Denovo, brivido etneo al Festival
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Denovo, brivido etneo al Festival
LA SICILIA VENERDÌ 29 FEBBRAIO 2008 .27 ( O SCATTI DALL’ARISTON INSIEME A OLTRE VENT’ANNI DAL DEBUTTO. Per presentare il BIANCA E ANDREA, DEBUTTO INSIEME. Andrea Osvart, la suo brano in gara, «A ferro e a fuoco», il catanese Mario Venuti ha chiamato a dargli man forte la band con cui iniziò, i Denovo: di nuovo insieme all’Ariston a oltre vent’anni dal debutto. bionda, aveva debuttato lunedì; a Bianca Guaccero, la mora, era toccato il giorno dopo. Ieri, serata dei duetti, si sono incontrate sul palco dell’Ariston: eccole con Pippo Baudo. MIETTA E I NERI PER CASO. Per interpretare la sua «Baciami adesso», Mietta ha scelto i più popolari interpreti dei brani «a cappella», ovvero i Neri per caso: ed è in questa chiave che il gruppo ha presentato la canzone in gara. ) Denovo, brivido etneo al Festival I duetti non migliorano le canzoni. D'Alessio (in platea) e Bolton in soccorso della Tatangelo GIUSEPPE ATTARDI NOSTRO INVIATO SANREMO. Non è stata una festa della musica come quella del 2007. Non è stato un trionfo di note e di emozioni, nessuna esplosione di ritmi e melodie. Poche le magie, troppe le canzoni che restano vere e proprie "lagne". I duetti non riescono nel miracolo che l’anno scorso aveva premiato il progetto di Baudo, costretto quest’anno a ricorrere al colpo ad effetto per evitare un’altra Waterloo negli ascolti. Così Pippo XIII, in versione rauca, tenta di sfruttare ai fini dell’odiato-amato dio Auditel la "grana" che ha trasformato la pausa del mercoledì in uno dei giorni più lunghi e nervosi della storia della rassegna. Porta la cronaca in primo piano e piazza in apertura Loredana Bertè per "sottolineare il distacco dalla gara", ma anche per appagare quel pubblico "assetato" di sangue e gossip che si è distaccato da Sanremo. Con il batticuore. Perché dalla Bertè si può aspettare ancora tutto. E, infatti, la scheggia impazzita, in compagnia della sua collega strega Spagna, si ammanetta eseguendo "Musica e parole", la canzone eliminata dalla gara perché già edita vent’anni fa sotto altro titolo, chiudendola con un rap improvvisato, questo davvero inedito. Sono i trenta secondi più lunghi della serata. Baudo e Chiambretti tirano un sospiro di sollievo e possono cambiare pagina. Dalle streghe alle fate Andrea Osvàrt e Bianca Guaccero, la bionda e la bruna, si incontra- Mario Venuti con la band degli esordi rievoca la «swinging Catania» degli Anni 80 no per la prima volta sul palco dell’Ariston. Il tempo di un omaggio floreale e si passa veloci alla gara, da ieri sottoposta anche al giudizio popolare del televoto. E per affrontare il rush finale i "campioni" chiamano rinforzi. C’è chi gioca in famiglia: Eugenio Bennato, che chiede a Pietra Montecorvino di sottolineare la linea melodica del suo "Grande Sud". E chi punta sul vip: Anna Tatangelo, che arruola Michael Bolton per far risalire le quotazioni de "Il mio amico", superato nei pronostici dei bookmaker dal brano di Giò Di Tonno e Lola Ponce. Sotto lo sguardo dell’autore Gigi D’Alessio, mettono su la sceneggiata dei coatti, ma potrebbero fare breccia nelle giurie popolari più della coreografia dei Los Vivancos, ingaggiati dai trottolini amorosi di "Colpo di fulmine". C’è chi recupera il proprio passato: a vent’anni dal loro debutto a Sanremo, i Denovo si riformano per una notte per mettere "A ferro e a fuoco" il palco dell’Ariston. Mario Ve- nuti torna a intrecciare la sua voce con l’amico-rivale Luca Madonia, "spalleggiati" dallo storico bassista Tony Carbone, da Franco Barresi alla batteria e dal fido maestro Tony Canto alla chitarra. E il brivido corre lungo la schiena nel rivedere la "swinging Catania" degli anni Ottanta. C’è ancora chi come Cammariere affida a un mito della musica brasileira come Gal Costa, diva della bossanova, il lavoro di cesello alla sua "L’amore non si spiega", creando un capolavoro d’eleganza, impreziosito anche dalla tromba di Flavio Bosso. E c’è chi aggiunge strazio a strazio: Paolo Meneguzzi con il pingue Tony Hadley degli Spandau Ballett. C’è chi non vuole rivali al microfono come Amadeus Minghi che "Cammina cammina" solitario, con il contorno dell’arpista Giulia De Donno e della pianista Stefania Cuneo. E chi rivoluziona il proprio brano, come Mietta, per rileggere "a cappella" con i Neri per Caso "Baciami adesso" e conquistare nuovi consensi. C’è chi ricorre alla scuola latina: Little Tony ("Non finisce qui") con quel che resta dei Gipsy Kings, i Finley ("Ricordi") con la star messicana Belinda. E chi preferisce la scuola emiliana: Fabrizio Moro chiama Gaetano Curreri degli Stadio per rendere sempre più alla Vasco "Eppure mi hai cambiato la vita", Gianluca Grignani con i Nomadi, perfetti per il country rock di "Cammina nel sole". C’è chi spariglia: L’Aura ("Basta!") con il collettivo Rezophonic, i Tiromancino ("Il rubacuori") con il sax di Stefano Di Battista, Tricarico che anima il surreale e battistiano Sos di "Una vita tranquilla" con il buffo nonsense del Mago Forest. E chi ricorre agli amici: Toto Cutugno che ritrova Annalisa Minetti per "Un falco chiuso in gabbia", Frankie Hi Nrg che fa la "Rivoluzione" rappando e giocando agli scacchi con Simone Cristicchi, Max Gazzè che non riesce a migliorare "Il solito sesso" con Marina Rei alle percussioni e Paola Turci alla chitarra, Michele Zarrillo in trio con Paola e Chiara. IERI HA APERTO LA SERATA FUORI GARA. ESCLUSA ANCHE DAL PREMIO DELLA CRITICA La Bertè non canta domani, i discografici si placano SANREMO. Squalificata. Canta per prima, ammanettata. Apre il festival, accompagnata dall’amica Spagna, con il suo brano, "Musica e parole", copiato. Vestite con tulle, pizzi, occhiali neri, neanche le streghe di Eastwick, le due cantano per un festival che tanto, per loro, non c’è. «Non c’è stato assolutamente nessun plagio - attacca la Bertè, prima di cantare - Mi sono letta 18 Vangeli e ho scritto un testo della Madonna...». Parte la musica, Solo tu, solo tu…sei». L’esibizione finisce con altro piccolo fuori programma: la Bertè legge i versi finali del suo brano da un foglio, una sorta di invocazione a difesa dei bambini. Poi ricomincia: «Io non c’ ho nemmeno una casa, mi fate venì a Sanremo per fare una vacanza, volevo prendermi questo premio normale, ma in gara, grazie comunque per avermi creduta, sono cresciuta. Se avete bisogno di un’altra corista ci sono io». Loredana serve all’Auditel, lo dice anche Jovanotti. E poi è troppo disperata per rimandarla a casa. Sul palco tornerà anche stasera, ultima in scaletta, e non più domani, perché nella serata finale l’ufficialità della gara è sacra. La Bertè deve dire addio anche al tanto desiderato premio della critica, quello intitolato a sua sorella, Mia Martini. I giornalisti hanno deciso all’unanimità. Sarà per la prossima. Già è tanto che sia rimasta sul palco dell’Ariston. I suoi stessi colleghi, le associazioni dei discografici, dopo l’esclusione, non la volevano più. Gli altri artisti cantano e rischiano la gara. La Bertè canta, ottiene titoloni di effetto sui giornali e non si gioca la gara. «Qualcuno si è lamentato - ammette Luigi Barion, Presidente del’Afi - Dicono che Loredana ha la stessa esposizione, pur non rischiando la gara. Poteva esibirsi, magari con un canzone diversa». Ma quello che più temono i discografici è il precedente: se il prossimo anno dovesse scatenarsi un altro caso-Bertè, la canzone incriminata potrebbe essere eseguita ancora e ancora. Quasi quasi conviene. «E’ una cosa anomala - dice Enzo Mazza della Fimi - In passato, un artista veniva espulso e mandato a casa. Detto questo, non vogliamo impedire ad un cantante di esibirsi, perché la musica deve prevalere sempre e comunque. E poi se se un artista viene sostituito dal cane Rex, siamo tutti perdenti. Il caso Berté deve restare un unicum, frutto di una situazione improvvisa, anomala». TIZIANA LEONE FESTIVÙ Da ricordare e incorniciare per due o tre discorsetti MICHELE NANIA S e anche dovesse passare alla storia per quello che ha fatto cadere l’imperatore di tutte le televisioni, o come il miglior festival meno visto della storia, è comunque un festival da ricordare per alcune frasi. Quella di un pianista di 9 anni che suona mostruosamente «Il volo del calabrone» di Rimsky Korsakoff, fa concerti in tutto il mondo e non gradisce esser definito un bambino prodigio: «È lusinghiero ma non è giusto per gli altri bambini: se i loro genitori pensano che non sono piccoli geni, non danno loro le stesse opportunità che ho avuto io. E poi basta che la gente si ricordi del mio nome, Marc Yu». Perché, a ventidue sarà già morto? Bella anche la dichiarazione di Jovanotti, che vedremo stasera in coppia con Ben Harper e non ha voluto firmare la liberatoria che scagiona la Rai da eventuali sparate dal palco: «Ho 41 anni e mi prendo le mie responsabilità, non è che devo firmare una cosa per dire che non dirò questa cosa. È assurdo. Se mi avessero scritto non può fare “Mi Fido di Te” (il brano scelto per aprire le convention di Veltroni, ndr), anche se il guaio è che non la voglio fare, a quel punto mi sarebbe venuta voglia di farla. Ma dato che non mi va di farla, non la farò». Tutto chiaro, no? Non lo vorremmo manco morti un figlio come Marc Yu, ma neanche un cugino come Jovanotti. Anche se magari tra loro si capiscono. L’altra frase, sui cui sono intervenuti tutti, da Vladimir Luxuria alle associazioni gay, è contenuta nel brano di Anna Tatangelo: «...Dimmi che male c’è/Se ami un altro come te/Se il cuore batte forte/Dà la vita a quella morte che vive dentro te…» Ebbene Elio e le storie tese, che sono al momento il vero pezzo forte di questa edizione - la loro sigla d’apertura del Dopofestival è davvero fantastica: sono riusciti a rendere melodica, moderna e divertente l’antica orribile musica dell’Eurovisione il cui ritornello sembra dire “ricordati che devi morire”) su quella frase dal criptico significato hanno imbastito un’intera puntata. Gli Elii hanno provato a farsi spiegare il significato da Tricarico. Niente da fare, non lo capiva manco lui. Poi da Mario Venuti: così così. Infine da Max Gazzè: sufficiente. C’è riuscito, a chiarire davvero, soltanto il bassista Faso: «Via ragazzi, è una licenza dell’autore del testo, Gigi D’Alessio: si vede che quest’anno non gliel’hanno rinnovata». STASERA DUETTA CON BEN HARPER, MA NON FIRMA LA LIBERATORIA Jovanotti: «Salviamo il Festival, è una tradizione» NOSTRO INVIATO Il piccolo Mozart con le idee chiare SANREMO. «Ascoltavo musica prima ancora che nascessi, mamma suonava. A due anni ho iniziato a strimpellare, a tre anni le ho chiesto se potevo fare il pianista». E’ stato definito il «piccolo Mozart» Marc Yu, 9 anni e decine di concerti all’attivo in tutto il mondo, ma non ama essere definito un bambino prodigio: «Lusinghiero ma ingiusto per gli altri bambini: se i loro genitori pensano che non sono piccoli geni, non danno loro le stesse opportunità che ho avuto io. A me basta che la gente ricordi il mio nome, Marc Yu». SANREMO. «E’ qui la festa?». E invece incontra visi tirati, musi lunghi, atmosfere funeree. E’ disorientato Jovanotti al primo impatto con Sanremo, dove stasera sarà «superospite» insieme con Pooh, Giorgia, Morandi e Fiorella Mannoia. Camicia sbrindellata, basco, barbetta e sorriso ridisegnato sul volto dal successo del cd «Safari», è stupito: «Baudo mi aveva chiamato per celebrare il Festival in un clima positivo e invece mi trovo queste polemiche sugli ascolti… Ci sono cose peggiori dell’audience! Non mi sembra poi che vada così male. La musica in questi giorni occupa quattro pagine sui quotidiani, la ascoltiamo per 70 ore in tv. Sanremo è un rendez-vous mediatico. Non riuscirei mai a pensare alla morte del Festival. E’ una tradizione che va difesa, ha a che fare con la nostra infanzia. A Sanremo sono legati soltanto ricordi belli, i momenti brutti vengono dimenticati. Nella mia mente ho impresso Peter Gabriel che si lancia con la liana sul pubblico, Springsteen acustico che canta "The ghost of Tom Joad", Bono che parla a Ber- «Sanremo è un rendezvous mediatico, non riuscirei mai a pensare alla morte del festival. Dobbiamo aiutare Baudo a far risalire lo share. Anche partecipando alla gara» lusconi, la "Vita spericolata" di Vasco, "Donne" di Zucchero, Carmen Consoli con la chitarra, Ramazzotti col braccio alzato in "Ragazzi di oggi": io mi sono identificato molto in quei ragazzi». Fra quei ricordi c’è anche un Jovanotti che lancia un rap a D’Alema. Una esibizione che qui, in tempi di par condicio, mette in allarme. E prima di salire sul palco, Lorenzo Cherubini dovrà firmare la liberatoria. «Ancora nessuno mi ha fatto firmare nulla e non credo che lo farò, non penso che sia giusto. Ho 41 anni e posso prendermi la responsabilità di quello che dico, anzi che non dico. Io non faccio propaganda, non ne ho mai fatta e non ne farò. In quella occasione io mi rivolsi a D’Alema perché era presidente del Consiglio e aveva il potere d’intervenire per la cancellazione del debito dei Paesi poveri. Era un appello al premier, non agli elettori». L’allarme torna giallo, però, quando Jovanotti invita ad andare alle urne: «Prima non andavo a votare o votavo a casaccio, oggi ho scoperto di avere un privilegio, lo strumento del voto, che va difeso». Stasera canterà «A te» e «Fango» (la canzone che ha chiuso l’assemblea costituente del Pd). Invece non eseguirà «Mi fido di te», scelta da Walter Veltroni come inno. «Non la farò - annuncia Lorenzo facendo tirare un sospiro di sollievo agli organizzatori - Ma non perché me lo hanno chiesto, altrimenti l’avrei fatta. Presenterò qualcosa di nuovo in ogni senso, anche fisicamente. Ho un disco nuovo che sta andando bene, oltre le previsioni, tanto da farmi guadagnare un nuovo pubblico I SUPEROSPITI Stasera i superospiti: oltre a Jovanotti in coppia con Ben Harper, saranno di scena i Pooh («Uomini soli», «La casa del sole» e un medley dei loro hits), Fiorella Mannoia («Io che amo solo te», «Sally», «Quello che non dicono le donne»), Giorgia («La La Song», una cover americana e una canzone di Tenco, Gianni Morandi («Che sarà»). Stasera sarà consegnato anche un premio alla carriera a Nicola Piovani, Oscar per le musiche del film «La vita è bella». e le lodi pubbliche di Nanni Moretti, e voglio puntare su questo. C’è Ben Harper e per me è come quaranta Natali messi insieme. Lui è uno spirito libero. Ho tentato di spiegargli Sanremo, ma è difficile. Ho citato Nashville, ma non andava bene. Il nostro Festival è qualcosa di unico. Ma lui si fida di me…» E si è fidato bene. Perché Ben Harper, appena entra in contatto con il Festival, comincia a parlare come il suo amico italiano: «Mi sembra di essere immerso in una tradizione». Pure lui. Non solo. «Anche Bono, dopo la sua esibizione all’Ariston, mi disse di avere avuto la stessa sensazione», ricorda Jovanotti. E arringa: «Dobbiamo aiutare Baudo a far risalire lo share». Anche partecipando alla gara? «Non ho un divieto morale in tal senso. Se l’occasione fosse ghiotta dal punto di vista artistico mi butterei anch’io. La gara è il cuore di Sanremo, se non ci fosse non starebbe in piedi. Non sono convinto invece dal fatto di spalmare la gara: toglie ritmo. Se presenti i cantanti tutti in fila hai la possibilità di fare paragoni, ti appassioni di più». G. ATT.