazione dell'individuo o del nucleo familiare raggiunga un livello di criticità elevato –: quali urgenti e calibrati interventi il Governo intenda assumere per affrontare, in una dimensione complessiva e organica e non semplicemente frammentaria e dovuta alle situazioni imposte dalle emergenze, il problema della povertà che sta colpendo sempre più cittadini e famiglie italiane; quali interventi il governo intenda assumere per restituire fiducia e dignità ai cittadini, per quanto concerne il mondo del lavoro, la congruità del lavoro che viene intrapreso e il sostegno dell'individuo stesso nei periodi di transizione da un lavoro all'altro. (4-00857) § 5. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/013355 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01335, presentato da AGOSTINELLI Donatella, testo di Venerdì 19 luglio 2013, seduta n. 56: BARBANTI, CANCELLERI, MANNINO, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, DE ROSA, D'UVA, MASSIMILIANO BERNINI, DELLA VALLE, CECCONI, LOMBARDI,RUOCCO e NESCI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: 5http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4228&stile= 7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT TA%27 29 venerdì 12 luglio 2013 presso la rinomata città turistica di Scalea, i Carabinieri del comando provinciale di Cosenza, guidati dal colonnello Francesco Ferace, unitamente ai ROS, hanno fatto scattare l'operazione Plinius che ha prodotto l'arresto di 38 persone con altre 21 denunciate a piede libero; i Carabinieri hanno provveduto all'arresto del sindaco di Scalea, Pasquale Basile, di cinque dei sei assessori componenti la giunta, di diversi tecnici comunali e delcomandante della polizia municipale; tra i reati contestati, con l'aggravante mafiosa, sono ricompresi: l'associazione a delinquere, il concorso esterno, la corruzione, la turbativa d'asta, le minacce e il sequestro di persona; per quanto riportato dal Quotidiano della Calabria del 13 luglio 2013, gli inquirenti sostengono che il sindaco sia il perno sul quale ruota tutta l'attività criminale avente ad oggetto i grandi appalti: rifiuti, porto, aree demaniali, parcheggi a pagamento; sembrerebbe che una serie di atti amministrativi comunali seguivano una logica criminale fatta di autorizzazioni compiacenti, appalti truccati e/o turbative d'asta; il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Antonio Vincenzo Lombardo, ha messo in risalto come al centro dell'indagine (cosa ribadita anche dal procuratore aggiunto Borrelli) non ci sia lo scambio di voti ma l'amministrazione del comune di Scalea da parte della ’ndrangheta; contro chi provava a svolgere con correttezza il proprio incarico si scaricavano violenze e/o pesanti intimidazioni; risulta all'interrogante che da più di due anni sia stata completata ma non risulta utilizzata la nuova sede della caserma dei Carabinieri nel comune di Cetraro, nonostante l'intervento del Consiglio regionale della Calabria, che nella seduta del 25 marzo 2013, mediante un apposito ordine del giorno in merito alla sua mancata operatività, ha invitato «la Giunta Regionale a mettere in atto tutte le azioni necessarie per superare gli impedimenti in essere e di rappresentare al Ministro dell'interno l'urgente necessità delle popolazioni del Tirreno cosentino ad avere in tempi brevi un presidio di legalità certo ed efficiente –: quali mezzi si intendano predisporre per combattere queste commistioni tra politica e criminalità organizzata, visto che la spending review ha portato alla chiusura di molti tribunali; se e come intenda rafforzare i presidi delle forze di pubblica sicurezza visto che tra Tortora e Campora San Giovanni (120 chilometri di costa) sono presenti solo un commissariato e due compagnie di carabinieri; quali misure intenda assumere per 30 provvedere alla tempestiva apertura della suddetta sede della Caserma dei Carabinieri. (4-01335) § 6. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/005956 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-00595, presentato da BECHIS Eleonora, testo di Lunedì 27 maggio 2013, seduta n. 23: BECHIS, LABRIOLA, ROSTELLATO, BALDASSARRE, CIPRINI, COMINARDI, TRIPIEDI, RIZZETTO, CASTELLI, CHIMIENTI, DELLA VALLE, CRIPPA, DADONE. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che: al fine di porre in essere misure che rispondessero al problema persistente del precariato nella pubblica amministrazione, con legge n. 296 del 2006 (finanziaria per il 2007), articolo 1, comma 560, si disponeva che le singole pubbliche amministrazioni potessero avviare dei processi di stabilizzazione per il proprio personale precario non dirigenziale rispondendo sia ai principi costituzionali, di cui all'articolo 97 Costituzione, comma 3 (Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge») sia legislativi (l'articolo 35, del decreto legislativo n. 165 del 2001, in tema di accesso al pubblico impiego tramite concorso pubblico, riconosce una riserva al personale da tempo impiegato con contratti precari nel pubblico impiego); la regione Piemonte recepiva quanto disposto a livello statale con la legge regionale n. 9 del 2007 (legge finanziaria 2007), prevedendo, all'articolo 36, che la regione attivasse un processo di stabilizzazione del personale precario nei limiti e nelle modalità previste dalla legge 296 del 2006, e che la giunta regionale, attraverso un confronto con le organizzazioni sindacali, e sentita la commissione consiliare competente, predisponesse un piano per dare attuazione alla stabilizzazione del personale di cui è caso; 6http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2056&stile= 7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT TA%27 31 con D.G.R. n. 25-6653 del 3 agosto 2007 veniva istituita una commissione bilaterale al fine di affrontare la problematica e proporre criteri per attuare il piano di stabilizzazione del personale di cui è caso, sui cui rilievi, in data 27 dicembre 2007, veniva siglato un protocollo d'intesa tra la giunta regionale e le organizzazioni sindacali con il quale si prevedeva l'attivazione, entro marzo 2008, di 3 selezioni pubbliche per titoli ed esami per le assunzioni a tempo determinato per personale di categorie D1, C1 e B1, ai sensi dell'articolo 1, comma 560, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria per il 2007); con determina dirigenziale n. 550 del 30 aprile 2008 venivano bandite le selezioni pubbliche di cui al paragrafo precedente, in conformità a quanto disposto all'articolo 1, comma 560, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria per il 2007) nella quale si prevedeva l'applicazione di una riserva del 60 per cento dei posti, sempre ai sensi della citata legge; con determinazioni dirigenziali n. 34 del 26 gennaio 2009, n. 411 dell'8 aprile 2009, e n. 673 del 9 giugno 2009, venivano approvate rispettivamente le graduatorie delle selezioni di cui al paragrafo precedente, rispettivamente per n. 7 posti per personale di categoria B1, 53 posti per personale di categoria C1 e n. 180 posti per personale di categoria D1, dove, su un totale di 240 posti, solamente 55 furono quelli che usufruirono di riserva, mentre 185 vincitori risultavano esterni all'amministrazione, a ragione del principio di pubblico accesso nella pubblica amministrazione; tale personale veniva da prima assunto con contratto triennale, e poi prorogato, mese di luglio 2012, fino al 31 dicembre 2013, in quanto inserito in un regolare processo di stabilizzazione che ne permetteva la proroga; ad oggi, tale personale, ormai ridotto a 198 unità, non ha ancora visto terminare il percorso di stabilizzazione iniziato nel 2007, e questo a causa di ripetuti ritardi di due diverse giunte regionali che, negli anni, hanno visto mutare lo scenario normativo nazionale; l'allora selezione pubblica venne bandita a tempo determinato in quanto la pianta organica della regione Piemonte non permetteva la stabilizzazione di un numero congruo, di personale entro i limiti temporali stabiliti dall'articolo 1, comma 560, della legge n. 296 del 2006 (finanziaria per il 2007), ma gli atti pubblici a monte, e gli stessi bandi di concorso, richiamavano esplicitamente alla legge sopra menzionata, e pertanto al percorso di stabilizzazione di cui trattasi; tale personale è stato formato dalla regione Piemonte con notevole dispendio di risorse, e le direzioni e i singoli settori in cui operano, con note 32 inviate al presidente della regione e al presidente del Consiglio regionale a firma dei relativi responsabili (9 direttori e 77 dirigenti) ne sottolineano la professionalità e l'indispensabilità, riportando testualmente che «la mancata trasformazione di questi rapporti lavorativi in contratto a tempo indeterminato comporterebbe per le strutture regionali unvulnus irreparabile, con conseguente impossibilità di svolgimento di importanti funzioni fondamentali per il territorio piemontese»; la situazione venutasi a creare presso la regione Piemonte è unica su tutto il territorio nazionale e le evidenti criticità nel percorso seguito dall'amministrazione hanno generato una situazione di danno a carico dei lavoratori vincitori di regolare concorso pubblico nell'ottica di un percorso di stabilizzazione peraltro sancito dalla legge statale –: quali iniziative, anche normative intendano adottare, nell'ambito delle loro competenze, in ordine alle problematiche che ha dato origine alla situazione dei 198 precari a tempo determinato della regione Piemonte, affinché sia pienamente riconosciuto il loro affermato diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro in contratto a tempo indeterminato, considerando altresì che la mancata stabilizzazione, oltre al vulnus giuridico verso i lavoratori, comporterebbe grave nocumento alla regione stessa, impossibilitata ad erogare regolarmente i servizi dovuti alla collettività, nei settori in cui detto personale opera. (4-00595) § 7. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/012077 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01207, presentato da BECHIS Eleonora, testo di Mercoledì 10 luglio 2013, seduta n. 50: BECHIS, BALDASSARRE, COMINARDI, ROSTELLATO, TRI PIEDI, CIPRINI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che: 7http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2668&stile= 7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT TA%27 33 da quanto denunciato dal comune di Cavagnolo (Torino) si apprende che: nel 1946 si è insediata a Cavagnolo un'azienda denominata SACA (Società anonima cemento amianto) successivamente diventata succursale della ETERNIT di Casale Monferrato; le organizzazioni sindacali con la camera del lavoro di Casale Monferrato si sono fatte promotrici di più iniziative legali nei confronti dei principali azionisti di riferimento per ottenere i giusti risarcimenti dovuti alle malattie contratte correlate all'esposizione all'amianto (asbestosi, mesotelioma pleurici e altro); il comune di Cavagnolo si è costituito parte civile in tutti i procedimenti avviati in quanto sede di una filiale dell'Eternit che nel massimo regime di lavorazioni ha raggiunto i 300 dipendenti circa; il processo più importante si è svolto a Torino ed è terminato l'11 febbraio 2012 con la sentenza di 1o grado che ha riconosciuto colpevoli i due imputati Stephan Schmidheiny e Louis de Cartier de Marchienne. Il processo di 2o grado, con sentenza pronunciata lunedì 3 giugno 2013, ha confermato la sentenza di 1o grado nella quale è stato riconosciuto a circa 300 cittadini cavagnolesi, che si erano costituiti parte civile al processo, «il danno da esposizione» poiché residenti nel comune di Cavagnolo negli anni dal 1960 al 1982 e quindi potenzialmente a rischio di contrarre malattie correlate all'amianto; il comune di Cavagnolo ha accettato, con delibera della giunta comunale n. 48 del 30 maggio 2011 l'accordo transattivo proposto dalla BECON A.G. di 2.000.000 di euro finalizzati ad iniziative e progetti per la comunità nel comune di Cavagnolo; il comune di Cavagnolo ha programmato, a novembre 2012, con l'utilizzo della suddetta somma importanti interventi di bonifica da amianto nel territorio comunale; le suddette opere di bonifica non sono realizzabili in quanto il comune, contando circa 2.350 abitanti, non può disporre dei fondi a causa di impedimenti normativi derivanti dal patto di stabilità –: se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto; se sia possibile ad oggi rendere disponibili i fondi destinati alle opere di bonifica da amianto ed in caso contrario quali iniziative, anche normative, intenda assumere il Governo al fine di rendere possibili tali opere. (4-01207). 34 § 8. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/014558 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01455, presentato da BERNINI Massimiliano, testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59: M.BERNINI, BUSTO, DAGA, BENEDETTI, GAGNARLI, TOFALO, PARENTELA, C.IANNUZZI, N.BIANCHI, LUPO. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che: il bacino del lago di Vico è un importante complesso naturalistico e ambientale, costituito riserva naturale parziale dal 1982 con la legge regionale n. 47 del 28 settembre 1982; sulle sponde del lago si trova la cosiddetta Chemical City, un magazzino di materiali difesa NBC (nucleare, batteriologico e chimico) oggetto di fuga di elementi nocivi nonché di diverse bonifiche; in passato, infatti, si sono verificati incidenti che hanno causato la dispersione di alcune delle sostanze chimiche contenute nel sito militare; l'esistenza della Chemical City è rimasta per decenni nascosta, mentre, di fatto si tratta di uno dei più importanti bunker risalente addirittura al periodo fascista di conservazione, caricamento e scaricamento di armi chimiche: iprite mescolata ad arsenico, fosgene; le acque del lago sono utilizzate dagli abitanti dei comuni limitrofi per l'uso potabile e sanitario e associazioni quali ISDE e Legambiente hanno più volte segnalato agli enti preposti lo stato di degrado in cui versa attualmente il lago; è evidente che tale situazione potrebbe determinare (se non ha già determinato), nel medio e lungo periodo, gravi problemi sia per la salute umana che per l'ambiente; diversi studi sulle acque del lago hanno dimostrato che la concentrazione di metalli pesanti e altre sostanze chimiche nelle acque e nel terreno del sito del lago di Vico è al di sopra del livello di guardia –: 8http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4575&stile= 7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT TA%27 35 se intendano fornire l'elenco completo di tutte le bonifiche fino ad oggi effettuate nell'area dell'oasi ecologica del lago di Vico, completo dei bandi di gara laddove ce ne siano stati e dei capitoli di spesa riguardanti costi sostenuti e stanziamenti totali, le bonifiche ancora da effettuare e come si intende procedere; se intendano fornire l'elenco completo di tutte le sostanze chimiche presenti, non più presenti e che hanno transitato anche per un periodo limitato all'interno della così detta Chemical City e il loro grado di pericolosità per la salute umana e per l'ambiente, nonché i dati completi circa le incidenze di malattie e patologie causate dall'esposizione umana alle sostanze presenti all'interno della Chemical City, degli abitanti dei comuni limitrofi e che usufruiscono delle acque del lago di Vico per uso potabile e sanitario ed una comparazione di questi dati con l'incidenza media nazionale delle stesse malattie e patologie; se siano a conoscenza di episodi relativi a versamenti di una qualunque delle sostanze contenute all'interno del sito militare; se vi siano o vi siano stati canali di scolo che dal sito militare immettevano o immettono acque di scarico di qualunque tipo all'interno del lago e se in qualche caso fortuito queste acque siano state contaminate da una qualunque delle sostanze contenute all'interno del sito militare; se siano in grado di valutare il grado di incidenza che abbia avuto il ruolo del magazzino materiali difesa NBC nei valori di metalli pesanti presenti nel sito del lago di Vico e come si intenda procedere per una bonifica dell'intera area naturalistica; se siano in grado di valutare il rischio per la salute umana non in base alla pericolosità singola di ogni sostanza chimica dispersa nella zona, ma tenendo in considerazione più recenti studi internazionali riguardo l'effetto cocktail di sostanze chimiche che, anche se assunte singolarmente in quantità entro i limiti, risultino nocive per la salute umana a causa del suddetto effetto; se intendano mettere gli interroganti a conoscenza dei risultati per quel che riguarda i possibili danni alla fauna o alla flora causati dalla possibile dispersione nella zona di sostanze chimiche o radioattive e qualora suddetti studi non siano mai stati effettuati, di programmare ricerche urgenti in tal senso; se esistano segreti di Stato o militari riguardo le attività svolte all'interno della Chemical City ed eventualmente se intendano 36 rimuovere quelli che riguardano possibili conflitti con l'articolo 32 della Costituzione. (4-01455) § 9. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/018059 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01805, presentato da BERNINI Paolo, testo di Giovedì 12 settembre 2013, seduta n. 76: P.BERNINI, SIBILIA, CORDA, BASILIO, PESCO, CHIMIENTI, CANCELLERI, PISANO. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: la Banca d'Italia è un istituto di diritto pubblico, è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali ed agisce secondo gli indirizzi e le istruzioni della Banca centrale europea; la Banca d'Italia, nell'esercizio delle proprie funzioni e con particolare riferimento a quelle di vigilanza, opera nel rispetto del principio della trasparenza, riferendo del suo operato al Parlamento e al Governo con relazioni semestrali; il Governatore della Banca d'Italia è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d'Italia; il capitale della Banca d'Italia ammonta a 156.000 euro ed è costituito da 300.000 quote di partecipazione nominative di 0,52 euro ciascuna; le quote della Banca d'Italia sono possedute al 94,4 per cento da banche private ed assicurazioni tra cui si vedono in testa Unicredit s.p.a., Intesa s.p.a. e Assicurazioni Generali, e il restante 5,6 per cento da INPS e INAIL per un totale di 60 soggetti; il fenomeno della «vicinanza» che si potrebbe anche definire «sovrapposizione» dei controllati e dei controllori potrebbe aver determinato il fenomeno del risparmio tradito con i crack finanziari 9http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6538&stile= 7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT TA%27 37 e industriali che hanno colpito un milione di famiglie, bruciando almeno 50 miliardi di euro di sudato risparmio con i casi Cirio, Parmalat, Tango Bond, Lehman Brothers, le cui obbligazioni venivano pubblicizzate come sicure sul sito dell'Abi Patti Chiari, assieme ad altri 50 titoli tossici, come ricordato dal presidente dell'ADUSBEF, Elio Lannutti, in un intervista al Fatto Quotidiano del 20 giugno 2013; la legge n. 262 del 2005 all'articolo 19, comma 10, prevedeva la ridefinizione dell'assetto proprietario della Banca d'Italia, dove veniva sancito il trasferimento delle quote detenute dai soggetti privati o enti pubblici precedentemente citati entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero nel 2008 –: quali siano le motivazioni per le quali dal 2008 ad oggi non è stata applicata la suddetta legge n. 262 del 2005, che prevedeva la cessione delle quote della Banca d'Italia da parte degli istituti privati come banche e assicurazioni, di fatto impedendo la riappropriazione pubblica, ovvero dei cittadini, della Banca d'Italia stessa. (4-01805) § 10. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5/0029910 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 5-00299, presentato da BIANCHI Nicola, testo di Martedì 11 giugno 2013, seduta n. 31: NICOLA BIANCHI, DI VITA. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 134 del 2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 166 del 2008), con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2008 Alitalia linee aeree italiane spa è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria ed è stato nominato quale commissario straordinario il professor Augusto Fantozzi; con successivi decreti del Ministro dello sviluppo economico in data 15 e 16 settembre 2008 sono state ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria, con individuazione del commissario 10http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2981&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+C OMMISSIONE%27 38 straordinario nel medesimo professor Fantozzi, anche le società del gruppo Alitalia servizi spa; Alitalia express spa; Alitalia airport spa; Volare spa; l'articolo 15, comma 5, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, ha previsto, «al fine di contenere i tempi di svolgimento delle procedure di amministrazione straordinaria» che nelle grandi imprese in stato di insolvenza il commissario monocratico sia affiancato da due ulteriori commissari; conseguentemente all'entrata in vigore del decreto-legge, il 19 luglio 2011 il commissario straordinario Fantozzi ha presentato le sue dimissioni, ritenendo fosse «venuta meno la fiducia del Governo nei suoi confronti» (comunicato del 19 luglio 2011 in www.alitaliaamministrazionestraordinaria.it); il Consiglio dei ministri ha quindi provveduto, con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 ed 8 agosto 2011 alla nomina a commissari straordinari del professor Stefano Ambrosini, del professor Gianluca Brancadoro e del professor Giovanni Fiori (comunicato del 1 settembre 2011 in www.alitaliaamministrazionestraordinaria.it); in data 18 luglio 2011 (il giorno prima delle dimissioni, quindi) il commissario straordinario Fantozzi aveva depositato presso il Ministero dello sviluppo economico e il Comitato di sorveglianza istanza di autorizzazione ai fini della preposizione dell'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci nella procedura di amministrazione straordinaria relativa ad Alitalia; in base a notizie di stampa l'azione di responsabilità sarebbe stata rivolta, per tre miliardi di euro, nei confronti di quarantatré persone, tra amministratori e sindaci, per la gestione del periodo 2003-2008; peraltro nell'ultima relazione depositata dal commissario Fantozzi, nel febbraio 2011, ci si esprimeva ancora in senso dubitativo sull'opportunità di avviare un'azione di responsabilità poiché «non poteva escludersi che i costi necessari all'istruzione ed all'esercizio delle azioni di responsabilità eccedano, in concreto, l'importo che potrebbe eventualmente recuperarsi a seguito del vittorioso esperimento delle azioni e dell'esecuzione delle relativa condanne» (paragrafo 8.4.2 pagina 246); al riguardo, la prima relazione presentata dai nuovi commissari, nel dicembre 2011, segnala che sull'istanza presentata dal precedente commissario il comitato di sorveglianza, nel corso della seduta del 39 27 luglio 2011, «al fine di evitare che la proponenda azione di responsabilità non sia esposta a possibili eccezioni di genericità e indeterminatezza [...] ha [...] rilevato la necessità di adeguati approfondimenti» con riferimento alla «consumazione o meno dei relativi termini prescrizionali»; «all'individuazione degli specifici fatti dnnosi riferibili a ciascuno»; alla «verifica del criterio di determinazione del danno in relazione al contributo causale apportato da ciascuno dei convenuti» (p. 107); nel frattempo, come segnalato dall'ultima relazione semestrale relativa ad Alitalia linee aeree italiane spa, aggiornata al 31 dicembre 2012, il procedimento penale per bancarotta fraudolenta avviato fin dal 2008 dalla procura della Repubblica di Roma ha concluso la fase delle indagini preliminari con la decisione del 19 febbraio 2013 del giudice per l'udienza preliminare di rinviare a giudizio, fissando per il 18 giugno 2013 la prima udienza dibattimentale innanzi alla IV sezione penale del Tribunale di Roma, in qualità di precedenti amministratori o dirigenti apicali del gruppo Alitalia, Giancarlo Cimoli, Francesco Mengozzi, Gabriele Spazzadeschi, Pierluigi Ceschia, Gennaro Tocci; in tale procedimento i commissari straordinari si sono costituiti parte civile, avanzando una richiesta di risarcimento per 745.274.342,30 euro (paragrafo VI.1 pagine 2729); la medesima relazione annuncia il deposito presso il Ministero dello sviluppo economico e il comitato di sorveglianza di una nuova azione civile di responsabilità contro i medesimi amministratori e dirigenti per un valore di 82.200.000 euro, relativa alla sola società Alitalia linee aeree italiane spa (paragrafo VI.2, pagine 29-31), mentre non si è ritenuto esistessero gli estremi per avanzare eguale istanza con riferimento ad Alitalia servizi (cfr. la relativa relazione, paragrafo VI.2, pagine 22-24); Alitalia Airport (cfr. la relativa relazione, paragrafo V1.2, pagine 16-17); Alitalia Express (cfr. la relativa relazione, paragrafo VI.2, pagina 16) e Volare (paragrafo VI.2, pagine 16-17); l'azione di responsabilità sarebbe prossima alla prescrizione (fra 4 mesi) –: quali siano le differenze tra l'azione di responsabilità prospettata dal precedente commissario Fantozzi e quella avviata dai commissari Ambrosini, Brancadoro e Fiori; quali siano le motivazioni di tali differenze e se il lasso di tempo intercorso tra le due iniziative sia giustificato da ragioni oggettive, anche nell'ottica del rispetto di quel «contenimento dei tempi delle 40 procedure di amministrazione straordinaria delle imprese» che la riforma della gestione commissariale operata con il decreto-legge n. 98 del 2011 intendeva garantire. (5-00299). § 11. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0156911 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01569, presentato da BONAFEDE Alfonso, testo di Venerdì 2 agosto 2013, seduta n. 64: BONAFEDE. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che: l'Aero Club d'Italia è un Ente pubblico non economico finanziato con contributi del CONI, dei Ministeri vigilanti in intestazione (oggi interrogati) e con l'imposizione di tariffe a carico di titolari di attestati e proprietari di apparecchi per il volo da diporto sportivo, quote a carico di affiliati e altri utenti dell'Ente; in data 6 luglio 2013 si sono tenute le elezioni degli organi dell'ente e del suo presidente; tra candidati alla carica di Presidente vi era l'architetto Giuseppe Leoni già senatore della Lega Nord e già commissario dell'AeCI dal 17 dicembre 2010 al 6 luglio 2013. L'incarico avrebbe dovuto avere la durata di soli sei mesi con il compito di procedere soltanto all'adeguamento dello statuto alla cosiddetta legge Brunetta mediante riduzione del numero dei consiglieri federali. L'incarico è durato non sei mesi ma a seguito di ulteriori proroghe ben due anni e mezzo; è opportuno evidenziare che in data anteriore alla nomina del 17 dicembre 2010 l'architetto Leoni ebbe già a ricoprire, a far data dall'anno 2002, le cariche, nell'ordine, di commissario straordinario di AeCI e di successivo presidente di AeCI per due mandati; per quanto sopra detto è appena il caso di accennare che dell'operato del commissario straordinario, architetto senatore 11http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5377&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 41 Giuseppe Leoni la precedente legislatura ha già avuto modo di occuparsi in occasione di circa tredici interrogazioni parlamentari ad opera di quasi tutte le forze politiche e di quattro question time nei quali furono denunziate, apertamente, alcune criticità nella gestione dell'Ente da parte del commissario straordinario; inspiegabilmente alcun provvedimento fu mai preso dai Ministeri controllanti nei confronti dell'architetto Leoni al quale, invece, in occasione dell'emanazione della legge cosiddetta spending review con un emendamento all'articolo 26-bis introdotto in sessione notturna da due esponenti della lega nord, fu rinnovata, addirittura per un ulteriore anno, la carica di commissario e furono conferiti ulteriori poteri; di tale «azione politica» ebbe ad occuparsi la stampa nazionale che, peraltro, già aveva avuto modo di diffusamente dar notizia dei fatti denunciati in Parlamento e di cui sopra; con atto di citazione, recentemente notificato all'esito della procedura istruttoria di rito, la Procura generale presso la Corte dei conti del Lazio ha convenuto in giudizio l'architetto Leoni per danno erariale motivandolo sotto due distinti profili (provati documentalmente) e riservandone un terzo all'esito di ulteriori indagini ad oggi in corso da parte anche della procura della Repubblica di Roma; in tale procedimento la cui prima udienza è fissata per il 17 ottobre 2013, le Federazioni aeronautiche nazionali: Federazione italiana volo ultraleggero, Federazione italiana volo libero, Federazione italiana paracadutismo sportivo, Federazione italiana aero modellismo, Federazione italiana club aviazione popolare sono intervenutead adiuvandum le ragioni della procura presso la Corte dei conti; alcuna iniziativa in tal senso risulta ad oggi da parte di AeCI ente, senz'altro, qualificabile quale dedotto danneggiato dell'operato del convenuto commissario straordinario, architetto Giuseppe Leoni; alla recente tornata elettorale del 6 luglio tenutasi in esecuzione del nuovo statuto dell'Aero Club d'Italia, statuto adottato dal Governo l'architetto Leoni, nuovamente candidatosi è stato rieletto presidente; il direttore generale dell'Aero Club d'Italia avuto conoscenza del fatto che le Federazioni aeronautiche nazionali con proprio comunicato stampa avevano comunicato di essere intervenute nella procedura giudiziaria in essere presso la Corte dei conti, sezione giurisdizionale del Lazio con propria mail del 4 luglio 42 2013 ha definito, testualmente, «pretestuose tutte le denunce presentate dalle Federazioni Aeronautiche Nazionali» asserendo, inoltre, «Si evidenzia, infine, che gli ispettori delle finanze non hanno evidenziato nulla di rilevante nella loro recente ispezione»; tale affermazione appare singolare sotto duplice profilo: proviene dal direttore generale dell'ente danneggiato il quale, anziché notiziare i Ministeri controllanti dell'iniziativa giudiziaria della Corte dei conti invocando le iniziative del caso, tace ogni fatto e apertamente, rivolgendosi agli Aero Clubs federati (elettori alle tornata elettorale del successivo 6 giugno 2013), si schiera apertamente dalla parte del commissario candidato alle elezioni dimenticando che costui e il soggetto che la procura presso la Corte dei conti deduce aver danneggiato l'ente pubblico che egli rappresenta ed i cui interessi anche finanziari dovrebbe tutelare; con tali affermazioni, atteso che ad oggi non vi è notizia alcuna del dedotto esito positivo della citata ispezione delle «finanze», egli di fatto smentisce con argomentazioni suggestive ma del tutto apodittiche le indagini svolte dalla procura della Corte dei conti che, invero, ha fondato l'atto di citazione su riscontri assolutamente documentali. Con ciò sviando il libero convincimento degli elettori cui avrebbe dovuto comunicare fatti oggettivi e non personali considerazioni che, oltretutto, non sono nemmeno pertinenti ai compiti ed alle mansioni del direttore generale; va precisato che la vigente normativa prevede che la nomina del presidente di AeCI e delle altre cariche elette alla tornata del 6 luglio debba essere «ratificata» dai Ministeri controllanti e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri –: se la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli altri Ministeri interrogati fossero a conoscenza delle indagini in essere ad iniziativa della procura della Corte dei conti del Lazio nei confronti del Commissario straordinario, architetto Giuseppe Leoni, per danno erariale arrecato nel periodo in cui egli ha svolto le funzioni di Commissario straordinario dell'ente pubblico Aero Club d'Italia; se la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli altri Ministeri interrogati siano a conoscenza del procedimento per danno erariale incardinato dalla procura della Corte dei conti presso la Corte dei conti, sezione giurisdizionale del Lazio recante il numero di ruolo 73020; se la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli altri Ministeri interrogati siano stati notiziati dall'architetto Giuseppe Leoni e/o dal direttore generale dell'Aero club d'Italia, generale AM Giulio 43 Cacciatore (nominato direttore generale direttamente con propria delibera dal commissario straordinario, architetto Giuseppe Leoni) delle iniziative giudiziarie in essere; se la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli altri Ministeri interrogati intendano costituirsi nel citato procedimento al fine prendere formalmente parte, quali soggetti controllanti l'ente pubblico Aero Club d'Italia, all'accertamento della dedotta responsabilità contabile per danno erariale dell'architetto Giuseppe Leoni; se la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli altri Ministeri vigilanti avuto riguardo alla evidente gravità dei fatti ascritti all'architetto Giuseppe Leoni quale commissario straordinario intendano ratificare o meno la nomina di cui alla votazione assembleare, valutata, anche, la circostanza che l'improvvido intervento del direttore generale dell'ente e di cui in premessa ha certamente sviato il libero convincimento degli elettori in alcun modo messi nella condizione di valutare compiutamente, sotto ogni profilo, la figura del candidato architetto Giuseppe Leoni; se la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli altri Ministeri vigilanti più propriamente, attesa l'inadeguatezza dell'architetto Giuseppe Leoni alla carica di Presidente intendano, invece, procedere con la nomina di un commissario che regga l'ente Aero Club d'Italia per gli incombenti di ordinaria e straordinaria amministrazione, per l'esecuzione di tutti gli adempimenti amministrativi connessi con l'emanazione di un nuovo statuto adottato in ottemperanza alla corretta procedura normativa e di cui in premessa, nonché per convocare a tal fine tutti gli organismi, gli enti e le associazioni di riferimento del settore al fine di concordare, finalmente in contraddittorio, le necessarie operazioni idonee ad addivenire a nuove elezioni degli organi dell'ente con procedura che veda rappresentati, quali elettori, tutti i delegati dell'aviazione popolare e diportistica italiana. (4-01569) § 12. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0184912 Interrogazione a risposta scritta 4-01849 presentato da COLLETTI Andrea testo di Martedì 17 settembre 2013, seduta n. 78: 12http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6657&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 44 COLLETTI, VACCA e DEL GROSSO. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le riforme costituzionali. — Per sapere – premesso che: il professor Marco Olivetti, docente di diritto costituzionale presso la facoltà di giurisprudenza dell'università di Foggia, è uno dei «saggi» componenti della Commissione per le riforme costituzionali istituita dal Presidente del Consiglio Enrico Letta; già nel periodo 1999-2001, Antonio Maccanico, allora Ministro delle riforme istituzionali, aveva incaricato il professor Olivetti di redigere alcuni studi sui temi della stabilità di governo (1999), delle nuove frontiere della democrazia diretta (2000), del riparto di competenze tra Stato e regioni (2000) e sui metodi di cambiamento della Costituzione (2001); lo stesso professor Olivetti risulta socio fondatore, assieme all'onorevole Luigi Bobba, deputato del Partito democratico, dell'associazione «Persone e reti» ed è stato – e non si sa se lo sia ancora – consulente del gruppo parlamentare del Partito Democratico nella scorsa legislatura. Appare pertanto evidente in che quota sia stato chiamato dal Governo a far parte della Commissione dei saggi; la Commissione si è riunita domenica 15 settembre 2013 presso l'Hotel a quattro stelle «Villa Maria» di Francavilla al Mare (Chieti) per ultimare la relazione finale da consegnare al Governo per la consultazione delle Camere; alla riunione ha partecipato anche il professor Olivetti che, alla vigilia dei lavori, ha aggiornato il proprio profilo Facebook con le seguenti parole: «Ecco che arrivando a Francavilla mi appare un corteo dei pirla a 5 stelle» –: se il Governo, ed in particolare il Ministro per le riforme costituzionali, sia al corrente dell'espressione utilizzata dal professor Olivetti per descrivere i manifestanti del Movimento 5 Stelle; se il Ministro per le riforme costituzionali, che presiede la Commissione di saggi attualmente in ritiro presso il lussuoso albergo di Francavilla intenda chiedere al professor Olivetti spiegazioni circa le ragioni del proprio comportamento; se il Presidente del Consiglio intenda meglio specificare le motivazioni che hanno portato alla nomina del professor Olivetti a componente della Commissione, fugando il dubbio che si sia perpetuata la prassi di affidare incarichi e consulenze ai soliti noti anziché privilegiare il merito e l'assoluta imparzialità; se il Governo ritenga infine opportuna la prosecuzione dell'incarico da parte del professor Olivetti alla luce delle sue parole 45 che vanno a squalificare la credibilità dell'intera Commissione voluta dalla maggioranza che appoggia il Governo. (4-01849) § 13. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0087113 Interrogazione a risposta scritta 4-00871 presentato da CORDA Emanuela testo di Giovedì 13 giugno 2013, seduta n. 33: CORDA, FRUSONE, BASILIO, ALBERTI, RIZZO e ARTINI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: da fonti di stampa risulta che cento agenti segreti sono impiegati nella scorta di esponenti politici per un costo annuo di 15 milioni all'anno; non si capisce per quale motivo i servizi segreti italiani debbano svolgere mansioni che spettano alle forze di polizia, distolti di fatto dal proprio compito istituzionale, ovvero la sicurezza dello Stato, per provvedere a fare da scorta agli esponenti politici (ormai inaccettabile nota dolente della politica italiana) fra i quali il premier; il Copasir, infatti, ha più volte espresso l'indicazione che le scorte siano svolte dalle forze dell'ordine proprio in ragione degli organici dei servizi segreti ridotti all'osso; tra l'altro, fu l'ex premier Berlusconi, quando si insediò al Governo nel 2001, a volere che la propria sicurezza fosse gestita non più dalle forze dell'ordine, ma dagli 007, operazione che gli consentì di «arruolare» le sue personali guardie del corpo private, dipendenti delle sue aziende, tra le file dell’intelligence; per poterlo fare, fu addirittura adottato il decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, recante Disposizioni urgenti in materia di sicurezza personale e ulteriori misure per assicurare la funzionalità degli uffici dell'Amministrazione dell'interno, il quale, al comma 3 dell'articolo 1, recita: «Per specifiche circostanze e casi determinati il Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con il Ministro dell'interno, può definire modalità differenziate in ordine alla tutela e alla protezione (...)», un comma che, a parere degli interroganti, ha giustificato per anni sprechi e abusi; come previsto dalle disposizioni in materia, tutti i premier avrebbero diritto alla 13http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2332&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 46 protezione personale per i 12 mesi successivi alla fine del loro mandato; per l'ex premier Berlusconi, questo termine è scaduto nel novembre del 2012, ma il Governo Monti ha disposto che gli 007 proseguissero ancora la sua tutela, (seppur in collaborazione con i carabinieri); le scorte dei servizi segreti, rispetto a quelle delle forze dell'ordine, sono molto più costose in quanto il personale beneficia dei trattamenti riservati al controspionaggio, quasi doppi rispetto a quelli degli uomini in divisa. Solo i quaranta agenti che scortavano l'ex premier Berlusconi costavano 200.000 euro al mese, due milioni di euro all'anno –: di quali ulteriori informazioni disponga in ordine a quanto già evidenziato in premessa e se risulti che agenti dei servizi siano ancora impegnati per la scorta dell'ex premier Berlusconi; se non ritenga, anche nel solco della cosiddetta spending review, di voler accogliere l'appello del Copasir nel senso di restituire alla security di Palazzo Chigi, ovvero al Viminale, il compito di scortare il presidente del Consiglio e tutti gli altri eventuali destinatari del provvedimento. (4-00871) § 14. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-0100814 Interrogazione a risposta in commissione 5-01008 presentato da DA VILLA Marco testo di Venerdì 13 settembre 2013, seduta n. 77 DA VILLA. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che: il territorio del comune di Casale sul Sile in provincia di Treviso, nella frazione di Lughignano in via delle Grazie, è attualmente interessato dal procedimento di approvazione del «Progetto per impianto di discarica per rifiuti non pericolosi e non putrescibili per lo smaltimento dei rifiuti prodotti dalle imprese consorziate nei rispettivi impianti produttivi e di recupero» (categoria ex 2B) in area agricola di tipo E2A – ambiti di rilevante integrità territoriale – per 14http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6624&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+C OMMISSIONE%27 47 una superficie totale di 52.210 metri quadri, come richiesto dall'impresa CO.VE.RI. s.c.a.r.l.; l'area in questione è già stata utilizzata come cava per l'estrazione di argilla e dal 1990 sono in corso vari procedimenti amministrativi, prima di autorizzazione di attività di ripristino ambientale e poi di coltivazione a discarica; il progetto della discarica prevedrebbe 315 mila tonnellate di materiali in cinque anni, portati da una media di quindici camion al giorno. La viabilità di accesso alla discarica per il conferimento dei rifiuti si sovrapporrebbe parzialmente ad alcuni tratti degli itinerari del «GiraSile, la greenway del Parco del Sile», che rappresenta la principale rete di mobilità ciclopedonale del parco, in corso di completamento con fondi europei POR-FESR (Programma operativo regionale – Fondo europeo di sviluppo regionale) asse 4, azione 4.3.1. «piste ciclabili in aree di pregio ambientale»; la stampa locale e le numerose assemblee pubbliche, organizzate dalla cittadinanza, hanno posto in rilievo che «una montagna di rifiuti» da più di una decina di metri si staglierebbe su un territorio destinato invece a produzioni ortofrutticole di pregio, quali il radicchio rosso di Treviso IGP, e vitivinicole di qualità; la discarica prevista verrebbe inoltre a trovarsi a brevissima distanza, poche centinaia di metri, dal corso del fiume Sile il quale è interessato da siti ecologici della rete Natura 2000, siti di interesse comunitario (SIC) e zone di protezione speciale (ZPS). Una parte di quel territorio è tutelata poi dall'ente parco regionale del fiume Sile, istituito con legge regionale 28 gennaio 1991, n. 8, al fine di tutelare i caratteri naturalistici, storici ed ambientali del territorio del fiume Sile. Tra le finalità del parco si annoverano: a) la protezione del suolo e del sottosuolo, della flora, della fauna e dell'acqua; b) la protezione e la valorizzazione del bacino idrografico nella sua funzione di risorsa idropotabile; c) la tutela delle specifiche particolarità antropologiche, idrogeologiche, geomorfologiche, vegetazionali e zoologiche; il piano ambientale del parco non tutela solamente le aree incluse nel perimetro amministrativo dell'area protetta, ma, «ai fini della tutela paesaggistico-ambientale (...) enuncia gli indirizzi in ordine alla pianificazione territoriale con riferimento alle parti limitrofe all'area del Parco» (articolo 3, comma 4, della citata legge regionale n. 8 del 1991). Infatti, all'articolo 19 delle norme di attuazione del piano ambientale sono definite le aree limitrofe al parco, quali porzioni di territorio non comprese nello stesso, come ad esempio i corpi idrici di prima classe; l'ente di 48 protezione, con una nota del 19 febbraio 2013, ha sottolineato come «il progetto della discarica CO.VE.RI., ipotizzata a poche centinaia di metri dal confine ovest e perimetro amministrativo del parco, non ha mai considerato e valutato le pesanti interferenze ecosistemiche con il parco naturale regionale del fiume Sile, causate sia da carenze progettuali generali che da immissioni dirette della rete idraulica interna alla discarica nella rete idrologica di campagna afferente il fiume Sile». L’iter amministrativo della VIA poi, sempre secondo l'ente, «non ha mai considerato la presenza di un'area fragile e significativa come quella del parco del Sile, disciplinata da un apposito piano ambientale che governa un ampio territorio composto da 11 comuni e 3 province. Le carenze progettuali e le interferenze osservate vengono puntualmente descritte e restituiscono un quadro generale di potenziale e grave alterazione delle principali componenti naturali del parco, istituito con legge regionale 28 gennaio 1991, n. 8, per tutelare il suolo, il sottosuolo, la flora, la fauna e l'acqua oltre a proteggere e valorizzare il bacino idrografico del Sile nella sua funzione di risorsa idropotabile»; con delibera di indirizzo n. 6, approvata dalla giunta esecutiva del parco il 6 marzo 2013 a titolo di protezione e valorizzazione del bacino idrografico del Sile, successivamente ratificata in data 27 marzo 2013 dal consiglio direttivo, l'Ente parco, in attuazione del piano ambientale, ha: avviato un apposito programma biennale in materia idrologica e idrogeologica esteso a tutto il bacino idrografico, avviato un coordinamento istituzionale per la tutela dell'ecosistema e dei corsi d'acqua tra le autorità competenti in materia di acque e di ambiente a livello statale, regionale, provinciale e locale e deliberato di verificare, mediante i propri uffici, la compatibilità – rispetto al piano ambientale – dei progetti di elevato impatto e incidenza ambientale previsti all'interno del bacino idrografico; anche l'unità di progetto foreste e parchi della regione Veneto ha presentato alla commissione VIA e alla direzione tutela ambiente delle osservazioni (prot. n. 164265 del 17 aprile 2013) in merito al progetto di discarica osservando che esso, «mediante le complesse ed articolate interferenze sull'ambiente analizzate finora, altera in maniera irreversibile l'ecosistema fluviale del Parco – inteso come bene di speciale interesse naturalistico-ambientale ove attuare una rigorosa protezione di suolo, sottosuolo, flora, fauna ed acqua – incidendo significativamente sull'acqua, risorsa idropotabile di primario valore e fondamento dell'ampio bacino idrografico del Sile nonché bene 49 prioritario del parco naturale regionale del fiume Sile. Ravvisa inoltre la totale incompatibilità con l'immissione nei fossati di campagna delle acque provenienti dalla prevista discarica»; i terreni circostanti al fiume Sile, compreso quello da adibire a discarica, sono soggetti poi ad elevato rischio idrogeologico: infatti, anche di recente, con le abbondanti precipitazioni di fine maggio, il territorio di Casale sul Sile è stato interessato dalla piena del relativo fiume il quale ha allagato campi e aree golenali: è proprio in ragione di quegli eventi meteorologici, il presidente della regione, Luca Zaia, ha dichiarato, con decreto n. 68 del 29 maggio 2013, «lo “stato di crisi” per le eccezionali avversità atmosferiche verificatesi dal 16 al 24 maggio 2013 per l'intero territorio regionale». Nel decreto si legge, ad esempio, che «Nel Trevigiano l'innalzamento dei livelli dei fiumi e torrenti sopra il livello di guardia, quali il Sile, Piave, Livenza, Monticano, Muson e Brenton, hanno portato, in alcune zone, a tracimazioni ed esondazioni, allagando campagne, coinvolgendo i piani terra di edifici abitativi, comportando la chiusura di strade e sottopassi. Anche a Casale sul Sile l'esondazione del fiume Bigonzo e del Canal Serva hanno provocato allagamenti diffusi investendo strade e abitazioni. Nel comune di Silea l'esondazione del fiume Nerbon e del fiume Sile hanno causato allagamenti nella zona artigianale con gravi danni alle attività produttive, alle colture, investendo altresì le abitazioni della zona»; la discarica della CO.VE.RI., essendo una discarica di rifiuti non pericolosi (ex 2B), ossia che tratta rifiuti costituiti da residui del trattamento di rifiuti, materiali provenienti dalla bonifica di siti contaminati e fanghi di depurazione, produce biogas, ovvero una miscela di gas, per la maggior parte metano (CH4, dal 50 all'80 per cento), prodotta dalla fermentazione anaerobica batterica dei residui organici di varia provenienza (da rifiuti, vegetali in decomposizione, carcasse in putrescenza, liquami zootecnici o fanghi di depurazione, scarti agro-industriali). Non è chiaro se, tra le specie e i ceppi batterici, necessariamente presenti in situ poiché direttamente responsabili del processo di produzione del biogas, vi siano anche o meno agenti patogeni per l'uomo e/o altre componenti ambientali. Ne consegue dunque, per il principio di precauzione e data la connessione dimostrata tra il sito della discarica e il fiume Sile, un serio pericolo in ordine alla possibile diffusione di malattie a flora e fauna, nonché alla contaminazione delle falde acquifere e di tutta la catena alimentare 50 connessa al fiume; gli abitanti della zona evidenziano infine che, a valle del punto di immissione delle acque provenienti dalla discarica, è ubicato un punto di prelievo idrico per uso potabile (impianto di VERITAS S.p.A. – Servizio idrico integrato a Quarto d'Altino), collegato in rete diretta a Cà Solaro (comune di Venezia, località Favaro Veneto) e successivamente connesso alla rete acquedottistica della terraferma veneziana, la cui sicurezza idrica potrebbe essere messa dunque in pericolo dal progetto in esame; nel medesimo territorio comunale di Casale sul Sile esiste già una discarica, riferibile all’ex Dinamica Costruzioni, con un deposito temporaneo di rifiuti protrattosi per ben oltre l'anno previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto legislativo n. 36 del 2003. Essa è giuridicamente ancora in attività ai sensi dell'articolo 32, comma 4, lettera b), della legge regionale Veneto n. 3 del 2000 perché non è stato mai ultimato l'intervento di copertura finale, ex pronuncia TAR Veneto, III sezione, 17 marzo 2006, n. 608 e Consiglio di Stato, V sezione, 15 febbraio 2007, n. 572; l'articolo 32 comma 3, della legge regionale Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 «Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti» stabilisce che «Non possono essere approvati progetti di nuove discariche per rifiuti speciali, con esclusione delle discariche di seconda categoria tipo A, di cui alla deliberazione del Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984, nel territorio dei comuni in cui sono in attività altre discariche per rifiuti speciali o rifiuti urbani, salvo espresso parere favorevole del comune. Detto parere, in assenza di diversa previsione statutaria, è di competenza del consiglio comunale». Ebbene tale parere, ad oggi, non è mai stato concesso; nel corso del 2012 il comune di Casale sul Sile e la provincia di Treviso si sono espressi negativamente rispetto al progetto qui trattato; tutto ciò nonostante la commissione VIA regionale ha espresso parere favorevole al progetto di discarica in data 24 aprile 2013 e contro tale parere il comune interessato ha subito opposto ricorso dinnanzi al giudice amministrativo; nel consorzio CO.VE.RI. figura pure la Mestrinaro spa, attualmente al centro di un'inchiesta della magistratura su un traffico illecito di rifiuti «secondo le accuse che gli muovono i due pubblici ministeri veneziani, sulla base di due anni di indagini dei carabinieri del Noe – hanno impiegato un vecchio, reiterato, lucrosissimo maneggio: 51 invece di trattare (a caro prezzo, 45 euro a tonnellata) i rifiuti inquinati che le aziende edili gli conferivano per renderli inerti, li miscelavano tali e quali a calce e cemento, per poi venderli a 39 euro a tonnellata a questo o quel cantiere edile (...) 4.145 tonnellate di Rilcem contaminato sono state utilizzate per realizzare il parcheggio dell'aeroporto Marco Polo di Venezia; 34.157 tonnellate sono finite nel tratto della nuova terza corsia dell'A4, all'altezza del casello di Roncade di Treviso» – La Tribuna di Treviso, 2 giugno 2013. Sussistendo dunque un procedimento penale in corso ogni decisione dell'autorità regionale avrebbe forse dovuto, per precauzione, essere assunta solo dopo la fine delle indagini. Quest'atteggiamento cautelativo pare ancor più necessario se si considera che, nel mese di giugno 2007, uno dei titolari della Mestrinaro ha patteggiato una pena per reati simili a quelli dell'attuale indagine –: quali strumenti di controllo intenda porre in essere il Governo per verificare la compatibilità o meno della discarica con la tutela preminente degli habitat protetti della rete Natura 2000 (siti SIC nn. IT3240028, IT3240031 e ZPS nn. IT3240011, IT3240019) presenti in quel territorio, specie alla luce delle molteplici procedure di infrazione in materia ambientale aperte nei confronti del nostro Paese; se si intendano acquisire elementi circa la più totale assenza di pericoli e/o interferenze da parte della progettata discarica rispetto al patrimonio idrico esistente (utilizzato, come descritto, anche per uso potabile) nonché, in generale, alla salute di flora, fauna e persone. (5-01008) § 15. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0040215 Interrogazione a risposta scritta 4-00402 presentato da DADONE Fabiana testo di Martedì 14 maggio 2013, seduta n. 15 DADONE, DIENI, COZZOLINO, TONINELLI, FRACCARO, LOMBARDI e NUTI. 15http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1730&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 52 Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: da ultimo, dopo precedenti proroghe, l'articolo 1, commi 388 e 394, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), ha fissato al 30 giugno 2013 il termine di efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici approvate successivamente al 30 settembre 2003, prevedendo espressamente la possibilità di un'ulteriore proroga al 31 dicembre 2013, da disporsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze; nella presente congiuntura economica appare opportuno procedere alla proroga dell'efficacia delle citate graduatorie, almeno sino al 31 dicembre 2013, onde evitare costi ulteriori connessi all'indizione di nuove procedure concorsuali per fronteggiare eventuali vacanze organiche da parte delle amministrazioni pubbliche –: se non ritengano di adottare l'atto richiamato per estendere la proroga di cui all'articolo 1, comma 388, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, almeno sino al 31 dicembre 2013, onde consentire alle amministrazioni pubbliche di poter usufruire dello scorrimento delle medesime graduatorie in presenza della legittima possibilità di procedere all'assunzione di personale. (4-00402) § 16. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0142316 Interrogazione a risposta scritta 4-01423 presentato da DALL'OSSO Matteo testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59 DALL'OSSO, TACCONI, LOREFICE, CECCONI, LOMBARDI, BARONI, DI VITA, SILVIA GIORDANO, MANTERO, D'AMBROSIO, DIENI, COZZOLINO, DI BENEDETTO e MANLIO DI STEFANO. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che: 16http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4543&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 53 la crisi occupazionale ed economica che interessa il nostro Paese ha creato non solo nuova disoccupazione ma ha anche negato eventuali prospettive alle nuove generazioni intese tra i 18 ed i 40 anni di età; si è appresa notizia di numerosi giovani che, in assenza di prospettive hanno preferito sia acquisire una maggiore formazione recandosi a studiare all'estero, sia hanno preferito altri luoghi per finalizzare la ricerca di un impiego soddisfacente, affrontando tutte le problematiche relative a quel fenomeno che il nostro Paese ha già vissuto ampiamente nel dopoguerra detto emigrazione; le Associazioni riconosciute a livello regionale che si occupano di corregionali all'estero hanno avuto notizia di gruppi giovanili che si stanno organizzando, anche attraverso le nuove modalità via web, al fine di aiutarsi a vicenda e reperire il know how dai soggetti che sono emigrati nel Paese antecedentemente al fine ultimo di evitare di incappare in situazioni di impasse; è compito di ogni Paese cercare di evitare l'emigrazione o per lo meno favorire il rientro dei soggetti che abbiano deciso di operare scelte di distacco dai propri affetti e dalle proprie radici –: se il Governo abbia monitorato i flussi migratori giovanili degli ultimi ventiquattro mesi; come il Governo intenda operare, di concerto con le associazioni dell'emigrazioni delle singole regioni, per far sì che il legame, non solo affettivo, dei giovani e non solo, emigranti venga rinsaldato. (4-01423) § 17. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-0092817 Interrogazione a risposta in commissione 5-00928 presentato da DE ROSA Massimo Felice testo di Venerdì 9 agosto 2013, seduta n. 69 DE ROSA, BARBANTI, BUSTO, DAGA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che: 17http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6181&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+C OMMISSIONE%27 54 il 25 giugno 2013 a Capo Figari, area protetta della Gallura, a Golfo Aranci, un incendio – probabilmente di origine dolosa – protrattosi per 22 ore, ha distrutto oltre 600 ettari di ginepri secolari e macchia mediterranea; dopo un pomeriggio di fiamme, l'evacuazione di cinquanta bagnanti e alcune famiglie, non si è riusciti comunque a domare il rogo; in piena notte i focolai hanno ripreso vita, il maestrale si è trasformato in libeccio e in tanti, inermi, hanno assistito alla distruzione dell'altro versante di Capo Figari; a causa dell'area così impervia che limita inevitabilmente l'intervento delle squadre a terra di vigili del fuoco, protezione civile, forestale e volontari è imprescindibile l'utilizzo dei cosiddetti Canadair; a Olbia ce ne dovrebbero essere due, ma uno era a Nuoro ed è arrivato un'ora e mezza dopo e l'altro era fermo per un guasto; nei dintorni di Ghilarza, in provincia di Oristano, in data 8 agosto 2013, sono state evacuate decine di case e in ospedale c’è un uomo di 52 anni in condizioni disperate per aver sfidato il rogo che stava divorando il suo ovile; a Laconi, un altro paese dell'Oristanese, la protezione civile ha ordinato lo sgombero di una casa di riposo: un incendio minaccia dal giorno 7 agosto 2013 la zona di Bingixedda e quaranta anziani sono stati portati via d'urgenza; si segnalano emergenze a Burgos, nella periferia di Sassari e nella provincia di Cagliari: tra Isili e Nurallao le campagne ardono da giorni e i quaranta detenuti di una colonia penale sono stati trasferiti in tutta fretta; quella del 7 agosto 2013 era considerata una giornata a rischio e le previsioni sono state rispettate: i piromani hanno fatto scattare l'assedio soprattutto nei piccoli centri dell'Alto Oristanese, dove è stata incenerita una fetta di territorio di quasi duemila ettari; uno dei soli due Canadair disponibili ha subito un'avaria quasi subito: il secondo è arrivato poco prima delle 20 ed è dovuto tornare alla base per il sopraggiungere della notte; per la regione Sardegna, infatti, sono previsti, in dotazione solamente due Canadair, essendo stato tagliato il terzo precedentemente previsto, secondo le riduzioni al bilancio della protezione civile; a supporto dei due Canadair ci sono solo 11 elicotteri, acquistati peraltro con risorse regionali; i due Canadair risultano spesso fuori uso, a causa delle troppe ore trascorse in volo, o impegnati altrove, a centinaia di chilometri di distanza, o peggio ancora oltre Tirreno; l'area di Capo Figari era completamente priva della fascia antincendio: i terreni – sia di proprietà privata che pubblica – avrebbero dovuto essere ripuliti proprio per togliere miccia e 55 combustibile agli incendiari, ma non è stato fatto, mancava inoltre il colonnino per le autobotti, ed è stato solo un caso o la provvidenza che ha fatto sì che fossero scongiurati danni più gravi anche alla popolazione; nel 2012 i dati del Corpo forestale dello Stato testimoniano che nella sola regione Sardegna ci sono stati 805 incendi che hanno interessato un'area complessiva di 3.314 ettari, mentre in tutta la Penisola si sono registrati 8.699 incendi per un'area complessiva di 99.331 ettari; la flotta aerea, trasferita ai vigili del fuoco dal dipartimento della protezione civile, è composta da 15 Canadair a cui se ne aggiungerà uno per il mese di agosto, più restanti quattro, posti in rotazione tecnica –: quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per riuscire a potenziare e a razionalizzare le risorse e i mezzi a disposizione al fine di prevenire in modo concreto ed efficace la distruzione della macchia mediterranea, flagello che continua a ripetersi, sistematicamente, ogni estate, mettendo seriamente a repentaglio tutto il territorio italiano con gravissime ripercussioni sociali, ambientali, paesaggistiche, ed economiche, penalizzando e depauperando il patrimonio turistico, che dovrebbe invece essere incentivato, sostenuto e favorito. (5-00928) § 18. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0017018 Interrogazione a risposta scritta 4-00170 presentato da DELL'ORCO Michele testo di Martedì 9 aprile 2013, seduta n. 8 DELL'ORCO, MUCCI, LIUZZI, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, FERRARESI, PAOLO BERNINI e SPADONI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: ci sono stati pesantissimi danni economici e strutturali provocati dal terremoto del 20 e 29 maggio 2012 nelle province di Modena, Reggio Emilia, Bologna e Ferrara; 18http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1266&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 56 la zona del sisma è stata dichiarata in stato di emergenza nazionale una prima volta il giorno 23 maggio 2012 per un periodo di sessanta giorni; il decreto-legge n. 74 del 6 giugno 2012 (poi convertito in legge) ha prorogato tale stato di emergenza sino al 31 maggio 2013; lo stesso decreto-legge ha creato un fondo di sostegno al reddito per il lavoratore autonomo delle zone terremotate; tale fondo non è mai stato finanziato, lasciando di fatto senza aiuti i lavoratori autonomi e le «partite IVA» che operavano nella zona; il sistema bancario non sta erogando con la dovuta solerzia i contributi per la ricostruzione, rallentando di fatto le operazioni di ripresa; le associazioni di categoria Cna, Lapam, Confartigianato, Fam, Confcommercio, Confesercenti, Apmi, Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Copagri e l'Alleanza coop italiane hanno richiesto che venissero presi provvedimenti per finanziare il fondo e per prorogare lo stato di emergenza; le suddette associazioni e qualche amministratore locale lamentano l'atteggiamento non collaborativo degli istituti di credito –: cosa il Governo intenda fare affinché lo stato di emergenza nazionale sia prorogato fino al 31 dicembre 2013; se non ritenga opportuno finanziare il fondo per il sostegno ai lavoratori autonomi, che risulta privo di fondi; se non ritenga opportuno assumere iniziative, anche attraverso le opportune intese con l'ABI, per l'erogazione dei fondi necessari alla ricostruzione. (4-00170) § 19. Interpellanza urgente nr. 2-0009019 Interpellanza urgente 2-00090 presentato da DI BATTISTA Alessandro testo di Giovedì 13 giugno 2013, seduta n. 33 I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro degli affari esteri, il Ministro per gli affari europei, per sapere – premesso che: 19http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=456&stile= 7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERPELLANZA+URGENTE%27 57 Eni spa è una società per azioni quotata in borsa il cui azionista di maggioranza è il Governo, tramite il Ministero dell'economia e delle finanze e la Cassa depositi e prestiti (anche questa controllata dallo stesso Ministero dell'economia e delle finanze); il 7 dicembre 2011, l'agenzia di stampa Reuters ha riportato la notizia dell'acquisto da parte di Eni spa e dell'anglo-olandese Royal Dutch Shell della concessione OPL 245 situata al largo del delta del fiume Niger, in Nigeria, per l'ammontare di oltre 1 miliardo di dollari. Secondo l'agenzia di stampa, Eni e Royal Dutch Shell avrebbero acquistato la licenza al 50 per cento ed Eni sarebbe l'operatore; secondo lo stesso articolo, la proprietà della licenza sarebbe della società nigeriana Malabu Oil and Gas, di proprietà dell'ex Ministro del petrolio nigeriano del Governo militare di Sani Abacha, Dan Etete; tuttavia Eni e Shell avrebbero pagato il Governo nigeriano; il 23 giugno 2011, il quotidiano La Repubblica riporta in un articolo degli stralci delle testimonianze di Luigi Bisignani e Gianluca Di Nardo che fanno riferimento all'acquisto della suddetta licenza. In particolare, l'articolo riporta che Gianluca Di Nardo avrebbe affermato: «Conosco Bisignani da 15 anni – parlai con lui di un potenziale investimento in centro Africa: seppi che il mio contatto africano Dan Etete (quello che chiamiamo «il ciccione»), già ministro del petrolio in Nigeria, voleva cedere una concessione petrolifera, e si era già rivolto a Eni, a Total e a Shell. Mi rivolsi proprio a Bisignani perché era noto che era legato ai vertici dell'Eni»; e ancora: «I dirigenti locali dell'Eni in Nigeria si erano messi in contatto direttamente con Etete, avevano scavalcato me e la banca d'affari. Ribadisco che non se ne è fatto più nulla»; il 12 novembre 2012, l'agenzia di stampa Reuters ha riportato che alcuni quotidiani nigeriani avrebbero ripreso la dichiarazione del Ministro della giustizia nigeriano Mohammed Adoke nel maggio 2012 secondo cui «Shell e Eni si sarebbero accordate per pagare la società Malabu per il blocco OPL 245, con l'intermediazione del governo nigeriano»; lo stesso articolo ha riportato una dichiarazione dell'organizzazione inglese anti-corruzione Global Witness secondo cui «se Shell e Eni sapevano che il destinatario ultimo del pagamento sarebbe stata la società Malabu e Dan Etete, allora questa transazione potrebbe essere stata fatta in violazione della normativa anti-corruzione del Regno Unito»; l'11 maggio 2013, il quotidiano La Repubblica riprende alcuni dei punti sollevati da Simon Taylor, direttore di Global Witness, 58 intervenuto durante l'assemblea degli azionisti dell'Eni svoltasi a Roma il 10 maggio 2013. In particolare, l'articolo riporta che secondo Global Witness «Eni e Shell si accordarono per ottenere la concessione di sfruttamento di un campo petrolifero al largo dei Delta del Niger, sapendo che questo avrebbe portato a un pagamento a ex funzionari del governo nigeriano. Le corporation avrebbero dovuto sapere che un pagamento del genere era illegale»; secondo lo stesso articolo, due intermediari esclusi dalla ripartizione del compenso da Dan Etete avrebbero fatto causa alla società Malabu Oil and Gas a New York e a Londra, arrivando a ottenere il congelamento di 215 milioni di dollari fermi per mesi su un conto del Governo nigeriano alla JP Morgan. Questa somma sarebbe spettata alla società Evp, il cui titolare è il nigeriano Emeka Obi, «oltre il prezzo di acquisto». Come segnalato nell'articolo: «La percentuale dovuta a Obi era dunque un ammontare inconsueto (19 per cento circa, ndr) persino per questo genere di affari, che secondo Etete doveva essere spartito anche con alcuni dirigenti della compagnia petrolifera italiana»; il 17 maggio 2013, il mensile Altreconomia riporta sul proprio sito web che l'amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni avrebbe risposto in modo evasivo alle domande poste da Simon Taylor in merito ai diversi incontri avvenuti tra il top manager dell'azienda e Dan Etete prima della firma del contratto, come anche sull'altissima commissione richiesta da uno dei due intermediari, Emeka Obi; nel luglio 2010, il Dipartimento di Giustizia e la Security and exchange commission del Governo degli Stati Uniti hanno dichiarato che l'allora Snamprogetti (oggi Saipem, controllata da Eni) e altre tre aziende partner nel consorzio TSKJ avrebbero pagato tangenti per 182 milioni di dollari al Governo nigeriano per aggiudicarsi il contratto per la costruzione dell'impianto di liquefazione del gas di Bonny Island, in Nigeria. L'Eni ha dovuto pagare una multa di 365 milioni di dollari alle autorità statunitensi e, nell'ambito dello stesso patteggiamento, ha firmato un accordo («deferred prosecution agreement») in base al quale l'Eni sostanzialmente riconosceva la propria colpevolezza nell'aver violato la legge statunitense anticorruzione (Foreign Corrupt Practices Act, FCPA) e si impegnava ad adottare e implementare entro i due anni successivi un adeguato sistema anti-corruzione per prevenire future violazioni della stessa normativa; come segnalato nel dossier presentato dalla Fondazione 59 culturale responsabilità etica all'Eni, in vista dell'assemblea degli azionisti del 10 maggio 2013, nel corso della precedente assemblea degli azionisti, in data 8 maggio 2012, l'amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni avrebbe dichiarato che «lo strumento principale dell'Eni per gestire gli scandali è un adeguato ed efficace sistema interno di controllo e gestione del rischio, basato sulle migliori pratiche internazionali e valutato su base annua dal Board sulla base dei rapporti degli organi competenti. Speciale attenzione viene dedicata al sistema per la prevenzione dei crimini in violazione della legge n. 231, anti-corruzione, e al rispetto dei codice etico aziendale»; la procura di Milano negli ultimi anni ha aperto diverse indagini su eventuali reati di corruzione associati ad attività specifiche di Eni o sue controllate in Kazakihstan, Iraq, Nigeria e Algeria –: se il Governo, in qualità di principale azionista dell'Eni spa intenda chiarire: se i Ministri interpellati siano informati dei numerosi incontri intercorsi nel periodo 2009-2011 tra Claudio Descalzi, Vincenzo Armanna e Roberto Casula, per conto di Eni, e Dan Etete, titolare della società Malabu Oil and Gas già condannato per riciclaggio in Francia nel 2007, e quali siano la natura, l'obiettivo e i contenuti di tali incontri; se i Ministri interpellati siano informati della relazione tra Luigi Bisignani, Gianluca Di Nardo e gli alti dirigenti Eni in riferimento al caso in questione, e quali provvedimenti abbiano messo in atto per verificare se vi siano stati rapporti diretti tra Eni e Dan Etete in seguito alla pubblicazione della testimonianza di Di Nardo; quale sia la posizione del Governo riguardo ai recenti scandali di corruzione internazionale in cui è coinvolta l'azienda per fatti avvenuti tra il 2010 ed oggi, in particolare nel periodo di pendenza coperto dal «deferred prosecution agreement» firmato con le autorità statunitensi, date le responsabilità dirette al riguardo del Governo in seguito agli accordi internazionali anti-corruzione firmati in sede Ocse; quali iniziative il Governo intenda porre in essere con urgenza perché sia fatta chiarezza rispetto al caso Malabu Oil and Gas OPL 245, vista la probabile inadeguatezza del codice di condotta interno o della sua implementazione da parte del management dell'Eni; fino a che punto la dirigenza Eni fosse a conoscenza del fatto che il beneficiario ultimo del pagamento per l'acquisto della concessione OPL 245 sarebbe stata la società Malabu Oil and Gas e Dan Etete, 60 già condannato per riciclaggio, anche visto che lo stesso accordo di acquisto dice che «per il pagamento (...) della somma di USD 1.092.040.000 in un escrow account finalizzato a permettere al Governo Federale della Nigeria di risolvere tutte le controversie in essere sulla concessione 245»; se risulti per quali ragioni il pagamento sia avvenuto in un conto escrow a Londra e non sul conto del Governo federale nigeriano titolato a gestire la compravendita di concessioni petrolifere; se il Governo, in quanto maggiore azionista di Eni spa, fosse a conoscenza di queste operazioni dell'azienda e, nel caso non lo fosse stato, che cosa abbia intenzione di fare a riguardo. (200090) «Di Battista, Lupo, L'Abbate, Massimiliano Bernini, Battelli, Marzana, Barbanti, Vacca, Dall'Osso, Scagliusi, Sibilia, Parentela, Cristian Iannuzzi, Nicola Bianchi, De Rosa, Daga, Liuzzi, De Lorenzis, Brugnerotto, Artini, Alberti, Currò, Pisano, Vignaroli, Zolezzi, Cariello, Della Valle, Nuti, Spessotto, Corda». § 20. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01826 20 Testo presentato, in data Venerdì 13 settembre 2013, seduta n. 77, da: GALLINELLA, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO, PARENTELLA, CIPRINI. Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che: un articolo pubblicato da La Repubblica l'11 settembre 2013, a firma del giornalista Goffredo De Marchis, riporta i dettagli del cosiddetto «Conclave dei saggi» che avrà il compito di ultimare la proposta di modifica della Costituzione; nell'articolo si legge che le circa 60 persone che parteciperanno alla riunione alloggeranno, dal 15 al 17 settembre, nell'albergo «Villa Maria», a Francavilla, un hotel a 4 stelle superior situato in un parco di 6 ettari su una collina che affaccia sul mare Adriatico; i partecipanti – i 33 saggi originari, due funzionari parlamentari distaccati presso il Governo, i sette relatori, gli addetti alla segreteria 20http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6613&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 61 – saranno circa 60 e il costo previsto, sempre secondo quanto si legge nell'articolo, si aggira intorno ai 20 mila euro; questa cifra non sarà però a carico dei partecipanti, come fu per il primo incontro dei saggi a Sarteano, bensì a carico di Palazzo Chigi; a parere degli interroganti, se tutto ciò fosse vero, si tratterebbe di un inutile quanto disonorevole spreco di risorse pubbliche, che potrebbero essere utilizzate per ben altri scopi, e che appare un controsenso nella filosofia della spending review messa in atto dagli ultimi Governi; sia la Camera che il Senato, nonché lo stesso Palazzo Chigi, hanno a disposizione dei locali adatti ad ospitare una tale importante riunione, il cui utilizzo non inciderebbe in alcun modo sulle risorse di Stato –: se quanto riportato nell'articolo de La Repubblica corrisponda al vero e se, in caso sia effettivamente così, non ritenga opportuno ed urgente ripensare le modalità di organizzazione della riunione dei «saggi», utilizzando, più opportunamente, i locali già a disposizione delle istituzioni, senza intaccare ulteriormente le risorse pubbliche. (4-01826) § 21. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0010821 Testo presentato, in data Martedì 26 marzo 2013, seduta n. 4, da: GRILLO. Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che: a seguito delle notizie di stampa cartacea e ai servizi di telegiornali regionali e nazionali, si apprende dell'intensa attività parossistica verificatasi nei giorni scorsi sul vulcano Etna; la violenta eruzione, così come descritta da alcuni organi di stampa, tra cui il «Corriere del Mezzogiorno», da «Livesicilia.it», dall'agenzia di stampa «Agi», prodottasi nel cratere siciliano è avvenuta a partire da sabato sera 16 marzo 2013, letteralmente sommergendo di sabbia vulcanica i paesi etnei del versante orientale, che adesso si trovano alle prese con l'ennesima «emergenza cenere»; anche il dipartimento regionale della Sicilia dell'Istituto nazionale di geofisica e 21http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1142&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 62 vulcanologia (INGV) ha dato ampio risalto alla pericolosità dell'evento; infatti dalla relazione che si può leggere sullo stesso sito dell'Ingv risulta che la grande fontana di lava del nuovo cratere di sud-est, durante la manifestazione effusiva del 16 marzo 2013, ha prodotto l'ottavo episodio di attività parossistica nell'arco di meno di quattro settimane, dopo un intervallo di calma di dieci giorni; questo evento, secondo la relazione dell'istituto, è «uno dei più violenti nell'attuale serie di parossismi»; è stato preceduto da una lunga fase di «preludio», inteso come attività stromboliana. Quest'ultima è caratterizzata da espulsione, con cadenza spesso ritmica, di brandelli di magma incandescente (bombe, lapilli e ceneri) ad altezze da pochi fino a centinaia di metri, o anche alcuni chilometri. A quel punto cenere e lapilli, sospinti lateralmente dai venti dominanti formano una specie di ombrello dal quale iniziano a cadere depositandosi a terra; questa volta la quantità di scorie emesse dal «pit crater» di sud-est è stata particolarmente ingente e per i sindaci la conta dei danni è quanto mai amara; tra i centri più colpiti, occorre menzionare Zafferana etnea, insieme al triangolo di territorio che ha ai suoi vertici Santa Venerina, Acireale e le cittadine di Giarre e Riposto. In media si calcola che, a Zafferana, la densità di materiale piroclastico versatosi ammonta a circa 12 chilogrammi al metro quadro, contro gli 800 grammi della scorsa volta; già dieci giorni prima, tra il 5 e il 6 marzo, l'attività di espulsione di ceneri aveva interessato lo stesso territorio. E l'attività parossistica era continuata con un progressione sempre minore all'interno della voragine del cratere fino al quasi totale silenzio dello scorso 14 marzo. Nel pomeriggio del 15 invece, i sismografi hanno iniziato a registrare «numerosi segnali di attività esplosiva», e si è osservato un «aumento dell'ampiezza del tremore vulcanico, continuato in maniera graduale», fino a raggiungere le esplosioni della notte del 16 marzo, con annessi trabocchi frequenti di lava, e «fontane alte fino a 2 chilometri sopra l'orlo craterico». A quel punto gli agenti atmosferici hanno contribuito a sospingere le ceneri sulle abitazioni dei centri sul lato est del vulcano; nella città di Zafferana, secondo le dichiarazioni del sindaco Alfio Russo, raccolte dal Corriere del Mezzogiorno, «la comunità è in ginocchio e ci vorranno almeno due mesi per riportare la situazione 63 alla normalità». Dall'esperienza del primo cittadino del comune etneo si ricava pure che tra le ultime «trenta emergenze di sabbia vulcanica degli ultimi anni, questa rappresenta un evento eccezionale»; si calcola che lo spessore del deposito di lapilli scoriacei abbia raggiunto in codesto comune «circa 10 centimetri», e molti frammenti avevano un diametro «fra i 5 e 8 centimetri», fino a 10, che hanno determinato anche danni a numerose autovetture. Fino al pomeriggio del 17 marzo, a fasi alterne, l'attività esplosiva è continuata; l'amministrazione comunale ha diramato un comunicato con il quale ha sancito la chiusura dei plessi scolastici del centro urbano e delle frazioni per due giorni, 18 e 19 marzo, «al fine di consentirne la pulizia, riscontrare eventuali danni e prevenire potenziali pericoli per la viabilità e (...) l'incolumità» delle persone in caso di pioggia. È stato chiesto l'aiuto della Protezione civile e, sebbene nei primi giorni si è avuto scarso riscontro, Russo ha riconosciuto che negli ultimi giorni l'impegno della direzione regionale del dipartimento di protezione civile è stato avviato «con forza»; sempre il comune di Zafferana ha inoltrato alle istituzioni regionali e statali la richiesta dello stato di calamità poiché, «a causa delle eccezionali proporzioni dell'evento calamitoso, non è in condizioni di fronteggiare, questa volta, detta emergenza con proprie risorse, uomini e mezzi, né di assicurare il giusto ristoro al gravissimo pregiudizio sofferto dalla popolazione» per la «riparazione dei veicoli», nonché per «gli ingenti costi occorrenti per la pulizia dei tetti e delle grondaie»; un'altra conseguenza negativa sul paese etneo è quella relativa ai «danni incalcolabili al turismo ed allo sviluppo economico» di Zafferana, denominata «Centro turistico estivo ed invernale per l'Etna»; a Santa Venerina, città più volte colpita in passato da eventi tellurici, l'amministrazione comunale ha diramato l'ennesimo comunicato con cui invita i cittadini a tenersi al chiuso nelle abitazioni e, laddove necessario, a circolare a moderata velocità «al fine di evitare il sollevamento di sabbie e polveri sottili»; ha disposto la chiusura degli istituti scolastici per un paio di giorni e degli stessi cimiteri; nel paese di Acireale, ha dichiarato negli scorsi giorni il sindaco di Acireale Nino Garozzo alla stampa, mentre ruspe e bobcat lavoravano senza sosta per ripulire le strade, «i residenti hanno dovuto rimboccarsi le maniche e cavarsela da soli, ammucchiando i sacchi con la cenere lungo i marciapiedi e liberando le grondaie prima dell'arrivo delle piogge». Rivolgendo 64 anche un rimprovero alle istituzioni regionali e statali per «l'imbarazzante assenza, anche solo di conforto»; dal portale internet del comune di Acireale si ricava un comunicato stampa dal sapore amaro. In cui si legge che «a seguito della copiosa caduta di cenere e lapilli vulcanici (...) tra le frazioni di S.M. Ammalati, Guardia, Mangano, S. Giovanni Bosco, Pozzillo, Stazzo, S. Tecla, si è tenuta una riunione» con i maggiori responsabili istituzionali del settore di protezione civile. E, dopo una ricognizione dei danni, oltre alla richiesta dello «stato di calamità, sono stati assunti alcuni provvedimenti immediati»; l'apertura delle scuole delle su menzionate frazioni acesi è stata resa possibile grazie all'intervento dei volontari. E ancora oggi è in atto la raccolta dei sacchetti di cenere, attività che si protrarrà fino al prossimo 3 aprile. Il comune ha iniziato ad intervenire «secondo quanto previsto dal Piano di protezione civile, a partire dal centro delle frazioni, fino ad allargarsi sui perimetri stradali»; anche a Giarre la situazione non è migliore. È iniziata la pulizia delle arterie viarie, tra polemiche tra le fazioni politiche per presunti «ritardi e rimbalzi responsabilità tra enti locali» comunali, provinciali e regionali; la situazione è tale infatti che alla prossima seduta del consiglio comunale è stato aggiunto un punto integrativo che ha come obiettivo la «riapprovazione della delibera consiliare» già emanata qualche settimana fa per un evento simile, in modo da disporre della dichiarazione dello stato di emergenza e di «somme per iniziative necessarie in conseguenza dell'intensa e ricorrente attività vulcanica» sulla zona; tutti i comuni su citati, del resto, hanno invitato i propri cittadini ad armarsi di buona volontà per porsi a disposizione e coadiuvare le istituzioni nella raccolta delle ceneri e disporle in appositi sacchetti;i comuni sono impossibilitati ad intervenire economicamente per non sforare il patto di stabilità, così come dai loro rappresentanti dichiarato ai vari tavoli di coordinamento dell'attività di intervento; anche il prefetto di Catania si è attivato per convocare nei giorni scorsi un tavolo straordinario, promettendo che si sarebbe rivolto direttamente alle istituzioni regionali; la sera del 20 marzo 2013, infatti, si è riunito il vertice per l'emergenza cenere dell'etneo, convocato dal Presidente della regione. Sotto la coordinazione dell'assessore regionale Nicolò Marino e la partecipazione dei dirigenti generali regionali della protezione civile e del dipartimento di acqua e rifiuti, oltre al commissario della provincia catanese, dall'incontro è scaturito 65 l'impegno del dipartimento regionale della protezione civile a proporre alla giunta del presidente Crocetta la dichiarazione dello stato di calamità e di avanzare al Governo nazionale la dichiarazione dello stato di emergenza per i comuni che hanno subìto i danni. Sarà definito, inoltre, un piano di interventi del sistema di protezione civile, «da attuare in modo automatico e strutturato per affrontare tempestivamente ed efficacemente un fenomeno che ormai si ripete con una frequenza sempre crescente, che contempli una dotazione di mezzi ed attrezzature»; lo stato d'emergenza è necessitato, secondo quanto risulta da fonti di stampa che hanno ripreso il dibattito dei vari tavoli istituzionali e la relazione dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, è necessitato dal fatto che l'intensa attività esplosiva del vulcano Etna avrebbe colpito oltre tutto in maniera grave le colture, in particolare delle zone intorno al comune di Zafferana etnea; gli agricoltori della zona ricadente nel comune di Zafferana etnea e di quelli limitrofi, che in passato si erano costituiti in una cooperativa agricola, hanno diramato un comunicato in cui specificano i danni subiti dalle attività produttive. In particolare, secondo la cooperativa «Zaufanah», «l'evento del 16 marzo è stato quello più violento verificatosi negli ultimi sessant'anni, sia per il quantitativo di lapilli che per le dimensioni»; se nel centro urbano sono ricaduti tra gli 11 e i 12 chilogrammi di sabbia e cenere vulcanica, invece «nella zona montana coltivata a frutteti, e distante dal cratere di sud-est solamente 5 chilometri», la densità di materiale piroclastico ammonta a circa «30 chilogrammi al metro quadrato». Ciò ha provocato negli alberi da frutto, come i meli, «rotture e fessurazioni alle branche primarie, secondarie e terziarie e sulle gemme a frutto». Le conseguenze si riverbereranno non solo sulla mancata produzione fruttifera dell'annata in corso, ma «anche su quelle successive»; gli agricoltori dell'est etneo ribadiscono che «gli eventi vulcanici degli ultimi tre anni, per il loro susseguirsi con cadenza e periodicità spesso ravvicinata, assumono carattere di continuità e non di eccezionalità». Tanto da rendere non più procrastinabile «l'adozione di provvedimenti anche di natura legislativa per dotare la Protezione civile e i comuni di strumenti e mezzi idonei a fronteggiare l'emergenza»; si tratta, invero, di una circostanza di gravissima crisi in un'area determinata del territorio, che deve essere fronteggiata con mezzi e poteri straordinari. E, così come previsto dalla legge n. 225 del 1992, lo stato di emergenza è finalizzato a 66 consentire l'adozione dei provvedimenti straordinari idonei al suo superamento (e all'avvio della ripresa) –: se non ritenga di dover adoperarsi per approntare un adeguato piano di aiuti in termini di mezzi, risorse umane ed economiche; se non ritenga di disporre l'immediata convocazione del Consiglio dei ministri per approvare la dichiarazione dello stato di emergenza non appena giunga la richiesta da parte della regione siciliana; se non ritenga opportuno assumere iniziative dirette a consentire ai comuni sopra menzionati lo sforamento del patto di stabilità, proprio al fine di tutelare la salute pubblica e la circolazione piena di persone, mezzi e merci. (4-00108) § 22. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0082722 Testo presentato, in data Mercoledì 12 giugno 2013, seduta n. 32, da: LIUZZI, CATALANO, DE LORENZIS, TONINELLI, COZZOLINO, SCAGLIUSI,BIANCHI, DELL'ORCO, SARTI, DEL GROSSO, TACCONI, PAOLO BERNINI,CARINELLI, SPESSOTTO, VIGNAROLI, DIENI, DADONE, BARONI, CECCONI, MUCCI e CASTELLI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: in seguito alle rilevazioni apparse sui quotidiani The Guardian e Washington Post nella scorsa settimana è emerso che il Governo americano per il tramite dellaNational Security Agency (NSA) ha messo in atto, a partire dal novembre 2007, un progetto denominato Prism al fine di contrastare il terrorismo interno ed internazionale attraverso un capillare controllo delle informazioni veicolate attraverso la rete internet; da quanto è emerso sugli organi di stampa tale programma ha consentito alla NSA ed al Governo americano, senza un preventivo controllo giurisdizionale, di accedere ai tabulati telefonici del provider Verizon nonché di accedere direttamente ad informazioni personali (quali mail, video, foto, chat vocali, notifiche 22http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2288&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 67 di accesso e ad altre informazioni) di utenti americani e non custodite sui server dei maggiori provider internet quali: Google, Facebook, Microsoft, Yahoo, PalTalk, AOL, Skype, YouTube e Apple; da quanto è emerso dagli articoli di stampa non è possibile escludere che tale attività controllo abbia coinvolto cittadini italiani ed europei che utilizzano i servizi dei suddetti provider; tali attività, ove verificate, costituirebbero una profonda lesione dei diritti fondamentali dei cittadini italiani, quali la privacy e la libertà di espressione in rete; il Garante italiano per la protezione dei dati personali Antonello Soro in data 6 giugno 2013 ha dichiarato in un comunicato a mezzo internet che «Preoccupa l'azione della National Security Agency statunitense, che a quanto si apprende avrebbe raccolto tabulati telefonici di milioni di cittadini, probabilmente non solo statunitensi. Preoccupa poi il fatto che tra i soggetti intercettati possano esservi anche cittadini europei, ai quali le discipline interne garantirebbero un livello di tutela ben più elevato. La difesa della democrazia passa sempre attraverso il consolidamento delle libertà e non deve essere affidata alle scorciatoie di una sorveglianza generalizzata della vita dei cittadini. Come lo stesso Presidente Obama ha più volte riconosciuto»; in data 10 giugno 2013 il Garante europeo per la protezione dei dati personali Peter Hustinx ha espresso viva preoccupazione per le possibili implicazioni negative per la privacy e altri diritti fondamentali dei cittadini europei derivanti dal programma Prism, sostenendo la richiesta del presidente dell’article 29 Working Party Jacob Kohnstamm rivolta alla Commissione europea di chiedere chiarimenti al Governo americano in occasione del summit UE-USA in programma per il 14 giugno 2013; in data 11 giugno nell'ambito della sessione plenaria del parlamento europeo, la Commissione europea ha espresso la propria preoccupazione in relazione al trattamento massivo di dati personali di cittadini europei che sarebbe avvenuto per il tramite programma Prism ed ha annunciato che chiederà chiarimenti alle autorità statunitensi nell'ambito del vertice ministeriale UE-USA in programma il 14 giugno –: quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di verificare se l'attività di controllo esercitata attraverso il programma Prism abbia riguardato dati ed informazioni afferenti a cittadini italiani e se tale attività sia stata conforme a quanto previsto dalle vigenti norme comunitarie e nazionali in materia di protezione dei 68 dati personali nel rispetto degli accordi internazionali vigenti in materia. (4-00827) § 23. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0042623 Testo presentato, in data Martedì 14 maggio 2013, seduta n. 15, da: LIUZZI, DE LORENZIS, CATALANO, IANNUZZI, ROMANO, NICOLA BIANCHI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che: il 12 agosto 2012 è entrata in vigore la legge 7 agosto 2012, n. 134 che ha convertito, con modificazioni, il decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 recante «Misure urgenti per la crescita del Paese» cosiddetto «decreto crescita 2.0»; nel decreto succitato viene istituita l'Agenzia digitale italiana alla quale sono affidati interventi previsti nei settori quali: identità digitale, pubblica amministrazione digitale/open data, istruzione digitale, sanità digitale, divario digitale, pagamenti elettronici e giustizia digitale; nell'articolo 22 del decreto-legge n. 83 del 2012 vengono trasferite all'Agenzia per l'Italia digitale il personale e le funzioni della DigitPa e il personale e le funzioni di quello dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione; il personale della DigitPa conta 120 unità, in base alla tabella A del decreto legislativo 177 del 2009, prevista dall'articolo 12, comma 1; l'8 marzo 2013 il Presidente del Consiglio pro tempore Mario Monti, su iniziativa dei Ministri pro tempore Passera, Patroni Griffi, Profumo e Grilli, ha firmato il decreto che approva lo statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale e in seguito all'approvazione, lo Statuto è stato inviato alla Corte dei conti per il controllo consueto; il ministro pro tempore Corrado Passera ha pubblicamente commentato, dicendo che si trattava di un «altro passo avanti per l'Agenda digitale per dotare i cittadini di servizi più efficienti», permettendo al nuovo organismo operatività per svolgere «gli 23 Inserisci nota (link al documento della Camera dei Deputati) ……………. 69 importanti compiti sul fronte dell'innovazione che le sono stati assegnati»; tuttavia, le organizzazioni sindacali Fp Cgil, Fp Cisl, Falbi, Ugl, Fialp Cisal e la Rsu Agenzia per l'Italia digitale, tramite una missiva inviata al direttore Agostino Ragosa reputavano che l'approvazione dello statuto non rientrava nei poteri di «ordinaria amministrazione del Governo dimissionario» accusando lo statuto di contenere «previsioni in assoluto contrasto con la stessa normativa di risparmio e contenimento della spesa pubblica che ha ispirato la riforma e soppresso i vari enti che sono poi confluiti nella nuova Agenzia»; durante il discorso di fiducia alla Camera dei deputati, l'attuale Presidente del Consiglio Enrico Letta ha dichiarato che tra i pilastri del piano pluriennale di ricerca e innovazione vi sono l'Agenda digitale e l'economia verde, insieme all'aerospazio e alle nanotecnologie; ciononostante, in data 8 maggio 2013 si apprendeva dagli organi di stampa che il Governo aveva ritirato lo statuto dell'Agenzia per l'Italia digitale, inviato a metà marzo 2013 alla Corte dei conti per la registrazione –: quali siano le motivazioni in base alle quali sia stato disposto il ritiro dello statuto dell'Agenzia digitale per l'Italia; quali azioni si intendano porre in essere affinché l'Agenzia per l'Italia digitale possa al più presto attivare gli interventi per i quali è stata istituita. (4-00426) §24. Interpellanza urgente nr. 2-0003124 Testo presentato, in data Giovedì 16 maggio 2013, seduta n. 17, da: LOMBARDI e LUIGI GALLO. I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che: il tribunale civile di Torre Annunziata ha dichiarato il fallimento della società Deiulemar Compagnia di Navigazione spa con 24http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=376&stile=7&highLig ht=1&paroleContenute=%27INTERPELLANZA%27 70 sentenza n. 25 del 2 maggio 2012 per aver emesso obbligazioni, in violazione di quanto disposto dall'articolo 2412 del codice civile, per un valore di circa 858 milioni di euro; nel 1997 l'ufficio italiano dei cambi, oggi confluito in Banca d'Italia, aveva rifiutato la richiesta di iscrizione della società nell'elenco generale degli intermediari finanziari, di cui all'articolo 106 del Testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993 e successive modifiche), per mancanza dei presupposti di legge; nel 2002 la Banca d'Italia, sulle vicende in questione, ha segnalato la società alla competente procura della Repubblica a norma dell'articolo 331 del codice di procedura penale; il decreto legislativo n. 231 del 2007, in attuazione della direttiva 2005/60/CE, conferisce all'Unità di informazione finanziaria, istituita presso la Banca d'Italia, l'analisi dei flussi finanziari al fine di individuare e prevenire fenomeni di riciclaggio di denaro, nonché l'analisi finanziaria delle operazioni sospette segnalate; l'articolo 41 del decreto legislativo n. 231 del 2007 introduce una procedura per la segnalazione, obbligatoria, delle operazioni sospette; non si ha conoscenza delle segnalazioni effettuate dai soggetti di cui al decreto legislativo n. 231 del 2007 operanti con la predetta società, (i relativi soci ed amministratori), effettivamente pervenute all'Unità di informazione finanziaria; non si ha conoscenza di quali inadempienze l'Unità di informazione finanziaria abbia riscontrato in relazione alle operazioni poste in essere dalla società; non si comprende se sia stata o meno effettuata un'analisi dei flussi finanziari riconducibili alla società, così come previsto dal decreto legislativo n. 231 del 2007 e dal regolamento per l'organizzazione e il funzionamento dell'Unità di informazione finanziaria; non si comprende se le autorità preposte al controllo abbiano adempiuto alle proprie prerogative –: se non si ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza affinché si possa pervenire all'individuazione degli eventuali responsabili degli omessi controlli e delle omesse segnalazioni; quali iniziative di competenza si intendano assumere al fine di evitare che, in futuro, possano verificarsi nuovamente simili violazioni a danno dei risparmiatori e della stabilità del sistema finanziario. (2-00031) 71 § 25. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0148325 Testo presentato, in data Lunedì 29 luglio 2013, seduta n. 60, da: LOMBARDI e D'AMBROSIO. Al Presidente del Consiglio dei ministri — Per sapere – premesso che: la corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il decreto-legge contenente un dispositivo normativo finalizzato all'abolizione delle Province previsto nel decreto Salva-Italia del dicembre 2011 con la corretta motivazione sostanziale in base alla quale il decreto-legge, atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità ed urgenza, è strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio; considerato che tale decreto-legge è il frutto del lavoro – tra gli altri – dell'ufficio legislativo del Ministero dell'interno (in particolare la parte riguardante le Province); oltretutto va osservato che qualunque dirigente e/o funzionario della pubblica amministrazione non può non sapere che un decreto-legge non ha (e mai potrebbe essere così) la forza normativa per modificare la Carta Costituzionale –: chi sia il capo dell'ufficio legislativo del Ministero dell'interno responsabile dell'istruttoria normativa confluita poi nel decretolegge dichiarato incostituzionale, se sia tuttora in carica ovvero quali funzioni svolga, se risulti sulla base di quali competenze sia stato scelto, nonché quali iniziative il Presidente del Consiglio dei ministri – tenuto conto dell'evidenza – intenda avviare per rivedere i criteri di scelta ed assegnazione per i delicati compiti che quotidianamente sono chiamati a svolgere i capi degli uffici legislativi dei vari ministeri. (4-01483) § 26. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0105226 Testo presentato, in data Giovedì 27 giugno 2013, seduta n. 42, da: LOMBARDI. 25http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4911&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 26http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2513&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 72 Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i rapporti con il Parlamento ed il coordinamento delle attività di Governo. — Per sapere – premesso che: in data 21 giugno 2013, sul sito della Presidenza del Consiglio è apparso il seguente comunicato: «La Presidenza del Consiglio dei Ministri, in relazione alla notizia della nomina di Antonio Colini a presidente pro tempore dell'Istat, precisa quanto segue: Golini reggerà l'Istat per consentire che le funzioni monocratiche del presidente siano assolte e i poteri precipui del presidente siano esercitati; la nomina ha carattere temporaneo ed è legata all'avvio dell’iter di nomina del nuovo presidente; l'ultimo presidente, Enrico Giovannini, si è dimesso. Attualmente è Ministro del lavoro» –: quali siano le ragioni per le quali il Governo abbia provveduto alla nomina del presidente pro tempore dell'Istat, che come noto è un ente di diritto pubblico non economico, senza aver previamente sottoposto la designazione all'esame delle competenti commissioni parlamentari per l'acquisizione del parere obbligatorio a maggioranza qualificata dei due terzi, siccome previsto dall'articolo 3 della legge n. 400 del 1988 dall'articolo 5 della legge n. 196 del 2009. (4-01052) § 27. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0188427 Testo presentato, in data Giovedì 19 settembre 2013, seduta n. 80, da: MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che: in base all'articolo 19, comma 6-ter, della legge n. 241 del 1990, la segnalazione certificata di inizio attività non costituisce un provvedimento tacito direttamente impugnabile; l'interessato può, dunque, sollecitare l'amministrazione a compiere le verifiche di competenza e – solo in caso di inerzia – può chiedere 27http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6780&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 73 al giudice amministrativo l'accertamento dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere in base all'articolo 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104; in base al citato articolo 31 del decreto legislativo n. 104 del 2012, il giudice può pronunciarsi sulla fondatezza della richiesta solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione; con il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, all'articolo 30, sono state apportate delle modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, e in particolare alla definizione delle categoria di intervento edilizio «ristrutturazione edilizia», di cui all'articolo 3 del testo unico, includendo in detta categoria anche gli interventi di demolizione e ricostruzione che comportano la realizzazione di un edificio con la stessa volumetria, ma con una sagoma diversa da quella dell'edificio preesistente; con la modifica apportata dal decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito, con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, all'articolo 10 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, viene stabilito che sono soggetti al rilascio del permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione edilizia comportanti la demolizione e la ricostruzione di un edificio con una sagoma diversa rispetto a quello preesistente, soltanto nel caso in cui abbiano come oggetto un edificio vincolato in base al codice dei beni culturali e del paesaggio ovvero limitatamente agli edifici all'interno delle zone territoriali omogenee «A», rispetto ai quali i comuni – con la delibera di cui all'articolo 23-bis dello stesso Testo Unico – escluderanno la possibilità di realizzare detti interventi mediante segnalazione certificata di inizio attività; con la modifica apportata dal decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, all'articolo 22 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, viene stabilito che sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, e non alterano la sagoma dell'edificio soltanto nel caso in cui abbiano come oggetto un edificio vincolato in base al codice dei 74 beni culturali e del paesaggio ovvero limitatamente agli edifici all'interno delle zone territoriali omogenee «A», rispetto ai quali i comuni – con la delibera di cui all'articolo 23-bis dello stesso testo Unico – escluderanno la possibilità di presentare dette varianti mediante segnalazione certificata di inizio attività; con il decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013 n. 98, è stato inserito l'articolo 23-bis del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, con il quale è stato, altresì, stabilito che all'interno delle zone omogenee «A» per gli interventi o le varianti a permessi di costruire ai quali è applicabile la segnalazione certificata di inizio attività comportanti modifiche della sagoma rispetto all'edificio preesistente o già assentito, i lavori non possono in ogni caso avere inizio prima che siano decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della segnalazione; in seguito alle modifiche elencate in premessa, rientrano nel campo di applicazione della segnalazione certificata di inizio attività interventi di demolizione e ricostruzione che non comportano una «fedele ricostruzione» dell'edificio preesistente, ma che portano alla realizzazione di un edificio nuovo sia per caratteristiche tipologiche, sia per la sua collocazione all'interno del lotto; rientrano, allo stesso modo, nel campo di applicazione della segnalazione certificata di inizio attività anche le varianti ai permessi di costruire di cui all'articolo 22 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia; dette modifiche comportano l'inclusione all'interno del campo di applicazione della cosiddetta segnalazione certificata di inizio attività di interventi, la procedibilità dei quali comporta, per l'amministrazione, un'attività di verifica dei requisiti e dei presupposti del tutto analoga a quella da svolgere con riferimento agli interventi di «nuova costruzione» ovvero soggetti al rilascio del permesso di costruire; rispetto agli interventi di demolizione e ricostruzione finalizzati alla realizzazione di un edificio nuovo sia per caratteristiche tipologiche, sia per la sua collocazione all'interno del lotto – eseguibili in base alle modifiche al testo unico mediante la presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività – deve essere assicurato un trattamento dei diritti, che spettano ai soggetti a diverso titolo interessati all'intervento, analogo a quello previsto per gli interventi 75 di nuova costruzione che lo stesso testo unico assoggetta al rilascio del permesso di costruire; alla luce di questa esigenza, con riferimento agli interventi di demolizione e ricostruzione da eseguire all'interno delle zone «A» l'articolo 23-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 prevede espressamente che i lavori non possono essere avviati – come ordinariamente stabilito – il giorno successivo, ma trenta giorni dopo la presentazione della segnalazione; la fissazione del termine sospensivo di trenta giorni, di cui all'articolo 23-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, non associata all'obbligo di dare pubblicità dell'avvenuta presentazione della segnalazione, non contribuisce in modo apprezzabile alla piena ponderazione degli interessi eventualmente presenti e al tempestivo coinvolgimento dei diversi soggetti coinvolti –: se e quali iniziative intendano assumere – nelle more dell'approvazione, da parte dei comuni, della delibera di cui all'articolo 23-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 – affinché venga data notizia al pubblico, mediante affissione all'albo pretorio, della presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività che ha come oggetto la realizzazione di interventi di demolizione e ricostruzione comportanti la modifica della sagoma ovvero la presentazione di varianti ai permessi di costruire, e dell'avvenuto decorso del termine di 30 giorni, di cui all'articolo 23-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, per gli interventi da eseguire su immobili ricadenti all'interno delle zone A; se e quali iniziative intendano assumere affinché sia stabilito l'obbligo di pubblicare l'avvenuta presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività, che ha come oggetto la realizzazione di interventi di demolizione e ricostruzione comportanti la modifica della sagoma ovvero la presentazione di varianti ai permessi di costruire, anche nei casi rispetto ai quali non è stato stabilito il citato termine sospensivo di trenta giorni per iniziare i lavori e dunque quest'ultimi possono essere avviati il giorno dopo la presentazione della segnalazione; se non ritengano necessario assumere iniziative normative urgenti al fine di correggere e integrare la disciplina della segnalazione certificata di inizio attività, di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, stabilendo che le segnalazioni certificate di inizio 76 attività – se hanno ad oggetto la realizzazione di interventi di demolizione e ricostruzione, con modifica della sagoma, nonché la presentazione di varianti ai permessi di costruire – costituiscono provvedimenti direttamente impugnabili, e che i comuni hanno l'obbligo di dare notizia, mediante affissione all'albo pretorio, della presentazione delle stesse segnalazioni certificate, al pari di quanto disposto dall'articolo 20, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 relativamente al rilascio dei permessi di costruire. (4-01884) § 28. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0188328 Testo presentato, in data Giovedì 19 settembre 2013, seduta n. 80, da: MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti — Per sapere – premesso che: l'articolo 28 della legge n. 1150 del 1942, al comma 5, stabilisce che l'autorizzazione comunale alla lottizzazione del terreno a scopo edilizio è subordinata alla stipula di una convenzione tra il proprietario delle aree e l'amministrazione comunale; lo stesso articolo 28 stabilisce che la convenzione deve disciplinare le obbligazioni a carico del proprietario concernenti la cessione delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ovvero l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; in base allo stesso articolo 28, la convenzione deve indicare i termini non superiori a dieci anni entro i quali deve essere ultimata l'esecuzione delle opere di urbanizzazione e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; in attuazione di quanto previsto dall'articolo 28 della legge n. 28http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6779&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 77 1150 del 1942, i comuni adottano schemi di convenzione in base ai quali le modalità e la tempistica per il rilascio delle autorizzazioni necessarie alla realizzazione degli interventi edificatori privati sono strettamente correlate all'adempimento, da parte dei proprietari delle aree, degli obblighi convenzionali concernenti la cessione delle aree e la realizzazione delle opere di urbanizzazione; nelle convenzioni che i proprietari delle aree sottoscrivono con i comuni viene, altresì, quantificato, in funzione dell'edificabilità determinata dal piano urbanistico, l'importo dei contributi dovuti per il rilascio dei permessi di costruire, a scomputo totale o parziale del quale i proprietari si assumono l'onere di eseguire le opere di urbanizzazione primaria e di quota parte di quelle secondarie ovvero di quelle che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; detta quantificazione avviene sulla base delle tabelle parametriche definite a livello regionale ovvero sulla base dei parametri per il calcolo degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria vigenti, che i comuni, in base all'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, sono tenuti ad aggiornare, con una apposita deliberazione consiliare, ogni cinque anno; le opere di urbanizzazione primaria e secondaria e quelle necessarie per allacciare le aree da trasformare ai pubblici servizi — oggetto di obblighi convenzionali e finanziate integralmente o in parte dai proprietari delle stesse aree — risultano comunque inserite nella programmazione delle opere pubbliche dei comuni; il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, all'articolo 30, comma 3-bis, stabilisce che il termine di validità nonché i termini di inizio e fine lavori nell'ambito delle convenzioni di lottizzazione di cui all'articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ovvero degli accordi similari comunque nominati dalla legislazione regionale, stipulati sino al 31 dicembre 2012, sono prorogati di tre anni; la dilazione dei termini di efficacia delle convenzioni urbanistiche si concretizza in una rimodulazione delle obbligazioni a carico dei proprietari delle aree che hanno sottoscritto una convenzione urbanistica prima del 31 dicembre 2012, e dunque in un rinvio, fino a tre anni, dei termini entro i quali i proprietari delle aree si sono obbligati ad avviare ovvero a completare i lavori per la realizzazione di opere di urbanizzazione; 78 il rinvio dei termini previsti dalle convenzioni urbanistiche comporta una inevitabile lievitazione dei costi, rispetto ai quadri tecnico-economici già approvati, di quelle opere di urbanizzazione che, con la sottoscrizione delle stesse convenzioni, i proprietari delle aree si sono impegnati a realizzare e successivamente a cedere alle amministrazioni comunali, a scomputo totale o parziale dei contributi dovuti, così come quantificati sulla base delle tabelle di calcolo vigenti al momento della stipula della convenzione; il rinvio dei termini previsti dalle convenzioni urbanistiche per l'ultimazione delle opere può comportare la sospensione ovvero il rallentamento dei lavori in corso per l'esecuzione di opere di urbanizzazione primaria, di quelle secondarie ovvero di altre opere pubbliche –: se siano a conoscenza degli impatti prevedibili di questa disposizione, e in particolare del numero delle convenzioni urbanistiche rispetto alle quali quest'ultima troverà applicazione, e del numero e del valore economico complessivo delle opere di urbanizzazione — già programmate dai comuni e affidate in esecuzione ai proprietari delle aree che hanno sottoscritto le relative convenzioni — delle quali si rinvia l'avvio ovvero l'ultimazione dei lavori; se dispongano di una stima attendibile della lievitazione dei costi, rispetto a quelli stabiliti nei quadri tecnico-economici già approvati, delle opere di urbanizzazione oggetto delle convenzioni urbanistiche stipulate prima del 31 dicembre 2012, che la dilazione, fino a tre anni, dei termini per l'avvio e l'ultimazione dei lavori può determinare; se non ritengano necessario promuovere iniziative urgenti volte a rivedere la norma in questione, al fine di prevenire e/o ridurre i contenziosi che si potranno verificare tra le amministrazioni locali e i soggetti convenzionati a causa dell'automatico rinvio dei termini previsti per l'adempimento degli obblighi convenzionali e per la realizzazione di opere pubbliche già inserite nella programmazione dei comuni, a causa del disallineamento tra i quadri tecnicoeconomici delle opere convenzionate già approvate e i costi delle stesse opere al momento nel quale verranno eseguite, nonché a causa del possibile rallentamento e/o sospensione dei lavori in corso per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria, di quelle opere secondarie e delle altre opere pubbliche oggetto delle convenzioni. (4-01883) 79 § 29. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0115429 Interrogazione a risposta scritta 4-01154 presentato da PINNA Paola testo di Giovedì 4 luglio 2013, seduta n. 46. PINNA, NICOLA BIANCHI, PIRAS e CORDA. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che: il consiglio regionale della Sardegna, su proposta del presidente della giunta regionale Ugo Cappellacci, ha approvato una legge regionale con cui si prevede di far decadere i consigli e le giunte provinciali di cinque degli otto enti presenti sul territorio dell'isola; la legge n. 15 del 28 giugno 2013, recante «Disposizioni transitorie in materia di riordino delle province», al comma 3 dell'articolo 1, prevede: «Al fine di assicurare la continuità dell'espletamento delle funzioni già svolte dalle province, nelle more dell'approvazione della legge di cui al comma 2, per le province, in relazione alle quali sono stati proposti i quesiti abrogativi, di Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio, soppresse a seguito dei referendum svoltisi il 6 maggio 2012, e del relativo decreto del Presidente della Regione n. 73 del 25 maggio 2012, sono nominati, con delibera della Giunta regionale, su proposta del Presidente della Regione, commissari straordinari che assicurano la continuità delle funzioni già svolte dalle province e predispongono entro sessanta giorni dall'insediamento gli atti contabili, finanziari e patrimoniali ricognitivi e liquidatori necessari per le procedure conseguenti alla riforma di cui al comma 2, con particolare riferimento a: a)lo stato di consistenza dei beni immobili e mobili; b)la ricognizione di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi; c)la situazione di bilancio; d)l'elenco dei procedimenti in corso; e)le tabelle organiche, la composizione degli organici, l'elenco del personale per qualifiche e ogni altra indicazione utile a definirne la posizione giuridica. 29http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2615&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 80 I commissari straordinari provvedono inoltre all'amministrazione ordinaria dell'ente e garantiscono il proseguimento dell'esercizio delle funzioni e dell'erogazione dei servizi alla data di entrata in vigore della presente legge, anche attraverso l'affidamento diretto ad organismi a totale partecipazione pubblica, nel rispetto della normativa comunitaria»; interpretando in maniera estensiva la lettera b) dell'articolo 3 dello Statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale n. 3 del 1948), che recita: «In armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica (...) la Regione ha potestà legislativa nelle seguenti materie: (...) b) ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni», la suddetta legge, «Disposizioni transitorie in materia di riordino delle province», prevede addirittura di rivedere le competenze, e conseguentemente decidere una loro radicale modifica, delle province di Cagliari, Sassari, Nuoro ed Oristano; le prime tre previste all'articolo 43 dallo Statuto speciale e l'ultima istituita tramite una legge ordinaria dello Stato. Nelle more della paventata riforma, continuerà a trovare applicazione la legge regionale n. 11 del 25 maggio 2012, «Norme sul riordino generale delle autonomie locali e modifiche alla legge regionale n. 10 del 2011», così come previsto al comma 4 dell'articolo 1 della legge n. 15 del 28 giugno 2013; gli articoli in argomento ad avviso degli interroganti presentano evidenti vizi di legittimità costituzionale in quanto impediscono il normale svolgimento delle dinamiche democratiche previste dal TUEL, testo unico degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 18 agosto 2000, e prevedono la fine anticipata di un mandato conferito tramite elezioni. Gli enti provinciali istituiti tramite legge regionale continuerebbero ad esistere e sarebbero amministrati da commissari sciolti dal controllo dei rappresentanti del corpo elettorale, ossia da organi monocratici che avrebbero anche il compito – così come riportato testé – di occuparsi della «amministrazione ordinaria». Un indizio a giudizio degli interroganti in grado di svelare uno sviamento di potere del legislatore regionale; la notizia relativa al commissariamento degli enti provinciali ha creato notevole preoccupazione tra gli oltre duemila dipendenti delle quattro province coinvolte, tra i sindaci e in seno alle comunità amministrate, con una situazione particolarmente critica per quanto concerne il territorio di Olbia-Tempio; in base all'ordinamento nazionale, il commissario straordinario per la gestione degli enti locali è nominato tramite decreto del Presidente della Repubblica su 81 proposta del Ministro dell'interno e previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in esito ad una procedura avviata dal prefetto competente per territorio; tale provvedimento di rimozione dell'organo democraticamente eletto è adottabile solo qualora si ricada nel numerus clausus di fattispecie previsto dall'articolo 141 del TUEL –: quali eventuali iniziative di competenza, alla luce della legislazione vigente, ritengano opportuno assumere in relazione a quanto indicato in premessa e, in particolare, se ritengano che sussistano i presupposti per impugnare la legge regionale n. 15 del 28 giugno 2013, una volta pubblicata, al fine di impedire che organi democraticamente eletti vengano sostituiti arbitrariamente da figure commissariali. (4-01154) § 30. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0030330 Interrogazione a risposta scritta 4-00303 presentato da RIZZETTO Walter testo di Lunedì 29 aprile 2013, seduta n. 10 RIZZETTO e PRODANI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che: con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3702 del 5 settembre 2008 è stato nominato il commissario delegato per la realizzazione della terza corsia della A4 nella tratta Quarto d'AltinoTrieste e l'adeguamento a sezione autostradale del raccordo Villesse Gorizia (Gazzetta Ufficiale 11 settembre 2008, n. 213, S.O., Gazzetta Ufficiale 4 dicembre 2008, n. 284, S.O., Gazzetta Ufficiale 12 maggio 2009, n. 108, S.O., Gazzetta Ufficiale 4 gennaio 2010, n. 2, S.O., Gazzetta Ufficiale 5 gennaio 2011, n. 3, S.O., Gazzetta Ufficiale 10 agosto 2011, n. 185, S.O., e Gazzetta Ufficiale 27 dicembre 2011, n. 300, S.O.); la predetta decisione era stata assunta con il presupposto che vi fosse una situazione di emergenza determinatasi sulla tratta medesima e «al fine di assumere tutte le iniziative di carattere urgente per il superamento dell'emergenza e per il ritorno delle normali condizioni di vita»; la funzione 30http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1532&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 82 commissariale nella sua eccezionalità è apparsa tuttavia ridondante rispetto alle reali necessità di una semplice terza corsia di pianura, specie se raffrontata con le ben più difficoltose terze corsie della Roma-Napoli e della Roma-Firenze realizzate senza ricorrere all'istituto commissariale; nonostante la dichiarata emergenza e la eccezionalità degli strumenti a disposizione della funzione commissariale, gli anni sono trascorsi invano e, mentre ad oggi i lavori dovevano ritenersi completati, della terza corsia non si è realizzato un solo metro, preferendo dare vita a lavori e tratte collaterali come la Villesse-Gorizia che non urgono affatto, caratterizzate come sono da una mole di traffico ben poco significativa; né si può tacere il fatto che nel volgere degli anni la stessa A4 ha subito una vistosa diminuzione del traffico, tanto da rendere problematico il reperimento dei fondi attraverso il pedaggio e da non rappresentare più quella asserita situazione di emergenza che ha suscitato una gestione a carattere eccezionale quale si sarebbe attesa da parte del commissario delegato; ciò nonostante, il commissario delegato e la stessa giunta regionale hanno profittato dell'ennesima reiterazione del mandato commissariale per utilizzare una interpretazione, ad avviso degli interroganti strumentale, dell'ordinanza 3764 del 6 marzo 2009, la quale prevedeva si potesse provvedere alla realizzazione delle opere di competenza di enti diversi dalla concessionaria Autovie Venete spa sempre che fossero funzionali al decongestionamento del traffico nell'area interessata dallo stato di emergenza; in esito a quanto sopra, la giunta della regione Friuli Venezia Giulia, con propria delibera n. 1471 del 24 giugno 2009 e, a quanto consta agli interroganti, senza darne acconcia notizia alla Presidenza del Consiglio ha incluso nell'attività commissariale il «Collegamento stradale veloce fra l'Autostrada A4 e l'area del triangolo della sedia in Comune di Manzano»; a tal fine il commissario delegato ha deciso di avvalersi del supporto tecnico, operativo e logistico della concessionaria Autovie Venete spa, sia pure consapevole che il triangolo della sedia era soggetto ad una crisi irreversibile e che il traffico veicolare era assolutamente irrisorio e tale da non rappresentare quelle condizioni di emergenza cui la giunta si è autonomamente appellata; né può essere ignorato il fatto che il nuovo asse viario, quale risulta dal progetto realizzato, ancorché superfluo ed incompatibile con la attuale crisi economica, comporta una spesa di novanta milioni di euro circa e al contempo devasta i territori fertili del comune di 83 Palmanova sino a stravolgere gli evidenti orientamenti dell'agro aquileiese e diventare perciò possibile motivo di negazione di quella tutela Unesco che l'intera regione auspica per la città fortezza unica al mondo; un siffatto onerosissimo scempio suscita scandalizzate reazioni persino da parte degli stessi industriali della zona cui non sfugge come l'abnorme impegno finanziario debba destinarsi a ben altre emergenze (vedasi Messaggero Veneto del 13 aprile «Lo striscione in fabbrica: quella strada non serve»); tutto ciò premesso, non può nemmeno tacersi il fatto che, una volta approvato il progetto definitivo l'autorità commissariale ha subito mandato in gara i lavori a base d'asta, prevedendo la scadenza delle offerte durante la vacatio amministrativa derivante dalla tornata elettorale –: quali iniziative si intendano assumere rispetto ai fatti in premessa che ad avviso degli interroganti sono tanto gravi da richiedere la immediata soppressione della funzione commissariale, essendo del tutto evidenti a giudizio degli interroganti l'assenza di quelle condizioni di eccezionalità che all'epoca furono invocate, la manifesta inazione del commissario delegato, nonché l'impropria estensione del suo mandato nei confronti di opere e inutili che appaiono che nulla hanno a che vedere né con l'emergenza né con la terza corsia. (4-00303) § 31. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0043031 Interrogazione a risposta scritta 4-00430 presentato da NESCI Dalila testo di Mercoledì 15 maggio 2013, seduta n. 16 NESCI, MASSIMILIANO BERNINI, NICOLA BIANCHI, BONAFEDE, BRESCIA, BUSINAROLO, CECCONI, CHIMIENTI, COLLETTI, COZZOLINO, D'AMBROSIO, DE LORENZIS, DI BENEDETTO, LUIGI DI MAIO, DIENI, FICO, GAGNARLI, GALLINELLA, SILVIA GIORDANO, GRILLO, L'ABBATE, LOREFICE, MICILLO, MUCCI, NUTI, 31http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1786&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 84 PARENTELA, SARTI, TOFALO, TURCO, VACCA, VILLAROSA. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: il 10 maggio 2013 il giornalista Roberto Galullo, del quotidiano economico Il Sole 24 Ore, ha scritto sul suo blog che ad Angela Napoli, già membro della Commissione parlamentare antimafia, è stato ridotto il livello di tutela da parte dello Stato, passato da 2 a 4 con conseguente perdita della macchina blindata, dell'autista e dell'agente di cui disponeva per gli spostamenti; come si evince dalle cronache, la ex parlamentare è stata più volte minacciata dalla criminalità organizzata per causa delle sue denunce e attività di contrasto, sia istituzionali che politiche, le quali hanno avuto effetti importanti nella lotta dello Stato all'antistato; il lungo lavoro istituzionale dell'onorevole Napoli, per tre mandati in Commissione Antimafia, ha comportato, unitamente al fatto di essere donna e calabrese, una obiettiva e fisiologica esposizione della medesima, anche per l'attenzione di vari media italiani rispetto alle vicende della ’ndrangheta e alle azioni e dichiarazioni della ex parlamentare, indipendenti – come è riscontrabile, per esempio, dagli archivi dei giornali Il Corriere della Sera o La Repubblica – dall'appartenenza a un partito o a uno schieramento politico; nello scorso gennaio è emerso da una captazione nel carcere di Tolmezzo (Udine) – figura nel medesimo post del suddetto giornalista di Il Sole 24 Ore – che il presunto boss Pantaleone Mancuso confidò di orditure per l'uccisione dell'onorevole Napoli, che vive prevalentemente in Calabria, lì continuando a svolgere attività politica centrata sulla legalità e sulla giustizia; con la riduzione in argomento passa, secondo l'interrogante, un messaggio di debolezza dello Stato e, addirittura, di palmare dissuasione del contrasto politico, istituzionale e culturale della ’ndrangheta calabrese –: quali siano le ragioni per cui all'onorevole Angela Napoli è stato recentemente assegnato un livello di vigilanza corrispondente a 4, che non prevede l'auto blindata, l'agente di tutela e l'autista di servizio, nonostante l'episodio relativo alla riportata captazione; quali siano le misure adottate per tutelare la ex parlamentare, anche in considerazione della recente minaccia pronunciata dal predetto Mancuso; se non ritengano opportuno potenziare la vigilanza e la tutela nei confronti dell'onorevole Napoli, anche per consentirle, nel rispetto della Costituzione, di partecipare alla vita democratica 85 attraverso la rimozione di situazioni di potenziale rischio per la sua incolumità, che ostacolerebbero la prosecuzione della sua attività politica. § 32. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0029432 Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-00294 presentato da NESCI Dalila testo di Lunedì 29 aprile 2013, seduta n. 10 NESCI e DIENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che: in data 19 giugno 2008 la società SEI SpA ha presentato domanda di pronuncia di compatibilità ambientale e di autorizzazione integrata ambientale ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato e integrato dal decreto legislativo 16 gennaio 2008 n. 4 relativamente al progetto di centrale termoelettrica alimentata a carbone, di potenza elettrica di 1320 megawatteletric e localizzata nel comune di Montebello Jonico (RC), all'interno dell'agglomerato industriale di Saline Joniche e relativo elettrodotto di interconnessione alla rete localizzato nei comuni di Montebello Jonico (RC), Motta San Giovanni (RC), Melito di Porto Salvo (RC), Badalaghi (RC), Roghudi (RC), Condofuri (RC), San Lorenzo (RC) Calanna (RC) e Reggio Calabria; con nota del 18 agosto 2008 la regione Calabria ha espresso parere negativo in merito alla realizzazione dell'opera; in data 8 giugno 2010 il Ministero per i beni e le attività culturali ha espresso anch'esso parere negativo ribadendo la contrarietà al progetto in data 28 marzo 2011, a fronte della richiesta del 15 luglio 2010 da parte della società SEI SpA di riesaminare il suddetto parere negativo; la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS, a seguito dello svolgimento dell'istruttoria congiunta VIA-AIA n. 559 del 21 32http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1550&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 86 ottobre 2010, ha espresso parere positivo con prescrizioni in merito alla realizzazione dell'opera valutando le motivazioni negative della regione Calabria non ostative all'espressione di detto parere di compatibilità ambientale; con nota del 18 aprile 2011 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, preso atto del contrasto fra il parere negativo del Ministero per i beni e le attività culturali e della regione Calabria ed il parere positivo della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS, ha chiesto l'attivazione della procedura prevista dall'articolo 5, comma 2, lettera c-bis della legge n. 400 del 1988; a conclusione dell'istruttoria di cui alla sopra citata legge n. 400 del 1988, il Consiglio dei ministri, nella riunione del 5 maggio 2011 ha ritenuto di condividere la posizione espressa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in merito alla questione della compatibilità ambientale del progetto in questione ed ha espresso parere favorevole all'ulteriore corso del medesimo con le prescrizioni espresse dalla Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale nell'assemblea del 21 ottobre 2010; con nota del 2 febbraio 2012 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare confermò la validità delle determinazioni espresse, in seguito a richiesta – del 24 gennaio 2012 – del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri; in data 15 giugno 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri ha decretato la compatibilità ambientale e l'autorizzazione al successivo esercizio relativamente al progetto proposto dalla Società SEI SpA; con nota n. 32169 del 19 settembre 2012, la Corte dei conti, esercitando controllo preventivo sul decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sopra citato, ha restituito l'atto in parola non registrato, poiché privo di documentazione ritenuta indispensabile per l'esercizio della funzione di controllo intestata alla medesima Corte, precisando altresì che nell'ipotesi in cui l'amministrazione intenda ripresentare il provvedimento è opportuno che la stessa fornisca chiarimenti in ordine alla mancata intesa fra Stato e regioni, da esercitarsi in sede di Conferenza Stato-regioni, la contraddittorietà del parere della Commissione VIA e altre questioni di procedura da risolvere; in data 5 aprile 2013 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha decretato la compatibilità ambientale e l'autorizzazione integrata ambientale al successivo esercizio relativamente al progetto proposto dalla Società SEI SpA concernente la realizzazione della 87 predetta centrale termoelettrica alimentata a carbone a condizione che vengano ottemperate le prescrizioni, condizioni e disposizioni indicate negli allegati 1 e 2 del suddetto decreto del 5 aprile 2013; da quanto riportato da Il Quotidiano della Calabria, il procuratore aggiunto Nicola Gratteri della DDA di Reggio Calabria ha dichiarato nel febbraio 2013 che, per quanto emerso da intercettazioni, «la ’ndrangheta di Melito Porto Salvo e dell'hinterland è d'accordo per la realizzazione della centrale a carbone» –: se ritengano superati, allo stato della procedura, i rilievi espressi dalla Corte dei conti di cui alla nota in premessa; se e come intendano provvedere rispetto alla mancata fase della concertazione con la regione Calabria, dalla Corte dei conti espressamente indicata come necessaria, nella propria nota già richiamata; di quali informazioni dispongano in ordine all'interesse della ’ndrangheta per la realizzazione del progetto, desumibile dalle citate dichiarazioni del procuratore aggiunto Nicola Gratteri. § 33. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01099 33 Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01099 presentato da NESCI Dalila testo di Martedì 2 luglio 2013, seduta n. 44 NESCI, LUIGI DI MAIO, PARENTELA, DIENI, NUTI, COLONNESE, COZZOLINO, D'AMBROSIO, BUSINAROLO, AGOSTINELLI, FERRARESI, SARTI, MICILLO, CURRÒ, CASO, CARIELLO, D'INCÀ, CASTELLI, SORIAL, BARONI, DI VITA, DALL'OSSO, FRACCARO, CARINELLI, SPESSOTTO, VIGNAROLI, TONINELLI, MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, GAGNARLI, L'ABBATE, GALLINELLA, LUPO, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI, D'UVA, RUOCCO, CHIMIENTI, CANCELLERI, FRUSONE, RIZZO, BRUGNEROTTO, LOMBARDI, DI BENEDETTO, DE LORENZIS, SIBILIA, 33http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2560&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 88 SCAGLIUSI, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CRISTIAN IANNUZZI, NICOLA BIANCHI, TOFALO, DAGA, SEGONI, ZOLEZZI, DE ROSA, ARTINI, FICO, VILLAROSA, BASILIO e ALBERTI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: la Corte di Cassazione ha chiarito che la tutela del risparmio è interesse pubblico, riconosciuto in Costituzione all'articolo 47, sicché l'attività bancaria nel suo complesso è soggetta a «tipiche forme di autorizzazione, vigilanza e trasparenza» (Cass., sezione I, civile, sentenza n. 2058 del 23 febbraio 2000); la procura generale di Torino ha sottolineato, con propria circolare del 12 maggio 2008, il rilievo «pubblicistico» delle azioni intraprese da privati a tutela del risparmio; nell'ambito del procedimento cosiddetto «Brontos», già pendente a Milano, la banca Unicredit risulta sotto accusa per frode ed evasione fiscale, con i manager consapevoli – secondo il giudice per le indagini preliminari – delle responsabilità penali derivanti dalle loro azioni; a proposito della cosiddetta «scalata di Antonveneta» (poi acquisita da Monte dei Paschi di Siena), dalle ricostruzioni della magistratura scaturì che la Banca popolare di Lodi addebitò ai suoi clienti una somma prossima a 50 euro allo scopo di incamerare le risorse necessarie alla predetta operazione finanziaria, poi prelevando importi da rapporti intestati a correntisti deceduti; in quanto alla non remota scalata di Bnl da parte di Unipol, il tribunale di Milano ebbe a rappresentare che si trattò di «manipolazione di tipo sistemico», con l'aggiunta che «a mettere in piedi una cordata raccogliticcia fu il Governatore di Bankitalia», il quale «non era un organismo di vigilanza ma uno dei giocatori in campo»; a questo ultimo riguardo si ricorda che il suddetto Governatore fu destinatario, riporta la sentenza di condanna, depositata il 28 maggio 2011, di pena «ben al di sopra del minimo edittale», «in considerazione della gravità dei fatti addebitati» e «del ruolo rivestito dall'imputato, soggetto apicale all'interno di Banca d'Italia»; la Banca d'Italia è – secondo la legge bancaria del 1936 – istituto di diritto pubblico, il che è ripetuto nella sentenza n. 16751/2006 della Corte di Cassazione; la predetta condizione si riferisce in sostanza a un mero ambito operativo, visto che le quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia sono 89 per il 94,33 per cento di banche e assicurazioni private e, per il restante 5,66 per cento, di enti pubblici; a parere dell'interrogante, la riferita ripartizione delle quote pone alla base un reale problema di fondo, insuperabile nonostante la legge e il diritto, rispetto alla concreta autonomia dell'Istituto nella vigilanza che gli compete; il 24 ottobre 2011 iniziò la cosiddetta «truffa del Madoff dei Parioli», di valore superiore a 300 milioni di euro, dopo di che – nel febbraio scorso – le parti civili appellarono la sentenza penale di condanna per l'esclusione di responsabilità in capo a Banca d'Italia e Consob, in relazione ai controlli previsti; è riconosciuto dalla magistratura che istituti di credito applichino spese e commissioni ritenuti illegali, modificando poi le condizioni contrattuali con il cosiddetto «ius variandi», sicché il contraente privato risulta, anche a giudizio dell'Autorità Garante della concorrenza, la parte più debole; recenti, disponibili statistiche sull'arbitrato bancario rappresentano che le vertenze trattate si concludono con il riconoscimento delle ragioni del cliente e il rimborso delle somme illegalmente sottratte, in oltre il 60 per cento dei casi; la predetta Autorità, per esempio nella AS496 del 2 febbraio 2009, ha ribadito che l'obiettivo da perseguire è l'esistenza di mercati correttamente regolati, nei quali deve essere rigoroso il rispetto della legalità, poiché un ristretto gruppo di persone ha finora condizionato le scelte e imposto le strategie del sistema bancario; la legge n. 108 del 1996 ha in parte riformato l'articolo 644 del codice penale, disponendo che «la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurai» e che per la determinazione del tasso soglia (TEG, tasso effettivo globale) si tiene conto «delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito»; contrariamente al dettato della legge e informandosi alle circolari della Banca d'Italia, le banche hanno spesso escluso dal calcolo del TEG le commissioni di massimo scoperto e altre spese, senza considerare l'effetto dell'anatocismo e dell'interrogazione e postergazione delle valute; in Italia vi sono 85 milioni di rapporti bancari, secondo la dottoressa Anna Maria Tarantola, vicedirettore di Banca d'Italia, nell'intervento alla Ventennale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, tenuto il 19 marzo 2010; se, anche in apparente buona fede, si addebitassero 10 euro a trimestre per ogni rapporto, si avrebbe un trasferimento di ricchezza di 3,4 miliardi di euro per anno; visto che nel sistema quattro banche detengono il 50 per cento di 90 tali rapporti, con un semplice errore di 10 euro si trasferirebbero nelle casse – e conseguentemente nelle tasche di qualcuno, presto individuabile – 1,7 miliardi di euro per anno; l'uso di software gestionali per la rilevazione delle operazioni di versamento e prelievo, per l'annotazione di spese e valute e per la rendicontazione trimestrale del saldo è sovente programmato, secondo denunciaquerela penale visionata dagli odierni interroganti, in modo da applicare forme di anatocismo vietate dalla legge e trarre in errore i clienti; le rammentate circolari della Banca d'Italia hanno soltanto fini statistici, come chiarito dallo stesso ente in una nota di risposta a un privato (prot. n. 0849617/11 del 14 ottobre 2011) e confermato dal tribunale di Alba nella sentenza del 18 dicembre 2010, estensore magistrato dottor Luca Martinat, per cui «al fine dell'individuazione elemento oggettivo del reato di usura, le istruzioni della Banca d'Italia non assumono carattere vincolante per il giudicante, il quale conserva sempre il potere di sindacare la correttezza e la conformità delle predette istruzioni al dettato legislativo»; la Corte di cassazione, nella pronuncia n. 12028 del 19 febbraio 2010 – e in maniera analoga nella sentenza del 14 maggio 2010, n. 28743 – ha esplicitato che «il tenore letterale del comma 4 dell'articolo 644 del codice penale impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito»; con pronuncia a Sezioni Unite n. 24418 del 2 dicembre 2010, la Corte di cassazione ha stabilito la definitiva nullità di ogni forma di capitalizzazione degli interessi per contrasto con l'articolo 1283 del codice civile, quindi, con sentenza n. 9695/2011, ha ribadito che è «illegittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente bancario passivo per il cliente»; in ordine alle cosiddette «valute fittizie», esse possono qualificarsi come espediente per allungare i giorni di prestito di somme e ridurre quelli di deposito, per quanto desumibile dalla sentenza di Cassazione n. 13143 del 10 settembre 2002, in cui, in materia di revocatoria fallimentare, è scritto che «la copertura o meno del conto va accertata con riferimento al saldo disponibile, quanto agli addebiti degli assegni tratti sul conto corrente, in ragione delle epoche della loro registrazione da parte della banca, e non al saldo per valuta»; le aziende dell'imprenditore calabrese Antonino De Masi, impegnato nella promozione della legalità anche con l'associazione «Libera» di don Luigi Ciotti, hanno patito condotta 91 usuraia da Banca di Roma, Bnl e Banca Antonveneta; quanto appena sopra riassunto è giudizio della Corte di cassazione, decisione n. 46669/11 del 23 novembre 2011, che ha stabilito la presenza del riferito reato, ritenendo presidenti e consigli di amministrazione coinvolti negli sforamenti nell'usura e stabilendo, ai fini risarcitori, che l'azione civile potrà essere espletata contro gli istituti di credito, benché non accertato il responsabile penale della condotta illecita; lo stesso imprenditore De Masi ha denunciato alla magistratura quanto capitatogli, utilizzando l'espressione «disegno criminale»; resa pubblica dall'inviato Moreno Morello della trasmissione Mediaset Striscia la notizia nella puntata del 4 giugno 2013, in una comunicazione delle associazioni sindacali dei dipendenti di un noto istituto di credito, trattando di utile il banchiere estensore fa riferimento a dati positivi e poi a «manovre che daranno i loro frutti nei trimestri successivi, nella misura in cui» «i colleghi delle filiali riusciranno a limitare i rimborsi, contenere le riduzioni ed evitare la chiusure dei conti»; il suddetto Morello ha affrontato i temi degli illeciti bancari in altre puntate della medesima trasmissione televisiva, precisamente il 29 aprile 2013, il 27 maggio 2013 e l'undici giugno 2013, nell'ultimo caso trattando della variabilità, ex abrupto e arbitraria, delle condizioni di conto correnti in relazione al cliente; nella puntata del 2 giugno 2013 della trasmissione Mediaset Le Iene, l'autore Luigi Pelazza ha trattato l'usura bancaria nei mutui, peraltro intervistando il direttore centrale di Banca d'Italia, Carmelo Barbagallo, il quale non ha risposto circa la nullità – ex articolo 1815 del codice civile, modificato dalla Legge n. 108 del 1996 – dei contratti con interessi usurari; i riferiti filmati costituiscono obiettivamente documenti di prassi bancarie spregiudicate, senza corrispondenti rimedi, sanzioni e correttivi delle Autorità; il cosiddetto «ius variandi» è pratica dichiarata illegittima dalla giurisprudenza, per esempio nella sentenza del tribunale di Rimini del 22 agosto 2011, che ha inibito alla banca l'applicazione del tasso d'interesse da questa cambiato unilateralmente; circa il procedimento per frode fiscale di Unicredit, il quale vide il sequestro da parte del giudice per le indagini preliminari di Milano di 245 milioni di euro, nell'atto relativo vi sono passaggi sulla consapevolezza delle proprie azioni da parte degli imputati; in quanto ai rapporti di istituti di credito con il Fisco, Il Corriere della Sera del 3 dicembre 2011 riportò che Monte dei Paschi di Siena sanò la propria posizione versando 260 milioni 92 di euro, mentre Il Sole 24 Ore del 13 dicembre 2011 rese noto un contenzioso definito da Intesa San Paolo per 270 milioni di euro e, nel numero del 3 febbraio 2012, informò di ulteriori vertenze delle banche, per un importo di 3 miliardi di euro; il costo dei servizi bancari italiani è il più caro d'Europa, secondo rilevazione del Centro studi dell'associazione artigiani Cgia di Mestre, pubblicata da Il Corriere della Sera del 31 maggio 2009; secondo un'analisi di Il Sole 24 Ore, pubblicata nel numero del 18 febbraio 2008, i servizi bancari sono aumentati in Italia del 101,2 per cento negli ultimi anni; il quotidiano Il Corriere della Sera del 7 ottobre 2010 riportò la notizia che «negli ultimi dieci anni le banche hanno erogato ai propri azionisti circa 90 miliardi di euro», a distanza di qualche mese, nel numero del 10 gennaio 2011, ammonendo, riguardo all'estratto conto, di stare «attenti alle voci nascoste»; la testata economica Italia Oggi, nel numero del 1o maggio 2011, sottolineò che «i costi bancari affossano le piccole e medie imprese»; il Garante per la sorveglianza dei prezzi dichiarò il 9 marzo 2011 d'aver ricevuto numerose segnalazioni circa disservizi, opacità, mancanza di trasparenza e chiarezza, moltiplicazione sovente incomprensibile delle voci di costo per i conti correnti; l'utilizzo della commissione di massimo scoperto (CMS), a cui le banche fecero largo ricorso, fu riconosciuto in giudizi penali – la medesima Commissione dissociata dal calcolo degli interessi – quale espediente per aggirare la legge e ottenere maggiori profitti a danno dei clienti; nei bilanci bancari, la CMS ha rappresentato nel 1997 il 4,48 per cento dei ricavi complessivi degli istituti di credito, arrivando nel 2005 al 13,52 per cento (rilevazione Banca d'Italia, in atti parlamentari del Senato della Repubblica, n. 1123), per raggiungere, secondo le associazioni dei consumatori, valori intorno ai 40 miliardi di euro annui, cioè il 25-30 per cento dei ricavi totali delle banche; nelle istruzioni di Vigilanza per le Banche (circolare della Banca d'Italia n. 229 del 21 aprile 1999 e successivi aggiornamenti) è articolato il sistema dei controlli interni, che prevede la funzione (compliance) di conformità alle leggi dello Stato (circolare n. 688006 del 10 luglio 2007), il sistema informatico «ALMs» per controllare la variabile tassi e margini di intermediazione bancaria, compresi gli utili presunti, una proiezione nell'anno e la possibilità per consiglio di amministrazione e presidente di agire immediatamente sulle politiche dei prezzi; si aggiungono ai detti controlli il «risk management» per valutare i rischi operativi e il «D.I.P.O.» (database 93 italiano delle perdite operative), con la distinzione della tipologia delle perdite per tipo di evento; emerge, da un'analisi dei dati raccolti e pubblicati sul sito dell'ABI, che nel periodo gennaio 2003giugno 2008 il 25 per cento del numero delle perdite, causa del 44 per cento del totale delle perdite operative, è stato dato dalle inadempienze relative a obblighi professionali verso i clienti, che includono comportamenti attuati con l'animo di frodare, aggirare la normativa o le policy aziendali da soggetti che operano per sé o per vantaggio della banca; in un'informativa del Nucleo di Polizia Tributaria di Matera, è precisato, in ordine a fattispecie concrete, che «il controllo informatico delle banche, come emerge dai casi che vedono coinvolti gli istituti di credito, è artatamente manipolato»; l'indagine conoscitiva IC36 dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, pubblicata nel marzo 2009, ha rimarcato il peso degli «intrecci personali e azionari fra concorrenti senza paragoni in Europa» e dei gravi conflitti di interesse tra istituti di credito, che comportano un «affievolimento delle dinamiche competitive», rendendo conto dello squilibrio nel mercato del Paese; con la AS496 del 2 febbraio 2009, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha richiesto – ai Presidenti del Senato e della Camera, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Governatore di Banca d'Italia e al Presidente della Consob – interventi contro le distorsioni del mercato, in modo da assicurare il recupero della reputazione del sistema bancario; nella segnalazione n. 57 del 29 dicembre 2009, la suddetta Autorità ha dedotto un aumento dei costi di 15 volte, per i conti in rosso, rispetto alla commissione di massimo scoperto; nell'audizione alla Commissione finanze della Camera dei deputati del 7 maggio 2009 e nella successiva del 21 aprile 2010, il Presidente della summenzionata Autorità ha riferito di una serie di criticità, tra cui l'aumento delle spese trimestrali con differenze, fra vecchio e nuovo sistema, variabili dal 37 per cento al 1600 per cento; sempre la predetta Autorità ha, nella lettera del 16 aprile 2010 (prot. n. 0026896) – indirizzata al direttore centrale dell'area vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia – ha cristallizzato il livello del costo del denaro in Calabria, in sostanza pari al 25-30 per cento e senza eguali nel mondo occidentale, certificando l'usura nei confronti del gruppo aziendale del già citato Antonino De Masi; la Commissione di massimo scoperto fu eliminata nel 2009, sostituita con altre e più pesanti forme di addebito, come già 94 rappresentato 15 volte più onerose; secondo rapporto della Banca d'Italia del 2009, gli esposti, negli ultimi cinque anni, ammontano a 29.000, su violazioni della norme del testo unico bancario, commissioni e spese sproporzionate, applicazione di tassi non pattuiti o superiori a quelli reclamati tramite fogli informativi; il tribunale di Lanciano, sentenza n. 804/09, ha condannato una banca a un rimborso di 1.390.000 euro; con la sentenza n. 77/2010 del tribunale di Ortona, sezione staccata di Chieti, una banca è stata condannata alla restituzione di circa 530.000 euro; la sentenza n. 246/10 del tribunale di Lecce, sezione di Maglie, ha disposto un risarcimento di oltre 270.000 euro a favore di un cliente; con la sentenza n. 252/10, il tribunale di Chieti ha condannato una banca al rimborso di 146.000 euro verso un cliente; nel 2010, il tribunale di Lecce ha condannato un istituto di credito a rimborsare a un imprenditore la cifra di circa 3 milioni di euro; il tribunale di Sassari, con sentenza del 6 luglio 2011, ha riconosciuto a un imprenditore un rimborso di un milione di euro contro Bnl, sicché l'analisi complessiva smentisce che si tratti di casi isolati; la nota vicenda del buco del Monte dei Paschi di Siena ha portato al sequestro di 1,8 miliardi di euro nei confronti della banca giapponese Nomura e la procura senese ha ipotizzato per gli ex vertici dell'istituto toscano i reati di truffa e usura aggravata in relazione al derivato Alexandria, ai medesimi sequestrando circa 14 milioni e mezzo di euro, ha riportato la stampa italiana; si rammenta che un post del 16 dicembre 2010 pubblicato sul blog di Beppe Grillo diede contezza della situazione del Banco Emiliano Romagnolo, con congelamento in entrata e in uscita dei conti correnti – che, si precisa, non sono di proprietà della banca – per effetto un provvedimento di Banca d'Italia del 7 dicembre 2010; su Il Corriere della Sera del 21 giugno 2013, in un articolo è affrontato l'argomento del costo del conto corrente, ma ad oggi non risulta compiutamente accertata dallo Stato la legalità delle voci correlate; la storia repubblicana è segnata da gravissime vicende riguardo alle banche, con opacità dei rapporti tra i vertici e poteri esterni (crack finanziario del Banco Ambrosiano), e da omissione di controlli rispetto allo stato reale di imprese (crack Parmalat), con pesanti ricadute, gravemente lesive della vita umana, nei confronti di piccoli risparmiatori e investitori; all'interrogante non appare peregrino avvertire che a un eventuale reato di usura nell'esercizio dell'intermediazione bancaria potrebbero legarsi, in svariati casi, 95 ulteriori gravi reati, per esempio riciclaggio, falso in bilancio, false comunicazioni societarie, appropriazione indebita, turbativa del libero mercato, estorsione, false attestazioni et coetera; il suddetto imprenditore calabrese Antonino De Masi è da tempo nel mirino della ’ndrangheta (si veda altro atto di sindacato ispettivo, n. 4-00294 del 29 aprile 2013) e, come raccontato dalla stampa, è stato persuaso dai tutori dell'ordine a continuare l'esercizio d'impresa in Calabria quale simbolo di resistenza alle pressioni mafiose, sul presupposto che lo Stato in quanto legge, giustizia e forza pubblica possa sconfiggere l'antistato criminale; all'interrogante la storia dell'imprenditore De Masi appare come paradigmatica della gravità della situazione in tema di lavoro, credito bancario e depressione economica del Mezzogiorno, nonché dell'urgenza di tutelare in Italia il risparmio come interesse pubblico, secondo l'articolo 47 della Costituzione, a partire dall'istituzione di una apposita Commissione parlamentare d'inchiesta che accerti i comportamenti delle banche nella loro attività di intermediazione; l'attività di tale Commissione dovrebbe unire le forze politiche, stante la gravità e delicatezza dei problemi posti, pure rispetto all'attuale scenario economico e finanziario; occorre assolutamente ricondurre ad un quadro di normalità la prosecuzione dell'attività di intermediazione bancaria che potrebbe rivelarsi, in caso di mancate verifiche, di indifferenza del Governo e del Parlamento, la più grande truffa di tutti i tempi, anche a stima della situazione economica e finanziaria in cui attualmente si trova il Paese nel quadro globale –: se, anche in virtù dell'alta sorveglianza sul sistema bancario, risulti come e con quali risultati gli organi preposti alla vigilanza sono intervenuti in ordine alle articolate questioni della determinazione dei tassi contra legem, dell'anatocismo, delle valute, dello ius variandi, della trattenuta (illecita) dei rimborsi raccomandata dai sindacati, della variabilità, ex abrupto e arbitraria, delle condizioni di conto corrente in relazione al cliente (segnalazione di Striscia la notizia, puntata dell'undici giugno 2013), della nullità dei contratti di mutuo con interessi usurari (di cui alla citata puntata del 2 giugno 2013 della trasmissione Mediaset Le Iene, autore Luigi Pelazza); quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, i Ministri interrogati intendano intraprendere a tutela del risparmio come interesse pubblico, secondo Costituzione, e per rimuovere tutte le possibilità, ampiamente descritte in premessa, di sottrazione di denaro in danno dei titolari di conti correnti; 96 quale sia l'orientamento del Governo in ordine alle ripartizione delle quote della Banca d'Italia, di cui sono proprietarie le banche che la medesima controlla; quali misure ritengano necessarie in favore delle vittime di usura bancaria, in particolare laddove queste abbiano responsabilità d'impresa e quindi di lavoratori e salari. 97 98 Capitolo 2 Al Ministero per gli Affari Esteri premesso che …....... per sapere se ………. § 1. Breve sommario In questo capitolo, sono raccolti solo 5 atti di sindacato ispettivo (interrogazioni a risposta scritta, question time in aula, interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che pongono domande e quesiti al Ministro degli Esteri. Molti di questi – alla data di pubblicazione della presente raccolta – non hanno ancora risposta. § 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0194934 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01949, presentato da CARINELLI Paola, testo di Mercoledì 25 settembre 2013, seduta n. 84: CARINELLI, SPESSOTTO, PINNA, VIGNAROLI, SPADONI, DE LORENZIS, DI BATTISTA, M.DI STEFANO, TACCONI, NESCI, COLONNESE. Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. —Per sapere – premesso che: la legge n. 148 del settembre 2011, in materia di stabilizzazione finanziaria e di sviluppo, individua nel suo primo articolo «la riorganizzazione della rete diplomatico-consolare» tra le misure essenziali della spending review; la rete diplomatica italiana con 319 sedi estere tra ambasciate, rappresentanze permanenti, uffici consolari e istituti di cultura necessita di una seria riorganizzazione per renderla più rispondente non solo alle esigenze di spending 34http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=7106&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 99 review, ma anche ai cambiamenti geopolitici per rispondere ai nuovi scenari internazionali. Sotto questo profilo va rilevato che delle 127 ambasciate, il 34 per cento si concentra ancora nell'area europea; la legge n. 135 del 2012 ha indicato alla Farnesina di riorganizzare la propria rete attuando una riduzione del 20 per cento del personale diplomatico e dirigenziale e il 10 per cento del restante personale di ruolo, appartenente alle aree funzionali; il programma di razionalizzazione della rete diplomatico-consolare e culturale è strettamente collegato al miglior utilizzo del patrimonio immobiliare di cui il Paese dispone all'estero; il patrimonio immobiliare ubicato all'estero è stato recentemente censito in attuazione del «Piano di razionalizzazione del patrimonio immobiliare all'estero», di cui ai commi 1311 e seguenti dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007). Sono stati individuati 296 immobili ricomprendenti una vasta tipologia: alcuni destinati a un utilizzo puramente istituzionale (ambasciate, consolati, istituti italiani di cultura, scuole), altri strumentali a tali attività istituzionali (residenze di titolari, alloggi di servizio del personale, e altro), altri ancora con differenti destinazioni d'uso (concessioni a enti gestori, scuole, chiese, biblioteche, circoli degli italiani); i canoni di locazione (uffici delle sedi; residenze dei capi missione; alloggi di servizio del personale) quantificabili in circa 30 milioni di euro annui, costituiscono la spesa maggiore dei costi di funzionamento delle strutture che formano la rete diplomaticoconsolare, circa il 50 per cento dei costi complessivi di funzionamento della rete; il conseguimento dell'obiettivo, indicato nel piano della performance 2012 del Ministero degli affari esteri, della riduzione dei canoni locativi residenziali del 9,82 per cento rispetto a giugno 2010 rappresenta una percentuale ancora troppo bassa di riduzione di spesa; la riorganizzazione della rete procede, tuttavia, con estrema lentezza –: in generale, come l'amministrazione si stia adoperando per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei canoni di locazione; in particolare, quando sarà possibile rinnovare i contratti in essere privilegiando soluzioni meno onerose; quali urgenti iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle rispettive competenze, per ricollocare sedi, residenze, alloggi riducendo sensibilmente le spese di affitto per impedire che siano sempre i cittadini a pagare i costi della crisi, quando secondo gli 100 interroganti ci sono categorie privilegiate a cui sembra sia tutto dovuto. (4-01949) § 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0186135 Interrogazione a risposta scritta 4-01861 presentato da CORDA Emanuela testo di Mercoledì 18 settembre 2013, seduta n. 79 CORDA, ALBERTI, RIZZO, BASILIO, FRUSONE, TOFALO e NESCI. Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: destano preoccupazione le condizioni del cittadino italiano Enrico Forti detto Chico, detenuto negli Stati Uniti in seguito a un controverso processo che ha destato molto clamore anche per i supposti limiti dati alle garanzie di difesa dell'imputato; lo stesso Ministro Bonino ha dichiarato l'attenzione attiva del Governo su questa vicenda oltre ad essersi, in tempi precedenti all'assunzione del suo incarico governativo, sempre battuta per la revisione del processo –: quali iniziative il Governo abbia assunto o reputi necessario assumere nei confronti dell'amministrazione giudiziaria e del Governo degli Stati Uniti al fine di ottenere la revisione del processo per Chico Forti; se siano state assunte iniziative per verificare quanto denunciato da associazioni e familiari sulla critica situazione psicofisica del Forti e se sulle stesse non reputi necessario fornire ogni utile elemento di riscontro. (4-01861) § 4. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr. 5-0025336 Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-00253 presentato da DEL GROSSO Daniele testo di Martedì 4 giugno 2013, seduta n. 28. 35http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6731&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 36http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2935&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMMEDIATA+IN+COM MISSIONE%27 101 DEL GROSSO e MANLIO DI STEFANO. Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che: da fonti del Governo Monti si è appreso che la notizia della chiusura dell'Istituto per il commercio estero attuato dal precedente Governo Berlusconi aveva costituito una sorta di shock per le piccole imprese che da un momento all'altro si sono ritrovate a non sapere più a chi rivolgersi per commerciare con l'estero. Inoltre, l'idea del Governo di abolire l'ICE per risparmiare sulle spese si è rivelata un vero boomerang: si stima che le perdite causate dal provvedimento si aggirino sui 52 milioni di euro. Questa cifra rappresenta il denaro che le aziende avrebbero pagato per partecipare alle fiere internazionali e alle iniziative proposte dall'ente (55 sono stati gli eventi annullati); le società italiane, soprattutto quelle con forte vocazione all’export, non sono rimaste a guardare e repentinamente si sono sollevate contro la decisione dell'Esecutivo, spingendo affinché il nuovo Governo Monti invertisse la rotta del Governo precedente e decidesse per il riassetto dell'Istituto, avvenuto successivamente grazie al decreto «Salva Italia» come Agenzia per il commercio estero. L'internazionalizzazione delle imprese italiane è stata affidata in gestione transitoria e sotto il controllo incrociato dei Ministeri dello sviluppo economico, degli affari esteri e dell'economia e delle finanze. Il Ministro dello sviluppo economico pro tempore, Corrado Passera, ha affidato alla McKinsey il difficile compito di delineare una riorganizzazione totale degli enti statali che si occupano di internazionalizzazione. Allo stesso tempo, l'ex amministratore delegato di Intesa SanPaolo ha nominato Riccardo Monti (bocconiano e direttore di Value Partners) presidente della nuova ACE (Agenzia per il commercio estero); il sostegno finanziario sarà garantito dalla Cassa depositi e prestiti e dalla SACE (gruppo assicurativo-finanziario attivo nell’export credit); l'idea che si profila è quella di integrare le unità in servizio fuori dai confini nazionali nell'ambito delle rappresentanze diplomatiche e consolari. Le ambasciate diverranno così una sorta di «front office» per le aziende italiane, nell'ottica di ridurre le spese ed aumentarne l'efficienza. Non poche però sono le critiche che si sono levate contro la scelta di tale accorpamento. C’è chi sostiene che così facendo si perderà l'autonomia di iniziativa all'estero considerato che ogni decisione dovrà essere vagliata dall'ambasciatore di turno (con le lungaggini e le complicanze burocratiche del caso); 102 ancor più grave è il rischio che in questo modo l'internazionalizzazione delle imprese resti un miraggio, a meno che non si intervenga in maniera mirata mediante il potenziamento di alcuni strumenti messi a disposizione delle imprese; nei primi quattro mesi del 2013 le esportazioni italiane in Cina sono cresciute del 7 per cento, mentre le importazioni hanno mostrato una tendenza alla diminuzione. Il presidente dell'Istituto per il commercio estero (ICE), Riccardo Monti, ha affermato che la Cina è un mercato prioritario per il nostro Paese e che l'attività di promozione del made in Italy è necessaria, dato che si tratta di un mercato «difficile, complicato, competitivo». Inoltre il presidente dell'Istituto per il commercio estero sostiene che è necessario un «piano straordinario» per l'agroalimentare, con l'obiettivo di raggiungere una ventina di città cinesi della cosiddetta «seconda fascia», luoghi chiave per lo sviluppo del mercato interno che è nei programmi della dirigenza cinese; considerando quanto in un contesto di congiuntura economica negativa per il nostro Paese, le esportazioni stiano tenendo in piedi l'economia reale, rendendo palese l'utilità di investimenti in aziende orientate all’export, il budget che si profila per la nuova Agenzia per il commercio estero – contenuto nel fondo per gli scambi e l'internazionalizzazione – si aggirerà sui 33 milioni di euro. Tale cifra sembra essere irrisoria rispetto al budget messo a disposizione delle aziende competitrici straniere da parte dei loro Governi. Basti pensare che gli istituti analoghi di Francia e Germania hanno a disposizione rispettivamente 252 e 105 milioni di euro, pur disponendo di molte sedi all'estero –: quali siano gli strumenti diplomatici che il Ministero degli affari esteri intende adottare, rafforzare e più di tutto mettere in atto al fine di contribuire a colmare il gap di assistenza nelle procedure di internazionalizzazione che le aziende italiane hanno rispetto ai loro competitor europei, con il fine di conoscere e farsi conoscere nel mondo. (5-00253) Risposta scritta pubblicata Mercoledì 5 giugno 2013 nell'allegato al bollettino in Commissione III (Affari esteri) 5-00253 Come indicato dall'onorevole interrogante, la materia della promozione all'estero del sistema economico nazionale – su 103 impulso del Governo e con il pieno concorso del Parlamento – ha fatto l'oggetto di significative innovazioni, a partire dalla fine del 2011. A seguito della soppressione dell'Istituto per il Commercio Estero è stata infatti istituita la nuova Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, secondo una impostazione intesa a coniugare esigenze di razionalizzazione della spesa pubblica, con la valorizzazione delle competenze e delle risorse disponibili. Tutto questo naturalmente in un quadro di coordinamento tra Amministrazioni ed altri soggetti preposti all'internazionalizzazione del sistema economico. In questo contesto s'inserisce l'integrazione delle Unità dell'Agenzia ICE e dell'ENIT nelle sedi delle rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero (con il cd. «Decreto Salva Italia»), con una funzione di direzione, coordinamento e vigilanza sulle attività del personale dell'Agenzia attribuita ai Capi Missione (Ambasciatori). A seguito della nuova disciplina introdotta, la rete dell'Agenzia-ICE all'estero ha quindi subito una «rimodulazione» degli Uffici e Punti di Corrispondenza e oggi conta 79 Unità operative all'estero (65 Uffici e 14 Punti di Corrispondenza), a fronte di una rete precedentemente composta da 92 presidi all'estero (61 Uffici e 31 Punti di corrispondenza). Giova osservare che il numero degli uffici è salito, mentre si è ridotto il numero dei Punti di Corrispondenza. Tale razionalizzazione sarà compiuta entro i primi mesi del 2014, mirando in particolare ad assicurare una efficace distribuzione delle Unità operative nei mercati maggiormente promettenti. Nel rispetto di tale impostazione, il nuovo assetto ha previsto l'attribuzione al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero degli Affari Esteri dei poteri di indirizzo in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese, mentre le linee guida e di indirizzo strategico in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese, anche per quanto riguarda la programmazione delle risorse, sono state, come noto, attribuite allo strumento operativo della Cabina di Regia. Co-presieduta dal Ministro degli Affari Esteri e dal Ministro dello Sviluppo Economico, la Cabina di Regia per l'Italia Internazionale vede anche la partecipazione dei principali attori governativi ed economici nazionali e regionali nel settore, quali il Ministro per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport, il Ministro per le Politiche 104 Agricole e Forestali, il Presidente della Regione Marche in rappresentanza della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, i Presidenti di Confindustria, Unioncamere, ABI, Rete Imprese Italia e Alleanza delle Cooperative Italiane. La Cabina di Regia rappresenta l'impegno concreto di Governo, istituzioni territoriali e mondo delle imprese per coordinare al meglio le politiche e le strategie di internazionalizzazione del Paese, mettendo a sistema iniziative per la promozione, strumenti di analisi e penetrazione sui mercati e concentrando l'uso delle risorse finanziarie verso obbiettivi specifici e condivisi. In tale contesto sono inoltre previsti degli strumenti di sostegno economico finalizzati all'internazionalizzazione, i quali sono gestiti dal Ministero dello Sviluppo Economico, cui compete anche la definizione delle iniziative di accompagnamento delle imprese nei mercati esteri e di promozione di accordi commerciali con Paesi terzi. Ricordo al riguardo che sono disponibili per le nostre imprese i finanziamenti agevolati per l'apertura di sedi all'estero, per il lancio di nuovi prodotti o servizi e per l'acquisizione di nuovi mercati. Sono inoltre disponibili dei finanziamenti per la realizzazione di studi di fattibilità, per programmi di assistenza tecnica collegati ad investimenti italiani all'estero, nonché il fondo rotativo di Venture Capital e quello per le Start Up, che è stato recentemente avviato. Nel complesso, la nuova normativa – che riconosce il ruolo primario del Ministero degli Affari Esteri nella gestione condivisa di strategie e strumenti per l'internazionalizzazione e la promozione del sistema produttivo – attua un considerevole sforzo di razionalizzazione, riconducendo nell'ambito delle Rappresentanze diplomatiche e consolari tutte le attività nei Paesi di intervento. Tale impostazione appare cruciale in questa fase in cui la domanda estera costituisce un fattore decisivo per la ripresa e la crescita economica del nostro Paese. Una ripresa ed una crescita cui la Farnesina attribuisce massima priorità, come lo stesso Ministro Bonino ha molto chiaramente indicato nel corso della sua audizione programmatica, quando ha sottolineato come la prima priorità del Governo sia il rilancio del consolidamento economico del nostro Paese. 105 § 5. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0186137 Interrogazione a risposta scritta 4-01861 presentato da CORDA Emanuela testo di Mercoledì 18 settembre 2013, seduta n. 79 CORDA, ALBERTI, RIZZO, BASILIO, FRUSONE, TOFALO e NESCI. Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: destano preoccupazione le condizioni del cittadino italiano Enrico Forti detto Chico, detenuto negli Stati Uniti in seguito a un controverso processo che ha destato molto clamore anche per i supposti limiti dati alle garanzie di difesa dell'imputato; lo stesso Ministro Bonino ha dichiarato l'attenzione attiva del Governo su questa vicenda oltre ad essersi, in tempi precedenti all'assunzione del suo incarico governativo, sempre battuta per la revisione del processo –: quali iniziative il Governo abbia assunto o reputi necessario assumere nei confronti dell'amministrazione giudiziaria e del Governo degli Stati Uniti al fine di ottenere la revisione del processo per Chico Forti; se siano state assunte iniziative per verificare quanto denunciato da associazioni e familiari sulla critica situazione psicofisica del Forti e se sulle stesse non reputi necessario fornire ogni utile elemento di riscontro. (4-01861) § 6. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr. 5-0025338 Interrogazione a risposta immediata in commissione 5-00253 presentato da DEL GROSSO Daniele testo di Martedì 4 giugno 2013, seduta n. 28 DEL GROSSO e MANLIO DI STEFANO. 37http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6731&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 38http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2935&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMMEDIATA+IN+COM MISSIONE%27 106 Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che: da fonti del Governo Monti si è appreso che la notizia della chiusura dell'Istituto per il commercio estero attuato dal precedente Governo Berlusconi aveva costituito una sorta di shock per le piccole imprese che da un momento all'altro si sono ritrovate a non sapere più a chi rivolgersi per commerciare con l'estero. Inoltre, l'idea del Governo di abolire l'ICE per risparmiare sulle spese si è rivelata un vero boomerang: si stima che le perdite causate dal provvedimento si aggirino sui 52 milioni di euro. Questa cifra rappresenta il denaro che le aziende avrebbero pagato per partecipare alle fiere internazionali e alle iniziative proposte dall'ente (55 sono stati gli eventi annullati); le società italiane, soprattutto quelle con forte vocazione all’export, non sono rimaste a guardare e repentinamente si sono sollevate contro la decisione dell'Esecutivo, spingendo affinché il nuovo Governo Monti invertisse la rotta del Governo precedente e decidesse per il riassetto dell'Istituto, avvenuto successivamente grazie al decreto «Salva Italia» come Agenzia per il commercio estero. L'internazionalizzazione delle imprese italiane è stata affidata in gestione transitoria e sotto il controllo incrociato dei Ministeri dello sviluppo economico, degli affari esteri e dell'economia e delle finanze. Il Ministro dello sviluppo economico pro tempore, Corrado Passera, ha affidato alla McKinsey il difficile compito di delineare una riorganizzazione totale degli enti statali che si occupano di internazionalizzazione. Allo stesso tempo, l'ex amministratore delegato di Intesa SanPaolo ha nominato Riccardo Monti (bocconiano e direttore di Value Partners) presidente della nuova ACE (Agenzia per il commercio estero); il sostegno finanziario sarà garantito dalla Cassa depositi e prestiti e dalla SACE (gruppo assicurativo-finanziario attivo nell’export credit); l'idea che si profila è quella di integrare le unità in servizio fuori dai confini nazionali nell'ambito delle rappresentanze diplomatiche e consolari. Le ambasciate diverranno così una sorta di «front office» per le aziende italiane, nell'ottica di ridurre le spese ed aumentarne l'efficienza. Non poche però sono le critiche che si sono levate contro la scelta di tale accorpamento. C’è chi sostiene che così facendo si perderà l'autonomia di iniziativa all'estero considerato che ogni decisione dovrà essere vagliata dall'ambasciatore di turno (con le lungaggini e le complicanze burocratiche del caso); ancor più grave è il rischio che in questo modo l'internazionalizzazione delle 107 imprese resti un miraggio, a meno che non si intervenga in maniera mirata mediante il potenziamento di alcuni strumenti messi a disposizione delle imprese; nei primi quattro mesi del 2013 le esportazioni italiane in Cina sono cresciute del 7 per cento, mentre le importazioni hanno mostrato una tendenza alla diminuzione. Il presidente dell'Istituto per il commercio estero (ICE), Riccardo Monti, ha affermato che la Cina è un mercato prioritario per il nostro Paese e che l'attività di promozione del made in Italy è necessaria, dato che si tratta di un mercato «difficile, complicato, competitivo». Inoltre il presidente dell'Istituto per il commercio estero sostiene che è necessario un «piano straordinario» per l'agroalimentare, con l'obiettivo di raggiungere una ventina di città cinesi della cosiddetta «seconda fascia», luoghi chiave per lo sviluppo del mercato interno che è nei programmi della dirigenza cinese; considerando quanto in un contesto di congiuntura economica negativa per il nostro Paese, le esportazioni stiano tenendo in piedi l'economia reale, rendendo palese l'utilità di investimenti in aziende orientate all’export, il budget che si profila per la nuova Agenzia per il commercio estero – contenuto nel fondo per gli scambi e l'internazionalizzazione – si aggirerà sui 33 milioni di euro. Tale cifra sembra essere irrisoria rispetto al budget messo a disposizione delle aziende competitrici straniere da parte dei loro Governi. Basti pensare che gli istituti analoghi di Francia e Germania hanno a disposizione rispettivamente 252 e 105 milioni di euro, pur disponendo di molte sedi all'estero –: quali siano gli strumenti diplomatici che il Ministero degli affari esteri intende adottare, rafforzare e più di tutto mettere in atto al fine di contribuire a colmare il gap di assistenza nelle procedure di internazionalizzazione che le aziende italiane hanno rispetto ai loro competitor europei, con il fine di conoscere e farsi conoscere nel mondo. (5-00253) Risposta scritta pubblicata Mercoledì 5 giugno 2013 nell'allegato al bollettino in Commissione III (Affari esteri) 5-00253 Come indicato dall'onorevole interrogante, la materia della promozione all'estero del sistema economico nazionale – su impulso del Governo e con il pieno concorso del Parlamento – ha 108 fatto l'oggetto di significative innovazioni, a partire dalla fine del 2011. A seguito della soppressione dell'Istituto per il Commercio Estero è stata infatti istituita la nuova Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, secondo una impostazione intesa a coniugare esigenze di razionalizzazione della spesa pubblica, con la valorizzazione delle competenze e delle risorse disponibili. Tutto questo naturalmente in un quadro di coordinamento tra Amministrazioni ed altri soggetti preposti all'internazionalizzazione del sistema economico. In questo contesto s'inserisce l'integrazione delle Unità dell'Agenzia ICE e dell'ENIT nelle sedi delle rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero (con il cd. «Decreto Salva Italia»), con una funzione di direzione, coordinamento e vigilanza sulle attività del personale dell'Agenzia attribuita ai Capi Missione (Ambasciatori). A seguito della nuova disciplina introdotta, la rete dell'Agenzia-ICE all'estero ha quindi subito una «rimodulazione» degli Uffici e Punti di Corrispondenza e oggi conta 79 Unità operative all'estero (65 Uffici e 14 Punti di Corrispondenza), a fronte di una rete precedentemente composta da 92 presidi all'estero (61 Uffici e 31 Punti di corrispondenza). Giova osservare che il numero degli uffici è salito, mentre si è ridotto il numero dei Punti di Corrispondenza. Tale razionalizzazione sarà compiuta entro i primi mesi del 2014, mirando in particolare ad assicurare una efficace distribuzione delle Unità operative nei mercati maggiormente promettenti. Nel rispetto di tale impostazione, il nuovo assetto ha previsto l'attribuzione al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero degli Affari Esteri dei poteri di indirizzo in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese, mentre le linee guida e di indirizzo strategico in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese, anche per quanto riguarda la programmazione delle risorse, sono state, come noto, attribuite allo strumento operativo della Cabina di Regia. Co-presieduta dal Ministro degli Affari Esteri e dal Ministro dello Sviluppo Economico, la Cabina di Regia per l'Italia Internazionale vede anche la partecipazione dei principali attori governativi ed economici nazionali e regionali nel settore, quali il Ministro per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport, il Ministro per le Politiche Agricole e Forestali, il Presidente della Regione Marche in rappresentanza della Conferenza delle Regioni e delle Province 109 Autonome, i Presidenti di Confindustria, Unioncamere, ABI, Rete Imprese Italia e Alleanza delle Cooperative Italiane. La Cabina di Regia rappresenta l'impegno concreto di Governo, istituzioni territoriali e mondo delle imprese per coordinare al meglio le politiche e le strategie di internazionalizzazione del Paese, mettendo a sistema iniziative per la promozione, strumenti di analisi e penetrazione sui mercati e concentrando l'uso delle risorse finanziarie verso obbiettivi specifici e condivisi. In tale contesto sono inoltre previsti degli strumenti di sostegno economico finalizzati all'internazionalizzazione, i quali sono gestiti dal Ministero dello Sviluppo Economico, cui compete anche la definizione delle iniziative di accompagnamento delle imprese nei mercati esteri e di promozione di accordi commerciali con Paesi terzi. Ricordo al riguardo che sono disponibili per le nostre imprese i finanziamenti agevolati per l'apertura di sedi all'estero, per il lancio di nuovi prodotti o servizi e per l'acquisizione di nuovi mercati. Sono inoltre disponibili dei finanziamenti per la realizzazione di studi di fattibilità, per programmi di assistenza tecnica collegati ad investimenti italiani all'estero, nonché il fondo rotativo di Venture Capital e quello per le Start Up, che è stato recentemente avviato. Nel complesso, la nuova normativa – che riconosce il ruolo primario del Ministero degli Affari Esteri nella gestione condivisa di strategie e strumenti per l'internazionalizzazione e la promozione del sistema produttivo – attua un considerevole sforzo di razionalizzazione, riconducendo nell'ambito delle Rappresentanze diplomatiche e consolari tutte le attività nei Paesi di intervento. Tale impostazione appare cruciale in questa fase in cui la domanda estera costituisce un fattore decisivo per la ripresa e la crescita economica del nostro Paese. Una ripresa ed una crescita cui la Farnesina attribuisce massima priorità, come lo stesso Ministro Bonino ha molto chiaramente indicato nel corso della sua audizione programmatica, quando ha sottolineato come la prima priorità del Governo sia il rilancio del consolidamento economico del nostro Paese. 110 Capitolo 3 Al Ministero dell’Interno premesso che …....... per sapere se ………. § 1. Breve sommario In questo capitolo, sono raccolti solo 35 atti di sindacato ispettivo (interrogazioni a risposta scritta, question time in aula, interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che pongono domande e quesiti al Ministro degli Esteri. Molti di questi – alla data di pubblicazione della presente raccolta – non hanno ancora risposta. § 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0084439 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-00844, presentato da AGOSTINELLI Donatella, testo di Giovedì 13 giugno 2013, seduta n. 33: AGOSTINELLO, TERZONI, MICILLO, BUSINAROLO, MANNINO, D’INCA’, D’AMBROSIO, BONAFEDE. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: alla fine di aprile 2013, si apprendeva dalla stampa che il centro operativo della direzione investigativa antimafia di Milano si apprestava a sopprimere a partire dal primo maggio il nucleo informativo della direzione investigativa antimafia presso l'aeroporto di Milano Malpensa ufficialmente per esigenze di ottimizzazione delle risorse; il 12 gennaio 2012, tuttavia, una nota del direttore della direzione investigativa antimafia sosteneva al contrario proprio l'importanza del mantenimento di quel presidio in vista di Expo 2015 per contrastare eventuali infiltrazioni della 39http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.asp?highLight=0&idAtt o=2305&stile=7 111 criminalità organizzata e che, addirittura, le spese di missione per i servizi da svolgere comunque in locosarebbero state maggiori rispetto ai risparmi ipotizzati; il Presidente del Consiglio Enrico Letta, lunedì 6 maggio 2013, recatosi a Milano per parlare di Expo 2015 aveva ribadito con forza che «le organizzazioni criminali non ci metteranno piede»; per il Silp CGIL, come si apprende da dichiarazioni ufficiali rilasciate da Daniele Tissone, segretario generale del Silp stesso, il sindacato di polizia della CGIL: «decidere di sopprimere un presidio indispensabile per un riscontro diretto di così delicate attività investigative, oltre a suscitare la nostra assoluta contrarietà, comunica un preoccupante segnale che di certo non incoraggia la lotta contro la criminalità organizzata»; occorre ricordare allora la funzione essenziale del nucleo informativo di Malpensa, istituito nel 2000 in attuazione dell'articolo 5 del decreto ministeriale 30 marzo 1994, che è quella di raccogliere elementi per la prevenzione e l'analisi dei fenomeni criminali legati alla malavita organizzata e di svolgere una funzione di assistenza alle indagini più complesse di polizia giudiziaria; ci risulta poi che in realtà i costi di gestione del presidio siano contenuti e che il canone sia da considerarsi meramente retributivo, tale quindi da non giustificarne assolutamente la soppressione per finalità di tipo economico –: per quali motivi, nonostante le parole del Governo, siano seguite poi scelte contrarie; in base a quali ulteriori valutazioni economiche (in relazione alle quali gli interroganti ritengono opportuno siano comunicati dati certi) e strategiche il Governo abbia cambiato la sua posizione; se si intenda valutare l'opportunità di revocare la decisione di chiusura alla luce della suddetta centralità del presidio e del concreto pericolo di infiltrazioni mafiose legate all'Expo 2015. (4-00844) § 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0165940 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4/01659, presentato da BASILIO Tatiana, testo di Giovedì 8 agosto 2013, seduta n. 68: 40http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5959&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 112 BASILIO, ARTINI, CORDA, ALBERTI, FRUSONE, PAOLO BERNINI e RIZZO. Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che: risulta evidente che componenti del precedente Governo e persone che hanno rivestito in passato cariche istituzionali, ma che attualmente non ricoprono nessun ruolo, abbiano tuttora la possibilità di usufruire di auto blu e servizio di scorta senza che risultino particolari esigenze di tutela e senza l'esistenza di elementi di rischio conclamati così gravi e probanti tali da disporre di servizi di scorta; tale procedura, ritenuta dall'interrogante ingiustificata, costa ai contribuenti palesemente grandi sacrifici, un costo che si aggira intorno a svariati milioni di euro l'anno e impegna migliaia di agenti delle forze dell'ordine sottraendoli di conseguenza alla tutela della sicurezza dei cittadini; come si evince dalle dichiarazioni del Sindacato autonomo di polizia «Con la crisi e i tagli siamo arrivati al punto che il sistema sicurezza non può più permettersi di garantire 585 scorte con un enorme impiego di uomini delle forze dell'ordine impegnati a garantire la sicurezza di pochi». «Solo a Roma sono mille al giorno – spiega Nicola Tanzi, segretario nazionale del Sap –, finora mi risulta siano state tagliate 70 scorte di quarto livello, delle 174 scorte assegnate a parlamentari ed ex ministri, credo che queste debbano essere azzerate per andare, se necessario, a rafforzare, invece, quelle garantite alle più alte cariche dello Stato. La modulazione delle misure di tutela va da quelle di primo livello, indicato come rischio imminente ed elevato, che impiega fino a tre auto blindate e sei agenti, fino al quarto livello, di basso rischio, che prevede un'auto non blindata e un autista»; il disagio sociale nel Paese è forte, ed è giusto garantire sicurezza a chi è più esposto, ma l'attuale situazione appare incompatibile con l'esigenza di un rigoroso contenimento delle spese ed eliminazione di ogni spreco e contribuisce ulteriormente al discredito della classe politica, apparendo all'opinione pubblica come un privilegio ingiustificato –: quanto costi al contribuente il servizio di suddetta protezione e come si articoli; se sia disponibile un elenco delle personalità appartenenti ai precedenti Governi o a personalità che hanno ricoperto in passato 113 alte cariche istituzionali che godono tuttora di un servizio di scorta o usufruiscono di mezzi e personale della pubblica amministrazione; quali siano i motivi che hanno finora consentito il perdurare di un servizio che appare agli interroganti ingiustificato; quali provvedimenti i Ministri interrogati intendano urgentemente assumere perché questa situazione sia il più possibile limitata, ovvero se possano essere resi pubblici i motivi per l'eventuale prosecuzione. (4-01659) § 4. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0107541 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01075, presentato da BECHIS Eleonora, testo di Lunedì 1 luglio 2013, seduta n. 43: BECHIS, BALDASSARRE, CIPRINI, COMINARDI, RIZZETTO, ROSTELLATO e TRIPIEDI. Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che: il «comitato idonei 184 Vigili Permanenti» ha più volte sollevato la questione afferente al concorso per 184 posti di vigili del fuoco bandito nel mese di marzo 1998, lamentando la mancata assunzione degli idonei di quel concorso; la graduatoria, in oggetto, è stata via via prorogata fino al 30 giugno 2013, al fine di consentire all'amministrazione di assumere, oltre ai vincitori, anche piccoli contingenti di idonei in numero pari a quello che, di volta in volta, viene autorizzato o dalla funzione pubblica per supplire al turn over o dalla legge finanziaria quale potenziamento; il comitato denuncia che già nel primo dei tre anni di validità della graduatoria, così come stabilito dal decreto-legge n. 512 del 1996, invece di continuare ad assumere gli idonei del concorso 184 vigili permanenti fu indetto un altro concorso, quello a 173 posti da discontinuo indetto nel 2001, a cui fecero seguito altri 3 quello a 40 posti riservato ai volontari isole minori del 2004, quello a 55 posti 41http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2536&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 114 riservato ad ex ausiliari 2004-2005, quello a 814 posti del 2009 oltre all'assunzione del personale di una ditta privata di Lavadigi (Cuneo) –: se il Governo sia a conoscenza della situazione sopra esposta e quali siano le determinazioni dell'amministrazione in merito alla stabilizzazione degli idonei facenti parte la detta graduatoria. (4-01075) § 5. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0145842 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01458, presentato da BENEDETTI Silvia, testo di Mercoledì 25 settembre 2013, seduta n. 84: BENEDETTI, M.BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO, PARENTELA. Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che: il 6 luglio 2013 la Direzione distrettuale antimafia di Venezia ha inviato 27 avvisi di garanzia nell'ambito dell'inchiesta sulla presunta presenza di materiali non inertizzati (rifiuti di acciaieria molto inquinanti) interrati nel sottofondo dell'A31 Valdastico Sud. I reati contestati sono quelli di falso ideologico e traffico illegale di rifiuti in forma organizzata; dalle analisi effettuate in soli tre lotti della Valdastico Sud, tra Longare e Agugliaro, dal 2009 sarebbero infatti sversati al di sotto del fondo stradale 155.836 metri cubi di scorie di acciaieria non bonificati e quindi potenzialmente nocivi; tra gli indagati Attilio Schneck, presidente della A4 holding, società che controlla la Serenissima ed ex presidente della Brescia-Padova spa, Flavio Orlandi, presidente del consiglio di amministrazione, nonché amministratore delegato della Spa Serenissima Costruzioni, Valeria Caltana, presidente del consiglio di Amministrazione nonché amministratore delegato della Mestrinaro spa di Zero 42http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4578&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 115 Branco, Antonio Beltrame presidente del Cda e amministratore delegato della società Acciaierie Beltrame spa di Vicenza, il costruttore Pierluca Locatelli, oggetto di inchieste analoghe in Lombardia, nonché Luigi Persegato amministratore della Coseco movimento terra SRL; molte delle persone coinvolte nell'inchiesta risultano essere titolari o responsabili del comparto tecnico relativo alle ditte che gestivano lavori, progetti, analisi dell'autostrada A31, parte sud; questo è solo l'ultimo episodio di una indagine che parte dal 2011 a seguito di un dettagliato esposto presentato dall'Associazione italiana esposti amianto e Medicina democratica alla Procura di Brescia, già titolare di un'inchiesta sui rifiuti interrati sotto il manto stradale della superstrada Brescia-Bergamo-Milano, che ha inviato, per competenza, il materiale relativo all'inchiesta, alla procura antimafia di Venezia; il problema sollevato dalle associazioni di cui sopra è principalmente quello dell'inquinamento delle falde sottostanti i comuni tagliati dalla grande opera; inquinamento aggravato nei periodi di pioggia intensa, riscontrato in più di un'occasione dai residenti e che può avere, in un arco di tempo relativamente lungo della vita umana, effetti altamente nocivi; durante i lavori di costruzione della Valdastico, infatti, le ruspe spianarono gli scarti di lavorazione industriale in mezzo alle coltivazioni, riversando, di fatto, sostanze pericolose nei canali di irrigazione del granoturco; il rischio, quindi, è che l'acqua sia stata contaminata in maniera consistente da diverse sostanze tossiche; dalle analisi realizzate, infatti, è emerso che l'arsenico e il piombo presenti nel terreno sono ben superiori ai limiti consentiti dalla legge e che anche altri metalli nocivi sforano i limiti di tollerabilità (il nichel, il cobalto, il cadmio, il cromo totale, il selenio, il mercurio e l'amianto); il 31 luglio 2012 la Commissione Europea è stata informata del rischio rifiuti sotto la cosiddetta Valdastico Sud, in quanto sotto il manto stradale dell'autostrada che collega Vicenza e Rovigo potrebbero essere presenti rifiuti tossici che metterebbero a rischio la salute di migliaia di persone: se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa; quali iniziative intendano adottare, in base alle proprie competenze, al fine di avviare una seria e costante attività di controllo nell'affidamento degli appalti di tali imponenti ed invasive 116 infrastrutture che, se gestiti in maniera irresponsabile ed anomala come appare per il caso Valdastico rischiano di compromettere l'incolumità della popolazione italiana; se non ritengano urgente avviare un'attività di monitoraggio della zona circostante l'infrastruttura così da verificare il reale impatto che la cattiva gestione dei lavori di costruzione dell'infrastruttura ha avuto sull'ambiente e, di conseguenza sulla salute dei cittadini della zona. (4-01458) § 6. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0187643 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01876, presentato da BENEDETTI Silvia, testo di Mercoledì 25 settembre 2013, seduta n. 84: BENEDETTI, M.BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO, PARENTELA. Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che: in un articolo apparso il 30 luglio 2013 nel quotidiano on line Nuova Venezia, il giornalista ricostruisce il legame tra alcune figure istituzionali e Adria Infrastrutture spa e Mantovani spa, le due società i cui vertici sono finiti nel mirino della procura veneziana con l'arresto dei rispettivi amministratore delegato Claudia Minitullo e presidente Piergiorgio Baita. La procura ha inoltre acceso i riflettori sul Consorzio Venezia Nuova ottenendo l'arresto (tra gli altri) dell'ex presidente Giovanni Mazzacurati. Si tratta di inchieste distinte, ma che hanno alcuni punti in comune. Primo fra tutti l'obiettivo di far luce su un comparto in cui il finanziamento pubblico è uno degli elementi più consistenti; a dimostrare il legame, il giornalista di Nuova Venezia parte da Margherita srl, società padovana riconducibile a tale Sandra Persegato e che ha come oggetto sociale anche l'assunzione di partecipazioni di altre società sia in Italia che all'estero; seguendo la 43http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6746&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 117 traccia di quote e azioni delle società di cui sopra si perviene, alla fine, direttamente in Adria Infrastrutture spa, passando attraverso Arianna spa, società specializzata nella produzione di led per l'illuminazione pubblica e di cui Margherita srl ha posseduto il 10 per cento, e arrivando a Pvp srl, società che ha domicilio fiscale in Passaggio Corner Piscopia 10 a Padova, stesso indirizzo di Margherita Srl e dello Studio Penso-Venuti e associati, e quindi in Adria Infrastrutture, controllata anche da Mantovani spa; il giornalista definisce «scomodo» tale intreccio in quanto Claudia Minutino, consigliere delegato di Adria Infrastrutture, e Piergiorgio Baita, ex presidente di Mantovani spa e vice presidente di Adria Infrastrutture, nella primavera scorsa sono stati arrestati con l'accusa di aver creato un sistema di fatture false per milioni di euro, per vicende connesse alla sanmarinese Bmc Consulting del faccendiere bergamasco William Ambrogio Colombelli nonché ex consigliere della Nuova Garelli, società partecipata da tale Paolo Berlusconi; Margherita srl è stata fondata nel 2008 da due persone fisiche e due giuridiche: la società Frasseneto, azienda agricola di Sandra Persegato e la Comunità Incontro Onlus di don Pietro Gelmini; Margherita ha un capitale sociale di 20 mila euro interamente versato e amministratore unico è Sandra Persegato che nel 2011 ha ricevuto parte delle quote in dono; Margherita srl fino al 2011 è stata socia di Arianna spa, nata nel 2009 e avviata grazie al sostegno di Pvp srl. Tra i soci di Arianna spa si trovano, oltre alla società Margherita srl, anche la Carel di Brugine, di proprietà di Luigi Rossi Luciani, (ex presidente Confindustria Veneto, ora presidente del Parco Scientifico Galileo), la Finpiave, (riconducibile a Bepi Stefanel), la Pvp srl e l'ingegner Alberto Giovanni Gerli, inventore di un sistema di illuminazione a led innovativo, che riveste il ruolo di amministratore delegato. Tra i consiglieri della Arianna spa troviamo Paolo Venuti e Christian Penso entrambi soci di Pvp srl; Pvp srl fa capo a noti professionisti padovani: Guido Penso, il figlio Christian (che detengono quote paritarie), e Paolo Venuti. Ed ha in portafoglio, tra le altre, anche quote di Adria Infrastrutture (300 mila euro circa su un capitale sociale di 4,5 milioni di euro) e di Arianna spa (circa il 30 per cento). Guido e Christian Penso e Paolo Venuti sono anche amministratori allo stesso tempo –: 118 se le società siano state o siano ancora destinatarie di fondi statali e se tale destinazione non debba essere revocata ed eventualmente segnalata alla procura della Corte dei Conti. (4-01876) § 7. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0192644 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01926, presentato da BRESCIA Giuseppe, testo di Martedì 24 settembre 2013, seduta n. 83: BRESCIA. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: il 28 agosto 2013 in un quartiere estremamente popolato della città di Bari, si è consumato, in mezzo ai passanti, l'ennesimo omicidio di mafia nel quale ha trovato la morte il boss Felice Campanale. Tale evento ha scatenato l'ennesima guerra di mala per le strade del capoluogo pugliese mettendo in pericolo la sicurezza dei cittadini; in data 19 settembre nel quartiere San Girolamo di Bari è avvenuta l'ennesima sparatoria all'interno di una palazzina, nel quale un 67enne pregiudicato è stato vittima di un attentato utilizzando a sua volta una pistola illecitamente detenuta; nel nord barese i clan criminali oramai operano quotidianamente indisturbati arrecando danni alla popolazione e soprattutto agli agricoltori: alberi tagliati, coltivazioni incendiate, continui furti di mezzi agricoli e addirittura rapine a mano armata, così come appreso da una denuncia dell'organizzazione «Oliveti Terra di Bari»; il Ministro dell'interno Alfano, in occasione della sua visita a Bari di fine maggio, si era impegnato pubblicamente ad aumentare le unità di sicurezza, con altri 146 uomini, più specificatamente «con 60 nuove unità subito e a settembre con altri 86 uomini della polizia», assicurando l'applicazione del «modello Caserta per affrontare la criminalità organizzata, su tre direttrici: rafforzamento del dispositivo di vigilanza e controllo del territorio, potenziamento 44http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6955&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 119 delle strutture organizzative e desk interforze per aggredire i patrimoni criminali». Impegno che tuttavia non è stato ancora mantenuto –: se e quando il Ministro interrogato ritenga di dover corrispondere alla pressante richiesta di adeguamento dell'organico di forze dell'ordine nella città di Bari e su tutto il territorio pugliese così da assicurare il contrasto dei fenomeni criminali e la sicurezza dei cittadini. (4-01926) § 8. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0125145 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01251, presentato da CARIELLO Francesco, testo di Venerdì 12 luglio 2013, seduta n. 52: CARIELLO. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: il commissariato di pubblica sicurezza di Bitonto ha attualmente in organico 38 operatori in servizio di polizia; la pianta organica prevista nelle tabelle del decreto ministeriale 1989 è di 47 unità di personale che espleta servizio di polizia; questi uomini e donne operano su un territorio, urbano ed agricolo, fra i più vasti e popolati della provincia di Bari e con un indice di criminosità fra i più alti della regione intera; la popolazione residente nel comune di Bitonto è di circa 64.000 abitanti e risulta distribuita in tre centri abitati includendo le due frazioni di Palombaio e Mariotto distanti rispettivamente circa 10 e 15 chilometri dal centro città; a fronteggiare continui eventi delittuosi, che spaziano dai furti di auto e furti in abitazione, ai più gravi scontri a mano armata tra diversi clan malavitosi, vi sono, oltre agli uomini e donne del commissariato di pubblica sicurezza, circa 12 militari della locale stazione carabinieri e circa 16 finanzieri della locale tenenza della guardia di finanza (che operano anche su altre città limitrofe); è evidente che pur essendo possibile e realizzabile garantire la presenza di una pattuglia addetta al controllo del territorio nell'arco 45http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=3937&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 120 delle 24 ore, è anche vero che un così esiguo dispiegamento di forze non è sufficiente ad assicurare un livello ottimale di presenza su tutto il territorio comunale ed un adeguato e duraturo contrasto degli eventi criminosi oltre che una profonda azione preventiva che soffocano l'economia ed il vivere civile della città di Bitonto; ciò nonostante, il locale commissariato ha condotto negli ultimi giorni una operazione di polizia giudiziaria che ha attenuato una escalation di violenza tra pregiudicati che non disdegnano il confronto armato fra loro allo scopo di controllare il territorio e le «piazze di spaccio» di sostanze stupefacenti, culminata il giorno 2 luglio 2013 in una sparatoria in pieno centro urbano frequentato da numerosi cittadini esposti al rischio di ferimento da arma da fuoco; ne sono testimonianza i video diffusi dalla questura di Bari il giorno 11 luglio 2013 a seguito del fermo dei relativi protagonisti; è tuttavia probabile che quest'ultimo episodio possa determinare un notevole incremento della guerriglia armata nel territorio della città di Bitonto e frazioni; è altresì vero che i sistemi di videosorveglianza recentemente attivati hanno contribuito a portare a buon esito le indagini sull'episodio sopra citato, tanto che è stato richiesto al Ministero dell'interno (dipartimento della pubblica sicurezza), un incremento del numero di apparati da installare in altre zone al momento non servite da tale utile sistema di sicurezza e vigilanza elettronica; è fuori di dubbio che un adeguamento di organico e mezzi, anche ai livelli di quanto previsto dalla non recente decretazione ministeriale del 1989, gioverebbe al miglioramento della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica ed alla «copertura» ottimale di tutto il territorio di Bitonto e frazioni –: se il Ministro sia stato messo a conoscenza dell'intensificarsi di fenomeni criminosi nel comune di Bitonto e della provincia di Bari che hanno riguardato, nel recente passato, anche il tentativo di intimidazione di funzionari della pubblica amministrazione e di amministratori pubblici; quali provvedimenti intenda assumere a partire dal potenziamento dell'organico, dall'auspicabile insediamento di un avamposto di forze dell'ordine (nelle piazze principali delle due frazioni) e per il potenziamento del servizio di videosorveglianza in tutte le aree non ancora coperte da tale servizio; quali provvedimenti si intendano assumere al fine di intensificare le azioni di prevenzione e repressione condotte dalle forze di polizia 121 nel centro urbano di Bitonto, di concerto con le amministrazioni locali ed in sinergia con tutte le forze dell'ordine presenti sul territorio. (4-01251) § 9. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0115546 Interrogazione a risposta scritta 4-01155 presentato da COLLETTI Andrea testo di Giovedì 4 luglio 2013, seduta n. 46 COLLETTI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: da anni si assiste in tutta la zona del Sud Pontino (Formia, Fondi, Sabaudia, Gaeta e dintorni) al dilagare di fenomeni speculativi che hanno consentito una cementificazione selvaggia e frequenti fenomeni di abusivismo agevolati dalle connessioni tra politica ed imprenditoria locale; in questo intreccio hanno trovato e trovano terreno fertile le organizzazioni affaristico/malavitose campane e calabresi interessate ad investire ingenti capitali di provenienza illecita nel settore edile ed in quello turistico/commerciale; in particolare, il territorio pontino è infestato da pericolosi clan criminali come i Bardellino, Esposito/Giuliano, Mallardo, Moccia, Casalesi, Bidognetti e Fabbrocino a Formia, il clan Nuvoletta di Cosa Nostra nella zona portuale di Gaeta, il clan Schiavone/Mallardo della ’Ndrangheta a Fondi, i clan Mallardo, Fabbrocino e Schiavone a Itri e il clan Cava/Schiavone a Sabaudia; si è dimostrata priva di efficacia l'opera di contrasto da parte delle forze dell'ordine locali, mal distribuite sul territorio ed impreparate a svolgere indagini patrimoniali per aggredire i capitali di origine illecita; l'esistenza di due commissariati di polizia tra Formia e Gaeta, ad esempio, ha portato ad uno spreco di uomini e risorse che si potrebbero evitare istituendo – come proposto dall'Associazione Caponnetto – un unico distretto dotato di un'apposita squadra di polizia giudiziaria che consenta di aumentare i controlli sul territorio e contrastare il 46 http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2616&stile=7&highLigh t=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 122 traffico di capitali illeciti; sarebbe anche utile affiancare alla direzione distrettuale Antimafia (DDA) di Roma le procedure di Latina e Cassino dotandole della delega alle indagini ex articolo 51 comma 3-bis del Codice di procedura penale per la persecuzione dei reati di cui all'articolo 416-bis del Codice penale («Associazione di tipo mafioso»); vi sono infatti i presupposti perché si scateni a Formia una guerra di camorra tra i clan Esposito/Giuliano o Bardellino, entrati in conflitto per motivi legati ad interessi economici concorrenti ed al massiccio traffico di stupefacenti praticato da entrambi nel Sud Pontino; il rischio di una escalation di atti di violenza è molto elevato, come lasciano presagire le risse e gli avvertimenti di stile camorristico susseguitisi nelle ultime settimane di fronte ad alcuni bar della città, come riportato dalla stampa locale –: se i Ministri, per quanto di propria competenza, intendono adottare con urgenza ogni misura di polizia idonea a prevenire un'eventuale guerra di camorra nella città di Formia e, più in generale, nel Sud Pontino, anche attraverso l'avvio di verifiche patrimoniali a tappeto e con l'ausilio di reparti specializzati quali i gruppi di investigazione sulla Criminalità organizzata (GICO) della Guardia di finanza; se il Ministro dell'interno ritenga di approfondire la proposta dell'associazione Caponnetto circa la creazione di un unico distretto di polizia nel Golfo di Gaeta che unifichi le funzioni dei due commissariati attualmente esistenti per contrastare più efficacemente la criminalità organizzata; se siano state avviate indagini in merito alle concessioni edilizie rilasciate dal comune di Itri e di quelle relative alla fascia costiera del comune di Fondi dagli anni 90 ad oggi, con riferimento di reati di riciclaggio e di intestazione fittizia di beni messi in passato sotto sequestro; se sia nelle intenzioni del Ministro della giustizia sostenere con vigore l'estensione della delega alle procure di Latina e Cassino, ex articolo 51 comma 3-bis del codice di procedura penale, per la persecuzione dei reati di mafia. (4-01155) 123 § 10. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0036347 Interrogazione a risposta scritta 4-00363 presentato da COLLETTI Andrea testo di Lunedì 6 maggio 2013, seduta n. 12 COLLETTI, VACCA e DEL GROSSO. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: l'8 dicembre del 2011 la polizia municipale di Pescara elevava un verbale di contravvenzione a carico del questore Paolo Passamonti la cui autovettura era posteggiata nello spazio riservato alla fermata dell'autobus in una via del centro della città; la vettura di proprietà del questore veniva rimossa assieme ad altre tre parcheggiate in divieto nella stessa via e veniva trasportata presso il deposito della polizia municipale pescarese; successivamente, però, lo stesso questore veniva autorizzato a riprendere possesso della propria vettura senza corrispondere alcun importo né a titolo di sanzione amministrativa né per le spese di rimozione e custodia/deposito del mezzo. La contravvenzione a suo carico, peraltro, non risulterebbe ad oggi essere mai stata riportata nel libro mastro dei verbali dei vigili urbani di Pescara; anche ponendo il caso che la violazione del codice della strada fosse avvenuta per ragioni di servizio, ben avrebbe potuto il questore presentare ricorso al prefetto contro il verbale di accertamento – così come è nella facoltà di tutti i cittadini – e vederselo accogliere con ogni probabilità; vi è il grave sospetto che al questore Passamonti sia stato invece riservato un trattamento di ingiustificato privilegio (i proprietari delle altre tre vetture in contravvenzione hanno pagato tutti la multa e le spese accessorie, come da verbale) che ha suscitato l'indignazione dei cittadini pescaresi i quali hanno presentato nel marzo del 2013 un espostodenuncia ai carabinieri censurando l'operato della polizia municipale e del questore; la presentazione dell'esposto ha indotto il sindaco di Pescara Luigi Albore Mascia e l'assessore con delega alla polizia municipale Giovanni Santilli a richiedere un chiarimento ufficiale al comandante dei vigili urbani, colonnello Carlo Maggitti; detto chiarimento, ad oggi, non è stato ancora formalizzato e, mentre il questore Passamonti tace, le istituzioni (tanto la polizia municipale 47 http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1652&stile=7&highLigh t=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 124 quanto il comune di Pescara) sembrano essere inerti a dispetto dei diritti dei cittadini e del principio di uguaglianza costituzionalmente garantito; per di più – e qui si arriva all'epilogo più assurdo della vicenda – in data 4 aprile 2013 la procura della Repubblica di Pescara ha disposto la perquisizione dell'abitazione e dell'ufficio di Marco Patricelli, giornalista del quotidiano Il Tempo ed autore dell'inchiesta sulla «multa fantasma» di cui sopra. A suo carico la procura ha ipotizzato il reato di violazione del segreto investigativo (articoli 114 e 329 del codice di procedura penale); agli interroganti tale iniziativa appare assolutamente impropria considerata la necessità di garantire adeguatamente la piena manifestazione della libertà di stampa, della libertà di espressione e del diritto di cronaca; le istituzioni, che appaiono poco operative quando si tratta di tutelare i diritti dei cittadini tutti uguali di fronte alla legge, ad avviso degli interroganti hanno di fatto finito per limitare la libertà di stampa e la ricerca della verità, imprescindibili baluardi della nostra democrazia –: se il Ministro dell'interno intenda convocare il questore di Pescara Paolo Passamonti per ottenere un formale e definitivo chiarimento dei fatti sopra esposti. (4-00363) § 11. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0147148 Interrogazione a risposta scritta 4-01471 presentato da COZZOLINO Emanuele testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59. COZZOLINO, DIENI, FRACCARO e TONINELLI. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: il 18 luglio 2013, il sindaco di Labico ha trasmesso agli esercizi commerciali situati nel territorio comunale un atto – la cui forma non è meglio specificata – regolarmente registrato al protocollo generale, ma non pubblicato sull'albo pretorio on line, così come stabilisce la normativa vigente – legge n. 69 del 2009 – in materia di obbligo di pubblicazione degli atti e provvedimenti amministrativi 48http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4591&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 125 aventi effetto di pubblicità legale; nell'atto del sindaco di Labico, dopo una breve premessa in cui si afferma che «in alcuni esercizi commerciali sono stati trovati in grande quantità giornali che non sono risultati a norma di legge, mancando qualsiasi autorizzazione e registrazione», si invitano «i titolari di tutti gli esercizi di Labico a non accettare ed esporre qualsiasi giornalino periodico o no stampato in modo non conforme alla attuale legge vigente, precisando che ogni violazione è punita secondo la legge n. 47 del 1948»; l'atto amministrativo conclude affermando che «in caso di accertata violazione, il comune sarà costretto a disporre ordinanza di confisca del materiale e ad applicare le sanzioni di legge»; ad una sommaria lettura dell'atto e al netto di una sintassi non esattamente impeccabile si ha l'impressione che si tratti di una comunicazione priva di qualsivoglia valore giuridico-amministrativo, ma dotata di un'indubitabile efficacia sul piano della «deterrenza» nei confronti degli esercizi commerciali, per i quali – onde scongiurare problemi di carattere legale – diventa molto più semplice evitare l'esposizione di materiale informativo; il sindaco di Labico non è nuovo a comportamenti finalizzati alla compressione dei diritti democratici dei cittadini e dell'opposizione consiliare, la quale, in diverse circostanze si è trovata costretta a chiedere l'intervento della prefettura per chiedere il rispetto della normativa vigente; l'atto ricordato può, ad avviso degli interroganti, costituire una forma di intimidazione nei confronti dei commercianti per impedire loro l'esposizione di materiale informativo di carattere politico, in piena violazione dell'articolo 21 del dettato costituzionale; risulta peraltro che l'atto sia stato portato a conoscenza degli interessati tramite, una forma irrituale e utilizzando personale non idoneo; ad avviso degli interroganti, il sindaco di Labico ha posto in essere un comportamento che esula dai suoi poteri e dalle sue competenze –: di quali elementi disponga sulla vicenda e, in particolare, se risultino iniziative della prefettura conseguenti alle istanze richiamate in premessa. (4-01471) 126 § 12. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0020949 Interrogazione a risposta scritta 4-00209 presentato da DADONE Fabiana testo di Martedì 16 aprile 2013, seduta n. 9 DADONE, COZZOLINO, DIENI, FRACCARO, LOMBARDI, NUTI e TONINELLI. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: le guide spirituali di religioni non cattolica, presenti sul territorio dello Stato italiano, per ottenere il riconoscimento di «Ministri di culto acattolico» da parte dello Stato stesso devono farne opportuna richiesta; le richieste di cui sopra, effettuate nell'ultimo anno da parte dei Pastori di Chiese Evangeliche sono state di fatto rigettate in massa limitando la libertà di professare ed esercitare la propria fede religiosa come garantito da Costituzione; la mancanza di riconoscimento formale del ruolo di «ministro di culto acattolico», oltre a tutti gli altri inconvenienti può anche essere adoperata dalle amministrazioni pubbliche per impedire ad un pastore o ad un responsabile religioso in generale di aprire un locale di culto o di continuare a tenerlo aperto, con la conseguenza di impedire effettivamente alle persone di fede non cattolica di riunirsi a pregare e celebrare il culto nella loro libertà di fede; gli interroganti sono venuti a conoscenza del fatto che nel gennaio del 2012 il Consiglio di Stato emetteva un parere in materia (su richiesta del precedente Ministro dell'interno, Maroni) in particolar modo relativamente alla questione del numero minimo di membri di chiesa sufficiente al fine di concedere da parte dello Stato alla «guida religiosa» di un culto non-cattolico il riconoscimento ministeriale (introdotto dalle leggi fasciste del 1929/1930) di «ministro di culto»; il Consiglio di Stato in detto parere indicava la cifra di 500 persone quale soglia minima necessaria per concedere il riconoscimento ministeriale di «ministro di culto» alle guide religiose non cattoliche, motivando l'individuazione della citata soglia sulla base del fatto che non esistano chiese di culto cattolico con numero inferiore ai 500 fedeli; i 500 membri di cui sopra non vengono calcolati tenendo conto 49http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1344&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 127 soltanto di coloro che effettivamente frequentino il luogo di culto, bensì calcolando territorialmente i battezzati presso una specifica chiesa, basandosi sugli elenchi comunali di pura residenza anagrafica nel territorio della parrocchia; le comunità religiose non-cattoliche, invece, non essendo mai (ad esclusione, in Italia, soltanto delle Valli Valdesi) comunità (di fatto) «territoriali» ma sempre e soltanto comunità «libere» (cioè Comunità «volontarie» di fede), a differenza delle parrocchie cattoliche non inglobano mai più di quanti vi si riconoscano effettivamente ed attivamente; il parere del Consiglio di Stato, una volta formulato avrebbe dovuto essere accettato o rifiutato dal Ministro competente entro 90 giorni dalla sua emissione ma il Ministro dell'interno Cancellieri di fatto non ha provveduto né in un senso né nell'altro; fino ad ora questo non era quasi mai successo (quantomeno negli ultimi 30/40 anni) perché l'amministrazione pubblica si è quasi sempre resa conto, lei stessa per prima, della mancanza di legittimità costituzionale delle normative fasciste che prevedono tali limitazioni ad avviso degli interroganti incostituzionali al diritto delle persone di riunirsi liberamente anche per fini religiosi, e ha dunque il più delle volte lei stessa per prima disapplicato dette normative; il personale ministeriale, decorsi i tre mesi di cui sopra, ha ritenuto in via del tutto discrezionale di doversi attenere al parere del Consiglio di Stato; il personale ministeriale ha rifiutato a partire dallo scorso aprile tutte le richieste di riconoscimento del ruolo di «ministro di culto» e rigettato in massa tutte le richieste inoltrate; nonostante moltissime unioni ecclesiali lo richiedano ormai da decenni, prendendo l'esempio della città come Cuneo, su 14 comunità evangeliche presenti con sala di culto aperta al pubblico nel territorio comunale, soltanto 2 sono membri di unioni ecclesiali che hanno avuto il privilegio di vedersi concedere dallo Stato un'intesa; la mancanza di riconoscimento formale del ruolo di «ministro di culto acattolico» rende molto difficile ai rappresentanti di comunità religiose non cattoliche di accedere a quelle convenzioni con le amministrazioni e istituzioni pubbliche locali necessarie ad esempio per poter visitare gli ammalati negli ospedali e effettuare cura pastorale dei propri membri di chiesa nelle carceri, nelle caserme ed in luoghi analoghi; detta mancanza, oltre a tutti gli altri inconvenienti, può anche essere adoperata dalle amministrazioni pubbliche per impedire ad un pastore o ad un responsabile religioso in generale di aprire un locale di culto o di continuare a tenerlo 128 aperto, con la conseguenza di impedire effettivamente alle persone di fede non cattolica di riunirsi a pregare e celebrare il culto nella loro libertà di fede, tutte le volte che si tratti di una comunità locale inferiore alle 500 persone; in una parrocchia cattolica frequentano con regolarità l'espletamento della funzione religiosa dalle 20 alle 70 persone circa (molto raramente più di 150 persone), e questo sia per quanto riguarda il Protestantesimo, come anche, grosso modo, per le altre comunità religiose; molte persone non hanno mai chiesto la loro cancellazione dall'elenco dei battezzati presso la parrocchia cattolica in cui vennero battezzati da bambini a partire da 30, 40 o 50 anni fa, una cancellazione che di fatto non chiede mai nessuno, e quand'anche venisse richiesta, viene spesso negata o ottenuta intraprendendo le vie legali –: se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti, quali siano i criteri adottati per stabilire in 500 unità la soglia di fedeli necessaria al fine di concedere da parte dello Stato alla «guida religiosa» di un culto non-cattolico il riconoscimento ministeriale di «ministro di culto» e se non ritenga inidonea la scelta di utilizzare il battesimo quale parametro in luogo della frequenza effettiva dei luoghi di culto cattolico, considerato che il battesimo è rito tipicamente cattolico e non può essere assunto quale parametro universale per tutte le confessioni o le associazioni religiose. (400209) Risposta scritta pubblicata Venerdì 9 agosto 2013 nell'allegato B della seduta n. 69 4-00209 presentata da DADONE Fabiana Risposta. — La questione sollevata con l'interrogazione in esame sulla presunta violazione della libertà di religione e di culto attuata nei confronti delle chiese evangeliche, va contestualizzata nel quadro delineato dal vigente assetto normativo. La nomina dei ministri di culto viene fatta in assoluta libertà e autonomia delle singole chiese, o dalle confessioni religiose, sulla base dei propri ordinamenti interni. Il ministro di culto, così nominato, può esercitare tutte le attività inerenti il pieno esercizio della libertà di religione e di culto, come previsto dall'articolo 19 della Costituzione. Solo per taluni atti del ministro di culto, affinché possano produrre effetti giuridici validi per l'ordinamento statale, la chiesa o la 129 confessione a cui il ministro appartiene può richiedere l'approvazione governativa della nomina. Tale ipotesi trova la propria regolamentazione nella legge 24 giugno 1929, n. 1159, recante «disposizioni sull'esercizio dei culti ammessi nello Stato e sul matrimonio davanti ai ministri di culto medesimi». Pertanto, il potere di nomina del ministro di culto spetta alla chiesa di appartenenza che vi provvede in attuazione delle norme statutarie. Diversa invece la natura dell'approvazione governativa della nomina – di competenza statale – finalizzata soltanto a consentire che particolari atti come la celebrazione del matrimonio producano effetti giuridici. L'assenza dell'approvazione governativa della nomina a ministro di culto, così come il diniego della stessa, non configura una limitazione della funzione. Negli ultimi anni va ricordato che con l'espansione dei nuovi culti, ancorata ad un forte aumento migratorio, si è registrata una frequente presentazione di domande di approvazione di nomine di ministri culto appartenenti alle più diversificate associazioni religiose formate, in alcuni casi, anche da uno sparuto numero di aderenti. Tale circostanza ha indotto questa amministrazione a riflettere sul concetto giurisprudenziale di «comunità di fedeli qualitativamente e quantitativamente consistente». A tal riguardo l'amministrazione ha ritenuto di ancorare le proprie decisioni a quanto espresso dal Consiglio di Stato sul riscontro concreto del concetto di «consistenza numerica di fedeli». In particolare si è recepito il parere n. 1834 del 2011 con il quale è stato definito che la soglia minima di fedeli necessaria per l'approvazione governativa vada individuata nel collegamento quantitativo del ministro di culto ad «un gruppo sociale nel quale gli eventi legati ad atti di culto produttivi di effetti giuridici per il nostro ordinamento abbiano una frequenza apprezzabile su base annuale». Il Supremo Consesso ha ritenuto, inoltre, che il criterio di nomina dei ministri di culto, per garantire la giusta attuazione del principio costituzionale, vada coniugato con la distribuzione sul territorio dei gruppi di fedeli della stessa confessione religiosa. A tal fine, ha indicato la soglia di cinquecento persone per un ambito territoriale ristretto e di cinquemila unità per l'intero territorio nazionale. Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Domenico Manzione. 130 § 13. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0103350 Interrogazione a risposta scritta 4-01033 presentato da DADONE Fabiana testo di Giovedì 27 giugno 2013, seduta n. 42 DADONE. Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che: da anni la città di Saluzzo, in particolare, e altri comuni della provincia di Cuneo, sono meta di flussi sempre più cospicui di braccianti africani che raggiungono queste zone in occasione della stagione di raccolta della frutta. Territori questi che rappresentano uno tra i più importanti distretti frutticoli non solo in Piemonte, ma anche in tutta Italia; tale raccolta, che si concentra nei soli mesi estivi, negli anni ha assistito all'arrivo di lavoratori provenienti da diverse parti, prima dal sud Italia, e poi dal Nord Africa, dall'Albania, dall'est Europa, e, ora dalla Cina; detto fenomeno ha registrato un lieve miglioramento nel corso del 2009 quando molti dei lavoratori si stabilizzarono ed integrarono grazie all'aiuto e alla collaborazione di enti, associazioni laiche, associazioni cattoliche, nonché alle più adeguate soluzioni logistiche rese dalla struttura della stazione ferroviaria di Saluzzo, attraverso la direzione territoriale di Torino, la quale aveva messo a disposizione locali e servizi igienici, seppur provvisori; nel 2012, invece, il fenomeno in questione è diventato così drammatico da non essere più gestibile dalle pur volenterose ed accoglienti comunità locali, (comune di Saluzzo e comuni limitrofi, associazioni dei produttori agricoli e associazioni di volontariato), tanto che oggi, anche a causa di numerosi soggetti provenienti dalla cosiddetta «emergenza nord Africa», sono già presenti nel territorio comunale oltre 220 migranti e mancano ancora alcune settimane all'inizio della raccolta; quest'anno, per via della primavera fredda e piovosa, oltre al ritardo di cui sopra si prevedono conseguenze anche sui raccolti senza calcolare la situazione delle piantagioni di kiwi di cui è ricco il territorio italiano, che patiscono ormai da tre 50 http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2494&stile=7&highLigh t=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 131 anni un'epidemia letale che costringe le aziende all'espianto progressivo; oltre alla difficoltà di ospitare queste persone (a regime con l'inizio della raccolta saranno disponibili 200 posti letto offerti da comuni, Coldiretti, Caritas, Papa Giovanni XXIII in aggiunta ai posti offerti dalle aziende presso cui gli stessi lavorano, ma non basteranno comunque), quasi sicuramente quest'anno non ci sarà bisogno del loro lavoro, neanche nei giorni di punta della raccolta in cui solitamente questi hanno lavorato gli anni scorsi; a codesti lavoratori che soggiornavano, negli anni trascorsi, presso la stazione ferroviaria, a causa della indisponibilità delle Ferrovie a lasciar utilizzare i servizi igienici della stazione, è stato imposto l'allontanamento e la collocazione in strutture messe a disposizione da alcuni comuni e dalle parrocchie; il comune di Saluzzo aveva assunto ruolo centrale nell'organizzazione di un vero e proprio accampamento autogestito per l'accoglienza dei tanti immigrati sprovvisti di ospitalità in altre strutture, oramai chiuse dall'inizio di novembre. Oggi a tal riguardo le amministrazioni locali hanno vietato gli accampamenti spontanei e non controllati sul territorio comunale, adottando sin da aprile 2013, un'ordinanza che impone il divieto di campeggio o di pernottamento al di fuori degli spazi appositamente allestiti; altresì è stato incentivato l'intervento della forza pubblica in caso di violazione, per tutelare l'aiuto delle associazioni di volontariato e delle associazioni di categoria e fornire una congrua ospitalità che sia limitata soltanto a coloro che effettivamente saranno assunti dalle aziende frutticole; a tal proposito le amministrazioni locali hanno incentivato il collegamento tra domanda e offerta di lavoro, coinvolgendo il centro per l'impiego di Saluzzo, al fine di una maggiore regolazione di questi settori e di una maggiore legalità contro fenomeni illeciti quali il caporalato; le comunità che se ne occupano da anni sono ormai stremate ed esauste anche perché si vedono abbandonate da provincia e regione che nulla sono in grado di fare se non sostenerle a parole; alcune realtà associative locali infine si sono viste negare la possibilità di allestire un campo di emergenza sul territorio comunale di Saluzzo, che avrebbe dato risposta ai bisogni dei soggetti coinvolti; si deve partire dal presupposto che si parla pur sempre di persone, si parla pur sempre di esseri umani con bisogni basilari: tetto, cibo e salute in primis –: se non si ritenga doveroso adottare iniziative umanitarie ed economiche per risollevare le sorti di queste persone, di questi lavoratori, di questi immigrati, ed 132 attivare immediatamente delle procedure al fine di offrire non solo una risposta ma un aiuto effettivo considerato che l'intransigenza degli enti territoriali – attraverso la suddetta ordinanza di divieto di campeggio e di pernottamento – non ha tenuto conto delle tempistiche e delle modalità che numerose volte rendono la regolarità dei percorsi istituzionali incompatibile con le reali esigenze dei territori, delle persone e con gli stessi principi fondanti degli enti; quali politiche, a livello nazionale, si intendano mettere in atto per arginare il fenomeno dello sfruttamento dei braccianti agricoli, in particolare, ed in generale per garantire i diritti a immigrati privi di qualsivoglia forma di diritto e dignità. (4-01033) § 14. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0113451 Interrogazione a risposta scritta 4-01134 presentato da DAGA Federica testo di Mercoledì 3 luglio 2013, seduta n. 45 DAGA. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: nel territorio di Nettuno (comune di Roma) risultano importanti presenze di consorterie criminali come testimoniato dai processi «Appia» e «Mithos» pendenti innanzi al tribunale di Velletri per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale, in tale territorio infatti, secondo quanto emerso nella relazione della commissione parlamentare antimafia sulla ’ndrangheta XV legislatura, da anni opera il clan Gallace; nel territorio risulta attivo, altresì, il clan dei Casalesi come attestano le indagini della direzione distrettuale antimafia di Roma nonché numerose sentenze emesse dall'autorità giudiziaria a carico di Pasquale Noviello ed altri, per reati che vanno dall'associazione a delinquere di stampo camorristico al tentato omicidio; il 24 luglio del 2012 veniva assassinato da un commando Modestino Pellino ritenuto vicino al clan Moccia; nella città di Nettuno negli ultimi sei mesi sono stati commessi due gravi attentati: nell'ottobre 2012 è stato incendiato lo stabilimento balneare «Il Belvedere» gestito dalla Società Turistico Marinara e nel 51http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2595&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 133 maggio del 2013 un'abitazione in località Santa Barbara è stata fatta oggetto del lancio di una molotov; nel dicembre del 2005 il consiglio comunale di Nettuno è stato sciolto per gravi condizionamenti da parte della criminalità organizzata, decisione confermata in tutti i gradi di giudizio dalla giustizia amministrativa; la sentenza del TAR di Roma del 7 giugno del 2006 che conferma lo scioglimento del consiglio comunale affermava tra l'altro che in relazione al settore dell'urbanistica e dell'edilizia «il controllo sul territorio per l'attività di contrasto all'abusivismo edilizio si svolge quasi esclusivamente sulla base degli esposti», evidenzia: a) che l'amministrazione aveva «rilasciato titoli concessori prevalentemente in variante al piano regolatore», apparendo la concessione «in alcuni casi [...] strumentale a favorire operazioni di lievitazione del prezzo dell'immobile o ad incrementare l'attività di società di costruzione vicine ad esponenti della criminalità organizzata locale»; b) in altri casi, che «i passaggi di proprietà dei terreni oggetto di concessioni edilizie e le conseguenti volture del titolo concessorio [apparivano] unicamente finalizzati ad evitare il decorso del termine di scadenza della concessione o ad aspettare l'approvazione delle varianti al piano regolatore generale per sanare eventuali abusi edilizi. Anche in tali casi, beneficiari delle procedure dilatorie figurano soggetti contigui ad ambienti criminali»; c) che in relazione a «titoli concessori rilasciati a seguito di lottizzazioni di aree site in diverse località del territorio comunale, [erano] presenti quali diretti intestatari, quali amministratori, rappresentanti o soci delle imprese titolari, esponenti della malavita locale, alcuni dei quali gravati da diversi precedenti e di recente indagati anche per il reato di associazione illecita per traffico di sostanze stupefacenti»; nel corso della campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale di Nettuno e del sindaco, il candidado del PdL Carlo Eufemi ha denunciato il clima «intimidatorio» creato da Fernando Mancini, imprenditore locale già coinvolto in indagini giudiziarie e nei lavori della commissione d'accesso che portò allo scioglimento del consiglio comunale di Nettuno; il Mancini infatti (come si evince da un video postato su You Tube) avrebbe stigmatizzato la presentazione nelle liste di Eufemi di personaggi come Claudio Dell'Uomo, Stefano Proietto, Piero Ballerini. Sembrerebbe che il Mancini (o altri) abbia realizzato tale campagna in conseguenza dell'esclusione dalle liste del PDL della sua compagna Cristina Vasconi; 134 in conseguenza dei comportamento del Mancini il PdL ha organizzato una manifestazione per la legalità; successivamente il candidato del PdL Eufemi ha denunciato il clima torbido della campagna elettorale; dopo le elezioni lo stesso Eufemi ha richiamato l'attenzione del Ministro interrogato affinché ci sia un intervento a tutela del territorio dove vige un sistema di illegalità e sfrontatezza che sta condizionando i cittadini e rendendo invivibile la città –: se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti illustrati in premessa; quali iniziative di competenza intenda intraprendere per rafforzare il contrasto alle mafie nel litorale romano; se intenda verificare quali eventuali iniziative abbia intrapreso il prefetto di Roma in ordine alla situazione sopra esposta. (4-01134) § 15. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0100752 Interrogazione a risposta scritta 4-01007 presentato da DI MAIO Luigi testo di Mercoledì 26 giugno 2013, seduta n. 41 LUIGI DI MAIO, COLONNESE, FICO, LUIGI GALLO, SILVIA GIORDANO, MICILLO, PISANO, SIBILIA e TOFALO. Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che: quotidianamente le cronache dell'agro aversano presentano quali sono le condizioni complessive di quel vasto territorio e le condizioni della vivibilità, della salute e dei trasporti; a questo proposito, molto significativa è la video-intervista al giornalista Antonio Graziano realizzata dalla web tv Livio Tv dal titolo «Agro aversano: la periferia del mondo»; nella zona dell'agro aversano, infatti, non esistono piani di trasporto pubblico per cui diventa faticoso raggiungere i centri abitati dell'agro aversano casertano a causa di un sistema totalmente sregolato; negli ultimi anni è letteralmente esplosa una realtà fatta di costruzioni abusive in mancanza di definiti piani regolatori territoriali, che, anche se esistenti, sono 52http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2468&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 135 apertamente violati, nonostante la che le istituzioni, le forze dell'ordine e le autorità siano presenti come in tutto il territorio nazionale; poco nulla è stato realizzato per lo smaltimento virtuoso dei rifiuti tossici; in molte abitazioni manca l'acqua o è inquinata in modo tale da aver costretto le famiglie di cittadini statunitensi a cambiare residenza in seguito ai risultati di accurate analisi; le malattie alla tiroide e le patologie oncologiche producono morte, come documentato da studi e ricerche; nonostante tutto questo la regione Campania non ha di fatto realizzato il registro tumori nelle aziende sanitarie locali; la camorra influisce sulla vita di ogni cittadino e, a fronte di ciò, le istituzioni non danno adeguate risposte e sono anche condizionate dalla criminalità come risulta dallo scioglimento diffuso dei consigli comunali; le ricchezze ambientali sono deturpate e lo stesso accesso al mare è impedito dalla chiusura abusiva delle spiagge ad opera di soggetti che hanno costruito barriere con ogni materiale disponibile (cancellate e muretti); i Regi Lagni, finalizzati ad irrigare le campagne fin dai tempi del regno borbonico oggi sono inquinati e pericolosi; i cittadini di quella zona sono penalizzati e anche i giovani risentono del disagio complessivo che influisce sui comportamenti e sull'educazione, ingenerando nelle nuove generazioni un pericoloso deficit di cultura della legalità –: se i Ministri interrogati non ritengano di assumere, per quanto di competenza, un impegno complessivo programmatorio ed operativo che coinvolga ogni soggetto responsabile per individuare «metro per metro» le violazioni ad un corretto vivere civile, al fine di restituire il territorio e il paesaggio ai cittadini mediante il rispetto delle regole e la repressione di chi infrange le leggi ed ogni altra norma; se i Ministri interrogati non ritengano, altresì, di sperimentare nuove ed eccezionali forme di controllo quotidiano del territorio attraverso l'istituzione di un organismo operativo che, coinvolgendo anche le migliori realtà associative della zona rappresentative delle fasce più sensibili della cittadinanza, si attivi per restituire vivibilità alle aree oggetto dell'interrogazione. (4-01007) 136 § 16. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0018053 Interrogazione a risposta scritta 4-00180 presentato da D'UVA Francesco testo di Martedì 9 aprile 2013, seduta n. 8 D'UVA, COMINARDI, TRIPIEDI, CIPRINI, BECHIS, FRUSONE, DAGA, DE ROSA, VACCA, DE LORENZIS, NESCI, CARIELLO, BARONI, CARINELLI, BUSTO, PRODANI, LOREFICE, LUIGI DI MAIO, SPESSOTTO, TERZONI, ARTINI, COLONNESE, SPADONI, DELL'ORCO, DALL'OSSO, PESCO, D'INCÀ, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CRIPPA, BRESCIA, SIMONE VALENTE, ALBERTI, GAGNARLI, MANLIO DI STEFANO, CASO, BRUGNEROTTO, ZACCAGNINI, L'ABBATE, GALLINELLA, DADONE, COZZOLINO, DEL GROSSO, BATTELLI, TURCO, FERRARESI, PARENTELA, MARZANA, CASTELLI, VILLAROSA, DI BENEDETTO, MASSIMILIANO BERNINI, CANCELLERI, BASILIO, TOFALO, CECCONI, BENEDETTI, FICO, MANTERO, CHIMIENTI, PAOLO BERNINI, LUPO, LIUZZI, SORIAL, D'AMBROSIO, NICOLA BIANCHI, VALLASCAS, CORDA, BONAFEDE, AGOSTINELLI, DIENI, RUOCCO, CURRÒ, LOMBARDI, NUTI, GRILLO, RIZZETTO, BALDASSARRE e SILVIA GIORDANO. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: stando alle notizie pervenute, attraverso la lettura delle pagine online del portale nazionale del «MoVimento 5 Stelle» della Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana del 18 novembre 2008, dalla lettura della pagina online de Il Fatto Quotidiano del 24 novembre 2010 e, stando alle informazioni riferite al primo firmatario del presente atto dal rappresentante di una delegazione di manifestanti radunatisi presso piazza Montecitorio in Roma il 25 marzo 2013, il 18 novembre 2008 migliaia di persone prendevano visione del bando di concorso per l'assunzione di n. 814 vigili del fuoco permanenti, che veniva pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 4a Serie Speciale Concorsi n. 90 e, contestualmente anche sul sito istituzionale www.vigilfuoco.it, in cui si fissava il termine di 53http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1286&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 137 scadenza per la presentazione della domanda al 18 Dicembre 2008; il concorso pubblico, per titolo ed esami, veniva bandito dopo che nell'anno 2006, per carenza di fondi da stanziare per l'assunzione di personale a titolo permanente, si avviava una procedura straordinaria per l'assunzione di personale volontario, ovvero di vigili del fuoco discontinui; questi andarono a formare una graduatoria di personale da stabilizzare di circa 6000 unità di vigili discontinui, e tra questi, circa 2000 venivano assunti a titolo permanente, mentre la stessa graduatoria veniva chiusa nell'anno 2010; nel mese di luglio 2009 iniziavano le prove preselettive del bando di concorso per l'accesso al ruolo di n. 814 vigili del fuoco a titolo permanente, nel rispetto dell'articolo 97 primo comma dell'articolo 97 della Costituzione italiana, mentre nei mesi successivi si articolavano, nelle modalità previste dalla disciplina dello stesso bando, le conseguenti prove previste dal concorso; le prove concorsuali terminavano nel maggio del 2010, e consistevano in prove di tipo motorio ed orale; le commissioni iniziavano quindi la valutazione dei titoli, (preferenze, riserve, patenti) e stilavano la relativa graduatoria finale di merito che veniva pubblicata all'interno del Bollettino Ufficiale del 16 Luglio 2010; la graduatoria finale veniva accompagnata da ulteriori allegati, tra i quali erano presenti la Graduatoria B1 relativa ai militari che rientravano nella riserva prevista del 45 per cento dalla normativa del bando di concorso, la graduatoria B2 relativa al personale discontinuo da stabilizzare dei vigili del fuoco con riserva del 25 per cento, la graduatoria B3 relativa a coloro che avessero prestato servizio civile, per non meno di un anno, presso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco con riserva del 20 per cento, la graduatoria B4 relativa a coloro che non rientravano in nessuna delle precedenti riserve, l'allegato C consistente nell'elenco degli 814 nominativi dei soggetti risultati vincitori del concorso, infine l'allegato A, graduatoria generale di merito composta da 7600 persone, che venivano valutate come idonee ad essere assunte in via permanente all'interno del corpo dei vigili del fuoco; si evidenzia inoltre come a fronte di una graduatoria finale di circa 7600 unità, 3000 di queste venivano chiamate a sostenere la visita medica, condicio necessaria per la successiva assunzione, divenendo così idonee sia dal punto di vista concorsuale, sia dal punto di vista della integrità psicofisica, a svolgere in via permanente l'attività di 138 vigile del fuoco; ad aprile 2011 prendeva il via il corso denominato «70o corso AVP», che vedeva al suo interno la presenza delle 814 unità vincitrici di concorso, ed aveva una durata complessiva di circa 6 mesi; successivamente, al fine di reintegrare il personale che aveva ottenuto il pensionamento tra gli anni 2009, 2010, furono chiamati a far parte di un secondo corso, denominato «71o corso AVP», circa 740 unità a dicembre del 2011, con un sistema che prevedeva l'applicazione del 100 per cento del cosiddetto turn over, dove per ogni unità in uscita dal Corpo dei vigili del fuoco, avveniva una contemporanea assunzione di un'altra unità che fosse presente all'interno della graduatoria finale di merito, benché il numero di unità chiamate al servizio erano comunque insufficienti a colmare la carenza di personale del Corpo dei vigili del fuoco; veniva quindi chiamato nel «71o corso AVP» parte del personale da stabilizzare grazie alle riserve previste delle graduatorie allegate, lasciando in attesa di assunzione le unità che avevano regolarmente sostenuto la procedura concorsuale, dal momento che il limitato numero di assunzioni venivano già coperte dal personale che presentava i requisiti per accedervi tramite riserva; seguiva nei mesi successivi, l'approvazione da parte del Governo presieduto dal Presidente del Consiglio Mario Monti, del decreto-legge n. 92 del 2012 e sua successiva conversione in legge, di revisione della spesa pubblica italiana, la cosiddetta spending review, che prevedeva un importante taglio economico al comparto della sicurezza ed un contemporaneo abbassamento della percentuale applicativa del meccanismo del turn over dal 100 per cento al 20 per cento per l'intero anno 2011, arrivando fino al 50 per cento per l'anno 2012, al 70 per cento per gli anni 2013 e 2014, ed infine al 100 per cento dal 2015 in poi, andando così ad aumentare il deficit di personale all'interno del Corpo dei vigili del fuoco; veniva approvato il 20 giugno del 2012 il decreto-legge n. 79 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge del 7 agosto 2012, n. 131 in cui si prorogavano i termini di validità delle graduatorie relative a due procedure selettive indette per le assunzioni nel Corpo dei vigili del fuoco, la graduatoria del personale volontario da stabilizzare dell'anno 2006, graduatoria che era stata soggetta a chiusura, e della graduatoria finale del concorso pubblico per l'assunzione di n. 814 dei vigili del fuoco permanenti, che venivano entrambe rinnovate sino al 31 dicembre 2014; veniva così riaperta 139 la graduatoria del personale discontinuo del 2006, che entrava in conflitto con la graduatoria relativa al concorso pubblico del 2008, e che vedeva ulteriormente ridotte da parte degli appartenenti a quest'ultima, possibilità di assunzione all'interno del Corpo; nel mese di gennaio 2013 arrivava infine da parte della funzione pubblica l'autorizzazione ad assumere, ai sensi dell'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, in favore del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, autorizzazione che prevedeva di considerare ai fini dell'assunzione, anche la graduatoria del personale discontinuo, benché la procedura di stabilizzazione del personale Volontario presenta caratteri di specialità in deroga al principio di accesso alle pubbliche amministrazioni tramite pubblica selezione; nel 2012 iniziava parallelamente un meccanismo che prevedeva cicliche assunzioni di personale precario, che fossero in grado di ovviare in via temporanea alle carenze di personale all'interno del Corpo dei vigili del fuoco, andando ad utilizzare risorse che non venivano così destinate alle assunzioni di personale Permanente, che avrebbero invece consentito un tempestivo ripristino del numero di vigili del fuoco necessari per le esigenze del Corpo, e allo stesso tempo, andando ad utilizzare il personale qualificato presente all'interno della graduatoria finale pubblicata nell'anno 2010, valutato come immediatamente idoneo a svolgere l'attività di vigile del fuoco e già sottoposto a visite mediche, visite che lo stesso personale si vede costretto a sostenere annualmente, dal momento che queste hanno una validità temporanea –: se non intenda adottare tempestivamente le iniziative necessarie allo sblocco del turn over, ripristinando la misura del 100 per cento, a fronte di quella attualmente prevista del 70 per cento, per non aggravare ulteriormente il deficit di personale già elevato all'interno del Corpo dei vigili del fuoco; se non ritenga necessario prendere gli adeguati provvedimenti finalizzati a dirimere i conflitti nascenti tra le diverse graduatorie dalle quali attingere per l'assunzione del personale, attraverso una rimodulazione delle percentuali di accesso al Corpo dei vigili del fuoco delle stesse graduatorie, percentuali che attualmente mettono sullo stesso piano ciò che deve essere ordinario e ciò che dovrebbe avere invece carattere di eccezionalità, e quindi, nel pieno rispetto del precetto Costituzionale di cui all'articolo 97; se non ritenga opportuno disporre la sostituzione del personale permanente ricorrendo non solamente alla stabilizzazione del personale 140 discontinuo, ma altresì attraverso l'assunzione di personale qualificato ed idoneo a ricoprire tale ruolo; se e con quali strumenti intenda stanziare fondi ulteriori per l'assunzione di vigili del fuoco permanenti, attingendo dalla già presente graduatoria finale di merito relativa al concorso per l'assunzione di n. 814 vigili del fuoco permanenti, andando così ad utilizzare personale già qualificato come idoneo a ricoprire tale incarico, e da affiancare al personale discontinuo della graduatoria di stabilizzazione, si necessario ma non sufficiente alle attuali esigenze del Corpo, esigenze acuite dall'imminente arrivo della stagione estiva che troppe volte ha visto impreparato il nostro Paese con danni incalcolabili al suo patrimonio ambientale. (4-00180) Risposta scritta pubblicata Venerdì 9 agosto 2013 nell'allegato B della seduta n. 69 4-00180 presentata da D'UVA Francesco Risposta. — La stabilizzazione del personale volontario dei vigili del fuoco costituisce una procedura speciale derogatoria alla norma generale che prevede l'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso. Tale procedura è stata disciplinata con decreto del Ministro dell'interno del 30 luglio 2007 e ha consentito di immettere personale già qualificato nei ruoli operativi del Corpo e, al contempo, di non disperdere le professionalità acquisite in anni di servizio volontario. La relativa graduatoria, riguardante 6.080 candidati, approvata nel 2008, è stata chiusa il 31 dicembre 2010. Sulla base delle risorse disponibili, sono state stabilizzate 1.943 persone. Ai fini dell'assunzione di nuovo personale, il Ministero ha bandito, nel corso del 2008, anche un concorso per 814 vigili del fuoco, prevedendo comunque una riserva del 25 per cento dei posti al personale volontario iscritto in appositi elenchi da almeno 3 anni e con almeno 120 giorni di servizio. La procedura concorsuale, conclusa nel 2010, ha coinvolto circa 11 mila candidati e la relativa graduatoria ha costituito, negli anni successivi, l'unica fonte per sopperire alle carenze di personale. Successivamente, per far fronte alle evidenti conseguenze derivanti dall'esaurimento dell'efficacia delle graduatorie del procedimento di stabilizzazione e del concorso a 814 posti, con il decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, sono stati 141 prorogati i termini di validità delle medesime fino al 31 dicembre 2014. L'intervento normativo ha, pertanto, delineato un doppio e parallelo bacino di approvvigionamento da cui attingere le nuove risorse, garantendo pari rilievo ad entrambe le graduatorie. Nel silenzio della norma circa le quote da riservare alla procedura di stabilizzazione, l'amministrazione ha ritenuto di attingere personale in misura pari al 50 per cento da ciascuna graduatoria, in modo da assicurare l'uniformità di trattamento rispetto agli interessi coinvolti, in linea anche con pregresse disposizioni normative in materia di assunzioni di personale dei vigili del fuoco. In particolare nel 2013, in base alle predette graduatorie, sono state assunte e avviate al 72o corso di formazione 136 unità, già sottoposte a visita medica e alle prove di selezione motoria. Riguardo alla possibilità di stanziare ulteriori fondi per l'assunzione di vigili del fuoco permanenti, si precisa che l'articolo 1, comma 90, della legge 228 del 2012, al fine di incrementare le assunzioni da turn over (nel limite del 50 per cento per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e fino al 70 per cento per l'anno 2015) ha autorizzato una spesa annua complessiva per i comparti sicurezza-difesa e soccorso pubblico di 70 milioni di euro per l'anno 2013 e di 120 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014. Al di fuori della predetta autorizzazione di spesa, il bilancio del dipartimento dei vigili del fuoco non consente di reperire risorse aggiuntive, operando le rimodulazioni e riprogrammazioni della spesa previste dallo stesso articolo 1, comma 89, della richiamata legge n. 228 del 2012, da destinare all'aumento delle facoltà assunzionali dell'Amministrazione. Si specifica, infatti, che il quadro normativo non permette il finanziamento di assunzioni di personale di ruolo mediante la contestuale riduzione dell'autorizzazione di spesa per i richiami del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in ordine al quale sarebbe necessario uno specifico intervento legislativo. Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Gianpiero Bocci. 142 § 17. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0153854 Testo presentato, in data Giovedì 1 agosto 2013, seduta n. 63, da: FERRARESI. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali» all'articolo 38 comma 6 recita: «quando lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di commissioni costituite nel proprio seno con criterio proporzionale»; le commissioni sono pertanto organi interni, espressione del consiglio comunale; il comma 7 del medesimo (articolo 38) recita: «le sedute del consiglio comunale e delle commissioni sono pubbliche salvi i casi previsti dal regolamento»; il decreto legislativo n. 82 del 2005 (Codice dell'amministrazione digitale) all'articolo 9, «Partecipazione democratica elettronica», dice espressamente: «lo Stato favorisce ogni forma di uso delle nuove tecnologie per promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini, anche residenti all'estero, al processo democratico e per facilitare l'esercizio dei diritti politici e civili sia individuali che collettivi»; l'Ufficio del garante per la protezione dei dati personali (nota pervenuta il 10 gennaio 2008), ha osservato che «gli articoli 10 e 38 del TUEL garantiscono espressamente la pubblicità degli atti e delle sedute del consiglio comunale, rinviando ad uno specifico regolamento l'introduzione di eventuali limiti a detto regime di pubblicità»; il parere espresso dal Ministero dell'interno, in materia di enti locali, come in data 26 giugno 2013, «Riprese video del consiglio comunale», a riguardo afferma: «si evidenzia come nell'ambito dell'attribuzione al consiglio comunale dell'autonomia funzionale ed organizzativa (articolo 38, comma 3, TUEL) si riconduce quella potestà di regolare opportunamente, con apposite norme, ogni aspetto attinente al funzionamento dell'assemblea, tra cui anche quello della registrazione del dibattito e delle votazioni con mezzi audiovisivi, sia da parte degli uffici di supporto all'attività di 54http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5303&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 143 verbalizzazione del segretario comunale, sia da parte dei consiglieri, degli organi di informazione e dei cittadini che assistono alla sedute pubbliche»; sussiste il diritto alla ripresa, tale diritto va regolamentato, ma il regolamento non può impedire, può solo porre limiti, alle riprese del consiglio comunale e delle commissioni, a tutela della privacy –: in presenza di un regolamento che permette le riprese video del consiglio comunale, se tale diritto si possa intendere esteso di fatto anche alle riprese delle sedute delle commissioni. (4-01538) § 18. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0140355 Testo presentato, in data Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59, da: FRUSONE. Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: in data 23 luglio 2013 è scoppiato un incendio, verso le 7:15, nel sito dell'inceneritore di Colleferro con il conseguente innalzamento di una densa colonna di fumo dovuta, almeno dalle prime indiscrezioni, all'incendio di uno dei nastri trasportatori; l'inceneritore di Colleferro era già salito agli onori di cronaca nei primi mesi del 2009 quando vennero arrestati 13 persone compresi i dirigenti della società che gestiva l'impianto che all'epoca si chiamava GAIA; in data 19 giugno 2013 in località Castellaccio, poco distante dall'inceneritore di Colleferro, è scoppiato un altro incendio nello stabilimento ACEA ARIA UL 2 (ex Snia) di Paliano in cui viene prodotto CDR; questi incendi che insistono entrambi su una medesima area geografica sembrano collegarsi l'uno all'altro quasi come una regia atta a condizionare la politica del ciclo dei rifiuti della zona –: cosa risulta ai Ministri interrogati sulle cause che hanno portato all'incendio presso l'inceneritore di Colleferro e presso lo stabilimento ACEA sito in Paliano; se risulta una presenza in quella 55http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4523&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 144 zona di organizzazioni legate alle eco-mafie e segnatamente al traffico dei rifiuti; quali iniziative sono state assunte per monitorare i danni ambientali derivanti dagli incendi in questione e quali iniziative si intenda assumere per evitare che tali episodi possano ripetersi. (4-01403) § 19. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0181056 Testo presentato, in data Giovedì 12 settembre 2013, seduta n. 76, da: GIORDANO, MANTERO, LOREFICE, DI VITA, DALL'OSSO, BARONI, CECCONI, COZZOLINO, TONINELLI, LOMBARDI, DIENI, COLONNESE e TOFALO. Al Ministro dell'interno, al Ministro per l'integrazione. — Per sapere – premesso che: il 20 aprile del 1989 il comune di Salerno, con deliberazione della giunta, affidava ad uso gratuito dei locali in cui l'A.I.G. sezione di Salerno, avrebbe potuto svolgere attività di ostello per la gioventù, con l'affidamento ad una cooperativa sociale di tipo B denominata Livingstone; visti gli enormi flussi di giovani che frequentavano l'ostello, la suddetta cooperativa, fin dai primi anni, evidenziò la necessità di intervento, da parte dell'amministrazione comunale, verso una nuova localizzazione della struttura per dare dignità alla città in termini di sensibilità verso i giovani turisti al fine di porre delle basi per una crescita di possibilità lavorative legate all'incremento delle presenze. La giunta, in primo momento, recepì tale richiesta (Del. giunta n. 850 del 23 giugno 1999); in seguito, con deliberazione di giunta n. 669 del 5 giugno 2002, il comune destinava i suddetti locali per l'accoglienza di persone in stato di indigenza di nazionalità sia italiana che straniera ivi compresi persone di passaggio con gravi stati di disagio; nel corso degli anni l'ostello accoglieva flussi turistici sociali che vedevano intere comunità straniere integrarsi perfettamente con il tessuto sociale cittadino; oggi la cooperativa sociale Livingstone 56http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6543&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 145 continua il suo operato attraverso il lavoro di 7 dipendenti. La prima accoglienza e l'integrazione tra le comunità rappresentano i punti di forza che, in una città come Salerno, non trovano alcun altro esempio. Anche la Caritas sezione di Salerno, l'organismo pastorale della Cei per la promozione della carità, affida la prima accoglienza di persone indigenti proprio all'ostello in questione; ultimamente, purtroppo, il comune di Salerno ha improvvisamente cambiato rotta rispetto alla solidarietà nei confronti dell'ostello. Nel recepire le disposizioni volte al contenimento dei costi della pubblica amministrazione, intende dismettere i fitti passivi senza ricercare, sembra stranamente solo in questo caso, alcuna soluzione che possa portare ad una soluzione soddisfacente per le parti; trasferire l'ostello in locali di proprietà del comune o tentare una trattativa con il proprietario degli attuali locali per una riduzione del costo di fitto, sarebbero i primi due passaggi obbligatori dettati dalla norma e soprattutto dal buon senso. Chiedere un impegno ancora maggiore, in termini di riservatezza di posti letto da destinare alla prima accoglienza, potrebbe costituire un equilibrio tra costi e benefici per la collettività; queste ed altre soluzioni sono proposte dalla cooperativa Sociale che chiede solo di poter mantenere i posti di lavoro e garantire i livelli minimi di accoglienza per le persone disagiate ancor più numerose in questo periodo di enorme crisi –: se non ritengano opportuno attivarsi, per le parti di propria competenza valutando se tra gli immobili confiscati alla criminalità organizzata ne sussistano di idonei a consentire alla citata cooperativa di continuare ad operare per una attività di prima accoglienza che è stata base positiva per creare integrazione attiva e sodale, tanto più importante in una fase di gravissima crisi economica. (4-01810) § 20. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0168357 Testo presentato, in data Venerdì 9 agosto 2013, seduta n. 69, da: GIORDANO, BARONI, CECCONI, DALL'OSSO, DI VITA, GRILLO, LOREFICE e MANTERO. 57http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6163&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 146 Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: sarebbe morto per asfissia, in seguito a una procedura di arresto troppo violenta da parte dei carabinieri: Bohli Kayes, l'immigrato tunisino di 35 anni, che ha perso la vita, il 6 giugno 2013, a Riva Ligure, poco dopo la sua cattura, avvenuta al culmine di un'operazione antidroga; il referto dell'autopsia, eseguita dalla dottoressa Simona Del Vecchio, responsabile del servizio di medicina legale di Imperia, parla di: «arresto cardiocircolatorio neurogenico, secondario ad un asfissia violenta da inibizione dell'espansione della gabbia toracica»; l'ipotesi che fa il medico legale è che nel momento dell'arresto o del trasporto in auto, dal luogo dell'arresto alla caserma, sia stato in qualche modo impedito a Bohli Kayes di respirare e di espandere la cassa toracica e questo ha determinato, in un individuo che già era in carenza di ossigeno perché proveniva da una violenta colluttazione, un debito di ossigeno notevole questo il commento del procuratore di Sanremo, Roberto Cavallone, titolare delle indagini; i tre carabinieri che procedettero all'arresto di Kayes rimangono indagati per omicidio colposo; a detta del procuratore di Sanremo, Roberto Cavallaro, in questa vicenda c’è una grossa responsabilità delle istituzioni dello Stato per la morte di questo cittadino tunisino, perché al di là di quello che poteva aver commesso, la vita è sacra e quando un cittadino, italiano o straniero, è nella disponibilità delle istituzioni, la sua integrità fisica deve essere assolutamente tutelata; il consolato tunisino in Italia ha chiesto copia del referto medico –: quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato per quanto di competenza, in merito ai fatti citati in premessa; quali iniziative intenda intraprendere affinché come affermato dal Procuratore di Sanremo Roberto Cavallaro, sia garantita e tutelata l'integrità fisica di qualsiasi cittadino italiano o straniero, che sia nelle disponibilità delle istituzioni. (4-01683) § 21. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-0070358 Testo presentato, in data Martedì 23 luglio 2013, seduta n. 58, da: 58http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4366&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27 147 GRILLO, LOREFICE, DI VITA, RIZZO, MARZANA, D'UVA, COZZOLINO, DI BENEDETTO, VILLAROSA, NUTI e MANNINO. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: si parla sempre più spesso di allarme sociale ed in modo vieppiù crescente con rischio di atti violenti; quotidianamente, nel degrado economico e civico di Catania, sempre più pressante vi è una giusta richiesta di «sicurezza» da parte di cittadini impauriti e disillusi che hanno fame di certezze istituzionali, di maggiore presenza delle forze dell'ordine sul territorio catanese; in un territorio dove il lavoro latita, pur avendo un'enorme potenziale turistico da sfruttare per la sua storia millenaria e bellezze paesaggistiche uniche al mondo, come il nostro vulcano dichiarato recentemente patrimonio UNESCO; le organizzazioni sindacali di categoria da alcuni mesi stanno denunciando la grave situazione in cui versa la sicurezza dei cittadini a Catania e da tempo vi è un ristretto numero di pattuglie su strada per una realtà complessa ed articolata come quella di Catania; ad avviso dell'interpellante, il personale stanco e disincentivato per il costante supplire a carenze ataviche per un'opinabile distribuzione del personale stesso, in quanto troppi agenti sono distolti dal servizio su strada per favorire una burocrazia prevalentemente cartacea che nell'era dell'informatizzazione digitale globale sembra preistoria; i tagli e le limitazioni imposte dai vari Governi che si sono succeduti, incidono direttamente sull'operatività delle Forze di Polizia che garantiscono l'ordine e la sicurezza pubblica; vi è la necessità di realizzare in tempi brevi i nuovi locali della questura di Catania, poiché, attualmente, tutti gli uffici sono dislocati in varie parti della città con notevole dispendio di risorse umane ed economiche che potrebbero certamente essere più proficuamente utilizzate per la lotta alla criminalità; viceversa, la «spending review» – che non significa «taglio» della spesa tout court, ma allocazione ottimale delle risorse – ad avviso dell'interpellante riguarda solo i lavoratori, quegli stessi che hanno derogato ai contratti collettivi, ai riposi, alle ferie, anche espletando doppi turni; per i locali della Polizia di Stato, per altro nemmeno idonei, la riorganizzazione non è mai arrivata: nella sola città di 148 Catania si continuano a spendere ogni anno 2.238.000 di euro, le strutture sono fatiscenti, 5 Commissariati Sezionali e 3 Commissariati distaccati sono nelle medesime condizioni strutturali e dei 50 operatori previsti per commissariato ci sono oggi solo 20 unità; il piano coordinato del territorio istituito nel 2003, che aveva un senso con le prerogative di allora – sei Volanti della Polizia e tre Gazzelle dei Carabinieri che si dividono il controllo del territorio a metà – crea ora confusione e uno squilibrio di unità che, specie nel fine settimana, non riescono a garantire interventi sufficienti e immediati; le pattuglie vincolate territorialmente non possono garantire gli stessi interventi ai richiedenti e la città ha bisogno di unità d'intervento a prescindere dalla zona o dalla competenza; nella pianta organica del Ministero, risalente al 1989, i circa 1200 operatori della questura di Catania erano distribuiti in solo tre edifici, mentre adesso l'organico di 1170 vede sprecate almeno 70 unità per la vigilanza degli edifici della stessa Questura spalmati sul tutto il territorio; attualmente, con gli organici depotenziati e con età anagrafica consistente, oltre che senza mezzi sufficienti, diventa sempre più difficile far fronte a tutte le esigenze operando in maniera autonoma –: se non intenda incrementare gli organici, prevedendo l'aumento di almeno 100 unità della polizia e dei carabinieri per far fronte ai problemi della sicurezza del territorio; se non intenda adottare iniziative finalizzate ad unificare le strutture, ad esempio utilizzando a tal fine la caserma «Sommaruga» – un'immensa area nel centro cittadino, che l'esercito sta dismettendo con una procedura che dovrebbe concretizzarsi entro il 2014 – struttura che per effetto della legge di stabilità potrebbe essere ceduta, a costo zero, per creare la città della sicurezza ed inglobare tutte le strutture della Polizia di Stato. (5-00703) § 22. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0191759 Testo presentato, in data Venerdì 20 settembre 2013, seduta n. 81, da: IANNUZZI, SEGONI, NICOLÒ ROMANO, SCAGLIUSI, 59http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6879&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 149 LOMBARDI, LIUZZI, DE LORENZIS, GAGNARLI, ZOLEZZI, TOFALO, DAGA, NICOLA BIANCHI, TERZONI, VIGNAROLI, DE ROSA, BUSTO, PARENTELA. Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che: la discarica di Borgo Montello, ubicata nella frazione omonima del comune di Latina, ha iniziato la sua attività nel 1971 e ad oggi risulta essere la seconda discarica più grande del Lazio dopo quella di Malagrotta con un'estensione di circa 50 ettari; la discarica è costituita dagli invasi S0, S1, S2, S3 49 per cento da Ecolatina impianti srl (al 23 luglio 2010 posseduta a metà tra Ponteg srl ed Edil Trigoria srl) e per il 51 per cento da Latina Ambiente spa, a sua volta controllata per il 51 per cento dal comune di Latina, per il 48,99525 per cento da Unendo Energia spa e per lo 0,00475 per cento da Ecosesto srl; e dagli invasi S4, S5, S6 e B2 gestiti dalla Ind.eco srl, azienda della Green Holding spa, a sua volta interamente posseduta da due società lussemburghesi la Adami s.a. e la Doublé Green s.a.; il sito S0, in esercizio dal 1970 al 1986, è stato costruito senza alcuna protezione ambientale e gestito in epoca precedente al regime normativo definito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982, che poneva limiti alla gestione delle discariche di rifiuti solidi urbani; il sito S0 ed il sito S1 sono stati realizzati senza alcuna barriera di fondo; il sito B2 della discarica, attiva dal 1992 al 1994, è stata l'unica discarica nel Lazio in quegli anni ad accogliere rifiuti industriali; secondo i dati del rapporto «gestione dei rifiuti urbani 2013» redatto dall'ISPRA, la provincia di Latina nel 2012 ha prodotto 309.371 tonnellate di rifiuti di cui 253.213 tonnellate sono state smaltite nei due impianti della discarica di Borgo Montello; la capacità residua dei due impianti, al 31 dicembre 2012, è complessivamente di 155.994 mc; nel 2012 la raccolta differenziata nella provincia di Latina si ferma al 23,30 per cento ed i rifiuti urbani smaltiti senza nessun trattamento nella discarica, ovvero il cosiddetto «tal quale», sono 194.830 tonnellate, corrispondenti al 76,9 per cento del totale smaltito; nel testo unico ambientale, di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, 150 si prevede che in ogni ambito territoriale ottimale debba essere assicurata almeno il 65 per cento di raccolta differenziata entro il 31 dicembre 2012; negli anni l'attività della discarica è stata caratterizzata da molteplici ordinanze contingibili ed urgenti con le quali, per fronteggiare le cosiddette emergenze, si sono concesse autorizzazioni alle aziende che avevano in gestione la discarica senza seguire le procedure ordinarie previste dalla legge e senza la predisposizione di un concreto piano pluriennale di programmazione del ciclo dei rifiuti, si sono riscontrati inoltre periodi di attività con autorizzazioni scadute; il decreto legislativo del 13 gennaio 2003 n. 36, in attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, al l'articolo 7, comma 1, dispone «i rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento»; la Commissione europea ha affermato che le autorità italiane hanno dato un'interpretazione restrittiva del concetto di sufficiente trattamento dei rifiuti, in particolare riempiendo la discarica di Malagrotta a Roma e altre nel Lazio con rifiuti che non hanno subito il trattamento prescritto, infatti, con nota del 17 giugno 2011, ha inviato alla Repubblica italiana una lettera di costituzione in mora [SG(2011)D/9693 C(2011)4113] per violazione della direttiva 1999/31/CE e della direttiva 2008/98/CE, nell'ambito della procedura di infrazione n. 2011/4021, la stessa Commissione, con il parere motivato prot. 9026 del 1o giugno 2012, ha fornito dei chiarimenti sui contenuti minimi essenziali che le attività di trattamento devono osservare per essere conformi al dettato comunitario precisando che: «il trattamento dei rifiuti destinati a discarica deve consistere in processi che, oltre a modificare le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurre il volume o la natura pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero, abbiano altresì l'effetto [articolo 1 – Direttiva 1999/31/CE] di evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente nonché i rischi per la salute umana. Un trattamento che consiste nella mera compressione e/o triturazione di rifiuti indifferenziati da destinare a discarica, e che non includa un'adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e una qualche forma di stabilizzazione della frazione organica dei rifiuti stessi, non è tale da evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull'ambiente e i rischi sulla salute umana»; 151 il fiume Astura attraversa un bacino industriale di rilievo dal quale riceve notevoli quantità di reflui poco o per nulla depurati e, confinando direttamente con il sito della discarica di Borgo Montello, ha negli anni ricevuto, anche a causa della carenza di una adeguata copertura sulla discarica, i ruscellamenti delle acque meteoriche che hanno contribuito alla contaminazione dello stesso; il fiume, dal suo alveo fino al mare, incontra zone abitative piuttosto vaste ed alimenta il territorio a vocazione prevalentemente agricola dove vivono, nel raggio di 3 chilometri di distanza dalla discarica, circa 2500 persone con le prime case a meno di 200 metri; la popolazione della zona non è stata mai adeguatamente informata sui rischi dall'esposizione a polveri, cattivi odori, falde inquinate, ed elementi nocivi nel territorio; il degrado, l'inquinamento e anche perdita di valore economico delle proprietà adiacenti, o in vicinanza alla discarica, è evidente ed inoltre confermata dal comune di Latina nella relazione sui lavori preparatori e di approvazione della delibera di variante urbanistica del consiglio n. 169/2012; l'8 marzo 2013 sul quotidiano Repubblica Corrado Zunino nell'inchiesta «Il business miliardario dei signori delle discariche» scrive «dalla fine degli Ottanta i cinquanta ettari di Borgo Montello sono stati gestiti dai fratelli Pisante, i padroni del gruppo Acqua spazzati da Tangentopoli. Poi è arrivata la Green Holding, dove due storici avversari, il nostro Manlio Cerroni e Giuseppe Grossi, si sono spartiti il tesoro. Negli ultimi 15 anni l'avvocato ha investito sui terreni attorno alla discarica: punta ad allargarla. Non è l'unico»; già nella relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Lazio approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, presieduta da Gaetano Pecorella nella seduta del 2 marzo 2011, si scrive in merito ai reati specifici relativi al ciclo dei rifiuti in audizione con il procuratore aggiunto della Repubblica di Latina: «Uno dei primi procedimenti risale al 2005 e riguarda un reato di interessi privati in atti d'ufficio, collegato anche a una frode nelle forniture. In pratica, si trattava di contratti stipulati tra la società Latina Ambiente ed altre società private, relativamente all'affitto di mezzi per il trasporto di rifiuti. Il fatto criminoso è stato individuato nella concessione di appalti senza passare per la procedura di evidenza pubblica, senza termine finale e soprattutto per cifre superiori ai valori dei mezzi locati. Il dato più interessante, 152 evidenziato dal procuratore, è che in questo procedimento, come in altri, le società interessate ai contratti svantaggiosi per il pubblico sono sempre le stesse, così come sono le stesse le persone fisiche che si occupano di questa materia sulla provincia di Latina, sia pure rappresentate attraverso società di tipo diverso»; nel dossier discarica di Borgo Montello (Latina) di Legambiente Lazio pubblicato il 30 marzo 2012 vengono elaborati i dati delle analisi chimiche delle acque sotterranee dell'Arpa per gli anni 2005, 2006, 2007, 2008, in relazione al superamento del limite per la concentrazione di alcuni elementi inquinanti pericolosi per il territorio e per la salute di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006: il valore limite dell'arsenico, 10 ~g/l, è stato superato nelle rilevazioni 102 volte con un valore massimo di 106 ~g/l, il valore limite del benzene, 1 ~g/l, è stato superato nelle rilevazioni 15 volte con un valore massimo di 17,4 ~g/l, il valore limite del cadmio, 5 ~g/l, è stato superato nelle rilevazioni 12 volte con un valore massimo di 21 ~g/l, il valore limite del cromo totale, 50 ~g/l, è stato superato nelle rilevazioni 2 volte con un valore massimo di 64,7 ~g/l, il valore limite del nichel, 20 ~g/l, è stato superato nelle rilevazioni 22 volte con un valore massimo di 42,6 ~g/l, il valore limite del piombo, 10 ~g/l, è stato superato nelle rilevazioni 38 volte con un valore massimo di 76,7 ~g/l. Ed inoltre nel dossier viene specificato anche che: «per un grande appezzamento, quello che dovrebbe essere maggiormente interessato dall'inquinamento della falda non esiste alcun pozzo piezometrico. Si tratta esattamente del terreno dove è stato realizzato il nuovo invaso Indeco, autorizzato dalla Giunta della Regione Lazio Marrazzo. Questo nuovo invaso, dunque, attualmente in funzione, è stato realizzato sulla proprietà «Coppola 2». Si tratta dei terreni intestati a Michele Coppola di 46 anni, originario di Casal di Principe ma residente a Latina, cognato di Walter Schiavone, fratello di Francesco detto «Sandokan», si sottolinei come nella medesima strada c’è anche un'altra azienda contrassegnata «Coppola Schiavone»; in data 5 giugno 2013, la sezione provinciale di Latina dell'ARPA Lazio e la provincia di Latina hanno stabilito di effettuare un monitoraggio della durata di venti giorni sulla discarica di Borgo Montello che ha evidenziato presso i bacini S1, S2 e S3 della discarica, gestiti dalla società Ecoambiente, alcuni problemi inerenti alla gestione dei pozzi di captazione del percolato da cui si 153 libererebbero esalazioni di biogas non intercettate nelle rilevazioni; nonostante le indagini dell'ARPA abbiano rivelato un significativo inquinamento di tutto il territorio e contaminazione delle falda acquifera dell'intero corpo discarica e nonostante siano evidenti i numerosi casi di malattie gravi, cancro e morti nella zona interessata, non è mai stato avviato uno studio epidemiologico; Achille Cester, ex direttore della discarica di Borgo Montello che è stato ai vertici dell'Ind.Eco fino al 1999 quando, per divergenze sulla gestione della discarica, ha lasciato l'azienda, il 13 giugno 2012 in un'intervista a Il Fatto Quotidiano racconta «Quando arrivai nel 1997 Borgo Montello era un vero Far West, era in gestione l'invaso S4 che galleggiava sul percolato mai recuperato, mentre quel poco che prelevavano si diceva che lo facessero buttare direttamente nel fiume Astura. L'estrazione e produzione del biogas, pur altamente remunerativa ed ecologicamente indispensabile, era abbandonata. L'invaso S4 era il grande contenitore dove tutte le aziende della zona, oltre ai comuni, sversavano i loro rifiuti. Spesso questi rifiuti erano assimilabili ai rifiuti urbani ma più spesso era necessario controllare ogni automezzo in ingresso per evitare abusi, specialmente da parte dei cosiddetti terzisti. Dovevo controllare personalmente tutti i camion per verificare che non continuassero ad entrare i rifiuti industriali». Il sito di Borgo Montello non avrebbe mai potuto ricevere le scorie pericolose: «La regola veniva però aggirata mediante i centri di stoccaggio presenti sul territorio. Di fatto avrebbero dovuto soltanto ritirare rifiuti recuperabili ma più volte mi era capitato di respingere melme maleodoranti e fusti che di assimilabile avevano proprio poco. Per evitare i controlli e la facile identificazione i fusti, a partire da metà degli anni Novanta, non venivano più smaltiti tal quali ma triturati e mischiati con plastica, carta e legno, tant’è che tra gli addetti ai lavori era stato coniato un neologismo con il suo prezzo di riferimento, il triturato misto»; Achille Cester il 17 luglio 2012 nella audizione sugli scavi alla ex discarica di Borgo Montello-Latina alla regione Lazio, sotto la presidenza del presidente della commissione speciale «sicurezza e lotta alla criminalità» Filiberto Zaratti, conferma la linea dell'intervista a Il Fatto Quotidiano; nel Basso Lazio la malavita organizzata è stabilmente presente, continua ad acquisire potere, si è infiltrata nelle istituzioni e nelle 154 imprese, episodi criminosi omicidi ed intimidazioni subite da uomini dello stato ne sono l'esempio; il 25 agosto del 2012 il noto pentito della camorra casalese Carmine Schiavone, in riferimento ai nuovi equilibri degli scissionisti e all'omicidio di Marino, dichiara al quotidiano Il Tempo: «Terracino è zona di camorra, come Latina, Formia, il Lazio e anche Roma»; nella relazione annuale 2012 del Distretto Nazionale Antimafia, a pag. 713, nella parte riguardante «le attività di collegamento investigativo con riferimento ai distretti della corte di appello di Roma», redatta a cura del consigliere Diana de Martino, si scrive: «la provincia di Latina ha da sempre subito le infiltrazioni dei gruppi criminali organizzati, soprattutto di matrice campana, invogliati – per la vicinanza geografica e per la minore pressione investigativa rispetto ai territori di origine – ad estendere la loro operatività nel Basso Lazio, come accertato da vari procedimenti penali». Continuando, nel paragrafo «ecomafia» redatto dal magistrato delegato consigliere Roberto Pennisi, a pag. 333, si scrive in riferimento alla camorra campana «che quest'ultima ha sempre prediletto e continua, in parte, a prediligere l'inserimento nella fase esecutiva del traffico illecito dei rifiuti, specie in quella finale attraverso la messa a disposizione del territorio controllato. Così determinando quello sfacelo del territorio ormai noto al mondo intero. E, dicesi «in parte» perché da un certo momento storico, quella importante fetta della camorra campana che va sotto il nome di «clan dei casalesi», ha optato per forme più sofisticate di intromissione nel detto fenomeno, che hanno visto la instaurazione di rapporti col mondo politico ed economico-imprenditoriale, un vero e proprio nodo non da sciogliere ma da recidere nettamente; a dimostrazione di quanto suesposto preme ricordare che il 30 marzo 1995, a Borgo Montello fu assassinato il parroco Don Cesare Boschin, uomo conosciuto e stimato per il grande impegno profuso nel contrasto alla criminalità organizzata nonché per le sue denuncie riguardanti i traffici di rifiuti nel territorio. Ad oggi purtroppo non sono stati individuati né il movente né tantomeno i mandanti e gli esecutori materiali del delitto. Il cadavere del prelato venne ritrovato nella sua camera incaprettato, con mani e piedi legati e una corda stretta intorno al collo. Dalla sua camera sparirono solo due agende nelle quali il parroco annotava le informazioni raccolte sulla discarica. Associazioni locali e movimenti nazionali come Libera ritengono che sia stato ucciso perché si oppose alle 155 infiltrazioni della camorra nel Lazio Ed infatti le modalità della morte, tipiche degli omicidi mafiosi, sarebbero secondo Libera una conferma della pista camorristica; il 13 marzo del 1996 Carmine Schiavone negli uffici del comando provinciale carabinieri di Latina dichiarò: «La provincia di Latina non può definirsi immune dal problema dei rifiuti smaltiti illecitamente. Mi diceva Salzillo Antonio, ai tempi in cui faceva ancora parte del nostro gruppo, che lui operava con la discarica ufficiale di Borgo Montello. Da tale struttura lui prendeva una percentuale sui rifiuti smaltiti lecitamente e in tale struttura lui faceva occultare bidoni di rifiuti tossici o nocivi per ognuno dei quali mi diceva che pendeva lire 500.000. Il Salzillo mi diceva pure che smaltiva rifiuti tossici anche sul lungomare di Latina in delle buche dalle quali era stata estratta sabbia od in altri luoghi adibiti ad allevamento di animali. Non mi diceva quale sistema usava per falsificare la documentazione dei rifiuti o come riuscivano gli imprenditori del settore a dimostrare l'avvenuto smaltimento. Il Chianese (Cipriano) era per noi il referente per gli affari che riguardavano lo smaltimento lecito e illecito di ogni tipo di rifiuti, anche tossici e nocivi (...). Il Chianese è persona ben introdotta negli ambienti imprenditoriali, politici e giurisdizionali. So per certo che lui è un massone. So che Chianese ha introdotto Cerci Gaetano, nipote acquisito di Bidognetti Francesco, conosciuto come cicciotto e mezzanotte, negli ambienti della p2 di Lido Celli. Mi risulta che il Cerci frequentava casa di Geli, al pari dell'avvocato Chianese....l'azienda agricola acquisita qui a Borgo Montello, di cui ho già parlato, era intestata a mio cugino Antonio Schiavone fu Giovanni, persona incensurata e dalla quale mi rivolsi io per chiedere di intestarsi il bene che comunque consideravo mio e di mio cugino Sandokan. So che dopo il mio pentimento il gruppo ha minacciato lo Schiavone Antonio che fu costretto a cedere la proprietà alla società dei Coppola, denominata Enogea. Tali Coppola, cognati di Walter Schiavone, fratello di Sandokan, erano in realtà i fattori»; il 4 settembre 2011 Schiavone al quotidiano Il Tempo dichiara «I rifiuti tossici portati dalla camorra dei Casalesi hanno inquinato anche il ventre di Latina, avvelenando pure il Basso Lazio, lo non ero d'accordo coi miei del clan, rovinavano la vita dei nostri figli. E mi sono pentito. Rifiuti tossici e fanghi inquinanti provenienti dalle società del Nord, ma anche da Svizzera, Francia e Germania. Nei 156 primi del ’90 seppi che i miei uomini e mio cugino Sandokan si erano buttati in questo affare sciagurato, sia in Campania, a Casal di Principe, che in altre zone, per esempio il Basso Lazio. Come teste di ponte dei loro traffici usavano le famiglie Nuvoletta, i Maliardo, mentre gli intermediari delle ditte erano teste di legno e soprattutto un esponente della massoneria targata P2». Queste cose le ha mai dette agli inquirenti? «Certo, sin dal ’93: ai magistrati, alla Commisione parlamentare ecomafia, alla Scuola superiore di polizia. Ho fornito il nome della società colluse e anche il numero di targa dei camion. Andammo sul posto con un elicottero partito da Pratica di Mare. Cerano anche tecnici dell'Enea per verificare la radioattività. Mostrai i luoghi e alla fine dovemmo scappare: gli strumenti antinquinamento erano impazziti. In seguito gli esperti dissero che per bonificare le aree servivano 26 miliardi delle vecchie lire. E visto che non erano a disposizione allora era meglio che lo scandalo non uscisse fuori»; nella relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Lazio della commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti presieduta da Gaetano Pecorella nella seduta del 2 marzo 2011 si scrive: «Il questore di Latina, su richiesta dei membri della Commissione, ha fornito inoltre alcuni chiarimenti circa il presunto interramento nella discarica di Borgo Montello di fusti di sostanze tossiche o radioattive scaricate negli anni ’80 dalle navi Karen B e Zenobia. Il questore ha richiamato in proposito le dichiarazioni di Schiavone, confortate, più recentemente anche da un pentito di ’ndrangheta, Fonti, riguardanti il territorio pontino, nel periodo della cosiddetta “guerra di camorra”, che ha interessato anche l'area di Minturno, Scauri, eccetera; fino ad arrivare alle porte di Latina. In quel periodo era in corso anche una grossa speculazione edilizia da parte della camorra, in particolare della famiglia dei Nuvoletta, il cosiddetto clan di Marano. In questo stesso periodo Schiavone colloco l'episodio della vecchia nave Zenobia, affermando che molti di quei rifiuti tossici erano stati interrati nella discarica di Borgo Montello. Nell'area interessata fu eseguito uno studio da parte dell'ENEA; il 29 agosto 2013 sull'emittente televisiva Sky Tg24 Schiavone dichiara «Interravamo rifiuti tossici e fanghi nucleari a Latina e in Campania da ditte che venivano da Pisa, Milano, Germania, Austria e Francia. I rifiuti tossici uccideranno in basso Lazio»; il 31 agosto 2013 Schiavone a Il Fatto Quotidiano dichiara a proposito del 157 traffico di rifiuti in Campania e Lazio «Licio Gelli gestiva, attraverso delle società che stavano a Milano, a Santa Croce sull'Arno, nella zona di Padova, (...) sia l'immondizia, sia i trasporti che portavano tutta sta roba tossica e nucleare... Siamo andati in commissione ecomafia, io con i documenti che ritrovai. Quando io sono andato in commissione gliel'ho detto, in commissione Scalia, ho detto, sentite ma vui tenite tutt ’i cart, potete lasciar morire 5 milioni di persone, così, ma queste carte voi le tenete dal 1993. Loro hanno detto: – dove mettiamo tutta questa roba? E chi c'ha 26.000 miliardi per poter fare le prime bonifiche? – , perché ci volevano 26000 miliardi per fare quelle bonifiche. La ragione distato è una sola, soldi e voti. Lo sanno, lo tengono scritto. Tengono ’i perizie perché l'hanno secretato ? Perché?»; i verbali redatti dalla commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, presieduta dall'allora presidente Massimo Scalia ed operante nella XIII legislatura, sono tuttora secretate nonostante siano passati molti anni e le informazioni ivi contenute siano di fondamentale importanza per la salute dei cittadini; nella relazione «studio di caratterizzazione discarica di B.go Montello Latina» del 16 maggio 1996 a cura del C.C.R., Unichim ed Enea si sono analizzate le diverse componenti del sito S0. Lo studio constata che non è ben nota la composizione del materiale depositato nella discarica e non si può escludere la presenza di rifiuti speciali e tossico/nocivi mescolati ai r.s.u., si rileva la presenza di tre diverse masse metalliche due di 10 metri per 20 e una di 50 per 50 all'interno del corpo della discarica, ad una profondità compresa tra i 5 e 10m, che potrebbero indicare la presenza di bidoni contenente materiale tossico/nocivo; il 17 luglio 2012, nella audizione sugli scavi alla ex discarica di b.go Montello-Latina alla regione Lazio sotto la presidenza del presidente della commissione speciale «sicurezza e lotta alla criminalità» Filippo Zaratti, il commissario straordinario di ARPA Lazio Corrado Carruba afferma che: «in realtà è ormai dal 2005 che abbiamo dei dati analitici storici delle acque sotterranee di b.go Montella, perché nella regione Lazio, nel 2005, quando autorizzò in chiave moderna le due discariche di cui discutiamo, pose a carico delle aziende gestrici l'obbligo dei monitoraggi straordinari dell'Arpa sul sito, fatti da noi e pagati da loro. Noi quindi dal 2005 abbiamo sei o sette anni 158 di dati storici, su questo fatto, che sostanzialmente confermano il tema di cui oggi parliamo»; nel 2009 anche Arpa Lazio, in uno studio finanziato dalla regione e commissionato all'Istituto di geofisica e vulcanologi sotto la supervisione della sezione di Latina di ARPA, ha affermato la presenza di alcune anomalie magnetiche localizzate in precisi settori del Bacino S0, ad una profondità tra i 2 ed i 6 metri; la discarica di Borgo Montello, costituitasi in un contesto di infrazioni ed ambiguità normative, è un sito ad alto impatto inquinante, nocivo per gli abitanti e per il territorio a vocazione quasi esclusivamente agricola; la salute degli abitanti del luogo è stata sempre messa in secondo piano e gli stessi non sono mai stati adeguatamente informati sullo stato del loro territorio e dei rischi per la loro salute; l'articolo 32 della Costituzione dispone: «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»; dalle prime dichiarazioni di Schiavone agli atti da oltre un decennio e dalle prime testimonianze ad oggi non mai stata effettuata una indagine approfondita con degli scavi profondi su tutti i siti della discarica; la presenza della malavita organizzata nel basso Lazio è molto forte e ad alcuni terreni adiacenti alla discarica sono riconducibili a questa; le aziende che hanno gestito e che gestiscono la discarica, il pretrattamento, la progettazione e la supervisione degli scavi sono sempre riconducibili agli stessi due gruppi, avendo di fatto monopolizzato il settore concludendo contratti svantaggiosi per il pubblico e trasformando gare d'appalto in mere formalità –: se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e se come intendano intervenire, per quanto di loro rispettiva competenza, al fine di tutelare la salute dei cittadini; se e come si intendano informare adeguatamente gli abitanti sullo stato del loro territorio e dei rischi per la loro salute; se si intendano richiedere approfondite ispezioni nell'area in questione al Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente; se e come intendano contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione del ciclo dei rifiuti del Lazio e di molte regioni italiane. (4-01917) 159 § 23. Interpellanza nr. 2-00164 60 Testo presentato, in data Martedì 30 luglio 2013, seduta n. 61, da: LOMBARDI. La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che: in data 16 giugno 2013 è stato arrestato in attesa di essere estradato dal Centro nazionale anticrimine informatico (Cnaipic) della Polizia delle comunicazioni, NOORI Ahmad, cittadino afgano, ritenuto responsabile dell'omicidio della moglie, Fahezeh Ahmad; il signor NOORI Ahmed si è allontanato, dopo la morte della moglie, ed ha portato con sé la figlia di due anni Noora Asma nata il 13 giugno 2011, in Iran, cittadina afghana, residente in Norvegia; il giorno 16 giugno 2013 alle ore 20.00, presso l'Istituto «Linda Penotti» Suore Calsanziane Via Casalotti n. 73 Roma, la squadra mobile della questura di Roma, su disposizione orale della procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, dottoressa Di Stasio, si è proceduto all'affidamento della minore a Scolastica Rosso nata a Giulianova (Teramo) l'8 gennaio 1943 residente a Roma in via Casalotti 73; in data 18 giugno 2013 la procura della Repubblica nella persona del sostituto procuratore della Repubblica dottoressa Anna Di Stasio pregava con puntualità gli uffici della questura di Roma squadra mobile CNAIPIC, e la direzione centrale della polizia criminale SIRENE di acquisire con urgenza informazioni in ordine alla cittadinanza ed alla residenza della minore, all'esistenza di parenti entro il quarto grado con la massima sollecitudine; in data 19 giugno 2013 il signor Ahmed NOORI ha negato il consenso all'estradizione, al solo fine espresso di poter attendere il rimpatrio della figlia mediante consegna ad uno dei suoi familiari residenti in Norvegia; in data 1o luglio 2013 la dottoressa Capranica, giudice del tribunale per i minorenni, proc. 1203/13 VG, ha depositato ed inviato in data 2 luglio 2013 copia del decreto con il quale il lo stesso tribunale composto dalla dottoressa Angela 60http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4946&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERPELLANZA%27 160 Rivellese (presidente), dottoressa Cristina Capranica (giudice relatore), dottor Christian Veronesi (giudice onorario), dottoressa Benedetta Biancalana (giudice onorario) ha ritenuto: «che, allo stato, devono essere emessi solamente provvedimenti urgenti di tutela ed assistenza della bambina per disporre contemporaneamente approfondimenti istruttori relativi alla cittadinanza e residenza abituale della minore – che si trova in Roma solo casualmente perché illecitamente condotta dal padre, in fuga dai provvedimenti delle Autorità norvegesi di restrizione della libertà personale per l'omicidio della moglie... – fermo restando che non risultano elementi per opporsi al rimpatrio della minore in Norvegia – territorio dove la minore risiedeva stabilmente da alcuni mesi insieme alla famiglia – dove l'Ufficio preposto potrà individuare l'esistenza di familiari o parenti che potranno prendersi cura della minore ovvero reperire altra sistemazione collocativa idonea alla sua protezione». Per questi motivi a tutela della minore il tribunale richiedeva «alla direzione centrale della Polizia Criminale del Ministero dell'Interno l'invio di nota di aggiornamento con l'indicazione della cittadinanza della minore e del luogo di residenza abituale prima della breve permanenza in Roma e dell'arresto del padre, Noori Ahmad, con il quale la bambina è stata trovata» e contestualmente dichiarava: «che, allo stato non risultano al tribunale elementi per opporsi alla richiesta di rimpatrio della minore formulata dalle autorità della Norvegia e richiede[va] alla direzione centrale della polizia criminale del Ministero dell'interno di aggiornare con urgenza il tribunale in merito all'esito della procedura di estradizione del padre del padre della minore e rimpatrio della bambina»; in data 2 luglio 2013 il Ministero dell'interno, dipartimento della pubblica sicurezza direzione centrale della polizia criminale inviava comunicazione a mezzo fax alla procura della repubblica presso il tribunale per i minorenni alla cortese attenzione del sostituto procuratore della Repubblica dottoressa Di Stasio, il cui contenuto segnalato come urgentissimo è del seguente tenore: «Il S.I.R.E.N.E norvegese ha comunicato di aver ricevuto da parte dell'ambasciata norvegese a Roma la copia del provvedimento emesso da codesta A.G. riguardante il rimpatrio della minore in argomento ed ha richiesto determinazioni circa l'attivazione delle modalità del suddetto rimpatrio. Premesso quanto sopra si rappresenta la dipendente DIVISIONE S.I.R.E.N.E. non ha ricevuto alcuna 161 comunicazione in merito pertanto si invita codesta A.G. di voler far pervenire copia del provvedimento riguardante la decisione circa il rimpatrio della minore al fine di interessare per le previste procedure il collaterale ufficio norvegese». Si restava anche in quel caso in attesa di un «cortese urgente riscontro»; in data 9 luglio 2013 il Ministero dell'interno, dipartimento della pubblica sicurezza direzione centrale della polizia criminale, inviava comunicazione a mezzo fax al tribunale per i minorenni, sezione civile 2o collegio, all'attenzione della dottoressa Capranica il seguente urgentissimo testo: «Si comunica che il collaterale organo norvegese ha ricevuto per il tramite dall'ambasciata di Norvegia a Roma copia del provvedimento n. 1203/2013 relativo alla minore NOORI Asma nata il 13 giugno 2011 ed ha sollecitato determinazioni circa l'eventuale rimpatrio. Si precisa inoltre che le informazioni richieste nel suddetto provvedimento circa la cittadinanza e la sua residenza abituale antecedente la sua permanenza a Roma sono state già trasmesse il 17 giugno 2013 alla dottoressa Di Stasio (Sostituto Procuratore della Repubblica) che in precedenza aveva in carico il caso»; prosegue il testo a firma del F.to II direttore del servizio: «Ciò posto si rappresenta che a tutt'oggi non risulta pervenuto alcuna comunicazione da codesta AG circa il rimpatrio della minore e si resta in attesa di conoscere le decisioni adottate in merito al fine di poter informare il collaterale organo norvegese per l'eventuale attivazione previste procedure di rimpatrio». Si precisava di essere «in attesa di cortese urgente riscontro». In data 15 luglio 2013 il Ministero dell'interno, dipartimento della pubblica sicurezza, direzione centrale polizia criminale, direzione centrale polizia criminale Prot. MI-123-U-B-5-4-2013-1263 si rivolge nuovamente al tribunale per i minorenni di Roma sezione civile II collegio, alla cortese attenzione della dottoressa Capranica nonché alla questura di Roma squadra mobile IV Sezione trasmettendo nota prevenuta dal collaterale organo norvegese si chiedeva «con preghiera di voler aderire a quanto richiesto»; la decisione dell'autorità norvegese è stata, vista la situazione della bambina, attualmente senza genitori, di dare in affidamento la minore Asma NOORI nata il 13 giugno 2011 al Servizio per la Cura e la Tutela dei bambini di Lister in Norvegia; la stessa minore, riferiscono le autorità norvegesi, è residente nel Municipio di LYNGDAL in Norvegia. La bimba va rimpatriata in Norvegia ed i 162 responsabili dei servizi sociali di Lister hanno il dovere di affidare la stessa minore ad una struttura temporanea adeguata. Il personale addetto sarebbe stato pronto a mettersi in viaggio immediatamente su un volo diretto a Roma; le autorità norvegesi infatti (Norvegia S.I.R.E.N.E.) una volta avuta notizia della «conferma» del rimpatrio, avevano poi inviato una proposta di piano di viaggio del seguente tenore: «I rappresentanti del Lister Child Welfare Service si sarebbero rec[ati] in Italia: 1) signora Linn Gunhad SINOGBAKKEN, data di nascita 27 giugno 1965 telefono +4748511290/+4794532659 e 2) la signora Sedil Waager GLOMSER nata il 25 agosto 1971 avendo programmato di tornare in Norvegia con la minore venerdì 19 luglio 2013 con volo DY3731 (norvegese) da Roma Fiumicino alle ore 11:50 con arrivo a Copenaghen. Alle ore 14:10 da Copenaghen con volo WE207. Arrivo a Ktskareand Kjevik alle ore 17:25; in alternativa il giovedì 18 luglio 2013 con gli stessi voli». Quindi si pregava «di comunicare con urgenza se l'autorità competente p[oteva] accettare il questo viaggio.» Si chiedeva che venissero informate le autorità interessate e «Si prega[va] di inviare il nome di una persona di contatto con i recapiti che l'ambasciata/Lister Child Welfare Service era in grado di contattare in Italia. Si ringrazia[va] nuovamente «per la gentile collaborazione»; in data 16 luglio 2013 il Ministero dell'interno, dipartimento della pubblica sicurezza, direzione centrale polizia criminale protocollo MI-123-U-B-5-4-2013-1275 (Oggetto: NOORI ASMA nata il 13 giugno 2011 inserita in SIS II dalla Norvegia come Minore scomparsa) scrive – al tribunale per i minorenni sezione civile 2° Collegio in specie alla cortese attenzione della dottoressa CAPRANICA (Rif.to 1203/13VG), alla questura di Roma squadra Mobile IV sezione, alla direzione centrale per la polizia stradale ferroviaria e per i reparti speciali della Polizia di Stato servizio polizia postale e delle comunicazioni, centro nazionale anticrimine informatico per protezione delle infrastrutture critiche – rappresentando con urgenza che «quest'Ufficio è costantemente sollecitato dagli organi di polizia giudiziari norvegesi (compresa anche l'ambasciata di Norvegia a Roma) al fine di comunicargli la soluzione della vicenda. A tutt'oggi non abbiamo ricevuto determinazioni utili per la riconsegna della minore in oggetto indicata.» Conclude la nota con la formula di cortesia di comunicare ogni utile notizia da inoltrare alle autorità della Norvegia; 163 in data 17 luglio 2013 il tribunale per i minorenni nella persona del giudice dottoressa Capranica così risponde: «Si comunichi alla Direzione scrivente che questa Autorità Giudiziaria, trattandosi di minore con residenza abituale in altro Stato, non è attribuita la funzione di assumere determinazioni sulle modalità di “riconsegna” della bambina, se non quella di verificare che non vi siano ostacoli giuridici al suo rimpatrio reclamato dal Paese di provenienza. Tale provvedimento è stato da tempo (28 giugno 2013) emesso, sicché si è fatta contestuale richiesta di conoscere quando il rimpatrio sia avvenuto; nessuna altra determinazione è rimessa a questo Tribunale. Alla Cancelleria per l'invio urgente con fax»; in data 25 luglio 2013 II Giudice dottoressa Capranica del tribunale per i minori in risposta all'ennesima istanza depositata dal procuratore del padre della bambina nella quale una volta evidenziata l'incompetenza espressa dallo stesso tribunale ad effettuare la «consegna» della minore, si sollecitava l'affidamento presso l'ambasciata norvegese è contestualmente si chiedevano aggiornamenti in merito alle richieste istruttorie a suo tempo formulate dal collegio preso atto dei tempi lunghissimi oramai decorsi. Il giudice ribadiva per iscritto quasi contestualmente al deposito di aver adottato un provvedimento di natura provvisoria «in attesa del rimpatrio della bambina» e contestualmente si chiedeva la trasmissione via fax di quanto scritto al Ministero dell'interno polizia criminale IV sezione al fine di acquisire informazioni sull'avvenuto rimpatrio della bambina; in data 24 luglio 2013 l'avvocato del padre della piccola Asma informava la segreteria generale del Ministro dell'interno, Angelino Alfano, l'ufficio VII D.G.I.T. del Ministero degli affari esteri e l'ambasciata norvegese del quadro venutosi a creare attorno alla piccola Asma Noori: un tribunale per i minorenni incompetente come espressamente dichiarato dalla stessa A.G. a «riconsegnare» la piccola, un Ministero dell'interno che è costantemente e giustamente pressato dalle autorità norvegesi, ma che continua domandare informazioni all'autorità giudiziaria, ora alla procura per i minorenni, ora al II Collegio civile del tribunale per i Minorenni ed infine un Ministero degli esteri all'oscuro di tutta quanta la vicenda; il legale ha altresì inviato copie dei documenti degli zii che vivono in Norvegia presso il campo destinato ai rifugiati collocato in prossimità di Oslo. Lì vivono la sorella ed il cugino di Ahmed NOORI, sposato con la sorelle dell'arrestato: il primo si chiama 164 Nazir TAJIK nato il 29 aprile 1989 in Afghanistan, la seconda con Aeida Noori. Si sono allegati i documenti di identità, il certificato di matrimonio rilasciato dall'ambasciata dell'Afghanistan in Teheran trasmessi al difensore dallo zio della piccola, il quale ha manifestato la propria volontà ad accudire la piccola Asma unitamente alla moglie –: se alla luce di quanto esposto in premessa i Ministri interpellati non ritengano necessario e opportuno fornire spiegazioni sulla vicenda, chiarendo in primis se alla data odierna si è proceduto al rimpatrio della bambina; per quali motivi non si sia proceduto alla consegna della minore i giorni 18 e del 19 luglio 2013 così come richiesto dalle autorità norvegesi, le quali avevano altresì indicato il numero di volo; perché una volta intervenuto il decreto del tribunale per i minorenni attestante la mancanza di ragioni ostative, non si sia provveduto immediatamente alla consegna della bambina adducendo la necessità di ulteriori accertamenti in merito alla residenza abituale ed alla nazionalità, informazioni già note al Tribunale a far data dal 20 giugno 2013; per quali ragioni il Ministero dell'interno una volta espressa l'incompetenza del tribunale per i minorenni, non abbia proceduto al rimpatrio della bambina, e per quali ragioni non ne fosse a conoscenza antecedentemente; per le quali motivi, pertanto, non si sia proceduto alla rimpatrio della bambina per il tramite degli zii; per quali ragioni non si sia ritenuto opportuno informare il Ministero degli affari esteri e se, a far data dal 24 luglio 2013, ricevuta l'istanza del difensore lo stesso dicastero abbia posto in essere qualche attività in merito; se, il Ministero della giustizia non intenda verificare se sussistano i presupposti per avviare iniziative ispettive presso il Tribunale per i minorenni. (2-00164) § 24. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0163161 Testo presentato, in data Mercoledì 7 agosto 2013, seduta n. 67, da: LOMBARDI. 61http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5642&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 165 Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: in data 26 maggio 1994, è apparsa sull'agenzia Adnkronos la notizia relativa ad una dichiarazione del Ministro dell'interno pro tempore, Roberto Maroni in cui lo stesso affermava che aveva dovuto far uso «... dei fondi riservati del Ministero di sua spettanza: per acquistare computer per l'ufficio legislativo ...», proseguendo che si sarebbe impegnato «... ad aprire gli armadi e tirar fuori gli scheletri dal Viminale ...»; nel 1993 scoppiò lo scandalo SISDE (oggi AISI), relativo alla gestione di fondi riservati. Partita dalla bancarotta fraudolenta di un'agenzia di viaggi i cui titolari erano funzionari del servizio segreto del Viminale, un'inchiesta della magistratura fece emergere fondi neri per circa 14 miliardi di lire depositati a favore di altri 5 funzionari. Ci furono l'intervento del Consiglio superiore della magistratura per dissidi fra il magistrato che indagava e il suo procuratore capo, quello della commissione parlamentare d'inchiesta sui servizi segreti, presieduta da Ugo Pecchioli, e quello del Ministro dell'interno Nicola Mancino, e tutti si misero a indagare sull'operato del servizio, mentre a San Marino venivano individuati altri 35 miliardi di uguale sospetta provenienza; la storia del Viminale è costellata – come si evince da un'approfondita lettura del saggio (ben documentato) «Il cuore occulto del potere» di Giacomo Pacini – dell'uso di «fondi riservati»; i recenti fatti di cronaca di quest'anno hanno ulteriormente confermato un «cattivo» uso dei soldi pubblici (in carico al Viminale), come si evince dal caso del recentissimo arresto del prefetto Francesco La Motta (oltreché da quelli relativi all'arresto dell'ex prefetto Oscar Fioriolli nonché dalle vicende riguardanti il prefetto Izzo e il prefetto Iurato e altro); il recente articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano online – nel quale viene sottolineato che «... la Corte dei Conti, nelle sue relazioni al Parlamento, chiede di far luce da anni ...» sul «... mare magno degli appalti da centinaia di milioni di euro ...» del Ministero dell'interno – segnala un'anomalia dilagante per cui le amministrazioni centrali dello Stato (nel caso specifico il Ministero dell'interno) «secretano» anche quelle gare che non avrebbero i requisiti (la legge che lo consente ammette la classificazione solo per casi specifici, la tutela degli interessi essenziali dello Stato e speciali misure di sicurezza), non consentendo (neppure a posteriori) di poter accertare la regolarità delle procedure e la congruità effettiva delle spese sostenute, creando – di fatto – «...una sorta di camera oscura dello 166 Stato in cui si spendono...» centinaia di milioni di euro di soldi pubblici –: quali iniziative il Ministro interrogato intenda avviare per rendere finalmente trasparente la gestione contabile del Ministero dell'interno, chiarendo – anche alla luce delle dichiarazioni in premessa del Ministro pro tempore Roberto Maroni – se, sotto la gestione attuale del Ministero dell'interno, esistono ancora «fondi riservati» al Viminale in generale e, in particolare, al dipartimento della pubblica sicurezza, indicando se questi vengano ancora oggi utilizzati per attività «estranee» a previsioni di legge (pagamento informatori) ovvero se – come nel richiamato caso dichiarato del Ministro pro tempore Maroni – vengono «distratti» per acquisti vari o per spese che nulla hanno a che vedere con la «sicurezza nazionale»; se il Ministro intenda fornire comunque informazioni minime relative all'ammontare annuo di tali fondi e se gli stessi – anche se con un sistema «riservato» – vengano comunque rendicontati punto per punto (e non genericamente/complessivamente) al Ministero dell'economia e delle finanze, al COPASIR e alla Commissione parlamentare antimafia (dato che si tratta di soldi pubblici finalizzati alla sicurezza nazionale nel suo complesso), nonché attraverso quali criteri oggettivi e pubblici di selezione del personale (oltre quelli «fiduciari») vengano scelti i funzionari e/o dirigenti chiamati a gestire un capitolo economico così delicato e complesso, indicando anche quale sia il range temporale di turn over di tali funzionari e/o dirigenti; se il Ministro interrogato intenda anche far conoscere se sia invalso nel «costume» del Ministero dell'interno (e nelle sue articolazioni centrali e periferiche) il pagamento (con l'uso di fondi riservati) di «fuori busta» per i funzionari e/o dirigenti appartenenti a quella struttura e se tali «fuori busta» vengano dichiarati al «fisco». (4-01631) § 25. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01631 62 Testo presentato, in data Mercoledì 7 agosto 2013, seduta n. 67, da: 62http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5642&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 167 LOMBARDI. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: in data 26 maggio 1994, è apparsa sull'agenzia Adnkronos la notizia relativa ad una dichiarazione del Ministro dell'interno pro tempore, Roberto Maroni in cui lo stesso affermava che aveva dovuto far uso «... dei fondi riservati del Ministero di sua spettanza: per acquistare computer per l'ufficio legislativo ...», proseguendo che si sarebbe impegnato «... ad aprire gli armadi e tirar fuori gli scheletri dal Viminale ...»; nel 1993 scoppiò lo scandalo SISDE (oggi AISI), relativo alla gestione di fondi riservati. Partita dalla bancarotta fraudolenta di un'agenzia di viaggi i cui titolari erano funzionari del servizio segreto del Viminale, un'inchiesta della magistratura fece emergere fondi neri per circa 14 miliardi di lire depositati a favore di altri 5 funzionari. Ci furono l'intervento del Consiglio superiore della magistratura per dissidi fra il magistrato che indagava e il suo procuratore capo, quello della commissione parlamentare d'inchiesta sui servizi segreti, presieduta da Ugo Pecchioli, e quello del Ministro dell'interno Nicola Mancino, e tutti si misero a indagare sull'operato del servizio, mentre a San Marino venivano individuati altri 35 miliardi di uguale sospetta provenienza; la storia del Viminale è costellata – come si evince da un'approfondita lettura del saggio (ben documentato) «Il cuore occulto del potere» di Giacomo Pacini – dell'uso di «fondi riservati»; i recenti fatti di cronaca di quest'anno hanno ulteriormente confermato un «cattivo» uso dei soldi pubblici (in carico al Viminale), come si evince dal caso del recentissimo arresto del prefetto Francesco La Motta (oltreché da quelli relativi all'arresto dell'ex prefetto Oscar Fioriolli nonché dalle vicende riguardanti il prefetto Izzo e il prefetto Iurato e altro); il recente articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano online – nel quale viene sottolineato che «... la Corte dei Conti, nelle sue relazioni al Parlamento, chiede di far luce da anni ...» sul «... mare magno degli appalti da centinaia di milioni di euro ...» del Ministero dell'interno – segnala un'anomalia dilagante per cui le amministrazioni centrali dello Stato (nel caso specifico il Ministero dell'interno) «secretano» anche quelle gare che non avrebbero i requisiti (la legge che lo consente ammette la classificazione solo per casi specifici, la tutela degli interessi essenziali dello Stato e speciali misure di sicurezza), non consentendo (neppure a posteriori) di poter accertare la regolarità delle procedure e la congruità effettiva delle spese sostenute, creando – di fatto – «...una sorta di camera oscura dello 168 Stato in cui si spendono...» centinaia di milioni di euro di soldi pubblici –: quali iniziative il Ministro interrogato intenda avviare per rendere finalmente trasparente la gestione contabile del Ministero dell'interno, chiarendo – anche alla luce delle dichiarazioni in premessa del Ministro pro tempore Roberto Maroni – se, sotto la gestione attuale del Ministero dell'interno, esistono ancora «fondi riservati» al Viminale in generale e, in particolare, al dipartimento della pubblica sicurezza, indicando se questi vengano ancora oggi utilizzati per attività «estranee» a previsioni di legge (pagamento informatori) ovvero se – come nel richiamato caso dichiarato del Ministro pro tempore Maroni – vengono «distratti» per acquisti vari o per spese che nulla hanno a che vedere con la «sicurezza nazionale»; se il Ministro intenda fornire comunque informazioni minime relative all'ammontare annuo di tali fondi e se gli stessi – anche se con un sistema «riservato» – vengano comunque rendicontati punto per punto (e non genericamente/complessivamente) al Ministero dell'economia e delle finanze, al COPASIR e alla Commissione parlamentare antimafia (dato che si tratta di soldi pubblici finalizzati alla sicurezza nazionale nel suo complesso), nonché attraverso quali criteri oggettivi e pubblici di selezione del personale (oltre quelli «fiduciari») vengano scelti i funzionari e/o dirigenti chiamati a gestire un capitolo economico così delicato e complesso, indicando anche quale sia il range temporale di turn over di tali funzionari e/o dirigenti; se il Ministro interrogato intenda anche far conoscere se sia invalso nel «costume» del Ministero dell'interno (e nelle sue articolazioni centrali e periferiche) il pagamento (con l'uso di fondi riservati) di «fuori busta» per i funzionari e/o dirigenti appartenenti a quella struttura e se tali «fuori busta» vengano dichiarati al «fisco». (4-01631) § 26. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01551 63 Testo presentato, in data Giovedì 1 agosto 2013, seduta n. 63, da: 63http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5316&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 169 LOMBARDI, COZZOLINO e D'AMBROSIO. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: in data 26 luglio 2013 il Consiglio dei Ministri – su proposta del Ministro dell'interno, Angelino Alfano, ha disposto – nell'ambito dei movimenti di prefetti – l'incarico con funzioni di capo del dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno, al prefetto Umberto Postiglione; da un riscontro sulla «rete» è stato acclarato che il prefetto Postiglione ha ricoperto la carica di sindaco presso il comune di Angri (Salerno) come candidato della formazione politica PPI (La Margherita) per ben due mandati (quindi con una connotazione politica dichiarata): il primo dal 7 maggio del 1995 al 24 gennaio 1999, ed il secondo – a seguire – dal 27 giugno 1999 al 27 maggio 2004; l'incarico di capo dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno assume un'importanza «politico-tecnica» strategica nella gestione dei Comuni e degli Enti locali in genere, avendo tra le attribuzioni quelle di: a) amministrazione generale e supporto dei compiti di rappresentanza generale e di governo sul territorio;b) garanzia della regolare costituzione degli organi elettivi e del loro funzionamento e attività di collaborazione con gli enti locali; c) finanza locale; d) servizi elettorali; e)vigilanza sullo stato civile e sull'anagrafe; nel periodo di «interregno» tra i due mandati (in particolare dal 25 gennaio 1999 al 26 giugno 1999) il comune di Angri è stato «sciolto» anticipatamente per dimissioni della maggioranza in consiglio comunale; attualmente il prefetto Postiglione ricopre ancora l'incarico di «Commissario straordinario» dell'amministrazione provinciale di Roma (dopo le dimissioni di Zingaretti), con deleghe a: avvocatura provinciale-Segretariato generale e ufficio del consiglio provinciale-cultura-turismo-sport –: sulla base di quali criteri oggettivi e soggettivi sia stato scelto il prefetto Umberto Postiglione – personaggio con evidente connotazione politica e se nei criteri di scelta sia stato valutato il fattore «potenziale conflitto d'interessi», tenuto conto delle attribuzioni derivanti dall'incarico assegnatogli e del richiamato (e storicizzato) passato «politico» dello stesso alto funzionario dello Stato, nonché del «doppio incarico» (politico e tecnico) che ancora oggi egli riveste. (4-01551) 170 § 27. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01550 64 Testo presentato, in data Giovedì 1 agosto 2013, seduta n. 63, da: LOMBARDI e D'AMBROSIO. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: il consiglio di amministrazione della Polizia di Stato nella seduta del 28 giugno 2013 ha provveduto ad effettuare lo scrutinio per merito comparativo per la promozione a dirigente superiore e per l'ammissione al corso di formazione dirigenziale per la nomina a primo dirigente (tra i quali il dottor Maurizio Improta e il dottor Lamberto Giannini, i responsabili degli uffici che hanno partecipato alla rendition di Alma Shalabayeva e della figlia di anni sei). Con il sistema normativo e regolamentare specifico si sta provvedendo, già da diversi anni, alla selezione della classe dirigente della Polizia di Stato. Da un esame attento della normativa e soprattutto dei «criteri di massima», adottati con il consenso delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, si evince con estrema chiarezza che è il consiglio di amministrazione stesso, che approvando l'operato della commissione (di avanzamento) all'uopo preposta composta da alti dirigenti della Polizia di Stato, che in definitiva decide discrezionalmente, quali candidati debbano essere promossi. Infatti, il punteggio discrezionale (oltre il 60 per cento), molto elevato, a disposizione del consiglio di amministrazione finisce per creare potenziali possibilità di stravolgimento delle graduatorie di merito e rendere vani tutti i titoli oggettivi in possesso dei candidati, con grave nocumento per i principi della meritocrazia reale; tra gli altri, si segnala la situazione del dottor Maurizio Improta che, se pure sembrerebbe aver svolto, «sulla carta», il corso di formazione per vice commissari, risulta in un solo anno aver compiuto «un balzo» di cinquantadue posizioni, dalla settantatreesima alla ventunesima, nella graduatoria che consente di accedere al corso di questore; molti dei funzionari promossi nell'ultimo consiglio di amministrazione (ma anche in precedenti) appartengono ad uffici centrali (spesso con funzioni di segreteria dei prefetti e/o direttori 64http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5315&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 171 centrali), e alcuni di loro con pochissima esperienza di territorio (ovvero questure); l'articolo 1 (Assunzione di personale nei ruoli della Polizia di Stato) del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1983, n. 903, prevede che: «... l'accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia avviene mediante pubblico concorso per esami...»; l'articolo 28 (Nomina) del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1983, n. 903, prevede che «... i vincitori del concorso sono nominati vice commissari in prova del ruolo dei commissari della Polizia di Stato e sono inviati a frequentare il corso di formazione di cui all'articolo 56 della legge 1o aprile 1981, n. 121...»; l'articolo 56 (Corsi per la nomina a commissario di polizia) della legge n. 121 del 1981, prevede che «... ottenuta la nomina, i commissari in prova frequentano un corso di formazione teoricopratico della durata di nove mesi presso l'apposita sezione dell'Istituto superiore di polizia, di cui all'articolo 58 (legge n. 121 del 1981); l'articolo 57, lettera d), (Dimissioni dal corso per la nomina a commissario di polizia) della legge n. 121 del 1981 prevede che «... sono dimessi dal corso i commissari in prova che: .... omissis... d) sono stati per qualsiasi motivo assenti dal corso per più di trenta giorni, anche se non consecutivi, e di novanta giorni per infermità contratta durante il corso, salvo che essa sia stata contratta a causa delle esercitazioni pratiche, nel qual caso il commissario in prova è ammesso a partecipare al primo corso successivo al riconoscimento della sua idoneità psico-fisica...» –: quali verifiche urgenti il Ministro dell'interno intenda adottare in relazione a casi quali quelli del dottor Maurizio Improta, nonché più in generale quali iniziative intenda assumere per definire – una volta per tutte – criteri oggettivi che assicurino il merito reale (così come prevedrebbero le norme vigenti), riducendo a «zero» (nella griglia di valutazione per gli avanzamenti dei dipendenti della Polizia di Stato) la discrezionalità in modo tale da cominciare, da un lato, a ridefinire una classe dirigente realmente meritevole e più competente e, dall'altro, a scongiurare una sempre più tangibile e pericolosa «demotivazione» di quei poliziotti che non hanno la fortuna di appartenere alle cosiddette «cordate vincenti». (4-01550) 172 § 28. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01501 65 Testo presentato, in data Martedì 30 luglio 2013, seduta n. 61, da: LOMBARDI. Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. Per sapere – premesso che: su internet è stata pubblicata una notizia (con relativo video) in cui si parla di un comportamento oltre i limiti di alcuni componenti dell'Arma dei Carabinieri (il titolo dell'articolo è «Carabiniere salta a gambe unite su un ragazzo»). Aprendo il link è possibile verificare, aldilà di ogni ragionevole ed inequivocabile dubbio il comportamento «non deontologicamente apprezzabile» dei «carabinieri» protagonisti della vicenda (che potenzialmente, oltre a risvolti disciplinari, potrebbe averne anche di penali – nel video sono ben udibili gli epiteti razzisti – soprattutto se esistesse in Italia il reato di «tortura») –: quali iniziative i Ministri intendano adottare per contrastare in futuro il ripetersi di simili episodi e quali direttive intendano impartire al comandante generale dell'Arma dei carabinieri e al Capo della Polizia (responsabile direttore generale della pubblica sicurezza) per ripristinare la legalità comportamentale in simili circostanze. (4-01501) § 29. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0148466 Testo presentato, in data Lunedì 29 luglio 2013, seduta n. 60, da: LOMBARDI e D'AMBROSIO. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: lo scorso gennaio 2013 il tribunale ordinario di Napoli ha proceduto all'arresto di alcuni alti dirigenti della Polizia di Stato e all'interdizione dai pubblici uffici di altri alti dirigenti della Polizia di Stato (tra i quali il prefetto Fioriolli, il prefetto Izzo e il prefetto Iurato); 65http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4978&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 66http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4912&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 173 dall'analisi della nutrita rassegna stampa sulla questione di cui al punto precedente e da notizie collegate (ordinanza del tribunale di Napoli, n. 2/2013 O.C.C., procedimento penale n. 44783/09 R.G.N.R.) emerge anche il coinvolgimento di altri alti funzionari dello Stato (sebbene non destinatari nel provvedimento giudiziario de qua, di misure giudiziarie) tra i quali anche l'ex Prefetto di Siracusa, dottor Renato Franceschelli (al momento direttore centrale della direzione per i Servizi tecnico-logistici del dipartimento della pubblica. Sicurezza del Ministero dell'interno); il Titolo primo, Capo III (Trasparenza e rendicontazione della performance) articolo 11 (Trasparenza) del decreto legislativo n. 150 del 2009 (attuativo della legge n. 15 del 4 marzo 2009) recita: «1) La trasparenza è intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione ...»; il decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62 (Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) articolo 9, così recita: «... (Trasparenza e tracciabilità). 1) Il dipendente assicura l'adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell'elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all'obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale...»; il Titolo quarto, capo II (Dirigenza Pubblica), articolo 40 del decreto legislativo n. 150 del 2000 (attuativo della Legge n. 15 del 4 marzo 2009) recita: «(Modifica all'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) – 1) All'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:a) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Ai fini del conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessità della struttura interessata, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente ...»; il Titolo quarto, capo V (Disposizioni relative al procedimento disciplinare), articolo 69 del decreto legislativo n. 150 del 2009 (attuativo della Legge n. 15 del 4 marzo 2009) recita: «... Art. 55sexies (Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l'amministrazione e limitazione della responsabilità per l'esercizio 174 dell'azione disciplinare). 1) La condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte del lavoratore dipendente, degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all'articolo 54, comporta applicazione nei suoi confronti, ove già non ricorrano i presupposti per l'applicazione di un'altra sanzione disciplinare, della sospensione dal servizio...»; che il decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62 (Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), articolo 13, comma 8, così recita: «...(Disposizioni particolari per i dirigenti). » ... il dirigente intraprende con tempestività le iniziative necessarie ove venga a conoscenza di un illecito, attiva e conclude, se competente, il procedimento disciplinare, ovvero segnala (...)» –: se e quali provvedimenti disciplinari siano stati presi nei confronti dei funzionari e/o dirigenti coinvolti nelle inchieste ricordate in premessa, volendo indicare chi di tali funzionari e/o dirigenti coinvolti – a vario titolo – nelle inchieste di cui alla presente interrogazione siano ancora titolari di incarichi presso il Ministero dell'interno e con quale retribuzione, specificando – anche – se gli stessi, in relazione ai nuovi (o vecchi incarichi) siano – ancora oggi – titolari di «alloggi di servizio» o abbiano ancora ilbenefit di «autista» e «auto di servizio», e a quale titolo; in base a quali criteri sia stato scelto proprio il Prefetto Renato Franceschelli – coinvolto (sebbene non raggiunto da provvedimenti giudiziari) nell'inchiesta che ha condotto all'arresto dell'ex Prefetto Fioriolli e altri – per dirigere la direzione Centrale dei servizi tecnico-logistici che, a quanto risulta, è una delle direzioni del Ministero dell'interno con grande capacità di spesa; se il Ministero dell'interno – oltre ad avviare un'approfondita inchiesta interna sulla gestione dei fondi del Viminale per scongiurare ulteriori nicchie di «malaffare» – non intenda costituirsi parte civile nei procedimenti riguardanti tutti i funzionari e/o dirigenti coinvolti nelle indagini della magistratura napoletana, dove l'immagine e il prestigio di un Ministero, così importante, sono scalfiti irreversibilmente dall'infedeltà di pochi. (4-01484) 175 § 30. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0197267 Testo presentato, in data Giovedì 26 settembre 2013, seduta n. 85, da: LOREFICE, GRILLO, MARZANA, D'UVA, DI VITA, BARONI, CECCONI, MANTERO, SCAGLIUSI, SPADONI, CANCELLERI, SILVIA GIORDANO e DALL'OSSO. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: nella provincia di Ragusa ed in particolar modo della zona urbana, sub urbana e marittima si sta assistendo ad un fenomeno di criminalità sempre più dilagante; l’escalation di atti vandalici, anche nei cimiteri, di rapine in stazioni di servizio, bar, panifici, banche hanno ormai superato i limiti di guardia, e si ripetono anche negli stessi posti a distanza di poche ore; grande allarme, sconcerto e paura si sta diffondendo nella comunità per i ripetuti furti e tentati furti nelle scuole e in aziende, in danno di esercizi commerciali soprattutto sul territorio di Modica e Ispica, l'ultimo dei quali culminato in una sparatoria tra i malviventi e una guardia giurata; questi atti delinquenziali stanno mettendo in ginocchio i vari settori produttivi a causa dell'azione di malviventi che si introducono nottetempo nelle aziende e sottraggono ingenti, quantità di materie prime e macchine utensili determinando, in alcuni casi, anche la chiusura immediata delle aziende colpite; non indifferente è l'emergenza immigrazione clandestina a causa della quale è impiegato un numero considerevole di forze dell'ordine, soprattutto per la sorveglianza del centro di prima accoglienza di Pozzallo; i sistemi passivi di protezione, telecamere e sistemi di allarme, sono un aiuto e dissuadono in molti casi, ma sono ancora poco diffusi e al contempo è impossibile pensare ad una militarizzazione del territorio anche perché non ci sono le risorse necessarie; è divenuto necessario rafforzare immediatamente in città, nelle campagne e nel comprensorio adiacente le misure di vigilanza e prevenzione per stroncare sul nascere una deriva che potrebbe rivelarsi dannosissima per tutto il territorio, evitando il rischio che un insieme di fatti delinquenziali possa trasformarsi in un fenomeno di criminalità cronica, già radicata in altre aree della 67http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=7186&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 176 provincia; sussiste la seria possibilità che liberi cittadini possano riunirsi in «ronde metropolitane» tentando di ripianare la notevole carenza di forze dell'ordine generata dal taglio ai fondi per la pubblica sicurezza –: se il Ministro interrogato intenda avviare un protocollo di coordinamento con le forze dell'ordine per intensificare l'attività di prevenzione e repressione dei fenomeni criminali o come altrimenti intenda affrontare tale delicata situazione emergenziale anche alla luce delle riduzioni previste per le forze dell'ordine, già in numero inferiore a quello previsto, nella provincia di Ragusa. (4-01972) § 31. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0165368 Testo presentato, in data Giovedì 8 agosto 2013, seduta n. 68, da: LOREFICE, SILVIA GIORDANO, MANTERO, DALL'OSSO, FRACCARO, COLONNESE, CORDA, DI STEFANO, SPADONI, GRANDE, DI BENEDETTO, CASTELLI, DA VILLA, GALLINELLA,PARENTELA, BENEDETTI, GRILLO, DIENI, DADONE, MARZANA, D'UVA e CANCELLERI. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: negli uffici di Polizia di Stato ormai da anni si assiste da un lato ad una lenta diminuzione delle risorse, in termini di uomini, mezzi e assegnazioni di fondi, mentre dall'altro all'aumento in quantità e qualità degli obiettivi da raggiungere in ambito sia centrale che periferico; in particolare in provincia di Ragusa l'attuale dotazione organica si rivela deficitaria per fronteggiare le esigenze dell'attività ordinaria, con la conseguenza che si attinge con una certa regolarità al personale addetto ad altre mansioni pur di assicurare i normali servizi di controllo del territorio e di ordine pubblico; alle ordinarie esigenze operative si aggiungono inoltre altre incombenze, come la presenza del centro di primo soccorso ed assistenza sito nell'area portuale di Pozzallo. Tale struttura, realizzata nel corso della cosiddetta «emergenza immigrazione dal nord Africa» per la 68http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5953&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 177 primissima sistemazione dei migranti sbarcati clandestinamente, in attesa del loro trasferimento presso altri centri, ospita oggi gruppi di migranti trasferiti da altre province, in attesa del rimpatrio con voli charter dagli aeroporti di Catania e Palermo. È evidente come ciò possa comportare notevoli difficoltà operative e logistiche per il personale addetto alla vigilanza, poiché la struttura è stata realizzata con criteri riconducibili a tutt'altra tipologia di soggetti ospitati. I servizi di vigilanza, attivati con poche ore di preavviso, vengono assicurati interamente dal personale territoriale della questura e dei commissariati, spesso con inevitabili conseguenze negative sul controllo del territorio e sull'attività degli uffici. Il personale della questura assicura altresì anche i servizi di accompagnamento degli stranieri, che soprattutto nel periodo primavera-estate sbarcano numerosi clandestinamente lungo le coste di questa provincia, verso altre strutture; altra incombenza che grava sulle forze di polizia è sorta a seguito dell'apertura dell'aeroporto civile di Comiso, presso il quale i servizi di sicurezza aeroportuale e di polizia di frontiera sono attualmente assicurati da personale della questura e del commissariato p.s. di Comiso. Quest'ultimo, insieme a quello di Vittoria, è già oberato da tanto lavoro e può contare solo su 3 ispettori e 2 sovrintendenti nonostante il territorio sia considerato ad alta densità criminale; anche la sezione polizia stradale registra una preoccupante carenza di personale e non è possibile garantire una pattuglia in tutti i quadranti, nonostante la totalità delle merci venga trasportata su gomma date le carenze infrastrutturali della zona; la polizia postale e delle comunicazioni consta di un organico minimo, nonostante la crescita esponenziale dell'attività di polizia giudiziaria strettamente collegata con l'aumento dei reati commessi con l'utilizzo di internet e di tecnologie informatiche; negli ultimi anni i trasferimenti di personale verso la provincia di Ragusa si sono realizzati in quantità irrisoria rispetto i numerosi pensionamenti e trasferimenti verso altre sedi; la situazione dell'organico dei funzionari è emblematica data la mancanza di un primo dirigente (la divisione anticrimine ne è priva da tempo) e di numerosi direttivi –: se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa in merito alle vicende descritte e se intenda assumere iniziative volte ad assegnare a questa provincia un adeguato numero di operatori appartenenti a tutti i ruoli per poter soddisfare la sempre crescente richiesta di sicurezza dei cittadini e per poter 178 garantire i servizi ordinari così come le emergenze in un territorio in cui la criminalità è elevata. (4-01653) § 32. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0082569 Interrogazione a risposta scritta 4-00825 presentato da RIZZETTO Walter testo di Mercoledì 12 giugno 2013, seduta n. 32 RIZZETTO e PRODANI. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: la legge istitutiva dei Centri di identificazione ed espulsione, varata durante l'ultimo Governo Berlusconi, allunga a 18 mesi i tempi di permanenza. Già nel corso della sua visita in Italia, il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Muiznieks, ha denunciato queste strutture come «violazione dei diritti umani»; anche l'Unione europea proprio in questi giorni ha criticato fortemente il nostro Paese sulle condizioni dei nostri Centri di identificazione ed espulsione e delle nostre prigioni; il centro situato in Gradisca d'Isonzo è in fase di ristrutturazione, ergo anche il personale ospitato è numericamente inferiore rispetto al solito a causa della ristrettezza dello spazio disponibile; le difficoltà legate all'identificazione dei soggetti sono dovute anche ad un atteggiamento di lasseiz faire da parte di alcune ambasciate dei Paesi del Maghreb in particolare di quella marocchina, etnia che vede un numero copioso di ospiti presso il centro di identificazione ed espulsione, con conseguente allungamento dei tempi di detenzione e di esborso di risorse da parte dell'amministrazione dell'Interno; vi sono 13 richieste di rinvio a giudizio nell'inchiesta giudiziaria sugli appalti al Cie e al Cara che vedono tra gli altri Giuseppe Scozzari presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante della Connecting people, Ettore Orazio Micalizzi vice presidente del consiglio di amministrazione, Vittorio Isoldi direttore della Connecting people, il consorzio siciliano che gestisce dal 2008 i due centri immigrati, i quali devono rispondere di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato e a 69http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2286&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 179 inadempienze di pubbliche forniture. La gestione dello stesso Cie è stata data in appalto ad un'associazione esterna con conseguenti costi per la pubblica amministrazione –: se sia intenzione di codesto Governo sottoscrivere un Protocollo d'intesa con il Regno del Marocco al fine di sviluppare maggiore cooperazione nell'ambito dell'identificazione degli ospiti dei CIE; se sia intenzione di codesto Esecutivo valutare con urgenza la possibilità di revocare l'appalto vinto dall'Associazione Connecting people e di affidare le attività che ne sono oggetto al personale militare di stanza presso la Caserma «Ugo Polonio» al fine di evitare qualsiasi intromissione sino a pronunzia definitiva da parte della Magistratura a tutti i livelli. (4-00825). § 33. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0184770 Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01847 presentato da NUTI Riccardo testo di Martedì 17 settembre 2013, seduta n. 78 NUTI, DI VITA e MANNINO. Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: pochi mesi fa è stata inaugurata la «posa della prima pietra» del progetto «Ciliegino» relativo all'istallazione di pannelli fotovoltaici nei pressi di Gela, in Sicilia, per costruire quello che dovrebbe divenire il più grande impianto fotovoltaico d'Europa, alla presenza del presidente della regione siciliana, Rosario Crocetta, dell'ex presidente della Commissione bicamerale antimafia, Giuseppe Lumia, assieme a membri della giunta siciliana e al sindaco di Gela, Angelo Fasullo; in quell'occasione, oltre a fornire quelle che agli interroganti appaiono improbabili cifre sulle ricadute occupazionali che tale progetto dovrebbe comportare, tutti si dichiararono soddisfatti e compiaciuti per l'inizio dei lavori e assicurarono che si sarebbe fatto di tutto per contrastare eventuali infiltrazioni mafiose nel progetto; tuttavia, si apprende da alcuni organi di informazione 70http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6655&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 180 che nel progetto sarebbero coinvolte società legate a soggetti noti per i loro legami con la mafia. In particolare, la cooperativa Agroverde legata a Stefano Italiano e la Mondello S.p.A. legata a Emanuele Mondello; il primo, dopo essere stato celebrato come «eroe anti-racket», è stato indagato nel dicembre del 2008 dalla direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta con l'accusa di riciclaggio e di favoreggiamento di alcune cosche mafiose. Le indagini si sono fermate nel luglio 2010, quando Italiano è stato prosciolto con formula piena perché «il fatto non sussiste», ma successivamente la procura ha impugnato tale atto riaprendo le indagini; il secondo, invece, è ben più famoso. Già indagato nel 2009 per i subappalti relativi alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto in Abruzzo, secondo articoli di stampa risulta essere ancora legato ad alcune famiglie mafiose, precisamente gli Emanuello e i Rinzivillo, così come alcuni lavoratori dipendenti della sua società; nel progetto è coinvolto anche lo Stato italiano per mezzo del Comitato interministeriale per la programmazione economica, il quale, tramite delibera n. 108 del 29 luglio 2005 in Gazzetta Ufficiale n. 94 del 22 aprile 2006, ha approvato un cospicuo finanziamento, ammontante a più di 48 milioni di euro a carico delle finanze pubbliche –: se il Governo, alla luce dei fatti esposti in premessa, intenda procedere ad una sospensione del finanziamento al fine di verificare eventuali infiltrazioni mafiose nel progetto «Ciliegino»; in alternativa, se ritenga opportuno revocare il finanziamento, nel caso in cui non sia possibile chiarire la posizione delle società coinvolte nel progetto in merito ad eventuali legami con la criminalità organizzata; quali siano stati i criteri impiegati in seno al CIPE per autorizzare questo finanziamento. § 34. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0204471 Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-02044 presentato da NUTI Riccardo testo di Mercoledì 2 ottobre 2013, seduta n. 89 71http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=7373&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 181 NUTI, D'UVA, DADONE, DI BENEDETTO, DI VITA, LUPO, MANNINO e SARTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), è una agenzia autonoma del Governo posta sotto la vigilanza del Ministero dell'interno, istituita tramite il decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2010, n. 50; l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata svolge un ruolo delicato e di fondamentale importanza nella gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, in particolare alla criminalità di stampo mafioso che in alcune aree del Meridione è particolarmente attiva e dannosa per il Paese intero; secondo alcuni articoli di stampa datati 1o ottobre 2013, sarebbe stata decisa la nomina all'interno dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata di Diego Cammarata, ex sindaco di Palermo, con effetto a partire dal giorno 3 ottobre 2013, in qualità di «dipendente pubblico», senza peraltro specificare in quale ruolo; Cammarata durante il suo mandato a sindaco di Palermo è stato aspramente contestato da tutte le forze politiche per la pessima gestione della cosa pubblica che ha portato il comune di Palermo al dissesto finanziario, ed è stato costretto alle dimissioni anticipate lasciando ai suoi successori il problema di risanare i conti pubblici; a marzo del 2013, il giudice dell'udienza preliminare di Palermo aveva accolto la richiesta di rinvio a giudizio di Cammarata per i reati ipotizzati di disastro doloso, avvelenamento delle acque, inquinamento del sottosuolo e traffico illecito di rifiuti, legati alla gestione illegale della discarica di Bellolampo che sorge alle spalle della città di Palermo; ad aprile 2013 Cammarata è stato condannato in primo grado dai giudici della terza sezione del tribunale di Palermo a 3 anni di reclusione per abuso d'ufficio e falso nel cosiddetto processo Skipper; inoltre, durante il suo mandato, il comune di Palermo per anni ha assegnato i beni confiscati alla mafia ad associazioni a scopo di lucro, e, in particolare, ad un'associazione il cui direttore generale e stato consulente dell'ex sindaco Cammarata: questo è un fatto gravissimo se considerato alla luce della recente nomina, in quanto Cammarata, trovandosi a lavorare all'interno dell'Agenzia gestirà direttamente il patrimonio mobiliare 182 e immobiliare confiscato alla criminalità organizzata; secondo quanto stabilito dalla legge istitutiva dell'Agenzia, possono ricoprire un ruolo negli organi interni di autogoverno solo persone con specifiche qualifiche – in particolare il direttore deve essere un prefetto, i membri del consiglio direttivo devono essere magistrati, esperti in materia di gestioni aziendali e patrimoniali, i membri del collegio dei revisori devono essere revisori contabili iscritti al relativo albo – che Diego Cammarata non sembra possedere, avendo dimostrato, anzi, ad avviso degli interroganti un chiaro e spiccato spregio della cosa pubblica; infine, in considerazione delle delicate funzioni che l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ha il compito di svolgere, i suoi dipendenti devono comunque avere particolari qualifiche e, soprattutto, si ritiene che una delle pre-condizioni fondamentali per svolgere qualsiasi mansione al suo interno a qualunque titolo sia il non aver commesso reati –: se il Ministro, alla luce dei fatti e delle considerazioni espresse in premessa, intenda verificare la posizione Diego Cammarata all'interno dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e procedere alla revoca della sua nomina; quale ruolo ricopra effettivamente all'interno dell'Agenzia; quali siano stati i criteri utilizzati e le motivazioni addotte per proporre la nomina di Diego Cammarata all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. § 35. Interrogazione a risposta scritta nr. scritta 4-0168872 Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01688, testo presentato da D'AMBROSIO Giuseppe testo di Venerdì 9 agosto 2013, seduta n. 69. 72http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6168&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 183 D'AMBROSIO. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: il Ministro dell'interno, con proprio decreto del 12 novembre 2012, disponeva l'istituzione di una commissione, affidandole il mandato di procedere ad una verifica amministrativa finalizzata ad accertare la regolarità di alcune procedure di appalto gestite dal dipartimento della pubblica sicurezza e dal dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, ed in particolare: a) le procedure di affidamento gestite dal dipartimento della pubblica sicurezza comprese nel P.O.N. «Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno», denominato «PON Sicurezza», ed evocate in un esposto anonimo del 26 luglio 2012; b) le procedure di affidamento relative a opere e contratti pubblici segretati o caratterizzati da particolari misure di sicurezza, gestite da entrambi i dipartimenti sopra menzionati; veniva inoltre affidato alla commissione il compito di approfondire il tema del ricorso alla segretazione dei contratti poiché tale istituto consente all'amministrazione procedente di derogare alle procedure ordinarie di affidamento degli appalti pubblici; all'interno della relazione di questa commissione, datata 21 febbraio 2013, si evidenziano criticità in relazione alle quali già precedentemente la Corte dei Conti, scrutinando alcune procedure di gara, aveva riscontrato e segnalato frequenti scelte amministrative non collimanti con i precetti posti dalla legislazione vigente, individuando, in particolare: a) il ricorso troppo generalizzato alla segretazione; b) l'assenza, in molti casi, dei presupposti di fatto che legittimano il ricorso alla segregazione; c) la competenza all'adozione del provvedimento; d) il carattere assolutamente generico della dichiarazione di segregazione; e) una non sempre efficace funzione di programmazione dei lavori; nel rassegnare le osservazioni conclusive circa l'analisi delle procedure contrattuali verificate, la commissione evidenziava un sensibile scostamento da alcune fondamentali regole poste a presidio degli obiettivi di trasparenza e di apertura al mercato, di reiterate violazioni delle regole che disciplinano le procedure di scelta del contraente, risultando così compromessi i principi di libertà di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza; a conferma di quanto più volte segnalato dalla Corte dei Conti, anche la commissione, pur avendo 184 lavorato su un numero esiguo di procedimenti e per un arco temporale breve, sostanzialmente è giunta alle stesse conclusioni –: se si intenda avviare una verifica completa di tutti gli appalti segretati e quali iniziative si intendano adottare per il futuro, in modo tale da restituire completa trasparenza alle procedure di gara utilizzate nell'ambito del dipartimento della pubblica sicurezza e dal dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile. § 36. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0159773 Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01597 presentato da NESCI Dalila testo di Martedì 6 agosto 2013, seduta n. 66. NESCI. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: a metà luglio del 2013 il giornalista Alberto Nerazzini ha subito un anomalo furto da parte di ignoti, nella sua casa sulle colline bolognesi; l'anomalia del furto è consentito nell'asportazione solo dei personal computer e di materiali per il montaggio video di interviste e servizi, mentre altri beni di valore non sono stati prelevati e analoga attrezzatura video del coinquilino non risulta sottratta dall'abitazione; l'anomalia di detto furto sembra apparire piuttosto come una grave forma di intimidazione; già nel 2002 Alberto Nerazzini aveva subito un anomalo incendio della propria abitazione a Roma; da anni Nerazzini è noto come giornalista coraggioso nella denuncia di misfatti del crimine organizzato; di recente Nerazzini è stato in Calabria, a Locri, a seguire un delicato processo di ’ndrangheta, effettuando interviste e riprese anche in aula; negli ultimi giorni di giugno, in prima serata la televisione pubblica canadese (trasmissione «Enquete») aveva mandato un'inchiesta sulle ramificazioni della ’ndrangheta in 73http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5546&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 185 Canada, realizzata da un pool di giornalisti canadesi in collaborazione con Nerazzini; il suddetto lavoro giornalistico aveva avuto vasto risalto su giornali nazionali, come il Toronto Star, e sui telegiornali, suscitando largo scalpore a Toronto; uno degli obiettivi della suddetta inchiesta era quello di sottolineare il radicamento della ’ndrangheta nella regione di Toronto, sottovalutato dai media e dagli inquirenti, a differenza del Québec dove il Governo ha recentemente creato la Commissione d'inchiesta Charbonneau sull'infiltrazione della mafia italiana negli appalti pubblici; sul Toronto News, il 28 giugno 2013 si è data a Nerazzini notorietà per la ricostruzione della carriera di Giuseppe Bruzzese, arrestato nel 2011 per associazione mafiosa, tanto che il sottotitolo del giornale era, testualmente: «Trial of Thunder Bay's Giuseppe Bruzzese for alleged “Mafia association” highlights reach of ’Ndrangheta organized crime clan»; l'insediamento della ’ndrangheta in Canada è documentato da anni dagli inquirenti locali e, proprio agli inizi di luglio del 2013, sono tornate in auge le lotte di sangue tra bande malavitose calabresi, con l'omicidio di Salvatore Calautti, di cui hanno parlato a lungo tutti i giornali e le televisioni canadesi –: se il Ministro intenda dare luogo ad attività volte a garantire l'incolumità del giornalista Nerazzini e la sua possibilità di continuare a lavorare in una materia così delicata come il giornalismo d'inchiesta sul crimine organizzato anche transnazionale; se il Ministro intenda disporre monitoraggi più efficaci del territorio della provincia bolognese, dove di anno in anno la ’ndrangheta sta acquisendo spazi sempre più rilevanti nell'economia e nel controllo del territorio. 186 Capitolo 4 Al Ministero della Giustizia premesso che …....... per sapere se ………. § 1. Breve sommario In questo capitolo, sono raccolti solo 14 atti di sindacato ispettivo (interrogazioni a risposta scritta, question time in aula, interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che pongono domande e quesiti al Ministro degli Esteri. Molti di questi – alla data di pubblicazione della presente raccolta – non hanno ancora risposta. § 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0170774 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01707, presentato da BUSINAROLO Francesca, testo di Giovedì 5 stemmbre 2013, seduta n. 71: BUSINAROLO. Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: l'articolo 1 della legge n. 148 del 2011 delega al Governo l'emanazione di uno o più decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari; in particolare l'articolo 1 del decreto legislativo 155/12 attuativo della predetta delega, ha disposto la soppressione, tra gli altri, della Sezione distaccata di Chioggia del tribunale di Venezia a decorrere dal 13 settembre 2013; la sede del tribunale di Chioggia non comporta oneri economici per lo Stato, poiché ubicata in un edificio di proprietà comunale la cui gestione è già a carico del comune di Chioggia, che intende farsi 74http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5149&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 187 carico di tutte le spese di gestione e manutenzione, dalla data di soppressione e per tutto il suo successivo utilizzo; la sede del tribunale di Venezia non è in grado di accogliere il carico di lavoro e disporre attualmente di spazi sufficienti e adeguati ad accogliere tutte le sezioni distaccate soppresse; è previsto nell'arco di alcuni anni un ulteriore trasloco interno nel comune di Venezia degli uffici ora sparsi tra centro storico e terra ferma dovuto al completamento della cittadella della giustizia; la soppressione dell'ufficio giudiziario di Chioggia comporterà gravi disagi e spese per i cittadini, gli operatori in genere del diritto, rendendo più gravosa l'accesso alla giustizia per la popolazione della seconda città, per grandezza e numero di abitanti, della provincia di Venezia; l'unica strada che collega Chioggia a Venezia è la S.S.Romea n. 309, già intensamente trafficata e una tra le più pericolose in Italia per incidenti stradali, per cui lo spostamento della sede del Tribunale comporterebbe un ulteriore aggravamento delle condizioni di traffico e dei suoi rischi tale da lasciar presumere altre conseguenze negative per la città; i tempi di percorrenza da Chioggia a Venezia con i mezzi pubblici sono oltre due ore, per raggiungere le varie sedi giudiziarie; da non trascurare i rischi di smarrimento dei corpi di reato e dei fascicoli a causa del trasloco e della giacenza in locali del tutto fatiscenti tanto che attualmente risulta all'interrogante che molti fascicoli sono «archiviati» nei pavimenti dei corridoi del Tribunale di Rialto a contatto con il pubblico; la competenza della sede distaccata di Chioggia ricomprende anche i comuni di Cavarzere e Cona, distanti oltre 70 chilometri dalla sede centrale di Venezia, con ulteriore allargamento del bacino di utenza della sede giudiziaria di Chioggia di altri 25.000 abitanti e giungendo così ad una utenza complessiva di oltre 75.000 cittadini, che nel periodo estivo diventano, a seguito delle presenze turistiche, oltre 200.000; a Chioggia sono presenti diversi altri uffici periferici dello stato, tra cui l'Agenzia delle entrate, l'Agenzia del territorio, la tenenza terrestre e navale della Guardia di finanza, il commissariato di P.S. con dirigente un vicequestore, il comando compagnia dei carabinieri terrestre e navale, con competenza su buona parte della Riviera del Brenta, gli uffici doganali, la capitaneria di porto, la compagnia dei vigili del fuoco, con diverse funzioni ed impegni di polizia 188 giudiziaria che verrebbero inevitabilmente spostati sulla sede centrale con dispendio di risorse e di tempo –: quali atti intenda adottare il Ministro interrogato al fine di procedere ad una più attenta e puntuale analisi delle conseguenze negative, in termini di economicità e funzionamento della macchina giudiziaria, che la soppressione della sezione distaccata di Chioggia del tribunale di Venezia comporterebbe, alla luce delle peculiari caratteristiche legate alla specificità territoriale e alle evidenti criticità di accorpamento; se intenda, al fine di prevenire una serie di disservizi a catena, che pregiudicherebbero irrimediabilmente il diritto alla giustizia di molti cittadini veneti, in attesa di una riorganizzazione più equa su base nazionale, prevedere la proroga di cinque anni di cui all'articolo 8 decreto legislativo n. 155 del 2012; quali iniziative di carattere normativo intenda assumere al fine di rivedere la normativa vigente prevedendo l'esclusione della sezione distaccata di Chioggia del tribunale di Venezia dal procedimento di accorpamento e se non intenda valutare l'opportunità di disporre una proroga del termine di entrata in vigore del decreto legislativo n. 155 del 2012, considerando anche il parere unanime in tal senso espresso dalla Commissione giustizia del Senato. (4-01707) § 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0190775 Interrogazione a risposta scritta 4-01907 presentato da DAGA Federica testo di Venerdì 20 settembre 2013, seduta n. 81 DAGA. Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: il signor Bardhi Elton, nato a Tirana (Albania) il 22 gennaio 1976, attualmente detenuto presso il carcere di Durazzo, è stato tratto in arresto il 7 febbraio 2009 in Albania per l'esecuzione di una sentenza di condanna definitiva pronunciata dal tribunale di Milano in data 10 luglio 2001; 75http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6869&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 189 immediatamente lo stesso proponeva incidente di esecuzione sostenendo di non aver mai ricevuto avviso circa il procedimento a suo carico e chiedendo la restituzione nel termine per proporre appello; in data 6 giugno 2013 il tribunale di Milano, quale giudice dell'esecuzione, dopo oltre quattro anni dall'inizio dell'esecuzione della pena e due annullamenti con rinvio operati dalla Suprema Corte, restituiva il Bardhi nel termine per impugnare la sentenza disponendone l'immediata liberazione; in data 7 giugno 2013 la procura della Repubblica di Milano revocava l'ordine di esecuzione della pena trasmettendo la revoca al Ministero della giustizia per le comunicazioni all'Albania; dopo numerosi solleciti, a fine giugno 2013 il Ministero finalmente trasmetteva l'ordine di scarcerazione, ma a tutt'oggi l'Albania non ha ancora provveduto alla liberazione del detenuto sostenendo che la documentazione inviata dalle autorità italiane non è sufficientemente chiara; nel mese di luglio 2013 il difensore trasmetteva all'avvocato albanese del Bardhi, che a sua volta inoltrava alle autorità albanesi, copia autentica (con apostilla ai sensi della convenzione dell'Aia 5 ottobre 1961) del provvedimento del tribunale di Milano di restituzione nel termine per impugnare con contestuale ordine di liberazione nonché del provvedimento di scarcerazione disposto dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Milano, ma tuttavia l'Albania non ottemperava alla scarcerazione sostenendo che tali documenti dovevano essere trasmessi dal Ministero della giustizia italiano che non aveva provveduto in merito; Bardhi Elton, dopo aver atteso in stato di detenzione quattro anni e mezzo per ottenere il diritto a proporre appello, avverso una sentenza contumaciale in cui sono stati negati i più elementari diritti di difesa, è ora detenuto di fatto illegittimamente da tre mesi e mezzo nonostante un tribunale dello Stato italiano ne abbia disposto la liberazione il 6 giugno 2013; tutto ciò perché, a quanto pare, il Ministero della giustizia non ha trasmesso tutta la documentazione necessaria né si è accertato che il cittadino albanese (detenuto in Albania esclusivamente per una condanna inflitta in Italia e successivamente annullata) venisse effettivamente rimesso in libertà –: se il Ministro sia a conoscenza dei fatti riportati; se non ritenga opportuno trasmettere tutta la documentazione necessaria affinché il diritto del detenuto Bardhi a riacquistare la libertà sia reso effettivo per porre fine nel più breve tempo possibile a una detenzione che prosegue da oltre 100 giorni in assenza di alcun titolo esecutivo; se non ritenga opportuno 190 intervenire per sollecitare il ripristino della legalità mettendo in campo tutte le iniziative necessarie perché il Governo albanese ottemperi all'ordine di liberazione di un detenuto che invece da mesi aveva diritto alla libertà. (4-01907) § 4. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0142276 Interrogazione a risposta scritta 4-01422 presentato da DALL'OSSO Matteo testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59 DALL'OSSO, LOREFICE, CECCONI, BARONI, DI VITA, SILVIA GIORDANO, MANTERO, D'AMBROSIO, DIENI, COZZOLINO, LOMBARDI, DI BENEDETTO e MANLIO DI STEFANO. Al Ministro della giustizia, Al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che: l'articolo 24 della legge n. 183 del 2010 in materia di trasferimenti vede spesso difficoltà nell'applicazione e lo stesso accade per quanto riguarda l'ex articolo 42-bis decreto legislativo n. 151 del 2001, in materia di distacchi per ricongiungimenti familiari; la mancanza di tutela dei diritti in favore dei disabili e dei loro congiunti da parte dell'amministrazione penitenziaria rappresenta un danno non solo agli utenti ma all'immagine stessa della giustizia e dell'amministrazione di questo Paese e si trova in aperto contrasto con le normative vigenti; i soggetti sofferenti da questa situazione, al fine di vedere tutelati i propri diritti, come da normative vigenti, si vedono costretti ad adire al giudizio da parte di un soggetto terzo deputato dalla legge a svolgere tale compito e, nel più delle occasioni, si vedono vincenti con conseguente indennizzo delle spese processuali oltreché del compimento dei trasferimenti e/o i distacchi con notevole esborso da parte della pubblica amministrazione, ovvero dei cittadini tutti –: se sia intenzione di codesto Governo verificare quanto prima tale situazione e come lo stesso esecutivo intenda operare alfine di 76http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4542&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 191 risolvere lo status quo nel minor tempo possibile anche al fine ulteriore di scongiurare eventuali esborsi da parte delle casse dell'erario. (4-01422) § 5. Interrogazione a risposta immediata in assemblea nr. 30029377 Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-00293 presentato da DELLA VALLE Ivan testo di Mercoledì 11 settembre 2013, seduta n. 75 DELLA VALLE e CASTELLI. Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: in data 26 giugno 2013 è stata disposta la perquisizione dell'appartamento del dottor Pierpaolo Pittavino, consulente tecnico sin dal giugno 2012 per l'avvocato Claudio Novaro, uno dei difensori nei processi per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011 accaduti in località Chiomonte (Torino) durante manifestazioni di protesta del Movimento NoTav. La perquisizione è stata disposta a seguito di accusa di stalking ai danni di un operaio del cantiere del cunicolo esplorativo per il progetto della nuova linea Torino-Lione, tale Adelmo Tessa, persona la cui identità risulta essere tuttora ignota al dottor Paolo Pittavino; in data 29 luglio 2013 sono state disposte perquisizioni per dodici cittadini italiani accusati per i reati di cui all'articolo 280, comma 1, n. 3, del codice penale e agli articoli 10 e 121 della legge n. 497 del 1974 per i fatti del 10 luglio 2013, sempre in Chiomonte (Torino) e tra i perquisiti figura la dottoressa Dana Lauriola, parimenti consulente tecnico, sin dal giugno 2012, di avvocati difensori nel processo per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011; a seguito delle suddette perquisizioni non sono state rinvenute né «armi micidiali», né elementi che possano supportare la gravissima accusa di terrorismo, sono invece stati sequestrati indumenti, zaini, effetti personali, telefoni cellulari e computer; i computer sequestrati al dottor Pierpaolo Pittavino e alla dottoressa Dana Lauriola contengono informazioni riservate e legalmente privilegiate, legate alla loro 77http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6400&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMMEDIATA+IN+ASSE MBLEA%27 192 attività professionale di consulenza tecnica nei processi per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011, svolte dai consulenti sin dal mese di giugno del 2012; tale processo con 53 imputati si svolge a Torino nell'aula bunker del carcere delle Vallette ed è entrato da poche settimane nella fase dell'istruttoria dibattimentale; i dottori Pittavino e Lauriola, insieme ad ulteriori consulenti, da più di un anno hanno creato diversi database di informazioni, la replicazione informatica delle produzioni della procura della Repubblica in tale processo (ammontanti queste ultime a svariate decine di migliaia di pagine e migliaia di documenti cartacei, oltre a più di 100 dvd contenenti centinaia di ore di video della polizia scientifica o digos), oltre ad avere curato un'imponente raccolta di materiale probatorio documentale, fotografico e video, da differenti fonti informative, finalizzata a costituire supporto alle linee difensive di tutti gli avvocati della difesa dei 53 imputati, costituitisi in un coordinamento di più di 40 legali dal mese di giugno del 2012; fra gli strumenti utilizzati dal coordinamento dei legali impegnati nella difesa nel processo per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011 rientra una mailing list, estesa ai consulenti, inclusi pertanto i dottori Pittavino e Lauriola, e da questi amministrata. Sulla mailing list in oggetto, a partire dal mese di giugno 2012, sono transitate, e transitano, tutte le più importanti comunicazioni che i 40 e più difensori, anche per ragioni logistiche dettate dal numero e dalle rispettive localizzazioni geografiche in diverse e numerose regioni d'Italia, scambiano fra di loro nell'ideazione e gestione delle strategie difensive relative al processo citato. A titolo esemplificativo della delicatezza e strategicità dello strumento informatico, sul flusso della mailing list in oggetto si è discorso di identità di testimoni da indicare in lista, scelta di video e/o fotografie da produrre, discussioni circa la selezione di riti alternativi; fra i titolari del più volte citato processo per i fatti del 3 luglio 2011 e del 27 giugno 2011, nei quali prestano consulenza tecnica a favore della difesa i medesimi dottori Pittavino e Lauriola, vi sono i pubblici ministeri Antonio Rinaudo ed Andrea Padalino, ovverosia i medesimi pubblici ministeri che hanno disposto le suddette perquisizioni a carico dei dottori Pittavino e Lauriola per diversi fatti avvenuti nell'anno 2013; cittadini, amministratori locali, membri del Parlamento italiano e giuristi indipendenti hanno espresso forti criticità nel merito della validità dei capi di imputazione iscritti a carico della Dr.ssa Lauriola e di altri come lei, che risulterebbero 193 non contestualizzabili nelle vicende legate all'opposizione alla realizzazione del cunicolo esplorativo della Maddalena; va considerata la possibile violazione, a parere degli interroganti: a) dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6, comma 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà, che prevedono che il processo si svolga nel contraddittorio tra difesa e accusa in condizioni di parità, posto che, se una delle parti conosce in anticipo le strategie e le tattiche difensive dell'altra (in questo caso, se così fosse, di ben 53 imputati), ciò integra svantaggio sostanziale ed irreparabile e come tale in contrasto con il sistema costituzionale che regola i diritti degli imputati; b) dell'articolo 103, comma 2, del codice di procedura penale relativo alle garanzie di libertà del difensore e dei suoi consulenti, posto che il sequestro presso il consulente è vietato, di modo che la polizia giudiziaria avrebbe dovuto astenersi dal procedere a sequestrare e poi copiare materiali e strumenti utilizzati per fornire la consulenza, appena ricevutane la notizia dai perquisendi; c) dell'articolo 103, comma 5, del codice di procedura penale qualora la procura della Repubblica di Torino fosse entrata in possesso, in tutto o in parte, del flusso informativo costituito sulla mailing list di cui si è detto, giacché in tale modo essa avrebbe avuto accesso a comunicazioni riservate tra difensori, nonché a comunicazioni riservate tra difensori e loro consulenti, protette a norma del comma 5. In tale evenienza, fermo quanto sopra in merito all'ipotesi di violazione dell'articolo 111 della Costituzione, ci si troverebbe, di fatto, in presenza di intercettazioni di comunicazioni ex articolo 266 e 266-bis del codice di procedura penale, del tutto vietate se a carico di difensori e consulenti; d) dell'articolo 256 del codice di procedura penale in merito alla procedura prevista, e alle relative garanzie, quando si debba reperire documentazione detenuta per ragioni di ufficio e si formuli opposizione del segreto professionale da parte dei consulenti, i quali sono equiparati, secondo la previsione dell'articolo 200 del codice di procedura penale, ai difensori, e cioè a soggetti che non possono essere obbligati a deporre sui fatti conosciuti per la loro professione. Secondo tale disciplina i pubblici ministeri non possono procedere al sequestro nei confronti dei consulenti di quei documenti detenuti per ragioni del loro ufficio, se non a fronte dell'infondatezza della dichiarazione fatta dal consulente circa le ragioni della detenzione dei medesimi documenti. Nel caso di specie risulta, invece, dai 194 verbali di perquisizione che la dottoressa Lauriola abbia prontamente esibito le nomine a consulente da parte delle difese, circostanza peraltro già ampiamente nota ai pubblici ministeri procedenti, ed indicato che i supporti informatici su cui si stava operando il sequestro contenevano materiale elaborato su incarico dei difensori che la avevano nominata. Analogamente ha dichiarato il dottor Pittavino, come appare dal verbale di perquisizione –: se il Ministro interrogato, nell'ambito delle sue competenze, intenda verificare gli elementi esposti in premessa, adottando, qualora una delle ipotesi qui svolte si rilevasse fondata, le iniziative disciplinari che gli competono, oltre ad ogni più opportuna iniziativa a termine di legge che si rivelasse necessaria. (3-00293) § 6. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0083878 Interrogazione a risposta scritta 4-00838 presentato da DIENI Federica testo di Mercoledì 12 giugno 2013, seduta n. 32. DIENI, NESCI, PARENTELA, GALLINELLA, L'ABBATE, GAGNARLI, BARBANTI, DADONE, COZZOLINO, SIMONE VALENTE, BATTELLI e TONINELLI. Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: la recente cronaca della città di Reggio Calabria ha messo in luce minacce e irruzioni ai danni della procura; nel mese di marzo 2013 il pubblico ministero Giuseppe Lombardo, che a Reggio Calabria sta cercando di sventrare il sistema criminale calabrese conducendo inchieste scomode, è stato destinatario dell'ennesima minaccia, avendo ricevuto una missiva accompagnata da cinquanta grammi di polvere da sparo con allegato il seguente messaggio: «Fermati. Perché se non ti fermi da solo lo facciamo noi con altri 200 chili»; il 20 marzo 2013 dentro il palazzo della procura è pervenuta una busta con proiettile destinata al sostituto procuratore Francesco Mollace e al pubblico ministero dell'antimafia Antonio de Bernardo; a pochi giorni dalla nomina a Reggio Calabria del nuovo procuratore della Repubblica Federico Cafiero De Raho, c’è stata un'irruzione da parte di ignoti negli uffici della direzione distrettuale 78http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2299&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 195 antimafia siti al quinto piano del palazzo del Cedir, sede della stanza riservata in cui sono custoditi l'archivio dell'ex procuratore capo Giuseppe Pignatone e fascicoli archiviati di intercettazioni preventive su personaggi politici e magistrati, fascicoli di inchieste importanti; negli ultimi anni lo strumento delle intercettazioni preventive è stato utilizzato per ascoltare avvocati, commercialisti, politici, giornalisti e la maggior parte dei magistrati reggini, tanto che nel novembre 2011 la camera penale G. Sardiello di Reggio Calabria ha organizzato un'assemblea degli avvocati penalisti precisando in una nota che «le conversazioni tra avvocato e assistito vengono intercettate nonostante l'esistenza di un chiaro divieto normativo»; è di questi giorni, infine, la notizia della scomparsa del collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice che, prima di far perdere le sue tracce, ha inviato un memoriale e un video attraverso cui ha descritto la procura di Reggio come caratterizzata da molte ombre e ha spiegato di essere stato indotto a rendere dichiarazioni false per accontentare quei magistrati che gli chiedevano sempre nuove «verità» che inventava per accontentarli –: di quali informazioni si disponga in merito ai fatti riportati in premessa e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare; se dispongano di informazioni in merito all'irruzione da parte di ignoti negli uffici della direzione distrettuale antimafia del Cedir avvenuta pochi giorni prima dell'arrivo a Reggio Calabria del nuovo procuratore capo Federico Cafiero De Raho; se non intenda disporre iniziative ispettive presso la procura di Reggio Calabria alla luce dei fatti descritti in premessa. (4-00838) § 7. Interrogazione a risposta immediata in assemblea nr. 3/0022879 Testo presentato, in data Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59, da: FERRARESI, AGOSTINELLI, BONAFEDE, BUSINAROLO, COLLETTI, MICILLO, SARTI, PETRAROLI e TURCO. Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: 79http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4339&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMMEDIATA+IN+ASSE MBLEA%27 196 nella notte tra il 13 e il 14 giugno 2008, Giuseppe Uva e Alberto Biggiogero venivano condotti nella caserma dei carabinieri di Varese, senza alcuna formale attività di polizia e nessun verbale d'arresto, da un'autovettura dei carabinieri sopraggiunta in seguito alla chiamata da parte di alcuni cittadini in merito al disturbo che Uva e Biggiogero stavano arrecando loro per lo spostamento di alcune transenne a seguito dei festeggiamenti per la vittoria dell'Italia; in data 14 giugno 2008, successivamente all'intervento dei carabinieri e al ricovero in regime di trattamento sanitario obbligatorio, decedeva a soli 43 anni presso il reparto di psichiatria dell'ospedale di circolo di Varese Giuseppe Uva; la procura della Repubblica di Varese iscriveva nel registro delle notizie di reato i medici che avevano preso in cura Giuseppe Uva prima del decesso, dottor Fraticelli e dottor Catenazzi, e ne chiedeva successivamente il rinvio a giudizio per il reato di cui all'articolo 589 del codice penale, omicidio colposo, per errata somministrazione di psicofarmaci; a seguito della celebrazione dell'udienza preliminare di cui al suddetto procedimento, su indicazione del giudice, la procura della Repubblica di Varese iscriveva pure, per il medesimo reato, altro medico che era intervenuto nella cura di Giuseppe Uva, dottoressa Finazzi; circa il primo procedimento menzionato, il giudice per l'udienza preliminare pronunciava sentenza ex articolo 425 del codice di procedura penale, poi annullata dalla Corte di cassazione, nei confronti del dottor Catenazzi e rinviava a giudizio il dottor Fraticelli; il dottor Fraticelli veniva processato dal tribunale di Varese, che, in data 23 aprile 2012, nella persona del giudice, dottor Orazio Muscato, pronunciava la sentenza n. 498 del 2012, con la quale assolveva il dottor Fraticelli con la formula «perché il fatto non sussiste» e ordinava «la trasmissione degli atti al pubblico ministero in sede con riferimento agli accadimenti occorsi tra l'intervento dei carabinieri e l'ingresso di Giuseppe Uva al pronto soccorso dell'ospedale di Varese», con ciò escludendo che la causa della morte di Giuseppe Uva potesse ravvisarsi nelle condotte dei medici che lo avevano preso in cura dopo il suo ingresso in ospedale e ritenendo che si dovessero, invece, vagliare le condotte di tutti i 197 soggetti che erano intervenuti dopo il suo arresto e fino al suo ingresso in ospedale; già dal settembre 2009, la procura della Repubblica di Varese aveva aperto un ulteriore fascicolo rubricato al n. 5509/2009, che dovrebbe avere ad oggetto le circostanze che hanno condotto alla morte di Giuseppe Uva, con particolare riferimento a quanto occorso prima del suo ingresso in ospedale; secondo il tribunale di Varese: «Va rimarcato con chiarezza come costituisca un legittimo diritto dei congiunti di Uva Giuseppe – innanzitutto sul piano dei più elementari sentimenti propri della specie umana – conoscere, dopo quasi quattro anni, se negli accadimenti intervenuti antecedentemente all'ingresso del loro congiunto in ospedale siano ravvisabili profili di reato; e ciò tenuto conto che permangono ad oggi ignote le ragioni per le quali Uva Giuseppe – nei cui confronti non risulta essere stato redatto un verbale di arresto o di fermo, mentre sarebbe stata operata una semplice denuncia per la contravvenzione di cui all'articolo 659 del codice penale – è stato prelevato e portato in caserma, così come tuttora sconosciuti rimangono gli accadimenti intervenuti all'interno della stazione dei carabinieri di Varese (certamente concitati, se è vero che sul posto confluirono anche alcune volanti della polizia) ed al cui esito Uva – che mai in precedenza aveva manifestato problemi di natura psichiatrica – verrà ritenuto necessitare di un intervento particolarmente invasivo quale il trattamento sanitario obbligatorio»; nel suddetto procedimento non è stato mai ascoltato dal pubblico ministero titolare dell'indagine, dottor Agostino Abate, Alberto Biggiogero, condotto in caserma insieme a Giuseppe Uva, il quale ha, fin dal giorno successivo alla morte di Giuseppe, formalmente denunciato di aver sentito le sue grida atroci provenire dalla stanza dove era stato rinchiuso, tanto da chiamare dalla stessa caserma il 118 per chiedere un intervento, successivamente negato, per ordine proveniente dalla stessa caserma dei carabinieri; senz'altro, a tutt'oggi, i congiunti di Giuseppe Uva non hanno ricevuto alcun avviso di richiesta di archiviazione del pubblico ministero dottor Abate che consenta di sottoporre ad un giudice per le indagini preliminari, come da disposizioni di codice, la fondatezza di una sua richiesta di archiviazione per le notizie di reato in ordine al trattenimento in caserma; 198 per converso, nell'ambito del fascicolo 5509/09, a fine marzo 2013, il dottor Abate ha comunicato la conclusione delle sue indagini per reati di diffamazione a carico di Lucia Uva, nonché di responsabili della trasmissione televisiva «Le Iene»; la nipote di Giuseppe Uva, Angela De Milato, ha successivamente sporto una denuncia innanzi alla procura di Brescia nei confronti del dottor Abate per le condotte tenute in relazione al fascicolo 5509/09, denunciando un'illecita «cestinazione» delle notizie di reato inerenti quanto occorso in caserma, senza la dovuta sottoposizione al giudice per le indagini preliminari degli esiti delle indagini compiute sul punto dalla procura, così di fatto integrando condotte di abuso d'ufficio e favoreggiamento nei confronti dei soggetti che potenzialmente potrebbero essere sottoposti ad indagini; in data 16 giugno 2014, interverrà la prescrizione dei reati, inerenti la fase di trattenimento di Giuseppe Uva prima dell'ingresso in pronto soccorso, ipotizzati nella denuncia delle sorelle di Giuseppe Uva: arresto illegale ex articolo 606 del codice penale, omicidio colposo, lesioni personali aggravate dalla qualifica di pubblico ufficiale, violenza privata; la procura generale della Repubblica presso la corte d'appello di Milano ha respinto l'istanza di avocazione presentata dall'avvocato Fabio Anselmo nell'interesse delle signore Angela De Milito, Lucia Uva, Carmela Uva e Maria Altomare Uva nell'ambito del procedimento penale n. 5509/2009, a fronte dell'iscrizione nel registro degli indagati della signora Lucia Uva e dei responsabili della trasmissione «Le Iene»; la morte di Giuseppe Uva resta tuttora senza colpevoli, in quanto il giudice per l'udienza preliminare di Varese, Giuseppe Fazio, il 16 aprile 2013 ha prosciolto il dottor Matteo Catenazzi e assolto la dottoressa Enrica Finazzi dall'accusa di omicidio colposo; il giudice per le indagini preliminari Giuseppe Battarino, in data 20 luglio 2013, non ha accolto la richiesta di archiviazione depositata dal pubblico ministero Abate in data 29 giugno 2013, rilevando altresì all'interno del decreto che: a) la richiesta del pubblico ministero risulta ricca di rilievi pesantemente critici dell'operato del giudice nella sentenza 498 del 23 aprile 2012, ma non è assistita «dal supporto di indagini diverse e successive rispetto a quelle compiute nel procedimento che ha dato luogo all'assoluzione citata e alla trasmissione di notizia di reato alla procura della Repubblica di Varese»; 199 b) «l'iscrizione delle persone asseritamente presenti all'interno della caserma dei carabinieri, per le quali ora si chiede l'archiviazione, è avvenuta solo il 7 maggio 2013», ovvero dopo 5 anni dalla morte di Giuseppe Uva, e ricorda che «l'iscrizione degli indagati nel registro delle notizie di reato è dovere ineludibile e immediato imposto dall'articolo 335 del codice di procedura penale»; c) «la stessa qualificazione giuridica dei fatti, risultante dall'iscrizione delle persone asseritamente presenti all'interno della caserma dei carabinieri come indagati per mere lesioni personali semplici, contraddice gli esiti argomentativi della sentenza n. 498/2012» (dove si assolve il medico Fraticelli, sentenza confermata anche dalla sentenza della corte d'appello) e risulta, quindi, «apodittica, a fronte di un evento – la morte di Giuseppe Uva – da ritenersi allo stato privo di spiegazione giudizialmente accertata» –: se non reputi necessario assumere iniziative ispettive presso la procura di Varese ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza, ivi compresa la promozione dell'azione disciplinare. (3-00228) § 8. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0188580 Testo presentato, in data Giovedì 19 settembre 2013, seduta n. 80, da: GAGNARLI e BALDASSARRE. Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: il decreto legislativo n. 155 del 2012 (articolo 11) recante disposizioni attuative sulla soppressione dei tribunali e riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari a causa di misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria, ha previsto la soppressione di 31 sedi di Fori e delle relative procure della Repubblica, la soppressione di 220 sezioni distaccate, ed è entrato in vigore il 13 settembre 2013; tra le misure contenute nel decreto legislativo n. 155 del 2012, l'articolo 1, alla tabella A allegata, prevede la soppressione del tribunale di Montepulciano, che è già avvenuta; gli avvocati dell'ordine di Montepulciano si sono fatti promotori di una proposta di legge di iniziativa popolare tesa a bloccare l’iter del 80http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6781&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 200 provvedimento, in quanto persuasi che «non si raggiungerebbe né l'obiettivo della riduzione dei tempi di giustizia né quello del risparmio. Anzi, su entrambi i fronti, si registrerebbe un peggioramento rispetto alla situazione attuale»; l'ordine sta anche lavorando ad un esposto alla Corte dei Conti e ad un ricorso a Strasburgo; il sindaco di Montepulciano ha recentemente dichiarato: «sappiamo che il trasferimento a Siena del Tribunale di Montepulciano avrà un costo, a regime, di circa 800.000 euro all'anno contro i circa 200.000 che aveva nel nostro Comune: dunque un incremento iperbolico della spesa che graverà sul bilancio pubblico e quindi sui cittadini. Quanto al funzionamento della macchina giudiziaria, basti ricordare che a Montepulciano mai nessun procedimento penale è finito in prescrizione per scadenza dei termini»; da ricerche effettuate dall'interrogante sono emersi una serie di dati, in accordo con le dichiarazioni dell'ordine degli avvocati e del sindaco di Montepulciano, che dimostrerebbero la consistente riduzione del servizio reso ai cittadini e l'aggravio dei costi che comporterebbe la chiusura del tribunale e della procura di Montepulciano, ed il loro conseguente accorpamento presso il foro di Siena in viale Franci; in particolare, il tribunale e la procura di Montepulciano, asservivano un circondario di 14 comuni (Chianciano, Pienza, Torrita di Siena, Sinalunga, Sarteano, San Casciano, Piancastagnaio, Abbadia San Salvatore, San Quirico, Radicofani, Castiglion d'Orcia, Chiusi, Cetona e lo stesso Montepulciano), su un territorio di circa 1.200 chilometri quadrati; pertanto i cittadini residenti in questi comuni ed i pubblici dipendenti, saranno costretti a percorrere distanze da 2 a 7 volte maggiori di quelle che percorrevano per raggiungere gli uffici giudiziari di Montepulciano; analogamente ai cittadini, anche i testimoni indotti dal pubblico ministero o ammessi direttamente dai giudici, dovranno percorrere maggiori distanze per raggiungere gli uffici giudiziari di Siena, comportando un aumento dei costi di indennità; il palazzo di giustizia di Montepulciano, posto in un fabbricato ristrutturato di recente, si è sempre mostrato perfettamente idoneo a fronteggiare le esigenze del bacino di utenza ed, inoltre, è una struttura i cui costi sono già stati ammortizzati, mentre il tribunale accorpante, che già a fatica smaltisce l'attuale carico, avrà un aumento del bacino di utenza di oltre il doppio, con ovvia ed 201 intuibile paralisi delle attività, situazione ancor più grave se si considera che il tribunale di Siena dovrebbe ricevere anche la sezione distaccata di Poggibonsi; l'aumento dell'utenza nel tribunale di Siena, che diventa la circoscrizione più estesa della Toscana, a giudizio dell'interrogante, implicherebbe la necessità di apportare modifiche delle strutture lavorative, anche nell'ottica dell'adeguamento agli obblighi previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008 (sicurezza sui luoghi di lavoro); ciò comporterebbe un ulteriore aggravio di spese o, addirittura, la necessità di locare dei nuovi immobili, opzione che appare in contrasto con il divieto di concludere nuove locazioni passive da parte delle amministrazioni pubbliche, sancita dall'articolo 3 del decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, convertito dalla legge n. 135 del 7 agosto 2012; il presidente ordinario del tribunale di Siena, come risulta da recenti lettere (del 27 agosto 2013 e del 2 settembre 2013) indirizzate al Ministero della giustizia, in cui si fa riferimento al decreto ministeriale 9 agosto 2013, in applicazione dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 155 del 2012, chiede ed ottiene la proroga dell'utilizzo dei soppressi locali del tribunale di Montepulciano, non avendo il comune di Siena provveduto alla messa a disposizione dei locali necessari al recepimento di personale e materiali provenienti dalle sedi di Montepulciano e Poggibonsi; la commissione istituita dalla legge valuterà gli effetti della riforma della geografia giudiziaria sui singoli casi in un anno di tempo e potrà anche decidere, in presenza di condizioni particolari, di rivedere la decisione di chiusura –: come intenda il Ministro interrogato far fronte all'attuale inidoneità strutturale e funzionale del tribunale centrale di Siena ad ospitare l'enorme contenzioso, civile e penale, rinveniente dalle soppresse sedi di Montepulciano e Poggibonsi; dove il Ministro interrogato ritenga di poter reperire le risorse economiche per fronteggiare le maggiori spese per l'affitto dei nuovi locali necessari e/o per l'adeguamento/ampliamento dell'attuale stabile del tribunale centrale di Siena; se gli uffici giudiziari di Montepulciano possano essere utilizzati in regime di prorogatio nel limite massimo dei cinque anni così come previsto dal decreto e come concesso per alcuni fori in Italia interessati dalla riforma della geografia giudiziaria. (4-01885) 202 § 9. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01566 81 Testo presentato, in data Venerdì 2 agosto 2013, seduta n. 64, da: GIORDANO, DALL'OSSO, BARONI, CECCONI, DIVITA, GRILLO, LOREFICE e MANTERO. Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: una bimba di due mesi, da circa un mese, alla data di presentazione della presente interrogazione parlamentare, è rinchiusa nel carcere della Dozza, a Bologna. La sua mamma è una giovanissima donna di 19 anni che non può ottenere i domiciliari perché «ha precedenti importanti» così la piccola bimba è costretta a vivere dietro le sbarre; sarebbe necessario mettere in atto tutte le iniziative per evitare che bambini come nel caso della piccola, siano costretti a trascorrere tempo in cella insieme alla madre; in questi casi, dal carcere si sollecita l'autorità giudiziaria competente affinché la madre possa essere trasferita assieme al figlio in una struttura alternativa richiesta che risulta all'interrogante essere stata presentata dal carcere della Dozza; nel caso della bimba «detenuta» nel carcere della Dozza di Bologna da una parte sembra non possibile procedere a misure alternative alla custodia in carcere per i precedenti della giovane madre e dall'altra la ragazza ha la famiglia fuori dall'Italia e non ha parenti ai quali affidare temporaneamente la bambina; in questi casi sarebbe necessario poter offrire una casa famiglia o una struttura alternativa almeno nel primo anno di vita dei bambini interessati; la Convenzione di Istanbul recentemente ratificata dall'Italia prevede che i Paesi aderenti sviluppino azioni per la salvaguardia dei minori con madri in carcere; la legge 21 aprile 2011, n 62, istituisce gli ICAM (istituti a custodia attenuata per madri) proprio per rendere la detenzione meno dura per i bambini, ma gli ICAM presenti sul territorio nazionale sono solo due, quello di Milano e quello di Venezia; la questione dei bambini «detenuti» sta diventando sempre più attuale e le cronache dei giornali spesso riportano casi simili a quello citato in questa premessa relativo a Bologna –: se sia a conoscenza del caso citato in premessa; 81http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5374&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 203 quali azioni intenda intraprendere o abbia già avviato per affrontare la questione dei bambini detenuti; se non ritenga necessario procedere alla istituzione di strutture alternative, del resto già previste dalla legge 21 aprile 2011, n 62, al carcere per detenute che hanno bambini, in particolare di età inferiore ai tre anni, senza che questo pregiudichi la effettiva applicazione della pena ma contestualmente prevedendo il rispetto dei diritti del bambino anche tenendo conto degli impegni presi dall'Italia ratificando trattati e convenzioni internazionali. (4-01566) § 10. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0063582 Testo presentato, in data Mercoledì 29 maggio 2013, seduta n. 25, da: LIUZZI, SCAGLIUSI, DE LORENZIS, VIGNAROLI, BIANCHI, COLLETTI, BUSINAROLO, AGOSTINELLI e BONAFEDE. Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: le misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo (ex decreto legislativo del 13 agosto 2011 n. 138 convertito, con modificazioni, legge n. 148 del 14 settembre 2011) prevedono la riorganizzazione della distribuzione di una pluralità di Uffici Giudiziari su tutto il territorio nazionale; il Governo – come appreso dalla Gazzetta Ufficiale n. 216 del 16 settembre 2011 ha il compito di «ridefinire, anche mediante attribuzione di porzioni di territori a circondari limitrofi, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari secondo criteri oggettivi e omogenei che tengano conto dell'estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, e del tasso d'impatto della criminalità organizzata, nonché della necessità di razionalizzare il servizio giustizia nelle grandi aree metropolitane»; i successivi decreti legislativi n. 155 del 2012 e n. 156 del 2012 recanti le disposizioni attuative sull'accorpamento dei tribunali 82http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2096&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 204 prevedono la soppressione di trentuno sedi di fori e delle relative procure della Repubblica quali Acqui Terme, Alba, Ariano Irpino, Avezzano, Bassano del Grappa, Camerino, Casale Monferrato, Chiavari, Crema, Lanciano, Lucera, Melfi, Mistretta, Modica, Mondovì, Montepulciano, Nicosia, Orvieto, Pinerolo, Rossano, Sala Consilina, Saluzzo, Sanremo, Sant'Angelo dei Lombardi, Sulmona, Tolmezzo, Tortona, Urbino, Vasto, Vigevano e Voghera l'istituzione del nuovo Tribunale di Napoli Nord (nuova denominazione del Tribunale di Giugliano in Campania, già previsto e non attuato), la soppressione di duecentoventi sezioni distaccate di Tribunale; la soppressione di seicentosessantasette sedi di giudice di pace; per le sedi di Tribunale delle sezioni distaccate di tribunale, l'entrata in vigore è fissata per il 13 settembre 2013 (articolo 11 decreto legislativo n. 155 del 2012); per le sedi dei giudici di pace, l'articolo 3 del decreto legislativo n. 156 del 2012 prevede la facoltà, per gli enti locali interessati, di chiedere il mantenimento degli uffici, anche con accorpamenti, «facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia nelle relative sedi, ivi incluso il fabbisogno di personale amministrativo che sarà messo a disposizione dagli enti medesimi»; nella regione Basilicata – che si estende per 10.000 chilometri quadrati con 577.562 abitanti (Istat 2012) – attualmente esistono quattro tribunali di cui due provinciali, Potenza e Matera, e due subprovinciali, Melfi e Lagonegro, a presidio dell'area Nord e Sud della Basilicata; grazie alla collocazione strategica i quattro tribunali hanno permesso sino ad oggi di svolgere un'efficace azione di contrasto alla criminalità organizzata calabrese (tribunale di Lagonegro situato a sud della regione) e campana (tribunale di Melfi a nord della Basilicata) impedendo con il loro esercizio di saldare un'asse criminale tra ’ndrangheta-camorra-sacra corona unita; la relazione ministeriale di Luigi Birritteri, capo dipartimento organizzazione giudiziaria, sviluppata nell'arco di 10 mesi e poi depositata a maggio 2012 ha evidenziato la necessità di mantenere tre tribunali sui quattro presenti in Basilicata, chiarendo che, pur non essendo espressamente vietata la modifica degli attuali ambiti distrettuali, per convenzione interpretativa si è scelto di non 205 modificare i confini delle corti di appello prima dell'individuazione del tribunale da eliminare sul territorio; il 25 gennaio 2012 nel discorso durante l'audizione alla Camera della Commissione giustizia, Luigi Birritteri relazionava affermando che «il plafond astratto dei tribunali sopprimibili, che è pari a 57 tribunali su 165, scende a 46-47 in base a quella che è stata efficacemente definita la ”regola del tre”; vi sono, cioè, tribunali non provinciali, quindi astrattamente sopprimibili, che, però, diventano insopprimibili: non si sa quali siano, ma si sa che in ogni corte d'appello bisogna mantenere almeno tre tribunali. Pertanto, si adotta una norma di favore rispetto alle corti d'appello di dimensioni più piccole. E il caso della Basilicata o del Molise, diverso da quello del Piemonte, dove ci sono 17 tribunali astrattamente tutti sopprimibili, o di alcune sedi di corte d'appello, come Messina, dove ci sono 4 tribunali, di cui 3 molto piccoli, ma dove se ne potrà sopprimere solo uno. Non sappiamo quale sarà soppresso (Barcellona, Patti o Mistretta), ma 2 su 3, per obbligo di legge, dovranno necessariamente salvarsi”»; la legge delega 14 settembre n. 148 del 2011 suggerisce il mantenimento di tutti e quattro tribunali lucani, necessari per la situazione oro-geografica nella quale sono collocati, per grave carenza di infrastrutture (stradali e ferroviarie) idonee ad assicurare spostamenti in tempi ragionevoli tra le varie zone della Basilicata; il tribunale di Melfi, secondo i dati trimestrali (anno 2012) di cui il Ministero della giustizia è in possesso, risultava intangibile per garantire il funzionamento di almeno tre tribunali per corte d'appello presenti sul territorio lucano. Inoltre Melfi, vanta un maggior numero di organico contando 10 magistrati in tribunale e 4 in procura rispetto a quello di Lagonegro che conta 8 magistrati in tribunale e 3 in procura; i decreti legislativi prima citati (155 del 2012 e 156 del 2012) prevedono la soppressione del tribunale di Melfi, salvaguardando il tribunale di Lagonegro (previo accorpamento, a quest'ultimo, del tribunale di Sala Consilina); secondo la relazione di Luigi Birritteri, che analizza i criteri adottati dal decreto legislativo, è stata violata la convenzione interpretativa che impone di non modificare gli ambiti territoriali dei distretti della corte di appello; e la logica di accorpare il tribunale più grande (Sala Consilina) a quello più piccolo (Lagonegro); 206 l'accorpamento del tribunale di Sala Consilina (appartenente alla Campania) al tribunale di Lagonegro (Basilicata), distanti fra loro solo 30 chilometri, produrrebbe ulteriori costi attribuibili alla necessità dell'utilizzo di un'altra struttura che a sua volta costerebbe di lavori di manutenzione; il tribunale di Melfi è già di proprietà di Stato e sotto gestione del Ministero della giustizia il cui costo è di soli circa 450.000 euro l'anno e non richiede lavori di intervento e di adeguamento e manutenzione; dai dati statistici elaborati dal Ministero della giustizia a seguito delle relazioni trimestrali del presidente del tribunale, Melfi è risultato il terzo tribunale della Basilicata e si trova in un'area strategica a forte presenza industrializzata. Infatti nella zona è presente il complesso SATA-FIAT – tra i più grandi d'Europa – e un indotto di piccole e medie imprese, dove è prossima la costituzione del CAFI (Centro di alta formazione ingegneristica) FIAT per ingegneri e tecnici di eccellenza; gli stessi dati presentano altresì un notevole contenzioso dovuto alla presenza del termodistruttore Fenice – EDF Spa avvalorandone di fatto un intensa attività giudiziaria; il tribunale di Melfi ha svolto e svolge un ruolo fondamentale per contrastare la criminalità organizzata. La città di Melfi, infatti possiede un carcere di terzo livello. Non ci sono detenuti legati al regime 41-bis, anche se – come appreso dalla stampa – Savinuccio Parisi (boss barese) è stato trasferito proprio a Melfi. La chiusura del tribunale di Melfi, e il suo accorpamento presso il tribunale di Potenza comporterebbe lo spostamento dei detenuti che dovrebbero essere scortati a Potenza in caso di udienza o interrogatorio, con un probabile aumento di costi, tra magistrati, avvocati e polizia penitenziaria di scorta; Melfi dista da Potenza circa 60 chilometri e non dispone di mezzi di trasporto (alternativi ai trasporti su gomma) tali da rendere più agevole la connessione. La S.S. 658 Melfi-Potenza risulta essere il percorso con il più alto tasso di mortalità per incidenti stradali. Per questa ragione il Cipe ha deliberato un piano nel 2011 per interventi in messa di sicurezza della SS658 di 200 milioni di euro di cui finanziamenti disponibili 45,1, di cui Fondi Fas 35,1. L'arteria si presenta infatti a una sola carreggiata e, rappresentando l'unica strada che collega l'intera regione allo stabilimento Fiat di Melfi, risulta essere totalmente inadeguata all'elevato volume di traffico pesante e pendolare circolante su di essa. Il termine dei lavori è 207 previsto non prima di sei anni. Attualmente non esistono modalità alternative alla SS658 per raggiungere da Melfi la città di Potenza, se non attraverso piccole strade provinciali e comunali che allungano notevolmente il tragitto di percorrenza di circa un'ora e mezza; a Palazzo San Gervasio, esiste un Centro di identificazione e espulsione (CIE) di immigrati che ha come riferimento giudiziario nel tribunale di Melfi; secondo una relazione tecnica il tribunale di Potenza non è stato reso idoneo ad ospitare il tribunale di Melfi (Relazione ingegner Totaro 31 ottobre 2012 richiesta dal Presidente del tribunale e dal presidente della Corte d'Appello di Potenza e dal presidente del tribunale di Melfi e relazione ingegner Lisi protocollo 10967/2013 del 6 febbraio 2013 depositata presso l'ufficio del sindaco di Potenza, ingegner Vito Santarsiero) poiché lo stesso palazzo di giustizia potentino richiederebbe un adeguamento dei suoi uffici, per lavori stimati intorno ai quattro milioni di euro e con un tempo minimo tre anni per il completamento delle opere atte all'assorbimento di tutto il personale di Melfi e del suo archivio cartaceo; la stessa struttura attuale del tribunale di Potenza non risponde ai criteri del disegno di legge 81 del 2008 sulla sicurezza e sulla salute nei luoghi di lavoro; i pareri richiesti ed inviati tra gli altri al Presidente del Consiglio pro tempore Monti, al Ministro della giustizia pro tempore Severino, ai presidenti e componenti delle Commissioni giustizia della Camera e del Senato, dal Prof. Verde (ordinario di diritto costituzionale della facoltà di giurisprudenza dell'università di Palermo e direttore del dipartimento Iura nel luglio 2012) e successivamente dal Prof. Fabrizio Parisi (docente ordinario di diritto costituzionale dell'università dell'Aquila del luglio 2012 –addendum a parere già espresso nel giugno 2012) avevano rilevato l'incostituzionalità e illegittimità dello schema di decreto legislativo recante «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, in attuazione dell'articolo 1, comma 2 della Legge 14 settembre 2011 n. 148 approvato dal consiglio dei ministri in attuazione della delega per la riorganizzazione degli uffici giudiziari e dei successivi Ddl»; il TAR della Basilicata, su una vicenda analoga riguardante l'accorpamento del tribunale di Pisticci al tribunale di Matera, con sentenza n. 00401/2012 REG.RIC. si è espresso in senso favorevole al ricorso, sospendendo di fatto l'anticipazione 208 all'accorpamento dei due organi giudiziari richiesta dal presidente del tribunale di Matera; vanno considerate le peculiarità funzionali e territoriali del tribunale di Melfi e l'imminente accorpamento di quest'ultimo al tribunale di Potenza previsto per il 13 settembre 2013 (articolo 11 decreto legislativo n. 155 del 2012) –: se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, anche normative di propria competenza che tengano conto di criteri oggettivi, dell'estensione del territorio, dei carichi di lavoro e dell'indice delle sopravvenienze, della specificità territoriale e del bacino di utenza (anche con riguardo alla situazione infrastrutturale) e del tasso d'impatto della criminalità organizzata ai fini della riorganizzazione territoriale della giustizia a differenza di quanto disposto dai decreti legislativi n. 155 e 156 del 2012. (4-00635) § 11. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0051183 Testo presentato, in data Lunedì 20 maggio 2013, seduta n. 19, da: MUCCI e DALL'OSSO. Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che: in data 26 febbraio 2013, il consigliere regionale Alberto Vecchi, vice presidente della commissione politiche per la salute e politiche sociali, ha presentato un'interrogazione regionale in cui esponeva quanto di seguito: il signor Flavio Amico, che gestisce insieme alla moglie la «casa famiglia» legata all'Associazione onlus «We are here – Noi siamo qui» – struttura nella quale bambini e adolescenti, allontanati da genitori giudicati inadeguati ad occuparsi di loro, vengono accolti e aiutati a ritrovare un ambiente sereno per ricostruire il loro equilibrio – è imputato dei reati di maltrattamento di minori e abuso di mezzi di correzione in un processo in corso nel tribunale di Parma sede distaccata di Fidenza; la denuncia, sporta da un educatore che all'epoca dei fatti lavorava nella struttura fidentina, si riferisce a due episodi, uno avvenuto nel 83http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1948&stile=7&highLig ht=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27. 209 2008 e uno nel 2009, ai danni di due ragazzi allora ospiti dalla comunità sopra indicata; nel frattempo il Flavio Amico continua a gestire la comunità familiare a Fidenza e a lavorare come educatore anche nella comunità educativa per minori Cà degli Angelidi Tabiano Terme, aperta nel 2009 e recentemente trasferita all'interno di una struttura di accoglienza più ampia, Casa, Viburno, nata lo scorso anno sempre per mano dell'Associazione «We are here – Noi siamo qui», di cui la moglie dello stesso signor Amico è presidente; il signor Amico, inoltre, secondo l'avvocato Francesco Miraglia del foro di Modena, legale di fiducia dei genitori di un ragazzino ospitato nel 2010 nella comunità Cà degli Angeli di Tabiano e autore del libro sui diritti violati dell'infanzia «Mai più un bambino», avrebbe un passato da brigatista e sarebbe stato coinvolto nel sequestro Moro e per questo condannato a 18 anni di carcere per associazione sovversiva; in una lettera molto circostanziata l'avvocato Miraglia, infatti, riporta che nel 1978 il signor Flavio Amico era stato arrestato insieme ad altri esponenti delle Brigate Rosse in via Montenevoso 8, a Milano, nella cosiddetta «prigione del popolo» e, al momento dell'arresto, si era dichiarato «combattente comunista» e, in un'altra occasione, «prigioniero di guerra». Per il suo coinvolgimento nel sequestro Moro, inoltre, il signor Amico, appartenente alla colonna brigatista «Walter Alasia», che si autodefiniva «irriducibile», fu condannato a 18 anni di carcere per associazione sovversiva. Dal 1978 al 1998 lo stesso Amico risulta, inoltre, aver collezionato numerose condanne anche per reati contro la persona; sulla vicenda sembra che anche il Garante per l'infanzia e l'adolescenza, organo istituito nel 2011 presso la regione Emilia Romagna, stia compiendo verifiche e accertamenti; l'assessore alle politiche, sociali, dottoressa Teresa Maoicchi, nella sua risposta del 26 marzo 2013, ha affermato che: «in seguito all'iniziativa degli uffici regionali, orientata – secondo quanto previsto dalla D.G.R. 1904/2011 – a disporre controlli e verifiche sulle strutture autorizzate, sono pervenute: resoconto di visita ispettiva compiuta dalla competente Commissione in data 21 febbraio 2013 presso la Comunità familiare «Noi siamo qui – we are here» sita in Fidenza; resoconto di visita ispettiva compiuta dalla competente Commissione in data 19 febbraio 2013 presso la Comunità 210 educativa «Cà degli Angeli», sita in Tabiano-Salsomaggiore; le visite ispettive che sono state fatte prima dell'interrogazione non hanno evidenziato criticità a carico del soggetto gestore; le relazioni fin qui pervenute dai servizi sociali invianti evidenziano un positivo rapporto dei ragazzi con le figure educative di riferimento e la direzione delle strutture ma non chiariscono come una persona attualmente imputata di reati di maltrattamento di minori e abuso di mezzi di correzione e già condannata a 18 anni di carcere per associazione sovversiva e per reati contro la persona (sebbene abbia pagato il suo debito con la giustizia e sebbene sia solo indagato) possa continuare a gestire una comunità familiare e a lavorare come educatore anche in una comunità educativa per minori; secondo la Gazzetta di Parma del 15 febbraio 2013, un'altra famiglia avrebbe presentato una denuncia contro la casa famiglia in oggetto per i maltrattamenti subiti dai loro due bambini che ora hanno 17 e 18 anni –: se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra riportato e se il Governo non ritenga di intervenire nell'ambito delle proprie competenze, in particolare adottando iniziative normative volte ad evitare che persone incorse in condanne per reati quali quelli indicati in premessa possano essere titolari di autorizzazioni per gestire strutture socio assistenziali e socio sanitarie, che si occupano di minori. (4-00511) § 12. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0128884 Interrogazione a risposta scritta 4-01288 presentato da PINNA Paola testo di Mercoledì 17 luglio 2013, seduta n. 55. PINNA, GRANDE, CURRÒ e VALLASCAS. Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: i diritti umani sono un prodotto storico, frutto della sovrapposizione fra teorie, fatti e norme e sono stati generati da cambiamenti ed evoluzioni di natura economica, politica e culturale. La loro affermazione ha presupposto il rovesciamento di un ordine 84http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4047&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 211 concettuale e sociale e il fondamento degli stessi è da ricercare nel loro riconoscimento da parte della società come valori in sé. Tuttavia, come affermava Norberto Bobbio ne L'età dei diritti, «nonostante la loro desiderabilità non sono ancora stati tutti, dappertutto, e in egual misura, riconosciuti»; il divieto di tortura costituisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche ed ha natura assoluta e inderogabile; la condanna della tortura, sia come prassi sia attraverso il divieto esplicito sancito da specifiche leggi, rappresenta una della maggiori sfide della comunità internazionale e del nostro Paese. Tuttavia, nell'ordinamento italiano tale reato non è ancora riconosciuto e perseguito, infatti, nonostante i vari governi succedutisi abbiano manifestato buone intenzioni non si è mai giunti a una codificazione definitiva; l'immobilismo italiano lascia perplessi in quanto il divieto di tortura, oltre a essere previsto da numerose convenzioni e trattati sottoscritti dall'Italia, è espressamente sancito dalla Costituzione, che all'articolo 13 afferma: «è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà», e trova fondamento negli articoli 2 e 10, del testo costituzionale, in cui rispettivamente si afferma che «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità» e che «l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute»; in ambito internazionale, con l'articolo 5 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, la comunità internazionale si è espressa per la prima volta contro il perpetrarsi di gravi violazioni: «nessuno può essere sottoposto a tortura e a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti». Nel 1966 il divieto della pratica della tortura fu inserito nell'articolo 7 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, ratificato in Italia ai sensi della legge n. 881 del 1977, che riporta il dettato dell'articolo 5 sopracitato; inoltre, l'articolo 1, comma 1, della Convenzione delle Nazioni Unite – approvata dall'Assemblea generale il 10 dicembre 1984 e ratificata dall'Italia con la legge 3 novembre 1988, n. 498 – definisce come tortura «qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata aver 212 commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito». Inoltre, all'articolo 4 la citata Convenzione prevede che ogni Stato consideri tali atti quali trasgressioni nei confronti del proprio diritto penale, pertanto, l'introduzione del reato di tortura nel codice penale corrisponde ad un obbligo giuridico internazionale, come più volte sollecitato dal Comitato istituito dalla Convenzione europea per la prevenzione della tortura – adottata a Strasburgo il 26 novembre 1987, di cui alla legge 2 gennaio 1989, n. 7 – il quale ha sottolineato reiteratamente come sia necessario supplire a tale lacuna normativa; a livello europeo la proibizione della tortura è prevista all'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali – firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata dall'Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848 – tale articolo, che richiama letteralmente l'articolo 5 della Dichiarazione del 1948, contempla tre tipi di condotte: tortura, trattamenti o pene inumane e trattamenti o pene degradanti, senza fornire alcuna indicazione per distinguere le diverse situazioni con il preciso fine di evitare che rimangano prive di copertura altre eventuali forme di patimento. Tale carattere di essenzialità ha permesso di sviluppare una piuttosto ampia discrezionalità interpretativa e la Corte europea ha fatto discendere dalla disposizione anche una serie di obblighi, negativi e positivi, a carico degli Stati membri, fra cui l'obbligo positivo che concerne il trattamento penitenziario da riservare alle persone sottoposte a misure privative della libertà personale. Infatti, secondo il giudice di Strasburgo lo stato di detenzione «non fa perdere al detenuto il beneficio dei diritti sanciti dalla Convenzione. Al contrario, in alcuni casi, la persona incarcerata può avere bisogno di una maggiore tutela proprio per la vulnerabilità della sua situazione e per il fatto di trovarsi totalmente sotto la responsabilità dello Stato»; sempre in ambito europeo, l'esigenza dell'Unione europea di sganciarsi dagli angusti confini di una dimensione meramente economica per avviarsi verso la meta dell'integrazione politica ha portato alla stesura la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, coronamento di un percorso anticipato dalle sentenze della Corte di Lussemburgo: un corpus di norme non 213 scritte che ha introdotto la tutela dei diritti umani in una situazione di quasi totale silenzio dei testi normativi comunitari. La Carta al Capo I articolo 4 recita: «nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti»; infine, il 3 aprile 2013 l'Italia ha depositato lo strumento di ratifica del protocollo opzionale alla Convenzione ONU contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti. Esso istituisce un sistema a «doppio pilastro» di ispezione e monitoraggio dei luoghi di detenzione volto a prevenire la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti: a livello internazionale viene istituito il Sottocomitato delle Nazioni Unite sulla prevenzione della tortura, mentre a livello nazionale gli Stati parte hanno l'obbligo di creare, entro un anno dalla ratifica del Protocollo, un apposito organismo indipendente, il cosiddetto meccanismo nazionale di prevenzione; tuttavia, come anticipato, nonostante le nostre istituzioni e la nostra classe politica dichiarino di essere a favore dell'introduzione del reato di tortura nell'ordinamento italiano non si riesce a portare a termine tale processo. Introducendo leggi chiare contro la tortura, anche a carico dei pubblici ufficiali, si tutelerebbero non solo gli individui vittime dei delitti ma, sul piano della prevenzione e della repressione, si agevolerebbe l'accertamento delle responsabilità personali dei colpevoli proteggendo la reputazione complessiva delle forze di polizia spesso oggetto di una indiscriminata e ingiusta criminalizzazione; l'8 gennaio 2013, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia per violazione dell'articolo 3 Cedu – Torreggiani e altri c. Italia, ric. nn. 43517/09, 46882/09, 55400/09, 57875/09, 61535/09, 35315/10 e 37818/10 – rigettando la richiesta per il riesame del caso. La ragione che ha determinato tale condanna per il nostro Paese trae origine dal numero di detenuti presenti all'interno delle strutture carcerarie italiane che è di molto superiore a quello che le stesse sono programmate ad ospitare. Secondo i dati del portale del Ministero della giustizia, al 30 giugno 2013, la popolazione carceraria presente negli istituti è pari a 66.028 persone, mentre la capienza regolamentare è di 47.022. A questi numeri si aggiungono altri tristi dati: nell'ultimo anno e mezzo, nei penitenziari italiani, vi sono stati 84 suicidi e 150 morti per altre cause; non è la prima occasione in cui l'Italia riceve una condanna per tali ragioni, infatti, il 16 luglio 2009 i giudici di Strasburgo avevano accertato la violazione del suddetto articolo 3 a carico dell'Italia. Ma rispetto ad allora la sentenza di gennaio 2013 si 214 inserisce nella procedura delle cosiddette «sentenze pilota». Infatti, tale decisione porta con sé un'inevitabile forza cogente volta ad assicurare esecuzione alle sentenze della Corte, secondo quanto previsto dall'articolo 46 Cedu, per cui lo Stato membro responsabile della violazione non può limitarsi al risarcimento economico a titolo di equa soddisfazione, ma deve trovare mezzi e misure atti a rimuovere la violazione accertata; infatti, la Corte di Strasburgo ha ingiunto allo Stato italiano di introdurre, entro il termine di un anno dal momento in cui la sentenza della Corte sarà divenuta definitiva, «un ricorso o un insieme di ricorsi interni idonei ad offrire un ristoro adeguato e sufficiente per i casi di sovraffollamento carcerario, in conformità ai principi stabiliti dalla giurisprudenza della Corte». In tale lasso di tempo la Corte sospenderà le procedure relative a tutti gli altri ricorsi analoghi attualmente pendenti e che allo stato attuale superano la soglia dei cinquecento –: quale sia la sua posizione in merito all'introduzione del reato di tortura nel nostro ordinamento e quali decisioni intenda adottare a riguardo, al fine di adempiere – nel rispetto della Costituzione e nello specifico degli articoli 2, 10 e 13 – gli impegni assunti in ambito internazionale concernenti il divieto di «tortura, pene o trattamenti inumani o degradanti» e la tutela dei diritti umani, humus di un Paese democratico; quali rimedi, preventivi e compensativi, intenda utilizzare per rimuovere la violazione accertata nella sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo dell'8 gennaio 2013, Causa Torreggiani e altri c. Italia. (4-01288) § 13. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0170985 Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01709 presentato da NUTI Riccardo testo di Giovedì 5 settembre 2013, seduta n. 71 NUTI, DI BENEDETTO, DI VITA, LUPO e MANNINO. Al Ministro della Giustizia - Per sapere – premesso che: 85http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6231&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 215 la casa circondariale «Pagliarelli» è un importante istituto penitenziario di Palermo, il quale presenta una preoccupante situazione di sovraffollamento; nell'ottobre del 2009 alcuni articoli di stampa riportavano notizie secondo le quali il direttore della casa circondariale «Pagliarelli», tale dott.ssa Laura Brancato, spiava i dipendenti della struttura penitenziaria, usava apparecchi telefonici della struttura penitenziaria a fini privati e addirittura fingeva nei referti medici di essere una detenuta per ottenere gratuitamente prestazioni sanitarie; le indagini erano iniziate a seguito di un esposto da parte di funzionari della Polizia Penitenziaria dipendenti della struttura carceraria palermitana, in particolare appartenenti al Sindacato di categoria «SINAPPE», che in seguito ricevettero provvedimenti disciplinari e di distaccamento; tramite il decreto n. 0397382/2009 del 9 dicembre 2009, il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria sospese la dott.ssa Brancato in via cautelare. Nel frattempo la Procura di Palermo ottenne nel febbraio del 2010 il suo rinvio a giudizio; nel giugno del 2012 la dott.ssa Brancato fu condannata in primo grado dai giudici della quarta sezione del tribunale di Palermo ad un anno per peculato con sospensione della pena; nel gennaio del 2013, tramite decreto n. 0002814/2013 del 23 gennaio 2013 firmato dal Capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, venne revocata la sospensione dal servizio della Brancato che fu poi assegnata alla Direzione della casa circondariale di Contrada Balate, Gela; nel giugno del 2013, su ricorso della dott.ssa Brancato, l'ordinanza cautelare n. 00611/2013 del 21 giugno 2013 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana sospese in via cautelare il provvedimento del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria sopracitato; secondo quanto si apprende da organi di informazione, la dott.ssa Brancato «si è presentata in servizio» il giorno 2 luglio 2013 presso la casa circondariale «Pagliarelli», nonostante fosse già in servizio la Dott.ssa Francesca Vazzano, facente le funzioni di Direttore; se la dott.ssa Brancato fosse nuovamente destinata alla Direzione del «Pagliarelli», vi è il fondato rischio di ritorsioni ai danni dei dipendenti dell'istituto penitenziario, che la denunciarono a suo tempo, oltre alla necessità di valutare le conseguenze di immagine legate alla nomina alla Direzione di una casa circondariale di un soggetto condannato, seppur in primo grado; tali preoccupazioni sono rese ancor più concrete dal profilo psicologico e comportamentale della Brancato, 216 dal quale emerge, come si può leggere nelle sentenza n. 01202/2011 della Sezione Prima del TAR di Palermo, «una preoccupante inclinazione a ricorrere ad inganni e falsificazioni per ottenere dei profitti privati, un utilizzo di beni pubblici per fini privati ed una gestione assolutamente personalistica dell'istituto» – se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti in premessa, ritenga opportuna la nomina della Dott.ssa Brancato alla Direzione di una casa circondariale; dove presti servizio e quale posizione ricopra attualmente la dott.ssa Laura Brancato. § 14. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0128986 Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01289 presentato da VILLAROSA Alessio Mattia testo di Mercoledì 17 luglio 2013, seduta n. 55 VILLAROSA, PESCO, CANCELLERI, RUOCCO e D'UVA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che: all'articolo 47 decreto del Presidente della Repubblica 639 del 1970 I e II comma si prevede che: «Esauriti i ricorsi in via amministrativa, può essere proposta l'azione dinanzi l'autorità giudiziaria ai sensi degli articoli 459 e seguenti del codice di procedura civile. Per le controversie in materia di trattamenti pensionistici l'azione giudiziaria può essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell'Istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione, ovvero dalla data di scadenza dei termini prescritti per l'esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione»; il decorso del termine triennale incide soltanto sull'azione giudiziaria volta al conseguimento delle prestazione, che, in tal caso diviene inammissibile per l'avvenuta decadenza; tuttavia, in materia 86http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4048&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 217 previdenziale, al lavoratore viene riconosciuta la facoltà di poter ripresentare una nuova domanda amministrativa finalizzata ad ottenere la prestazione previdenziale, e, nell'ipotesi di mancato accoglimento, ricorrere, nuovamente, in giudizio sempre nel rispetto del termine triennale; l'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 639 del 1970 è stato modificato ed interpretato dall'articolo 6 del decreto-legge 29 marzo 1991 n. 103, convertito con modificazioni, dalla legge 1o giugno 1991 n. 166, e dall'articolo 4 del decreto-legge 19 settembre 1992 n. 384, convertito con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992 n. 438; le modifiche legislative hanno previsto che il decorso del termine triennale comporti oltre alla decadenza della domanda processuale anche la perdita dei ratei pregressi, ossia delle somme maturate prima della domanda giudiziale. In ogni caso, persiste la facoltà di ottenere i ratei successivi conseguibili per effetto di nuova domanda amministrativa; per i lavoratori esposti all'amianto, nell'applicazione della norma, la giurisprudenza ha perseguito una via restrittiva con l'introduzione di una decadenza tombale non prevista dal nostro ordinamento; attraverso l'articolo 47 decreto del Presidente della Repubblica 639 del 70 come successivamente modificato, che ha risvolti meramente processuali, è inciso su un diritto sostanziale e costituzionalmente garantito dei lavoratori i quali, decorso il termine decadenziale di tre anni, perderanno definitivamente il diritto alla contribuzione per esposizione all'amianto (ratei pregressi e ratei futuri). Non potranno ripresentare ulteriore domanda in via amministrativa, ed in tal caso, il ricorso in sede giudiziale gli verrà inevitabilmente rigettato; l'articolo 38, comma 1, lettera d), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111, disposizioni urgenti per la stabilizzazione economica (manovra economica 2) aggiunge all'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, un sesto comma: «Le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte»; anche con l'introduzione di questa norma non sono cessate le dispute interpretative sulla disciplina della decadenza amianto; la giurisprudenza delle sezioni unite dal 2006 al 2009, concordava nel ritenere che i benefici per l'amianto non erano 218 soggetti a decadenza alcuna in quanto costituivano un adeguamento successivo della liquidazione della pensione; nel corso degli anni, tuttavia, l'orientamento prevalente della Cassazione (Sezioni semplici), pur in contrasto con la giurisprudenza delle sezioni unite (sent. n. 12720/09), a partire dalla sentenza n. 12685/08 tende all'applicazione di un regime ad hoc non previsto da alcuna norma (Gfr. Cass. n. 14475/2012: Cass. n. 6382/2012, Cass. N. 4695/2012, Cass. n. 3605/2012, Cass. n. 1629/2012, Cass. n. 12052/2011, Cass. n. 8926/2011, Cass. n. 7138/2011), secondo tali decisioni poiché non si tratta di rivalutare l'ammontare di singoli ratei, bensì i contributi previdenziali necessari a calcolare la pensione originaria, non vi è ragione alcuna che giustifichi la non applicabilità delle disposizioni legislative sulla decadenza; esistono, alla luce di ciò, posizioni e trattamenti differenti per i lavoratori che hanno introdotto un ricorso per il riconoscimento dei benefici previdenziali conseguenti all'esposizione ultradecennale all'amianto, facendo così sospettare una lesione di un diritto costituzionalmente garantito (articolo 4 e 38 della Costituzione), a tutela della posizione previdenziale dei lavoratori come diritto irrinunciabile, imprescrittibile e non suscettibile a decadenza; si ha il forte sospetto che attraverso un escamotage si finisca per tutelare la posizione dell'ente previdenziale, INPS, anziché quella dei lavoratori che esercitano un loro diritto –: se i Ministri interrogati: a) ritengano necessaria la predisposizione di una norma di interpretazione autentica dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 639 del 1970 (come modificato) che permetta di individuare in modo chiaro e definitivo la questione della decadenza dai benefici previdenziali per la categoria dei lavoratori esposti all'amianto; b) ritengano necessari interventi innovativi e/o correttivi della normativa stessa. 219 § 15. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-0163487 Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01634 presentato da VILLAROSA Alessio Mattia testo di Giovedì 8 agosto 2013, seduta n. 68 VILLAROSA, CORDA, PAOLO BERNINI, BATTELLI, FICO, BUSTO, TOFALO e D'UVA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che: il Si.P.Pe (sindacato polizia penitenziaria) ha più volte denunciato diverse aggressioni ai danni di donne e uomini della polizia penitenziaria consumatesi all'interno degli spazi contenutivi sia carceri che ospedali psichiatrici giudiziari (OPG). Tali atti offendono un corpo di polizia dello Stato che cerca di espletare al meglio un difficile e delicatissimo compito volto a contenere ed a rieducare il detenuto, nel caso del carcere, e a dare un aiuto all'internato nel caso degli ospedali psichiatrici giudiziari; l'intero sistema penitenziario italiano appare impotente nel gestire questi eventi che possono pregiudicare l'integrità fisica nonché mentale dei poliziotti penitenziari. Numerosi sono gli eventi critici verificatisi negli istituti detentivi e negli ospedali psichiatrici giudiziari che denotano un allarmante fenomeno riportato da diverse testate giornalistiche; 2012, un internato dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona P.G. stacca con un morso la falange della mano destra di un ispettore di polizia penitenziaria; 2012, un detenuto nel carcere di Parma prende a pugni un agente di polizia penitenziaria colpendolo al volto, prognosi di 10 giorni; 2012, un detenuto nel carcere di Spoleto procura la frattura del naso e dello zigomo ad un agente di polizia penitenziaria, prognosi di ben 75 giorni; 2013, un detenuto nel carcere di Napoli Poggioreale aggredisce due agenti di polizia penitenziaria che necessitano di ricovero in ospedale, trauma cranico uno e frattura di un polso l'altro; 2013, un giovane detenuto nel carcere di Udine aggredisce un agente di polizia penitenziaria con calci e pugni, anche in questo caso è necessario il trasferimento in ospedale; 2013, un detenuto nel carcere di Torino colpisce con un violento pugno al volto un 87http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5934&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 220 agente; 2013, un detenuto e i suoi familiari durante un colloquio nell'area verde del carcere di Roma Rebibbia aggrediscono un agente di polizia penitenziaria; 2013, nel carcere di Vigevano un agente di polizia penitenziaria subisce l'aggressione di un detenuto che ha utilizzato una caffettiera posta all'interno di un calzino, l'agente viene colpito alla testa ed anche in questo caso è necessario il trasferimento in ospedale per le cure mediche; 2013, nel carcere di Sanremo, durante una protesta collettiva dei detenuti volta all'ottenimento dell'amnistia, un agente di polizia penitenziaria subisce una aggressione riportando ferite guaribili in 15 giorni; i detenuti, autori e responsabili di tali atti, subiscono un processo penale ma, frequentemente, non sono in grado di risarcire il danno causato poiché nullatenenti. L'agente di polizia penitenziaria, invece, porterà con se il ricordo e le cicatrici di tali atti violenti, così come è accaduto all'ispettore di polizia penitenziaria dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto che ha perso la falange della mano destra; c’è da riflettere sul fatto che reparti detentivi contenenti oltre 300 detenuti debbano essere gestiti da un solo agente di polizia penitenziaria che oltre a non avere strumenti di prevenzione spesso non è nemmeno a conoscenza di piani strategici atti a garantire l'ordine e la sicurezza all'interno degli istituti; l'amministrazione penitenziaria è tenuta – previa elaborazione di protocolli operativi dal contenuto normativo e tecnico – ad attuare una o più specifiche azioni tese a prevenire gli effetti dannosi sulle persone. Gli agenti di polizia penitenziaria operano quasi sempre in una condizione di emergenza e spesso le criticità, potenzialmente pericolose, vengono contenute grazie all'esperienza degli agenti stessi divenuti ormai abili professionisti della sicurezza sociale all'interno delle strutture carcerarie; formalmente esiste un protocollo operativo, però, nella realtà dei fatti, in molti istituti penitenziari non si conoscono i programmi che individuano preventivamente le risorse umane, le apparecchiature, gli strumenti, i materiali, i ruoli, le competenze e i tempi per organizzare una strategia di reazione che sia immediata ed efficace; va oltretutto segnalato che il datore di lavoro ha l'obbligo di adottare le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori e deve porre in essere tutte quelle procedure che di volta in volta si rivelino necessarie per tutelare l'integrità fisica e morale del lavoratore –: se il Ministro interrogato, nell'ambito delle sue competenze, intenda assumere iniziative al fine 221 di tutelare l'integrità fisica e la personalità morale degli agenti di polizia penitenziaria, spesso vittime del sistema penitenziario stesso che forse non riesce più a proteggere nemmeno i suoi operatori; se sia a conoscenza del livello di attuazione dei «criteri di massima per la predisposizione di piani operativi di intervento locali e regionali», indicati specificatamente nella lettera circolare del D.A.P, n. 0312188 del 17 agosto 2011 e se tali criteri siano stati portati a conoscenza delle Direzioni degli istituti e degli operatori penitenziari. 222 Capitolo 5 Al Ministero della Difesa premesso che …....... per sapere se ………. § 1. Breve sommario In questo capitolo, sono raccolti solo 20 atti di sindacato ispettivo (interrogazioni a risposta scritta, question time in aula, interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che pongono domande e quesiti alla Presidenza del Consiglio. Molti di questi – alla data di pubblicazione della presente raccolta – non hanno ancora risposta. § 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0151088 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01510, presentato da ALBERTI Ferdinando, testo di Mercoledì 31 luglio 2013, seduta n. 62: ALBERTI, BASILIO, PAOLO BERNINI, RIZZO, FRUSONE, ARTINI, CORDA. Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che: presso la direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa è stato istituito con decreto ministeriale 5 marzo 2010 il Gruppo di lavoro permanente sulla ottimizzazione energetica dei siti del Ministero della difesa; tale gruppo di lavoro denominato GLOE costituisce il referente unico del comitato di indirizzo strategico sulla ottimizzazione energetica dei siti del Ministero della difesa in materia di energia; il comitato di indirizzo strategico, secondo gli indirizzi del Ministro della difesa, concorre alla definizione della strategia di base e del 88http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5149&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 223 quadro programmatico delle iniziative relative all'ottimizzazione energetica nel comparto difesa, promuove attività di armonizzazione per l'individuazione delle aree cui destinare le opere di approvvigionamento strategico dell'energia, fornisce consulenza sulle proposte di adeguamento delle normative regolamentari di settore; il gruppo di lavoro permanente rappresenta lo strumento operativo di cui si è dotato il Comitato di indirizzo strategico per perseguire lo sviluppo del settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili mediante utilizzo razionale ed efficace delle risorse immobiliari disponibili. Esso fornisce supporto tecnico per la definizione del quadro strategico e programmatico relativo all'acquisto e alla produzione nonché per tutte le attività connesse al contenimento dei consumi; individua le soluzioni più economiche ed efficaci per la stipula e l'aggiornamento dei canoni di approvvigionamento di energia da parte di enti, comandi e unità della difesa; elabora ed aggiorna compatibilmente con le esigenze operative degli Stati maggiori delle forze armate la mappatura delle aree e dei siti idonei alla realizzazione di impianti di produzione, definendo per ciascuno di essi la tipologia e le potenzialità produttive degli impianti stessi; promuove lo sviluppo di specifici progetti di impianti di produzione da realizzare attraverso l'individuazione di promotori ovvero in forma diretta; promuove lo sviluppo di attività di audit energetico degli edifici in uso alla difesa e dei relativi progetti di efficientamento; fornisce consulenza sulle proposte di adeguamento delle normative regolamentari di settore, nonché per le esigenze ed i compiti connessi all'attività del comitato; propone gli schemi tipo di intese, accordi e altri atti negoziali di interesse con operatori pubblici o privati; vigila sullo svolgimento degli iter procedimentali degli atti negoziali in corso di perfezionamento; fornisce al Comitato un servizio specialistico in campo energetico relativamente ai meccanismi di incentivazione per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e da impianti di cogenerazione, ivi incluse le modalità e le condizioni di accesso agli stessi; la legge n. 99 del 23 luglio 2009 «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», 224 ha individuato per il Ministero della difesa una serie di opportunità per agevolare gli interventi di riqualificazione e valorizzazione energetica degli immobili militari. Nello specifico, all'articolo 27 della citata legge n. 99 del 2009: il Ministero della difesa (ovvero un soggetto terzo mandatario dello stesso) può usufruire dello scambio sul posto per impianti alimentati da fonti rinnovabili di qualsiasi potenza (anche superiore a 200 kWp), senza tener conto dell'obbligo di coincidenza tra il punto di immissione dell'energia prodotta ed il punto di prelievo dell'energia consumata. Tale opportunità è prevista unicamente per il Ministero della difesa; in merito all'attività di consulenza sulle proposte di adeguamento delle normative regolamentari di settore, il gruppo di lavoro ha proposto un emendamento, tramite l'ufficio legislativo del gabinetto del Ministro, sul Nuovo conto energia 2011 (decreto ministeriale 6 agosto 2010), che disciplina l'incentivazione sulla produzione di energia elettrica mediante impianti fotovoltaici, al fine di prevedere un incremento dell'incentivo per la realizzazione di impianti fotovoltaici in sostituzione di coperture contenenti amianto: tale emendamento è stato approvato ed inserito nel Nuovo conto energia; dal resoconto del Gruppo di lavoro permanente sull'ottimizzazione energetica «GLOE» pubblicato sul sito del Ministero della difesa si evince che tra le attività future dello stesso saranno predisposti: il supporto tecnico gare impianti fotovoltaici su coperture e su superfici a terra; sopralluoghi congiunti presso fabbricati oggetto di valorizzazione; individuazione coperture e superfici a terra idonee all'installazione di impianti fotovoltaici; richieste agli enti dell'AD disponibilità di coperture ed aree a terra; effettuazione convenzione impianti FV lotto 2 –: quali siano gli esiti prodotti dal GLOE con particolare attenzione a: risultati ottenuti in termini di energia (termica e/o elettrica) risparmiata a fronte di interventi di efficientamento energetico, quali ad esempio l'isolamento delle facciate, la sostituzione di centrali termiche o la sostituzione di corpi illuminanti, e quindi al netto degli interventi di realizzazione di impianti da fonte rinnovabile; il costo di investimento e il bilancio economico di ciascun intervento svolto; risparmio economico ottenuto a fronte dell'attività di individuazione di soluzioni economiche per l'approvvigionamento energetico; 225 se l'incarico al sopracitato gruppo di lavoro GLOE che come statuito dal decreto ministeriale 5 marzo 2010 avrebbe dovuto concludere le proprie attività il 31 dicembre 2010, sia stato successivamente prorogato; per quale ragione sia prevista unicamente per il Ministero della difesa l'opportunità di non dover tener conto dell'obbligo di coincidenza tra il punto di immissione dell'energia prodotta ed il punto di prelievo dell'energia consumata, in quale misura si sia fatto ricorso a tale trattamento e che benefici abbia prodotto. (4-01510)” § 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0133089 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01330, presentato da ARTINI Massimo, testo di Venerdì 19 luglio 2013, seduta n. 56: ALBERTI, BASILIO, PAOLO BERNINI, RIZZO, FRUSONE, ARTINI, CORDA. Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che: il Ministro della difesa dispone di una Scuola di formazione e perfezionamento del personale civile (indicata come CivilScuolaDife) ed ubicata in Roma, Via Mattia Battistini, n. 113117, per lo svolgimento di corsi di aggiornamento e formazione per i dipendenti civili del predetto dicastero; la scelta di docenti dotati di adeguati titoli culturali e scientifici al fine della formazione di dipendenti pubblici deve costituire un obiettivo imprescindibile dell'intera pubblica amministrazione, onde assicurare l'aggiornamento professionale del personale, ivi compreso quello ad ordinamento civile incardinato presso il Ministero della difesa e deputato a coadiuvare, nel suo complesso, il sistema della difesa nazionale; il comitato direttivo costituito con decreto ministeriale 11 agosto 1970, deputato a fissare le direttive per il funzionamento della scuola nonché i criteri per l'organizzazione dei corsi, nel corso degli anni non si è mai più riunito, essendo venute meno parte delle figure che lo componevano con ovvia conseguenza che la tenuta di 89http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4223&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 226 un albo docenti non ha avuto più, negli anni a seguire, il necessario e costante aggiornamento e attualmente l'attività dell'ex comitato direttivo, in via meramente surrogatoria, ma di fatto ormai costante, è svolta dalla divisione corsi e dall'ufficio corsi militari che provvedono all'acquisizione di personale docente, sulla base di curricula presentati dagli interessati e vagliati dai componenti uffici; nel corso degli anni le docenze sono state peraltro in massima parte attribuite a personale militare, a sua volta non sempre con titoli di docenze esterne all'amministrazione difesa, e ciò anche nel caso di docenti per corsi destinati al personale civile dipendente del Ministero della difesa; sulla scorta di quanto sopra: la scuola risulta non avere una struttura ad hoc deputata alla selezione dei docenti cui affidare lo svolgimento dei corsi di formazione per il personale civile, quale era l'ex comitato direttivo, organo del tutto distinto dagli uffici interni della scuola di formazione quali sono invece la divisione corsi e l'ufficio corsi militari che ora adempiono il suo ruolo; l'albo della scuola non solo non risulta più essere stato aggiornato costantemente, ma vieppiù risulta difettare di qualsivoglia forma di ufficializzazione, anche attraverso la sua ostensione pubblica; la scelta dei docenti risulta dunque avvenire in assenza di qualsivoglia procedura pubblica che garantisca la trasparenza ed imparzialità nell’iter attraverso la pubblicità di un bando di candidature, con relativa garanzia di pubblicità dei soggetti destinatari delle docenze attraverso la pubblicazione per via telematica del relativo albo docenti come avviene per altre scuole di formazione ministeriale, fra cui, per esempio, quelle del personale del personale dell'amministrazione dell'interno e del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Ministero della giustizia –: se il Ministro interrogato intenda o meno provvedere alla ricostituzione del comitato direttivo della scuola di formazione e perfezionamento del personale civile del Ministro della difesa (CivilScuolaDife), già istituito con decreto ministeriale 11 agosto 1970 e successivamente non più riunitosi, o comunque di altro organo collegiale, al fine di garantire che la scelta dei docenti affidatari di corsi avvenga da parte di corpo terzo ed indipendente dagli uffici interni della scuola medesima al fine di garantire la massima imparzialità nel vaglio delle candidature; se e quali iniziative intenda assumere ai fine di assicurare la costituzione di un formale ed aggiornato albo dei docenti della 227 predetta scuola, anche attraverso la pubblicazione di un avviso pubblico per la presentazione di candidature, onde garantire la relativa massima partecipazione di candidature e la relativa selezione e scelta di docenti in possesso di adeguati curricula scientificoprofessionali in relazione ai corsi formativi da somministrare al personale; se e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire la massima trasparenza in sede di scelta dei docenti per la predetta scuola, in conformità con il possesso di adeguati titoli culturali e scientifici degli affidatari ed anche al fine della pubblicazione per via telematica sulle pagine del sito della scuola del relativo albo docenti, ufficiale ed aggiornato. (4-01330)” § 4. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5/0094590 Atto Camera - Interrogazione a risposta in commissione 5/00945, presentato da ARTINI Massimo, testo di Venerdì 6 settembre 2013, seduta n. 72: ALBERTI, BASILIO, PAOLO BERNINI, RIZZO, FRUSONE, ARTINI, CORDA. Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che: sul sito internet dell’Huffington Post in data 7 agosto 2013 è stato pubblicato un articolo dal titolo «Elicotteri delle forze armate pieni di amianto: in esclusiva il carteggio tra la Difesa e Agusta Westland». Nell'articolo si legge: «La flotta di elicotteri delle nostre forze armate è a rischio contaminazione: innumerevoli modelli attualmente in dotazione a Esercito, Marina, Aviazione e Carabinieri sarebbero in pratica scatole volanti piene di amianto»; questa situazione andrebbe avanti da oltre quindici anni, nel sostanziale silenzio delle autorità coinvolte. L'articolo parla di un vivace scambio di lettere tra il Ministero della difesa e l'azienda che li ha fabbricati, l'Agusta Westland. Compagnia che, per prima, li definisce testualmente «inquinati»; il carteggio sarebbe adesso in possesso dei magistrati delle procure militari di Roma e Napoli, 90http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6338&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+C OMMISSIONE%27 228 anche in seguito alla opportuna segnalazione del «Partito per la Tutela dei Diritti dei Militari»; dopo il ’92 (anno della legge che bandisce l'impiego dell'amianto) la controllata di Finmeccanica ha provveduto a informare la difesa su quali e quanti modelli di velivoli da loro prodotti contenessero asbesto, in quali e quante parti delle rispettive carlinghe. «Sin dal 1996 abbiamo trasmesso l'elenco di tutti i materiali pericolosi presenti sui nostri elicotteri», scrivono dall'Agusta Westland nella loro lettera del 6 giugno scorso al Segretariato generale della difesa e direzione nazionale degli armamenti. Secondo l'azienda il Ministero era stato debitamente informato del problema come dimostrerebbe un dossier di oltre cinquanta pagine ricco di tabelle ed informazioni inviate alla difesa; secondo tali tabelle – su tutte citiamo quella datata 6 aprile 2006 – si legge che per quanto riguarda i modelli AB 206, AB 205, AB 212, AB 212 AS, AB 412: «L'amianto può essere contenuto in guarnizioni, condotti, tubi, nonché pastiglie dei freni». Negli elicotteri SH-3D; HH-3F: «L'amianto può essere contenuto nelle pastiglie dei freni, ruote e rotore, nella frizione e nell'APU». Nel CH47: «L'amianto può essere contenuto nelle pastiglie dei freni». Così per l'A129: «L'amianto è presente nelle guarnizioni delle paratie parafiamma», mentre per l'A109: «L'amianto può essere contenuto in guarnizioni, condotti, tubi, nonché pastiglie dei freni, rotore e ruote»; in un'altra tabella del 13 febbraio 1996 (dieci anni prima) viene indicata la presenza di amianto anche a bordo dell'AB204, dell'SH3DTS e dell'HH 500; l'Agusta Westland avrebbe intrapreso sua sponte una prima bonifica su 14 di queste macchine in un cantiere presso la base di Grazzanise, in provincia di Caserta; gli equipaggi, non sarebbero stati informati della presenza dell'amianto a bordo di quello che è il loro luogo di lavoro: né dei rischi di salute nell'operarvi a stretto contatto, né delle misure di sicurezza che avrebbero dovuto prendere a titolo di prevenzione e a tutela della loro salute; l'articolo dell’Huffington Post riporta frasi virgolettate di due elicotteristi appartenenti a corpi diversi. «Sugli elicotteri è la prima volta che sento parlare di problematiche simili – racconta uno specialista della Marina Militare – noi non ne siamo certo stati informati. Qualche guarnizione la si sostituisce. Ma se il problema riguarda anche le tubazioni, queste non vengono cambiate quasi 229 mai, e alcune si trovano in punti praticamente inaccessibili». «Neanche noi abbiamo mai avuto informazioni su questi rischi, né sulle precauzioni da adoperare nel maneggio e nell'ispezione di questi mezzi – conferma un elicotterista dell'Esercito – il pilota fa l'ispezione al mezzo, prima di salire a bordo. Ma lo specialista mette mano ai componenti, smonta e rimonta. E in tanti anni nessuno si è mai raccomandato perché usassimo cautela o precauzioni, entrando in contatto con questo materiale che sappiamo benissimo essere dannoso»; la legge 27 marzo 1992, n. 257, ha fissato le norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto –: se le notizie riportate nell'articolo citato in premessa corrispondano al vero e in caso affermativo quale sia la ragione per la quale non sono state assunte iniziative organiche di bonifica dall'amianto degli elicotteri e non si sia informato il personale dei rischi concernenti la presenza di asbesto su molte parti di materiale a bordo; se quali e quanti siano i velivoli che risultino ancora non completamente bonificati, se siano ancora impiegati, per quali attività e quali siano le misure di prevenzione adottate per tutelare la salute degli equipaggi di volo e del personale militare comunque imbarcato a bordo nonché dei meccanici adibiti alla manutenzione degli stessi; se il Ministero abbia provveduto, a partire dal marzo 1992, a monitorare i casi di malattia del personale civile e militare tipici da avvelenamento o contaminazione da amianto e quanti casi risultino tra il personale impiegato intorno agli elicotteri in questione; se il conclamarsi di diversi casi di malattie asbesto correlate tra il personale delle Forze amate ha comportato risarcimenti per gli stessi e le loro famiglie e se comunque intenda assumere iniziative in questa direzione per i casi che si dovessero conclamare in futuro. (500945)” Risposta scritta pubblicata Venerdì 20 settembre 2013 nell'allegato al bollettino in Commissione IV (Difesa) 5-00945 “L'atto in discussione verte sui contenuti di un articolo pubblicato sul sito dell’Huffington Post lo scorso mese di agosto che riguarda, tra l'altro, anche vicende per le quali sono state avviate indagini dalla magistratura ordinaria. Tale circostanza, come è intuibile, non può non essere considerata nel contesto della mia odierna risposta all'onorevole interrogante, essendo anche io tenuto al rispetto del 230 riserbo – ove ne ricorrano gli estremi – ai sensi delle vigenti disposizioni del codice di procedura penale. Ciò posto, desidero iniziare partendo da quello che considero un punto fermo, il principale di tutta questa vicenda: la salute del personale della difesa. Lungi dal voler fare retorica, posso dare assicurazione sulla mia massima attenzione riguardo alla necessaria tutela della salute del personale militare e civile della difesa, nonché di tutti gli ambienti di lavoro, in cui esso è chiamato ad operare. Questa attenzione evidentemente non si limita soltanto, come in questo caso, agli elicotteri, ma riguarda necessariamente anche tutti gli altri mezzi, caserme ed infrastrutture delle Forze armate ove il personale svolge le proprie attività. Questa è per me una priorità assoluta e posso assicurare che l'azione dell'Amministrazione va proprio in questa direzione. In tale ottica, non sono mancati né l'attenzione e la sensibilità, né il costante e determinato impegno del Dicastero nei confronti della delicata e complessa problematica della tutela della salute del personale nei confronti di qualsiasi agente patogeno, compreso l'amianto. Rammento, in proposito, che prima dell'emanazione della legge n. 257 del 1992 recante le «Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto», tale materiale veniva utilizzato in campo aerospaziale, assieme ad altri materiali, così come in moltissimi altri settori, in particolare per la protezione dal fuoco, nell'edilizia (vedasi coperture in eternit) e nel settore automobilistico, per la costruzione di particolari che dovevano operare in condizioni di elevata temperatura, come per esempio nelle cosiddette «baie» motore o nelle pastiglie dei freni. Tutti gli elicotteri, aerei, navi e mezzi di terra costruiti prima del 1992 avevano al loro interno un certo numero di componenti che contenevano fibre di amianto. Solo con l'introduzione della legge 27 marzo 1992, n. 257, l'amianto è stato messo al bando per la prima volta in Italia, prevedendo soluzioni per tutte le problematiche ad esso connesse: limiti e controllo della dispersione di fibre, imballaggio, etichettatura e smaltimento dei rifiuti contenenti il citato minerale. Tuttavia, le norme in vigore non ne prevedevano l'obbligo della rimozione, ma solo il mantenimento in buono stato di conservazione. La legge, inoltre, prevedeva l'obbligo di smaltimento solo se ciò non poteva avvenire o nei casi in cui l'amianto dovesse essere rimosso comunque, come nel caso di ristrutturazioni e demolizioni. Nell'ambito dell'ampio quadro normativo vigente in materia, è altresì opportuno citare il decreto 231 legislativo 1o aprile 2008, n. 81 – Testo unico sulla salute e sicurezza dei luoghi di lavoro – che prevede forme di tutela dei lavoratori nei vari possibili ambienti di lavoro e dai vari agenti, compreso l'amianto. In particolare, l'articolo 254 stabilisce che il valore limite di esposizione all'amianto deve essere pari «a 0.1 fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore», ponendo a carico dei datori di lavoro il controllo, affinché nessun lavoratore sia esposto ad una contaminazione di amianto nell'aria, superiore al valore limite. Il datore di lavoro, conseguentemente, (ex articolo 249) è tenuto a valutare i rischi dovuti alla polvere proveniente dall'amianto e dai materiali che lo contengono, al fine di stabilire la natura e il grado dell'esposizione e le misure preventive da attuare, affinché non venga superato il prescritto valore limite di esposizione, di cui al predetto articolo 254. Ai fini del rispetto di questo valore limite, il datore di lavoro ha, altresì, l'obbligo di effettuare periodicamente la misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell'aria del luogo di lavoro (ex articolo 253). I campionamenti che vengono effettuati a tale fine devono avvenire sempre previa consultazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti. Alla luce delle previsioni normative vigenti in materia, l'Amministrazione, quindi, ha affrontato la questione dell'amianto, sviluppando a tutto campo un complesso di molteplici attività necessarie: all'individuazione dei materiali e della componentistica contenente tracce di amianto; alla rimozione di ogni fonte di potenziale pericolo per la salute del personale, anche in relazione ai livelli di esposizione alle fibre aerodisperse; all'adozione di tutte le più efficaci misure di prevenzione per il personale eventualmente esposto; all'effettuazione di analisi e misurazioni ambientali, ai fini della necessaria verifica dei valori rilevati, sulla base dei limiti previsti dalla normativa vigente; al sostegno e all'attribuzione dei benefici previdenziali e assistenziali previsti dalle norme vigenti a favore del personale e dei rispettivi familiari; all'attuazione di iniziative nei confronti delle ditte costruttrici, affinché si evitasse la presenza di sostanze nocive per la salute e l'ambiente nei sistemi di nuova generazione. Con particolare riferimento alla presenza di tracce di amianto sugli elicotteri delle Forze armate, alcune delle suddette aree di intervento, come ho precedentemente ricordato, sono attualmente oggetto di verifiche da parte della magistratura, alla cui attività il Dicastero guarda con piena fiducia e alla quale non 232 farà mancare la massima collaborazione e disponibilità, proprio nel precipuo interesse della salvaguardia della salute del personale. A tale riguardo, mi limito a fare presente che i competenti organi tecnici dell'Amministrazione, in esito alle numerose comunicazioni nel tempo intercorse con Agusta Westland, hanno provveduto inizialmente ad un laborioso e puntuale processo di identificazione degli elementi dei velivoli che – costruiti prima del 1992, anno, come detto, di messa al bando dell'amianto – potevano presentarne delle tracce. Gli stessi organi tecnici, successivamente, pur avendo riscontrato, nelle analisi sulla presenza di fibre di amianto, una densità ben al di sotto dei limiti previsti dalla legge negli ambienti di lavoro (sia manutentivo che operativo), sulla base delle priorità individuate in relazione al grado di pericolosità dei vari componenti, hanno posto in essere senza soluzione di continuità le azioni, tuttora in corso, necessarie alla progressiva sostituzione dei componenti stessi, al fine di eliminare ogni fonte di potenziale pericolo per garantire la massima tutela della salute del personale che opera sugli stessi elicotteri. A ulteriore conferma di quanto sopra, l’Agusta Westland recentemente ha reso noto con lettera del suo Amministratore delegato al Ministro della difesa, che «allo stato attuale, gli elicotteri delle Forze armate e dei Corpi dello Stato sono stati “bonificati”, in accordo a prescrizioni tecniche emesse da Agusta e con piani di intervento coordinati con i vari enti, per quanto riguarda i componenti che rappresentavano un pericolo maggiore per il personale e per l'ambiente, ovvero le pastiglie dei freni delle ruote del carrello di atterraggio (di gran lunga le più pericolose) e quelle del freno rotore (per le quali si sta operando sugli ultimi elicotteri)». È evidente che tutte le attività condotte sino ad ora hanno tenuto conto del fatto che la pericolosità dell'amianto permane nella possibilità che vengano rilasciate nell'aria fibre (aerodisperse) in misura superiore al previsto valore limite. Nel contempo, per ogni intervento di sostituzione, sono state adottate, altresì, specifiche misure informative e protettive nei riguardi del personale utilizzatore. Anche per quanto riguarda la questione degli indennizzi i vertici dell'Amministrazione hanno attivamente operato, sin dalla comparsa dei primi casi di malattie asbestocorrelate tra il personale delle Forze armate, per assicurare ad esso un adeguato sostegno e una sollecita e accurata trattazione sia delle richieste di benefici previdenziali che di indennizzo per gli stessi e per le loro famiglie. Con riferimento, in particolare, agli indennizzi 233 previsti per il personale che contrae infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegue il decesso a causa dell'esposizione a particolari condizioni ambientali o operative, di cui all'articolo 1, comma 564, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, preciso che non risultano mai pervenute, per malattie asbesto-correlate domande di riconoscimento dei relativi benefici sia da parte di personale elicotteristico, sia da parte di personale civile dell'Amministrazione. Le domande presentate alla competente articolazione del Dicastero dai soggetti interessati o dai loro familiari (se trattasi di personale deceduto), volte ad ottenere i benefici di cui alla citata legge, per patologie correlate all'amianto, risultano pari, allo stato attuale, a 346, tutte riguardanti esclusivamente il personale della Marina militare così per i quali sono in corso da anni indagini da parte della magistratura. All'esito del procedimento per il riconoscimento delle infermità come dipendenti da causa di servizio e riconducibili alle particolari condizioni ambientali od operative, al personale, ovvero ai loro superstiti, secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2006, n. 243, sono corrisposte le seguenti, principali, provvidenze: la speciale elargizione di euro 2.000, per punto percentuale di invalidità, soggetta a rivalutazione, in favore degli ammalati; la speciale elargizione di euro 200.000, soggetta a rivalutazione automatica, per i superstiti aventi diritto; lo speciale assegno vitalizio di circa euro 1.033 mensili soggetto a perequazione automatica; un ulteriore assegno vitalizio di circa 250 euro mensili, soggetto a perequazione automatica; due annualità di pensione, comprensive di tredicesima mensilità, a favore dei familiari superstiti aventi diritto alla pensione di reversibilità. A quanto sopra deve aggiungersi l'esenzione dal pagamento del ticket per ogni prestazione sanitaria, il riconoscimento del diritto all'assistenza psicologica a carico dello Stato e il diritto al collocamento obbligatorio del coniuge e dei figli superstiti, ovvero dei fratelli conviventi a carico, qualora siano gli unici superstiti dei soggetti deceduti o resi permanentemente invalidi. Faccio notare, infine, che sempre nell'ambito del mio impegno a tutela della salute del personale, come ho avuto già modo di rendere noto anche all'onorevole Artini nella recente visita al 1o Reggimento Sostegno Aviazione dell'Esercito, che non appena ho appreso le notizie così come sono state riportate dall’Huffington Post, ho ritenuto necessario, stante anche la notevole complessità e 234 le diverse implicazioni della questione, dare disposizioni alle competenti articolazioni della Difesa, nonostante quanto già posto in essere in materia, per effettuare ulteriori approfondimenti al fine di verificare la necessità di predisporre aggiuntive azioni e misure di protezione per il personale dell'Amministrazione. Concludo ribadendo ancora una volta che l'attenzione dell'Amministrazione alla tutela della salute del personale rispetto all'esposizione all'amianto non soltanto è al massimo livello possibile, ma si sviluppa a trecentosessanta gradi. Finora, infatti, l'impegno finalizzato a garantire che il personale non venisse sottoposto ad esposizioni all'amianto oltre il prescritto valore limite, non si è limitato soltanto ai componenti degli elicotteri, ma ha riguardato, fin dalla sua messa al bando, tutti i mezzi e tutte le strutture delle Forze armate. Non è realistica, tuttavia, la prospettiva di una rimozione integrale della presenza di amianto, che, peraltro, possiamo trovare ancora in grandi quantità anche nelle fabbriche, negli edifici privati e pubblici e nell'ambiente. L'attività dell'Amministrazione, infatti, in linea con le disposizioni vigenti, è costantemente indirizzata a individuare la sussistenza di situazioni di rischio per esposizione ad amianto per il proprio personale ed intraprendere, nei casi in cui tali esposizioni siano superiori al valore fissato per legge, le azioni necessarie a perseguire la tutela della salute e della sicurezza del personale stesso. § 5. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5/0071791 Atto Camera - Interrogazione a risposta in commissione 5/00945, presentato da ARTINI Massimo, testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59: ALBERTI, BASILIO, PAOLO BERNINI, RIZZO, FRUSONE, ARTINI, CORDA. Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che: il Ministro della difesa dispone di una Scuola di formazione e perfezionamento del personale civile (indicata come 91http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4592&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+C OMMISSIONE%27 235 CivilScuolaDife) ed ubicata in Roma, Via Mattia Battistini, n. 113117, per lo svolgimento di corsi di aggiornamento e formazione per i dipendenti civili del predetto dicastero; la scelta di docenti dotati di adeguati titoli culturali e scientifici al fine della formazione di dipendenti pubblici deve costituire un obiettivo imprescindibile dell'intera pubblica amministrazione, onde assicurare l'aggiornamento professionale del personale, ivi compreso quello ad ordinamento civile incardinato presso il Ministero della difesa e deputato a coadiuvare, nel suo complesso, il sistema della difesa nazionale; il comitato direttivo costituito con decreto ministeriale 11 agosto 1970, deputato a fissare le direttive per il funzionamento della scuola nonché i criteri per l'organizzazione dei corsi, nel corso degli anni non si è mai più riunito, essendo venute meno parte delle figure che lo componevano con ovvia conseguenza che la tenuta di un albo docenti non ha avuto più, negli anni a seguire, il necessario e costante aggiornamento e attualmente l'attività dell'ex comitato direttivo, in via meramente surrogatoria, ma di fatto ormai costante, è svolta dalla divisione corsi e dall'ufficio corsi militari che provvedono all'acquisizione di personale docente, sulla base di curricula presentati dagli interessati e vagliati dai componenti uffici; nel corso degli anni le docenze sono state peraltro in massima parte attribuite a personale militare, a sua volta non sempre con titoli di docenze esterne all'amministrazione difesa, e ciò anche nel caso di docenti per corsi destinati al personale civile dipendente del Ministero della difesa; sulla scorta di quanto sopra: la scuola risulta non avere una struttura ad hoc deputata alla selezione dei docenti cui affidare lo svolgimento dei corsi di formazione per il personale civile, quale era l'ex comitato direttivo, organo del tutto distinto dagli uffici interni della scuola di formazione quali sono invece la divisione corsi e l'ufficio corsi militari che ora adempiono il suo ruolo; l'albo della scuola non solo non risulta più essere stato aggiornato costantemente, ma vieppiù risulta difettare di qualsivoglia forma di ufficializzazione, anche attraverso la sua ostensione pubblica; la scelta dei docenti risulta dunque avvenire in assenza di qualsivoglia procedura pubblica che garantisca la trasparenza ed imparzialità nell’iter attraverso la pubblicità di un bando di candidature, con relativa garanzia di pubblicità dei soggetti destinatari delle docenze attraverso la pubblicazione per via telematica del relativo albo docenti come avviene per altre scuole di 236 formazione ministeriale, fra cui, per esempio, quelle del personale del personale dell'amministrazione dell'interno e del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e del Ministero della giustizia –: se il Ministro interrogato intenda o meno provvedere alla ricostituzione del comitato direttivo della scuola di formazione e perfezionamento del personale civile del Ministro della difesa (CivilScuolaDife), già istituito con decreto ministeriale 11 agosto 1970 e successivamente non più riunitosi, o comunque di altro organo collegiale, al fine di garantire che la scelta dei docenti affidatari di corsi avvenga da parte di corpo terzo ed indipendente dagli uffici interni della scuola medesima al fine di garantire la massima imparzialità nel vaglio delle candidature; se e quali iniziative intenda assumere ai fine di assicurare la costituzione di un formale ed aggiornato albo dei docenti della predetta scuola, anche attraverso la pubblicazione di un avviso pubblico per la presentazione di candidature, onde garantire la relativa massima partecipazione di candidature e la relativa selezione e scelta di docenti in possesso di adeguati curricula scientificoprofessionali in relazione ai corsi formativi da somministrare al personale; se e quali iniziative intenda assumere al fine di garantire la massima trasparenza in sede di scelta dei docenti per la predetta scuola, in conformità con il possesso di adeguati titoli culturali e scientifici degli affidatari ed anche al fine della pubblicazione per via telematica sulle pagine del sito della scuola del relativo albo docenti, ufficiale ed aggiornato. (5-00717)” Risposta scritta pubblicata Giovedì 1 agosto 2013 nell'allegato al bollettino in Commissione IV (Difesa) 5-00717 “Nell'ambito della formazione del personale civile e militare, l'Amministrazione Difesa ha una esperienza cinquantennale in quanto la Scuola di Formazione e Perfezionamento dei Personale Civile della Difesa è stata istituita con determinazione ministeriale del 22 marzo 1963. Con decreto ministeriale 11 agosto 1970, concernente il regolamento interno della scuola, è stato istituito il Comitato direttivo, tra i cui compiti rientra, tra gli altri, quello di determinare i criteri generali per l'organizzazione dei corsi e di approvare, su proposta del Direttore della Scuola, l'albo dei docenti. Tale Comitato Direttivo, ai sensi del successivo decreto ministeriale 21 maggio 1983, risultava composto da diversi membri 237 tra i quali il Direttore Generale della Direzione Generale per gli impiegati civili ed il Direttore Generale della Direzione Generale degli operai. Nel 1998, a seguito della unificazione delle due Direzioni Generali in un'unica Direzione Generale (attualmente denominata Persociv), sono venute meno alcune delle figure che componevano detto Comitato, impedendo di fatto allo stesso lo svolgimento delle relative funzioni. Nell'ottica di un processo di innovazione e di adeguamento alle attuali esigenze del Segretariato Generale della difesa (Segredifesa), è stato istituito, con decreto del Ministro della difesa del 16 gennaio 2013, il Centro di Formazione della Difesa, ponendolo alle dipendenze del Direttore del 1o Reparto di Segredifesa. Il Centro, per il raggiungimento degli obiettivi sopra indicati, basa la propria attività su un piano formativo, che è approvato dal Capo di Stato Maggiore della difesa e dai Segretario Generale, comunicato al Ministro e inviato alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica – e al Ministero dell'economia e delle finanze. Detto piano formativo, viene valutato da un apposito Comitato Scientifico, istituito con il citato decreto del 16 gennaio 2013, mentre i suoi attuali membri sono stati designati con decreto del Ministro della difesa del 19 marzo 2013. Tale Comitato scientifico ha previsto, a cura del Segretario Generale della difesa, la revisione ed aggiornamento dei curricula dei docenti utilizzati dal Centro, allo scopo di garantire sia la maggiore trasparenza ed imparzialità nell'individuazione delle professionalità del personale formatore, sia per la costituzione del previsto albo. Si precisa, al riguardo, che l'attività di docenza è svolta da personale civile e militare della pubblica amministrazione in possesso di elevata qualificazione professionale, iscritto in apposito albo costituito e custodito dal Direttore del Centro. Gli incarichi di docenza all'interno del Centro verranno affidati nel pieno rispetto dei principi di cui all'articolo 14, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 70 del 16 aprile 2013, recante il regolamento di riordino del sistema di reclutamento e formazione dei dipendenti pubblici e delle Scuole pubbliche di formazione e, cioè, «a seguito di valutazione delle professionalità meglio rispondenti alle caratteristiche da coprire e nel rispetto del principio di trasparenza». Il piano di formazione del personale, ora triennale, in cui sono rappresentate le esigenze formative dell'amministrazione, deve essere elaborato con le modalità e la tempistica di cui all'articolo 8 del citato decreto del 238 Presidente della Repubblica n. 70 del 2013. Nel 2012 la scuola ha svolto 399 procedimenti formativi, su tutto il territorio nazionale, frequentati da oltre 6400 militari e 3300 civili. Gli incarichi di docenza, in considerazione delle peculiarità della Difesa, sono attribuiti in via prevalente al personale interno all'amministrazione e, tra questi, al personale militare. Nell'ottica di garantire il raggiungimento di elevati standard qualitativi, infine, il centro di formazione si avvale anche di Avvocati dello Stato, Magistrati ordinari, amministrativi e contabili, oltre che di un considerevole numero di professionisti iscritti ai rispettivi albi (ingegneri, avvocati, architetti eccetera). § 6. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0102992 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta nr.4/0102993, presentato da BARONI Massimo Enrico, testo di Mercoledì 26 giugno 2013, seduta n. 41: BARONI. Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che: risulta all'interrogante che il maresciallo Marco Diana, nel 1998, si è ammalato di neoplasia al fegato, una forma tumorale chiamata carcinoide neuroendocrino dell'ileo metastatico, dopo avere prestato servizio militare in missione all'estero ed essere stato a contatto con sostanze pericolose; la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, adunanza di sezione del 15 giugno 2010, numero affare 02984/2009, ha accolto il ricorso presentato dal maresciallo Marco Diana in data 16 ottobre 2006, nella quale egli chiedeva di accedere ai benefici di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2006, n. 243; al maresciallo Diana è stato riconosciuto il diritto all'erogazione di una pensione privilegiata e all'accompagno, ancorché insufficiente sia in relazione al danno globale sia per la 92http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2490&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 93 … testo presentato anche al Ministero della Salute. 239 copertura delle ingenti spese mediche costantemente sostenute, circostanza che ha costretto, il maresciallo Diana a indebitarsi per provvedere alle cure mediche necessarie; l'argomento è stato oggetto di una lettera del Ministro della difesa, pro tempore Antonio Martino nella quale si dichiara e si garantisce l'impegno a spesare al cento per cento le spese di assistenza attraverso un atto dispositivo permanente nel quale si afferma che la ASL non dovrà sopportare alcun carico né economico né amministrativo sulla spesa per gli integratori sanitari in quanto tali spese saranno a carico del ministero stesso, ovvero come citato nella lettera: «l'Amministrazione ha posto in essere ogni azione di natura assistenziale e previdenziale prevista dalle normative vigenti»; sulla vicenda del maresciallo Diana, sono state presentate, nel corso di diverse legislature, numerose interrogazioni in entrambi i rami del Parlamento che, tuttavia, non hanno prodotto alcun esito concreto ed efficace; in questi giorni è stata inviata al maresciallo Diana, una raccomandata contenente due lettere datate 5 giugno 2013, a firma della dottoressa Isabella Cimmino dirigente della divisione del Ministero della difesa – direzione generale della previdenza militare e della leva e ricevuta dal maresciallo il 12 giugno 2013; nella prima, protocollo 054016, si chiede un parere competente tecnico-sanitario all'ispettorato (SMD IGESAN) per poter procedere al rilascio dell'autorizzazione in titolo. Il citato ispettorato ha chiesto un'integrazione alla documentazione trasmessa di prescrizioni mediche giustificative dell'acquisto di farmaci, visite specialistiche ed esami strutturali effettuate, rimanendo in attesa di riscontro; nella seconda, protocollo 054028, indirizzata al Dipartimento Militare di Medicina Legale di Cagliari e per conoscenza al maresciallo, viene scritto, tra le altre, quanto segue: «... in esito alla richiesta formulata in titolo, intesa ad ottenere l'autorizzazione al rimborso delle spese sanitarie per infermità riconosciuta dipendente da causa di servizio, acquisito il parere dell'Ispettorato Generale della Sanità Militare, si prega il D.M.M.L di Cagliari di voler sottoporre il sottoufficiale a visita specialistica, al fine di poter aggiornare le condizioni di salute dei predetto e di voler inviare alla scrivente la relazione prevista, della circolare dell'ex Difesa protocollo n. M–D GSAN 0013127 in data 21 luglio 2009, lettera inviata al Dipartimento Militare di Medicina Legale e per conoscenza al sottoufficiale Marco Diana»; a parere degli interroganti, tali richieste devono considerarsi vergognose e 240 offensive della dignità umana, dato che vi è stata una sentenza del Consiglio di Stato e una pronuncia della Corte dei conti; il maresciallo Diana attende con urgenza che vengano soddisfatte e garantite le seguenti richieste: a) accesso gratuito alle strutture sanitarie pubbliche o private convenzionate su tutto il territorio nazionale, per l'assistenza continuativa di cui necessita quotidianamente e per l'eventuale ricovero; b) rimborso integrale dietro presentazione della documentazione giustificativa delle spese relative a visite mediche specialistiche, spese di degenza ospedaliera, analisi di laboratorio, trattamenti, ivi comprese terapie sperimentali, medicinali, integratori alimentari, prodotti specifici per la cura del corpo, attrezzature sanitarie e fisioterapiche, altro qui non indicato per sintesi, che si dovesse rendere necessario; c) rimborso integrale del personale parasanitario necessario (l'assistenza risulta necessaria h24); d) rimborso integrale di tutti i costi di viaggio, vitto e alloggio nel comune dove verrà ricoverato, ivi compresi i costi degli accompagnatori; e) la conferma dell'impegno del Ministero della difesa a provvedere, nell'ipotesi di ritardo e omissione, presso tutti gli enti preposti, affinché gli stessi immediatamente avviino le procedure e le autorizzazioni necessarie per le cure e i trattamenti e la consegna dei rimborsi necessari, impegnandosi all'anticipazione delle spese, laddove questo, per sua impossibilità o difficoltà, dovesse rendersi necessario; f) tutto ciò, anche nell'ipotesi in cui le visite, le cure, i ricoveri, i trattamenti dovessero essere svolti all'estero; g) disponibilità di interlocutori attenti e sensibili alla sua problematica sanitaria, in modo tale che non vengano a mancare quei contatti costanti e continui che sono alla base del sostegno morale nei confronti del maresciallo Diana; h) conferma dell'impegno preso in occasione della visita di cortesia di autorità ministeriali presso la sua abitazione, della concessione a favore del maresciallo Diana di un'onorificenza al merito della Repubblica italiana e che questo impegno venga onorato anche nella forma del motu proprio; il caso del maresciallo Diana rischia di creare, al di là del caso personale, una situazione di estremo disagio tra le nostre forze armate e tra i nostri soldati impegnati in missioni 241 all'estero e in Italia; nella conferenza stampa (riportata dal quotidiano l'Unione Sarda in data 30 giugno 2002), tenuta dallo stesso maresciallo, sono venute alla luce alcune situazioni in cui i nostri soldati sono costretti a operare, le quali, qualora dovessero corrispondere al vero, porrebbero numerosi e inquietanti interrogativi a cui bisognerebbe dare immediata risposta; non bisogna dimenticare, infine, i casi di melanoma che si sono verificati anche tra i civili che hanno operato in Bosnia, così come destano preoccupazione e allarme i casi di figli nati con malformazioni genetiche, tra i militari e i civili che hanno operato in missioni all'estero –: se sia a conoscenza delle inadempienze nei confronti del sottufficiale Maresciallo Marco Diana; se, date le gravi condizioni del maresciallo Marco Diana, intenda rispettare gli impegni presi dai suoi predecessori per rendere giustizia all'uomo nonché al militare, prima che sia troppo tardi; se non ritenga necessario verificare quanto denunciato dal maresciallo Diana sulla non applicazione delle misure di sicurezza sia durante le missioni all'estero, sia durante le esercitazioni e come intenda affrontare questa situazione tenuto conto, oltretutto, che i nostri militari continuano a operare in zone di guerra; nell'ambito delle rispettive competenze, se non ritengano necessario e urgente la costituzione di una commissione che affronti, in maniera seria e scientifica, tutta la materia in questione e sappia dare una risposta reale e veritiera sulle cause di tante patologie che hanno colpito sia i militari sia i civili operanti all'estero, e, in alcuni casi, anche i loro figli. (4-01029) § 7. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5/0065694 Atto Camera - Interrogazione a risposta in commissione 5/00656, presentato da BASILIO Tatiana, testo di Venerdì 19 luglio 2013, seduta n. 56: BASILIO, CORDA, PAOLO BERNINI, RIZZO, ARTINI, FRUSONE e ALBERTI. 94http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4251&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+C OMMISSIONE%27 242 Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che: il sottocapo Nocchiere di 3a classe della Marina militare Alessandro Nasta è morto tragicamente il 24 maggio 2012 sulla nave Amerigo Vespucci precipitando dall'albero di maestra, il più alto. Aveva solo 29 anni e cadde da una altezza di circa 15 metri urtando la testa sul ponte di coperta; al momento dell'incidente, la nave era in navigazione isolata al largo dell'Argentario, 40 miglia a Nord di Civitavecchia. Il giovane, trasportato in elicottero, morì all'ospedale di Civitavecchia a seguito dell'aggravarsi delle condizioni cliniche e per le numerose fratture riportate; sui fatti che hanno portato alla tragica morte del giovane militare è ancora in corso un'indagine della procura della Repubblica di Civitavecchia; con decreto n. 115 del Ministero della difesa — Direzione generale della previdenza militare e della leva I Reparto 4a Divisione — Servizi Speciali Benefici si rigettava l'istanza presentata in data 19 luglio 2012 dal signor Pietro Nasta, padre del militare deceduto, che chiedeva che suo figlio venisse equiparato alle vittime del dovere; nel decreto sopracitato si legge «per l'evento traumatico in esame non può ravvisarsi alcuna delle situazioni di cui all'articolo 1, comma 563, non ricoprendo l'incidente gli estremi né del contrasto ad ogni tipo di criminalità, né dell'ordine pubblico, né dell'operazione di soccorso, né della vigilanza ad infrastrutture civili o militari, né dell'attività di tutela della pubblica incolumità, né tanto meno di azione recata in un contesto internazionale non avente necessariamente la caratteristica dell'ostilità» e che «l'evento lesivo non può neanche inquadrarsi nel comma 564 attesa l'origine violenta dell'evento e non da infermità dello stesso»; il comitato di verifica per le cause di servizio ha risolto la questione in modo assai contraddittorio sostenendo la violenta emorragia cerebrale per gravissimo trauma cranio facciale con fratture cranio facciali multiple sarebbero «sì dipendenti da causa di servizio» ma «non riconducibili alle particolari condizioni ambientali ed operative comunque implicanti l'esistenza od il sopravvenire di circostanze di servizio straordinarie» –: se il Ministro non ritenga di promuovere la revisione della decisione assunta dalla direzione generale della previdenza militare e della leva, anche alla luce del fatto che è innegabile che il sottocapo Nocchiere Alessandro Nasta abbia perso la propria vita durante 243 l'orario di servizio e mentre svolgeva le proprie mansioni in mare aperto a bordo della Vespucci e ad una altezza molto pericolosa; quali provvedimenti siano stati assunti per impedire il ripetersi di incidenti mortali come quello in oggetto e segnatamente se il personale abilitato a salire sugli alberi della Vespucci sia dotato di tutta l'attrezzatura antinfortunistica del caso, vista l'altezza in cui il personale opera con nave per di più in movimento. (5-00656) Risposta scritta pubblicata Giovedì 26 settembre 2013 nell'allegato al bollettino in Commissione IV (Difesa) 5-00656 Le norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro previste dal decreto legislativo n. 81/2008 vengono applicate alle Forze armate, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, dello stesso decreto legislativo a partire dall'ottobre 2010, con l'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 90/2010 (articoli 244 e seguenti). In particolare, la Marina Militare italiana ha integrato tali disposizioni con apposita circolare – entrata formalmente in vigore nel febbraio 2012 – dove è prevista l'elaborazione, da parte di imprese specializzate, di una Relazione Tecnica sulla Valutazione dei Rischi (RTVR) che costituisce il documento base per procedere, poi, alla redazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) delle unità navali esistenti. Per quanto concerne nave Vespucci, con riferimento al tragico incidente che ha portato al decesso del Sottocapo di 2a classe Nocchiere Alessandro Nasta, la trasmissione della Relazione Tecnica sulla Valutazione dei Rischi risulta avvenuta in data 29 ottobre 2011, a cura dell'Arsenale della Marina Militare di La Spezia, mentre per il medico competente, già nel 2009, la Direzione di Sanità di La Spezia ha provveduto a designare l'ufficiale medico che ha il compito di collaborare con il comando di bordo («datore di lavoro») alla valutazione dei rischi e alla predisposizione del relativo documento, oltre a esercitare la sorveglianza sanitaria sul personale appartenente ai Nuclei di pronto intervento di bordo. A seguito della trasmissione della citata Relazione, il medico competente ha preso i primi contatti con nave Vespucci per concordare le azioni dirette alla redazione del DVR, ancorché al momento del tragico evento non fossero ancora del tutto completate le formalità previste dalla menzionata circolare. 244 È il caso di evidenziare che, al momento dell'evento, la nave non solo era – come già detto – in possesso della prevista RTVR, ma nel documento era stato valutato anche lo specifico rischio concernente le mansioni alle quali era addetto il militare (con particolare riguardo alla fase della manovra alle vele). Successivamente, il Comando di bordo ha provveduto a perfezionare il documento di valutazione dei rischi (DVR) che conferma le valutazioni e le predisposizioni di sicurezza contenute nella richiamata Relazione Tecnica (RTVR), dove il rischio del ripetersi di eventi dannosi similari è stato valutato tenendo nella debita considerazione, oltre le peculiari esigenze tecnico-operative dell'unità, anche la necessità di tutelare la sicurezza della navigazione dell'intero equipaggio, in relazione alle particolari caratteristiche di manovra di un'unità a propulsione velica. Nello specifico, il grado di rischio era risultato «accettabile» (grado 4) dalle metodologie di calcolo definite nella sezione «metodologia» della RTVR, in base alle quali, pur in presenza di possibili danni «gravissimi», il grado di rischio era ritenuto mitigato mediante l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. Tali dispositivi, previsti, più in generale, su tutte le unità navali per i «lavori in quota», sono: imbracature di sicurezza omologate e di tipo paracadutistico, apposite scarpe tecniche da vela, tuta da vela con inserti catarifrangenti. Tenuto, altresì, conto che in navigazione è sempre presente personale sanitario, è possibile (da parte dell'operatore e/o del Comando) la notifica e/o la verifica di eventuali condizioni di salute ostative al corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale/sistemi d'imbracatura e/o allo svolgimento in sicurezza delle attività in alberata. Con particolare riguardo alle imbracature di sicurezza, fermo restando il criterio di applicare i migliori ritrovati tecnici in materia di sicurezza del lavoro esistenti in un determinato momento storico, sono stati recentemente adottati nuovi modelli per un migliore e più rapido aggancio alle strutture di sicurezza predisposte sull'unità. Ulteriori strumenti di riduzione del rischio risiedono nella intensificazione delle esercitazioni – così da mantenere un elevato livello di addestramento – e nell'indottrinamento continuo circa le modalità di salita «a riva» e i possibili rischi intrinsechi all'attività stessa. 245 Peraltro, tutto il personale viene regolarmente sottoposto ai previsti controlli sanitari e svolge i propri servizi in turnazioni giornaliere, allo scopo di garantire un adeguato periodo di riposo. Inoltre, per ogni attività da svolgere in alberata, nel corso del «briefing» operativo, il Nostromo di servizio chiede al militare designato se ha compreso l'attività che deve effettuare e se è nelle condizioni psicofisiche per assolvere i propri compiti: il personale imbarcato, senza alcuna eccezione, è professionalmente preparato per il compito tecnico da svolgere. Le lavorazioni in alberata vengono eseguite soltanto dal personale della categoria «Nocchiere», nella cui formazione e addestramento rientra anche il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. Il personale di Nave Vespucci è organizzato in tre squadre e i relativi servizi di guardia in navigazione prevedono una turnazione di 4 ore di guardia (Squadra di guardia), 4 ore a disposizione su chiamata, per lavorazioni che richiedono un maggior numero di personale per l'esecuzione delle stesse (Squadra di comandata) e 4 ore di riposo (Squadra franca). Per il tipo di attività in corso, al momento dell'incidente, erano state impiegate la Squadra di guardia e quella di comandata, della quale faceva parte il Nocchiere Alessandro Nasta. Prima del proprio servizio di guardia e successiva comandata il militare aveva avuto 8 ore di riposo/libero da servizi e indossava i dispositivi di protezione previsti, di cui si è già detto: precisamente, cintura di sicurezza ad imbracatura con spalline per salita a riva, tuta da lavoro e scarpe tecniche da vela. Chiariti tali aspetti in ordine alla sicurezza, mi preme sottolineare che, a fronte della tragedia che ha colpito la famiglia del giovane militare, sono state attivate dalla Marina Militare tutte le iniziative possibili per assicurare adeguato supporto, anche sotto l'aspetto amministrativo/burocratico, ai familiari. Nello specifico, sono state concesse: spese di soggiorno (vitto e alloggio) nella località dove si trovava il militare al momento del decesso; spese di trasporto (andata e ritorno) dei familiari dalla località di residenza a quella dove si trovava il militare; le spese sostenute per le onoranze funebri, la traslazione della salma, l'acquisto di corone di fiori e la pubblicazione di necrologi. È stata, inoltre, concessa l'elargizione del sussidio di «particolare assistenza», che viene corrisposto a fronte delle spese sostenute e da 246 sostenere connesse all'evento, ottenuto in caso di decesso causato da ferite o lesioni riportate nel corso di attività addestrativa, operativa o logistica/funzionale. Quanto, invece, alla richiesta di rivedere «la decisione assunta dalla direzione generale della previdenza militare e della leva», devo osservare che il Comitato di Verifica per le cause di servizio, con parere reso in data 19 marzo 2013, ha riconosciuto le fratture causa del decesso dipendenti da fatti di servizio, ma non riconducibili alle particolari condizioni ambientali od operative di missione. Stante l'obbligatorietà, per l'Amministrazione della Difesa e, quindi, anche per il Ministro stesso, di attenersi al parere del Comitato di Verifica, non si è potuta accogliere l'istanza del Signor Nasta, padre di Alessandro, volta ad ottenere per il figlio il riconoscimento della qualifica di «equiparato alle vittime del dovere». Nel merito, la legge 23 dicembre 2005, n. 266, all'articolo 1, comma 562, ha stabilito la progressiva estensione dei benefici già previsti per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata anche alle «vittime del dovere» (di cui all'articolo 1, comma 563 della citata legge) e agli «equiparati alle vittime del dovere». Gli «equiparati alle vittime del dovere» – individuati in relazione alle particolari condizioni ambientali od operative in cui il militare ha operato – sono, ai sensi dell'articolo 1, comma 564, della medesima legge n. 266/2005, coloro che «abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative di missione». In buona sostanza, con tale norma e con il successivo regolamento applicativo, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 243 del 2006, si è inteso garantire una maggiore tutela agli «equiparati alle vittime del dovere», in relazione alla straordinarietà delle circostanze – che debbono essere fuori dal comune, eccezionali – e ai fatti di servizio che debbono aver esposto il militare a maggiori rischi o fatiche nel corso di missioni autorizzate da un'autorità gerarchicamente o funzionalmente sopra ordinata al dipendente, causandone la malattia e/o il decesso. La normativa in questione (articolo 1, commi 563 e 564 della legge n. 266 del 2005) ha, dunque, diversamente considerato (con una misura diversa della speciale elargizione e con l'attribuzione di ulteriori benefici assistenziali) gli eventi luttuosi che si verificano in relazione a 247 situazioni specifiche e ad alto rischio rispetto a quelli che possono verificarsi, occasionalmente, nell'adempimento delle ordinarie attività istituzionali del militare. Conseguentemente, in qualità di «vittima del servizio», essendo il giovane deceduto in attività di servizio, per diretto effetto di lesioni causate da un evento di natura violenta riportate nell'adempimento del servizio, ovvero di un'attività ordinaria e programmata correlata ai precipui compiti istituzionali, spetta ai genitori la speciale elargizione, di cui all'articolo 1896 del decreto legislativo n. 66 del 2010. § 8. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0118895 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4/01188, presentato da BASILIO Tatiana, testo di Venerdì 19 luglio 2013, seduta n. 56: BASILIO, ALBERTI, CORDA, SORIAL, DALL'OSSO, SPADO NI, ARTINI, RIZZO, COMINARDI, PAOLO BERNINI, FRUSONE. Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che: il trattato di non proliferazione nucleare sancisce l'obbligo per l'Italia di non ospitare ordigni nucleari e per gli Stati nucleari, di non dispiegare tali armamenti al di fuori del proprio territorio, nello specifico l'articolo 1 recita: «Ciascuno degli Stati militarmente nucleari, che sia Parte del Trattato, si impegna a non trasferire a chicchessia armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, ovvero il controllo su tali armi e congegni esplosivi, direttamente o indirettamente; si impegna inoltre a non assistere, né incoraggiare, né spingere in alcun modo uno Stato militarmente non nucleare a produrre o altrimenti procurarsi armi nucleari o altri congegni nucleari esplosivi, ovvero il controllo su tali armi o congegni esplosivi»; secondo quanto affermato dall'Istituto affari internazionali nel documento «Il dibattito sulle armi nucleari tattiche in Italia» nonostante l'esplicito impegno a «creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari», il nuovo Concetto strategico della Nato adottato a Lisbona il 19 novembre 2010 ribadisce che 95http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2649&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 248 «fintanto che ci sono armi nucleari nel mondo, la Nato rimarrà una Alleanza nucleare». Ultimo caso di dispiegamento avanzato (forward deployment), cinque paesi dell'Alleanza atlantica – Belgio, Germania, Italia, Olanda e Turchia – continuano ad ospitare armi nucleari tattiche (Ant) statunitensi all'interno dei propri confini. Il tipo di arma nucleare a disposizione della Nato attualmente ospitata sul territorio europeo è la bomba gravitazionale B-61, che è comunemente classificata come tattica. Attualmente sono in servizio le versioni B61-3, B61-4 e B61-10, costruite tra il 1979 e il 1989, con varie opzioni di potenza da 0.3 a 170 chilotoni. Le bombe possono essere trasportate dagli aerei statunitensi F-15E e F-16C/D e dagli aerei delle forze europee come gli F-16 belgi, olandesi, turchi e i Tornado italiani e tedeschi. Le bombe sono custodite sotto il controllo americano dagli US Munitions Support Squadrons (Munss); svariati organi di stampa parlano di atomiche americane presenti in Italia nelle basi di Aviano e Ghedi, di esercitazioni svoltesi nelle stesse per valutare la sicurezza delle armi nucleari e di addestramento specifico rivolto al personale militare per fronteggiare emergenze di carattere nucleare in caso di incidenti con queste stesse armi; i siti Internet ufficiali dell'Aeronautica militare statunitense affermano che nella base di Aviano esistono apparecchiature specifiche per il controllo e la manutenzione di questo genere di armamenti; come affermato dalla Corte internazionale di giustizia mantenere una minaccia nucleare nei confronti di altri Paesi è un illecito, per di più le armi nucleari in territorio italiano rappresentano un pericolo per la salute e la vita di chi vive nei pressi di una installazione nucleare militare; tra gli Accordi bilaterali USA-Italia, l’air technical Agreement (Accordo tecnico aereo Italia-Usa) del 30 giugno 1954 definisce i limiti delle attività operative, addestrative, logistiche e di supporto che i velivoli americani possono effettuare sul territorio italiano mentre il Bilateral Infrastructure Agreeement Accordo bilaterale italoamericano (BIA) sulle infrastrutture stipulato il 20 ottobre 1954 regola le modalità per l'utilizzo delle basi concesse in uso alle Forze USA sul territorio nazionale, generalmente conosciuto come «Accordo Ombrello», in conformità al BIA, sono stati approvati, nel corso degli anni, vari Memorandum d'intesa, tecnici e locali per regolamentare diversi aspetti connessi all'uso delle singole basi; tali accordi tecnici confermano che le basi militari utilizzate dagli Stati Uniti nel nostro Paese sono finora state soggette a una duplice 249 forma di controllo operata dalle autorità militari statunitensi e italiane. I comandanti delle basi sono militari italiani ma essi non hanno poteri di controllo sostanziale sulle attività poste in essere dagli Stati Uniti, poiché si limitano a decidere in materia di numero dei voli, orari dei voli, responsabilità di assistenza al traffico aereo. Il controllo di carattere militare sul personale, l'equipaggiamento, i tipi di attività che vengono posti in essere dagli Stati Uniti ricadono nella competenza del comandante statunitense. Quanto al trattamento del personale delle basi, gli schemi di accordi tecnici rinviano alle disposizioni contenute nel Trattato di Londra; si segnala che tali due ultimi Agreement, come ha anche sottolineato il ministro Martino nel corso della comunicazione alle Commissioni Difesa di Camera e Senato del 21 gennaio 2003, hanno una elevata classifica di segretezza e non possono essere declassificati unilateralmente; la dottrina nettamente maggioritaria (Mortati, Cassese, Barbera, Barile) non ritiene compatibile con il sistema l'esistenza di Trattati segreti ritenendoli illegittimi. Alcuni autori (Fois) giungono addirittura a chiedersi se un Trattato segreto, in quanto tale, abbia effetti giuridicamente vincolanti. La tesi dominante, ossia quella dell'illegittimità dei Trattati segreti poggia sulla ricostruzione dei principi costituzionali in materia, su quella dei rapporti tra organi costituzionali (in particolare tra Governo, Presidenza della Repubblica e Camere) e normativamente fa fulcro sull'articolo 80 della Costituzione; secondo quanto affermato dal sottosegretario di Stato per gli affari esteri, pro tempore Scotti, la determinazione dell'Italia a sostenere il processo di disarmo nucleare è stata confermata anche nel Vertice di Lisbona, dove è stato approvato un nuovo concetto strategico della NATO, indirizzato verso un'ulteriore riduzione in Europa degli arsenali nucleari dell'Alleanza atlantica, la cui capacità di deterrenza dovrà dipendere sempre meno dal fattore nucleare –: se le informazioni riportate in premessa corrispondano al vero, quante siano le bombe nucleari stoccate nel nostro Paese e in quali siti si trovino; se corrisponda al vero che le bombe atomiche tattiche stoccate in Italia siano state recentemente ammodernate su disposizioni del Governo degli Stati Uniti per consentirne l'utilizzo anche a bordo degli F35; come il Governo reputi compatibile lo stoccaggio di armi nucleari in Italia con il trattato di non proliferazione nucleare sottoscritto dal nostro Paese: se in base al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 il Governo intenda 250 mettere a conoscenza la popolazione sui rischi alla salute, sulla radioattività ambientale e sui piani di evacuazione dei civili in caso di emergenza nucleare, dato che i suddetti piani di evacuazione non risultano ad oggi conosciuti dalle autorità civili. (4-01188) § 9. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0158496 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4/01584, presentato da BASILIO Tatiana, testo di Lunedì 5 agosto 2013, seduta n. 65: BASILIO, CORDA, PAOLO BERNINI e ALBERTI. Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che: con la legge 11 luglio 1978, n. 382 — oggi confluita nel codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 — venivano istituiti per l'Esercito, la Marina, l'Aeronautica, i carabinieri e la guardia di finanza degli organi di rappresentanza di militari suddivisi, a seconda delle competenze, in organo centrale detto COCER, organo intermedio detto COIR e organo di base detto COBAR; nel medesimo corpo normativo venivano previste tutta una serie di garanzie e tutele per i delegati dei predetti organismi al fine di vietare tutti quegli atti diretti comunque a condizionare o limitare l'esercizio del mandato dei componenti degli organi della rappresentanza; risulta agli interroganti che lo Stato Maggiore della difesa, con lettera prot. n. 1/533 del 19 luglio 2013 a firma del Capo di Stato Maggiore della difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, abbia richiamato l'intero Consiglio centrale di rappresentanza interforze sia sull'uso dell'abito civile durante i lavori sia all'estesa «discrezionalità» nella partecipazione ad incontri istituzionali, ma anche nell'ordinario esercizio delle funzioni, definendo addirittura «disdicevoli» tali comportamenti; a parere degli interroganti, l'iniziativa del Capo di Stato Maggiore della difesa si configura come un chiaro richiamo disciplinare collettivo volto a creare nei delegati un evidente condizionamento gerarchico nell'esercizio del mandato. L'uso degli abiti civili, in particolare per i delegati COCER delle sezioni carabinieri e guardia di finanza, si 96http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5465&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 251 rende necessario per evitare che gli stessi portino l'arma individuale al seguito, sia all'interno del Consiglio centrale di rappresentanza interforze sia nelle sedi istituzionali a cui i delegati intervengono. Inoltre, è noto che l'accesso di personale militare armato è vietato in Parlamento e in molti ambiti istituzionali; dalla lettura del documento in esame, oltre alla questione relativa all'uso dell'uniforme, gli interroganti ritengono che tale lettera può configurare una indebita ingerenza nell'esercizio del mandato della rappresentanza militare da parte del Capo di Stato Maggiore della difesa e sul funzionamento dei consigli stessi, in quanto il richiamo alla «discrezionalità» nella partecipazione ai lavori da parte dei delegati, contemplato dall'articolo n. 913 del decreto del Presidente 15 marzo 2010, n. 90, agirebbe sull'autonomia dei Consigli e degli stessi delegati –: se intenda il Ministro interrogato assumere iniziative per revocare quanto previsto nella lettera prot. n. 1/533 del 19 luglio 2013 a firma del Capo di Stato Maggiore della difesa ammiraglio Luigi Binelli Mantelli; se intenda procedere celermente ad una modifica delle eventuali disposizioni che regolano l'uso dell'uniforme e la libera partecipazione ad incontri/riunioni da parte dei delegati al fine di lasciare libera «discrezionalità» ai delegati nell'ambito delle proprie funzioni; quali iniziative intenda intraprendere il Ministro nei confronti del Capo di Stato Maggiore della difesa e di chiunque agisca in tal senso, al fine di evitare in futuro ogni possibile condizionamento e limitazione, diretta e indiretta, nell'esercizio delle proprie funzioni ai delegati della rappresentanza militare. (4-01584) § 10. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0165497 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4/01654, presentato da BASILIO Tatiana, testo di Giovedì 8 agosto 2013, seduta n. 68: BASILIO, RIZZO, FRUSONE, ALBERTI, CORDA, ARTINI e PAOLO BERNINI. 97http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5954&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 252 Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che: sul sito internet dell’Huffington Post in data 7 agosto 2013 è stato pubblicato un articolo dal titolo «Elicotteri delle forze armate pieni di amianto: in esclusiva il carteggio tra la Difesa e Agusta Westland». Nell'articolo si legge: «La flotta di elicotteri delle nostre forze armate è a rischio contaminazione: innumerevoli modelli attualmente in dotazione a Esercito, Marina, Aviazione e Carabinieri sarebbero in pratica scatole volanti piene di amianto»; questa situazione andrebbe avanti da oltre quindici anni, nel sostanziale silenzio delle autorità coinvolte. L'articolo parla di un vivace scambio di lettere tra il Ministero della difesa e l'azienda che li ha fabbricati, l'Agusta Westland. Compagnia che, per prima, li definisce testualmente «inquinati»; il carteggio sarebbe adesso in possesso dei magistrati delle procure militari di Roma e Napoli, anche in seguito alla opportuna segnalazione del «Partito per la Tutela dei Diritti dei Militari»; dopo il ’92 (anno della legge che bandisce l'impiego dell'amianto) la controllata di Finmeccanica ha provveduto a informare la difesa su quali e quanti modelli di velivoli da loro prodotti contenessero asbesto, in quali e quante parti delle rispettive carlinghe. «Sin dal 1996 abbiamo trasmesso l'elenco di tutti i materiali pericolosi presenti sui nostri elicotteri», scrivono dall'Agusta Westland nella loro lettera del 6 giugno scorso al Segretariato generale della difesa e direzione nazionale degli armamenti. Secondo l'azienda il Ministero era stato debitamente informato del problema come dimostrerebbe un dossier di oltre cinquanta pagine ricco di tabelle ed informazioni inviate alla difesa; secondo tali tabelle – su tutte citiamo quella datata 6 aprile 2006 – si legge che per quanto riguarda i modelli AB 206, AB 205, AB 212, AB 212 AS, AB 412: «L'amianto può essere contenuto in guarnizioni, condotti, tubi, nonché pastiglie dei freni». Negli elicotteri SH-3D; HH-3F: «L'amianto può essere contenuto nelle pastiglie dei freni, ruote e rotore, nella frizione e nell'APU». Nel CH47: «L'amianto può essere contenuto nelle pastiglie dei freni». Così per l'A129: «L'amianto è presente nelle guarnizioni delle paratie parafiamma», mentre per l'A109: «L'amianto può essere contenuto in guarnizioni, condotti, tubi, nonché pastiglie dei freni, rotore e ruote»; in un'altra tabella del 13 febbraio 1996 (dieci anni prima) viene indicata la presenza di amianto anche a bordo dell'AB204, dell'SH3DTS e dell'HH 500; 253 l'Agusta Westland avrebbe intrapreso sua sponte una prima bonifica su 14 di queste macchine in un cantiere presso la base di Grazzanise, in provincia di Caserta; gli equipaggi, non sarebbero stati informati della presenza dell'amianto a bordo di quello che è il loro luogo di lavoro: né dei rischi di salute nell'operarvi a stretto contatto, né delle misure di sicurezza che avrebbero dovuto prendere a titolo di prevenzione e a tutela della loro salute; l'articolo dell’Huffington Post riporta frasi virgolettate di due elicotteristi appartenenti a corpi diversi. «Sugli elicotteri è la prima volta che sento parlare di problematiche simili – racconta uno specialista della Marina Militare – noi non ne siamo certo stati informati. Qualche guarnizione la si sostituisce. Ma se il problema riguarda anche le tubazioni, queste non vengono cambiate quasi mai, e alcune si trovano in punti praticamente inaccessibili». «Neanche noi abbiamo mai avuto informazioni su questi rischi, né sulle precauzioni da adoperare nel maneggio e nell'ispezione di questi mezzi – conferma un elicotterista dell'Esercito – il pilota fa l'ispezione al mezzo, prima di salire a bordo. Ma lo specialista mette mano ai componenti, smonta e rimonta. E in tanti anni nessuno si è mai raccomandato perché usassimo cautela o precauzioni, entrando in contatto con questo materiale che sappiamo benissimo essere dannoso»; la legge 27 marzo 1992, n. 257, ha fissato le norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto –: se le notizie riportate nell'articolo citato in premessa corrispondano al vero e in caso affermativo quale sia la ragione per la quale non sono state assunte iniziative organiche di bonifica dall'amianto degli elicotteri e non si sia informato il personale dei rischi concernenti la presenza di asbesto su molte parti di materiale a bordo; se quali e quanti siano i velivoli che risultino ancora non completamente bonificati, se siano ancora impiegati, per quali attività e quali siano le misure di prevenzione adottate per tutelare la salute degli equipaggi di volo e del personale militare comunque imbarcato a bordo nonché dei meccanici adibiti alla manutenzione degli stessi; se il Ministero abbia provveduto, a partire dal marzo 1992, a monitorare i casi di malattia del personale civile e militare tipici da avvelenamento o contaminazione da amianto e quanti casi risultino tra il personale impiegato intorno agli elicotteri in questione; se il conclamarsi di diversi casi di malattie asbesto correlate tra il personale delle Forze amate ha comportato risarcimenti per gli stessi e le loro famiglie e se comunque intenda 254 assumere iniziative in questa direzione per i casi che si dovessero conclamare in futuro. (4-01654) § 11. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/0179198 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01791, presentato da BERNINI Massimiliano, testo di Mercoledì 11 settembre 2013, seduta n. 75: M.BERNINI, ARTINI, ALBERTI, RIZZO, L'ABBATE, PARENTELA, GALLINELLA, BASILIO, P.BERNINI, FRUSONE. Al Ministro della difesa, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere — premesso che: attualmente sono circa 282 i vincitori e gli idonei di concorsi pubblici banditi dall'Amministrazione civile della difesa negli anni 2008-2009 e che risultano essere in attesa di assunzione. Le procedure concorsuali in parola sono quelle di seguito specificate: a) concorso su base circoscrizionale per 111 posti di funzionario di amministrazione, area funzionale C, posizione economica C1. Bandito con Gazzetta Ufficiale 4aSerie Speciale n. 59 del 27 luglio 2007, graduatoria di merito pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 24 del 25 marzo 2011. Tale procedura si è conclusa nel 2009 e i relativi cittadini risultati vincitori/idonei sono in attesa da 4 anni; b) concorso su base circoscrizionale per 9 posti di collaboratore bibliotecario, area funzionale C, posizione economica C1 bandito con Gazzetta Ufficiale 4a Serie Speciale n. 59 del 27 luglio 2007, graduatoria di merito pubblicata in data 8 aprile 2009, con i vincitori in attesa da 4 anni; c) concorso su base circoscrizionale per 63 posti di collaboratore tecnico, elettrotecnico ed elettromeccanico area funzionale C, posizione economica C1. Bandito con Gazzetta Ufficiale 4a Serie 98http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6464&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 255 Speciale n. 59 del 27 luglio 2007, graduatoria di merito pubblicata in data 14 novembre 2008, con i vincitori in attesa da 5 anni; d) concorso su base circoscrizionale per 4 posti di funzionario tecnico, settore elettronico, optoelettronico e delle telecomunicazioni area funzionale C, posizione economica C2. Bandito con Gazzetta Ufficiale, 4a Serie Speciale n. 59 del 27 luglio 2007, graduatoria di merito pubblicata in data 15 dicembre 2008, con i vincitori in attesa da 5 anni; e) concorso su base circoscrizionale per 5 posti di ingegnere del settore elettrotecnico ed elettromeccanico, area funzionale C, posizione economica C2. Bandito in data 16 luglio 2007, graduatoria di merito pubblicata in data 28 novembre 2008 con un'attesa di 5 anni; f) concorso su base circoscrizionale per 30 posti di assistente tecnico del settore motoristico e meccanico, area funzionale B, posizione economica B3. Bandito con Gazzetta Ufficiale 4a Serie Speciale n. 59 del 27 luglio 2007, graduatoria di merito pubblicata in data 15 dicembre 2008 in attesa da 5 anni; considerato che la direzione generale del personale civile (Persociv) ha inoltrato alla funzione pubblica, già dal 2011 la richiesta di autorizzazione alla assunzione del personale risultato vincitore che, successivamente rimodulata sulla base delle risorse disponibili, riguarda: a) n. 208 assunzioni complessive, di cui n. 175 per la cosiddetta area 3a (riferite alla copertura dei posti messi a bando delle procedure da punti 1 a 4 specificati in premessa) per la copertura, nel numero esatto, di carenze nell'area risultanti alla data del 31 ottobre 2012 per effetto della rideterminazione delle dotazioni organiche avvenuta a seguito dei tagli imposti dallo spending review (decreto-legge n. 95 del 2012); b) n. 24 per la cosiddetta area 2a (riferite alla copertura dei posti messi a bando di cui al punto 6 specificato in premessa); c) n. 7 ripartite tra dirigenti, professori, vittime del terrorismo, e altri; sussistono gravissimi problemi dovuti allo progressiva perdita di professionalità a causo delle cessazioni dal servizio di personale civile della difesa e del mancato ripianamento delle carenze per effetto del blocco del turnover; tale situazione critica è avvertita, in particolare, negli arsenali e altri enti della cosiddetta area industriale, la cui presenza è stato ripetutamente giudicata come 256 strategica ai fini della stessa missione istituzionale; il progressivo invecchiamento della forza lavoro civile dell'Amministrazione dello difesa (età media intorno ai 56 anni) lo rende ogni giorno sempre meno efficiente; gli elevati oneri sostenuti dalla pubblica amministrazione per esperire le citate procedure concorsuali potrebbero essere dispersi se non finalizzati al reclutamento dei vincitori/idonei dei relativi concorsi parte dei quali, a causa del lungo tempo di atteso delle assunzioni ormai trascorso, potrebbero aver rinunciato alle stesse –: quali iniziative nell'immediato si intendano porre in essere, o siano già state poste in essere, per ottenere da parte della funzione pubblica l'autorizzazione richiesta da Persociv ai fini dell'assunzione dei candidati risultati vincitori delle procedure in argomento. (4-01791) § 12. Interpellanza urgente nr. 2-0011299 Interpellanza urgente 2-00112 presentato da CORDA Emanuela testo di Venerdì 5 luglio 2013, seduta n. 47 I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere – premesso che: Forza NEC, programma avviato nel 2007, ha come obiettivo quello di formare una forza terrestre integrata digitalizzata, basata su tre brigate medie dell'esercito e su una brigata anfibia interforze composta da elementi del reggimento «Serenissima» e del reggimento di fanteria di marina «San Marco»; secondo il cronoprogramma stabilito dall'azienda fornitrice Selex ES – impresa di Finmeccanica – sono previste tre tappe per la realizzazione di questa forza: con la prima, prevista entro il 2018, sarà digitalizzata la brigata meccanizzata «Pinerolo» e la forza di proiezione dal mare, mentre con la seconda e la terza, da concludersi rispettivamente entro il 2026 e il 2031, terminerà il programma di digitalizzazione delle brigate restanti e si concluderà anche la fornitura di tutte le apparecchiature richieste; ad oggi il programma è in fase di concetto, sviluppo e sperimentazione (Concept development & 99http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=478&stile=7&highLig ht=1&paroleContenute=%27INTERPELLANZA+URGENTE%27 257 experimentation-CD&E), che rientra nella prima tappa della tempistica sopra citata, per la quale è prevista una spesa di circa 800 milioni di euro, di cui ne sono stati assegnati già 324,2 milioni; per la validazione dei nuovi sistemi informatici, optronici e di battaglia sono stati attivati circa sei centri nazionali sperimentali che rientrano nella struttura di Integration test bed (Ibt), mentre sono in fase di realizzazione ulteriori siti per la verifica di queste tecnologie; nell'ambito di Forza NEC è confluito anche il progetto «Soldato futuro», dal costo stimato di circa 18 milioni di euro, avviato nel 2002 con l'obiettivo di incrementare le capacità letali e di sopravvivenza della fanteria con la fornitura di 558 lotti che comprendono vestiario, equipaggiamento di protezione, sistemi d'arma, sensori e apparati di telecomunicazioni; attualmente sono stati consegnati 92 sistemi di pre-serie di «Soldato futuro» ed è stata svolta una sperimentazione di alcune componenti nel teatro afghano, come nel caso del nuovo fucile d'assalto ARX-160; il progetto in esame è stato voluto fortemente dal Ministro pro tempore della difesa Di Paola e sarà gestito, senza gare né confronto dei prezzi, da Selex Es, società di Finmeccanica; il programma Sicral (Sistema italiano per comunicazioni riservate e allarmi) è il primo del suo genere nel nostro Paese, che prevede il lancio in orbita di tre satelliti finalizzati a garantire l'interoperabilità tra le reti della difesa, della sicurezza pubblica, dell'emergenza civile e della gestione e controllo delle infrastrutture strategiche; il progetto, dal costo stimato in circa 250 milioni di euro, è articolato in tre fasi: la prima si è conclusa nel 2001 con il lancio del satellite Sicral 1, ancora in esercizio e con una vita residua di circa tre anni; la seconda avviata nel 2009 con il lancio di Sicral 1B, satellite che ha una vita operativa di 13 anni; la terza in via di esecuzione, in cooperazione con la Francia, con il lancio nel 2014 del Sicral 2, che avrà una vita stimata di 15 anni; oltre al Sicral, la difesa ha avviato nel 2004 anche il programma Cosmo Skymed composto da quattro satelliti per un sistema duale (civile e militare) di osservazione terrestre dal costo complessivo di circa 890 milioni di euro. Dei quattro satelliti previsti, tre sono già stati lanciati in orbita e sono operativi; il 19 luglio 2012 il Governo italiano e quello israeliano hanno sottoscritto un accordo di cooperazione nel settore della tecnologia militare, che prevede, tra l'altro, l'acquisto del sistema satellitare ottico ad alta risoluzione per l'osservazione della terra Optsat-3000 per un costo stimato di 200 milioni di dollari; 258 tutto ciò mentre l'Italia sta attraversando una terribile crisi economica e occupazionale, senza più finanziamenti adeguati nemmeno per il rinnovo della cassa integrazione –: se non ritenga opportuno, vista la grave crisi economica in corso, sospendere, ovvero rimodulare, il programma Forza NEC e comunque ridurre il numero dei siti Ibt e bloccare l'attivazione degli ulteriori previsti di cui in premessa; se non ritenga, sempre in considerazione del periodo di grave crisi economica del nostro Paese, di riconsiderare la necessità dell'acquisto del satellite israeliano Optsat-3000, essendo comunque garantita la funzione di osservazione e allerta dai sistemi già in funzione. (2-00112) «Corda, Frusone, Artini, Rizzo, Basilio, Alberti, Paolo Bernini, Nuti, Lombardi». § 13. Interrogazione a risposta scritta nr. 5-00140100 Interrogazione a risposta in commissione 5-00140 presentato da CORDA Emanuela testo di Giovedì 16 maggio 2013, seduta n. 17 CORDA, ALBERTI, RIZZO, FRUSONE, PAOLO BERNINI, BASILIO e ARTINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che: da diverse fonti di stampa si apprende che cinquecento marines sono stati trasferiti nei giorni scorsi in Sicilia dalla base di Rota in Spagna. Gli uomini fanno parte della Marine Air Ground Task Force (MAGTF), la forza speciale costituita nel 1989 per garantire al Corpo dei Marines flessibilità e rapidità d'azione nei differenti scacchieri di guerra internazionali; l'unità di Rota è stata attivata dal Pentagono da un paio di mesi per sostenere il Comando Usa in Africa (Africom) nell'addestramento e la formazione delle forze armate dei partner continentali e intervenire rapidamente in Africa in caso di crisi. La decisione di dar vita alla nuova task force è stata presa nel settembre 2012 dopo l'attentato terroristico contro il consolato Usa di Bengasi in cui persero la vita quattro funzionari tra cui l'ambasciatore in Libia, Christopher Stevens; secondo il portavoce del Pentagono George Little, i marines potranno 100http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2822&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27 259 intervenire da Sigonella in tempi rapidissimi nel caso di nuovi attacchi al personale diplomatico o ai cittadini Usa presenti in Libia per «effettuarne eventualmente l'evacuazione»; al seguito dei marines sono giunti a Sigonella otto velivoli da trasporto e assalto anfibio Bell Boeing CV-22 «Osprey» (falco pescatore). Si tratta dei controversi «convertiplani» (bi-turboelica in grado di atterrare e decollare come un elicottero e volare come un normale aereo), capaci di trasportare fino a 24 soldati del tutto equipaggiati, alla velocità di 509 chilometri all'ora; l'Osprey è oggetto di forte discussione a cause delle sue scarse condizioni di sicurezza in volo. Da quando è divenuto operativo, il velivolo è stato al centro di numerosi incidenti e una trentina tra contractor e militari sono morti durante test ed esercitazioni. Nella primavera dello scorso anno due «Osprey» si sono schiantati al suolo, il primo durante un'esercitazione militare in Marocco (morti due marines) e il secondo in Florida. Per l'alto rischio di incidenti e l'insostenibile rumore emesso dal velivolo durante le operazioni di decollo e atterraggio, migliaia di cittadini giapponesi hanno dato vita a numerose manifestazioni di protesta contro la decisione di dislocare 12 convertiplani nella grande base aerea Usa di Okinawa; i risultati della guerra di Libia, lungi dall'aver portato stabilizzazione e democrazia nel Paese, ci consegnano una Nazione divisa per eserciti tribali, in preda a ripetute operazioni terroristiche (a Bengasi e non solo) e con una forte penetrazione delle componenti più estreme e pericolose del fondamentalismo islamico. Si ha l'impressione che alle forze occidentali che a diversi livelli sono intervenute nel conflitto armato contro Gheddafi, interessi non tanto il ripristino dei diritti umani e delle libertà democratiche fondamentali, quanto la messa in sicurezza degli approvvigionamenti petroliferi come dimostrano gli innumerevoli contratti estrattivi stipulati dalle multinazionali del petrolio, Eni tra queste, e il precario nuovo governo di Tripoli –: se il Governo italiano sia stato informato della decisione del Pentagono di spostare dalla base di Rota la task force di 500 marines per meglio intervenire nello scenario libico e in che misura, in questa operazione, siano coinvolte le Forze Armate italiane; se questo non configuri uno spostamento definitivo dei marines dalla Spagna alla base siciliana, con ulteriore impatto del processo di militarizzazione di questa area che aumenta così il rischio di diventare bersaglio di ritorsioni terroristiche; se sia stato valutato 260 l'impatto che l'ulteriore appesantimento del traffico aeronavale avrà sull'attività dell'aeroporto civile di Fontarossa e segnatamente se l'attività degli otto velivoli da trasporto e assalto anfibio Bell Boeing CV-22 «Osprey» possa pregiudicare l'incolumità della popolazione ed innalzare il già grave inquinamento acustico nelle zona. (5-00140) § 14. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00754101 Interrogazione a risposta scritta 4-00754 presentato da CURRÒ Tommaso testo di Giovedì 6 giugno 2013, seduta n. 30 CURRÒ, CANCELLERI, TURCO, D'UVA, GRILLO, NESCI, RIZZETTO, TACCONI, PRODANI, BARONI e MARZANA. Al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: il 14 maggio 2013, nel corso di una conferenza stampa, i legali dei sottufficiali dell'Arma Salvatore Fiducia e Saverio Masi denunciavano agli organi d'informazione gli ostacoli e le omissioni frapposte fra il 2001 ed il 2004 prima alla caccia al capomafia Bernardo Provenzano e poi, circa due anni fa, in relazione ad «un'indicazione affidabile» che faceva ritenere che si trovasse in Sicilia quello che viene considerato l'attuale reggente di Cosa nostra Matteo Messina Denaro; queste circostanze sono state oggetto di denuncia alla Guardia di finanza di Palermo da parte del luogotenente Salvatore Fiducia, tale denuncia ha fatto seguito ad un esposto del maresciallo Saverio Masi; i due militari dell'Arma hanno dichiarato che nell'eseguire le loro rispettive indagini, in servizio al comando provinciale di Palermo, le relazioni di servizio con le quali riferivano ai loro superiori siano state «ignorate e talvolta corrette, con sottrazioni di alcune parti»; inoltre sia Masi che Fiducia riferiscono, per tramite dei loro legali, «di aver individuato casolari dove avrebbero potuto rifugiarsi i latitanti e anziché essere incoraggiati, sono stati stroncati»; se quanto denunciato in premessa fosse vero si sarebbero verificati, nell'ambito dell'Arma, 101http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2215&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 261 comportamenti che avrebbero contribuito alla compromissione di importanti indagini contro la criminalità organizzata, ivi compresa la cattura di pericolosissimi latitanti –: se siano state avviate indagini in relazione ai fatti in premessa alla luce dell'esposto e della denuncia presentati; quali iniziative intenda intraprendere, nel rispetto ed indipendentemente da eventuali indagini della magistratura, per accertare se nella catena di comando si siano verificate anomalie e per chiarire quanto descritto in premessa. (4-00754) Risposta scritta pubblicata Venerdì 13 settembre 2013 nell'allegato B della seduta n. 77 presentata da CURRÒ Tommaso Risposta. — In relazione alla vicenda esposta dall'interrogante, faccio presente che nel corso della conferenza stampa tenutasi il 14 maggio 2013, i legali dei Sottufficiali menzionati nell'atto in titolo hanno riproposto il contenuto di alcune denunce presentate – lo scorso mese di maggio – dai loro assistiti presso gli Uffici della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, in merito ad asserite omissioni e a presunti comportamenti illeciti tenuti dai loro superiori, dal 2001 al 2010 (quando erano effettivi al reparto operativo di Palermo), finalizzati ad ostacolare la cattura di Bernardo Provenzano e di Matteo Messina Denaro. Il 4 giugno 2013, alcune agenzie di stampa hanno pubblicato le dichiarazioni dell'ufficiale superiore che comandava in quel periodo il reparto operativo di Palermo, con le quali ha smentito le versioni dei Sottufficiali, preannunciando iniziative legali a tutela.Nel periodo tra l'11 giugno e il 22 luglio 2013, l'allora Comandante del reparto operativo di Palermo e un altro Ufficiale, all'epoca dei fatti anch'egli in forza allo stesso reparto operativo, hanno depositato – direttamente presso le procure della Repubblica competenti – delle querele per diffamazione a mezzo stampa e calunnia nei confronti dei due sottufficiali, nonché degli autori degli articoli di stampa e dei direttori delle testate giornalistiche, responsabili, a vario titolo, di aver divulgato e/o commentato le informazioni diffuse nella conferenza stampa in questione. Rendo noto, in ultimo, che l'Amministrazione non è in grado di fornire utili elementi sullo stato delle relative indagini, in quanto non sono state delegate attività investigative a reparti dell'Arma dei Carabinieri, tantomeno è stato 262 possibile, attesa l'attualità dei procedimenti penali, avviare autonomi accertamenti sul piano amministrativo. Il Ministro della difesa: Mario Mauro. § 15. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00859102 Interrogazione a risposta scritta 4-00859 presentato da DEL GROSSO Daniele testo di Giovedì 13 giugno 2013, seduta n. 33. DEL GROSSO, DI BATTISTA, GRANDE, SPADONI, SCAGLIUSI, MANLIO DI STEFANO, TACCONI e SIBILIA. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che: si fa riferimento ad una delle vicende più oscure e nebulose della storia italiana: la vicenda dei due Marò, Massimiliano La Torre e Salvatore Girone; in questo caso la pessima gestione della vicenda dei due marò da parte del Governo italiano ad avviso degli interroganti conferma la pessima qualità della gestione politica e tecnico-amministrativa del nostro Paese; sussiste una esigenza pratica di protezione dei navigli mercantili dalla pirateria e dal terrorismo, fenomeno complesso che va contrastato in vario modo incluso l'uso della forza armata in conformità agli accordi internazionali esistenti; per far fronte a tale esigenza, base della vicenda dei due marò, c’è una pessima legge che coniuga tutti i difetti del «patriottismo» di bassa lega con quelli della galoppante tendenza alla privatizzazione della sicurezza. Ci si riferisce al decreto-legge n. 107 del 12 luglio 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, il cui articolo 5 istituisce per l'appunto i nuclei militari di protezione. In sostanza, tale legge prevede di imbarcare militari italiani su navi mercantili private per assicurarne la difesa contro eventuali attacchi dei pirati o simili; tale normativa si configura, secondo gli interroganti, come una palese violazione dei principi costituzionali e delle funzioni costituzionalmente previste per le forze armate, il cui compito, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 52 della Costituzione, dovrebbe essere quello della difesa della patria; comunque la predetta esigenza 102http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2320&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 263 va soddisfatta mediante l'impiego di personale specializzato e non già coinvolgendo le forze armate nazionali; la predetta norma, inoltre, è tendenzialmente farraginosa e poco comprensibile nella sua utilità confondendo la natura pubblicistica con quella privatista del servizio; con il decreto del Ministro dell'interno del 28 dicembre 2012, n. 266, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale al n. 75 del 29 marzo 2013, si è cercato di regolamentare le modalità attuative dell'articolo 5, commi 5 e 5-bis, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, solo dopo un anno dall'accaduto dei due marò con evidente ritardo; infatti tale decreto regolamenta: a) l'impiego di guardie giurate a bordo delle navi mercantili battenti bandiera italiana che transitano in acque internazionali a rischio pirateria; b) le modalità per l'acquisto, l'imbarco, lo sbarco, il porto, il trasporto e l'utilizzo delle armi e del relativo munizionamento; c) i rapporti tra guardie giurate e il comandante della nave; tuttavia tale decreto all'articolo 3, comma 1, recita che «nei casi in cui il Ministero della difesa abbia reso noto all'armatore che non è previsto l'impiego dei Nuclei Militari di protezione, possono essere svolti da guardie giurate, dipendenti direttamente dagli armatori» i servizi di protezione delle merci e dei valori, senza definire con regole certe l'alveo di discrezionalità che lo stesso Ministero ha nel prevedere o meno l'impiego del nucleo militare di protezione –: se a bordo della stessa nave vi fossero solo i due fucilieri della Marina La Torre e Girone o se invece la scorta fosse composta da altri uomini, funzionari pubblici o scorte armate private; quale sia la linea di confine che delimita la natura pubblicista da quella privatistica del servizio al fine di chiarire meglio la posizione dei due marò per invocare decisamente, alla luce della prassi internazionale in materia, l'immunità funzionale degli stessi marò. (4-00859) § 16. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01105103 Interrogazione a risposta scritta 4-01105 presentato da DI BATTISTA Alessandro testo di Martedì 2 luglio 2013, seduta n. 44 103http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2566&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 264 DI BATTISTA, FRUSONE, RIZZO, CORDA, ALBERTI, MANLIO DI STEFANO, ARTINI e SPADONI. Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che: l'Italia con il decreto-legge n. 227 del 2012 del 28 dicembre 2012 (convertito, con modificazioni, dalla legge 10 febbraio 2013, n. 12) ha provveduto alla «proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia»; con riferimento all'intervento italiano in Afghanistan il predetto provvedimento, al comma 19 dell'articolo 1, autorizza la spesa di euro 5.635.000,00 «al fine di sopperire a esigenze di prima necessità della popolazione locale, compreso il ripristino dei servizi essenziali» relativamente al periodo 1o gennaio 2013 – 30 settembre 2013; la somma di cui sopra è stanziata per interventi urgenti, acquisti e lavori, anche in deroga alla contabilità generale, disposti dal comandante del contingente militare impegnato nella Repubblica Islamica dell'Afghanistan; nella relazione tecnica sottoposta al Parlamento al momento della conversione in legge del decreto-legge n. 227 del 2012 viene chiarito che gli interventi urgenti in Afghanistan sono da riferirsi alla cosiddetta attività CIMIC (civil-military cooperation); la medesima relazione, nel provvedere alla quantificazione degli effetti finanziari circa le missioni di cui al citato articolo 1, comma 19, del decreto de quo, lungi dall'indicare le singole voci di spesa, identifica l'intera somma stanziata come onere una tantum; le modalità di gestione delle somme, in deroga alla contabilità di Stato, così come autorizzate dal decreto legge, appaiono dunque, assolutamente al di fuori di qualsivoglia controllo essendo rimessa, la discrezionalità degli interventi, ai comandanti delle missioni; di conseguenza, a giudizio degli interroganti, non è garantita la benché minima trasparenza: in particolare, non è dato sapere quante somme sono state ad oggi investite, a quali aziende sono state erogate e con quali finalità, nonché quali importi dovranno essere utilizzati sino al 30 settembre 2013; gli stanziamenti finalizzati a soddisfare esigenze umanitarie della popolazione afghana sono di certo auspicabili nonché necessari al superamento della fase post bellica, ma ciò non significa che l'Italia debba venir meno alla possibilità di controllare come vengono spesi soldi della collettività –: 265 se si intendano fornire, relativamente all'Afghanistan, tutti i dati e le formazioni relative alla gestione delle somme di cui al comma 19 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 227 del 2012 (convertito dalla legge n. 12 del 2013. (4-01105) Risposta scritta pubblicata Venerdì 13 settembre 2013 nell'allegato B della seduta n. 77 4-01105 presentata da DI BATTISTA Alessandro Risposta. — La cooperazione civile militare (Cimic) oltre ad assolvere funzioni di natura «operativa» a supporto delle operazioni militari, presuppone, nel contempo, lo svolgimento di variegate attività a favore delle popolazioni locali per il sostegno dei processi di pacificazione e stabilizzazione nelle aree di crisi. Quest'ultime si esplicano sulla base di molteplici modalità, tra le quali assumono particolare rilevanza quelle che si attuano prevalentemente nella realizzazione di infrastrutture o nell'acquisizione di beni e servizi a favore delle istituzioni locali. Si va quindi dalla costruzione di edifici per servizi pubblici (scuole, infermerie, caserme per vigili del fuoco e polizia, governo locale, eccetera) a quella di tratte di reti (elettriche, idriche, fognarie), al sostegno alle attività produttive (pozzi e impianti di irrigazione, laboratori e officine, eccetera), cui si aggiungono gli interventi in specifici e rilevanti settori quali sicurezza, educazione, agricoltura, protezione sociale, ed altri ancora. Ogni intervento Cimic in Afghanistan, finanziato con i fondi rinvenienti dal decreto-legge n. 227 del 2012, è riconducibile a specifiche aree/macroaree/settori di intervento ed è realizzato dopo aver ricevuto dalle varie autorità istituzionali e locali specifica richiesta e approvazione, ad eccezione delle eventuali ulteriori attività di cooperazione a cui lo stesso Comandante italiano decide sul territorio di ricorrere avendone rilevate preventivamente sia la necessità che l'utilità, in relazione alla concreta situazione del momento. A tal riguardo, appare opportuno aprire una parentesi per descrivere il particolare e complesso contesto nel quale i Comandanti si trovano ad operare. Non si può sottacere che esiste una stretta interdipendenza tra la sostenibilità delle operazioni militari e dei programmi di sviluppo e l'assistenza umanitaria ed il tessuto etnico e tribale del Paese. La forte instabilità politica dell'Afghanistan impone, infatti, la necessità per i Comandanti 266 nazionali di individuare interlocutori locali affidabili in un ambiente caratterizzato da una governance particolare, organizzata in province, distretti e soprattutto comunità locali. I Comandanti italiani, a tutti i livelli, attraverso i propri assetti Cimic, sono chiamati a gestire direttamente i rapporti con i governatori provinciali, con tutti i district managers e, non in ultimo, con tutte le varie autorità municipali, tribali, religiose, insistenti della propria area di operazioni, anche in concorso e con il supporto dei rappresentanti nazionali del Ministero degli affari esteri. Ciò evidentemente impone grande attenzione e sensibilità, pieno rispetto degli usi e dei costumi locali, senza alterarne gli equilibri etnici tradizionali, in modo da ottenere la fiducia delle varie autorità e popolazioni locali. Va da sé che la costruzione ed il mantenimento di «buoni rapporti» con le autorità e le popolazioni locali costituiscono alcune delle precondizioni indispensabili per garantirsi quella necessaria cornice di sicurezza nell'ambito delle operazioni cui è chiamato il contingente. In tale contesto, la deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato di cui all'articolo 1, comma 19 del citato decreto-legge n. 227 del 2012, risulta motivata dal carattere eccezionale delle situazioni (scenari di crisi) in cui gli interventi Cimic vengono realizzati e, conseguentemente, dall'impossibilità di ottemperare integralmente alle procedure previste dalla normativa nazionale ed europea in tema di appalti pubblici (esempio certificazione antimafia, conformità ISO, eccetera). È di tutta evidenza, infatti, che non sarebbe possibile perseguire l'obiettivo di sostenere adeguatamente e tempestivamente la popolazione locale se si dovessero attuare le stesse procedure previste per i lavori pubblici da effettuare in Patria. Tuttavia, ciò non esime il contingente dal porre in essere tutte le azioni necessarie per garantire la massima trasparenza ed imparzialità, come per esempio l'effettuazione di indagini di mercato tra più ditte concorrenti. In effetti, il comma 19 dell'articolo 1 del decreto-legge in argomento (come del resto tutte le corrispondenti norme dei precedenti decreti di autorizzazione e proroga di missioni internazionali), contempla sì una deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, ma tale deroga non è da intendere in senso assoluto, ossia come possibilità di spendere sic et simpliciter le somme stanziate senza l'osservanza delle ordinarie procedure prescritte dalla legge per l'acquisizione di beni e servizi, bensì come 267 riferita alla possibilità di far ricorso alle procedure in economia anche al di là dei limiti di importo posti dal legislatore per il loro utilizzo. Infatti la lettura del testo integrale della norma evidenzia che le somme stanziate possono essere spese dai comandanti dei contingenti impegnati nelle missioni per interventi urgenti o acquisti e lavori da eseguire in economia, anche in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, e purché sussistano i requisiti della necessità e dell'urgenza. Dunque, è da ritenere che il legislatore non abbia affatto inteso sottrarre a qualsivoglia controllo la gestione di quelle somme, consentendo ai comandanti dei contingenti di agire secondo la propria personale discrezionalità al di fuori di ogni regola, ma semplicemente che esso, nella consapevolezza della cennata impossibilità di ottemperare integralmente alle disposizioni del codice degli appalti, abbia consentito di soddisfare tutte le esigenze di approvvigionamento nei teatri operativi, quale che ne sia l'ammontare e sempre che ricorrano i presupposti della necessità e dell'urgenza, servendosi di procedure snelle e semplificate, come appunto quelle in economia. Le regole per lo svolgimento di tali procedure esistono, e vengono osservate. Esse sono fissate in generale dall'articolo 125 del codice degli appalti, che impone di affidare lavori, servizi e forniture nel rispetto dei princìpi di trasparenza, rotazione e parità di trattamento, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, e la loro applicabilità alle acquisizioni del Ministero della difesa da eseguire fuori dal territorio nazionale, come quelle finanziate dal decreto-legge in esame e oggetto dell'interrogazione in esame, viene sancita dal combinato disposto del decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 2012, n. 236, e del decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n. 49. Entrambi tali regolamenti confermano sostanzialmente le disposizioni del codice, imponendo lo svolgimento di vere e proprie procedure competitive, seppur semplificate, da espletare con il concorso di almeno cinque operatori economici, e addirittura imponendo, in relazione a servizi e forniture, un secondo esperimento di gara qualora nel primo non siano stati acquisiti almeno tre preventivi. Ne discende che il ricorso, in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, alle procedure in economia per interventi urgenti, acquisti e lavori nei teatri operativi in genere, e in Afghanistan in particolare, si risolve non in una gestione arbitraria 268 del pubblico denaro da parte dei comandanti dei contingenti, tenuti comunque al rispetto di principi e regole normativamente imposti, ma nella disponibilità di uno strumento flessibile ed idoneo a soddisfare, in modo efficace e tempestivo, le esigenze di approvvigionamento nella difficile e del tutto peculiare realtà dei teatri operativi. Per quanto riguarda, più in particolare, le «modalità di gestione delle somme», occorre fare due precisazioni. In primo luogo, esse sono sottoposte ad un duplice controllo sulla linea: operativa, al fine di valutare, sia ex-ante che ex-post, l'impatto sulla missione militare degli interventi pianificati/realizzati, la fattibilità, la coerenza degli stessi rispetto agli scenari operativi e agli ordini della catena di comando e controllo, nonché la sostenibilità nel tempo da parte delle varie autorità locali; amministrativa per verificare, tra l'altro, la congruità di spesa e l'aderenza ai princìpi contabili. In secondo luogo, le stesse sono correlate anche alle valutazioni tecnico-operative dei vari Comandanti in teatro, in quanto detti interventi, essendo finalizzati al successo della missione militare, devono, inevitabilmente, essere aderenti alle scelte/valutazioni dei contingenti militari. Con riferimento, infine, allo specifico quesito riguardante i dati concernenti le somme in argomento, si indicano di seguito i progetti avviati/da avviare riconducibili all'articolo 1 comma 19 del decretolegge n. 227 del 2012: costruzione di infrastrutture nel settore della sicurezza, tra cui la realizzazione di un distretto e di un comando per la Polizia; realizzazione di infrastrutture nel settore dell'istruzione, tra cui la costruzione di due scuole e la ristrutturazione di altre due scuole; realizzazione di infrastrutture a favore dell'Autorità centrale locale, tra cui la costruzione di un edificio da adibire a dipartimento dell'economia; realizzazione di infrastrutture nel settore della sanità, tra cui la costruzione di un comprehensive health center, una struttura di degenza ospedaliera, due poliambulatori, due ambulatori e l'ingrandimento di una public clinic and training center; acquisto di beni e servizi per il supporto umanitario; approvvigionamento di uno stabilizzatore di tensione e 6 pompe idrovore; asfaltatura di un 1 chilometro di strada; servizi essenziali nel settore della tutela ambientale e della protezione civile. Il Ministro della difesa: Mario Mauro. 269 § 17. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr. 5-00569 104 Testo presentato, in data Mercoledì 10 luglio 2013, seduta n. 50, da: FRUSONE, CORDA, ARTINI, ALBERTI, BASILIO, PAOLO BERNINI e RIZZO. Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che: la situazione abitativa nell'area del cassinate è ormai arrivata al collasso, con una politica della casa che invece di aumentare l'offerta di alloggi di edilizia residenziale pubblica a canone sociale svende a privati, tanto da costringere 18 famiglie con 14 bambini, alcuni neonati, ad occupare, persino autodenunciandosi, delle palazzine adiacenti all'80o Reggimento «Roma» di via Vaglie precedentemente utilizzate come alloggi per i militari ed ora completamente inutilizzate per poter trovare una sistemazione dignitosa, tenendo conto che molti erano già in graduatoria per ricevere un alloggio, alcuni da decenni; recentemente il generale Ranucci, della scuola sottufficiali di Viterbo ha precisato che gli edifici adiacenti all'80o Reggimento «Roma» di via Vaglie rientrano in un riassetto del sistema logistico militare della zona; è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, con il supplemento ordinario n. 80 in data 26 marzo 2011, che le palazzine A e B site in via Vaglie Cassino sono state individuate tra gli alloggi da alienare; gli occupanti hanno trovato le utenze luce e gas attive nonostante da anni questi alloggi siano disabitati; in tale contesto, appare opportuno che il Ministero interrogato voglia depositare alle competenti commissioni parlamentari una relazione aggiornata in merito alle dismissioni e/o valorizzazioni di immobili del demanio militare –: quali chiarimenti il Governo intenda fornire in merito alla situazione di cui alla premessa e alla destinazione attuale degli immobili siti in via Vaglie in Cassino per valutare, di concerto con il comune e l'Ater, il riutilizzo degli stessi immobili ad uso di abitazioni a canone sociale. (5-00569) 104http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=3251&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMMEDIATA+IN+COM MISSIONE%27 270 § 18. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr. 5-00204 105 Testo presentato, in data Mercoledì 29 maggio 2013, seduta n. 25, da: FRUSONE, ALBERTI, ARTINI, BASILIO, CORDA e RIZZO. Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che: ai sensi della legge n. 185 del 1990 che regolamenta l'esportazione, importazione e il transito dei materiali di armamento, il Governo Monti avrebbe già dovuto rendere nota, entro il 31 marzo, la relazione annuale sulle esportazioni di sistemi militari; a questo punto, la responsabilità della ritardata pubblicazione della relazione, completa di tutte le sue parti, e dell'invio al Parlamento spetta al Governo Letta ma non è dato sapere se, a parziale giustificazione della mancata trasmissione degli atti dovuti, si stiano apportando alla relazione già predisposta dal precedente Governo le necessarie integrazioni per adeguarla alle recenti modifiche della normativa; infatti, il Governo Monti con un decreto legislativo ha modificato la legge n. 185 che dal 1990 regolamenta l'esportazione dei materiali di armamento. La modifica si era resa necessaria per recepire una direttiva europea che «semplifica le modalità e le condizioni dei trasferimenti all'interno delle Comunità di prodotti per la difesa», ma non è ancora chiaro quali materiali di armamento siano stati fatti rientrare in questa categoria e, soprattutto, come verranno riportati nella relazione governativa; le attese e le preoccupazioni delle tante associazioni della società civile che si occupano della materia sono molteplici. Infatti, secondo gli analisti di Rete Disarmo, la relazione resa nota nel 2012 dal Governo Monti, a fronte di un volume di affari in crescita (nel 2011 le autorizzazioni all'esortazione hanno superato i 3 miliardi di euro di cui oltre 2 miliardi, il 67 per cento sono stati diretti a Paesi non UE-Nato a cui vanno sommati gli oltre 2,2 miliardi per i programmi intergovernativi), è risultata mancante di numerose informazioni di primaria importanza per poter valutare la conformità dell'attività del Governo al dettato legislativo; innanzitutto non è stata resa nota la 105http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2886&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMMEDIATA+IN+COM MISSIONE%27 271 tabella che dettagliava le autorizzazioni all'esportazione a ogni singolo Paese destinatario per ammontare e tipologia di sistemi militari (la Tabella 15) ed è risultato mancante anche l'allegato che per diversi anni ha riportato «l'Elenco dei Paesi ritenuti dall'ONU responsabili di gravi violazioni dei diritti umani o che destano preoccupazione sotto tale profilo»; inoltre, lo scorso anno è risultata ancora mancante dalla sezione della relazione curata dal Ministero dell'economia e della finanze (dipartimento del tesoro), l'importante «Riepilogo in dettaglio suddiviso per Istituti di Credito», un elenco che manca dalle relazioni dall'avvento dell'ultimo Governo Berlusconi, ma che è indispensabile per conoscere i dettagli delle singole operazioni di incassi per esportazioni di armamenti autorizzate agli istituti di credito, tra cui i compensi di intermediazione; a fronte di indagini per corruzione che hanno investito l'esportazione di armamenti negli ultimi anni (come il recente caso dei 12 elicotteri Agusta all'India) appare quanto mai urgente e opportuno che il Governo ripristini quell'elenco presente nelle relazioni ministeriali indispensabile anche per valutare l'effettiva applicazione delle direttive che numerosi istituti di credito hanno messo in atto su pressione delle campagne della società civile; le cifre che l'Italia ha comunicato all'Unione europea per esportazioni di armamenti (cioè per le consegne realmente effettuate) negli ultimi due anni sono ampiamente differenti rispetto a quelle riportate nelle relazioni inviate al Parlamento italiano: la relazione consegnata al Parlamento il 31 marzo 2011 riporta, relativamente all'anno 2010, un ammontare di «operazioni effettuate» (consegne) di oltre 2.754 milioni di euro, mentre nella relazione dell'Unione europea è segnalata una cifra di esportazioni (export) dall'Italia solamente di circa 615 milioni di euro; invece, quella depositata il 23 aprile 2012 riporta, per l'anno 2011, un ammontare di «operazioni effettuate» (consegne) di oltre 2.664 milioni di euro, mentre nella relazione dell'Unione europea è segnalata una cifra di esportazioni (export) dall'Italia di poco più di 1.022 milioni di euro; occorre, insomma, che il Parlamento abbia la possibilità di valutare attentamente la relazione nelle Commissioni di riferimento per non far mancare il necessario controllo sull'esportazione di materiali d'armamento e per valutare anche la politica estera e di sicurezza del nostro Paese; la presentazione dei dati, infatti, potrebbe fornire 272 l'occasione per discutere la problematica relativa all'applicazione della citata legge sull’export armato: infine, a parere degli interroganti, sarebbe quanto mai opportuno, alla luce di quanto dichiarato nelle relazioni precedenti e della recente normativa internazionale dell'ATT (trattato internazionale sul commercio delle armi), che nella relazione fossero documentate con criteri analoghi ai materiali militari anche le forniture all'estero di armi leggere a uso civile –: per quanto di propria competenza, quali siano gli intendimenti del Ministro della difesa in relazione a quanto esposto in premessa e come intenda fare chiarezza su diverse altre anomalie che riguardano le esportazioni italiane di armamenti per una più puntuale e trasparente informazione sui temi riguardanti l'esportazione di armamenti. (5-00204) § 19. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-01015 106 Testo presentato, in data Martedì 17 settembre 2013, seduta n. 78, da: GRANDE. Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che: Civitavecchia, sulla base di studi scientifici dettagliati, risulta essere, in Italia, tra le città in assoluto più colpite da problemi ambientali; la valutazione epidemiologica delle stato di salute dei cittadini residenti nei comuni di Civitavecchia, Allumiere, Tarquinia, Tolfa e Santa Marinella redatto dal dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale risalente a febbraio 2012 (nel quale si riportano i dati relativi allo stato di salute della popolazione civitavecchiese e di quella del restante comprensorio tra 1o febbraio 2006 e il 31 dicembre 2010), dimostra chiaramente quanto i territori interessati registrino un eccesso di rischio di tumori maligni sia per la popolazione maschile che femminile soprattutto nel comune di Civitavecchia (specificatamente tumore al polmone, pleura e fegato per gli uomini e tumore al rene, malattie dell'apparato genitourinario per le donne) e per ambo i sessi si osserva un allarmante aumento di mortalità per infezioni acute alle vie respiratorie; 106http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6664&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27 273 Civitavecchia risulta essere stata già fin troppo danneggiata dal punto di vista ambientale per la presenza di impianti di proprietà di «Enel SPA» di recente riconvertiti a carbone e dal continuo traffico di navi da crociera, che hanno innescato, nel tempo, reiterati contrasti con i gruppi ambientalisti locali in virtù di un costante peggioramento della qualità dell'aria. Non da ultimo va sottolineata la presenza di acque potabili con valori arsenicali assai elevati; tutti questi elementi contribuiscono a definire con chiarezza un quadro da cui emerge la realtà di un territorio fortemente compromesso, con conseguenze disastrose per la salute della popolazione della città e delle aree limitrofe –: se sia previsto, ai fini della attuazione delle disposizioni contemplate dalla convenzione di Parigi del 1993, che, presso il centro tecnico logistico interforze NBC di Civitavecchia, venga costruito un ossidatore termico configurabile di fatto come un inceneritore di armi chimiche il quale, a seguito di processo termico, pur in presenza di filtri, emetta nell'atmosfera fumi e prodotti gassosi conseguenti; se il suddetto impianto sostituisca in tutto od in parte quelli attualmente in funzione oppure di converso ne costituisca una integrazione; quali siano le motivazioni che hanno originato l'eventuale acquisizione; se la tecnologia adottata sia quella più avanzata reperibile sul mercato nazionale/internazionale e se esistano al mondo impianti simili già installati ed ampiamente testati; se il supposto impianto garantirà (e con quali dispositivi) che le emissioni nell'atmosfera ed eventualmente nel terreno e nelle acque siano completamente esenti da rischi per i lavoratori coinvolti nel processo e per le popolazioni delle aree urbane circostanti (Civitavecchia, Allumiere, Tolfa, Santa Marinella,Tarquinia e altre); se sia stata o sarà redatta un'analisi dei rischi ed un piano delle emergenze; se sia previsto un programma di smaltimento degli attuali impianti esistenti e quale sarebbe, in questo caso, la durata dello stesso; se si intendano fornire elementi sostanziali che, vista la gravissima situazione economica del Paese, motivino dettagliatamente e giustifichino i costi che verranno sostenuti dalla pubblica amministrazione. (5-01015) 274 § 20. Interrogazione a risposta orale nr. 3-00253107 Testo presentato, in data Mercoledì 31 luglio 2013, seduta n. 62, da: LIUZZI, DE LORENZIS, TERZONI, TOFALO, BUSTO, DAGA, SEGONI, GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO, BERNINI, BENEDETTI, BRESCIA,D'AMBROSIO, ALBERTI, SCAGLIUSI, CARIELLO, CASO, D'INCÀ, CASTELLI, FRUSONE, RIZZO, BASILIO, PESCO e ARTINI. Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: in seguito alla denuncia del blog Toghe lucane dei giornalisti Nicola Piccenna e Ivano Farina e successivamente alle dichiarazioni degli aderenti dell'associazione No Scorie Trisaia, i quali hanno visto transitare sulla SS106 Jonica il convoglio con al seguito blindati delle forze dell'ordine, un tir motrice e due mezzi dei vigili del fuoco «di cui uno particolare», si apprende di un presunto trasporto di materiale radioattivo dal Centro Itrec di Trisaia di Rotondella verso l'aeroporto militare di Gioia del Colle con destinazione finale ignota avvenuta alle 3,10 della notte tra il 28 ed il 29 luglio 2013, con un imponente schieramento di forze dell'ordine, circa 300 tra poliziotti, carabinieri e finanzieri; a detta dell'interrogante, si tratterebbe dell'ennesimo allarme sociale generato in Basilicata dalla presenza del centro Itrec della Sogin, sito all'interno del centro di ricerca Enea di Rotondella in Basilicata, che contiene materiali radioattivi di seconda e terza categoria. La terza categoria è il livello più pericoloso nella gestione sia per lo stoccaggio che, in caso di contaminazione, per fuoriuscita di materiale radioattivo. Per le scorie di terza categoria, nessun Paese al mondo è ancora riuscito a trovare una soluzione definitiva e l'unico progetto di deposito geologico in profondità, studiato per molti decenni e Yucca Mountain, nel Nevada, è stato abbandonato. Neppure la strategia ipotizzata negli anni novanta, limitata ad un deposito superficiale temporaneo, si è rivelata realizzabile finora; nel centro di Rotondella sono presenti 84 barre di uranio-torio che, negli anni tra il 1969 e il 1971, ai sensi di un accordo mai ratificato dal Parlamento italiano, 107http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5134&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+ORALE%27 275 giunsero dal reattore di Elk River, nel Minnesota (Stati Uniti d'America) all'allora Cnen, oggi Itrec. Occorre ricordare che la presenza delle barre americane ha, fra l'altro, impedito ogni ipotesi di trasformazione della struttura in un centro universitario di studi e di ricerca; l'impianto Itrec, ormai inattivo da molti anni, ha svolto attività di ritrattamento di combustibile nucleare irraggiato e presso di esso vengono attualmente svolte, oltre alle operazioni di mantenimento in sicurezza, operazioni propedeutiche alla disattivazione e alla sistemazione dei rifiuti radioattivi. Tra tali attività rientra il condizionamento di una soluzione acida di nitrati di uranio e torio (prodotto finito) fortemente radioattiva, risultante dal trattamento di 20 elementi di Elk River e di una soluzione nitrica di uranio-torio non irraggiata derivante da prove nucleari; i menzionati 64 elementi di combustibile irraggiato (ciclo uranio-torio) Elk River, constatata la non disponibilità da parte degli USA a riacquisirne la proprietà e la mancanza di impianti industriali adatti al riprocessamento di questo tipo di combustibile (come riferito nella risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 4/04942, presentato nella XVI legislatura, il 5 aprile 2011, presso il Senato della Repubblica) sono contenuti in una piscina all'interno dell'Itrec e raffreddate con acqua; a detta dell'interrogante, se il trasferimento non previsto di materiali ha riguardato sostanze radioattive, non può essere ignorato il rischio grave che sia avvenuta una perdita importante di acque contaminate delle piscine che raffreddano le barre di Elk River; la cittadinanza lucana e calabrese da tempo chiede di essere informata circa i rischi che la struttura di stoccaggio può generare soprattutto in relazione alla facilità con cui si propagherebbe un'eventuale contaminazione radioattiva; ai sensi dell'articolo 130 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, recante «Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom e 2006/117/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti», la popolazione che rischia di essere interessata dall'emergenza radiologica viene informata e regolarmente aggiornata sulle misure di protezione sanitaria ad essa applicabili nei vari casi di emergenza prevedibili, nonché sul comportamento da adottare in caso di emergenza radiologica. Ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, si prevede che informazioni dettagliate siano rivolte a particolari gruppi di popolazione in relazione alla loro attività, funzione e responsabilità nei riguardi della collettività nonché al ruolo che eventualmente 276 debbano assumere in caso di emergenza; secondo l'interrogante, sulla base di quanto precedentemente riportato, è evidente che le norme sopra citate non siano state assolutamente rispettate nel contesto della pianificazione dei trasferimenti di materiali avvenuti nel centro Itrec –: quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano assumere riguardo ai fatti di cui in premessa, alla luce dell'allarme che si sta diffondendo presso la popolazione a causa della mancanza di chiarezza ed informazione su quanto accaduto nella notte tra il 28 ed il 29 luglio 2013; se siano stati rispettati tutti i protocolli di sicurezza a tutela dell'ambiente e del territorio, qualora un carico di materiali sia stato effettivamente trasferito dal centro Itrec verso l'aeroporto militare di Gioia del Colle; quali iniziative si intenda intraprendere per assicurare la piena informazione e documentazione sul materiale presente, stoccato e trattato nell'impianto, ivi compresa la situazione e il destino delle barre di Elk River, al fine di garantire che la struttura non generi rischi per la salute e per l'ambiente; se i Ministri interrogati non ritengano di dover urgentemente valutare la possibilità di restituzione agli Stati Uniti d'America delle barre provenienti dalla centrale di Elk River, come già avvenuto in passato per i centri Itrec di Trino Vercellese e di Saluggia. (3-00253) § 21. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00220 108 Testo presentato, in data Martedì 16 aprile 2013, seduta n. 9, da: LIUZZI. Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: nel novembre 2012 il Cocer marina ha chiesto al Ministro della difesa, con delibera n. 21/XI, di prendere atto delle osservazioni e delle proposte che ha redatto e allegato allo stesso documento nel quale, tra l'altro, viene evidenziato l'oggetto: «...inerenti provvedimenti legislativi altamente demotivanti sia dal punto di 108http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1366&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 277 vista etico che economico»; con successiva delibera n. 38/XI del 5 marzo 2013 il Cocer marina ha chiesto al Capo dello stato maggiore spiegazioni circa il blocco delle retribuzioni; in particolare, nella citata delibera, si sottolineano gli effetti dannosi della legge finanziaria del 2010 sulle retribuzioni del personale militare, solo in parte mitigate dalla «una tantum»; la mancata corresponsione degli effetti economici correlati alle promozioni ha minato nelle fondamenta il senso stesso delle progressioni di carriera connesse allostatus di militare; i mancati adeguamenti stipendiali connessi all'anzianità hanno fatto venire meno una progressione economica sulla quale il personale basa spesso la possibilità di contrarre un mutuo per l'acquisto della prima casa; l’una tantum corrisposta per il 2012 ha coperto solo il 46 per cento delle mancate attribuzioni economiche e quanto previsto per il 2013 coprirà soltanto il 16 per cento; già il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010, prevedeva pesanti nuovi tagli agli organici; per il 2014 esiste già una previsione di estensione del blocco retributivo del pubblico impiego (ex articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 16 luglio 2011, n. 164); esistono numerosi ricorsi pendenti presso la Corte costituzionale circa il provvedimento di cui trattasi nella citata delibera 38/XI del 5 marzo 2013, dei quali si è in attesa di esito; in data 5 marzo 2013 il Capo dello stato maggiore risponde, prendendo atto di quanto rappresentato dalla delibera succitata, impegnandosi a promuovere «ogni possibile azione finalizzata al superamento del blocco stipendiale, nei confronti dei militari in difficoltà finanziarie con un intervento concertato del Ministero dell'economia e delle finanze, per il ripristino del trattamento economico». Nella risposta si evidenzia anche la necessità di un intervento concertato per il quale però «non è possibile formulare una previsione sui tempi di risoluzione della problematica» –: quali provvedimenti intendano adottare, ciascuno nell'ambito delle rispettive competenze, per conseguire il superamento del blocco stipendiale in atto, e quali siano i tempi di attuazione dei relativi interventi. (4-00220) 278 Capitolo 6 Al Ministero dell’Economia e delle Finanze premesso che …....... per sapere se ………. § 1. Breve sommario In questo capitolo, sono raccolti solo 21 atti di sindacato ispettivo (interrogazioni a risposta scritta, question time in aula, interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che pongono domande e quesiti alla Presidenza del Consiglio. Molti di questi – alla data di pubblicazione della presente raccolta – non hanno ancora risposta. § 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/01936109 Atto Camera – Interrogazione a risposta scritta 4/01936, presentato da BARBANTI Sebastiano, testo di Martedì 24 settembre 2013, seduta n. 83: BARBANTI, TOFALO, DE LORENZIS, LOREFICE e SPESSOTTO. Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che: la regione Calabria tramite la stazione unica appaltante (S.U.A.) ha pubblicato una gara avente ad oggetto la progettazione esecutiva, realizzazione del «Sistema di collegamento metropolitano tra Cosenza-Rende e Università della Calabria» e fornitura e messa in esercizio del relativo materiale rotabile (CIG: 501253176E); dopo una sospensione dei termini, con decreto del dipartimento dei lavori pubblici della regione Calabria del 12 agosto 2013, n. 11726, 109http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6965&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 279 sono state disposte modifiche e integrazioni al capitolato speciale di leasing e al disciplinare di gara, recepite dalla stazione unica appaltante con decreto del 27 agosto 2013, n. 12095, unitamente al riavvio della procedura disposta il 28 agosto 2013 (data di invio del bando alla GUUE); il nuovo termine di scadenza per la presentazione delle offerte è dunque fissato per il 29 ottobre 2013, ore 12:00 (giusta nota del dipartimento dei lavori pubblici del 28 agosto 2013, n. 273955); l'opera dovrà essere realizzata, oltre che su terreni pubblici, su terreni privati per i quali non sono state neppure avviate le procedure espropriative; l'importo a base della gara è di 160 milioni di euro, in gran parte derivante dall'utilizzo di fondi FESR sui quali il Ministero dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico ha l'obbligo di vigilare; gli stati membri, al fine di poter usufruire dei fondi di cui sopra, devono rispettare quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1080/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo al fondo europeo di sviluppo regionale e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 1783/1999: nell'espletamento di queste attività sono coinvolti vari organi facenti capo al Ministero dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico: il dipartimento per lo sviluppo economico (DPS – servizio fondi strutturali), l'ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea (IGRUE) della ragioneria generale ed altri ancora; occorrerebbe riesaminare l'effettiva sostenibilità economicogestionale dell'opera, basandosi la sua fattibilità economica sulla previsione progettuale di 49.000 passeggeri al giorno, ovvero circa la metà dei cittadini cosentini e rendesi messi assieme, e se è vero che per altre città (Firenze, Venezia, Bergamo, Cagliari, Padova, e altre) l'utenza giornaliera si aggira fra il 2 e il 6 per cento della popolazione, è facile intuire con somma probabilità le conseguenze dannose di un errore previsionale di tale portata; dal punto di vista della sostenibilità urbanistico-ambientale, ripristinare i binari rimossi non molto tempo fa renderà il viale Parco una stretta e lunga aiuola spartitraffico, separata dal contesto circostante dalla barriera ferrata, producendo danni in termini di qualità ambientale e di vivibilità generale della città, si procederà in controtendenza rispetto a quella scelta urbanistica che voleva 280 individuare nel Viale una funzione di ricucitura tra centro città e periferia, dov’è previsto uno sviluppo ed una riqualificazione urbanistica; per l'analoga esperienza di Messina, il sindaco Giuseppe Buzzanca ha dichiarato, lo scorso anno : «...Il tram è stato un fallimento, una scelta sbagliata. È inutile prendersi in giro, dobbiamo dire la verità. Una città è stata devastata, alcune zone hanno subito un danno notevole e non ci sono stati grandi vantaggi per il trasporto pubblico. Per non parlare dei costi: un bagno di sangue per le casse del Comune...», e ancora «...Al posto del tram ci sarebbe voluto il filobus che non avendo bisogno di rotaie non avrebbe intaccato la fisionomia delle strade...»; negli anni ’90, quando l'opera è stata pensata, a detta degli interroganti, aveva un senso ipotizzare una linea su rotaia, a trazione elettrica, visto che i mezzi su gomma funzionavano a gasolio (molto inquinante), mentre oggi il trasporto pubblico si orienta verso mezzi su gomma, a trazione elettrica o a metano, nella ricerca della massima flessibilità d'uso e di un veloce ritorno delle risorse impiegate; Cosenza ha già implementato un servizio di circolare veloce, aderente a questi principi, e basterebbe sperimentarlo sull'intera porzione di territorio dell'area urbana che dovrebbe essere servita dalla metropolitana leggera, per verificare i reali flussi di passeggeri giornalieri; nel bando modificato è previsto che l'offerente dovrà prevedere una ripartizione dei costi tra la programmazione 2007/2013 e la programmazione successiva, 2014-2020, come testualmente riportato: «...ai sensi del paragrafo 3.3 degli Orientamenti sulla chiusura della Programmazione 2007/2013 (Decisione CE n. 1573 del 20 marzo 2013) e nel rispetto delle modalità che saranno indicate dall'amministrazione regionale, al fine di assicurarne il completamento con risorse del ciclo di programmazione comunitaria 2014/2020, nell'eventualità che, per cause non previste, non possa essere rispettato il crono-programma di realizzazione contemplato dall'appalto...»; la citata decisione CE n.1573 di cui al citato paragrafo 3.3 dispone testualmente: «...La Commissione può accogliere le richieste di suddivisione di grandi progetti su due periodi se sono soddisfatte le seguenti condizioni: 281 il progetto prevede due fasi chiaramente identificabili per quanto riguarda i suoi obiettivi materiali e finanziari; la prima fase del grande progetto è pronta a essere utilizzata per lo scopo o la funzione precisati nella decisione della Commissione entro il termine di presentazione dei documenti di chiusura; la seconda fase del progetto è ammissibile al finanziamento dei fondi strutturali e/o del Fondo di coesione nell'ambito del periodo 2014-2020; la domanda di modifica di un grande progetto riduce la dotazione finanziaria nel periodo 2007-2013 (prima fase) mantenendo al contempo l'obiettivo generale originario da realizzare entro il periodo 2014-2020 e fa riferimento alla seconda fase del progetto...» la citata decisione CE n. 1573 stabilisce di identificare con due fasi «chiaramente identificabili» gli obiettivi materiali e finanziari del progetto che, invece, a detta dell'interrogante, non sono in alcun modo identificati nel crono-programma del progetto; la procedura, avviata con grave ritardo dalla regione Calabria, potrebbe comportare il mancato rispetto di queste norme e potrebbe comportare il mancato riconoscimento delle spese sostenute, con conseguente disimpegno di fondi FESR e obbligo di restituzione da parte dell'Italia all'Unione europea –: se i Ministri interrogati siano conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intendano assumere ogni iniziativa di competenza volta a: a) verificare la legittimità del bando attraverso gli organi e le procedure di sorveglianza demandate agli stati membri dalle norme comunitarie (Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, 11 luglio 2006; regolamento (CE) n. 1828/2006 della Commissione; regolamento (CE) n. 1080/2006 del Parlamento europeo); b) verificare il rispetto di tutte le norme statali e comunitarie, in tema di utilizzo dei fondi strutturali; c) verificare il rispetto della decisione CE n. 1573 del 20 marzo 2013; se la modifica al «grande progetto» sia stata notificata alla Unione europea, se sia stata accolta ed, in caso affermativo, di quanto sia stata ridotta la dotazione finanziaria 2007/2013 ai sensi del citato paragrafo 3.3 della decisione CE 1573/213. (4-01936) 282 § 3. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr. 5/00161110 Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.5/00161, presentato da BARBANTI Sebastiano, testo di Martedì 21 maggio 2013, seduta n. 20: BARBANTI, RUOCCO, PISANO, VILLAROSA, PESCO, CANCELLERI. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: diverse esternazioni recenti del Presidente della BCE hanno posto in evidenza il fatto che le banche non stanno finanziando le piccole e medie imprese in misura adeguata ad avviare e spingere la ripresa; le analisi apparse su organi di stampa hanno ripreso e approfondito questo fatto, alludendo spesso ad una responsabilità colposa delle banche, più inclini in questi tempi a migliorare il proprio conto economico, ad esempio attraverso il trading su titoli di Stato piuttosto che finanziando investimenti produttivi; senza per nulla eludere o aggirare la responsabilità delle banche, si richiama un aspetto che sembra destare poca attenzione e però di grandissima rilevanza per il futuro del sistema produttivo del paese, nella misura in cui esso dipende dal finanziamento bancario: nello specifico, si stanno cambiando le condizioni strutturali alle quali le stesse banche raccolgono risorse sul medio lungo termine e dunque, in prospettiva, la loro capacità di continuare a prestare sostegno alla piccola e media impresa per i suoi bisogni d'investimenti; il cambiamento che si paventa si annida nell'impatto congiunto di diverse normative europee, ultima delle quali è rappresentata dalla futura direttiva sulla gestione e risoluzione delle crisi; in merito alla citata direttiva, la riunione dell'Ecofin dello scorso 14 maggio aveva, fra altri temi all'ordine del giorno, le scelte da compiere sulle questioni di maggior rilievo per il varo entro l'anno in corso; a questo riguardo, giova ricordare i seguenti aspetti: a) la futura direttiva si prefigge come scopo l'armonizzazione delle norme comunitarie per quanto riguarda la gestione dei dissesti 110http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2843&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMM EDIATA+IN+COMMISSIONE%27 283 bancari, con la doppia esigenza di evitare il ricorso ai salvataggi pubblici di cui siamo stati tutti testimoni e l'insorgere di fenomeni d'instabilità sistemica di cui alla fine, l'economia reale paga il prezzo più grande; b) la futura direttiva si applicherà a tutti gli intermediari, a prescindere dalle loro dimensioni, dal loro modello di business e dal rischio al quale concretamente espongono il sistema nel suo insieme in caso di fallimento; c) la futura direttiva introdurrà come innovazione assoluta nell'ordinamento italiano, lo strumento del bail-in, noto come conversione forzosa degli strumenti di debito emessi dalle banche in strumenti di capitale di rischio o, in alternativa, decurtazione forzosa del valore dei titoli di debito di una banca che versi in condizione di crisi, col fine di evitare il ricorso al salvataggio della stessa banca col denaro pubblico; d) il disegno dello strumento del bail-in va letto unitamente alle norme appena varate della direttiva CRD IV/CRR sui requisiti di capitale e di liquidità per l'esercizio dell'attività bancaria, tenuto conto anche dei vincoli della direttive MifiD/Mifir per quanto riguarda gli obblighi in capo agli emittenti di strumenti finanziari presso il pubblico dei risparmiatori: ciò pone chiaramente il problema, cruciale per il nostro sistema bancario, di raccogliere a condizioni sostenibili per poter finanziare l'economia reale e gli investimenti di medio-lungo termine della piccola e media impresa italiana; si tratta di un tema di grande rilevanza, anche in considerazione della ripresa dell'economia che tarda a manifestarsi; e) nella scorsa legislatura, il Parlamento italiano, tramite le Commissioni competenti, nel dare il proprio assenso agli indirizzi generali che andavano maturando nel contesto più ampio del progetto d'Unione bancaria, individuò precisi orientamenti affinché il futuro regime di gestione delle crisi non pregiudicasse ulteriormente la capacità di quella parte sana del sistema bancario di continuare a stare a fianco del sistema produttivo del Paese, per lo sviluppo e la salvaguardia della coesione sociale; il bail-in introdurrà un meccanismo di salvataggio forzoso delle banche a carico degli investitori, ed è necessario che il piccolo risparmiatore non sia equiparato all'investitore istituzionale o comunque sofisticato –: se il Governo intenda farsi promotore presso l'Unione europea di una modifica nell'applicazione dell'istituto del bail-in, previsto dalla 284 direttiva succitata, che preveda l'esclusione dell'applicazione automatica del suddetto istituto nei confronti dei piccoli risparmiatori, anche oltre i livelli minimi previsti dalla garanzia sui depositi bancari, al fine di scongiurare che la suddetta direttiva appesantisca ulteriormente le condizioni di raccolta delle banche – anche alla luce di vincoli posti da altre normative come la MifiD o la CRUIV/CRR – soprattutto delle piccole banche locali – banche popolari e di credito cooperativo – così preziose per le nostre piccole e medie imprese, nonché per le famiglie, poiché maggiormente propense agli investimenti nell'economia reale. (500161) Risposta scritta pubblicata Mercoledì 22 maggio 2013 nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze) 5-00161 Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Barbanti ed altri, nel far riferimento al previsto meccanismo di partecipazione alle perdite subite dalle banche da parte dei sottoscrittori e dei detentori dei titoli di debito (cosiddetto bailin), chiede al Governo di impegnarsi nel negoziato comunitario per escludere dal campo di applicazione di questo istituto i piccoli risparmiatori. Al riguardo, la Segreteria del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio, sentita la Banca d'Italia, ha comunicato che l'esperienza acquisita in questi ultimi anni ha messo in luce l'importanza per gli Ordinamenti nazionali di dotarsi di strumenti che, come il bail-in, assicurino che le perdite derivanti dal dissesto di un intermediario bancario siano sopportate dai suoi creditori (oltre che dai suoi azionisti) senza il ricorso all'intervento pubblico. In questo senso, il bail-in è stato incluso fra gli strumenti di risoluzione indicati dal Financial Stability Board nelle proprie raccomandazioni sui Key Attributes of Effective Resolution Regimes for Financial Institutions, che sono stati approvati dai paesi del G20 nel novembre del 2011. Il bail-in rappresenta un elemento centrale nella proposta di direttiva sul risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie adottata dalla Commissione nel giugno del 2012 che prevede, in presenza di situazioni di instabilità sistemica, il potere delle Autorità di dispone 285 la svalutazione o la conversione in azioni delle passività, imponendo perdite agli azionisti e ad alcune categorie di creditori. La direttiva è attualmente in discussione presso le competenti Istituzioni Europee. Nel contesto del negoziato in corso, il Governo italiano si è espresso favorevolmente nei confronti di un sistema armonizzato al bail-in in ambito europeo al fine di ridurre l'incertezza per gli investitori, limitare i rischi legali per l'Autorità ed evitare effetti di spillover fra i diversi Stati membri legati al possibile trattamento non uniforme dei creditori in Europa. Tenuto conto delle implicazioni sui diritti dei creditori delle banche in difficoltà la proposta di direttiva prevede che nell'attivazione dello strumento del bail-in debba applicarsi il principio di proporzionalità. Tale principio verrà opportunamente graduato nel recepimento della direttiva nell'Ordinamento nazionale. § 4. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr. 5/00190111 Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.5/00190, presentato da BARBANTI Sebastiano, testo di Martedì 28 maggio 2013, seduta n. 24: BARBANTI, PESCO, RUOCCO, PISANO, CANCELLERI, VIL LAROSA e CHIMIENTI. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: nelle date 9 e 23 maggio 2013 si è riunito il consiglio di amministrazione di Telecom Italia per l'approvazione dei dati trimestrali e per esaminare l'ipotesi di aggregazione con 3 Italia e il progetto di separazione della rete; i dati del resoconto di gestione al 31 marzo 2013 esaminati dal Consiglio di amministrazione evidenziano un quadro societario caratterizzato da un indebitamento finanziario netto di quasi 29 miliardi di euro, in aumento di 493 milioni di euro rispetto al 31 dicembre 2012, e con un trend negativo di tutti gli indicatori 111http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2872&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMM EDIATA+IN+COMMISSIONE%27 286 diperformance finanziari tra cui il flusso di cassa della gestione operativa, precipitati in un solo anno da 626 milioni di euro a 137 milioni di euro; il problema dei conti è talmente grave che è in atto una politica di contenimento dei costi che sta incidendo notevolmente sui livelli occupazionali e gli investimenti, con tagli già previsti, nel piano industriale del triennio 2013-2015, di 1,3 miliardi di euro e la messa in mobilità di 2.750 lavoratori tra il 2013 e il 2014: tagli che in questa fase di recessione aggravano ulteriormente il già difficile quadro economico del nostro Paese; il Consiglio di amministrazione di Telecom, nelle riunioni sopra ricordate del 9 e 23 maggio 2013, ha deciso la prosecuzione degli approfondimenti in merito alla possibile operazione con la Hutchison Whampoa di Li Ka Shing, in particolare «per accertare l'esistenza di margini di negoziazione realistici ed idonei ad addivenire a un contemperamento delle rispettive posizioni sui valori delle due società», negoziazione che sarà determinante ai fini del controllo della stessa Telecom, mentre, in merito al progetto di separazione della rete di accesso, ha rinviato al 27 maggio 2013 la decisione finale, considerata ineluttabile per il destino stesso della società: da numerose notizie di stampa si evince l'intenzione del management di scorporare l’asset infrastrutturale dai servizi costituendo una newco, con la prospettiva di cedere una quota alla Cassa depositi e prestiti, probabilmente nell'ambito di una Ipo (offerta pubblica iniziale), comunque mantenendo la maggioranza assoluta. Secondo i pareri avanzati da Telecom lo scorporo farebbe ottenere vantaggi sotto il profilo del debito e del rating per i benefici regolamentati promessi da Bruxelles in presenza di una soluzione che assicuri l’equivalence of input, cioè il trattamento paritario di tutti gli operatori nell'utilizzo dell'infrastruttura (Telecom è stata recentemente multata dall'Antitrust per ostacoli alla concorrenza); la riorganizzazione che consentirebbe un meccanismo di remunerazione «da utility»; la maggiore prevedibilità dei ricavi e flessibilità operativa che oggi è ostacolata dal suo ruolo di incumbent; tale scorporo dell'infrastruttura dai servizi non convince i sindacati e molti analisti indipendenti, perché non risolverebbe il problema del debito e perché determina pesanti ricadute sul piano occupazionale: il problema del debito infatti verrebbe solo in parte risolto sia se l’incumbent cedesse la maggioranza della società della rete alla Cassa 287 depositi e prestiti – valutata non meno di 15 miliardi, quindi, incassando almeno 8 miliardi, ma Cassa depositi e prestiti ha già prospettato di stanziare risorse non per il rimborso del debito del gruppo, bensì per gli investimenti nello sviluppo della fibra ottica – sia trasferendolo in toto alla newco, ipotesi non realizzabile dato che l'indicatore Ebitda della rete è stimabile in 2,5 miliardi e quindi non potrebbe superare gli 8-10 miliardi di debito; anche optando per questa ipotesi non è immaginabile, in un mercato altamente competitivo come quello dei servizi di telefonia, la presenza di una società con una ventina di miliardi di euro di indebitamento netto residuo, priva di un asset strategico come la rete infrastrutturale d'accesso; molteplici sono gli aspetti ancora poco chiari relativi al futuro della più importante compagnia telefonica del Paese, in particolare sorgono dubbi sulla posizione che la newco avrà nei confronti degli ingenti debiti di Telecom, sul margine di gestione che vi sarà, sulla programmazione e sul controllo che lo Stato si riserverà nei confronti della newco, sul destino degli 82 mila dipendenti all'indomani della cessione, sull'utilizzo futuro delle «centrali» di proprietà Pirelli RE, a giudizio degli interroganti, svenduti da Telecom a Tronchetti Provera durante la sua fallimentare gestione e riaffittati dalla stessa a caro prezzo e, infine, sulla titolarità degli 80 brevetti dei IT-lab e dei circa 600 brevetti registrati che hanno permesso al Paese di ritagliarsi comunque un ruolo di avanguardia nel settore delle telecomunicazioni e che, nel caso di ingresso del colosso cinese nel board del gruppo, rischiano di essere «sfruttati» da una potenza economica straniera impoverendo la capacità di innovazione italiana con contraccolpi durissimi all'intero sistema Paese; la Cassa depositi e prestiti, nello specifico il FSI (Fondo strategico italiano), attraverso il suo presidente Gorno Tempini ha confermato interesse all'operazione dopo attenta visione ad inizio aprile dei term sheet ricevuti da Telecom; la Cassa depositi e prestiti per effettuare gli investimenti si avvale del risparmio postale, e svolge una rilevante funzione creditizia a favore del settore produttivo; ad oggi non è ancora stata istituita la Commissione parlamentare bicamerale sulla vigilanza della Cassa depositi e prestiti –: se non ritenga opportuno che l'operazione in premessa debba essere rinviata, al fine di poter consentire al Parlamento, nelle sedi 288 opportune, di valutare l'impatto che un'operazione di investimento di tale portata avrà sulla capacità creditizia di Cassa depositi e prestiti e sulla tutela dei risparmiatori considerata la sua importante e delicata funzione di raccolta e gestione del risparmio nazionale attraverso il risparmio postale. (5-00190) Risposta scritta pubblicata Giovedì 30 maggio 2013 nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze) 5-00190 Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Barbanti ed altri, premesso che il Consiglio di Amministrazione di Telecom Italia avrebbe esaminato l'ipotesi di aggregazione con 3 Italia e il progetto di separazione della rete e che Cassa Depositi e Prestiti avrebbe manifestato interesse all'investimento attraverso il Fondo Strategico Italiano, chiedono se non si ritenga opportuno di rinviare la citata operazione, per consentire al Parlamento un'attenta valutazione della questione. Al riguardo, l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, tramite il Ministero dello sviluppo economico, ha comunicato che Telecom Italia, in qualità di significativo operatore di mercato, è soggetto ad una serie di obblighi regolamentari stabiliti dall'Autorità stessa con delibere n. 731/09/CONS e n. 1/12/CONS, attualmente in fase di revisione. Le nuove regole saranno stabilite nei prossimi mesi all'esito delle risultanze della consultazione pubblica nazionale (attualmente in corso, delibera n. 238/13/CONS del 21 marzo 2013) e comunitaria. In tale contesto, assume particolare rilevanza la possibilità che Telecom Italia proceda ad una separazione funzionale o strutturale della propria rete di accesso, ipotesi prevista e disciplinata dal quadro regolamentare vigente. L'articolo 50-ter del Codice delle comunicazioni elettroniche, infatti, disciplina l'ipotesi di «Separazione volontaria da parte di un'impresa verticalmente integrata», stabilendo che le imprese designate quali detentrici di significativo potere di mercato devono informare l'Autorità nel caso in cui intendano: 1) trasferire i loro beni relativi alle reti di accesso, o una parte significativa degli stessi, a un soggetto giuridico separato sotto controllo di terzi; 289 2) istituire un'entità commerciale separata per fornire a tutti i fornitori al dettaglio, comprese le sue divisioni al dettaglio, prodotti di accesso pienamente equivalenti, al fine di consentire all'Autorità di valutare l'effetto dell'auspicata transazione. Peraltro, il tema delle misure di separazione della rete di accesso degli operatori dotati di significativo potere di mercato è oggetto di discussione anche a livello europeo e, in particolare, la bozza di Raccomandazione in materia di obblighi di non discriminazione e metodologie di costo per l'accesso all'ingresso di rete fissa, pubblicata recentemente dalla Commissione Europea, dovrebbe essere approvata nel prossimo mese di luglio. Con riferimento agli aspetti di competenza di Cassa Depositi e Prestiti, quest'ultima ha rappresentato il proprio interesse nel promuovere lo sviluppo e l'ammodernamento dell'infrastruttura digitale nell'ambito dell'Agenda Digitale Europea 2020. In particolare, il settore delle infrastrutture di telecomunicazioni rientra nelle priorità di Cassa Depositi e Prestiti, pertanto, la stessa ha promosso, tramite il Fondo Strategico Italiano S.p.A., l'investimento in Metroweb S.p.A, azienda proprietaria della rete in fibra ottica di ultima generazione nell'area metropolitana di Milano. Tale rete è, attualmente, la più grande rete metropolitana in Europa. L'investimento di euro 200 milioni nel capitale di Metroweb da parte di Fondo Strategico Italiano è finalizzato a finanziare il piano di costruzione delle reti di nuova generazione nelle principali città italiane. Per quanto riguarda Telecom, Cassa Depositi e Prestiti ha comunicato di avere fornito la propria disponibilità, anche tramite il Fondo Strategico Italiano, a valutare un investimento in una società della rete di Telecom Italia S.p.A., finalizzato al finanziamento degli interventi di ammodernamento necessari. In tale ambito, eventuali sinergie tra Metroweb ed una eventuale società della rete di Telecom permetterebbero di ottimizzare gli investimenti nel settore, minimizzare le sovrapposizioni possibili nella costruzione di più reti nelle stesse città, promuovere una tempistica accelerata e ridurre i costi della costruzione dell'infrastruttura. Per valutare concretamente un possibile investimento in tale società di nuova costituzione di Telecom, sarebbe propedeutica una «societarizzazione» degli assetinfrastrutturali da parte di Telecom stessa, con la conseguente individuazione degli attivi e passivi, che 290 consentano un'analisi e la valutazione di tale opportunità, nonché degli eventuali impatti su Fondo Strategico Italiano e Cassa Depositi e Prestiti. Queste informazioni sono necessarie a Fondo Strategico Italiano per completare la propria istruttoria sul possibile investimento in tale nuova società, nell'ambito dei criteri privatistici di valutazione dell'intervento contenuti nel proprio Statuto. Questi stessi criteri sono stati utilizzati anche nell'istruttoria dell'investimento nel capitale di Metroweb. Cassa Depositi e Prestiti ha, infine, precisato che alla data odierna non risulta che Telecom abbia deliberato nel senso sopra indicato. § 5. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr. 5/00240112 Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.5/00240, presentato da BARBANTI Sebastiano, testo di Martedì 4 giugno 2013, seduta n. 28: BARBANTI e PESCO. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: lo studio elaborato dal rapporto Cresme-Cna ed Enea sugli effetti economici degli sgravi sulle ristrutturazioni edilizie evidenzia tra 1998 e 2012 l'ammontare di 6.909.729 di domande, di cui 5.475.729 per gli interventi di recupero edilizio e 1.434.000 per gli incentivi di efficientamento energetico; il valore complessivo di lavori effettuati è stato pari 111,4 miliardi di euro, di cui 94,2 miliardi per il recupero edilizio e 17,2 miliardi per l'efficientamento e il risparmio energetico; gli importi dei lavori detraibili sono stati pari a 44,6 miliardi di euro, di cui 35,1 miliardi per il recupero edilizio e 9,5 miliardi per l'efficientamento; lo Stato ha registrato quindi una perdita complessiva di 44,6 miliardi, che va però integrata anche da minori incassi derivanti dalla 112http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2922&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMM EDIATA+IN+COMMISSIONE%27 291 riduzione dei consumi energeticigenerati dagli interventi di riqualificazione; Cresme li ha stimati in circa 8 miliardi e ne consegue che il contributo dello Stato al settore è misurato, dal 1998 al 2012, in circa 53 miliardi di euro; per i lavori realizzati si sono incassati oneri e tasse sui 111,4 miliardi di euro di lavori incentivati; i suddetti rapporti stimano una ricaduta economica, in termini di gettito tributario derivante dalle attività in oggetto (IVA di imprese edili, istallatori, impiantisti e progettisti; IRES, IRPEF e Oneri sociali) pari a 49,5 miliardi di euro e minori oneri fiscali per un ammontare di 53 miliardi di euro; il saldo complessivo sulle attività effettuate dal 1998 al 2012 è, a valori correnti, negativo, per 3,5 miliardi di euro, in quanto la distribuzione della detrazione avviene in un periodo di dieci anni; infatti le entrate per lo Stato, pari a 17,8 miliardi di euro sono immediate, mentre la restituzione dell'incentivo, pari a 21,3 miliardi di euro, avverrà fino al 2021, senza dimenticarsi dell'inflazione, poiché, se si prende in considerazione come deflattore il tasso medio dei BOT, anche il saldo economico deflazionato diventerebbe positivo, con un guadagno di 2,2 miliardi di euro, visto che lo Stato si sarebbe dovuto finanziare attraverso l'indebitamento a breve termine per reperire importi analoghi a quelli generati dagli incentivi per l'edilizia; lo strumento dell'agevolazione fiscale risulta quindi essere molto utile, per generare flussi di denaro preposti a stimolare il mercato interno fortemente depresso e, per tal motivo, sarebbe vantaggioso estendere il sistema della detrazione agli altri settori connessi allo sviluppo sostenibile –: per quale motivo si ritenga che la maggiore spesa erariale, per la proroga delle agevolazioni fiscali per gli interventi di recupero edilizio ed efficientamento energetico, pari a 200 milioni di euro annui, (secondo notizie della stampa), debba essere coperta da un aumento, dell'IVA, che grava maggiormente sui piccoli contribuenti, e non da una maggiore tassazione delle attività altamente inquinanti, che sarebbe più compatibile con i valori posti a fondamento del meccanismo delle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie e l'efficientamento energetico. (5-00240) 292 Risposta scritta pubblicata Mercoledì 5 giugno 2013 nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze) 5-00240 Con il documento in esame, gli onorevoli interroganti, tenuto conto del rapporto Cresme-Cna ed Enea sugli effetti economici indotti dagli sgravi previsti per gli interventi di recupero edilizio e di efficientamento energetico, chiedono al Governo per quale motivo la maggiore spesa erariale debba essere coperta da un aumento dell'Iva e non da una maggiore tassazione delle attività altamente inquinanti. Sul punto, il Dipartimento delle finanze evidenzia che il Governo, in data 31 maggio 2013, ha approvato un decreto-legge, in corso di pubblicazione, con il quale ha disposto la proroga al 31 dicembre 2013 e l'innalzamento al 65 per cento delle detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica. Tale agevolazione, sempre nella misura del 65 per cento, è applicata alle spese relative a parti comuni degli edifici condominiali sostenute dal primo luglio 2013 fino al 30 giugno 2014. Lo stesso Consiglio dei ministri ha varato, inoltre, la proroga al 31 dicembre 2013 delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e ha riconosciuto un'ulteriore detrazione nella misura del 50 per cento delle spese documentate per l'acquisto di mobili finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione. Ciò premesso, il Dipartimento, per quanto di competenza, indica, nella tabella che segue, gli effetti finanziari derivanti dalle suddette disposizioni finalizzate a dare impulso alla ripresa economica e a sostenere gli investimenti in tali settori: in milioni di euro. Le stime indicate si basano sui dati contenuti nelle ultime dichiarazioni disponibili relative all'anno d'imposta 2011 e considerano un effetto incentivo derivante dalle norme. A copertura del minor gettito derivante dalle predette agevolazioni fiscali, il provvedimento di cui trattasi ha previsto a partire dal 2014, l'incremento dal 4 per cento al 21 per cento dell'aliquota Iva sui prodotti editoriali venduti insieme alle pubblicazioni, nonché l'aumento dal 4 per cento al 10 per cento dell'aliquota Iva sulle bevande e alimenti venduti nei distributori. Il Dipartimento evidenzia, infine, che la scelta di eventuali altre forme di copertura delle disposizioni in esame che siano alternative agli interventi in materia di Iva, potrà essere valutata nel corso dell'esame parlamentare del provvedimento. 293 § 6. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr. 5/00442113 Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.5/00442, presentato da BARBANTI Sebastiano, testo di Martedì 25 giugno 2013, seduta n. 40: BARBANTI, PESCO, PISANO, RUOCCO, VILLAROSA, CANCELLERI e CHIMIENTI. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: Equitalia è una società di capitali totalmente pubblica, sotto forma di società per azioni, i cui azionisti sono l'Agenzia delle entrate, per il 51 per cento del pacchetto azionario, e l'INPS per il restante 49 per cento, preposta alla riscossione nazionale dei tributi; Equitalia appare detenere quote azionarie in numerose società e consorzi, che hanno poco o punto a che fare con la mission di Equitalia, cioè la riscossione pubblica dei tributi; non tutte le partecipazioni azionarie, anche in piccole società, da parte di Equitalia vengono pubblicizzate con trasparenza sul sito web di Equitalia, che investe notoriamente quote non secondarie del proprio budget in attività di comunicazione; alcune delle partecipazioni societarie di Equitalia possono trovare una motivazione in ragione di un pignoramento a garanzia di crediti fiscali maturati; tra le partecipazioni societarie, al 40 per cento del capitale, appare comunque anomala quella in GO.VAR Srl di Como, che si dedica al commercio all'ingrosso di elettrodomestici, elettronica di consumo, audio e video; tra le partecipazioni societarie, al 10 per cento del capitale, appare altresì anomala quella nella fallita SOGESI Srl, società palermitana che si occupa di costruzione di edifici residenziali; sempre tra le partecipazioni societarie, al 9,2 per cento del capitale, risalta quella in STOÀ, istituto di studi per la direzione e gestione di impresa società consortile, la cui mission sono i corsi di istruzione universitaria e post-universitaria; STOÀ ha organizzato negli ultimi 113http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=3124&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMM EDIATA+IN+COMMISSIONE%27 294 anni, per Equitalia e/o per l'Agenzia delle entrate una serie di convegni e seminari di rilevante entità economica, apparentemente senza sottostare a una selezione tra concorrenti mediante gara o avviso pubblico; STOÀ avrebbe agito a quel che pare in questi ambiti di organizzazione di eventi in regime di affidamento in house; condizione necessaria ma non sufficiente per l'affidamento pubblico in house è il possesso della maggioranza qualificata ovvero del 100 per cento del pacchetto azionario della società beneficiaria dell'affidamento laddove la quota di Equitalia è invece di estrema minoranza; altro principio da rispettare per l'affidamento in house è quello del controllo analogo, ben difficile da implementare per una società come STOÀ posseduta solo per il 9,2 per cento –: se non intenda operare per dismettere al più presto le quote azionarie delle società possedute da Equitalia al di fuori della mission della stessa, anche al fine di evitare eventuali affidamenti in house in maniera anomala così come avvenuti nel passato soprattutto onde assicurare una corretta gestione del servizio di riscossione dei tributi. (5-00442) Risposta scritta pubblicata Mercoledì 26 giugno 2013 nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze) 5-00442 Con riferimento al documento in esame, per gli aspetti di competenza di Equitalia S.p.A., si forniscono i seguenti elementi istruttori. Per quanto riguarda la GO.VAR Srl di Como, si segnala che Equitalia non ha alcun partecipazione nella società. In passato (7 luglio 2010) Equitalia Esatri, oggi Equitalia Nord, nello svolgimento delle attività di riscossione ha proceduto al pignoramento delle quote societarie detenute dalla VARGO Srl, pari al 40 per cento del capitale sociale. Con riguardo alla SOGESI Srl, operante nella costruzione di edifici residenziali, si precisa che Equitalia non ha partecipazioni dirette o indirette nella società. La partecipata Equitalia Sud possiede invece una partecipazione del 10 per cento in Sogesi S.p.A. (Società di gestioni Esattoriali in Sicilia) in liquidazione (con sede legale in Palermo, Via Imperatore Federico, 46), avente come oggetto sociale la gestione in concessione del servizio di riscossione disciplinato in applicazioni della legge 4 ottobre 1986, n. 657 e del decreto del Presidente della Repubblica 295 28 gennaio 1988, n. 43, e successive modificazioni ed in conformità alle norme della regione siciliana sulla materia...». La Società, sottoposta all'attività di direzione e coordinamento della «UNICREDIT S.P.A.», è in liquidazione volontaria da 28 dicembre 1990. È stato rappresentato che Equitalia Sud S.p.A. ha acquisito indirettamente la relativa partecipazione da Banca Intesa S.p.A. in seguito all'acquisto della ex GestLine S.p.A – titolare originario della partecipazione in SO.G.E.SJ S.p.A in liquidazione – in seguito denominata Equitalia Polis e incorporata in Equitalia Sud, con effetto dal 1o luglio 2011, per provvedere alla riscossione anche negli ambiti già di competenza di GestLine. In relazione alla partecipazione nella Stoà, si evidenzia che ad aprile 2009 sono state avviate le attività propedeutiche alla cessione della partecipazione, che si sarebbe dovuta perfezionare nel primo semestre 2011 ed è stata sospesa per il cambio di amministrazione nel comune di Napoli, socio di maggioranza di Stoà Spa, che aveva espresso interesse per rilevare le quote. Nelle more della vendita della partecipazione, Equitalia non si è più avvalsa della collaborazione di Stoà. Tutti i dati delle partecipazioni, detenute direttamente o indirettamente, sono comunque, come precisa Equitalia S.p.A., reperibili sul sito istituzionale all'indirizzo web: http://www.gruppoequitalia.it/equitalia/export/.content/it.gov.eq uitalia.ca-pogruppo/files/it_2013/ORGANIGRAMMASOCIETARIO-31-05-2013.pdf. § 7. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr. 5/00871114 Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.5/00871, presentato da BARBANTI Sebastiano, testo di Martedì 6 agosto 2013, seduta n. 66: BARBANTI, CANCELLERI, PESCO, PISANO, RUOCCO, VILLAROSA. 114http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2922&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMM EDIATA+IN+COMMISSIONE%27 296 Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: il 18 febbraio 2009 è stato costituito un comitato promotore per la costituzione di una banca di garanzia, costituito dal presidente della provincia di Cosenza, dal presidente della camera di commercio di Cosenza, dal sindaco di Cosenza, dal presidente dell'ANCI e dal presidente della fondazione; la provincia e la camera di commercio di Cosenza ha stanziato 8 milioni di euro; il comitato promotore ha raccolto, altresì, circa mille sottoscrizioni di quote azionarie; a distanza di quattro anni dalla costituzione del comitato promotore, così come si apprende da fonti giornalistiche, sembrerebbe che il presidente della camera di commercio abbia dichiarato, all'esito di una recente riunione del consiglio direttivo, che la banca di garanzia non verrà più costituita; dalle stesse fonti giornalistiche si apprende che la Banca d'Italia abbia inviato un missiva al presidente della camera di commercio, Gaglioti, con la quale sembrerebbe abbia richiesto un ulteriore versamento pari a 2 milioni di euro ed ulteriori adempimenti, al momento, non resi pubblici; la provincia di Cosenza sembrerebbe abbia ritirato le quote, pari a 4 milioni di euro, per necessità di bilancio, approvato a fine luglio; oltre al comitato promotore è stato istituito un consiglio di amministrazione e sono stati nominati dei revisori dei conti; la costituzione della banca di garanzia risulta ormai estremamente complicata; non c’è trasparenza sui costi sostenuti dal consiglio di amministrazione e dai revisori dei conti –: quali siano i tempi e le modalità per la restituzione delle quote azionarie sottoscritte dai piccoli risparmiatori e se reputi necessario intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, anche in sede di CICR, in particolare segnalando la questione all'Autorità di vigilanza, la Banca d'Italia, al fine di garantire la suddetta restituzione. (5-00871) Risposta scritta pubblicata Mercoledì 7 agosto 2013 nell'allegato al bollettino in Commissione VI (Finanze) 5-00871 Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Barbanti ed altri pongono quesiti in ordine alla costituzione di una «Banca di Garanzia Collettiva dei Fidi di Cosenza». In particolare gli 297 interroganti, nel rilevare che l'iniziativa di costituzione del richiamato soggetto sotto l'egida di vari enti pubblici della provincia di Cosenza risulta ormai abbandonata, chiede al Governo di conoscere i tempi e le modalità di restituzione dei conferimenti effettuati dai sottoscrittori privati nonché di interessare la Banca d'Italia affinché garantisca tale restituzione. Al riguardo, sentita la Banca d'Italia, tramite la Segreteria del comitato interministeriale per il credito ed il risparmio, si fa presente che il Testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) riserva l'esercizio dell'attività bancaria alle banche: il rilascio della relativa autorizzazione è di competenza della Banca d'Italia. L'intervento della Banca d'Italia è finalizzato a verificare l'esistenza delle condizioni previste dal Testo unico bancario e dalla regolamentazione d'attuazione affinché sia assicurata la sana e prudente gestione della banca. La Banca d'Italia nega l'autorizzazione in assenza di tali condizioni. L'iscrizione nel registro delle imprese non è consentita in mancanza della prescritta autorizzazione. Nel caso di specie, la costituenda Banca di garanzia collettiva dei fidi di Cosenza ha avanzato istanza di autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria, ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 385 del 1993 nel febbraio 2012. L'istruttoria avviata dalla Banca d'Italia sull'iniziativa proposta, valutata alla luce dei criteri fissati dalla legge, ha messo in luce motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza. Tali motivi ostativi sono stati debitamente portati a conoscenza del Comitato promotore della «Banca di Garanzia» ai sensi dell'articolo 10-bis della legge 241 del 1990. Il provvedimento definitivo di diniego all'accoglimento dell'istanza di autorizzazione richiesta dalla «Banca di Garanzia» è stato adottato dal Direttorio della Banca d'Italia in data 25 giugno 2013. Con specifico riguardo alla questione posta dall'interrogante, si fa presente che le norme che regolano i rapporti tra il Comitato promotore della banca costituenda e i sottoscrittori sono di tipo privatistico e pertanto non soggette a supervisione da parte della Banca d'Italia. Le somme versate a norma dell'articolo 2342, comma 2, del codice civile, dovranno pertanto essere restituite ai sottoscrittori secondo quanto previsto dall'articolo 2331, comma 4, del codice civile. 298 § 8. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr. 5/01056115 Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione nr.5/01056, presentato da BARBANTI Sebastiano, testo di Martedì 24 settembre 2013, seduta n. 83: BARBANTI, PISANO e CANCELLERI. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere quale sia la ripartizione, per scaglione, dei redditi da pensione, sia pubblici sia privati, al fine di individuare il gettito dell'imposta Irpef correlato alle diverse aliquote, di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. (5-01056) § 9. Interrogazione a risposta immediata in commissione nr. 5/00394116 Atto Camera – Interrogazione a risposta immediata in commissione 5/00394, presentato da CASTELLI Laura, testo di Mercoledì 19 giugno 2013, seduta n. 36: CASTELLI e FRACCARO. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: l'articolo 68 del Codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, al comma 1, come da ultimo modificato dal decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, dispone che le «pubbliche amministrazioni acquisiscono programmi informatici o parti di essi nel rispetto dei principi di economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica, a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico» tra una 115http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6971&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMM EDIATA+IN+COMMISSIONE%27 116http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=3076&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IMM EDIATA+IN+COMMISSIONE%27 299 serie di soluzioni disponibili sul mercato, tra cui software liberi o a codice sorgente aperto; il successivo comma 1-ter, dispone che solo ove dalla valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico risulti motivatamente l'impossibilità di accedere a soluzioni già disponibili all'interno della pubblica amministrazione, o a software liberi o a codice sorgente aperto, adeguati alle esigenze da soddisfare, è consentita l'acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d'uso; la dismissione di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d'uso, al fine del passaggio a software liberi o a codice sorgente aperto, rappresenta un importante strumento di razionalizzazione della spesa pubblica; allo stato, non risulta disponibile una esatta quantificazione delle risorse destinate all'acquisto dei richiamati programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d'uso e dei risparmi di spesa che si potrebbero conseguire dall'applicazione del citato articolo 68 del Codice dell'amministrazione digitale, che non sembra essere stato pienamente attuato –: a quanto ammontino e su quali capitoli, o piani di gestione, insistano le risorse iscritte in bilancio destinate all'acquisto di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza. (5-00394) § 10. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00943117 Interrogazione a risposta scritta 4-00943 presentato da CIPRINI Tiziana testo di Giovedì 20 giugno 2013, seduta n. 37 CIPRINI, GALLINELLA, CANCELLERI, RUOCCO, D'UVA, COMINARDI, BECHIS, BALDASSARRE, RIZZETTO e TRIPIEDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che: 117 http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2404&stile=7&highLigh t=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 300 con bando del 16 novembre 2011 protocollo 146312/RU è stato indetto dall'Agenzia delle dogane il concorso per 69 posti di dirigente di seconda fascia. La prova preselettiva si è tenuta a Roma il 19 dicembre 2012; nelle more della assunzione dei dirigenti l'Agenzia delle dogane ricorre nel contempo all'affidamento di incarichi a «reggenti» funzionari di terza area; nel passato (2005, 2009 e 2011) sono state rivolte al Ministro dell'economia e delle finanze ed al Ministro della pubblica amministrazione numerose interrogazioni parlamentari con le quali si chiedevano spiegazioni rispetto alla circostanza per la quale incarichi di provvisoria reggenza di uffici dirigenziali dell'Agenzia delle dogane fossero stati assegnati a funzionari privi del requisito della laurea e i criteri di valutazione per l'assegnazione e la nomina di tali incarichi di reggenza; in una specifica circostanza, l'amministrazione doganale, citata in giudizio davanti al tribunale di Salerno per aver attribuito funzioni dirigenziali a funzionari privi di laurea, è stata condannata sia in primo grado che in appello e la sentenza è stata confermata in Cassazione; recentemente, in particolare, per quanto consta agli interroganti, vi sarebbero anomalie in ordine all'assegnazione della reggenza dell'ufficio delle dogane di Bergamo e dell'ufficio doganale di Frosinone a funzionari che risulterebbero privi del requisito della laurea; è noto il principio in forza del quale l'accesso ai pubblici impieghi – e segnatamente il reclutamento dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato – è soggetto al principio della stretta legalità, con la conseguenza che è solo nella legge che la relativa disciplina deve trovare fondamento ed attuazione, di modo tale da avvenire in condizioni di effettiva e sostanziale uguaglianza, in stretta osservanza degli indefettibili principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell'amministrazione. È stata ritenuta illegittima la procedura concorsuale a posti di qualifica dirigenziale indetta in violazione della disciplina minima e inderogabile stabilita – per tutte le amministrazioni statali e gli enti pubblici non economici – per l'accesso alla dirigenza dalla legislazione di riferimento (articolo 28 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e regolamento attuativo emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 324 del 2000); anche la Corte costituzionale, con le sentenze n. 103 e n. 104 del 2007, n. 161 del 2008 e n. 69 del 2011, ha negato la costituzionalità di una dirigenza di fiducia e 301 ribadito la necessità di selezionare i dirigenti sulla base di criteri selettivi imparziali e trasparenti, evidenziando i parametri di scelta e selezione dei dirigenti –: se i Ministri siano a conoscenza della descritta situazione; se sia vero che sono stati assegnati incarichi di reggenza a funzionari privi del requisito della laurea e quale sia l'orientamento del Governo; se i Ministri, ciascuno per quanto di competenza, intendano attivare misure di verifica e controllo delle procedure di assegnazione di incarichi dirigenziali ai funzionari dell'amministrazione doganale; se i Ministri, ciascuno per quanto di competenza, ritengano opportuno assumere provvedimenti volti ad assicurare la trasparenza delle procedure di assegnazione degli incarichi di reggenza dell'Agenzia delle dogane nel rispetto dei criteri indicati dagli articoli 19 e 19-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. (4-00943) § 11. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01630118 Interrogazione a risposta scritta 4-01630 presentato da COLLETTI Andrea testo di Mercoledì 7 agosto 2013, seduta n. 67. COLLETTI. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: Marco Milanese, ex deputato del Popolo della Libertà, rinviato a giudizio dal Gip del Tribunale di Napoli con l'accusa di associazione a delinquere, corruzione e rivelazione di atti d'ufficio e condannato dal Tribunale di Roma ad 8 mesi di reclusione (pena sospesa) per finanziamento illecito a un singolo parlamentare, già consigliere di Giulio Tremonti durante il suo incarico da Ministro, pare avere ripreso servizio presso la scuola superiore dell'economia e delle finanze, direttamente controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze; la lista aggiornata dei docenti di ruolo della scuola riporta il suo nome e l'ammontare del suo compenso annuo lordo pari ad euro 194.332,00; fanno parte del corpo insegnante dell'istituto anche 118 http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5641&stile=7&highLigh t=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 302 Vincenzo Fortunato e Marco Pinto, rispettivamente ex capo ed ex vice-capo di gabinetto dello stesso Ministero dell'economia e delle finanze; sia Fortunato sia Pinto percepiscono dalla scuola uno stipendio annuo lordo di oltre 300.000 euro che, nel caso di Fortunato, si aggiunge ai compensi derivanti dagli incarichi di liquidatore della Società «Stretto di Messina» e di presidente di Invimit, la società del Tesoro per la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico –: se il Ministro dell'economia e delle finanze sia a conoscenza dell'entità dei compensi erogati ai docenti della scuola superiore dell'economia e delle finanze e se sia nelle sue intenzioni adottare un provvedimento per ridurre tali emolumenti che appaiono del tutto incoerenti con la situazione economica generale e le necessità di risanamento del bilancio dello Stato; se sia coerente con la lotta al malaffare ed all'etica pubblica avere all'interno di una scuola di alta specializzazione appartenente allo stesso Ministero una persona condannata in primo grado ed imputata per molti e gravi reati connessi alla pubblica amministrazione. (4-01630) § 12. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00176119 Interrogazione a risposta scritta 4-00176 presentato da DAGA Federica testo di Martedì 9 aprile 2013, seduta n. 8 DAGA e PESCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: Cassa depositi e prestiti è nata nel 1850 come ente dello Stato e fino al 2003 ha raccolto il risparmio postale dei cittadini utilizzandolo, svolgendo quindi una tipica funzione pubblica, per il finanziamento a tassi agevolati degli investimenti in opere pubbliche da parte degli enti locali; il 12 dicembre 2003 la Cassa depositi e prestiti è trasformata in società per azioni (decreto-legge n. 269 del 2003 e decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 5 dicembre 2003), il cui unico scopo è di produrre utili per gli azionisti, con il 70 per cento del capitale detenuto dal Ministero dell'economia e delle 119http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1278&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 303 finanze e il 30 per cento detenuto da 66 fondazioni bancarie attraverso l'assegnazione di azioni privilegiate con diritto a dividendi annuali extra pari al 3 per cento più inflazione del valore nominale; all'atto della costituzione di Cassa depositi e prestiti spa, le fondazioni bancarie versano 1 miliardo e 50 milioni di euro detenendo il 30 per cento in azioni privilegiate da convertire in azioni ordinarie entro il 2009; dopo una prima proroga rispetto alla scadenza del 2009, entro dicembre 2012 le fondazioni bancarie avrebbero dovuto convertire le proprie azioni privilegiate in azioni ordinarie raggiungendo attraverso il versamento di un conguaglio la quota del capitale azionario in loro possesso; nel contenzioso in atto nell'autunno 2012 tra il Ministero dell'economia e delle finanze e le fondazioni bancarie in quota a Cassa depositi e prestiti spa, su disposizione del Governo sono richieste perizie giurate di stima per definire il valore di Cassa depositi e prestiti spa alla data di trasformazione in società per azioni e alla data del 31 dicembre 2012, come riportato dall'articolo 36, comma 3-bis, lettera a), del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221; in data 18 dicembre 2012 è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 294 – supplemento ordinario n. 208 la legge 17 dicembre 2012, n. 221 di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, nel quale attraverso l'articolo 36, commi 3-bis-3-decies, il Governo indica le modalità che Cassa depositi e prestiti dovrà seguire rispetto all'ipotesi di conversione in azioni ordinarie delle azioni privilegiate in circolazione; dal 1o aprile 2013 fino alla data dell'assemblea dei soci per l'approvazione del bilancio d'esercizio al 31 dicembre 2012, prevista per il 17 aprile 2013, Cassa depositi e prestiti spa, su disposizioni del Governo, dà facoltà alle fondazioni bancarie di rateizzare in 5 anni l'acquisto di azioni ordinarie fino al raggiungimento complessivo del numero di azioni privilegiate da queste posseduto fino al 31 marzo 2013 (articolo 36, comma 3octies-3-decies, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221); dal comunicato stampa n. 84/2012 emesso in data 19 dicembre 2012, si evince che in sede di assemblea straordinaria di Cassa depositi e prestiti, tenutasi in medesima data, sono state approvate alcune modifiche riguardanti la governance societaria, in particolare viene ridotta dal 15 per cento al 10 per cento la percentuale di 304 partecipazione necessaria per la presentazione delle liste di candidati alla carica di amministratore e di sindaco e viene introdotta la previsione per cui l'amministratore delegato è tratto dalla lista di maggioranza, mentre il presidente del consiglio di amministrazione è tratto dalla lista risultata seconda per numero di voti; sul suo sito ufficiale alla voce azionariato (http://www.cassaddpp.it/chisiamo/fatti-numeri/azionariato.html) Cassa depositi e prestiti spa dichiara di essere «una Società per azioni controllata dallo Stato italiano» –: se il Ministro interrogato, per quanto di sua competenza, intenda fare in modo che vengano rese pubbliche le perizie di valutazione di Cassa depositi e prestiti spa effettuate dalla società Deloitte Financial Advisory Srl relative alla data di trasformazione in società per azioni e alla data del 31 dicembre 2012; se intenda fornire una relazione circa le ragioni che hanno portato l'azionista di maggioranza di Cassa depositi e prestiti, cioè il Governo, che dovrebbe operare nell'interesse della collettività: a concedere alle fondazioni bancarie la facoltà di convertire alla pari il valore delle azioni privilegiate in ordinarie, causando una perdita per l'erario di circa 2 miliardi di euro, ad accordare alle fondazioni bancarie la restituzione del solo 50 per cento dei maggiori dividendi delle azioni privilegiate da convertire corrisposti loro dal Cassa depositi e prestiti dal 2003, data di costituzione della Cassa depositi e prestiti spa e ad accordare alle fondazioni bancarie la possibilità di restituire in 5 rate annuali la quota del 50 per cento dei maggiori dividendi delle azioni privilegiate da convertire corrisposti loro da Cassa depositi e prestiti dal 2003 e la possibilità di versare in 5 rate annuali il valore in euro pari al numero di azioni ordinarie che le fondazioni bancarie potrebbero acquistare dal 1o aprile al 17 aprile 2013; quali ragioni portino il Governo, che dovrebbe operare nell'interesse della collettività, a perseguire l'obiettivo di consolidare la permanenza di soci privati nell'azionariato di Cassa depositi e prestiti; nello specifico, secondo quali motivazioni in data 19 dicembre 2012 si sia dato corso alla modifica dello statuto di Cassa depositi e prestiti spa che, rispetto alla governance societaria, prevede che la nomina della figura di presidente del consiglio di amministrazione venga demandata alla minoranza in quota a Cassa depositi e prestiti; se ritenga opportuno rinviare la nomina del presidente del consiglio di amministrazione in occasione dell'assemblea per l'approvazione del bilancio 2012, prevista per il prossimo 17 aprile 2013, essendo il Governo in carica dimissionario. (4-00176) 305 § 13. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01343 120 Testo presentato, in data Venerdì 19 luglio 2013, seduta n. 56, da: GALLINELLA e CIPRINI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: il 15 dicembre 2009 un terremoto di magnitudo 4.2 ha gravemente lesionato la frazione di Spina nel comune di Marsciano (Perugia); purtroppo si sta ripetendo un fatto simile a quanto già accaduto per l'esenzione dell'IMU a carico dei fabbricati resi inagibili dal sisma suddetto; infatti mentre tale esenzione era stata concessa per l'Abruzzo e successivamente per l'Emilia Romagna, per il terremoto di Marsciano, solo dopo molteplici sollecitazioni, gli organi deputati hanno previsto con un provvedimento normativo apposito, inserito nel decreto-legge denominato «Mille Proroghe», che ponesse uguaglianza di trattamento fra il terremoto di Marsciano e gli altri; gli interventi di ricostruzione da realizzare da parte dei soggetti privati all'interno del PIR di Spina, saranno assoggettati, permanendo la legislazione vigente e qualora l'importo dei lavori superi un milione di euro, alle previsioni di cui all'articolo 32, comma 1, lettere d) ed e), del codice dei contratti 12 aprile 2006, n. 163, che prevede, per l'affidamento dei lavori, l'applicazione delle complesse procedure valide per i lavori pubblici mentre quelli già autorizzati per l'Abruzzo e l'Emilia Romagna da realizzare sugli immobili privati all'interno del Progetto integrato di recupero (PIR) in questione saranno svolti con atti di natura privatistica; trattandosi di contributi in conto dei lavori necessari per le abitazioni danneggiate per portarle ad un livello di sicurezza di almeno il 60 per cento e che i proprietari dovranno comunque sostenere, con propri mezzi, il maggior costo necessario per il completamento degli stessi lavori, è quindi evidente che solo con contratti di natura privatistica sarà possibile garantire l'efficiente ed utile impiego di risorse pubbliche e si potrà garantire un rientro nelle proprie abitazioni in tempi accettabili e celeri; a parere degli interroganti, sarebbe più agevole che per cittadini 120http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4236&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 306 residenti in Umbria, colpiti dal sisma, che hanno subito lo stesso evento calamitoso non debbano sistematicamente richiedere appositi trattamenti in deroga alle leggi già vigenti –: quali iniziative anche di tipo normativo in analogia a quanto già attuato per le altre aree colpite da analoghi eventi calamitosi, intenda adottare il Ministro interrogato per favorire e agevolare celermente i processi di ricostruzione e di rinascita delle zone del comune di Marsciano colpite dal recente sisma del 2009. (4-01343) § 14. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-00930121 Testo presentato, in data Venerdì 9 agosto 2013, seduta n. 69, da: LUIGI GALLO. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: dalla relazione sulla gestione 2012 della Cassa depositi e prestiti spa (CDP), pagina 80, si evince che al 31 dicembre 2012 il saldo del conto corrente presso la Tesoreria centrale dello Stato, su cui vengono depositate le somme raccolte da Cassa depositi e prestiti nell'ambito della sua gestione separata, si è attestato a quota 132,7 miliardi di euro circa, in incremento del 9 per cento rispetto al dato di fine 2011 (pari a 122 miliardi di euro); allo stesso giorno la Cassa depositi e prestiti aveva crediti in essere verso clientela e banche per un totale di 100,5 miliardi di euro a fronte di una raccolta postale di 233,6 miliardi di euro; Cassa depositi e prestiti, a partire da marzo 2012, è inoltre entrata a far parte delle controparti ammesse alle operazioni di gestione della liquidità del Ministero dell'economia e delle finanze (OPTES); nel corso del 2012 tale operatività ha fatto registrare una provvista media di 14 miliardi di euro (con saldo nullo alla data del 31 dicembre 2012) che, al fine di garantire l'equilibrio economico-finanziario, è stata impiegata: a) per assolvere gli obblighi di riserva obbligatoria, b) in titoli di Stato italiani a brevissima scadenza e c) in operazioni di pronti contro termine di impiego di liquidità a breve termine con collaterale titoli di Stato italiani; dalla lettura della relazione annuale 2011 della Banca d'Italia, 121http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6183&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27 307 tabella 13.11 sulla consistenza del debito delle amministrazioni pubbliche, si evince inoltre che tra le «altre passività» vi sono prestiti di istituzioni finanziarie monetarie (IFM) residenti pari a 128 miliardi di euro circa; secondo quanto reso esplicito in una nota della tabella della relazione (pagina 111), dal settembre 2006 la Cassa depositi e prestiti spa è inclusa tra le istituzioni finanziarie monetarie; dalla stessa data i prestiti erogati dalla Cassa in favore delle amministrazioni pubbliche confluiscono nella voce «prestiti di IFM»; in seguito all'inasprirsi dei vincoli del patto di stabilità interno per la spesa, in particolare per investimenti, degli enti locali, questi accedono con sempre maggiore difficoltà ai mutui della Casa depositi e prestiti (3,3 miliardi di euro di nuovi mutui erogati nel 2012, a fronte di 6,2 miliardi di euro nel 2011, e a fronte di impegni in essere complessivi della Cassa depositi e prestiti verso gli enti locali di 84 miliardi di euro circa) –: quale parte dei 132,7 miliardi di euro della gestione separata della Cassa depositi e prestiti depositati presso il conto corrente della tesoreria dello Stato finanzia il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche nel breve termine; sotto che forma di prestiti la Cassa depositi e prestiti finanzia regolarmente il fabbisogno dello Stato, a quali tassi, con quali scadenze, e con quale profitto ogni anno; perché la Cassa depositi e prestiti non usi questa liquidità per aumentare il suo portfolio di prestiti a breve termine in favore delle amministrazioni locali con tassi più favorevoli di quelli di mercato permettendo così un'erogazione maggiore di mutui pur ottemperando ai vincoli del patto di stabilità interno per quel che concerne la spesa per investimenti. (5-00930) § 15. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00849122 Testo presentato, in data Giovedì 13 giugno 2013, seduta n. 33, da: GRILLO. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: 122http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2310&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 308 l'articolo 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, si prefiggeva lo scopo di equiordinare, sulla base di criteri funzionali, il trattamento economico del personale non dirigente e non direttivo delle forze di polizia dello Stato con l'emanazione di decreti legislativi concernenti le necessarie modificazioni agli ordinamenti per il riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei trattamenti economici allo scopo di conseguire una disciplina omogenea, fermi restando i rispettivi compiti istituzionali, le norme fondamentali di stato e le attribuzioni dell'autorità di pubblica sicurezza; considerate le iniquità emerse nel corso dell'attuazione dei relativi decreti legislativi, è stato adottato l'articolo 9 della legge 31 marzo 2000, n. 78, al fine di equiordinare le disposizioni integrative e correttive e con previsione espressa di attenersi ai principi, ai criteri direttivi e alle procedure dell'articolo 3 della legge n. 216 del 1992, ma gli ulteriori interventi non hanno completamente definito la problematica, in parte ancora pendente; il dettato degli articoli 58 e 65 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199, a differenza di quanto attuato con il corrispondente decreto legislativo n. 197 del 1995 (articoli 13 e 14), peraltro, ha escluso l'adozione dei decreti del Presidente della Repubblica cosicché è venuta meno, anche agli effetti equitativi e sostanziali, la legiferata omogeneità prescritta dal suddetto articolo 3 della legge n. 216 del 1992 ed è l'amministrazione delegata dal decreto legislativo n. 199 del 1995, con modalità atipiche che si discostano dallo spirito normativo primario, a stabilire un ordinamento che, ad avviso della interrogante, risulta reiteratamente penalizzante per taluni e opportunistico per altri, ma anche un sistema basato su una invalicabile anzianità, escludendo sostanzialmente un sistema basato su un criterio meritocratico anche la legiferata e mai attuata concertazione oggettiva nell'ambito interforze avrebbe dovuto invece, non solo formulata ma anche attuata dal Ministro dell'interno, sia in fase di riordino che in fase di interventi correttivi (articolo 3 legge n. 216 del 1992); lo stesso articolo 51 del decreto legislativo n. 198 del 1995, sulle eccedenze organiche dei ruoli non dirigenti e non direttivi dell'Arma dei carabinieri, nelle sue disposizioni transitorie e finali, ha testualmente rappresentato che: «1. Le eventuali eccedenze organiche che si dovessero determinare in applicazione delle norme istitutive dei nuovi ruoli potranno sussistere, anche in sovrannumero, fino al riassorbimento con le vacanze che avranno luogo nei ruoli stessi, lasciando altrettanti posti liberi nel ruolo degli appuntati e carabinieri», e che, se da un lato, 309 detto disposto legislativo tenderebbe a determinare il conseguimento di una disciplina omogenea, da un altro lato, lascia all'amministrazione le più ampie facoltà nella rideterminazione delle vacanze, non dettando dei parametri obiettivi con criteri predeterminati sulla base di unici criteri direttivi; nessuna analoga previsione avviene, invece, in via transitoria, nemmeno astrattamente, per i marescialli capo e ordinari (esclusi) della Guardia di finanza, non prevedendo il disposto degli articoli 65, 58 e 58-quater del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199 (Guardia di finanza), così come integrato dall'articolo 6 del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 67, alcuna disposizione equitativa al fine di non escludere ulteriori disparità di trattamento; vi è il rischio, ad avviso della interrogante, che si profilino criticità, in ordine alla legittimità e alla costituzionalità dell'articolo 6, comma 8, e dell'articolo 8 (Disposizioni integrative e correttive riguardanti l'avanzamento del personale del ruolo degli Ispettori e le Norme transitorie) del decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 67, non avendo mai adottato con il disposto dell'articolo 58-quater del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 199, tutti i previsti interventi correttivi e integrativi al riguardo; ad avviso dell'interrogante, invece, correttamente, fin dall'origine, sono gli articoli 13 e 14 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 197 (Polizia di Stato) a stabilire, tassativamente e senza riserve, gli inquadramenti e gli avanzamenti transitori quadriennali in sovrannumero fin dall'atto dell'emanazione degli stessi decreti legislativi e in tal senso si ispirano, inequivocabilmente, gli articoli 8 e 9 del corrispondente decreto legislativo n. 200 del 1995, per gli ispettori della polizia penitenziaria nonché l'articolo 53 del decreto legislativo n. 201 del 1995, per gli ispettori, già marescialli del Corpo forestale dello Stato considerata l'esiguità organica di questi ultimi – così come i marescialli dei tre gradi della Guardia di finanza al 10 settembre 1995 – tutti assorbiti in fase di inquadramento; ad avviso della interrogante, nel riordino del 1o settembre 1995 (articolo 65 comma 1 di lettera b) decreto legislativo n. 199 del 1995) vengono sproporzionatamente inquadrati nel neo-grado di maresciallo capo, così come i marescialli capo e ordinari in organico ai 31 agosto 1995, tutti «... i brigadieri utilmente iscritti, ai fini della promozione al grado superiore, nei quadri di avanzamento formati alla suddetta data, ai sensi della legge 10 maggio 1983, n. 212, e del presente decreto; ...» e non solo dei corsi ordinari biennali, quindi una rilevantissima aliquota di soggetti 310 ancora da valutare dei quali, ai sensi dell'articolo 38 legge n. 212 del 1983, solo il primo terzo dei promossi aveva ottenuto la promozione a maresciallo ordinario causando sostanziali scavalcamenti e creando nuove disparità di trattamento, in contrasto con i superiori dettati della Corte costituzionale (Corte Cost. Sent. 188/1974, 217/1977, 133/1985, 158/1995, 331/1988, 187/1990, 277/1991, 133/1996, 65/1997, 63/1998, 126/2000 – Ord. 189/1999 e ancora con i principi e criteri direttivi che devono servire a circoscrivere il campo della delega legislativa Sentenza n. 158/1985 esuli assetto delle fonti normative Sent. 171/2007); l'interrogante segnala il contesto collegiale nel quale deve esprimersi la potestà normativa, ai sensi dell'articolo 3 comma 1, della legge n. 216 del 1992, ove recita che: «per il personale delle Forze di polizia i decreti legislativi sono adottati sempre su proposta dei Ministri interessati e con la concertazione del Ministro dell'interno»; dal riordino del 1995 i criteri predeterminati, con i parametri obiettivi al fine di conseguire una disciplina omogenea, risultano stabiliti con gli stessi decreti legislativi n. 197 del 1995 (articoli 13-14), n. 200 del 1995 (articoli 8-9) e n. 201 del 1995 (articolo 53), mentre le necessarie correzioni e integrazioni avverranno solamente con i decreti legislativi n. 53 del 2001 (articolo 19), n. 76 del 2001 (articolo 15), n. 193 del 2003 (articolo 8 comma 7 e 12) nonché con il decreto-legge 10 settembre 2004, n. 238 (articolo 1) convertito con modificazioni dalla legge 5 novembre 2004, n. 263 sull'eliminazione delle situazioni di squilibrio nelle relative posizioni di carriera e non anche per il corrispondente e identico segnalato contesto; l'interrogante ritiene che sia urgente l'adozione di misure transitorie, al fine di ripristinare la necessaria equità ed escludere ulteriori disparità di trattamento, a rischio di violazione degli articoli 3, 35 comma 1-2, 52 comma 3, 76 e 97 della Costituzione: il dettato costituzionale viene leso non solo da un «riordino» atipico effettuato nell'ambito ordinamentale di una forza di polizia dello Stato ma anche in considerazione dello status tipico strutturale di «parte integrante delle forze armate» discostandosi i parametri di riferimento adottati in danno degli ex marescialli capo e ordinari esclusi della Guardia di finanza, nelle fasi d'inquadramento e d'avanzamento transitorio quadriennale, anche dall'informazione dello spirito democratico dell'ordinamento delle forze armate (articolo 52, comma 3 Costituzione) e che tale principio non influenza e né disconosce l'equo riconoscimento di corrispondenti 311 diritti legiferati per altri corrispondenti ruoli in posizioni intermedie, non essendo soggetto il potere legislativo – nel caso in esame – alla adozione di alcuna limitazione di diritti come invece, inverosimilmente, l'Esecutivo delegato pone in essere con azioni restrittive e non oggettivamente condivise –: quali iniziative intenda adottare, in rapporto con il varato ordinamento sui corrispondenti ruoli paritetici delle altre forze di polizia dello Stato, al fine di rimuovere delle norme che risultano secondo l'interrogante vessatorie e lesive della dignità nonché dei principi giuridici del conseguimento di una disciplina omogenea per l'esigua consistenza degli ex marescialli capo e ordinari (ruolo esaurimento) della Guardia di finanza in organico al 10 settembre 1995, la cui posizione è stata iniquamente rideterminata per effetto degli articoli 65, 58 e 58-quater del decreto legislativo 2 maggio 1995, n. 199. (4-00849) § 16. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00729123 Testo presentato, in data Mercoledì 5 giugno 2013, seduta n. 29, da: CRISTIAN IANNUZZI e CANCELLERI. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: la legge 7 marzo 1996, n. 108, attribuisce al Ministro dell'economia e delle finanze la funzione di rilevare trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. I valori medi derivanti da tale rilevazione, corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento, sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale; i rilievi in questione sono classificati per categorie omogenee di operazioni, tenuto conto della natura, dell'oggetto, dell'importo, della durata, dei rischi e delle garanzie; fino al 31 123http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2190&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 312 dicembre 2012 gli intermediari finanziari che hanno effettuato le comunicazioni alla Banca d'Italia sono 197, mentre gli istituti bancari sono 32.881; il limite, di cui al terzo comma dell'articolo 644, oltre il quale gli interessi sono qualificati usurai, è dato dal tasso medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata nellaGazzetta Ufficiale, relativo alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali; nonostante i rilievi vengano effettuati da numerose banche ed intermediari finanziari e considerata anche l'estrema volatilità dei mercati in questo periodo di crisi, si rileva che per alcune categorie di operazioni sono stati rilevati i medesimi valori in relazione a più trimestri distanziati nel tempo; ad esempio nel 2005, per la categoria dei tassi variabili a distanza di due trimestri, si ripresentano gli stessi valori al centesimo (3,86); lo stesso dicasi nel 2007 per la categoria dei tassi fissi, dove il tasso rimane praticamente del 6,630 per ben due trimestri; in data 27 marzo 2013, il Ministero dello sviluppo economico ha inviato una nota al governatore della Banca d'Italia, professor Ignazio Visco, con la quale ha chiesto chiarimenti sulla stabilità del valore del tasso medio e sui controlli effettuati dalla Banca d'Italia in merito alle comunicazioni degli intermediari dei tassi medi ai fini della legge 7 marzo 1996, n. 108; nella suddetta nota si riteneva infatti quanto meno bizzarro, da un punto di vista matematico e statistico, che il tasso calcolato dalla Banca d'Italia sulla media di cinquanta comunicazioni, risulti identico al centesimo, nella stessa categoria di credito per più di due, tre trimestri consecutivi –: se il Ministro interrogato ritenga opportuno assumere iniziative per valutare, per quanto di competenza, la congruità e l'attendibilità dei tassi medi comunicati dalle banche e dagli intermediari. (4-00729) § 17. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00760124 Interrogazione a risposta scritta 4-00760 presentato da PISANO Girolamo testo di Giovedì 6 giugno 2013, seduta n. 30 124http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2221&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 313 PISANO e TOFALO. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: il decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 (S.O. n. 141 Gazzetta Ufficiale 6 luglio 2012 n. 156), recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario», dispone che «Nei confronti delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell'intero fatturato, si procede, alternativamente: a) allo scioglimento della società entro il 31 dicembre 2013; b) all'alienazione, con procedure di evidenza pubblica, delle partecipazioni detenute alla data di entrata in vigore del presente decreto entro il 30 giugno 2013 ed alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni, non rinnovabili, (3) a decorrere dal 1o gennaio 2014»; in conformità a tale disposizione, il comune di Salerno, sulla base della delibera di giunta n. 49 dell'8 marzo 2013, ha avviato, mediante avviso pubblico del 12 marzo 2013, la raccolta di manifestazioni di interesse da parte di soggetti pubblici e privati all'acquisto delle quote di capitale di società partecipate, elencandole per ragione o denominazione sociale, partita IVA, REA, capitale posseduto e oggetto sociale; tra le società ricomprese nell'avviso pubblico, le cui partecipazioni il Comune intende alienare, figura anche la «Centrale del Latte di Salerno Spa», azienda di produzione e commercializzazione di latte fresco e derivati, che, per difetto della qualità di ente strumentale del comune di Salerno, di oggetto sociale (cessioni di beni e non prestazioni di servizi) nonché di fatturato, non risulta destinataria passiva delle disposizioni portate dal decreto-legge n. 95 del 2012; l'inclusione della «Centrale del Latte di Salerno Spa» nell'avviso pubblico costituisce l'esito, incongruo e non motivato, di un processo decisionale sottratto alla competenza istituzionale del consiglio comunale in violazione dell'articolo 42, lettera e), decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL); la «Centrale del Latte di Salerno Spa», la sola ad aver ricevuto manifestazioni di interesse, è altresì l'unica società partecipata ad essere in attivo ed a rappresentare, in completa contrapposizione 314 rispetto a tutte le altre aziende partecipate – i cui bilanci espongono allarmanti situazioni finanziarie – una fonte continua di finanziamento per il comune di Salerno, così come dimostrato dalla annuale percezione di utili da parte dello stesso ente subregionale; il procuratore generale aggiunto presso la Corte dei conti, nel giudizio sul Rendiconto generale dello Stato (esercizio 2010) in data 28 giugno 2011 ha testualmente affermato che occorre sottoporre a severo scrutinio i rapporti «... tra le autonomie locali e gli organismi da esse partecipati, che possono nascondere situazioni debitorie o modalità di indebitamento in funzione del patto di stabilità, i cui effetti possono produrre squilibri di bilancio nascosti» –: se, a preminente tutela degli interessi pubblici nonché dei lavoratori della «Centrale del Latte di Salerno Spa», non intenda acquisire elementi di conoscenza con riferimento a quanto rappresentato in premessa, anche per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica, considerata la gravissima situazione di bilancio del comune di Salerno e della quasi totalità delle sue partecipate. (400760) § 18. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00155125 Interrogazione a risposta scritta 4-00155 presentato da RUOCCO Carla testo di Martedì 9 aprile 2013, seduta n. 8 RUOCCO. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: un'azienda italiana, specie se partecipata dallo Stato, non dovrebbe soltanto assolvere il dovere di produrre utili per gli azionisti, ma anche quello di garantire ai cittadini italiani ricadute positive sul piano economico, occupazionale o su quello dei servizi; appare per questo doveroso che si richieda una trasparente e completa rendicontazione non soltanto della situazione finanziaria di un'azienda partecipata, ma anche della strategia che essa intende attuare nei confronti del mercato, dei concorrenti e delle aziende da 125http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1236&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 315 essa controllate; a quanto risulta da un articolo dal titolo «La nuova strategia di Eads parte da Avio Spazio», pubblicato sito Formiche.net, «Dopo il tentativo, fallito, di fusione con il colosso dell'aerospazio britannico Bae Systems, il gruppo franco-tedesco Eads» studierebbe «un'offerta per Avio Spazio, società controllata al 14 per cento da Finmeccanica e all'81 per cento da Cinven», uno dei più importanti private equity d'Europa; Avio spa è oggi una società italiana, con sede a Rivalta Torinese (Torino), con una storia di più di 100 anni connessa per la gran parte col gruppo Fiat; Avio si colloca oggi, anche dopo la cessione delle attività aeronautiche a General Eletric nel dicembre scorso, tra i maggiori protagonisti mondiali nel campo della progettazione e produzione di componenti e moduli per la propulsione aerospaziale e da lavoro, nei suoi 10 stabilimenti, secondo quanto dichiarato nel suo sito a 5200 dipendenti dei quali 4500 circa sono italiani; secondo informazioni raccolte dal quotidiano Milano Finanza «altri potenziali compratori potrebbero essere le francesi Safran e Thales, ma pare che ormai sia proprio il colosso dell'aeronautica guidato da Tom Enders ad aver aperto ufficialmente il dossier Avio Spazio che potrebbe valere tra i 300 e i 400 milioni di euro. Finmeccanica avrebbe scelto come consulenti Bnp Paribas e Unicredit, mentre il private equity Cinven avrebbe optato per Rothscild»; secondo lo stesso articolo, Finmeccanica potrebbe ricavare dall'operazione tra i 40 e i 60 milioni di euro una cifra «considerata molto limitata se paragonato all'iniziale obiettivo di liquidità pari a 1 miliardo, previsto da questo tipo di cessione»; secondo gli esperti, Avio Space ha un valore strategico che potrebbe innescare, in caso di vendita, l'intervento del Fondo strategico italiano, il «braccio pubblico della Cassa Depositi e Prestiti», e rendere più complessa la cessione degli asset come già ipotizzato da un articolo de il Sole 24 Ore del 1o giugno 2012; appare quantomai necessario fare chiarezza sulle intenzioni del Governo, sia nell'ipotesi che quest'operazione serva a finanziare direttamente le sofferenze del gruppo Fiameccanica, operazione di cui è necessario vagliare l'opportunità, sia relativamente ai particolari di una possibile operazione di dismissione che rischia di avere ricadute occupazionali sul territorio italiano senza rilevanti benefici per le finanze pubbliche –: quale sia la posizione del Governo circa la possibile decisione della partecipata Finmeccanica Spa di dismettere Avio spa ad un'altra società e quali benefici si attenda dal punto di vista economico ed 316 occupazionale a fronte di tale strategia; se sia volontà del Fondo strategico italiano, holding posseduta per il 90 per cento dalla Cassa depositi e prestiti, rilevare Avio spa, quale sia il costo preventivabile per tale intervento, e quali siano i benefici derivanti da questa operazione per le casse dello Stato e per il mantenimento degli attuali livelli occupazionali. (4-00155) § 19. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01503126 Interrogazione a risposta scritta 4-01503 presentato da RUOCCO Carla testo di Martedì 30 luglio 2013, seduta n. 61 RUOCCO. —Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: il 7 giugno del 2013 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 132 la legge 6 giugno 2013, n. 64 recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali. Disposizioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria»; questo provvedimento era divenuto ormai indispensabile, non solo per l'intollerabile e crescente asimmetria che porta lo Stato a richiedere con inflessibile puntualità il saldo delle imposte mentre provvede al pagamento dei propri debiti in tempi del tutto incerti, ma anche per il l'entità insostenibile degli arretrati che ad oggi, anche al netto dei pagamenti previsti dalla legge 6 giugno 2013, n.64, non risulta ancora correttamente quantificata; secondo una stima della CGIA di Mestre, risalente al 13 luglio, sarebbe verosimile ritenere che i debiti della pubblica amministrazione italiana nei confronti delle imprese ammontino a circa 120 miliardi di euro, cifra di molto superiore rispetto ai dati forniti da Banca d'Italia nel marzo scorso, secondo i quali il debito della Pubblica amministrazione sarebbe pari a 91 miliardi di euro. 126http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4980&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 317 sempre secondo la CGIA questo spaventoso cumulo di debiti avrebbe contribuito in modo consistente al forte incremento nel numero dei fallimenti delle imprese vittime dei ritardi o dei mancati pagamenti da parte dei committenti pubblici e privati che con un aumento del 114 per cento, tra il 2008 ed il 2012, sarebbe più che raddoppiato; per questa ragione il decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, così come modificato dal Parlamento, andava incontro alle aspettative del Paese per rilanciare la crescita, attraverso una consistente iniezione di liquidità nel sistema, che contribuiva a sanare parzialmente una situazione debitoria verso le imprese che si era fatta, col tempo, intollerabile; tale speranza, a quanto emerge da preoccupanti notizie pervenute dagli organi di stampa, sembrerebbe tuttavia destinata ad essere frustrata; nella sopracitata legge viene disposto che entro il 5 luglio 2013, le pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto sul proprio sito internet l'elenco completo, per ordine cronologico di emissione della fattura o della richiesta equivalente di pagamento, dei debiti per i quali è stata effettuata comunicazione indicando l'importo e la data prevista di pagamento comunicata al creditore; tale era l'importanza della scadenza che viene previsto che la mancata pubblicazione è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi del decreto legislativo 165/2001; i dirigenti responsabili sono assoggettati altresì ad una sanzione pecuniaria pari a 100 euro per ogni giorno di ritardo nella certificazione del credito; secondo il Sole 24 Ore, tuttavia, al 5 luglio 2013 solo sei Ministeri di spesa, nove regioni e 10 capoluoghi di regione avrebbero pubblicato online l'elenco dettagliato delle fatture per le quali è stata comunicata ai creditori la data di pagamento prevista; più specificamente in quella data si sarebbero trovati in regola solo la metà dei venti comuni capoluogo di regione interessati; tra le regioni, invece, sarebbero in regola con i tempi soltanto Piemonte, Liguria, Toscana, Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna; tra i Ministeri di spesa, al 5 luglio, sviluppo economico, infrastrutture, salute, istruzione, politiche agricole erano quelli in regola con la comunicazione online che deve contenere codice identificativo della fattura, importo e data di pagamento comunicata al creditore; paradossale risulterebbe a questo proposito proprio l'assenza del Ministero dell'economia; inoltre, secondo il Corriere della Sera 318 dell'11 luglio 2013, l'Ance avrebbe citato «una circolare della Ragioneria generale dello Stato, secondo cui i crediti a valere sui cosiddetti residui passivi “perenti”, cioè le somme non spese in via di eliminazione dal bilancio pubblico, vanno pagati a un anno (un anno!) dalla presentazione dell'istanza»; secondo lo stesso articolo, la ragioneria, alle prese con le comunicazioni da inviare entro il 30 giugno alle imprese sulla data di pagamento prevista per gli arretrati, ha stabilito che «in caso di dubbio sulla data è meglio non effettuare alcuna comunicazione»; sebbene il Ministro dell'economia abbia comunicato il 22 luglio che sono già stati messi a disposizione delle amministrazioni 15,692 miliardi di euro su un totale di 20 miliardi, la stampa e le associazioni di categoria avrebbero più volte lasciato trasparire dubbi circa la capacità del complesso delle amministrazioni di rispettare le scadenze previste dal decreto –: se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se corrispondano al vero le notizie di stampa riportate in premessa circa i ritardi nella pubblicazione dei debiti della pubblica amministrazione e quale sia lo stato dell'attuazione delle misure previste dal decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali. Disposizioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria», come convertito dalla legge n. 64 del 6 giugno 2013. (4-01503) § 20. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01621127 Atto Camera Interrogazione a risposta scritta presentato da NUTI Riccardo testo di Mercoledì 7 agosto 2013, seduta n. 67 NUTI. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: 127http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5632&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 319 Equitalia s.p.a. è una società di capitali totalmente pubblica, sotto forma di società per azioni, i cui azionisti sono l'Agenzia delle entrate e l'INPS, preposta alla riscossione dei tributi sul territorio nazionale, ad esclusione della regione Sicilia; Riscossione Sicilia s.p.a. è una società di capitali totalmente pubblica, sotto forma di società per azioni, i cui azionisti sono la regione Sicilia e Equitalia s.p.a., preposta alla riscossione dei tributi sul territorio regionale della Sicilia; secondo quanto si apprende da un articolo di stampa comparso sul Il Fatto Quotidiano di venerdì 12 luglio 2013, Equitalia s.p.a. (e le sue controllate) e Riscossione Sicilia s.p.a. hanno complessivamente personale dipendente per quasi 9.000 unità. Nonostante questi numeri, Equitalia s.p.a. e Riscossione Sicilia s.p.a. impiegano più di 6.100 consulenti esterni, in maggioranza avvocati, e non valorizzano adeguatamente il personale dipendente interno iscritto all'ordine degli avvocati, che potrebbe potenzialmente sostituire almeno parzialmente i numerosi consulenti esterni; la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4283 del 21 febbraio 2013, ha affermato che il manager pubblico che affida un incarico ad un consulente esterno risponde di danni erariali se non dimostra che vi è una «impossibilità oggettiva [...] di far fronte all'esigenza richiesta con personale interno all'organizzazione (Sezioni Unite 25 gennaio 2006, n. 1376), la cui qualificazione professionale l'amministrazione ha infatti l'obbligo di verificare periodicamente ed incrementare»; i vari interventi normativi negli ultimi anni in materia di spending review (tra cui si cita a titolo esemplificativo la legge 7 agosto 2012, n. 135, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95) hanno limitato fortemente la discrezionalità della pubblica amministrazione di potersi avvalere di consulenze affidate a soggetti esterni; recentemente, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, Gianpiero D'Alia, commentando i dati sulle consulenze 2011 rese pubbliche il 17 giugno 2013, ha dichiarato che «le consulenze esterne nelle pubbliche amministrazioni sono decisamente troppe e ingiustificate [...] se pensiamo alle tante grandi professionalità già presenti nelle strutture pubbliche in grado di svolgere perfettamente quegli incarichi. Stiamo monitorando attentamente la situazione per capire in che modo intervenire per contenere il fenomeno. [...] Serve un giro di vite, con strumenti nuovi per combattere sperperi e cattive abitudini» –: 320 se il Ministro non ritenga necessario verificare la gestione delle consulenze esterne di Equitalia s.p.a. e Riscossione Sicilia s.p.a. e la loro conformità alla legge vigente e alla giurisprudenza in materia; se non ritenga opportuno adottare iniziative al fine di ridurre il numero dei consulenti esterni in favore di una maggiore valorizzazione del personale dipendente, ovvero se non ritenga opportuno, ai fini della riduzione della spesa per il personale e per evitare una eventuale gestione clientelare delle consulenze esterne, esclusivamente nel caso in cui il personale interno sia insufficiente e non abbia le adeguate competenze e la necessaria formazione, adottare provvedimenti volti ad assumere un esiguo numero di avvocati, tramite bando pubblico informato ai principi di trasparenza, in sostituzione delle consulenze esterne. § 21. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01838 128 Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01838 presentato da VILLAROSA Alessio Mattia testo di Martedì 17 settembre 2013, seduta n. 78 VILLAROSA, D'UVA, LUPO, CANCELLERI, RIZZO, NUTI, DI VITA, GRILLO, MARZANA, LOREFICE, CURRÒ, DI BENEDETTO e MANNINO. Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: l'articolo 36 dello statuto della regione siciliana dispone che: «Al fabbisogno finanziario della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione e a mezzo di tributi, deliberati dalla medesima. Sono però riservate allo Stato le imposte di produzione e le entrate dei tabacchi e del lotto»; l'articolo 37 dello statuto della regione siciliana dispone che: «Per le imprese industriali e commerciali, che hanno la sede centrale fuori del territorio della regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti, 128http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6646&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 321 nell'accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi. L'imposta, relativa a detta quota, compete alla regione ed è riscossa dagli organi di riscossione della medesima»; l'articolo 38 dello statuto della regione siciliana dispone che: «Lo Stato verserà annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nell'esecuzione di lavori pubblici. Questa somma tenderà a bilanciare il minore ammontare dei redditi da lavoro nella Regione in confronto della media nazionale. Si procederà ad una revisione quinquennale della detta assegnazione con riferimento alle variazioni dei dati assunti per il precedente computo»; lo Stato non ha mai consentito che la regione istituisse propri tributi, sostitutivi di quelli erariali come la lettera e lo spirito dell'articolo 36 prevedono, ma ha consentito che, in cambio, la regione introitasse il gettito delle principali imposte dirette e indirette riscosse nell'isola, dapprima come disposizione provvisoria e poi, dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965, a tempo indeterminato; lo Stato, a tale titolo, ogni anno ha sempre trasferito le risorse relative al disposto dell'articolo 36, come parzialmente applicato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965, alla regione siciliana, senza mai fornire una documentazione analitica sulle risorse effettivamente incassate dallo Stato in Sicilia e senza mai quadrare questo gettito con quello derivante dalla somma dei gettiti delle dichiarazioni fiscali dei soggetti passivi residenti in Sicilia oltre alla sommatoria dei gettiti dei redditi ed altri presupposti d'imposta soggetti a tassazione sostitutiva; il disposto dell'articolo 37 è evidentemente connesso a quello dell'articolo precedente, stante il fatto che, potendo in teoria la regione disporre un ordinamento tributario parzialmente distinto da quello vigente nel resto del territorio nazionale, è conseguente che a tale ordinamento e a tale tassazione siano assorbiti i presupposti d'imposta che si manifestano nel suo territorio a prescindere dal luogo in cui ha domicilio fiscale il soggetto passivo, e manifestamente ed espressamente i redditi d'impresa conseguiti dalle società che, più di altri, sono soggetti a differenze sensibili tra luogo di maturazione e luogo di riscossione; la regione siciliana non ha ancora ottenuto la riscossione delle imposte di cui all'articolo 37 dello statuto speciale della regione stessa, nonostante un'espressa previsione del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965, restato lettera morta, e nonostante il decreto legislativo n. 241 322 del 2005, anch'esso restato inattuato; la regione siciliana, a fronte del maggior gettito derivante dall'introito di tutte le imposte riscosse nel suo territorio, ivi comprese le entrate doganali, e derivante dall'introito delle imposte maturate nel suo territorio ancorché il domicilio fiscale del soggetto passivo sia posto altrove, dovrebbe farsi carico, ai sensi dell'articolo 20, primo comma, di tutte le funzioni «proprie», ovvero di tutte quelle funzioni sulle quali l'assemblea regionale, anche per effetto delle norme comuni disposte dalla riforma costituzionale derivante dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, vanta potestà legislativa concorrente o esclusiva, fatta salva l'eventuale perequazione di cui all'articolo 119 della Costituzione per le regioni a minore capacità contributiva; la regione siciliana, altresì, dovrebbe farsi carico, questa volta ai sensi del secondo comma dell'articolo 20, di tutte le funzioni statali «delegate», ovvero delle restanti funzioni pubbliche, con la sola esclusione implicita di quelle che attengono alla personalità giuridica di diritto internazionale (esteri e difesa) dell'Italia, e che, a tale titolo, lo Stato già trattiene le entrate di cui al secondo comma dell'articolo 36, e pertanto, anche su tali entrate, lo Stato dovrebbe garantire alla regione una adeguata compartecipazione, ai sensi dell'articolo 119, che consenta a quest'ultima di potersi far carico anche di queste funzioni; la regione, ai sensi dell'articolo 38 dello Statuto, affida la perequazione infrastrutturale con il resto del Paese ad un unico trasferimento in conto capitale, il cosiddetto fondo di solidarietà nazionale, che nel tempo è stato sostanzialmente azzerato, perdendo ogni propria funzionalità, ed è stato affidato alla mera discrezionalità dello Stato nella determinazione del suo gettito, ignorando quanto espressamente previsto nel dettato letterale dell'articolo 38 medesimo; per poter effettuare uno studio volto a valutare l'effettivo gettito che deriverebbe alle finanze regionali siciliane da una piena attuazione dello statuto speciale in tutti i suoi articoli aventi effetti finanziari, con la sola esclusione di quelli relativi al demanio e al patrimonio regionale (articoli 32, 33 e 34) per i quali servirebbe apposito e distinto studio è necessario acquisire alcuni dati –: se il Ministro interrogato disponga e intenda fornire, con riferimento al triennio 2009/2010/2011, e distintamente per ogni anno, i seguenti dati: a) volume dei redditi imponibili prodotti e delle imposte dirette realizzate, relativi ai redditi di lavoro dipendente ed assimilati, di 323 persone fisiche residenti nella regione, come da modelli 770 presentati da sostituti di imposta (anche non residenti nell'isola) relative a percipienti residenti in Sicilia, intendendo per gettito quello IRPEF, comprese le addizionali regionali e comunali, e quello delle imposte sostitutive; b) volume delle basi imponibili e delle imposte nette dovute, relativi ad imprese e ad esercizi di arti e professioni, per imposte dirette sul reddito, comunque denominate, ivi comprese addizionali e imposte sostitutive, nonché per imposte sul valore aggiunto da parte di residenti in Sicilia, come dai relativi modelli «Unico» sia di persone fisiche (UNICO PF), sia di società di persone (UNICO SP), sia di società di capitali (UNICO SC), sia di enti non commerciali (UNICO ENC), comunicando in questo ambito i redditi e le relative imposte dovute a seguito di adeguamento da studi di settore; c) dati dei volumi della base imponibile da DICHIARAZIONE IRAP e dell'imposta IRAP di riferimento del triennio (ANNO DI IMPOSTA) 2009/2010/2011 riferite esclusivamente alla regione 16 (SICILIA), da reddito di impresa, arti e professioni dichiarati da persone fisiche, società di persone, società di capitali ed enti non commerciali la cui sede è situata fuori dal territorio della regione Sicilia ed inoltre anche nel caso in cui abbiano sede e/o residenza in Sicilia; d) dati dei volumi della base imponibile e delle imposte nette dovute, comunque denominate, ivi comprese addizionali ed imposte sostitutive, rilevate in UNICO PF, UNICO SP, UNICO SC, UNICO ENC del triennio (ANNO DI IMPOSTA) 2009/2010/2011 relative all'esercizio di attività di impresa, arte e/o professione di cui al punto c), dichiarati da persone fisiche, società di persone, società di capitali ed enti non commerciali la cui sede è situata fuori dal territorio della regione Sicilia; e) importi di tutte le accise pagate, distinte per anno, tipo e codice di tributo, da soggetti passivi residenti in Sicilia, con la sola esclusione delle accise sui tabacchi; f) imposte dovute da controlli ex articoli 36-bis e 36-ter (anche se inerenti a periodi di imposta precedenti al triennio richiesto) riferite ai soggetti contribuenti, persone fisiche e non, con residenza nel territorio siciliano; g) maggiori imposte accertate da verifiche e/o controlli già liquidati poiché conclusi e/o «transati», per il triennio 2009/2010/2011, 324 ancorché relative ad anni di imposta differenti relativi riferite ai soggetti contribuenti, persone fisiche e non, con residenza nel territorio siciliano; h) maggiori imposte accertate ma non riscosse (ancorché iscritte a ruolo), in quanto oggetto di contenzioso relative anche ad anni precedenti, relative a verifiche ed accertamenti effettuati nel triennio 2009/2010/2011 riferite ai soggetti contribuenti, persone fisiche e non, con residenza nel territorio siciliano; i) imposta di registro su atti pubblici e/o privati, pagati da soggetti (persone fisiche e non), residenti nella regione siciliana; l) sempre del triennio di riferimento 2009/2010/2011, i dati dei beni e servizi consumati in Sicilia comparati con il volume del totale nazionale; m) ammontare delle entrate doganali di ogni tipo riferite alla regione Sicilia; n) spese e trasferimenti correnti dello Stato, con riferimento alla Sicilia, regionalizzate per categoria di spesa, con separata indicazione dei tributi devoluti ai sensi dell'articolo 36 dello statuto della regione siciliana; o) comparazione tra il reddito pro capite da lavoro (dipendente e autonomo) siciliano rispetto alla media nazionale e totale del gettito IRPEF su reddito da lavoro dipendente e autonomo percepito da residenti in Sicilia, dovunque abbia sede il sostituto d'imposta, come da documenti di cui al punto a). § 22. Interrogazione a risposta scritta nr. 129 Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01934 presentato da SPESSOTTO Arianna testo di Martedì 24 settembre 2013, seduta n. 83 SPESSOTTO, TOFALO, SEGONI, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, TERZONI e PARENTELA. 129http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6963&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 325 Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: la guardia di finanza sta sperimentando, nei reparti del Triveneto, un nuovo sistema informativo denominato «NSI-SAP», della società SAP Italia spa; l'iniziativa dovrebbe essere volta a gestire, in via informatica e centralizzata, la produzione di documenti relativi al funzionamento dell'organizzazione e le informazioni sugli impieghi, sulla produzione e sulla qualità; in realtà questa piattaforma informatica, a seguito dell'uso sperimentato da parte degli stessi militari appartenenti ai reparti delle regioni interessate, ha evidenziato una serie di lacune e problematiche relative al suo utilizzo, che ne determinano l'eccessiva rigidità strutturale nonché la completa inadeguatezza alle esigenze del Corpo; in particolare, diversi finanzieri coinvolti nelle rilevazioni hanno lamentato, sia al Comando generale che alla ditta fornitrice del software, come il sistema assorba molto più tempo e molti più militari di quelli necessari con le attuali procedure. L'applicativo è stato infatti progettato per funzionare attraverso i «badge» ma, dal momento che si ritiene che i cartellini segnatempo non siano applicabili ad un organismo di polizia, per la guardia di finanza viene impiegata una maschera a formazione manuale molto più pesante e costosa in termini di rilevazione ed inserimento; il risultato è che la versione in via di sperimentazione sembra richiedere l'impiego di un numero elevato di «militari tornello», addirittura in proporzione di uno a cinquanta, incaricati di inserire, per tutto il giorno, uno ad uno, gli orari svolti e le informazioni relative a ogni singolo collega. Una procedura, quindi, non soltanto molto costosa, ma anche altamente alienante per il personale coinvolto; i militari della guardia di finanza hanno anche sottolineato l'assoluta contro-intuitività dell'interfaccia di sistema, ormai vecchia, che ne complica notevolmente l'utilizzo, nonché la dilatazione dei tempi durante le operazioni di data entry, rispetto ai sistemi attualmente utilizzati; il sistema appare inoltre molto disarticolato, dal momento che la procedura di inserimento ed implementazione dei dati risulta priva di una visione d'insieme ed altamente insicura, dal momento che permette di visionare sia le informazioni che le rendicontazioni riferibili ad altri reparti; la piattaforma NSI-SAP era già in uso ad altri forze militari che l'hanno abbandonata poiché risultata non aderente alle esigenze operative di un Corpo militare; è attualmente in uso presso la guardia di finanza, il sistema Ge. Serv., 326 autoprodotto e sviluppato in proprio dallo stesso personale interno della guardia di finanza di Trieste; questo sistema, utilizzato da oltre tredici anni da tutti i militari del Corpo e dallo stesso Comando Generale, risponde pienamente, sotto il profilo qualitativo, alle esigenze di velocità ed interazione e può essere opportunamente modificato adattando la piattaforma stessa ad eventuali esigenze future, attraverso l'uso di risorse interne; inoltre, a differenza della piattaforma NSI SAP, il sistema Ge. Serv. risulta praticamente privo di costi di gestione e di qualsiasi onere di acquisto e essendo già da anni in uso presso la guardia di finanza, non richiede una formazione specifica da parte del personale per il suo corretto utilizzo –: se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e degli oneri conseguenti all'introduzione e all'adattamento del nuovo sistema informativo NSI-SAP; per quale motivo si sia proceduto all'acquisto per la guardia di finanza dell'applicativo NSI-SAP, sistema creato per una struttura privata e nativamente progettato per funzionare con i badge e si ritenga che i cartellini segnatempo non siano applicabili ad un organismo di polizia; se non ritenga opportuno prendere in debita considerazione le lettere di lamentela inviate dai militari che stanno sperimentando il nuovo applicativo, essendo il sistema NSI SAP un «cluster pilota» ancora in fase di sperimentazione nei Comandi del Triveneto; come si giustifichino i costi cui la guardia di finanza dovrà far fronte per acquisire, attraverso l'impiego di soldi pubblici, una nuova piattaforma informatica, rivelatasi lenta, antiquata e di difficile utilizzo, nonché altamente onerosa data la previa esistenza del Ge.Serv, un sistema informativo perfettamente funzionante, molto più veloce, molto più facile, molto più moderno e già sperimentato dai militari del Corpo; se non ritenga pertanto possibile implementare la piattaforma attualmente in uso presso la guardia di finanza, abbattendo in tal modo i costi di acquisto e gestione della piattaforma NSI-SAP, prodotto ancora alla sua fase iniziale di sviluppo e che richiederà ancora un lungo periodo di adattamento e sperimentazione, oltre ad un impegno maggiore per svolgere le stesse funzioni di un programma già in funzione; se intenda altresì attuare meccanismi di controllo per verificare la reale necessità da parte della guardia di finanza di acquistare un nuovo sistema informativo che si è rivelato inefficiente, obsoleto ed inutile, ciò per sostituire un prodotto, il Ge.Serv., perfettamente funzionante, apprezzato da tutti gli 327 appartenenti al Corpo e soprattutto privo di oneri di acquisto e di gestione. 328 Capitolo 7 Al Ministero dello Sviluppo Economico premesso che …....... per sapere se ………. § 1. Breve sommario In questo capitolo, sono raccolti solo 21 atti di sindacato ispettivo (interrogazioni a risposta scritta, question time in aula, interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che pongono domande e quesiti al Ministro degli Esteri. Molti di questi – alla data di pubblicazione della presente raccolta – non hanno ancora risposta. § 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/01841130 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01841, presentato da ARTINI Massimo, testo di Martedì 17 settembre 2013, seduta n. 78: ARTINI e SEGONI. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: lo stabilimento Pirelli è presente a Figline Valdarno dagli anni ’60 e produce cordicelle metalliche per pneumatici, con quasi 400 lavoratori; il settore cordicella metallica («Steel Cord») del Gruppo Pirelli ha il centro direzionale a Figline Valdarno e la produzione suddivisa in cinque stabilimenti fra Italia, Turchia, Germania, Brasile e Romania (lo stabilimento più recente); la cordicella metallica viene venduta anche ad importanti concorrenti come Goodyear e Continental; la Pirelli rappresenta storicamente il volano dell'economia Valdarnese e uno degli stabilimenti produttivi più 130http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6649&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 329 importanti della provincia di Firenze; nel 2010 è stata aperta una procedura di mobilità per 44 addetti, poi modificata per 38 lavoratori, con priorità per i dipendenti pensionabili; a metà maggio 2013 la direzione Pirelli ha comunicato alle organizzazioni sindacali che la produzione di steelcord non rientra più nei piani aziendali, annunciando la ricerca di nuovi partner commerciali e produttivi; da notizie di stampa estera emerge come sia in atto una trattativa con l'azienda sud-coreana Hyosung, interessata (a rilevare proprio) alla divisione dei materiali di rinforzo, Pirelli Steel Cord; secondo fonti sindacali, ci sarebbero altri tre interessamenti da parte di concorrenti europei e di fondi di investimento; il tavolo aperto in regione Toscana ha dato «esiti negativi» come ha sottolineato l'assessore regionale alle attività produttive Gianfranco Simoncini; la provincia di Firenze ha annunciato a giugno che «si attiverà congiuntamente alla Regione e al Comune di Figline per la creazione di un Tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico e per monitorare gli sviluppi in merito al futuro dello stabilimento di Figline e dei 390 lavoratori impiegati nel sito» –: se sia stato attivato un tavolo di trattativa presso il Ministero e con quali risultati; se siano stati incontrati i vertici aziendali, le organizzazioni sindacali e i rappresentanti istituzionali del territorio; se risultino veritiere le notizie riportate dalla stampa in merito ad una trattativa in atto con Hyosung; se risultino veritieri gli altri tre interessamenti, che riguarderebbero anche realtà concorrenti europee; quali azioni intenda intraprendere per la salvaguardia dello stabilimento produttivo di Figline Valdarno e degli attuali livelli occupazionali. (4-01841) § 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/01840131 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01840, presentato da ARTINI Massimo, testo di Martedì 17 settembre 2013, seduta n. 78132: 131http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6649&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 132 ... presentata anche a: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 330 ARTINI e SEGONI. Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che: Gruppo Alimentare in Toscana spa è nato nel 2005 dalla fusione del Salumificio Bechelli spa e di AmiataSalumi srl, due storiche aziende nel panorama toscano; Grandi Salumifici Italiani (GSI), gruppo di Modena leader nella produzione e vendita di prodotti tipici della tradizione gastronomica italiana, nel 2009 è entrato come socio di maggioranza al 60 per cento nel Gruppo Alimentare in Toscana (GAIT), che ha sede a Ruota al Mandò, nel comune di Reggello (Firenze); Gruppo Alimentare in Toscana è un'azienda conosciuta in tutta Italia e una delle realtà produttive toscane più importanti nel settore agroalimentare. Produce nei due stabilimenti di Reggello e di Fornacina (Santa Fiora sull'Amiata); a fine giugno 2013 Grandi Salumifici Italiani ha presentato alle organizzazioni sindacali il piano industriale 2013-15. Secondo quanto riferito dai sindacati il piano prevedrebbe tra i 5 e i 6 milioni di euro di investimenti sullo stabilimento di Reggello entro il 2014, con la produzione che rimarrebbe articolata sempre su quattro linee; GSI avrebbe contestualmente previsto entro il 2014 l'esubero di 90 dei 252 dipendenti, che attualmente lavorano a Reggello; una trentina dei 252 lavoratori di Reggello sono attualmente interessati da contratti di solidarietà e lavorano a rotazione; allo stesso tempo GSI ha previsto di trasferire i volumi prodotti nello stabilimento di Fornacina nello stabilimento di Bagnore, con i lavoratori che verrebbero riassorbiti nel nuovo sito produttivo –: se i Ministri interrogati siano stati informati della vertenza in atto; se le notizie riportate in premessa corrispondano a verità; se piani industriali analoghi siano stati presentati da GSI negli altri stabilimenti presenti in Italia; se sia stata chiesta dalle organizzazioni sindacali e/o dalla regione l'attivazione di un tavolo ministeriale per la vertenza del Gruppo Alimentare in Toscana e, in caso di risposta negativa, se il Ministro dello sviluppo economico non ne reputi necessaria l'attivazione; quali azioni intendano intraprendere i Ministri a salvaguardia degli attuali livelli occupazionali e per scongiurare l'ennesimo dramma sociale nella provincia di Firenze. (4-01840) 331 § 4. Interrogazione a risposta scritta nr 4-01974133 Interrogazione a risposta scritta 4-01974, presentato da Ciprini Tiziana, testo di Giovedi’ 26 settembre 2013, seduta n. 85 CIPRINI, TERZONI, GALLINELLA, TRIPIEDI, COMINARDI, ROSTELLATO, BECHIS e BALDASSARRE. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere–premesso che: il 27 dicembre 2011 la Antonio Merloni spa in amministrazione straordinaria, in persona dei commissari straordinari, ha ceduto con effetto dal 1° gennaio 2012, alla J.P. Industries il ramo di azienda destinato allo svolgimento dell'attività di design, produzione e commercializzazione di elettrodomestici; con il suddetto atto la J.P. Industries Spa acquisiva al prezzo di 10 milioni di euro la proprietà degli stabilimenti della Merloni e subentrava nei contratti di lavoro con 700 dipendenti in forza presso la società cedente, impegnandosi al mantenimento dell'effettivo livello occupazionale, della prosecuzione dell'attività delle banche MPS Gestione Crediti Banca Spa, Unicrediti Credit Management Bank spa, Banca delle Marche, Banca Popolare di Ancona, Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana, Banca CR di Firenze e Banca dell'Adriatico, creditori ipotecari ammessi allo stato passivo, unitamente al Comitato Metalmeccanici Umbri, hanno chiesto ed ottenuto dal tribunale di Ancona la nullità dell'atto di cessione del 27 dicembre 2011 nonché del contratto preliminare di trasferimento di azienda, rilevando la macroscopica violazione dei criteri legali di determinazione del prezzo del complesso aziendale che ha determinato una sottovalutazione dei cespiti patrimoniali componenti l'attivo che ha condotto a determinare il prezzo di cessione di un'intera azienda in 10 milioni di euro, pur in presenza di un compendio immobiliare gravato da un debito ipotecario di oltre 130 milioni di euro; il Comitato operaio Metalmeccanici Umbri ha lamentato altresì il mancato rispetto dell'impegno assunto al mantenimento dei posti di lavoro e all'effettiva prosecuzione dell'attività lavorativa; 133http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.asp?highLight=0&idAtt o=7188&stile=8 332 il collegio giudicante del tribunale di Ancona – con sentenza depositata il 20 settembre 2013 – ha accolto le richieste delle banche stabilendo che «deve ritenersi dimostrato che l'Antonio Merloni Spa alla data di presentazione del piano e della stipula del contratto di cessione rispondeva ai requisiti di un'impresa sostanzialmente e non solo formalmente in esercizio, ciò in ragione dei volumi dei ricavi, degli ordini evasi, delle ore di lavoro effettivamente svolte, del numero dei dipendenti effettivamente impiegati nel ciclo produttivo, dei contratti conclusi;» (pagina 19 della sentenza) e che «deve ritenersi riscontrato ed accertato che il valore dei beni alienati è stato sottostimato, in ragione di una non corretta applicazione dei criteri normativi di determinazione del prezzo, addivenendo alla determinazione di un prezzo di cessione pari a un quinto del reale valore di stima. A fronte di un valore dell'azienda già prudenzialmente indicato in 54 milioni di euro, la cessione è avvenuta al prezzo di 10 milioni di euro, così che il valore di cessione si trova in un rapporto di 1 a 5,4 rispetto al valore di stima.» (pagina 20); l'azienda è stata venduta al prezzo di 10 milioni di euro, era stata stimata dal professor Laghi – a seguito dell'incarico conferito dai commissari straordinari ex articolo 62, terzo comma, decreto legislativo n. 270 del 1999, in euro 12.257.940,00, considerando un badwill (il valore della redditività negativa) con riferimento ad un periodo di quattro anni anziché con riferimento all'epoca della stima ed al biennio successivo al pari di quanto disposto dalla legge con l'articolo 63, primo comma, del decreto legislativo n. 270 del 1999; infatti il consulente nominato dal tribunale professor Mandrioli ha stimato il valore economico del complesso aziendale, oggetto del contratto di trasferimento, in complessivi euro 54.306.000, tenendo correttamente conto del badwill rapportato al periodo del biennio in conformità alla legge; in buona sostanza la cessione intrapresa dai commissari straordinari è avvenuta al prezzo di 10 milioni di euro, il tutto a fronte di un valore stimato dal consulente tecnico d'ufficio professor Mandrioli in 54 milioni di euro, ove fosse stato correttamente applicato il criterio normativo del badwill a due anni; il tribunale afferma che «La determinazione del valore, considerando una correzione reddituale a quattro anni, a scapito dei diritti dei creditori in palese violazione delle disposizioni che disciplinano la vendita dell'azienda in esercizio di cui all'articolo n. 63 decreto legislativo n. 270 del 1999, realizza un'ipotesi di nullità del contratto per violazione di 333 legge» (pagina 27); infine, il collegio conclude che «La pubblica amministrazione non poteva autorizzare la vendita di un complesso aziendale in ragione di un prezzo determinato applicando un badwill calcolato su di un periodo temporale di quattro anni, in violazione di una precisa disposizione di legge che lo delimita al biennio successivo, con il conseguente effetto di determinare il prezzo di cessione ad un valore rappresentativo un quinto di quello corrente ove fosse stata correttamente applicata la percentuale di sconto, con evidente danno per i creditori che hanno visto azzerata la garanzia patrimoniale del debitore e preclusa ogni possibilità di vedere soddisfatto il credito» (pagina 32); in pendenza della suddetta controversia giudiziaria e in previsione di un eventuale accoglimento della dichiarazione di nullità, in data 12 giugno 2013 veniva presentata una interrogazione a risposta scritta (4/00822) con la quale si chiedeva al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al Ministro dello sviluppo economico, tra l'altro, quali misure urgenti «intendessero assumere per promuovere il dialogo con la proprietà allo scopo di predisporre un piano industriale efficace per salvaguardare la produzione e i livelli occupazionali, anche nell'ipotesi in cui si dovesse pervenire all'annullamento della cessione per effetto dell'accoglimento dell'impugnativa pendente innanzi al tribunale di Ancona; con successiva interrogazione a risposta immediata in XI Commissione lavoro (5/00857) l'interrogante sollecitava il Ministero del lavoro e delle politiche sociali su «quali iniziative e/o misure intenda assumere al fine di salvaguardare la produzione e i livelli occupazionali in vista della scadenza della cassa integrazione guadagni straordinaria in capo ai lavoratori non assunti anche in considerazione della gravità della situazione oggetto di esame dell'autorità giudiziaria»; con entrambe le interrogazioni parlamentari si rappresentava, inoltre, il progressivo «depauperamento» delle lavorazioni e «smantellamento» e «trasferimento» dei macchinari dei reparti di stampaggio plastica in altri siti (Turchia) con conseguente drastica riduzione dell'attività lavorativa, nonostante la pendenza del ricorso delle banche creditrici; il Sottosegretario di Stato delegato a rispondere intervenuto in XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) il 7 agosto 2013, si limitava ad elencare una serie di iniziative, interventi e proposte volti alla ricollocazione dei lavoratori ma senza nulla precisare in merito all'adozione di eventuali misure di precauzione a salvaguardia dell'occupazione e della produzione volte a 334 fronteggiare le conseguenze economiche e sociali nel caso di accoglimento della prospettata nullità della cessione alla J.P. Industries; oggi la nullità dell'atto di cessione del complesso aziendale – per effetto della sentenza del tribunale – ha aggravato il quadro di incertezza e precarietà; rimane fortissima la preoccupazione delle sorti degli stabilimenti e la prospettiva del rilancio dell'attività industriale nell'area umbro marchigiana appare lontana anche a causa della mancata adozione – a suo tempo – di misure precauzionali idonee a scongiurare le ricadute economiche e sociali derivanti dalla sopravvenuta nullità dell'atto di cessione del complesso aziendale ex Merloni; tuttavia, si rende necessaria una forte azione di rilancio del territorio e della produzione anche in considerazione delle risorse economiche messe a disposizione dallo Stato e, se del caso, con la ricerca di nuovi investitori –: quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare per promuovere un piano industriale efficace – anche sollecitando l'intervento di nuovi investitori – per il rilancio dell'area industriale umbro marchigiana, salvaguardare la prosecuzione dell'attività produttiva e l'occupazione e scongiurare le pesanti ricadute economiche e sociali sul territorio derivanti dalla sopravvenuta nullità dell'atto di cessione aziendale; se sia intenzione del Ministro procedere ad una indagine e/o verifica dell'operato dei commissari e dell'operazione di cessione del 27 dicembre 2011 intrapresa dai commissari straordinari della Merloni spa in amministrazione straordinaria con la J.P. Industries, valutare profili di responsabilità professionale in capo agli stessi e, se del caso, provvedere alla revoca dell'incarico loro conferito; se risulti per quale motivo il Governo – a suo tempo – non abbia ritenuto opportuno assumere iniziative a tutela della produzione degli stabilimenti e dell'occupazione accettando il rischio di pesanti ricadute economiche e sociali poi concretizzatesi per effetto della intervenuta sentenza di nullità della cessione aziendale; per quale motivo il Governo non abbia ritenuto opportuno adottare iniziative e/o controlli sulla corretta esecuzione del contratto di cessione a fronte di uno «smantellamento» dei beni aziendali, mobili e immobili, venduti dalla J.P. Industries ad altri siti, nonostante la pendenza del ricorso innanzi alla autorità giudiziaria. (4-01974) 335 § 5. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01801134 Interrogazione a risposta scritta 4-01801 presentato da CIPRINI Tiziana testo di Giovedì 12 settembre 2013, seduta n. 76 CIPRINI e GALLINELLA. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: ha suscitato preoccupazione e un certo allarme la notizia recentemente anticipata da fonti giornalistiche locali, secondo la quale nello stabilimento «storico» di San Sisto (Perugia) si stanno producendo i famosi e noti cioccolatini «Baci» destinati al mercato francese senza lo storico marchio «Perugina» e senza qualsiasi riferimento allo stabilimento di San Sisto di Perugia. Infatti, secondo quanto riferito, sulle confezioni non viene neppure riportato come luogo di produzione Perugia, ma viene riportata solamente la dicitura «importati da Nestlé»; la commercializzazione dei «Baci», divenuti famosi in tutto il mondo con la denominazione e l'appellativo di «Baci Perugina» in omaggio alla città di Perugia alla quale i «Baci» sono indissolubilmente legati, avviene in Francia con il marchio Lanvin in forza di un accordo con Nestlé Francia; la notizia ha destato legittimo stupore poiché parrebbe che a fronte della nuova commessa per la vendita e la distribuzione dei «Baci» in Francia, nessuna informazione precisa ha riguardato la modifica del marchio «Perugina» – sostituito dal suddetto marchio «Lanvin» – sui cioccolatini «Baci», prodotti nello stabilimento di San Sisto di Perugia che è stato interessato nel recente passato da periodi di cassa integrazione ordinaria e dalla stipula di cosiddetti contratti di solidarietà difensiva; la Nestlé si è affrettata a chiarire che lo stabilimento Perugina di San Sisto ha avviato la produzione in esclusiva per la consociata Nestlé Francia, che venderà i Baci o più precisamente i cosiddetti «Bacetti» a marchio Lanvin – a detta della Nestlé – noto brand di pasticceria di alto livello; tuttavia tale scelta appare difficilmente comprensibile atteso che i «Baci Perugina» costituiscono marchio strategico conosciuto ed affermato in tutto il mondo; tale scelta commerciale è fonte di preoccupazione per la 134http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6534&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 336 cittadinanza con riguardo alla difesa della specificità della produzione del cioccolato «Baci Perugina» nello stabilimento perugino di San Sisto nonché del marchio «Perugina» che rappresenta la storia della città nonché il made in Italy nel settore della produzione del cioccolato in tutto il mondo –: se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta; quali iniziative di competenza – anche di tipo normativo – intenda adottare il Governo per tutelare e preservare il prestigio e la specificità di marchi (come «Baci Perugina») e di produzioni commerciali italiane che hanno segnato la peculiarità e il successo del made in Italy. (401801) § 6. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01300135 Interrogazione a risposta scritta 4-01300 presentato da CIPRINI Tiziana testo di Mercoledì 17 luglio 2013, seduta n. 55 CIPRINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che: la recente legge n. 4 del 2013 disciplina le professioni non organizzate in ordini o collegi; accanto alle professioni «ordinistiche» (o «protette») si sono sviluppate, anche nel nostro Paese e con intensità crescente nel corso degli ultimi anni, numerose professioni che non hanno ottenuto il riconoscimento legislativo e che nella quasi totalità dei casi hanno dato vita ad autonome associazioni professionali rappresentative di tipo privatistico; tra le professioni non regolamentate rientra senz'altro quella degli archeologi; la legge n. 4 del 2013 presenta tuttavia dei punti poco chiari che sono fonte di preoccupazione per alcune associazioni professionali in particolare per la Associazione nazionale archeologi; l'articolo 1, comma 2, della predetta legge prevede che «Ai fini della presente legge, per professione non organizzata in ordini o collegi, di seguito denominata professione, si intende l'attività economica, anche 135http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4059&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 337 organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo, con esclusione delle attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell'articolo 2229 del codice civile, delle professioni sanitarie e delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da specifiche normative; l'articolo 95, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ha previsto l'istituzione presso il Ministero per i beni e le attività culturali di un apposito elenco degli istituti e dei dipartimenti archeologici universitari nonché dei soggetti in possesso della necessaria qualificazione per lo svolgimento delle attività di indagine archeologica preliminare (cosiddetta «Verifica preventiva dell'interesse archeologico di aree ed immobili»); l'aspetto innovativo della suddetta disciplina normativa è dato dall'anticipazione delle indagini archeologiche preventive, volte a evidenziare la potenzialità archeologica dell'area oggetto di intervento, alla fase di progettazione preliminare invece che a quella esecutiva; tra i soggetti abilitati a svolgere le indagini la legge individua i «dipartimenti archeologici delle università» e i «soggetti in possesso di diploma di laurea e specializzazione in archeologia o di dottorato di ricerca in archeologia», specificando al comma 2 che l'elenco di tali soggetti è tenuto presso la direzione generale del Ministero per i beni e le attività culturali»; l'elenco è tenuto dalla direzione generale per i beni archeologici e il decreto del Ministero per i beni e le attività culturali n. 60 del 2009 ha stabilito caratteristiche e requisiti dell'istituzione di tale elenco. In particolare ha inserito nell'elenco dei soggetti qualificati alle indagini archeologiche «i soggetti in possesso del diploma di laurea e del diploma di specializzazione in archeologia o di dottorato di ricerca in archeologia»; la Circolare ministeriale n. 10 del 15 giugno 2012 chiarisce che l'unico elenco valido a norma di legge a raccogliere i nomi dei soggetti abilitati è quello tenuto presso la direzione generale; l'articolo 10, commi 1, 2 e 3 del suddetto decreto ministeriale sembra dare alla direzione generale per i beni archeologici il potere di verifica del possesso dei requisiti del soggetto incaricato di redigere una relazione di verifica archeologica preventiva; in tale contesto è intervenuta la legge n. 4 del 2013 sulla regolamentazione delle professioni non organizzate in ordini o collegi e ha previsto l'istituzione di un elenco delle associazioni 338 professionali che raccoglie i professionisti di una determinata categoria e pubblicato dal Ministero dello sviluppo economico; le associazioni professionali contenute in tale elenco sono deputate anche al rilascio dell'eventuale possesso da parte del professionista iscritto della qualificazione e certificazione relativa alla conformità alla norma tecnica UNI; dunque dalla normativa vigente sembrerebbe che solo i soggetti iscritti ed abilitati secondo quanto prescritto nell'elenco di cui al decreto n. 60 del 2009 istituito presso il Ministero per i beni e le attività culturali possono svolgere incarichi di archeologia preventiva laddove invece la recente legge n. 4 del 2013 in tema di professioni non regolamentate conferisce alle associazioni professionali iscritte nell'elenco pubblicato presso il Ministero dello sviluppo economico la qualificazione e la certificazione di conformità UNI del professionista; la creazione di due elenchi (uno istituito presso il Ministero per i beni e le attività culturali ai sensi dell'articolo 95 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e del conseguente Decreto ministeriale n. 60 del 2009 e l'altro istituito presso il Ministero per lo sviluppo economico ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 4 del 2013) è fonte di incertezza non solo per gli archeologi il cui ruolo e la cui professionalità è fondamentale per la tutela dei nostri numerosissimi beni archeologici ma anche per gli utenti e, in particolare, i soggetti appaltanti (pubblici e privati) che si avvalgono e ricercano tali professionisti ai fini del conferimento di incarichi per l'esecuzione delle cosiddette indagini preliminari archeologiche. Infatti nell'elenco istituito presso il Ministero per i beni e le attività culturali al professionista archeologo sono richiesti determinati requisiti previsti dall'articolo 95 decreto legislativo n. 163 del 2006 laddove la legge n. 4 del 2013 affida alle associazioni professionali iscritte nell'elenco tenuto dal Ministero per lo sviluppo economico la qualificazione e la certificazione della preparazione del professionista; l'incertezza e l'ambiguità normativa descritta potrebbe configurare un danno al riconoscimento del ruolo e della professionalità di tutti gli archeologi dal momento che sono le figure professionalmente deputate al delicato compito della partecipazione alla procedure per la verifica preventiva dell'interesse archeologico; l'esistenza di due elenchi genera margini di incertezza sulla natura ricognitiva o vincolante dell'elenco degli archeologi iscritti presso l'elenco tenuto dal Ministero per i beni e le attività culturali e a quali archeologi e con quali requisiti spetta la facoltà di 339 eseguire relazioni di indagine archeologica preventiva. Tale situazione necessiterebbe di chiarimenti da parte degli organi interessati; a ciò si aggiunga che la recente legge n. 4 del 2013 sulle professioni non regolamentate introduce una procedura di certificazione della professionalità e qualificazione del professionista archeologo basato in buona sostanza su un sistema di certificazione della qualità da parte di organismi di natura privatistica tale da generare il rischio che la procedura di certificazione per l'attività si traduca in un balzello a carico dei professionisti laddove – di fatto – i professionisti archeologi svolgono una funzione fondamentale direttamente connessa a un interesse pubblico costituzionalmente garantito, ovvero la tutela del patrimonio archeologico –: se intendano assumere iniziative di tipo normativo/regolamentare per eliminare la descritta incertezza in ordine alla natura dell'iscrizione del professionista nell'elenco di cui all'articolo 95 del decreto legislativo n. 163 del 2006 ai fini dell'assegnazione di incarichi di indagine archeologica preventiva anche alla luce della legge n. 4 del 2013; quali iniziative di tipo normativo/regolamentare intendano adottare per rafforzare e normare in maniera chiara il ruolo e la figura dell'archeologo quale professionista che svolge funzioni direttamente connesse a un interesse costituzionalmente garantito e che è chiamato a svolgere la valutazione del rischio di impatto archeologico nella realizzazione di opere pubbliche o private; se il Ministro intende chiarire se il professionista non iscritto ad alcuna associazione debba procedere ad una certificazione UNI ai sensi della legge n. 4 del 2013. (4-01300) § 7. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00249136 Interrogazione a risposta scritta 4-00249 presentato da CORDA Emanuela testo di Martedì 16 aprile 2013, seduta n. 9 CORDA, VALLASCAS, NICOLA BIANCHI, LOMBARDI, PINNA, TOFALO, TERZONI, D'AMBROSIO, DE ROSA, BUSTO, SEGONI, RIZZO, MASSIMILIANO BERNINI, 136http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1424&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 340 MUCCI, ARTINI, DI BATTISTA, BONAFEDE, ZOLEZZI, PRODANI, CURRÒ, PETRAROLI, MARZANA, FICO, CRISTIAN IANNUZZI, DIENI, TONINELLI e DE LORENZIS. Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che: è in atto in tutta Italia una corsa alle trivellazioni per la ricerca di giacimenti di idrocarburi; in Sardegna le attività di ricerca della società privata Saras spa interessano quasi 40 comuni e in particolare i comuni di Assemini, Decimomannu, Decimoputzu, Cagliari, Capoterra, Elmas, Monastir, Nuraminis, San Sperate, Sestu, Uta, Villasor, Villaspeciosa, Oristano, Cabras, Riola Sardo, Nurachi e Baratili San Pietro, Zeddiani, Tramatza, Siamaggiore, Solarussa, Arborea, Palmas Arborea, Santa Giusta, Marrubiu, Terralba, San Nicolò Arcidano, Uras, Guspini, Mogoro, San Gavino Monreale, Villacidro, Samassi, Sanluri, Serramanna, Serrenti; il rilascio di decine di concessioni per la ricerca di idrocarburi sia in mare che in terraferma, da parte del Ministero dello sviluppo economico, ha fatto della Sardegna un territorio assai ambito per l'avviamento di attività di ricerca di giacimenti di gas naturali e idrocarburi; tra le numerose istanze presentate al Ministero dello sviluppo economico, i due permessi a mare richiesti da Saras Spa sembrerebbero essere stati respinti, mentre, invece, non risulta essere stato respinto il Progetto Eleonora, previsto nel Comune di Arborea (provincia di Oristano), che prevedrebbe svariate attività a forte rischio ambientale tra le quali perforazioni esplorative che potrebbero raggiungere i 3.000 metri di profondità, innescando un processo di irreversibile salinizzazione dei terreni agricoli; il sito di Arborea è conosciuto in tutta Europa per l'elevata qualità della sua produzione agricola e zootecnica, e costituisce un insieme di realtà economiche tra le più floride dell'Isola, con importanti ricadute economiche e occupazionali; le attività invasive del Progetto Eleonora sarebbero effettuate in una zona che, come già denunciato da esperti e associazioni ambientaliste, è prossima ad aree tutelate dalla convenzione internazionale di Ramsar (2 febbraio 1971) sulle zone umide d'importanza internazionale (decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1976), dal vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche e integrazioni), da 341 vincolo di conservazione integrale (legge regionale n. 23 del 1993), dal Piano paesaggistico regionale (decreto del Presidente della Regione n. 82 del 7 settembre 2006), sito che rientra nella rete Natura 2000, tutelato per la presenza di uccelli palustri, destinato a riserva naturale regionale (Legge regionale n. 31 del 1989, allegato A), oltre che essere Sito di Importanza comunitaria (SIC) e Zona di protezione speciale (ZPS) (Direttiva n. 92/43/CEE); in caso di scoperta di giacimenti, i diritti di produzione, le cosiddette royalties, sarebbero riconosciute alla regione Sardegna (si parla del 10 per cento dei ricavi, cioè, a seconda delle stime, tra 1 e 3 milioni di euro l'anno), mentre nulla sembra previsto per comune e provincia; analoghi miraggi di ricadute positive, per i territori locali, in termini di ricavi e posti di lavoro, si sono rivelati, nei decenni passati, amarissime disillusioni, avendo questo tipo di iniziative industriali lasciato dietro di sé solo disoccupazione, inquinamento e fondati sospetti di malattie anche genetiche; grazie all'azione del comitato popolare «No al progetto Eleonora», impegnato nella mobilitazione dei cittadini contro il progetto, la regione Sardegna ha avviato una procedura di VIA; oltre al progetto Eleonora la società privata Sargas (sotto il diretto controllo della Saras spa) intende avviare nel comune di Arbus un progetto denominato Igia, che prevede attività di ricerca di idrocarburi in un'area di circa 187 chilometri quadrati nel Medio Campidano; anche contro la realizzazione di questo progetto, come di tutti gli altri, si è registrata una forte presa di posizione da parte delle popolazioni interessate e degli stessi consigli comunali, fra cui Marrubiu (26 aprile 2012), Arborea (7 maggio 2012), San Nicolò Arcidano (11 giugno 2012), Solarussa (27 giugno 2012), Terralba (23 agosto 2012), Uras (28 settembre 2012), Santa Giusta (30 gennaio 2013) i quali hanno formalizzato la totale contrarietà a ogni ipotesi di trivellazione per ricerca di idrocarburi liquidi o gassosi; il consiglio provinciale di Oristano in data 19 luglio 2012 ha espresso la sua totale contrarietà nei confronti del progetto Eleonora e quindi alle perforazioni finalizzate alla ricerca di gas naturale nel territorio –: nell'ambito delle rispettive competenze, se siano a conoscenza di quanto evidenziato nella premessa, se risulti corrispondente al vero e con quali atti e quali finalità siano intervenuti o intendano intervenire; se non ritengano di voler promuovere l'avvio di una conferenza di servizio e/o un tavolo di confronto tra tutte le istituzioni interessate a livello nazionale, 342 regionale e locale, sospendendo nel frattempo ogni autorizzazione già concessa e ogni procedura di concessione tuttora in corso relativa a progetti di ricerca di giacimenti di idrocarburi nel territorio della Sardegna, con particolare riferimento a quelli denunciati in premessa; in quale modo ritengano di intervenire per la tutela dell'ambiente, della salute, dello sviluppo economico e delle politiche agricole, essendo tali progetti (e gli sfruttamenti industriali di eventuali giacimenti) potenzialmente disastrosi per gli ecosistemi della zona, per la salute delle popolazioni e per le attività economiche attualmente esistenti anche intervenendo ove ne ricorrono i presupposti alle procedure di valutazione di impatto ambientale avviata dalla regione autonoma Sardegna. (4-00249) § 8. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01093137 Interrogazione a risposta scritta 4-01093 presentato da CRIPPA Davide, testo di Lunedì 1 luglio 2013, seduta n. 43 CRIPPA. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: con decreto-legge n. 1 del 2012 sulle liberalizzazioni (convertito con modificazioni dalla legge n. 27 del 2012) è stato introdotto di fatto nel sistema energetico italiano il cosiddetto «Capacity Payment», meccanismo finalizzato a remunerare i «servizi di flessibilità» delle fonti energetiche termoelettriche; questa novità normativa è stata accolta con riserva da Confindustria che nel luglio 2012 espresse «forte preoccupazione per la misura introdotta, che può innalzare ulteriormente il costo della bolletta energetica italiana per un valore compreso tra i 500 e gli 800 milioni di euro»; tra gli scopi impliciti del Capacity Payment figura quello di «contribuire» a ripagare gli investimenti di circa 25 miliardi di euro che le lobby elettriche hanno effettuato su nuovi impianti dall'anno 2000, nonostante, come cita la relazione 2005 di Assoelettrica, gli stessi produttori fossero già a conoscenza delle probabili difficoltà a rientrare dei 137http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2554&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 343 costi sostenuti a causa del prevedibile eccesso di offerta. Enel inoltre, secondo l'associazione di settore, con questo nuovo meccanismo difficilmente riuscirebbe a ridurre il proprio debito su cui paga fior di interessi, frutto in particolar modo dell'acquisizione della spagnola Endesa, che, secondo il rapporto imprese di Mediobanca, al momento ammonta a circa 63,9 miliardi di euro; si apprende dalla stampa che proprio in quest'ottica, il 22 giugno 2013 Paolo Scaroni e Fulvio Conti, amministratori delegati di Eni ed Enel, si sono recati a Bruxelles, con i loro omologhi internazionali, per sostenere a livello europeo l'affermazione del «Capacity Payment», rinominato «Capacity Market» per fugare l'idea che si tratti di un sussidio statale; il taglio di circa 500 milioni di euro sulle bollette, previsto dal Governo, con la riduzione degli incentivi alle energie assimilate (CIP 6) e a quelle rinnovabili può trasformarsi in una misura inutile per gli utenti finali, in quanto proprio come sostegno al comparto energetico termoelettrico è prevista una spesa da parte dello Stato di circa 1,5 miliardi di euro nei prossimi 3 anni e di 1,5-2 miliardi di euro all'anno dal 2017; parte di queste somme, infatti, potrebbe essere scaricata dal Ministero dello sviluppo economico e dall'Autorità garante per l'energia elettrica e il gas di nuovo sulle bollette dei consumatori, come previsto dall'articolo 34, comma 7-bis, del decreto-legge n. 83 del 2012 sulla crescita, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012 –: di quali informazioni disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere per evitare gli aspetti critici connessi al capacity payment; se esso possa costituire un sussidio e se, come aiuto di Stato, possa violare la normativa europea in merito; se vi siano elementi per ritenere che questa novità normativa possa determinare un ulteriore rincaro delle bollette. (4-01093) § 9. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01554138 Interrogazione a risposta scritta 4-01554 presentato da CRIPPA Davide testo di Venerdì 2 agosto 2013, seduta n. 64. 138http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5362&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 344 CRIPPA. Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: come segnalato sempre più frequentemente dagli organi di informazione e dalle locali amministrazioni, le operazioni di trivellazione per ricerche petrolifere in tutto il territorio nazionale suscitano notevoli e giustificate preoccupazioni, in ragione della vicinanza di importanti sorgenti idriche, falde, bacini principali e secondari da sempre utilizzati come approvvigionamento idrico dei comuni italiani; le perforazioni in prossimità dei pozzi rischiano di creare danni incalcolabili sia per la diminuzione di portata delle sorgenti — a causa di ulteriori abbassamenti delle falde — sia per il possibile inquinamento delle stesse con i materiali usati per tali operazioni di trivellazione; richiamando il rispetto delle Convenzioni internazionali in materia di diritti ed ambiente con lo specifico riguardo alla consultazione della società civile e all'espressione della volontà territoriale, a cui lo Stato italiano si è legato mediante ratifica, con effetto garantito dalla Costituzione italiana, fra cui si ricorda: la Dichiarazione di Stoccolma. (Principio 1) che stabilisce una connessione diretta fra diritti umani e protezione dell'ambiente e quindi il diritto per i cittadini a vivere ad un ambiente sano e produttivo; la risoluzione 45/94 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che stabilisce che ogni individuo ha diritto ad un ambiente adeguato a salute e benessere e chiama gli Stati a promuovere un ambiente migliore; la Convenzione di Rio del 1992 (Capitolo 23 – Agenda 21) che prevede che i gruppi di cittadini e le associazioni nonché la comunità scientifica debbano partecipare al processo decisionale in materia di scelte ambientali (come le valutazioni di impatto ambientale); la Convenzione sull'accesso all'informazione pubblica ed accesso alla giustizia in affari ambientali (Aarhus, 25 giugno, 1998), in cui si sottolinea l'obbligo per gli Stati ed il diritto dei cittadini di essere pienamente informati e partecipare al processo decisionale in materia ambientale, nonché di avere accesso alla Giustizia in materia di ambiente; la direttiva del Consiglio europeo sulla valutazione degli effetti di progetti pubblici e privati sull'ambiente; la Convenzione sui Diritti del fanciullo (New York, 20 novembre, 1989) in cui si lega indissolubilmente il diritto alla 345 salute dell'infanzia e la prevenzione dei rischi legati all'inquinamento ambientale; si ricorda altresì la Convenzione per la responsabilità civile per danni causati da attività dannose all'ambiente (Convenzione di Lugano del 26 giugno 1991) che, lascia un periodo di trent'anni per accertare e chiedere i danni subiti per attività lesive all'ambiente; i principi ispiratori del Global Compact delle Nazioni Unite, rappresentano linee guida per il corretto rapporto impresaambiente e impresa-popolazione; le ricadute negative di trivellazioni sulle economie locali e sulla perdita di posti di lavoro nei settori vitivinicolo, zootecnico, agricolo e turistico delle zone in esame sono evidenti; nelle immediate vicinanze di alcuni dei territori devastati a cui si è fatto riferimento, vi sono aree inserite nel progetto MAB (Man-Biosfera) dell'UNESCO, come per esempio il sito di istanza di permesso ricerca in terraferma «AGNONE», situato a pochi chilometri di distanza dalla riserva della biosfera Collemeluccio-Montedimezzo che sorge nei pressi della città di Isernia; si auspica l'applicazione di un principio altamente precauzionale nei processi decisionali –: quali siano i dati a disposizione del Governo con riferimento alle possibili conseguenze delle suddette attività di trivellazione sulle falde acquifere utilizzate per l'approvvigionamento idrico dei comuni del territorio italiano; quali strumenti emergenziali, sia economici che strutturali, siano previsti dagli organi competenti al fine di intervenire in caso di emergenze ambientali e sanitarie causate da incidenti dovuti ai processi di perforazione ed estrazione di idrocarburi e se questi siano totalmente o parzialmente a spese dello Stato o delle società titolari del progetto; quali strumenti siano previsti dal nostro ordinamento al fine di rendere partecipi i cittadini nel processo decisionale riguardo la fattibilità o meno di siti di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi. (4-01554) § 10. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01028139 Interrogazione a risposta scritta 4-01028 presentato da DAGA Federica testo di Martedì 2 luglio 2013, seduta n. 44 139http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2489&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 346 DAGA, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI. Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: tra il Gestore dei servizi energetici, GSE, ed il Consorzio Co.E.Ma. (Consorzio ecologico Massimetta, Pontina Ambiente srl del monopolista dei rifiuti Manlio Cerroni, Acea ed Ama) è stata stipulata, nel giugno del 2009, una «convenzione preliminare» avente come presupposto la cantierizzazione di un lotto di terreno interno alla discarica intercomunale per rifiuti indifferenziati di Roncigliano (Cecchina di Albano Laziale) per la costruzione di un gassificatore/inceneritore; la cantierizzazione è stata autorizzata sulla base di una ordinanza regionale rilasciata dal presidente della regione Lazio pro tempore dottor Marrazzo, con provvedimento n. Z-0003 del 22 ottobre 2008, che è stata annullata, senza appello, con decisione passata in giudicato, dal Tar del Lazio e dal Consiglio di Stato con sentenze n. 36740 del 15 dicembre 2010 (Tar del Lazio) e n. 1640 del 22 marzo 2012 (Consiglio di Stato); l'avvio del cantiere era previsto in data 13 agosto 2009, secondo quanto previsto all'AIA n. B-3694; l'ultimazione dei lavori per la costruzione della centrale di gassificazione/incenerimento, secondo la «convenzione preliminare Coema-GSE» del giugno 2009, avrebbe dovuto aver luogo entro e non oltre il mese di febbraio 2011, fatto salvo il beneficio della proroga di 12 mesi previsto dall'articolo 4 della convenzione medesima. La prima sentenza del Tar Lazio, però, interveniva, come noto, il 15 dicembre 2010 con sentenza n.36740 del Tar del Lazio, e notificata dal Tar al consorzio Coema solo nei mesi successivi: quindi i 12 mesi di «causa di forza maggiore» previsti dall'articolo 4 della convenzione, erano già ampiamente «scaduti» a dicembre 2010; la cantierizzazione dell'area interessata alla costruzione della centrale di gassificazione/incenerimento di Cecchina di Albano Laziale, non solo non ha mai avuto inizio entro il limite del 31 dicembre 2008, ma, di fatto, non ha mai avuto luogo ancor oggi, come dimostrano, oltre ogni ragionevole dubbio, sia i due verbali della polizia municipale della città di Albano Laziale dell'aprile 2009 e ottobre 2010 sia, ancor di più, lo stato attuale del sito interessato; l'impianto di gassificazione/incenerimento è osteggiato da sei anni 347 da associazioni, comitati, movimenti locali, nonché dalle dieci amministrazioni comunali di bacino; il 19 aprile 2013 il GSE ha inviato una lettera al Ministero dello sviluppo economico «protocollata con numero GSEPE/P20130000672» i avente per oggetto Convenzione preliminare CIP 6 del 29 aprile 2009 nella titolarità del Consorzio Ecologico Massimetta, nella quale il GSE affermava quanto segue: «COEMA ha richiesto al GSE nella citata comunicazione del 12 febbraio 2013 (al. 9) e, da ultimo, con nota del 4 aprile 2013 (al. 10) di procedere all'aggiornamento della Convenzione preliminare alla luce del quadro autorizzativo delineato dalla determinazione regionale n. B00266 del 28 gennaio 2013. In relazione a tanto si richiede a codesto Ministero se considerare ancora operativa o meno con riferimento all'iniziativa in oggetto, la deroga di cui al combinato disposto del comma 1117 della legge 244 del 2007 e dell'articolo 9 del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172 convertito dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210, visto in particolare ulteriore procrastinarsi del termine di conclusione dei lavori e se, conseguentemente, il GSE possa procedere all'aggiornamento della Convenzione preliminare, così come richiesto dalla stessa COEMA»; in ragione dei prevedibili costi complessivi dell'operazione «inceneritore», appare agli interroganti irrazionale la scelta di sprecare risorse economiche, al solo fine di bruciare materie prime quali sono plastica, carta, legno e derivati, che potrebbero e dovrebbero, viceversa, essere recuperate con processi industriali a freddo, con impatto minore sulla salute umana e sull'ambiente, pari secondo i calcoli di esperti interessati dai comitati e dalle associazioni ambientaliste ad una cifra superiore ad euro 400 milioni –: se siano a conoscenza dei fatti riportati; se siano a conoscenza dell'entità esatta dei contributi che sarebbero erogati a favore del consorzio Co.E.Ma. attraverso i fondi pubblici chiamati CIP-6/92, per la realizzazione del gassificatore/inceneritore di Albano e a quanto ammonti il sovrapprezzo per la produzione di energia che il Co.E.Ma. percepirà immettendo per i prossimi anni, nel circuito nazionale, energia elettrica da fonte «assimilata»; se non ritengano, in via generale, di assumere iniziative, anche normative, volte a promuovere la predisposizione di mezzi e strutture da destinare alla raccolta differenziata porta a porta e alla filiera della riduzione del riciclo e del riuso; in che modo il Ministero dello sviluppo economico intenda dare seguito alla lettera 348 del GSE di cui in premessa e se «COEMA GSE di giugno 2009, relativa in modo particolare ai fondi pubblici denominati CIP» 6/92 destinati alla centrale di incenerimento di Albano località Cecchina. (4-01028) § 11. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01418140 Interrogazione a risposta scritta 4-01418 presentato da DE LORENZIS Diego testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59 DE LORENZIS, D'INCÀ, DALL'OSSO, GRILLO, NICOLA BIANCHI, DA VILLA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, DE ROSA, LIUZZI, TERZONI, AGOSTINELLI, COZZOLINO e CECCONI. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: il decreto-legge 3 dicembre 2012 n. 207, cosiddetto Salva-Ilva, convertito con modificazioni nella legge il 24 dicembre 2012, n. 231 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 gennaio 2013, all'articolo 3 comma 1-bis prevede che «entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Governo adotta una strategia industriale per la filiera produttiva dell'acciaio»; i centottanta giorni sono ormai passati –: per quale motivo, il Governo non abbia ancora adottato una strategia per la filiera industriale dell'acciaio. (4-01418) § 12. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00121141 Interrogazione a risposta scritta 4-00121 presentato da DELL'ORCO Michele testo di Martedì 2 aprile 2013, seduta n. 6. 140http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4538&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 141http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1168&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 349 DELL'ORCO e LIUZZI. Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che: il trasporto pubblico locale e i treni per i pendolari sono stati pesantemente danneggiati dalle manovre ultimi anni. I tagli nei trasferimenti alle regioni e agli ente locali che nel 2012 sono stati pari a 4,2 miliardi di euro infatti, hanno influenzato decisamente alcuni settori chiave, tra cui trasporti, difesa del suolo ed edilizia, politiche di sviluppo (energia, formazione e altro), sommandosi anche ai tagli già decisi gli scorsi anni; nel 2012 in molte regioni sono stati effettuati tagli nei collegamenti ed è aumentato il costo di biglietti e abbonamenti; la BredaMenarinibus (uno dei primi produttori italiani di autobus), attualmente di proprietà di Finmeccanica spa, rappresenta una realtà produttiva importante del territorio bolognese che attualmente impiega circa 290 persone e che ne ha coinvolte fino a un migliaio negli anni 90; la proprietà ha dichiarato nel 2011 la volontà di alienare la BredaMenariniBus. A seguito della notizia l'azienda ha registrato un drastico calo delle quote di mercato nazionale; da gennaio 2011 è attivata la cassa integrazione (prima ordinaria, poi straordinaria) per i lavoratori della Breda Menarini; l'attuale situazione di BredaMenarinibus è critica ed è a serio rischio l'esistenza stessa di una realtà che opera ininterrottamente da oltre 90 anni nel territorio bolognese; la BredaMenarinibus rappresenta una realtà d'eccellenza i cui automezzi sono attualmente in circolazione in molte città d'Europa con una filiera di progettazione e produzione completamente italiana; la BredaMenarinibus è l'ultima azienda italiana che opera e presidia un settore produttivo e progettuale strategico per il futuro del trasporto pubblico e per le politiche ambientali legate al trasporto sia locali che nazionali; è di fondamentale importanza l'offerta occupazionale offerta dalla BredaMenariniBus in un momento di eccezionale crisi che colpisce il nostro territorio; l'importanza strategica del prezioso know how costruito in tanti anni di ricerca e sviluppo a cui BredaMenarinibus sta dando continuità rischia di andare dispersa; va tenuto conto dell'importanza delle politiche del trasporto pubblico locale in relazione alle politiche europee in campo energetico/ambientale e della mobilità sostenibile; l'età media dei mezzi di trasporto 350 pubblico in circolazione in Italia è nettamente superiore a quella di Francia e Germania ed è molto minore il tasso di sostituzione dei mezzi in circolazione –: cosa il Ministro interrogato intenda fare affinché venga garantita continuità ed operatività ad una azienda che da oltre 90 anni rappresenta un'eccellenza in un settore strategico; se il Governo non ritenga di doversi adoperare per l'apertura di un tavolo nazionale di confronto con le organizzazioni sindacali e l'azienda al fine di ricercare soluzioni che garantiscano lo sviluppo e il rilancio nel mercato italiano della BredaMenariniBus e la salvaguardia delle centinaia di posti di lavoro dell'unica realtà italiana rimasta nella costruzione di autobus. (4-00121) § 13. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00275142 Interrogazione a risposta scritta 4-00275 presentato da DELL'ORCO Michele testo di Lunedì 29 aprile 2013, seduta n. 10 DELL'ORCO. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: la Terim spa, attiva sin dagli anni ’60, è stata una delle aziende leader in Italia nella produzione di piani cottura, forni e cucine, sia con proprio marchio. Fratelli Onofri, sia come fornitore principale di altre più famose case di elettrodomestici come Gruppo Rex (Elettrolux) o Bosch; l'azienda che ha quattro stabilimenti produttivi ubicati in Emilia, a Baggiovara e Rubiera e 380 dipendenti, è da tempo in crisi e, già nel 2011, per circa 99 dipendenti si ottenne il ricorso agli ammortizzatori sociali. I problemi si sono accentuati nell'ultimo anno e la proprietà ha chiesto al tribunale l'avvio della procedura di concordato preventivo per evitare il fallimento; il provvedimento di messa in liquidazione è stato firmato il 7 giugno 2012 e il tribunale di Modena ha autorizzato una fase di esercizio provvisorio dell'impresa, anche al fine di tutelare l'avviamento aziendale, in vista di una probabile cessione d'azienda e al Ministero dello sviluppo economico si è cominciato a lavorare per cercare un partner industriale cui cedere l'azienda; 142http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1476&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 351 il 27 novembre 2012 si è tenuta presso il tribunale di Modena l'udienza dei creditori, dopo che il tribunale stesso aveva dato parere favorevole all'affitto di un ramo di azienda con piano di acquisto da parte di un investitore egiziano, che opera nel settore del gas a uso domestico sui mercati maghebrini e mediorientali, interessato ad ampliare la sua presenza sui mercati europei; gli accordi con l'acquirente egiziano prevedevano però di proseguire l'attività solo a Rubiera per uno solo dei due stabilimenti e con un impiego a regime di solo la metà dei lavoratori; la soluzione non fu gradita a lavoratori e sindacati che chiedevano di esplorare fino in fondo la possibilità di cedere l'intera azienda ad un acquirente unico senza lasciare lavoratori a casa. La preoccupazione di lavoratori e sindacati, di cui l'interrogante si fa portavoce, era quella di evitare di cedere l'azienda ad imprenditori interessati a delocalizzare, acquisendo marchi per aumentare i loro profitti e svuotando le aziende del territorio di forza lavoro, impianti, professionalità industriale; dopo mesi di trattative e di ricerca di un acquirente per entrambi gli stabilimenti di Baggiovara di Modena e di Rubiera, il 23 ottobre 2012 è stato sottoscritto in regione un accordo per cassa integrazione guadagni straordinaria per procedura concorsuale di un anno, per un massimo di 371 dipendenti (182 dello stabilimento di Baggiovara, 189 di Rubiera), decisione presa dal tavolo di crisi cui hanno preso parte regione, provincia di Modena, Provincia di Reggio, i sindacati Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil con le rappresentanze sindacali unitarie aziendali, e il liquidatore di Terim; i lavoratori, da mesi in agitazione, stanno chiedendo a tutte le istituzioni di non essere lasciati soli e di procedere velocemente ad una ricerca di una soluzione in quanto i sindacati segnalano che, se all'inizio della crisi si era scesi ad un livello dell'80 per cento di clienti, ad oggi, il livello è sceso al 40 per cento; è necessario comunque inquadrare il caso della Terim all'interno di un piano di azione più vasto; a tal fine risulta all'interrogante che il 7 maggio 2012 i sindacati con delega all'Industria abbiano avuto un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico per un confronto in merito alle crisi aziendali e territoriali e più in generale sulla definizione di politiche industriali. Nel corso della riunione è stata avviata una prima ricognizione delle principali situazioni di criticità, raggruppate, seppur sommariamente, per settori di appartenenza e, per quanto riguarda l'elettrodomestico, si è deciso 352 di procedere ad un preliminare approfondimento sugli obiettivi che si intende perseguire –: quali iniziative di competenza il Ministro intenda intraprendere per salvaguardare un'azienda importante per il tessuto produttivo emiliano dando garanzie sulla sostenibilità del concordato preventivo nonché sulla continuità produttiva e sul mantenimento occupazionale dell'azienda; se presso il Ministero al momento siano ancora in corso trattative finalizzate alle cessione dell'azienda Terim; se il Ministro intenda attivare un tavolo di confronto specifico per il settore dell'elettrodomestico presso il Ministero. (4-00275) § 14. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01702143 Interrogazione a risposta scritta 4-01702 presentato da DELL'ORCO Michele testo di Martedì 20 agosto 2013, seduta n. 70. DELL'ORCO, SPADONI, SARTI e RICHETTI. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: la Firem srl, attiva e presente a Formigine (Modena) sin dagli anni ’60, è una delle aziende leader in Italia nella progettazione e costruzione di resistenze elettriche e sistemi riscaldanti utilizzate in un ampia gamma di settori, dalla ristorazione alla chimica, passando dall'automotive al biomedicale e impiega complessivamente 40 dipendenti; i dipendenti sono al momento in stato di agitazione in quanto non solo non risulterebbero corrisposte del tutto le spettanze relative alla mensilità di luglio ma, al rientro dalla chiusura estiva, avrebbero constatato il quasi totale smantellamento della parte produttiva che è stata trasferita in Polonia; secondo quanto comunicato dal segretario Fiom Modena Cesare Pizzolla non risulterebbe rispettata l'ordinaria procedura di trasferimento aziendale in quanto non risulterebbe pervenuta nessuna comunicazione di avviso della volontà di trasferimento d'azienda, né tanto meno sono state comunicate date, motivi, conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori e le eventuali misure 143http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6193&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 353 previste nei confronti di questi ultimi in base all'articolo 47 della legge n. 428 del 1990; la proprietà ha dichiarato alla stampa: «Mancano le condizioni per un sereno e costruttivo incontro per la soluzione delle problematiche del nostro personale. Non abbiamo mai nascosto ai sindacati e all'Rsu le nostre difficoltà anche rispetto alla concorrenza di altre aziende italiane che producono in Polonia e Romania, con costi che sono della metà». La comprensibile necessità di sopravvivere alla crisi che, sempre più negli ultimi anni, attanaglia gli imprenditori, massacrati oltre che dalla concorrenza dei paesi emergenti, anche dall'insostenibile tassazione e burocrazia italiana, non è però sufficiente, a parere dell'interrogante, a giustificare un simile comportamento –: quali iniziative di competenza il Ministro intenda intraprendere per salvaguardare e tutelare i lavoratori della Firem srl e nel contempo quali misure attuare per bloccare questa emorragia di imprese che delocalizzano all'estero, impoverendo il tessuto sociale ed economico e produttivo del nostro Paese; se al Ministro risulta che per la Firem sia stata rispettata la procedura di trasferimento prevista dalla legge n. 428 del 1990 ricordata in premessa e quali provvedimenti di competenza intende prendere in caso contrario. (4-01702) § 15. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01238144 Interrogazione a risposta scritta 4-01238 presentato da DIENI Federica testo di Giovedì 11 luglio 2013, seduta n. 51 DIENI, NESCI e PARENTELA. Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che: a seguito del fallimento dell'azienda GDM, leader fino alla metà del 2011 e per circa trent'anni nel settore della grande distribuzione a Reggio Calabria e provincia, Vibo Valentia e Messina con sedici floridi punti vendita, tale azienda è in amministrazione straordinaria da oltre un anno e circa 600 dipendenti si trovano in cassa integrazione; la magistratura reggina e milanese sta indagando sul fallimento della sopra citata azienda e su sospette collusioni di tipo 144http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=3834&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 354 mafioso e dovrà accertare le eventuali responsabilità di una parte del gruppo dirigente che, attraverso una serie di azioni commerciali sospette, avrebbe causato lo svuotamento di capitale della GDM portandola alla bancarotta; per i dipendenti della ex GDM perdere il proprio lavoro significherebbe non avere altre possibilità per la grave mancanza di aziende in un Sud già martoriato da altri problemi; per questo motivo hanno intrapreso una battaglia a tutela del loro diritto al lavoro e della loro dignità e in una nota stampa si son detti «stanchi, delusi ed esasperati dalla loro precaria situazione, ma decisi più che mai a lottare per la propria dignità, a seguito dell'ennesima assenza delle sigle sindacali alla protesta dei lavoratori»; i lavoratori della ex GDM hanno più volte palesato i loro dubbi circa la procedura di acquisto e circa i continui rinvii per la discussione della loro vertenza che lasciano spazio a «dietrologie» sulle future spartizioni di mercato a livello cittadino e, nella letteraappello rivolta all'interrogato Ministro dello sviluppo economico, dopo aver precisato che «Il bando di gara per affitto e successiva vendita dell'azienda stranamente è andato deserto, perché il nostro è un territorio difficile», hanno espresso criticità circa le offerte pervenute fuori bando per parti dell'azienda, che si tradurrebbero nel riassorbimento di una minima parte (solo il 30 per cento) del personale, e hanno proposto l'attuazione di una gestione diretta dell'azienda per poi metterla in vendita appena risanata, invitando direttamente grosse aziende della grande distribuzione ordinaria in espansione –: anche alla luce dei fatti esposti in premessa, quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati per far fronte alle istanze dei lavoratori ex GDM; quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere per far luce su questa vicenda. (4-01238) § 16. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01644145 Testo presentato, in data Giovedì 8 agosto 2013, seduta n. 68 da: VITTORIO FERRARESI, PAOLO BERNINI, DALL’OSSO, MUCCI, SARTI e STADONI. 145http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5944&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 355 Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: la società Exploenergy S.r.l con sede a San Donato Milanese (Milano) ha presentato, al Ministero dello sviluppo economico, istanza di permesso di ricerca in terraferma, denominata Reno Centese, su di un'area di 646,9 chilometri quadrati, che interessa i comuni della regione Emilia Romagna di: Ferrara, Poggio Renatico, Mirabello, Sant'Agostino, San Giovanni in Persiceto, Bondeno, Cento, Vigarano Mainarda, Galliera, Crevalcore, Pieve di Cento, Finale Emilia, Camposanto, Ravarino, Medolla, San Felice sul Panaro, Mirandola, Bomporto; come si legge in rete, al sito dell'UNMIG, ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse del Ministero dello sviluppo economico – direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche, la fase del procedimento è attualmente: «In corso presentazione VIA dal parere CIRM alla presentazione della VIA (Operatore)»; in data 1o marzo 2013, nell'interlocutoria si legge che: «In precedenza la presente comunicazione era stata erroneamente classificata come «Comunicazione (da Operatore) avvenuta presentazione VIA»; la comunicazione della società riguarda invece l'invio alle regioni interessate di copia dell'istanza. Nella stessa nota la società ha inoltre comunicato di aver avviato gli studi di verifica ambientale. Si precisa comunque che la documentazione VIA non è stata ancora presentata»; questa erronea classificazione ingenera difficoltà nel seguire lo svolgimento regolare della procedura, anche in riferimento a quanto stabilito nell'ambito del disciplinare tipo (decreto ministeriale 26 aprile 2010 «Approvazione disciplinare tipo per i permessi di prospezione e di ricerca e per le concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale») dove sono definiti i termini ed i tempi di presentazione delle richieste di pronuncia di compatibilità ambientale; dal medesimo sito si legge peraltro, nei principali eventi dell’iter amministrativo, che in data 28 giugno 2013 si entra in una fase interlocutoria in quanto risulta esservi una richiesta di sospensione della procedura di VIA; la regione Emilia Romagna, con propria delibera di Giunta n. 706/2013, del 3 giugno 2013, ha scelto di sospendere qualsiasi 356 decisione in merito ai permessi di ricerca e coltivazione idrocarburi, che riguardino i territori colpiti dal sisma del maggio 2012, fino a che non sarà noto l'esito degli studi della commissione tecnicoscientifica istituita per la «valutazione delle possibili relazioni tra attività di esplorazione per gli idrocarburi e aumento di attività sismica nell'area colpita dal terremoto dell'Emilia-Romagna nel mese di maggio 2012»; i comuni interessati nella ipotesi di ricerca di idrocarburi proposta dalla società Exploenergy Srl rientrano nel territorio interessato dal sisma di maggio 2012 –: se la società Exploenergy srl stia rispettando i tempi e le modalità di presentazione della richiesta di verifica di assoggettabilità alla procedura di valutazione di impatto ambientale e più in generale di richiesta del rilascio del permesso di ricerca; se la sospensiva di qualsiasi decisione in merito ai permessi di ricerca e coltivazione idrocarburi decisa dalla regione Emilia Romagna abbia influenza anche sulle scelte che vengono prese dai Ministeri interessati dalla procedura e se sì in che misura; se quanto si legge nell’iter amministrativo, e cioè che in data 28 giugno 2013 risulta: «Interlocutoria – da Soc: richiesta sospensione procedura di VIA», sia da riferisti o meno alla decisione della regione Emilia Romagna del 3 giugno 2013 di sospensione di qualsiasi decisione in merito ai permessi di ricerca e coltivazione idrocarburi. (4-01644) § 17. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01411146 Testo presentato, in data Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59, da: GALLO, BATTELLI, SIBILIA, TOFALO, FICO, COLONNESE DAGA, ZOLEZZI, MANNINO, SEGONI, BUSTO e MICILLO. Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo — Per sapere – premesso che: 146http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4531&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 357 la centrale termoelettrica di Napoli Levante, sita in via Stradone Vigliena n. 9, Napoli, di proprietà della Tirreno Power, è entrata in funzione, secondo quando dichiarato dal promotore, in data 9 settembre 2008. Nel punto dove ora sorge la centrale il piano regolatore generale in discussione in quella fase prevedeva di «realizzare una struttura dedicata ai giovani e alla musica». La variante fu poi stravolta nella fase «di adozione delle controdeduzioni alle osservazioni». Venne accolta dal consiglio comunale di Napoli l'osservazione n. 76 alla variante, presentata da Interpower (oggi Tirreno Power S.p.a.), che reclamava di continuare a mantenere, l'uso del sito. Di conseguenza si deliberò che a Vigliena doveva essere costruita una nuova centrale termoelettrica a ciclo combinato (delibera del consiglio comunale n. 137 del 22 luglio 2003). L’iter del piano regolatore generale vigente si è concluso con l'approvazione del DPGRC n. 323 dell'11 giugno 2004; la procedura nella fase di adozione del piano regolatore generale non consentì ai residenti nessuna opportunità di intervento rispetto alla novità rappresentata dall'osservazione n. 76 che di fatto cambiava le carte in tavola; la «Tirreno Power s.p.a.», nel giugno del 2004, ha attivato le procedure per costruire la nuova centrale turbogas di Vigliena, chiedendo – ed ottenendo – la non assoggettabilità alla procedura di VIA, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 377 del 10 agosto 1988, che testualmente recita: «Il comma 2 non si applica ad eventuali interventi di risanamento ambientale di centrali termoelettriche esistenti, anche accompagnati da interventi di ripotenziamento, da cui derivi un miglioramento dello stato di qualità dell'ambiente connesso alla riduzione delle emissioni». Il richiamato comma 2, che si è chiesto di non utilizzare, stabilisce, in ogni caso, che la VIA «... si applica altresì agli interventi su opere già esistenti ... qualora da tali interventi derivi un'opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente ...». Essendo l'impianto effettivamente realizzato sostanzialmente diverso da quello a giudizio degli interroganti, si doveva, e si deve, procedere all'adempimento della VIA. Che quella costruita sia una centrale ex novo, lo si evince dal fatto che la vecchia centrale è stata completamente demolita e quella nuova è stata realizzata su uno spazio adiacente; 358 gli stessi elaborati resi noti dalla «Tirreno Power spa» evidenziano che l'impianto è radicalmente diverso da quello precedente. Un'ulteriore conferma emerge anche dalla comparazione dei dati tecnici contenuti nel decreto di autorizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 12 aprile 2005 dal quale si evidenzia che nel nuovo impianto sono state montate nuove e diverse apparecchiature; altra dimostrazione di quanto qui si sostiene può essere rinvenuta dalla lettura del verbale della seduta del 25 maggio 2002 tenutasi nella ex circoscrizione di San Giovanni a Teduccio; in tale riunione un dirigente dell'allora «Interpower S.p.A.» – poi divenuta «Tirreno Power S.p.A.» – in riferimento alla nuova opera dichiarò: «... si tratta di costruire una centrale ex novo perché l'intendimento di Interpower è quello di abbandonare i gruppi esistenti (tranne le opere minori) e costruire radicalmente un impianto a ciclo combinato»; ed ancora: «... la valutazione di impatto ambientale è prevista dalla legge. Lei può realizzare la centrale più pulita di questo mondo però, se fa un impianto di generazione, deve assoggettarsi ad una VIA regionale o nazionale. Dunque, noi lo dobbiamo fare perché lo prevede la norma»; una ulteriore conferma che quello costruito a Vigliena è a tutti gli effetti un impianto ex novo, soggetto quindi alla procedura di VIA, venne confermata dal direttore generale della Tirreno Power ingegnere Giovanni Gosio, che in data 18 luglio 2007 nel corso di una audizione della 13a Commissione Ambiente del Senato tenuta «a seguito dell'indagine conoscitiva sui cambiamenti climatici» (resoconto sommario della seduta n. 100 del 18 luglio 2007), dichiarò: «In data 18 maggio 2005 l'allora Ministero delle Attività produttive ha autorizzato la trasformazione in ciclo combinato della centrale, originariamente costituita da tre gruppi termoelettrici tradizionali alimentati ad olio combustibile ed a gas naturale, tramite la realizzazione di una nuova unità, da 400 MW, alimentata esclusivamente a gas naturale»; considerate quindi le caratteristiche dell'installazione di Vigliena – il cui progetto già prevedeva che l'impianto fosse ricostruito di sana pianta –, si ritiene che non poteva essere accolta la richiesta di esclusione della procedura di VIA che, al contrario, doveva e deve essere obbligatoriamente fatta; il punto in questione non è marginale poiché la VIA potrebbe mettere in luce una sicura incompatibilità della struttura con il 359 territorio. Si aggiunga poi che, trattandosi di un nuovo impianto, la Tirreno Power dovrebbe versare i contributi previsti dalla legge 23 agosto 2004, n. 239, articolo 1, comma 36; invece la proprietà, spacciando la nuova opera per pseudo riconversione della vecchia centrale, a giudizio degli interroganti riesce ad eludere tale consistente onere economico. Infatti, nella delibera della giunta comunale di Napoli n. 2328 del 20 aprile 2006, avente per oggetto: «Presa d'atto della convenzione del 6 aprile 2006 tra la Regione, la Provincia, il Comune e la Tirreno Power S.p.a., ai sensi di quanto previsto dalla legge del 23 agosto 2004 n. 239 – misure di compensazione e riequilibrio ambientale» si prevede che la Tirreno Power verserà (solo) un milione di euro al Comune «per la realizzazione di iniziative e progetti tesi a migliorare la qualità dell'aria, promuovere il risparmio energetico e l'utilizzo di fonti rinnovabili nella Città di Napoli ed in particolare nell'area interessata dalla centrale»; tutto ciò è avvenuto ed avviene senza dare seguito alle procedure previste dalle leggi e dalle direttive dell'Unione europea per quanto concerne l'informazione e la partecipazione del pubblico al procedimento (cfr. direttiva 96/61/CE del Consiglio del 24 settembre 1996 – prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento – IPPC – accesso all'informazione e partecipazione del pubblico alla procedura di autorizzazione; direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001; decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; legge 7 agosto 1990, n. 241; convenzione di Aarhus, Danimarca, del 25 giugno 1998 ratificata dall'Unione europea il 17 febbraio 2005 – 2005/370/CE – relativa alla conclusione, a nome della Unione europea, della convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale); da una relazione del Ministero dello sviluppo economico del 30 aprile 2008, protocollo 1676 (dipartimento per la competitività – direzione generale per l'energia e le risorse minerarie), avente per oggetto le autorizzazioni di quattro centrali termoelettriche per il «riesame ai sensi degli articoli 9, comma 4, e 17, comma 4, del decreto legislativo n. 59 del 2005», figura l'autorizzazione n. 55/01/2005 del 18 maggio 2005 rilasciata alla Tirreno Power s.p.a per l'impianto di Vigliena. Nel paragrafo «Iter del procedimento Amministrativo» si legge che: «In data 27 giugno 2007, il Ministero 360 dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, onorevole Pecoraro Scanio, ha sottoposto all'attenzione del Ministro dello sviluppo economico, onorevole Bersani, la richiesta di verificare la necessità di procedere all'esame delle autorizzazioni alla realizzazione di centrali termoelettriche, adottate ai sensi sia del previgente decreto del Presidente della Repubblica n. 53 del 1998 sia della legge n.55 del 2002 rilasciate da questa amministrazione precedentemente all'entrata in vigore del citato decreto legislativo n.59 del 2005, ivi comprese le centrali di cui all'oggetto». Tale richiesta veniva avanzata ai sensi del combinato disposto degli articoli 9, comma 4, e 17, comma 4, del medesimo decreto legislativo; secondo quanto prospettato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le autorizzazioni rilasciate dall'allora Ministro delle attività produttive «non contenevano tutti gli elementi essenziali richiesti dalla normativa comunitaria di IPPC, con riferimento, ad esempio, ai profili riguardanti l'individuazione delle migliori tecnologie disponibili, la gestione dalle situazioni diverse dal normale esercizio, la programmazione di monitoraggi e controlli, la partecipazione del pubblico al procedimento di AIA»; in data 8 giugno 2004, la regione Campania, il comune e la provincia di Napoli, sottoscrissero un protocollo d'intesa con la Tirreno Power. Gli enti pubblici, nel dare il loro consenso alla realizzazione della centrale, disposero un'indagine epidemiologica (per il particolare degrado dell'area che è compresa nei siti di interesse nazionale). Durante la convocazione in seduta straordinaria del Consiglio della VI municipalità (SAN GIOVANNI, BARRA E PONTICELLI) fu ufficialmente consegnato dal presidente della commissione, nel mese di giugno del 2008, un indagine redatta direttamente dalla Tirreno Power; nella variante al piano regolatore generale (centro storico, zona orientale, zona nord-occidentale) approvata con decreto del presidente della giunta regionale della Campania n. 323 dell'11 giugno 2004 – norme d'attuazione – testo coordinato –, parte I, disciplina generale –, all'articolo 29 (sottozona Ac – porto storico), al punto 5, lettera a), si era stabilita «la dismissione di tutte le attrezzature e gli impianti riguardanti il traffico petrolifero per le quali si prevede una nuova localizzazione al di fuori del golfo di Napoli, previo accordo con la regione Campania e le altre amministrazioni competenti. Nelle more della nuova localizzazione e per il tempo, a tal fine strettamente 361 necessario, sono consentite trasformazioni orientate esclusivamente al miglioramento della sicurezza e dell'impatto ambientale». Tale determinazione è stata modificata l'11 dicembre del 2006 con la sottoscrizione di un protocollo d'intesa tra regione Campania, comune di Napoli, Napoli Orientale S.c.p.a., Kuwait Raffinazione e Chimica. S.p.A.. L'accordo in questione prevede la permanenza di dette attività per almeno altri venti anni. Ciò significa che la darsena petroli, ubicata a Vigliena, resterà in funzione per analogo periodo e nel sito si continueranno a scaricare tonnellate di carburanti; il nuovo terminal di Levante, attualmente in costruzione, costituirà, di fatto, un unicum con l'area della centrale termoelettrica. Si tratta di una infrastruttura invasiva che presenta molteplici fattori di criticità come pure si evince dalla lettura del relativo decreto di VIA, rilasciato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, protocollo n. 5 del 9 gennaio 2008, parere numero 966 del 24 luglio 2007, avente per oggetto: «Adeguamento darsena di levante a terminal contenitori mediante colmata e conseguenti opere di collegamento nel Comune di Napoli per la costruzione del nuovo Terminale Contenitori di Napoli Levante»; «adeguamento della Darsena di Levante a terminal contenitori, mediante colmata e conseguenti opere di collegamento»; dai progetti resi noti dall'autorità portuale di Napoli si dà notizia che sono già in costruzione mega portacontainer, che dovranno scaricare sui moli di Vigliena le loro merci. Per effetto di questo progetto la centrale si ritroverà ad essere incastonata tra le banchine del porto. Le stesse condotte atte a prelevare e ad immettere acqua del mare, indispensabili per il raffreddamento della centrale, saranno collocate nel punto in cui dovranno essere ormeggiate le navi; dal sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare risulta che in data 15 gennaio 2009 (protocollo DSA-20090000073), la Tirreno Power ha inoltrato la domanda per ottenere il rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA). La domanda sta seguendo l’iter previsto. Sempre dal sito del Ministero risulta che dal 13 dicembre 2012 la richiesta è in fase istruttoria presso la Conferenza dei servizi; in pratica si rileva, purtroppo, che anche in questo caso la procedura sinora attuata, nelle diverse fasi espletate, si basa ancora sugli stessi presupposti che consentirono nel 2005 alla Tirreno Power l'autorizzazione per realizzare l'impianto di Vigliena. Cioè, senza assumere le molteplici criticità dell'area, che inducono, invece, a 362 desistere dal riconfermare la permanenza in loco di un simile impianto; la Conferenza dei servizi che sta vagliando la richiesta dovrebbe recepire che sul sito della protezione civile è stata pubblicata l'11 gennaio 2013 la mappa della nuova delimitazione del Piano nazionale di emergenza per il Vesuvio. La zona di San Giovanni a Teduccio viene ricompresa, dal nuovo piano, nella zona rossa ponendo ulteriori vincoli al tema indifferibile della sicurezza; i recenti drammatici fatti di Genova dovrebbero indurre ad elevare la soglia della sicurezza che in condizioni come quella descritta deve essere molto elevata; altresì non possono essere rimossi i rischi di esplosione insiti in una centrale termoelettrica. Si ricorderà, infatti, che nella città di Middletown (Connecticut, USA), il 7 febbraio 2010 esplose la locale centrale turbogas; l'esplosione fu udita a 50 chilometri di distanza, causò la morte di 5 operai e decine di feriti, radendo al suolo edifici ed alberi nel raggio di 1 chilometro; la Tirreno Power, sempre nella documentazione acclusa alla domanda per ottenere il rinnovo dell'Autorizzazione integrata ambientale (Allegato A24, relazione sui vincoli territoriali, urbanistici ed ambientali, al punto 2.3 pianificazione di livello comunale), insiste sullo scarso valore dei luoghi in cui è ubicata la centrale. Scrive, infatti, nel suo elaborato: «Infine è stata consultata la cartografia di piano al fine di verificare la presenza di eventuali vincoli (tavole n. 12, 13 e 14 del piano regolatore generale), da cui si evince che l'Area di studio non è classificata come area di interesse archeologico né è assoggettata a vincoli geomorfologici o paesaggistici ...»; con queste sue affermazioni la Tirreno Power continua ad ignorare le prescrizioni contenute nel decreto Map n. 55-01-2005 con il quale si autorizzava a realizzare la centrale. Le prescrizione definite dal Ministero per i beni e le attività culturali restano inapplicate. Se mai le autorità preposte dovessero decidere la loro piena attuazione, l'intero progetto dell'area dovrà essere riscritto; lo stesso decreto di Via, rilasciato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, protocollo n. 5 del 9 gennaio 2008, parere numero 966 del 24 luglio 2007, avente per oggetto «Adeguamento darsena di levante a terminal contenitori mediante colmata e conseguenti opere di collegamento nel Comune di Napoli 363 per la costruzione del nuovo Terminale Contenitori di Napoli Levante», precisa che: «Si richiama, inoltre, l'attenzione di codesto Ministero sulla presenza, a breve distanza, di talune emergenze, quali lo storico Fortino di Vigliena e l'edificio della Cirio, anch'esso sottoposto a tutela ai sensi del decreto legislativo 42 del 2004 parte II Titolo I per il suo particolare interesse culturale ...» (...) questo Ufficio, esaminati gli elaborati presentati, fa rilevare che l'area oggetto dell'intervento è posta tra quello che era l'antico territorio di Neapolis e quello delle città distrutte dall'eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo, con attestazione di insediamenti relativi a ville di epoca romana–: se e come sia disposta, ai sensi dell'articolo 9, comma 4, del decreto legislativo n. 59 del 2005, la verifica dell’iter seguito per il riesame del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA), richiesta dalla Tirreno Power il 15 gennaio 2009 per la centrale turbogas di Vigliena, in considerazione dell'impatto ambientale costituito dall'insieme dei progetti previsti, considerato anche che l’iter per il rilascio del rinnovo dell'AIA non è ancora concluso, e che è intervenuta una significativa novità costituita dal nuovo Piano nazionale di emergenza per il Vesuvio; se e come il tema delle partecipazioni del pubblico al procedimento per il rilascio della nuova autorizzazione dell'Aia, si ritenga assolto dalla pubblicazione di un trafiletto nelle pagine di un giornale così come chiesto dalla Tirreno Power con una raccomandata del 2009, protocollata presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (E. prot. DSA – 2009 – 0004111 del 20 febbraio 2009), il quale replicava che: «... Tirreno Power (provvederà), entro 15 giorni ... alla pubblicazione su un quotidiano a diffusione nazionale dell'allegato avviso al pubblico relativo all'avvio della procedura di riesame in oggetto»; se e come il Ministero dell'ambiente del territorio e del mare intenda far partecipare il comitato civico di San Giovanni a Teduccio al procedimento riguardante le determinazioni sulla centrale di Vigliena, considerato che «Nella Commissione Ambiente tenutasi il giorno 6 agosto 2008 presso la sede del Consiglio Comunale di Napoli in via Verdi, il Comitato Civico San Giovanni ha chiesto di essere inserito nelle conferenze di servizio relative alla Centrale Turbogas di Vigliena, al fine di garantire la maggior trasparenza delle procedure e la partecipazione dei cittadini nell'ambito del rispetto delle normative vigenti (legge 241 del 1990); 364 se e come, alla luce dell'insieme dei progetti presenti nell'area, siano disposte l'effettuazione della Via e della Vas; se e come si sia verificata l'applicazione delle prescrizioni del Ministero per i beni e le attività culturali contenute nel decreto Map n. 55-01-2005, e se sia stata sanzionata la loro eventuale inosservanza; se ci si appresti realmente a raddoppiare l'impianto di Vigliena, stante quanto riportato nell'articolo «Repovvering di Napoli levante» apparso sulla rivista Power Generation News – Ansaldo energia, anno XII, trimestrale 2010, posto che nell'articolo si afferma che: «La nuova configurazione della centrale e i serbatoi dell'acqua sono stati progettati in previsione della possibilità di collocare un'altra unità a ciclo combinato in futuro», anche perché, considerato che l'Ansaldo ha costruito l'impianto, la notizia appare più che fondata; se il rumore emesso dall'impianto rispetti i limiti definiti dalla normativa, tenuto conto che, nelle abitazioni circostanti la centrale, il rumore prodotto costringe i residenti a vivere barricati in casa; se e quali sostanze siano state scaricate in mare nel mese di agosto 2012, considerato che nella relazione allegata alla richiesta della Tirreno Power di rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale del 15 gennaio 2009, si evince – allegato B.18 –, che il trattamento previsto per le acque oleose, al punto 1.2.6.1, prevederebbe che: «Tali reflui provengono essenzialmente dai drenaggi dell'area trasformatori, dalle apparecchiature lubrificate con olio, dal lavaggio dei pavimenti, dagli scrubbersdel gas naturale e dalle acque meteoriche potenzialmente oleose» e la documentazione Arpac in merito afferma: «I risultati del campionamento di acqua di mare del 23 agosto hanno evidenziato odore di idrocarburi presenti in notevole quantità, un colore giallo chiaro con assenza di schiuma nel campione»; perché nel caso di specie non sembra sia osservato l'articolo 142, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004, «aree tutelate per legge», che include «i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare» –, come territori da salvaguardare e tutelare; se e come si intendano raccogliere informazioni per conoscere la natura degli allarmi emessi dalle sirene della centrale in diverse occasioni, affinché sia garantita la sicurezza per la popolazione che vive nell'area. (4-01411) 365 § 18. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01367147 Interrogazione a risposta scritta 4-01367 presentato da PINNA Paola testo di Martedì 23 luglio 2013, seduta n. 58 PINNA, VALLASCAS, NICOLA BIANCHI, CORDA, SPESSOTTO, CARINELLI, COLONNESE, NESCI, FRACCARO, DIENI, COZZOLINO, DALL'OSSO e SILVIA GIORDANO. Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro per gli affari europei, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che: la Carbosulcis SpA società della regine autonoma della Sardegna, è titolare della concessione mineraria «Monte Sinni» per la coltivazione del giacimento carbonifero del Sulcis. L'attività mineraria legata all'estrazione del carbone di questa zona della Sardegna ha origini lontane nel tempo e la Carbosulcis rappresenta ad oggi l'unica realtà italiana nella coltivazione del carbone. Tale attività di estrazione è diventata parte integrante del tessuto sociale del territorio, mutando nel tempo alla continua ricerca dell'innovazione nella sicurezza e nelle tecnologie volte a ridurre al minimo l'impatto ambientale; tuttavia, il 20 novembre 2012 la Commissione europea ha avviato, in base all'articolo 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato, due indagini approfondite e distinte riguardanti misure di sostegno pubblico nel territorio sardo del Sulcis Iglesiente. L'indagine inerente la Carbosulcis, SA.20867, evidenzia le perplessità da parte della Commissione europea in merito alla conformità delle norme in materia di aiuti con le misure a sostegno delle società della regione Sardegna. Infatti, tra il 1998 e il 2010 Carbosulcis spa ha ricevuto almeno 405 milioni di euro di sostegno pubblico sotto forma di aiuti all'investimento e al funzionamento nonché un sostegno in principio destinato ad obiettivi di formazione, ricerca e sviluppo e protezione ambientale. Tutte le misure sovraesposte sono state concesse senza notifica preliminare alla Commissione e non è stato dimostrato che l'aiuto fosse lo strumento più adeguato, né che fosse 147http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4347&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 366 necessario e proporzionale per la realizzare la sua finalità; nel concreto, le attività della miniera si reggono economicamente attraverso un continuo afflusso di finanziamento pubblico. Il 27 marzo 2013 il consiglio regionale ha dato il via libera allo stanziamento di 10 milioni di euro di residui per le attività di messa in sicurezza e custodia della miniera di Nuraxi Figus, nonostante le risorse indirizzate alla Carbosulcis spa siano bloccate a seguito dell'apertura della suddetta indagine; la crisi interessa le zone del sud ovest sardo ha indubbiamente un'origine nelle concomitanti difficoltà delle principali aziende industriali che hanno caratterizzato e influenzato lo sviluppo economico dell'area. Tra le principali conseguenze di tale grave situazione economica vi è certamente la disoccupazione, generata sia dalla chiusura di attività industriali sia dal mancato insediamento di nuove attività. Secondo i dati Istat nel 2012 i disoccupati sardi superano le 126 mila unità, con un tasso di disoccupazione pari al 18,5 per cento, rispetto al 12,8 per cento nazionale, e i dati relativi alla disoccupazione giovanile sono ancora più preoccupanti, infatti, quella dei giovani è la categoria sociale più a rischio per mancanza di prospettive. Nell'ottica di un rilancio produttivo è necessario un impegno volto alla riqualificazione e al sostegno dei settori nei quali si intravedono motivi di recupero produttivo; si osserva che finora le problematiche industriali e occupazionali in Sardegna, e nel caso in questione nel territorio del Sulcis Iglesiente, sono state affrontate con provvedimenti «tampone», interventi di tipo prevalentemente assistenzialistico che, trascinando situazioni già compromesse, non hanno rivelato una volontà di soluzione improntata a criteri di sostenibilità e competitività; pertanto risulta urgente e imprescindibile perseguire l'obiettivo di una risposta concreta al disagio sociale che deriva da tale grave scenario. Alla luce di ciò ci si domanda se sia opportuno continuare a sovvenzionare le attività di quei settori strutturalmente colpiti dalla crisi (come la miniera del «Monte Sinni») senza mai giungere a una soluzione o se, piuttosto, non sia conveniente utilizzare i fondi messi a disposizione per rinnovare e riqualificare il tessuto economico, nel rispetto della vocazione naturale del territorio, valorizzando i patrimoni naturale e storico-archeologico, le attività tradizionali e le potenzialità innovative, favorendo la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione e costruendo un nuovo futuro per i cittadini del Sulcis; a tal proposito, il 13 novembre 2012, il Ministero dello sviluppo 367 economico, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per la coesione territoriale, la regione autonoma della Sardegna, la provincia Carbonia Iglesias e i comuni del Sulcis Iglesiente hanno siglato il protocollo d'intesa (ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241) sul cosiddetto «Piano Sulcis». Si tratta dello strumento che individua gli obiettivi e i relativi programmi per lo sviluppo del territorio. Il progetto dovrebbe essere sovvenzionato con: i fondi regionali e locali, il fondo sviluppo e coesione (sulla base di un accordo tra regione sarda e Governo), i fondi del piano operativo nazionale sviluppo imprenditoriale locale. Fra le linee guida del progetto «Piano Sulcis» è presente «la realizzazione di un centro di eccellenza “carbone pulito” nel quadro di un polo tecnologico di ricerca e produzione di energia eco-compatibile»; nel medesimo protocollo di intesa è previsto il concorso internazionale di idee «Un'idea per lo sviluppo sostenibile del Sulcis», si tratta di una modalità innovativa – sperimentata, oltre che nella zona sarda in questione, a Pompei e a Reggio Calabria – tesa al coinvolgimento dei centri di competenza privati e al superamento della forte immaturità progettuale, sfruttando la potenziale vitalità del territorio. Le idee dovranno essere in linea con la progettualità locale e dovranno essere orientate a recuperare, valorizzare ed integrare le potenzialità, le abilità, le tradizioni del territorio, in una visione strategica di sviluppo sostenibile. Entro settembre saranno pubblicati i risultati del bando, da allora le aziende avranno novanta giorni per avanzare i progetti; il «Piano Sulcis», prevedendo l'avvio di importanti programmi di politica attiva del lavoro, collegati sia con le principali crisi aziendali e settoriali, sia con le nuove prospettive di sviluppo, ha l'obiettivo di dare soluzioni concrete di crescita al Sulcis. Il processo di valorizzazione del territorio, favorito e coordinato dalla pianificazione strategica, è indubbiamente una possibile risposta alle problematiche esposte, tuttavia, vi è preoccupazione circa la concretezza di tali proposte, il tempo necessario per la loro attuazione, l'effettiva presenza delle risorse economiche necessarie e la fattibilità rispetto alla normativa europea; inoltre, l'idea iniziale è lodevole così come risulta rilevante e degno di apprezzamento il dialogo instauratosi fra i vari livelli istituzionali e le parti sociali ma, come spesso accade, si registra un ritardo nell'attuazione del lavoro che, sebbene concepito come atto straordinario teso a dare risposte 368 a una grave situazione emergenziale, non ha ancora presentato le soluzioni promesse né tantomeno gli attesi provvedimenti straordinari. Il Sulcis e i suoi abitanti aspettano risposte concrete: l'apertura dei cantieri, la realizzazione di progetti, opere infrastrutturali e bonifiche; nell'impiego di fondi pubblici ci si augura un cambiamento di rotta che introduca un sistema omogeneo di regole e procedure certe, concordato e chiaro dall'inizio del periodo di programmazione e non in corso d'opera; si auspica, inoltre, che i Ministeri interessati assumano un ruolo di garanzia e controllo costante al fine di definire in modo puntuale gli obiettivi, i contenuti e i tempi di realizzazione dei programmi, collocando gli interventi all'interno di un sistema integrato di relazioni economiche e sociali funzionali allo sviluppo coordinato del territorio e quindi esplicitando sin dal principio quali siano i risultati attesi e i mezzi mediante i quali ottenerli –: se intendano confermare la volontà e l'impegno, espressi dal precedente Governo, di sostenere il territorio del Sulcis con l'attivazione di nuove iniziative imprenditoriali che diano attuazione al Piano Sulcis e se nell'attuazione di tale Piano saranno adottati i nuovi criteri tesi a un uso efficace ed efficiente dei fondi comunitari 2014-2020, elaborati al fine di superare i risultati insoddisfacenti del precedente ciclo; se ritengano che il «Piano Sulcis» sia compatibile con l'indagine approfondita avviata dalla Commissione in materia di aiuti di Stato alla Carbosulcis e, in merito a ciò, quale sia lo stato di avanzamento di tale indagine; con quali risorse si intendano finanziare gli interventi previsti nel Piano Sulcis, al fine di confermare o smentire le affermazioni riportate dalla stampa secondo cui ci sarebbero a disposizione 124 milioni di euro provenienti dalle sanzioni che hanno pagato le aziende del Sulcis, nello specifico fondi derivanti «dalla multa dell'Unione europea inflitta all'Alcoa e ad altre industrie di Portovesme per aver usufruito di aiuti economici sull'energia dallo Stato»; come intendano inserire all'interno del piano di interventi le agevolazioni previste dal «bando per potere usufruire dei benefici fiscali da parte delle piccole imprese del Sulcis Iglesiente» (fiscalità di vantaggio) che «sarà pubblicato entro l'estate», secondo quanto riportato nell'articolo pubblicato sul sito del quotidiano La Nuova Sardegna in data 13 luglio 2013. (4-01367) 369 § 19. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00207148 Interrogazione a risposta scritta 4-00207 presentato da PRODANI Aris testo di Martedì 16 aprile 2013, seduta n. 9. PRODANI e RIZZETTO. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: nel primo incontro del tavolo di crisi del gruppo Lucchini, svoltosi il 22 gennaio 2013 a Roma presso il Ministero dello sviluppo economico, il Governo ha preso l'impegno per una rapida apertura del confronto con i territori in cui sono presenti gli stabilimenti Lucchini di maggiore dimensione (impianto di Piombino e la Ferriera di Servola a Trieste), affinché venga riconosciuto il caso di crisi industriale complessa e l'avvio della discussione sui processi di riconversione produttiva; è stato espresso il parere favorevole del 24 gennaio 2013 da parte della Conferenza Stato-regioni, ai sensi dell'articolo 27, comma 8, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, sullo schema di decreto del Ministro dello sviluppo economico recante: «Riordino della disciplina in materia di riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale complessa»; è prossimo il varo dell’action plan sulla siderurgia della Commissione europea previsto per il 5 giugno a Bruxelles, cui è interessato il gruppo Lucchini –: quali iniziative intenda adottare al fine di dare attuazione al percorso scaturito dall'ultimo tavolo sopracitato del 24 gennaio 2013; se intenda attivarsi al fine di avviare le procedure in corso per l'effettivo inserimento dello stabilimento Ferriera di Servola di Trieste del gruppo Lucchini nell'area di crisi complessa, quali siano i criteri di attuazione e se sia stata formulata la bozza di programma che avrebbe dovuto essere inviata dalla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia. (4-00207) 148http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1340&stile=7&highL ight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 370 § 20. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00518149 Interrogazione a risposta scritta 4-00518 presentato da PRODANI Aris testo di Martedì 21 maggio 2013, seduta n. 20 PRODANI e RIZZETTO. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: la Ferriera di Servola (Trieste) è uno degli stabilimenti industriali del gruppo Lucchini per il quale il Governo ha avviato un tavolo di crisi il 22 gennaio 2013 a Roma, presso il Ministero dello sviluppo economico; l'Esecutivo si è impegnato ad avviare il confronto con i territori in cui sono presenti gli stabilimenti Lucchini maggiori, Trieste inclusa, in modo da riconoscere lo stato di crisi industriale complessa e avviare il processo di riconversione produttiva; il 24 gennaio 2013 la Conferenza Stato-regioni ha espresso il proprio parere favorevole sullo schema di decreto del Ministro dello sviluppo economico di «Riordino della disciplina in materia di riconversione e riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale complessa»; secondo quanto riportato dal quotidiano triestino Il Piccolo del 17 maggio 2013, il vicepresidente della Commissione dell'Unione europea Antonio Tajani – al termine della tavola rotonda di alto livello sull'acciaio tenutasi a Bruxelles il 16 maggio 2013 – ha assicurato che la Ferriera di Servola (Trieste) sarà inclusa nel prossimo Piano dell'Unione europea per la siderurgia. «La ristrutturazione può sostenere il progresso economico e sociale, ma – ha dichiarato Tajani alla stampa – si devono anticipare i cambiamenti strutturali», e questo è fattibile «se le aziende prendono misure correttive e se le autorità pubbliche aiutano a creare le condizioni giuste»; alla tavola rotonda ha partecipato, come rappresentante italiano, il sottosegretario di Stato allo sviluppo pro tempore economico Claudio De Vincenti; il presidente della regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani ha commentato le esternazioni di Tajani auspicando che «soluzioni per la Ferriera di Servola sono possibili solo con l'impegno congiunto a livello 149http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1962&stile=7&highL ight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 371 europeo, nazionale e locale»; il 5 giugno 2013 la Commissione europea approverà l’action plan sulla siderurgia che interessa anche il gruppo Lucchini e la Ferriera di Servola –: se il Ministro interrogato intenda fornire ogni utile informazione sull'esito della tavola rotonda di alto livello sull'acciaio tenutasi a Bruxelles; se intenda attivarsi al fine di avviare le procedure in corso per l'effettivo inserimento dello stabilimento Ferriera di Servola nell'area di crisi complessa, favorendo così la soluzione ad una grave crisi lavorativa ed occupazionale in grado di minare il tessuto produttivo di Trieste. (4-00518) § 21. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00410150 Interrogazione a risposta scritta 4-00410 presentato da RIZZETTO Walter testo di Martedì 14 maggio 2013, seduta n. 15. RIZZETTO e PRODANI. Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: i «titoli di efficienza energetica» (TEE), noti come certificati bianchi, costituiscono un sistema di incentivazione introdotto con la liberalizzazione del mercato dell'energia (decreto legislativo n. 79 del 1999 di attuazione della direttiva comunitaria 96/92/CE) che, prima emessi dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) e ora dal Gestore del mercato energetico (GME), consentono di certificare il conseguimento di risparmi energetici negli usi finali attraverso interventi e progetti di incremento dell'efficienza energetica. I certificati sono dei veri e propri titoli di efficienza, scambiabili sul mercato gestito dal GME; il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha adottato una serie di decreti attuativi che regolamentano questi certificati di cui l'ultimo il decreto ministeriale del 28 dicembre 2012, ha stabilito gli obiettivi quantitativi nazionali di incremento dell'efficienza energetica per il quadriennio 20132016; sono ammessi agli incentivi sia soggetti privati (aziende del settore industriale, civile, terziario e trasporti) che amministrazioni 150http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1746&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 372 pubbliche, autorizzati ad avvalersi delle energy service company (ESCO), società che effettuano interventi finalizzati al miglioramento dell'efficienza energetica, sottoscrivendo un contratto finanziario tramite terzi di servizio energia o di rendimento energetico; secondo l'attuale sistema di certificazione, stabilito dall'articolo 10 del decreto ministeriale 28 dicembre 2012, questi benefici «non sono cumulabili con altri incentivi, comunque denominati, a carico delle tariffe dell'energia elettrica e del gas e con altri incentivi statali, fatto salvo, nel rispetto delle rispettive norme operative, l'accesso a: a) fondi di garanzia e fondi di rotazione; b) contributi in conto interesse; c) detassazione del reddito d'impresa riguardante l'acquisto di macchinari e attrezzature»; la normativa vigente, infatti, consente solo il cumulo con incentivi regionali e comunitari, oltre ad agevolazioni fiscali nella forma del credito d'imposta a favore del teleriscaldamento alimentato con biomassa o con energia geotermica –: se il Governo intenda assumere iniziative per rendere cumulabili per le aziende i «certificati bianchi» con un sistema di detrazioni fiscali, in modo da favorire interventi di efficienza energetica e di produzione da fonti rinnovabili in grado di ridurre costi e sprechi, agevolando le imprese del settore già provate dalla crisi economica e dall'incertezza legata alla direzione altalenante che il sistema di incentivi ha vissuto negli ultimi tre anni. (4-00410). § 22. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01689151 Atto Camera Interrogazione a risposta scritta 4-01689 presentato da D'AMBROSIO Giuseppe testo di Venerdì 9 agosto 2013, seduta n. 69 151 http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6169&stile= 7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRIT TA%27 373 D'AMBROSIO. Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che: sono 380, in Basilicata, i lavoratori del settore del mobile imbottito, dipendenti delle aziende Doimo, Incanto e Mid, che attendono il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la fruizione della cassa integrazione; nello specifico, l'attesa dura dal febbraio scorso per i 150 dipendenti della Manifattura italiana divani (Mid) la cui cassa integrazione straordinaria dovrebbe avere una durata biennale. Alla Incanto sono 180 i lavoratori per una cassa integrazione in proroga della durata di sei mesi avviata il 6 maggio scorso, mentre alla Doimo la cassa integrazione straordinaria, che riguarda 50 lavoratori, è stata avviata il 15 giugno 2013 e avrà la durata di un anno; recentemente anche la Natuzzi aveva manifestato l'intenzione di chiudere gli stabilimenti di Matera e Ginosa avviando procedure di mobilità per 1726 lavoratori; per sostenere e rilanciare il distretto del mobile imbottito era stato previsto appena a febbraio 2013 uno stanziamento di 101 milioni di euro, grazie a un accordo di programma tra il Ministero dello sviluppo economico, la regione Puglia, la regione Basilicata e Invitalia. L'intesa aveva molteplici obiettivi, tra cui la salvaguardia e il consolidamento delle imprese murgiane che operano nel settore del mobile imbottito, l'attrazione di nuove iniziative imprenditoriali, il sostegno – finalizzato al reimpiego – dei lavoratori espulsi dalla filiera produttiva, in una zona pesantemente colpita dalla crisi delle imprese del comparto; le risorse finanziarie stanziate erano state così ripartite: il Mise 40 milioni di euro, la regione Puglia 40 milioni di euro, la regione Basilicata 21 milioni di euro; è stato costituito un comitato di coordinamento (sotto la regia di Ministero dello sviluppo economico) per assicurare l'organicità degli interventi –: quali siano le motivazioni per cui, nonostante il predetto recente e significativo, dal punto di vista finanziario, intervento pubblico nel distretto del mobile imbottito di quell'area, proprio in quel contesto si assiste ad una significativa perdita di posti di lavoro. 374 Capitolo 8 Al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali premesso che …....... per sapere se ………. § 1. Breve sommario In questo capitolo, sono raccolti solo 8 atti di sindacato ispettivo (interrogazioni a risposta scritta, question time in aula, interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che pongono domande e quesiti al Ministro degli Esteri. Molti di questi – alla data di pubblicazione della presente raccolta – non hanno ancora risposta. § 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00478152 Interrogazione a risposta scritta 4-00478 presentato da DIENI Federica testo di Giovedì 16 maggio 2013, seduta n. 17 DIENI, NESCI, PARENTELA e BARBANTI. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che: la Calabria produce il 30 per cento dell'intera produzione nazionale di arance di cui è seconda produttrice dopo la Sicilia ed è prima produttrice nazionale di clementine e mandarini che rappresentano il perno economico dell'agrumicoltura della piana di Gioia Tauro, una zona in cui ancora oggi per incidenza occupazionale l'agricoltura rappresenta il primo settore economico; l'economia agrumaria di tutta la Calabria vive ormai da decenni un processo di impoverimento e di progressiva scomparsa, che riguarda anche le 152http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1882&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 375 colture più fortunate e che fonda le sue radici nelle speculazioni del mercato, nell'aumento dei costi di produzione e in lunghe storie di cooperative e finanziamenti pubblici che si sono resi terreno fertile per i traffici della malavita organizzata; nella piana di Gioia Tauro esiste una comunità che vive una situazione di degrado e di abbandono: le clementine vengono vendute a 0,20 cent/Kg a fronte di costi di 0,12 cent/Kg, le arance sono vendute a 10 cent/Kg a fronte di costi di raccolta di 0,7 cent/Kg, le arance destinate alla trasformazione dei succhi sono vendute a 0,6 cent/Kg, ma il prezzo di raccolta supera gli stessi ricavi; la grande distribuzione e le industrie acquistano le arance a prezzi più bassi rispetto ai costi di raccolta e di lavorazione di tali frutti, generando un sistema che impedisce al piccolo produttore non solo di avere un ricavo dignitoso dal proprio lavoro ma anche soltanto di sostenerne le spese se non ricorrendo allo sfruttamento di manodopera a basso costo; nel quadro della generale crisi e della particolare crisi agrumaria, nelle campagne intorno a Rosarno centinaia di aranceti sono rimasti abbandonati e conseguentemente è stato drasticamente ridotto il numero degli immigrati, in maggioranza africani, impegnati nel lavoro di raccolta, immigrati che oggi versano in una situazione drammatica riuscendo ad essere occupati solamente unodue giorni a settimana e che non solo lavorano in nero, senza contratto di lavoro e protezione sindacale, ma ricevono una paga di circa 25 euro al giorno rispetto alla tariffa che dovrebbe essere di 45 euro; gli agricoltori della piana di Gioia Tauro chiedono di aumentare i prezzi minimi di vendita dei loro prodotti che dovrebbero quindi essere adeguati e di ricevere un supporto pubblicitario dalla regione affinché i prodotti della piana siano meglio commercializzati sui mercati nazionali ed esteri, allo stesso modo di quanto da decenni viene fatto in Sicilia, e lamentano l'insufficienza degli aiuti comunitari, limitati a circa 1700 euro per ettaro coltivato ad agrumi, appena sufficienti a coprire i costi delle tasse per il Consorzio di bonifica e l'IMU; come emerge dal quadro territoriale regionale paesaggistico 2012 «la Regione Calabria è chiamata ad intervenire per supportare una generalizzata e prioritaria politica di riduzione dei costi di produzione, anche attraverso la modernizzazione dell'intera struttura aziendale. La valorizzazione di prodotti di largo consumo (olio di oliva, agrumi) e dei prodotti di alto profilo (salumi, formaggi, vini, cedro e bergamotto, liquirizia, cipolla di Tropea eccetera), indispensabile per 376 sviluppare economicamente il settore, non può non essere incentrata su attività di caratterizzazione geografica e marketing territoriale che abbiano la Regione Calabria come attore principale. Prioritario è dare il giusto supporto per superare la debolezza strutturale del settore agro-industriale calabrese, per aumentare l'efficienza delle imprese agricole e agroindustriali migliorandone le capacità imprenditoriali e professionali. Si punterà inoltre, verso una diversificazione e rigenerazione delle produzioni ed una maggiore adesione ai sistemi di qualità (biologico, integrato e produzioni tipiche). Rimane cruciale, il potenziamento delle dotazioni infrastrutturali, in particolare quelle collettive volte all'aggregazione, alla promozione ed alla commercializzazione del prodotto.» –: di quali notizie dispongano in merito i Ministri interrogati e quali misure si intendano assumere per risanare e rilanciare l'economia agrumaria della piana di Gioia Tauro e far fronte alle istanze degli agricoltori calabresi. (4-00478) § 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01935 153 Testo presentato, in data Martedì 24 settembre 2013, seduta n. 83, da: GAGNARLI, GALLINELLA, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali – Per sapere – premesso che: ai fini della programmazione dei fondi strutturali per il periodo 2014-2020 l'accordo di partenariato – AP è un documento strategico di estrema rilevanza in quanto definisce precisi risultati da conseguire a livello nazionale attraverso la definizione di 11 obiettivi tematici; le criticità che si ravvisano in merito alla gestione dei fondi europei sono purtroppo note e vanno dalla incapacità delle istituzioni coinvolte di fare sistema, alla inefficienza delle strutture pubbliche preposte alla gestione dei programmi, dalle difficoltà dei programmatori pubblici di assicurare la fattibilità e la prevedibilità dei procedimenti competitivi per l'accesso a benefici ed incentivi 153http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6964&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 377 fino alle enormi lacune nelle capacità tecniche dei soggetti ammissibili ai contributi; è evidente che per sfruttare al meglio i fondi messi a disposizione dall'Unione europea è necessaria un'azione sinergica da parte di tutte le istituzioni nazionali, affinché si concentrino le risorse su pochi ma strategici interventi e si predispongano, nel contesto delle politiche ordinarie, misure adeguate a massimizzare l'impatto delle azioni realizzate con il supporto dei finanziamenti europei per la coesione; tra le azioni previste per il conseguimento dell'obiettivo tematico 9, relativo all'inclusione sociale, è prevista la promozione, presso le aziende agricole, di progetti di agricoltura sociale, rivolti alla formazione e all'inserimento lavorativo e alla creazione di servizi alla popolazione; nel corso di questa legislatura la Commissione agricoltura ha avviato la discussione di diversi progetti di legge in materia di agricoltura sociale volti a regolamentare tale attività, senza che si sia ancora giunti all'approvazione di un testo condiviso; a parere degli interroganti, è assolutamente urgente l'approvazione di un testo normativo considerato che le azioni a sostegno dell'agricoltura sociale sono incluse nell'accordo di partenariato e che sono perciò considerate prioritarie dal Governo ed incluse nella strategia complessiva di utilizzo dei fondi europei –: se non intenda promuovere iniziative per definire, un quadro normativo chiaro indispensabile a programmare gli interventi di promozione dell'agricoltura sociale a valere sul FEASR. (4-01935) § 4. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01930154 Testo presentato, in data Martedì 24 settembre 2013, seduta n. 83, da: GAGNARLI, BENEDETTI, BERNINI,GALLINELLA, L’ABBATE, LUPO e PARENTELA. Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che: il riconoscimento degli animali quali esseri senzienti, e quindi portatori di diritto, è uno dei capisaldi della politica dell'Unione europea; le fasi di trasporto e scarico degli animali, rappresentano 154http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6959&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 378 uno dei maggiori fattori di stress per gli animali avviati al macello, influenzando in maniera significativa la qualità delle carni da esse derivate; in osservanza del Regolamento (CE) 853/2004 (Norme specifiche in materia di igiene degli alimenti di O.A.) allegato III, sezione I cap. I, chi effettua il trasporto degli animali vivi al macello deve accertarci che durante la raccolta e il trasporto, gli animali vengano manipolati con cura evitando inutili sofferenze; in osservanza del regolamento (CE) 1099/2009, applicativo dal 1° gennaio 2013 «gli animali feriti o malati devono essere macellati e abbattuti sul posto; il veterinario ufficiale può tuttavia, autorizzare il loro trasporto per la macellazione o l'abbattimento, purché non comporti ulteriori sofferenze»; lo stesso regolamento comunitario stabilisce che le condizioni relative al benessere degli animali di ogni partita devono essere valutate sistematicamente al momento dell'arrivo del responsabile della tutela del benessere animale o da una persona che renda conto direttamente al responsabile della tutela del benessere animale, al fine di individuare le priorità definendo in particolare quali animali hanno specifiche esigenze di benessere e le relative misure da adottare; secondo quanto si apprende da diverse fonti stampa e a seguito della denuncia della Lega Anti Vivisezione, dopo 56 giorni di controlli, effettuati dalla task force della polizia stradale, in collaborazione con Lav e Animals’ Angels, sulle strade e autostrade italiane di Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Marche, Toscana, Lazio e Calabria, sono state riscontrate 534 violazioni su 650 veicoli controllati (8 veicoli su 10), per un totale di 345 mila euro di sanzioni; altre migliaia sarebbero le violazioni riscontrate, durante controlli di routine, dagli agenti formati dalla Lav; il trasporto degli animali vivi verso i mattatoi, si legge in una nota della stessa LAV, coinvolge ogni anno, solo in Italia, 500 milioni di animali, 5 milioni dei quali affrontano distanze incredibili, con viaggi che durano diversi giorni, in condizioni drammatiche, a temperature che d'estate superano i 40° C, a volte senza soste o cibo e acqua adeguati; condizioni che portano alla morte prematura molti animali, quasi sempre dopo una terribile agonia, e che configurano molte delle illegalità riscontrate nei controlli della task force; la Lav si batte da anni per portare alla luce la sofferenza degli animali trasportati, chiedendo, sia in sede nazionale che comunitaria, normative che mettano fine a queste inutili sofferenze –: 379 se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, sia in sede nazionale che comunitaria, per migliorare la normativa sul trasporto animale introducendo limiti temporali massimi al trasporto degli animali su lunga distanza; se il Governo non intenda porre in essere iniziative volte all'adozione di politiche che non prevedano la sovvenzione, attraverso fondi pubblici, per l'apertura di grandi macelli industriali che richiedano la movimentazione di decine di migliaia di animali. (4-01930) § 5. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-00807 155 Testo presentato, in data Mercoledì 31 luglio 2013, seduta n. 62, da: L'ABBATE, GAGNARLI, M.BERNINI, GALLINELLA, PARENTELA, LUPO e BENEDETTI. Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali — Per sapere – premesso che: la crisi del settore cunicolo non si attenua e tende invece ad aggravarsi, nonostante l'attivazione del piano anticrisi che si è rivelato complessivamente inefficace; le quotazioni al ribasso segnalate dalle associazioni di produttori indicano una scarsa efficacia e trasparenza del nuovo strumento CUN, individuato nell'ambito del piano di settore, a fronte di una rarefazione degli allevamenti italiani e di una domanda pressoché stabile che in alcune regioni appare addirittura inevasa per carenza di prodotto; l'istituzione della commissione unica nazionale CUN è nata da un protocollo d'intesa tra tutti i principali operatori di mercato interessati e dall'esigenza di monitorare, tutelare e rendere trasparente il mercato nazionale, sotto l'egida del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; i prezzi all'origine sono ormai da diverse settimane cinquanta centesimi sotto il livello di costo medio (euro 1,9-2,0/chilogrammo), al fine di trasferire un costo ingiustificato sugli allevatori dovuto alle promozioni dei macellatori; tale indebita pretesa avviene mediante la diffusione di 155http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5185&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27 380 notizie false, esagerate e fuorvianti e con l'utilizzo strategico della leva import-export, così da alterare fraudolentemente il mercato cagionando danni al patrimonio zootecnico nazionale e ai consumatori; l'esigenza di tutela non vede ancora applicate le disposizioni al divieto di vendita sottocosto sancite dall'articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 24 gennaio 2012 «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività» che l'Italia ha esteso ai prodotti agricoli, e che trovano una ratio anche nelle sentenze della Corte di giustizia europea la quale ha stabilito, per le vendite al dettaglio, che il divieto è contenuto nel concetto di «modalità di vendita» e non rientra nel campo di applicazione dell'articolo 34 TFUE se vale nei confronti di tutti gli operatori interessati e se incide in egual misura sullo smercio dei prodotti sia nazionali sia provenienti da altri Stati membri; i patti del protocollo sottoscritti tra tutti gli operatori interessati della filiera e dal coordinatore del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali non vengono pertanto rispettati, compresa l'effettiva applicazione nei contratti dei prezzi indicati dalla CUN, senza che sinora l'attività di vigilanza abbia adottato alcuna misura; questa situazione di pratiche sleali si aggiunge al mancato rispetto dei pronunciamenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato che ha inviato un parere alle Camere e al Governo con il quale ha rilevato, tra l'altro, come «la formazione dei prezzi alla produzione, basata ancora su regolamenti che riposano su logiche di decentramento delle contrattazioni (borse merci locali)», non sono più «compatibili con i princìpi della concorrenza», senza che siano stati sinora disapplicati i loro regolamenti; si assiste così ad un progressivo passaggio dei commissari delle borse merci locali di Verona e Padova nella CUN, che invece deve essere rappresentativa dell'intero mercato nazionale, che palesa una situazione di incompatibilità gravemente tollerata dal regolamento della CUN –: quali urgenti iniziative si intendano adottare per assicurare un rapido e dettagliato adeguamento del regolamento CUN ai principi di neutralità e trasparenza sanciti dall'antitrust; quali urgenti iniziative si intendano adottare per assicurare la «disapplicazione» obbligatoria dei regolamenti delle borse merci di Verona e Padova ed il divieto per i commissari di partecipare contestualmente sia alla borsa merci locale che alla CUN o, in subordine, demandare tale obbligo all'Autorità garante della concorrenza e del mercato; quali urgenti 381 iniziative si intendano adottare per verificare se vi siano responsabilità nella mancata attuazione ed efficacia del piano e nel ritardo di avvio della CUN rispetto alla programmazione; per quanto di propria competenza, se non si ritenga necessario addivenire ad un ridisegno organico del settore cunicolo anche attraverso l'emanazione di norme cogenti da parte dello Stato e l'istituzione di un'autorità amministrativa indipendente, dotata di personalità giuridica e piena autonomia la cui attività di vigilanza sia rivolta alla tutela dei commissari delle CUN, all'efficienza, alla trasparenza e allo sviluppo del mercato delle merci agricole italiano; per quanto di propria competenza, se non si ritenga necessario addivenire, mediante una circolare del Ministero che asserisca anche se il divieto rientri tra le modalità di vendita dei prodotti agricoli, alla definizione di un indicatore di costo medio cui i commissari CUN non possono derogare nelle loro trattative, nel rispetto dei principi di buone prassi sancito dalla Commissione europea. (500807) § 6. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01014156 Testo presentato, in data Mercoledì 26 giugno 2013, seduta n. 41, da: LUPO, BENEDETTI,BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE e PARENTELA. Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali — Per sapere – premesso che: la Commissione europea ha appena ritirato la proposta di Regolamento volta ad introdurre il divieto per i pubblici esercizi di proporre oli di oliva vergini in confezioni prive di idoneo dispositivo di chiusura «antirabocco», tale che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata, ovvero non adeguatamente etichettate in modo che sia indicata l'origine del prodotto e il lotto di produzione a cui appartiene; tale normativa, già adottata da alcuni Paesi membri tra i 156http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2475&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 382 quali l'Italia, è indispensabile a garantire la salute e la sicurezza del consumatore, posto che evita manipolazioni difendendo l'olio di qualità, e consente una più efficace azione di contrasto alla contraffazione, fenomeno assai rilevante nel settore dell'olio vergine ed extravergine di oliva e che danneggia in modo particolare il nostro Paese, in cui il sistema olivicolo-oleario rappresenta una grande biodiversità con una propensione all'eccellenza che ne fa un unicum nel panorama mondiale; l'Italia è il secondo produttore mondiale di olio di oliva con circa 250 milioni di piante e una produzione di oltre mezzo milione di tonnellate e vanta oltre 40 oli extravergine d'oliva certificati Dop e Igp con un fatturato stimato in 2 miliardi di euro e un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative; è indispensabile una normativa europea a tutela del settore oleario mediterraneo ed italiano in particolare, a garanzia dei consumatori e dei produttori nazionali costretti a sostenere elevatissimi costi di produzione e danneggiati dalla concorrenza di operatori stranieri che contano su una organizzazione produttiva e commerciale basata su una olivicoltura meccanizzata che sacrifica la qualità del prodotto finale a vantaggio di una maggior economicità; l'applicazione della legge 14 gennaio 2013, n. 9, recante norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini, è attualmente sospesa a causa di alcuni rilievi posti dalla Commissione europea –: di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione a quanto espresso in premessa, quali iniziative intenda intraprendere presso l'esecutivo comunitario per consentire l'immediata applicazione della legge citata e se non ritenga urgente intervenire, presso le competenti sedi comunitarie, al fine di tutelare il sistema olivicolo-oleario nazionale. (4-01014) § 7. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00977157 Testo presentato, in data Venerdì 21 giugno 2013, seduta n. 38, da: LUPO, BENEDETTI,M.BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA,L'ABBATE, PARENTELA e ZACCAGNINI. 157http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2438&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 383 Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che: si sta ingenerando nei consumatori italiani una notevole preoccupazione circa la pericolosità del latte nazionale e dei suoi derivati; già pochi giorni orsono si era acclarato il caso di latte contaminato dal batterio patogeno Brucella in alcune filiere bufaline del Casertano, dove alcuni allevatori avevano mascherato fraudolentemente l'evenienza dell'infezione bufalina; il giorno 20 giugno 2013 i carabinieri del NAS di Udine hanno arrestato il manager del Cospalat del Friuli Venezia Giulia, Renato Zampa, nell'ambito dell'indagine sulla messa in commercio di latte contaminato con sostanze tossiche; nell'operazione sono indagate in tutto 24 persone, tra cui anche autisti di mezzi del trasporto incaricati di commerciare latte con Paesi balcanici, per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla frode in commercio, all'adulterazione di sostanze alimentari e al commercio di alimenti potenzialmente nocivi; per altri cui è pervenuto l'avviso di garanzia, si è ravvisato anche il reato di furto di latte; la contaminazione del latte di Udine consiste nella presenza di residui di antibiotici e di aflatossine; la presenza delle aflatossine, agenti accertati scientificamente come cancerogeni, è un fattore di tossicità particolarmente insidioso per l'infanzia; non è nota nel caso di specie l'esposizione dei consumatori del latte e dei suoi derivati per la contaminazione in questione –: quale sia l'orientamento del Governo, per quanto di competenza, in merito alla questione al fine di rassicurare la popolazione italiana e i produttori onesti circa la repressione e soprattutto la prevenzione delle frodi tossiche sul latte, anche in relazione all’import di latte «triangolato», in modo che comunque la presenza delle afiatossine sia limitata, all'interno dei parametri internazionali di tollerabilità, in tutte le matrici alimentari. (4-00977) § 8. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00782158 Testo presentato, in data Martedì 11 giugno 2013, seduta n. 31, da: 158http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2243&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 384 LUPO, BENEDETTI, M.BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, PARENTELA, ZACCAGNINI, BARONI, CECCO NI, DI VITA, DALL'OSSO,LOREFICE, SILVIA GIORDANO, GRILLO e MANTERO. Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: nella mattinata del 31 maggio 2013 da tutti i quotidiani on line si è appreso di un'indagine in provincia di Caserta del Corpo forestale dello Stato come polizia giudiziaria, delegata dalla procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, in materia di salubrità della filiera bufalina; già l'11 settembre 2008 l'opinione pubblica italiana venne informata da un dettagliato e lungo articolo del settimanale l'Espresso firmato da Fittipaldi delle connessioni tra Camorra e alcuni settori zootecnici casertani bufalini anche nell'attività di occultare i casi di brucellosi in taluni allevamenti di bufali; Fittipaldi testualmente scriveva «I padrini della nuova mafia campana non temono nulla: figuriamoci i veterinari. L'unico nemico che non riescono a fermare è la brucellosi. Quando l'epidemia diventa inarrestabile e le autorità non possono più chiudere gli occhi, loro trovano comunque una soluzione. Importano clandestinamente bufale dalla Romania, animali non utili per la produzione di mozzarella e di costo basso, e le sostituiscono ai capi infetti da eliminare. In questo modo intascano i rimborsi pubblici per gli abbattimenti e continuano a mungere i bovini ammalati per confezionare mozzarella. Francesco Schiavone mi rispose che quelle dei paesi dell'est non erano idonee alla produzione del latte ma solo per la carne. Mi spiegò tuttavia che le bufale della Romania potevano essere utilizzate per sostituire dei capi infettati destinati all'eliminazione, che dovevano essere occultati e sottratti agli abbattimenti disposti dall'autorità, al fine di continuare a usarle per fare la mozzarella di bufala. Mi disse che alcuni allevatori di Casale già stavano acquistando degli animali in Romania per sostituire le bufale infette (...)» Le dichiarazioni del «pentito» riguardano fatti recentissimi: dal 2002 al 2007. Nel suo racconto però gli inganni sulla mozzarella sono prassi antica. «Ricordo ancora che nel 1988-89 vi fu un'epidemia di una malattia che colpiva le bufale alla bocca al punto che gli animali morivano perché non riuscivano più a mangiare. Dopo di questa malattia 385 intervenne l'Asl competente che procedette a fare dei controlli finalizzati ad accertare focolai di brucellosi. All'epoca i pubblici veterinari che intervenivano avevano ottimi rapporti con noi casalesi... Allora decidemmo di mandare un fiancheggiatore del clan ad acquistare delle giovenche piccole esenti da brucellosi da un'azienda di Latina che noi sapevamo essere a norma. Comprate queste otto giovenche, ovvero giovani capi bufalini, ce li siamo passati azienda per azienda sottoponendo sempre quest'ultimi e non gli altri capi ai controlli veterinari allo scopo di falsarne le risultanze di laboratorio. Questa procedura era al corrente del personale sanitario che interveniva per fare i controlli, i quali tuttavia soprassedevano agli evidenti illeciti intimoriti dal fatto che potevano essere sottoposti ad azioni violente»; il procuratore aggiunto Raffaella Capasso a proposito dell'indagine di Caserta del Corpo forestale ha dichiarato «Si è scoperto un ingegnoso e illegale sistema di mascheramento della brucellosi ai danni della salute pubblica e del consumatore»; il sistema criminale consiste appunto nel fatto che alcuni capi bufalini erano stati sottoposti alla somministrazione di dosi massicce di vaccino, servito a mascherare e occultare la presenza della brucellosi durante i controlli sanitari; l'espediente criminale della vaccinazione sui capi bufalini infetti è servito in un primo momento a evitare l'abbattimento obbligatorio dell'animale infetto, come previsto dal programma europeo contro la brucellosi, al fine di sfruttarlo fino allo stremo per ricavarne quanto più latte possibile; i capi alla fine venivano abbattuti per percepire comunque i contributi previsti dall'Unione europea; la mozzarella di bufala è uno dei più importanti prodotti del made in Italy agroalimentare conosciuto in Europa e nel mondo e deve esser assolutamente tutelato da ogni tentativo di pirateria e di azione criminale fraudolenta che ne svilisca l'immagine; la brucellosi è una patologia presente sia nei bovini che negli ovini ed è trasmissibile all'uomo da ferita o microferita da animale infetto, da utensili infetti per inalazione o da ingestione di prodotti caseari contaminati; la brucellosi è ritenuta una malattia professionale di allevatori e veterinari, ma è anche, e soprattutto, come evidenziato dalla letteratura scientifica concorde, compresa quella italiana, una patologia umana connessa al consumo di alimenti infetti da Brucella; l'incidenza della brucellosi è passata nel nostro Paese negli 386 ultimi 15 anni da svariate centinaia di casi a poche decine di casi l'anno; la brucellosi è una patologia che ha una mortalità poco sotto il 2 per cento rispetto all'evenienza della malattia e comunque l'Organizzazione mondiale della sanità stima un'incidenza reale della brucellosi almeno 10 volte superiore alle denunce ufficiali –: se siano a conoscenza dei fatti citati in premessa e quali iniziative urgenti, nell'ambito delle rispettive competenze, i Ministri interrogati intendano adottare per fronteggiare sia l'infiltrazione del crimine organizzato nella zootecnia bufalina sia l'allarme causato dall'occultamento criminale di episodi di brucellosi in alcuni allevamenti bufalini in Campania, allarme che crea apprensione su un prodotto di pregio del made in Italy come la mozzarella di bufala, in relazione alla tutela del controllo della patologia in questione sugli animali di allevamento e sull'uomo, anche attraverso un monitoraggio più efficace dell'incidenza della brucellosi sulle popolazioni. (4-00782) § 9. Interrogazione a risposta scritta nr.4-01502 159 Interrogazione a risposta scritta 4-01502 presentato da RIZZO Gianluca testo di Martedì 30 luglio 2013, seduta n. 61. RIZZO. Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che: in data 20 aprile 2006 la società agricola «Dirillo», in persona della legale rappresentante pro tempore, signora Carmela Cassarino, ha avanzato all'Ismea domanda di acquisto terreni siti in agro del Comune di Licodia EuBea (Catania), della complessiva estensione di ha 39.36.93, per avvalersi del regime di aiuti Ismea 11.110/2001; nonostante la predetta società avesse tutti i requisiti richiesti dalla normativa vigente al momento della domanda, la Ismea comunicava alla «Dirillo» il cosiddetto preavviso di rigetto; a tale preavviso la signora Cassarino rispondeva fornendo alla Ismea tutti i chiarimenti necessari; ciò nonostante in data 25 settembre 2007 l'Ismea 159http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4979&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 387 comunicava alla «Dirillo» il rigetto della domanda di acquisto dei suddetti terreni sulla base degli stessi motivi del preavviso di rigetto; la «Dirillo» pertanto proponeva ricorso al TAR di Catania, il quale annullava il provvedimento di rigetto, in quanto assolutamente infondato ed immotivato, con sentenza n. 1444/09; successivamente l'Ismea presentava appello dinanzi il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, il quale annullava la sentenza del Tar di Catania; a seguito di tale ultima statuizione giudiziaria la «Dirillo» versa in uno stato di gravissima crisi economica; tale domanda era finalizzata all'acquisizione di terreni per la creazione di attività di impresa che avrebbe avuto una positiva ricaduta economica ed occupazionale in una zona della Sicilia particolarmente depressa; la questione in oggetto appare fondata sul tipo di regime normativo da applicare alla domanda avanzata dalla «Dirillo»; se non ritenga necessario intervenire, per verificare quali siano le motivazioni che hanno indotto l'Ismea a rigettare la domanda avanzata dalla «Dirillo» anche in considerazione del fatto che per suoi fini istituzionali «l'ISMEA affianca le Regioni nelle attività di riordino fondiario, attraverso la formazione e l'ampliamento della proprietà agricola, e favorisce il ricambio generazionale in agricoltura in base ad uno specifico regime di aiuto approvato dalla Commissione europea» –: quali eventuali iniziative di competenza intenda adottare per salvaguardare la predetta società dallo stato di gravissima crisi in cui versa a seguito del rigetto della predetta istanza. (4-01502) 388 Capitolo 9 Al Ministero dell’Ambiente e delle Tutela del Territorio e del Mare premesso che …....... per sapere se ………. § 1. Breve sommario In questo capitolo, sono raccolti solo 27 atti di sindacato ispettivo (interrogazioni a risposta scritta, question time in aula, interrogazioni a risposta immediata in commissione, etc.), che pongono domande e quesiti al Ministro degli Esteri. Molti di questi – alla data di pubblicazione della presente raccolta – non hanno ancora risposta. § 2. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/01843160 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01843, presentato da ARTINI Massimo, testo di Martedì 17 settembre 2013, seduta n. 78161: ARTINI e SEGONI. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro per la coesione territoriale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: la società belga Solvay è presente in Val di Cecina dal 1919 e da allora estrae salgemma nelle località di Querceto e Buriano; dal 160http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6648&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 161 … presentata anche a: Ministero per gli Affari Regionali e le Autonomia, Ministero per la Coesione Territoriale, Ministero dell’Economia e delle Finanze. 389 1996, a seguito del contratto di collaborazione industriale stipulato con l'azienda Monopoli di Stato-A.T.I. Sale spa (titolare delle concessioni per l'estrazione del salgemma), Solvay ha il diritto di estrarre nelle concessioni di «Volterra», «Cecina» e «Poppiano», nei comuni rispettivamente di Volterra, Montecatini Val di Cecina e Pomarance; dal salgemma, Solvay ricava la materia prima per produrre nello stabilimento di Rosignano carbonato sodico, bicarbonato di sodio e soda caustica; l'estrazione del sale avviene attraverso dissoluzione con acqua dolce, ottenendo così salamoia che viene poi trasportata allo stabilimento Solvay di Rosignano (Livorno); l'abitato di Saline di Volterra (Frazione di Volterra, Comune in provincia di Pisa) è accerchiato dalle concessioni minerarie; come ha sottolineato il sindaco Marco Buselli in una lettera datata 31 maggio 2012 inviata, tra l'altro, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, «mentre i vicini Comuni geotermici ricevono un indennizzo proporzionato da parte di Enel, anche sottoforma di posti di lavoro riservati, come compensazione per l'impatto della geotermia, Volterra non gode di criteri perequativi (...) oltre a non avere ritorno occupazionale pressoché rivolto al Comune di Rosignano, dove risiede lo stabilimento Solvay e dove sono occupate un migliaio di persone»; circa due milioni di euro, secondo gli accordi in vigore, verrebbero versati annualmente dalla multinazionale belga a Stato e regione; il salgemma non è una risorsa rinnovabile e secondo studi attendibili, con gli attuali livelli estrattivi, è destinato ad esaurirsi nell'arco di 30 anni; gli impatti sul territorio dell'estrazione di salgemma riguardano: subsidenza causata dall'estrazione del sale, lo sfruttamento di una risorsa non rinnovabile e i prelievi idrici; in particolare, la subsidenza determina crolli nelle vicinanze dei pozzi di estrazione. I vari enti competenti hanno dato negli anni pareri tra loro contrastanti; l'università degli studi di Pisa, dipartimento di statistica e matematica applicata all'economia, nel rapporto finale di ricerca «Ricadute economiche, sociali e ambientali della presenza della Solvay nella Val di Cecina» ha fatto notare che: «la commissione comunale ad hoc nel 1997 ha evidenziato “problematiche connesse ad instabilità dei terreni”. L'impatto più evidente è l'abbassamento 390 del terreno». E ancora: «Gli effetti paesaggistici dell'estrazione non si limitano a fenomeni di subsidenza e frane ma sono anche legati a mutamenti chimici, causati dall'inquinamento dei terreni e delle falde con i residui della produzione»; a Saline di Volterra si sarebbero verificati in questi anni cedimenti strutturali di alcune abitazioni, crolli di terreno e creazione di enormi pozze d'acqua; l'estrazione mette a serio rischio l'equilibrio idrogeologico del fiume Cecina; la salinizzazione dei corsi d'acqua legata a emergenze di salamoia è molto frequente come ha sottolineato Arpat Toscana: «Nei documenti relativi agli inconvenienti ambientali verificati negli ultimi 20 anni nell'area di Saline di Volterra, si riscontrano frequentemente situazioni di criticità legate ad improvvisi picchi di salinità sui corsi d'acqua della zona. La mancanza di misurazioni tempestive nei casi citati e in generale di misure sistematiche sia in posizioni di monte che di valle rispetto alle aree minerarie ha sempre impedito di relazionare queste ultime con gli effetti cronici e di picco della salvazione dei corsi d'acqua; il problema più pressante, fin da quando opera la Solvay, è quello degli approvvigionamenti idrici dal fiume Cecina e non solo. Il consumo di acqua da parte dell'azienda, sempre secondo lo studio dell'università di Pisa, supera in un anno l'utilizzo idropotabile di tutti i comuni della Val di Cecina, tanto che in estate i problemi di secca sono all'ordine del giorno. Ci sono rilevanti aggravi sugli usi civili e agricoli; un utilizzo così selvaggio della risorsa idrica e del territorio contrasta in maniera evidente con l'esito refendario sull'acqua pubblica; dal rilascio delle concessioni Volterra e il territorio limitrofo non possiede di fatto più garanzie e potere decisionale per la tutela del proprio territorio così tartassato dalle estrazioni del salgemma; nelle scorse settimane il sindaco Buselli ha incontrato il nuovo direttore dello stabilimento Solvay, Davide Papavero chiedendo all'azienda di considerare «ambiente e sicurezza per i cittadini al primo posto, assieme alla tutela della risorsa idrica e al corretto uso del salgemma. Ma anche la questione lavoro e quella spinosa delleroyalties, i cui benefìci non ricadono sui territori dove insistono le concessioni minerarie; gli effetti delle lavorazioni Solvay rappresentano un caso nazionale, considerati anche i recenti articoli di stampa che hanno messo in luce i terribili effetti sul territorio toscano; ormai da anni le istituzioni locali, il comune di 391 Volterra e i cittadini hanno fatto sentire il loro senso di impotenza per quanto sta avvenendo ormai decenni nella Val di Cecina –: se quanto riportato in premessa corrisponda a verità; se il Governo abbia incontrato o abbia l'intenzione di incontrare i sindaci della Val di Cecina e in particolare il primo cittadino di Volterra per affrontare le problematiche relative all'estrazione del salgemma da parte di Atisale-Solvay; quale siano le politiche che il Governo, per quanto di competenza, intende mettere in atto per tutelare dal punto di vista ambientale la Val di Cecina e le Saline di Volterra in particolare; se il Governo reputi il problema Solvay un'emergenza nazionale a livello ambientale, sociale ed economico, e ciò interessi in particolar modo Volterra e i comuni limitrofi della Val di Cecina; se il Governo abbia intenzione, e in che modo, di intervenire per risolvere la questione delle Royalty; se il Governo sia stato coinvolto nell’iter del nuovo accordo di programma sulla Solvay; se risulti quali accordi economici e con quali importi siano in vigore per l'estrazione del salgemma e per l'utilizzo della risorsa idrica da parte di Atisale, Solvay ed enti pubblici; se risulti quale sia l'importo economico delle concessioni minerarie di Solvay e come sia variato dal 1996 ad oggi; se siano previste opere compensative per quei territori che stanno subendo così enormi disagi causati dall'estrazione del salgemma. (4-01843) § 3. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/01956162 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01956, presentato da BENEDETTI Silvia, testo di Mercoledì 25 settembre 2013, seduta n. 84: BENEDETTI. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. —Per sapere – premesso che: tra le attività antropiche con rilascio di inquinanti in atmosfera si annoverano le combustioni in genere (dai motori a scoppio degli 162http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=7113&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 392 autoveicoli alle centrali termoelettriche), le lavorazioni meccaniche (ad esempio le laminazioni), i processi di evaporazione (esempio le verniciature) e i processi chimici; il principio di conservazione della massa, comunemente conosciuta come legge di Lavoiser, prevede in parole semplici che «in una reazione chimica nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma»; i principali inquinanti prodotti dalla combustione sono: CO2, NOx, SO2, CO, metalli pesanti, polveri sottili (PM10, 2, 5, 1 e 0,1), composti complessi come IPA, diossine, e altro; i sistemi naturali si basano su un continuo riciclo della materia senza produzione di rifiuti e senza combustioni; con sentenza del 19 dicembre 2012 (causa C-68/11) la Corte di giustizia dell'Unione europea ha rilevato che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti avendo omesso di provvedere affinché le concentrazioni di PM10 nell'aria ambiente non superassero i valori limite fissati dalla normativa dell'Unione europea sulla qualità dell'aria. Questa sentenza riguarda 55 zone e agglomerati, tra cui diverse zone nel nord-est dell'Italia dove l'aria è tra le più inquinate d'Europa; nel 2011 nella pianura padana, in città come Milano, Brescia, Verona, Padova, Treviso e Ferrara, l'inquinamento è stato così consistente da produrre in gennaio il fenomeno della «neve chimica», una pioggia di ghiaccio causata dalla condensazione del vapore acqueo sul particolato presente nell'aria; nel mese di gennaio 2013 la Commissione europea ha inviato una nuova lettera al Governo italiano, chiedendo di mettersi in regola con le norme europee sulla qualità dell'aria; sulla rivista Lancet Oncology sono stati pubblicati gli esiti della maxiricerca condotta su 300 mila persone in 9 Paesi europei, seguite nel corso di ben tredici anni: la presenza delle polveri sottili tossiche nell'aria delle città fa aumentare drammaticamente il rischio di cancro polmonare; l'Unione europea stima che l'aria avvelenata è causa di circa 500 mila morti premature ogni anno; molte sostanze inquinanti atmosferiche in Veneto si trovano in concentrazioni sovrabbondanti e pericolose, con un trend stabile o incerto e non in via di miglioramento; ricerche dell'Istituto sull'inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche hanno rilevato che la combustione 393 domestica di legna da ardere arriva a costituire fino al 60 per cento della concentrazione di massa del materiale particellare (particolato organico) sospeso in atmosfera e che la combustione di legna produce notevoli quantità di specie tossiche, quali, ma non solo, gli idrocarburi policiclici aromatici; nella campagna veneta si rilevano di frequente roghi di scarti agricoli (ramaglie, sterpaglie, frasche, cumuli di foglie, e altro) effettuati per liberarsi dei rifiuti agricoli, senza alcun legame con la produzione di energia o calore; i fuochi vengono altresì appiccati per sgomberare argini, sentieri e campi agricoli da piante erbacee ed arbustive, spesso dopo aver effettuato uno sfalcio grossolano; interpellando le forze dell'ordine emergono pareri discordanti circa la gravità di bruciare materiali di ogni sorta, e ciò, il più delle volte, vanifica le segnalazioni dei cittadini che avvistano un fuoco in campo agricolo; secondo la procura di Avellino bruciare residui agricoli è reato di smaltimento illegale di rifiuti e violazione dell'articolo 674 del codice penale; le «linee guida dell'attività operativa 2013 dell'Ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato» dispongono che «...paglia, sfalci e potature nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso, se non utilizzato in agricoltura o per la produzione di energia mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana, devono essere considerati rifiuti e come tali devono essere trattati: pertanto la combustione sul campo dei residui vegetali configura il reato di illecito smaltimento dei rifiuti, sanzionato penalmente dall'articolo 256, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006»; principi esposti in pronunce della Corte costituzionale sottolineano che: «la disciplina ambientale, che scaturisce dall'esercizio di una competenza esclusiva dello Stato ...viene a funzionare come un limite alla disciplina che le regioni e le province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per cui queste ultime non possono in alcun modo derogare o peggiorare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato»; la corte di Cassazione penale, sezione III, con sentenza del 4 aprile 2013, n. 15641 dice che l'abbruciamento a terra di rifiuti – anche occasionale – integra un'attività di «smaltimento illecito di rifiuti» ex articolo 256, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 che può essere commesso anche da soggetto privato; ai fini 394 dell'applicazione della disciplina dettata dalla parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006 si intende per «rifiuto»: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi (articolo 183, comma 1, lettera a)). Premesso ciò si può sostenere che il comportamento di bruciare i residui vegetali manifesti la volontà di «disfarsi» di detto materiale, che per effetto di tale azione deve essere necessariamente considerato un «rifiuto» –: quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati, ciascuno nell'ambito delle rispettive competenze, per contrastare il fenomeno dei roghi in ambiente agricolo, come l'abbruciamento di stoppie e altri vegetali residui da parte di agricoltori e altri soggetti, nell'ottica della tutela della salute pubblica, del contrasto all'inquinamento atmosferico e della preservazione ambientale e climatica; quali siano le ragioni per le quali lo Stato italiano non abbia ancora provveduto a mettersi in regola con la normativa comunitaria in materia di qualità dell'aria e se non intenda avviare tutte le iniziative di propria competenza in questa direzione; per fugare ogni dubbio ed eliminare le dispute, se si intendano assumere iniziative volte a fare chiarezza sulla normativa vigente in materia di smaltimento dei rifiuti agricoli agevolando la conoscenza delle relative disposizioni da parte degli enti nazionali e locali, delle organizzazioni degli imprenditori agricoli, delle forze dell'ordine e dei cittadini. (4-01956) § 4. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/01617163 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01617, presentato da BERNINI Massimiliano, testo di Mercoledì 7 agosto 2013, seduta n. 67: M.BERNINI, GAGNARLI, BENEDETTI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO e PARENTELA. 163http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5628&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 395 Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari europei, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che: il 2 luglio 2013, la direzione generale ambiente della Commissione europea ha scritto alla Presidenza del Consiglio dei ministri in relazione alla procedura di infrazione 2004/4926 riguardante la caccia in deroga nella regione Veneto, evidenziando che se l'Italia non smette di autorizzare, in deroga alle leggi comunitarie, l'uccisione di milioni di piccoli uccelli protetti «la Commissione europea non avrà altra scelta che presentare un secondo ricorso dinanzi alla Corte di Giustizia UE proponendo l'imposizione di sanzioni pecuniarie contro la Repubblica italiana»; nella stessa lettera, la Commissione europea offriva al Ministro Moavero tutte le indicazioni per superare i punti problematici al fine di risolvere la procedura d'infrazione ed evitare pesanti conseguenze all'Italia; il 31 luglio 2013 la Camera dei deputati ha approvato, in via definitiva, la legge europea 2013 che, pur modificando la legge n. 157 del 1992 proprio in relazione alla caccia in deroga, non ha tuttavia ed evidentemente recepito tutte le puntuali indicazioni comunitarie; la Commissione ha ribadito, infatti, che «qualunque provvedimento di deroga, per essere compatibile con l'articolo 9, paragrafo 1, lettera c) della cosiddetta direttiva Uccelli, deve contenere una motivazione adeguata e dimostrare l'assenza di altre soluzioni soddisfacenti», le deroghe adottate dal Veneto fino al 2011 hanno, al contrario, consentito la deroga al divieto di caccia esclusivamente con la necessità di mantenere una tradizione culturale fortemente radicata sul territorio; allo stesso tempo, sempre nella lettera della Commissione, si evince l'obbligo di registrazione dei capi immediatamente dopo l'abbattimento, unico modo per verificare che il cacciatore esercitante la deroga non superi il massimale di capi giornalieri previsti dalla deroga stessa; l'Europa ribadisce inoltre che l'esercizio della deroga di cui alla lettera c) possa avvenire in un periodo di tempo brevissimo, per un numero limitato di cacciatori e in un numero altrettanto limitato di luoghi e, allo stesso tempo, ribadisce la fondamentale importanza del parere dell'istituto superiore per la sicurezza e la protezione ambientale, nel rilascio delle deroghe; diverse associazioni ambientaliste – CABS, ENPA, LAV, LEGAMBIENTE, LIPU e WWF – hanno segnalato il mancato recepimento delle indicazioni della Commissione europea da parte del nostro Paese e «il risultato 396 è che oggi ci ritroviamo una riforma della legge sulla caccia in deroga che non soddisfa se non una piccola parte delle precise richieste comunitarie e, soprattutto, lascia pericolosamente aperta una serie di finestre perché le infrazioni possano continuare, con il rischio più che concreto che si giunga alla seconda e definitiva condanna per l'Italia»; gli ambientalisti denunciano, inoltre, una mancanza di chiarezza da parte del Governo circa il non aver comunicato chiaramente ciò che l'Europa stava chiedendo al Paese in merito alla questione della caccia in deroga; il Veneto non è l'unica regione a trovarsi in queste condizioni e il sopraggiungere di un secondo discorso della Commissione europea di fronte alla Corte dell'Unione europea non è affatto da escludere, per la palese e ripetuta violazione della sentenza dell'11 novembre 2010, causa C164/09 –: quali siano le ragioni della mancata comunicazione al Parlamento relativamente alle richieste della Commissione europea sull'annosa questione della caccia in deroga nel nostro Paese, posto che nella legge europea 2013, appena approvata in via definitiva dal Parlamento italiano, avrebbero potuto essere inserite norme per chiudere definitivamente la questione della caccia in deroga in Italia e non solamente; se il Governo intenda realmente promuovere una revisione della normativa in materia di attività venatoria, anche attraverso la modifica della legge n. 157 del 1992. (4-01617) § 5. Interrogazione a risposta scritta nr. 4/01719164 Atto Camera - Interrogazione a risposta scritta 4-01719, presentato da BUSINAROLO Francesca, testo di Giovedì 5 stemmbre 2013, seduta n. 71: BUSINAROLO, D'INCÀ, BRUGNEROTTO, D'UVA, MICILL N.BIANCHI, CATALANO, C.IANNUZZI, COZZOLINO, BENEDETTI, AGOSTINELLI,GALLINELLA, DEROSA, LOREFICE, DE LORENZIS, D'AMBROSIO, BECHIS. 164http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6241&stile =7&highLight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRI TTA%27 397 Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che: la regione Veneto ha deciso di sostenere la costruzione di impianti a biogas per il trattamento dei reflui zootecnici e contemporaneamente la produzione di energia da fonte rinnovabile, anche al fine di sostenere economicamente le aziende agricole e zootecniche in un periodo di particolare difficoltà del settore, questo in linea con quanto accade già in altri Paesi e regioni; in questi impianti vengono introdotti, oltre ai reflui zootecnici come detto sopra, anche sottoprodotti e scarti derivanti dalla lavorazione agricola delle colture. Non solo, sempre più frequentemente viene introdotto l'insilato di mais (detto anche ceroso), ovvero il mais, non ancora arrivato a maturazione, il quale viene trinciato e introdotto negli impianti. Questo insilato non è di fatto un sottoprodotto ma bensì un prodotto che viene coltivato appositamente per essere usato come «combustibile» da digerire; nella Pianura Padana, come altre zone dell'Italia, vengono prodotte diverse colture poi introdotte negli impianti a biogas, con un conseguente vero e proprio stravolgimento dell'agricoltura tradizionale. Com’è noto, le colture di mais richiedono una costante irrigazione e quindi un continuo ed enorme consumo di acqua, risorsa sempre più preziosa e purtroppo sempre più inquinata. Va da sé che togliere derrate alimentari, sia per il consumo umano che per il consumo animale per introdurle nei digestori degli impianti a biogas il tutto per ricavarne energia, è quantomai paradossale e costringe l'approvvigionamento presso altri Paesi i quali, spesso, hanno norme sanitarie e di controllo ben diverse e meno rigide delle nostre; un altro aspetto, non meno importante, da non sottovalutare è il problema del «digestato», ovvero quello che rimane dopo la digestione. Un esempio su tutti è quello della regione EmiliaRomagna la quale, nelle linee guida per la localizzazione delle aree idonee all'installazione di impianti a biogas (Deliberazione Regionale n. 51 del 26 luglio 2011), ha vietato l'installazione di tali impianti, con conseguente spargimento di digestato, nelle zone di produzione di Parmigiano Reggiano. In Germania il professor Boehnel dell'università di Gottinga ha da tempo messo in relazione il botulismo nei bovini con la diffusione delle centrali a biogas; nel maggio del 2011 la più importante rivista tedesca di fauna, caccia e 398 cinofilia ha pubblicato un'inchiesta dal titolo: Tod aus der biogasanlage, che tradotto letteralmente significa «Morte da impianto a biogas». Il 18 maggio 2013 il quotidiano online Venezia Today pubblica un articolo dal titolo: Epidemia di botulino tra le mucche, chiuso il distributore di latte a Martellago. Nell'articolo si legge «Strage di vacche da latte nel Veneziano; durante la prima settimana di maggio a Martellago e Trebaseleghe si è verificata una vera e propria morìa di mucche a causa di un avvelenamento da botulino. Cinquanta capi sono rimasti contagiati, alcune rivendite di latte crudo sono state chiuse e un allevamento è finito sotto sequestro da parte dell'Asl 15; secondo quanto scritto da Michele Corti – docente di sistemi zootecnici presso l'università di Milano nonché Presidente del Coordinamento Nazionale Terre Nostre No biogas e No biomasse – «Nel raggio di 3-4 chilometri dall'azienda vi sono 4 biogas: 3 sul territorio di Trebaseleghe, una su quello di Piombino Dese (...). Va ricordato che il botulismo (malattia legata ad un batterio anaerobico Clostridium botulinum che è stato trovato nei digestori delle centrali a biogas) è mortale anche per l'uomo (...). La tossina che esso produce è la più potente al mondo» –: se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanti siano e dove siano localizzati gli impianti a biogas già autorizzati ed in corso di autorizzazione al 1o gennaio 2013 e quanta biomassa lavoreranno nonché quanta energia produrranno annualmente una volta entrati in esercizio; se e per quanto si intenda ancora incentivare un'energia, cosiddetta rinnovabile ma che di rinnovabile ha ben poco, visto l'eccessivo consumo di un bene vitale e primario qual è l'acqua; se si sia a conoscenza del fatto che nelle aree agricole di coltivazione per la produzione del Parmigiano Reggiano è vietata la costruzione e l'attività di impianti di biogas nonché lo spargimento del digestato; se il Governo non ritenga opportuno prendere a modello la deliberazione regionale n. 51 del 26 luglio 2011 della regione Emilia-Romagna e pertanto assumere iniziative anche normative per vietare l'installazione di impianti in zone di produzioni di prodotti a marchio DOP, IGP, IGT, DOC, DOCG, STG nonché Produzioni Biologiche su tutto il territorio nazionale; se non si ritenga utile avviare, per quanto di competenza, con gli istituti di ricerca più accreditati a livello nazionale, una serie di studi ambientali e sanitari nonché qualitativi della materie conferite negli impianti per la produzione di biogas, sul digestato che ne risulta, sui 399 terreni dove questo viene usato come fertilizzante e sugli effetti che questo provoca sulle specie vegetali ed animali, nonché sulle acque superficiali e di falda. (4-01719) § 6. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01607165 Interrogazione a risposta scritta 4-01607 presentato da COLONNESE Vega testo di Martedì 6 agosto 2013, seduta n. 66 COLONNESE. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: risulta agli interroganti che l'amministrazione comunale di Bacoli (Napoli), nell'attuazione della gestione di sua competenza, abbia causato una lesione dei diritti dei cittadini, ai quali viene negato il «corretto equilibrio tra aree concesse a soggetti privati e gli arenili liberamente fruibili» di cui articolo 1, comma 254, legge finanziaria per il 2007; con decreto legislativo n. 85 del 28 maggio 2010 sul cosiddetto «federalismo demaniale», è stata attribuita la titolarità di gran parte dei beni del demanio dello Stato alle regioni, province, comuni e città metropolitane, ma detto decreto non ha cambiato nulla della disciplina delle concessioni demaniali marittime e dei canoni che vengono pagati per esse, in quanto il comma 1, dell'articolo 4 stabilisce che i beni del demanio marittimo non entrano a far parte del patrimonio disponibile delle regioni e che essi restano assoggettati al regime stabilito dal codice civile, dal codice della navigazione, dalle leggi statali e regionali comprese la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), che prevede gli attuali canoni di concessione, e tutte le leggi regionali che disciplinano il rilascio delle concessioni demaniali marittime; l'articolo 4 del regolamento comunale 2005 stabilisce la quota del «20 per cento della superficie complessiva della spiaggia esistente destinata alla finalità turistico-ricreative riservata alla libera e gratuita balneazione» e soddisfa quindi sulla carta la necessità di 165http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5556&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 400 raggiungimento di quel «corretto equilibrio» prescritto dallo Stato (articolo 1, comma 254, della legge finanziaria 2007), mentre di fatto ciò non avverrebbe negando il diritto di libera fruizione della zona costiera –: quali iniziative concrete, per quanto di competenza, intendano assumere i Ministri interrogati al fine di avviare un monitoraggio con il coinvolgimento degli enti territoriali, sul rispetto del corretto equilibrio tra aree concesse a privati e arenili liberamente fruibili affinché non siano lesi i diritti dei cittadini. (401607) § 7. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00779166 Interrogazione a risposta scritta 4-00779 presentato da CURRÒ Tommaso testo di Martedì 11 giugno 2013, seduta n. 31 CURRÒ, GRILLO, BARONI, DI VITA, SILVIA GIORDANO, DALL'OSSO, LOREFICE, DI BENEDETTO, CANCELLERI, D'UVA, LUPO, ZACCAGNINI e MANNINO. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che: in data 4 giugno 2013 in seguito ad un guasto all'impianto topping 1 allo stabilimento petrolchimico Eni di Gela (CL) si registrava una consistente fuoriuscita di greggio per non meno di una tonnellata che ha raggiunto la foce dello stesso fiume Gela per poi spandersi in mare aperto e nel tratto di costa antistante la foce medesima; il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Gela, Lucia Lotti, ha disposto il «sequestro per esigenze probatorie e di cautela» dell'impianto «Topping 1», presso la raffineria in premessa e le indagini, avviate dalla direzione aziendale e dalla capitaneria di porto, hanno permesso di accertare una serie di concause all'origine del disservizio; gli stessi sindacati confederali della chimica e dell'energia in una nota hanno affermato che: «non è ammissibile una perdita di prodotto da uno scambiatore che, dalle prime notizie in nostro possesso pare sia stato sottoposto a manutenzione durante il periodo della recente fermata»; il presidente della regione 166http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2240&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 401 siciliana Rosario Crocetta nell'immediatezza degli eventi sì è sentito in dovere di dichiarare: «da tempo, per Gela, sono state concesse le autorizzazioni ambientali, regionali e nazionali, necessarie per rafforzare la sicurezza degli impianti, l'Eni ha sempre assicurato che tali investimenti sarebbero stati realizzati al più presto possibile, mentre non si riesce ad avere un cronoprogramma preciso. I gruppi industriali petroliferi dovrebbero cominciare a dirci con chiarezza cosa intendono fare rispetto a impianti che hanno bisogno di tanti investimenti e manutenzioni straordinarie, per renderli compatibili con il rispetto dell'ambiente e la sicurezza e la salute dei cittadini» –: se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative rapide e solerti per verificare, per quanto di competenza, che vengano assicurati tutti i monitoraggi per la salute della cittadinanza, la sicurezza dei lavoratori dell'impianto e la salubrità del patrimonio ambientale locale; quali iniziative intendano adottare per evitare che si possano ripetere ulteriori tragedie ambientali di questa portata nelle aree petrolchimiche nazionali; quali iniziative intendano intraprendere per obbligare le società operanti nelle aree a destinazione petrolchimica ai dovuti investimenti in sicurezza ambientale e per la salvaguardia dei lavoratori e della salubrità delle popolazioni che insistono nelle rispettive aree circostanti le attività industriali inquinanti. (4-00779) § 8. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00578167 Interrogazione a risposta scritta 4-00578 presentato da DE LORENZIS Diego testo di Giovedì 23 maggio 2013, seduta n. 22 DE LORENZIS, DI BATTISTA, COMINARDI, TRIPIEDI, FICO, LUIGI GALLO, BONAFEDE, ALBERTI, BARONI, BATTELLI, MASSIMILIANO BERNINI, PAOLO BERNINI, NICOLA BIANCHI, BRUGNEROTTO, CARINELLI, CASTELLI, CATALANO, CECCONI, COLONNESE, CURRÒ, DA VILLA, DALL'OSSO, D'AMBROSIO, DEL GROSSO, 167http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2039&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 402 DELLA VALLE, DELL'ORCO, DI BENEDETTO, MANLIO DI STEFANO, DI VITA, D'UVA, FRACCARO, FURNARI, GAGNARLI, GALLINELLA, SILVIA GIORDANO, L'ABBATE, LIUZZI, LOREFICE, MANTERO, NESCI, PARENTELA, PESCO, PRODANI, RIZZETTO, SCAGLIUSI, SEGONI, SIBILIA, SORIAL, SPADONI, TERZONI, TOFALO, SIMONE VALENTE, VALLASCAS, VIGNAROLI e ZACCAGNINI. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che: il 26 luglio 2012, su richiesta della procura di Taranto, il GIP Patrizia Todisco dispone il sequestro preventivo, senza facoltà d'uso, degli impianti dell'area a caldo dell'Ilva parlando di disastro ambientale. Nell'ordinanza viene inoltre affermato che «chi gestiva e gestisce l'Ilva ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza» e, con specifico riferimento al problema delle polveri, che, con precedenti sentenze del tribunale, «è stato chiaramente ribadito che tutte le misure introdotte si sono rivelate, a tutto concedere, un'abile opera di maquillage, verosimilmente dettata dall'intento di lanciare un segnale per allentare la pressione sociale e/o delle autorità locali ed ambientali – ma non possono essere considerati il massimo in termini di rimedi che si potevano esigere, nel caso concreto, al cospetto della conclamata inefficacia dei presidi in atto ad eliminare drasticamente il fenomeno dello spolverio»; il 26 novembre 2012, in concomitanza con una seconda ondata di arresti sulla base dell'inchiesta per disastro ambientale e di un'altra parallela chiamata «ambiente svenduto», il GIP dispone il sequestro del prodotto finito e semilavorato giacente sulle banchine perché ottenuto utilizzando gli impianti che erano sotto sequestro per un totale, da quanto appreso a mezzo stampa, di 1,8 milioni di tonnellate di acciaio, per un valore di un miliardo di euro; il 3 dicembre 2012, il Governo Monti ha emanato il decreto n. 207, convertito dalla legge il 24 dicembre 2012, recante «Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale», pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 gennaio 2013, n. 2, dove viene stabilito che «in presenza di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, qualora vi sia una 403 assoluta necessità di salvaguardia dell'occupazione e della produzione, il Ministro dell'ambiente possa autorizzare mediante autorizzazione integrata ambientale la prosecuzione dell'attività produttiva di uno o più stabilimenti per un periodo di tempo determinato non superiore a 36 mesi e a condizione che vengano adempiute le prescrizioni contenute nella medesima autorizzazione, secondo le procedure e i termini ivi indicati, al fine di assicurare la più adeguata tutela dell'ambiente e della salute secondo le migliori tecniche disponibili», autorizzando, così, di fatto, l'Ilva a produrre e restituendo all'azienda il possesso dei beni, nonostante i decreti di sequestro; il comma 3 dell'articolo 3 di suddetto decreto, infatti, stabilisce che «a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per un periodo di trentasei mesi, la società ILVA SpA di Taranto è immessa nel possesso dei beni dell'impresa ed è in ogni caso autorizzata, nei limiti consentiti dal provvedimento di cui al comma 2, alla prosecuzione dell'attività produttiva nello stabilimento e alla commercializzazione dei prodotti, ivi compresi quelli realizzati antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ferma restando l'applicazione di tutte le disposizioni contenute nel medesimo decreto»; la sopracitata azienda privata, dunque, a differenza di altre aziende, gode di un riconoscimento particolare poiché considerata di interesse strategico nazionale; l'articolo 1, comma 2, prevede che «nei casi di cui al comma 1 – ovvero in presenza di stabilimenti strategici nazionali – le misure volte ad assicurare la prosecuzione dell'attività produttiva sono esclusivamente e ad ogni effetto quelle contenute nel provvedimento di autorizzazione integrata ambientale, nonché le prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame»; l'articolo 1, comma 3, dello stesso decreto-legge dispone che: «la mancata osservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento di prosecuzione dell'attività produttiva è punita con sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 per cento del fatturato della società risultante dall'ultimo bilancio approvato» e che la sanzione viene irrogata dal prefetto competente per territorio; all'articolo 3 comma 4 viene disciplinata la nomina di un garante che, avvalendosi dell'ISPRA, con il supporto dell'agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente, viene incaricato di vigilare sull'attuazione delle disposizioni contenute in suddetto decreto; tale garante «acquisisce le informazioni e gli atti ritenuti necessari che l'azienda, le amministrazioni e gli enti interessati devono tempestivamente 404 fornire, segnalando al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministro della salute eventuali criticità riscontrate nell'attuazione della predetta autorizzazione e proponendo le idonee misure»; in data 12 marzo 2012 l'ISPRA redigeva la relazione trimestrale che accertava il mancato rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto del riesame del 26 ottobre 2012, numerando 22 prescrizioni relative ad «interventi parzialmente completati, ovvero per i quali è stato riscontrato l'inizio dell'adeguamento, ma il cui completamento risulta prevedibilmente differito rispetto alle previsioni»; nella stessa nota l'ISPRA segnala anche l'accertamento di talune violazioni dei limiti emissivi prescritti, in particolare alle prescrizioni 41, 42 e 49; il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore Corrado Clini, nel primo trimestre 2013, dando riscontro all'interrogazione dei parlamentari Bratti, Mariani e Ferranti ha affermato che «in data 21 marzo 2013 ISPRA ha successivamente segnalato alcune non conformità rispetto al provvedimento di AIA, indicando le azioni correttive da intraprendere. Di conseguenza, il Ministero ha prontamente diffidato ILVA a porre in essere le azioni correttive al fine eliminare le difformità riscontrate» e che «si è attualmente in attesa dei riscontri da parte di ILVA in merito alla realizzazione delle misure indicate»; il 26 marzo 2013 il garante segnalava le criticità riscontrate al signor prefetto di Taranto; il prefetto di Taranto, in risposta ad una richiesta del 20 aprile 2013 protocollata dal Meet Up 192 – Amici di Beppe Grillo Taranto, affermava che «si ribadisce che quest'Ufficio procederà ad istruire e perfezionare i procedimenti sanzionatori previsti dall'articolo 1 del decreto-legge n. 207 del 3 dicembre 2012, come convertito nella legge n. 231 del 24 dicembre 2012, non appena perverrà, da parte dell'organo di accertamento, il rapporto di cui all'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689»; il garante, in data 30 aprile 2013, a seguito della richiesta inviatagli dal «Meet Up 192 – Amici di Beppe Grillo Taranto», ha risposto scrivendo che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (Direzione Generale Valutazioni Ambientali prot. DVA – 2013 – 0009754 – del 29 marzo 2013), con nota del 29 aprile 2013, ha chiarito che nel procedimento previsto dal terzo comma dell'articolo 1 del decreto legge n. 207 del 2012, la competenza alla contestazione dell'infrazione appartiene all'ISPRA, mentre spetta al Prefetto l'irrogazione della sanzione; il 3 maggio 2013, il «Meet Up 192 – 405 Amici di Beppe Grillo Taranto» via PEC chiedeva all'ISPRA di inviare entro e non oltre la data del 15 maggio 2013, la contestazione dell'infrazione e tutto quanto necessario al fine di irrogare le sanzioni previste dal comma 3, dell'articolo 1 del decretolegge n. 207 del 2012, nella misura massima del 10 per cento del fatturato della società, risultante dall'ultimo bilancio approvato, in considerazione di quanto sopra esposto; da quanto si apprende a mezzo stampa, e denunciato dal Legambiente, l'Ilva avrebbe chiesto numerose proroghe, anche rilevanti dal punto di vista dei tempi di adempimento di alcune importanti prescrizioni, che intervengono su aspetti particolarmente inquinanti della produzione, come ad esempio la prescrizione «6» – relativa alla chiusura nastri e cadute di materiali sfusi che l'Aia imponeva entro gennaio 2013 e l'Ilva pospone al 2015 – e la prescrizione «12 in merito alla nebulizzazione di acqua (fog cannon) al fine di ridurre le emissioni diffuse dei parchi minerali posposta ad ottobre del 2013 in luogo della prevista scadenza di ottobre 2012; qualora il Governo concedesse ulteriori proroghe si rischierebbe, a detta degli interroganti, di sacrificare, per l'ennesima volta, la salute dei cittadini di Taranto e l'ambiente limitrofo agli impianti dell'ILVA; ad oggi, nonostante le numerose criticità riscontrate, non sono state ancora irrogate le sanzioni previste; l'ILVA, sempre a detta degli interroganti, non avrebbe ancora predisposto un piano industriale e non risulta essere stato redatto neanche un piano finanziario a garanzia della copertura degli stessi interventi necessari ai fini dell'adempimento delle prescrizioni dell'Aia; l'azienda, dopo aver subito la scissione del «gruppo Riva» in «RIVA Forni elettrici» e «ILVA SpA» ha dichiarato più volte, nei mesi scorsi anche a mezzo stampa, di avere dei problemi finanziari e di riscontrare, dunque, difficoltà nel pagamento gli stipendi –: quali siano le motivazioni che ad oggi hanno impedito l'irrogazione delle sanzioni previste dal decreto; se i Ministri interrogati intendano concedere le proroghe richieste dall'Ilva; quali siano le intenzioni del Governo e se non si ritenga necessario intervenire con fermezza e decisione nel richiedere all'azienda le motivazioni che hanno impedito, tutt'oggi l'adozione da parte dell'Ilva del piano industriale e del piano finanziario degli investimenti, così come richiesti nell'Aia; quali provvedimenti si intendano adottare nel caso in cui l'Ilva non rispettasse quanto disposto nell'Aia; se il Governo abbia già previsto soluzioni alternative al fine di salvaguardare la 406 salute e l'ambiente dei cittadini di Taranto da una parte e il reddito dei lavoratori impiegati nello stabilimento, dall'altra. (4-00578) § 9. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01337168 Interrogazione a risposta scritta 4-01337 presentato da DE LORENZIS Diego testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59 DE LORENZIS, D'INCÀ, DALL'OSSO, GRILLO, NICOLA BIANCHI, DA VILLA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, DE ROSA, LIUZZI, TERZONI, AGOSTINELLI, COZZOLINO, CECCONI, MUCCI. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: il decreto-legge 3 dicembre 2012 n. 207, cosiddetto Salva-Ilva, convertito con modificazioni dalla legge il 24 dicembre 2012, n. 231, e modificato dal decreto-legge 61/2013, all'articolo 1, comma 3, stabilisce che «Fermo restando quanta previsto dagli articoli 29decies e 29-quattuordecies del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dalle altre disposizioni di carattere sanzionatorio penali e amministrative contenute nelle normative di settore, la mancata osservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento di cui al comma 1 è punita con sanzione amministrativa pecuniaria, esclusa l'oblazione, da euro 50.000 fino al 10 per cento del fatturato della società risultante dall'ultimo bilancio approvato. La sanzione è irrogata, ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, dal prefetto competente per territorio. Le attività di accertamento, contestazione e notificazione delle violazioni sono svolte dall'ISPRA. I proventi delle sanzioni irrogate sono versati ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il finanziamento degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e risanamento ambientale del territorio interessato; l'Ispra ha accertato la violazione delle prescrizioni sia nella visita ispettiva presso l'Ilva del 5-6-7 marzo, sia nella seconda 168http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4230&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 407 visita ispettiva del 28-29-30 maggio dove sono state riscontrate il protrarsi di alcune violazioni alle prescrizioni AIA e se ne sono aggiunte delle nuove; l'articolo 29-decies al comma 9 del decreto legislativo n. 152 del 2006, a cui fa riferimento il decreto citato stabilisce che «9. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, o di esercizio in assenza di autorizzazione, l'autorità competente procede secondo la gravità delle infrazioni: a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità; b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività autorizzata per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per l'ambiente; c) alla revoca dell'autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell'impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l'ambiente»; una prima diffida è già avvenuta; inoltre l'articolo 29-decies al comma 10 del decreto legislativo n. 152 del 2006, a cui fa riferimento il decreto citato stabilisce che «10. In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie, l'autorità competente, ove si manifestino situazioni di pericolo o dì danno per la salute, ne dà comunicazione al sindaco ai fini dell'assunzione delle eventuali misure ai sensi dell'articolo 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 –: per quale motivo non si sia ancora irrogate le sanzioni e quando verranno irrogate in merito alle violazioni delle prescrizioni AIA riscontrate prima del commissariamento dello stabilimento; per quale motivo, nonostante l'accertato pericolo per l'ambiente e la salute, pericolo accertato sia dalle perizie chimiche ed epidemiologiche utilizzate in sede di incidente probatorio dalla procura di Taranto e sia dai dati della valutazione del piano Sanitario dell'Arpa Puglia, alla quale non giunta, ne prima né dopo questi lavori, alcuna prova o studio scientifico di cessazione del péricolo, non si procede alla sospensione dell'attività prevista dalla lettera b, comma nove dell'articolo 29-decies del decreto legislativo n. 152 del 2006 e con quanto previsto dalla lettera c del suddetto comma; per quale motivo, non si sia dato seguito a quanto previsto al comma 10 dell'articolo 29-decies del decreto legislativo n. 152 del 2006. (4-01337) 408 § 10. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01470169 Interrogazione a risposta scritta 4-01470 presentato da DE LORENZIS Diego testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59 DE LORENZIS, COZZOLINO, LOREFICE, NICOLA BIANCHI, AGOSTINELLI, BUSINAROLO, SILVIA GIORDANO, CRISTIAN IANNUZZI, CECCONI, LIUZZI, D'INCÀ, MUCCI e SCAGLIUSI. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: da documentazione pervenuta alla conferenza stampa del 22 luglio 2013 del Comitato «Cittadini e lavoratori Liberi e Pensanti» di Taranto, comitato formato da lavoratori Ilva e cittadini di Taranto e provincia, si viene a sapere che in merito alla visita dei Senatori delle Commissioni ambiente e industria effettuata nello stabilimento Ilva di Taranto della medesima giornata, da giorni un documento distribuito dall'Ilva ai propri dipendenti, impone ai lavoratori e ai capi-area di non usare, durante la visita della commissione, mezzi, sollevatori, camion e si prevede di fermare gli impianti, per poi riprendere dopo la visita delle commissioni parlamentari; il comitato sopracitato afferma anche che la visita dei senatori all'interno dell'Ilva non sarà effettuata nei luoghi e nei reparti dove saranno previsti i lavori per l'ottemperanza dell'AIA e per questo si dicono disponibili ad accompagnare i parlamentari della Repubblica nelle aree dove le prescrizioni dell'AIA dovrebbero essere effettuate e nei quali tra l'altro non sono ancora stati rilevati i lavori in merito contravvenendo alle prescrizioni stesse; lo stabilimento Ilva spa di Taranto è uno stabilimento di interesse strategico nazionale commissariato dallo Stato a seguito del decreto-legge n. 61 del 2013; la notte tra il 21 e il 22 luglio 2013 nel quartiere Tamburi di Taranto si è avvertito un forte boato tale da indurre gli abitanti del quartiere sopracitato che fosse esplosa un ordigno di grosse dimensioni, creando sconcerto e preoccupazione negli abitanti e da quanto riferito da fonti di Taranto e da operai dell'Ilva, il boato è si è creato con la messa in funzione dei Fog-Cannon all'interno dello 169http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4590&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 409 stabilimento Ilva spa –: se e quando il Ministro interrogato intende riferire al Parlamento dello stato di attuazione dell'ottemperanza delle prescrizioni dell'AIA, ricordando che avrebbe dovuto già riferire entro fine giugno 2013 come stabilito dall'articolo 1, il comma 5 della legge 231 del 2012; se corrisponda al vero la sospensione delle attività sopracitate in occasione della visita dei senatori allo stabilimento Ilva; se il Ministro sia disponibile a svolgere un sopralluogo insieme ai parlamentari della Repubblica o a consentire ai parlamentari della Repubblica di visitare lo stabilimento Ilva di Taranto, commissariato dallo Stato Italiano in quanto stabilimento d'interesse strategico nazionale, accompagnati dagli operai del Comitato dei «Cittadini e lavoratori liberi e pensanti» di Taranto che cortesemente si sono offerti di mostrare le incongruenze in merito alle prescrizioni AIA; se le apparecchiature Fog-Cannon in dotazione all'Ilva di Taranto siano a norma di legge e se il forte boato non corrisponda ad un'anomalia di funzionamento e se il Ministro interrogato ritenga opportuno consentire l'accensione di queste macchine, anche nel caso in cui non fossero a norma e che il boato corrispondesse ad un'attività regolare delle macchine in oggetto, provocando sconcerto e preoccupazione negli abitanti del quartiere Tamburi quando azionate nel cuore della notte. (4-01470) § 11. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00868170 Interrogazione a risposta scritta 4-00868 presentato da DE ROSA Massimo Felice testo di Giovedì 13 giugno 2013, seduta n. 33 DE ROSA, BARBANTI, BUSTO, DAGA, MANNINO, SEGONI, TERZONI, TOFALO e ZOLEZZI. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: la ditta Bieco srl, in data 3 dicembre 2008, proponeva domanda alla regione Calabria al fine di ottenere il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) ai sensi 170http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2329&stile=7&highL ight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 410 dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 59 del 2005, e della valutazione di impatto ambientale (VIA) ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 in relazione alla realizzazione di un impianto di discarica per rifiuti speciali non pericolosi sito in località Pipino, nel comune di Scala Coeli (CS); la discarica veniva prima autorizzata dalla regione Calabria, con il D.D.G. n. 4180/10, in violazione della normativa nazionale e comunitaria (decreto legislativo n. 36 del 2003 Capo 2.1 «Ubicazione»), poi costruita con gravi difformità rispetto a quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale, difformità documentate da: 1) nota della provincia di Cosenza – settore difesa del suolo e protezione civile (prot. 59955/12); 2) parere sfavorevole del dipartimento 6 – agricoltura foreste e forestazione della regione Calabria (prot. 1103/12); 3) dalla relazione di ispezione ARPACAL prot. 3148 del 7 maggio 2012; in data 25 gennaio 2013, il dipartimento ambiente della regione Calabria decideva di sanare le contestazioni mosse a vario titolo alla ditta Bieco Srl revocando la sospensione dei lavori; con nota 44/13 del 17 maggio 2013, la ditta Bieco Srl comunicava al comune di Scala Coeli l'avvio delle operazioni di gestione della discarica in oggetto, a partire dal giorno 20 maggio 2013, asserendo di rispettare tutte le prescrizioni di legge; l'apertura della discarica veniva tempestivamente impedita dall'ordinanza n. 5 del 19 maggio 2013 del sindaco di Scala Coeli; i mezzi della ditta, carichi, transitavano comunque nella giornata del 20 maggio, lungo la strada provinciale n. 6 di competenza dell'ufficio provinciale territoriale di Crotone, sulla quale vige un'ordinanza di divieto di transito totale dal chilometro 0+000 al chilometro 14+500, ordinanza n. 9 del 2004; i mezzi della ditta, per stessa dichiarazione pubblica della ditta, trasportavano scarti della lavorazione dell'impianto di trattamento di Bucita (Rossano), impianto inserito nel sistema «Calabria Sud» dal piano dei rifiuti vigente; il 27 maggio 2013 il dipartimento ambiente della regione Calabria comunicava che gli esiti delle verifiche sulle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) erano tutti positivi e che quindi la discarica poteva entrare in funzione; al punto (h) delle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale si legge: «La viabilità di accesso deve garantire la percorribilità in ogni periodo dell'anno e devono essere adottati tutti gli accorgimenti per limitare la polverosità e le molestie derivante dal traffico di mezzi in ingresso ed uscita della discarica...»; l'unica viabilità di accesso alla discarica è 411 in realtà costituita dal tratto di strada comunale Capoferro/Cordarella che dalla strada provinciale n. 6 dopo 1200 metri circa porta al cancello della discarica, un sentiero di campagna trasformato in una pista mediante l'esecuzione di lavori abusivi e, di conseguenza, non collaudati; pertanto il transito di camion pieni di rifiuti e di autocisterne piene di percolato non può avvenire di certo in condizioni di sicurezza; la circolazione su tale pista diviene ancora più pericolosa in caso di pioggia, infatti, in tali condizioni, aumenta sia la quantità di percolato prodotto sia la pericolosità al transito delle autocisterne piene di percolato, sulla pista in condizioni di bagnato, con serio pericolo per l'incolumità pubblica e privata e per il probabile disastro ambientale che si potrebbe arrecare; il tutto avviene a soli 4 chilometri dal mare Jonio; la discarica si inserisce in un contesto agricolo di pregio (DOP Bruzio per l'olio e DOC Cirò per il vino, coltivazioni biologiche) ad avviso degli interroganti in dispregio alle leggi nazionali e comunitarie (decreto legislativo n. 36 del 2003 Capo 2.1 «Ubicazione») e trova la ferma opposizione degli agricoltori e delle popolazioni del luogo –: se il Ministro sia a conoscenza dei fatti narrati alla luce di eventuali verifiche tecniche effettuate sullo stato di inquinamento dell'atmosfera, delle acque e del suolo e sullo stato di conservazione di ambienti naturali disposte ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della legge n. 349 del 1986, in particolare, disponendo verifiche e controlli da parte del personale appartenente al comando carabinieri tutela ambiente (CCTA), in relazione all'oggettivo pericolo che si verifichi un danno ambientale, ai sensi dell'articolo 197, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. (4-00868) § 12. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01466171 Interrogazione a risposta scritta 4-01466 presentato da DE ROSA Massimo Felice testo di Mercoledì 24 luglio 2013, seduta n. 59. DE ROSA. 171http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=4586&stile=7&highL ight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 412 Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: con deliberazione della giunta regionale n. VIII/4215 del 28 febbraio 2007 la giunta della regione Lombardia ha promosso l'accordo di programma finalizzato alla realizzazione di un nuovo polo sanitario di ricerca e di didattica attraverso la localizzazione delle nuove sedi dell'Istituto nazionale neurologico «Carlo Besta» e dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano in un'area adiacente all'azienda ospedaliera Sacco; il 7 aprile 2009 regione Lombardia, Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, comune di Milano, comune di Novate Milanese, fondazione IRCCS – istituto neurologico Carlo Besta, fondazione IRCCS – istituto nazionale dei tumori, azienda ospedaliera Sacco e università degli studi di Milano hanno sottoscritto l'accordo di programma finalizzato alla realizzazione della nuova città della salute e della ricerca in adiacenza all'ospedale Luigi Sacco di Milano; in data 20 dicembre 2011 l'assemblea dei consorziati ha deliberato lo scioglimento del consorzio Città della salute e della ricerca e nel collegio di vigilanza del 22 dicembre 2011 sono state evidenziate criticità legate alla localizzazione della città della salute e della ricerca nell'area di Vialba, ovvero alla necessità di realizzare nuovi interventi per il potenziamento dell'accessibilità pubblica e privata, per la protezione idrogeologica dell'area e per l'acquisizione delle aree di proprietà dell'INPS, implicando risorse aggiuntive rispetto a quanto già stanziato, pari a 80 milioni di euro e non oltremodo sostenibile dalla regione; nel collegio di vigilanza del 22 marzo 2012, sulla base delle risultanze degli incontri tecnici effettuati, finalizzati a verificare la possibilità di superare le criticità di cui al punto precedente, si è preso atto dell'impossibilità di realizzare la città della salute nell'attuale localizzazione di Vialba, concordando di risolvere l'accordo di programma sottoscritto nel 2009 relativamente all'ambito di localizzazione di Vialba e di approfondire nuove possibili localizzazioni alternative avanzate dalle amministrazioni locali quali, la piazza d'armi della caserma Perrucchetti di Milano proposta dal comune di Milano e le aree proposte dal comune di Sesto San Giovanni situate all'interno del progetto di riqualificazione delle aree dismesse dagli stabilimenti ex Falck; in data 28 maggio 2012 il sindaco del comune di Sesto ha trasmesso alla regione una lettera della Sesto Immobiliare spa (soggetto attuatore degli interventi previsti nel PII «Aree Ex Falck e Scalo 413 Ferroviario), quale impegno unilaterale della società proprietaria dell'area a cedere gratuitamente le aree ove ubicare la città della salute all'interno delle aree già previste in cessione dal PII; a provvedere alla bonifica dei sedimi delle aree oggetto di cessione in tempo utile a consentire l'apertura del cantiere per la realizzazione della città della salute; ad assumere a proprio esclusivo carico tutti gli oneri correlati alle attività di implementazione progettuale del PII conseguenti alla scelta della regione Lombardia di allocare la città della salute nelle aree oggetto del PII; a valutare le potenziali sinergie tra le strutture private e le strutture pubbliche; in data 8 giugno 2007, è stato stipulato un accordo di programma tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, regione Lombardia e comune di Sesto San Giovanni finalizzato all'utilizzo dei fondi messi a disposizione con legge 18 novembre 1996, n. 582, pari a circa a 12.911.422,47 euro, per la realizzazione di interventi di riqualificazione ambientale delle aree incluse nel sito di interesse nazionale e nelle aree pubbliche del comune di Sesto San Giovanni (sito di interesse nazionale Sesto San Giovanni) – legge 23 dicembre 2000, n. 388 – perimetrazione sito: decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del 31 agosto 2001. Le indagini di caratterizzazione hanno evidenziato una rilevante situazione di compromissione ambientale dovuta a un diffuso inquinamento dei suoli da metalli pesanti, PCB, diossina e composti organici, mentre in riferimento alle acque di falda sussiste uno stato di contaminazione da nitrati, metalli (cromo totale, cromo esavalente, alluminio, ferro, nichel, piombo), toluene, idrocarburi e composti organo clorurati (cloroformio, 1,1-dicloroetilene, 1,2dicloropropano, 1, 1,2-tricloroetano, tricloroetilene, tetracloroetilene); in data 21 gennaio 2013 è stato redatto da infrastrutture Lombarde per conto della regione Lombardia il rapporto ambientale ai fini della valutazione ambientale strategica e si suppone sia stato trasmesso per l'approvazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - direzione generale per le valutazioni ambientali; nel rapporto si evidenzia come l'area oggetto della valutazione ambientale strategica sia inserita totalmente nell'area definita come SIN; nel rapporto emerge che: la principale sorgente di rumore che influenza il clima acustico dell'area in cui sorgerà la CDSR è costituita dal traffico ferroviario della linea Milano-Chiasso e dal traffico veicolare lungo la nuova strada prevista dal PII Aree ex Falck che si sviluppa parallelamente 414 alla ferrovia (via Acciaierie) e da via Gramsci. Il contributo principale all'emissione di CO, PTS, PM10, PM2.5 e NOx è dato dal trasporto su strada, mentre, per quanto riguarda gli NOx, è molto importante anche la produzione d'energia e trasformazione dei combustibili; i principali responsabili della formazione di SO2 in atmosfera, invece, sono il trattamento e smaltimento dei rifiuti e la combustione nell'industria. Nel macrosettore del trattamento e smaltimento rifiuti, un contributo importante d'emissione di inquinanti è dato dall'incenerimento dei rifiuti; si evidenzia, in merito, l'esistenza sul territorio di Sesto San Giovanni di un impianto per la termovalorizzazione degli RSU finalizzato alla produzione di energia elettrica. La falda, sia superficiale che profonda, è interessata dalla rilevata presenza di alcuni composti alifaticiclorurati cancerogeni in concentrazioni superiori ai limiti di riferimento normativi peraltro spesso presenti in misura maggiore nelle stazioni di rilevamento, poste a monte dell'area in oggetto, e minore in quelle a valle della medesima. Per tale motivo nello Studio d'impatto ambientale redatto a corredo del PII considerato anche la quasi totale assenza nel terreno dell'area in oggetto dei composti rilevati nella falda, si afferma che la presenza dei suddetti composti nelle falde non sia da ascrivere alle attività svolte in passato sul sito, ma bensì sia attribuibile alla generale compromissione, nota da tempo, delle acque sotterranee del territorio di Sesto San Giovanni e, in generale, dell'area del milanese; la bonifica dell'area interessata dal PII in cui è insita l'area destinata alla costruzione della Città della salute sarà possibile in circa 6 anni; da vari articoli di stampa apparsi nel maggio/giugno 2013 (Il giorno 5 maggio 2013) si è potuto apprendere che: «Il Ministero dell'ambiente chiede una bonifica più radicale dei terreni ex industriali e dell'acqua di prima falda di Sesto San Giovanni. Ma i conti potrebbero non tornare: tanto da rimettere in discussione la sostenibilità dell'intero piano Falck (...); dopo una serie di consultazioni con gli interessati ed in particolare con l'amministratore delegato della società Sesto Immobiliare il presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni, ritiene di avere avuto tutte le assicurazioni possibili per procedere alla costruzione nell'area nel sito di interesse nazionale di Sesto San Giovanni e il 25 luglio intende procedere alla stesura dell'accordo di 415 programma con le parti già citate tra cui si ricorda il Ministero della salute come parte in causa posto che le due fondazioni (istituto Besta ed Istituto Tumori) sono istituti di cura e ricerca (IRCCS) di diritto pubblico e in quanto tali debbono rispondere dei risultati ottenuti a fronte degli stanziamenti a loro erogati per la ricerca biomedica di base e finalizzata, nonché in quanto erogatore a suo tempo dei finanziamenti destinati dal decreto ministeriale del 7 luglio 2006 a beneficio dei due Istituti per complessivi 40 milioni –: se sia al corrente dei fatti sopracitati, se sia in grado di fornire un'evidenza effettiva dell'avvenuta opposizione alla procedura valutazione ambientale strategica in relazione a quanto evidenziato dall'esame del rapporto redatto dalla Regione Lombardia e quali misure intenda adottare per prevenire eventuali onerosità relative alle criticità sopravvenute. (4-01466) § 13. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-00806172 Interrogazione a risposta in commissione 5-00806 presentato da DE ROSA Massimo Felice testo di Mercoledì 31 luglio 2013, seduta n. 62. DE ROSA, TERZONI, ZOLEZZI, DAGA, MANNINO, BUSTO, SEGONI e TOFALO. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che: più di 70 fusti tossici contenenti nichel e molibdeno non sono stati recuperati a fronte degli oltre 200 dispersi il 17 dicembre 2012, dalla portacontainer Venezia della Grimaldi al largo di Gorgona, nel cosiddetto santuario dei cetacei; nei fusti dispersi e non ancora recuperati sono contenute oltre 12 tonnellate di nichel e molibdeno. Si tratta di metalli altamente tossici che – se rilasciati nell'ambiente e trasportati dalle correnti – inquinerebbero, se già non lo stanno facendo, un vastissimo tratto 172http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5184&stile=7&highL ight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27 416 di mare, causando un disastro di proporzioni inimmaginabili, destinato a fare sentire i propri effetti per molti anni. Con conseguenze economiche altrettanto devastanti; nichel e molibdeno finirebbero inevitabilmente nella catena alimentare di uomini e animali, con ulteriori costi dal punto di vista sanitario e sociale; tali fusti tossici sembrerebbero, però, destinati a restare in mare, lasciando quindi in grave pericolo di disastro ambientale i fondali del Tirreno centrale, una delle aree marine protette più importanti d'Europa, innescando una vera bomba ad orologeria che potrebbe avere effetti devastanti sia per la sopravvivenza degli abitanti del mare, sia per la salute dei cittadini; all'ex Ministro Clini sono state consegnate oltre 4000 firme di cittadini che richiedono che i fusti siano rimossi; i timori espressi dai cittadini sono da considerarsi più che legittimi oltre che condivisibili; i danni causati alla biodiversità marina avrebbero ripercussioni anche sulle attività turistiche e sulla balneazione; esistono sofisticati sistemi di indagine subacquea con strumentazioni idonee che consentono di identificare e recuperare oggetti a profondità superiori a quelle che si riscontrano nelle acque circostanti la Gorgona; la navigazione in pieno santuario dei cetacei dovrebbe essere maggiormente controllata, soprattutto se si trasportano sostanze tossiche, considerando gli obblighi previsti dagli accordi internazionali dei 3 Paesi contraenti che hanno istituito il santuario –: se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, così come appreso dai mezzi stampa, non intenda proseguire le ricerche, in quale modo intenda intervenire per evitare una catastrofe ambientale e garantire con ogni strumento il prosieguo della ricerca dei fusti per quanto complessa essa possa essere; se si intenda provvedere immediatamente a regolamentare in modo più rigido i trasporti di sostanze potenzialmente tossiche e dannose per l'ambiente, prevedendo rigidi protocolli tesi a garantire la sicurezza di tutto l'ecosistema e della biodiversità. (5-00806) 417 § 14. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-00821173 Interrogazione a risposta in commissione 5-00821 presentato da DE ROSA Massimo Felice testo di Giovedì 26 settembre 2013, seduta n. 85 DE ROSA, DE LORENZIS, TERZONI, D'INCÀ, PARENTELA, BECHIS, NICOLA BIANCHI, AGOSTINELLI, D'UVA, SCAGLIUSI, CATALANO, CARINELLI. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: sono stati riscontrati numerosi casi di depositi di eternit deteriorato in via Campazzino, già censiti ai n. 12, 40, 41, 46, 68 (coperture che disperdono fibre) ed attualmente inseriti nelle procedure del protocollo di gestione amianto del 2008, siglato tra il comune di Milano, la polizia locale, l'Asl e l'Arpa; sono stati censiti diversi scarichi abusivi in Roggia (Cavo Ticinello) perpetrati da molti anni, ad esempio in corrispondenza del n. civico 12, anche questo accertato da verbali della polizia provinciale (ultimo intervento del 22 novembre 2012) e segnalati in molte occasioni; la sorveglianza risulta essere minima: non ci sono videocamere né un sufficiente numero di guardie ecologiche o pattuglie della polizia locale per impedire sospetti scarichi idrici abusivi in tutta l'area e nelle rogge; i rifiuti appaiono visibili nei fossati della parte di via Campazzino del parco agricolo sud e di recente, il 26 marzo 2013, è stata posta in essere un altra azione di sequestro della polizia provinciale per accumulo di rifiuti speciali, plastiche e lastre eternit al civico n. 74 della stessa via; da anni e con estrema frequenza vengono reiterati accumuli abusivi di rifiuti in tutta la zona del parco tra via Selvanesco e via Campazzino, con continui interventi di Amsa; esiste da molti anni, in via Selvanesco (circa 10 mila metri quadrati) all'altezza del n. 57, una grande discarica abusiva comprendente materiali come lastre eternit, rifiuti farmaceutici, gomme, plastiche, granulato veicolare detto «fluff» ed altre sostanze nocive; tale discarica viene spesso incendiata, dando origine a nubi tossiche che 173http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5325&stile=7&highL ight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27 418 invadono soprattutto gli spazi dei quartieri attigui «Le Terrazze e Gratosoglio», come abbondantemente segnalato dai giornali. Tali nubi con tutta probabilità formano diossina, favorendo il deposito di veleni anche sui terreni circostanti, agricoli e non agricoli –: se il Ministro interrogato sia al corrente della forte concentrazione di sostanze potenzialmente nocive per l'ambiente nel suolo e nel sottosuolo della zona interessata; se intenda acquisire elementi in merito alle sostanze inquinanti con campionature dei terreni agricoli e delle acque presenti in questa sezione di territorio, principalmente delle acque del Cavo/Roggia Ticinello e anche della Roggia della Costa, della Roggia Scarpogna, della Roggia Triulza, della Roggia Grande, del Cavo Selvanesco e del Cavo Gaggiolo. (5-00821) § 15. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-01095174 Interrogazione a risposta in commissione 5-01095 presentato da DE ROSA Massimo Felice testo di Venerdì 27 settembre 2013, seduta n. 86 DE ROSA, DE LORENZIS, TERZONI, D'INCÀ, PARENTELA, BECHIS, NICOLA BIANCHI, AGOSTINELLI, D'UVA, SCAGLIUSI, CATALANO e LOREFICE. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: sono stati riscontrati numerosi casi di depositi di eternit deteriorato in presso alcuni civici di via Campazzino, (coperture che disperdono fibre) ed attualmente inseriti nelle procedure del protocollo di gestione amianto del 2008, siglato tra il comune di Milano, la polizia locale, l'asl e l'arpa; sono stati censiti diversi scarichi abusivi in Roggia (Cavo Ticinello) perpetrati da molti anni, anche questi accertati da verbali della polizia provinciale (ultimo intervento del 22 novembre 2012) e segnalati in molte occasioni; la sorveglianza risulta essere minima: non ci sono videocamere né un sufficiente numero di guardie ecologiche o pattuglie delle polizia locale per 174http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=7254&stile=7&highL ight=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27 419 impedire sospetti scarichi idrici abusivi in tutta l'area e nelle rogge; i rifiuti appaiono visibili nei fossati della parte di via Campazzino del parco agricolo sud e di recente, il 26 marzo 2013, è stata posta in essere un altra azione di sequestro della polizia provinciale per accumulo di rifiuti speciali, plastiche e lastre eternit della stessa via; da anni e con estrema frequenza vengono reiterati accumuli abusivi di rifiuti in tutta la zona del parco tra via Selvanesco e Via Campazzino, con continui interventi di Amsa; esiste da molti anni, in via Selvanesco (circa 10mila metri quadrati, una grande discarica abusiva comprendente materiali come lastre di eternit, rifiuti farmaceutici, gomme, plastiche, granulato veicolare detto «fluff» ed altre sostanze nocive; tale discarica viene spesso incendiata, dando origine a nubi tossiche che invadono soprattutto gli spazi dei quartieri attigui «Le Terrazze e Gratosoglio», come abbondantemente segnalato dai giornali. Tali nubi con tutta probabilità formano diossina, favorendo il deposito di veleni anche sui terreni circostanti, agricoli e non agricoli –: se il Ministro interrogato sia al corrente della forte concentrazione di sostanze potenzialmente nocive per l'ambiente nel suolo e nel sottosuolo della zona interessata e di quali elementi disponga in merito all'effettuazione delle bonifiche necessarie al recupero dell'area; se intenda predisporre, anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, una verifica e un'analisi complessiva e distinta delle sostanze inquinanti con campionature dei terreni agricoli e delle acque presenti in questa sezione di territorio, principalmente delle acque del Cavo/Roggia Ticinello e anche della Roggia della Costa, della Roggia Scarpogna, della Roggia Triulza, della Roggia Grande, del Cavo Selvanesco e del Cavo Gaggiolo. (5-01095) § 16. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01021175 Interrogazione a risposta scritta 4-01021 presentato da DI MAIO Luigi testo di Mercoledì 26 giugno 2013, seduta n. 41. 175http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2482&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 420 LUIGI DI MAIO, COLONNESE, FICO, LUIGI GALLO, SILVIA GIORDANO, MICILLO, PISANO, SIBILIA e TOFALO. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che: lo studio «Sentieri» (studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento finanziato dal Ministero della salute e svoltosi tra il 2007 e il 2010) inserisce ben 77 comuni del litorale domizio flegreo e agro aversano (Acerra, Arienzo, Aversa, Bacoli, Brusciano, Caivano, Camposano, Cancello ed Arnone, Capodrise, Capua, Carinaro, Carinola, Casagiove, Casal di Principe, Casaluce, Casamarciano, Casapesenna, Casapulla, Caserta, Castel Volturno, Castello di Cisterna, Cellole, Cervino, Cesa, Cicciano, Cimitile, Comiziano, Curti, Falciano del Massico, Francolise, Frignano, Giugliano in Campania, Grazzanise, Gricignano di Aversa, Lusciano, Macerata Campania, Maddaloni, Marcianise, Mariglianella, Marigliano, Melito di Napoli, Mondragone, Monte di Procida, Nola, Orta di Atella, Parete, Pomigliano d'Arco, Portico di Caserta, Pozzuoli, Qualiano, Quarto, Recale, Roccarainola, San Cipriano d'Aversa, San Felice a Cancello, San Marcellino, San Marco Evangelista, San Nicola la Strada, San Paolo Bel Sito, San Prisco, San Tammaro, San Vitaliano, Santa Maria a Vico, Santa Maria Capua Vetere, Santa Maria la Fossa, Sant'Arpino, Saviano, Scisciano, Sessa Aurunca, Succivo, Teverola, Trentola-Ducenta, Tufino, Villa di Briano, Villa Litemo, Villaricca, Visciano) e ben 11 comuni dell'area del litorale vesuviano (Boscoreale, Boscotrecase, Castellammare di Stabia, Ercolano, Pompei, Portici, San Giorgio a Cremano, Terzigno, Torre Annunziata, Torre del Greco, Trecase) tra i SIN, ovvero siti di interesse nazionale che necessitano con urgenza di un piano di bonifica; gli abitanti dell'intera area, una delle più densamente popolate d'Europa, in molti casi senza percepire il reale pericolo, sono costretti a vivere in un luogo altamente inquinato da sostanze molto tossiche (diossine, pcb, pcbdl e altri) e ad altissime percentuali; tali sostanze procurano una serie di malattie a partire dalla semplice «depressione» fino a quelle più gravi e serie, come le malattie tumorali, SLA, sclerosi, lupus e altro. L'inquinamento ambientale, infatti, procura uno stress ossidativo cellulare e mitocondriale che a sua volta produce una serie di danni seri ed irreversibili all'organismo umano; recenti studi statunitensi del 421 professor Martin Pall della Washington State University, avrebbero accertato che gli agenti inquinanti innestano un circolo vizioso in cui le sostanze tossiche con le quali si viene in contatto a livello «locale» (attraverso la cute, gli occhi, nel tratto delle alte vie respiratorie o anche di quello gastrico-intestinale), e cioè molte sostanze chimiche o anche altri fattori stressogeni di tipo «naturale» come i virus o i batteri e le muffe, attivando a più livelli i recettori NMDA (N-Metil-D-Aspartato), molecole presenti in diversi organi, portano alla trasformazione continua di NO (Ossido nitrico) in ONOO (perossinitrito). Tale trasformazione – sempre secondo il professor Pall – una volta «cronicizzatasi», genera, poi, processi di tipo infiammatorio e ossidativo e la diminuzione delle capacità «detossificante» negli organi deputati allo smaltimento delle scorie metaboliche, processi difficili da fermare e che scatenano meccanismi di sensibilizzazione locale che agiscono, di fatto, «aprendo la porta» a pesanti patologie di tipo sistemico; in altre parole, tali reazioni – denominate ciclo NO-ONOO – rovinerebbero la membrana cellulare che da impermeabile diventa permeabile permettendo, in questo modo, di far entrare nella cellula sostanze che non dovrebbero esserci, alterando il funzionamento della cellula stessa, formando mutazioni epigenetiche e bloccando il funzionamento di alcuni geni. Tali mutazioni epigenetiche si trasformerebbero in mutazioni genetiche per le future generazioni causando nascite di bambini già ammalati o predisposti ad una serie di terribili malattie; sono pochissime le famiglie della zona risparmiate da malattie e soprattutto le percentuali di tumori, cancri, leucemie e linfomi sono aumentate in maniera considerevole: è sufficiente controllare le percentuali di casi in tutto il territorio per rendersi conto che nella zona c’è il più alto tasso di questi tipi di malattie e una riduzione della vita media rispetto al resto dell'Italia; alla luce di quanto esposto, è di tutta evidenza come sia urgentissimo procedere ad interventi di bonifica del territorio, anche perché la situazione dei danni genetici, che aumenteranno di padre in figlio, causerà un «genocidio»: è stato infatti stimato che rebus sic stantibus restano circa 5 generazioni prima che il «genocidio» si compia; peraltro, l'ultima stima sui tempi di eventuali bonifiche fatta dal Ministro della salute pro tempore Renato Balduzzi ha rilevato che, partendo subito, ci vorranno circa 50 anni per decontaminare il territorio in questione e che comunque il carico tossico maggiore, pur eliminando da subito tutte le cause, ci sarà nei prossimi 25-35 422 anni: un'intera generazione, pur non colpevole, dovrà pagare un conto salatissimo per gli errori fatti dalle istituzioni e da chi ha permesso questo orribile scempio; a conferma di quanto esposto, si segnalano gli studi che la NATO di prassi svolge sulla condizione ambientale dei luoghi dove risiedono e lavorano i suoi dipendenti civili e militari. Da tali studi, che rappresentano uno dei pochi rapporti pubblici sulla condizione ambientale campana, emerge che molti comuni della zona sono indicati come luoghi nei quali è assolutamente sconsigliabile vivere e che il famoso «triangolo della morte» è diventato una figura geometrica molto più complessa. Le zone altamente tossiche sono aumentate a dismisura negli ultimi decenni e sono molto vicine tra di loro: tutta la provincia di Napoli, la zona del vesuviano, il casertano fino al confine con il Lazio risultano essere territori fortemente contaminati da sostanze tossiche –: quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo in merito; quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati in merito; se il Governo, alla luce dell'atroce situazione delineata in premessa, non ritenga di dover al più presto e con la massima urgenza: a) porre in essere tutte le forme di controllo incisivo del territorio campano atte a far cessare il criminale e illecito sversamento di rifiuti tossici in zone agricole e ad alta densità abitativa; b) intraprendere, per quanto di competenza, gli improrogabili interventi di bonifica del territorio campano, al fine di cercare almeno di limitare i danni di decenni di scellerate politiche di gestione ambientale del territorio; c) istituire un tavolo tecnico permanente presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel quale siano coinvolte le associazioni e i comitati di cittadini da anni impegnati nelle lotte a difesa del territorio, personalità del mondo scientifico competenti in materia e rappresentanti di regione ed enti locali, al fine di monitorare la ingravescente situazione sopra illustrata e valutare le soluzioni più adatte alla risoluzione dei disastrosi problemi. (4-01021) 423 § 17. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01979 176 Testo presentato, in data Giovedì 26 settembre 2013, seduta n. 85, da: GAGNARLI, L'ABBATE, LUPO, GALLINELLA, M.BERNINI, PARENTELA, SILVIA BENEDETTI e DE ROSA. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: il SISTRI – Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti – è il sistema informativo voluto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sin dal lontano 2007, per monitorare i rifiuti pericolosi tramite la tracciabilità degli stessi, trasferendo in formato digitale i documenti precedentemente svolti in forma cartacea, con l'ambizioso obiettivo di diventare l'arma definitiva nella lotta alle eco-mafie; l'Italia, anche senza SISTRI, avendo già un pregresso sistema di tracciabilità, non era affatto inadempiente rispetto alle direttive comunitarie, pur dovendo riconoscere come il sistema di tracciabilità preesistente – quello del decreto Ronchi del ’97 – fosse «migliorabile» e dotabile di maggiore efficienza, anche grazie ad un processo di informatizzazione; il progetto SISTRI comincia a prendere forma dal 2007 ma viene ufficialmente istituito soltanto il 17 dicembre 2009, con decreto del Ministro ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'articolo 14-bis del decretolegge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009; la partenza ufficiale del sistema è prevista nel marzo 2011, ma da quel momento iniziano ad essere emesse una serie di proroghe (ad oggi se ne contano ben sette), principalmente dovute a malfunzionamenti delle apparecchiature elettroniche e carenze del sistema informativo centrale che non è in grado di garantire l'accesso a tutti gli operatori, come in occasione del «click-day» organizzato da Confindustria nel maggio 2011; nel 2012, come riportato in una inchiesta di Carlo Bonini su Repubblica del 10 maggio 2012, l'Ente nazionale per la digitalizzazione della pubblica amministrazione, incaricato di eseguire una «spending review» sul contratto con Finmeccanica, conclude che le scelte seguite per il 176http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=7193&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 424 SISTRI non sono compatibili con i principi di trasparenza. I vertici di Selex, intanto, vengono iscritti al registro degli indagati della procura di Napoli per associazione a delinquere finalizzata a truffa, abuso di ufficio e false fatturazioni; il 20 marzo 2013 il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, fissa il nuovo avvio del SISTRI, differenziando le categorie obbligate in due gruppi: i primi operativi dal giorno 1o ottobre 2013, i secondi dal 3 marzo 2014; il 17 aprile 2013 l'inchiesta della procura di Napoli produce 22 misure cautelari in carcere, 19 con la concessione dei domiciliari, e 4 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, con l'accusa di progettazione ed esecuzione dell'infrastruttura relativa gestione del SISTRI, in violazione della normativa sui contratti pubblici; a giugno 2013 l'attuale Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Andrea Orlando, indice una «consultazione delle organizzazioni delle imprese interessate dal SISTRI» al fine di acquisire il loro punto di vista; dalla consultazione emergono: la necessità di un sistema di tracciabilità che renda trasparenti sia la gestione che la movimentazione dei rifiuti, ma a condizione che sia fruibile dalle imprese, senza eccessivi sovraccarichi organizzativi; la considerazione che il SISTRI è stato avviato come modello unico, senza comparazioni con altri sistemi più semplici, oltre che flessibili e meno onerosi; il continuo rinvio della operatività del SISTRI è prova della sua non funzionalità operativa; l'operatività del SISTRI dal 1o ottobre 2013 comporterebbe notevoli disagi, oltre che costi economici ed organizzativi insostenibili, per diverse decine di migliaia di imprese e di operatori che «producono» e «gestiscono» rifiuti pericolosi; la presa d'atto che per i motivi citati il SISTRI non è idoneo e va quindi abolito con un intervento legislativo, abrogando le norme che lo prevedono e sostituendolo con nuovi criteri – da affidare poi a normativa secondaria – mantenendo nel frattempo il sistema preesistente con eventuali piccole integrazioni che ne garantiscano una maggiore efficacia, compreso l'aspetto sanzionatorio; vengono, infine, indicati i punti principali di un nuovo sistema di tracciabilità informatizzata; il Ministro Orlando ha inoltre precisato che l'accordo con Selex Service Management spa, attualmente ancora aggiudicataria dell'appalto per la fornitura del sistema SISTRI, è di partire con un numero ridotto di gestori di rifiuti pericolosi, 17 mila in tutto, per poi rimodulare il sistema secondo i presupposti dalla relazione di 425 un team di esperti, guidati dal professore Edo Ronchi, da egli incaricato; l'accordo prevede, inoltre, la costituzione di una Commissione di esperti che dovrà collaudare il sistema, prima del termine iniziale di operatività del 1o ottobre: un eventuale esito negativo sancirebbe uno stop al Sistri, in caso contrario la partenza sarebbe confermata per i suddetti 17 mila soggetti e successivamente, la platea sarebbe estesa, ma solo dopo le semplificazioni richieste dalle imprese; allo stato attuale, il sistema di tracciabilità SISTRI presenterebbe le solite carenze da tempo ormai emerse: l'inadeguatezza delle chiavette USB, l'impossibilità da parte delle imprese di inviare i dati in momenti di minor carico informatico, salvo dotarsi di costosi software gestionali, le carenze di varia natura nel nuovo manuale operativo SISTRI, pubblicato il 12 agosto 2013, l'assenza di interoperabilità del SISTRI con i software gestionali aziendali, la scopertura della linea dati ADSL in tantissime zone del Paese, come ribadito dal direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci durante l'audizione tenuta al Senato in Commissione territorio, ambiente e beni ambientali, il 18 settembre 2013; il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella risposta alla interrogazione n. 5-00913 dell'onorevole Realacci, ha manifestato la volontà di non rescindere il contratto con Selex Service Management spa, per via dell'avanzato stadio di esecuzione dello stesso, la cui invalidazione comporterebbe il pagamento di penali, nonché per l'ineludibile esigenza di avere un sistema efficace di trattamento dei rifiuti –: in che modo il Ministro interrogato preveda che il SISTRI possa contrastare le ecomafie, dal momento che queste ultime potrebbero tranquillamente non iscriversi come trasportatori di rifiuti speciali pericolosi nell'apposito Albo gestori ambientali, ma come semplici trasportatori di altro materiale, o di rifiuti non pericolosi, e quindi non essere obbligati all'iscrizione al SISTRI, posto che il sistema di monitoraggio non risulta debba essere effettuato su strada ma soltanto a livello telematico; se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, nell'ipotesi tutt'altro che vana dovesse fallire il prossimo collaudo del SISTRI, intraprendere con la massima urgenza la reintroduzione del sistema preesistente, con le integrazioni che garantiscano una maggiore efficacia, compreso l'aspetto sanzionatorio, seguendo le proposte 426 emerse durante la consultazione di giugno con le organizzazioni delle imprese interessate al sistema; se il Ministro interrogato, preso atto della sua volontà di non rescindere il contratto con Selex Service Management spa, possa quantomeno rassicurare sul fatto che il pagamento del contributo di iscrizione e l'apparato sanzionatorio, siano attualmente sospesi fino alla effettiva entrata in esercizio del SISTRI e siano riattivati solamente a collaudo eseguito e con esito positivo; se il Ministro interrogato non ritenga opportuno definire con la massima urgenza indicazioni ministeriali chiare ed univoche che consentano alle aziende di adempiere correttamente agli obblighi del Sistema, evitando così anche la diffusione sul mercato di fatidici corsi di semplificazione/preparazione al SISTRI, proposte ai soli fini di ottenere profitti ai danni delle imprese obbligate all'iscrizione. (4-01979) § 18. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01609177 Testo presentato, in data Martedì 6 agosto 2013, seduta n. 66, da: GAGNARLI e BALDASSARRE. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che: la normativa vigente non regolamenta e non fornisce parametri per l'utilizzazione agronomica del digestato, sottoprodotto delle centrali a biogas che, in via cautelativa, viene equiparato agli effluenti zootecnici ed utilizzato nelle quantità massime di 170 chilogrammi/anno di azoto per ettaro, attraverso un piano di utilizzazione agronomica (PUA); mentre, la quantità eccedente l'utilizzo agronomico ammesso, deve trovare altre destinazioni coerenti con la vigente legislazione in materia di rifiuti; secondo diversi studi in materia, lo spandimento del digestato presenta delle criticità legata alle emissioni di ammoniaca in atmosfera, qualora lo spandimento non sia effettuato con le migliori 177http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5558&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 427 tecniche disponibili, ed alla perdita di nitrati nelle acque di falda, qualora si ecceda negli apporti e si applichi in periodi non opportuni; l'applicazione al terreno agricolo del digestato deve corrispondere esattamente al fabbisogno di azoto della coltura, pena la perdita di azoto nelle acque superficiali e profonde; ma in realtà i digestati vengono normalmente sparsi, più volte l'anno, anche quando il terreno è nudo e le condizioni climatiche rallentano l'attività vegetativa delle piante e quella di trasformazione microbica nel terreno, che favoriscono la trasformazione dell'azoto ammoniacale (85 per cento di quello contenuto nei digestati) in nitrati, ed il loro assorbimento radicale; tale prassi comporta un grave rischio di depauperamento dei suoli agricoli che accolgono i digestati (ricchi di azoto e poveri di carbonio) e di eutrofizzazione delle falde acquifere; non vanno sottovalutati i rischi igienicosanitari legati all'uso dei digestati: diversi lavori mettono in luce come il Clostridium perfringens (causa di tossinfezioni oltre che di aborti) non subisce alcuna riduzione nei digestati; gli enterococci risultano molto resistenti alla digestione anaerobica; Salmonella ssp. (causa della maggior parte delle tossinfezioni alimentari segnalate) è stata rilevata in un campione su quattro della frazione solida e in uno su tre di quella liquida del digestato, mentre Lysteria monocytogenes (causa di listeriosi, con esiti a volte mortali) in quattro su quattro e tre su tre campioni rispettivamente della frazione solida e liquida (Bonetta et al. «Rischio igienico associato all'impiego di digerito in agricoltura»); a Serboli (Subbiano), in provincia di Arezzo, un impianto di produzione di energia elettrica da biogas regolarmente realizzato nella azienda agricola San Luigi è stato sospeso da una ordinanza del sindaco (7–2013 del 17 giugno) a causa di quattro diversi sversamenti nel torrente Talla, da febbraio a giugno 2013, l'ultimo dei quali ha provocato una ingente moria di pesci; considerata la data di inizio attività dell'impianto, si presume che il digestato-concime prodotto e sparso nei campi delle località di Poggio D'Acona, Calbenzano, S. Mama, non sia stato sottoposto al ciclo di maturazione di 160 giorni, necessario per abbattere la carica microbica, Clostridi, E. Coli, Botulino, con conseguente rischio di epidemia di animali domestici e non, pesci nei torrenti contaminati, ed anche per l'uomo; i tecnici di ARPAT affermano che l'impianto non è in sicurezza e non è gestito correttamente ma, ciò nonostante, di recente si sta paventando la riapertura di tale impianto, senza che siano state fornite garanzie sui provvedimenti 428 da adottare; il comitato civico per Subbiano, a tutela del territorio, della salute delle persone e degli animali, ha chiesto al sindaco che la riapertura della centrale di Serboli a Calbenzano non sia concessa fino a quanto una commissione di esperti non abbia accertato che l'ordinanza sindacale n. 7–2013 sia stata soddisfatta nei punti 2-3-45, provvedendo ad una verifica dell'impianto; in data 11 luglio 2013 l'interrogante ha presentato una interrogazione a risposta scritta (n. 5-00585) per sollecitare l'emanazione del decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previsto dall'articolo 52, comma 2-bis del decreto-legge n. 83 del 2012 convertito, con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, che dovrà finalmente definire le caratteristiche e le modalità di impiego del digestato equiparabile, per quanto attiene gli effetti fertilizzanti –: se i Ministri interrogati, al fine di evitare le criticità ambientali legate alla gestione del digestato, intendano emanare l'apposito decreto di cui in premessa, con cui si definiscono le caratteristiche e le modalità di impiego del digestato equiparabile, per quanto attiene agli effetti fertilizzanti ed all'efficienza di uso, ai concimi di origine chimica, nonché le modalità di classificazione delle operazioni di disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura, in modo da evitare casi di sversamenti e di utilizzo prematuro del digestato ad uso ammendante, come avviene nell'impianto a biogas di Serboli a Carbenzano di cui si paventa la riapertura. (4-01609) § 19. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01958178 Testo presentato, in data Mercoledì 25 settembre 2013, seduta n. 84, da: GALLINELLA e CIPRINI. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: la regione Umbria è suddivisa in quattro ambiti territoriali integrati (ATI) delegati alla gestione di sanità, politiche sociali, rifiuti, ciclo 178http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=7115&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 429 idrico integrato e turismo, che fanno riferimento alle quattro ASL della regione; nei primi di gennaio del 2013 all'interno dell'ATI 2 si è rischiata una grave emergenza relativamente alla gestione dei rifiuti; una comunicazione ufficiale dell'azienda che gestisce il servizio di raccolta dei rifiuti nell'ambito territoriale 2 annunciava, infatti, che «in mancanza di provvedimenti normativi che permettano lo smaltimento di rifiuti, ad oggi non siamo in grado di garantire il ritiro dei rifiuti indifferenziati, pertanto si invitano tutti i cittadini a non esporre i bidoncini grigi a ciò destinati, fino a nuova comunicazione»; nell'ambito del cosiddetto ATI 2 si trova la discarica di Borgogiglione, che, nata nel 1995 per 200.000 metri cubi, ha raggiunto oggi i 600.000 metri cubi, e raccoglie anche rifiuti con elevato potere calorifico; il blocco del conferimento di rifiuti con elevato potere calorifico, previsto dal decreto legislativo 36 del 2003, che avrebbe dovuto essere in vigore dal 1° gennaio 2007, è stato infatti derogato di anno in anno; nel 2013, in forza del decreto suddetto, è avvenuto il blocco temporaneo dell'attività nella discarica di Borgogiglione, che ha però ripreso quasi immediatamente l'attività grazie ad una delibera urgente del presidente della regione Umbria; è importante sottolineare che l'ATI 2, il 12 ottobre 2012, ha siglato un accordo «di solidarietà» che prevedeva lo smaltimento dei rifiuti dell'ATI 3 nella discarica di Borgogiglione. Tale accordo avrebbe dovuto essere temporaneo, ma ne è già stata richiesta la proroga fino al 30 giugno del 2014 a causa dei ritardi dei lavori nella discarica di Sant'Orsola di Spoleto; l'ATI 2 ha siglato, inoltre, un analogo accordo «di solidarietà» anche con l'ATI 1 in quanto anche la discarica di Belladanza è afflitta da cronici problemi strutturali; nel 2012 le tonnellate di rifiuti conferita Borgogiglione sono state 79.520 (comprese 17.775 tonnellate di rifiuti speciali), circa il 10 per cento in meno rispetto al 2011; per il 2013 sono previste in arrivo 188mila tonnellate (cfr. informativa sulla gestione dei conferimenti, ATI 2 giugno 2013), di cui 19mila di rifiuti speciali; è evidente che la situazione della discarica di Borgogiglione (di sicuro non l'unico caso in Italia) sta oltrepassando i livelli minimi di sostenibilità, sia da un punto di vista di impatto e gestione ambientale, sia di vivibilità degli abitanti della zona, che, oltre alla difficoltà di smaltire i propri rifiuti, lamentano anche grossi problemi di viabilità a causa del via vai dei camion provenienti da altri ambiti territoriali; bisogna infine considerare che con la nuova legge regionale 17 maggio 2013, n. 11 Norme di 430 organizzazione territoriale del servizio idrico integrato e del servizio di gestione integrata dei rifiuti, che sopprime gli ATI riunendo la gestione dei rifiuti sotto un unico organismo denominato AURI, la regione tenta, di fatto, di porre rimedio ad una situazione di gestione dei rifiuti inaccettabile, contravvenendo, a parere degli interroganti, al principio di prossimità stabilito dal decreto legislativo n. 152 del 2006 e dalla direttiva 2008/98/CE in materia di rifiuti, e senza tener conto delle diverse realtà territoriali (comuni o interi ambiti territoriali che si sono dimostrati virtuosi ed efficienti); l'11 settembre 2013, nel corso dell'audizione sulle procedure di infrazione in materia-ambientale presso l'VIII commissione della Camera, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha citato – tra le numerose procedure avviate nei confronti dell'Italia – la procedura n. 2011/2215 con cui la Commissione europea contesta il mancato rispetto degli obblighi di cui alla direttiva 1999/31/CE in materia di discariche di rifiuti –: se il Governo intenda avviare le necessarie iniziative di competenza per evitare il possibile avvio di ulteriori procedure di infrazione. (401958) § 20. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01522179 Testo presentato, in data Mercoledì 31 luglio 2013, seduta n. 62, da: LUIGI GALLO, ALBERTI, D'INCÀ, SIBILIA, SILVIA GIORDANO, DE LORENZIS, TOFALO, TERZONI, SPESSOTTO PARENTELA, BECHIS, NICOLA BIANCHI, BRUGNEROTTO e AGOSTINELLI. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: il comune di Terzigno (NA) è ricompreso all'interno del territorio del Parco nazionale del Vesuvio-Riserva MAB-UNESCO dal 1997 (dunque area destinata a presentare la conservazione delle specie animali e vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di singolarità geologiche di formazioni paleontologiche di comunità biologiche, di 179http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5161&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 431 biotopi, di valori scenici e panoramici di processi naturali, di equilibri idraulici ed idrogeologici, di equilibri ecologici, nonché allo scopo di promuovere tutta una serie di attività di educazione, formazione, ricerca, restauro, e altro); nel 2008, proprio quest'area a mezzo della legge n. 123, veniva individuata come sede «ideale» di una discarica, sita in località Pozzelle, successivamente tristemente nota quale «Cava Sari», inaugurata nel maggio 2009 e chiusa perché stracolma, soltanto tre anni dopo, nel maggio 2012; nel corso degli anni, nonostante comitati cittadini e consiglieri comunali abbiano più volte richiesto informazioni circa la natura dei rifiuti interrati nella «Cava Sari», nessuna chiara e ufficiale risposta e giunta né dal commissariato gestione rifiuti, né dalla società affidataria della discarica, la ASIA Napoli spa, né tantomeno dal comune di Terzigno; la Asia Napoli spa in una nota del 12 luglio 2010, relativa ai monitoraggi effettuati ex decreto legislativo 36 del 2003 dei pedometri presso l'impianto di discarica Cava Sari, rendeva noto agli enti preposti il superamento delle concentrazioni superiori ai limiti consentiti dalla legge nella falda acquifera di elementi quali nichel, zinco, PCB, cadmio, aldrin, benzo(a)pirene ed altri, che avrebbero comportato un gravissimo e palese inquinamento della falda acquifera; con nota prot. N. 2415/SP del 25 ottobre 2010, la regione Campania convocava un tavolo tecnico presso la prefettura di Napoli per l'avvio di un piano di monitoraggio ambientale della discarica; sulla scorta di tale convocazione il comune di Terzigno incaricava un proprio tecnico di fiducia di assistere al prelievo di campioni di acqua tratte dai pozzi «spia» posti a monte e a valle della discarica Sari e, altresì, di relazionare sui risultati delle analisi effettuate dai tecnici dell'ARPAC; da tali analisi emergevano, nella falda acquifera, il superamento delle concentrazioni superiori ai limiti massimi consentiti di sostanze quali ferro, manganese, fluoruri, nichel, zinco, PCB e cadmio, diossine, prodotti derivanti da idrocarburi, pesticidi, cadmio, nichel ed altri; poche di queste sostanze possono essere riconducibili ed attribuibili alla natura geomorfologica vulcanica, tutte le altre sono di certo frutto di contaminazione causata dallo smaltimento scellerato dei 432 rifiuti, scellerato sia nella scelta del luogo (Parco nazionale del Vesuvio) sia nelle modalità di trattamento dei rifiuti; con nota del 1o febbraio 2011, la Direzione Generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare richiedeva ai gestori della discarica di adottare entro 20 giorni idonei interventi di messa in sicurezza d'emergenza delle acque di falda contaminate a valle della discarica Cava SARI, sita nel comune di Terzigno, in località Pozzelle; da ciò si evince che le falde acquifere di Terzigno sono contaminate e che ciò è già noto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; vale la pena ricordare i disastrosi effetti che dette sostanze, accumulandosi nei terreni coltivati e nelle falde acquifere destinate all'irrigazione ed al consumo, possono avere sulla salute delle persone: patologie dei reni, ossa e sangue, disturbi della crescita, danni allo scheletro, carenze riproduttive, tumori al fegato, alla prostata ed ai polmoni, disturbi permanenti se si è fortunati, altrimenti mortali; a ciò si aggiunga che la discarica, allo stato, viene gestita dalla società Ecodeco srl, gruppo A2A, che ne cura la captazione dei biogas, ma la popolazione locale lamenta la cattiva gestione di tale impianto dal quale provengono continui miasmi, che costringono i residenti a rifugiarsi in casa, ben serrando porte e finestre, in ragione della presenza di una coltre di vapori sulla discarica; i danni causati dalla «Cava Sari» sono molteplici: la presenza di oltre 500 mila tonnellate di rifiuti indifferenziati all'interno del Parco nazionale del Vesuvio, l'inquinamento di acqua, terreno e aria, l'aumento concreto di patologie tumorali tra la popolazione residente nella zona; ad oggi, l'unico «provvedimento» che è stato preso per tutelare la salute della popolazione residente nella zona consta all'interrogante che sia stato l'invito da parte del comune di Terzigno a non utilizzare l'acqua proveniente da detta falda né per il consumo quotidiano né per l'irrigazione delle colture; è evidente come si renda necessario, stante la gravità e l'emergenza della questione, un intervento diretto da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare affinché si faccia chiarezza sulla corretta gestione della discarica Cava Sari sita in Località Pozzelle, sul rispetto delle norme vigenti in materia di 433 smaltimento dei rifiuti da parte dei gestori, anche a mezzo dell'ausilio del Nucleo Operativo Ecologico (NOE) per la vigilanza e repressione delle violazioni compiute in danno dell'ambiente; è, altresì, evidente come si renda necessario, stante la gravità e l'emergenza della questione, un intervento diretto da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare affinché si prenda contezza dello stato dei luoghi e del reale inquinamento dei terreni, delle acque e dell'aria e, soprattutto, affinché nei luoghi suddetti vengano adottati tutti gli idonei e necessari interventi di messa in sicurezza delle aree inquinate per la tutela del salute delle popolazioni residenti –: Se e quali urgenti e improrogabili controlli del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenderà disporre per accertare i suesposti fatti e le eventuali condotte tenute in violazione delle leggi e in danno della salute della popolazione locale ed anche se e quali misure d'emergenza finalizzate alla messa in sicurezza e/o bonifica delle aree contaminate il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenderà prendere per salvaguardare la salute dei cittadini e degli abitanti delle zone limitrofe a Cava Sari a tutela della salubrità dell'acqua, del terreno e dell'aria. (4-01522) § 21. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01694180 Testo presentato, in data Venerdì 9 agosto 2013, seduta n. 69, da: CRISTIAN IANNUZZI, BRESCIA e LOREFICE. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che: il Parco nazionale del Circeo viene istituito nel 1934 (regio decretolegge n. 285 del 1934) «allo scopo di conservare, tutelare e valorizzare il patrimonio naturalistico e per la promozione e lo sviluppo del turismo e delle attività compatibili»; il parco vanta una delle più straordinarie collezioni di beni 180http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6174&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 434 archeologici della nostra nazione con una grande quantità di testimonianze paleoecologiche e preistoriche. La presenza umana nel territorio è attestata a partire dal paleolitico medio, con grotte e ripari sotto roccia presenti lungo tutto il perimetro del monte Circeo e molti sono i resti degli insediamenti di età romana attorno al promontorio di Circe; il 17 luglio 2013 le organizzazioni Water Life Lake Club, ASD Fiume Cavata, Azienda Vallicola Lago di Paola, Fondazione Marcello Zei onlus, Istituto Pangea onlus, Italia Nostra, Teli Cultura Ambiente e Territorio, A.G.A.L., Ravenala – Parco Culturale Letterario «Omero», Rinascita Civile, Rosa del Deserto, Slow Food Condotta di Latina, Agenzia Talamata Viaggi, Il Sentiero e Borghinbici, hanno inviato una lettera aperta alle istituzioni locali per lanciare l'allarme sullo stato dei siti archeologici e turistici dell'area del Circeo e sull'immenso patrimonio del territorio che sta lentamente scomparendo; la possibilità di accesso a queste aree e la fruizione del parco contribuiscono in maniera significativa a valorizzare le funzioni pedagogiche e turistiche del territorio; inoltre, la loro messa in sicurezza è da considerarsi di fondamentale importanza per evitare spiacevoli incidenti come successo in passato; le grotte del promontorio del Circeo sono da considerarsi tra i maggiori poli di interesse speleomarino e paleoantropologico d'Italia nonché eccezionali testimonianze dei cambiamenti climatici nel tempo. Le cavità sono rimaste in stato di totale abbandono, prive di un adeguato piano di tutela ed esposte a spoliazioni e vandalismi; a seguito di alcuni crolli, l'ordinanza n. 85 del 2010 dell'ufficio circondariale marittimo di Terracina, tuttora vigente, all'articolo 1, ha interdetto «la balneazione, la navigazione, la sosta, l'ancoraggio, la pesca ed ogni altra attività che ne comporti la fruizione, fino all'avvenuto ripristino delle condizioni di sicurezza, della parete rocciosa del promontorio del Circeo del comune di San Felice Circeo e più precisamente nel tratto compreso tra la grotta delle Capre e la grotta della Maga Circe ed il relativo specchio acqueo adiacente la scogliera e/o costa rocciosa fino a 50 metri dalla stessa»; anche la grotta Guattari, che testimonia la presenza dei primi uomini stanziatisi al Circeo tra i 70.000 e 55.000 anni fa, ed è stata il luogo di ritrovamento di alcuni manufatti e del cranio fossile di un uomo di Neanderthal al centro di un ovale formato da pietre, è stata chiusa per infiltrazioni di acqua anni fa ed il problema non è mai stato affrontato; altri siti archeologici di grande interesse del territorio sono del tutto inaccessibili, in stato di abbandono o in 435 pericolo di crollo: Torre Paola, Piscina di Lucullo, Fonte di Lucullo ed il sito romano nei pressi di Rio Martino; è urgente rendere fruibile grotta Guattari, grotta delle Capre, e tutte le meraviglie che il territorio del Circeo offre. Necessitano interventi strutturali che non possono essere più rimandati; l'articolo 9 della Costituzione della Repubblica italiana dispone: «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione» –: se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti espressi in premessa e quali iniziative intendano porre in essere per salvaguardare, valorizzare e rendere fruibili le aree in questione. (401694) § 22. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00762181 Testo presentato, in data Giovedì 6 giugno 2013, seduta n. 30, da: L'ABBATE, SCAGLIUSI, D'AMBROSIO, TERZONI, PARENTELA, ZOLEZZI, BRESCIA, ZACCAGNINI, LUPO, GALLINELLA, SEGONI, GAGNARLI, MASSIMILIANO BERNINI, DE ROSA, FURNARI, PETRAROLI, CARIELLO, PINNA, SPADONI, BIANCHI, SIBILIA, DI VITA, BARONI, LIUZZI, DE DORENZIS, LABRIOLA, DAGA,TOFALO, BENEDETTI, CRIPPA, PRODANI, DA VILLA, FANTINATI, MUCCI, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI, ROSTELLATO, BECHIS, BALDASSARRE, COLLETTI, COLONNESE, CARINELLI, SPESSOTTO, VIGNAROLI, DEL GROSSO, TACCONI, DI BATTISTA, MANLIO DI STEFANO, CRISTIAN IANNUZZI,CATALANO, DIENI, COZZOLINO, TONINELLI, BRUGNEROTTO, MANTERO, LOREFICE, GRILLO e DALL'OSSO. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che: 181http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=2223&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 436 la discarica sita in Contrada Martucci, in agro di Conversano (Bari), nella zona denominata un tempo «Conca d'Oro» per la fertilità delle terre nonché nel territorio della «Denominazione di Origine Protetta dell'Olio extravergine di oliva Terra di Bari», è sorta nel 1982 sanando la propria posizione di «abusiva» o «incontrollata» grazie al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 10 settembre 1982 ed alla contestuale attestazione del 5 agosto 1983 dell'allora sindaco di Conversano, l'onorevole Giuseppe Di Vagno, del suo esercizio in data antecedente all'entrata in vigore del suddetto decreto. L’iter autorizzativo si è concluso il 14 ottobre 1986 con l'intestazione della discarica alla neonata «Lombardi Ecologia S.r.l.». Nel novembre 1990 il sindaco di Conversano Luigi Fanelli emise ordinanza di chiusura della discarica, dopo accertamenti dell'UTC, a causa del completo esaurimento dei quattro ettari autorizzati, i cui ricorsi dei gestori furono rigettati dal TAR Puglia (sentenze del 21 novembre 1990 e del 6 marzo 1991) e dal Consiglio di Stato. Nonostante la protesta dell'intera cittadina, nel 1994 venne concessa l'apertura provvisoria della discarica Martucci (I lotto), gestita dalla suddetta Lombardi, concedendo l'apertura due anni dopo di un altro lotto (il III) a causa dell'emergenza del «ciclo dei rifiuti». Sino al marzo 2011, la discarica Martucci vedrà passare da 12 a 21 i comuni autorizzati al conferimento e gli iniziali 145.000 metri cubi («quanti ne può contenere il III Lotto Settore D» come recitava l'ordinanza del Governatore Raffaele Fitto) si moltiplicheranno grazie a sopralzi (fino a 10 metri sul livello di campagna, con assenza di capisaldi di riferimento...) e proroghe; complessivamente la discarica interessa oltre 20 ettari e finora ha ricevuto milioni di tonnellate di rifiuti provenienti da ogni dove (ad esempio, dalla Toscana, dall'Emilia Romagna, dalla Campania e altre) superando anche 1.000 tonnellate al giorno senza le dovute precauzioni previste dalla legge per lo smaltimento dei rifiuti in discarica; la «Lombardi Ecologia S.r.l.» ha acquisito, negli anni, la proprietà dei suoli limitrofi alla discarica, dando il compito alla azienda «Fi.Lom. S.r.l.» (Fondiaria Immobiliare Lombardi) di realizzare o coltivare (sui campi non destinati nell'immediato ad accogliere i rifiuti) vigneti, ciliegeti, oliveti, campi di carciofi, patata, rape, peperoni e ortaggi vari. Dalle indagini della procura di Bari in corso, ampiamente riprese dalla stampa locale e nazionale, è emerso tra l'altro che sotto alcuni dei suddetti vigneti sono stati interrati 437 illegalmente rifiuti di ogni genere, come anche in cave abusive e abbandonate dell'agro della confinante Mola di Bari. Dalle stesse indagini e dal racconto di alcuni ex dipendenti della Lombardi Ecologia è emerso inoltre che i campi limitrofi alla discarica venivano innaffiati attraverso un sistema di pompe sommerse e tubature, come testimoniano documenti fotografici e video, con l'enorme quantità di percolato che si accumulava durante l'esercizio della discarica, tanto da aver creato due «laghi» ai lati del I lotto di esercizio. I prodotti ortofrutticoli ottenuti, nonché l'olio extravergine di oliva, venivano poi immessi sul mercato o regalati; i comuni di Mola e Conversano hanno emanato ordinanza per la caratterizzazione e la bonifica dei siti utilizzati dalla Lombardi Ecologia per lo smaltimento illegale di rifiuti solidi urbani e speciali, nonché pericolosi, ma la stessa ditta non ha provveduto ed ha presentato ricorso al TAR; la sentenza del TAR Puglia, depositata il 7 ottobre 2010, ha dato ragione ai comuni di Conversano e Mola annullando l'ordinanza del presidente della provincia di Bari n. 1 del 29 giugno 2010, l'ordinanza del presidente della provincia di Bari n. 1 del 6 agosto 2010, nonché i pareri dell'ARPA Puglia e della A.S.L. Bari da essa presupposti e richiamati e condannando alle spese processuali regione, provincia, ASL Bari, ARPA Puglia e Lombardi Ecologia. Per l'organo della giustizia amministrativa regionale, infatti, è evidente che «la scelta di consentire ulteriori conferimenti nella già satura discarica di Conversano abbia costituito non la scelta obbligata sibbene la scelta più comoda, quella più semplice da seguire, ma anche la conseguenza di una imprudente sottovalutazione dei rischi connessi al contenzioso pendente». E il parere reso da ASL e ARPA alla provincia di Bari, e che ha portato al sopralzo, è stato sommario e nel caso della ASL addirittura immotivato. Il 14 ottobre 2010, il Consiglio di Stato ha disposto la sospensiva della sentenza fino al 26 ottobre 2010 perché la regione Puglia aveva impugnato la sentenza del TAR. Il 26 ottobre 2010, il Consiglio di Stato confermò la sospensione della sentenza del TAR sulla chiusura del III Lotto e, quindi, ne confermò la riapertura, fissando la trattazione del merito al 31 maggio 2011, in pubblica udienza: udienza che non fu mai tenuta perché, intanto, il 31 marzo 2011 il III lotto fu chiuso perché ricolmo oltre il possibile, portando i rifiuti a raggiungere circa 10 metri di altezza oltre il livello di campagna; il decreto n. 53 del Commissario delegato per 438 l'emergenza in materia di rifiuti in Puglia Nichi Vendola del 26 maggio 2011 avente per oggetto «Affidamento del servizio di gestione del Sistema pubblico impiantistico complesso per RSU a servizio del bacino di utenza BA5 in agro di Conversano. Aggiudicazione definitiva. CIG 0860966B9B» (composto da centro per il materiale proveniente da raccolta differenziata, biostabilizzazione, produzione di CDR e discarica di serviziosoccorso), così come già avvenuto nel luglio 2006, e sempre «in considerazione dell'emergenza rifiuti», ha decretato che il servizio fosse aggiudicato definitivamente per una durata di 15 anni alla RTI «Lombardi Ecologia S.r.l.» e «CO.GE.AM. S.r.l.» (oggi Progetto Gestione Bacino Bari 5) nonché il corrispettivo economico del servizio; il 30 maggio 2012, un anno dopo l'aggiudicazione della gara d'appalto, il commissario delegato Nichi Vendola e il RTI Lombardi Ecologia e Progetto Gestione Bacino Bari 5 hanno firmato il «contratto di affidamento del pubblico servizio» dell'impianto complesso di trattamento dei RSU. Il contratto prevede che «La tariffa di conferimento presso il Centro di Raccolta Differenziata verrà invece corrisposta dai Comuni conferenti in via esclusiva al Soggetto Gestore, e determinata tramite specifici accordi tra il soggetto gestore e i comuni conferenti medesimi» (articolo 6.4), mentre prima, nella bozza di contratto allegata alla gara d'appalto, l'attività del Centro (finanziato nel 1997, realizzato nel 2001 e mai entrato in funzione) era prevista «senza oneri per i Comuni», poiché la tariffa di 125,75 euro per tonnellata di rifiuti, alla quale è stata aggiudicata la gara, comprende tutti le fasi di trattamento dei rifiuti; il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bari, Annachiara Mastrorilli, ha disposto il sequestro preventivo senza facoltà d'uso delle vasche della suddetta discarica di servizio-soccorso dell'impianto complesso presente sempre in contrada Martucci. Il sito era già stato sottoposto a sequestro probatorio nell'ottobre 2012 con facoltà d'uso a una delle due vasche. L'esecuzione del decreto di sequestro penale preventivo ha condotti i carabinieri del NOE, i Carabinieri della stazione di Conversano, la guardia costiera sezione di PG ad apporre i sigilli. Nel fascicolo della procura di Bari risultano indagate 11 persone, tra tecnici e imprenditori delle aziende della RTI e funzionari della regione Puglia, a cui vengono contestati i reati di omissione di atti di ufficio, falso, frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata, diverse violazioni dell'articolo 256 decreto legislativo n. 152 del 439 2006 nonché del decreto legislativo n. 231 del 2001 inerente la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche; risulta, tramite la testimonianza di un ex-dipendente della società di gestione della suddetta discarica, attraverso un'ampia documentazione audio/foto/video, intercettazioni telefoniche e riscontri documentali, la strutturale inidoneità morfologica del sito in contrada Martucci; la fraudolenta realizzazione delle vasche di soccorso all'impianto realizzate senza il previsto strato di argilla, le gravi lesioni al manto in HDPE della vecchia discarica; gli omessi controlli durante, le procedure di collaudo della nuova discarica nonché predisposizioni di campionatura ad hoc per ottenere risultati scientifici corrispondenti alla normativa; il conferimento di tipologie di rifiuti non autorizzati anche pericolosi e considerati «speciali» come batterie d'auto, pneumatici, reti frangivento e rifiuti ospedalieri e altro; la non corretta biostabilizzazione del rifiuto; la grave ed illecita situazione della vecchia discarica (contigua alla nuova) nella quale vi sono stati illeciti abbancamenti e dalla quale vi sono pericolose percolazioni ed emissione gassose derivante da fermentazioni tossiche; l'azione di denuncia è stata condotta attraverso testate giornalistiche locali che hanno raccolto la testimonianza di un ex-dipendente della discarica e tramite l'azione dei comitati di cittadini nati spontaneamente sul territorio («Riprendiamoci il Futuro» e «Chiudiamo la Discarica Martucci»); la soluzione per tutelare la salute dei cittadini e l'ambiente, nonostante la bassa percentuale di raccolta differenziata raggiunta in Puglia, non è tanto meno riscontrabile nella creazione di ulteriori inceneritori bensì è quella di incentivare le iniziative per promuovere la riduzione della produzione dei rifiuti e la raccolta differenziata sull'esempio dei comuni di Rutigliano e Cellamare (Bari), comuni dell'ex-ATO Bari 5, che hanno superato il 70 per cento di raccolta differenziata –: se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, far inserire d'urgenza la megadiscarica di Contrada Martucci fra i siti da bonificare di interesse nazionale sotto la responsabilità del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, soprattutto per quel che concerne il primo lotto chiuso nel 1996 ed il terzo lotto chiuso nel 2011 e da allora non più competenza della regione Puglia che ne ha declinato le responsabilità; se il Ministero competente possa riscontrare, qualora la Magistratura accertasse i reati di cui al sequestro preventivo 440 ordinato dal gip del tribunale di Bari Annachiara Mastrorilli, attraverso i dovuti controlli degli organi di vigilanza, la possibilità di procedere ai sensi dell'articolo 311 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sia per i reati al vaglio della magistratura sia per l'avvelenamento comprovato dall'utilizzo del percolato per la coltivazione dei prodotti agroalimentari sui suoli contigui alla medesima discarica; se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni ed ai sensi dell'articolo 304 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dare disposizioni al fine di mettere in sicurezza i campi coltivati nelle aree interessate dallo smaltimento illegale e incontrollato avvenuto in passato in agro di Conversano e Mola di Bari; se i Ministri interrogati intendono, nell'ambito delle proprie funzioni, ordinare alla società di gestione della discarica, ai sensi dell'articolo 304 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di dare corso agli adempimenti previsti dall'AIA per la gestione postchiusura del III lotto della discarica di contrada Martucci, nonostante essa sia stata chiusa oltre due anni fa; se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, attivarsi presso l'Istituto Superiore della Sanità, rendendone partecipi i cittadini, affinché vi siano definite, brevi e certe tempistiche per ottenere l'aggiornamento dei dati epidemiologici fermi al periodo 2000-2005 pubblicati nel 2006 dall'OER (Osservatorio epidemiologico regionale) della Puglia ed utilizzati dall'ARPA Puglia, nella missiva inviata ai sindaci dei comuni di Conversano e Mola di Bari (Bari) l'11 gennaio 2013, per dichiarare che «non c’è, allo stato, evidenza che la situazione epidemiologica [...] sia conseguenza della presenza del sito di smaltimento», con obiettivo ultimo quello di dare avvio ad uno studio epidemiologico approfondito e dettagliato; se risulta al Ministero competente che i lotti già chiusi della discarica Martucci siano stati oggetto di interventi di bonifica e ripristino ambientale previsti dal testo unico ambientale di cui al decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006; se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, al fine di tutelare la salute degli agricoltori e dei cittadini, assumere iniziative per un dettagliato studio idrogeologico di settore, propedeutico alla individuazione dei pozzi spia per il prelevamento dei campioni da esaminare delle falde acquifere visti i dubbi emersi, dalla medesima indagine, condotti dall'ARPA e per delimitare i suoli agricoli così da tutelare l'intero comparto agricolo della zona, motore dell'economia locale. (4-00762) 441 § 23. Interrogazione a risposta in commissione nr. 5-00813182 Testo presentato, in data Giovedì 1 agosto 2013, seduta n. 63, da: L'ABBATE, SCAGLIUSI, D'AMBROSIO, TERZONI, PARENTELA, ZOLEZZI, BRESCIA, ZACCAGNINI, LUPO, G ALLINELLA, SEGONI, GAGNARLI, BERNINI, DE ROSA, FURNARI, PETRAROLI, CARIELLO, PINNA, SPADONI, BIANCHI, SIBILIA, DI VITA, BARONI, LIUZZI, DE LORENZIS, LABRIOLA, DAGA,TOFALO, BENEDETTI, CRIPPA, PRODA NI, DA VILLA, FANTINATI, MUCCI, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI, ROSTELLATO, BECHIS, BALDASSARRE,COLLETTI, COLONNESE, CARINELLI, SPESSOTTO, VIGNAROLI, DEL GROSSO, TACCONI, DI BATTISTA, MANLIO DI STEFANO, IANNUZZI, CATALANO, DIENI, COZZOLINO, TONINELLI, BRUGNEROTTO, MANTERO, LOREFICE, GRILLO e DALL'OSSO. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che: la discarica sita in Contrada Martucci, in agro di Conversano (Bari), nella zona denominata un tempo «Conca d'Oro» per la fertilità delle terre nonché nel territorio della «Denominazione di Origine Protetta dell'Olio extravergine di oliva Terra di Bari», è sorta nel 1982 sanando la propria posizione di «abusiva» o «incontrollata» grazie al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 10 settembre 1982 ed alla contestuale attestazione del 5 agosto 1983 dell'allora sindaco di Conversano, l'onorevole Giuseppe Di Vagno, del suo esercizio in data antecedente all'entrata in vigore del suddetto decreto. L’iter autorizzativo si è concluso il 14 ottobre 1986 con l'intestazione della discarica alla neonata «Lombardi Ecologia S.r.l.». Nel novembre 1990 il sindaco di Conversano Luigi Fanelli emise ordinanza di chiusura della discarica, dopo accertamenti dell'UTC, a causa del completo esaurimento dei 182http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5317&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+IN+COMMISSIONE%27 442 quattro ettari autorizzati, i cui ricorsi dei gestori furono rigettati dal TAR Puglia (sentenze del 21 novembre 1990 e del 6 marzo 1991) e dal Consiglio di Stato. Nonostante la protesta dell'intera cittadina, nel 1994 venne concessa l'apertura provvisoria della discarica Martucci (I lotto), gestita dalla suddetta Lombardi, concedendo l'apertura due anni dopo di un altro lotto (il III) a causa dell'emergenza del «ciclo dei rifiuti». Sino al marzo 2011, la discarica Martucci vedrà passare da 12 a 21 i comuni autorizzati al conferimento e gli iniziali 145.000 metri cubi («quanti ne può contenere il III Lotto Settore D» come recitava l'ordinanza del Governatore Raffaele Fitto) si moltiplicheranno grazie a sopralzi (fino a 10 metri sul livello di campagna, con assenza di capisaldi di riferimento...) e proroghe; complessivamente la discarica interessa oltre 20 ettari e finora ha ricevuto milioni di tonnellate di rifiuti provenienti da ogni dove (ad esempio, dalla Toscana, dall'Emilia Romagna, dalla Campania e altre) superando anche 1.000 tonnellate al giorno senza le dovute precauzioni previste dalla legge per lo smaltimento dei rifiuti in discarica; la «Lombardi Ecologia S.r.l.» ha acquisito, negli anni, la proprietà dei suoli limitrofi alla discarica, dando il compito alla azienda «Fi.Lom. S.r.l.» (Fondiaria Immobiliare Lombardi) di realizzare o coltivare (sui campi non destinati nell'immediato ad accogliere i rifiuti) vigneti, ciliegeti, oliveti, campi di carciofi, patata, rape, peperoni e ortaggi vari. Dalle indagini della procura di Bari in corso, ampiamente riprese dalla stampa locale e nazionale, è emerso tra l'altro che sotto alcuni dei suddetti vigneti sono stati interrati illegalmente rifiuti di ogni genere, come anche in cave abusive e abbandonate dell'agro della confinante Mola di Bari. Dalle stesse indagini e dal racconto di alcuni ex dipendenti della Lombardi Ecologia è emerso inoltre che i campi limitrofi alla discarica venivano innaffiati attraverso un sistema di pompe sommerse e tubature, come testimoniano documenti fotografici e video, con l'enorme quantità di percolato che si accumulava durante l'esercizio della discarica, tanto da aver creato due «laghi» ai lati del I lotto di esercizio. I prodotti ortofrutticoli ottenuti, nonché l'olio extravergine di oliva, venivano poi immessi sul mercato o regalati; i comuni di Mola e Conversano hanno emanato ordinanza per la caratterizzazione e la bonifica dei siti utilizzati dalla Lombardi Ecologia per lo smaltimento illegale di rifiuti solidi urbani e speciali, nonché pericolosi, ma la stessa ditta non ha provveduto ed ha presentato ricorso al TAR; la sentenza 443 del TAR Puglia, depositata il 7 ottobre 2010, ha dato ragione ai comuni di Conversano e Mola annullando l'ordinanza del presidente della provincia di Bari n. 1 del 29 giugno 2010, l'ordinanza del presidente della provincia di Bari n. 1 del 6 agosto 2010, nonché i pareri dell'ARPA Puglia e della A.S.L. Bari da essa presupposti e richiamati e condannando alle spese processuali regione, provincia, ASL Bari, ARPA Puglia e Lombardi Ecologia. Per l'organo della giustizia amministrativa regionale, infatti, è evidente che «la scelta di consentire ulteriori conferimenti nella già satura discarica di Conversano abbia costituito non la scelta obbligata sibbene la scelta più comoda, quella più semplice da seguire, ma anche la conseguenza di una imprudente sottovalutazione dei rischi connessi al contenzioso pendente». E il parere reso da ASL e ARPA alla provincia di Bari, e che ha portato al sopralzo, è stato sommario e nel caso della ASL addirittura immotivato. Il 14 ottobre 2010, il Consiglio di Stato ha disposto la sospensiva della sentenza fino al 26 ottobre 2010 perché la regione Puglia aveva impugnato la sentenza del TAR. Il 26 ottobre 2010, il Consiglio di Stato confermò la sospensione della sentenza del TAR sulla chiusura del III Lotto e, quindi, ne confermò la riapertura, fissando la trattazione del merito al 31 maggio 2011, in pubblica udienza: udienza che non fu mai tenuta perché, intanto, il 31 marzo 2011 il III lotto fu chiuso perché ricolmo oltre il possibile, portando i rifiuti a raggiungere circa 10 metri di altezza oltre il livello di campagna; il decreto n. 53 del Commissario delegato per l'emergenza in materia di rifiuti in Puglia Nichi Vendola del 26 maggio 2011 avente per oggetto «Affidamento del servizio di gestione del Sistema pubblico impiantistico complesso per RSU a servizio del bacino di utenza BA5 in agro di Conversano. Aggiudicazione definitiva. CIG 0860966B9B» (composto da centro per il materiale proveniente da raccolta differenziata, biostabilizzazione, produzione di CDR e discarica di servizio-soccorso), così come già avvenuto nel luglio 2006, e sempre «in considerazione dell'emergenza rifiuti», ha decretato che il servizio fosse aggiudicato definitivamente per una durata di 15 anni alla RTI «Lombardi Ecologia S.r.l.» e «CO.GE.AM. S.r.l.» (oggi Progetto Gestione Bacino Bari 5) nonché il corrispettivo economico del servizio; il 30 maggio 2012, un anno dopo l'aggiudicazione della gara d'appalto, il commissario delegato Nichi Vendola e il RTI Lombardi Ecologia e Progetto Gestione Bacino Bari 5 hanno firmato il «contratto di affidamento del 444 pubblico servizio» dell'impianto complesso di trattamento dei RSU. Il contratto prevede che «La tariffa di conferimento presso il Centro di Raccolta Differenziata verrà invece corrisposta dai Comuni conferenti in via esclusiva al Soggetto Gestore, e determinata tramite specifici accordi tra il soggetto gestore e i comuni conferenti medesimi» (articolo 6.4), mentre prima, nella bozza di contratto allegata alla gara d'appalto, l'attività del Centro (finanziato nel 1997, realizzato nel 2001 e mai entrato in funzione) era prevista «senza oneri per i Comuni», poiché la tariffa di 125,75 euro per tonnellata di rifiuti, alla quale è stata aggiudicata la gara, comprende tutti le fasi di trattamento dei rifiuti; il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bari, Annachiara Mastrorilli, ha disposto il sequestro preventivo senza facoltà d'uso delle vasche della suddetta discarica di servizio-soccorso dell'impianto complesso presente sempre in contrada Martucci. Il sito era già stato sottoposto a sequestro probatorio nell'ottobre 2012 con facoltà d'uso a una delle due vasche. L'esecuzione del decreto di sequestro penale preventivo ha condotti i carabinieri del NOE, i Carabinieri della stazione di Conversano, la guardia costiera sezione di PG ad apporre i sigilli. Nel fascicolo della procura di Bari risultano indagate 11 persone, tra tecnici e imprenditori delle aziende della RTI e funzionari della regione Puglia, a cui vengono contestati i reati di omissione di atti di ufficio, falso, frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata, diverse violazioni dell'articolo 256 decreto legislativo n. 152 del 2006 nonché del decreto legislativo n. 231 del 2001 inerente la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche; risulta, tramite la testimonianza di un ex-dipendente della società di gestione della suddetta discarica, attraverso un'ampia documentazione audio/foto/video, intercettazioni telefoniche e riscontri documentali, la strutturale inidoneità morfologica del sito in contrada Martucci; la fraudolenta realizzazione delle vasche di soccorso all'impianto realizzate senza il previsto strato di argilla, le gravi lesioni al manto in HDPE della vecchia discarica; gli omessi controlli durante, le procedure di collaudo della nuova discarica nonché predisposizioni di campionatura ad hoc per ottenere risultati scientifici corrispondenti alla normativa; il conferimento di tipologie di rifiuti non autorizzati anche pericolosi e considerati «speciali» come batterie d'auto, pneumatici, reti frangivento e rifiuti ospedalieri e altro; la non corretta biostabilizzazione del rifiuto; la grave ed illecita situazione della vecchia discarica (contigua alla 445 nuova) nella quale vi sono stati illeciti abbancamenti e dalla quale vi sono pericolose percolazioni ed emissione gassose derivante da fermentazioni tossiche; l'azione di denuncia è stata condotta attraverso testate giornalistiche locali che hanno raccolto la testimonianza di un ex-dipendente della discarica e tramite l'azione dei comitati di cittadini nati spontaneamente sul territorio («Riprendiamoci il Futuro» e «Chiudiamo la Discarica Martucci»); la soluzione per tutelare la salute dei cittadini e l'ambiente, nonostante la bassa percentuale di raccolta differenziata raggiunta in Puglia, non è tanto meno riscontrabile nella creazione di ulteriori inceneritori bensì è quella di incentivare le iniziative per promuovere la riduzione della produzione dei rifiuti e la raccolta differenziata sull'esempio dei comuni di Rutigliano e Cellamare (Bari), comuni dell'ex-ATO Bari 5, che hanno superato il 70 per cento di raccolta differenziata –: se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, far inserire d'urgenza la megadiscarica di Contrada Martucci fra i siti da bonificare di interesse nazionale sotto la responsabilità del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, soprattutto per quel che concerne il primo lotto chiuso nel 1996 ed il terzo lotto chiuso nel 2011 e da allora non più competenza della regione Puglia che ne ha declinato le responsabilità; se il Ministero competente possa riscontrare, qualora la Magistratura accertasse i reati di cui al sequestro preventivo ordinato dal gip del tribunale di Bari Annachiara Mastrorilli, attraverso i dovuti controlli degli organi di vigilanza, la possibilità di procedere ai sensi dell'articolo 311 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sia per i reati al vaglio della magistratura sia per l'avvelenamento comprovato dall'utilizzo del percolato per la coltivazione dei prodotti agroalimentari sui suoli contigui alla medesima discarica; se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni ed ai sensi dell'articolo 304 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dare disposizioni al fine di mettere in sicurezza i campi coltivati nelle aree interessate dallo smaltimento illegale e incontrollato avvenuto in passato in agro di Conversano e Mola di Bari; se i Ministri interrogati intendono, nell'ambito delle proprie funzioni, ordinare alla società di gestione della discarica, ai sensi dell'articolo 304 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di dare corso agli adempimenti previsti dall'AIA per la gestione postchiusura del III lotto della discarica di contrada Martucci, 446 nonostante essa sia stata chiusa oltre due anni fa; se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, attivarsi presso l'Istituto Superiore della Sanità, rendendone partecipi i cittadini, affinché vi siano definite, brevi e certe tempistiche per ottenere l'aggiornamento dei dati epidemiologici fermi al periodo 2000-2005 pubblicati nel 2006 dall'OER (Osservatorio epidemiologico regionale) della Puglia ed utilizzati dall'ARPA Puglia, nella missiva inviata ai sindaci dei comuni di Conversano e Mola di Bari (Bari) l'11 gennaio 2013, per dichiarare che «non c’è, allo stato, evidenza che la situazione epidemiologica [...] sia conseguenza della presenza del sito di smaltimento», con obiettivo ultimo quello di dare avvio ad uno studio epidemiologico approfondito e dettagliato; se risulta al Ministero competente che i lotti già chiusi della discarica Martucci siano stati oggetto di interventi di bonifica e ripristino ambientale previsti dal testo unico ambientale di cui al decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006; se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, al fine di tutelare la salute degli agricoltori e dei cittadini, assumere iniziative per un dettagliato studio idrogeologico di settore, propedeutico alla individuazione dei pozzi spia per il prelevamento dei campioni da esaminare delle falde acquifere visti i dubbi emersi, dalla medesima indagine, condotti dall'ARPA e per delimitare i suoli agricoli così da tutelare l'intero comparto agricolo della zona, motore dell'economia locale. (5-00813) Risposta scritta pubblicata Martedì 17 settembre 2013 nell'allegato al bollettino in Commissione VIII (Ambiente) nr. 5-00813 Con riferimento alle problematiche ambientali segnalate dagli Onorevoli interroganti, si rappresenta quanto segue. Il territorio comunale di Conversano nella vasta area della Contrada Martucci è caratterizzato dalla presenza di diversi impianti di smaltimento e trattamento dei rifiuti. In particolare, così come relazionato dalla Regione Puglia, vi è: la vecchia discarica comunale, che è stata in esercizio dal 1975 al 1982 e successivamente dalla fine degli anni ’80 e fino al 1996; il I lotto della discarica della Società Lombardi Ecologia, chiuso negli anni 90 e il III lotto, attualmente chiuso; l'impianto complesso gestito dalla Società Progetto Gestione Bacino Bari 5 s.r.l. Per quanto riguarda il I lotto della 447 discarica gestita dalla Società Lombardi Ecologia, la chiusura e la post-gestione erano assoggettati alla disciplina del decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982 e dalla Legge regionale di Delega n. 30/1986. Per il III lotto, invece, i cui conferimenti sono cessati nel marzo 2011, a seguito di Ordinanza del Commissario Delegato per l'Emergenza Ambientale n. 98/2011, è in corso presso l'Assessorato il procedimento integrato di VIA/AIA all'interno del quale è stato già richiesto uno studio idrogeologico finalizzato al monitoraggio della falda acquifera, con la previsione che, a valle del provvedimento di Valutazione di Impatto Ambientale, si procederà all'adozione dell'atto formale di chiusura della discarica ai sensi dell'articolo 12, comma 3 del decreto legislativo n. 36 del 2003. Con riguardo, invece, all'impianto complesso, gestito dalla Società Progetto gestione bacino Bari 5, dagli atti della Regione, risulta che la Società ha avviato le procedure per la messa in sicurezza, ai sensi dell'articolo 245 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i., a seguito del sequestro operato dal GIP su tre pozzi, peraltro comuni ai sopra richiamati impianti, e sulle due vasche, presentando il Documento «Analisi storica ed elaborazione dei dati esistenti» finalizzato alla elaborazione di un Piano di indagine preliminare. La situazione del sito, come delle aree agricole limitrofe, è altresì oggetto di una approfondita indagine dell'Arpa Puglia. Nel gennaio 2013, infatti, la suddetta Agenzia ha condotto uno studio di tipo descrittivo con l'obiettivo di fornire, separatamente per causa e genere, un profilo di mortalità della popolazione residente nei Comuni di Mola di Bari e Conversano e di evidenziare eventuali eccessi negli indicatori di mortalità specifici per causa di morte rispetto agli indicatori regionali e provinciali. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari ha promosso un procedimento penale a carico dei responsabili della società Lombardi Ecologica Srl, successivamente ricostituita nella società Progetto Gestione Bari Cinque Srl, nonché di alcuni pubblici funzionari, per gravi reati, quali, la gestione illecita di rifiuti, il disastro, la truffa, il falso e l'omissione di atti di ufficio. Nel corso delle indagini preliminari, è stato disposto il sequestro preventivo di alcune vasche di soccorso della discarica in questione (già oggetto di sequestro probatorio), della cd. vecchia discarica, nonché di alcuni pozzi posti a valle dell'impianto suddetto. I provvedimenti sono stati assunti al fine di evitare che le attività in 448 corso di esecuzione presso i siti indicati possano aggravare le conseguenze dei reati, ai danni dell'ambiente e della collettività. Il Tribunale di Bari, con ordinanza del 3 luglio 2013, ha accolto la richiesta formulata dalla società Progetto Gestione Bacino Bari 5 di procedere con incidente probatorio al fine di accertare, nel contraddittorio delle parti, alcune caratteristiche tecniche dell'impianto in questione. Il caso segnalato dagli Onorevoli interroganti è all'attenzione del Ministero. Infatti, nell'ambito del suddetto procedimento penale, questa Amministrazione, seppure erroneamente non ancora individuata quale persona offesa, ha interesse alla costituzione di parte civile nel processo in quanto titolare del diritto al risarcimento del danno ambientale cagionato. Pertanto, al fine di poter partecipare attivamente alle disposte operazioni peritali, attraverso la nomina di un consulente tecnico di parte, con nota del 4 settembre 2013 ha richiesto ad ISPRA di indicare i riferimenti di un funzionario che possa assumere il suddetto incarico. Sarà, quindi, cura del Ministero procedere, in coordinamento con il Commissario delegato nonché con il supporto dell'Avvocatura dello Stato, ad ogni utile iniziativa per la salvaguardia dell'interesse erariale. § 24. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-00152183 Testo presentato, in data Mercoledì 3 aprile 2013, seduta n. 7, da: LIUZZI, DE ROSA, TOFALO, TERZONI, MANNINO, ZOLEZZI e BUSTO. Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: l'inceneritore Fenice di Melfi tratta 65.000 tonnellate annue di rifiuti di cui 30.000 di rifiuti solidi assimilati agli urbani e 35.000 di rifiuti industriali; l'inceneritore Fenice di Melfi è stato posto al centro di indagini giudiziarie da parte della procura della Repubblica di Potenza, che ipotizza il reato di disastro ambientale, per il quale 183http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=1230&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 449 risultano essere stati indagati responsabili di dipartimento regionale, responsabili aziendali e dell'ex-direttore generale dell'ARPAB, nonché del suo responsabile per la provincia di Potenza, Agenzia regionale per l'ambiente della Basilicata, nei confronti dei quali, l'11 ottobre 2011, sono state emesse ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari; il CTU, il professor Francesco Fracassi del dipartimento di chimica dell'università degli studi di Bari, nominato dalla procura di Melfi, nella sua relazione del 24 maggio 2010 evidenziava un inquinamento, conosciuto dai proprietari dell'impianto Fenice già dal 29 giugno 2000 (o dal maggio 2002) e dall'ARPA Basilicata (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente Basilicata) dal 10 gennaio 2002; dalla relazione del professor Fracassi, è emersa quindi la condotta omissiva dell'impianto Fenice srl – EDF e dell'ARPA Basilicata i quali erano già a conoscenza di un disastro ambientale a partire dalle date prima citate. Tuttavia dagli atti risulta che l'ARPA Basilicata non ha inviato alcuna comunicazione alla procura di Melfi (ai sensi dell'articolo 244 del Testo unico ambientale) se non prima del 3 marzo 2009; solo dal 2009, è in atto la procedura di messa in sicurezza di emergenza (M.I.S.E) dell'impianto Fenice, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo n. 153 del 2006; a distanza di quattro anni dal provvedimento di messa in sicurezza di emergenza, dai monitoraggi bimestrali dell'ARPA Basilicata sulle falde acquifere, l'emergenza non risulta essere rientrata, ma sono certificati (sempre dall'ARPAB) la prosecuzione e l'aggravamento dell'inquinamento della falda acquifera e di conseguenza del territorio. Nello specifico risultano essere presenti ferro, nickel, manganese, composti organici Volatili (VOC) e fluoruri ben oltre la soglia dei parametri consentiti; l'ARPA Basilicata, nella sua nota – Al 2 – n. 0008981 class.ne 26/03/2001 del 14 ottobre 2011 inviata a vari enti, ha sostenuto che gli interventi di messa in sicurezza di emergenza (peraltro non ancora completati a 4 anni dall'inizio dei primi) avessero sensibilmente ridotto i livelli di contaminazione delle acque sotterranee in attesa degli interventi di bonifica, questi ultimi non ancora concordati operativamente; il dottor geol. Giampiero D'Ecclesiis, dopo un'ampia relazione redatta su iniziativa del Comitato di «Diritto alla Salute» di Lavello, ebbe a dichiarare nel penultimo capoverso della predetta relazione, citando testualmente «Appare quindi necessario richiedere gli indispensabili approfondimenti numerici e, laddove non fossero stati eseguiti, gli 450 accertamenti in situ necessari per determinare tutte le principali grandezze idrogeologiche indispensabili per procedere ad una modellizzazione del fenomeno esaminato tale da validare l'ipotesi di genesi, propagazione e diffusione dell'inquinamento e sulla base del quale procedere ad un mirato piano di bonifica dell'area» (Giampiero D'Eclessiis, 26 aprile 2012); si ipotizza che l'inquinamento dell'inceneritore potrebbe far si che si rilevino anche molti altri valori ben oltre la soglia consentita, quali ad esempio diossine, furani e PCB dei camini; l'impianto continua ad operare in base ad autorizzazioni provvisorie rilasciate dalla provincia di Potenza nelle more del rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale da parte della regione Basilicata da tempo scaduta; fatto che ha contribuito a far condannare l'Italia dalla Corte europea per violazione della direttiva 200/1/CE (sentenza del 31 marzo 2011 causa C-50/10); la Commissione d'inchiesta istituita dalla regione Basilicata sull'impianto Fenice di Melfi, istituita dal consiglio regionale il 4 ottobre 2011, ha concluso il 20 marzo 2012 i propri lavori denunciando gravi responsabilità sottolineati da una corposa relazione finale con inadempienze, omissioni, ritardi con cui gli organi di controllo regionali hanno adempiuto ed adempiono ai loro compiti istituzionali, al di là dei precisi profili di responsabilità giuridica dei singoli responsabili, la definizione dei quali è compito della magistratura approfondire. Tale situazione evidenzia inoltre responsabilità degli uffici regionali e provinciali che avrebbero dovuto esercitare i controlli, oltre che dei vertici passati ed attuali dell'Agenzia di protezione ambientale della Basilicata; con ordinanza sindacale a seguito della conferenza di servizi di giugno 2012, alla quale la società non si è presentata si intima a Fenice Ambiente srl entro 15 giorni di presentare il progetto della barriera idraulica realizzata e nel contempo essa dovrà fornire anche una relazione tecnica giustificativa del persistente superamento dei contaminanti nei pozzi di monitoraggio. L'ordinanza prescrive inderogabilmente l'obbligo di presentare una relazione descrittiva dei metodi proposti per l'introduzione dei fluidi traccianti al fine di verificare l'integrità dell'impianto sul quale si nutrono preoccupazioni circa il suo corretto funzionamento. Le attività di monitoraggio delle acque sotterranee dovranno essere svolte per un trimestre, con cadenza mensile, all'esito delle quali saranno adottate conseguenti ulteriori prescrizioni. A Fenice è stato prescritto anche 451 di fornire una relazione specialistica contenente tutti i chiarimenti, gli approfondimenti tecnici, la raccolta sistematica dei dati acquisiti ed ogni altra integrazione, utile a risolvere tutte le criticità e le osservazioni rilevate dal documento ISPRA, dal parere espresso dalla Conferenza di servizi nella seduta del giugno 2012 e dalle integrazioni richieste dalla delibera del Commissario straordinario nel 2011. In caso di inottemperanza del soggetto obbligato si procederà a termini di legge denunciando quanto dovuto all'Autorità Giudiziaria ed assumendo tutti gli opportuni provvedimenti a tutela della salute e della pubblica incolumità; l'ordinanza succitata ha prolungato i tempi di intervento non garantendo la salvaguardia ambientale tant’è vero che le istituzioni territoriali e strumentali della Basilicata regione, provincia di Potenza, comune di Melfi, ARPA Basilicata, azienda sanitaria del potentino, non sono sembrate capaci di individuare le cause dell'inquinamento oltre a far ricondurre i valori al di sotto della concentrazione della soglia di contaminazione (C.S.C); nonostante quanto affermato nella nota ARPA Basilicata del 14 ottobre 2011, dai controlli della stessa istituzione strumentale, è emerso il 25 settembre 2012 che al camino del forno rotante i valori di emissione del mercurio immesso in atmosfera sono risultati essere oltre tre volte la soglia massima consentita: 0,177 mg/Nm3 rispetto allo 0.05 tollerato; nelle falde acquifere continua a verificarsi il superamento dei valori limite di concentrazione di sostanze inquinanti; il soggetto attualmente gestore «Fenice Ambiente srl» che ha rilevato l'impianto da EDF Fenice spa, a quanto consta agli interroganti, non ottempera ai piani di bonifica ed alle prescrizioni del comune di Melfi circa il piano di bonifica che comprenda anche le aree a valle delle barriere idrauliche a ridosso dell'impianto, nella piana di San Nicola di Melfi. Detta società a responsabilità limitata non sembra a giudizio degli interroganti offrire garanzie non solo economiche ma anche tecniche per assolvere alla bonifica, ricorrendo alla giustizia amministrativa contro i provvedimenti e le ordinanze sindacali del comune di Melfi; è in atto un ricorso al TAR della Basilicata da parte della società che gestisce l'impianto, la quale considera insostenibile il sequestro dell'impianto di sua proprietà e la nomina di custodi giudiziari atti a garantire l'eliminazione del sequestro in atto; le istituzioni locali si sono dimostrate, a giudizio degli interroganti, inadeguate e poco 452 trasparenti nella gestione virtuosa della riduzione, riciclo e riuso dei rifiuti prodotti dai residenti della Basilicata; dalle diverse interrogazioni parlamentari rivolte negli ultimi anni al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare su queste problematiche, sulla base anche delle audizioni svoltesi in Commissione ambiente è sempre emersa, oltre alle problematiche legate all'inquinamento pluriennale delle falde idriche, anche l'assenza di un monitoraggio della matrice ambientale aria, fatto salvo uno studio dell'Istituto superiore di sanità autonomamente realizzato; il Governo Monti ed i Ministri interrogati, hanno approvato l'8 marzo 2013 una strategia energetica nazionale (SeN) in cui si ipotizza la prosecuzione del pagamento dei CIP6 e il recupero energetico dai rifiuti; si è consapevoli che quanto enunciato nella strategia energetica nazionale è dissonante con l'indirizzo della risoluzione del Parlamento europeo del 24 maggio 2012 nel quale si determina che si mira alla realizzazione di «Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse». Tale risoluzione, pur non essendo una direttiva, costituisce un documento preparatorio da un lato per il settimo programma europeo d'azione per l'ambiente e dall'altra per la nuova direttiva quadro sui rifiuti prevista per il 2014; il trattato di Maastricht, recepito dalla normativa italiana nel «codice dell'ambiente» (decreto legislativo n. 152 del 2006), all'articolo 301, recita: «In applicazione del principio di precauzione del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l'ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione». Tale concetto è stato ulteriormente precisato con l'articolo 3-ter del decreto legislativo n. 4 del 2008 (integrativo del decreto legislativo n. 152 del 2006): «La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva...»; il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in ottemperanza dell'articolo 132 del decreto legislativo n. 152 del 2006, può esercitare interventi sostitutivi «per mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte terza» del decreto legislativo n. 152 del 2006, diffidando la regione Basilicata a provvedere ad attuare le azioni di bonifica entro il termine massimo di centottanta giorni, ovvero entro il minor termine imposto dalle esigenze di tutela ambientale e, in caso di persistente inadempienza 453 da parte della società Fenice Ambiente srl; nell'esercizio dei poteri sostitutivi, di cui al comma 1 dell'articolo 132 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nomina un commissario ad acta per la gestione delle aree contaminate che pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico della regione, anche al fine dell'organizzazione di un efficace sistema dei controlli –:quali iniziative i Ministri interroganti intendano assumere, per quanto di propria responsabilità, nel rispetto dei profili di competenza della magistratura; quali iniziative per quanto di competenza, intendano porre in essere per verificare in modo estensivo ed esaustivo l'entità dei possibili danni all'ambiente prodottisi nel tempo e per monitorare e tutelare la salute della popolazione locale dagli effetti delle emissioni inquinanti; se non si ritenga doveroso un intervento tempestivo e diretto ai sensi dell'articolo 132 del decreto legislativo n. 152 del 2006, in particolare con la nomina di un commissario ad acta, affinché, sulla base di un piano di caratterizzazione dell'intera area sottesa all'inceneritore Fenice, venga attuata la bonifica dell'area con oneri a carico dell'ente inadempiente; se intendano assumere iniziative, alla luce di quanto esposto ed in relazione a circostanze analoghe registrate in altre parti del territorio nazionale, per rafforzare con urgenza e con decisione i parametri di tutela ambientale e le conseguenti azioni in caso di superamento dei valori limite, con particolare riferimento alle emissioni di diossina. (400152) § 25. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01852184 Testo presentato, in data Mercoledì 18 settembre 2013, seduta n. 79, da: MANTERO, BECHIS, VALENTE, BATTELLI, BUSINAROLO, LOREFICE, SPADONI e D'INCÀ. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: 184http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=6722&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 454 a seguito della Conferenza di servizi svoltasi presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'8 novembre 2006, è stata richiesta dalla regione Liguria la dichiarazione dello stato di emergenza per risolvere, con i necessari provvedimenti straordinari, la grave situazione di inquinamento in cui versa l'area industriale dello stabilimento Stoppani nel comune di Cogoleto (Genova); tale richiesta è stata accolta e ratificata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 novembre 2006 recante «Modifiche all'organizzazione interna del Dipartimento della protezione civile»; con successiva ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri 3554 del 5 dicembre 2006 recante «Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare la grave situazione di emergenza, determinatasi nello stabilimento Stoppani sito nel comune di Cogoleto» è stato nominato il commissario delegato per il superamento dello stato di emergenza al quale sono stati attribuiti poteri straordinari; con successive ordinanze della Presidenza del Consiglio del ministri (ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3559 del 27 dicembre 2006, ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 2580 del 3 aprile 2007, ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3660 del 6 marzo 2008, ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3721 del 19 dicembre 2008 e ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3742 del 18 febbraio 2009) sono state apportate modifiche ed integrazioni; successivamente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2007 e decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 gennaio 2009 è stato prorogato lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2009; per far fronte a tali situazioni emergenziali, sono stati stanziati, in passato, circa 40 milioni di euro, gestiti dal commissario delegato, che hanno permesso di eseguire una parziale bonifica dei siti inquinati; ad oggi, la disponibilità di tali fondi è stata esaurita e le opere di bonifica degli impianti e la completa messa in sicurezza del sito sono ancora da terminare; tale situazione di indeterminatezza e incompletezza crea allarme nella comunità locale per le possibili ricadute negative sull'ambiente, sulla salute e sul turismo; la struttura commissariale è ancora in essere e, ad oggi, l'area Stoppani è ancora annoverata tra i siti di interesse nazionale (SIN), per le relative opere di bonifica e messa in sicurezza –: se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione riferita in premessa; quali provvedimenti concreti intenda prendere il 455 Governo in merito all'attività di bonifica e di messa in sicurezza ambientale del sito Stoppani; se il Governo intenda stabilire una tempistica degli interventi che verranno avviati, individuando, per ognuno di essi, le risorse finanziarie che saranno stanziate; se il Governo intenda assumere l'impegno di stanziare ulteriori fondi per l'ultimazione dei previsti lavori di bonifica e messa in sicurezza; quali risorse pubbliche il Governo intenda complessivamente stanziare per gli esercizi finanziari 2013 e 2014. (4-01852) § 26. Interrogazione a risposta scritta nr. 4-01648 185 Testo presentato, in data , Giovedì 8 agosto 2013, seduta n. 68, da: MICILLO, LUIGI DI MAIO, NUTI, DE ROSA, ZOLEZZI, SEGONI, TOFALO, MANNINO, GAGNARLI, L'ABBATE, NICOLA BIANCHI, NICOLÒ ROMANO, LIUZZI,SCAGLIUSI, SIBILIA, CATALANO, DI BATTISTA, SPADONI, MANLIO DI STEFANO, MANTERO, GALLO, PESCO, DI BENEDETTO, DE LORENZIS, IANNUZZI, RUOCCO, CANCELLERI, CHIMIENTI, BATTELLI, COLONNESE, NESCI, CARINELLI, SPESSOTTO PINNA, VIGNAROLI, LOMBARDI, GIORDANO,COZZOLINO, DADONE, LOREFICE, GRILLO, DALL'OSSO, DI VITA, BARONI, CECCONI, SIMONE VALENTE, BRESCIA, VACCA, DELL'ORCO,CURRÒ,CASO,CARIELLO, SORIAL, BUSINAROLOAGOSTINELLI, FERRARESI, BONAFEDE, SARTI, ROSTELLATO, COMINARDI, BECHIS, BALDASSARRE, COLLETTI,D'AMBROSIO, FANTINATI, MUCCI, BRUGNEROTTO, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI, PISANO e VILLAROSA. Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: 185http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=5948&stile=7&highLi ght=1&paroleContenute=%27INTERROGAZIONE+A+RISPOSTA+SCRITTA%27 456 gli inceneritori sono impianti utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti mediante un processo di combustione ad alta temperatura (incenerimento) che dà come prodotto finale un effluente gassoso, ceneri e polveri; gli impianti che consentono il recupero energetico del calore prodotto vengono comunemente definiti termovalorizzatori, termine del tutto assente nella normativa europea di riferimento, in si parla esclusivamente di «impianti di incenerimento»; Taverna del Re è una frazione di Giugliano in Campania in provincia di Napoli dove sono depositate circa 7 milioni di eco balle occupanti una superficie equivalente quasi a 360 campi di calcio; il 1 agosto 2013 il sito regioni.it informa che l'assessore regionale all'ambiente in Campania Giovanni Romano ha detto: «Il sopralluogo di oggi ha confermato, caso mai ce fosse ancora bisogno, la assoluta necessità di eliminare i rifiuti imballati durante il periodo emergenziale che, lo ricordo, sono di circa 6 milioni di tonnellate allocati su tutto il territorio regionale. I due terzi sono stoccati tra Villa Literno e Giugliano. Resta quindi una priorità la realizzazione dell'impianto di incenerimento previsto dalle leggi statali e dal Piano Regionale. Il commissario straordinario Alberto Carotenuto pubblicherà il bando di gara entro questo mese»; in data 18 gennaio 2012 il quotidiano Repubblica nell'edizione Napoli a firma di Conchita Sannino scriveva: «la Protezione civile ha comprato quei suoli (Taverna del Re – Giugliano) per 2 milioni (di euro), a emergenza già chiusa. Perché, visto che sarebbe intervenuto il capitale del futuro impianto? Non è tutto: i 4 milioni di balle sono ancora “patrimonio” di Impregilo. Vanno riscattate. Con quale denaro? Un impianto che costerà non meno di 500 milioni. Un inceneritore che, stando alle buone intenzioni, dovrebbe essere pronto entro il 2015 per cominciare ad abbattere i primi 4 milioni di ecoballe che, pure, insistono al momento nel “patrimonio” della vecchia proprietà Impregilo»; l'Unione europea (UE) dispone misure intese a prevenire o ridurre l'inquinamento dell'atmosfera, dell'acqua e del terreno provocato dall'incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti e i relativi rischi per la salute umana. Tali misure impongono in particolare l'ottenimento di un'autorizzazione per gli impianti di incenerimento o di coincenerimento e limiti per le emissioni di taluni inquinanti scaricati nell'atmosfera e nell'acqua; con la direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 dicembre 2000 sull'incenerimento dei rifiuti si 457 stabilisce che «Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro un termine di due anni a decorrere dalla data della sua entrata in vigore. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri; gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva»; nel 2012 il Parlamento europeo approva due rapporti su ambiente e biodiversità. Si tratta della relazione «sulla revisione del sesto programma d'azione in materia di ambiente e la definizione delle priorità per il settimo programma» (stragrande maggioranza) e di quella sulla «Strategia europea per la biodiversità 2020» (414 favorevoli, 55 contrari e 64 astenuti); il 24 maggio 2012 tra gli indirizzi della risoluzione del Parlamento europeo «un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse» nel punto 33 si legge che: «invita la Commissione Europea a razionalizzare l'acquis in materia di rifiuti, tenendo conto della gerarchia dei rifiuti e della necessità di ridurre i rifiuti residui fino a raggiungere livelli prossimi allo zero; chiede pertanto alla Commissione di presentare proposte entro il 2014, allo scopo di introdurre gradualmente un divieto generale dello smaltimento in discarica a livello europeo e di abolire progressivamente, entro la fine di questo decennio, l'incenerimento dei rifiuti riciclabili e compostabili; ritiene che queste iniziative debbano essere accompagnate da idonee misure transitorie, tra cui l'ulteriore sviluppo di norme comuni basate sul concetto di ciclo di vita; invita la Commissione a rivedere gli obiettivi per il riciclaggio per il 2020 della direttiva quadro sui rifiuti»; esiste una mirata quanto copiosa bibliografia italiana ed internazionale di testi e studi che mettono in guardia dagli effetti dannosi provocati sulla popolazione residente vicina alla zona di realizzazione di impianti di incenerimento; la letteratura medica segnala circa un centinaio di lavori scientifici a testimonianza dell'interesse che l'argomento riveste. Fra questi, diverse decine sono costituiti da studi epidemiologici condotti per indagare lo stato di salute delle popolazioni residenti intorno a tali impianti e/o dei lavoratori addetti e, nonostante le diverse metodologie di studio applicate ed i 458 numerosi fattori di confondimento, sono segnalati numerosi effetti avversi sulla salute, sia neoplastici che non; sono stati descritti: alterazione nel metabolismo degli estrogeni, incremento dei parti gemellari incremento di malformazioni congenite, ipofunzione tiroidea, disturbi nella pubertà ed anche diabete, patologie cerebrovascolari, ischemiche cardiache, problemi comportamentali, tosse persistente, bronchiti, allergie. Un ampio studio, condotto in Giappone ha analizzato lo stato di salute di 450.807 bambini da 6 a 12 anni della prefettura di Osaka – ove sono attivi 37 impianti di incenerimento per rifiuti solidi urbani (RSU) – ed ha evidenziato una relazione statisticamente significativa fra vicinanza della scuola all'impianto di incenerimento e sintomi quali: difficoltà di respiro, mal di testa, disturbi di stomaco, stanchezza; l'indagine francese «Etude d'incidence des cancers à proximité des usines d'incenèration d'ordures ménagerer» dell'Invs – Department Santè Environnement 2006 (32) ha esaminato 135.567 casi di cancro insorti negli anni 1990-99 su 25.000.000 persone/anno residenti in prossimità di inceneritori. In questo studio è stato considerato come indicatore l'esposizione alle diossine e passando dal minor al maggior grado di esposizione si registra un aumento statisticamente significativo (p=h0.05) di rischio per: tutti i cancri nelle donne dal +2,8 per cento al +4 per cento, cancro alla mammella dal +4,8 per cento al +6,9 per cento, linfomi dal +1,9 per cento al +8,4, tumori al fegato dal +6,8 per cento al +9,7 per cento; per i sarcomi il rischio passa dal +9,1 per cento al +13 per cento (p=0.1). Le neoplasie che più appaiono correlate all'esposizione ad inquinanti emessi da inceneritori sono i linfomi non Hodgkin (LNH), i tumori polmonari, le neoplasie infantili ed i sarcomi; la soluzione per lo smaltimento delle eco balle a Giugliano in Campania è stata ravvisata nella costruzione di un impianto di incenerimento il cui bando di assegnazione dei lavori partirà a ridosso del periodo ferragostano; gran parte del mondo scientifico afferma in modo unanime che gli inceneritori creano danni enormi alla salute ed all'ambiente; l'inceneritore rappresenterà un danno all'immagine di Giugliano già gravemente compromessa dalla presenza in questi anni delle piramidi di ecoballe; esistono soluzioni alternative all'inceneritore che consentirebbero di trasformare i rifiuti da problema a risorsa; alla notizia dell'assessore regionale all'ambiente della Campania circa l'imminente partenza del bando dei lavori stanno costituendosi sul territorio giuglianese numerosi comitati 459 spontanei e le civili proteste dei cittadini si stanno manifestando in diverse forme, compresi i social network; la normativa europea prevede una scala di priorità strategica che non vede con favore la costruzione di tali impianti e favorisce e promuove invece soluzioni quali la raccolta