Malattia di Wilson: ancora una sfida diagnostica

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Malattia di Wilson: ancora una sfida diagnostica
Aprile-Giugno 2011
Gennaio-Marzo
2012• •Vol.
Vol.4142• •N.N.162
165• •Pp.
pp.xx-xx
12-20
nefrologia
epatologia
Malattia di Wilson:
ancora una sfida diagnostica
Giusy Ranucci*, Antonietta Zappu**, Maria Barbara Lepori**, Raffaele Iorio* e Georgios
Loudianos**
*Dipartimento di Pediatria, Università di Napoli Federico II; ** Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologie,
Università di Cagliari
Riassunto
La malattia di Wilson (MW) è un disordine autosomico recessivo, caratterizzato da una difettosa escrezione del rame a livello epatico, dovuta alla presenza
di mutazioni, in omozigosi o eterozigosi composta, del gene ATP7B, localizzato sul cromosoma 13. In conseguenza dell’accumulo di rame, la sintomatologia clinica si evidenzia principalmente a carico di fegato, sistema nervoso centrale e occhio. La maggior parte dei pazienti in età pediatrica presenta
un’epatopatia all’esordio, mentre i sintomi neurologici e psichiatrici predominano nell’età adolescenziale ed adulta. Le manifestazioni epatiche variano
da forme pauci/asintomatiche con ipertransaminasemia e/o epatomegalia esclusive, a quadri di epatopatia cronica cirrogena o di epatite fulminante. Le
manifestazioni neuropsichiatriche sono molteplici e talora, per la loro aspecificità, possono essere erroneamente interpretate. Esse includono alterazioni
dell’umore, deterioramento delle prestazioni scolastiche, deficit di coordinazione dei movimenti, disturbi della scrittura. Se la MW non viene riconosciuta e
adeguatamente trattata, la progressione del danno può essere rapida ed inesorabile. Sfortunatamente la diagnosi di MW è molto impegnativa, nonostante
i progressi in ambito biochimico e molecolare. Tutti i pazienti con MW, anche quelli in fase pre-sintomatica, devono essere avviati al trattamento farmacologico. Le principali opzioni terapeutiche sono la D- penicillamina, la trientina e lo zinco che agiscono con diversi meccanismi. Nessuno di tali farmaci è
scevro da effetti collaterali. L’educazione del paziente, l’aderenza alla terapia e la diagnosi precoce dei possibili effetti collaterali dei farmaci sono i punti
cardine per ottenere un successo terapeutico. Nell’articolo saranno discussi i principali problemi dell’approccio diagnostico.
Summary
Wilson disease (WD) is an autosomal recessive inherited disorder of copper excretion, caused by two disease-causing mutations or homozygosity for a single disease-causing mutation of the ATP7B gene, located on chromosome 13. The accumulation of copper results in symptoms involving particularly liver,
brain and eye. Most of pediatric WD patients present with liver disease, whereas neuropsychiatric symptoms are more common in young adults. The hepatic
clinical presentation ranges widely from asymptomatic hypertransaminasemia and/or hepatomegaly to cirrhosis and acute liver failure (ALF). The clinical
neuropsychiatric symptoms are multiple and for their aspecificity sometimes misinterpreted. They include sudden behavioral changes, worsening in school
performances, inability to carry out activities that need hand-eye coordination and modification in handwriting. If WD is not recognized and adequately
treated, the progression of hepatic and neurologic damage can be very rapid. Therefore the prompt detection of this condition is vital. Unfortunately, the
diagnosis of WD is an especially challenging task in spite of advances in biochemical and molecular knowledges. The first essential step in making the
diagnosis is to think of it. All WD patients, also pre-symptomatic ones, need treatment. The currently available drugs are D-penicillamine, trientine and zinc,
that act with different mechanisms. None of the available drugs is side-effect-free. The patient education, adherence to therapy and early detection of possible side effects of drugs are the cornerstones for a successful treatment. The critical issues related to the diagnostic approach of WD will be discussed.
Introduzione
La Malattia di Wilson (MW), descritta per la prima volta nel 1912
dal neurologo Americano Kinnear Wilson come “degenerazione
progressiva epatolenticolare”, è un disordine genetico, trasmesso con modalità autosomica recessiva (Wilson S.A.K, 1912). La
MW colpisce da 1 su 30.000 a 1 su 100.000 individui (Ala et al.,
2007).
Il gene responsabile della malattia codifica per una proteina di
membrana (ATP7B), espressa primariamente nel fegato, il cui ruolo è quello di regolare il trasporto del rame (Tanzi et al., 1993).
Mutazioni di questo gene causano un deficit di escrezione di rame
nella bile e una sua difettosa incorporazione nella ceruloplasmina.
La compromissione della normale escrezione del rame epatico dà
luogo ad un accumulo di tale metallo primariamente nel fegato,
dove può causare epatite e cirrosi. Successivamente, il rame viene
rilasciato nel sangue e si deposita in altri organi, in particolare nel
cervello, nella cornea e nei tubuli renali.
12
Il fenotipo della MW è molto variabile, dipendendo da molteplici fattori tra cui l’età e il genotipo. In età pediatrica la MW si manifesta
spesso con un quadro di epatopatia. A prescindere dall’età i segni
clinici sono frequentemente non specifici, con l’eccezione dell’anello
di Kayser-Fleischer che peraltro è di rara osservazione in età pediatrica.
L’eterogeneità dell’espressività clinica e laboratoristica della MW
spiegano perché la diagnosi sia molto impegnativa in età pediatrica
se non si mantiene alto l’indice di sospetto. Qualora non riconosciuta
e opportunamente trattata, la MW può essere una potenziale causa
di insufficienza epatica acuta con necessità di epatotrapianto in taluni casi (Roberts et al., 2008).
Il successo terapeutico ottenuto utilizzando chelanti orali del rame e
sali di zinco rende la MW una delle epatopatie metaboliche curabili.
Quando adeguatamente trattata la MW ha una prognosi eccellente,
con una curva di sopravvivenza che coincide con quella della popolazione generale (Bruha et al., 2010). Il trattamento della MW deve
Malattia di Wilson: ancora una sfida diagnostica
Figura 1.
Meccanismi che regolano il metabolismo del rame nell’epatocita e ruolo dell’ATP7B. Il rame viene transportato all’interno dell’epatocita dalla
proteina di membrana CTR1. In seguito viene legato dal metallochaperone ATOX1 e viene transportato nella via secretoria mediante la proteina
ATP7B.
In condizione di normale concentrazione del rame intracellulare, l’ATP7B è localizzata nella regione trans-Golgi e determina il trasporto del rame
all’interno delle cisterne dove viene incorporato nell’apoceruloplasmina, che diventa ceruloplasmina (Sezione A).
In condizioni di eccesso del rame intracellulare, l’ATP7B viene trasferita in forma vescicolare al polo canalicolare dell’epatocita, dove determina
l’eliminazione del rame in eccesso (Sezione B). Quando la concentrazione del rame all’interno della cellula si abbassa la proteina ATP7B ritorna
nella regione trans-Golgi.
Nella Malattia di Wilson a seconda del tipo di mutazione si può avere: difettosa sintesi dell’ATP7B, difettosa modifica post-trascrizionale dell’ATP7B,
difettosa localizzazione dell’ATP7B nell’epatocita, difettosa funzione dell’ATP7B nel trasporto del rame, difettosa interazione proteina-proteina
(ATP7B ed ATOX1).
CTR1: Copper Transporter 1, ATOX1: ATX1 antioxidant protein 1 homolog (yeast), TGN: Trans-Golgi network, Cu:rame
però essere proseguito per tutta la vita; infatti alla sospensione prolungata della terapia farmacologica segue inevitabilmente la morte
per insufficienza epatica acuta.
Patogenesi
In condizioni fisiologiche il rame alimentare viene assorbito attraverso
lo stomaco ed il duodeno ed arriva al fegato attraverso la vena porta,
qui viene utilizzato per la sintesi di vari enzimi come costituente della
molecola, mentre l’eccesso viene eliminato attraverso le vie biliari (Tapiero et al., 2003). Il fegato ha un ruolo fondamentale nel metabolismo
del rame perché costituisce il sito di conservazione di questo metallo
e, in condizioni di eccesso, la via principale per la sua eliminazione
attraverso le vie biliari. Ogni giorno viene eliminata con la bile una
quantità di rame equivalente a quella assorbita, che ammonta a circa
2-4 g al giorno (Tapiero et al., 2003). Il ruolo essenziale del fegato
nell’omeostasi del rame é dimostrato dalla normalizzazione della sua
omeostasi in pazienti con MW sottoposti ad epatotrapianto.
L’ingresso del rame negli epatociti avviene attraverso la membrana
basolaterale ad opera di una proteina di membrana chiamata Ctr1.
Dopo l’ingresso, il rame viene immediatamente legato da diverse
proteine, i metallochaperoni, e viene trasportato in diversi siti per
il suo utilizzo (Tapiero et al., 2003). Quindi in condizioni fisiologiche
la quantità di rame libero nel fegato é molto esigua. Tra i chaperoni,
l’Atox1 attraverso l’interazione con la proteina ATP7B é essenziale
per il trasporto del rame nella via secretoria (Fig. 1).
Il gene che codifica per la proteina ATP7B é localizzato sul cromosoma 13q14-21, è costituito da 21 esoni e si estende in una regione
genomica di circa 100kb. Esprime un RNA di 7.5 Kb soprattutto nel
fegato, placenta, rene, ma anche nel cervello dove svolge un ruolo
chiave nella regolazione della omeostasi del rame. La proteina che
codifica, l’ATP7B, appartiene alla famiglia dei trasportatori di metalli pesanti attraverso le membrane che utilizzano l’energia liberata
dall’idrolisi del fosfato terminale dell’ATP, e quindi vengono nominate
P-type ATPasi (Bull et al., 1993; Tanzi et al., 1993; Petrukhin et al.,
1994; Fig. 2).
La proteina ATP7B è localizzata nella regione trans-Golgi dove agisce
portando il rame nella via secretoria per la sua incorporazione nell’apoceruloplasmina che così diventa la forma matura e funzionante della
ceruloplasmina (Lutsenko et al., 2002). In condizioni di aumento della
concentrazione del rame intracellulare avviene una migrazione della
proteina di Wilson in una regione citoplasmatica vicina alla membrana
canalicolare, che poi ricicla di nuovo nella regione trans-Golgi quando la concentrazione intracellulare del rame torna ad essere normale
13
G. Ranucci et al.
Aspetti clinici della MW
Figura 2.
Modello topologico proposto per la localizzazione della proteina ATP7B
nella regione trans-Golgi. Si distinguono 8 regione transmembra e diversi domini funzionali: MTCQSC: domini di legame del rame, ITGEA:
dominio di transduzione, CPC: sito di legame del rame prima del ingresso nel canale degli ioni, TGTKD: dominio di fosforilazione, SEHPL: dominio altamente conservato sede della mutazione più comune p.H1069Q,
(l’asterisco indica la posizione della mutazione). GDGVND: regione cerniera che connette jl dominio di legame dell’ATP con la regione transamembrana 7.
(Lutsenko et al., 2002). Nonostante sia ancora poco chiaro, si pensa
che la migrazione della ATP7B costituisca il meccanismo per l’eliminazione del rame in condizioni di eccesso. Quindi tutte quelle condizioni
che portano ad un difetto di sintesi della proteina di Wilson, della sua
corretta localizzazione nella regione trans-Golgi e della sua capacità di
trafficare in condizione di eccesso intracellulare di rame, si traducono
da una parte in una diminuzione della sintesi della ceruloplasmina,
dall’altra parte in un accumulo di rame nella cellula con danno cellulare e conseguente rilascio del rame nel circolo che va a depositarsi e
a danneggiare altri organi soprattutto il cervello.
Sebbene l’alterata escrezione biliare del rame sia presente sin dalla
nascita, i sintomi generalmente non si manifestano sino ai 3 anni, e
raramente diventano evidenti prima dei 5 anni (Roberts et al., 2008).
I possibili segni e sintomi associati alla MW sono mostrati nella
Tab. I. Le principali presentazioni cliniche sono quella epatica e quella neuropsichiatrica. Analizzando i dati scaturiti dalla combinazione
delle più ampie casistiche di pazienti con MW descritte in letteratura
(O’ Connor et al., 2007), risulta che la maggior parte dei pazienti in
età pediatrica si presenta con un quadro di malattia epatica, mentre
i sintomi neuropsichiatrici sono più comuni nella tarda adolescenza
e nel giovane adulto e ricorrono solo nel 4-6% dei pazienti pediatrici
con esordio epatico (Iorio et al., 2004; Muller et al., 2007). Paragonando la percentuale dei pazienti con MW con esordio epatico rispetto a quelli con esordio neurologico, essa risulta rispettivamente
dell’83% vs 17% prima dei 10 anni, 52% vs 48% tra i 10 e i 18 anni,
24% vs 75% dopo i 18 anni (O’ Connor et al., 2007).
Nel bambino l’epatopatia può manifestarsi con molteplici quadri: ipertransaminasemia asintomatica, epatomegalia isolata con
eventuale presenza di steatosi all’esame ecografico, epatite acuta itterica tipo epatite virale acuta, epatite fulminante, epatopatia
cronica cirrogena con variabile grado di insufficienza epatocellulare
ed eventuali segni di ipertensione portale e sue complicanze. In età
pediatrica, la percentuale dei bambini con MW diagnosticata in seguito al riscontro occasionale di ipertransaminasemia varia dal 14%
all’88%, a seconda delle aree geografiche (Nicastro et al., 2010;
Dhawan et al., 2005; Iorio et al., 2004; Sanchez et al., 1999). In Italia
è particolarmente alta la percentuale dei casi di MW riferiti per ipertransaminasemia isolata in conseguenza dell’estensiva valutazione
delle transaminasi nel contesto di check-up anche in assenza di
specifiche indicazioni (Iorio et al., 2004).
Le manifestazioni neurologiche si presentano tipicamente durante
l’adolescenza o nella terza decade di vita (Ala et al., 2008). I quadri
di presentazione neurologici sono stati classificati in tre sottogruppi:
sindrome acinetica-rigida simile alla malattia di Parkinson, caratterizzata da bradicinesia, alterazioni cognitive, disturbi dell’umore;
pseudosclerosi caratterizzata da atassia e tremori con lesioni focali
Tabella I.
Modalità di presentazione della MW (da Ala et al., 2007; Roberts et al., 2008, modificato).
Epatica
Neurologica
14
Ipertransaminasemia
Epatomegalia
Fegato brillante all’esame ecografico
Epatite acuta
Epatite cronica
Insufficienza epatica con o senza encefalopatia, con o
senza emolisi associata
Cirrosi
Ipertensione portale e sue complicanze
Incoordinazione
Disartria, salivazione eccessiva
Facies amimica
Tremore a riposo e intenzionale
Paralisi pseudobulbare
Sincope
Emicrania
Disautonomia
Rigidità distonica
Disfagia
Deterioramento della scrittura: microscrittura
Psichiatrica
Disturbi della personalità
Disturbi del linguaggio
Disturbi dell’umore (depressione e psicosi)
Riduzione delle prestazioni scolastiche
Ematologica
Anemia emolitica Coombs-negativa
Renale
Nefrolitiasi
Tubulopatia
Oculare
Anello di Kayser-Fleischer
Cataratta “sunflower”
Perdita dell’accomodazione
Scheletrica
Osteoporosi precoce
Artropatia
Miscellanea
Pancreatite
Ipoparatiroidismo
Cardiomiopatia, disaritmie
Cutaneo: lunulae ceruleae
Oligomenorrea; infertilità; aborti ricorrenti
Malattia di Wilson: ancora una sfida diagnostica
del talamo; sindrome distonica presente in pazienti con discinesia,
disartria, e disturbi della personalità che correla con lesioni focali nel
putamen e nel globo pallido. Nei pazienti pediatrici generalmente le
manifestazioni neurologiche e/o psichiatriche precoci sono subdole: cambiamenti di personalità, alterazioni dell’umore (depressione,
psicosi), deterioramento del rendimento scolastico, incapacità di
compiere attività che richiedono buona coordinazione mano-occhio
ed alterazioni della scrittura come la micrografia.
Le manifestazioni oculari della MW includono la presenza dell’anello
di Kayser-Fleischer (KF), dovuto alla deposizione di rame in corrispondenza della membrana di Descemet alla periferia della super-
ficie posteriore della cornea. L’anello di Kayser-Fleischer è frequentemente osservato in caso di esordio neurologico. La sua presenza
anche se ritenuta suggestiva, non è completamente specifica della
MW, poiché può esser presente anche in pazienti con epatopatia
colestatica cronica. Inoltre nei bambini con MW ad esordio epatico,
l’anello di Kayser-Fleischer è generalmente assente (Nicastro et al.,
2010). D’altra parte, l’assenza dell’anello di Kayser-Fleischer non
esclude la diagnosi di MW, anche in pazienti con malattia prevalentemente neurologica (Roberts et al., 2008).
I pazienti con MW possono presentarsi con importanti manifestazioni extraepatiche diverse da quelle neurologiche o psichiatriche. Tra
Tabella II.
Score diagnostico per la malattia di Wilson (da Ferenci et al., 2003 modificato).
Sistema a punti per la diagnosi della Malattia di Wilson
Punti
Sintomi
Anelli di Kayser-Fleischer
Presenti
2
Assenti
0
Coinvolgimento neurologico (o pattern tipico alla RMN dell’encefalo)
Severo
2
Moderato
1
Assente
0
Anemia emolitica Coombs-negativa
Presente
1
Assente
0
Esami di laboratorio
Cupruria (in assenza di epatite acuta)
Normale (< 40 μg/24 h)
0
1-2xULN*
1
> 2xULN
2
Normale, ma > 5xULN dopo carico di penicillamina
2
Determinazione quantitativa del rame epatico (in assenza di colestasi)
Normale (< 50 μg/g t.s.)
-1
< 5xULN (50-250 μg/g t.s.)
1
> 5xULN (> 250 μg/g t.s.)
2
Determinazione del rame epatico con rodanina
Epatociti positivi alla rodanina presenti
1
Epatociti positivi alla rodanina assenti
0
Ceruloplasmina sierica
Normale
0
10-20 mg/dl
1
<10 mg/dl
2
Analisi mutazioni (mutazioni causanti la malattia)
Mutazioni su entrambi i cromosomi
4
Mutazioni su un solo cromosoma
1
Nessuna mutazione trovata
0
INTERPRETAZIONE DELLO SCORE:
≥ 4 = affetto dalla MW
2-3 = MW probabile, sono richiesti ulteriori approfondimenti
0-1 = MW improbabile
*ULN = Limite superiore della norma
15
G. Ranucci et al.
queste ricordiamo le manifestazioni ematologiche che vanno dall’
anemia emolitica acuta Coombs-negativa all’emolisi di basso grado
che può associarsi con la MW quando l’epatopatia non è clinicamente evidente. Altre manifestazioni comprendono alterazioni della funzione tubulare renale (aminoaciduria, proteinuria, uricosuria, ipercalciuria, iperfosfaturia, glicosuria, difettosa acidificazione urinaria,
sindrome di Fanconi); alterazioni scheletriche (artrite, rachitismo,
osteoporosi); alterazioni dermatologiche (iperpigmentazione della
cute, acanthosis nigricans); disturbi endocrini (ipoparatiroidismo,
infertilità, aborti spontanei ripetuti); cardiomiopatia; pancreatite.
Aspetti diagnostici della MW
La diagnosi precoce della MW è di fondamentale importanza ai fini
della prognosi. Infatti, il trattamento, se iniziato precocemente, impedisce l’insorgenza di lesioni gravi ed irreversibili legate all’accumulo di rame.
Una corretta diagnosi è impegnativa in età pediatrica, considerato
che i criteri convenzionali validi per l’età adulta non sempre sono
applicabili ai bambini (Nicastro et al., 2010; Iorio et al., 2000). L’eterogeneità dell’espressività clinica e laboratoristica della MW spiega
perché per formulare la diagnosi di MW in età pediatrica sia importante mantenere alto l’indice di sospetto.
Infatti non esistono singoli elementi clinici e/o laboratoristici che
consentono una diagnosi certa di MW. Nel 2003 è stato proposto uno
score diagnostico per la MW, che include criteri clinici, biochimici,
istologici e molecolari (Ferenci et al., 2003). In tabella II è illustrato
lo scoring system con il corrispondente cut-off diagnostico per ogni
criterio validato nella popolazione pediatrica. Il suo punteggio totale
indica la possibilità che il paziente sia affetto dalla MW: la diagnosi è
altamente probabile quando lo score è maggiore o uguale a 4, probabile quando compreso tra 2 e 3, improbabile quando inferiore a 2.
Questo score è stato validato nella popolazione pediatrica (Dhawan
et al., 2005; Nicastro et al., 2010). In tabella III sono illustrati i test
diagnostici utilizzati per la MW con i valori ritenuti orientativi per la
diagnosi ed i principali motivi di falsa positività e negatività.
Un test di primo livello è rappresentato dal dosaggio della ceruloplasmina sierica. Essa è ridotta nei pazienti con MW a causa dell’altera-
ta biosintesi e della breve emivita dell’apoceruloplasmina (De Bie et
al., 2005). Sono considerati diagnostici di MW valori di ceruloplasmina inferiori a 20 mg/dL (Ala et al., 2007). Poiché la ceruloplasmina è
una proteina della fase acuta, essa si eleva in situazioni flogistiche
epatiche e non; per cui nei casi di MW con epatite cronica istologicamente attiva, la ceruloplasmina può essere inizialmente nel range
della norma. In tali casi la ceruloplasminemia può scendere sotto i
20 mg/dl solo dopo l’opportuno trattamento farmacologico della MW.
Inoltre è ben noto che esiste un sottogruppo di pazienti con MW (fino
al 20%) che presenta valori di ceruloplasmina normali (Roberts et
al., 2008; Iorio et al., 2004). Questo in parte può esser spiegato dalla
presenza di mutazioni che non alterano la biosintesi della ceruloplasmina (Gromadzka et al., 2005). Al contrario, l’ipoceruloplasminemia
non sempre è indicativa di MW, potendosi riscontrare sia in pazienti
eterozigoti per MW che in pazienti con altri disordini (Nicastro et
al., 2009; Ala et al., 2007). In particolare, bassi livelli di ceruloplasmina sono stati osservati in pazienti con insufficienza epatica di
diversa origine, nella malattia di Menkes, nella malnutrizione, nella
sindrome nefrosica, nell’enteropatia protido-disperdente, nell’apoceruloplasminemia ereditaria (Hellman et al., 2002). Recentemente
è stato riportato che anche pazienti con il deficit congenito della
glicosilazione (CDG) possono presentare bassi livelli sierici di ceruloplasmina (Nicastro et al., 2009; Calvo et al., 2008; Mandato et al.,
2006). Mak et al. hanno proposto come cut-off diagnostico per la
ceruloplasmina quello di 14 mg/dl (Mak et al., 2008). Tuttavia è stato
recentemente documentato che in età pediatrica la migliore soglia
diagnostica della ceruloplasmina resta quella di 20 mg/dl (Nicastro
et al., 2010).
La cupruria basale delle 24 ore è un altro parametro utile per la
diagnosi di MW. È importante che la raccolta delle 24 ore venga
effettuata in maniera accurata, in un contenitore di plastica non
contaminato e con l’aggiunta di 2-3 ml di acido cloridrico al 5%. Il
rame urinario riflette la quota del rame libero (non legato alla ceruloplasmina) circolante nel siero. Secondo Brewer, nei pazienti adulti
sintomatici la cupruria delle 24 ore è sistematicamente superiore a
100 µg/die, valore considerato il limite convenzionale diagnostico
(Brewer et al., 1992). Comunque, è da notare che in molte casistiche
pediatriche una percentuale variabile dei bambini presenta livelli di
Tabella III.
Criteri diagnostici per la diagnosi di Malattia di Wilson in età pediatrica (da O’Connor and Sokol, 2007, modificato)
Test diagnostico
Valori diagnostici
Cause di falsa positività
Cause di falsa negatività
Ceruloplasmina sierica
< 20 mg/dl
Deficit congenito della glicosilazione, epatite
fulminante, deficit nutrizionale di rame,
protidodispersione, ipoceruloplasminemia
ereditaria, eterozigote per la MW, malattia di
Menkes
Epatite acuta (infiammazione),
terapia estrogenica, gravidanza
Rame epatico
> 250 μg/g tessuto secco
Epatopatie croniche colestatiche, deficit
congenito della glicosilazione, tumori epatici,
sindrome nefrosica
Errore di campionamento
Cupruria basale delle 24 h
> 40 μg/24 h
Terapia con chelante del rame, epatite cronica
attiva, epatopatie colestatiche croniche,
insufficienza epatica, epatite autoimmune,
inadeguato campionamento delle urine
Pazienti con MW presintomatici,
inadeguato campionamento
Cupruria dopo carico di
penicillamina delle 24 h
> 1600 μg/24 h
Epatopatia cronica colestatica, iperplasia
nodulare rigenerativa, epatite autoimmune,
inadeguato campionamento delle urine
Pazienti con MW presintomatici,
inadeguato campionamento
Presenza dell’anello di KayserFleischer
Presente
Epatopatia cronica colestatica
MW in stadio precoce
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Malattia di Wilson: ancora una sfida diagnostica
cupruria inferiori a tale cut-off (Muller et al., 2007; Nicastro et al.,
2010). Nei bambini con MW, la cupruria basale sembra essere direttamente correlata con l’età alla diagnosi, suggerendo un accumulo
progressivo del metallo con il tempo (Nicastro et al., 2009). In accordo con tale dato, è stato recentemente dimostrato che la diagnosi
di MW in età pediatrica deve esser presa in considerazione quando
i livelli di cupruria sono maggiori di 40 mg/24h. Questa è la soglia
ottimale sia per il test singolo che per il test utilizzato nel contesto
dello scoring system (Nicastro et al., 2010, Roberts et al., 2008).
La determinazione della cupruria delle 24 ore dopo carico di penicillamina, somministrata alla dose di 500 mg due volte al dì (all’inizio
della raccolta e dopo 12 ore), è stata suggerita nei soggetti con livelli
di cupruria basale inferiori a 100 mg/24h (Roberts et al., 2008). Livelli superiori a 1600 µg/die sono ritenuti orientativi di MW (Roberts
et al., 2008). Tuttavia una recente rivalutazione del test da carico di
penicillamina in età pediatrica ha documentato con forte evidenza
che il test non andrebbe praticato in bambini senza un’epatopatia
sintomatica, considerato che solo pazienti con un danno epatico severo legato alla MW hanno un test da carico positivo (Nicastro et al.,
2010). Nell’ambito dello scoring system di Ferenci si considerano
diagnostici di MW livelli di cupruria dopo carico superiori a cinque
volte il limite superiore della norma della cupruria basale. Tale limite
è fissato da alcuni a 100 mg/24 h da altri a 40 mg/24 h (Ferenci,
2003). È stato recentemente dimostrato che riducendo il cut-off diagnostico della cupruria dopo carico di penicillamina a valori di 500 o
200 mg/24h, rispetto al valore classico di 1600 mg/24h, l’accuratezza del test non migliora (Nicastro et al., 2010).
La determinazione quantitativa del rame epatico rimane il gold
standard per la diagnosi di MW. Il frustolo epatico per la determinazione del rame deve essere conservato in provetta senza
additivi (per evitare la contaminazione con rame esogeno). Una
concentrazione di rame a livello epatico superiore a 250 µg/g di
peso secco (v. n. <50 µg/g di p.s.) è altamente indicativa di MW
e livelli inferiori a 50 mg/g di peso secco escludono la diagnosi di
MW. Tuttavia questo cut-off è stato molto criticato poiché considerato troppo alto e rappresentativo solo di pochi casi (Merle et
al., 2007, Ferenci et al., 2005). Ferenci et al. (Ferenci et al., 2005)
hanno proposto come cut-off più accurato il valore di 75 µg/g. di
t.s, validato in una casistica di 149 pazienti con MW. Tuttavia il problema principale dell’applicazione di un cut-off inferiore a quello
accettato di 250 µg di p.s, è legato al fatto che gli eterozigoti possono collocarsi nella zona compresa tra 50 e 250 µg di p.s. La valutazione qualitativa del rame epatico, effettuata con le colorazioni
per il rame o per le proteine associate al rame (orceina, rodanina,
acido rubeanico) è di relativa utilità perché la negatività di tali test
non consente di escludere la diagnosi di MW.
Il ruolo della genetica
Lo studio delle basi molecolari della MW attraverso la ricerca di
mutazioni nel gene ATP7B in varie popolazioni nel mondo ha evidenziato la presenza di circa 520 variazioni di sequenza (http://
www.uofa-medical-genetics.org). Esiste un’alta eterogeneità allelica nella MW con la presenza di poche mutazioni relativamente
frequenti e molte mutazioni rare. Come conseguenza nella maggioranza dei pazienti è presente lo stato di eterozigote composto
per 2 mutazioni specifiche piuttosto che lo stato omozigote per
una determinata mutazione. Esiste una certa prevalenza etnica
in quanto in linea di massima si identificano mutazioni specifiche
prevalenti nelle diverse popolazioni. La mutazione più frequente
nel mondo è la p.H1069Q con una frequenza allelica che varia
Figura 3.
Frequenza allelica della p.H1069Q nel mondo.
dal 17% nella popolazione italiana al 70% circa nella popolazione
polacca (Ferenci et al., 2006; Fig. 3).
La p.H1069Q è assente nelle popolazioni dell’estremo oriente dove
prevale una mutazione relativamente frequente, la p.R778L, con una
frequenza allelica che varia dal 16% circa nei giapponesi al 37%
circa nella popolazione coreana e cinese (Ferenci et al., 2006; Li et
al., 2011).
Le strategie per lo studio genetico di una determinata malattia si
basano principalmente su alcuni presupposti che riguardano la
presenza di una correlazione genotipo-fenotipo, l’epidemiologia
delle mutazioni in una determinata popolazione e la localizzazione
delle mutazioni all’interno del gene in studio. Per quanto riguarda lo studio della correlazione genotipo-fenotipo nella MW, tale
studio è molto limitato a causa dell’alta eterogeneità allelica e la
presenza di molte mutazioni rare. Conseguentemente non esistono dati statisticamente significativi di pazienti omozigoti per una
mutazione specifica ed eterozigoti composti per le stesse mutazioni. Negli ultimi anni sono stati pubblicati diversi studi che analizzavano la correlazione genotipo-fenotipo in pazienti portatori
della mutazione p.H1069Q. Alcuni degli studi documentano che
pazienti omozigoti per la H1069Q presentano un’ insorgenza più
tardiva della malattia, con sintomi prevalentemente neurologici,
con epatopatia più lieve, e con maggior frequenza del KF rispetto
a pazienti eterozigoti composti che presentano quindi la H1069Q
solo su un cromosoma o a pazienti con mutazioni diverse (Caca
et al., 2001; Stapelbroek et al., 2004). Secondo altri studi invece
non ci sono differenze nel fenotipo tra i 3 gruppi (Ferenci P et al.,
2007; Merle U et al., 2010). Questi suggeriscono che oltre alle
mutazioni nel gene ATP7B esistono altri fattori genetici o ambientali che possono contribuire nella variabilità fenotipica presente
nella MW. La conoscenza dell’epidemiologia delle mutazioni nei
vari paesi e talvolta nelle varie regioni all’interno dello stesso paese è molto importante in quanto permette di sviluppare strategie specifiche per lo studio genetico che in questo modo fornisce
un grande contributo alla diagnosi di MW. Questo aspetto è stato
ben studiato nella popolazione italiana. Negli ultimi anni è stato
portato avanti uno studio sistematico per delineare la basi molecolari della MW nella popolazione italiana da parte del laboratorio
di Epatopatie Genetiche dell’Ospedale Microcitemico di Cagliari (Loudianos et al., 1998; Loudianos et al., 1999; Lepori et al.,
2006; Zappu et al., 2008). Sono state analizzate 437 famiglie con
la presenza di almeno un paziente affetto da MW, 185 delle quali
17
G. Ranucci et al.
Tabella IV.
Le mutazioni più frequenti identificate nella popolazione italiana*
Tabella VI.
Mutazioni identificate in 152 famiglie di origine sarda
Mutazione
N° Cr.
Esone
Dominio
%
Sardegna
p.H1069Q
85
14
SEHPL
14.8
Mutazione
N° Cr.
Esone
Dominio
%
c.2532delA
28
10
Tm4
4.9
-441/-427del
196
5’UTR
Promoter
64.9
p.R1319X
24
19
Tm8
4.2
p.V1146M
24
16
ATPloop
7.94
p. G591D
24
5
Cu5
4.2
c.2463delC
22
10
Td
7.28
p.R969Q
22
13
Tm6
3.8
c.213-214delAT
7
2
Cu1
2.37
c.2304-2305insC
20
8
Tm4
3.5
p.A1018V
6
13
ATPloop
1.98
p.G626A
11
6
Cu6
1.9
p.R778W
6
8
Tm4
1.98
c.3648-3653del
11
17
Tm6
1.9
c.1512-1513insT
4
3
Cu5
1.32
c.-441/-427del
11
Promoter
Promoter
1.9
p.G1000R
4
13
Ch/Tm6
1.32
p.T977M
11
13
Tm5
1.9
p.H1069Q
4
14
SEHPL
1.32
c.2304-2305insC
3
8
Tm4
0.99
c.2035delC
2
7
Tm1-Tm2
0.66
p.G869R
2
11
Td
0.66
p.S921Q
2
12
Tm5
0.66
p.T993M
2
13
Ch/Tm6
0.66
c.1285+5G->T
1
2VI
Cu4
0.33
c.2122-8 T->G
1
8
Tm3
0.33
p.I747F
1
8
Tm3
0.33
p.V890M
1
11
A-domain
0.33
p.R919W
1
12
Tm5
0.33
p.G943S
1
12
Tm5
0.33
p.L1043P
1
14
ATPloop
0.33
p.G1089V
1
15
ATPloop
0.33
p.R1151C
1
16
ATPloop
0.33
p.N1270S
1
18
ATPhinge
0.33
c.3852-3875del24
1
18
ATPhinge
0.33
Unknown
8
*Sono esclusi i pazienti Sardi, vedi tabella VI.
Tabella V.
Mutazioni identificate in 25 famiglie di origine pugliese
Puglia
Mutazione
N° Cr.
Esone
Dominio
%
p.G591D
19
5
Cu5
38
p.H1069Q
10
14
SEHPL
20
p.S1310R
4
19
ATPloop
8
c.2304-2305insC
3
8
Tm4
6
p.T977M
3
13
Ch/Tm6
6
p.I306T
2
2
Cu3
4
c.2121+3A>G
2
7
Tm2
4
p.710S
1
8
Tm2
2
p.R969D
1
13
Ch/Tm6
2
p.A1003T
1
13
Ch/Tm6
2
p.Q1095P
1
15
ATPloop
2
p.T1288M
1
18
ATPloop
2
di origine sarda. Lo studio molecolare ha permesso l’identificazione di 124 mutazioni appartenenti a tutte le categorie, missenso,
nonsenso, delezioni, inserzioni e sito di splicing. Se consideriamo
la sola popolazione italiana con l’esclusione di quella sarda, nelle 285 famiglie analizzate sono state identificate 115 mutazioni,
dato che suggerisce la presenza di un’alta eterogeneità allelica.
Non esistono mutazioni frequenti nell’intera popolazione in quanto la somma delle dieci mutazioni più frequenti costituisce appena il 43% del totale (Tab. IV). Esiste una certa distribuzione
regionale in quanto certe mutazioni prevalgono e caratterizzano
determinate aree geografiche. Gli esempi più tipici sono costituiti
dalle popolazioni pugliese e sarda. Nella popolazione pugliese lo
studio delle mutazioni in 25 famiglie ha evidenziato la presenza
di 5 mutazioni più frequenti che costituiscono l’80% degli alleli
(Tab. V). Di queste la più frequente, la p.G591D, è presente nel
38% degli alleli. In Sardegna lo studio delle basi molecolari della
MW ha evidenziato la presenza di 25 diverse mutazioni (Tab. VI).
La mutazione più comune -441_427del costituisce circa il 65%
degli alleli. Le 6 mutazioni più comuni costituiscono circa l’85%
del totale. Questi dati suggeriscono una certa omogeneità alleli-
18
2.64
ca e permettono una strategia efficace per lo studio genetico. In
particolare nella popolazione sarda, dove l’incidenza della MW è
di 1:3000 nati vivi, quindi una delle più alte nel mondo, lo studio
genetico potrebbe essere utilizzato con efficacia non solo nella
diagnosi di singoli casi ma anche in uno screening di massa per
la diagnosi ed il trattamento precoce della malattia (Zappu et al.,
2008).
La localizzazione delle mutazioni all’interno del gene ATP7B è un
altro aspetto importante ai fini dello studio genetico. Lo studio genetico di circa 700 famiglie di origine mediterranea ha evidenziato
che l’80% delle mutazioni identificate risiedono in 12 esoni (5, 6, 8,
10, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19), considerati hotspot, dei 21 esoni
del gene (Lepori et al., 2006). Esiste quindi una clusterizzazione delle mutazioni nel gene ATP7B indipendentemente dall’origine etnogeografica dei pazienti. Tale dato è molto importante in quanto rende
efficiente il test genetico indicando lo studio delle regioni hotspot
come primo bersaglio.
Lo studio genetico negli ultimi anni ha dato un grande contributo e
ormai è parte integrante dell’iter diagnostico della MW. La sua efficienza e utilità nella diagnosi della malattia dipende non solo dallo
sviluppo di nuove tecniche raffinate ma anche dalla appropriatezza
nella sua richiesta. Infatti, come in qualsiasi malattia genetica, an-
Malattia di Wilson: ancora una sfida diagnostica
che nella MW devono esistere indicazioni precise per la richiesta
dello studio del gene ATP7B.
Conclusioni
In Italia la maggior parte dei pazienti con MW è identificata in seguito
al riscontro occasionale di ipertransaminasemia, pertanto è intercettata in una fase abbastanza precoce della malattia. Questo scenario,
che in parte dipende dalla consuetudine vigente nel nostro Paese di
valutare i livelli sierici delle transaminasi nel contesto di check-up, in
assenza di indicazioni precise, ci offre l’opportunità di diagnosticare
e trattare farmacologicamente i pazienti con MW prima che si instaurino gravi danni epatici e neurologici. Come sopra discusso, una
corretta diagnosi di MW in un bambino con ipertransaminasemia
non sempre è agevole perché non sempre in età pediatrica sono
applicabili i criteri convenzionali stabiliti per l’età adulta. Pertanto è
importante che il pediatra mantenga un alto indice di sospetto nei
confronti della MW e sia consapevole che la diagnosi non si può
basare su singoli parametri clinici o laboratoristici. Negli ultimi anni
lo studio genetico costituisce parte integrante dell’iter diagnostico
potendo dare un significativo contributo nella diagnosi e gestione
della malattia.
Box di orientamento
Che cosa si sapeva prima:
- La MW é dovuta ad un difetto nella funzione della proteina trasportatore del rame “ATP7B”.
- La proteina ATP7B svolge due principali funzioni: in condizioni basali, trasporta il rame nella via secretoria degli epatociti e lo incorpora nella apoceruloplasmina formando la ceruloplasmina; in condizioni di eccesso, elimina il rame dagli epatociti nei canalicoli biliari.
- La MW si caratterizza per un progressivo accumulo di rame prima nel fegato e secondariamente in altri organi, in particolare sistema nervoso centrale
e occhio.
- Livelli sierici di ceruloplasmina e livelli urinari di rame (basale e dopo carico orale di penicillamina) sono parametri utili per la diagnosi di MW.
- Il dosaggio del rame epatico costituisce il gold standard per la diagnosi di MW.
- La MW è un’epatopatia metabolica curabile farmacologicamente.
Cosa sappiamo adesso:
- La diminuzione dei livelli sierici di ceruloplasmina è un fenomeno secondario al difetto di funzione della ATP7B.
- Il difetto di sintesi della ceruloplasmina non è alla base dell’accumulo di rame.
- La cupruria basale è direttamente correlata all’età del paziente con MW, pertanto i pazienti pediatrici presentano valori più bassi rispetto a quelli
adulti.
- La cupruria dopo test da carico di penicillamina non è un test utile per la diagnosi della MW nel bambino con malattia di fegato lieve.
- Esistono circa 520 mutazioni del gene ATP7B responsabili della MW.
Cosa ci aspettiamo in futuro:
- Una migliore definizione dei meccanismi patogenetici che sottendono la MW.
- Una maggiore sensibilizzazione dei pediatri al problema della diagnosi precoce della MW
- Un maggiore ruolo dell’analisi molecolare nella diagnosi di MW.
- L’introduzione di nuove terapie farmacologiche che abbiano come target la correzione del difetto di trasporto della proteina ATP7B.
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Metodologia della ricerca bibliografica
Sono stati ricercati tramite PubMed, studi pubblicati, utilizzando come principali parole chiave le seguenti: Wilson disease, pathogenesis,
diagnostic criteria, liver transplantation, molecular analysis, guidelines. Alla ricerca sono stati posti i seguenti limiti: studi in lingua inglese,
Meta-Analysis, Practice Guidelines, Randomized Controlled Trias, Reviews.
Corrispondenza
Georgios Loudianos, Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologie, Università di Cagliari, Ospedale Regionale Microcitemie, via Jenner s/n,
09121, Cagliari. Tel. +39 070 6095504. Fax. +39 070 503696. E-mail: [email protected]
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