Glioblastoma

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Glioblastoma
Glioblastoma
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Glioblastoma
Neurooncologia
Glioblastoma
Glioblastoma
Nell'immagine RM si noti l'anello di enhancement (la parte più evidente del tumore) intorno all'area centrale di necrosi.
Tumori del tessuto neuroepiteliale
└► Tumori astrocitari
└► Glioblastoma
ICD-O
[1]
:
9440/3
WHO grade: IV
Sinonimi:
Glioblastoma
multiforme,
Astrocitoma di grado IV
Acronimi:
GBM
Partecipa al Progetto:Medicina
Il glioblastoma (noto anche come glioblastoma multiforme o con la sigla GBM) è il tumore più comune e più
maligno tra le neoplasie della glia.
Il suo nome è stabilito dallo standard WHO-2000[2] e confermato dallo standard WHO-2007.
Composto da un eterogeneo mix di cellule tumorali astrocitiche scarsamente differenziate, il glioblastoma colpisce
soprattutto, ma non solo, gli adulti, e si presenta solitamente negli emisferi cerebrali; meno frequentemente si
localizza al tronco cerebrale o al midollo spinale. Come tutti i tumori cerebrali, salvo rarissimi casi, non si espande
oltre le strutture del sistema nervoso centrale.[3]
Il glioblastoma può svilupparsi da un astrocitoma diffuso (grado II) o da un astrocitoma anaplastico (grado III) (in tal
caso è detto secondario, vedi più oltre), ma più frequentemente si manifesta de novo, senza alcuna evidenza di
precedente neoplasia (è allora detto primario). Il trattamento del glioblastoma include chirurgia, radioterapia e
chemioterapia. Rari ma non nulli i casi di lunga sopravvivenza.
• Le varianti glioblastoma a cellule giganti e gliosarcoma sono descritte a voce propria.
• Un glossario, alla fine della voce, è previsto per i termini meno usuali. I rimandi sono in corsivo.
Glioblastoma
Cenni storici
Nella prima metà del XIX secolo il glioblastoma era considerato di
origine mesenchimale e quindi definito con il termine di sarcoma.[4]
Nel 1863 ne viene provata da Rudolf Virchow[5] l'origine gliale. F.B.
Mallory, in una memoria del 1914, propone il termine glioblastoma
multiforme.[6] Si deve però attendere il 1925 per una descrizione
compiuta della neoplasia, da parte di J.H. Globus e I. Strass.[7] A
quest’epoca la denominazione più comune del tumore è
spongioblastoma multiforme.[7] Nel 1926 una pubblicazione di P.
Bailey e H. Cushing ripropone con successo la dizione di Mallory.[8]
La Classificazione WHO del 2000 dei Tumori del sistema nervoso
fissa infine il nome a glioblastoma.[2] (Per un resoconto storico più
dettagliato si rimanda a K.J. Zülch[9] e a D.S. Russell e L.J.
Rubinstein[10] ).
Nello sviluppo del concetto che il glioblastoma talvolta emerge per
Rudolf Virchow, che riconobbe l'origine gliale
progressione e malignizzazione di una lesione di grado più basso, un
del tumore.
[11]
ruolo determinante hanno avuto gli studi di H.J. Scherer (1940)
e
J.W. Kernohan et al. (1949).[12] Questo punto di vista ha ricevuto un forte sostegno dagli studi di genetica
molecolare, i quali hanno mostrato che esiste una caratteristica accumulazione sequenziale di alterazioni geniche
dagli astrocitomi diffusi di grado II al glioblastoma (Vedi più oltre, sezione Patogenesi, Tabb. 1 e 2).
Epidemiologia
Il glioblastoma è il tumore cerebrale più frequente,[13] coprendo approssimativamente il 12-15% di tutte le neoplasie
intracraniche e il 50-60% di tutti i tumori astrocitari (Vedi Classificazione).[9]
Nella maggior parte dei paesi europei e del Nord America, l’incidenza è di 2-3 nuovi casi all’anno su 100.000
abitanti.[14]
Il glioblastoma può manifestarsi a qualsiasi età, ma di preferenza si presenta negli adulti, con un picco tra i 45 e i 70
anni.[15]
Circa i due terzi dei pazienti (70%) ha un’età compresa nell’intervallo suddetto. L’età media è di circa 53 anni, con un
rapporto Maschi/Femmine pari a 1,5:1. Questi ultimi dati provengono da un lavoro relativo a 1003 biopsie per
glioblastoma, a cura dell’Ospedale Universitario di Zurigo. Sono citati in P. Kleihues et al. (2000).[15] Dati simili
sono riportati da altri autori.[9]
In un lavoro relativo a 488 casi, G.J. Dohrman e altri[16] hanno evidenziato che sono pediatrici l'8,8% dei
glioblastomi.
Rari sono i casi di glioblastomi congeniti[17] , anche se diagnosi di glioma maligno tramite ecografia in utero[18] [19]
[20]
hanno mostrato che il glioblastoma prenatale può manifestarsi anche a 29 settimane di gestazione.[20]
I glioblastomi si presentano più spesso nella materia bianca subcorticale degli emisferi cerebrali. I siti più
frequentemente affetti sono il lobo temporale (31%), il lobo parietale (24%), il frontale (23%) e l’occipitale (16%).
La combinazione fronto-temporale è tipica. La neoplasia sovente si estende per infiltrazione alla corteccia adiacente,
ai gangli della base e quindi all’emisfero controlaterale. Questi dati provengono da un rapporto relativo a 987
glioblastomi, a cura dell’Ospedale Universitario di Zurigo. Sono citati in P. Kleihues et al. (2000).[15]
Glioblastomi intraventricolari sono eccezionali.[21] Glioblastomi del tronco encefalico sono poco frequenti, anche se
spesso riguardano i bambini.[16] Il cervelletto e la spina dorsale raramente sono affetti da questa neoplasia.[15]
2
Glioblastoma
Eziologia
Visione tradizionale
I tumori si formano in seguito a una crescita anormale e sregolata di cellule. Una volta che il cervello umano
completa il suo sviluppo, subito dopo la nascita, la vasta maggioranza delle sue cellule entra in uno stato di
quiescenza, nel quale non si dividono più. Unica eccezione a questa regola si ha quando si sviluppa un tumore.
Le cellule cerebrali tumorali riprendono il “ciclo cellulare” a causa di alterazioni in alcuni dei numerosi geni che
controllano la divisione cellulare e la crescita. Benché molto sia noto sulle alterazioni di questi geni nei tumori
cerebrali, la ragione prima per la quale insorgono le alterazioni è attualmente di fatto sconosciuta.[22]
Ereditarietà
Si osservi che quando si parla di geni, non vuol dire che i tumori cerebrali siano ereditari. Benché ci siano delle
sindromi nelle quali tali tumori presentano familiarità, queste situazioni (neurofibromatosi, sindrome di Turcot,
sindrome di Li-Fraumeni, ecc.) sono molto rare e normalmente note in famiglia prima che si sviluppi un tumore in
un membro familiare.[22]
Fattori di rischio
È ora il caso di soffermarsi sugli eventuali fattori scatenanti sinora individuati.
La radiazione ionizzante è l’unico inequivocabile fattore di rischio che sia stato identificato per le neoplasie gliali e
meningee. L’irradiazione del cranio, anche a basse dosi, può aumentare l’incidenza di tumori gliali di un fattore da 3
a 7 e di meningiomi di un fattore 10, con un periodo di latenza da 10 a più di 20 anni dopo l’esposizione.[23] [24]
Nessun’altra situazione ambientale o comportamento da parte del paziente è stata chiaramente identificata come
fattore di rischio.
Viene da più parti riportato che uso di telefoni cellulari, vicinanza a cavi di alta tensione, uso di coloranti per capelli,
trauma cranico, alimentazione contenente N-nitrosammine, ovvero altri fattori nutrizionali, tutti incrementano il
rischio di tumori cerebrali;[25] [26] [27] [28] tuttavia tali dati sono giudicati in conflitto e non convincenti.[29]
L'associazione tra tipo di occupazione professionale e comparsa di glioblastomi è stata oggetto di numerosi studi.
Lavoratori cronicamente esposti al cloruro di vinile, composti con base fenolica e idrocarburi aromatici sono risultati
soggetti più a rischio.[30] [31] [32] [33] [34]
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Glioblastoma
4
Cellule staminali neoplastiche del cervello
A partire dagli anni novanta studi prima sugli
animali e poi sull’uomo hanno mostrato che
all’interno del cervello c’è una continua
produzione di nuove cellule. In particolare nel
giro dentato dell’ippocampo e nella zona
subventricolare dei ventricoli laterali sono state
individuate delle cellule staminali neuronali
multipotenti, in grado cioè di produrre nuove
cellule indifferenziate (staminali) e cellule
mature,
quali
neuroni,
astrociti
ed
oligodendrociti.[35] [36] [37] [38] [39] [40] Sono
anche capaci di auto-rinnovamento, in tal modo
fanno sì che il numero totale delle cellule
rimanga costante.[41]
Ipotesi delle cellule staminali neoplastiche. La cellula in giallo è una
staminale tumorale. Per sconfiggere la malattia è necessaria una terapia
mirata per tale tipo di cellula.
D’altra parte, un filone della ricerca ha scoperto,
a partire dal 2002, che nei tumori cerebrali, in
particolare nei glioblastomi, esiste una gerarchia di cellule tumorali. Nel senso che una (piccola) parte del tumore è
fatta da cellule che hanno le stesse caratteristiche delle staminali neuronali, talché gli autori hanno coniato il nome di
cellule staminali neoplastiche del cervello (brain tumor stem cells).[42] [43] [44]
Sono queste il motore del tumore: riproducono in continuazione cellule staminali tumorali e cellule tumorali (non
staminali). E sono solo le ultime ad essere soggette agli attacchi delle terapie. Le staminali neoplastiche sono di fatto
refrattarie a radioterapia e chemioterapia, in quanto capaci di auto-riparare in tempo i danni effettuati dalle terapie
tradizionali, prima che i danni divengano irreversibili e tali da rendere inattiva la cellula.[45] [46] [47] [48] [49]
Basta quindi che una sola staminale cerebrale neoplastica sfugga alla chirurgia, perché si rimetta in moto il
meccanismo e si abbia una ripresa di malattia. (E sappiamo che il glioblastoma non è solo quello che si vede nella
risonanza o nel microscopio del chirurgo, ma cellule di esso sono infiltrate ben lontano dal letto operatorio.)
Si ipotizza che l’esistenza di queste cellule staminali neoplastiche del cervello emerga da un errore nella
autoregolazione delle staminali neuronali (auto-rinnovamento), di cui si è detto prima.[41]
Lo schema concettuale qui riportato in forma molto succinta, in letteratura prende il nome di "Ipotesi delle cellule
staminali neoplastiche". Tale schema è seguito dalla stragrande maggioranza dei ricercatori. Ciononostante esiste una
piccola ma agguerrita minoranza che tende a dare una spiegazione differente dei fenomeni descritti o a inserirli in
una cornice concettuale diversa.[50] [51] [52] [53] [54]
Patogenesi
Nel seguito viene riportata schematicamente (tramite un'esposizione tabellare) la sequenza di alterazioni genetiche
che conducono al glioblastoma, come descritta nelle due ultime edizioni della classificazione WHO dei tumori del
sistema nervoso centrale.[15] [55]
Distinguiamo due tipi di alterazioni:
• l'attivazione di fattori oncogeni:
1. EGF/R (Epidermal Growth Factor/Receptor, Fattore di crescita dell'epidermide)
2. MDM2 (L'oncoproteina Mouse Double Minute 2 promuove la sopravvivenza della cellula e la progressione del
ciclo cellulare inibendo l'oncosoppressore TP53[56] )
3. PDGF/R (Platelet-Derived Growth Factor/Receptor, Fattore di crescita derivato dalle piastrine)
Glioblastoma
5
• la disattivazione di fattori oncosoppressori:
1.
2.
3.
4.
5.
10p, 10q, 19q (Cromosomi)
DCC (Deleted in Colorectal Cancer tumor suppressor gene, Gene con delezione nel cancro del colon-retto)
p16 (Tumor suppressor gene/protein, Antigene tumorale cellulare)
TP53 (Tumor suppressor gene/protein, Antigene tumorale cellulare)
PTEN (Phosphatase and TENsin homolog è un oncosoppressore che controlla la crescita, la proliferazione e la
sopravvivenza cellulare. Dalla sua mutazione o inibizione può conseguire l’insorgenza di tumori, ad es., della
prostata, della mammella, del colon e del cervello.[57] [58] [59] )
6. RB (RetinoBlastoma tumor suppressor gene, Proteina del retinoblastoma)
La Tabella 1 (P. Kleihues e H. Ohgaki, 1999,[60] come riportata in P. Kleihues et al., 2000,[15] con modifiche
grafiche) è tratta dalla classificazione WHO del 2000 e mostra le mutazioni che avvengono da cellule sane al
glioblastoma.
Nella parte a sinistra si può vedere l'attivazione delle lesioni intermedie (astrocitoma diffuso e astrocitoma
anaplastico) prima di giungere al glioblastoma cosiddetto secondario (questo aggettivo qui non ha il significato
solito di metastatico bensì di derivato da precedenti lesioni). Nella parte a destra la tabella mostra le mutazioni che
dalle cellule sane portano direttamente (de novo) al glioblastoma, detto quindi primario.
(Tra parentesi è la percentuale di presenza della singola alterazione.)
[15]
Tab. 1 Alterazioni genetiche del Glioblastoma (2000)
Cellule astrocitiche differenziate ovvero precursori neuroepiteliali
Mutazione di TP53 (>65%)
Sovraespressione di PDGF-A, PDGFR-α
(~60%)
↓
Astrocitoma diffuso
Perdita di eterozigosi su 19q (~50%)
Alterazione di RB (~25%)
↓
Astrocitoma anaplastico
EGFR:
Amplificazione (~40%)
Sovraespressione (~60%)
MDM2:
Amplificazione (<10%)
Sovraespressione (~50%))
Delezione di p16 (30-40%)
Perdita di eterozigosi su 10p e
10q
Mutazione di PTEN (~30%)
Alterazione di RB
↓
Perdita di eterozigosi su 10q
Mutazione di PTEN (5%)
Perdita di espressione di DCC (~50%)
Amplificazione di PDGFR-α (<10%)
↓
Glioblastoma secondario
Glioblastoma de novo
La Tabella 2 (da P. Kleihues et al., 2007,[55] con modifiche grafiche) è tratta dalla Classificazione WHO del 2007.
Sono riassunti ulteriori anni di studi e di approfondimento.[61] [62]
Si osservi che l'asterisco (*) segnala alterazioni genetiche che sono significativamente differenti in frequenza tra
glioblastomi primari e secondari.
Glioblastoma
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[55]
Tab. 2 Alterazioni genetiche del Glioblastoma (2007)
Cellule astrocitiche differenziate ovvero precursori ovvero staminali
Mutazione di TP53
(59%)
↓
Mutazione di TP53
(59%)
↓
Astrocitoma diffuso
Astrocitoma diffuso
Mutazione di TP53
(53%)
↓
I
I
↓
5,1 anni
I
I
↓
Astrocitoma anaplastico
↓
1,9 anni
↓
Perdita di eterozigosi su 10q (63%)
Amplificazione di EGFR (8%)
Delezione di
(19%)
Mutazione di TP53 (65%)*
Mutazione di PTEN (4%)
↓
I
I
I
I
↓
<3 mesi (68%)
<6 mesi (84%)
I
I
I
I
↓
Perdita di eterozigosi su 10q
(70%)
Amplificazione di EGFR (36%)*
Delezione di
(31%)
Mutazione di TP53 (28%)
Mutazione di PTEN (25%)*
↓
Glioblastoma secondario
Glioblastoma primario
5% dei casi
Età media: 45 anni
Rapporto M/F: 0,65
95% dei casi
Età media: 62 anni
Rapporto M/F: 1,33
I collegamenti tra le due tabelle si possono desumere esaminando i riferimenti bibliografici indicati.
Un fatto però è necessario evidenziare. Un esame, anche superficiale di queste tabelle, porta alla conclusione che i
glioblastomi primari e secondari sono due malattie distinte (anche se istologicamente poco distinguibili), che
colpiscono gruppi di pazienti diversi per età e sesso e che si sviluppano attraverso cammini genetici diversi, con
diversi profili di espressione proteica e mRNA. Queste differenze sono importanti, specialmente in quanto possono
influenzare la risposta del tumore alla radio- e chemio-terapia e possono costituire il target di futuri approcci
terapeutici.[62]
Complicanze
Si riporta nel seguito un elenco sommario delle complicanze legate al glioblastoma, distinguendo quelle dovute alla
malattia da quelle più prettamente legate alle terapie.[63]
Molte di tali complicanze non sono comuni e un numero significativo di esse possono essere tenute sotto controllo
terapeuticamente in modo efficace.
• Complicanze legate al tumore:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Edema
Disturbi neurologici
Disturbi visivi
Idrocefalo
Gliomatosi leptomeningea
Deterioramento delle funzioni cognitive
Deterioramento dello stato psicologico (angoscia, ecc.)
• Complicanze legate alle terapie:
Glioblastoma
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1. Patologie legate alla chirurgia
1. Infezioni
2. Disturbi neurologici
3. Disturbi visivi
2. Patologie legate alla radioterapia
1. Disturbi neurologici
2. Disturbi visivi
3. Deterioramento delle funzioni cognitive
3. Patologie legate alla chemioterapia
1. Disfunzioni ematiche
1. Disturbi dell'apparato respiratorio
2. Diarrea
3. Spossatezza
4. Disturbi neurologici
4. Patologie legate ai farmaci anticonvulsivanti
5. Patologie legate ai farmaci antinfiammatori
6. Patologie legate ai farmaci citostatici
Anatomia patologica
Esame macroscopico
Nonostante la breve durata dei sintomi, i glioblastomi sono spesso
di grandi dimensioni al momento della presentazione e possono
occupare più di un lobo. La lesione è in genere monolaterale, ma
quelle del tronco cerebrale e del corpo calloso possono essere
bilateralmente simmetriche. Il tumore occupa la stessa posizione
nei due emisferi e si presenta con un aspetto "a farfalla".
L'estensione sopratentoriale bilaterale è dovuta a una rapida
crescita lungo le strutture mielinizzate, in particolare attraverso il
corpo calloso e lungo i fornici verso i lobi temporali.
I confini della massa neoplastica, che non è mai capsulata, sono
ovunque sfumati. Il colorito è grigiastro, ma si possono reperire
abbondanti variegazioni, provocate da necrosi o da emorragie più
o meno recenti, per cui sullo sfondo grigio compaiono aree
giallastre, per degenerazione grassa o per necrosi ed aree rossastre
o nerastre dovute alle emorragie.
La zona periferica di tessuto tumorale ipercellulare appare come
una morbida rima grigia. Il tessuto necrotico può anche bordare
strutture cerebrali adiacenti senza una zona intermedia tumorale
macroscopicamente rilevabile. La necrosi centrale può occupare
più dell'80% della massa totale del tumore.
I glioblastomi sono tipicamente punteggiati di macchie rosso e
marrone per le emorragie, le quali a volte sono abbastanza ampie
da provocare sintomi simili al colpo apoplettico, che può costituire
Glioblastoma non trattato. Esame macroscopico.
Glioblastoma trattato. Esame macroscopico.
Glioblastoma
il primo segno clinico del tumore.
Cisti macroscopiche, quando presenti, contengono un fluido torbido proveniente da tessuto tumorale necrotico
liquefatto, nettamente in contrasto con le ben delineate cisti di ritenzione degli astrocitomi diffusi di grado II.
La maggior parte dei glioblastomi degli emisferi cerebrali sono chiaramente intraparenchimali, con epicentro nella
sostanza bianca. Qualche volta la neoplasia si presenta come ampiamente superficiale e in contatto con leptomeningi
e dura madre e puà essere scambiata per un carcinoma metastatico ovvero per una lesione extra-assiale come il
meningioma.[4] [55]
Esame microscopico
Il glioblastoma è una neoplasia anaplastica della glia costituita da
cellule
tumorali
astrocitiche
scarsamente
differenziate,
polimorfiche, con marcate atipie nucleari e una intensa attività
mitotica. Caratteristiche peculiari ai fini diagnostici sono pure la
cospicua proliferazione microvascolare e la presenza di necrosi.
Come suggerisce l’aggettivo “multiforme” del sinonimo più
comune, la morfologia istologica del glioblastoma è estremamente
variabile, con cellule rotondeggianti, a forma di fuso, di
dimensioni pittosto piccole ovvero molto grandi.
Mentre alcuni glioblastomi mostrano un alto grado di
polimorfismo cellulare e nucleare, con numerose cellule giganti
plurinucleate, altri presentano una conformazione caratterizzata da
Glioblastoma. L’ipercromatismo e il pleomorfismo
intensa cellularità, ma piuttosto ripetitiva. La natura astrocitica
nucleare, lo sfondo fibrillare, aiutano a distinguere il
della neoplasia può risultare abbastanza facile da identificare,
glioblastoma dai tumori metastatici e dal linfoma.
almeno localmente, in alcuni tumori, ma difficile da riconoscere in
altri, a causa dell’alto grado di anaplasia. L’eterogeneita' da
regione a regione del glioblastoma è rilevante e rende un’impresa
difficile effettuarne la diagnosi su campioni limitati quali quelli
ottenuti tramite biopsia stereotassica[64] (Si veda l'illustrazione
nella sezione Chirurgia.). Quantunque prevalga la presenza di
cellule scarsamente differenziate, in alcuni punti possono essere
distinguibili astrociti neoplastici più differenziati. Questo è
particolarmente vero nei casi di glioblastoma derivante da
progressione di un astrocitoma diffuso (Grado II della scala
WHO). La transizione tra aree che ancora posseggono
differenziazione astrocitica riconoscibile e aree ad alta anaplasia
cellulare può essere continua o repentina. Una brusca variazione
nella morfologia riflette di solito la comparsa di un tumore
Glioblastoma. Le strutture epiteliali di tipo ghiandolare
diverso, nato per acquisizione di una o più alterazioni genetiche
o a nastro ricordano il carcinoma metastatico.
aggiuntive.[65]
Nel contesto della neoplasia si osservano vaste aree di necrosi,
circondate da nuclei disposti parallelamente tra loro, costituendo tipiche “palizzate”. Si riscontra una marcata
proliferazione di cellule endoteliali con formazione di numerosi vasi, alle volte con aspetto simile ad ammasso o
gomitolo. Alcuni hanno parete ialina e altri sono trombizzati. La proliferazione endoteliale comunque non è diffusa,
ma è focalizzata in alcuni punti. Attorno alla neoplasia si possono rinvenire aree di astrociti gemistocitici
(astrocitomi diffusi di grado II).[4] [55]
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Glioblastoma
Clinica
Segni e sintomi
La storia clinica della malattia normalmente è breve (meno di 3 mesi, in più del 50% dei casi), a meno che il tumore
non si sviluppi per progressione da un astrocitoma di basso grado (glioblastoma secondario; vedi più sopra la
sezione Patogenesi).
I sintomi del glioblastoma sono quelli (aspecifici) di una massa in espansione all'interno del cranio, quindi di una
crescente pressione endocranica. Comuni sono cefalea, nausea, vomito, dilatazione dei vasi cerebrali con alterazioni
della retina fino al papilledema, emiparesi, emianestesia, emianopsia, diplopia, afasia e crisi convulsive.
La percentuale di pazienti soggetti ad attacchi epilettici arriva sino ad un terzo.
Da segnalare infine sintomi neurologici non specifici quali l’obnubilamento della coscienza e modifiche della
personalità.[55]
Diagnostica per immagini e tumori cerebrali
La presenza di una neoplasia cerebrale può essere efficacemente rivelata attraverso la tomografia computerizzata
(TAC) e la risonanza magnetica nucleare (RM).
La RM presenta una maggiore sensibilità rispetto alla TAC nella
identificazione delle lesioni; tuttavia non è sempre di facile
accesso per il paziente e presenta alcune controindicazioni: non
può essere effettuata in portatori di pacemaker, di protesi
incompatibili con il campo magnetico, di clips metalliche ecc. La
Il Gadolinio è l'elemento chimico di numero atomico
64. Il suo simbolo è Gd. (Vedi Mezzo di contrasto per
TAC resta la metodica di elezione nella rivelazione di
RM)
calcificazioni interne alle lesioni o di erosioni ossee della teca o
della base cranica.
L’uso del mezzo di contrasto (iodato in caso di TAC, paramagnetico in caso di RM (gadolinio)), permette
l’acquisizione di informazioni sulla vascolarizzazione e sull’integrità della barriera emato-encefalica, una migliore
definizione del nodulo tumorale rispetto all’edema circostante e consente di avanzare ipotesi sul grado di malignità.
L’esame radiologico permette inoltre di valutare gli effetti meccanici (e le conseguenti modificazioni dei rapporti
delle strutture encefaliche) derivanti dalla presenza della massa “estranea”: idrocefalo ed ernie, i cui effetti possono
anche risultare letali.
L’esame, infine, in vista dell’intervento chirurgico, precisa la sede della lesione e la vicinanza (o addirittura il
coinvolgimento) del tumore in zone del cervello assolutamente vitali (aree cosiddette “eloquenti”). A questo scopo la
RM risulta superiore alla TAC per il fatto che è in grado di fornire immagini tridimensionali.[66]
Prima di chiudere questa sezione è utile richiamare l’attenzione su alcuni concetti e termini che risulteranno utili per
la comprensione di sezioni successive.
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Glioblastoma
10
Aspetto radiologico del tessuto neoplastico
Si vuole mettere in evidenza il fenomeno di alterazione dal punto
di vista radiologico del tessuto neoplastico rispetto al normale
parenchima cerebrale (modificazioni della densità elettronica dei
materiali in caso di TAC e dell’intensità di segnale per la RM).
Come la maggior parte dei tessuti patologici, anche i tumori sono
caratterizzati da un maggiore accumulo di acqua intracellulare.
Alla TAC appaiono ipodensi, ovvero di densità inferiore al
parenchima cerebrale, alla RM appaiono ipointensi nelle immagini
T1-pesate ed iperintensi in quelle DP- e T2-pesate. (Cfr. le voci
Tomografia computerizzata e Imaging a risonanza magnetica).[33]
[67]
Immagine TAC di cervello sano.
Contrast enhancement (aumento di segnale di contrasto)
In una lastra radiografica la zona di cervello sano non dovrebbe segnalare particolari luminescenze. E’ naturale
quindi che si ponga attenzione alle porzioni di maggior segnale di contrasto.
Nel tumore, in genere, la maggior quota di “contrast enhancement” è dovuta alla particolare barriera emato-tumorale,
che permette il passaggio di iodio (TAC) e di gadolinio (RM) nello spazio interstiziale extravascolare intratumorale:
aumenta così il segnale (densità o intensità) del tumore.
Si faccia comunque attenzione al fatto che il “contrast enhancement” non delimita con certezza il tumore dall’edema
perilesionale: in effetti nei gliomi infiltranti maligni (quali, ad es., il glioblastoma e l’astrocitoma anaplastico) il
reperto anatomo-patologico mostra tessuto neoplastico persino oltre l’edema vasogenico (quello cioè causato dalla
distruzione della barriera emato-encefalica da parte del tumore), cosa questa che non è facilmente dimostrabile
attraverso le immagini radiografiche.[33] [67]
Controllo post-chirurgico
Immagine RM di un glioblastoma ricorrente.
L'enhancement può essere dovuto a radionecrosi
piuttosto che a ripresa di malattia.
Il controllo post-chirurgico tramite RM (o TAC) ai fini della
determinazione della radicalità della rimozione di un tumore è
ritenuto opinabile nella letteratura: l’esame dovrebbe essere
eseguito entro 24 ore dalla chirurgia, prima cioè che si instaurino
le alterazioni della barriera emato-encefalica sostenute dai
fenomeni fibrotici-cicatriziali; in altre parole, la cicatrice
fisiologica ha un “contrast enhancement” che può facilmente
confondersi con un residuo o con una ricrescita di tumore.
Anche dopo trattamento radio-chirurgico, una radionecrosi (vedi
più sotto la sezione omonima) può presentare caratteristiche di
“imaging” e di “contrast enhancement” con aspetto quasi
sovrapponibile a quello di un glioma maligno. Solo mediante
metodiche funzionali come la tomografia ad emissione di positroni
(PET) con fluorodesossiglucosio (FDG-PET), la quale dimostra
una più elevata captazione di glucosio da parte del tumore rispetto
al tessuto sano, è possibile valutare l’assenza di metabolismo nelle
necrosi rispetto alla recidiva tumorale, (anche se è possibile che
Glioblastoma
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necrosi e recidiva coesistano).
In alternativa alla PET si può utilizzare l'analisi spettroscopica
mediante RM (Vedi Spettroscopia di risonanza magnetica nucleare
e Risonanza magnetica funzionale): nella “mappa” dei metabolici
di tale metodica è presente il picco della colina (Cho) che è
associato alla sintesi delle membrane cellulari: un alto picco è
indicativo di elevato turnover cellulare, come si verifica nei
tumori.[33] [67]
L'immagine PET risolve il quesito in favore di
presenza di tumore poiché mostra la zona altamente
luminosa, segno di intensa attività metabolica.
Diagnostica per immagini e Glioblastoma
La TAC evidenzia una lesione di morfologia irregolare,
prevalentemente ipodensa, fortemente disomogenea per la
presenza di vaste aree necrotiche di più netta ipodensità e di aree
solide iperdense. Queste ultime sono espressione di un rapido
accrescimento e conseguentemente di una elevata malignità.
Frequenti le zone emorragiche, variabili da piccoli foci a vaste
aree ematiche che possono coinvolgere l’intera lesione.
Caratteristica è la morfologia a "farfalla" se presente
l’interessamento di entrambi gli emisferi attraverso il corpo
calloso.
Dopo contrasto compaiono grossolani cercini di impregnazione
intorno alle aree necrotiche.
Alla RM la parte solida appare ipointensa in T1 e iperintensa in T2
con zone di segnale più elevato nelle parti a più forte cellularità.
Le aree necrotiche, sempre iperintense in T2, possono presentarsi
ipo-, iso- o iperintense in T1 in funzione del contenuto proteico o di prodotti di degradazione dell’emoglobina.
L’enhancement dopo mezzo di contrasto è in genere intenso ed irregolare alla periferia del tumore e identifica
soprattutto la componente cellulare “proliferativa” della neoplasia.
Comuni le aree puntiformi e serpiginose di assenza di segnale da flusso connesse alla presenza della ricca
neovascolarizzazione.
Questi
vasi
patologici
neoformati
sono
privi
di
barriera
Scansione TAC assiale (orizzontale) di encefalo sede di
glioblastoma (paziente 25-enne).
Glioblastoma
12
ematoencefalica: ciò spiega sia l’impregnazione abbondante e
grossolana sia l’edema vasogenico perilesionale (vedi la sezione
precedente) dovuto al passaggio di liquido in sede
extracellulare.[66] [67]
Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale si pone con: metastasi, emorragie
cerebrali spontanee, ascessi, forme atipiche di sclerosi multipla,
danno di barriera secondario a radioterapia.[66]
Diagnostica per immagini. Conclusioni
Scansione TAC coronale (frontale) del medesimo
tumore (paziente 25-enne).
Si può concludere arguendo che il primo passo da considerare
nella valutazione di un paziente nel quale si sospetti una neoplasia
cerebrale è la risonanza magnetica.
Tale esame sarebbe altresì da consigliare ad ogni paziente che
soffra di crisi epilettiche, per le quali non vi siano immediate e
plausibili giustificazioni.
Normalmente la risonanza rivela senza particolari difficoltà la
presenza del glioblastoma quale causa dei sintomi lamentati e non
sono necessari ulteriori esami.[68]
Trattamento
Nel trattamento del glioblastoma, come per qualunque altro
tumore cerebrale, distinguiamo le terapie di supporto dalle terapie
curative.[69] [70] [71]
Immagine RM sagittale di paziente di 15 anni affetto
da glioblastoma.
Immagine RM coronale dello stesso paziente
quindicenne.
Terapie di supporto
Il trattamento di supporto ha come scopo di alleviare i sintomi e di
migliorare le funzioni neurologiche del paziente. Gli agenti di
supporto primari sono i farmaci antiepilettici e i corticosteroidi.
Glioblastoma
Farmaci antiepilettici
I farmaci antiepilettici vengono somministrati a circa il 25% dei
pazienti che hanno avuto crisi epilettiche alla presentazione della
malattia. La fenitoina (300-400 mg/d) è il farmaco più
comunemente usato, ma carbamazepina (600-1.000 mg/d),
fenobarbital (90-150 mg/d) e acido valproico (750-1.500 mg/d)
solo ugualmente efficaci. Le dosi di tutti questi anticonvulsionanti
devono essere adattate ai livelli che si riscontrano poi nel sangue
del paziente, per fornire la massima protezione.
Similmente efficaci sono gli antiepilettici di nuova concezione,
quali levetiracetam, gabapentin, lamotrigina e topiramato. La
maggior parte di questi nuovi principi attivi hanno il vantaggio di
Acido valproico. Struttura chimica.
causare scarsi effetti collaterali di tipo cognitivo e, per il fatto che
non inducono il sistema epatico microsomiale, non alterano il
metabolismo dei chemioterapici. Questi nuovi anticonvulsivi stanno rapidamente sostituendo i farmaci classici nella
terapia antiepilettica di prima linea.[68]
Profilassi
Le sperimentazioni cliniche di tipo prospettico hanno dato risultati negativi nel tentativo di mostrare l’efficacia di un
uso profilattico dei farmaci antiepilettici in caso di pazienti di tumori cerebrali che non avevano mai lamentato crisi
epilettiche.
Di conseguenza, la letteratura medica ne sconsiglia l’uso per questo scopo eccetto che per il periodo relativo
all’intervento chirurgico, quando il loro utilizzo può ridurre l’incidenza di crisi epilettiche post-operatorie.
Nei casi quindi di pazienti che non hanno mai avuto crisi è consigliabile che gli anticonvulsivi non siano più
somministrati entro le 2 settimane dall’intervento.[68] [69] [72]
Corticosteroidi
I farmaci a base di corticosteroidi sono in grado di ridurre l’edema
peritumorale, diminuendo l’effetto massa della neoplasia e
riducendo la pressione endocranica. Come effetto immediato si
ottiene un sollievo al mal di testa e un miglioramento dei segni
“lateralizzanti” (vedi la sintomatologia descritta alla voce
epilessia).
Il corticosteroide di elezione è il desametasone, a motivo della sua
minima attività mineralcorticoide. La dose di partenza è di circa 16
mg/d. Tale quantità può essere aumentata o diminuita fino a
raggiungere la minima dose necessaria per tenere sotto controllo la
sintomatologia neurologica.
Desametasone. Struttura chimica.
L’uso prolungato di corticosteroidi è associato ad ipertensione,
diabete mellito, stato iperglicemico iperosmolare non chetosico (affezione a pericolo di vita), miopatia, aumento di
peso, insonnia ed osteoporosi. Talché nel paziente di tumore cerebrale la dose steroidea dev’essere ridotta
gradualmente “il più rapidamente possibile”, una volta che sia iniziato il trattamento curativo.
Per la maggior parte dei pazienti può essere cessata la somministrazione dei corticosteroidi all’epoca che hanno
completato la radioterapia.
Ai pazienti sotto steroidi per più di 6 settimane si consiglia una profilassi antibiotica per la polmonite da
pneumocystis carinii. Tale cura dovrebbe continuare per 1 mese dalla cessazione della somministrazione di
13
Glioblastoma
14
corticosteroidi.[68]
Terapie curative
Le terapie curative dei tumori cerebrali includono essenzialmente chirurgia, radioterapia e chemioterapia.
Il primo passo è, se possibile, di stendere un piano terapeutico generale che permetta di abbozzare la sequenza e i
singoli elementi del trattamento multidisciplinare.
Chirurgia
L’approccio chirurgico dev’essere scelto
accuratamente, allo scopo di ottenere la massima
asportazione possibile del tumore, preservando
le strutture vitali del cervello e minimizzando il
rischio di deficit neurologico postoperatorio.
Gli obiettivi dell’intervento chirurgico sono:
• ottenere un’accurata diagnosi istologica;
• ridurre l’effetto massa sul cervello causato dal
tumore e/o dall’edema peritumorale;
• se del caso, mantenere o ristabilire il flusso
del liquido cefalorachidiano;
• conseguire una (potenziale) guarigione
attraverso la rimozione “totale” della
Craniotomia. L’aracnoide è lo strato bluastro sottile sotto il quale si intravede
neoplasia (nel caso di glioblastoma,
il cervello. La dura madre è lo strato bianco sotteso dalle pinze gialle. Lo
l’operazione chirurgica molto raramente
strato seguente è il cranio e, per concludere, la pelle.
ottiene la guarigione, comunque riduce le
dimensioni del tumore in maniera tale da renderlo più gestibile da radio- e chemio-terapia).
Un’asportazione maggiore del 98% del volume del tumore (resezione “totale”) aumenta la sopravvivenza rispetto ad
una resezione subtotale o parziale. La resezione subtotale “estesa” non sembra conferire alcun vantaggio di
sopravvivenza rispetto alla biopsia o alla resezione parziale.[68] [73]
In caso di ripresentazione della malattia (e
questo avviene nella quasi totalità dei
glioblastomi), o di espansione della parte di
tumore rimasta dall’operazione chirurgica, o di
radionecrosi (Sia la ripresa di malattia che la
radionecrosi causano effetto massa ed edema e,
come detto in precedenti sezioni, non sono
distinguibili alla risonanza classica) si ricorre ad
un secondo intervento, per ridurre gli effetti della
massa neoformata sul parenchima cerebrale.
In situazione di ricorrenza difficilmente si
ottiene la guarigione, comunque ne consegue di
solito un miglioramento della qualità della vita e
una modesta estensione di sopravvivenza media.
In generale, un secondo intervento viene escluso
in pazienti con indice di Karnofsky (KPS)
Biopsia stereotassica. Si aspira una piccola parte del tumore tramite un ago in
un sistema sotto vuoto. La struttura intorno alla testa del paziente assicura il
corretto asse verso l'obiettivo. (Vedi sopra, Esame microscopico.)
Glioblastoma
15
inferiore o uguale a 60 o in quei pazienti che non sono candidabili a terapie adiuvanti successive alla chirurgia.[68]
[73]
Prima di concludere questa sezione val la pena di accennare a studi clinici che prevedono durante l’operazione
chirurgica la somministrazione intratecale di chemioterapici o immunoterapici ovvero di liquidi radianti. Questi studi
sono nella fase di prima sperimentazione.[74] [75] [76]
Il posizionamento sul letto operatorio di “wafers” impregnati di carmustina è l’unico caso di chemioterapia
intracavitaria attualmente (Settembre 2008) approvata dalla FDA (Food and Drug Administration) per il caso di
glioblastoma.[77] [78]
Radioterapia
La radioterapia, che normalmente viene effettuata dopo l’operazione chirurgica, riguarda la parte di encefalo
interessata dall’intervento oltre a un leggero margine esterno, e ha lo scopo di danneggiare il DNA di eventuali
cellule tumorali rimaste dopo l’operazione e sfuggite al chirurgo perché non visibili al microscopio (in quanto
infiltratesi più o meno distanti dalla zona dell’operazione).
Se la radioterapia riesce a danneggiare tali cellule prima che esse abbiano la possibilità di riparare il DNA e di
riprendere la moltiplicazione cellulare, il paziente ne guadagna in sopravvivenza.
Sperimentazioni cliniche sui gliomi di alto grado
(astrocitoma anaplastico, oligodentroglioma
anaplastico,
oligostrocitoma
anaplastico,
glioblastoma) effettuate dal BTSG (Brain Tumor
Study Group) statunitense hanno mostrato che la
radioterapia postoperatoria a dosi superiori a 50
Gy
fornisce
un
miglioramento
della
sopravvivenza rispetto a nessun trattamento
postoperatorio e che 60 Gy danno come risultato
una sopravvivenza significativamente più lunga
rispetto ai 50 Gy.[79] [80]
Questa quantità di radiazione corrisponde ad una
dose appena al di sopra di quella necessaria alla
formazione di radionecrosi, perciò si è scelto
come standard il trattamento radioterapico di 60
Gy complessivi somministrati in 30-33 frazioni,
una al giorno.[68] [80] [81]
Apparecchiatura per radioterapia.
Pazienti di glioblastoma di oltre 60 anni con una terapia abbreviata di 40 Gy in 15 frazioni mostrano sopravvivenza
identica a quella ottenuta col regime standard. Perciò è ragionevole per tali pazienti l’uso di tale trattamento
ridotto.[82]
Circa la metà dei pazienti con astrocitoma anaplastico “rispondono” alla radioterapia con 60 Gy (dato verificabile
tramite evidenza radiografica); la percentuale si riduce al 25% per i pazienti con glioblastoma. Per entrambe le
neoplasie casi di guarigione completa per radioterapia sono molto rari.[68]
Nel tentativo di migliorare i risultati sunnominati, sono stati messi a punto un certo numero di nuovi approcci, quali
la radioterapia iperfrazionata (HFRT), la brachiterapia (utilizzo di aghi radioattivi depositati direttamente), la
radiochirurgia. Quest’ultima ha goduto nel recente passato di un certo interesse, in quanto trattasi di procedura non
invasiva, da poter essere effettuata in certi casi anche in situazione di day-hospital. Richiede una selezione molto
accurata dei pazienti, in quanto, tra l’altro, necessita che la neoplasia non sia estesa bensì altamente focalizzata.
A parte casi particolari, queste nuove tecniche non hanno mostrato di migliorare significativamente la sopravvivenza
globale del paziente.[68] [80]
Glioblastoma
Radionecrosi
Si è già accennato in precedenti sezioni alla necrosi radioindotta. Questa complicanza è prodotta soprattutto dalla
brachiterapia e dalla radiochirurgia e determina la sintomatologia da effetto massa, più sopra descritta, in circa il
50% dei pazienti di glioma maligno. Con il trattamento con corticosteroidi si riesce spesso a controllare l’edema
circostante l’area radio-necrotica. Ciò, a lungo andare, a sua volta produce però dipendenza dagli steroidi, con tutte le
complicazioni dell’uso prolungato a cui si è fatto cenno (nella sezione dei Corticosteroidi). Nei casi più gravi occorre
far ricorso alla operazione chirurgica per rimuovere la massa necrotica.[68]
Chemioterapia
Anche la chemioterapia ha lo scopo di danneggiare l'organizzazione del DNA delle cellule tumorali, eventualmente
rimaste dopo l'operazione chirurgica e sfuggite alla radioterapia. Se il chemioterapico riesce a scardinare tale DNA,
la cellula tumorale passa in fase di "morte programmata" (apoptosi).
La chemioterapia apporta benefici limitati ai pazienti di
glioblastoma. Nelle sperimentazioni cliniche l’uso di nitrosuree
non ha allungato significativamente la sopravvivenza media in
tutti i pazienti, ma un sottogruppo di essi pare beneficiare di una
sopravvivenza prolungata con l’aggiunta di chemioterapia alla
radioterapia. Fattori prognostici quali l’età, l’indice di Karnofsy,
ecc. non riescono a predire quali pazienti trarranno vantaggi dalla
chemioterapia.[68] (Vedi però, più oltre, il caso della
temozolomide).
In una larga sperimentazione di fase III, i pazienti (con diagnosi di
glioblastoma e senza alcun trattamento radio- chemio-terapico
Temozolomide. Struttura chimica.
precedente) sono stati “randomizzati” per ricevere sola radioterapia
(gruppo
A)
oppure
radioterapia
con
contemporanea
somministrazione giornaliera del farmaco temozolomide, seguita da somministrazione mensile sempre di
temozolomide (gruppo B). Sul totale di 573 pazienti la sopravvivenza media è passata da 12,1 mesi (gruppo A) a
14,6 mesi (gruppo B). Ma, cosa ancor più significativa, la sopravvivenza a 2 anni è più che raddoppiata, passando da
10,4% del gruppo A a 26,5% per il gruppo B.[83]
Il trattamento in combinata radioterapia-temozolomide è risultato mediamente ben tollerato e con una tossicità
aggiuntiva minimale, talché questo protocollo è diventato lo standard terapeutico di elezione per di tutti i nuovi
pazienti di glioblastoma.[68]
Come prodotto collaterale dello studio di cui si diceva, è stata individuata una proteina tumorale (MGMT) in grado
di predire, con un’approssimazione utile nella pratica, quali pazienti beneficeranno del protocollo combinato. Questa
metodica è ancora in fase di prova da parte della comunità scientifica e qui viene solo citata per informazione.[84] [85]
[86]
Ricorrenza
Nonostante i (limitati) successi iniziali delle terapie, praticamente tutti i glioblastomi si ripresentano.
In tale situazione il paziente può essere sottoposto a una seconda operazione (se è nelle condizioni previste) ovvero
può beneficiare di tecniche radioterapiche focalizzate (radiochirurgia, se la neoplasia risponde ai requisiti visti prima.
Si osservi che non è possibile effettuare un secondo ciclo di radioterapia standard a 60 Gy.), oppure gli possono
essere somministrati chemioterapici diversi dalla temozolomide (a cui il paziente ”non risponde più”).[68]
16
Glioblastoma
17
Tipici chemioterapici di ricorrenza sono la procarbazina, le
nitrosuree, il melphalan, il carboplatino ed altri.
In studi clinici recenti hanno mostrato un’attività antitumorale di
interessante significatività l’utilizzo di mitoxantrone[87] e il
combinato di idrossiurea con imatinib mesilato.[88]
Altre sperimentazioni cliniche suggeriscono l’impiego di inibitori
dei recettori del fattore di crescita dell’epidermide[89] o l’utilizzo di
agenti anti-angiogenesi,[90] [91] [92] ovvero di terapie combinate di
radiofarmaci iniettati localmente insieme a chemioterapici pure
iniettati localmente.[93]
Mitoxantrone. Struttura chimica.
Cannabinoidi
Un discorso a parte meritano i cannabinoidi. Dei derivati della cannabis è nota l'efficacia in oncologia (attraverso
capsule di tetraidrocannabinolo (THC) ovvero l'analogo sintetico nabilone), da un lato per combattere la nausea e il
vomito indotti dalla chemioterapia, dall'altro per stimolare l'appetito e attenuare il senso di angoscia ovvero il dolore
vero e proprio.[94] [95]
Dimostrata è la loro capacità di inibire la crescita e l’angiogenesi nei gliomi maligni.[96] [97]
I risultati di uno studio pilota relativo all’uso di THC su pazienti (in fase terminale) affetti da glioblastoma ricorrente
sono apparsi meritevoli di approfondimento.[98]
Ma estremamente interessante è la scoperta (per ora confermata su animali) che i cannabinoidi sono in grado di
attaccare le cellule staminali neoplastiche del glioblastoma, col risultato da un lato di indurre la loro differenziazione
in cellule più mature (e quindi più “trattabili”) e dall’altro di inibire la tumorigenesi.[99]
Tutti questi studi e protocolli sono al vaglio della comunità scientifica.
Un obiettivo comunque inseguito è l'individuazione di una metodica pratica per caratterizzare le classi di pazienti per
le quali un protocollo dia i risultati migliori, in modo che assegnando il particolare paziente alla classe più opportuna
gli venga praticato il protocollo di maggior efficacia, utilità e minimo impatto.
Prognosi
Sperimentazioni cliniche “randomizzate” mostrano che la sopravvivenza media dopo la chirurgia, per pazienti in cura
con soli corticosteroidi è di 14 settimane, che salgono a 38 dopo la radioterapia.[100]
La chemioterapia allunga la sopravvivenza. Pazienti trattati con chirurgia, radioterapia e chemioterapia hanno una
sopravvivenza media di circa 1 anno.[68]
In realtà ogni paziente reagisce in modo diverso alle terapie, talché per il singolo le probabilità di sopravvivenza (nel
caso di trattamento completo, comprensivo di gestione della ricorrenza) risultano: 57% a 1 anno, 16% a 2 anni e 7%
a 3 anni.[101]
Dopo i 3 anni in letteratura si parla di "lunga sopravvivenza".
Uno studio molto citato riguardante 279 pazienti, che avevano ricevuto un trattamento completo aggressivo, riporta
che 5 di essi (l'1,8%) sono sopravvissuti oltre i 3 anni.[102]
Una informazione molto importante per i pazienti deriva da uno studio di Lin e altri. La probabilità di sopravvivere
per un altro anno, essendo già sopravvissuti di 1 anno, 2 anni, 3 anni, 4 anni, o 5 anni dopo la craniotomia è,
rispettivamente, del 64,8%, 58,7%, 85,7%, 80,0%, 75,0%.[103] [104]
Glioblastoma
Glossario
^ Anaplasia. Perdita della capacità di differenziazione, di organizzazione e di funzione normale, che si verifica nelle
cellule tumorali.
Dizionario Medico OK Salute [105]. URL consultato il 23 agosto 2008.
^ Aspecifico. Non specifico. In Medicina: Malattia aspecifica, dovuta a causa non specifica.
Il Grande Italiano di Aldo Gabrielli [106]. URL consultato il 2 ottobre 2008.
In questo contesto significa che i sintomi e segni elencati non sono specifici del glioblastoma, ma, in generale, fanno
la loro comparsa per altre e diverse cause.
^ Atipia. Condizione di ciò che presenta caratteristiche diverse da quelle considerate normali, oppure caratteristiche
non conosciute. In particolare, il concetto di atipìa, è riferito a tutte le differenze di ordine morfologico e biochimico
che distinguono le cellule tumorali da quelle normali (aumento delle dimensioni e della colorabilità del nucleo ecc.).
Dizionario Medico OK Salute [107]. URL consultato il 23 agosto 2008.
^ Eterogeneità. Compresenza di elementi di diverso genere nella formazione di un ente unitario.
Sabatini-Coletti. Dizionario della Lingua Italiana [108]. URL consultato il 23 agosto 2008.
^ Ialino. Di organo, struttura anatomica e sim., di aspetto e consistenza vetrosa, semitrasparente; degenerazione
ialina: processo patologico che determina tale aspetto nei tessuti.
De Mauro. Il dizionario della lingua italiana [109] (archiviato dall'url originale). URL consultato il 23 agosto 2008.
^ Ipercromatismo. Colorazione intensa dei nuclei con cromatina nucleare addensata.
Università di Roma, Dispense di Istologia Oncologica [110]. URL consultato il 23 agosto 2008.
^ Mitosi. Divisione cellulare asessuata che dà origine a due cellule identiche fra loro e alla progenitrice.
Dizionario Medico OK Salute [111]. URL consultato il 23 agosto 2008.
^ Pleiomorfismo (o polimorfismo). Caratteristica di alcune cellule, che possono assumere diversità di forme con il
mutare delle condizioni ambientali.
Dizionario Medico OK Salute [112]. URL consultato il 23 agosto 2008.
^ Plurinuclearità. Presenza di più nuclei nella stessa cellula. pluri- primo elemento di parole composte, che indica
molteplicità, pluralità o quantità superiore al normale: pluricellulare, pluridecorato, plurinominale, plurisecolare.
Il Grande Italiano di Aldo Gabrielli [113]. URL consultato il 2 ottobre 2008.
^ Proliferazione microvascolare. In questo contesto si riferisce alla formazione di nuovi vasi sanguigni per fornire
ossigeno e fattori nutritivi alle cellule tumorali.
^ Rima. Fenditura, orifizio.
Il Grande Italiano di Aldo Gabrielli [114]. URL consultato il 2 ottobre 2008.
^ Sopratentoriale/Infratentoriale. Sopratentoriale significa "sopra il tentorio", ovvero "ovunque sopra il cervelletto
o tronco encefalico". Infratentoriale significa "sotto il tentorio", cioè "nel cervelletto o nel tronco encefalico".
^ Trombizzato. Occluso da un trombo. Trombo. Massa solida derivante dalla coagulazione del sangue e dalla
deposizione di alcuni elementi di questo, che si forma nei vasi sanguigni o nelle cavità cardiache in diverse
condizioni patologiche.
De Mauro. Il dizionario della lingua italiana [115]. URL consultato il 23 agosto 2008.
18
Glioblastoma
Note
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[3] A. Templeton, S. Hofer, M. Topfer, A. Sommacal, C. Fretz, T. Cerny, S. Gillessen (20 marzo 2008). Extraneural Spread of Glioblastoma Report of Two Cases (http:/ / content. karger. com/ produktedb/ produkte. asp?typ=fulltext& file=000118627). Onkologie 31 (4): 192-194.
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[12] (EN) Kernohan JW, Mabon RF, Svien HJ, Adson AW (1949). A simplified classification of gliomas. Proc Staff Meet Mayo Clin 24:71-75
[13] Il glioblastoma è il tumore più comune che colpisce il cervello. Si notino al proposito i dati riportati nella Tabella 1 della voce
Neuro-oncologia. Il meningioma, più frequente del glioblastoma, è un tumore (normalmente a istologia benigna), che origina nell'aracnoide
(che ricopre il cervello e il midollo spinale), comprime ma raramente invade il cervello. A rigor di termini non è un tumore cerebrale. Allo
stesso modo dei tumori delle ghiandole pituitaria e pineale, le quali non fanno strettamente parte del cervello, ma risiedono nella cavità tecale.
In effetti i tumori che si sviluppano nella teca andrebbero meglio denominati come tumori intracranici. (Si veda al proposito: DeAngelis LM,
Gutin PH, Leibel SA, Posner JB (2002). Intracranial Tumors: Diagnosis and Treatment. Informa Health Care. ISBN 1-901865-37-1.)
[14] (EN) Lantos PL, VandenBerg SR, Kleihues P (1996). Tumours of the Nervous System. In: Greenfield’s Neuropathology, Graham DI, Lantod
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[15] (EN) Kleihues P et al (2000). Glioblastoma. In Kleihues P, Cavenee WK, eds (2000). Pathology and genetics of tumours of the nervous
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Voci correlate
• Classificazione dei tumori del sistema nervoso centrale
• Gradazione dei tumori del sistema nervoso centrale
• Neurooncologia
Altri progetti
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Collegamenti esterni
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• Revista de neurologia (http://www.revneurol.com/)
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I lavori di rilevanza in materia pubblicati altrove (Cancer, JAMA, JCO, NEJM, ecc.) sono normalmente segnalati
dalla newsletter elettronica
• Current Neuro-Oncology (http://www.brainlife.org/current-neurooncology.htm)
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Fonti e autori delle voci
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Fabio.gastone, Ginosal, Giovanni Camporeale, Giulioanichini, Glioblastoma, Gliu, Guidomac, Henrykus, Ithunn, Jalo, Larry Yuma, Llorenzi, Malemar, Marcol-it, Marko86, Massimo Macconi,
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