Scienze e Ricerche Scienze e Ricerche

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Scienze e Ricerche Scienze e Ricerche
ISSNISSN
2283-5873
2283-5873
Scienze e Ricerche
SR
MENSILE - N. 8 - GIUGNO 2015
8.
8.
Scienze SRe Ricerche
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8. Sommario
55
COPERTINA
LUCIANO CELI
L’informatica, il web e la guerra
7
GAETANO OLIVA
Il ruolo dei militari nella crisi di un regime. Cile 1970-1973
FRANCESCO MANFREDI E MICHELE SAVIANO
Responsabilità e scelte morali: elementi per una bioetica valdese ALESSIO RUSSO
Le avventure del dottor G nei labirinti della mente
STEFANIA SANTAMARIA
Sport: dai valori al doping
ROBERTO TOSCANO
Ricerca scientifica e documentazione online: Mars-500 Project
ANTONIO TRINCONE
Le avventure chimiche di Sherlock Holmes
53
pag.
5
pag. 7
pag. 38
pag. 50
pag. 53
pag. 59
pag. 67
COMUNICAZIONI
L’edizione 2015 del Premio Nazionale di Divulgazione
Scientifica bandito dall’Associazione Italiana del Libro pag. 72
RICERCHE
SERGIO FERRO
Un approccio di disinfezione aspecifico che mima il sistema
immunitario dei vertebrati
pag. 73
CESARIO BELLANTUONO
Antidepressivi in gravidanza e rischio di malformazioni: quali
evidenze dalla ricerca clinica?
pag. 77
ANDREA CANDELA
121
n. 8, giugno 2015
Ethical Implications and Theories of Discount Rate in Climate
Change Issues
pag. 80
MAURO GIARDIELLO
L’adolescenza come generazione nell’epoca dell’individualizzazione:
appartenenza e nuove identità
pag. 85
3
N. 8 - GIUGNO 2015
ISSN 2283-5873
Scienze e Ricerche
n. 8, giugno 2015
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Paola Magnaghi-Delfino, Giuseppe Morello, Annamaria Muoio, Andrea
Natali, Marcello Pelillo, Marco Rigoli, Carmela Saturnino, Roberto Scandone, Franco Taggi, Benedetto Tirozzi, Pietro Ursino
• Scienze biologiche e della salute:
Riccardo N. Barbagallo, Cesario Bellantuono, Antonio Brunetti, Davide
Festi, Maurizio Giuliani, Caterina La Porta, Alessandra Mazzeo, Antonio
Miceli, Letizia Polito, Marco Zaffanello, Nicola Zambrano
• Scienze dell’ingegneria e dell’architettura:
Orazio Carpenzano, Federico Cheli, Massimo Guarnieri, Giuliana Guazzaroni, Giovanna La Fianza, Angela Giovanna Leuzzi, Luciano Mescia,
Maria Ines Pascariello, Vincenzo Sapienza, Maria Grazia Turco, Silvano
Vergura
• Scienze dell’uomo, filosofiche, storiche e letterarie:
Enrico Acquaro, Angelo Ariemma, Carlo Beltrame, Marta Bertolaso, Sergio Bonetti, Emanuele Ferrari, Antonio Lucio Giannone, Domenico Ienna, Rosa Lombardi, Gianna Marrone, Stefania Giulia Mazzone, Antonella
Nuzzaci, Claudio Palumbo, Francesco Randazzo, Luca Refrigeri, Franco
Riva, Mariagrazia Russo, Domenico Russo, Domenico Tafuri, Alessandro
Teatini, Patrizia Torricelli, Agnese Visconti
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Giovanni Borriello, Marco Cilento, Luigi Colaianni, Riccardo Gallo, Agostina Latino, Elisa Pintus, Erica Varese, Alberto Virgilio, Maria Rosaria
Viviano
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SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | COPERTINA
L’informatica, il web e la guerra
LUCIANO CELI
Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per i Processi Chimico-Fisici, Pisa
L
1. LE ORIGINI
eggere la storia che ha portato alla nascita del
web per come la conosciamo oggi – una rete
globale che collega (potenzialmente) tutto
il mondo – è quasi come leggere la pagina
di una moderna mitologia. Il progetto nasce
in ambito militare su impulso del Dipartimento della Difesa
degli Stati Uniti nel 1969 e il suo nome originario, Arpanet,
già conteneva il suffisso “-net” che, rubato il fuoco agli dei
militari per portarlo ai comuni mortali, sarebbe rimasto come
il seme – “net” sta per “network”, rete appunto – del più imponente progetto collaborativo dell’umanità: internet.
Un progetto militare diventa quindi civile e pacifico, di cooperazione e collaborazione, anche se è chiaro che le guerre
di oggi e quelle future si combatteranno anche attraverso la
rete. Anzi: l’esito stesso della Seconda Guerra Mondiale già
prefigurava uno scenario del genere: a suggerirlo è la para-
digmatica storia di Alan Turing, il matematico che inventò una macchina – un vero e proprio calcolatore chiamato
“The Bomb” dalla potenza di un “pentium 5”, grande però
quasi quanto una stanza – necessaria a decrittare i messaggi di guerra nazisti cifrati mediante “Enigma”, una macchina che diede gran filo da torcere al gruppetto che si costituì
a Bletchley Park proprio intorno ad Alan Turing. Le onde
radio con le quali i sottomarini nazisti comunicavano sono
diventate mutatis mutandis i pacchetti di zero e uno che passano dai router di tutto il mondo.
Ma facciamo un passo indietro: Arpanet viene progettata
per essere resistente agli attacchi esterni e, nel peggiore dei
casi, nucleari. L’idea è che se un nodo di questa rete fosse
stato fisicamente distrutto, i dati si sarebbero dovuti instradare su altri nodi, magari più lontani, per giungere comunque
a destinazione. Questa caratteristica, chiamata resilienza, è
stata ereditata in pieno dall’attuale internet.
Ma perché allora si temono gli attacchi sul web? La que-
5
COPERTINA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
stione è in qualche modo storica: la rete è passata da un uso
miliare a un uso civile che però in un primo momento è stato
sostanzialmente scientifico-accademico e quindi con le stesse caratteristiche di concepimento iniziali: quelle di una rete
chiusa. Temere attacchi “esterni” quindi era comprensibile e
lecito, tanto che inizialmente la rete non ha sviluppato protocolli di sicurezza interni come l’autenticazione e verifica delle utenze: i problemi si sono quindi avuti con il boom di internet per come lo conosciamo oggi e per come si svilupperà
in futuro. È difficile immaginare oggi un attacco “esterno”:
la rete comprende e pervade quasi tutto ormai. Con l’introduzione dell’internet protocol versione 6 (IPv6) l’idea è quella
di fornire un indirizzo IP non solo a tutti i nostri dispositivi portatili “classici” (pc, tablet, telefoni cellulari), ma di
estenderli in primo luogo ai dispositivi di casa (lavatrici, tv,
frigorifero, lavastoviglie) integrando in un solo colpo quella
che fino a questo momento era stata una disciplina secondaria o comunque poco nota: la domotica. E, in definitiva,
allargando ancora il concetto, immaginare una rete “internet
delle cose”, dove dispositivi disomogenei “parlino” in effetti
tra loro.
2. L’INFORMATICA E LA GUERRA: QUALCHE
(MALDESTRO) 007 E IL CASO STUXNET
Il caso, già noto agli addetti ai lavori, salì agli onori delle
cronache per essere letteralmente sfuggito di mano ai programmatori informatici. Partiamo dall’inizio: il governo de6
gli Stati Uniti, temendo la politica estera iraniana e la capacità di dotarsi di armamenti nucleari da parte di quel governo, nell’ambito dell’operazione “Giochi Olimpici” iniziata
da Bush nel 2006, pianificò un’ondata di “attacchi digitali”
contro l’Iran. In particolare l’attacco venne condotto in collaborazione col governo Israeliano alla centrale nucleare di
Natanz.
Scopo dell’attacco era sabotare la centrifuga della centrale, responsabile della produzione di acqua pesante, tramite
l’esecuzione di specifici comandi da inviarsi all’hardware di
controllo della centrifuga stessa, responsabile della velocità
di rotazione delle turbine. L’hardware era prodotto dalla tedesca Siemens e per i paesi occidentali non fu difficile venire
a conoscenza delle caratteristiche della macchina e delle sue
vulnerabilità software.
Come si è arrivati a conoscere questa storia? Il problema
è stato un errore di programmazione nel virus stesso che ne
ha permesso la propagazione alle aziende fornitrici e partner
del programma atomico iraniano: il fatto che fosse così
“selettivo” lo ha reso identificabile dai servizi di intelligence
dei paesi d’origine delle aziende colpite dal virus, rendendo
il caso di pubblico dominio e creando un incidente diplomatico.
Ma in tempi più recenti il binomio web e guerra è tornato
alla ribalta in altro modo: l’utilizzo per la propaganda e la
promozione di un conflitto. Il caso, sotto gli occhi di tutti,
è quello dello “Stato Islamico”. Uno scenario che sembrava
fantascienza e invece è realtà.
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | STORIA
Il ruolo dei militari nella crisi di un
regime. Cile 1970-1973
GAETANO OLIVA
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Istituto Universitario “Carolina Albasio” di Castellanza (VA)
PREMESSA
Q
uesto lavoro intende analizzare come e perché le
Forze Armate cilene, “costituzionaliste” e tradizionalmente apolitiche, assunsero il potere nel
1973.
Inoltre vuole spiegare il ruolo tradizionale avuto dalle
Forze Armate cilene, secondo la Costituzione del 1925 e il
relativo ordinamento giuridico, e le relazioni delle Forze Armate col potere civile, rilevando la loro apparente apoliticità
e mettendo in risalto le norme legislative che regolano tali
relazioni.
Il 9 ottobre 1969 i rappresentanti dei partiti comunista, socialista, radicale, del MAPU (Movimento d’azione popolare
unitaria – l’ala cosiddetta “rebelde” della DC), del piccolo
Partito socialdemocratico e di un raggruppamento d’indipendenti di sinistra (API), si incontrarono nella sede del
Partito socialista e crearono un comitato di coordinamento
incaricato di elaborare un programma e di trovare un accordo per la presentazione di un candidato comune alle elezioni
presidenziali del 1970. Qualche mese dopo, il 17 dicembre
1969 fu comunicato il programma con cui la coalizione delle sinistre (UP – Unidad Popular) intendeva presentarsi allo
scontro elettorale. Il manifesto politico di UP si apriva con la
seguente dichiarazione:
Il programma di Unità Popolare
Il potere popolare. — I cambiamenti rivoluzionari di cui il paese ha
bisogno potranno essere realizzati soltanto se il popolo cileno prenderà il potere e lo eserciterà effettivamente.
Il popolo cileno ha conquistato, attraverso un lungo processo di lotte,
determinate libertà e garanzie democratiche la cui difesa richiede una
costante vigilanza e lotta. Ma non ha conquistato il potere.
Le forze popolari e rivoluzionarie non si sono unite per lottare per
la semplice sostituzione di un presidente della repubblica con un altro, né per rimpiazzare al governo un partito con un altro, bensì per
realizzare i cambiamenti di fondo che la situazione nazionale esige
contando sul trapasso del potere dagli antichi gruppi dominanti ai lavoratori, ai contadini e ai settori progressisti delle classi medie delle
città e delle campagne.
Il trionfo popolare aprirà così la via al regime politico più democratico
della storia del paese.
In materia di struttura politica il governo popolare ha il duplice compito di:
- preservare e rendere più effettivi i diritti democratici e le conquiste
dei lavoratori;
- trasformare le attuali istituzioni per fondare un nuovo Stato in cui i
lavoratori e il popolo abbiano l’esercizio reale del potere.1
Le forze popolari avevano come scopo della loro politica
quello di rimpiazzare la struttura economica esistente, mettendo fine al potere del capitale monopolistico nazionale e
straniero per avviare la costruzione del socialismo in Cile.
Dopo laboriose trattative per la scelta di un candidato presidente comune, la coalizione di UP il 22 gennaio 1970 scelse il nome di Salvador Allende già candidato per il partito
socialista nelle elezioni del 1958 e del 1964.
Le lezioni del 4 settembre 1970, che si svolsero dopo una
campagna elettorale particolarmente accesa, decretarono la
vittoria di stretta misura di Unidad Popular e del suo candidato Salvator Allende. Un fatto nuovo e per molti versi unico
nella storia politica, non solo del Cile. Per la prima volta,
infatti, un presidente espressione di una coalizione di forze
di sinistra, era stato portato al potere da una vittoria elettorale ottenuta sulla base di un programma di radicali riforme
strutturali. Ma secondo la Costituzione cilena del 1925, non
avendo nessun candidato ottenuto la maggioranza assoluta
dei voti, spettava al Congresso scegliere, entro 50 giorni, fra
i due candidati che avevano ottenuto il maggior numero di
consensi.2
La borghesia cilena e una parte della DC con a capo il presidente uscente Frei erano state colte di sorpresa dalla vittoria di Allende e reagirono con estrema durezza e aggressivi1 Programma di Unità Popolare in AA.VV., Il Cile. Saggi, documenti,
interviste, Roma, Editrice «Il Manifesto», 1973, p. 244.
2 Nel Congresso le forze politiche erano così ripartite: DC 75 fra deputati
e senatori, UP 80, Destra 45.
7
STORIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
tà. Nei due mesi che separarono le
lezioni dalla ratifica del Congresso,
la destra usò tutte le armi possibili
per impedire le elezioni di Allende, compresa quella del terrorismo
economico. Iniziò una campagna
coordinata di sabotaggio economico: furono prelevati dalle banche
cilene e trasferiti all’estero 650 milioni di escudos, migliaia di capi di
bestiame attraversarono l’Argentina nel sud del paese, molte imprese
rallentarono la produzione, sospesero le vendite a credito, arrestarono l’acquisto di materie prime e
di pezzi di ricambio, sospesero dal
lavoro gli operai. Tale campagna
trovò ampia risonanza su tutta la
stampa conservatrice che cercò con
ogni mezzo di diffondere il panico
nell’opinione pubblica e di ingene- Salvador Allende
rare una sorta di psicosi collettiva
circa le conseguenze disastrose che
avrebbe avuto per l’economia cilena l’avvento di un governo
socialista. Si tentava con questi mezzi di esercitare pressioni
sulla DC e sulle Forze Armate, incitandole a impedire l’elezione di Allende.3
A tale proposito sono indicative le parole del Generale
Schneider Comandante in Capo dell’Esercito cileno:
Esa intervención en política esta fuera de todas nuestras doctrinas.
Somos garantes de un proceso legal en el que se funda toda la vida
constitucional del país. Por ello no se puede permitir que se realicen
tales actividades. Es nuestra doctrina garantizar la estabilidad interna
y a ello deben tender todos nuestros esfuerzos y es una razón poderosa por la cual no debemos tener preferencia por ninguna tendencia,
candidatura o partido.
[…]
Insisto en que nuestra doctrina y misión es de respaldo y respeto a
la Constitución Política del Estado. De acuerdo con ella el Congreso
dueño y soberano en el caso mencionado y es misión nuestra hacer
que sea respetado en su decisión.
Si se producen hechos anormales nuestra obligación es evitar que ello
impidan que se cumpla lo que indica la Constitución. El Ejército va a
garantizar el veredicto constitucional.4
8
nale ed esse diventano “i protettori
armati” della nazione.
Su misión durante la paz es contribuir al
progreso general y a la instrucción de las
clases menos preparadas, a la vez que garantir el funcionamiento de las instituciones y el respeto a las leyes siendo en caso
de guerra el mejor exponente de la virilidad del país y el firme baluarte en que ha
de estrellarse la ambición y la audacia de
los que pretenden desconocer sus derechos
u hollar su libertad.5
I concetti di “difesa del territorio” e di “protettori armati della nazione” sono equivoci. Il territorio
nazionale, senza i relativi abitanti,
è una specie di recipiente vuoto e
può non avere un rilevante valore
umano. A sua volta il concetto di
“nazione” può essere un’astrazione, se si prescinde dal popolo che
le dà concretezza e valore; e in
questo modo le parole “protettori
armati della nazione” possono essere una frase vuota.
Di fatto nelle nazioni democratiche la difesa del territorio
nazionale coincide con la difesa degli interessi, soprattutto
economici, delle classi dominanti.
A tale proposito si è voluto osservare le origini e l’evoluzione delle Forze Armate cilene e delle loro istituzioni e in
particolar modo la loro ideologia, trattando inoltre i problemi
di difesa nazionale del Cile e l’uso delle risorse.
El desarrollo material de las Fuerzas Armadas, de su equipamiento,
le su poderío bélico, estaba fuertemente exigido por la inercia de su
propio proceso de modernización. Su modernización constante dependía enteramente, in embargo, de las posibilidades de equipamiento
provenientes de la producción bélica de los países industriales desarrollados. En este sentido, el desarrollo que ellas alcanzaban no estaba
sustentado en la producción interna, en el desarrollo de las fuerzas
productivas nacionales, y tendía, por tanto, a crearse un hiato entre
la modernización castrense y el desenvolvimiento de las fuerzas productivas internas. Este no se expresaba en el desarrollo de las Fuerzas
Armadas. Mas bien, el nivel alcanzado por ellas expresaba una situación divorciada respecto de su base material en la sociedad: “con sus
cascos en punta, sus monóculos y sus mostachos, pero sin industria
pesada y sin mercados de capitales extranjeros por conquistar”.6
In tutte le nazioni o stati che possiedono un ordinamento
economico, sociale e politico democratico, il ruolo delle Forze Armate si fonda sul concetto di difesa del territorio nazio-
Le Forze Armate di ogni società civile, organizzata secondo lo schema dei moderni stati democratici, hanno avuto la
3 Il 24 ottobre 1970 il Congresso cileno eleggeva Allende Presidente
con 153 voti contro i 35 a Alesandri candidato delle destre. Il martedì 3
novembre Allende assumeva ufficialmente la carica insieme al governo
da lui nominato.
4 Internista al Comandante in Capo dell’esercito cileno il Generale
René Schneider riportata dal giornale «El Mercurio» l’8 maggio 1970. Il
contenuto di tutta l’intervista fu definita dalla stampa dell’epoca la “Dottrina
Schneider”. Il fondamento di tale dottrina si basa sulla interpretazione del
concetto di subordinazione delle Forze Armate al potere civile, in uno
stato di diritto, cioè le istituzioni armate sono professionali, gerarchizzate,
disciplinate, obbedienti e non deliberanti.
5 Augusto Varas, Felipe Agüero, El Desarrollo Doctrinario de las
Fuerzas Armadas Chilenas, Ed. Andres Bello, Santiago, 1979, p. 3. Le
considerazioni riportate dagli autori sono tratte da una conferenza dal
titolo La Defensa Nacional, tenuta presso l’Università del Cile nel 1917
dal Colonnello dell’esercito cileno Mariano Navarrete. Successivamente
pubblicata nel «Memorial del Ejército», n. 358, novembre-dicembre 1970.
6 Augusto Varas, Felipe Agüero, Fernando Bustamante, Chile
Democrazia Fuerzas Armadas, Santiago, FLACSO, 1980, pp. 31-32. Le
frasi comprese tra le “” sono state riportate da Alain Joxe, Las Fuerzas
Armadas en el sistema politico chileno, Santiago, Ed. Universitaria, 1970,
p. 51.
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | STORIA
fondamentale funzione di difendere gli interessi delle classi
dominanti e sono state sempre i difensori armati di tali interessi.
El desarrollo del hombre en el cuartel aumenta triplemente el capital
hombre: el desarrollo físico, (más resistencia para el trabajo y mayores horas para producir), desarrollo intelectual (mejor calidad de
producción y mayor producción), desarrollo moral (más honradez
para producir, exactitud en el trabajo, etc.). Todo redunda a favor de
la producción, cuyo aumento es auge económico. El Ejército con su
existencia, da seguridad a la industria y al comercio que pueden desarrollarse tranquilamente.7
Nel 1970 in Cile fu eletto un governo costituito da un’alleanza di forze politiche di Unità Popolare. Nel testo si cercherà di spiegare la politica e gli avvenimenti del governo
di Unidad Popular: esaminando gli eventi cileni tra il 1970
e il 1973, tracciando semplicemente il loro contesto storico
politico e i passi tattici fatti dai diversi settori della società
cilena, evidenziando come il corpo dei capi militari cileni
sia passato dall’apparente apoliticità al decisivo intervento
armato contro il legittimo potere di UP.
Considerábamos la neutralización del Ejército, su no intervención
contra el movimiento popular, como condición necesaria y suficiente
para la conquista del Gobierno, como ocurrió efectivamente. Luego,
con el Gobierno en las manos, pensábamos que seriamos capaces de
modificar el carácter de las FF. AA., contando con una correlación
de fuerzas favorables en el país y apoyándonos en los sectores democráticos de las instituciones militares. Esta concepción se mostró
insuficiente. De hecho, aunque tenía en cuenta el carácter de clase de
las FF. AA., lo subvaloraba.8
In una nazione democratica che possiede un esercito efficiente, viene a determinarsi un “assurdo storico” nel momento in cui il relativo ordinamento economico, sociale e politico
è radicalmente modificato. Anche se molti capi militari erano
pienamente convinti del rispetto per la Costituzione e per la
suprema autorità legittimamente costituita, la loro devozione
a essa e la loro cieca e militaresca obbedienza al Capo dello
Stato furono messe in crisi dall’incalzare degli eventi.
Aún así, desafortunadamente, tenemos grupos de ciudadanos que, al
margen de la ley, tratan de quebrar nuestra Institucionalidad, creando
en menor o mayor medida, angustias, dudas e intranquilidad en los integrantes de nuestra sociedad. La solución es principalmente POLITICA, y es nuestro Gobierno, legalmente constituido quien debe buscar
las soluciones más adecuadas, considerando algo que constituye un
defecto del sistema democrático, cual es el ROBUSTECIMIENTO
DE LOS PRINCIPIOS DE AUTORIDAD.
El eterno problema del sistema democrático está en plena vigencia
en nuestro país. HASTA DONDE CADA INDIVIDUO ES LIBRE
DE HACER LO QUE LE PLAZCA SIN QUE ATROPELLE EL
DERECHO DE LOS DEMAS Y PONGA EN PELIGRO NUESTRO
SISTEMA DE VIDA.
Si la acción de una parte de la sociedad chilena rebasa todos los lími-
7 Colonnello Agustín Benedicto, El Ejército en el Estado Moderno,
«Memorial del Ejército», Santiago, Año XVIII, Febrero 1929, p. 138.
8 Ivi, p. 209. Gli autori hanno riportato la relazione presentata al
Comitato Centrale del Partito Comunista cileno dal Segretario Generale
Luis Corvalán nell’agosto del 1977. Pubblicata in seguito nell’Edizione
Colo-Colo, 1978, p. 29.
tes legales; el Gobierno y las Fuerzas de Orden tienen la obligación de
mantener el orden interno a todo trance.9
Molti capi militari, che erano maggiormente condizionati
dallo spirito di classe o dai privilegi economici e sociali della classe, cui appartenevano per nascita o per acquisizione;
sfruttarono abilmente tutte le circostanze concrete, che la
situazione politica determinò degenerando in tutto il paese,
occupando il posto dei colleghi entrati in crisi e diventarono
gli alfieri della “difesa del territorio nazionale” o della “sicurezza nazionale”.
LA SICUREZZA NAZIONALE
Può sembrare strano che le Forze Armate cilene, “costituzionaliste” e tradizionalmente apolitiche, abbiano assunto il
potere nel settembre del 1973.
Analizzando però diversi aspetti di “le Forze Armate cilene”, si comprende che la presa del potere da parte dei militari
fu il prodotto quasi spontaneo di una serie di fattori, che si
vogliono considerare in questo capitolo.
Il punto di partenza di ogni dottrina militarista, e quindi
anche quella cui s’ispiravano e s’ispirano i militari cileni,
è la sicurezza nazionale. Nella mente dei militari cileni tale
sicurezza era intesa soprattutto come quella degli interessi
della borghesia cilena, collegati a quelli dell’imperialismo
americano. È ovvio che la natura specifica di tale sicurezza
affiori apertamente quando sorge una minaccia contro il sistema economico-socio-politico borghese e, soprattutto, in
una situazione di crisi le Forze Armate manifestano con la
massima evidenza che sono una dei più importanti elementi
dell’ordinamento borghese dello stato.
La oligarquía se libera del sistema presidencial monárquico y autoritario con ayuda de la marina; la clase media se libera del sistema
parlamentario oligárquico y corrompido con ayuda del ejército de tierra. La marina actúa, en 1891, como una fracción de la oligarquía; el
ejército, en 1924, como una fracción de la clase media. En cada caso,
la acción militar lleva a cierto progreso en el camino de la democratización formal, a un acrecentamiento de la participación política real, a
un aumento del cuerpo electoral (especialmente a partir del Frente Popular), así como a la mayor eficacia del sistema, acompañándose todo
este conjunto de hechos — de manera no fortuita — por la aceleración
en cierto tipo de inversiones extranjeras que conducen a una expansión y a un fortalecimiento del poder económico del estado en el interior del país al mismo tiempo que de su dependencia del exterior.10
Le Forze Armate cilene erano, come in ogni società democratica, i protettori della nazione, perché dovevano:
- difendere la sovranità nazionale e l’integrità territoriale;
- salvaguardare l’ordine interno e garantire il governo costituzionale.
Per ora si lascia da parte la difesa dell’integrità territoriale
e della sovranità nazionale e concentriamoci invece su “or9 Maggiore Juan de Dios Barriga, Lo que debemos saber sobre Seguridad
y Defensa Nacional, «Memorial del Ejército», n. 373, maggio-agosto,
1973.
10 Alain Joxe, Las Fuerzas Armadas en el sistema político Chileno,
Santiago, Editorial Universitaria, 1970, p. 115.
9
STORIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
dine interno” e “governo costituzionale”. Trattandosi di una
società classista, è ovvio che il governo costituzionale non
sia altro quello di una o più classi dominanti, che nelle società moderne sono in genere classificate come “borghesia”. La
stessa cosa si deve dire per l’ordine interno: è quello instaurato soprattutto per gli interessi della borghesia.
Si ha che sino al 1970 “il governo costituzionale cileno” e
“l’ordine interno” della società cilena coincidevano con gli
interessi della borghesia, e non era necessario che le Forze
Armate cilene manifestassero chiaramente la loro reale funzione. Invece con l’amministrazione Allende alla borghesia
sfuggì il controllo della situazione e per la difesa dei suoi
interessi si fecero avanti le Forze Armate.
LA SICUREZZA NAZIONALE COME IDEOLOGIA
Come per ogni esercito, anche per quello cileno la sua funzionalità esige la professionalità e l’efficiente utilizzazione
del complesso armamento degli eserciti moderni. Il presupposto è che esso sia molto disciplinato e organizzato in modo
gerarchico, centralizzato e autoritario e che tutti i sottoposti
siano stati addestrati all’ubbidienza cieca e automatica.
Premesso ciò, si determinano meglio i tre concetti fondamentali, nei quali si sviluppa l’ideologia della sicurezza nazionale delle Forze Armate cilene, fondata sulla geopolitica,
la strategia totale e il ruolo privilegiato delle Forze armate.
La Geopolitica è una scienza creata da ideologi tedeschi
durante la prima guerra mondiale, sviluppata dai nazisti al
tempo della seconda guerra mondiale e insegnata per molti
anni nelle accademie militari di tutto il mondo.
La Geopolítica la ubicamos como ciencia a principios del presente
siglo como la culminación de un proceso de ideas políticas, geográficas y filosóficas acumuladas durante siglos. Luego, el concepto de
una estrecha relación entre las constantes geográficas con las políticas
no es fruto ni de un determinado pensador ni ha surgido en forma
espontánea. Un análisis del proceso humano sobre la tierra muestra
cómo un grupo complejo de ciencias se ha movido entre los extremos
geográficos y políticos.11
È in diretta opposizione alla scienza universale del marxismo-leninismo, offre una concezione totale dell’uomo e può
11 Augusto Pinochet Ugarte, Geopolitica, Santiago, Editorial Andres
Bello, 1984, p.53. Lo stesso autore definisce il rapporto tra Geopolitica
e Stato: «La Geopolítica considera al Estado como un organismo
supraindividual y, como tal, un organismo vivo que se halla empeñado
en una lucha constante por la existencia. La Tierra, por su configuración
natural, está dividida en cierto número de espacios que son el escenario
de estas luchas entre los Estados. Este hecho condiciona una política
encadenada al espacio, con leyes determinadas y constantes que afectan,
en forma permanente, a los pueblos que actúan en una región, a medida que
van haciendo su aparición en la Historia. […] Uno de los objetivos de la
Geopolítica es el de proporcionar antecedentes sobre la posible aplicación
y utilización de estas leyes espaciales en la política exterior del Estado y
en el periodo de desarrollo. La eterna actitud beligerante de los pueblos
entre sí obliga a que la política exterior del Estado prime sobre la interna.
Las ideologías políticas y los sistemas de gobierno dan solidez y ayudan a
obtener en forma más eficaz aquellos objetivos de carácter nacional dentro
de las condiciones geográficas donde se asienta el Estado». Ivi, p.31.
10
essere sintetizzata nelle seguenti affermazioni:
1) l’individuo non esiste;
2) i popoli sono miti;
3) esiste solo la nazione e senza di essa non può esistere
l’uomo come singolo né come gruppo o popolo;
4) la nazione coincide con lo stato, ed esso non è altro che
il potere della nazione o la nazione che esercita il potere;
5) il mondo non è altro che una totalità di nazioni che sono
poteri in conflitto permanente; cioè la nazione per definizione esiste solo in conflitto e richiede competitività per sussistere ed espandersi;
6) la guerra è la condizione naturale delle nazioni e quindi
dei popoli e dei singoli uomini, la cui funzione è reale solo
in seno alla nazione;
7) lo stato e la nazione poiché è soggetto di potere è uno
organismo, che deve crescere ed espandersi; quindi deve difendersi e lottare, perché la sua legge primordiale è occupare
sempre altro spazio;
8) “la guerra è la cosa più naturale, il problema quotidiano. La guerra è eterna. Non vi è pace e tutta la vita è lotta o
guerra” (Adolf Hitler).
Nell’attuale sviluppo della lotta l’antagonismo fondamentale è tra Est e Ovest, Nord e Sud, o tra Comunismo e Cristianesimo, Paesi Occidentali e Fondamentalismi Islamici, e, di
conseguenza, tutte le nazioni o stati e i relativi popoli e uomini sono necessariamente amici o nemici in una situazione
permanente di guerra, che permea tutte le relazioni: diritto,
morale, arte, ecc.
In questa visione la nazione non ammette nessun superiore
a se stessa e nessuna limitazione al suo potere. A sua volta
“la nazione latinoamericana”, basata sul vincolo geografico,
economico, strategico e storico, si definisce come totalità
di nazioni allineate, ad eccezione di Cuba, e dipendenti dal
blocco occidentale “cristiano e anticomunista” dominato dagli USA.
La strategia totale. La strategia è la scienza della conduzione della guerra. L’antagonismo “Comunismo-Cristianesimo” o “Est-Ovest” rileva che la guerra è totale e quanto
apparentemente sembra, una situazione di pace non è altro
che “guerra fredda” o “guerra di religioni”. Se la guerra è totale, tutti ne sono coinvolti, militari e civili, col risultato che
tutte le attività umane, sia collettive sia individuali, sono in
funzione della guerra. Il nemico è ovunque e qualsiasi azione
o lo danneggia o lo favorisce.
Se la guerra è totale, anche la strategia è totale e si basa su
tre concetti: il progetto nazionale, la sicurezza nazionale e il
potere nazionale.
Il progetto nazionale è l’insieme degli obiettivi dello stato
che si possono conseguire, date le risorse disponibili. A sua
volta la sicurezza nazionale è la base del progetto o lo scopo
che s’intende conseguire con l’insieme degli obiettivi. Infine il potere nazionale, assoluto o incondizionato, giustifica
e legittima tutte le attività pubbliche e private, che sono in
funzione degli obiettivi o del progetto e dello scopo o della
sicurezza nazionale. Ne consegue che tutti i cittadini devono
vivere e lavorare perché il potere nazionale aumenti e diventi
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | STORIA
sempre più efficiente. In questo modo la strategia assume le
seguenti forme:
- nel campo economico lo sviluppo consiste soprattutto
nell’aumento della capacità offensiva della sicurezza nazionale, e quindi è data priorità assoluta ai settori produttivi di
alto valore strategico;
- nel campo culturale sono utilizzate al massimo tutte le
idee, particolarmente religiose, che sviluppano nella psiche
dei singoli il valore del potere nazionale. In altre parole, la
verità e la falsità delle idee dipendono dal loro contributo positivo o negativo al raggiungimento degli obiettivi strategici;
- nel campo della politica le attività di tutti gli organismi
sociali e tutte le manifestazioni civiche sono collegate con la
strategia totale e perciò sono guidate dal proposito di mobilitare il popolo per la guerra contro “il comunismo internazionale”;
- nel campo militare si crea uno stato di “all’erta” permanente per l’uso della forza militare, dove sia necessario. Vedi
particolarmente la fase iniziale di stabilizzazione di un regime e l’eliminazione dei suoi nemici più vicini.
Per conseguire la massima sicurezza e un potere nazionale
sempre più efficiente sono necessari dei sacrifici. Perciò nel
campo dell’economia si giustificano livelli di vita di sussistenza, e in quello dei diritti civili la soppressione delle libertà individuali; e in entrambi i casi, il limite è determinato
soprattutto dalla reale efficienza del potere nazionale. In altre
parole la vita di sussistenza può avvicinarsi anche allo zero
e le libertà personali possono essere soppresse totalmente, se
così è richiesta dall’efficienza del potere nazionale.
Il ruolo privilegiato delle Forze Armate. Solo “l’èlite nazionale” può gestire la strategia; e la massa può e deve partecipare alla strategia, ma solo perché è guidata e controllata
per la realizzazione del progetto nazionale. A sua volta l’èlite, dopo che ha elaborato il progetto nazionale e quindi la
sicurezza e il potere nazionale, si rivolge ai suoi agenti o alle
Forze Armate perché mettano in atto la strategia.
Augusto Varas riporta un saggio di Lucien Pye, preparato
per dei corsi di scienze sociali e di sicurezza nazionale dello
Smithsonian Istituto in USA. Vi si legge quanto segue:
Nella maggioranza delle società sottosviluppate il problema è la difficoltà di creare organizzazioni effettive capaci di usare adeguatamente
tutte le attività fondamentali della vita moderna.
Generalmente in tali società vi è uno squilibrio nello sviluppo delle organizzazioni. Se una di esse si sviluppa efficacemente e rapidamente,
molto presto deve compiere anche le funzioni delle altre organizzazioni. Cioè quelle più salde e autonome assumono il compito di quelle
che sono meno strutturate. Pertanto le autorità militari spesso devono
controllare le più importanti organizzazioni della società e possono
essere forzate dai fatti a sostituirsi alle autorità civili.12
tuzione principale” delle società latinoamericane. Il pubblico
americano in generale e i militari latinoamericani, che frequentano i corsi nelle accademie militari USA, sanno molto
bene che gli eserciti latinoamericani sono utili ed essenziali
per quello che gli USA definiscono “sviluppo”.
Comunque, il punto di vista di Pye, rappresentativo della
politica internazionale del Pentagono, segnala che i militari
sono la migliore organizzazione esistente o la più “chiamata”
ad assumere il potere con la forza delle circostanze.
Non è pura coincidenza che i militari, a parte le loro funzioni spesso mitiche e tradizionali di “difesa”, sono predestinati come i principali agenti istituzionali della strategia geopolitica per due ragioni importanti: l’incapacità, il tradimento e la demagogia politica dei popoli civili, e, la primordiale
necessità geopolitica o l’ansia sfrenata per una guerra totale.
Estas orientaciones, que son el resultado de un muy meditado análisis,
y que están avaladas por la experiencia de una larga vida al servicio de
la Patria, tienen por objeto servir de guía a los Oficiales de los Estados
Mayores destinados al trabajo de apreciación que debe hacerse antes
de llevar a la práctica la conformación de un instrumento bélico más
moderno, tanto en su estructura orgánica, en sus medios, en sus procedimientos, como en su gestión profesional, para seguir garantizando
el desarrollo del país y asegurar el cumplimiento de nuestras misiones
constitucionales.13
Infatti, il “disordine” sociale ed economico legittima l’intervento dei militari come l’unica struttura alternativa, capace di “rigenerare e recuperare” la società e il potere statale.
La nazione e lo stato sono fondamentalmente dei poteri ma
se le strutture civili diventano inoperanti per il salvataggio
interno ed esterno, l’istituzione militare resta l’unica depositaria del potere reale della macchina dello stato. Il risultato
finale è che i vertici militari, nelle cui mani sono le Forze
Armate, si assumono il compito di “salvare la nazione”. In
situazione di guerra totale le Forze Armate non possono
quindi permettersi di essere neutrali poiché essendo l’unico
elemento nazionale debitamente integrato nel sistema interamericano o nelle strutture imperialistiche, il loro ruolo sarà
di essere al fianco degli USA contro “il nemico” o contro “il
comunismo internazionale” sia dentro sia fuori le frontiere
nazionali.
IL CONDIZIONAMENTO ISTITUZIONALE
Questo modo di pensare vuole giustificare il mantenimento di un esercito bene equipaggiato e addestrato, come “isti-
La suddetta ideologia serve per comprendere meglio la
dottrina dei militari cileni, nella quale si devono distinguere
due aspetti: la dottrina istituzionale delle Forze Armate e le
dottrine individuali dei suoi membri. La prima consiste nelle
funzioni attribuite dalla Costituzione e dall’ordinamento giuridico cileno alle Forze Armate. Tali funzioni, già analizzate,
sono in genere un risultato storico. Invece le dottrine individuali dei militari suppongono una particolare situazione so-
12 Augusto Varas, Las nuevas relaciones de poder en América Latina.
Escenario y perspectivas. Santiago, Ed. Quimantu, 1980, p. 22. Inoltre
cfr., Lucien Pye, Aspects of Political Development. An Analytical Study,
Toronto, Little Brown and Co., 1966, pp. 87-88.
13 Augusto Pinochet Ugarte, Ejercito de chile: trayectoria y futuro,
Santiago, FASOC Vol. VII, No. 4, 1992. Fascicolo pubblicato dopo
una lezione magistrale di Pinochet all’Università di Santiago Facoltà di
Scienze Politiche il 21 de agosto de 1992.
11
STORIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
cio-economica e ideologica, collegato alla selezione sociale
e quindi alla posizione di classe e alla situazione culturale e
politica dei militari nella società.
Si precisa che quando si parla degli atteggiamenti più o
meno dottrinali dei militari latinoamericani, ci si riferisce
quasi soltanto al settore degli ufficiali. Infatti, la truppa è
in genere un miscuglio amorfo d’individui delle classi più
basse, ai quali dall’indottrinamento militare e forse anche da
quello religioso è stata tolta ogni autonomia mentale e devono solo eseguire gli ordini al modo delle parti inanimate di
una macchina.
Il contesto storico della dottrina è dato dalla storia del
mondo latinoamericano. Limitando il discorso alla sola storia militare, quella degli ultimi venti anni occupa molti volumi. Però la vittoria militare popolare di Cuba nel 1959 e i
golpe militari apparentemente progressisti, il 1968 nel Perù
e il 1971 in Bolivia, hanno fatto cambiare gli atteggiamenti
dei militari poiché devono affrontare le nuove richieste delle
masse latinoamericane. Ben presto, però, la combinazione
delle dipendenze militari e la manipolazione diretta dall’esterno della forza militare locale hanno pian piano annullato
gli effetti positivi dei tre avvenimenti ed hanno motivato un
“contro indottrinamento” nelle scuole militari interamericane e locali.
Non solo gli USA ma anche le classi dominanti delle varie regioni del mondo latinoamericano sono ora molto attenti
che non si ripeta un’altra Cuba.
Più che nel passato ora i militari latinoamericani non vivono in una specie d’isolamento dalla lotta di classe. Anche
se non contaminati dalla realtà socio-economica,vivono immersi in essa e quindi nella realtà politica dei vari stati e nella relativa dipendenza economica dal capitalismo mondiale,
diretto soprattutto dagli USA.
Si può anche dire che i militari latinoamericani sono una
specie di casta, indipendente dalle classi. Ciò è dovuto ai particolari valori sociali, culturali e politici, che sono permessi
e si rafforzano in seno all’istituzione militare. Così il valore
dello “spirito di corpo” produce la subordinazione individuale e la dedizione assoluta all’istituzione militare e ai suoi
obiettivi e pian piano riduce e cancella le diversità ideologiche individuali.
América Latina se ha caracterizado por una secular dificultad para estabilizar acuerdos democráticos. Esta limitación explica - en parte - el
permanente, recurso o tentación de usar la fuerza militar para resolver
disputas políticas internas o para imponer determinados proyectos
de desarrollo que no cuentan con una legitimación social mayoritaria.
Sin embargo, las élites democráticas poco o nada conocen de la vida,
historia, necesidades y perspectivas de la institución militar y la defensa nacional en sus respectivas sociedades.
En consecuencia, el uso y abuso de las FFAA en política ha dejado un
negativo saldo en su estabilidad y desarrollo institucional. A su vez,
los proyectos de estabilización democrática que se han intentado en la
región con posterioridad a las intervenciones militares han adolecido
de una falla básica en materias de política hacia las FF AA. En la
medida que las democracias latinoamericanas no dan cuenta adecuadamente del problema de la inserción de las fuerzas armadas en el
proceso democrático, definiendo los temas de la defensa nacional al
interior de sus proyectos de cambio, han dejado sin resolver un problema crucial.
12
Este, poco tiempo después se ha vuelto en contra de las propias instituciones democráticas, sea bajo la modalidad de formas de acomodación autonómicas o bien en nuevas intervenciones militares.14
A sua volta il valore dell’esclusiva funzionalità dei militari
o il relativo comportamento predefinito verso il settore civile produce lo sterile apolitismo, fondato sul principio della
non deliberazione, e soprattutto l’isolamento culturale con la
conseguente chiusura mentale, che è impenetrabile più che in
altre istituzioni, compresa la chiesa.
Questa chiusura è comune a ogni istituzione. Nel caso delle istituzioni militari latinoamericane è ulteriormente accentuata dal concetto di difesa della “civiltà occidentale”, che è
piena di deformazioni ideologiche e di falsificazioni storiche. Tale concetto, istillato nella mente dei giovani militari
al tempo del loro addestramento nelle accademie di guerra, è
fondamentale per l’accettazione incondizionata della difesa
della propria regione nella cornice della difesa degli USA,
dell’emisfero e della cultura cristiano-occidentale.
Si aggiunga che tale accettazione è collegata alla dipendenza delle forze militari delle varie regioni dagli USA per
l’equipaggiamento, per l’addestramento e per i rifornimenti,
senza dei quali i militari delle varie regioni latinoamericane
non potrebbero sopravvivere.
Per concludere questa panoramica, è importante dire che quello che
manca allo forzo democratico latinoamericano — od anche alla chiesa
o ai cristiani, in quanto interessati a questo tipo di discorso sul futuro
della società. latinoamericana — è la capacità di prospettare una politica, un progetto politico alternative all’esistente, dove si rifletta sul
problema dei militari in una prospettiva diversa dall’attuale.
Uno dei punti più deboli del movimento democratico in A. L. è proprio il fatto che non ha saputo esprimere fino ad oggi, una riflessione
sufficiente sul problema militare in una prospettiva storica o politica
distinta: una riflessione su quella che dovrebbe essere la funzione dei
militari in un nuovo progetto politico per l’A. L. o sul problema della
sicurezza nazionale in una prospettiva democratica.
È questa una riflessione che ancora dobbiamo fare ed è questo uno
dei punti cardinali essenziali per una futura politica. Io penso che per
arrivare a questo, dobbiamo partire da questa premessa fondamentale:
Non bisogna più parlare di “sicurezza emisferica”, ossia della sicurezza di un sistema dove stanno insieme Stati Uniti o America Latina, ma
parlare di sicurezza latinoamericana. Cambiare cioè il soggetto della
sicurezza: da un sistema dove c’è da una parte una superpotenza nucleare e dall’altra paesi sottosviluppati, bisogna passare al concetto di
un sistema dove il soggetto di questa. sicurezza sia l’America Latina
in quanto tale e non l’A. L. legata agli USA.
Questo suppone ridefinire i rapporti economici, sociali, politici o militari dell’A. L. con gli USA, partendo dall’idea che l’A. L. è un soggetto a sé stante, geopolitico, diverso dagli Stati Uniti: per alcuni aspetti
può essere complementare, per altri contrastante, ma comunque diverso. Non ci sono cioè interessi comuni fra USA e A. L.
Partendo quindi da questa nuova base che è il concetto di sicurezza
latinoamericana (dove si vede come minaccia a questa sicurezza per.
esempio l’egemonia di una superpotenza straniera), si deve trovare un
rapporto diverso con gli USA.
È a partire da questo concetto di sicurezza latinoamericana che si può
arrivare a collegare la sicurezza al popolo, vale a dire, collegare la funzione della sicurezza a una funzione di liberazione del popolo, in cui
il popolo si trasforma in soggetto della vita politica, culturale, economica, ecc. e dove si mette l’accento su tutti gli aspetti di integrazione
comune latinoamericana.
Si devono individuare nuovi rapporti tra il popolo è le forze armate,
14 Augusto Varas, Las nuevas relaciones de poder en América Latina.
Escenario y perspectivas, cit., p. 1.
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | STORIA
in quanto espressione di uno stato democratico, di un continente preoccupato della sua sicurezza come unità a se stante, nel concerto delle
nazioni del mondo.
In questo modo l’A. L. potrebbe svolgere un ruolo nella creazione del
cosiddetto “nuovo ordine internazionale”, in collegamento con le diverse unità geografiche e politiche esistenti, come Europa, USA, Paesi
socialisti, Paesi del Terzo Mondo, ecc.
Riassumendo, la realizzazione di questo compito suppone:
1. Ripensare alla funzione geopolitica dell’A. L.
2. Ammettere il pluralismo politico all’interno della comunità latinoamericana.
3. Infine, in funzione di questo processo pluralistico o democratico,
ripensare il collegamento fra Forze Armate professionali e popolo democratico e cosciente.
Se si potesse fare tutto questo, sarebbe più facile che si potesse sviluppare una corrente democratica all’intorno delle F. A., condizione
questa necessaria per mutare la situazione dell’A. L.15
Limitando il discorso al Cile, era ovvio che alla fine i militari cileni siano entrati in conflitto con la politica antimperialista e indipendente di UP nel 1970.
Come casta, gli interessi dei militari sono difesi nei momenti di crisi politica ed economica sia come mantenimento
e miglioramento del livello di vita e sia come condizioni per
l’efficienza dell’attività militare. Segue che i militari formano, soprattutto nei momenti più critici per la vita di un
popolo,un costante gruppo di pressione.
Se poi la crisi penetra nelle caserme, utilizzando il severo codice della giustizia militare, gli elementi sospetti sono
espulsi o congedati o anche semplicemente corretti col metodo delle sanzioni sociali e della pressione pubblica.
Parallelamente a questo meccanismo istituzionale di autodifesa c’è una sezione del codice penale, ugualmente rigorosa, che tratta tutti i crimini contro la “inviolabilità” costituzionale dei militari. Un esempio della protezione militare dei
militari si trova nella legge di sicurezza dello stato del 1958,
che definisce crimine qualsiasi offesa contro la dignità o la
morale delle Forze Armate da parte dei politici, della stampa
e di altri; e la punizione relativa può consistere in multe, prigioni e censura di pubblicazioni.
TITULO II
Delitos contra la Seguridad Interior del Estado
15 José Antonio Viera Gallo, América Latina, Trabajo presentado en la
Comisión de Estudios Institucionales de los partidos de izquierda chilenos
en Roma 18 de septiembre de 1977, pp.15-16. Durante el gobierno del
presidente Allende fue subsecretario de Justicia, desde noviembre de 1970
hasta diciembre de 1972. José Antonio Viera Gallo después del golpe
militar en 1973, partió al exilio, radicándose en Italia, donde continuó
desempeñando su profesión, entre otras actividades. En Roma editó
la revista de opinión “Chile-América”. Trabajó como Consultor de la
UNESCO, CEPAL, FAO y en el Consejo Mundial de Iglesias. Ocupó,
también, la Secretaría General Adjunta del International Documentation
Center, IDOC, con sede en Roma. Asimismo, integró el Consejo
Directivo de HUIRIDOCS, Sistema de Información y Documentación
sobre Derechos Humanos, con sede en Oslo, Noruega. En abril de 2007
fue nombrado ministro por la Presidenta Michele Bachelet Jeria, en el
Ministerio Secretaría General de la Presidencia, cargo que desempeñó
hasta el 10 de marzo de 2010. La Presidenta lo nombró miembro del
Tribunal Constitucional, en el cargo de ministro, labor que cumplirá por los
próximos 3 años, a contar del 11 de marzo de 2010. Il testo è dattiloscritto
in italiano mentre le note biografiche sono scritte in spagnolo. Si trova
nella Sezione B- Riviste, bollettini, periodici, dell’archivio Ferdinando
Murillo Viana.
Artículo 4.o Sin perjuicio de lo dispuesto en el Título II del Libro II
del Código Penal y en otras leyes, cometen delito contra la seguridad
interior del Estado los que en cualquiera forma o por cualquier medio,
se alzaren contra el Gobierno constituido o provocaren la guerra civil,
y especialmente:
a) Los que inciten o induzcan a la subversión del orden público o a la
revuelta, resistencia o derrocamiento del Gobierno constituido y los
que con los mismos fines inciten, induzcan o provoquen a la ejecución
de los delitos previstos en los Títulos I y II del Libro II del Código
Penal o de los de homicidio, robo o incendio y de los contemplados en
el artículo 480 del Código Penal;
b) Los que inciten o induzcan, de palabra o por escrito o valiéndose de
cualquier otro medio a las Fuerzas Armadas, de Carabineros, Gendarmería o Policías, o a individuos pertenecientes a ellas, a la indisciplina, o al desobedecimiento de las órdenes del Gobierno constituido o
de sus superiores jerárquicos;
c) Los que se reúnan, concierten, o faciliten reuniones tinadas a proponer el derrocamiento del Gobierno constituido o a conspirar contra
su estabilidad;
d) Los que inciten, induzcan, financien o ayuden a la organización
de milicias privadas, grupos de combate u otras organizaciones semejantes y a los que formen parte de ella, con el fin de sustituir a la
fuerza pública, atacarla o interferir en su desempeño, o con el objeto
de alzarse contra el Gobierno constituido;
e) Los empleados públicos del orden militar o de Carabineros, policías
o gendarmerías, que no cumplieren las órdenes que en el ejercicio
legítimo de la autoridad les imparta el Gobierno constituido, o retardaren su cumplimiento o procedieren con negligencia culpable;
f) Los que propaguen o fomenten, de palabra o por escrito o por
cualquier otro medio, doctrinas que tiendan a destruir o alterar por
la violencia el orden social o la forma republicana y democrática de
Gobierno;
g) Los que propaguen de palabra o por escrito o por cualquier otro
medio en el interior, o envíen al exterior noticias o informaciones
tendenciosas o falsas destinadas a destruir el régimen republicano y
democrático de Gobierno, o a perturbar el orden constitucional, la seguridad del país, el régimen económico o monetario, la normalidad
de los precios, la estabilidad de los valores y efectos públicos y el
abastecimiento de las poblaciones, y los chilenos que, encontrándose
fuera del país, divulguen en el exterior tales noticias.
Artículo 5.o Los delitos previstos en el artículo anterior serán castigados con presidio, relegación o extrañamiento menores en sus grados
medio a máximo, sin perjuicio de las penas accesorias que correspondan según las reglas generales del Código Penal.16
In questo modo si ha una specie di cintura di sicurezza
per ogni informazione sui militari. Inoltre la medesima legge
proibisce tutte le incitazioni, di parole e di fatti, all’indisciplina o alla disubbidienza nelle Forze Armate; e così l’istituzione militare è validamente difesa contro tutte le infiltrazioni comuniste, nemico numero uno di ogni disciplinato
esercito gerarchico e antipopolare.
L’ESTRAZIONE SOCIALE DEI MILITARI CILENI
Per determinare meglio la definizione di “casta” dei militari cileni si deve tenere presente la loro particolare funzione nel sistema statale, che fin dal principio del secolo XX
difendeva gli interessi riformisti della classe media contro
il dominio dell’oligarchia e allo stesso tempo, reprimeva le
16 Ministerio del Interior Ley 12927 Seguridad Interior del Estado
del 02-08-1958. Cfr., il seguente sito URL: http://www.leychile.cl/
N?i=27292&f=1958-08-06&p= Biblioteca del Congreso Nacional de
Chile.
13
STORIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
Più esatto è invece lo studio, condotto sugli ufficiali cileni
raccolti nel 1965. Si riporta il questionario distribuito durante le interviste:
Augusto Pinochet
14
Como parte de un estudio sobre las FFAA estamos recogiendo información a ofíciale, militaros que han prestado sus servicios profesionales en el Ejército y que debido a su experiencia nos ayudará a comprender mejor la relación entro el ejército y el pueblo de Chile. Desde
luego quedaremos especialmente agradecidos a Ud por la cooperación
que pueda prestarnos contestando a las preguntas que le haremos a
continuación. Debido a su carácter estrictamente científico ellas son
estrictamente confidéncialos, ya que serán sometidas a procesos posteriores de análisis estadístico que hacen imposible la identificación
de los autores de las opiniones. Asimismo ostas preguntas solo constituyen una base de explicación científica y no son bajo ningún aspecto
una prueba de conocimientos o de inteligencia.
Dada la finalidad eminentemente científica del trabajo que estamos
realizando, las opiniones que Ud se sirve manifestarnos a continuación no necesitan llevar su firma, y son, por lo tanto, estrictamente
confidenciales.
a) Grado b) Arma de Servicio c) Unidad de escuela, Academia de
Guerra, o Politécnica Militar d) Lugar de nacimiento e) ocupación
de su padre f) ocupación del padre de su esposa g) parientes en las
fuerzas armadas o Carabineros (especificar grado de parentesco, grado
alcanzado y si están en servicio activo o no) h) Educación (numero de
años) Universidad, Escuela Militar, Academia de Guerra, Academia
Politécnica, Escuelas Militares Extranjeras i) Antigüedad obtenida en
el curso militar de la Escuela Militar
Preguntas de “orientación de opinión”:
1) Si tuviera que escoger entre las siguientes alternativas, en cuál de
ellas se situaría hoy políticamente?: derecha, hacia la derecha, hacia la
izquierda, izquierda. Por favor, comente las razones de su decisión y
el significado que le da a la alternativa escogida.
2) Un cuestionario distribuido a una muestra de la población de Chile
mostró que los civiles tienen gran confianza en que si fuere violada
la Constitución, los militare la defenderían. Concretamente, en que
circunstancias cree Ud que los militares deberían intervenir en este
problema?
3) Hasta que punto cree Ud que la participación en programas de desarrollo es incompatible con la eficacia militar del ejército?
4) En su opinión, cuál debería ser la actitud del gobierno respecto a
una mayor participación del ejército en dichos programas?
5) Cree Ud que una amplia participación de los oficiales en los programas de desarrollo es compatible con su función profesional y su
propia imagen como oficiales?
6) En cierto modo, una guerra limitada es buena para el país ya que
largos periodos de paz producen un debilitamiento general de la población?
7) Los militares son necesarios para un país aunque no haya guerra,
para actuar como guardianes de la Constitución en caso de que el gobierno decidiera violarla?19
classi più basse e i lavoratori. In questo modo c’è una stretta
connessione tra le classi rappresentate dai militari e le funzioni attribuite a essi.
Lo studio di Roy Allen Hansen che analizza i generali
dell’esercito cileno, congedati tra il 1952 e il 1964, mostra
che sino agli anni del 1940 le classi medie predominavano
nelle file degli ufficiali, in precedenza dominate dalle classi
superiori e dall’aristocrazia, e che tra gli anni 1950 e 1960 gli
aspiranti ufficiali dell’esercito furono reclutati principalmente tra le classi medio-basse a causa del declino del prestigio
militare.17
I trentasette ufficiali studiati da Hansen hanno origine nella
classe media, definiti dai redditi paterni. Non è esatto ubicare
gli ufficiali nel settore della classe media attenendosi unicamente al loro reddito poiché in questo modo si finiscono col
trascurare i molti vantaggi e privilegi, che i militari in genere
hanno in materia di trasporti e di alloggio18.
Il livello degli ufficiali graduati, intervistati nella scuola
militare “Bernardo O’Higgins” fu il seguente. Apparteneva
alla classe medio-alta il 42%, alla classe media il 39% e alla
classe medio-bassa il 19%. A sua volta il livello sociale dei
17 Roy Allen Hansen, Military culture and organizational decline.
A study of the Chilen army. Phd thesis at University of California , Los
Angeles, 1967. Avaible from University Microfilms Service, N. XUM 687466, Ann Arbor, Michigan, USA, pp.170-210.
18 Per illustrare la ricerca scientifica di Hansen, vale la pena riportare
alcuni passaggi rilevanti del suo lavoro. Alla fine del 1964 egli si recò
in Cile e si mise in contatto con il segretario generale dell’Accademia
di Guerra, Generale René Schneider, che gli diede pieno accesso alla
biblioteca dell’Accademia e gli permise di intervistare i membri della
Forza Armata. Il risultato del suo lavoro entrò a far parte della sezione
classificata della biblioteca dell’Accademia di Guerra e fu a disposizione
di un numero limitato di giornalisti alla fine del 1969. Cfr., Ibidem.
19 Hansen riuscì a intervistare solo 200 militari. Nonostante il numero
relativamente basso d’interviste, il suo lavoro è uno dei pochi che presenta
una visione documentata della realtà militare cilena dell’epoca. Infatti,
poco dopo i fatti del “Tacnazo” uno studente americano che aveva
collaborato con Hasen, tentò di vendere i fogli originali con le domande
del questionario a ufficiali in servizio e in pensione. Inoltre l’importanza
delle informazioni contenute nel suo lavoro furono di grande utilità agli
uffici della CIA in Santiago per creare una rete di contatto tra i militari
cileni che parteciparono successivamente al complotto per eliminare il
proprio Generale Schneider nel 1970. Cfr., Ivi, p. 346.
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | STORIA
graduati militari intervistati nell’accademia di guerra e al politecnico militare, diede questi risultati: il 29% degli intervistati apparteneva alla classe alta, il 65% a quella media, e il
6% alla classe bassa.
Un altro importante studio è di Agüero, che si riferisce alla
situazione all’inizio degli anni 1970, quando era possibile
individuare cinque strati orizzontali del corpo degli ufficiali
cileni.
Il vertice era costituito da generali, che avevano più di
trentacinque anni di servizio e in genere provenivano dalle numerose “promozioni” degli anni 1929, trenta, trentuno
e trentadue. Si erano formati durante l’ultimo periodo del
governo Ibáñez20 e al tempo della successiva anarchia rivoluzionaria, avevano conosciuto le amare vicissitudini della
reazione civile antimilitarista. Questi erano di elevatissima
professionalità e la loro lunga carriera si era svolta nell’ambito dei principi di non deliberazione e di distacco dalle contingenze politiche.
Seguiva un sottile strato di colonnelli, che aveva trenta,
trentacinque anni di servizio e provenivano dalle poche promozioni avvenute tra il 1933 e il 1938. Questo gruppo era
caratterizzato dalla formazione avuta in una scuola militare
adatta ai programmi d’insegnamento del ginnasio in un periodo di grande povertà delle istituzioni armate e di scarsi
incentivi professionali. E tutto ciò richiedeva che vi fosse in
essi una solida vocazione militare.
Veniva poi un grosso strato di ufficiali, che avevano venti,
trenta anni di servizio ed erano usciti dalla scuola militare
alla fine del 1939, durante la seconda guerra mondiale e nel
periodo della “guerra fredda”. Erano in genere caratterizzati
da una non dissimulabile simpatia per la causa nazista.
Il quarto strato, promosso tra il 1949 e il 1957, aveva una
mentalità certamente anticomunista. Erano inoltre ufficiali di
formazione classica e caratterizzati dall’esperienza compiuta
con gli armamenti tradizionali.
C’era infine lo strato più giovane, formato a partire dal
1958. Erano giovani educati alla concezione della guerra
antisovversiva, nella quale perdeva attualità l’eventualità di
un’aggressione armata extracontinentale in America Latina
mentre emergeva la guerriglia come la più pericolosa minaccia per la sicurezza continentale. La loro formazione militare
era avvenuta in modo differente e vi erano stati introdotti
mezzi come i comandos, i paracadutisti e i metodi d’istruzione della controguerriglia. La successiva partecipazione di
numerosi contingenti di questi giovani ai brevi corsi della
scuola delle Americhe, istituita dagli Stati Uniti, diedero loro
un chiaro orientamento nordamericano.
Ogni struttura bellica si basa, in ultima analisi, sul soldato. E allora
non bastano un sistema di stretti legami interistituzionali, un equipaggiamento moderno e adeguato, un coordinamento dottrinario e strategico per rendere efficiente una macchina da guerra: e ancor meno
bastano quando essa è destinata a combattere contro uomini che vivono sulla stessa terra e sono, quindi, compatrioti. È dunque neces20 Il colonnello, poi generale, Carlos Ibáñez del Campo, eletto presidente
nel 1927, fu costretto nel 1931 a lasciare il potere da un movimento di
borghesia urbana contrario ai suoi metodi autoritari.
sario inculcare contemporaneamente nei combattenti — e anzitutto
nei capi incaricati della direzione operativa — una forte motivazione
politica. Di qui il sempre maggior interesse per la formazione psicologica e professionale di ufficiali e di sottufficiali, compito che il
governo della Casa Bianca ha assegnato a una rete di insediamenti
militari destinati a istruire il personale straniero e, in particolare quello
latino-americano.21
Come si vede, all’interno della gerarchia dell’esercito cileno nel 1970 esisteva un’eterogenea suddivisione, derivante
dalla forte influenza dell’ambiente circostante, dall’educazione familiare e da una mentalità, formatasi sulle tesi di
difesa emisferica, diffuse nel continente. Tuttavia tenendo,
presenti i risultati dei tre studi esaminati e particolarmente
l’ultimo, nel 1970 gli ufficiali dell’esercito cileno provenivano, dal generale al sottotenente, dal ceto medio-alto22.
Per la formazione dello spirito di “casta” il comportamento militare è sottoposto, sin dall’adolescenza, al forte influsso
delle norme e dei precetti dell’istituzione. Dall’età di quindici o sedici anni ci si assoggetta a un regime di vita, che ha
una marcata somiglianza con quella propria della formazione
ecclesiastica e segna in modo indelebile la personalità, creando una notevole differenza con i civili di qualsiasi attività.
In quanto alle associazioni, cui partecipavano gli ufficiali,
si può dire che nell’ultimo decennio erano notevolmente diminuiti gli aderenti alla massoneria.
In conclusione, gli ufficiali cileni del 1970 erano elementi
della democrazia borghese imperante, avversi al marxismo e
inclini al modo di vita nordamericano.
I SOTTUFFICIALI E I COSCRITTI
Intorno al 1970 i sottufficiali formavano un’omogeneità
sociale quasi completa. La loro provenienza dalla classe operaia e dai contadini li rendeva tipici rappresentanti del popolo salariato, senza che s’identificassero tra essi strati generazionali caratterizzati dall’influenza dell’evoluzione politica.
Il sottufficiale coltiva con sapienza una tradizione di assoluta apoliticità. Il suo mondo è la caserma e la famiglia. Per
lui la disciplina militare costituisce un elemento di ordine e
di rigida sottomissione alla gerarchia imposta dalla carriera.
La sua massima ambizione è di raggiungere il grado di sottufficiale maggiore. Egli a sempre coltivato con orgoglio le
virtù militari, inculcandole con determinazione nei giovani
coscritti, e adempie gli ordini degli ufficiali in piena accettazione della gerarchia del comando. Se quegli ordini andavano più in là dei limiti di legittimità, si adeguava al principio
secondo il quale chi li impartiva ne era responsabile.
Neanche i sottoufficiali più anziani, con trent’anni di servizio e più, si erano trovati nelle condizioni di dover seguire
un’avventura, che li portasse a infrangere il giuramento alla
bandiera. Le attività politiche, svolte da alcuni capi militari,
non erano giunte al punto di coinvolgerli.
21 Cfr., Raul Ampuero, La formazione del soldato multinazionale, in
«Mondoperaio», Roma, n. 4, aprile 1977, p. 41. Traduzione dallo spagnolo
di Gabriella Lapasini.
22 Cfr., Augusto Varas, Felipe Agüero, El Desarrollo Doctrinario de las
Fuerzas Armadas Chilenas, cit., pp. 1-42
15
STORIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
Ne consegue che la truppa e i sottufficiali partecipavano
senza troppi problemi alle repressioni avvenute in piazza
Bulnes a Santiago il 194623, ancora nella capitale il 2 aprile
195724, nella borgata Josè Marìa Caro nel dicembre 1962, e,
nella miniera di El Salvador nel 196625, adempiendo gli ordini superiori al fine di ristabilire l’ordine pubblico.
23 Tale repressione fu la conseguenza dei seguenti avvenimenti politici
che avvennero in quegli anni: «Las conspiraciones peronista. A partir
de 1943 se hizo sentir la influencia del peronismo sobre la imaginación
política de los oficiales chilenos, igual que ocurría en el conjunto de
América Latina. Hasta se constituyó, en 1946, un «Ministerio del Tercer
Frente», en la confusión que reinaba durante la enfermedad del presidente
Juan Antonio Ríos, poco antes de la muerte de éste, y como resultado de
los conflictos que dividían a comunistas y socialistas, y al día siguiente de
la mortífera represión de una manifestación callejera en Santiago. Dicho
Ministerio se apoyaba en la alianza de algunos jefes socialista con ciertos
jefes militares inspirados en el peronismo». Cfr., Alain Joxe, Las Fuerzas
Armadas en el sistema político chileno, cit., p.79.
24 Los desordenes de abril, 1957. En 1957 le fueron otorgados
nuevamente píenos poderes, a causa de los des ordenes anárquicos
producidos en Santiago. Durante los tres primeros días de abril se
produjeron graves desórdenes como consecuencia del alza del costo de la
vida y de la congelación de los salarios, insertada en el marco de la política
antiflacionista aplicada por Ibáñez, aconsejado por la misión de expertos
norteamericanos, Klein-Sacks. La causa inmediata de los desórdenes,
sobre los cuales no existe ningún estudio histórico serio, fue un aumento
de las tarifas de transportes colectivos. Los revoltosos que bajaron de
sus «callampas» hacia el centro de Santiago, trataron de apoderarse del
palacio presidencial, de incendiar la Catedral y el Congreso, apedrearon la
sede de «El Mercurio», saquearon las tiendas e incendiaron automóviles.
Los desordenes pudieron tomar tal incremento, en parte, porque según
se dijo, se dejó pasar un lapso demasiado largo entre el momento en
que los carabineros, literalmente vencidos por la muchedumbre, habían
abandonado la calle a los revoltosos y el momento en que el general jefe
de plaza que tenia la responsabilidad de mantener el orden a título del
estado de urgencia, pudo iniciar la represión. Ciertos comentaristas vieron
en esta incuria la huella de una intervención indirecta de grupos de derecha
que deseaban provocar la represión. El Gobierno atribuyó los hechos a
la influencia comunista, pero los comunistas tentaron, al contrario, de
contener esta agitación anárquica que no controlaban, de manera alguna.
Para restablecer el orden la tropa disparó y según las cifras oficiales,
causó 18 muertos, según fuentes oficiosas, causó 70 muertos y más de
200 heridos. El Presidente, que había recibido píenos poderes, renunció
a ellos al cabo de pocos días. Cfr., Ivi, pp. 82-83. Inoltre cfr., «Keesing’s
Contemporary Archives», April 2-9 1957, p. 1500.
25 Gli accadimenti avvenuti alla miniera di El Salvador sono connessi al
mandato militare in zona di emergenza durante l’amministrazione Frei: «Sin
embargo, bajo la administración Frei, estas facultades fueron extendidas,
hasta abusivamente, y los usos técnicos y logísticos de las fuerzas armadas
fueron extendidos hasta incluir sus funciones represivas (legalmente
justificadas). Para explicar este fenómeno, podemos citar el ejemplo de
la masacre de ocho trabajadores de El Salvador, en marzo le 1966. El
coronel Manuel Pinochet (primo del dictador) fue designado Comandante
de la Zona (Jefe de Plaza) declarada por Frei zona de emergencia, como
resultado de una prolongada huelga de mineros del cobre. Al mismo
tiempo, Pinochet fue nombrado interventor militar (director temporáneo)
de la compañía minera. Esta posición dual está agravada por el hecho de
que las funciones del Comandante de Zona están lejos de ser claramente
definidas, y, ambiguamente, incluyen el control del Orden Público, así
como una superposición de autoridad sobre los tradicionales poderes
civiles locales. Efectivamente, el Comandante de Zona es el representante
elegido por el Presidente, llenando el papel temporal de dictador local.
Pinochet emergió del escándalo público suscitado por la muerte de los
trabajadores completamente indemne; intocado por la ley civil y protegido
por la ley militar, con la justificación de que las muertes eran el resultado
de una misión pacificadora de parte de los militares. El papel dual de
Comandante de Zona permite llevar a cabo dos aspectos de la represión
antipopular, en interés de la Seguridad del Estado y del capitalismo». Cfr.,
Raul Ampuero, El poder político y las Fuerzas Armadas, cit., pp. 3-4.
16
In quanto alla coscrizione, ragioni fondamentalmente di
bilancio la limitarono, sino al 1970, a contingenti molto limitati, comprendenti un terzo o un quinto della base di coscrizione annuale. Per questo, salvo l’eccezione di limitati
e periodici corsi studenteschi, quasi il cento per cento dei
coscritti chiamati annualmente nelle file dell’esercito erano
giovani figli di operai e contadini, non ancora iscritti nei registri elettorali.
UNO SGUARDO D’INSIEME
Il 1970 le Forze Armate cilene rappresentavano gli interessi e le contraddizioni della media borghesia. E ciò perché la loro struttura disciplinare le sottometteva all’azione
di comando di un’èlite, formata dagli ufficiali e quantitativamente minoritaria ma investita di tutte le attribuzioni legali
e regolamentari per organizzare, insegnare e usare lo strumento coercitivo dell’esercito secondo le proprie concezioni
ideologiche, anche se la maggioranza dei membri delle Forze
Armate erano della più pura estrazione popolare.
Così l’opinione, secondo la quale l’esercito cileno appartiene alla classe media, è ampliamente giustificata riguardo
agli ufficiali. Non si può dire la stessa cosa dei sottufficiali e
della truppa. Vale il commento generale che anche in questi
settori ci sono soldati professionali, e come tali difendono
anche la gerarchia istituzionale e i relativi diritti professionali.
ALTRI FATTORI
Si considerano altri aspetti per determinare meglio la fisionomia o il pensiero personale degli ufficiali cileni sull’importante problema delle relazioni tra l’ordinamento civile e
quello militare.
Durante la loro carriera gli ufficiali del sud avevano contatti soprattutto con l’alta classe rurale o con l’aristocrazia
possidente; invece nel nord li avevano con i professionisti e i
commercianti, che erano considerate classi “alte” in termini
locali e medie su scala nazionale. Quelli che dimorarono più
lungamente a Santiago ebbero maggiori contatti con la nuova
classe media urbana.
Le esperienze, fatte dai militari durante la loro carriera,
possono essere rilevanti per determinare la loro personalità.
In genere però è difficile ottenere soddisfazioni nella carriera
in funzione puramente militari, sempre che non si tratti di
attività di alto livello.
Una particolare esperienza fu l’incorporazione dei militari
ai programmi di sviluppo nazionale di “Azione Civica”. Essa
fu promossa il 1961 dal pentagono per migliorare l’immagine dei militari presso i civili ma portò solo uno scarso numero di militari al contatto diretto con i problemi sociali, umani
ed economici. Inoltre questa deviazione dell’attività militare,
che sino allora era esclusivamente orientata alla difesa, non
fu ben accolta da tutti i settori militari poiché i progetti di
sviluppo potevano essere portati a termine più economicamente dai soli civili. Comunque, l’incorporazione di ufficiali
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | STORIA
superiori in istituzioni civili fu l’inizio di un’integrazione
istituzionale nei compiti dello sviluppo nazionale e gli effetti
di tale integrazione furono considerati positivi perché favoriva una fuori uscita dal forzoso mutismo politico dei militari.
La sfortunata contropartita di tale processo fu, nel periodo di
Allende, l’emergere di atteggiamenti chiaramente fascisti in
molti ufficiali superiori.
Si consideri di nuovo la dottrina istituzionale dell’esercito
cileno, che ha una chiara evoluzione storica e una pratica
corrispondente. L’influenza prussiana, stabilita dalla missione tedesca diretta da Emil Körner alla fine del secolo scorso, è riconosciuta ancora oggi come effettiva e come fattore
primordiale nel mantenimento della disciplina. Sebbene non
si possa determinare bene l’importanza, l’influenza USA era
considerevole e comincia a essere rilevante soprattutto dopo
la seconda guerra mondiale. Tale influenza è decisiva come
conseguenza dello spostamento dell’attenzione dalla difesa
esterna a quella antisovversiva e la conseguente adozione,
com’era avvenuto in altri paesi latinoamericani, di programmi di azione civica e lo sviluppo di efficienti forze di
“pacificazione”o di polizia.
Nel primo capitolo si è considerata la dottrina militare cilena, com’è stabilita dalla Costituzione del 1925 e dal codice
di giustizia militare del 1926. Considerando anche le successive modificazioni, risultava che nell’apparato statale l’esercito era molto repressivo. Tuttavia gli interventi militari nel
passato erano stati piuttosto pochi, uno ogni circa quaranta
anni. Si può allora dire che sino al 1969 i militari erano “soddisfatti” della posizione loro concessa nel sistema. Si trattava
però di un delicato equilibrio della relazione civico-militare
poiché esso era fondato anche sull’obbedienza al “Generalissimo”. In questo modo l’equilibrio reggeva perché almeno
una parte dell’alta gerarchia militare era dalla parte del governo costituzionale. Quando però un tale settore fu eliminato, come nell’agosto del 1973, l’equilibrio fu rotto e restò
aperto il cammino alla completa insurrezione istituzionale.
LA DOTTRINA SCHNEIDER
Riallacciandosi a quanto si è già detto riguardo a settori
della gerarchia, sostenitori della linea costituzionalista, dobbiamo far riferimento a quella che fu definita la “dottrina
Schneider”.
LA DOCTRINA SCHNEIDER
- Que piensa el Comandante en Jefe con respecto a la participación de
personal militar en actividades políticas?
Esa intervención en política está fuera de todas nuestras doctrinas.
Somos garantes de un proceso legal en el que se funda toda la vida
constitucional del país. Por ello no se puede permitir que se realicen
tales actividades. Es nuestra doctrina garantizar la estabilidad interna y a do deben tender todos nuestros esfuerzos y es una razón poderosa por la cual no debernos tener preferencia por ninguna tendencia,
candidatura o partido.
GARANTIZAMOS
- Cuál es su pensamiento con respecto a la próxima elección que se
vislumbra como un proceso difícil?
Vamos a llegar a la elección manteniendo nuestra tradición de pleno
respaldo a las decisiones del Gobierno Constitucional de la República, vamos a garantizar la normalidad del proceso eleccionario y a
dar seguridad de que asuma el Poder Ejecutivo quien resulte electo.
Puede darse el caso de que ninguno de los candidatos obtenga mayoría absoluta en septiembre. Se ha dicho en varios tonos que podrá
ocurrir por primera vez que el Congreso chileno no ratificara al poseedor de la mayor cantidad de votos y, en cambio, designara como
Presidente de Chile a quien obtenga la segunda mayoría. Cuál sería en
ese caso la actitud del Ejército?
Insisto en que nuestra doctrina y misión es de respaldo y respeto a la
Constitución Política del Estado. De acuerdo con ella el Congreso es
dueño y soberano en el caso mencionado y es misión nuestra hacer
que sea respetado en su decisión.
CUMPLIREMOS LA CONSTITUCION
- Y si en ese caso se produce una situación de seria convulsión interna
que incluso podría degenerar en algo mayor?
Si se producen hechos anormales nuestra obligación es evitar que
ellos impidan que se cumpla lo que indica la Constitución. El Ejército
va a garantir el veredicto constitucional
- Después de las circunstancias vividas últimamente, cuál es, según
su concepto, la situación del Ejército? Puede asegurarse que existe
estabilidad total?
Pequeñas situaciones locales no implican un síntoma de inestabilidad. Hay solidez institucional. Los hombres del Ejército viven una
sociedad viva, que vibra, es imposible, entonces, que están totalmente
al margen de lo que ocurre a su alrededor, pero es indispensable que
no participen. Y, en último caso, quien tenga una inquietud grande
con respecto a ciertas ideas, ciertas tendencias, o ciertas actividades
políticas y desee participar en ellas, lo mejor es que deje el uniforme
y las abrace como un civil. Esa es nuestra posición.
DISCIPLINA
- Los mismos sucesos mencionados hacen pensar a muchos que se
ha relajado la disciplina en el Ejército. Existe la misma obediencia y
disciplina de antes?
La disciplina se mantiene inalterable, naturalmente que con los cambios derivados de la época en que vivimos. La disciplina se fundamenta en la conciencia de superior y subalterno, en el ascendiente
de mando. Lógicamente no es como antaño cuando no había acceso
a la gestación de las órdenes. Ahora el subordinado piensa e incluso
sugiere y esto es un aporte a la efectividad de esa orden, pero, llegado
el momento de cumplir lo resuelto, se cumple sin discusión26
René Schneider, con quarantuno anni di carriera nell’esercito e ufficiale di stato maggiore, fu designato comandante
26 Generale René Schneider intervista rilasciata dal Comandante in Capo
dell’Esercito al periodico «El Mercurio» l’8 maggio 1970. René Schneider
Chereau, oficial de Estado Mayor brillante carrera militar, fue designado
Comandante en Jefe el 23 octubre de 1969, en circunstancias conflictivas
para las Fuerzas Armadas. Su saludo al Ejército en el momento de asumir
traduce en compleja situación que entonces vivía la institución castrense:
“Al asumir el mando del Ejército deseo expresar a todos sus miembros el
alto honor que significa comandar a nuestra institución, cuya trayectoria
profesional cuyos fundamentos doctrinales y de principios permanecen
inconmovibles e inalterables frente a quienes han pretendido perturbar su
normal conducto de acción”.Militar constitucionalista sucedió en el Alto
Mando al General Sergio Castillo Arànguiz, quien debió dejar su cargo,
llamado a retiro, porque no judo controlar un pronunciamiento que se
produjo en las filas, al frente del cual apareció Roberto Viaux Marambio, a
la sazón General de Ejército, pero llamado a retiro. Ese acontecimiento se
le conoce en jerga popular como “El Tacnazo”, porque Viaux escogió el
cuartel del Regimiento de Artillería Tacna, en Santiago, para precipitar el
pronunciamiento, que constituyó un grave problema para el gobierno de la
época presidido por el democratacristiano Eduardo Frei. Cfr., AA.VV., El
caso Schneider, Santiago, Editora Nacional Quimantú, 1972, pp.172-173.
17
STORIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
in capo il 23 ottobre del 1969 in circostanze abbastanza conflittuali per le Forze Armate. Infatti, si trattava di un periodo
politico particolarmente nuovo per Cile, con il movimento
popolare in ascesa e con una campagna elettorale presidenziale particolarmente difficile, nella quale figuravano tre candidati:
- Salvatore Allende, candidato di UP (coalizione di sinistra: PC, PS, Partito Radicale, Movimento di alleanza popolare (MAPU) e Partito Socialista Democratico);
- Jorge Alessandri, candidato dalla destra nazionalista;
- Radomiro Tomic, candidato dalla DC (Democrazia Cristiana).
Si andava alle urne con una situazione politica, che vedeva da un lato un forte schieramento di sinistra e dall’altro le
tendenze moderate, divise in due schieramenti: la DC e le
forze di destra.
In questo quadro politico, alla vigilia della campagna elettorale il generale Schneider, comandante in capo dell’esercito, dichiarò l’8 maggio del 1970, in un’intervista nella prima
pagina del «El Mercurio», i seguenti punti:
1) l’esercito garantirà il verdetto costituzionale o elettorale;
2) l’intervento dell’esercito nella politica è contrario a tutte
le nostre dottrine;
3) se ci saranno delle anormalità o dei turbamenti, sarà nostro dovere assicurare il totale completamento del processo
costituzionale;
4) sarà Presidente il candidato deciso dall’elettorato, se
otterrà la maggioranza assoluta; o quello designato dal Congresso, nel caso che nessuno dei candidati lo ottenesse;
5) ogni membro delle Forze Armate, che sia “preoccupato” per certe idee politiche o attività e tendenze, dovrebbe
lasciare le file della propria Arma e continuare a vivere come
civile.
Una serie di congetture e d’interpretazioni seguirono alle
affermazioni del generale, in quanto si era in presenza di due
fattori, che davano alle elezioni un carattere incerto ed enigmatico:
- la generalizzata convinzione che lo scarto di voti per la
vittoria dei tre candidati, sarebbe stato minimo;
- la circostanza che nessuno di essi avevano l’appoggio
maggioritario in Parlamento.
Pertanto la solenne dichiarazione di rispetto dei procedimenti costituzionali poneva le Forze Armate e il suo comandante in capo in una posizione precisa di fronte a tutte le
forze politiche, nessuna delle quali avrebbe potuto pensare di
ribaltare la situazione politica, che si veniva a creare dopo le
elezioni, con l’aiuto delle Forze Armate.
Dopo la vittoria di UP, il 2 settembre 1970 Schneider dichiarò: «Noi appoggeremo e proteggeremo sino alla fine il
Presidente che è eletto dal congresso».27
Il 25 ottobre 1970 Schneider fu assassinato da un complotto politico organizzato dalla destra e alcuni membri delle
Forze Armate. L’uccisione di Schneider fu il primo esempio
27 Ivi, p. 182.
18
della violenta risposta reazionaria, data dagli USA e dagli
oppositori di Allende alla “via pacifica al Socialismo”.28
Il 21 dicembre del 1970 il Presidente Allende descrisse
Schneider come il simbolo del soldato con una coscienza
umana e civica, che serve la madre patria in pace, obbedendo
alla legge.
La dottrina Schneider fu forse una continuazione del mito
delle Forze Armate, e servì per mantenere una cecità generale rispetto alla presenza politica dei militari. Inoltre fu ingannata l’opinione pubblica, facendola pensare che Allende
controllava le Forze Armate.
La dottrina, un pò mitizzata dall’assassinio di Schneider,
non fu conosciuta apertamente fino al 1970. In un discorso
del 13 marzo del 1970 egli riaffermò la credenza popolare
28 Il Generale Prats racconta l’avvenimento nel suo diario: «El jueves 22
de octubre me encontraba trabajando en mi oficina del 50 piso del Ministerio
de Defensa Nacional, cuando a las 08:30 suena el citófono interno y siento
la emocionada voz del ayudante del Comandante en Jefe, Comandante
Santiago Sinclair, quien me avisa apresuradamente que Schneider ha sido
victima de un atentado, que está herido y que fue trasladado al Hospital
Militar. Parto con el General Manuel Pinochet al Hospital Militar y nos
encontramos con la dolorosa noticia de que el estado de Schneider es
gravísimo. Su automóvil había sido bloqueado poco después de las 08:00
en la intersección de Martín de Zamora con Américo Vespucio por varios
automóviles, para permitir que un grupo de individuos jóvenes rodeara su
vehiculo, y destrozara con martillos los cristales traseros y de la puerta
lateral izquierda. Estos, al percatarse de que Schneider intentaba usar
su pistola, descargaron sus armas de fuego, algunas calibre 45, sobre
su cuerpo vulnerable y huyeron. El conductor, viendo que Schneider se
desangraba, se traslado a gran velocidad al Hospital Militar, donde — en
los momentos en que llegamos con el General Manuel Pinochet — era
eficientemente sometido a los auxilios que el grave caso requería por un
grupo de cirujanos militares. Veo el cuerpo inconsciente de Schneider,
inmóvil sobre la camilla, con su rostro hecho mármol y su busto bañado en
sangre. Uno de los tres balazos le había perforado los pulmones, le rozó el
corazón y le destrozó su hígado. Siento un intenso dolor ante la tragedia del
gran amigo y me siento como si rodara por un negro precipicio, en medio
de una vertiginosa iluminación de imágenes siniestras en que se alternan
multitudes enloquecidas y despavoridas que gritan desaforadamente
en medio del agudo traqueteo de ametralladoras y el ronco estallido de
bombas. […]. A las 10:00 concurre el Presidente Frei al Hospital Militar,
profundamente impresionado por lo ocurrido. Analizamos rápidamente
la situación, te impongo de las medidas que he adoptado y me confirma
su confianza como Comandante en Jefe Subrogante del Ejército. […] .
A medianoche espero en el Hospital Militar el resultado de una segunda
operación de Schneider. Lamentablemente, sólo puede lograrse el taponaje
de la región abdominal. Su estado es de suma gravedad. Durante el día
viernes 23 de octubre, entre viajes al Hospital Militar y a la Comandancia
en Jefe, reviso y apruebo las medidas de seguridad para el funcionamiento
del Congreso Pleno del día siguiente. La situación de orden público se
presenta aparentemente controlada. En todos los cuarteles del Ejército se
vive un estado de tensa indignación y de angustiosa espera de la evolución
de los esmerados cuidados que los cirujanos militares prestan día y noche
a Schneider. A las 13:00 del sábado 24 de octubre, es proclamado Salvador
Allende Gossens como Presidente de la República: 153 votos a su favor
de los partidos de la Unidad Popular y Democracia Cristiana, 35 votos en
favor de Alessandri y 7 votos en blanco. A las 19:00, los tres Comandantes
en Jefe, Almirante Tirado, General Guerraty y yo, con el General Director
de Carabineros, Vicente Huerta, cumplimos el deber protocolar de saludar
al Presidente Electo en su domicilio. Es la primera vez que converso
con Salvador Allende. Enseguida, me traslado al Hospital Militar donde
recibo esperanzado el informe médico de que Schneider ha experimentado
una leve reacción favorable. El domingo 25 de octubre, a las 07:30 me
avisan telefónicamente del Hospital Militar que Schneider ha sufrido un
paro cardiaco. Llego a las 07:50 a la sala de operaciones, en el momento
que el Comandante en Jefe deja de existir». Cfr., Carlos Prats Gonzales,
Memorias. Testimonio de un soldado, cit., pp. 184-187.
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | STORIA
La Moneda
che le Forze Armate avrebbero rispettato il sistema legale
democratico:
Nel nostro paese viviamo sotto un governo legale, il quale è stato eletto, accettato e controllato dal popolo, dalla nazione. Il sistema elettorale, dal quale è derivato il presente governo, è definito con assoluta
precisione; e nel relativo processo legale le Forze Armate devono
agire come una garanzia e un pilastro per la sua normale e giusta comprensione.29
29 Il discorso è tenuto da Schneider il 13 marzo del 1970 al Consiglio
Generale delle Forze Armate Cilene. Il Generale Carlos Prats, presente
alla riunione, descrive l’avvenimento nelle sue memorie: «El 13 de marzo
se inicia un Consejo de Generales. al que asisten los generales de división
Manuel Pinochet, Pablo Schaffhauser, Camilo Valenzuela, Francisco
Gorigoitía y yo; los generales de brigada Eduardo Arriagada, Raùl
Poblete, José Larrain, Galvarino Mandujano, Augusto Pinochet, Orlando
Urbina, Furique Garín, Manuel Torres de la Cruz. Oscar Bonilla, Ervaldo
Rodriguez, José Valenzuela, Alfredo Canales, Eduardo Cano, Pedro del
Río y José Rodríguez, y el Coronel Mario Sepúlveda. No concurrieron,
por encontrarse transitoriamente en el extranjero los generales de brigada
Rolando González y Héctor Bravo y el Agregado Militar en los EE.UU.,
General de brigada Ernesto Baeza. He enumerado los asistentes a este
consejo, porque, además de ser el primero en que Schneider reunía a todos
los generales, es la oportunidad en que el Comandante en Jefe define con
absoluta claridad su pensamiento completo sobre la situación que vivía el
Ejército, y señala las pautas orientadoras de la marcha de la Institución en
el futuro». Ivi, pp. 147-148.
La dottrina Schneider fu un prodotto storico del ruolo dei
militari sino al 1970, soprattutto come un gradino nell’evoluzione della relazione che le Forze Armate avevano col potere
civile, relazione che era subordinata alla situazione politica,
formulata in difesa degli interessi della sicurezza nazionale
basati sulla Costituzione del 1925. Le opinioni politiche del
generale non andavano di conseguenza molto più in la della
Costituzione e avevano soprattutto l’intento di convincere
sia i settori civili sia quelli militari del dovere costituzionale
dei militari.
La dottrina Schneider non è una dichiarazione rappresentativa del pensiero degli ufficiali cileni ma piuttosto un’opinione personale, con effetti soprattutto orali o non necessariamente pratici.
Si aggiunge che il relativo terreno di prova furono gli avvenimenti del 1970-73, quando la dottrina fu portata alla
pratica dal generale Prats, secondo comandante in capo di
Schneider e comandante in capo sotto Allende.
Per una migliore conoscenza della dottrina o del pensiero di Schneider si riportano le frasi più importanti di alcuni
suoi appunti, stesi nei momenti cruciali di settembre-ottobre
del 1970. Sono note personali su un seminario, che lui tenne
all’accademia di guerra il 10 settembre e quelle relative a un
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STORIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
suo discorso all’accademia del politecnico il 15 ottobre.
Dagli appunti sul seminario si deduce che per lui due problemi si presentavano all’esercito e soprattutto al suo comandante in capo:
1) l’esercito non doveva convertirsi in un ostacolo tra le
due principali forze elettorali;
2) il futuro dell’esercito trascendeva la politica qualunque
fosse il partito eletto per governare.
Qual è il nostro atteggiamento? L’unico: la legalità. Gli altri atteggiamenti ci dividono, e ci collocano contro il popolo. I risultati elettorali
sono sotto la nostra responsabilità. La soluzione è politica e spetta al
Congresso; non è sicuramente una soluzione armata. No alla guerra
civile. Il nostro futuro è inquietante e insicuro, anche sotto altri aspetti.
Assicurare la nostra istituzionalità: difficile, ma non impossibile. Sia
Allende sia Alessandri richiedono appoggio per governare. Ci sono
dettagli precisi per negare quest’appoggio: il Congresso. Uniti, saremo capaci.30
Negli appunti per il suo discorso all’accademia del politecnico militare, il 15 ottobre del 1970, scrisse:
L’ambiente istituzionale attuale richiede dimostrazione di tranquillità
professionale. Riconosco inquietudine nelle persone, dubbi sul futuro,
angoscia personale che io ho. Questo non può cambiare il nostro atteggiamento professionale. L’ho detto molte volte che è l’unica cosa che
ci unisce. Intimidazioni, infiltrazioni multiple, Generale Viaux, politici diversi, lettere, telefono,conversazioni; obbiettivo rompere l’unione
(...). Politica seguita mantenimento della posizione legale. Mantenere
contatto (...); appoggio a ciò che decide il Congresso. Per golpe, informazioni opportune. Mantenere l’unione istituzionale, preparazione
per attuarla, piani e analisi di ogni circostanza. Politica: futura garanzia costituzionale nostra principale difesa, nostra inalterabile posizione, dottrina chiara e precisa; unione istituzionale (dentro l’esercito)
e tra istituzioni (con marina e aviazione). Proporre al futuro governo
politica di difesa nazionale, politica istituzionale. Pianificazione per
sei anni: definizione, obiettivi, classificazione; programmare la nostra
evoluzione. Non fermare l’evoluzione e i cambi. Dobbiamo accettarli,
dirigerli; non cadere in estremi. Ciò che non desidero: sono colpi di
stato militari o civili, organizzazioni civili con molteplici obiettivi,
campagna del terrore.31
Questa dottrina illumina, nelle vissute circostanze del
1970, certe posizioni strategiche che adottò Schneider come
militare costituzionalista e non come un politico civile né
con interessi in mente, che non fossero quelli puramente democratici. Possiamo riassumerle brevemente:
1) l’esercito deve appoggiare l’evoluzione democratica;
2) l’esercito è il garante di questo processo, e come tale ha
l’ultima parola in questi problemi;
3) l’appoggio del parlamento e dell’esercito è essenziale
per il governo, sia di sinistra sia di destra;
4) l’unità dell’esercito è fondamentale per evitare una situazione di guerra civile;
5) l’unità può essere raggiunta soltanto con l’appoggio totale al regime legale.
LA COSTITUZIONE DEL 1925
30 Cfr., Joan Garces, Allende y la experiencia chilena – las armas de la
critica, Barcelona, Ed. Ariel, 1976, p. 273-274. Inoltre cfr., AA.VV., El
caso Schneider, cit., pp. 187-192.
31 Ibidem.
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I fattori storici che hanno forgiato il carattere dei militari
cileni (Forze Armate e Carabinieri) non sono una serie lineare di elementi trascendenti. Invece, molti dei problemi
del ruolo delle Forze Armate nella vita della società cilena
si trovano, di fatto, mascherati col risultato che tra il dettato
costituzionale e l’azione quotidiana dei militari si sviluppano
divari e contraddizioni tra le Forze Armate e la società.
La Costituzione del 192532 fornisce il referente essenziale
per comprendere adeguatamente il comportamento e l’attività dei militari per tutto il periodo del governo costituzionale
in Cile sino al 1973.
Uno dei miti della cultura politica cilena è che le Forze
Armate sono fuori o sopra le parti, dalle lotte e dei problemi
sociali e politici della società. Per tale cultura la presenza
delle Forze Armate nella società è solo in funzione della difesa delle frontiere nazionali e dei relativi interessi strategici,
includendo in tale difesa quella del patrimonio nazionale e
della sicurezza di tutti i cittadini o dell’ordine interno.
Così dovrebbe essere. Così forse non è stato nel Cile al
tempo della crisi dal 1970 al 1973. Infatti, tale concezione dimentica che in genere le Forze Armate hanno un alto potere
coercitivo col risultato che in una situazione di forte polarizzazione politica possono avere un ruolo traumatico.
ORIGINE DELLA COSTITUZIONE DEL 1925
Alla prima Costituzione del Cile, nel 1828, caratterizzata
come liberale pur essendo stata emanata sotto la presidenza
di Francisco Antonio Pinto, che era stato un generale dell’esercito cileno, seguì la Costituzione del 1833 fondata, a differenza della precedente, su “principii nettamente autoritari
e conservatori”; e anche questa volta il Presidente della Repubblica, Joaquin Prieto, era un generale dell’esercito cileno.
Nel 1891 l’ordinamento costituzionale fu notevolmente
modificato, il potere esecutivo fu ridotto quasi all’impotenza
e si rafforza invece quello legislativo-parlamentare.
Il testo della Costituzione del 1833, interpretata erroneamente da buona parte della storiografia come la carta autocratica voluta dal ministro
32 Hasta el 11 de Septiembre de 1973 rigió en Chile la Constitución de
1925, preparada en ese año por una comisión pluralista designada por el
entonces Presidente de la Republica don Arturo Alessandri y aprobada
plebiscitariamente en Agosto del mismo año. Su contenido, en lo
fundaméntale es el mismo de la Constitución de 1833, aunque hizo avances
en materia de garantías individuales e y sociales, definición del régimen
político y perfeccionamiento de Estado de Derecho. Por ello, puede
decirse que ha habido en Chile, formal y sustantivamente, una notable
continuidad y regularidad constitucional, desde 1833 hasta 1972, es decir,
durante 140 años. Cfr., Jorges Tapia Valdés, Poder Judicial, gobiernos
de facto y protección de la Constitución: el caso de Corte Suprema de
Chile, Rotterdam, Institute for the New Chile, 1979, p. 33. Jorge Tapia
Valdés, abogado y profesor universitario, desempeñó tareas docentes en
la Universidad de Chile como Profesor de Derecho Constitucional. En los
últimos años ha sido investigador y docente en varias universidades latino
y norteamericanas. Actualmente es Profesor Visitante de Derecho Publico
en la Universidad Erasmo de Rotterdam y asociado del Instituto para el
Nuevo Chile. Durante el gobierno del Presidente Allende desempeño
las carteras ministeriales de Justicia y Educación. El presente trabajo
fu expuesto y debatido durante el Seminario sobre Seguridad Nacional
y Fuerzas Armadas, organizado por el Instituto para el Nuevo Chile en
Febrero de 1979.
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degli interni [Diego Portales], rappresenta la volontà dei costituenti
di andare al di là dell’emergenza politica e dei rapporti di forza del
momento e di disegnare una istituzionalità di più ampio respiro. In
essa vengono recepite le inquietudini dei liberali dell’epoca e in essa
convivono, in una sorta di curioso equilibrio, elementi di presidenzialismo e di parlamentarismo. Non a caso rimane in vigore, per quasi
un secolo, sino al 1925 e garantisce il quadro istituzionale del paese
anche durante l’esperienza del parlamentarismo (1891-1925).33
Con l’inizio del nuovo secolo la situazione politica diventa
ancora più instabile per l’inasprirsi della questione sociale e
anche in Cile fecero la loro comparsa “i partiti democratici”,
che nelle elezioni del 1924, ebbero la maggioranza in entrambe le camere sotto la presidenza di Arturo Alessandri, un
civile di origine italiana che in precedenza aveva formulato
un programma politico democratico e quasi rivoluzionario
per quegli anni. Basta pensare al decentramento amministrativo, al suffragio femminile, alla separazione della chiesa
dallo stato, all’imposta sul reddito, al codice del lavoro e al
controllo del governo sull’industria dei nitrati.
Esasperati dall’indifferenza con cui i parlamentari affrontano la loro
richiesta di aumenti salariali, il 2 settembre 1924, 56 ufficiali dell’esercito fanno irruzione nel Senato mentre è in corso un dibattito su un
progetto di legge per l’istituzione di uno stipendio ai parlamentari (le
cariche parlamentari non sono retribuite) come strumento di democratizzazione del Congresso che avrebbe permesso l’accesso a persone
senza fortune personali, e esprimono la loro protesta. Qualche giorno
dopo formano un comitato che presenta a Alessandri un memorandum con una serie di petizioni. Queste ultime, vanno al di là delle
rivendicazioni dei militari e includono una serie di punti contenuti nel
programma elettorale di Alessandri mai realizzati. Tra questi viene
contemplata la riforma della Costituzione, la promulgazione immediata di uno statuto dei lavoratori, l’approvazione di un’imposta alla
rendita e una serie di altre leggi riguardanti la questione sociale. […].
All’Esercito intanto si associa nella protesta la Marina, dichiaratamente antialessandrista. Dinanzi a questa situazione Alessandri rinuncia
alla sua carica e abbandona il paese. L’11 settembre del 1924 si costituisce una giunta militare che annuncia i suoi propositi di “abolire le
falde politiche” e convocare una libera assemblea costituente con l’obiettivo di redigere una nuova Costituzione che ponga fine al “parlamentarismo selvaggio” degli ultimi trent’anni e accolga le aspettative
legittime di ordine e progresso del popolo cileno. Alla fine di questo
processo le forze armate sarebbero ritornate nelle loro caserme. […].
Dopo pochi mesi la giunta militare si scioglie e dà vita, insieme a
esponenti dei Partiti radicale, democratico e a alcune frazioni dei liberali, a un movimento di militari e civili che chiedono il ritorno di
Alessandri e la formazione di un governo civile. Il presidente riassume
il suo incarico alla fine del gennaio 1925 […] nomina immediatamente una commissione consultiva costituita dai rappresentanti di tutte le
tendenze politiche, inclusi i comunisti, e delle organizzazioni sociali
con il compito di preparare e organizzare un’assemblea costituente
che però, per problemi dovuti alle tensioni politiche, non viene mai
eletta. La commissione consultiva si fa quindi carico della stesura della nuova Costituzione che, sottoposta a plebiscito, viene votata in agosto e promulgata il 18 settembre 1925. Sottraendo al Congresso una
serie di prerogative in materia finanziaria, […] Alessandri instaura un
regime di tipo presidenziale. […].
Ma il punto debole di questa Costituzione è il nodo non risolto della
relazione presidente-parlamento. Il grande potere extraparlamentare
dei partiti politici che era stato un elemento fondamentale della crisi
del sistema politico precedente, sopravvive alla riforma del 1925 e nel
corso dei decenni successivi si consoliderà sempre di più.34
33 Maria Rosaria Stabili, Il Cile. Dalla Repubblica Liberale al dopo
Pinochet (1861-1990), Firenze, Giunti Gruppo Editoriale, 1991, p.13.
34 Ivi, pp. 49-51.
Il 30 agosto del 1925 fu votata la nuova Costituzione che
rimase in vigore fino al 1980.
ALCUNI RILIEVI SULLA COSTITUZIONE DEL 1925
La Costituzione del 1925 è divisa in dieci capitoli, con un
totale di 110 articoli, più dieci disposizioni transitorie.
La commissione Consultiva fu consigliata da un gruppo
di tecnici, che la perfezionarono dal punto di vista lessicogrammaticale e giuridico. Tuttavia, per la ristrettezza del
tempo, si commisero degli errori, così ad alcune materie non
si diedero l’ubicazione e l’importanza che le circostanze richiedevano.
Inoltre la Costituzione del 1925 non è stata applicata nella
sua integrità perché i precetti, che contengono alcune delle più interessanti riforme, non sono stati mai regolati. Così
avvenne con le assemblee provinciali, i tribunali amministrativi, l’indennizzo per i condannati poi risultati innocenti, la proprietà familiare, e altre disposizioni, che sono state
chiamate “le disposizioni programmatiche incomplete della
Costituzione del 1925”. A esse si deve aggiungere che il decentramento amministrativo, cui aspiravano i costituzionalisti del 1925, non si realizzò mentre, di fatto, si accentuò la
centralizzazione, con evidente danno per la vita delle provincie e specialmente degli organi di amministrazione locale
che sono le municipalità.
Sono numerosi i progetti di riforma che sono stati presentati per modificare la Costituzione del 1925, ma molti di essi
non sono stati nemmeno discussi. Solo due leggi di riforma
sono state promulgate:
- la legge n. 7727, del 23 novembre del 1943;
- la legge n. 12548, del 30 settembre del 1957.
La prima aveva come finalità principale quella di ordinare
la finanza; l’altra invece trattava della nazionalizzazione dei
nati in Spagna e della perdita della nazionalità cilena.
Dal 1925 fino al 1973 si è creata una nutrita e interessante
legislazione complementare e regolamentare della Costituzione35, in vigore sino al 1980, anno in cui è stata promulgata
la nuova Costituzione cilena da Pinochet.
L’ARTICOLO 22 DELLA COSTITUZIONE
Per comprendere in maniera sufficientemente adeguata “il
mito militare cileno” e quindi la reale funzione dei militari nella vita della Repubblica, si deve soprattutto analizzare
l’articolo 22 della Costituzione, che fu ridefinito nel 1970.
Art. 22.- La fuerza pública está constituida única y exclusivamente
35 El estudio de la Constitución de 1925, de las decisiones judiciales y
de la práctica política chilena, lleva a la conclusión de que el país había
elaborado un vasto y complejo sistema de protección de la supremacía
constitucional. Dentro de dicho sistema, podían distinguirse tres niveles
de control de la constitucionalidad: el de los actos del Poder Legislativo,
el de los actos políticos de Gobierno, y el de los actos comunes de la
Administración ordinaria. Cfr., Jorges Tapia Valdés, Poder Judicial,
gobiernos de facto y protección de la Constitución: el caso de Corte
Suprema de Chile, cit., p.12.
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STORIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
por las Fuerzas Armadas y el Cuerpo de Carabineros, instituciones
esencialmente profesionales, jerarquizadas, disciplinadas, obedientes
y no deliberantes. Sólo en virtud de una ley podrá fijarse la dotación de
estas instituciones. La incorporación de estas dotaciones a las Fuerzas
Armadas y a Carabineros sólo podrá hacerse a través de sus propias
escuelas institucionales especializadas, salvo la del personal que deba
cumplir funciones exclusivamente civiles.36
Secondo tale articolo «La forza pubblica è essenzialmente
ubbidiente. Nessun gruppo armato può deliberare». Nel 1970
si precisò che «La forza pubblica è istituita unicamente ed
esclusivamente dalla Forza Armata e dai carabineros, istituzione professionale, gerarchizzata, disciplinata, obbediente
e non deliberante».
In primo luogo la forza pubblica è un’istituzione professionale. La sua unica funzione è l’intervento tecnico, difensivo
e repressivo, per la conservazione dell’ordinamento legale e
costituzionale della società cilena. Pertanto la forza pubblica
non deve infiltrarsi in nessun altro campo di attività e tanto
meno in quello politico.
In astratto la professionalità della forza pubblica è senz’altro un alto valore sociale ma per la sua adeguata valutazione,
deve essere considerata nel concreto della società cilena.
Nel 1925, quando fu promulgata la Costituzione, l’ordinamento economico-sociale della Repubblica cilena era di natura capitalistico-borghese, e per di più il capitalismo cileno
era subordinato a quello internazionale e soprattutto a quello
statunitense.
In questo modo “la professionalità” o l’efficienza difensiva
e offensiva dei militari serviva alla difesa dell’ordinamento
capitalistico della società.
Quest’aspetto negativo della professionalità dei militari
cileni è sottolineata dal fatto che gli ufficiali potevano partecipare alle elezioni nazionali mentre ai soldati invece questo
diritto era negato. Gli ufficiali in genere avevano una formazione alto-borghese, la più favorevole all’ordinamento
sociale ed economico capitalistico e, di conseguenza la loro
partecipazione attiva alla vita e alla lotta politica non poteva
essere un pericolo per tale ordinamento. Invece i soldati, in
genere di estrazione popolare, aderiscono molto facilmente
soprattutto a movimenti politici contrari al capitalismo. Di
qui la necessità di negare loro il diritto al voto nelle elezioni
nazionali affinché salvaguardassero la loro professionalità
militare. Così i soldati potevano essere usati come dei burattini, che devono attendere unicamente a quanto gli ufficiali,
ordinavano.
Un altro limite della professionalità dei militari, particolarmente se eccessiva, è una specie d’isolamento sociale. La
specializzazione tecnica di tipo militare può rendere difficile
l’inserimento nella società civile, quando si lascia il servizio
militare. Da tutto ciò deriva una lunga permanenza degli ufficiali ed anche sottufficiali nell’esercito, con il conseguente
quasi totale distacco dal resto della società.
L’aspetto negativo del fenomeno è evidenziato dal grado
36 Artículo sustituido por la Reforma Constitucional contenida en la Ley
N. 17.398, de 9 de Enero de 1971.
22
di chiusura dei circoli militari, soprattutto degli ufficiali. A
volte la chiusura è tale che gli iscritti sembrano membri di
una casta.
Per alcuni teorici l’esclusione dei militari dalla vita politica è un elemento del sistema sociale borghese, studiato per
isolare i militari dai conflitti presenti nelle società borghesi.
Tale fatto però si tratta di un equivoco perché gli ufficiali,
in genere di formazione borghese, interverranno con tutta la
forza repressiva delle armi se i conflitti sociali mettono in
pericolo gli interessi o i privilegi della borghesia.
Il mito della professionalizzazione dell’esercito fu rotto
dal Tacnazo del 1969 quando il reggimento blindato “Tacna” distanza a Santiago, occupò la caserma (come l’anno
prima avevano fatto gli studenti con l’Università e i cristiani
di sinistra con la Cattedrale) e pose una serie di rivendicazioni professionali (più armi) e sindacali (più salario). Il capo
dell’iniziativa era il generale Viaux, messo a riposo proprio
alla vigilia del colpo e molto popolare per le sue prese di posizione “sindacali” in favore dei militari. La rivolta si spense
non appena fu data la garanzia che sarebbero state accolte le
rivendicazioni; ma se solo il reggimento blindato si ribellò
apertamente, in pratica tutto l’esercito fu complice poiché
l’aviazione si rifiutò di intervenire e i “reparti fedeli” non
diedero l’assalto alla caserma occupata.
L’episodio del Tacna, “il primo sciopero dei militari in
Cile”, fa sospettare «al livello più alto della gerarchia militare, un abbozzo di manovra più politica che professionale,
tendente a revocare alla Democrazia Cristiana il beneficio
dello sforzo che essa si decideva in extremis a compiere in
favore delle Forze Armate, obbligandola ad agire sotto la
pressione delle baionette»37: un’operazione di inequivocabile segno di destra.
È importante chiarire che se la ribellione poté passare ed
avere una conclusione vincente fu a causa di una frattura,
ormai consolidata all’interno delle Forze Armate. La rottura
del rigoroso professionalismo, che da quarant’anni circa aveva caratterizzato l’esercito nella sua interezza, significava il
rifiuto, di segno politico uniforme, di “un’ideologia militare”
che si basava su una sostanziale adesione al regime.
L’esercito risentiva delle forti tensioni sociali e le esprimeva al suo interno mostrandosi politicamente non unificato, fra
un’ala di destra golpista e fascista, di “stampo brasiliano”, e
un’ala di sinistra, addirittura di estrema sinistra. In mezzo vi
era la massa indecisa, turbata dal pronunciamento del Tacna, ma che si rifiutava di dargli un contenuto propriamente
politico e che una volta soddisfatte le domande relative agli
stipendi e agli armamenti, accettò la capitolazione degli ammutinati e le sanzioni per avere attentato alla disciplina.
La forza pubblica gerarchizzata. Cioè è un’organizzazione
centralizzata o di vertice, e tutto l’esercito è subordinato al
37 Gli avvenimenti citati sono avvenuti durante il governo Frei. Dopo tali
eventi il governo nomina al comando dell’esercito il generale Schneider,
un militare assolutamente costituzionalista e professionalmente rispettato
che avrà il difficile compito di restaurare la disciplina nei ranghi militari.
Cfr., Alain Joxe, I militari cileni dal legalismo alla violenza istituzionale,
in «Politica Internazionale», n.11, novembre 1973, p.49.
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controllo di un ristretto gruppo degli alti membri dell’élite
professionale. Invece la massa dei militari prima è addottrinata con i valori astratti di “Nazione”, “Ordine”, “Madre
Patria” e simili, dietro i quali sono però nascosti i reali e concreti interessi della borghesia. Tutto ciò porta a sviluppare tra
di essi differenze economiche, sociali e di prestigio, e così si
mantiene fra i militari una permanente atmosfera competitiva. Segue l’ubbidienza cieca o meccanica perché, eccettuati
i pochi che riescono ad analizzare adeguatamente le mistificazioni, tutti pensano che la fedeltà agli ordini di quelli che
stanno al vertice dell’organizzazione è per la salvaguardia
dei suddetti valori.
La forza pubblica è disciplinata. La disciplina militare,
che riguarda la struttura stessa delle Forze Armate, è l’insieme delle norme sull’ubbidienza o sull’obbligo dei militari
di eseguire gli ordini ricevuti dai propri superiori; e dipende
proprio da tale obbedienza la forza del principio gerarchico.
Le norme sull’ubbidienza militare sono contenute soprattutto nel libro del regolamento militare. Ad esempio l’articolo 6:
Il soldato deve essere cosciente che, solo compiendo esattamente il
suo dovere nel suo rango, gli può essere riconosciuta la più alta stima
dai suoi superiori; perciò deve dimostrare un grande amore per il servizio, ambizioni oneste ed un costante desiderio di essere utilizzato
in situazioni di alto rischio; deve inoltre dimostrare valore, talento,
preparazione e costanza in tempo di pace e di guerra; ed un grande
spirito di sacrificio, contrario a qualunque altra intenzione egoistica. 38
Le forme più rilevanti d’indisciplina sono la sovversione,
l’ammutinamento, la diserzione, l’omissione d’informazione
su attività sovversive e l’insubordinazione. Tali forme d’indisciplina sono considerate crimini e la loro pena massima è
la morte.
È facile avvertire che la disciplina militare, così concepita,
riduce i soldati e i sottufficiali ma anche gli ufficiali inferiori
a degli automi nelle mani dei più alti gradi militari, dei quali
già si è detto che anche in Cile erano soprattutto di estrazione
borghese e perciò a servizio del relativo ordine sociale di tipo
capitalistico.
Vi sono però l’articolo 335 e parte dell’articolo 336 del
codice di giustizia militare, che contengono delle norme apparentemente contrarie al suddetto articolo 6.
Art. 335. Se un inferiore ha ricevuto un ordine e sa che il superiore
nel dettarla non ha potuto verificare sufficientemente la situazione,
o quando gli avvenimenti hanno anticipato gli ordini, o se teme con
ragione che l’esecuzione di un ordine produce un male grave che il
superiore non ha potuto prevedere, o l’ordine tende notoriamente
all’esecuzione di un delitto, il subalterno potrà sospendere l’esecuzione dell’ordine e nel caso urgente anche modificarlo, dandone però
l’immediato resoconto al superiore. […].
Art. 336 […]. Se però il subalterno non si attiene all’ulteriore ingiunzione del superiore di eseguire l’ordine, momentaneamente sospeso
o modificato, potrà ricevere la massima reclusione militare e persino
38 Reglamento de Disciplina para las Fuerzas Armadas, n. 1445,
Santiago, 14 de diciembre de 1951, in Código de Justicia Militar, cit.,
p. 301.
la morte.39
L’articolo 335, considerato attentamente, non è contrario all’articolo 6 del regolamento militare ma lo rafforza.
Di fatto il sottoposto può momentaneamente sospendere o
modificare un ordine del superiore, solo perché si realizzi
meglio lo scopo per il quale l’ordine è stato emanato e che
circostanze concrete, sfuggite al superiore, possono impedire il conseguimento. Deve perciò avvertire al più presto il
superiore, che, di fatto, accetta la momentanea sospensione
dell’esecuzione dell’ordine impartito o la sua modificazione
solo o soprattutto in funzione dello scopo reale, che si era
prefisso nell’emanarlo. In conclusione, la disciplina delle caserme cilene è simile al funzionamento di una macchina o di
un robot. Tutti devono eseguire bene e presto qualsiasi ordine, soprattutto in circostanze difficili, al di fuori di qualsiasi
considerazione sulla sua obiettiva razionalità e del suo valore
umanamente non negativo.
La forza pubblica è obbediente. Per l’articolo 22 della
Costituzione l’aggettivo “obbediente” non si riferisce all’obbedienza automatica, propria dell’istituzione militare; ma a
quella istituzionale dei militari di grado superiore al potere
civile, perché il capo supremo costituzionale di tutti i militari è il Presidente della Repubblica, riconosciuto come “Generalissimo”. Non si tratta di un’autorità puramente decorativa o non funzionale nell’amministrazione militare. È un
potere discrezionale, del quale la Costituzione ha investito il
Presidente e che discuteremo più avanti. Qui si vuole rilevare
soltanto che, nella relazione tra potere civile e quello militare, l’obbedienza-servizio dei militari di grado superiore molto facilmente genera insoddisfazione in essi, perché possono
sentirsi minacciati dal potere del Presidente.
La forza pubblica è non deliberante.40 Questo termine
deve essere collegato a professionale e si riferisce alla “prescindenza politica” delle Forze Armate, tanto quanto istituzione che riguardo ai suoi membri soprattutto di grado superiore: è loro proibito di deliberare su qualsiasi aspetto della
società cilena.
39 Ivi, p. 112.
40 La Constitución Política actual transcribió el antiguo Art. 157 y le
dio un nuevo numero: 22. Las Actas de las Comisiones de Reforma, al
referirse a este artículo dicen escuetamente: “no dio lugar a debate; se
aprueba tal como estaba en la Constitución de 1833”. Y en esta forma los
Constituyentes de 1925 jugaron una mal pasada a los miembros de las
Fuerzas Armadas y no aclararon su verdadero sentido y alcance. La caída
de O’ Higgins; la tentativa o’ higginista de 1825; el motín de Campino;
la disolución de tres Congresos; las renuncias de Blanco y Eyzaguirre;
los motines militares por falta de pago; el hábito de cuartelazos y
pronunciamientos; todos son antecedentes concretos que indujeron a los
constituyentes de 1833 a poner fin a este estado de desintegración cívica
mediante un precepto constitucional riguroso, inflexible, lacónico: “La
Fuerza Pública es esencialmente obediente, Ningún Cuerpo Armado puede
deliberar”. Era la fórmula más positiva de terminar con este espíritu de
turbulencia; había que encauzar a las Fuerzas Armadas de esa época por un
sendero diferente; ellas debían, antes que la sociedad, conjurar el peligro
y la anarquía. Y éstos son, a mi juicio, los antecedentes que indujeron a
los constituyentes de 1833 a contemplar una disposición rígida, ajustada
a la época […]. Cfr., Capitán Fernando Montaldo Bustos, Ningún cuerpo
armado puede deliberar, «Memorial del Ejército», Julio-Agosto, 1953.
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Su questo tema il comandante in capo generale Carlos
Prats entrò in una disputa pubblica con i senatori democristiani, di opposizione, circa l’integrazione di alcuni alti capi
militari imposti da gabinetti politici nel 1972.
Posteriormente e stando in esilio Prats commentò che la
tanto discussa prescindenza politica della Forze Armata cilena ha contribuito al suo isolamento dalla vita sociale e a una
concezione profondamente deformata dei problemi sociopolitici.41
Perciò nel pieno della crisi del 1972 Prats patrocina almeno l’integrazione del comandante in capo in ogni ramo del
governo. E prima di questa crisi il corpo dei generali aveva
consegnato al Presidente Allende un memorandum, che è riprodotto nel libro-memorie di Prats e dal quale traspare con
molta chiarezza il carattere nettamente politico e di natura
almeno centrista ma forse anche di destra della loro richiesta.
Essi erano in accordo con la posizione del partito Democratico Cristiano e senz’altro avrebbero costituito, con la loro presenza in seno al governo, “un gruppo di pressione politica” in
linea con gli elementi più di destra di tale partito.
Da quanto si dirà studiando il pensiero di Prats, la richiesta di partecipazione alla vita politica da parte dei generali è
disegno contrario a quanto intendeva Prats. Quest’ultimo era
per l’inserimento dei supremi comandi delle Forze Armate
nella vita politica allo scopo di un migliore sviluppo della
società cilena e quindi di tutti i suoi cittadini. L’alta ufficialità invece, pensava che con la loro presenza nel governo, si
rafforzava la pressione politica di centro e di destra.
IL PROBLEMA MILITARE CILENO
Raul Ampuero, parlando del problema militare cileno al
tempo del governo di UP 1970-73, si pone due domande:
Fu il rispetto della legalità formale, che permise alla coalizione di UP
di guadagnarsi il favore delle Forze Armate per instaurare il socialismo? O al contrario l’appoggio, che queste dettero al governo, rese
impossibili i cambiamenti rivoluzionari?42
Il presente lavoro ha cercato di rispondere nel seguente
modo alle due domande. La fedeltà formale al dettato costituzionale, secondo il quale gli alti ufficiali delle Forze Armate cilene non hanno un potere deliberante e il loro capo supremo è il Presidente della Repubblica, ebbe un’importanza
rilevante perché esse si mettessero dalla parte del Presidente
legittimamente eletto dal popolo e poi designato dal Congresso. Le Forze Armate, infatti, appoggiarono il Presidente
nella relativa azione governativa per la realizzazione del socialismo per la via pacifica; ma solo nella fase iniziale o sino
a quando la collaborazione produceva per essi miglioramen41 Cfr., Carlos Prats González, Memorias testimonio de un soldado,
Santiago, Ed. Pehuèn, 1985, pp. 580-610. Inoltre cfr., Guido Vicario (a
cura di), Il soldato di Allende. Dalle “Memorie” di Carlos Prats González,
Roma, Editori Riuniti, 1987, pp.229-233.
42 Raúl Ampuero, El poder político y las Fuerzas Armadas, Santiago,
Ed. Punto Final, 1973.p. 2
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ti economici e di potere e purché la volontà per le riforme
socialiste non avesse mai toccato i fondamenti dell’ordinamento capitalistico-borghese del Cile. In altre parole era un
assurdo storico e sociale l’idea di realizzare il socialismo, in
una società come quella cilena, con l’aiuto delle Forze Armate.
CONFERMA TEORICA
L’assunto è dimostrato anzitutto teoricamente. In tutte le
società storiche del passato, l’esercito è stato sempre lo strumento più efficace del potere di una o più classi dominanti. L’esempio più tipico possono essere gli eserciti popolari
della Rivoluzione Francese. Da quando Napoleone diventò
Primo Console, l’esercito francese combatté soprattutto per
gli interessi della classe borghese, che si stava sostituendo
all’antica nobiltà nella funzione di classe dominante.
Limitando il discorso al Cile, si può dire che né il professionalismo né la neutralità ideologica potevano impedire
che le relative Forze Armate non fossero in funzione dell’ordinamento capitalistico o per il mantenimento di un ordine
sociale, che difende e sviluppa i privilegi di una o più classi
dominanti. E conosciamo bene i relativi meccanismi.
A) La stretta dipendenza dell’individuo dall’istituzione
militare.
1) Nonostante la legislazione militare cilena preveda, come
quelle europee, il principio dell’obbedienza critica, l’imposta
abitudine ad assimilare l’ordine gerarchico genera nel soldato un meccanismo di ubbidienza automatizzata, fino a dare
alla subordinazione gerarchica un carattere quasi assoluto.
2) L’istituzione militare garantisce al soldato, che ha ubbidito agli ordini, una protezione nei confronti delle istituzioni
civili; e ciò da un lato dà sicurezza al soldato, dall’altro lo
lega irrimediabilmente a una concezione corporativa della
giustizia.
3) La formazione professionale, unilaterale ed escludente
qualsiasi utilizzazione civile, contribuisce a legare i soldati e
soprattutto gli ufficiali all’istituzione.
4) Il principio della cosiddetta neutralità ideologica, di fatto, consiste nella proibizione a deliberare. Inoltre si attua con
maggior vigore e quasi soltanto negli strati più bassi della
scala gerarchica, dove assume la funzione di barriera contro
l’eventuale contagio d’idee, soprattutto valide, che possono
mettere in crisi la cieca ubbidienza militaresca. Invece diventa sempre di più, specialmente negli alti gradi, pretesa a
un ordinamento sociale nel quale i militari, particolarmente i
più alti in grado, devono essere favoriti come e più di tutti gli
altri cittadini di pari dignità e professionalismo.
B) La fusione istituzionale con il sistema socio-politico
capitalista.
1) La Costituzione prevedeva un controllo sulle Forze Armate; ma con una serie di meccanismi si cercò sempre di
sottrarle a ogni forma di controllo democratico. A questo
scopo era funzionale la suprema ed esclusiva autorità del
Presidente sopra i corpi armati, vera e propria garanzia del
mantenimento dell’esercito al di fuori di ogni contatto con
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | STORIA
le idee ed i partiti rivoluzionari; e furono proprio le Forze
Armate che eliminarono, anche fisicamente il legittimo Presidente costituzionale.
2) In tutte le norme di diritto e canoni di comportamento
ideologico, che legano l’esercito agli organi del potere, l’istituzione della “zona di emergenza” è quella che fa meglio
risaltare l’integrazione della macchina militare con il potere
civile e, in particolare,con i partiti che specificatamente lo
esercitano. Infatti, nella zona, dichiarata di emergenza, il comandante del corpo militare assume anche il potere civile.
Inoltre, mentre inizialmente tale istituzione era legata a situazioni di minaccia militare esterna o di calamità naturale,
sotto l’amministrazione democristiana fu data la facoltà al
Presidente di dichiarare una zona di emergenza per affrontare situazioni di agitazione sociale o politica. Un esempio
efficace è dato dai fatti di El Salvador, quando l’autorità del
comandante della piazza si estese fino all’interno della fabbrica Andes Copper, diventando lo strumento della direzione
della fabbrica.
3) La rigorosa stratificazione, vigente all’interno dell’esercito, durante il processo di formazione degli ufficiali è spinta
a un tal punto, che fra ufficiali e sottufficiali si forma una
vera e propria barriera quasi infrangibile.
4) La negazione del diritto di voto ai sottufficiali i quali
rimangono gli unici cileni a non poter votare, cioè a non usufruire di quel diritto di cui godono gli analfabeti, gli invalidi
e tutti i cittadini maggiori di diciotto anni.
C) Subordinazione della difesa nazionale del paese a una
concezione “emisferica”.
Questa subordinazione si manifesta attraverso i trattati,
che avevano il loro centro nei Patti di Mutuo Aiuto (PAM)
ed erano stati sottoscritti e firmati dal Cile nel 1952. Con essi
il sub-continente diventa una specie di santuario del “mondo
libero”, il cui nemico fu identificato nell’Unione Sovietica
e nel campo socialista. Inoltre il PAM aggiunge un nuovo
anello alla catena della dipendenza cilena, quello della subordinazione logistica e strategica al Pentagono, che diventa l’arbitro silenzioso dell’equilibrio del sub-continente per
mezzo della discriminata assegnazione delle risorse e degli
armamenti. Tali accordi permettono agli USA di colpire duramente ed anche direttamente i paesi soggetti a sovversione.
L’ingresso dei cileni nel sistema di difesa dell’emisfero comporta così un’adesione implicita al sistema capitalista.
Il carattere dipendente delle Forze Armate cilene al piano
imperialista, che ne deriva, è stato evidenziato dal ruolo assegnato alla marina cilena nelle manovre congiunte con gli
USA (“Unita”); infatti, è coinvolta in combattimenti contro
potenze extra continentali, nemiche degli USA, ma non “nemici naturali” dei cileni.
È vero che durante il governo di UP vi fu un’apertura tecnica verso altre esperienze istituzionali (Cuba, URSS) e una
diversificazione nell’acquisto delle armi dall’Europa; e questi fatti dettero alle Forze Armate cilene una relativa autonomia dall’America; ma contemporaneamente continuarono
tutti gli impegni che legavano l’esercito cileno al Pentagono
e all’Organizzazione degli Stati Americani.
CONFERMA STORICA
L’assunto è forse confermato con più evidenza da un insieme di fatti, che sono strettamente legati tra di loro come
effetto a causa. Sorvolando sulla precedente storia del Cile,
con l’inizio del XX Secolo la sua classe dominante era formata da un ristretto gruppo di oligarchi che, circondati da
funzionari, professionisti, commercianti e industriali piuttosto piccoli, sfruttavano la massa delle classi inferiori con gli
strumenti delle istituzioni liberali e borghesi.
Anche nel Medioevo era così. I nobili e l’alto clero si godevano la vita col lavoro delle masse dei contadini, che erano
lasciati nell’ignoranza e nella miseria.
Nel mondo moderno le masse sfruttate non sono formate
solo dai contadini ma anche e soprattutto da quelli che lavorano per la produzione industriale e per i molti e grandi
lavori pubblici; l’unità di tali masse genera in essi, prima la
coscienza di classe sfruttata e poi una lotta sociale sempre
più aspra.
Nel mondo moderno le masse popolari non possono essere
tenute nell’ignoranza e nella miseria, perché una minoranza
si goda sfacciatamente la vita, senza la decisiva efficienza
delle Forze Armate, le cui numerose truppe possono essere
solo di origine popolare. In altre parole in ogni società borghese l’eventuale ricorso alla violenza armata dell’esercito è
una necessità costituzionale.
Così nel Cile nel 1957 una rivolta generale delle bidonvilles, provocata dalla crisi che seguì alla fine del boom coreano, fu repressa dall’esercito con estrema durezza e secondo
gli osservatori stranieri i morti furono parecchie centinaia.43
Dopo tale data le Forze Armate cilene hanno sempre saputo ricordare al popolo, mediante piccoli massacri, l’esistenza
dei grandi massacri e la pesante autorità dei capi militari.
Nel Cile, quando è indetto uno sciopero generale di tipo rivendicativo per il raggiustamento dei salari o per altro simile
motivo, è proclamato automaticamente lo stato di emergenza
e l’esercito assume il comando dei carabineros e mette unità
militari in servizio di ordine pubblico; e di solito capitano
dei morti “accidentali”, perché i militari non sanno fare altro
che sparare.
Siamo al 1969. In genere i giovani ufficiali, formati negli
Usa,sono inquieti per i problemi sociali ed economici e, come
in genere gran parte della classe media, sono snazionalizzati
e hanno come ideale la vita dei borghesi degli Stati Uniti.
Perciò, con un’inflazione cronica che nel 1969 tormentava il
Cile, gli ufficiali esigono un raggiustamento degli stipendi,
superiore a quello delle altre categorie dei dipendenti dello
stato. E vogliono anche l’ammodernamento delle armi, che
sono il fondamento per uno stipendio superiore. Se non si
può dimostrare la propria efficienza armata, alla fine non si
potrà giustificare neanche uno stipendio alto.
Pertanto le Forze Armate fecero pervenire al Presidente
Frei, per via gerarchica e senza “deliberare” né riunirsi, in
43 Cfr., Alain Joxe, I militari dal legalismo alla violenza istituzionale,
Politica Internazionale, n. 11, novembre 1973, pp. 47-48.
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STORIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
una maniera molto costituzionale, una serie di richieste che
riguardavano gli stipendi e gli armamenti.
Queste richieste, non soddisfatte, fecero crescere l’odio dei
militari per Frei e per la democrazia cristiana; ma soprattutto
spiegano il tacnazo o l’occupazione, sotto la direzione di un
generale messo a riposo qualche giorno prima, della propria
caserma da parte del reggimento “Tacna”.
Si ha così la prima sicura comparsa, tra gli ufficiali cileni,
di una destra che pensa soprattutto all’aumento dei privilegi
economici e sociali e forse anche al potere politico.
L’aviazione rifiutò di intervenire contro gli ammutinati e le
cosiddette “truppe fedeli” non si prestarono a dare l’assalto.
Comunque gli alti ufficiali, soddisfatte le domande riguardanti, gli stipendi e agli armamenti, accettarono la capitolazione degli ammutinati e le relative sanzioni. Subito dopo
Frei nomina alla testa dell’esercito il generale Schneider.
Dopo i militari anche i giudici reclamarono il raggiustamento dello stipendio; e i due fenomeni, uniti all’ingente
acquisto di armi moderne, dettero il via a una ripresa catastrofica dell’inflazione.
È questo il primo momento della dimostrazione storica. Ai
più alti comandi militari cileni il proprio favore a un eventuale governo di tipo socialista doveva significare soprattutto,
anche se inconsciamente, un più alto prestigio e aumentati
benefici economici.
Alle elezioni del 1970 Allende, candidato di UP, ottenne la
maggioranza relativa del 36,3% dei voti e fu designato Presidente dal Congresso dopo un negoziato con la democrazia
cristiana. Ebbe così inizio il governo di UP e il primo anno fu
un successo economico. Le tensioni sociali furono ridotte al
minimo, salvo nelle campagne,dove la riforma agraria prese
talvolta aspetti di rivoluzione agraria. L’esercito fu oggetto,
da parte del governo, di cure attente. Il potere di acquisto e
il livello di vita dei militari migliorarono a seguito del raggiustamento dello stipendio e di vantaggi in natura di ogni
sorta. Inoltre l’esercito era soddisfatto anche sotto il profilo
professionale, grazie alla continuazione del piano di acquisto di armi moderne. E vi erano per di più soddisfazioni di
amor proprio: mai sotto nessun regime, da vent’anni, i militari erano stati presi tanto in considerazione. Come esperti di
questioni di difesa partecipavano alle decisioni di sviluppo
regionale; e numerosi generali furono designati come gerenti
o rappresentanti del governo nelle industrie nazionalizzate o
sul punto di esserlo.
Quest’atteggiamento del governo verso i militari si spiega
con la necessità, in cui si trovava, di convincere le Forze Armate ad appoggiare il processo cileno di transizione pacifica
al socialismo. Infatti, tutti quelli che erano contrari alla svolta socialista, quasi dal giorno stesso della vittoria elettorale di
Allende non fecero altro che moltiplicare le iniziative perché
ciò non fosse; e col passare dei mesi la democrazia cristiana,
che si era accordata con UP perché Allende fosse designato
Presidente dal Congresso, cominciò a condizionarlo sempre
più pesantemente; quindi, collegata con la destra parlamentare, nemica di UP, mise il governo nell’impossibilità di portare avanti le riforme e persino di legiferare.
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Fu a questo punto che Allende pensò all’esercito come a un
sostituto della DC, e l’entrata del primo generale nel governo
nel 1972 permise al Presidente di continuare a governare.
Nei mesi di luglio e agosto dello stesso anno andò a vuoto
una nuova fase di negoziato con la democrazia cristiana, la
borghesia intensificò la propria azione contro il governo e la
situazione diventò sempre più difficile.
Infatti, le forze di opposizione cambiarono atteggiamento
nei confronti delle Forze Armate, e il loro scopo fu di privare
il governo dell’appoggio dei militari. Il concetto di “legalità”
e “neutralità” delle Forze Armate che animava l’opposizione,
fu spiegato in un editoriale di «El Mercurio». L’editorialista
scriveva che non bastava che le Forze Armate si limitassero
a non deliberare; questo significava, infatti, non intervenire
in politica, sino a quando non era ben chiaro che lo spirito
di lealtà alla Costituzione non era usato in modo che esse
rimanessero inerti mentre si violavano i principi della Costituzione.
La Semana Política
La Doctrina del Ejército
El artículo comenta la petición de retiro del general Alfredo Canales
Márquez, solicitado por el comandante en jefe del Ejército, general
Carlos Prats González. El general Canales se desempeñaba como
director de instrucción del Ejército, y se dijo que se le solicitaba la
renuncia «por convenir al interés institucional». El general Canales
señala que la petición se debe a una conversación sostenida con el
contraalmirante Horacio Justiniano, en que manifestó su inquietud
por la situación del país.
Un escueto comunicado del Ejército informó oficialmente que el comandante en jefe, general don Carlos Prats González, pidió al Gobierno el retiro del general de brigada don Alfredo Canales Márquez, «por
convenir al interés institucional». La medida tuvo inevitable trascendencia política tanto porque se la vinculaba a las especulaciones en
torno a un «Plan Septiembre», denunciado por el Gobierno, como porque esta decisión no está dentro del mecanismo eliminatorio normal
de los institutos armados. Además, el separar a un general diciendo
que ello conviene al «interés institucional» implica dejar al afectado
en una situación pública controvertible. El general Canales, por su
parte, sintiéndose autorizado para explicar a sus conciudadanos y a
sus compañeros de armas las causas de su separación del Ejército, y
obrando en defensa de su honor militar, formuló declaraciones públicas severas. Explicó el general que se había pedido su retiro teniendo
sólo a la vista una relación escrita del señor almirante don Horacio
Justiniano, que le fue remitida al general Prats por el Comandante en
Jefe de la Armada, almirante don Raúl Montero Cornejo, relación que
daba cuenta de una conversación sostenida por el general Canales con
el almirante Justiniano en que el primero había manifestado opiniones
políticas. El general rechazó en forma terminante los cargos y el procedimiento que se emplearon para su retiro.
Cualquiera que sea el juicio definitivo que el país se forme de esta
incidencia militar, debe lamentarse desde luego que ella se hubiera
prestado de algún modo para hacer surgir resquemores o sospechas
entre dos ramas de la Defensa Nacional. A no dudarlo, hay en los
partidos marxistas que gobiernan la intención próxima o remota de
cambiar al Ejército profesional y a las demás instituciones armadas de
la República por otra que está en consonancia con los principios de la
revolución marxista-leninista y que históricamente ha sido uno de los
pasos fundamentales para consolidar todos los regímenes comunistas
del mundo. No puede pretender Chile ser una excepción en esta materia, si, como dicen los comunistas, el proceso chileno está sometido
como los demás a las leyes generales del socialismo.
Nuestras Fuerzas Armadas tienen pues enemigos muy poderosos, y
cualquier tentativa de desunirlas o de abrir paso a incomprensiones
entre ellas favorece a tales enemigos.
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | STORIA
La introducción de posibles malas interpretaciones en los mandos medios de alguna rama castrense respecto de otras, o el empleo de medidas para alejar progresivamente de las filas a los jefes y oficiales que
se mantienen en la verdadera doctrina de nuestra Defensa Nacional
serían recursos extraordinariamente perjudiciales para los institutos
armados y para la propia seguridad del país. Corresponde, sin duda,
a la superioridad del Ejército calificar las elevadas razones que le han
dado motivo para provocar el retiro del general Canales, pero la opinión pública está cierta de que tal determinación obedece a la llamada
doctrina del Ejército, expuesta públicamente ante la ciudadanía, en su
tiempo, por el general Schneider y, con ocasión de las Fiestas Patrias,
en forma reiterada por el general Prats. No debe llamar la atención
que este tema profesional castrense adquiera jerarquía política. Ello se
debe a que la revolución que desenvuelve el Gobierno del Presidente
Allende toca puntos esenciales para la vida de la República y, en estos
instantes, parece estar poniendo en juego nada menos que el criterio
constitucionalista que ha de imperar en nuestros hombres de armas.
Un problema de esta especie rebasa el marco de las instituciones a las
cuales afecta. El principio constitucional que rige la conducta de las
Fuerzas Armadas es que ellas son esencialmente obedientes y que no
pueden deliberar. Esto significa que deben cumplir con fidelidad las
instrucciones de sus superiores jerárquicos en la esfera en que éstos
son competentes y que no pueden intervenir en el juego de la política
contingente. Mientras las acciones de un Gobierno han quedado libres
de todo reproche de inconstitucionalidad, la obediencia y la prescindencia profesional de la política no presentan problemas ni en la teoría
ni en la práctica para los institutos armados. Las dificultades nacen
cuando hay riesgos de que la Constitución quede sobrepasada, ya sea
por acciones individuales del gobernante, ya sea por la virulencia de
un proceso, revolucionario que tiende precisamente a destruir el orden actual. Rige en este segundo caso la doctrina constitucionalista
de obediencia y no deliberación del Ejército y con mayor vigor que
nunca, a condición de que no se confunda la verdadera doctrina del
Ejército con la falta de personalidad en el mando y con la sumisión
indiscriminada a las posibles arbitrariedades que provengan del Gobierno.
La doctrina del Ejército exige lealtad a la Constitución y al país, más
que a hombres, a regímenes o a gobiernos. Estos últimos pasan, en
tanto que las instituciones armadas están al servicio de valores permanentes. Por hondos que sean los cambios en la sociedad y en las
propias instituciones castrenses, conforme a las exigencias de los
tiempos, regir. siempre la defensa de la patria, concebida como una
totalidad, instalada sobre un territorio, constituida en nación y dueña
de un destino que cumplir en el concierto de los pueblos.
Según esto, no corresponde a un concepto constitucional y profesional
del Ejército aquella política que emplee los llamados resquicios legales o los ardides reglamentarios para transformar a la institución en
otra cosa que lo que ella es y debe ser en concepto de la Constitución
Política del Estado y de las demás leyes y principios fundamentales
de la República.
Así como no puede ser válida una interpretación de la norma constitucional que destruya a la Constitución misma, tampoco puede ser
válida una interpretación de la doctrina del Ejército que haga posible
la destrucción de éste. Los principios constitucionales que gobiernan
la conducta leal del Ejército parten del supuesto evidente de que tales
principios exigen la existencia misma del Ejército, de modo tal que
jamás podrán interpretarse en forma que contraríen a la misión específica, a la naturaleza jerárquica y disciplinada o a la unidad fundamental de la institución. Y lo que decimos del Ejército parece aplicable a
la Armada Nacional y la Fuerza Aérea, así como a las tres ramas de
la Defensa Nacional consideradas como un dispositivo de seguridad
integrado y verdaderamente funcional.
Forzoso es llegar entonces a la conclusión de que cualquier medida
conducente a transformar en órganos políticos a las instituciones que
la Carta Fundamental describe como «esencialmente profesionales»
o que, aspirando a una supuesta democratización, desnaturalice su
carácter de «jerarquizadas», de «disciplinadas» y de «obedientes» es
contraria a la auténtica doctrina Schneider que tanto ha proclamado el
actual Gobierno.
No basta entonces que las Fuerzas Armadas se limiten a no deliberar,
esto es a no intervenir en política contingente, sino que es preciso que
su espíritu de lealtad a la Constitución no sea utilizado para que se
mantengan inertes mientras se violan los demás principios de la Carta
Fundamental relativos a la naturaleza de tales fuerzas, a su misión y a
su eficacia defensiva.
Papel actual de las fuerzas armadas
Durante muchos años estas columnas insisten en la necesidad de que
las Fuerzas Armadas, así como otros institutos y servicios que satisfacen necesidades permanentes y esenciales del Estado, tuvieran el
trato que corresponde a su alta jerarquía. En concreto, la seguridad
nacional, la administración de justicia y el magisterio parecen dignas
de especial trato para el buen desempeño de las respectivas funciones y para que puedan constituirse en expectativas atrayentes para la
juventud. Por desgracia, el interés de los Gobiernos por sus propios
programas económicos o sociales postergó muchas veces las aspiraciones legítimas de los servicios e institutos básicos del Estado. En lo
que concierne a las Fuerzas Armadas, justo es reconocer que este Gobierno adoptó una política de mayor atención hacia las más urgentes
necesidades de aquellas instituciones.
Lo cierto es que este nuevo trato a las ramas castrenses del Estado ha
permitido que los hombres de armas recuperen poco a poco la posición que antes tenían en la sociedad chilena, superando así un estado
de relativa postergación que fue posible merced a que nunca se esclareció hasta dónde llegaba la obediencia constitucional de las Fuerzas Armadas y hasta dónde la paciencia para soportar con heroísmo
riesgos graves de paulatino deterioro profesional por falta de medios
indispensables. La expectación suscitada por el retiro forzoso del general Canales no habría tenido lugar si los militares se mantuvieran en
el antiguo plano relegado. Por el contrario, es la importancia adquirida
por las Fuerzas Armadas lo que da singular relieve a la referida decisión del comandante en jefe del Ejército. Mientras las Fuerzas Armadas se mantengan como «instituciones esencialmente profesionales,
jerarquizadas, disciplinadas, obedientes y no deliberantes», como lo
establece la Constitución, su papel será cada vez más prestigioso y
decisivo en la convivencia chilena. No son los militares, los marinos
y los aviadores quienes han ambicionado o impuesto ese nuevo papel.
Son más bien los hechos la causa determinante de dicha situación.
Tanto el Gobierno como los opositores rodean a las Fuerzas Armadas
de creciente consideración. Día a día se abren nuevas oportunidades
para que los miembros de aquéllas reciban más estrechos contactos
con la organización productiva estratégica del país y logren un conocimiento más acabado de los problemas políticos, sociales y económicos que se relacionan directa o indirectamente con el gran tema de
la seguridad nacional. Mientras las condiciones de nuestra economía
no sigan el curso de una inflación galopante y de una crisis grave
de divisas, que hoy caracterizan al país, las necesidades de equipo e
instalaciones así como las rentas del personal pueden ser atendidas en
forma correspondiente a la alta misión de las Fuerzas Armadas.
Este proceso de verdadera reivindicación del papel de las Fuerzas Armadas es saludable para el país y beneficioso profesionalmente para
dichas instituciones. Si las ramas de la Defensa Nacional conservan
su integridad, su naturaleza, su unidad y su función específicamente
castrense e intactos los caracteres que la Constitución y las leyes les
fijan, podrá llegar el caso en que sean ellas el único o acaso el único
ejemplo de intachable constitucionalidad mientras un fermento corrosivo continúe debilitando las bases chilenas.44
Allora Allende pensò di porre fine alla crisi, facendo entrare diversi generali nel governo e affidando loro posti importanti; ma gli ufficiali di grado superiore, che non volevano
saperne di adesione neppure alla linea moderata di UP, erano
sufficientemente numerosi e stavano al gioco solo apparentemente.
A marzo del 1973 le elezioni legislative furono un successo per i partiti di UP. Ottennero, infatti, il 44% dei voti e non
era escluso che alle successive potessero arrivare al 50%.
Pertanto dopo le elezioni di marzo il solo strumento, per
impedire la riforma socialista dell’ordinamento sociale ed
economico, era il colpo di stato militare. Un primo tentativo
44 Articolo pubblicato sulla rivista «El Mercurio» il 24 settembre 1972.
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STORIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
fallì il 29 giugno; ma nello stesso tempo i generali, che erano
ancora per il colpo di stato, fecero il censimento dei capi e
delle unità fedeli al governo; e i mesi successivi vide la loro
sistematica repressione all’interno dell’istituzione militare.
In precedenza, nell’ottobre del 1972 il Congresso aveva
votato una legge, che fu promulgata per un’inspiegabile negligenza dell’esecutivo, che poteva porre il veto. La legge
dava alle Forze Armate poteri d’inchiesta e di perquisizioni
esorbitanti e il diritto di avocare davanti a tribunali militari
tutte le cause concernenti detenzioni di armi, da quelle di
guerra a quelle “bianche”. La legge, che poteva essere usata
perché i militari reprimessero le milizie armate organizzate
dalla destra, sino al 29 giugno del 1973 restò lettera morta;
invece dopo e soprattutto da agosto in poi la misero in opera.
In questo modo gli alti ufficiali, che si preparavano al colpo di stato, a cominciare da agosto agirono su due fronti: da
un lato con l’epurazione di elementi, della marina e dell’aviazione, vicini al governo, dall’altro lato con un’attenta perquisizione all’interno delle imprese sia pubbliche sia private
con grande spiegamento di reparti delle Forze Armate usando una violenza e torture inaudite nei confronti dei contadini
nelle regioni dove la riforma agraria aveva preso un andamento più rivoluzionario.
Alla fine di agosto i generali, riuniti in assemblea, votarono contro il mantenimento a capo dell’esercito di Prats, che
intendeva restare fedele al governo costituzionale. Prats dette
le dimissioni e gli successe Pinochet.45
In questo modo i fatti di agosto del 1973 dimostrarono che
l’esercito stava ritrovando la sua unità intorno al nucleo politico di destra, che non era alla sommità del comando ma che
deteneva il potere reale; e col colpo di stato dell’11 settembre
sarebbe stata eliminata tutta l’opposizione costituzionalistica
dell’esercito. In altre parole i fatti di agosto rilevarono molto
bene l’autentica anima delle Forze Armate cilene, che non
potevano essere qualitativamente diverse da quella di ogni
esercito borghese: i militari a servizio di un’oligarchia soprattutto economica o di un ristretto gruppo d’individui, che
vogliono moltiplicare ricchezze e privilegi in modo dinamico e selvaggio; ma con la pretesa più o meno esplicita che
essi, gli alti comandi militari, sono la punta di diamante di
tutti i privilegiati e del relativo ordinamento sociale, economico e politico; e perciò essi, gli alti comandi militari, sono
per diritto i massimi fruitori dei privilegi economici e sociali.
LA LEGITTIMAZIONE DEL GOLPE
Sulla scena politica la coalizione di UP subì una sconfitta
nel Congresso Nazionale da parte dell’opposizione. Fu approvata una mozione che dichiarava “illegale” il governo di
Allende.
Acuerdo adoptado por la H. Cámara de diputados, el día 23 de agosto
de 1973, y dirigido a
S. E. el Presidente de la Republica.
45 Cfr., Alain Joxe, I militari dal legalismo alla violenza istituzionale,
cit., p. 53.
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La Cámara de Diputados aprueba un proyecto de acuerdo que declara que el Presidente Allende ha quebrantado gravemente la Constitución.
Santiago, 23 de agosto de 1973.
A S. E. EL PRESIDENTE DE LA REPUBLICA.
Tengo a honra poner en conocimiento de V. E. que la Cámara de Diputados ha tenido a bien prestar su aprobación al siguiente Acuerdo:
«Considerando:
1°. Que es condición esencial para la existencia de un Estado de Derecho, que los Poderes Públicos, con pleno respeto al principio de
independencia reciproca que los rige, encuadren su acción y ejerzan
sus atribuciones dentro de los marcos que la Constitución y la ley les
señalan, y que todos los habitantes del país puedan disfrutar de las
garantías y derechos fundamentales que les asegura la Constitución
política del Estado;
2°. Que la juridicidad del Estado chileno es patrimonio del pueblo que
en el curso de los años ha ido plasmando en ella el consenso fundamental para su convivencia y atentar contra ella es, pues, destruir no
sólo el patrimonio cultural y moral de nuestra nación sino que negar,
en la práctica, toda posibilidad de vida democrática;
3°. Que son estos valores y principios los que se expresan en la Constitución Política del Estado que, de acuerdo a su artículo 2°., señala que
la soberanía reside esencialmente en la nación y que las autoridades
no pueden ejercer más poderes que los que ésta les delegue y, en el
articulo 3°., se deduce que un Gobierno que se arrogue derechos que
el pueblo no le ha delegado, incurre en sedición;
4°. Que el actual Presidente de la República fue elegido por el Congreso Pleno, previo acuerdo en torno a un estatuto de garantías democráticas incorporado a la Constitución política, el que tuvo como
preciso objeto asegurar el sometimiento de la acción de su Gobierno a
los principios y normas del Estado de Derecho, que .l solemnemente
se comprometió a respetar;
5°. Que es un hecho que el actual Gobierno de la República, desde sus
inicios, se ha ido empeñando en conquistar el poder total, con el evidente propósito de someter a todas las personas al más estricto control
económico y político por parte del Estado y lograr de ese modo la instauración de un sistema totalitario, absolutamente opuesto al sistema
democrático representativo que la Constitución establece;
6°. Que, para lograr ese fin, el Gobierno no ha incurrido en violaciones aisladas de la Constitución y de la ley, sino que ha hecho de
ellas un sistema permanente de conducta, llegando a los extremos de
desconocer y atropellar sistemáticamente las atribuciones de los demás Poderes del Estado, violando habitualmente las garantías que la
Constitución asegura a todos los habitantes de la República, y permitiendo y amparando la creación de poderes paralelos, ilegítimos, que
constituyen un gravísimo peligro para la nación, con todo lo cual ha
destruido elementos esenciales de la institucionalidad y del Estado de
Derecho;
7°. Que, en lo concerniente a las atribuciones del Congreso Nacional,
depositario del Poder Legislativo, el Gobierno ha incurrido en los siguientes atropellos:
a) Ha usurpado al Congreso su principal función, que es la de legislar, al adoptar una serie de medidas de gran importancia para la vida
económica y social del país, que son indiscutiblemente materia de ley,
por decretos de insistencia dictados abusivamente o por simples resoluciones administrativas fundadas en «resquicios legales», siendo de
notar que todo ello se ha hecho con el propósito deliberado y confeso
de cambiar las estructuras del país, reconocidas por la legislación vigente, por la sola voluntad del Ejecutivo y con prescindencia absoluta
de la voluntad del legislador;
b) Ha burlado permanentemente las funciones fiscalizadoras del Congreso Nacional al privar de todo efecto real a la atribución que a éste le
compete para destituir a los Ministros de Estado que violan la Constitución o la ley o cometen otros delitos o abusos señalados en la Carta
Fundamental, y
c) Por último, lo que tiene la más extraordinaria gravedad, ha hecho
«tabla rasa» de la alta función que el Congreso tiene como Poder
Constituyente, al negarse a promulgar la reforma constitucional sobre
las tres .reas de la economía, que ha sido aprobada con estricta sujeción a las normas que para ese efecto establece la Carta Fundamental;
8°. Que, en lo que concierne al Poder Judicial, ha incurrido en los
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | STORIA
siguientes desmanes:
a) Con el propósito de minar la autoridad de la magistratura y de doblegar su independencia, ha capitaneado una infamante campaña de
injurias y calumnias contra la Excma. Corte Suprema y ha amparado
graves atropellos de hecho contra las personas y atribuciones de los
jueces;
b) Ha burlado la acción de la justicia en los casos de delincuentes que
pertenecen a partidos y grupos integrantes o afines del Gobierno, ya
sea mediante el ejercicio abusivo del indulto o mediante el incumplimiento deliberado de órdenes de detención;
c) Ha violado leyes expresas y ha hecho «tabla rasa» del principio
de separación de los Poderes, dejando sin aplicación las sentencias o
resoluciones judiciales contrarias a sus designios y, frente a las denuncias que al respecto ha formulado la Excma. Corte Suprema, el Presidente de la República ha llegado al extremo inaudito de arrogarse en
tesis el derecho de hacer un «juicio de méritos» a los fallos judiciales,
determinando cuándo éstos deben ser cumplidos;
9°. Que, en lo que se refiere a la Contraloría General de la República
─ un organismo autónomo esencial para el mantenimiento de la juridicidad administrativa ─ el Gobierno ha violado sistemáticamente los
dictámenes y actuaciones destinados a representar la ilegalidad de los
actos del Ejecutivo o de entidades dependientes de él;
10°. Que entre los constantes atropellos del Gobierno a las garantías y
derechos fundamentales establecidos en la Constitución, pueden destacarse los siguientes:
a) Ha violado el principio de igualdad ante la ley, mediante discriminaciones sectarias y odiosas en la protección que la autoridad debe
prestar a las personas, los derechos y los bienes de todos los habitantes
de la República, en el ejercicio de las facultades que dicen relación
con la alimentación y subsistencia, y en numerosos otros aspectos,
siendo de notar que el propio Presidente de la República ha erigido
estas discriminaciones en norma fundamental de su Gobierno, al proclamar desde el principio que .l no se considera Presidente de todos
los chilenos;
b) Ha atentado gravemente contra la libertad de expresión, ejerciendo toda clase de presiones económicas contra los órganos de difusión que no son incondicionales adeptos del Gobierno; clausurando
ilegalmente diarios y radios; imponiendo a estas últimas «cadenas»
ilegales; encarcelando inconstitucionalmente a periodistas de oposición; recurriendo a maniobras arteras para adquirir el monopolio del
papel de imprenta, y violando abiertamente las disposiciones legales
a que debe sujetarse el Canal Nacional de Televisión, al entregarlo
a la dirección superior de un funcionario que no ha sido nombrado
con acuerdo del Senado como lo exige la ley, y al convertirlo en instrumento de propaganda sectaria y de difamación de los adversarios
políticos;
c) Ha violado el principio de autónoma universitaria y el derecho que
la Constitución reconoce a las Universidades para establecer y mantener estaciones de televisión, al amparar la usurpación del Canal 9 de la
Universidad de Chile, al atentar por la violencia y las detenciones ilegales contra el nuevo Canal 6 de esa Universidad, y al obstaculizar la
extensión a provincias del Canal de la Universidad Católica de Chile;
d) Ha estorbado, impedido y, a veces, reprimido con violencia el ejercicio del derecho de reunión por parte de los ciudadanos que no son
adictos al régimen, mientras ha permitido constantemente que grupos
a menudo armados se reúnan sin sujeción a los reglamentos pertinentes y se apoderen de calles y camiones para amedrentar a la población;
e) Ha atentado contra la libertad de enseñanza, poniendo en aplicación
en forma ilegal y subrepticia, a través del llamado Decreto de Democratización de la Enseñanza, un plan educacional que persigue como
finalidad la concientización marxista;
f) Ha violado sistemáticamente la garantía constitucional del derecho
de propiedad, al permitir y amparar más de 1.500 «tomas» ilegales de
predios agrícolas, y al promover centenares de «tomas» de establecimientos industriales y comerciales para luego requisarlos o intervenirlos ilegalmente y constituir as., por la vía del despojo, el .rea estatal
de la economía; sistema que ha sido una de las causas determinantes
de la insólita disminución de la producción, del desabastecimiento,
el mercado negro y el alza asfixiante del costo de la vida, de la ruina
del erario nacional y, en general, de la crisis económica que azota al
país y que amenaza el bienestar mínimo de los hogares y compromete
gravemente la seguridad nacional;
g) Ha incurrido en frecuentes detenciones ilegales por motivos polí-
ticos, además de las ya señaladas con respecto a los periodistas, y ha
tolerado que las víctimas sean sometidas en muchos casos a flagelaciones y torturas;
h) Ha desconocido los derechos de los trabajadores y de sus organizaciones sindicales o gremiales, sometiéndolos, como en el caso de El
Teniente o de los transportistas, a medios ilegales de represión;
i) Ha roto compromisos contraídos para hacer justicia con trabajadores injustamente perseguidos como los de Sumar, Helvetia, Banco Central, El Teniente y Chuquicamata; ha seguido una arbitraria
política de imposición de las haciendas estatales a los campesinos,
contraviniendo expresamente la Ley de Reforma Agraria; ha negado la participación real de los trabajadores de acuerdo a la Reforma
Constitucional que les reconoce dicho derecho; ha impulsado el fin de
la libertad sindical mediante el paralelismo político en las organizaciones de los trabajadores;
j) Ha infringido gravemente la garantía constitucional que permite
salir del país, estableciendo para ello requisitos que ninguna ley contempla;
11°. Que contribuye poderosamente a la quiebra del Estado de Derecho, la formación y mantenimiento, bajo el estimulo y la protección
del Gobierno, de una serie de organismos que son sediciosos porque
ejercen una autoridad que ni la Constitución ni la ley les otorgan, con
manifiesta violación de lo dispuesto en el artículo 10, N° 16 de la
Carta Fundamental, como por ejemplo, los Comandos Comunales,
los Consejos Campesinos, los Comités de Vigilancia, las JAP, etc.;
destinados todos a crear el mal llamado «Poder Popular», cuyo fin es
sustituir a los Poderes legítimamente constituidos y servir de base a la
dictadura totalitaria, hechos que han sido públicamente reconocidos
por el Presidente de la República en su último Mensaje Presidencial y
por todos los teóricos y medios de comunicación oficialistas;
12°. Que en la quiebra del Estado de Derecho tiene especial gravedad
la formación y desarrollo, bajo el amparo del Gobierno, de grupos
armados que, además de atentar contra la seguridad de las personas y
sus derechos y contra la paz interna de la Nación, están destinados a
enfrentarse contra las Fuerzas Armadas, como también tiene especial
gravedad el que se impida al Cuerpo de Carabineros ejercer sus importantísimas funciones frente a las asonadas delictuosas perpetradas
por grupos violentistas afectos al Gobierno. No pueden silenciarse,
por su alta gravedad, los públicos y notorios intentos de utilizar a las
Fuerzas Armadas y al Cuerpo de Carabineros con fines partidistas,
quebrantar su jerarquía institucional e infiltrar políticamente sus cuadros;
13°. Que al constituirse el actual Ministerio, con participación de altos
miembros de las Fuerzas Armadas y del Cuerpo de Carabineros, el
Excmo. señor Presidente de la República lo denominó. «de seguridad nacional» y le señaló como tareas fundamentales las de «imponer
el orden político» e «imponer el orden económico», lo que sólo es
concebible sobre la base del pleno restablecimiento y vigencia de las
normas constitucionales y legales que configuran el orden institucional de la República;
14°. Que las Fuerzas Armadas y el Cuerpo de Carabineros son y deben ser, por su propia naturaleza, garantía para todos los chilenos y no
sólo para un sector de la Nación o para una combinación política. Por
consiguiente, su presencia en el Gobierno no puede prestarse para que
cubran con su aval determinada política partidista y minoritaria, sino
que debe encaminarse a restablecer las condiciones de pleno imperio
de la Constitución y las leyes y de convivencia democrática indispensables para garantizar a Chile su estabilidad institucional, paz civil,
seguridad y desarrollo;
15°. Por último, en el ejercicio de las atribuciones que le confiere el
articulo 39 de la Constitución Política del Estado,
La Cámara de Diputados acuerda:
PRIMERO. ─ Representar a S. E. el Presidente de la República y a los
señores Ministros de Estado miembros de las Fuerzas Armadas y del
Cuerpo de Carabineros, el grave quebrantamiento del orden constitucional y legal de la República que entraña los hechos y circunstancias
referidos en los considerándoos N° 5° a 12 precedentes;
SEGUNDO. ─ Representarles, asimismo, que, en razón de sus funciones, del juramento de fidelidad a la Constitución y a las leyes que han
prestado y, en el caso de dichos señores Ministros, de la naturaleza de
las instituciones de las cuales son altos miembros y cuyo nombre se
ha invocado para incorporarlos al Ministerio, les corresponde poner
inmediato término a todas las situaciones de hecho referidas, que in29
STORIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
fringen la Constitución y las leyes, con el fin de encauzar la acción gubernativa por las vías del Derecho y asegurar el orden constitucional
de nuestra patria y las bases esenciales de convivencia democrática
entre los chilenos;
TERCERO. ─ Declarar que, si así se hiciere, la presencia de dichos
señores Ministros en el Gobierno importaría un valioso servicio a la
República. En caso contrario, comprometerán gravemente el carácter nacional y profesional de las Fuerzas Armadas y del Cuerpo de
Carabineros, con abierta infracción a lo dispuesto en el artículo 22
de la Constitución Política y con grave deterioro de su prestigio institucional, y
CUARTO. ─ Transmitir este acuerdo a S. E. el Presidente de la República y a los señores Ministros de Hacienda, Defensa Nacional, Obras
Públicas y Transportes y Tierras y Colonización».
Dios guarde a V. E.
Luis Pareto González (Presidente), Raúl Guerrero Guerrero (Secretario).46
Dopo la presentazione della mozione, i militari presenti
nel governo si affrettarono a fare la seguente dichiarazione
che fu pubblicata dalla stampa:
I ministri militari, conforme alla risoluzione approvata, autorizzati dal
loro giuramento di fedeltà alla Costituzione, porranno fine a tutte le situazioni che infrangono la Costituzione e la legge; guideranno le azioni governative in modo coerente con la legge, e assicureranno l’ordine
costituzionale. D’altronde, il carattere nazionale e professionale delle
Forze Armate sarebbe messo in pericolo seriamente con un’aperta infrazione della Costituzione.47
Questa mozione, una chiara “messa in piazza” del ruolo
dei militari e dei loro doveri, in realtà mancava di validità
giuridica. Dimostrava però tutto il suo peso politico e persuasivo. Il potere legale dichiarava che il potere esecutivo era
46 Cfr., AA.VV., Antecedentes Histórico-Jurídicos Años 1972-1973,
Santiago, Editorial Jurídica de Chile, 1980, pp. 143-148.
47 Dichiarazione contenuta in un articolo della rivista «El Mercurio»
del 24 agosto del 1973. Nello stesso articolo fu pubblicata anche una
dichiarazione di UP: «Declaracion UP. El comité ejecutivo de la Unidad
Popular emitió el siguiente comunicado: Compañeros: La obcecación de
la oposición ha llegado al límite más peligroso de estos últimos tiempos.
En ese objetivo deben entenderse el acuerdo irracional, sin destino
jurídico e inconstitucional de la mayoría de la Cámara de Diputados y
la embestida contra las Fuerzas Armadas, especialmente canallesca en el
caso del ataque al hogar y la persona del ministro de Defensa, general
Carlos Prats. La dirección nacional de la Unidad Popular, declarada en
estado de emergencia y de reunión permanente, ha decidido ordenar a
sus organismos y militantes a lo largo de todo el país lo siguiente: 1.Todas las directivas provinciales y comunales de la Unidad Popular y
sus bases deben constituirse en sesión permanente, cualquiera que sea el
estado de los actos o conflictos provocados por las fuerzas reaccionarias
para intentar, una vez más, el derrocamiento del Gobierno Popular.
2.- Respecto de la clase trabajadora y sus tareas, este comité ejecutivo
respalda en todas sus partes y hace suyo el instructivo general emitido por
la Central Única de Trabajadores y declara que ese organismo será el que
mantenga la conducción de la clase en su lucha por la defensa del Gobierno
constitucional. 3.- La gravedad extrema del momento que vive Chile exige
la mayor y más férrea unidad de los partidos populares. 4.- Formulamos un
llamado a todos los sectores que se opongan al enfrentamiento sangriento
entre chilenos, a unirse en torno a la defensa del Gobierno legítimo 5.Todos nuestros militantes y simpatizantes deben colaborar y cumplir sin
pausa con las tareas de vigilancia, trabajo voluntario y en las labores de
abastecimiento y movilización que realicen y planteen las autoridades
de Gobierno para que el país mantenga su marcha incontenible hacia un
destino superior. Los obreros, empleados, campesinos, profesionales y
técnicos, juventudes, hombres y mujeres de todos los sectores patrióticos
responderán con su fuerza al desafío criminal del golpismo y lo aplastarán
definitivamente. ¡Unidad y combate, venceremos! Comité Ejecutivo
Nacional Unidad Popular».
30
illegale, e così obbligava i generali-ministri, parte integrante
dell’esecutivo, a scegliere la legalità parlamentare o l’illegalità governativa. Ovviamente, la risoluzione di tale dilemma
non fu difficile per quei generali che già sostenevano posizioni contro la coalizione di UP. Nei restanti giorni di agosto
del 1973, aumentò la tensione nei circoli militari.
Il 24 agosto si dimisero il generale Guillermo Pickering,
comandante degli istituti militari, e il generale Mario Sepùlveda, comandante della seconda divisione dell’esercito, di
istanza a Santiago. Furono rimpiazzati rispettivamente dai
generali Sergio Arellano Stark e Herman Brady, conosciuti
entrambi come simpatizzanti della DC e fautori del golpe di
settembre. Invece i due generali uscenti erano, anche se tacitamente della stessa linea politica di Prats.
Il 28 agosto chiese le dimissioni dal governo anche all’ammiraglio Raùl Montero, Ministro delle Finanze, che tornò al
suo posto di Comandante della Marina; questo perché Allende non aveva fiducia nel comandante supplente, vice-ammiraglio Toribio Merino.
Immediatamente si formò un nuovo gabinetto politico, ma
ci fu solo l’inclusione del comandante in capo dei Carabineros. L’intento era di mantenere la stabilità istituzionale intorno ai leader del momento.
Caras nuevas, cambios y enroques:
¡El nuevo gabinete!
A raíz de las renuncias de ministros militares, se forma un nuevo gabinete, en el que participan el contraalmirante Daniel Arellano y el
general de división Rolando González.
Los ministros debutantes en el Gabinete del Presidente Allende son
solamente tres: el contraalmirante Daniel Arellano, quien asumió la
cartera de Hacienda en reemplazo del almirante Raúl Montero, y el
general de división, Rolando González, quien se desempeñará como
ministro de Minería en lugar del ingeniero Pedro Felipe Ramírez, y el
doctor Mario Lagos, que reemplaza al doctor Jirón. El contraalmirante
Arellano ha cumplido una brillante carrera en las filas de la Armada Nacional, siendo jefe de la Primera Zona Naval. Por su parte, el
general González es especialista en Geología y Geodesia, disciplinas
íntimamente relacionadas con la cartera que desempeñará. El doctor
Lagos es profesor universitario y especialista en cirugía del tórax.
Volvió «pinocho»
Al Ministerio del Interior regresó el ex ministro Carlos «Pinocho»
Briones. Su nombramiento fue hecho en carácter de independiente de
izquierda y como señaló expresamente el Presidente, «lo nombraba de
acuerdo a sus prerrogativas constitucionales».
Otros cambios
«Fanta» Letelier, que dejó la Secretaría del Interior, asumió la Cartera
de Defensa, reemplazando al general Carlos Prats. Pedro Felipe Ramírez pasó de Minería a Vivienda, mientras el resto del equipo ministerial quedaba «igual pascual».
Los que se fueron
Además del general Prats y el almirante Montero, cuyas renuncias ya
se conocían, dejaron el gabinete los ex ministros de Salud, Dr. Arturo
Jirón y el «Pibe» Palma, que desde su puesto de ministro de Vivienda
pasará a colaborar directamente con el Presidente en otro cargo de alta
responsabilidad. Y así se cumplió la reestructuración del gabinete.48
Il direttore generale dei Carabineros, Josè Maria Sepùlveda, fu nominato Ministro dell’Agricoltura; il controammiraglio Daniel Arellano alle finanze, sostituendo Montero; il
48 Articolo pubblicato sul diario «Clarín» il 29 agosto del 1973.
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | STORIA
generale di divisione Rolando Gonzales alle miniere; il generale di brigata Humberto Magliochetti ai trasporti e opere
pubbliche. A sua volta Orlando Letelier rimpiazzò il generale Prats al Ministero della Difesa.
Queste nomine provocarono uno scandalo sulla stampa
di opposizione al governo, che fece sentire la sua voce con
diversi articoli come ad esempio: “Infiltrazioni marxiste nei
carabineros”, ecc…
La situazione nella marina era lontana dall’essere stabile. Il
7 agosto, quando la stampa d’opposizione denunciò “attività
sovversiva di sinistra tra i marinai e i lavoratori portuali”,
tre politici, Garreton (MAPU), Atamirano (PS) ed Enriquez
(MIR), s’interessarono della faccenda, soprattutto perché i
lavoratori e i marinai erano stati accusati di sedizione e posti
sotto la legge di sicurezza interna dello stato. Allende stesso
approvò l’applicazione della legge.
ACCION DE EXTREMISTAS
Armada detecto movimiento subversivo en dos unidades
La oficina de Relaciones Públicas de la Armada comunicó de manera
oficial la detección de un movimiento subversivo en dos unidades de
la Escuadra, apoyado por elementos ajenos a la Institución.
La Comandancia en Jefe de la Armada, a través de la oficina de Relaciones Publicas, informó oficialmente ayer tarde que «en los últimos días de la semana pasada» fue detectada la gestación de un movimiento subversivo en dos unidades de la Escuadra, «apoyado por
elementos extremistas ajenos a la institución». La declaración expresa
textualmente: «En los últimos días de la semana pasada fue detectada por los Servicios de Inteligencia de la Armada la gestación de
un movimiento subversivo en dos unidades de la Escuadra, apoyado
por elementos extremistas ajenos a la institución. De inmediato se
procedió a la substanciación de un sumario interno que ha permitido
individualizar y detener a varios tripulantes, presumiblemente comprometidos. En el citado proceso que se instruye se han formulado
cargos por faltas graves a la disciplina y a las disposiciones del Código
de Justicia Militar al personal que habría deliberado con elementos
ajenos a la institución, cuya vinculación y responsabilidad una vez esclarecida será sancionada rigurosamente de acuerdo con el reglamento
de disciplina de la Armada y el Código de Justicia Militar. Estos hechos son consecuencia evidente de la intensa campaña de propaganda
perniciosa que han estado desarrollando grupos extremistas mediante
continuos llamados a la desobediencia. La Armada Nacional condena
violentamente todo intento destinado al quebrantamiento de la disciplina y la cohesión institucional que afecta a la institución, expresando
que será inflexible en la aplicación de las medidas tendientes a controlar la situación y sancionar a sus responsables».
Pedro Barahona Lopetegui, capitán de Fragata, jefe de Relaciones Públicas de la Armada.
Santiago, 7 de agosto de 1973.
Valparaíso.- (Corresponsal).- Según ha trascendido, en el crucero,
«Almirante Latorre» y en el destructor «Blanco Encalada», que se encuentran atracados al molo de abrigo en Valparaíso, se iba a concretar
el pasado fin de semana una acción subversiva aprovechándose de que
gran parte de la dotación no se encontraría a bordo por efecto de las
guardias que tienen franco.
Esta acción, cuyos verdaderos alcances están siendo conocidos en estos instantes por la justicia naval, a través de los jefes y oficiales encargados de estructurar los sumarios correspondientes, concentra básicamente a personal de distintos grados de las tripulaciones de ambas
naves. Los movimientos, que, al parecer, consultaban incluso el desplazamiento de unidades, fueron detectados a tiempo por miembros
de la Inteligencia Naval, lo que permitió lograr controlar la situación
a tiempo. Esto derivó en la inmediata detención de quienes aparecían
como responsables e implicados en los hechos, estableciéndose la actuación de varios elementos infiltrados que ya están perfectamente in-
dividualizados. Los sumarios están desarrollándose con gran agilidad,
de acuerdo a las instrucciones que en tal sentido se han impartido, a
fin de descubrir en toda su amplitud el movimiento que pretendía soliviantar al personal de la Escuadra con fines hasta ahora desconocidos.
Tanto la Comandancia en Jefe de la Escuadra como la Comandancia
en Jefe de la Primera Zona Naval han observado rigurosa reserva sobre este hecho, expresándose solamente que cualquier informe será
entregado por la Comandancia en Jefe de la Armada en Santiago, a
través de su Departamento de Relaciones Públicas.
Acuarteladas fuerzas armadas en Valparaiso
Valparaíso.- (por Eduardo Parra, corresponsal).- De acuerdo con disposiciones emanadas de sus respectivas jefaturas, fueron acuartelados
en primer grado las Fuerzas Armadas y Carabineros en la provincia.
La medida fue dispuesta ante la situación reinante en la zona y en general en todo el país. Contingentes fuertemente armados comenzaron
ayer a custodiar algunos centros vitales de la zona, vías de comunicación, etc., con el objeto de evitar cualquier atentado.49
I cento lavoratori e marinai degli arsenali navali furono arrestati; e senza essere giudicati, furono torturati brutalmente
con metodi nazisti, tipici dal golpe di settembre in poi: scosse elettriche, simulazione di soffocamento, ecc… Quando
poi furono giudicati, i lavoratori non ebbero neppure la possibilità di una difesa legale, e si formularono vaghe accuse di
“non aver adempiuto doveri militari”.
Altamirano e Garreton denunciarono clamorosamente i
fatti accaduti. La reazione militare fu immediata, entrambi
furono accusati dalla corte navale di Valparaiso e il mandato
di comparizione fu firmato da uno dei cospiratori, l’ammiraglio Toribio Merino. Questi pretendeva che fosse tolta ai
due politici l’immunità parlamentare, e che si presentassero
davanti alla corte militare. Nei fatti, i marinai e i lavoratori
detenuti erano stati forzati a confessare, sotto la tortura, che
stavano eseguendo ordini di Altamirano, Garreton e Enriquez.
Marineros torturados
La situación de los marineros y trabajadores de ASMAR (Astilleros
y Maestranzas de la Armada) detenidos bajo la acusación pública de
profesar ideas de izquierda, causa honda preocupación. Con alguna
lentitud, debido a la prolongada incomunicación en que han permanecido los prisioneros, han comenzado a fluir informaciones que han
conmovido a la clase trabajadora. En efecto, se ha sabido que los marineros y trabajadores detenidos fueron sometidos a crueles torturas.
Algunas de ellas, en materia de sadismo, no tienen nada que envidiar
a las que aplican a sus opositores algunos regimenes fascistas como
el brasileño. Se ha pretendido arrancarles confesiones para configurar
presuntos delitos, entre ellos el de insurrección. Se ha buscado vincular a los suboficiales y marineros detenidos con partidos políticos de
izquierda y con imaginarios planes para apoderarse de buques de la
Escuadra. Sin embargo, a pesar de los repudiables métodos usados,
el Fiscal Naval se ha tenido que conformar con acusarlos de “incumplimiento de deberes militares”. Este es un concepto muy vago que,
cuando mas, sirve para encubrir cargos que no es posible sostener por
falta de pruebas. Lo que ha quedado en clara, en cambio, es que los
suboficiales, marineros y trabajadores de ASMAR detenidos y torturados, han sido objeto de estos tratos inhumanos por su negativa a
sumarse a los planes golpistas que descaradamente propugnan sectores de la oficialidad. Los testimonios en este sentido son variados y
elocuentes. Las victimas de esta insólita represión interna en la Armada, al parecer están unidos por un vínculo común: su decisión de
no prestarse para aventuras golpistas que pretenden agredir a la clase
trabajadora. Es por eso que la situación de los marineros y trabaja-
49 Articolo pubblicato sulla rivista «El Mercurio» l’8 agosto del 1973.
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STORIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
dores presos ha despertado la más amplia solidaridad en todo el país.
Numerosas organizaciones de masas, partidos políticos, personalidades, órganos de prensa, etc., han protestado enérgicamente por esta
situación y han expresado su solidaridad con los detenidos. Como es
lógico, PF se suma a su vez a esas manifestaciones. Los trabajadores
ven en los marineros hoy torturados, en los militares, aviadores y carabineros que también rechazan el golpismo, a sus mejores amigos. El
pueblo esta con quienes, dentro de las FF. AA. y Carabineros, hacen lo
posible por contrarrestar la creyente amenaza golpista que manipulan
la burguesía y el imperialismo.50
Qualche tempo dopo, il giorno precedente al golpe, Altamirano dichiarò che una volta si era unito a un gruppo di
marinai, che l’avevano invitato ad ascoltare la loro denuncia
su dei piani insurrezionali, organizzati da ufficiali importanti
della marina.
Le persistenti denuncie della stampa di sinistra sulle attività dei cospiratori furono ostensibilmente lasciate da parte
dall’esecutivo, che preferì avere fede nei procedimenti della
giustizia, allora sotto “l’imparziale” direzione di Toribio Merino. Persino Allende criticò il comitato esecutivo dell’UP
per aver fatto delle dichiarazioni d’appoggio ai marinai detenuti:
Unidad Popular: (Comité Ejecutivo Nacional):
Declaración sobre las torturas en la Armada
(6 de agosto de 1973)
“Frente a la siniestra campaña derechista respecto de los sucesos
ocurridos en la Armada, el Comité Ejecutivo de la Unidad Popular
declara:
1. Su solidaridad con los marinos y suboficiales procesados cuya única actitud fue defender la Constitución y la ley y rechazar a quienes
pretendieron comprometer a la Armada en el golpismo. Igualmente
acuerda hacer llegar todo su apoyo y solidaridad a las esposas, hijos y
familiares de los procesados.
2. Denunciar que las torturas sin precedentes a que han sido sometidos
y que nadie ha podido desmentir, constituyen un atentado a los derechos humanos. El pueblo exige garantías de corrección, trato digno
y respeto por los derechos inalienables de los marinos injustamente
acusados.
3. Entregar su más amplio respaldo a los compañeros Carlos Altamirano, Secretario General del Partido Socialista; Oscar Garretón, Secretario General del Partido MAPU, y Miguel Enríquez, a quienes se
pretende implicar en una supuesta subversión. La Unidad Popular y el
pueblo saben que no están en su seno quienes pretenden permanentemente dividir a las Fuerzas Armadas. Por el contrario, ha sido y es su
política de siempre el respeto irrestricto por su carácter profesional y
constitucionalista.
4. Alertar al pueblo sobre esta nueva maniobra reaccionaria que atenta
contra la seguridad nacional al pretender separar al pueblo de las Fuerzas Armadas intentando comprometerlos con los intereses golpistas
del imperialismo y los reaccionarios.
¡¡El pueblo exige castigo para los golpistas!!
¡¡Contra la sedición y el fascismo, unidad y combate, venceremos!!
Comité Ejecutivo Nacional Unidad Popular”51
In base al seguente intervento fatto da Allende:
Salvador Allende:
50 Articolo pubblicato sulla rivista «Punto Final», Santiago, Año VIII, n.
191, Martes 28 agosto de 1973, p. 1.
51 La dichiarazione è pubblicata in Víctor Farías, La Izquierda Chilena
1969-1973, Santiago, Centro de Estudios Publicos, 2000, p. 4907.
32
Declaración sobre la campaña contra las torturas en la Armada
(6 de agosto de 1973)
“Es decisión del Gobierno impedir el enfrentamiento entre chilenos
y por esa superior razón señala que las acciones o declaraciones que
contribuyen a dificultar un proceso crítico como el que vive la nación,
son altamente perjudiciales.
“El Gobierno ha insistido en que no puede deformarse la realidad
chilena con un falso antagonismo entre el pueblo y las Fuerzas Armadas. Instituciones estas que deben mantener su integridad y profesionalismo para cumplir con las elevadas responsabilidades que
imponen la defensa y seguridad nacionales.
“El Gobierno, de acuerdo con su conducta invariable de respeto al
Estado de Derecho, no puede ni debe emitir juicio alguno sobre los
hechos que se investigan y que se encuentran en estado de tramitación “En relación con las denuncias públicas sobre flagelaciones a
miembros de la Marina sometidos a proceso, ha sido informado que
algunos de éstos han ejercitado las acciones legales ante los tribunales
respectivos.
“Por otra parte, ha dispuesto que se tomen todas las medidas que sean
necesarias para esclarecer los hechos referidos y se adopten las medidas concordantes con los resultados de la investigación.
“Si hay culpables de torturas, serán sancionados; en caso contrario,
serán castigados los que se hayan hecho responsables de imputaciones
sin fundamentos”.52
il comitato esecutivo dell’UP pubblicò in seguito una versione più moderata nel tono di quella precedente.53
I marinai leali e antigolpisti torturati e incriminati scrissero
una lettera aperta ad Allende e ai lavoratori del Cile:
Carta de los marineros torturados a Salvador Allende
(Agosto de 1973)
A su Excelencia el Presidente de la República,
y a los trabajadores de todo el país:
Nosotros los marinos de tropa, antigolpistas, les decimos a las autoridades, a los trabajadores de todo Chile y a nuestros familiares, que
ni las amenazas que nos hacen nuestros jefes, de volver a flagelarnos,
ni mil torturas más, nos impedirá decirle la verdad a nuestra gente,
la clase obrera y a nuestros compañeros de tropa del Ejército, Fuerza
Aérea y ciudadanía en general.
Los reaccionarios han usado todos los medios de convicción para
mentirle al pueblo diciendo que nosotros los marinos, con los señores
Altamirano, Garretón y Enríquez, íbamos a bombardear las ciudades
de Viña del Mar, Valparaíso y otras.
Los hechos son diferentes, nosotros esclarecemos estos hechos tan
52 Ivi, p. 4904. È interessante tradurre la parte in corsivo del testo
che evidenzia la polemica con l’esecutivo di UP: «Il governo non deve
creare falsi antagonismi tra il popolo e le Forze Armate, le quali devono
conservare il loro professionalismo e la loro integrità per portare a termine
i loro compiti ed eccezionali responsabilità nella difesa e la sicurezza
nazionale».
53 Si riporta la seconda dichiarazione rivisitata dopo l’intervento di
Allende: «Unidad Popular (Comité Político): Declaración sobre las
torturas en la Armada (6 de agosto de 1973). El Comité Político de la UP,
autoridad máxima de los partidos de izquierda, declara que el comunicado
del Comité Ejecutivo del Partido Federado de la Unidad Popular sobre el
proceso que sigue la Fiscalía de la II Zona Naval no tiene los alcances que
le han dado algunos sectores, en el sentido de que implicaría un apoyo a
los actos subversivos en la Armada. La UP está convencida que el proceso
establecerá que los inculpados no han cometido acto alguno de subversión.
Por lo misma razón, el Comité Político de la UP reafirma su solidaridad
con el Secretario General del PS, senador Carlos Altamirano, y con el
Secretario General del MAPU, diputado Oscar Garretón. Está fuera de
toda lógica que pudieran participar en actividades subversivas personeros
de partidos integrantes del Gobierno y de una coalición que ha expresado
reiteradamente su posición de respecto irrestricto al carácter profesional y
constitucionalista de los institutos armados». Ivi, p. 4906.
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | STORIA
inmensamente distorsionados por la derecha reaccionaria junto a los
oficiales y grupos golpistas de la armada, que por fuera se ven limpios,
blancos – y por dentro están podridos.
Es falso que los señores Altamirano, Garretón y Enríquez nos dirigieran. Es distinto.
Nosotros acudimos a distintas personalidades para dar cuenta del
golpe de Estado que preparaba la oficialidad golpista coludida con
los reaccionarios de otras ramas de las Fuerzas Armadas y partidos
políticos de derecha.
Nosotros los marinos, antigolpistas de tropa, buscamos por todos los
medios comunicarles al pueblo y al Gobierno de este golpe de Estado
que planificaba la oficialidad golpista de la Armada. Para nosotros
era vital evitar esa gran masacre contra el pueblo, que estaba ya planificada con fecha definida entre el 8 y el 10 de agosto, por datos e
informaciones concretas, sumando a éstos las diferencias de nuestros
jefes para con nosotros, la tropa, donde nos explicaban que por tales o
cuales razones el Gobierno marxista debía ser derrocado y limpiado el
pueblo de dirigentes marxistas.
Era, sin duda, el Plan Yakarta, como nosotros habíamos logrado saber
por ellos mismos y corroborado en el proceso que se nos sigue.
En tanto a hechos, por ejemplo: A uno de nosotros, el comandante
Bilbao, Fiscal, le preguntó de cómo se iba a restituir la legalidad,
cuando no iba a quedar después del golpe ningún líder de izquierda
vivo. También para nosotros dentro de este plan, la suerte era incierta.
En el juicio que se nos sigue podrán darse cuenta ustedes, la ciudadanía, de los tenebrosos planes que iba a ejecutar la oficialidad golpista
contra la clase trabajadora, nuestra clase, porque nosotros los marinos
de tropa somos hijos del pueblo, por lo tanto, jamás haríamos fuego
contra él.
Nuestro delito
Oponerse al golpe de Estado, por lo cual ellos fracasaron. Se nos ha
flagelado y torturado criminalmente.
Se nos ha ofrecido no flagelarnos más, inclusive dejarnos en libertad,
con tal de que nosotros cooperemos y digamos que los señores Altamirano, Garretón y Enríquez nos dirigían y que nos habían ordenado
bombardear Valparaíso, Viña, la Escuela Naval y otras cosas por el
estilo.
Como nos negamos, nos seguían golpeando en la cruz, nos colgaban
en ataúd, nos hacían tomar las meadas de los verdugos, nos colgaban
de los pies y nos sumergían en el agua, nos sumían en pozos de barro,
nos aplicaron corriente, nos tiraban agua caliente en el cuerpo, después fría y decenas de cosas más.
En Valparaíso nos vendaron los ojos
En Talcahuano (la tortura) fue sin venda y estuvo a cargo, en forma de
hecho, de los señores Koeller, capitán Bhuster, teniente Jaeger, Letelier, Luna, Alarcón, Tapia, Maldonado, Leatich.
Nos hacían hablar en grabadora lo que ellos querían en Talcahuano.
Pegándonos culatazos por todos lados y nos decían: tienen que hablar
lo mismo donde el Fiscal.
Y el Fiscal nos preguntaba: “¿Se sienten mal?”, !Si les han hecho
algo, díganme”.
Llegábamos machucados. Apenas sí podíamos hablar, otros no podían
andar, otros con conmoción cerebral no podían venir a declarar.
Nosotros le preguntamos a la ciudadanía si a los señores Viaux, Souper, comandante Sazo (de la Armada y que aún se encuentra en servicio) ¿los torturaron? Si defender al Gobierno, la Constitución, la legalidad, el pueblo, es un delito, y, al contrario, derrocar al Gobierno,
atropellar la ley y terminar con la vida de miles de seres humanos, eso
es legal.¡Que contesten los trabajadores!
Firmado: Sargento 2° (MG) Juan Cárdenas. Cabo 2° (Artill.) Alberto
Salazar. Marinero 1° (MA) Ernesto Zúñiga S. Marinero 1° (MA) Ernesto Carvajal. Cabo 2° (EL) José Lagos A. Marinero 1° (Art.) David
Valderrama. Marinero 1° (Art.) Claudio Espinoza. Marinero 1° (CF)
José Velásquez A. Marinero 1° (CF) Luis Rojo G. Marinero 1° (Art.)
Mario Mendoza U. Marinero 1° (EL) Roberto Fuentes F. Cabo 2°
(MQ) José Jara. Cabo 1° (ME) Miguel González. Marinero 1° (MQ)
Tomás Alonso. Cabo 1° (Art.) Pedro Lagos. Cabo 2° (Art.) Juan Rodán B. Marinero 1° (MA) Jaime Salazar. Cabo 2° (E) Pedro Blasset
C. Cabo 2° (MA) Sebastián Ibarra V. Marinero 1° (Art.) Luis Ayala
N. Marinero 1° (Art.) Carlos Ortega D. Marinero 1° (Art.) Rodolfo
Claro C. Cabo 2° (MA) Teodosio Cifuentes R. Marinero 1° (Art.) Juan
Segovia A. Marinero 1° (Art.) Juan Dotts. Cabo 1° (MQCA) Carlos
Alvarado. Cabo 1° (EL) Mariano Ramírez. Marinero 1° (MR-AFMQ) Alejandro Retameo. Marinero 1° (MR-AF-MQ) Luis Fernández
R. Operador 3° (MQ) Bernardino Farina. Operador 3° (MQ) Víctor
Martínez C. Marinero 1° (MQ) Nelson Córdoba. Marinero 1° (MA)
Orlando Véniz V.54
Le denuncie di queste ingiustizie, formulate dai partiti PS,
MAPU e MIR, facevano parte di una campagna diretta ai
soldati, aviatori e marinai, stimolandoli a disobbedire agli
ordini insurrezionali e antipopolari.
Mancando però una ferma organizzazione nelle caserme,
tali appelli suonarono nel vuoto. La stampa di sinistra pubblicava sui giornali articoli con i titoli come “Soldato, fermamente con il popolo” oppure “Soldato, la madre patria è la
classe operaia”; inoltre pubblicava entusiastici articoli sulle
Forze Armate rivoluzionarie di Cuba e i concetti sulla sicurezza nazionale popolare adottati dalla politica militare cubana. E questi articoli erano intercalati da altri sulla tortura,
sulla repressione militare, su incursioni e controlli delle armi
fatti alle organizzazioni dei lavoratori, ecc…
Altro motto costante, fatto da alcuni settori della sinistra,
era: “No alla guerra civile”. Il MIR definì queste posizioni politiche, come “criminalmente insufficienti, difensive e
apolitiche”.
Il conflitto nella direzione militare della marina non era
ancora risolto. All’inizio di settembre la stampa d’opposizione attaccava costantemente il comandante in capo Montero,
accusandolo di:
- aver permesso, negli anni passati, che navi della flotta
sovietica penetrassero nelle acque cilene offendendo la sovranità, l’onore, la sicurezza e l’indipendenza dello stato, in
realtà una missione sovietica, accompagnata da ufficiali della marina cilena, aveva svolto compiti d’ispezione;
- non aver risolto e chiarito il problema della concessione
del porto di Colcura alla Russia; in realtà, c’era solo il progetto della costruzione di un porto peschereccio, con l’aiuto
di un credito sovietico.
Montero come risposta a tali accuse offrì immediatamente
le sue dimissioni come comandante in capo, Allende le respinse dicendo che era nel “supremo interesse della nazione”
e per “imperativo di superiore gerarchia” che egli doveva
rimanere al suo posto fino alla fine dell’anno, quando automaticamente si sarebbe ritirato, al termine di quaranta anni
di servizio.
La situazione di Montero era insostenibile; tuttavia mantenne il suo ruolo di comandante in capo fino al giorno del
golpe, quando fu sostituito da Merino.
All’inizio di settembre, ci furono delle manovre militari
congiunte con la marina nordamericana, realizzate annualmente sotto l’auspicio della Giunta Interamericana di Difesa
(JID). Le attività della JID avevano coinciso di solito con
momenti di crisi politica nei vari paesi Latinoamericani. Nel
54 Ivi, pp. 4908-4910. È interessante tradurre le frasi in corsivo del
testo: «Se difendere il governo, la Costituzione, la legalità e il popolo è un
crimine, e al contrario violare la legge e distruggere la vita di molti esseri
umani non lo è, quale è allora la legalità? Che i lavoratori rispondano».
33
STORIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
caso del Cile non fu il prodotto di una semplice coincidenza,
ma la coordinazione di piani esistenti tra gli USA e le Forze
Armate cilene. Tradizionalmente le manovre “Unite” si eseguivano a settembre ed erano state stabilite in conformità del
patto di aiuti militari, firmato tra il Cile e gli USA nel 1952
e approvato dal Senato dell’epoca con 25 voti favorevoli e 6
contrari. Negli anni precedenti la crescente opposizione, soprattutto sotto l’amministrazione Frei, indusse il governo cileno a ottenere che avessero una forma diversa. Le manovre
continuarono, però fuori dalle acque territoriali; e i marinai
nordamericani non sbarcavano nei porti cileni come invece
succedeva nelle manovre precedenti.
Nel programma base di UP si dichiarava l’intenzione di
«denunciare, rivedere e respingere gli accordi che significavano compromesso e limitavano la nostra sovranità; specialmente il trattato di assistenza reciproca (Rio1947), il patto mutuo di aiuti (1952) e altri patti firmati tra il Cile e gli
USA»55. Nel 1973, le operazioni “Unite” compivano però
ventuno anni di pratica; e quindi l’Unidad Popular, nei suoi
tre anni di vita, non aveva mantenuto le sue promesse elettorali, riguardo a tale proposito. Non bisogna dimenticare però
una risoluzione su tale problema, proposta dal ministro delle
relazioni estere del Cile, Clodomiro Almeyda, all’assemblea
generale dell’organizzazione degli stati americani nel 1973:
El fundamento histórico de la situación que analizamos, se encuentra
en la naturaleza del contexto internacional que rodeó y condicionó la
configuración formal definitiva del sistema interamericano a fines de
los años 40. Eran los tiempos de la más aguda guerra fría y la potencia
hegemónica en el continente necesitaba, aquí, como en otras partes
del mundo, de un dispositivo jurídico e institucional de seguridad y
dominación que a la vez legitimara su hegemonía y le permitiera incluso utilizar en su favor los recursos naturales y hasta humanos del
subcontinente latinoamericano.
La tercera reunión de consulta de los ministros de Relaciones Exteriores en Río de Janeiro en 1948; la Conferencia sobre la Guerra y
la Paz en Chapultepec, México, en 1945; y la Conferencia Sobre el
Mantenimiento, de la Paz y la Seguridad Continentales en Río de Janeiro en 1947, que aprobó el tratado de asistencia recíproca de los
Estados Americanos y finalmente, la Novena Conferencia de Estados Americanos que se reunió en Bogotá en 1948, articularon todo
un sistema de relaciones hemisféricas que encubrió e institucionalizó
la dependencia de América Latina respecto a los Estados Unidos e
insertó todo ese sistema naciente en el proceso político de la guerra
fría sobre el supuesto de una presunta solidaridad hemisférica, que ni
la historia, ni la economía, ni la política, han podido verificar en el
pasado ni en el presente.
Con relación al presente, basta con aludir al impresionante material
de investigación disponible, acumulado por los organismos internacionales que proporcionan una abrumadora evidencia acerca de la
oposición de intereses y divergencias de políticas entre el norte y el
sur, para reafirmar que la supuesta solidaridad hemisférica ha sido y es
un gigantesco artificio que no puede servir de cimiento para construir
nada como no sea ayudar a la deformación de la conciencia de los
pueblos latinoamericanos, obstaculizando su despertar y su liberación.
[…]
Está naciendo ya, aunque no nos lo hayamos propuesto conscientemente, el germen de lo que puede y debe llegar a ser un verdadero
sistema latinoamericano, constituido por políticas comunes, movidas
por intereses, ideales y principios comunes, que tienden a buscar formas orgánicas e institucionales para manifestarse.
Creemos los chilenos que ha llegado la hora de promover conscientemente este proceso, La caducidad irreversible del sistema interameri55 Programa Básico de Gobierno de la Unidad Popular, cit., p. 33.
34
cano en su forma actual, encuentra su contrapartida en la emergencia
de estos principios y elementos orgánicos en que tiende a expresarse la
presencia latinoamericana en el mundo contemporáneo. Tenemos los
latinoamericanos la obligación de concebir con audacia una perspectiva y un programa que sirvan para ir articulando iniciativas dispersas
y recogiendo experiencias comunes y para diseñar una meta que imprima sentido y organización a este irresistible movimiento histórico
que pugna por nacer, expresarse y afirmarse. Lo que hemos estado
acostumbrados a llamar “El sueño de Bolívar”, parece ahora, en una
versión de fines del siglo XX, querer convertirse en realidad.
En la perspectiva de promover la progresiva institucionalización de un
sistema latinoamericano, la regulación de la convivencia interamericana, hemisférica, cambia de sentido y de naturaleza.
Lo que hasta ahora ha sido el sistema interamericano dispositivo de
dominación del norte sobre el sur, debe llegar a ser en el futuro y en
la medida en que un sistema latinoamericano se expresa institucionalmente, la estructura orgánica y hemisférica que sustente el diálogo
entre los Estados Unidos, por una parte, y la América Latina por otra.
Tal diálogo estaría dirigido a regular el conflicto latente manifiesto
entre ambas partes, buscarle respuestas constructivas y propósitos comunes que puedan servir de cimiento a una política de cooperación
interamericana en el plano económico-social y en el plano cultural,
científico y tecnológico.
Es por ello necesario y urgente:
1. Que los órganos competentes de la entidad dejen sin efecto incondicionalmente las sanciones políticas y económicas contra Cuba, que
Chile, como otras naciones latinoamericanas rechaza, cuestionando
su legitimidad. Por nuestra parte, pensamos que la subsistencia de tan
insólita situación no sólo conspira contra todo intento serio de reorganizar el sistema interamericano en el futuro, sino que hasta amenaza
con obstruir el normal funcionamiento de la organización en su actual
etapa.
2. Que se disuelva prontamente la “Comisión Especial de Consulta
sobre Seguridad”, tal como lo ha planteado la representación chilena
en el Consejo de la OEA, por estimar incompatible su existencia con
el irrestricto derecho de cada país de darse el régimen político y social
que soberanamente desee, sin discriminación ideológica de ninguna
naturaleza.
3. Que se reexaminen, a la luz del principio que acabamos de señalar,
aquellos tratados y convenciones Ínter-hemisféricas que, como el Tratado interamericano de Asistencia Recíproca, o entidades que, como
la Junta Interamericana de Defensa o el Colegio Interamericano de
Defensa, se inspiran y contienen disposiciones o prácticas incompatibles con la neutralidad política e ideológica sobre la que necesariamente debe sustentarse toda estructura que quiera regular las relaciones entre los Estados Soberanos del continente. […].56
La soluzione proposta dal Ministro si basava sul riesaminare, alla luce del principio del diritto di ogni paese di darsi il
regime politico e sociale che sovranamente desidera e senza
discriminazione ideologica di nessuna natura, quei trattati e
convenzioni interemisferici, come il trattato internazionale
di assistenza reciproca, e quegli enti, come la giunta interamericana di difesa o il collegio interamericano di difesa,
che s’ispiravano e contenevano disposizioni o pratiche incompatibili con la neutralità politica e ideologica, sulla quale
necessariamente deve sostenersi tutta la struttura che regola
le relazioni tra gli stati sovrani del continente.
Il giorno 6 settembre 1973 Allende ordinò espressamente
ai capi della marina di uscire da Valparaiso e di riunirsi con
la flotta americana il giorno dieci.
56 Discorso fu pronunciato dal Ministro delle Relazioni Estere del
Cile, Clodomiro Almeyda, nel III Periodo Ordinario della Sessione
dell’Assemblea Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani il
4 aprile 1973 a Washington D.C., USA. È stato pubblicato sulla rivista
«Estudios Internacionales», Santiago, Anno VI, n. 21, 1973, pp. 84-90.
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | STORIA
Realidades y Fantasías
El diario Clarín señala que los allanamientos efectuados por las
Fuerzas Armadas son provocadores para la clase obrera, y que deben
evitar que disminuya el afecto del pueblo por las Fuerzas Armadas, ya
que esto también atenta contra la seguridad nacional.
La derecha chilena sueña con una ayuda «infinita» del imperialismo
norteamericano, pero no se detiene a meditar en la realidad que enfrenta ese país, estremecido por los escándalos políticos y económicos
mayores del siglo.
El caso Watergate y las acusaciones de fraude contra el vicepresidente
Spiro Agnew son sólo una manifestación del hondo drama que corroe
el corazón mismo del imperio. Ello se refleja también en las fluctuaciones del valor de la divisa nacional, el dólar, lo que a su vez crea una
inflación interna fruto de la inestabilidad de los capitalistas y acarrea,
igualmente, inflación a otras naciones de la Tierra. Por último, es preciso recordar que EE.UU. viene saliendo de una feroz derrota militar
en Indochina y que su opinión pública es visiblemente hostil a otras
aventuras externas, incluyendo muy especialmente los vastos territorios de América Latina.
Como resultado de los hechos que someramente hemos indicado, el
nuevo Secretario de Estado, Kissinger, trata de mejorar la «imagen»
de esa gran potencia ante los ojos de los pueblos débiles del Tercer
Mundo. No solamente ha promovido el término de la guerra en el
sudeste asiático y ha intentado relajar las tensiones con los países socialistas, sino que ha insinuado la posibilidad de normalizar las relaciones con Cuba. Ello deriva de conveniencias para las empresas
transnacionales en que gira el capital imperialista, más que de razones
humanitarias o convicciones teóricas, pero de todas maneras es una
realidad que debe ser analizada y aceptada.
En estos momentos, pues, para los Estados Unidos, no es un «buen
negocio» complicarse en un golpe de Estado en Chile o financiar al
Gobierno que sugiere de esa sedición antidemocrática y gorila.
Uso y abuso de los militares
Tal vez por eso la derecha, cazurra y sofisticada, quiere sacar las castañas con la mano del gato y busca la quiebra de la disciplina de las
Fuerzas Armadas, para empujarlas a un gobierno militar, que no podría solucionar los problemas que el país enfrenta y que acarrearía
sobre los uniformados el odio pasional de los trabajadores y de la ciudadanía. Sólo entonces intervendrían los políticos reaccionarios, que
habrían así liquidado a todos los sectores de la nación interesados en
modernizar las instituciones y erradicar los grupos oligárquicos que
siempre se beneficiaron con las riquezas nacionales.
Los militares que sienten atracción por la aventura deben pensar en la
responsabilidad que asumirán al desacreditar a un ejército cuya tradición democrática y profesional le ha dado prestigio en el exterior y
afecto en el interior, ya que no es posible «echar por la borda» como
material en desuso, la doctrina Schneider-Prats, de prescindencia política y de respeto a las autoridades legítimamente constituidas.
En estos asuntos se sabe cómo se comienza, pero jamás como se termina, tanto más cuanto que el pueblo no está dispuesto a tolerar una
dictadura gorila que humille la conciencia y violente la paciencia de
los trabajadores.
Allanamientos provocadores
A este respecto no podemos dejar de referirnos a los allanamientos
en búsqueda de inexistentes armas que sólo sirven para provocar a
una masa obrera que siempre ha respetado y querido a sus Fuerzas
Armadas, pero a la que se hace víctima de un trato brutal y vejatorio.
Este trato se ha extendido a los periodistas que acuden a cubrir el frente de la noticia, todo lo cual parece maquiavélicamente calculado para
empujar a grupos militares a hechos imprevisibles. Las armas están,
justamente, en manos de los que denuncian a los trabajadores y, sin
embargo, a ellos no se les allana ni se les veja. En Chile no hay clases
privilegiadas, por mandato de la Constitución, por lo que estas discriminaciones resultan particularmente odiosas. No se ha sabido de que
se haya allanado con la bayoneta calada ninguna mansión del barrio
alto ni que se haya obligado a alguna señorona a tenderse de bruces
sobre el pasto mojado de los jardines, como se hace con las obreras
sobre el barro inmundo de las calles suburbanas. Los jefes castrenses
deben impedir que se deteriore el afecto popular por las Instituciones
Armadas, pues de ello depende también la «seguridad nacional».57
57 L’articolo fu pubblicato dal diario «Clarín» il 7 settembre 1973.
Le notizie sul ritorno della marina a Valparaiso, alle prime
ore della mattina del giorno undici, furono simultanee alle
prime informazioni sul golpe.
LO SCENARIO DEL GOLPE 10 SETTEMBRE 1973
Per la preparazione del golpe ci furono vari movimenti
anormali di truppe. Il reggimento Buin, di Santiago che i
cospiratori supponevano che avrebbe fatto resistenza, poco
prima del golpe fu inviato nel sud del paese con vari pretesti.
Aerei civili DC-8 furono trasferiti alla base aerea di Los
Cerrillos, in previsione di dover trasportare truppe.
Parte dello squadrone di jet da combattimento Hawker
Hunter fu trasferito da Santiago a Conception. Secondo le
dichiarazioni del generale Leigh dopo il golpe, questo fu fatto per timore di sabotaggi da parte di “elementi di estrema
sinistra”.
Durante la notte del 10 settembre, Allende fu informato
del ritorno della flotta a Valparaiso e che da San Felipe, 100
kilometri dalla capitale, si muovevano truppe verso Santiago. Quando cercò conferma di quello che stava succedendo, non ebbe nessuna risposta dai suoi comandanti in capo.
Solamente il comando superiore dei carabineros rispose alla
sua domanda iniziale e rimase alla Moneda tutta la mattina
dell’undici, durante l’attacco.
Forze dei carabineros difesero il perimetro del palazzo con
carri blindati e armi corte fino a quando il suo centro di controllo delle comunicazioni fu preso dall’esercito e ricevette
l’ordine di ritirarsi.
Molti politici e consiglieri della coalizione di UP si trovarono il giorno 11 nel palazzo presidenziale. Allende rifiutò
l’offerta, fatta dal generale dell’aviazione Gabriel Van Schowen, di uscire dal Cile sano e salvo, e aggiunse:
Dite al generale Van Schowen che il Presidente del Cile non prenderà
un aereo per scappare, saprà comportarsi come un soldato, come Presidente della Repubblica.58
Durante la mattinata del giorno 11 Allende parlò per radio
al popolo varie volte, rivolgendosi alla classe operaia nel suo
insieme,tra il rumore delle mitragliatrici e dei razzi lanciati
dagli Hawker Hunters contro il palazzo della Moneda.
«Estas son mis ultimas palabras» dijo Allende a las 9.20 de hoy
El Rancagüino, que es el único diario que salió a la calle el mediodía del 11, informa sobre las palabras de Salvador Allende a través
de Radio Magallanes, en la cual se despide de la ciudadanía, en los
mismos instantes en que se desarrolla el golpe militar.
A las 9.20 de la mañana el Dr. Allende se dirigió al país por cadena
de radios de la Unidad Popular, expresando que ésta era la última
oportunidad que tenia para dirigirse al pueblo y que estas serían sus
últimas palabras:
«Pagaré con mi vida la lealtad al pueblo», dijo, agregando que la semilla sembrada en miles y miles de chilenos no podrá ser cegada.
Ellos tienen la fuerza y podrán avasallarnos, dijo, pero no se detienen
los procesos con el crimen ni con la fuerza. La victoria es nuestra.
58 Joan Garcés, Allende y la experiencia chilena las armas de la critica,
cit., p. 381.
35
STORIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
Enseguida comenzó a expresar agradecimientos en primer lugar a los
trabajadores de su Patria, por la lealtad y la confianza que depositaron
en un hombre que empeñó su palabra de respetar la Constitución y las
leyes. Agregó que por ser esta la última oportunidad en que se dirigía
a los trabajadores, les pedía que aprovecharan la lección y acusó al
capital foráneo, al imperialismo y la reacción de haber creado el clima
que hizo que las Fuerzas Armadas rompieran su tradición. Se dirigió
después a las mujeres y a la juventud, a los campesinos y a los intelectuales, advirtiendo que el fascismo ya está presente. Expresó que
estaba hablando por medio de Radio Magallanes, que seguramente
seria acallada. Dijo que el pueblo debía defenderse pero no sacrificarse. «Tengo fe en Chile y su destino que superará con otros hombres
este momento amargo de la traición», expresó. Sus últimas palabras
fueron: «Viva Chile, viva el pueblo, vivan los trabajadores. Tengo
la certeza de que mi sacrificio no será en vano y que se castigará la
felonía y la cobardía».59
L’11 settembre, il popolo e i cittadini del Cile ricevettero
una pioggia di volantini lanciati da aerei ed elicotteri. Dicevano:
Disciplina civile
Le azioni portate a termine dalle Forze Armate e carabineros sono
unicamente per il bene del Cile e dei cileni e contano sull’appoggio
civile.
Non si avrà compassione per gli estremisti stranieri che sono venuti
a uccidere cileni.
Cittadino, rimani all’erta per scoprire chi sono e denunciali alle autorità militari più vicine.61
CONCLUSIONI
Le forze dell’esercito, che attaccavano il palazzo, esigevano la sua resa ma egli continuo a rifiutarla fino alla morte.
Nel suo ultimo messaggio dalla radio Magellano disse:
Il capitale straniero e l’imperialismo uniti alla reazione, hanno creato
un clima per cui le Forze Armate hanno spezzato la loro tradizione,
quella segnalata da Schneider e riaffermata dal comandante Araya.
Le Forze Armate sono vittime dello stesso settore sociale che oggi è
chiuso nelle case, sperando che altre mani conquistino il potere per
continuare a difendere i loro privilegi.60
59 Articolo pubblicato sul diario «El Rancagüino» l’11 settembre 1973.
60 Joan Garcés, Allende y la experiencia chilena las armas de la critica,
cit., p. 394. L’ultimo discorso di Allende prima di morire: «Seguramente
esta es la última oportunidad en que me pueda dirigir a ustedes. La Fuerza
Aérea ha bombardeado las torres de Radio Portales y Radio Corporación.
Mis palabras no tienen amargura, sino decepción, y serán ellas el castigo
moral para los que han traicionado el juramento que hicieron... soldados
de Chile, comandantes en jefe titulares, el almirante Merino que se ha
auto designado, más el señor Mendoza, general rastrero... que sólo ayer
manifestara su fidelidad y lealtad al gobierno, también se ha nominado
director general de Carabineros. Ante estos hechos, sólo me cabe decirle a
los trabajadores: ¡Yo no voy a renunciar! Colocado en un tránsito histórico,
pagaré con mi vida la lealtad del pueblo. Y les digo que tengo la certeza
de que la semilla que entregáramos a la conciencia digna de miles y miles
de chilenos, no podrá ser segada definitivamente. Tienen la fuerza, podrán
avasallarnos, pero no se detienen los procesos sociales ni con el crimen... ni
con la fuerza. La historia es nuestra y la hacen los pueblos. Trabajadores de
mi patria: Quiero agradecerles la lealtad que siempre tuvieron, la confianza
que depositaron en un hombre que sólo fue intérprete de grandes anhelos
de justicia, que empeñó su palabra en que respetaría la Constitución y la
ley y así lo hizo. En este momento definitivo, el último en que yo pueda
dirigirme a ustedes, quiero que aprovechen la lección. El capital foráneo,
el imperialismo, unido a la reacción, creó el clima para que las Fuerzas
Armadas rompieran su tradición, la que les enseñara Schneider y que
reafirmara el comandante Araya, víctimas del mismo sector social que hoy
estará en sus casas, esperando con mano ajena reconquistar el poder para
seguir defendiendo sus granjerías y sus privilegios. Me dirijo sobre todo, a
la modesta mujer de nuestra tierra, a la campesina que creyó en nosotros;
a la obrera que trabajó más, a la madre que supo de nuestra preocupación
por los niños. Me dirijo a los profesionales de la patria, a los profesionales
patriotas, a los que hace días estuvieron trabajando contra la sedición
auspiciada por los Colegios profesionales, colegios de clase para defender
también las ventajas que una sociedad capitalista da a unos pocos. Me
dirijo a la juventud, a aquellos que cantaron, entregaron su alegría y su
espíritu de lucha. Me dirijo al hombre de Chile, al obrero, al campesino,
al intelectual, a aquellos que serán perseguidos... porque en nuestro
país el fascismo ya estuvo hace muchas horas presente en los atentados
terroristas, volando los puentes, cortando la línea férrea, destruyendo
los oleoductos y los gasoductos, frente al silencio de los que tenían la
obligación de proceder: estaban comprometidos. La historia los juzgará.
Seguramente Radio Magallanes será acallada y el metal tranquilo de mi
voz no llegará a ustedes. No importa, lo seguirán oyendo. Siempre estaré
junto a ustedes. Por lo menos, mi recuerdo será el de un hombre digno
36
L’instaurazione di un governo militare fu solo possibile
grazie all’uso della Forza Armata.
ACTA DE CONSTITUCION DE LA JUNTA DE GOBIERNO
Decreto ley N. 1.- Santiago de Chile, a 11 de Septiembre de 1973.
El Comandante en Jefe del Ejército, General de Ejército don Augusto
Pinochet Urgarte; el Comandante en Jefe de la Armada, Almirante
don José Toribio Merino Castro; el Comandante en Jefe de la Fuerza
Aérea, General del Aire don Gustavo Leigh Guzmán y el Director
General de Carabineros, General don César Mendoza Durán, reunidos
en esta fecha, y Considerando:
1.- Que la Fuerza Pública, formada constitucionalmente por el Ejército, la Armada, la Fuerza Aérea y el Cuerpo de Carabineros, representa
la organización que el Estado se ha dado para el resguardo y defensa
de su integridad física y moral y de su identidad histórico-cultural;
2.- Que, por consiguiente, su misión suprema es la de asegurar por
sobre toda otra consideración, la supervivencia de dichas realidades
y valores, que son los superiores y permanentes de la nacionalidad
chilena, y
3.- Que Chile se encuentra en un proceso de destrucción sistemática
e integral de estos elementos constitutivos de su ser, por efecto de la
intromisión de una ideología dogmática y excluyente, inspirada en los
principios foráneos del marxismo-leninismo;
Han acordado, en cumplimiento del impostergable deber que tal misión impone a los organismos defensores del Estado, dictar el siguiente, Decreto-ley:
1.- Con esta fecha se constituyen en Junta de Gobierno y asumen el
Mando Supremo de la Nación, con el patriótico compromiso de restaurar la chilenidad, la justicia y la institucionalidad quebrantadas,
conscientes de que ésta es la única forma de ser fieles a las tradiciones
nacionales, al legado de los Padres de la Patria y a la Historia de Chile,
y de permitir que la evolución y el progreso del país se encaucen vigorosamente por los caminos que la dinámica de los tiempos actuales
exigen a Chile en el concierto de la comunidad internacional de que
forma parte.
2.- Designan al General de Ejército don Augusto Pinochet Ugarte
como Presidente de la Junta, quien asume con esta fecha dicho cargo.
3.- Declaran que la Junta, en el ejército de su misión, garantizará la
que fue leal a la lealtad de los trabajadores. El pueblo debe defenderse,
pero no sacrificarse. El pueblo no debe dejarse arrasar ni acribillar, pero
tampoco puede humillarse. Trabajadores de mi patria: Tengo fe en Chile y
su destino. Superarán otros hombres este momento gris y amargo, donde
la traición, pretende imponerse. Sigan ustedes, sabiendo, que mucho más
temprano que tarde, de nuevo, abrirán las grandes alamedas por donde pase
el hombre libre, para construir una sociedad mejor. ¡Viva Chile! ¡Viva el
pueblo! ¡Vivan los trabajadores! Estas son mis últimas palabras y tengo la
certeza, de que mi sacrificio no será en vano. Tengo la certeza de que, por
lo menos, habrá una lección moral que castigará la felonía, la cobardía y la
traición». Cfr., http://www.salvador-allende.cl/Discursos/1973/despedida.
pdf.
61 I volantini sono depositati in originale presso l’archivio Fernando
Murillo – Sezione B- Riviste, bollettini, periodici.
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | STORIA
plena eficacia de las atribuciones del Poder Judicial y respetará la
Constitución y las leyes de la República, en la medida en que la actual
situación del país lo permitan para el mejor cumplimiento de los postulados que ella se propone.
Regístrese en la Contraloría General de la República, publíquese en
el Diario Oficial e insértese en los Boletines Oficiales del Ejército,
Armada, Fuerza Aérea, Carabineros e Investigaciones y en la Recopilación Oficial de dicha Contraloría.
JUNTA DE GOBIERNO DE LA REPUBLICA DE CHILE.- AUGUSTO PINOCHET UGARTE, General de Ejército, Comandante en
Jefe del Ejército.- JOSE T. MERINO CASTRO, Almirante, Comandante en Jefe de la Armada.- GUSTAVO LEIGH GUZMAN, General
del Aire, Comandante en Jefe de la Fuerza Aérea.- CESAR MENDOZA DURAN, General, Director General de Carabineros.
Lo que se transcribe para su conocimiento.- René C. Vidal Basauri,
Teniente Coronel, Jefe Depto. Asuntos Especiales, Subsecretario de
Guerra subrogante.62
L’eliminazione della resistenza si è ottenuta mediante assassinii, torture, carcerazioni arbitrarie e persecuzioni indiscriminate.
Gli organi rappresentativi popolari politici, sindacali, sociali e la stampa furono smantellati e i servizi pubblici posti
sotto il controllo militare: scuole, ospedali, università.
La cultura popolare fu inquinata da valori militari e “patriottici”. In poche parole, l’eliminazione di quello che la
giunta militare di Pinochet chiamava “il cancro marxista”,
portò tutta la società cilena dell’epoca verso un processo di
“militarizzazione”. Le Forze Armate erano diventate l’unico
partito legale.
Ancora prima del golpe, le Forze Armate avevano assunto
un ruolo sempre più importante nella vita nazionale cilena.
Per salvaguardare gli interessi dell’imperialismo, i partiti politici dell’opposizione alla coalizione di UP si erano convertiti in guardiani inadeguati della situazione nazionale. Quando aumentò la crisi di dominazione, le Forze Armate erano
strettamente legate ai settori della destra. Il loro ruolo tradizionale come istituzione professionale, con l’incarico della
difesa nazionale, fu compromesso dal processo generale di
politicizzazione.
Mentre la destra organizzava i suoi gruppi paramilitari,
aiutata da importanti ufficiali e da ex membri delle Forze
Armate, la facciata tradizionale andò decadendo, e i militari
furono chiamati a “deliberare” nella politica nazionale.
I fatti dal 1970-73, hanno mostrato che quando il regime
civile diventa incapace di controllare efficacemente la situazione nazionale in virtù di operazioni destabilizzanti, la
risposta della classe dominante è di servirsi delle Forze Armate per riaffermare il suo dominio sulla società. In questo
modo si determina un dominio sociale con la violenza armata
o “all’eliminazione chirurgica dell’opposizione”, usando una
definizione della giunta di Pinochet.
Questo è quello che si chiama “Dittatura della Sicurezza
Nazionale”.
dei militari nella crisi di un regime (1970-1973), Arona, Editore XY.IT, 2015.
Inoltre:
AA.VV., El caso Schneider, Santiago, Editora Nacional
Quimantú, 1972.
AA.VV., Il Cile. Saggi-Documenti-Interviste, Roma, Edizioni «Il Manifesto», 1973.
Salvador Allende, Nuestro camino hacia el socialismo: la
vía chilena, Buenos Aires, Ed. Papiro, 1971.
Raul Ampuero, El poder político e las Fuerzas Armada,
Santiago, Ed. Punto Final, 1973.
Raul Ampuero, El pueblo en la defensa nacional, Santiago, Documento del USP, 1971.
Alain Joxe, Las Fuerzas Armadas en el sistema político de
Chile, Santiago, Ediciones Universitaria, 1970.
Alain Joxe, I militari cileni dal legalismo alla violenza
istituzionale, Politica Internazionale, n. 11, novembre 1973.
Alberto Polloni, Las Fuerzas Armadas de Chile en la vida
nacional, Santiago, Editorial Andrés Bello, 1972.
Carlos Prats, Memorias. Testimonio de un soldado, Santiago, Edición Pehuén, 1985.
Carlos Prats, Una vida por la legalidad, México, Fondo de
Cultura Económica, 1976.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Gaetano Oliva, La costituzione cilena del 1925. Il ruolo
62 Cfr., Biblioteca del Congreso Nacional de Chile - www.leychile.cl.
37
FILOSOFIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
Responsabilità e scelte morali: elementi
per una bioetica valdese
FRANCESCO MANFREDI E MICHELE SAVIANO
Associazione Culturale DiSciMuS RFC
I.
La complessa articolazione del dibattito
bioetico contemporaneo ha assunto un carattere cogente e, allo stesso tempo, coordinate specifiche all’interno dell’ampio
segmento di riflessione che potremmo definire «confessionale». Le prospettive
interpretative delle differenti «bioetiche confessionali», attraverso un’intensa e variegata dialettica fatta di confronti, tensioni e convergenze,
costituiscono un orizzonte di ricerca e di analisi
determinante per la strutturazione e la configurazione complessiva della riflessione bioetica in
quanto tale. Il carattere «confessionale» conferisce alle differenti prospettive di analisi un carattere peculiare ed al tempo stesso orientato verso ciò che potremmo definire in termini etici un
processo di «oggettivazione». Appunto in questa
dialettica tra peculiarità confessionale e tensione
per un’«oggettivazione etica»1 si delinea la portata speculativa ed applicativa di una prospettiva
bioetica. In tal senso, l’analisi della prospettiva
bioetica valdese2 ci consente di delineare le coordinate di uno
1 Cfr. P. PIOVANI, Principi di una filosofia della morale, Napoli 1972.
2 Nel contesto delle cosiddette “bioetiche confessionali” o “religiose”
non pochi sostengono la tesi della non esistenza di una “bioetica
protestante” , in senso stretto, a causa della ricchezza di sfumature
teologiche di cui è portatore il protestantesimo i cui esiti storici hanno
disegnato una pluralità di espressioni ecclesiali e soprattutto l’assenza
di un’autorità “centrale” in materia dogmatica. “Secondo alcuni non
esisterebbe una bioetica protestante, al modo in cui esistono una bioetica
cattolica romana, una bioetica ebraica e una bioetica secolare […] il
protestantesimo è intrinsecamente pluralista, sia per ragioni di carattere
storico, sia per ragioni di carattere teologico. L’assenza di un’autorità
dogmatica ed ecclesiale universale fa sì che nessuna chiesa, e nessun
teologo, possa parlare a nome di tutto il protestantesimo; la distinzione fra
il piano delle fede, che rimanda alla coscienza individuale, e quello delle
opere, configura l’etica protestante come un’etica della responsabilità,
fondata sul rifiuto di principi assoluti”. L. SAVARINO, Bioetica cristiana
e società secolare. Una lettura protestante delle questioni di fine vita,
Torino 2013, p. 15.
38
spazio interpretativo non soltanto peculiare, ma determinante
per la comprensione della complessità delle «bioetiche confessionali». A tal proposito, le principali analisi speculative e
ricostruttive rivolte al panorama bioetico valdese – da Sergio
Rostagno a Ermanno Genre – tendono a sottolinearne tale
rilevanza. Il percorso interpretativo che segue si propone,
dunque, di individuare i nessi fondamentali che caratterizzano, in ambito valdese, il rapporto tra dimensione speculativa
e piano applicativo evidenziandone specificamente, a partire
dalla complessità categoriale, l’intensità dell’impatto «procedurale» rispetto alle principali questioni bioetiche.
II. Com’è noto il termine protestantesimo ingloba diverse
realtà di gruppi religiosi. Nell’universo delle sue componenti
un’espressione quanto mai significativa è rappresentata dalla
Chiesa evangelica Valdese. Il movimento valdese origina e
prende forma a cavallo tra il XII e il XIII. Più esattamente
la vicenda valdese3 ha inizio in Europa verso la fine del XII
3 Il termine valdese è riferibile ad una realtà geografica collocabile nel
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | FILOSOFIA
secolo, in un periodo di profonde trasformazioni sociali e in
fondo di crisi della società europea. In realtà dell’origine del
movimento si sa poco: in particolare le fonti a disposizione
sono riconducibili ai verbali dell’inquisizione o all’operato
di «cronisti» dell’epoca. La rottura con la Chiesa di Roma
si consuma a partire dalla pretesa di Valdo4 di rivendicare,
per sé e per i suoi accoliti, il diritto di predicare liberamente.
Quando l’autorità religiosa gli vieta di predicare, Valdo rifiuta; i Poveri dapprima vengono espulsi da Lione e tra il 11845
e il 1190 sono dichiarati eretici6 e condannati.
Con la Riforma del 1517 le valli alpine diverranno un
Piemonte occidentale e ad una comunità evangelica, cristiana, fondata alcuni secoli prima della Riforma. Per un ulteriore approfondimento dell’argomento nella vastissima produzione bibliografica si veda: E. COMBA,
Storia dei valdesi, Torre Pellice (To) 1930; L. SANTINI, Il Valdismo ieri
e oggi, Torino 1966; G. GONNET, Le confessioni di fede valdesi prima
della Riforma, Torino 1967; G. G. MERLO, Eretici e inquisitori nella società piemontese del ‘300, Torino 1977; ID., Valdesi e valdismi medievali,
Torino
1984; H. ARNAUD, Il Glorioso Rimpatrio dei Valdesi, Torino 1989; A. A.
HUGON, Storia dei Valdesi. Dal sinodo di Chanforan all’Emancipazione,
vol. II, Torino 1989; G. G. MERLO, Identità valdesi nella storia e nella
storiografia, Torino 1991; G. GONNET, Enchiridion Fontium Valdesium,
vol. II, Torino 1998.
4 La questione del nome dell’iniziatore del movimento ha sollevato numerose dispute che, in verità, hanno finito per complicare ancora di più
un problema di per sé abbastanza intricato. “Il suo nome latinizzato era
sicuramente Valdesius, perché così viene indicato in tutte le fonti dirette
[…] per quanto taluni preferissero latinizzare il nome con la forma equivalente Valdius (Alano da Lilla, 1194-95 e Pietro di Vaux-de Cernay, 1218).
Due fonti tardive, degli ultimi anni del XV secolo, latinizzano il nome in
Valdeus. L’unica eccezione rilevante a Valdesius, nelle fonti più antiche,
è quella di Goffredo d’Auxerre (1187-1188), che ha conosciuto Valdo di
persona poiché era presente al Sinodo provinciale di Lione nel 1180, e lo
chiama Waudesius […] Dunque, in latino si chiamava Valdesius. Ma qual
era il suo nome nella lingua parlata, in volgare? A questo proposito mi
sembra decisiva la testimonianza del chierico gallese Walter Map che lo
ha incontrato (o almeno ne ha sentito parlare dai suoi discepoli) a Roma
nel 1179, durante il III Concilio Lateranense. A quanto sembra, egli riporta
il nome esattamente come lo ha sentito pronunciare a Roma: Valdes”. C.
PAPINI, Valdo di Lione e i «poveri nello spirito». Il primo secolo del
movimento valdese (1170-1270), Torino 2001, pp. 85-87.
5 Nell’autunno del 1184 papa Lucio III e Federico I imperatore si incontrano a Verona; divisi su diverse questioni concordano sulla necessità di contrastare l’eresia. Il documento di condanna dell’eresia, noto come Ad abolendam, identifica le molteplici condizioni di eresia elencandole minuziosamente. Scorrendo l’elenco accanto a Catari e Patarini, Giosefini, ed
altri, compaiono i poveri di Lione. I valdesi sono in questo modo collocati
in quella vasta galassia di gruppi e movimenti eterodossi del XII secolo.
La ragione della condanna è contenuta nello stesso decretale e rinvia alla
pretesa di predicare anche di fronte al diniego dell’autorità ecclesiastica.
“In tali modi essi usurpavano una funzione loro non spettante e si ponevano in contrasto con l’autorità del versetto paolino di Romani (10, 15):
«Quo modo predicabunt nisi mittantur? [Come predicheranno se non sono
inviati?]». Sembrerebbe di poter dedurne che la scomunica avesse valore
in conseguenza dell’esercizio di una predicazione non legittimata dal papato o dagli ordinari diocesani indipendentemente dai contenuti teologici e
sacramentali della predicazione stessa”. G. G. MERLO, Valdo l’Eretico di
Lione, Torino 2010, pp. 64-65.
6 Per uno studio delle eresie e degli eretici del medioevo si rinvia ai saggi:
O. CAPITANI, L’eresia medievale, Bologna 1971; ID, Medioevo ereticale, Bologna 1977; G. G. MERLO, Eretici ed eresie medievali, Bologna
1989. Sulla repressione dell’eresia a cavallo tra il XII e il XII secolo, si
veda: ID., Contro gli eretici. La coercizione all’ortodossia prima dell’Inquisizione, Bologna 1996.
avamposto protestante in Italia7. Dall’Europa della Controriforma e nei tre secoli che seguono il Concilio di Trento,
la storia del movimento valdese, che come un fiume carsico
sembra scomparire senza lasciare traccia per poi riemergere
con rinnovato vigore, narra di persecuzioni, di radicamento
nel ghetto alpino, di esili e di tenaci tentativi di resistenza8,
fino al fatidico anno 1848 che, come Chanforan, rappresenta
una tappa fondamentale del valdismo italiano. La concessione delle Lettere Patenti, che riconoscono alle popolazioni
valdesi (e agli ebrei) i diritti civili e politici pur non concedendo nulla sul piano della libertà di culto e riaffermando
il cattolicesimo romano come religione del Regno Sardo,
chiudeva definitivamente l’esperienza del ghetto e con essa
secoli di vessazioni riconoscendo ad una sparuta minoranza
religiosa un ruolo nella comunità nazionale9.
I decenni che seguono vedono i valdesi accogliere le idee
risorgimentali10, mentre nell’immediato periodo post-unitario l’azione evangelistica è espressa nei termini culturali
ed assistenziali: creare scuole ed opere assistenziali, di questo ha bisogno la giovane nazione11. Nel corso del tempo la
7 I valdesi aderiscono infatti alla Riforma nel 1532 nel corso del Sinodo
di Chanforan, un’assemblea popolare, aperta, in cui liberamente partecipa e si esprime il popolo della zona. “Le chiese riformate del Piemonte
costituiscono la nuova fase del movimento valdese dopo l’adesione alla
Riforma della Svizzera di lingua francese (1532). Una quindicina di chiese
così vissute per tre secoli nel ghetto alpino delle «Valli valdesi» in una
situazione di continua precarietà in cui si alternavano periodi di tolleranza
di fatto a persecuzioni. L’impostazione di fondo di queste chiese, come si
rileva dalla Confessione di fede del 1655, è in linea con quella calvinista dei riformati svizzeri e francesi, dei presbiteriani scozzesi, dei puritani
olandesi”. F. GIAMPICCOLI, Una chiesa senza papa, Torino 2003, p. 12.
8 Nell’Europa sconvolta dalle guerre di religione fino alla pace di Utrecht
(1713) che finalmente spegneva le passioni religiose, per la piccola enclave valdese due date restano scolpite nella memoria per la tragicità degli
eventi che le segnarono: il 1655 quando il massacro conosciuto come le
Pasque piemontesi sollevò l’indignata protesta dell’Europa e l’intervento
dell’Inghilterra di Cromwell, e il 1685, quando a seguito del divieto di Luigi XIV re di Francia ai protestanti di professare la loro fede – attraverso la
revoca dell’editto di Nantes col quale Enrico IV nel 1598 aveva concesso
alle chiese delle riforma una larga autonomia – il culto riformato venne
abolito nella val Pragelato e val Chisone e i locali di culto abbattuti.
9 L’8 febbraio del 1848 Carlo Alberto firma lo Statuto, il 17 dello stesso
mese il re concede le Lettere patenti, “che restituiscono alle popolazioni
valdesi i diritti civili e politici, parificandoli a tutti i sudditi del Regno
sardo: diritto alla studio, all’esercizio delle professioni, all’acquisto delle
terre. Per quanto concerne la libertà religiosa la situazione permaneva immutata e le Patenti lo precisavano: «Nulla però è innovato quanto all’esercizio del loro culto…» […] La sera è tutto un fiammeggiare di fuochi sulle
alture; il 27 febbraio la delegazione valdese sfila per le vie di Torino […]
Il ghetto era definitivamente finito”. G. TOURN, I Valdesi. La singolare
vicenda di un popolo-chiesa, Torino 1999, p. 218.
10 Diversamente dalla Chiesa di Roma i valdesi nell’aderire alle idee risorgimentali “hanno scelto l’avvenire e non il passato, il rinnovamento non
la restaurazione. Si trovano così insieme a liberali, radicali e più tardi socialisti a combattere contro l’oscurantismo delle posizioni papaline. Sono
una «forza progressista» rispetto a Roma, ed una religione moderna”. Ivi,
p. 236. Su questo specifico tema si veda anche, G. SPINI, Italia liberale e
protestanti, Torino 2002; e dello stesso autore, Risorgimento e protestanti,
Torino 1998.
11 Il principale problema dell’Italia post-unitaria è l’analfabetismo e per i
valdesi l’attività evangelistica, nella direzione della promozione culturale,
mira alla costruzione anzitutto di cittadini responsabili e poi di credenti
maturi. “In ogni borgata o città dove trovò accoglienza, la chiesa valdese
si preoccupò di organizzare una scuola, affidandone la responsabilità ad
un insegnante; la cappella venne solo in un secondo tempo […] l’Italia
39
FILOSOFIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
Chiesa valdese ha assunto una dimensione organizzativa di
tipo presbiteriano-sinodale12.
Questa vocazione strutturalmente assembleare trova concrete modalità applicative nella costituzione di gruppi di lavoro ad hoc per la riflessione e la messa a punto di documenti
da sottoporre al vaglio del comunità locali e del Sinodo. È il
caso ad esempio della Commissione sui problemi etici posti dalla scienza (o commissione bioetica) il cui ruolo, più
che offrire pacchetti di risposte preconfezionate, è quello,
nel solco della tradizione delle chiese protestanti, di offrire
spunti di riflessione critica in relazione alle pratiche scientifiche e mediche. Non quindi risposte desumibili da una precisa catena precettistica, ma una tensione ermeneutica che
impegna la comunità nella sua interezza. L’approccio alle
questioni etiche che il progresso tecno-scientifico solleva pur
muovendo dall’Evangelo descrive tali questioni sulla base di
alcuni principi guida quali: l’autonomia della scienza, la responsabilità che deriva da ogni nuova soglia di conoscenza,
il rispetto che si applica ad ogni forma di vita e all’ambiente
e il rispetto delle scelte individuali, per cui la libertà della
persona non può essere compressa dall’affermazione di visioni filosofiche e religiose, infine la solidarietà verso le persone sofferenti. “Le norme che ci possiamo dare quali esseri
umani devono avere un carattere pubblico, confrontabile con
esigenze di carattere pragmatico ed empirico, e non devono
esser considerate l’espressione di un legame metafisico con
qualche verità pretesamente ultima, alla quale verrebbe data
traduzione pratica mediante norme a carattere etico”13.
Si tratta di una proposta etica che nella sua strutturazione muove senz’altro da specifici riferimenti teologici e da
una precisa fonte di ispirazione rintracciabile nel più ampio e
complesso orizzonte dell’etica protestante.
III. Una riflessione sull’etica cristiana e in particolare
ha bisogno di scuole, non di cattedrali, di libri non di immagini sacre, di
riflessione non di processioni”. G. TOURN, op. cit., pp. 238-239. Si tenga
anche conto che proprio tra le popolazioni valdesi delle valli questo programma pedagogico esprime il suo massimo grado di coerenze attraverso
la costruzione di una fitta rete di scuole, biblioteche, produzione libraria.
12 Presbiteriano in quanto è dirigere l’insieme dei presbiteri (termine del
Nuovo Testamento che si traduce con “anziano”) a dirigere la comunità,
sinodale perché il sinodo è l’autorità in tutti i campi della vita della chiesa:
dottrinale, disciplinare, amministrativo.
La chiesa è retta da una gerarchia di assemblee a garanzia del carattere
collegiale e democratico delle comunità, al cui vertice si colloca il Sinodo
delle Chiese valdesi e metodiste, che rappresenta l’autorità massima della Chiesa in materia dottrinaria, legislativa, giurisdizionale e di governo.
Esso è costituito dai deputati delle chiese locali, da un numero di ministri di culto equivalente e dai responsabili di particolari settori di attività
(ad esempio le opere diaconali). Alla fine dei lavori il Sinodo elegge le
commissioni amministrative cui compete la responsabilità di attuarne le
decisioni e gli indirizzi sinodali oltre che amministrare i diversi settori di
attività. Per un approfondimento della realtà organizzativa della Chiesa
valdese si veda: CHIESA EVANGELCA VALDESE. UNIONE DELLE
CHIESE VALDESI E METODISTE, Raccolta delle discipline vigenti
nell’ordinamento valdese, Torino 2009.
13 Gruppo di lavoro sui problemi etici posti dalla scienza, Bioetica - Ricerca e Orientamenti (17 luglio 1995), § 82, in «Protestantesimo» (Rivista
trimestrale pubblicata dalla Facoltà Valdese di Teologia), L: IV (1995),
p. 317.
40
sull’etica protestante14 non può che muovere dall’esigenza di
determinare i nessi tra l’annuncio evangelico e l’agire umano
interpretato alla luce della rivelazione divina. Il nodo problematico del rapporto tra religione ed etica si staglia sullo sfondo del pensiero riformato che fin dalle origini presuppone
una «inequivalenza» fra religione ed etica, l’impossibilità di
identificare il credere con l’agire. In realtà la problematicità
della relazione fra pensiero e prassi, intenzione e risultato, è
già posta dalla tradizione biblica alla luce del comandamento
divino dell’amore nella duplice accezione dell’amore di Dio
e dell’amore del prossimo15.
14 L’etica protestante è nella sua essenza riconducibile al cristianesimo
delle origini, appare perciò infondata la pretesa di ricondurre la riflessione
etica protestante esclusivamente alla sola Riforma. “Gli elementi emersi
nella riflessione teologica dei primi secoli si legano intimamente alla posizione assunta dal pensiero protestante. Proprio la ridiscussione di questi
elementi, e soprattutto la valutazione della loro mediazione tradizionale
attraverso l’epoca antica e medievale, determineranno gli indirizzi e le
opzioni sia della teologia protestante classica, sia degli indirizzi etici che
da essa possono derivare”. S. ROSTAGNO, Etica Protestante. Un percorso, Assisi 2008, p. 15. In realtà è vero anche che l’etica protestante non può
essere ricondotta ad un preciso schema per la ricchezza di risvolti teorici e
pratici prodotti: “Dal puritanesimo al femminismo, dalle dichiarazioni sui
diritti dell’uomo alle crociate contro l’alcool o il fumo, dalla fondazione
della Croce Rossa alle conferenze ecumeniche sulla realizzazione del cristianesimo nel mondo e alla lotta contro ingiustizie e razzismo”. Ivi, p. 207.
15 Il tema dell’alterità, della possibilità di una concreta apertura all’altro
e in particolare di condividere la sofferenza altrui, è al centro della riflessione critica sull’etica della medicina e più in generale della riflessione
etico-filosofica. La questione della giustificazione dell’alterità pone ad
esempio Ricoeur e Marcel in polemica con la filosofia husserliana per la
quale l’esperienza originaria è solo quella dell’io al contrario di quella
del tu che rappresenta un’esperienza derivata. “Lo sforzo dei tre pensatori francesi è quello di mediare tra la priorità husserliana assegnata all’io
trascendentale e il rinvio all’alterità, in un riconoscimento dell’altro, che
renda impossibile sia il solipsismo che il rapporto oggettivante postulato
da Sartre”. M. T. RUSSO, L’etica della medicina e la bioetica fra sollecitudine e giustizia nel pensiero di Paul Ricoeur, in Paul Ricoeur in dialogo.
Etica, giustizia, convinzione, a cura di D. Iannotta, Cantalupa (To) 2008, p.
139. Sembra perciò degno di interesse tentare di analizzare le condizioni,
le premesse, affinché l’altro diventi prossimo.
La categoria della prossimità è investigata da Ricoeur, in particolare nel
saggio Histoire er véritè del 1955, a partire dalla pericope evangelica del
buon Samaritano (Luca 10, 25-37). La parabola che Gesù racconta origina
dalla domanda postagli, da un dottore della legge, su chi sia il prossimo:
«Chi è il mio prossimo?». Secondo Ricoeur è significativa la risposta di
Gesù alla domanda sul chi è il prossimo; Gesù infatti risponde ponendo
all’uditore, al termine della parabola, un’altra domanda di questo tono:
«Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che si imbatte
nei ladroni?» (v. 36). In questo modo la prossimità è definita non nei termini di un oggetto sociale (Chi è il prossimo), ma di un comportamento,
di una teoria dell’azione, ed è in tal senso che non esiste una scienza del
prossimo, una sociologia del prossimo, perché essa sarebbe immediatamente inficiata da una concreta prassi del prossimo: “Non esiste una teoria del prossimo, ma piuttosto una prassi del prossimo, che si realizza
attraverso un incontro da persona a persona. Per questo, nota Ricoeur, i
due passanti incapaci di compassione sono definiti nella parabola tramite
la loro categoria sociale, un sacerdote, un levita: questo sta ad indicare che
sono non soltanto occupati, ma assorbiti completamente in un ruolo, in
una funzione sociale e pertanto indisponibili ad accogliere quegli avvenimenti che comportano un autentico incontro con l’altro. L’incontro, infatti,
porte sempre con sé la capacità di lasciarsi sorprendere e di essere disposti
ad un comportamento imprevisto: cambiare il proprio programma e, nel
caso del Samaritano, cambiare strada, aprendosi ad una relazione faccia
a faccia, da persona a persona. L’elemento significativo è costituito proprio dalla categoria dell’incontro: il Samaritano, che non è ingombrato da
una categoria sociale, «è una persona grazie alla sua capacità di incontro»,
la sua condotta non s’inquadra, pertanto, solo in una carica istituzionale,
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | FILOSOFIA
Le due dimensioni strutturanti il comandamento dell’amore si intrecciano, senza alcun dubbio, rimandando, come in
un gioco di specchi, l’una all’altra, pur tuttavia rappresentano «aspetti distinti e non confondibili»16. La trama interpretativa e strutturante del cristianesimo è fin dalle sue origini
la riflessione cristologica non quella etica: «sulla necessità di
fare il bene per piacere a Dio non c’è motivo di scontrarsi,
tanto la cosa può apparire ovvia. Ma il discorso non comincia
qui. Il cristianesimo si separa da un discorso così normale: il
suo pensiero strutturante sarà cristologico e non etico. Decisione carica di conseguenze. Le novità etiche saranno poche;
di rilievo, invece, quelle teologiche»17.
L’itinerario dialettico tra teologia ed etica18 muove, nel
pensiero riformato del Cinquecento, dalla disputa fra fides
e caritas; mentre il primo polo della discussione sussume
la relazione verticale Dio-Uomo19, la caritas allude invece
predeterminata e prevedibile, ma si presta alla creatività della risposta che
l’altro sollecita”. Ivi, pp. 143-144. La prossimità rappresenta dunque una
modalità di relazione che trascende le intermediazioni sociali. Essa è nel
contempo condizione ma anche effetto della compassione la cui capacità
creativa mi rende riconoscibile il prossimo, la sua sofferenza, le sue necessità. Su questo tema si vedano le considerazioni contenute nel saggio
di L. BOLTANSKI, Lo spettacolo del dolore. Morale umanitaria, media e
politica, Milano 2000, pp. 10-16.
16 S. ROSTAGNO, Etica Protestante. Un percorso, cit., p. 12.
17 Ivi, p. 13.
18 La costruzione di una teologia morale come un sistema rigidamente
definito nel quale ogni singola cosa viene fatta dipendere da una particolare idea o da uno specifico concetto, non risponde alla domanda sul senso della testimonianza cristiana vissuta alla luce della propria vita morale
nel mondo contemporaneo. In realtà la discussione sulla teologia morale
e sull’assolutezza delle norme morali riflette, soprattutto in ambito cattolico, una tensione mai sopita fra due visioni sostanzialmente antitetiche; la
prima immagina la teologia morale ad uso dei confessori come supremo
giudice e censore delle coscienze. Quest’approccio nel porre un’enfasi particolare sull’attività magisteriale ne rivendica una presunta infallibilità in
materia di norme morali, sebbene il Magistero stesso abbia quasi mai preteso l’infallibilità in ordine all’insegnamento morale. Una seconda opzione
al contrario si muove nella direzione di una teologia della co-responsabilità, della fedeltà e della libertà creativa. “La semplice discussione sulle
norme individuali e sulla loro assolutezza o meno continuerà all’infinito,
se non si diventa più consapevoli che siamo di fronte allo scontro fra due
mentalità e persino fra due scopi dell’insegnamento morale. Sussiste tuttora una concezione della teologia morale che la vede come una guida per dei
confessori che si considerano principalmente come giudici e controllori
delle coscienze; e c’è anche una teologia morale il cui scopo è di presentare la totalità della vita cristiana nella chiesa e nella società secolare come
“co-responsabilità”. Non c’è dunque da meravigliarsi se l’urto diventa particolarmente evidente quando si giunge alle questioni e conclusioni fondamentali riguardanti l’etica normativa e il ruolo delle norme nella vita dei
cristiani”. B. HÄRING, Liberi e fedeli in Cristo. Teologia morale per preti
e laici, vol. I, Roma 1979, p. 410. Per uno sguardo più ampio sugli sforzi compiuti dai teologi moralisti resta ancora attuale il contributo offerto
da S. PREVITERA, La fondazione della morale, in «Rivista di Teologia
Morale», IX (1977).
19 Un’idea che ha profondamente segnato la teologia riformata è il concetto di sovranità divina. Il pensiero di Zwingli la cui esperienza e il cui
ministero si compie nella Zurigo del XVI secolo è, ad esempio, intriso da
un radicale senso di sovranità assoluta di Dio e dalla completa dipendenza
dell’uomo dalla Sua volontà: “L’idea zwingliana dell’assoluta sovranità di
Dio venne sviluppata nella sua dottrina della provvidenza, specialmente
nel suo famoso trattato De providentia Dei. Molti lettori tra i più critici di
Zwingli hanno notato delle somiglianze tra le sue idee e il fatalismo di Seneca e hanno detto che egli non fece altro che “battezzare” il fatalismo del
filosofo antico. Quest’osservazione assume un certo peso per il fatto che,
nel suo De providentia Dei, Zwingli menziona Seneca e mostra interesse
alla dimensione etica, mondana, dell’amore. In tal senso, la
teologia luterana e più in generale quella riformata propone
una radicale reinterpretazione dei concetti di fides e caritas e
soprattutto una loro radicale distinzione20. La necessaria distinzione tra questi due aspetti, nel pensiero riformato, dice
che l’uomo si trova nella condizione di essere il beneficiario
della promessa divina. È l’azione divina che riscatta l’essere
umano e a questo atto unilaterale iniziale della grazia di cui
l’uomo, si diceva, è esclusivamente beneficiario, non inerisce un imperativo etico, un dover essere, che in quanto tale
renderebbe l’azione umana in qualche modo determinante
nell’economia della salvezza21. L’etica che Lutero proclama
si delinea come risposta alla grazia immeritatamente ricevuta
«ma l’approvazione vera e propria non può essere fondata
mediante un procedimento logico: essa rimane propria di
un ambito intraducibile in etica e riservato alla dimensione
speciale chiamata teologia o fede»22. L’etica protestante a
partire dalle premesse teologiche poste dal pensiero di Luper lui. La salvezza o la dannazione di una persona stanno totalmente nelle
mani di Dio, che ha fatto liberamente la sua scelta da tutta l’eternità. Sembra tuttavia che l’importanza attribuita da Zwingli all’onnipotenza divina
e all’impotenza umana derivi in ultima analisi dalla sua lettura di Paolo, e
abbia semplicemente ricevuto un appoggio dalla riflessione di Seneca assumendo una rilevanza esistenziale a motivo del suo incontro ravvicinato
con la morte nell’agosto del 1519”. A. E. McGRATH, Il pensiero della
riforma. Lutero – Zwingli – Calvino – Bucero. Una introduzione, (seconda ed.), Torino 1995, p. 171. Si ritiene, non a caso, che la dottrina della
predestinazione (Sulla dottrina della predestinazione si veda: G. TOURN,
La predestinazione nella Bibbia e nella storia. Una dottrina controversa,
Torino 1978) sia una delle idee portanti della teologia riformata associata
solitamente al pensiero di Calvino. In realtà una controversia intorno alla
predestinazione aveva avuto luogo già nel IX secolo quando il monaco
benedettino Godescalco da Orbais aveva formulato una concezione della
doppia predestinazione non diversa da quella che Calvino elaborò più tardi. “Ragionando in modo rigorosamente logico sull’affermazione che Dio
ha predestinato alcuni alla condanna eterna, Godescalco sosteneva che era
quindi assolutamente errato dire che Cristo era morto anche per loro: infatti, se lo avesse fatto, sarebbe morto invano, poiché la sua morte non avrebbe modificato il loro destino. Godescalco, perplesso e intimorito dalle conseguenze delle sue posizioni, avanzò l’idea che Cristo fosse morto solo per
gli eletti. La portata della sua opera redentrice era dunque limitata a coloro
che avrebbero tratto beneficio dalla sua morte. Molti autori del secolo IX
reagirono negativamente a queste affermazioni, ma l’idea doveva risorgere
nel calvinismo posteriore”. A. E. McGRATH, op. cit., pp. 183-184.
20 “La teologia medievale presuppone che l’uomo sia in possesso di mezzi, mediante i quali, sia pure con qualche difficoltà, raggiunge un soddisfacente rapporto con Dio. La teologia riformata contesta radicalmente questa
impostazione. Non sono più i mezzi che contano in vista della salvezza di
fronte a Dio, è la realtà di Dio quella che determina la salvezza e il discorso teologico può soltanto commentare questa realtà. […] Per Lutero fides
e caritas si divaricano […] La novità di Lutero consiste nel distinguere,
non nell’opporre, credere e operare […] La fides è esclusiva, rispetto alle
opere, nel momento in cui nella fede si considera soltanto il suo costituirsi
come rapporto con la misericordia divina. Qui l’essere umano non può
partire che da quel che riceve. Non esiste un apporto umano, in termini di
carità, in questo momento costitutivo e logicamente iniziale della fides”. S.
ROSTAGNO, Etica Protestante. Un percorso, cit., pp. 37-39.
21 Per Lutero la distinzione fra fede ed etica (o opere) costituisce la
premessa per deprivare l’agire umano di qualsivoglia potere salvifico. Se
fino alla Riforma la riflessione teologica immagina l’etica, le opere, come
lo spazio della visibilità della fede che in quanto tale rende, in un certo senso, compartecipe l’uomo della salvezza divina, Lutero, al contrario, ribalta
questo schema sulla base dell’assunto che la realtà quotidiana, mondana,
nel suo dipanarsi non può aggiungere null’altro alla promessa salvifica.
22 S. ROSTAGNO, Etica Protestante. Un percorso, cit.,
p. 50.
41
FILOSOFIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
tero si costruisce nella direzione di una radicale messa in discussione dell’etica teleologica e dell’idea che l’uomo possa,
attraverso le opere, garantirsi in qualche modo la salvezza23.
Solo liberandosi dell’ossessione della perfezione morale da
raggiungere attraverso le opere di giustizia e accettando il
dono della grazia divina si apre per l’umanità un orizzonte
di vera libertà e grazia. L’intero impianto teorico-dottrinale
dell’etica cristiana - nell’orizzonte protestante - è fondato
esclusivamente su un principio, quello dell’«agàpe», l’amore
del prossimo24.
IV. Come in tutti i tentativi di sistematizzazione etica, anche nella prospettiva protestante un problema ineludibile resta il conflitto tra il «principio etico» in quanto tale, ad esempio l’«amore per il prossimo», e il contesto empirico, relazionale – un complesso intreccio di interessi e valori spesso
contrapposti – all’interno del quale applicare direttamente il
principio etico25. Per questo motivo occorre tentare di configurare una modello strutturale che renda traducibile concretamente il principio dell’«agàpe» attraverso la decisione
individuale del soggetto agente26. Una struttura realistica è
quella che colloca su un piano il contesto empirico-descrittivo, all’interno del quale trovano posto la realtà fattuale, i
valori e gli interessi confliggenti, e sull’altro i principi normativi, ovvero la giustizia e l’amore cristiano e i principi teologici. Naturalmente il processo etico-decisionale si realizza
proprio nel punto di intersezione tra il contesto descrittivo e
l’orizzonte normativo; e se da un punto di vista puramente
teorico il processo decisionale dovrebbe compiersi secondo
uno schema lineare che dal sostrato dei principi muove verso la nuda realtà dei fatti, nel concreto la decisione etica si
compie secondo percorsi tortuosi e poco schematizzabili. A
tal proposito va detto che l’intraducibilità in termini eticonormativi della relazione uomo-Dio27 non può tuttavia con23 “Lutero si persuase, come aveva mostrato l’apostolo Paolo nella lettera ai Romani, che la vita cristiana non è una scuola di ginnastica morale.
L’ingresso in cielo non è garantito a chi ottiene il massimo dei voti in campo etico. Non siamo salvati per i nostri meriti, ma unicamente per la grazie
di Dio rivelata in Cristo”. W. BEACH, L’etica cristiana nella tradizione
protestante, Torino 1993, p. 29.
24 In realtà il principio dell’agàpe non è appannaggio esclusivamente
del cristianesimo dal momento che esso rappresenta una premessa imprescindibile per tutte quelle etiche laiche, umanistiche, che pongono al centro
del loro discorso etico, declinata secondo diverse modalità, l’inviolabilità
della persona.
25 Cfr. Y. REDALIÉ, Nuovo Testamento ed etica: quale prospettiva?, in
«Protestantesimo» (Rivista trimestrale pubblicata dalla Facoltà Valdese di
Teologia), LVII: I (2002), pp. 29-34.
26 Cfr. W. BEACH, op. cit.
27 L’irriducibilità della fede alla morale rappresenta la premessa della
riflessione etica nel protestantesimo: “Il protestantesimo è proprio tutto il
contrario della trasformazione della fede in etica. In Lutero l’irrazionale e
il razionale si applicano ad ambiti diversi e distinti, l’irrazionale a quello
della gratitudine riconoscenza, il razionale a quello della responsabilità.
La fusione di questi due campi non è fedele al messaggio della Riforma,
ma ne rappresenta invece l’abbandono. Il protestantesimo non si identifica
con la passione irrazionale della fede trasformata in insindacabile
comportamento etico”. S. ROSTAGNO, Etica Protestante. Un percorso,
cit., p. 223. La morale cristiana della responsabilità, il cui fondamento è
l’essere in Cristo, non è riducibile ad un’arida etica del dover fare o non
fare qualcosa: “Una persona diviene sempre più “responsabile” e creativa
42
figurarsi come arbitrarietà di comportamento, dal momento
che per Lutero resta ineludibile il riferimento all’etica come
spazio della «responsabilità»28. In realtà Lutero propone
un’antropologia specifica le cui dimensioni costitutive sono
appunto quelle della fides e della caritas, distinte, e tuttavia
coessenziali. Mentre la prima informa il rapporto uomo-Dio
nell’orizzonte della redenzione e pertanto non può che configurarsi nei termini di gratitudine, da parte dell’uomo, per
il dono ricevuto, la caritas modella il rapporto uomo-prossimo, configurandosi invece come pressante istanza etica che
impone l’urgenza di doversi «prendere cura» del prossimo29.
Ancora una volta sullo sfondo dell’orizzonte etico disegnato
da Lutero si staglia prepotentemente la dimensione cristologica.
Nella seconda metà del Novecento lo sviluppo delle biotecnologie, la crescente medicalizzazione della società e, più
in generale, la «questione antropologica» posta dal progres-
nell’impegno e nella fedeltà man mano che i suoi scopi vengono plasmati
dall’ascolto e dalla risposta. Dobbiamo ascoltare la natura delle cose e il
messaggio di tutta la creazione, ma soprattutto i bisogni e le risorse intimi
delle persone. Le nostre intenzioni e i nostri scopi devono collocarsi entro
la struttura responsoriale di un’etica veramente cristiana”. B. HÄRING,
op. cit., pp. 120-121.
28 Il tema della responsabilità rappresenta nell’ etica protestante uno
snodo problematico che si pone come premessa e fondamento del concetto
di persona. Una riflessione sul concetto di persona che assume come
considerazione preliminare il tema della precarietà dell’essere persona
si muove, è evidente, entro uno spazio argomentativo nel quale l’idea di
persona non può essere considerato alla stregua di un dato ontologico certo,
ma, al contrario, persona appare come ha scritto Jervis “un’attribuzione
dai confini approssimativi” (G. JERVIS, Persona, soggetto, società, in
«Protestantesimo» (Rivista trimestrale pubblicata dalla Facoltà Valdese di
Teologia), LI: II (1996), p. 165), incerti, al punto che l’avanzamento tecnoscientifico e i profondi mutamenti culturali che hanno accompagnato la
modernità, aprono ancora oggi, scenari che impongono di ripensare
alcune tradizionali categorie etico-filosofiche. Nella prassi giuridica e nel
linguaggio comune l’attribuzione dello statuto di persona è appannaggio
del solo soggetto responsabile è questo il motivo per cui si ritiene un
bambino non ancora nella pienezza dell’essere persona al punto di non
considerarlo punibile qualora commetta un’azione configurabile come
reato proprio perché incapace di riflettere sulle effetti delle sue azioni.
29 Nella riflessione di Lutero le opere si spogliano del loro carattere
“religioso”, per così dire, per attestare la solidarietà verso il prossimo
bisognoso. È in questo senso che il criterio dell’agire etico è individuato
nella responsabilità verso l’altro e non tanto nella buona volontà religiosa.
“Il prossimo, per così dire, configura per me un dovere; mentre proprio
il rapporto con Dio, invece, si può configurare unicamente nella misura
della gratuità e non già nella misura di un qualsiasi dovere che mi verrebbe
imposto […] L’esigenza della caritas mi è posta da chi sta davanti a me
come altro da me. Egli rappresenta per me, nel suo bisogno, la necessità
della norma etica e un vincolo al di là del quale il mondo si dissolve […]
Si esprime qui con forza un elemento tipico della teologia luterana. La
caritas non è definita in base a una sua buona volontà psicologica, ma in
base a un elemento del tutto esterno ad essa, il «bisogno» del prossimo.
Come la fede era, nel suo contenuto, definita dal verbum, così la caritas
dal prossimo”. S. ROSTAGNO, Etica Protestante. Un percorso, cit., pp.
54-55. Negli sviluppi successivi dell’etica protestante e in particolare nel
Novecento, resta in tutta la sua problematicità il tema del rapporto tra
etica e religione. Per esempio nel pensiero di Karl Barth la limitatezza e la
contingenza definiscono l’agire etico che non può descriversi nei termini
di adeguamento ad un imperativo divino, assoluto, e dunque in sé perfetto.
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | FILOSOFIA
so tecno-scientifico30 sullo sfondo di contesti «complessi»31,
30 Non meno pressante appare la domanda circa il ruolo che può
svolgere l’etica cristiana nell’ambito di una società, quella moderna, che si
percepisce come pluralista e secolarizzata e che, in quanto tale, riconosce
priva di valore un’etica cristiana che si presenti come un’etica normativa
di contenuto precettistico. Anche se comunemente si riconosce l’etica
cristiana tout court come un’etica di rigidi precetti, in realtà, la morale
cristiana desumibile sia dall’Antico Testamento (il decalogo) che dal
nuovo patto (il discorso della montagna) non è una morale precettistica,
nel senso che nel decalogo più che una mera impostazione di precetti si
coglie un’esortazione alla realizzazione di una modalità di organizzazione
etico-giuridico di fatto mutuata da coevi ordinamenti sociali. Allo stesso
modo il contenuto del discorso della montagna non è un codice di precetti
ma rappresenta una parenesi rivolta all’uomo a favore di una radicale
apertura verso l’altro. In realtà è soprattutto nel campo della teologia
morale cattolica che le verità morali assumono un carattere normativo
quasi in analogia alle leggi positive. Le norme morali pur non essendo
leggi positive “continuano ad essere viste in analogia alle leggi positive:
quasi fossero paragrafi di un codice giuridico o una summa di leggi che la
comunità ecclesiale ha bene o male accolto e che l’autorità ecclesiastica
dichiara essere vincolanti. Proprio per tale motivo queste norme morali
vengono definite «oggettive», dichiarano dunque, come leggi positive,
un comportamento richiesto come «oggettivo», rendendolo il parametro
per singoli casi concreti”. J. FUCHS, Etica cristiana in una società
secolarizzata, Roma 1984, p. 41. Posto dunque che l’etica cristiana,
nell’interpretazione protestante, non vuole essere un’etica di precetti si
dovrà convenire sulla tesi che essa si è diversificata nel corso del tempo
nella misura in cui norme, convinzioni, consuetudini, sono mutate nel
corso della storia in ragione dei cambiamenti sociali o per esempio del
progresso tecnico-scientifico. “Ne troviamo alcuni esempi nella storia
dell’etica cristiana, ad esempio per quanto concerne la schiavitù, la
posizione sociale della donna, il prestito su interesse, la libertà religiosa”.
Ivi, p. 15. In rapporto al progresso tecno-scientifico è emerso, spesso in
modo pretestuoso il tema delle frontiere, dei limiti, della scienza. A fronte
della incognite e anche dei rischi che la scienza solleva la tentazione di
trovare un rifugio molto più rassicurante in verità assolute, di cui sarebbe
detentrice la religione, diviene sempre più forte. Il protestantesimo esprime
generalmente una inclinazione culturale che si colloca in un orizzonte
alternativo alle pretese di una etica religiosa normativa che pretende
di dettare regole e fissare confini. Il crinale sul quale si attesta l’etica
protestante è, lo si ripetuto spesso, l’idea di responsabilità. Responsabilità
che non è legata al compimento di un atto di cui a priori si sa già se è
buono o cattivo, ma è da intendersi come ricerca della responsabilità dal
momento che, anche per il credente, la volontà divina non è confezionata
in una lista di precetti biblici di cui è interprete esclusiva la chiesa, ma può
affiorare solo nell’incessante ricerca della verità. La nozione di limite ha
in sé una intrinseca ambivalenza: “L’essere umano ha già da sempre avuto
una certa nozione del limite, inteso come una soglia significativa, che
spinge a riflettere fino in fondo sui motivi essenziali delle proprie azioni;
dall’altra quello stesso essere umano ha anche sempre scavalcato il limite
in quanto tale, proiettandosi al di là di esso con una specie di ebbrezza
del nuovo e della scoperta”. S. ROSTAGNO, Religione: un limite per la
ricerca scientifica?, in «Protestantesimo» (Rivista trimestrale pubblicata
dalla Facoltà Valdese di Teologia), L: IV (1995), p. 280.
31 Cfr. AA.VV., Modernità, politica e protestantesimo, Torino 1994.
Il progresso medico e tecnico è tale da porre tutti di fronte a domande
ineludibili per il futuro. Diverso comunque è l’atteggiamento del
protestantesimo nei confronti della scienza e in particolare della medicina,
alla cui radice è rintracciabile l’idea di Lutero di chiamata divina e
di vocazione: “Secondo Lutero tutti i cristiani hanno la vocazione, e la
testimonianza deve essere mediata dalle diverse professioni e occupazioni
(denominate ben presto «vocazioni»), che i cristiani, uomini e donne,
esercitano. Di conseguenza, grazie al concetto di vocazione di Lutero, la
medicina divenne una «vocazione divina», in forza della quale il credente
poteva essere testimone dell’azione della grazia di Dio nei confronti degli
uomini. Grazie a questa dottrina, il medico divenne un sacerdote: non
in quanto dottore, ma i quanto cristiano. Ma allo stesso tempo, poiché
ricevere una «vocazione» implica essere chiamati a un ufficio particolare,
la vocazione cristiana ricevuta dal medico esige che egli eserciti il suo
sacerdozio mediante l’opera terapeutica”. J. T. JOHNSON, Storia
dell’etica medica protestante, in AA. VV., Bioetica e grandi religioni, a
impegnano in maniera significativa la discussione eticofilosofica e la riflessione teologica. Nel secondo Novecento
l’etica protestante si è, in larga parte, consolidata su posizioni particolarmente attente alle «novità», intendendo così
raccogliere le sfide poste dalla modernità, pur riconoscendo
che rispetto ad esse non esiste una soluzione che si possa
dire «definitiva» e che qualsiasi risultato non può che essere
«provvisorio»32. Su un piano più squisitamente metodologico l’etica protestante segue un percorso che potremmo definire «dialettico»: essa postula la presenza di una pluralità di
principi, di punti di vista, identificando «come dogmatismo
il fatto di attenersi a uno solo di essi»33.
V. L’attenzione alla nuova configurazione della contemporaneità, che caratterizza l’etica protestante, assume aspetti peculiari per ciò che concerne lo spettro di questioni che
possono essere definite «bioetiche»; in questo orizzonte interpretativo la specificità della prospettiva bioetica valdese
si è andata definendo in tutta la sua rilevanza in maniera determinante rispetto al segmento problematico che concerne
le scelte etiche di fine vita. Il valore da attribuire alla vita, la
dignità del morire e il diritto di richiedere la sospensione di
trattamenti finalizzati al solo prolungamento di un’esistenza
senza possibilità di guarigione, la possibilità e l’opportunità di porre un margine di scelta consapevole all’intervento
medico, la necessità per l’istituzione medica di affrontare un
tema spinoso e scomodo come quello del morire oggi in contesti ipermedicalizzati34, tutto ciò costituisce la gamma problematica di questioni rispetto a cui è chiamata ad esprimere
un parere etico la riflessione valdese. All’interno del dibattito
bioetico nel nostro Paese il contributo che la Chiesa Valdese
ha dimostrato di poter offrire si configura come «narrazione»
cura di S. Spinsanti, Cinisello Balsamo (Mi) 1987, pp. 74-75.
32 Si tratta evidentemente di modello, quello dell’etica della
provvisorietà, che si colloca su un fronte diametralmente opposto a
quelli in cui da un deontologismo rigoroso discendono tutta una serie di
assoluti e divieti morali slegati dalla precarietà e dalla provvisorietà della
vita. “Si danno così linee direttrici dell’etica mediante i richiami a un
universalismo aperto, che compie volentieri tratti insieme con una certa
etica laica, per esempio quella liberale di John Rawls”. S. ROSTAGNO,
Etica Protestante. Un percorso, cit., p. 176.
33 Ivi, p. 215.
34 L’opportunità di riflettere sul fitto intreccio tra medicina, tecnica e
possibilità di autodeterminarsi nelle scelte che riguardano la propria salute
e malattia è avvertita dalla Commissione Bioetica della tavola Valdese
che nel documento Direttive anticipate – Procreazione afferma: “Il potere
che la tecnica consegna alla medicina è inarrestabile e trasforma non solo
la prassi medica, ma la stessa concezione della medicina, modificando in
profondità il rapporto tra il paziente e il medico. Si tratta di un mutamento
culturale di grande portata e che investe la vita intera delle persone. Più
cresce il potere del medico, più si fa acuta la domanda di autonomia del
paziente in cura. La domanda «qual è il ‘bene’ del paziente?» è spesso
un enigma anche per il medico. Ed è precisamente in questo punto
che si fa problematico il concetto di ‘proporzionalità delle cure’ o di
‘uso proporzionato’ dei mezzi terapeutici. Che cosa è proporzionale,
e in riferimento a che cosa e a chi? È realmente possibile stabilire un
criterio di orientamento “oggettivo” che possa fungere da arbitraggio?
Questi interrogativi diventano drammatici soprattutto nelle fasi finali di
un’esistenza umana”. COMMISSIONE DELLA TAVOLA VALDESE
PER I PROBLEMI ETICI POSTI DALLA SCIENZA (Commissione
Bioetica), Direttive Anticipate – Procreazione, Milano, 24 luglio 2007.
43
FILOSOFIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
impegnata a de-ideologizzare il dibattito stesso «per scendere sul terreno della prassi, dell’accompagnamento delle persone malate»35. In realtà anche per la bioetica d’ispirazione
valdese la riflessione su quell’insieme di questioni rubricate
sotto la voce «fine della vita» muove dalla constatazione che
il progresso tecno-scientifico ha negli ultimi quarant’anni
irreversibilmente mutato lo scenario del morire e del venire al mondo rendendo «obsolete le categorie e le soluzioni
dell’etica tradizionale»36. Rappresenta un dato ormai acqui35 E. GENRE, Dare dignità al morire, in AA. VV., Eutanasia. La legge
olandese e commenti, a cura di P. Ricca, Torino 2002, p. 52.
36 L. SAVARINO, Quale spazio per la scelta tra arbitrio e dispotismo,
in «Bioetica. Rivista interdisciplinare», I/A (2010), p. 9. Pur mostrando
preoccupazione per le possibili derive di una medicina, percepita a volte
come onnipotente, nel prendere posizione sui problemi sollevati più in
generale dall’avanzamento tecno-scientifico, la Chiesa Valdese, lungi dal
negare “gli innegabili vantaggi che, proprio in virtù delle possibilità offerte
da scienza e tecnologia, possono essere messi alla portata di qualsiasi
persona” (I problemi etici posti dalla scienza, Documento approvato dal
Sinodo delle Chiese Valdesi e metodiste nell’agosto 2000), non rivendica
alcuna pretesa di assolutezza del proprio punto di vista etico: “Quando si
parla di un atteggiamento critico della pastorale nei confronti del potere
della medicina non lo si intende, ovviamente, in senso unilaterale, quasi che
la teologia pastorale avesse in sé, per decreto divino, la capacità di potere
e dovere giudicare, dall’alto delle sue conoscenze, gli orientamenti della
medicina e delle sue applicazioni tecnologiche alla vita umana. Questa
funzione critica e anche di denuncia di certi orientamenti della medicina
moderna deve certamente potersi esercitare in tutta libertà, ma non potrà
mai fare a meno della stessa capacità critica e autocritica nei confronti del
proprio sapere teologico e pastorale, che non può rivendicare per sé alcuna
padronanza assoluta della vita. E qui si situa un luogo conflittuale con
talune affermazioni della morale cattolica ufficiale; essa tende infatti ad
assolutizzare il proprio punto di vista morale, fondato sulla legge naturale
e che ritiene di dover proporre a tutti, indistintamente, identificando questo
criterio con la volontà stessa di Dio. La teologia cristiana però, fondata
44
sito la possibilità offerta dalla medicina contemporanea37 e
sul principio di autorivelazione di Dio, non si presta a questa scorciatoia
che semplifica e banalizza la relazione stessa con il divino, un divino che
resta non-disponibile per una tale oggettivazione […] Guai se la teologia
pastorale pretendesse di impugnare la spada della verità da usare contro
le discipline umane per sostenere un proprio punto di vista insindacabile.
È vero che questo è l’atteggiamento massimalista della morale cattolica
ufficiale; è una posizione rispettabile ma non è la posizione cristiana
tout court, è una posizione fra altre, discutibile come le altre, ed è infatti
discussa da molti cattolici che ne prendono apertamente le distanze”.
COMMISSIONE DELLA TAVOLA VALDESE PER I PROBLEMI
ETICI POSTI DALLA SCIENZA (Commissione Bioetica), Direttive
Anticipate – Procreazione, Milano, 24 luglio 2007.
37 Sulla necessità di giungere ad una ridefinizione dello statuto stesso
della medicina che superi il modello teleologico di salute per approdare
ad una profonda revisione del rapporto medico-paziente, all’interno
del quale non sia esclusa a priori la possibilità di dare la morte in ben
definite circostanze, scrive Franco Toscani: “Alla medicina la tradizione
ha attribuito un fine intrinseco, e i medici lo hanno accettato a volte
consapevolmente, come un manifesto della propria professione, e a volte
in modo acritico […]Tuttavia sono chiaramente visibili i segni di una
trasformazione profonda. Per secoli si è morti soprattutto per malattie
acute, e da giovani; oggi si muore da vecchi, anzi, da vecchissimi, e di
malattie croniche evolutive, quelle per intenderci, che non guariscono
mai, che non migliorano, che distruggono sia la vita biologica, sia la vita
biografica; che fanno perdere la dignità all’individuo, che creano solo
sofferenza e umiliazione […] La medicina si sta ridefinendo e rifondando
continuamente, ed è lecito chiedersi se di «fini» della medicina non ne
possano esistere una pluralità, a seconda della situazione, del malato, della
techne che un dato medico esprime, del contesto sociale e culturale. In
particolare, quel rispetto sacrale per la vita (biologica) umana che è stato
vessillo e scudo di generazioni di medici oggi non è più né universalmente
condiviso né condivisibile. Forse, si potrebbe ipotizzare che tra gli scopi
della medicina possa essere compreso anche il dare la morte in determinate
circostanze. È verosimile che non tutti i medici siano disposti ad accettare
una tale trasformazione, ma è altrettanto verosimile che alcuni, forse molti,
la riterranno compatibile con i propri valori […] È certo comunque che
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | FILOSOFIA
dalle tecniche ad essa applicate di posporre il momento della
morte in situazioni nelle quali, in un passato piuttosto recente, ben poco poteva essere fatto per prolungare la vita. Gli
spettacolari progressi della medicina hanno reso sempre più
sfumati e incerti i confini fra cura ed accanimento al punto
che, ormai di frequente, appare problematico tracciare una
netta linea di demarcazione fra intervento medico e ostinazione terapeutica. Spesso infatti i trattamenti terapeutici più
che recuperare alla vita hanno il solo scopo di dilazionare la
morte: in casi simili, si assottigliano i confini fra ordinario
e straordinario, fra interventi proporzionati e sproporzionati38. Sulle questioni di fine vita la Chiesa Valdese italiana
rivendica l’originalità del proprio approccio, i cui contenuti
non di rado divergono da quelli del Magistero cattolico39,
a partire dai primi anni Ottanta quando, assumendo come
piattaforma di discussione la Relazione sui diritti dei malatimorenti preparata da una commissione ad hoc di pastori e di
medici, si auspicava - attraverso l’atto sinodale n. 69-1982
- fosse «riconosciuto il diritto a richiedere la sospensione di
trattamenti rivolti solo a prolungare la sopravvivenza da parte di soggetti senza speranza di guarigione, e in presenza di
dolore o altre condizioni fisiche o psichiche che ne rendano
l’esistenza intollerabile e ne alterino profondamente la vita
tutto questo implica una profonda trasformazione dei modi e dei ruoli
del medico, e richiede una altrettanto profonda revisione del rapporto tra
medico e paziente”. F. TOSCANI, Medico e paziente alla fine della vita, in
«Bioetica. Rivista interdisciplinare», III (2002), pp. 499-500.
38 Sulla necessità di sospendere misure terapeutiche che si rivelano
particolarmente onerose per la persona senza alcuna prospettiva di
guarigione si registra una piena sintonia tra le posizione della Chiesa
Valdese e quelle espresse dalla bioetica cattolica, oltre che di quella
laica; è invece sul crinale della rivendicazione del primato del principio
dell’autodeterminazione della persona nelle scelte di fine vita che si
situa il dissenso di fondo: “Tutti i tentativi di ricondurre il concetto di
“proporzionalità delle cure” a un principio fondativo, oggettivo, che
prescinda dalla autodeterminazione della persona, rivelano un difetto
di ordine antropologico e teologico al tempo stesso. Vi può essere
proporzionalità soltanto nell’ambito di una reale “alleanza terapeutica” tra
operatori sanitari e paziente, costantemente da rimisurare e in cui la volontà
e i desideri del paziente sono anch’essi sempre da decodificare. Il che
richiede ascolto. Probabilmente è questa capacità di ascolto la competenza
più importante che infermieri, medici e pastori devono acquisire: ascolto
critico, libero da pre-giudizi, al di là di ideologie precostituite, religiose
e non religiose”. COMMISSIONE DELLA TAVOLA VALDESE PER I
PROBLEMI ETICI POSTI DALLA SCIENZA (Commissione Bioetica),
Direttive Anticipate – Procreazione, Milano, 24 luglio 2007.
39 “Per ragioni storiche in parte note ed in parte ancora da scoprire
connesse alle vicende della Riforma, del concilio di Trento e altro, ai
più sembra quasi che in Italia il cristianesimo proponga una dottrina
monolitica, sistematica e organica come quella presentata nel catechismo
della chiesa cattolica romana. Questo appare ancora con maggior forza
quando si affrontano temi di bioetica che negli ultimi anni stanno sempre
più attirando l’attenzione dell’opinione pubblica […] Senza cercare qui
di vedere in che senso la rivoluzione biomedica in corso e la nascita della
bioetica come movimento culturale portatore di una nuova etica stanno
sgretolando il quadro tradizionale sopra delineato, si può osservare quanto
sia limitata e limitante l’idea del cristianesimo come prospettiva unitaria
e monolitica. Chi vive o viaggia oltralpe coglie con forza la varietà dei
cristianesimi, mentre in Italia tocca alla chiesa valdese il compito di far
sentire una voce diversa capace di mostrare quanto variegate e diverse
siano le interpretazioni del messaggio cristiano. Quella valdese è una
testimonianza davvero preziosa ed unica che consente di incrinare luoghi
comuni soprattutto per quanto riguarda i temi bioetici”. M. MORI, Nota
introduttiva, in «Bioetica. Rivista interdisciplinare», I/A (2010), pp. 3-4.
relazionale». Nel 1998 il Sinodo valdese, l’assemblea cui
spetta prendere le decisioni di carattere dottrinale e tracciare
le linee del lavoro pratico, approva un documento elaborato
dal Gruppo di lavoro sui problemi etici posti dalla scienza dal
titolo L’eutanasia e il suicidio assistito che esprime ancora la
posizione dei valdesi italiani40.
Una posizione ribadita ancora nel 2002 attraverso il documento A proposito di eutanasia41 presentato al Sinodo e lar40 Vi si legge tra l’altro: “Le maggiori controversie riguardano
naturalmente l’eutanasia (attiva) e l’assistenza al suicidio. Di solito ci
troviamo di fronte a persone che la medicina ha tenuto in vita per lunghi
periodi, grazie a tecnologie sempre più complesse. Queste persone
hanno consapevolmente accettato i trattamenti che il medico ha loro
proposto: è comprensibile che gli possano chiedere, quando egli abbia
spiegato chiaramente che la medicina non è più in grado di controllare i
sintomi, non solo di sospendere ogni altra inutile cura, ma di intervenire
attivamente per accelerare la morte, in modo indolore e rapido. Quando
siano rispettate le condizioni di libera scelta, non esiste alcun valido
motivo per costringere una persona a prolungare una sofferenza che egli
reputa inutile e disumana […] Ciò che distingue la vita umana è l’insieme
delle esperienze, delle relazioni con le altre persone, delle gioie, dei dolori
e delle sofferenze, delle speranze nel futuro, delle attese, degli sforzi per
rendere degna e umana la vita. In altri termini, è necessario distinguere la
vita biologica dalla vita biografica: quando la vita biografica cessa, come
nelle malattie terminali, deve essere presa in considerazione l’eventualità
di porre termine alla vita biologica […] Fino ad oggi in ambito cristiano,
a parte alcune eccezioni, è prevalso un giudizio negativo nei confronti
dell’eutanasia attiva. Esso si fonda sulla Bibbia e soprattutto sulla morale
cristiana, e si riassume nell’affermazione che Dio solo è colui che dà
la vita e la può togliere […] Intervenire in questa relazione di vita e di
morte vorrebbe dire ‘prendere il posto di Dio’. Ma significa veramente
sostituirsi a Dio accogliere la domanda di un malato grave che intende
porre termine alla sua vita? Si sottrae a Dio una parte della sua signoria
sul mondo e sulla vita accogliendo la richiesta di un malato grave di poter
morire? O si mette in questione il potere acquisito dalla medicina moderna
di mantenere in vita un corpo che produce dolore senza più poter accedere
a un senso della vita? […] Nell’ambito della pastorale si parla molto del
rispetto della spiritualità del malato. Ma questo rispetto sembra arrestarsi
improvvisamente di fronte alla richiesta del malato inguaribile che chiede
di poter morire. […] Con quale autorità spirituale posso io contrastare la
libertà e responsabilità di un altro di decidere il tempo della sua morte
quando il vivere è un’umiliazione quotidiana senza speranza? Qual è la
fonte dell’autorità che mi impone di costringere una persona inguaribile
a continuare a vivere una vita di morte? […] Da quale parte sta il Dio
della vita e della promessa? Dalla parte del non-senso del dolore acuto
di un malato inguaribile o dalla parte del suo umano desiderio di morire?
Per quanto paradossale possa essere, in una tale situazione accogliere la
domanda di morte significa accogliere la domanda di vita, accogliere il
diritto di morire coscientemente la propria morte […] Il medico che si
rende disponibile al suicidio assistito o all’eutanasia non commette
un crimine, non viola alcuna legge divina, compie un gesto umano, di
profondo rispetto, a difesa di quella vita che ha un nome e una storia di
relazioni”. GRUPPO DI LAVORO SUI PROBLEMI ETICI POSTI
DALLA SCIENZA, L’eutanasia ed il suicidio assistito, Roma 07/02/1998.
41 Questi alcuni dei passaggi più indicativi: “Il prolungamento della
vita, conseguito grazie ai progressi della medicina e specialmente alla
sua evoluzione dalla dimensione umanistica alla dimensione tecnologica,
comporta uno stravolgimento della realtà della morte. Da momento
costitutivo essenziale della vita, accettato e vissuto alla stregua delle altre
tappe della vicenda umana e per i credenti come termine di una lunga
attesa della vera patria, essa è diventata segno di sconfitta del potere
dell’uomo sulla natura, relegata nel novero dei fatti di cui è meglio non
parlare. Lo sviluppo delle scienze biologiche e mediche sembra anzi
rafforzare la speranza in una mitica stagione dell’immortalità, in cui
tutte le malattie saranno prima o poi sconfitte. Non sorprende pertanto
che la subdola e regolare crescita delle morti per cancro o per AIDS sia
vissuta con l’angoscia degli avvenimenti che non si possono controllare
[…] L’attenzione per la persona, per le sue paure, per i suoi dubbi nel
momento finale della vita è relegata in secondo piano nei confronti
45
FILOSOFIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
gamente approvato. I due documenti rappresentano la traccia
da seguire per tentare un approfondimento di un punto di
vista - quello della Chiesa Valdese - che, teologicamente
fondato, vuole però essere nel metodo sostanzialmente laico.
In questo senso la posizione bioetica di ispirazione valdese si configura come sostanzialmente alternativa al modello
confessionale cattolico fondato sul principio unitario della
«sacralità della vita»42. Il Magistero cattolico, all’interno di
tale orizzonte etico, afferma l’assoluta illiceità di qualunque
pratica che si configuri come un atto eutanasico o di assistenza al suicidio. Se dunque Dio ci ha donato la vita e Cristo è
venuto per ridarcela ne consegue che essa è sacra. E tuttavia
se si assume come punto di partenza della prassi etica il tema
della responsabilità e dell’autonomia da esperire in quello
spazio ermeneutico posto fra il finito e l’infinito, fra l’assoluto e il relativo, non si può non rintracciare una limpida
coerenza in quanto scrive l’eminente teologo cattolico Hans
Küng: «mi si dice che la vita è «dono dell’amore di Dio», e
perciò l’uomo non può disporne. Ma è vero anche quest’altro
aspetto: la vita è per volontà di Dio anche compito dell’uomo
e perciò è rimessa alla nostra propria decisione responsabile
(e a nessun’altra) in un’autonomia che si fonda sulla teonomia. Si aggiunge che la vita dell’uomo è solo “creazione”
degli interventi tecnici. Gli interventi medici a favore del morente sono
largamente positivi, perché sono in grado di alleviare la sofferenza fisica
e psichica. Tuttavia la morte, rimossa come argomento di comunicazione
fra il malato, il medico, i familiari e la figura pastorale, si ripropone sotto
forma d’angosciose domande sul modo di affrontarla. Essa non può essere
pensata come un momento di serenità, ma l’essere umano chiede almeno
che gli sia lasciata la speranza di poterla affrontare con la minor angoscia
possibile. Negli ultimi giorni della vita, ogni donna, ogni uomo esige
il rispetto dei valori ai quali la sua vita si è ispirata. L’autonomia delle
decisioni, il diritto di rifiutare inutili sofferenze fisiche e psicologiche,
sono elementi fondanti delle decisioni etiche sui momenti finali della vita.
Nella realtà sociale dell’Occidente moderno, in cui la medicina ha così
profondamente cambiato (quasi sempre in modo positivo) lo svolgimento
della nostra vita, il rispetto delle decisioni dell’individuo è la massima
espressione di libertà, che deve essere assicurata ad ogni essere umano.
La richiesta d’eutanasia e di suicidio assistito, peraltro statisticamente
assai poco frequente nei Paesi in cui è ammessa, non è certamente l’unica
risposta alla paura dell’uomo di fronte alla morte, specialmente nel contesto
di malattie croniche accompagnate da gravi sofferenze e menomazioni.
Tutte le società civili sono tenute a sviluppare e incoraggiare, anche con
scelte legislative, le cure palliative, il rifiuto dell’accanimento terapeutico
e l’accompagnamento del morente, visti come atteggiamenti indispensabili
per uno sviluppo della medicina che abbia come suo obiettivo principale la
dignità della persona. Tuttavia, dopo che siano state assicurate le migliori
cure palliative, rimane intatto il diritto dell’essere umano, come suprema
affermazione di libertà e autonomia, di rifiutare il proseguimento della
vita e di chiedere di anticipare il momento della morte. Una società che
garantisce il rispetto di una simile scelta, tutela la dignità dell’individuo
e assicura il pieno rispetto dei valori che ispirano l’esistenza di ognuno”.
GRUPPO DI LAVORO SUI PROBLEMI ETICI POSTI DALLA
SCIENZA, A proposito di eutanasia, Presentato al Sinodo delle Chiese
valdesi e metodiste e al pubblico in agosto 2002.
42 «L’espressione «sacralità della vita» (sanctity of life) sembra aver
fatto la sua prima apparizione nell’opera di William Edward Hartpole
Lecky, History of European Morals (1869). Quando tale nozione viene
richiamata nel dibattito sull’eutanasia, ciò accade, in generale, con delle
intenzioni e in una prospettiva ben precise: essa è posta a fondamento di
alcune argomentazioni che tendono a mostrare l’intrinseca immoralità
dell’eutanasia». J. Y. GOFFI, Pensare l’eutanasia, Torino 2006, p. 55.
L’argomentare fondato sulla metafora del dono ha sicuramente una forte
presa ed, almeno apparentemente, un’intrinseca coerenza.
46
di Dio. Ma non è questa vita anche il frutto della scelta di
procreazione dei nostri genitori […] e non è perciò affidata
alla responsabilità dell’uomo?»43.
Non accade forse nel cristianesimo una relativizzazione
della morte e del morire in forza della quale «la vera morte
non è quella fisica e la vera vita non è quella biologica»44?
Sprofondare nella morte per il cristiano non vuol dire rimanervi intrappolato in forza della promessa escatologica nella
risurrezione e della definitiva sconfitta della morte stessa.
VI. Riflettere sulla morte e il morire significa anzitutto definire la «vita» nelle sue accezioni più peculiari. Nella Scrittura la prima accezione della parola «vita» fa riferimento al
carattere «biologico» dell’esistenza, ma subito dopo il vivere
si configura nella sua dimensione relazionale come fitta rete
di legami con Dio, con gli altri esseri viventi, con l’intero
creato. In questo senso emerge, dal racconto veterotestamentario, una concezione della vita che mette sostanzialmente
in discussione il paradigma «biologista». L’esperienza relazionale di cui è intessuta la biografia individuale, è perciò
essenziale al progetto di un’umanità che si definisce nell’oltrepassamento del mero dato biologico dell’esistenza e nella
possibilità di aprirsi all’alterità. Quando questa possibilità
è preclusa ne consegue lo scadimento ad una creaturalità
puramente biologica. In questo orizzonte etico - che costituisce il riferimento diretto della riflessione bioetica valdese
sulle questioni di fine vita - non è in discussione la difesa
della vita, ma il modo attraverso cui essa si articola a partire
dalla distinzione tra «vita biologica» e «vita biografica»45,
cioè tra quell’insieme di funzioni e condizioni bio-chimiche
comuni ad ogni essere vivente, dagli organismi più elementari a quelli più complessi, che delimitano il perimetro della
semplice esistenza biologica, e quel complesso di relazioni,
esperienze, sentimenti, speranze, aspettative, progetti, che
definiscono una vita propriamente umana46. Evidentemente
43 W. JENS - H. KÜNG, Della dignità del morire, Milano 1996, pp.
62-63.
44 P. RICCA, Vivere: un diritto o un dovere? Problematiche
dell’eutanasia, in AA. VV., Eutanasia. La legge olandese e commenti,
cit., p. 39.
45 “La vita biologica, risultato di un processo determinista e programmato,
è la continuazione di eventi avvenuti milioni di anni fa, riprodotti in
milioni di copie simili le une alle altre e costituiti da strutture trasferibili
facilmente dall’uno all’altro. Al contrario la vita personale, risultato di
un processo indeterminista e non programmato, riflette eventi avvenuti
durante la vita di ogni singolo essere umano, presenti in copia unica e
non trasferibili dall’uno all’altro essere umano […] La vita personale è
la somma di tutte le sue relazioni umane. Soltanto con il concetto di vita
personale è possibile capire il valore della vita e il male della morte”. G.
F. AZZONE, La rivoluzione dell’etica medica. Il principio di autonomia
e la concezione evoluzionista, in «Bioetica. Rivista interdisciplinare», I
(1999), p. 63.
46 Su questa ferma distinzione di fondo la Chiesa Valdese ha inoltre
incardinato la propria riflessione etica sull’interruzione volontaria di
gravidanza nel riconoscimento della drammaticità dei diritti e dei valori
chiamati in causa dal problema dell’aborto che non può che porre seri
problemi di coscienza a credenti e non credenti. “Tuttavia, proprio da un
punto di vista globale, è ancora legittima una differenza tra biologia e
biografia. Si può ancora far valere il fatto che la vita umana è sì individuata
in modo scientificamente chiaro nel suo fenomeno biologico di base, ma
si situa poi, per gli individui, ad un livello di interrelazione e di sviluppo
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | FILOSOFIA
in condizioni normali esiste una naturale ed ovvia sovrapponibilità fra «vita biologica» e «vita biografica», così che
l’una include l’altra, e tuttavia, in particolari situazioni, ad
esempio in quelle condizioni cliniche note come stati vegetativi, è palesemente incontestabile che si sia in presenza soltanto di un simulacro di ciò che è stata una «biografia», che
tende a ridursi a mera espressione «biologica». Distinguere
fra «vita biologica» e «vita biografica», fra l’«essere in vita»
ed «avere una vita», vuol dire essere consapevoli dell’unicità
e della singolarità dell’esperienza propriamente detta umana,
irriducibile a semplice dato biologico, significa inoltre porre
il problema della «qualità della vita»47.
VII. Alla luce di questa configurazione dicotomica, la bioetica valdese pone l’accento sullo stretto e concreto legame
tra la dimensione «biografica» dell’esistenza ed il tema della «dignità del morir» in quanto spazio eticamente rilevante
della rivendicazione di un diritto della vita umana - individualmente definita - a determinarsi nelle scelte che riguardano la salute e al tempo stesso la propria conclusione48.
Affermare il diritto ad una morte dignitosa vuol dire riconoscere ad individui autonomi la libertà di decidere49, quaculturale che può costituire una nuova soglia di percezione e di valutazione
del fenomeno. È infatti innegabile che il carattere tipico della vita umana
risiede largamente nella funzione nervosa e nella vita di relazione. La
vita, negli esseri umani, è essenzialmente e indissolubilmente legata
alle funzioni psichiche e tali funzioni risentono in maniera determinante
delle relazioni interpersonali e con l’ambiente in cui un essere umano si
sviluppa, cresce, vive e muore. Proteggere la vita, perciò, può voler dire
proteggere un fenomeno in tutti i suoi aspetti, ma può voler dire, insieme,
anche essere in grado di relativizzare un aspetto rispetto ad un altro. In tal
senso si potrebbe per esempio valorizzare la vita biograficamente intesa
rispetto alla semplice vita di un embrione, quand’anche si sappia per certo
che da esso si sviluppa l’essere completo. Alla luce delle considerazione
fatte, sembra che la vita umana sia da considerarsi come l’insieme e
l’evoluzione di tutte le esperienze, le relazioni, le aspirazioni, il sentire, in
altre parole come la storia personale di un essere umano, che lo definiscono
come unico e irripetibile. La vita umana non può avere esclusivamente o
prevalentemente una connotazione biologica; la sua specificità è anche
biografica ed è questa globalità e interdipendenza che va salvaguardata”.
GRUPPO DI LAVORO SUI PROBLEMI ETICI POSTI DALLA
SCIENZA, Interruzione volontaria della gravidanza, 21/09/1996.
47 Il riferimento al principio della qualità della vita come tentativo di
umanizzazione dell’esistenza, che diviene paradigma orientativo per una
bioetica laica, “non è un problema secondario, accessorio, marginale,
facoltativo, un problema cioè che si può porre o non porre. Questo problema
è intrinseco alla vita stessa così come noi uomini la sperimentiamo”. P.
RICCA, Vivere: un diritto o un dovere? Problematiche dell’eutanasia, in
AA. VV., Eutanasia. La legge olandese e commenti, cit., p. 45.
48 “Il tema del morire si precisa e si scompone. Vivere e morire si
avvicinano fino a sovrapporsi. Morire con dignità e morire bene non sono
semplici formule descrittive, ma situazioni esistenziali sempre più declinate
in termini di diritti della persona […] La dignità del morire rimanda così
a dinamiche sociali sempre più intricate, e rivela una ormai ineliminabile
radice tecnologica. L’artificio accompagna il morire e, irresistibilmente,
pone la questione del perché l’artificio, tenacemente difeso di fronte alla
morte, dunque per mantenere in vita, viene respinto quando vuol rendere
possibile la nascita, dunque il dare la vita. Qual è il criterio, il principio,
che può reggere la distinzione?”. S. RODOTÀ, La vita e le regole. Tra
diritto e non diritto, Milano 2006, p. 249.
49 L’autonomia delle decisioni, la centralità del principio di
autodeterminazione posto a giustificazione dell’opzione eutanasica, mentre
rappresenta la cornice etica all’interno della quale riflettere sulla fine
della vita anche per la Chiesa valdese, al contrario, sono oggetto di aspre
lora la propria «qualità della vita» risulti irrimediabilmente
compromessa, di porre termine ad un’esistenza che la persona giudica incapace di accedere più ad alcun significato50.
Certamente, nel cuore di ogni preoccupazione etica e bioetica vi è l’idea di indisponibilità e intangibilità della dignità
della persona, ma proprio per questo motivo fondamentale
è necessario che ogni cura medica e ogni pratica pastorale
abbandonino, di fronte al letto di un malato inguaribile, i
principi assoluti rivestiti di ideologie (religiose e laiche), e
si confrontino con la «biografia» e il volto di quella persona,
unica e irripetibile. Per la riflessione bioetica ispirata dalla
Chiesa Valdese imprescindibile resta il rimando ad un’etica
che muove dalla persona umana - da contrapporre ad un’astratta etica dei principi -, un’etica della «situazione»51 che
non esclude la fissazione dei principi, ma ne scongiura il
«feticismo» esasperato. Nel Vangelo di Marco è detto chiaramente che «il Sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo
per il Sabato», e tutta la narrazione evangelica è più volte
costellata di atti miracolosi, che il Cristo compie nel giorno
di sabato, stigmatizzati dalla casta sacerdotale, dai custodi
dell’ortodossia del principio, come violazione del precetto
del sabato. Ma, il richiamo dei sacerdoti ad una «normatività
forte», la loro ossessione normativa (il principio che non amcritiche da parte della bioetica cattolica: “Va evidenziato come il principio
di autodeterminazione (o di autonomia, che dir si voglia), se trasferito
dal piano delle azioni (ogni atto umano consapevole è autodeterminato)
a quello dell’esistenza tout court, si dimostri privo di fondamento: nessuno
di noi ha autodeterminato il suo venire all’esistenza, l’essere in vita lo
abbiamo ricevuto come un dono. Siamo “contingenti” e debitori del dono
della vita, amministratori di essa e non padroni assoluti autorizzati ad ogni
dispotismo. Pensare diversamente è errore e presumere di impossessarci
di ciò che in realtà non possediamo equivale semplicemente a farsi del
male”. A. FIORI – E. SGRECCIA, Vera solidarietà come alternativa
all’abbandono terapeutico e all’eutanasia, in «Medicina e Morale», V
(2006), pp. 885-886. Anche in relazione alla delicata vicenda Englaro
i valdesi hanno espresso la loro solidarietà alla famiglia di Eluana in
forza proprio del riconoscimento dell’autonomia nelle scelte riguardanti
la propria salute e il proprio corpo, una libertà che non va guardata
sospettosamente né può essere confusa con l’arbitrio: “La Commissione
Bioetica della Chiesa Valdese intende esprimere la propria solidarietà nei
confronti della famiglia Englaro e ribadire la propria posizione a favore
della libertà di cura, che è sempre e contestualmente libertà di rifiutare
la cura. I giudici hanno ritenuto dimostrata sia l’irreversibilità dello stato
vegetativo della paziente, sia la conformità della scelta di interrompere
la nutrizione e idratazione forzate alla volontà espressa a suo tempo da
Eluana Englaro, e alla sua concezione della dignità e qualità della vita.
Come cristiani riteniamo sia necessario guardare alle persone viventi e
alla loro sofferenza, che non può essere dimenticata in nome di principi
universali e astratti, né può essere subordinata a una norma oggettiva
e precostituita che venga ritenuta valida in quanto presunta “legge
naturale”. Crediamo infatti che il cuore dell’etica cristiana debba essere
la sollecitudine verso le persone nella loro irrinunciabile singolarità,
spesso sofferente, talvolta – come nel caso di Eluana - addirittura tragica:
di qui discende, secondo noi, un’idea della medicina come terapia
rivolta a soggetti in grado di autodeterminarsi e in grado di decidere il
proprio destino”. COMMISSIONE DELLA TAVOLA VALDESE PER I
PROBLEMI ETICI POSTI DALLA SCIENZA (Commissione Bioetica),
Considerazioni sul caso Englaro, Torino 09/07/2008.
50 “Pare a me, che il diritto alla vita sia rinunciabile o abdicabile, per
parte di colui che ne è il soggetto, e che l’uomo, cioè, come ha il diritto
di vivere così abbia diritto di morire”. D. NERI, Eutanasia. Valori, scelte
morali, dignità delle persone, Bari 1995, p. 143.
51 F. BECCHINO, Eutanasia o medicina palliativa?, in AA. VV.,
Eutanasia. La legge olandese e commenti, cit., pp. 66-67.
47
FILOSOFIA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
mette deroghe), rischia di lasciare nella sofferenza colui che
invoca aiuto. «Che cosa deve valere per un cristiano, che si è
posto al seguito del Gesù misericordioso e in ogni caso non
di un’etica fatta di semplici divieti e di pure sanzioni? […]
Aderire alla parola di Gesù richiede la scelta di una vita eticamente responsabile dall’inizio alla fine»52. Le decisioni da
prendere al capezzale del morente non sono mai semplici, al
contrario causano conflitti spesso laceranti per la coscienza
umana e in particolare per quella cristiana; esse, in ogni caso,
esigono comprensione, compassione, dovere e capacità di
ascolto. La riflessione su un’etica di fine vita chiama in causa
drammaticamente e irreversibilmente la nostra responsabilità
profondamente umana. Una responsabilità che restando confinata nel dominio dell’umano e del finito non mette nessuno,
e tantomeno il credente, al riparo dal rischio di errori53. È in
questo orizzonte etico che le chiese valdesi si muovono e
intendono raccogliere le sfide della bioetica.
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1989;
52 W. JENS - H. KÜNG, op. cit., p. 68.
53 “La responsabilità umana comporta una zona di imprecisione, un
margine di possibile errore. Non si può ridurre a zero la possibilità di
errore insita in ogni decisione: essa va dunque assunta […] Nella decisione
concreta […] la doverosa assunzione di responsabilità esprime insieme
la rattristante fallibilità dell’essere umano […] La morte, anche quando
è scelta, farà apparire l’impotenza dell’umano a raggiungere una meta
esente da contraddizioni”. S. ROSTAGNO, La morte elemento della vita,
in Medicina ed etica di fine vita, a cura di M. Coltorti, Quaderno n. 3, Atti
del convegno Napoli 22–24 Aprile 2002, Napoli 2004, p. 90.
“Le chiese sono uno dei soggetti che possono contribuire in modo
significativo alla promozione di un’esistenza umana responsabile e
solidale. Responsabilità e solidarietà che devono anche essere in grado
di confrontarsi criticamente con quegli aspetti della medicina e della
tecnologia medica che non prendono in conto le derive di una medicina
che si può rivoltare contro la vita stessa, violando la libertà e la dignità
dell’essere umano. Al tempo stesso pensiamo che le chiese cristiane non
siano chiamate a pronunciare giudizi preventivi (e definitivi) a favore o
contro la decisione delle singole persone, ma debbono piuttosto sviluppare
con umiltà e con amore una pastorale di accompagnamento delle persone
inguaribili e nelle fasi finali della vita, che si situi dalla loro parte ed in
difesa della loro eventuale scelta di voler concludere la loro esistenza. Se
da una lato crediamo che si debbano combattere gli abusi della medicina
che hanno la tendenza a disumanizzare la vita umana non rispettandone
più i limiti, dall’altro lato è anche necessario che le chiese cristiane
abbandonino la vecchia strada di una visione della vita unilateralmente
legata al dato biologico e naturale da cui fanno derivare degli assoluti morali
che passano accanto alla sofferenza e mostrano la loro totale irrilevanza
per la situazione concreta in cui vivono le persone. L’insegnamento della
parabola del samaritano misericordioso (Lc. 10,25-37) può essere ripreso e
valorizzato anche in questo contesto ed in questo orizzonte come la buona
via da seguire al di là di ogni ideologia”. GRUPPO DI LAVORO SUI
PROBLEMI ETICI POSTI DALLA SCIENZA, A proposito di eutanasia,
Presentato al Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste e al pubblico in
agosto 2002.
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DOCUMENTI VALDESI
CHIESA EVANGELCA VALDESE. UNIONE DELLE
CHIESE VALDESI E METODISTE, Raccolta delle disci49
MATEMATICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
Le avventure del dottor G
nei labirinti della mente
ALESSIO RUSSO
Dipartimento di Matematica e Fisica, Seconda Università degli Studi di Napoli
L
50
1 INTRODUZIONE
2 IL RACCONTO
a matematica ha spesso attirato l’attenzione di scrittori e, più in generale, di artisti
che hanno creato le loro “finzioni” traendo
spunto dall’incredibile ventaglio di mondi
possibili che i matematici hanno percorso
da quando, nella seconda metà dell’Ottocento, cominciarono
ad affrancarsi dalle “catene” del reale. Chi non ricorda, per
citarne solo alcuni, i racconti di J. L. Borges, di I. Asimov, di
S. Lem, di D. R. Hofstadter, di L. Carroll o di J. Cortàzar?
In tale ordine d’idee, si legga, ad esempio, l’interessante raccolta di racconti matematici di C. Bartocci [1] o il libro di
Hofstadter [2].
In questo lavoro, già pubblicato precedentemente in [3],
si è, in un certo senso, seguito un cammino inverso. Precisamente, è stato utilizzato lo strumento letterario del racconto
breve per introdurre questioni classiche di logica cercando di
attirare l’attenzione del lettore attraverso il dispiegarsi della
vicenda immaginaria del protagonista, il dottor G (si tratta di
Gödel?). Come l’autore ha avuto modo di constatare, proponendo il racconto qui riportato a studenti di scuola superiore
e del primo anno del Corso di Laurea in Matematica, questo
tipo d’approccio ha suscitato in loro molta curiosità che ha
consentito di introdurre con una certa facilità delicate questioni sui fondamenti della matematica, sul rapporto fra verità e dimostrabilità, sulla completezza e così via. Non solo,
ma queste «carezze furtive», come le chiamava A. Weil, fra
ambiti diversi, ha spianato facilmente la strada ad un discorso interdisciplinare. Anche per questo, oltre all’indubbio fascino, si è scelto come libro letto dal dottor G una delle opere
più importanti di L. Wittgenstein, il Tractatus [4], di cui si
riporta il celebre aforisma 6.52. Per finire, qualche parola
sulla scelta dei nomi dei vari personaggi del racconto. Sono
stati utilizzati nomi o parti di nomi di persone che ebbero un
ruolo importante in questo capitolo affascinante della storia
della matematica, e più in generale, della cultura.
Quella sera il dottor G, tremante per la febbre che gli era
sopraggiunta nel pomeriggio, decise di andare a dormire molto presto. L’indomani aveva un importante appuntamento cui
non voleva mancare. Messosi a letto, si ricordò di un libro
che aveva finito di leggere qualche giorno prima. Ripensò
alle tante difficoltà che il protagonista aveva dovuto superare
per uscire da quello strano castello in cui era rinchiuso. Gli
tornarono alla mente le parole che Ludwig aveva pronunciato mentre cominciava ad assaporare la libertà: «Noi sentiamo
che, persino nell’ipotesi che tutte le domande scientifiche abbiano avuto risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora
neppure sfiorati. Certo, allora non resta più domanda alcuna;
e appunto questa è la risposta. La risoluzione del problema
della vita si scorge allo sparire di esso...». Le armi mentali,
che aveva utilizzato per uscire da quella prigione in cui aveva scelto di stare da sempre, gli erano servite per arrivare a
contemplare un mondo nuovo in cui quelle stesse armi non
avevano alcun senso.
Riflettendo su tutto ciò, ebbe l’impressione che probabilmente l’autore avesse voluto mostrarci che nel momento in
cui entriamo in confidenza con la vita dobbiamo disfarci della scala che ci ha permesso di approdare ad essa. Gli strumenti della ragione non ci fanno afferrare la vita nella sua
essenza. Possono solo servire ad evitare di coglierla come un
problema. Mentre questi pensieri affioravano numerosi nella
sua mente, quasi azzuffandosi tra loro, si addormentò.
Dopo qualche ora di sonno sereno, cominciò a sognare, e
… di colpo, si ritrovò in quel castello che già prima di addormentarsi l’aveva fatto pensare tanto. Gli sembrò subito un
luogo familiare. Davanti a sé vi erano numerose porte però
tutte chiuse, ed una scala, con molti gradini. Essa conduceva
ad un corridoio che era così lungo da non permettere che
se ne scorgesse il fondo. Incuriosito, cominciò a camminare.
Man mano che procedeva notò sui muri delle scritte che, lette
alternativamente prima sulla parete di destra e poi su quel-
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | MATEMATICA
la di sinistra, formavano un messaggio che sembrava scritto
apposta per lui. Le parole erano più o meno queste: «Procedi tranquillo fino alla fine. Troverai una porta attraverso cui
entrerai in una stanza. Lì ti aspettano due persone, Dave e
Bert, nell’aspetto identici come gocce d’acqua. Anche il tono
della loro voce è lo stesso. Tuttavia, Dave è uno che mente
sempre qualunque cosa dica. Bert, invece, quando parla dice
sempre la verità. Inoltre, essi si conoscono molto bene. Tu,
caro dottor G, puoi rivolgere a loro una sola domanda …».
Quella che prima era in lui soltanto curiosità si trasformò in
impazienza mista ad angoscia. «Perché mai dovrò fare una
domanda a queste persone?», si chiedeva tra sé.
Quando finalmente ebbe varcato la soglia di quella stanza che ormai occupava ogni suo pensiero, si rese conto di
trovarsi in un luogo veramente inquietante. Non vi erano finestre, le pareti erano dipinte di un colore grigio scurissimo.
Soltanto due piccole candele, accese chissà da quando, facevano un poco di luce in quella fitta oscurità. Guardandosi
intorno scorse due porte identiche. «Chissà quale delle due
porte conviene aprire?» si chiese ansioso. Fu in quel momen-
to che nella penombra presero forma due volti perfettamente
somiglianti. «Saranno Dave e Bert!» esclamò tra sé. Questi lo guardarono abbozzando un sorriso enigmatico. Subito
dopo, parlando simultaneamente, lo invitarono a chiedere
qualunque cosa. Ovviamente, il dottor G voleva sapere quale
di quelle due porte era quella giusta, sicché, ripensando al
messaggio che aveva in precedenza letto sui muri del corridoio, cominciò a riflettere sulla domanda che avrebbe dovuto
fare a Dave e a Bert. Purtroppo, essi non erano distinguibili
l’uno dall’altro, e pertanto se avesse semplicemente chiesto
quale era la porta giusta, dalla risposta di uno dei due non
sarebbe stato in grado di capire se fosse quella che gli serviva. Così s’interrogava e al tempo stesso si angosciava senza riuscire a capire cosa fare. Dopo un po’ di tempo, ebbe
un’illuminazione, e pensò tra sé: «La domanda da porre deve
essere, come dicono i logici, di tipo tautologico, cioè deve
essere tale che Dave e Bert devono dare ad essa la stessa risposta». Si convinse di essersi indirizzato verso la soluzione
del problema, e ciò gli diede molto coraggio. Bisognava solo
trovare la domanda giusta. Continuò a pensare, finché, ecco
51
MATEMATICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
…, una nuova illuminazione. Aveva capito quale era il giusto
quesito da porre … .
Ascoltata la risposta, aprì la porta giusta ed uscì in un ampio giardino. «Come è strano questo posto!» esclamò. Infatti,
sulla sua destra poteva vedere alberi verdeggianti circondati
da aiuole fiorite. Inoltre, tra i rami, giochi di luce prodotti
dai raggi del sole rendevano il tutto piacevole da guardare.
Invece, alla sua sinistra vi erano soltanto pochi alberi con
rami quasi spogli, le cui foglie erano ormai secche e pronte a
cadere. Non vi erano giochi di luce. Il cielo sopra quest’angolo di giardino era grigio e minaccioso, foriero di chissà
quali sinistri presagi. Istintivamente, s’incamminò sul lato
destro. L’aria che finalmente respirava, il colore dei fiori e
quel leggero fruscio del vento tra le foglie degli alberi lo misero di buon umore. Pensava che forse fra non molto sarebbe
stato libero. Distratto da questi pensieri, non si accorse di un
pendio davanti a sé. Scivolò e perse i sensi. Al risveglio si
trovò su una piccola barca insieme con un vecchio dal cui
volto traspariva affetto e compassione per lui. Sembrava che
questi lo stesse conducendo ad un’isola attraverso un fiume.
Il vecchio spiegò al nostro eroe che quel luogo era abitato
da persone tutte somiglianti a Dave o a Bert, i simildave ed
i similbert, che lo avrebbero sottoposto ad una nuova prova.
Solo dopo averla superata, egli avrebbe potuto ricondurlo nel
giardino fiorito in cui era stato così bene. Il dottor G non
aveva altra scelta.
Scese dalla barca, salutò il vecchio e si mise alla ricerca dei
simildave e dei similbert. Finalmente ne incontrò uno il cui
nome era Bertrand. Questi appena lo vide, con aria di sfida
gli pose quest’enigma: «Kurt, Rudolf e Adele sono altri abitanti di quest’isola. Kurt afferma che Rudolf è un simildave,
ma Rudolf afferma che Adele è una simildave e Adele afferma che Kurt è un simildave. Che cosa ne deduci?». Questa
volta il dottor G fece abbastanza presto a trovare la risposta
… . Superata anche questa prova, ritornò dal vecchio che lo
accolse con un sorriso quasi paterno e lo riportò nel giardino fiorito. Un altro passo verso la libertà era stato compiuto.
Prima di congedarlo, il vecchio gli disse che ormai doveva
superare un’ultima prova, la più difficile. Avrebbe percorso,
a partire dal giardino, una lunga strada alla fine della quale
avrebbe trovato un volto scolpito su una pietra. All’altezza di
una delle orecchie vi sarebbe stato un foro. Attraverso di esso
egli avrebbe dovuto pronunciare una frase che se fosse stata quella giusta l’avrebbe condotto direttamente alla libertà.
Inoltre, lungo il cammino egli avrebbe nuovamente incontrato Dave e Bert, però questa volta non insieme.
Il dottor G, preoccupato, ma al tempo stesso fiducioso,
s’incamminò nella direzione che gli sembrò ad intuito la più
conveniente. Dopo un tempo abbastanza lungo, vide da lontano una persona sola che gli veniva incontro. Ricordando le
ultime parole del vecchio, si chiese tra sé: «Chissà se questo
è Dave o Bert?». Quando costui fu davanti al dottor G disse:
«Per essere libero devi pronunciare una frase vera». Detto
ciò si allontanò. Allora il dottor G pensò che quest’indicazione non gli era di grande aiuto. Infatti, non essendo in grado
di sapere se quello era Dave o Bert, non poteva capire se la
52
frase da pronunciare all’orecchio del volto di pietra doveva
essere vera o falsa. Mentre era intento a pensare a ciò, gli si
parò davanti l’altro (Dave o Bert?) che gli disse: «Per essere
libero devi pronunciare una frase falsa». Povero dottor G!
Gli sembrava di impazzire, aveva la sensazione che Dave
e Bert fossero degli spiriti diabolici che erano stati mandati
lungo la sua strada per prendersi gioco di lui.
Dopo un po’, quando la disperazione si andò via via stemperando, cedendo il posto al naturale istinto di sopravvivenza
che in lui era più che mai presente, si mise a pensare. «Dal
momento che non c’è nessun modo per capire se ha parlato
prima Dave e poi Bert o viceversa, non devo tener conto di
nessuno dei due suggerimenti poiché... . O forse, … sì certo,
è così!». Il problema era allora cosa dire in quel maledetto
orecchio di pietra che lo stava aspettando in fondo alla strada
chissà da quanto tempo. Man mano che si avvicinava alla
fine della strada, le pulsazioni del suo cuore aumentavano a
dismisura; si sentiva mancare e cominciò a sudare. Gli sembrò che era ormai finita per lui.
Si svegliò di soprassalto. Però dopo qualche minuto di
confusione, si rese conto che la febbre non c’era più. Era l’alba, poteva finalmente alzarsi ed andare a quell’appuntamento
cui tanto teneva. Strada facendo ripensò a quello strano sogno e a come era riuscito a pronunciare la frase giusta che
gli aveva permesso di venir fuori da… quel labirinto della
mente.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] Bartocci C., Racconti matematici, Torino, Einaudi,
2007.
[2] Hofstadter D. R., Gödel, Escher, Bach, Milano, Adelphi, 2001.
[3] Russo A., Un’avventura del dottor G nei labirinti della
mente, Periodico di Matematiche 2 (2008), 85-92.
[4] Wittgenstein L., Tractatus logico-philosophicus e
Quaderni 1914-1916, Torino, Einaudi, 1968
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | SCIENZE MOTORIE
Sport: dai valori al Doping
STEFANIA SANTAMARIA
Dipartimento di Scienze Motorie e del Benessere, Università degli Studi di Napoli Parthenope
I
INTRODUZIONE
l desiderio di accrescere le proprie performance
fisiche al fine di ottenere migliori risultati nello
sport ha portato gli atleti a cercare metodi
alternativi ai duri allenamenti, indipendentemente dai loro risvolti sulla salute e dalla
loro liceità. Il doping è un fenomeno che ha origini
antichissime. Secondo alcuni studiosi esso sarebbe
nato con lo sport1. Infatti, a partire dal momento in
cui gli individui hanno cominciato a praticare attività fisica in competizione con altri, hanno cercato di
migliorare le proprie prestazioni assumendo miscugli
composti da vari tipi di piante e/o da sangue di animali. In effetti, sembra che il termine “doping” derivi
dal termine olandese “dop” che trova a sua volta le
proprie origini da un antico dialetto africano2 “doop”
con il significato di “miscela o pozione”. Purtroppo,
la volontà di controllare l’esito delle competizioni ha
coinvolto, come vittime, anche gli animali, in particolar modo gli equini.
Il doping, nel corso degli anni ha inglobato nella propria
trappola gli atleti (professionisti e dilettanti, normodotati e
diversamente abili) e tutto l’universo di relazioni che ruotano
intorno ad essi: amici e parenti, staff medico, farmacisti, biologi, chimici, case farmaceutiche ed, ovviamente, organizzazioni criminali3. Ma non solo. Infatti, esso, da “sotterfugio”
per vincere illegalmente la competizione ha assunto anche
un’altra veste: quello di strumento per migliorare il proprio
1 Questo tema verrà trattato successivamente.
2 Della tribù degli Zulù
3 Marclay F., Mangin P., Margot P. e Saugy M. (2013), Perscpetcives for
Forensic Intelligence in anti-doping: Thinking outside of the box, Forensic Science International, (229) 133-144; Mazzeo S. e Varriale L. (2014),
Doping policy: a brief juridical and ethical analysis. In: International Conference on Sport Science and Disability: Book of Proceeding. Napoli, 15
febbraio, 146-7.
corpo per fini meramente estetici4 o per motivi ricreazionali.
Inoltre, contemporaneamente alla diffusione del fenomeno e
quindi all’aumento della richiesta delle sostanze dopanti, si
ampliavano anche le vie di accesso alle medesime.5 6
Il doping è un problema di portata mondiale: mina il principio della leale e giusta competizione, scoraggia la pratica
dello sport e mette sotto un’eccessiva pressione coloro che
praticano agonismo.7 Proprio per questo motivo, si è sentita
4 C.d. “doping estetico”
5 Si pensi, soprattutto, all’e-commerce
6 Thevis M. e Scänzer W. (2014), Analytical approaches for the detection of emerging therapeutics and non –approved drugs in human doping
controls, J. Pharm Biomed Anal, 101, 66-83; Santamaria S., Ascione A.,
Tafuri D. e Mazzeo F. (2013) Gene Doping: biomedical and law aspect of
genetic modification of athletes, Med. Sport., 17 (4): 193-199; Lippi G.,
Banfi G., Franchini M. e Guidi G. C. (2008), New strategies for doping
control, J Sports Sci, 26(5), 441-5; Council of Europe (1989), Anti-Doping
Convention, da: http://www.coe.int/t/dg4/sport/doping.
7 “In ogni tempo le prassi di doping hanno costituito una violazione
dei principi fondamentali dell’etica sportive. Al giorno d’oggi, a causa
della proliferazione dei casi rilevati, il fenomeno del doping nello sport
ha trasceso il quadro ristretto dell’etica sportiva per diventare anche un
problema di salute pubblica. L’attività fisica e sportiva infatti deve in linea
53
SCIENZE MOTORIE | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
la necessità, da parte delle istituzioni sportive di creare un
ente ad hoc che avesse come unico obiettivo la lotta a questi dilagante fenomeno. Infatti, nel 1999 fu creata la World
Anti Doping Agency (W.A.D.A.): un’organizzazione con lo
scopo di sconfiggere il doping nello sport ponendosi come
“faro” per la creazione di una legislazione antidoping, il coordinamento dei test anti-doping, la redazione di una lista di
sostanze da bannare ed aggiornare costantemente grazie anche alla collaborazione di appositi laboratori accreditati e di
istituzioni sportive e governative8.
I VALORI DELLO SPORT
Lo sport ingloba in sé tre attività diverse: fisica, ludica ed
agonistica. La sua pratica consente l’acquisizione di una serie
di valori etici che possono essere racchiusi nel concetto di
“fair play”. Con tale termine, infatti, si vogliono esprimere i
principi di onestà, dignità, rispetto per i compagni di squadra
per gli avversari e per gli arbitri di gara.
Secondo Tamburrini9, poi, lo sport dovrebbe essere caratterizzato dalle seguenti caratteristiche: fluidità di gioco, capacità, competizione, eccitazione, drammaticità ed infine, gioia.
Pertanto, lo sport dovrebbe essere un duello leale tra avversari di pari livello, ove vince chi mostra maggiori abilità e nel
quale l’ansia per il risultato termina inesorabilmente o in una
gioia per coloro che vincono o in un “dramma” per i perdenti.
Ciò che deve sottolinearsi è che la competizione sportiva
deve svolgersi in una condizione di parità tra gli atleti. Ciò
significa che essi devono sfruttare tutti gli strumenti leciti
al fine di migliorare la propria prestazione. Il vincitore sarà,
pertanto, colui che ha sfruttato al meglio i predetti strumenti.
Sotto questa prospettiva, il doping lede ogni valore sportivo.
A tutela dei valori appena evidenziati, l’Unione Europea, con
il Trattato della Costituzione Europea, dopo aver sottolineato
l’aspetto formativo dello sport per la gioventù, si è impegnata
“a sviluppare la dimensione europea dello sport, promuovendo l’imparzialità e l’apertura nelle competizioni sportive
e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport e
proteggendo l’integrità fisica e morale degli sportivi, in pardi principio contribuire a migliorare la qualità della vita del cittadino.
Orbene, il ricorso a sostanze vietate o l’abuso di farmaci porta pregiudizio
alla salute del praticante ed entra così in contraddizione con la finalità
stessa dello sport. Nel quadro dello sport di competizione il doping simbolizza l’antinomia dello sport e dei valori che egli ha tradizionalmente rappresentato, quali la lealtà e il superamento di sé stesso tramite lo
sforzo fisico”. Così la Commissione Europa (1999), Comunicazione della
Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico
e sociale ed al Comitato delle regioni. Piano di sostegno comunitario alla
lotta contro il doping nello sport [COM(99) 643 def.] da: http://eur-lex.
europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:51999DC0643
8 Dvorak J., Baume N., Botré F., Broséus J., Budgett R., Frey WO.,
Geyer H. et al.. (2014), Time for change: a roadmap to guide the implementation of the World Anti Doping Code 2015, Br J Sport Med, 0, 1-6;
Valkenburg D., de Hon O. e van Hilvoorde I. (2014), Doping control, providing whereabouts and the importance of privacy for elite athletes, Int. J.
Drug Policy, 25, 212-8.
9 Tamburrini C. (2007), After Doping What? The Morality of Genetics
Engineering of Athletes, in W. Morgan, Ethics in Sport, Champaing IL,
Human Kinetics, 290-296.
54
ticolare dei giovani sportivi.”10
LO SPORT COME FORMA DI DOPING
Isidori11 e Derrida12 sostengono la tesi della trinomia sportdoping-droga.
Isidori definisce lo sport come un phàrmakon che può avere effetti positivi che negativi per la salute, al pari dell’assunzione di una sostanza stupefacente. L’atleta, d’altronde,
non pratica sport soltanto per un fine meramente salutistico
ma anche per uno agonistico. Il successo, inoltre, genera la
produzione di endorfine le quali, scatenando sensazioni di
euforia, possono causare dipendenza nell’atleta. Egli, infatti,
correrà il rischio di ricercare spasmodicamente il successo
collegato alla vittoria, l’ossessione per la perfetta forma fisica
ed infine quel senso di euforia legato alla produzione delle
predette endorfine.
La dipendenza da questa sensazione euforica viene definita “Runner’s High”13 (sballo del corridore) e si produce
durante la pratica sportiva prolungata. Non solo: lo spasmodico allenamento ingenera meccanismi fisici e psichici pari a
quelli prodotti all’atleta che fa uso di sostanze dopanti per il
medesimo fine. Seguendo tale teoria, si può, pertanto, concludere che lo sport, nello stesso momento in cui provoca
una dipendenza nella volontà di superamento delle proprie
capacità, è sovrapponibile al doping e, di conseguenza, alle
sostanze stupefacenti.
Nel corso degli anni, numerosi scienziati si sono interrogati sulle possibili cause generative della dipendenza. Il primo
fra tutto fu il celeberrimo Freud il quale osservò che l’assunzione di cocaina creava una esperienza euforica e di felicità
al pari di quelle vissute da un soggetto che non ne avesse
assunta. Gli scienziati, pertanto, compresero che ogni volta
che un individuo ricercasse quella particolare esperienza piacevole assumeva quella determinata sostanza. Essi, pertanto,
concentrarono le loro ricerche sul concetto di “ricompensa”,
ove per tale termine si deve intendere la ricerca frequente di
un determinato stimolo, ad. es: cocaina, che rafforza un determinato comportamento14. Il meccanismo della ricompensa
sfrutta un particolare neuro-ricettore: la dopamina. Il sistema
dopaminergico viene attivato da tutti i comportamenti finalizzati alla sopravvivenza del singolo e della specie e in tutte
le circostanze “piacevoli” per l’individuo tale per cui porta
a ripetere le esperienze gratificanti in un continuo rinforzo
positivo del comportamento. Orbene, allorquando vi è l’as10 Trattato di Lisbona (2007), Sez. 5 Art III-282 lett. g). da: http://europa.
eu/eu-law/decision-making/treaties/pdf/treaty_establishing_a_constitution_for_europe/treaty_establishing_a_constitution_for_europe_it.pdf.
11 Isidori E.(2014), Il doping nello sport tra diritto, etica ed educazione,
RIDES, 1, 52-62.
12 Derrida J. (1989), Rhétorique de la drogue, Autrement, 106, 197-214.
13 Boecker H., Sprenger T., Spilker M. E, Henriksen G., Koppenhoefer
M., Wagner K. J., Valet M., Berthele A., Tolle T. R. (2008), The Runner’s
High: Opioidergic Mechanisms in the Human Brain, Cerebral Cortex November;18:2523-31.
14 Russo V. (2011), Comunicazione e strategie di intervento nelle tossicodipendenza, Carucci editore, Roma.
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | SCIENZE MOTORIE
sunzione di droghe – rectius sostanze dopanti – l’organismo
le recepisce come sostanze endogene, quali la dopamina, e,
agendo sul sistema dopaminergico, instaurano il processo ripetitivo dovuto alla ricompensa. Per di più la sostanza esogena così assunta risulta più duratura, in quanto ad effetti,
rispetto a quella endogena15.
LE MOTIVAZIONI AL DOPING
Seguendo la tesi riportata precedentemente, purtroppo si
deve rilevare che il ricorso al doping non rappresenta solamente un’infrazione volontaria alle regole da parte del singolo atleta, ma rappresenta anche un modo per affrontare o
fuggire dalla realtà. Ed è proprio dal tipo e dalla modalità
di condizionamento da parte della realtà circostante che si
possono individuare varie cause che spingono gli atleti al doping: sociali, fisiologiche e psicologiche ed emotive.
Tra le cause sociali si riscontra l’eccessiva pressione patita verso il raggiungimento di un determinato risultato. Detta
pressione può essere causata dallo staff tecnico e dirigenziale
di appartenenza dell’atleta così come, ampliando il discorso
in generale, alla società odierna che impone una smaniosa
ricerca del miglior risultato nel minore tempo possibile.
Tra le cause fisiologiche vi si inglobano la necessità di perdita di peso per entrare in determinate categorie, la repentina
riabilitazione in seguito ad un infortunio e la riduzione del
dolore così come l’aumento di energia.
Da un punto di vista psicologico-emotivo, in primo luogo
si fanno rientrare, a titolo esemplificativo, la paura di insuccesso e la ricerca della perfezione che possono essere conseguenza diretta di messaggi negativi derivati dalla famiglia
del soggetto.16 Inoltre, la reiterazione/dipendenza può essere
causata anche dalla c.d. “gratificazione indiretta”. Essa si
sostanzia in tutte quelle situazioni che comportano un miglioramento psicologico e/o materiale quali l’ascesa sociale,
l’inclusione in una categoria superiore, la vittoria di una medaglia, l’essere considerato “campione” etc.
Possiamo, pertanto, dire che se per gratificazione diretta
s’intende l’aumento – fraudolento - della prestazione fisica,
la stipula di contratti di sponsorizzazione rappresenta un tipico esempio di gratificazione indiretta.
Ad ogni buon conto, la reiterazione della predetta condotta
gratificante non implica necessariamente uno stato di dipendenza. Essa, infatti, è un processo dinamico dipendente da
fattori sopra descritti e dal tipo di sostanza assunta: in particolare dall’interazione della sostanza sul sistema neuropsicobiologico dell’individuo. Si tratta, in sostanza, di considerare, in ultima analisi, la risposta dell’organismo alla sostanza
assunta.
Inoltre, e ribadendo quanto già detto sul concetto di “ricompensa”, considerato l’aumento delle prestazioni e/o dei
15 Gessa G. L. (2008) Cocaina, Soveria Mannelli, Rubettino.
16 Per Isidori E. (2014), Il doping nello sport tra diritto, etica ed educazione, cit., il doping può essere anche considerato come un metodo per
fuggire dalla esperienza psicologica conseguente alla sconfitta che l’atleta
vive in maniera negativa
benefici che l’atleta dopato attribuisce al consumo di sostanze dopanti, egli tenderà a reiterare la condotta fraudolenta in
quanto è ormai pacifico che laddove una sostanza sia in grado
di apportare un beneficio psico-fisico – appunto una ricompensa -, la persona sarà alla costante ricerca di quel particolare effetto.
Da un punto di vista motivazionale, il ricorso al doping
rappresenta l’emblema di come l’utente finale – rectius l’atleta – non sempre opti per la scelta più razionale o in ogni
caso migliore. Tversky17 e Kahneman18 individuano quattro
cause che fanno propendere verso il doping: l’effetto di formulazione, il principio di utilità, l’euristica dell’accessibilità
e della rappresentatività. Per “effetto di formulazione” si intende la modalità in cui un messaggio viene comunicato in
quanto esso verrà modificato a seconda dello scopo che si
intende raggiungere. Nel caso del doping, al fine di indurre
un atleta a doparsi, si formulerà un messaggio in cui si sottolineeranno i vantaggi sottovalutando gli altissimi rischi. Analogo discorso può farsi con il “principio di utilità” ma la prospettiva muta: il messaggio a vantaggio del doping parte non
da un soggetto terzo ma dello stesso atleta il quale tenderà a
guardare solo gli aspetti positivi e l’utilità di cui beneficerà
attraverso il ricorso al doping per il suo fine primario: quello
di vincere la competizione non analizzando metodi alternativi per il perseguimento del medesimo scopo.
Per “euristica dell’accessibilità” si intende l’ignoranza degli effetti negativi del doping. Il giovane atleta tenderà ad
assumere sostanze dopanti perché non conosce farmacologicamente gli effetti collaterali della sostanza e giuridicamente
le sanzioni a seguito di una controllo. Ciò è dovuto soprattutto alla circostanza che gli atleti, che subiscono gli effetti
collaterali delle sostanze assunte, tendono a nascondersi e i
mass media, dopo aver dato la notizia della positività di un
atleta, raramente diffondono altrettante notizie sugli esiti del
processo sportivo19. Pertanto, i giovani atleti rischiano di rincorrere dei falsi idoli senza essere in grado di discernere se un
determinato risultato è stato raggiunto in maniera fraudolenta
o lecita e senza comprendere le possibili conseguenze 20
L’assenza della capacità di discernimento e che porta a
scelte errate è racchiuso nella c.d. euristica della rappresentatività. Con tale ultimo fattore si fa riferimento alla emulazione di stereotipi, che nel caso di specie. sono errati modelli
da imitare. I giovani atleti, in sostanza, rimangono affascinati
dalla prestanza fisica e/o dai risultati ottenuti in maniera illecita da un atleta dopato omettendo volontariamente di consi17 Tversky A. e Kanheman D. (1974), Judgment under Uncertainty: Heuristics and Biases Science, New Series, 185 (4157), 1124-31.
18 Kanheman D. e Tversky A. (1979), Prospect Theory: An Analysis of
Decision under Risk, Econometrica, 47(2), 263-91.
19 Tranne i rari casi di sportivi particolarmente popolari
20 I”l doping quando si manifesta a livello giovanile o amatoriale – è –
un esempio eclatante di una carenza di educazione e cultura del movimento inteso come una delle forme di espressione più elevate della potenzialità
psico-motorie dell’essere umano.” Così si è espresso Schena F., I vantaggi in saluti della pratica sportiva e i rischi del doping (2006), in Doping.
Aspetti medici, nutrizionali, psicopedagogici, legali ed etici e indicazioni
per la prevenzione, p. 82, da: www.droganet.org
55
SCIENZE MOTORIE | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
derare che, a fronte di numero minimo di successi ottenuto
illecitamente, c’è una enorme percentuale di insuccessi per
non parlare di conseguenze disastrose per la salute.
EXCURSUS VERSO LA TEORIA DELLA LIBERALIZZAZIONE
DEL DOPING E TESI AVVERSE
L’excursus oggetto del presente paragrafo analizza brevemente la posizione di alcuni studiosi i quali sono a favore del
ricorso al doping sino ad arrivare all’affermazione più esplicita della sua liberalizzazione – rectius abolizione di ogni divieto contro il suo ricorso -. La prima voce in merito è il neuro-scienziato Gazzaniga21 il cui pensiero si fonda essenzialmente su due corollari: l’autodeterminazione dell’individuo e
la sua capacità di adeguamento a contesti in continua evoluzione. Egli, infatti, non stigmatizza il ricorso a sostanze né ai
metodi dopanti, in particolare al doping genetico, in quanto
l’individuo compie volontariamente e coscientemente una
scelta verso la strada alternativa al sacrificio ed all’impegno
dell’allenamento. Lo scienziato, considera, nella sua analisi,
contrariamente alle teorie menzionate precedentemente, che
un individuo sarà in grado in ogni caso di prendere la decisione migliore per se stesso. Il filosofo Dennet22, poi, partendo
dall’assunto che è intrinseco nell’uomo la tendenza al miglioramento, ritiene che quest’ultimo, quant’anche attuato attraverso la modifica del proprio patrimonio genetico – doping
genetico – non debba essere stigmatizzato. I filosofi Bostrom
e Roache23 si spingono oltre, sostenendo che i farmaci che
consentono un miglioramento delle capacità dell’individuo
che abbia le caratteristiche della sicurezza ed efficacia non
dovrebbero essere vietato, bensì incentivati! La coraggiosa
proposta di liberalizzare24 (rectius legalizzare) il doping è da
attribuire ai Professori B. kayser, A. Mauron, A. Miah, i quali, sono partiti dall’assunto che il proibizionismo vigente ha
avuto come unica conseguenza il fallimento di un efficace
controllo sulla diffusione del fenomeno in quanto coloro che
vi ricorrono compiono detta pratica nella più totale oscurità.
E’ facile immaginare, inoltre, gli ambienti insalubri in cui gli
atleti si sottopongono alle più svariate pratiche. Vien da sé,
che la segretezza e la mancanza di dati rende inefficaci qualsivoglia azione preventiva. Orbene, secondo i fautori della
liberalizzazione del doping, l’attuale sistema di “polizia” ha
fallito nel suo intento. Si rende, pertanto, necessario consentire il libero uso di sostanze e/o la libera sottoposizione alle
pratiche dopanti al fine di porre rimedio a tutti i problemi
appena evidenziati. La liberalizzazione avrebbe come effetto
immediato la reale comprensione della diffusione del fenomeno in quanto gli atleti avrebbero la possibilità di affidarsi
21 Gazzaniga M. S. (2006), La mente etica, Edizioni codice.
22 Dennett D.C. (1984), The Elbow Room: The Varieties of Free Will
Worth Wanting, Oxford, Clarendon, New York, Viking Press, trad. it. di
M. Pagani (2004) L’evoluzione della libertà, Milano, Cortina,.
23 Bostrom N. e Roache R. (2009), Smart Policy: cognitive enhancement
and the public interest, da; http://philpapers.org/archive/BOSSPC.pdf
24 kayser B., Mauron A., Miah A. (2005), Viewpoint: Legislation of Perfomance – Enhancing Drugs, The Lancet, 366: S21
56
a laboratori e/o centri medici che non solo offrono maggiori
sicurezze in termini di igiene ma soprattutto potrebbero operare un’adeguata attività di informazione e sensibilizzazione
verso coloro che intendono doparsi.
Appare doveroso, a questo punto, offrire anche una visuale opposta. Le posizioni avverse al doping, considerano tale
pratica come una spasmodica quanto “artificiale” rincorsa
vero l’aumento innaturale delle proprie capacità psico-fisiche toccando inesorabilmente problemi di matrice etica e
medica. Tra i primi annoveriamo la minaccia all’uguaglianza
tra gli individui25, il maniacale quanto innaturale desiderio
di modificare la natura al fine di creare un mondo artificiale
distruggendo “la dimensione del dono che caratterizza le capacità e i successi umani”26. Tra i motivi etici, mettendo da
parte il ragionevole pericolo di “programmare e progettare”
le future generazioni, al pari di demoniaci progetti di un passato non lontano, l’uso di sostanze dopanti ed il ricorso alla
modifica genetica ingloba in sé la mancanza di conoscenze
certe in merito ai loro effetti sul lungo periodo27. Inoltre, la
carenza di igiene in cui la pratica del doping viene attualmente consumata può incidere ulteriormente sulle conseguenze
negative per la salute dell’atleta28.Con riferimento particolare al doping genetico, la modifica dei geni può causare nel
breve e nel lungo periodo la nascita di soggetti con un DNA
modificato e, cosa ben più grave, la nascita di nuovi e sconosciuti virus.
MISURE PREVENTIVE
Al di là della posizione che si voglia assumere in merito
al doping, al momento lo stato di fatto è che esso continua
a mietere vittime e di fronte a ciò non ci si può esimere dal
esprimere qualche considerazione sulle misure preventive
da attuare in merito. Posto che una prima misura preventiva
può essere considerata anche quella della liberalizzazione,
sembra quasi pleonastico affermare che il primo passo da
percorrere verso la strada della prevenzione sia la diffusione
della conoscenza in merito al fenomeno, in particolar modo
sui suoi effetti negativi sulla salute29. Ma per quanto banale
sembra essere tale soluzione è sicuramente la più efficace e la
meno attuata se si considera che ancora oggi molti atleti non
hanno abbastanza conoscenze in merito – per non dire che ne
sono completamente all’oscuro. E’ necessario, pertanto, che
tutti gli stakeholders avviino campagne di informazione e
sensibilizzazione, partendo, soprattutto dalle più giovani fa25 Fukuyama F. (2005), Biotecnologie: la fine dell’uomo, Corriere della
Sera, 10 febbraio, da http://www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/2005/02_Febbraio/10/biotecnologie.shtml;
26 Sandel M. (2007), Against Perfection: Ethics in the age of genetic engineering: The Belknap Press, Cambridge.
27 Gaffney GR e Parisotto R. (2007), Gene Doping. A Review of Permormace-Enhancing Genetics, PediatrClin N Am; 54: 807-22.
28 Diamanti-Kandarakis E, Kostantinopoulos P. Papailiou J, et al.
(2005), Erythropoietin Abuse and Erythropoietin Gene Doping. Detection
Strategies in the Genomic Era, Sports Med, 35(10): 831-40.
29 Thomas J. O., Dunn M., Shift W. e Burns L. (2011), Illicit drug
knowledge and information-seeking behaviours among elite athletes, J.
Sci. Med. Sport, 14, 278-282.
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | SCIENZE MOTORIE
sce d’età e utilizzando gli attuali strumenti di comunicazione
di massa: i Social Network. A tal proposito, il Dipartimento
per politiche Antidroga ha creato un’apposita sezione “Social
Network” con collegamenti diretti con Facebook, Twitter e
YouTube30. E’ necessario, inoltre che le istituzioni governative e sportive collaborino anche finanziariamente a sponsorizzare questo tipo di attività, oltreché ad aumentare i test
antidoping ed, ovviamente, la ricerca verso le nuove sostanze
e i nuovi metodi dopanti31. I mass media non possono essere
esentati dalla grande responsabilità che ricoprono nel diffondere precise ed aggiornate notizie sul fenomeno32.
Su un piano diverso, i medici, svolgono un ruolo ancora
più delicato ed importante in quanto rappresentano la prima
interfaccia con cui l’atleta si relaziona prima di decidere di
doparsi. Essi, pertanto, devono avere una competenza tecnica e psicologica di alto livello in grado di comprendere le
motivazioni che spingono l’atleta a doparsi ed allontanarlo
da tale intento33.
CONCLUSIONI
Lo sport, nel corso dei secoli, ha subito una profonda evoluzione passando da una mera attività ludico-ricreativa ad
un vero e proprio fenomeno complesso che ha fortemente
influenzato vasti settori della scienza umana: dall’etica, alla
medicina, passando per l’economia. Il doping né è un tipico
esempio. Lo sport ed il tempo libero hanno acquisito sempre maggiore rilevanza economica su scala mondiale tale per
cui l’afflusso di ingenti somme di denaro ha esposto gli atleti
a ricercare modi sempre “migliori” per attirare a sé l’attenzione degli sponsor e quindi di denaro. Lo sport, pertanto,
è diventato un vero e proprio business, terreno fertile per il
proliferarsi del fenomeno doping. Purtroppo si deve osservare che inizialmente detto fenomeno è stato sottovalutato
dalla istituzioni governative le quali lo hanno considerato
esclusivamente un problema “sportivo”. Fu principalmente
grazie alla Convenzione di Strasburgo del 198934 che furono
esortati gli Stati a cooperare con le istituzioni sportive al fine
di contrastarne l’ulteriore diffusione35. In Italia, la detta Convenzione è stata ratificata nel 1995 con la Legge n.522 ed ha
30 http://www.politicheantidroga.it/
31 de Mérode A. e Schamasch P. (1999) , Harmonisation of methods
and measures in the fight against doping in sport. Final report, European
Commission. Directorate General for Research, Luxembourg: Office for
Official Publications of the European Communities.
32 de Mérode A. and Schamasch P. (1999 ), Harmonisation of methods
and measures in the fight against doping in sport. Final report, cit.
33 de Mérode A. and Schamasch P. (1999), Harmonisation of methods
and measures in the fight against doping in sport. Final report, cit.
34 Council of Europe (1989), Anti-Doping Convention, cit
35 “[…]considerati i regolamenti, le politiche e le dichiarazioni adottate
dalle organizzazioni sportive internazionali nell’ambito della lotta contro
il doping; coscienti delle responsabilità complementari che i poteri pubblici e le organizzazioni sportive volontarie hanno nell’ambito della lotta
contro il doping nello sport e, in particolare, nel garantire un corretto
e leale svolgimento delle manifestazioni sportive come pure della tutela
della salute di coloro che vi partecipano; riconoscendo che detti poteri
e organizzazioni devono collaborare a tutti i livelli[…]”, così si legge in
Council of Europe (1989), Anti-Doping Convention, cit
trovato, poi, piena attuazione soltanto nel 2000 con la Legge
n.376 con la quale si sono ottenuti due principali risultati: una
prima chiara definizione di doping nel primo articolo36 e la
“creazione” del reato di doping nell’art. 9. Inoltre, con l’introduzione della Commissione per la vigilanza ed il controllo
sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive
(CVD)37 il nostro Paese si è dotato di un ulteriore valido strumento per predisporre programmi di ricerca delle sostanze,
dei metodi e dei farmaci da proporre poi al Ministero della
Sanità al fine della loro inclusione in altrettanti classi da bannare. Essa determina, ancora, le metodologie dei controlli
anti-doping ed individua le competizioni e le attività sportive da sottoporre ai detti test. Infine, la Sezione, oltre a promuovere campagne di informazione per la tutela della salute
nelle attività sportive e di prevenzione del doping - in modo
particolare presso tutte le scuole statali e non statali di ogni
ordine e grado ed in collaborazione con le amministrazioni
pubbliche, il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI),
le federazioni sportive nazionali, le società affiliate, gli enti di
promozione sportiva pubblici e privati, i medici specialisti di
medicina dello sport - mantiene i rapporti operativi con l’Unione europea e con gli organismi internazionali, garantendo
la partecipazione a programmi di interventi contro il doping.
Ciò detto, una ultima ed importante considerazione è d’obbligo. Il doping è un fenomeno che riesce ad espandersi facilmente e muta costantemente volto: riesce a fiutare e rubare le
nuove scoperte scientifiche per i propri fini. Basti pensare al
doping genetico. Pertanto, si auspica che il livello di guardia
nei confronti di detto male non si abbassi mai e che, soprattutto non manchino mai le necessarie risorse economiche sia
per le attività di prevenzione, ossia informazione e sensibilizzazione, che per la ricerca di nuove sostanze e metodi.
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37 In seguito alla Legge 4 novembre 2010, n. 183, la CVD è divenuta
sezione h) “Sezione per la vigilanza e il controllo sul doping e per la tutela
della salute nelle attività sportive” del Comitato Tecnico Sanitario
57
SCIENZE MOTORIE | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
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SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE
Ricerca scientifica e documentazione
online: Mars-500 Project
ROBERTO TOSCANO
L’innovativa tecnologia in dotazione ai personal devices
di ultima generazione disponibili sul mercato ha generato, e
genera tuttora, nuovi scenari nel mondo della comunicazione, dell’informazione e della conoscenza ma anche in altri
settori quali la diffusione e la documentazione della ricerca
scientifica.
Il web, da protocollo sperimentale per la connessione e gestione delle reti di comunicazione e condivisione
dati, si configura oggi come un non luogo all’interno del quale le informazioni, le identità e le culture
si ibridano costantemente.
Nonostante la propria natura manifestamente
fluida, la rete, grazie alla propria morfologia multidimensionale in costante aggiornamento, si configura come un funzionale strumento per la documentazione e diffusione delle conoscenze scientifiche, ovviamente nel rispetto dei protocolli e delle
procedure specifiche per la convalida dei dati.
Il presente articolo intende proporre un’introduzione generale al tema della documentazione
scientifica online attraverso un focus specifico sul
Progetto di simulazione Mars-500, paradigma sperimentale
posto in essere presso l’Istituto per i Problemi Biomedici
dell’Accademia Russa delle Scienze sotto l’egida dell’Agenzia Spaziale Russa.
I
I. INTRODUZIONE
l World Wide Web, la cui operatività viene ufficialmente documentata a partire dalla data del 2
Settembre 1969 (giorno in cui si realizzò il primo
nodo tra un prototipo di router Imp ed un terminale
host Sds Sigma 7 dell’UCLA) ha subito nel corso
dei decenni un impressionante processo evolutivo, ancora attualmente in corso.
Da semplice protocollo sperimentale di connessione e ge-
stione di reti di comunicazione e condivisione dati1, il web
ha acquisito, soprattutto a seguito della diffusione planetaria
della propria architettura e della commerciabilità delle proprie funzioni, una potente penetrabilità all’interno del corpus
delle società e delle nazioni, operando nell’uomo un marcato
processo di mutazione della propria mente/identità, dei linguaggi e della conoscenza, della visione del mondo, delle
società, della/e loro storia/e e del loro divenire.
In virtù di tali fenomenologie lo stesso sistema geopolitico mondiale interpreta ormai la rete come una quinta dimensione soggetta a specifiche normative internazionali, in
aggiunta alle precedenti (terra, mare, spazio atmosferico e
spazio extra-atmosferico), oltre che non luogo di scenari di
cooperazione ma anche di contrapposizione e conflitti fra entità sovranazionali, organizzazioni non governative e stati2.
In tale clima di costante instabilità di sistema, dove la stessa rete assiste ultimamente alla comparsa di un proprio clone,
o web shadow, simbolo e luogo di moti ormai planetari di ri1 D. Ragazzini, La nascita della storiografia digitale, in D. Ragazzini, (a
cura di), La storiografia digitale, Utet, Torino, 2004
2 F. W. Engdal, Full Spectrum Dominance: Totalitarian Democracy in
the New World Order. 2011, Progressive Press. USA
59
INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
vendicazione di un neoumanesimo solidale, antimonopolista
ed ecomilitarista3, i devices presenti sul mercato modificano
in tempo reale le proprie prestazioni e funzioni, passando dai
recenti personal devices in modalità virtual truth o increased
truth4 agli adaptive devices in modalità multisensory, tuttora
in fase sperimentale ma di prossima immissione sul mercato,
dove una innovativa adaptive technology assicurerà processi di modificazione delle funzioni mediante connessione ed
adattamento live con vari devices intercettati nella cloud. Il
tutto in costante osmosi con la rete globale, ormai da intendersi come vitale sistema nervoso artificiale del pianeta5.
L’estrema dinamicità di tali teatri geomediatici, ha generato, e genera ancora oggi, specifici fenomeni socio-culturali,
quali la comparsa di una sorta di collective mind network,
dove nuovi mondi ed inedite culture virtuali (in alcuni casi
di evidente matrice neo-tribale6) vedono il soggetto, dal carattere transidentitario e comunicante attraverso un insolito
ibridismo linguistico multicodice, contaminare costantemente i contenuti presenti in rete, attraverso azioni compulsive
di lettura/scrittura/rielaborazione/mistificazione di stampo
semantico-simbolica7.
In particolare i processi osmotici di video-writing/video-reading/video-making, peculiari nei new devices hanno generato, e continuano a generare, un’inedita forma di testualitàcomunicazione-conoscenza, dove la tradizionale scansione
sequenziale della fruizione, o stesura di un testo/contenuto,
viene ad essere sostituita da una new textuality8 multidimensionale e multicodice, aspetti che alcuni analisti interpretano
come modalità sorgente di un epocale salto sistemico socio/
culturale in progress dell’uomo del XXI secolo, scenario da
molti letto come una fra le cause dell’attuale crisi globale9.
In tale situazione di costante noise e, in alcuni casi, di manifesto inquinamento comunicativo e cognitivo, si impone la
necessità di attivare con sempre maggiore urgenza, un processo ricorrente di analisi e restoration di una funzionalità
ottimale del web, particolarmente in quei contesti dove la
rete viene ad identificarsi non solo quale net economy and
3 I. F. Akyildiz, Xudong Wuang, [September 2005], A Survey on Wireless Mesh Networks, in «IEEE Communications Magazine», vol 43, n. 9,
pp. 523-530,. In merito alle ultime informazioni sulla natura e funzionalità
del web shadow si segnalano i seguenti siti: http://freedomboxfoundetion.
org, www.funkfeuer.at/index.php?L=1, www.mesh-networks.org.
4 Modalità che si configurano come evoluzione dei vari protocolli, sino
ad oggi disponibili, di augmented reality, mixed reality, modified reality,
modulated reality, mediated reality, augmented reality, augmented thinking, augmented imagination, concetti con i quali si è inteso identificare
diverse configurazioni di simulazione o potenziamento della realtà percepita.
5 L. Kleinrock, [maggio 2012], Ho inventato la rete (e vi spiego come
cambierà), in «Limes Rivista Italiana di Geopolitica» Quaderno Speciale,
anno IV, n. 1, pp. 41-45
6 D. De Kerckhove, [maggio 2012], Il Web produce tribù, in «Limes Rivista Italiana di Geopolitica» Quaderno Speciale, anno IV, n. 1, pp. 35-40
7 L. Toschi, La comunicazione generativa, Apogeo, Milano, 2011
8 Idem
9 Per una preziosa riflessone sul concetto di crisi e sulla necessità di una
transdimensionalità della riflessione filosofico-scientifica come strumento/azione da contrapporre allo scenario del mondo occidentale contemporaneo si segnala M. Serres, Tempo di crisi, Bollati Boringhieri, Torino,
2010
60
multicommunication system ma come utile strumento di ricerca, documentazione e trasmissione di un’informazione.
Ad una generica analisi strutturale la rete si configura essenzialmente come una macroarchitettura, all’interno della
quale prendono forma non luoghi (siti-portali) interpretabili
come microarchitetture ipertestuali, quest’ultime in alcuni
casi con semplice modalità accrue, e ciò in relazione alla
loro potenziale natura dinamica di accumulazione-modificazione-aggiornamento di informazioni, che si susseguono in
un determinato flusso temporale, cumulandosi nel corso del
tempo10.
In virtù di tale contesto, il concetto stesso di documentazione viene ad acquisire nuove dimensioni dove, all’attività
di analisi-interpretazione connessa al processo di costruzione-condivisione-comunicazione della conoscenza11, si affiancano le varie procedure di trattamento dell’informazione
per ottimizzarne la reperibilità e la fruizione. il tutto secondo
specifici ed inediti formati legati oggi alla natura multidimensionale dei new devices.
La rivoluzione informatica, sin dagli esordi, ha imposto
in ambito storiografico una reinterpretazione del concetto
reperto/fonte così come i processi stessi di riproduzione e
documentazione hanno assistito ad una loro rimodulazione,
in linea con le potenzialità della computer technology12.
Il successivo e recente avvento dei new media e la comparsa di nuove modalità multicode per processare l’informazione, hanno ulteriormente posto in evidenza la necessità
di individuare specifiche metodologie per la gestione di un
piano di azione efficace nel campo della ricerca storiografica
e della documentazione, in linea con la matrice polisemica
delle fonti, unitamente all’analisi ed all’individuazione di
modalità e codici funzionali per efficaci protocolli di comunicazione-divulgazione della ricerca stessa.
Internet comprende ufficialmente oggi più di 6 miliardi
di siti ed il numero è quotidianamente in costante aumento
esponenziale. Tale scenario impone, particolarmente in ambito scientifico, una metodica verifica dei vari protocolli per
una corretta e funzionale catalogazione e conservazione delle informazioni online, quali per esempio il Semantic-Sensitive Web Information Retrieval, il cui protocollo, in continuo
aggiornamento, consente di recuperare, nello spazio di pochi
secondi, le informazioni testuali e non testuali di milioni di
documenti presenti nella rete in vari formati13.
Attualmente sul web, accanto al pregevole contributo di
alcune iniziative volte ad organizzare e raccogliere il più ampio numero di materiali fruibili online quali l’Internet Archive14, si segnala la comparsa di alcuni siti posti in essere per
10 S. Vitali, Una memoria fragile: il web e la sua conservazione, in D.
Ragazzini (a cura di), La storiografia digitale, Utet, Torino, 2004
11 E. Gori, (a cura di), La documentazione e la scuola di qualità, Le
Lettere Firenze, 2008
12 D. Ragazzini, La nascita della storiografia digitale, in D. Ragazzini (a
cura di), La storiografia digitale, Utet, Torino, 2004
13 Y.Bassil- P. Semaan, [2012], Semantic-Sensitive Web Information
Retrieval Model for HTML Documents, European Journal of Scientific
Research, ISSN 1450-216X Vol.69 No.4, pp. 550-559
14 http://www.archive.org
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE
documentare e divulgare i risultati scientifici delle ricerche
svolte in vari settori della scienza. Più precisamente gli istituti internazionali di ricerca prevedono, all’interno delle loro
strutture operative, specifici settori adibiti alla gestione di siti
web all’interno dei quali documentare il proprio patrimonio
storico-scientifico, pubblicare i risultati della ricerca condotta, oltre a realizzare spazi virtuali e prodotti dal carattere divulgativo e didattico.
Tra i progetti scientifici internazionali più recenti la cui
documentazione appare fruibile in rete, si segnala il Mars
500 Project, condotto presso l’Institute of Biomedical Problems15 of the Russian Academy of Sciences16, sotto l’egida
della Russian Federal Space Agency17 e con il coinvolgimento dell’ESA European Space Agency18 e dell’ASI Agenzia
Spaziale Italiana19.
Il progetto, ideato come simulazione di una prossima missione umana su Marte, ha avuto come obiettivo la raccolta
dei dati ricavati attraverso un ricco protocollo sperimentale
rivolto allo studio del sistema uomo-ambiente, con relativa
analisi del quadro psicofisico e biomedico, in situazione di
confinamento di lunga durata.
Proprio l’analisi di come è stato documentato online il
complesso ed articolato progetto, costituisce l’oggetto di
questo breve studio, in quanto emblematica della potenzialità, e dei limiti, del web nel documentare e rendere fruibile una ricerca scientifica nel corso del suo svolgimento. Per
questo il presente contributo, dopo aver illustrato brevemente i prodromi del Mars 500 Project, la storia e la natura della
ricerca, si sofferma sull’analisi della diffusione online della
documentazione di questo esperimento internazionale di simulazione.
20
II. MARS -500 PROJECT: STORIA E RICERCA .
Mars 500 Project si configura come un protocollo sperimentale ad ampio spettro, frutto di un lungo percorso di ricerca le cui origini sono rintracciabili nelle sperimentazioni
che seguirono i primi voli umani oltre l’atmosfera.
Intorno alla fine degli anni ’60 del XX secolo, accanto allo
sviluppo delle ricerche condotte nel campo delle tecnologie
per il volo in ambiente extra-atmosferico ed al susseguirsi
delle missioni umane nello spazio, l’Institute of Biomedical
Problems di Mosca sviluppò una serie di studi di simulazio15 Институт медико-биологических проблем РАН http://www.imbp.
ru/
16 Российской академии наук http://www.ras.ru/
17 Федеральное космическое агентство России http://www.federalspace.ru/
18 In merito alla partecipazione dell’ESA European Space Agency al
Mars 500 project si segnala: http://www.esa.int/SPECIALS/Mars500/
19 In merito alla partecipazione dell’ASI Agenzia Spaziale Italiana al
Mars 500 project si si segnala: http://www.asi.it/it/news/mars500_rientra_0
20 Per una puntuale documentazione storica del progetto in esame si segnalano le seguenti fonti on line:
http://mars500.imbp.ru/history.html
http://www.federalspace.ru/main.php?id=2&nid=8267&hl=mars+500
http://www.esa.int/SPECIALS/Mars500/
ne, aventi come obiettivo l’allestimento e la documentazione
della sperimentazione di missioni umane di nuova generazione unitamente alla verifica, sul piano biomedico e psicologico, degli effetti della lunga permanenza di un equipaggio
umano all’interno di prototipi di moduli abitativi (dispositivi
di volo, basi orbitanti o di superficie).
Il primo ciclo di studi condotti dai laboratori dell’ Institute of Biomedical Problems di Mosca sulla simulazione di
una lunga permanenza di un equipaggio umano in stato di
confinamento, fu eseguito tra il novembre 1967 ed il novembre 1968 (nome in codice Un anno terrestre a bordo di una
capsula spaziale21). La ricerca vide un equipaggio di tre cosmonauti virtuali vivere per un anno all’interno di un modulo
abitativo di circa 90 m³, ermeticamente isolato in biosistema
autonomo.
Dal 1970 fino al 2000, accanto alle numerose missioni
umane orbitali (programmi Восто́к [Vostok] 1961-1963,
Восто́к [Voskhod] 1964-1965, Союз [Soyuz] 1963-2015
operativa), grazie soprattutto alla natura del programma
Салют [Salyut] (1970/71–1982) ed alla realizzazione della
prima base polimodulare orbitale Мир [Mir] (1986-2001)22
furono realizzati una serie di studi (con possibilità di verifiche durante le attività in orbita) che permisero l’ottimizzazione delle procedure di addestramento e la configurazione
di una tecnologia di supporto al volo spaziale umano a lungo
termine, consentendo nel contempo la definizione di protocolli addestrativi per l’adattamento umano alla permanenza
in ambiente in microgravità. Nel corso di questo lungo piano
operativo furono registrate significative tappe (delle quali
di seguito si da breve indicazione) nell’acquisizione di conoscenze fondamentali per la realizzazione di una missione
spaziale di lunga permanenza.
Tra il 1971 ed il 1977 presso i laboratori dell’ Institute of
Biomedical Problems di Mosca furono compiute ulteriori
indagini sugli effetti fisiologici e biomedici prodotti nell’uomo dalla lunga permanenza in condizione di stress estremo
ed in stato di confinamento (60-120 giorni): in particolare
tra il settembre 1976 ed il gennaio 1977, nel corso di una
simulazione di confinamento di 120 giorni, fu allestito un laboratorio per la verifica dei sistemi di sopravvivenza e delle
dinamiche di gruppo su un equipaggio di tre unità.
Nel maggio-giugno 1980, su un equipaggio maschile sottoposto a 25 giorni di confinamento, furono verificati dati relativi agli effetti psicologici prodotti dall’ambiente acustico
e dall’inserimento per breve periodo di equipaggi femminili
(verifica delle pulsioni e delle dinamiche di gruppo in stato
di confinamento).
Dal febbraio all’aprile 1983, furono raccolti dati sulle dinamiche di gruppo di un equipaggio misto in stato di confinamento per 60 giorni, unitamente all’analisi dei processi
di adattamento in situazione di emergenza di lunga durata.
Mentre tra il maggio ed il luglio dello stesso anno (90 giorni)
21 http://mars500.imbp.ru/history.html
22 P. Baker, The Story of Manned
troduction. Springer, 2007
Space Stations: An In-
61
INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
fu verificata, all’interno del modulo di simulazione la funzionalità del sistema di rigenerazione dell’ossigeno “Electron”
testandone gli effetti sull’equipaggio.
Nel 1984 (marzo-giugno) e per 90 giorni, furono condotti una serie di esperimenti sugli effetti psicologici registrati
nell’equipaggio prodotti dall’esposizione continua ai suoni
ambientali, nel corso delle attività lavorative e delle ore di
riposo. Successivamente nel maggio-luglio 1987 (90 giorni)
fu verificato lo stato psico-fisiologico dell’equipaggio durante la simulazione di tre situazioni di emergenza, della durata
di 6 giorni ciascuno (monitoraggio dei ritmi circadiani, degli
effetti psicofisiologici prodotti dalla modificazione dell’habitat, etc).
Nel 1989 (giugno-luglio) fu condotta una ricerca per la
verifica dell’operatività di un equipaggio posto in stato di
permanenza per 30 giorni all’interno di un habitat con basso
tasso di ossigeno (16%).
Gli anni che seguirono videro l’intensificarsi delle ricerche
in tale settore, soprattutto in relazione ai protocolli di collaborazione con altre agenzie spaziali, quali l’ESA European
Space Agency.
Tra il settembre 1994 ed il gennaio 1995 fu allestito uno
studio di simulazione sul comportamento umano in Spaceflight Extended, con lo scopo di simulare il volo di un cosmonauta ESA a bordo della stazione orbitale Мир [Mir]
(EURO-MIR-95).
Dal 21 ottobre 1995 al 22 gennaio 1996 (90 giorni) fu
condotto l’esperimento ECOPSY-95, con l’obiettivo di configurare un habitat standard per il mantenimento del confort
psico-fisiologico di un equipaggio, accanto alla valutazione
del gradiente di interazione tra uomo e habitat artificiale e
delle modalità per controllarne le dinamiche. Mentre dal 2
febbraio 1999 al 22 marzo 2000 (240 giorni) fu allestito il
protocollo di simulazione SFINCSS-99, destinato all’addestramento di uno degli equipaggi della Stazione Spaziale
Internazionale. Tale indagine coinvolse tre equipaggi misti
di diverse nazionalità (Russia, Giappone, Germania, Canada,
Norvegia, Svezia, Repubblica Ceca, Austria) e consentì lo
svolgimento di 80 esperimenti scientifici, tra i quali spicca un
primo protocollo di addestramento di volo per una missione
umana di lunga durata, da compiere in vista di un viaggio
all’interno del sistema solare.
Dal 2000, grazie ai dati raccolti attraverso le missioni Мир
[Mir] e le prime permanenze compiute a bordo dell’ISS [International Space Station], è stato possibile raccogliere una
ricca documentazione di dati, frutto di numerose simulazioni
con equipaggi misti, in stato di confinamento di breve durata, con l’obiettivo di verificare anche i sistemi di profilassi
in microgravità, unitamente ad un ulteriore monitoraggio dei
quadri clinici dell’equipaggio.
Compiere una specifica ricerca sulla lunga permanenza
dell’uomo nello spazio connessa ad un viaggio verso una
meta, quale un pianeta, ed il successivo percorso di ritorno,
presenta notevoli differenze rispetto alla permanenza di un
equipaggio a bordo di basi orbitali. Oltre dover sviluppare
un potenziale tecnologico indispensabile per poter effettuare
62
il viaggio, appare necessario acquisire le dovute competenze cliniche e psicofisiologiche indispensabili per assicurare
l’incolumità dell’equipaggio stesso e la configurazione di un
habitat ottimale.
Il programma di ricerche “Mars-500” è stato sviluppato
proprio con questi obiettivi.
La struttura polimodulare all’interno della quale il progetto ha preso vita, è stata realizzata componendo cinque ambienti ermeticamente isolati e di varie volumetrie, all’interno
del laboratorio dell’ Institute of Biomedical Problems di Mosca, riproducendo in tal modo il prototipo dell’unità di volo
progettata per una possibile prossima missione umana verso
Marte. Dall’allestimento dei primi moduli, iniziato nel 2006,
la struttura si è sviluppata nelle sue componenti seguendo il
succedersi delle tre fasi sperimentali, raggiungendo il completamento con l’inizio della terza e conclusiva fase del programma di simulazione (520 giorni di confinamento) iniziata
il 3 giugno 2010.
III. MAPC-500
La ricerca scientifica internazionale Mars - 500 Project,
svolta, come detto precedentemente presso l’Institute of
Biomedical Problems della Russian Academy of Sciences
di Mosca sotto l’egida della Russian Federal Space Agency,
con il coinvolgimento dell’ESA European Space Agency e
dell’ASI Agenzia Spaziale Italiana, ha visto la partecipazione di altri istituti di ricerca ed università europee impegnati
in esperimenti satellite nel settore biomedico, psico-fisiologico ed ingegneristico23.
Il progetto, che ha avuto tra i vari obiettivi la definizione
di un habitat standard per il confinamento di lunga durata di
un equipaggio umano (in vista di una futura missione verso
il pianeta Marte), unitamente alla configurazione di specifici protocolli di monitoraggio biologico/clinico (oltre che
di sistemi speciali di campionamento e trasmissione dati),
nonché la sperimentazione sull’equipaggio di protocolli per
l’analisi dei processi di apprendimento in stato di stress da
confinamento di lunga durata, si è sviluppato attraverso tre
fasi: la prima fase, della durata di 14 giorni di confinamento
(Ottobre - Novembre 2007); la seconda fase, di 105 giorni
di confinamento, si è svolta dal 31 Marzo 2009 al 14 Luglio
2009. La terza fase si è sviluppata lungo 520 giorni di confi23 Tra le istituzioni italiane coinvolte nel progetto si segnalano:
Università di Bologna (http://www.magazine.unibo.it/Magazine/Attualita/2009/01/30/Missione_su_Marte.htm);
Centro EXTREME e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (http://www.
sssup.it/news.jsp?GTemplate=news.jsp&ID_NEWS=2550);
CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche (http://www.cnr.it/cnr/news/
CnrNews?IDn=2093);
Università di Pisa (http://www.unipi.it/index.php/unipinews/item/423missione-mars-500-il-centro-extreme-universit%C3%A0-di-pisa-santanna-e-cnr-volano-a-mosca);
Università degli Studi di Milano (http://www.unimi.it/news/47708.htm);
INRCA-IRCCS di Roma;
Università della Tuscia di Viterbo(http://www3.unitus.it),
Fondazione S. Maugeri di Pavia (http://www.fsm.it)
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE
namento, dal 3 Giugno 2010 al 4 Novembre 2011.
Il protocollo sperimentale ha visto il coinvolgimento di tre
equipaggi diversi, composti da sei unità ciascuno, con un’unica presenza femminile nell’equipaggio della prima fase.
L’intero progetto, conclusosi a novembre 2011, ha prodotto una considerevole quantità di dati scientifici, tuttora al
vaglio del gruppo di ricerca, i cui contenuti saranno fonte per
l’allestimento del prossimo programma spaziale internazionale di esplorazione con equipaggio umano.
IV. MARS - 500 ONLINE
La rete, in quanto testo instabile24, appare in linea con la dinamicità e continua revisione della ricerca scientifica. La sua
peculiarità di open source/cloud source, che offre in tempo
reale modalità di approfondimento, condivisione e multidimensionalità della scrittura/lettura di innumerevoli testi/contenuti collettivi25, fruibili attraverso le molteplici applicazioni possibili attraverso i new devices di recente disponibilità
sul mercato, la pone potenzialmente in piena consonanza con
il clima del laboratorio scientifico.
L’avvento della tecnologia informatica nel corso degli
anni ha dato origine, soprattutto nel settore storiografico,
della documentazione e conservazione delle fonti e della ricerca, nuovi ambiti di studio, dove iper-autori26, unitamente
alla comparsa di banche dati, archivi e raccolte configurate
in modo innovativo e secondo inedite modalità di campionamento27, operano incessantemente attraverso codici nei quali
comunicazione e ricerca si relazionano in modo osmotico.
Nonostante la rete offra quindi una funzionalità senza precedenti in tale settore, ciò che emerge, sino ad oggi, è che
l’estrema volatilità del web, e quindi la possibilità allo stato
attuale di compierne una conservazione e catalogazione dei
propri contenuti in vista di un lavoro di natura bibliografico, storiografico o di documentazione scientifica, sia tuttora
un’operazione di difficile realizzazione. Nel dare inizio ad
un’ipotesi di lavoro di documentazione ed archiviazione delle informazioni sul web, risulta necessario quindi compiere
una specifica scelta di approccio, e ciò è imposto in particolare dalla multiforme configurazione della stessa architettura
del sito/portale web28.
24 P. Ortoleva, [1999] La rete e la catena. Mestiere di storico al tempo di
Internet, «Memoria e ricerca», 3, p. 31- 40.
25 Su tale aspetto, e sul concetto di iper-autore, si segnala G. O. Longo,
[1999], Nel mare dell’iper-letteratura si sente solo un anonimo brusio, in
«Comunità online virtuali e reali», Telemà, n.17-18,
26 Idem
27 D. Ragazzini, Le fonti storiche nell’epoca della loro riproducibilità
informatica, in D. Ragazzini, (a cura di), La storiografia digitale, Utet,
Torino, 2004
28 Da intendersi essenzialmente come una «collezione di risorse elettroniche […] resa accessibile all’interno di uno specifico dominio Internet,
ai fini della comunicazione di informazioni […] che condividono un comune nome di dominio […] e che mette a disposizione un corpo di risorse
informative interconnesse, navigabile usando un browser» Public Record
Office, Managing Web Resources: Management of Electronic Records on
Websites and Intranets, versione 1.0, dicembre 2001, [http://www.pro.
go.uk/recordsmanagement/erecords/website-toolkit.pdf]
Tra le iniziative aventi come obiettivo un processo di archiviazione il più possibile completo della rete, ovviamente
della parte ad accesso libero, si pone in primo piano il già
citato progetto Internet Archive29. Ma accanto a tali iniziative
che, in virtù della riuscita nella missione impostano il loro
lavoro attraverso metodiche che interpretano la rete come
un’immensa fonte storica da documentare in un processo
ciclopico di campionamento, si collocano specifici progetti,
sotto alcuni aspetti di matrice sperimentale, di documentazione e divulgazione online della ricerca scientifica.
In tale contesto, la morfologia base dei siti/portale web
(accumulazione/aggiornamento/sostituzione dei dati raccolti
secondo un flusso temporale discreto e che procede in sequenza) appare funzionale per documentare un lavoro di ricerca scientifica in progress30, ovviamente ponendo sempre
sotto attento monitoraggio le proprie metodologie di campionamento e nel rispetto di specifici protocolli di validazione,
universalmente riconosciuti, e di peculiari procedure di verifica dell’attendibilità dei dati informativi e delle fonti.
Nel panorama dei siti fruibili in rete e riferibili a centri
internazionali di ricerca e documentazione scientifica appare
il mars500.imbp.ru, finestra web del Mars - 500 Project.
Il portale presenta un carattere prettamente monografico,
configurandosi essenzialmente come uno spazio informativo
contenente, oltre ad un repertorio delle indagini compiute e
delle informazioni tecniche relative ai dispositivi ed alle attrezzature utilizzate nel corso della sperimentazione, anche
un ampio archivio fotografico e video per la documentazione
della ricerca svolta31.
In particolare il patrimonio iconografico appare raccolto
non secondo specifici protocolli, ma attraverso una tematizzazione di 106 aree32, modalità comunque funzionale alla
consultazione di un’ampia utenza.
Attivato in occasione dell’inizio della prima fase del Mars
-500 Project (14 giorni di confinamento, Ottobre - Novembre
2007) e successivamente ampliato ed aggiornato nel corso
della ricerca, in quanto modalità di documentazione e divulgazione dell’iniziativa, il sito presenta inoltre uno spazio
blog, inaugurato il 26 Ottobre 2009, un Video portale, divenuto operativo il 26 Aprile 2010, ed un Account Twitter
fruibile dal 29 Giugno 2010.
V. ANALISI
La comunicazione storiografica informatica, caratterizzata
da una particolare modalità di fusione tra le componenti dati/
fonti, unitamente a specifici processi di sintesi ed interpretazione oltre che alla funzionalità di software di interrogazione,
29 Si veda nota 14
30 S. Vitali, Una memoria fragile: il web e la sua conservazione, in D.
Ragazzini, (a cura di), La storiografia digitale, Utet, Torino, 2004
31 Un’attenta analisi sulle varie tipologie e sulle modalità di raccolta di
documentazione fotografica in ambito storico è presente in M. Gallai, L.
Tomassini, La fotografia di documentazione storica in Internet, in D. Ragazzini, (a cura di), La storiografia digitale, Utet, Torino, 2004
32 Si veda http://mars500.imbp.ru/index_r.html
63
INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
©http://mars500.imbp.ru/index.html; http://mars500.imbp.ru/index.html
Figura n. 1
si è manifestata essenzialmente attraverso reti di significati e
di fonti in stretta connessione o campionabili separatamente.
Tale configurazione ha offerto, tra le possibili funzionalità
ottimali, una modalità inedita di fruizione attraverso rappresentazioni multiple e sistemi di interazione, aspetti preziosi,
ad esempio, per la documentazione della ricerca scientifica33.
Con l’affermarsi del web e con la configurazione di protocolli informatici, peculiari per la gestione dell’informazione
ed in linea con i principi della rete, si è assistito allo sviluppo
di vari prodotti fruibili online (siti, portali etc.), inevitabilmente connessi ai ciclici fenomeni evolutivi di Internet, quali
per esempio il recente protocollo web 3.0, lo sviluppo dell’
HPW - High Power Web o il sistema operativo mobile webOS34.
Nell’ambito della storiografia, della documentazione e della ricerca scientifica, l’uso del web come processo/medium
per la documentazione e divulgazione del datum, ha imposto,
e soprattutto oggi impone, una costante riflessione sulle modalità di gestione delle fonti, e sulla necessità di configurare
modalità per assicurare accessibilità e conservazione dell’informazione, insieme ad un alto gradiente di validità.
Nel configurare i propri contenuti, il portale verticale35
33 D. Ragazzini, Le fonti storiche nell’epoca della loro riproducibilità
informatica, in D. Ragazzini, (a cura di), La storiografia digitale, Utet,
Torino, 2004
34 Sullo sviluppo del formato della rete, in particolare sulla sperimentazione del supporto fotonico per l’allestimento di un High Power Web, e
sulla configurazione di nuove tecnologie ad essa connessa si segnala: Yoo,
S. J. B, [December 2006], Optical Packet and Burst Switching Technologies for the Future Photonic Internet, in «Journal of Lightwave Technology » Dept. of Electr. & Comput. Eng., California Univ., Davis, CA, Vol.
24 , Issue: 12 , pp. 4468-4492
35 Nel gergo informatico con tale termine si intende un sito web di grandi
dimensioni, contenente un numero elevato di risorse con approfondimenti
su specifici argomenti.
64
Mars-500 Project (le cui sole pagine in lingua originale
presentano, in alcuni casi, informazioni in versione estesa),
dopo un front grafico di presentazione (fig. n. 1), apre la sua
home page (fig. n. 2) con un’interfaccia che consente di accedere mediante diverse finestre (maschere di ricerca, barre
di navigazione e boxes) ai molteplici contenuti delle diverse
fasi del Progetto Mars-500.
In particolare, nella sezione del portale dedicata alla III
fase sperimentale del Mars-500 Project (520 giorni di confinamento), la pagina di presentazione si apre con un quadro
riassuntivo del piano operativo, presentando la documentazione ad esso relativa attraverso l’articolazione di una ricca
raccolta di immagini, che registrano le fasi più salienti del
protocollo sperimentale, dell’allestimento e manutenzione
dei moduli di simulazione, della selezione ed addestramento
dell’equipaggio, sino alle conferenze stampa, unitamente ad
un’ampia documentazione fotografica delle ricerche scientifiche condotte e delle procedure di simulazione svolte nel
corso del periodo di confinamento36.
Oltre alle schede biografiche dei componenti dell’equipaggio, la sezione offre un prospetto riassuntivo del piano
sperimentale della terza fase, alla quale segue uno schema
del diario del piano di volo simulato.
Le informazioni successive vertono sul diario virtuale di
bordo e sulle operazioni svolte dall’equipaggio nel corso di
un anno di simulazione attraverso un quadro riassuntivo dei
dati scientifici raccolti.
Come ulteriore documentazione, il portale presenta un
archivio delle riflessioni stilate dall’equipaggio ad un anno
36 Un’ampia campionatura della letteratura grigia, relativa al protocollo
sperimentale, è fruibile sul sito dell’Istituto di Problemi Biomedici di Mosca: http://www.imbp.ru/
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE
©http://mars500.imbp.ru/index.html; http://mars500.imbp.ru/index_r.html#
Figura n. 2
dall’inizio dell’esperimento, unitamente al quadro del monitoraggio clinico e dei processi di adattamento.
Accanto alla documentazione scientifica è possibile visualizzare un’ampia rassegna stampa raccolta nel corso dell’esperimento ed un ulteriore archivio delle principali iniziative
promosse dai media internazionali durante dello svolgimento
della terza fase del progetto di ricerca [solo in versione inglese].
Il portale Mars-500 Project offre ovviamente ampio spazio
anche alla documentazione video. contenendo all’interno di
tale sezione un numero rilevante di servizi video prodotti dai
principali tv network, oltre ad alcuni filmati realizzati dall’equipaggio e dal gruppo di ricerca.
La ricca documentazione fotografica, raccolta durante l’intero svolgimento del Progetto, occupa una specifica sezione
del portale. La galleria dei foto-documenti, che si compone
di 1397 immagini raggruppate in 43 aree tematiche, si apre
con una page contenente quattro aree attive: complesso sperimentale, prima fase sperimentale 14 giorni di confinamento, seconda fase sperimentale 105 giorni di confinamento,
terza fase sperimentale 520 giorni di confinamento.
Alla luce di questa prima analisi, il portale del Mars-500
Project37, si configura come uno dei più funzionali esemplari
di prodotto multimediale fruibile sul web di documentazione
e divulgazione online della ricerca scientifica. La microarchitettura che sorregge il portale ha seguito, nel suo comporsi, i percorsi compiuti dal protocollo sperimentale (il
cui indubbio contenuto scientifico è validato dalla tipologia
delle istituzioni coinvolte e dalle modalità di svolgimento e
campionamento delle informazioni), ampliando le specifiche
37 Tutti i link del portale Mars-500 Project hanno ricevuto verifica in
data 09 Giugno 2012
aree, nelle quali si articola, attraverso l’acquisizione delle
informazioni raccolte durante lo svolgersi dell’esperimento
stesso. In particolare tale aspetto pone il portale tra le prime e più autorevoli iniziative aventi medesime finalità presenti nella rete, costituendo esso stesso il primo esempio di
documentazione scientifica live relativa ad un protocollo di
formazione e di addestramento, attraverso simulazioni, di un
equipaggio destinato ad una missione umana di lunga permanenza nello spazio.
VI. FUTURO
Il costante processo autopoietico del web impone, come
indicato nel corso della presente indagine, una continua rielaborazione e riconfigurazione delle knowledge technologies
contemporanee. Innovativi protocolli informatici, in particolare nel settore delle web mobile applications dei new devices attualmente sul mercato, sono già fruibili e le funzioni in
codici multidimesionali hanno originato inedite modalità comunicative, di elaborazione, documentazione e divulgazione
dell’informazione.
Tali sviluppi sono sorgente di nuovi scenari altamente dinamici, dove la ricerca scientifica e la documentazione plasmano costantemente i propri statuti.
Questo breve saggio ha inteso fornire un primo momento
di analisi e riflessione su tali processi38, ai quali si intende
dedicare ulteriori approfondimenti, in particolare nei settori
dell’addestramento speciale degli adulti in stato di confinamento e delle peculiarità pedagogiche della simulazione.
38 Si veda R. Toscano, Training for Space. Formazione, ricerca e documentazione scientifica online nelle scienze spaziali contemporanee, Cosenza, Brenner Editore, 2013
65
INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
BIBLIOSITOGRAFIA
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http://www.unimi.it/news/47708.htm
http://www3.unitus.it
http://www.fsm.it
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | CHIMICA
Le avventure chimiche di
Sherlock Holmes
ANTONIO TRINCONE
Istituto di Chimica Biomolecolare, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Pozzuoli
A
distanza di circa cinquant’anni dalle prime apparizioni del personaggio di Sherlock Holmes sul «Lippincott’s Monthly
Magazine», in un saggio del 1945 [2] sul
giornale scientifico Journal of Chemical
Education, R.P. Graham proponeva un resoconto sulle conoscenze di Chimica di Sherlock
Holmes, in un mirabolante dettaglio desunto dalla ricchissima
e dotta sequela di citazioni sia
delle avventure vere e proprie di
Conan Doyle che di analisi già
presenti all’epoca in letteratura.
Si va dalla classica considerazione di Watson che Holmes ha
una “profonda” conoscenza della
Chimica, rintracciabile in “Uno
studio in rosso”, fino ai più sottili e nascosti richiami alla materia nelle trame dei racconti. E’
certamente con questa impronta
di mezzo secolo antecedente
che, nel 1989, due professori del
Dipartimento di Chimica della
University of Tennessee, a Chattanooga, Thomas G. Waddell e
Thomas R. Rybolt , cominciano a scrivere, sullo stesso giornale divulgativo, una serie di racconti intitolandoli «Le avventure chimiche di Sherlock Holmes».
L’intera collezione o i singoli racconti sono stati già tradotti in svariate lingue tra cui il cinese ed il russo. Usare tale
materiale a fini didattici è possibile grazie alle interruzioni
segnalate per fermarsi prima delle soluzioni. Nella traduzione italiana [1] per suggerire approfondimenti utili agli studenti, alla fine di ogni racconto una sezione intitolata “Un
aiuto al dr. Watson” è stata originalmente aggiunta dal traduttore.
Oltre a questi articoli, altri due sono stati pubblicati finora
da Ken Shaw, un insegnante di Chimica di una scuola secondaria, The Waterford School, in Utah e pubblicati recentemente sempre sullo stesso giornale [3].
Una delle cose più affascinanti riguardanti il personaggio
di Holmes è la sua antica origine cinematografica oltre che
letteraria, e l’affollata sequela di serie in tutti i paesi del mondo. Per motivi anagrafici sono molto legato alla serie con il
noto attore Nando Gazzolo che nel 1968 prestò il suo volto al
detective, ma diversi attori da tutte le parti del mondo hanno
indossato le vesti del fenomeno di Conan Doyle, fino alle
più moderne serie televisive che si discostano anche di molto
dallo stile originale del nostro eroe.
Dal punto di vista strettamente letterario invece è interessante il fenomeno, non solo italiano, degli apocrifi di Sherlock Holmes, scrittori che da ogni parte del mondo scrivono
storie del personaggio ancora oggi di grande successo. Così
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CHIMICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
come accade anche per i fortunati fumetti.
Più strettamente correlata al mondo della ricerca invece appare una interessante analisi presente in un bel libro di Santo
Di Nuovo, un professore di Psicologia Generale di Catania
[4] che, partendo da alcune frasi tipiche di Sherlock Holmes quando spiega a Watson i suoi metodi di lavoro usando
talvolta toni anche presuntuosi, affronta domande importanti
quali: come si impara a ragionare scientificamente?, il ruolo
della razionalità e delle emozioni nell’affrontare realtà complesse, il pregiudizio; e -sul significato della divulgazioneinfine: informare o stupire? Tutti temi molto attuali che avvicinano il lavoro investigativo con il lavoro del ricercatore nei
vari settori scientifici.
In un loro resoconto sui quindici racconti, i due autori
americani descrivono anche come sono nate le loro storie.
In una fase preliminare della scrittura degli articoli, uno di
loro scriveva una bozza. Il prof. Rybolt curava i particolari dell’inserimento di altro materiale chimico nelle bozze di
Waddell, oppure Waddell aiutava nel creare le atmosfere
londinesi di fine secolo nelle bozze di Rybolt.
Il primo racconto, intitolato “I prismi gialli di Sherlock
Holmes” è un caso di avvelenamento. C’è un caso di frode
scientifica al Dipartimento di Scienze Naturali. “Un mistero natalizio” fa rivivere le atmosfere del giorno di Natale al
221B di Baker Street. Un’altra frode è di natura alimentare.
Su un enigma in camera chiusa si impernia il racconto di un
delitto in una vecchia cava di marmo, tutto da risolvere. Un
secondo avvelenamento è a spese di un povero cane di un
amico di Watson. In due diverse prigioni sono ambientati
due casi diversi ma entrambi particolarmente interessanti.
Correggere i compiti di chimica di due studenti fornisce ad
Holmes la chiave per la risoluzione di un delitto in ambiente accademico. Un incendio nella casa di un vicino sveglia
presto Holmes e Watson alla ricerca di un piromane. Holmes
risolve anche un tentato omicidio ai suoi propri danni e sfata
la presenza di fantasmi in una fabbrica di prodotti chimici a
Gordon Square. Si ritorna anche al tempo degli antichi romani ne “Il velo di Spartaco”. Un povero costruttore di orologi antichi è colpito alle 3 del mattino, i sospetti sono 3 e il
colpevole è rivelato con 3 acidi ne “Il caso dei 3”. Alla fine,
fra Chimica e Poesia ci ritroviamo alle prese con un veleno
tutto blu.
Nel suo articolo del 1945 lo stesso R.P. Graham avvertiva che il giudizio di Watson sulle approfondite conoscenze
chimiche di Holmes, era di poco valore data la scarsa conoscenza della materia da parte del dottore; caratteristica che è
ancora più marcata nel personaggio di Waddell e Rybolt. I
critici dell’opera di Doyle hanno sempre visto il dr. Watson
come l’alter ego del suo autore, da qui l’idea della sezione
“Un aiuto al dr. Watson”. In tali sezioni prendendo spunto
dai temi chimici presenti nella singola avventura si approfondiscono vari aspetti considerandoli nella loro generalità, mostrando utili richiami per ulteriori letture, o indicando digressioni e particolarità, magari sottolineando i punti relativi alla
sicurezza ed altro con interessanti aspetti per l’applicazione
della scienza nella risoluzione dei problemi. Tali testi sono
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stati redatti avendo in mente un pubblico generico di studenti
di tutte le scuole superiori o dei primi anni dell’università e
sono stati il materiale principale per la rimanente parte di
questo articolo per scoprire quali sono i settori della Chimica
nei quali Holmes è più versato.
La sintesi chimica. Almeno in due racconti il nostro eroe
si avvicina alla chimica organica di sintesi. Nel primo si tratta di provare che il composto sintetizzato sia effettivamente
il veleno usato: l’acido picrico, che Holmes sintetizza facilmente nel suo laboratorio casalingo a partire dal fenolo:
«Deve essere stato lui, amico mio. E l›ho provato con la sintesi del
veleno che ha usato.»
«La reazione dell›acido carbolico e l›aqua fortis, Holmes… » ero
confuso.
«Fenolo, Watson!» gridò «e acido nitrico! quando sono miscelati in
presenza di acido solforico si forma il prodotto!»
«Cominci dall›inizio, Holmes, lei mi confonde. La mia conoscenza
della Chimica… beh… »
Nell’altro racconto invece si parla delle reazioni di sostituzione della Chimica Organica. Esse permettono di trasformare un composto in un altro in maniera facile e selettiva
e produrre anche composti prima ignoti o non presenti in
natura. Charles Loring Jackson é stato uno dei primi chimici americani, morì a 88 anni nel 1935, un chimico organico
specializzato nella sintesi che venne a studiare in Europa
collaborando con famosi chimici dell’epoca come ricorda
lo stesso investigatore parlando con il famoso Lestrade di
Scotland Yard. Nel 1880 Loring Jackson fu il reale autore
della scoperta della reazione descritta, sulla quale si basa un
quesito del compito di Chimica di due studenti...
La Chimica Organica e Biologica. In effetti di queste
discipline è pervasa tutta l’attività di Sherlock Holmes. Nel
mirabolante racconto “Il fantasma di Gordon Square” tutta
la Chimica Organica che conosce gli serve per accusare il
malfattore:
«…ha cosparso il tabacco per la sua pipa con carburo di calcio. Quando il carburo di calcio reagisce con l’acqua del tabacco umido si forma
dell’acetilene che si incendia appena si tenterà di accendere la pipa. »
Il carburo di calcio, un composto solido bianco, è il composto alla base del funzionamento di quella che si chiama la
lampada a carburo. La reazione di questo composto solido
con l’acqua per produrre acetilene è una classica reazione
della Chimica Organica nella quale si incontrano per la prima volta i carbanioni.
In un altro racconto, una delle reazioni caratteristiche degli
acidi carbossilici viene usata per identificare lo ione acetato
del verderame. L’acido acetico formato in presenza di acido
solforico reagisce con etanolo per formare un estere, l’acetato di etile, che come tutti gli esteri ha un aroma fruttato che
in condizioni di alta diluizione può anche essere piacevole e
ricordare l’ananas.
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | CHIMICA
Sir Arthur Conan Doyle
Le mie conoscenze di Chimica, molto inferiori a quelle di Holmes, mi
«Certamente, ma il dettaglio necessario che lei descrive sarebbe trop-
portarono a chiedere ancora. «Ma l’aroma di ananas di cui ha parlato,
po complesso per venirne a capo.»
Holmes che cosa le ha provato?»
In fondo è proprio sull’analisi organica il punto di maggior forza che lo stesso Graham nel 1945 aveva già scorto
nel suo articolo con chiare parole: “His forte was analytical
organic chemistry.” Ma la più spettacolare potenza di Holmes sta nell’analisi delle tracce biologiche con particolare
riferimento al sangue. Nel bel libro “Chemistry and Crime”
[5] si cita testualmente: “Uno studio in rosso” il romanzo di
Conan Doyle diede certamente un forte impulso positivo allo
sviluppo di nuovi metodi per l’identificazione del sangue» al
termine del capitolo intitolato proprio “Uno studio in rosso,
l’identificazione del sangue nel 1875”. Pertanto non stupisce
questa abilità di Sherlock Holmes ad analizzare le macchie
sul cappotto di un pittore e sul velo di Spartaco, una falsa
reliquia antiquaria di origine italiana. E nello stesso racconto,
al termine, una frase ad effetto dei due autori americani è
molto efficace:
«Un giorno, Watson i test chimici saranno capaci di indicarci non solo
la presenza del sangue o il tipo di sangue stesso ma anche l’identità
dell’individuo da cui proviene. Forse nelle cellule ci sono composti
chimici così unici e particolari per ognuno che nemmeno due persone
risulterebbero uguali. Dopotutto, le nostre differenze nell’aspetto perché non dovrebbero avere corrispettivi cellulari?»
A questo venirne a capo sembriamo avvicinarci ogni
giorno sempre di più se pensiamo ai successi nel campo
della glicobiologia, supportata dalla chimica dei carboidrati, molecole complesse che permettono la grande biodiversità molecolare necessaria per creare un codice [6].
La Chimica delle Sostanze Naturali. Nei racconti dei
due autori americani, anche in relazione ai loro interessi specifici di ricerca, Sherlock Holmes appare anche esperto di
Chimica delle Sostanze Naturali.
A parte i minerali ed i materiali di sintesi tutto quello che
ci circonda è rappresentato dalle sostanze organiche naturali,
le cui classi sono denominate dagli esperti con nomi che si
riferiscono alla loro natura chimica: polichetidi, terpenoidi,
proteine, carboidrati, aminoacidi, lipidi, etc. Lo studio di tali
composti può dirsi originato dalla stessa curiosità umana per
il gusto, gli odori, i colori dei composti con i quali gli esseri
umani sono stati sempre in contatto. L’interesse è poi stato
focalizzato fin dall’antichità allo studio dei rimedi popolari
contro il dolore, o delle sostanze velenose e per la cura delle malattie. L’epoca nella quale viveva il nostro Holmes era
quella caratterizzata dalla fine del mito vitalistico che le sostanze originate dagli esseri viventi erano ritenute possedere.
La sintesi dell’urea di Wholer del 1828 e quella dell’acido
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CHIMICA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
acetico del 1845 inauguravano la chimica organica odierna,
ma è proprio alla fine dell’ottocento con la sintesi dell’acido
acetil salicilico da parte della Bayer, che tali studi sono stati
coronati dal successo di un farmaco presente ancora oggi nel
nostro bagaglio terapeutico.
L’acido meconico che all’inizio di uno dei racconti viene
individuato da Holmes nelle urine di una contessa, fu isolato
all’inizio del 1800 nel papavero da oppio, dal quale deriva il
nome inglese poppy acid. Nella sua struttura sono presenti un
gruppo OH ed un gruppo –COOH che permettono la complessazione con un atomo di ferro proveniente dal cloruro
ferrico, per la formazione di una sostanza colorata. Un’altra
sostanza colorata si ottiene però anche con l’acido salicilico.
La differenza fra il colore rosso brillante del composto ottenuto con l’acido meconico e quello violetto ottenuto dalla
stessa reazione con l’acido salicilico è dovuta ai dettagli del
resto della struttura. Le differenze di colore rendono sicuro
Holmes circa l’uso dell’oppio da parte della contessa e del
conseguente bisogno di soldi da parte di suo marito, nonostante i dubbi di Watson:
qualche ricerca in merito. Contiene una sostanza volatile.»
Il creatore del nostro personaggio, Conan Doyle era un
medico ed è probabile che la sua preparazione dell’epoca integrasse conoscenze che oggi farebbero bella figura
nel bagaglio culturale di uno scienziato biomolecolare. Da
quel punto in poi sfortunatamente, con il successo stesso
di ogni singola disciplina nel Novecento, tali campi sono
diventati così vasti che la naturale conseguenza non poteva che essere la parcellizzazione dei saperi di oggi. Scoprire invece in questo, piccolo ma grande, personaggio
come Sherlock Holmes in occasione di questa traduzione,
un’immunità a tale “specializzazione” ed una completezza
dei suoi saperi è stato particolarmente piacevole. Non solo
mi ha fatto rivalutare la grandezza del personaggio ma anche alcune sue citazioni magari apprezzate negli anni delle prime letture giovanili e poi dimenticate, che hanno acquisito nuovo spessore alla luce di tali approfondimenti. E’
proprio il caso della citazione che apre il libro “You see,
but you do not observe. The distinction is clear.” dal famoso racconto Uno scandalo in Boemia di Conan Doyle.
«Ma Holmes, i salicilati sono medicinali che stanno prendendo piede
sia per il mal di testa che per altri dolori. Non può essere che la
RINGRAZIAMENTI
contessa si curi con una di queste innocenti sostanze?»
«Ben detto! Watson,» egli replicò. «Comunque,» aggiunse Holmes
mantenendo le due provette davanti al mio viso, «il colore rosso
brillante dato nel test dall’acido meconico e quello violetto dovuto
all’acido salicilico si distinguono molto facilmente. Inoltre sappiamo
che la contessa non ha malattie particolari che possano interferire con
le nostre deduzioni. No Watson, il test del cloruro ferrico è affidabile
Sono particolarmente grato ai prof. Waddell e Rybolt per
la loro simpatia nell’apprendere della traduzione in lingua
italiana dei loro quindici racconti. Inoltre ringrazio il Dr.
Norbert J. Pienta attuale Editor del Journal of Chemical Education e il Dr. Jon Holmes, Division of Chemical Education
of the American Chemical Society.
per determinare l’uso dell’oppio.»
BIBLIOGRAFIA
Diverse sono le occasioni in cui si citano prodotti dalle
piante come il caso della Saponaria officinalis, le cui radici
contengono grandi quantità di saponine. Gli usi antichi di
questa pianta si riducono all’utilizzo per vie esterne come
detergente ma i suoi componenti hanno anche varie attività
terapeutiche e svariate tossicità se usati per vie interne. Nel
racconto uno dei personaggi è un professore universitario che
sta studiando la struttura di un chetone naturale di interesse
farmaceutico da questa specifica pianta. In un altro si parla
dell’acido benzoico e di alcuni suoi derivati come componenti utili per la verniciatura del violino di Holmes. Questi
composti sono contenuti in una resina che veniva usata a tale
scopo chiamata “sangue di drago” ottenuta da diverse specie
di piante subtropicali tra cui alcune Agavi (Dracaena draco)
ed usata per la verniciatura e rifinitura dei violini all’epoca
in cui sono ambientati i racconti. Lo stesso Holmes racconta
come è riuscito con le sue conoscenze a debellare un’infestazione da acari in casa:
«Ah, sì Watson quei rametti quando sono riscaldati producono un
forte odore, è vero. Come lei sa il nostro appartamento è infestato
da acari. Mentre io potrei essere d’accordo nel condividere il
mio appartamento con questi animaletti, la signora Hudson è
disperata. […] La pianta si chiama Thymus vulgaris ed ho svolto
70
[1] Thomas G. Waddell, Thomas R. Rybolt Le avventure
chimiche di Sherlock Holmes. Traduzione di Antonio Trincone in Chimica è… Cultura, Collana di Storia, Fondamenti e Divulgazione della Chimica, Aracne Editrice, Maggio
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[2] R.P. GRAHAM, Sherlock Holmes: analytical chemist
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pp 443. DOI: 10.1021/ed086p
[4] Santo Di Nuovo Elementare, Watson! Criteri e metodi
per la ricerca e l’investigazione, Città Aperta Edizioni, 2010
[5] S.M. GERBER Chemistry and crime. From Sherlock
Holmes to to-day’s courtroom. ed. American Chemical Society Publication 1983 ISBN-10: 0841207852
[6] D. Solís, N.V. Bovin, A.P. Davis, J.Jiménez-Barbero,
A. Romero, R. Roy, K. Smetana Jr., H.J. Gabius A guide into
glycosciences: How chemistry, biochemistry and biology
cooperate to crack the sugar code Biochimica et Biophysica
Acta 1850 (2015) 186–235.
N. 8 - GIUGNO 2015
RICERCHE
Le ricerche e gli
articoli scientifici sono
sottoposti prima della
pubblicazione alle
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in forma anonima di
almeno due “blind
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COMUNICAZIONE | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
L’edizione 2015 del Premio Nazionale
di Divulgazione Scientifica
dell’Associazione Italiana del Libro
L
’Associazione Italiana del Libro, con il patrocinio del CNR e dell’AIRI-Associazione
Italiana per la Ricerca Industriale, bandisce
l’edizione 2015 del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica (III edizione)
Presidente del Comitato Scientifico: Umberto Guidoni.
Media partner: Almanacco della Scienza e CNR Web Tv.
Le finalità del Premio:
• affermare la centralità della ricerca e dell’informazione
scientifica per il progresso
della società,
• valorizzare il capitale di
conoscenze scientifiche che
l’Italia possiede,
• dare visibilità al talento
di docenti, scienziati, ricercatori e professionisti della
comunicazione e dell’informazione nel campo della divulgazione scientifica,
• ampliare il dialogo del
mondo della ricerca e
dell’Università con la società, contribuendo a creare
una cultura diffusa dell’innovazione e del sapere,
• favorire nei giovani l’interesse per la cultura scientifica.
Possono partecipare al
Premio ricercatori, docenti, giornalisti e autori italiani con
libri e articoli di divulgazione scientifica pubblicati nel 2014
o nel 2015.
La partecipazione è gratuita.
Verranno premiati gli autori di libri a articoli che si sono
meglio contraddistinti per il carattere innovativo degli argomenti affrontati, l’efficacia e la chiarezza dell’esposizione
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e la capacità complessiva di comunicazione al pubblico dei
temi trattati.
Gli interessati possono presentare le proprie opere a concorso entro il 2 agosto 2015. Nel caso di opere scritte da più
autori la presentazione da parte di uno degli autori è sufficiente ad ammettere l’opera al Premio. Per le opere collettive
la presentazione può essere effettuata dal curatore o da uno
dei curatori. Anche gli editori possono presentare le opere
dei propri autori.
Verranno assegnati 9 premi così distribuiti:
- nella Sezione Libri:
• Un premio al 1° classificato in assoluto;
• Un premio al miglior libro in ciascuna delle 5 aree
scientifiche previste;
• Un premio al 1° classificato in assoluto tra gli autori
under 35 anni di età.
- nella Sezione Articoli:
• Un premio al 1° classificato in assoluto;
• Un premio al 1° classificato in assoluto tra gli autori
under 35 anni di età.
La premiazione si svolgerà a Roma giovedì 17
dicembre 2015 nell’Aula
Convegni del CNR.
Il Comitato Scientifico e la Giuria del Premio sono costituiti da esponenti del mondo accademico, della ricerca, della cultura, del giornalismo e della comunicazione, chiamati
dall’Associazione Italiana del Libro ad esprimere, a titolo
gratuito, il loro giudizio sulle opere presentate, in armonia
con le finalità del Premio.
Informazioni: [email protected]
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | SCIENZE CHIMICHE E FARMACEUTICHE
Un approccio di disinfezione aspecifico
che mima il sistema immunitario
dei vertebrati
SERGIO FERRO
Dipartimento di Scienze Chimiche e Farmaceutiche, Università degli Studi di Ferrara
Il sistema di difesa del nostro organismo si basa sostanzialmente sull’attività dei leucociti (neutrofili, macrofagi):
le cellule estranee vengono dapprima fagocitate e poi distrutte grazie all’azione dell’acido ipocloroso (HOCl), un
agente biocida prodotto da un enzima, la mieloperossidasi
(MPO), a partire da perossido d’idrogeno e ioni cloruro, durante la cosiddetta esplosione ossidativa (respiratory burst).
Il ricorso a tecnologie elettrochimiche avanzate consente di
mimare la natura, portando alla sintesi dell’acido ipocloroso, un principio attivo non tossico, non corrosivo e non pericoloso, che può essere utilizzato in numerose applicazioni:
dalla disinfezione dell’acqua potabile, all’eliminazione dei
microorganismi presenti nelle reti idriche, alla disinfezione
di superfici ed ambienti (quest’ultima applicazione richiede
la dispersione del principio attivo mediante nebulizzazione).
Il presente contributo esamina le peculiarità del processo di
disinfezione, ponendo l’accento sull’azione ossidante dell’acido ipocloroso nei confronti dei diversi substrati e fornendo
altresì indicazioni sulle modalità più idonee per la sintesi del
biocida. Tra le varie applicazioni possibili, la protezione della produzione ortofrutticola (con trattamenti pre- e post-raccolta) e la zootecnia costituiscono settori nei quali l’utilizzo
di tecnologie sostenibili è quanto mai desiderabile.
I
microorganismi (dai termini greci mikros, “piccolo”, e organismós, “organismo”) sono organismi
viventi microscopici, a cellula singola o multicellulari. L’esistenza dei microorganismi è stata ipotizzata molti secoli prima della loro effettiva scoperta. Si hanno indicazioni che fanno risalire tali ipotesi addirittura al VI secolo avanti Cristo (Mahavira: 599 AC – 527
AC), ma è stato solo nel 1674, grazie al naturalista olandese
Anthony Philips Van Leeuwenhoek che si è avuto modo di
osservare forme di vita microbiologiche fino a quel momento
mai viste. Van Leeuwenhoek, inventore del primo prototipo
di microscopio, riuscì infatti ad osservare i microbi, ovvero
ciò che lui originariamente chiamò animalcules.
Al fine di sopravvivere in ambienti ostili, molti microorganismi sono in grado di aderire alle superfici, aggregandosi
all’interno di una matrice polimerica idrata da loro stessi prodotta; è prassi riferirsi a tali comunità sessili con il termine
di biofilm. I biofilm costituiscono un ambiente protetto per la
crescita dei microorganismi, e la loro organizzazione e costituzione è tuttora argomento di ricerca. Dal momento che
essi mostrano una resistenza intrinseca agli agenti antimicrobici (o biocidi), essi sono alla base di molte infezioni batteriche persistenti e croniche. La resistenza del biofilm agli
agenti biocidi è in larga parte dovuta all’incapacità dell’agente biocida di penetrare l’intera estensione della matrice
polimerica tridimensionale (Costerton J.W. e altri, 1999).
Il problema può essere facilmente compreso considerando
l’azione di una qualsiasi specie ossidante: in tali casi, infatti,
l’agente antimicrobico viene disattivato ad opera degli strati
più esterni del biofilm (in altre parole, la specie ossidante
si consuma esercitando la propria attività nei confronti degli strati superficiali della matrice tridimensionale), e questa disattivazione è più rapida della velocità di diffusione
dell’agente attraverso le porosità della matrice. Nel novero
di tali ossidanti reattivi è possibile includere praticamente
tutti gli agenti disinfettanti che vengono solitamente aggiun73
SCIENZE CHIMICHE E FARMACEUTICHE | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
ti all’acqua per combattere i patogeni; a titolo di esempio, si
possono nominare il biossido di cloro, l’ipoclorito di sodio,
l’ozono, il perossido di idrogeno, le cloro-ammine. In alcuni
casi, l’impossibilità di distruggere il biofilm è da ascriversi
non solo alla sopra citata scarsa capacità di penetrazione, ma
anche ad interazioni elettrostatiche sfavorevoli, che rendono
l’avvicinamento e la successiva diffusione del reagente ancora meno efficaci.
Per discutere dell’efficacia di un agente ossidante contro
un biofilm, consideriamo la composizione media di una tale
matrice polimerica. E’ innanzitutto opportuno sottolineare
che non è né facile né rappresentativo fare riferimento a biofilm specifici: esse, infatti, sono matrici largamente mutevoli,
la cui composizione dipende non solo dal tipo di microorganismi, ma anche dalle “condizioni ambientali” in cui un dato
microrganismo cresce. Come discusso da Sutherland (Sutherland I.W., 2001), il biofilm è composto principalmente
da acqua (la percentuale in termini ponderali può arrivare al
97%), mentre la frazione rimanente comprende cellule microbiche (2-5%), polisaccaridi (1-2%), proteine ed acidi nucleici derivanti da cellule lisate (<1-2%). Per distruggere un
biofilm è necessario demolirne la struttura tridimensionale, e
tale risultato può essere ovviamente ottenuto eliminando alcuni o tutti i componenti costitutivi. Maggiore è il numero di
specie chimiche su cui un dato agente biocida risulta efficace, maggiore è la probabilità di eliminare la comunità sessile.
La maggior parte degli agenti ossidanti precedentemente
citati è solo teoricamente in grado di garantire il risultato desiderato. Come anticipato, alcune specie chimiche vengono
respinte a causa di interazioni elettrostatiche repulsive. E’
questo il caso di agenti che presentano una carica negativa,
come l’anione ipoclorito. Dal momento che pure la membrana cellulare è caratterizzata da una carica netta negativa,
dovuta alla presenza dei cosiddetti gruppi ionogenici, che
risultano dissociati ai valori di pH e di forza ionica delle tipiche condizioni fisiologiche (Sherbet G.V. e altri, 1972), un
agente ossidante carico negativamente è semplicemente non
in grado di entrare in contatto con il suo bersaglio.
Altri agenti ossidanti possono non essere dotati di carica
elettrica (nelle condizioni normalmente considerate, cioè a
pH prossimi alla neutralità), ma la loro efficacia può rimanere ancora scarsa a causa di una lenta reattività. E’ questo il
caso del perossido d’idrogeno e delle cloro-ammine. Facendo esplicito riferimento al trattamento di acque destinate al
consumo umano, un ulteriore aspetto importante è legato al
fatto che l’agente biocida deve garantire un’attività residua,
il che significa che deve essere non solo efficace ma anche
relativamente stabile e persistente nel tempo. Quest’ultima
richiesta ridimensiona ulteriormente l’elenco degli agenti
ossidanti idonei, depennando l’ozono ed il possibile ricorso
alle radiazioni UV.
Sulla base delle considerazioni di cui sopra, è possibile
intuire le ragioni per cui la maggior parte dei trattamenti di
disinfezione dell’acqua potabile si è spostata verso l’utilizzo
del biossido di cloro. Tale specie chimica mostra una notevole efficacia contro vari microrganismi, nonché contro il
74
biofilm: infatti, grazie al suo elevato potere ossidante, è in
grado di interagire con i diversi componenti della matrice
polimerica. Sfortunatamente, il potere ossidante può esercitarsi anche contro i materiali che costituiscono l’impianto
idrico (tubi, valvole, serbatoi, caldaie) determinando così
problemi di corrosione indesiderati. Inoltre, poiché la sintesi
dell’agente disinfettante viene effettuata miscelando idonei
prodotti chimici (generalmente si tratta di clorito di sodio ed
acido cloridrico, oppure sodio bisolfato), il prodotto di reazione risulta inevitabilmente “contaminato” dai materiali di
partenza (ed i cloriti, benché ancora non normati, non sono
desiderati nell’acqua potabile).
Un approccio di disinfezione relativamente nuovo è rappresentato dalle cosiddette soluzioni elettrochimicamente attivate (SEA): l’elettrolisi di soluzioni saline diluite conduce
alla sintesi di ossidanti (clorurati o meno) che, per la loro
elevata reattività / scarsa stabilità, presentano azione sterilizzante inusuale su cui è possibile contare in una notevole varietà di situazioni (Thorn R.M.S. e altri, 2012). Grazie all’assenza di residui e dell’impossibilità nell’indurre resistenza o
fenomeni di assuefazione, queste soluzioni (note anche con
il nome “acqua elettrolizzata”) hanno recentemente trovato
applicazione nella sanificazione negli ospedali, in zootecnia
e nella decontaminazione di effluenti acquosi. Come brevemente discusso nella recente rassegna di Thorn e collaboratori (Thorn R.M.S. e altri, 2012), le soluzioni elettrochimicamente attivate possono essere ottenute con approcci
differenti. Le ricerche sono iniziate in Russia nei primi anni
‘70, grazie ai lavori dell’accademico Vitold Bakhir (Bakhir
V.M., 1985; Prilutsky V.I. e Bakhir V.M., 1997) che ha ideato un modulo elettrochimico a flusso, basato su elettrodi
concentrici separati da una membrana in materiale ceramico
(Bakhir V.M. e altri, 1995). La presenza di un separatore tra
i compartimenti elettrodici è necessaria quando si vogliono
produrre un anolita (soluzione ossidante, generalmente acida) ed un catolita (soluzione riducente, alcalina). Inoltre, un
anolita neutro può essere prodotto regolando opportunamente la miscelazione idraulica dei due liquidi citati. In presenza
di cloruri, all’anodo del reattore elettrochimico vengono sintetizzati ossigeno (O2) e cloro (Cl2), entrambi in forma gassosa. Una volta formatisi, i due gas seguono strade differenti:
mentre l’ossigeno si allontana dall’ambiente di reazione, il
cloro è in grado di sciogliersi in acqua, producendo così una
soluzione di cloro libero (o attivo).
Il pH della soluzione determina quali forme del cloro saranno presenti (acido ipocloroso, HOCl, anione ipoclorito,
ClO-, o addirittura cloro gassoso disciolto, Cl2), e rappresenta il fattore chiave per spiegare l’efficacia battericida
dell’anolita (Len S.V. e altri, 2000; Abadias M. e altri, 2008;
Xiong K. e altri, 2010). L’acido ipocloroso è caratterizzato
da un’attività citotossica particolarmente elevata (Hampton
M.B. e altri, 1998; Klebanoff S.J., 1999; Winterbourn C.C.,
2002) ed in effetti è anche l’agente sintetizzato dai neutrofili
(la tipologia più abbondante di globuli bianchi presente nei
mammiferi; essi formano una parte essenziale del sistema
immunitario dei vertebrati) per uccidere batteri ed altri agen-
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | SCIENZE CHIMICHE E FARMACEUTICHE
Figura 1.Rappresentazione schematica del reattore elettrochimico con quattro camere (Bohnstedt R. e altri, 2009).
ti patogeni. Sfortunatamente, a differenza delle altre forme
del cosiddetto cloro attivo (ovvero, l’ipoclorito ed il cloro
gassoso), la molecola HOCl è piuttosto instabile, e non può
essere conservata per lunghi periodi ed utilizzata al bisogno.
Per produrlo, è possibile ricorrere a tre diverse modalità di
sintesi (Wang L. e altri, 2007): l’idrolisi del cloro gassoso,
l’elettrolisi di soluzioni contenenti cloruri, e l’acidificazione di soluzioni di ipoclorito. Il primo ed il terzo dei metodi
citati presentano inconvenienti e pericoli, principalmente
connessi con l’uso o l’eventuale rilascio di cloro gassoso.
Di conseguenza, il percorso sintetico più semplice e sicuro è
rappresentato dalla via elettrochimica, tramite l’elettrolisi di
soluzioni diluite di acqua e sale (salamoie).
Un’analisi critica dei sistemi disponibili sul mercato mostra che soltanto un numero limitato di apparecchiature consente la sintesi di una soluzione biocida in condizioni ben
controllate e riproducibili, e la disponibilità di dispositivi
utili risulta ulteriormente ridotta quando si introduce il vincolo della sintesi di un prodotto avente un pH prossimo alla
neutralità. Quest’ultimo requisito è importante non solo per
le ragioni sopra evidenziate (Len S.V. e altri, 2000; Abadias
M. e altri, 2008; Xiong K. e altri, 2010), ma anche perché
un pH neutro è garanzia di maggiore sicurezza tanto per l’utente quanto per le applicazioni a cui il prodotto è destinato
(ad esempio, attraverso una minimizzazione dei problemi di
corrosione).
Per soddisfare tali requisiti, una società italiana (Ecas
s.r.l.) ha recentemente brevettato una tecnologia che si basa
su un reattore a quattro camere (Bohnstedt R. e altri, 2009),
come schematicamente riportato in Figura 1. Esaminando la
domanda di brevetto, si comprende che la soluzione in ingresso (avente in genere portate comprese tra 40 e 160L/h, a
seconda delle dimensioni del reattore elettrochimico) viene
inizialmente ripartita tra due compartimenti catodici, ed è
quindi sottoposta ad un solo trattamento catodico. Successivamente, la soluzione viene fatta passare attraverso due trattamenti anodici in serie, che portano alla sintesi del prodotto
con le caratteristiche desiderate. Un elemento importante
della tecnologia è rappresentato dall’attenzione che è stata
dedicata alla scelta dei materiali elettrodici: infatti, alla luce
del D.M. 174/2004, taluni materiali non possono essere utilizzati nel trattamento di acque destinate al consumo umano.
Con una successiva domanda di brevetto (Quadrelli S. e
Ferro S., 2010), la tecnologia è stata ulteriormente migliorata, mutuando i principi dello zero-gap (vale a dire, sistemando gli elettrodi a diretto contatto con la membrana di
separazione) dalle tecnologie industriali delle celle a combustibile e del cloro-soda (vedasi ad esempio Lee J.S. e altri,
2006). Tale miglioria costruttiva consente non solo di ridurre
la salinità della salamoia diluita (con vantaggi in termini di
stabilità dell’anolita e minimizzazione della concentrazione
dei prodotti chimici non attivi), ma anche di ridurre il riscaldamento dovuto alla caduta ohmica, cioè alla dissipazione di
energia causata dalla presenza di mezzi con resistenza elettrica non trascurabile. In generale, il calore è deleterio tanto da
un punto di vista chimico, quanto relativamente alla stabilità
degli elettrodi e della membrana.
Tornando all’efficacia delle soluzioni elettrochimicamente attivate (che può ora essere più esplicitamente attribuita
all’efficacia dell’acido ipocloroso), la già citata rassegna
di Thorn e collaboratori (Thorn R.M.S. e altri, 2012) riporta evidenze di efficacia contro un impressionante elenco di
agenti patogeni. In termini generali, si può dunque affermare
che l’acido ipocloroso è un agente biocida aspecifico, potenzialmente in grado di reagire con qualsivoglia substrato
organico.
Con riferimento ai componenti costitutivi del biofilm, le
proteine sono substrati abbastanza facilmente ossidabili (tanto i gruppi funzionali ammino, -NH2, e tiolo, -SH, quanto i
legami peptidici, -C(=O)-NH-, sono particolarmente sensibili all’ossidazione); anche gli acidi nucleici provenienti da
cellule lisate (cioè DNA ed RNA) presentano analoghi siti
ossidabili. Tra i costituenti del biofilm, quello che potrebbe
sembrare meno incline all’ossidazione è indubbiamente rappresentato dalla famiglia dei polisaccaridi; tuttavia, la letteratura scientifica riporta evidenze sperimentali a supporto del
fatto che il cloro attivo (sotto forma di acido ipocloroso) è in
grado di condurre ad una mineralizzazione completa delle
molecole zuccherine (vale a dire, esse vengono convertite in
anidride carbonica ed acqua). Per contro, l’ipoclorito di sodio consente soltanto di addivenire ad una conversione (ossidazione parziale) dei substrati iniziali (Bonfatti F. e altri,
2000).
In sintesi, la reattività dell’acido ipocloroso rappresenta il
principio di base di un moderno approccio di disinfezione,
che altro non è che un modo per imitare la natura. Dato che
il sistema immunitario dei vertebrati si è sviluppato attraverso migliaia di anni, si può ritenere che tale agente attivo,
insieme ad altre specie complesse, sia stato accuratamente
selezionato per la lotta contro gli agenti patogeni. Si hanno
prove che HOCl agisce anche come una molecola di segnalazione, attivando le difese endogene delle piante (Zarattini M.
e altri, 2015), ed è altresì plausibile che esistano somiglianze
con il perossido d’idrogeno (che, tra l’altro, è isoelettronico
a HOCl), per il quale è stato dimostrato un ruolo di segnalazione singolare nei confronti dei leucociti attivati a seguito di
75
SCIENZE CHIMICHE E FARMACEUTICHE | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
una ferita (Niethammer P. e altri, 2009).
Grazie all’efficienza del processo di elettrosintesi, alla
mancanza di tossicità e bioaccumulo, le soluzioni elettrochimicamente attivate rappresentano una valida ed ecologica alternativa a molti dei prodotti chimici generalmente utilizzati
nella disinfezione (per le acque, gli ambienti e le superfici).
E’ altresì ormai comprovata la loro utilità anche in agricoltura: in tale ambito, l’uso delle soluzioni elettrochimicamente
attivate consente di ridurre il ricorso ai pesticidi, portando a
miglioramenti qualitativi significativi e ad una parallela diminuzione dell’impatto ambientale. Analoghe evidenze sono
state infine ottenute in zootecnia, dove l’uso di SEA consente non solo di migliorare la salubrità degli ambienti (allevamenti), con riduzione nell’uso di farmaci (es. antibiotici), ma
anche di ridurre in maniera significativa il tasso di mortalità,
accrescendo la resa di conversione del cibo fornito agli animali (ciò è primariamente ascrivibile alle migliori condizioni
igieniche, che comportano minori problemi di dissenteria e
stress, con ovvie ripercussioni sull’aumento in peso dell’animale).
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SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | MEDICINA
Antidepressivi in gravidanza e rischio
di malformazioni: quali evidenze dalla
ricerca clinica?
CESARIO BELLANTUONO
Specialista in psichiatria e psicofarmacologia clinica
I disturbi depressivi e ansiosi interessano il 10% -15%
delle donne in gravidanza. Gli SSRI rappresentano oggi gli
antidepressivi più prescritti nelle donne che presentano gravi disturbi depressivi e/o ansiosi nel corso della gestazione.
Studi recenti e meta-analisi hanno documentato che questi
farmaci, quando impiegati nel primo trimestre di gravidanza, presentano un rischio di indurre malformazioni maggiori
sostanzialmente sovrapponibile al rischio dei neonati non
esposti a tali antidepressivi. Sebbene in alcune ricerche sia
stato riportato un rischio relativo di malformazioni cardiache
lievemente superiore a quello di neonati non esposti a SSRI,
il rischio assoluto di tali malformazioni risulta comunque
basso (meno del 2%). Nella prescrizione degli antidepressivi
lo specialista deve valutare attentamente i rischi potenziali
del trattamento farmacologico e i rischi altrettanto importanti
di un disturbo affettivo non trattato o trattato in modo inadeguato.
U
na serie di studi epidemiologici condotti
in diversi Paesi indica una prevalenza dei
disturbi depressivi e d’ansia che interessa
dal 10% al 15% delle donne in gravidanza; l’esordio della sintomatologia ansiosa
e/o depressiva, spesso coesistente, è più frequente nei primi
2-3 mesi di gestazione. Questi dati sono stati confermati di
recente in una ricerca condotta in quattro città italiane (Bari,
Ancona, Verona e Udine) su 1600 donne al terzo mese di
gestazione. In particolare, la suddetta ricerca ha evidenziato
che circa il 12% delle donne intervistate era affetta da disturbi depressivi e ansiosi di notevole rilevanza clinica (Balestrieri et al. 2013)
Gli SSRI (Selective Serotonine Reuptake Inhibitors), che
agiscono aumentando la disponibilità della serotonina a livello del sistema nervoso centrale, favorendo la “neurogenesi” (cioè la rigenerazione neuronale), rappresentano oggi
la classe di antidepressivi (AD) più utilizzata, anche in gravidanza e puerperio, nella terapia dei gravi disturbi depres-
sivi (depressione maggiore ricorrente) e ansiosi (disturbo da
panico, disturbo ossessivo-compulsivo, ansia generalizzata),
(Bellantuono, 2013). Questi dati epidemiologici spiegano
perché nell’ultimo decennio si sia sviluppato un crescente
interesse da parte della comunità scientifica internazionale
nel campo della “psichiatria e psicofarmacoterapia perinatale ” (Freeman 2014).
Ricerche di drug-utilization condotte prevalentemente
in Europa (Paesi Scandinavi e Inghilterra) e Nord America
(USA e Canada) documentano che circa il 10% delle donne assume AD, in particolare SSRI, al momento del concepimento. E’ stata anche riportata una spiccata tendenza
all’interruzione della terapia nel primo trimestre (50-75%
dei casi), nonostante sia noto che l’interruzione o anche la
semplice riduzione della terapia antidepressiva comportino
un rischio di riacutizzazione del disturbo affettivo nei primi
tre mesi di gestazione (Cohen et al 2006; Jimenez-Solem et
al., 2013). Questa strategia, che avrebbe lo scopo di evitare
un’esposizione fetale a farmaci ritenuti a rischio, sottovaluta,
invece, i rischi che i disturbi affettivi non trattati o trattati
inadeguatamente, possono comportare per la madre, lo sviluppo del feto, il neonato e il decorso stesso della gestazione.
Una donna affetta da disturbi ansiosi e/o depressivi in corso
di gravidanza può, infatti, non aderire correttamente ai controlli medici previsti in questo periodo, alimentarsi in modo
inadeguato, non riposare adeguatamente, fare uso di alcolici,
sigarette, talora sostanze di abuso e nei casi più gravi (es.
depressione con sintomi psicotici) manifestare idee o comportamenti autolesivi (rischio di suicidio).
Una condizione di grave ansia e depressione, inoltre, potrebbe determinare una serie di complicanze gestazionali
(aborto spontaneo, parto pretermine, distacco della placenta, emorragie intrauterine, ecc.), oltre che neonatali (basso
peso alla nascita, alterazioni dell’indice di Apgar, disturbi
respiratori, elevati livelli di cortisolemia, ecc.) (Tabella 1).
(Grigoriadis et al., 2013a).
Ricerche sui rischi di disturbi ansiosi e/o depressivi non
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MEDICINA | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
Tabella 1. Rischi associati a depressione materna non trattata in gravidanza.
Rischi per la madre e la gestazione
Suicidio materno o altri comportamenti autolesivi
Alimentazione inadeguata, uso di alcolici, sostanze di abuso, altri farmaci, fumo
Non aderenza ai programmi di controllo in gravidanza
Emorragie intrauterine
Distacco della placenta
Parto prematuro
Aborto spontaneo
Rischi per il neonato
Basso peso alla nascita
Basso punteggio di Apgar
Elevati livelli di cortisolemia
Maggior probabilità di ammissione di neonati in unità di terapia intensiva
Rischi per la diade madre-bambino
Mantenimento del quadro depressivo materno, con carenza qualitativa e quantitativa nelle cure e compromissione del
processo di attaccamento madre- bambino
Depressione postpartum
Ritardo nella crescita neonatale e nel processo di sviluppo neuromotorio
Incremento del rischio di anomalie comportamentali e/o di definiti disturbi psichici
Infanticidio
Possibili disturbi comportamentali e/o psichici nell’adolescenza
trattati indicano inoltre che i nati da madri depresse e/o ansiose durante la gravidanza hanno una maggiore probabilità
di sviluppare nell’adolescenza disturbi dell’umore e d’ansia
(Davalos et al. 2012 ).
Le informazioni acquisite sui rischi del non trattamento di
una grave condizione psicopatologica devono far riflettere
sull’opportunità di riconoscere e trattare questi disturbi con
tempestività e strategie terapeutiche adeguate che prevedano,
nei casi più gravi, anche un trattamento psicofarmacologico. Uno stato depressivo, anche se di modica gravità, non
trattato in gravidanza, rappresenta un accertato fattore di rischio per l’insorgenza di una depressione postpartum; circa
il 40% di queste depressioni sono, di fatto, state precedute da
sintomi o stati depressivi durante la gravidanza (depressioni
antepartum) (Galbally et al. 2014)
Quali sono le evidenze scientifiche che la ricerca ha acquisito sulla sicurezza degli AD in gravidanza, in particolare
nelle donne che li assumono nei primi tre mesi?
Oggi sappiamo che i danni strutturali provocati durante
l’organogenesi (teratogenesi strutturale) dall’assunzione,
durante il primo trimestre di gravidanza, di un farmaco potenzialmente tossico per lo sviluppo del feto sono rappresentati prevalentemente dalle “malformazioni congenite maggiori”. Quelle maggiormente riportate in seguito ad esposizione a farmaci (inclusi alcuni psicofarmaci) riguardano il
cuore, il sistema nervoso centrale, l’apparato scheletrico, le
labbra e il palato. Bisogna, tuttavia, ricordare a questo proposito che il rischio di una malformazione congenita è presente
anche nelle donne gravide in buona salute, che aderiscono
correttamente alle indicazioni del loro ginecologo e che non
sono state esposte a farmaci, sostanze, alimenti o inquinanti
ambientali considerati nocivi per lo sviluppo del feto.
La prevalenza delle malformazioni congenite maggiori
nella popolazione generale non è un dato facilmente quantificabile poiché può variare secondo la metodologia di raccolta dati, i paesi dove sono state condotte le indagini e gli
anni in cui è avvenuta la raccolta delle informazioni Secondo stime provenienti da studi effettuati a livello europeo e
nordamericano la prevalenza delle malformazioni nella popolazione generale varia tra il 2% ed il 4%, sebbene in alcune
casistiche sia risultata più elevata (6%-8%) ed in altre più
78
bassa (1%-3%) (Galbally et al. 2014).
Questo dato è indicativo del fatto che le malformazioni
maggiori possono essere causate non solo da farmaci a rischio assunti nei primi tre mesi ma anche da altri fattori,
spesso tra loro concomitanti. Si ritiene, infatti, che nel 60%
circa dei casi l’origine di una malformazione sia sconosciuta,
nel 25%-30% sia d’origine genetica (anomalie cromosomiche, ecc.), nel 2%-10% indotta da infezioni virali. Un effetto
tossico per lo sviluppo dell’embrione è stato dimostrato per
l’alcool e per alcuni farmaci come carbamazepina, derivati cumarinici, fenobarbitale, fenitoina, retinoidi (precursori
della Vitamina A), sodio valproato, citostatici e sostanze d’abuso come la cocaina; anche le radiazioni ionizzanti (radioterapia) sono considerate embriotossiche.
Anche il fumo di sigaretta, spesso erroneamente utilizzato
in gravidanza per alleviare gli stati d’ansia e di tensione, è
considerato un accertato fattore di rischio per un fisiologico
sviluppo del feto; neonati di madri “fumatrici” spesso presentano un basso peso alla nascita, alterazioni dell’indice di
Apgar e disturbi respiratori.
I dati più affidabili sui rischi di malformazioni conseguenti
a specifici trattamenti farmacologici sono, attualmente, quelli che derivano da studi longitudinali prospettici e caso-controllo, ma anche da revisioni sistematiche della letteratura e
da studi metanalitici.
Per quanto riguarda in maniera specifica l’esposizione
neonatale a SSRI nei primi tre mesi, il rischio di provocare una malformazione congenita nelle gravide esposte a tali
farmaci è risultato nella maggior parte degli studi nell’ambito del rischio (2% - 4%) di una donna gravida non esposta. Tuttavia, in alcuni studi è stato riportato nelle pazienti
trattate con SSRI un rischio relativo (RR) di malformazioni
cardiache lievemente superiore a quello di gravide non esposte; secondo questi studi il rischio assoluto (RA) di indurre
una malformazione cardiaca interesserebbe circa 1.5% dei
neonati esposti in utero. Alcuni esempi possono essere utili
per valutare il peso e la rilevanza clinico-epidemiologica dei
dati oggi disponibili sul rischio di malformazioni in neonati
esposti ad SSRI.
In una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine è stato riportato che l’esposizione alla sertralina (far-
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | MEDICINA
maco appartenente alla classe degli SSRI) nel primo trimestre di gravidanza presentava un RR di indurre atresia anale
circa 4 volte maggiore rispetto all’incidenza della stessa malformazione nelle donne esposte ad altri AD.
Tenendo conto che nella popolazione generale l’atresia
anale è una malformazione congenita molto rara, poiché colpisce cinque neonati su 10.000 (0,06%), il RA di tale malformazione in un neonato esposto a questo AD sarebbe 0,2%,
(Luik et al. nel 2007).
Un’altra ricerca pubblicata sul British Medical Journal
(Petersen et al. 2009) ha riportato un RR di anomalia del
setto cardiaco in neonati esposti a SSRI (come classe) quasi doppio (RR=1,9) rispetto ai non esposti. In questo caso,
poiché nella popolazione generale questa anomalia cardiaca
colpisce circa lo 0,5% dei neonati, il RA sarebbe dell’1%.
Una recente meta-analisi, eseguita su 12 studi clinici, non
ha evidenziato un significativo aumento del RR di malformazioni in generale nei neonati esposti in utero ad SSRI. Nella
stessa ricerca si evidenziava, tuttavia, un lieve incremento
del RR solo per le malformazioni cardiache (RR 1,4); considerando che il tasso di malformazioni cardiache nei neonati non esposti è di 10/1000, il RA sarebbe di 13 neonati su
1000, (Grigoriadis et al. 2013b). Le indicazioni che provengono dalle recenti line-guida internazionali (ACOG 2008;
SIGN 2012) e dalle revisioni della letteratura, tendono ad
escludere per questa classe di AD un rischio di teratogenesi
strutturale e suggeriscono pertanto la compatibilità di un trattamento con SSRI anche in corso di gravidanza, ovviamente
nelle donne affette da gravi disturbi depressivi e/o ansiosi
(Huybrechts et al. 2014; Ray & Stowe 2014).
In conclusione si può affermare, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, che gli SSRI maggiormente prescritti
(fluoxetina, sertralina, citalopram, sertralina, escitalopram)
possono essere utilizzati da donne in gravidanza anche nel
primo trimestre se la situazione psicopatologica lo richiede e
se non esistono, ovviamente, alternative di provata efficacia
terapeutica.
Al momento le informazioni cliniche sulla sicurezza degli
SSRI in gravidanza non consentono di indicare all’interno
della classe un farmaco più sicuro di altri; di conseguenza
nella pratica clinica la scelta dell’AD dovrà essere presa valutando la condizione clinica della donna, la sua storia psichiatrica e la risposta a precedenti trattamenti. La terapia antidepressiva dovrebbe essere prescritta da specialisti esperti,
impostando trattamenti personalizzati e condividendo sempre, attraverso una informazione corretta, la strategia terapeutica proposta. E’ inoltre necessario fornire alla gestante
informazioni scientifiche aggiornate sui rischi-benefici del
trattamento farmacologico nelle diverse fasi della gravidanza
e sui quelli, altrettanto importanti, che potrebbe comportare
il non trattamento di una grave condizione psicopatologica
(Bellantuono et al. 2014).
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79
AMBIENTE | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
Ethical Implications and Theories of
Discount Rate in Climate Change Issues
ANDREA CANDELA
Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate, Università degli Studi dell’Insubria
The paper focuses the analysis on some ethical and socio-economic issues which have been involving climate
change debates over the last years. Considering the fiasco of
international negotiations and publication of the Intergovernmental Panel on Climate Change Fifth Assessment Report (IPCC 2013–2014), interesting suggestions might issue
from bioeconomic interpretative models and contemporary
studies on commons. On the basis of
recent epistemolgical researches on the
notion of ‘agnotology’, the study takes
into account some points of discussions
coming from Nicholas Stern and Elinor
Ostrom’s works, and other scholars as
well, in order to argue those critical positions that emphasise the high costs of
climate change mitigation.
E
ed the idea of ‘sustainable development’ in order to support a
new global economic growth, and the Earth Summit, held in
Rio de Janeiro (1992), responsible for approval of the Agenda 21. They contributed to emergence of an international
‘green’ responsibility. However, considering the history of
economics, we can notice that different issues of contemporary scientific debates, such as the limits of economic growth
INTRODUCTION
nvironmental
issues,
caused by some impacts
of human development,
are among most relevant
topics of public discussions, both societal and ethical, since the
early Seventies, when a new political awareness of environmental pollution led to coordinate the First World Conference on the Environment (Stockholm, June 1972), and the
United Nations Environment Programme (UNEP) was established. The latter was addressed to monitor environmental
conditions of the Earth and to create an international public
perception on environmental concerns (Kamieniecki 1993;
Bevilacqua 2006, 150).
The United Nations Conference on the Human Environment was followed by two important ‘landmarks’, at least:
the Report of the Brundtland Commission (World Commission on Environment and Development 1987), that suggest80
(Meadows et al. 1972) and environmental impacts of capitalism or uncontrolled industrialization, had already been
examined by some economic theories over the second half
of the 19th century. They were mainly discussed by so-called
marginalist theorists (Karl Menger, William Stanley Jevons,
Léon Walras) (Jevons 1865; Menger 1871; Walras 1874;
Roncaglia 2003, 296–326 ).
Today several studies, which are often led on interdisciplinary basis, focus on socio-economic consequences and
ethical problems that could derive from different political
strategies in order to deal with environmental problems and,
more specifically, climate change. They also pay serious at-
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | AMBIENTE
tention to costs and uncertainties of mitigation policies (see,
e.g., Broome 1992; Brekke and Johansson-Stenman 2008;
Grasso 2010; Gardiner et al. 2010; Pellegrino 2012).
This paper will try to analyse some of these ethical and
socio-economic implications. Indeed, considering the fiasco
of international negotiations and recent publication of the
Intergovernmental Panel on Climate Change Fifth Assessment Report (IPCC 2013–2014), some interesting suggestions may issue from bioeconomic interpretative models and
contemporary studies on commons. They could be useful in
order to review those critical positions that emphasise the
high costs of mitigation. Leaving aside the European guidelines of the 20–20–20 targets, a worldwide agreement is still
lacking, indeed.
ETHICS, DISCOUNT RATES AND CLIMATE CHANGE
The increasing complexity of present global problems such
as energy, biotechnology, nanotechnology, climate change,
environmental pollution and so on, has sometimes provoked
rather vast and heterogeneous discussions and analysis regarding the recurrent and ever more frequent cases of socalled ‘techno-ignorance’: what science and technology do
not and cannot know, about the effects of their own actions,
past, present and future, due to the vast number of physical
variables and cultural factors involved. The anthropic activity, based on positive or negative feedback mechanisms, has
become a preponderant and unpredictable agent of natural
change. As complex problems grow, so do the blind spots
and areas of ‘techno-ignorance’ (Gallino 2007, 8).
Robert N. Proctor has coined the neologism ‘agnotology’
to define the culturally induced ignorance or doubt (Proctor
and Schiebinger 2008, 1–36). This new term can also be used
to emphasise the spreading of a peculiar epistemological ‘status’ in contemporary sciences, where greater knowledge of
complex systems leaves more uncertainty (Smithson 1985).
Surely some uncertainties arising from ‘knowledge deficit’
can be reduced by an increase of scientific knowledge over
time. But, we cannot ignore that this reduction is generally
expensive, it takes long time, and it is never complete (Ostrom 1990; Ostrom et al. 1994).
In reference to predictive difficulties of contemporary
scientific knowledge, which is symptomatic of some new
global and societal situations, we can also recall the appealing expression of ‘republic of choice’ by Lawrence Friedman (Friedman 1990). The sudden socio-cultural change,
triggered by the growing massification and complexity of
technological systems, has brought on a wide variety of public and private choices with regard to contingent situations,
which are no longer dependent on ‘chance’ or ‘necessity’
(Monod 1970), but on ‘limits’ and ‘possibilities’ (Ceruti 1994). The gradual diffusion of biological interpretative
models in social and scientific analysis is, in fact, a direct
consequence of the current complexity. We can say, quite
simply, that the object of research is no longer treated as a
collection of single elements which are subjected to mecha-
nistic laws of combination, but rather as a living individual,
a biologic and organic entity within a context, a part of historical, evolutionary and formative processes, with a highly
unpredictable risk factor (Bates 1961; Ingold 1998).
Our considerations on some socio-economic and ethical
issues involved in climate change debates can be based on
these preliminary observations.
At present, the climate is undeniably going through a phase
of important instability, though it is not possible to foresee
its duration or evolution in the long term. It is difficult to
extrapolate a consistent forecast from the calculations and
estimates in our possession, in reference to a historical period that is changing rapidly (Mann and Jones 2003). Predictions and possible future scenarios are prospected with the
conviction of what is likely. Certainly, we shouldn’t ignore
that climate sciences are a relatively young field of scientific
investigation. However, the last IPCC report (Fifth Assessment Report, 2013–2014) confirms the previous hypothesis
of the Fourth Assessment Report (AR4, 2007), and demonstrates more persuasion with regards to effective potential of
anthropic impact: «This evidence for human influence has
grown since AR4. It is extremely likely that human influence
has been the dominant cause of the observed warming since
the mid-20th century.» (IPCC 2013–2014, 15).
Nonetheless, as some studies have already explained
(Proctor and Schiebinger 2008; Oreskes and Conway 2010;
Candela 2010), it is certainly clear how, even after anthropogenic global warming has been recognised, it is necessary to
proceed within an area, confused and undefined, previously
referred to as ‘techno-ignorance’, especially when we try to
consider the process of all social and political negotiations,
which could be undertaken in order to decrease greenhouse
gas emissions. A threshold of uncertainty, due to a large
number of natural, but also social and cultural variables,
is always present, even though negotiators have increased
their scientific awareness (Ostrom 1990). Different courses
of social and political actions might be undertaken in a condition of partial ignorance, without a full knowledge of possible consequences. So issues concerning the collection of
socio-economic conducts, which should be addressed with
regards to the climate change phenomenon, fall into the heuristic circle of politics and, surely, ethics. For instance: what
are the possible effects of global economic and industrial
development on the condition of the Earth system’s dynamic balance over time? What implications could there be for
individual and collective ways of life?
Regardless of ethical parameters that support responses,
a conflict of interest between different social actors could
emerge, as it really happened. Indeed, the reduction of greenhouse gas emissions entails costs that may affect the wellbeing today, weighing – heavily, according to certain estimates
– on the Gross Domestic Product of developed countries.
The consistent uncertainties and wavering deliberations
about the cost-benefit ratio resulting from the diminution
of the concentration of greenhouse gases in the atmosphere
(first of all CO2) are, no doubt, some of the reasons of the
81
AMBIENTE | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
fiasco of the Kyoto Protocol. In addition, failure of the following international negotiations emphasises inadequacy of
intervention policies founded solely on the cost-benefit estimate over a short period of time. Such resolutions may turn
out to be more detrimental than beneficial, especially in long
term perspective, despite assumed immediate and short-term
advantages. Furthermore, approving resolutions based on
economic benefit and cost, thus favouring the existence of a
proper market of greenhouse gas emission credits – already
recognised by the Kyoto Protocol in the form of different
negotiation mechanisms (Emission Trading, Clean Development Mechanism and Joint Implementation) – does not
eradicate the problem of the so-called negative externalities
(unquantifiable costs or effects that may affect a third party,
having a positive or negative influence on their quality of
life), especially at the time that cost of carbon emissions may
be relatively low, because fixed by market.
Consequently, action with regards to climate change
should translate into a series of pondered assessments of the
totality of external costs deriving from the impact of technological systems, even though the medium and long term
outlook may sometimes be unknown. Certainly we cannot
ignore the cost-benefit analysis, but it does not offer a thorough solution to the questions – which are mostly ethical
– concerning containment actions for greenhouse gas emissions, that differently affect large-scale political effort. Classical economics, on the other hand, has historically parted
from a truly ethical reflexion. The language of economics
derives primarily from statistics and mathematical analysis,
as in the physical sciences. Including the study of economic
systems in the category of the hypothetic-deductive sciences,
instead of the empirical and descriptive ones, has resulted in
a growing separation from ethical considerations and it has
encouraged a series of idealisations regarding human ontology, that have led to some abstract concepts, for example that
of Homo oeconomicus: representative of a being who is engaged in the elaboration of economic principles, exclusively
with the aim of maximising his own individual wellbeing.
If it were limited to accepting precepts of the classical economic doctrine, the natural world would be structuring itself
around merely competitive conducts – in accordance with
proclamations of the liberalist theory –; on the contrary, empirical observation, through reference to the experience of
risk and the realization of the amount of ‘symbiotic’ or – in
reference to humankind – ‘empathetic’ relationships acting
among different species and communities, shows that cooperation is much more efficient in guaranteeing survival of the
group in certain conditions: in expansive conditions competitive behaviour usually favours success and development of
species; vice versa, in nonexpansive conditions (in balance)
cooperative behaviour generally favours success (Georgescu-Roegen 1977a, 1977b; Gowdy and Mesner 1998). Within
bioeconomics theory, classical economic models are inevitably replaced by a more societal and cultural model, supported
by a less rational and quantifiable approach, where a person’s
social role is determined through interdependent connections
82
regarding use and consumption of available resources. These
actions are not geared exclusively toward personal gain/advantage. In this perspective, the costs of mitigating climate
change might eventually translate into some current deprivations (in terms of wellbeing) which, in accordance with lines
of cooperation and reciprocity, present generations may be
willing to accept and incorporate to their lifestyle.
For example, based on similar observations, the report
written by Nicholas Stern in 2006 (Stern 2007) recognises
the inadequacy of cost-benefit estimates that do not take
ethical considerations into account. The conclusion of his
analysis is that the advantages that may be obtained through
the reduction of greenhouse gases could be widely superior to the costs of mitigation (Hepburn and Stern 2008). Although Stern’s work has provoked harsh criticism and strong
reactions in the scientific community (see, e.g, Mendelsohn
2008; Weyant 2008), it has concretely demonstrated the possibility of an ethical reflection about the existing relationship
between expense and benefit with regards to the anthropic
impact on the climate. Moreover, the Stern’s analysis, and
other economic scenarios which are more ethical, reveal a
skeptical attitude towards the preference that different classical economic theories show for the present time and future
depreciation (Fitoussi and Laurent 2008).
Most climate change scenarios, in the medium term, indicate that global economy will trace a growth trend at-large,
particularly in reference to the economy of emerging nations
(China, India, Brazil, South Africa). This makes it possible
to assign an economic value to future assets (goods and services), that is inferior to its current equivalent. So, future
generations will probably have more assets, on average,
which will lose part of their value: diminishing marginal utility. As a consequence, the later an asset becomes available,
the less it will be worth. The discount rate is used to estimate
the speed with which the ‘preciousness’ of possessions decreases in relation to the time interval. Nevertheless, as John
Broome pointed out (1992, 27–130), according to the normative ethics of prioritarianism, when the benefit – expressed as
an increase in individual wellbeing in terms of costs and profits – is enjoyed by wealthy people, instead of poor people, it
should have an inferior social value. Vice versa, if the same
benefit were to cause an improvement in the quality of life
of the most indigent individuals, its value should increase.
At opposite extreme from utilitarianism, which assigns a fix
value to every single asset, regardless of who receives it and
of social class differences, prioritarianism proposes a distributive theory of value, privileging those who are less well-off
(priority) and applying lower discount rates to assets, in relation to the passing of time. So the discount rate which can be
applied to future resources may differ significantly between
various communities or social actors.
In order to determine the devaluation percentages of services and material goods, it is possible to turn to further
categories of ethical approach. The reductionist orientation
of functionalist and actualistic ethics asserts, for instance,
that the collection of conducts which determine our lifestyle
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | AMBIENTE
today (consumption and production systems, methods of
exchange and disposal, customs, nutritional and sexual behaviour, infrastructural development etc.) should not harm
the individuals around us in any way and must allow them
to live with dignity. Inevitably, this leads to the extreme conclusion that the seriousness of a potential (unnatural) death
decreases as time passes and present generations move on
(actualism). This position, called ‘pure discount’, implies
rather high asset devaluation. On the contrary, the substantialist approach (ontological personalism), which remains
neutral with respect to the passing of time – the entity of the
damage does not change over time –, entails a smaller value
loss.
Moreover, referring to Elinor Ostrom’s works on commons (Ostrom 1990, 1994), we should also consider geographical places and environmental conditions together with
time and social ‘status’. As we have explained above, we
generally assign a lesser value to those assets we believe to
own in future and a higher one to goods that are now provided but their future supply might be threatened. This time
perspective is mostly depending on chances that individuals
and their children will have to enjoy an asset in future. But
the discount rate, which is applied to benefits and costs over
time, can also depend on peculiar environmental conditions
where people live. For instance, people living in geographical areas with a high environmental vulnerability, due to
climatic conditions, soil properties, critical shortage of natural resources, hydrogeological instability etc., are generally
induced to apply a discount rate lower than that one applied
by communities living in places with more natural resources
and less exposure to environmental instability.
So we can deduce that: a) discount rates are influenced by
endemic and historically determined levels of safety, both
bio-ecological and socio-economic (Ostrom 1990), and b)
it may be useful to invest in the future, with higher levels
of environmental – or in our case climatic – uncertainty.
According to several studies (see, e.g., Barker et. al. 1984;
Berkes 1986; Viazzo 1989, Ostrom 1990, Martínez Alier
2006, Candela 2012), some past and contemporary traditional societies can represent a good case in point. Indeed, they
have opted for long-lasting strategies of homeostatic adaptation to environment, such as the collective management and
self-governed common-pool resources. These communities
have shared past and they plan to share future. People live
side by side farming the same plot of land that their children
and grandchildren will inherit. In other words, they have unknowingly applied a modest discount rate to their assets. The
appropriators and their families will probably enjoy the fruits
of current investments (more or less expensive) in future.
Vice versa, with higher discount rates, the leading strategy
will focus the cost-benefit ratio on present time. It will maximise benefits, decreasing expenses in the present. Under
these circumstances, people generally choose competitive
behaviours acting autonomously without an actual trust in
the own social organizations and neighbors.
CONCLUSIONS
An accurate analysis of the costs and benefits that may
result from decision to mitigate the additional greenhouse
effect should require thorough ethical consideration, in the
light of which it becomes a complex hermeneutics that contemplates the collection of possible acceptions (prioritarianism, utilitarianism, pure discounting, temporal impartiality,
personalism, actualism). Since Stern opted for an ethical
criteria of evaluation close to the prioritarian-personalist
approach, he adopted a modest discount rate in his review
(1,4% per year). Consequently, the need to implement practical conducts that may lead, in the medium term, to a drastic
reduction of the concentration in the atmosphere of greenhouses gases. So he has distinguished his analysis from, for
example, that of William Nordhaus, who opted for a much
higher discount rate: 6% per year (Nordhaus 1994).
In the outlook described by a more ethical approach to
fix the cost of climate change mitigation, benefits – which
should include a number of behaviours well-defined by the
principles of different alternative economic and bioeconomic models – can exceed expenses and possible deprivations
that present generations may have to incorporate to their daily life. Among the benefits, it is also pertinent to include the
capital saved through the repair of possible environmental
and infrastructural damage that may result from the progressive increase in globally averaged temperatures.
Certainly, technology and science are important and necessary instruments in order to control and reduce uncertainty,
but we shouldn’t ignore that they can often increase the same
system complexity. So assuming an ethics of responsibility,
on the basis of reciprocity and collective actions/cooperation along with lower discount rates, could be an immediate solution to guide and justify specific interventions and
investments. In conclusion, we can suppose that a long and
large-scale socio-political effort of mitigation will be more
useful than a short-term policy.
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SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | SCIENZE SOCIALI
L’adolescenza come generazione
nell’epoca dell’individualizzazione:
appartenenza e nuove identità
MAURO GIARDIELLO
Dipartimento di Scienze della Formazione, Università degli Studi Roma Tre
Il senso dell’appartenenza
e la formazione dell’identità
assumono un ruolo centrale in un’epoca globalizzata,
soprattutto in una fase dello
sviluppo e della crescita per
l’individuo come è quella
dell’adolescenza. L’obiettivo
del lavoro è di comprendere
quanto l’avvento della società globalizzata, insieme alle
nuove forme di relazioni, alla
trasformazione delle città, dei
luoghi e degli stili di vita abbiano messo in discussione,
tra gli adolescenti, da una
parte le tradizionali forme di
appartenenza e dall’altra abbiano fatto emergere nuove
modalità di viverle e re-interpretarle. Ciò è stato realizzato impiegando un approccio che
colloca gli adolescenti nel quadro di un’analisi generazionale piuttosto che mediante la classica analisi degli adolescenti come soggetti in transizione. All’interno di tale contesto
interpretativo, incentrato sulle categorie di generazione e di
individualizzazione è stato realizzato uno studio pilota tra
gli adolescenti in 3 città italiane con l’obiettivo di approfondire il legame tra crescita dell’adolescenza e senso di appartenenza e l’identità.
N
INTRODUZIONE
el contesto globale il ruolo dei luoghi
e delle comunità riveste un’importanza
strategica nella formazione dell’identità
individuale e comunitaria soprattutto per
quelle fasce di soggetti come gli ado-
lescenti impegnati nella costruzione della propria identità
sociale e comunitaria. La globalizzazione produce due processi speculari: da una parte la de-spazializzazione (Giddens
2001), che comporta l’affermazione della società dei flussi
su quella dei luoghi (Castells 2008), e dall’altra la ri-spazializzazione che implica un riemergere dell’appartenenza
come dimensione relazionale e centrale per l’identità (Antonsich 2012; Giardiello 2006, 2012). Sebbene la rappresentazione prevalente sia quella della fine delle funzioni dei territori per la vita sociale, cognitiva e relazionale dei soggetti,
negli ultimi tempi si è sviluppata una vasta letteratura che
ha evidenziato a livello psicologico, sociologico antropologico e pedagogico (Proshansky et al. 1983; Hall et al. 2010;
Cuervo & Wyn 2014; Gruenewald 2003) l’importanza della
qualità dei luoghi nella formazione dell’identità. Il presente lavoro, si inserisce in questa recente area di ricerca, con
l’obiettivo di ampliare le attuali conoscenze riguardanti gli
85
SCIENZE SOCIALI | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
studi giovanili e soprattutto adolescenziali che nelle ultime
due decadi sono state caratterizzate dal prevalente impiego
del concetto di transizione. Questo approccio è stato criticato dai recenti studi della sociologia della gioventù che,
adottando una prospettiva generazionale, mostrano come la
gioventù sia una condizione (non una transizione) segnata
dalle trasformazioni economiche, sociali e politiche. In accordo con le analisi di Why e Woodman (2006), le radicali
trasformazioni avvenute dopo il 1970 hanno determinato un
profondo cambiamento nella generazione post-1970, condizionando fortemente le successive coorti generazionali.
In questo cambio di stile di vita, soggettività e processi di
adattamento è interessante analizzare come le nuove coorti
generazionali, segnate dall’epoca digitale, si rapportano con
le dimensioni dell’appartenenza. Alla luce di questi assunti
si è realizzato uno studio pilota, qualitativo e quantitativo, tra
gli adolescenti in 3 realtà territoriali con l’obiettivo di approfondire la natura del legame tra la crescita dell’adolescenza e
il senso di appartenenza, al fine di comprendere se e in quali
termini questo possa costituire una risorsa strategica per l’identità. Sulla base dei risultati la ricerca mette in evidenza
due importanti considerazioni. In primo luogo si nota che,
congiuntamente alla prevalenza della dimensione simbolicoculturale dell’appartenenza (Durkheim 1995, edizione originale 1912), soggettivamente sentita (Weber 1966 edizione
originale 1922), convive (con un peso minore) la dimensione
ascritta (Tönnies 1963, edizione originale 1887). La multidimensionalità comporta anche una presenza di molteplici
appartenenze (Simmel 1890) ove la dimensione relazionale e
a-spaziale è connessa a quella simbolico-culturale. In secondo luogo, analizzando la formazione dell’identità riguardo ai
valori, all’appartenenza e all’alterità, emerge che le appartenenze culturali e relazionali sono associate a valori solidaristici e universali e a una maggiore tolleranza formando un’identità aperta-porosa, mentre laddove la dimensione ascritta
è correlata a valori particolaristici e familistici si registra una
forte intolleranza che favorisce la formazione di un’identità
chiusa-localistica.
L’articolo è strutturato nel seguente modo. La prima sezione descrive la condizione adolescenziale attraverso una
lettura critica del concetto di transizione mediante il recupero
e l’attualizzazione della categoria dell’individualizzazione e
del concetto di generazione. L’elaborazione di tale contesto
teorico è applicata per interpretare il ruolo e le funzioni del
concetto di appartenenza nella cultura adolescenziale, soprattutto sulla formazione dell’identità. Nella seconda parte
dell’articolo è presentata una ricerca qualitativa e quantitativa sugli adolescenti in tre realtà sociali (Roma, Bari e la
comunità di S. Leucio del Sannio (BN)). In particolare la
sezione è composta di un paragrafo che comprende le note
metodologiche della ricerca e tre paragrafi nei quali sono riportati i risultati relativi alla definizione e al significato di comunità e appartenenza, la visione valoriale degli adolescenti
e la percezione della diversità e i dati che approfondiscono la
tematica dell’identità con uno specifico riferimento al ruolo
giocato dall’appartenenza, dai valori e dal rapporto con la di86
versità. L’articolo termina con una riflessione conclusiva sia
rispetto al quadro teorico sia ai risultati emersi dalla ricerca.
COMPRENDERE I GIOVANI IN UN MONDO
IN CAMBIAMENTO: DALLA TRANSIZIONE
ALL’INDIVIDUALIZZAZIONE
Nel corso dell’ultimo quarto di secolo, in un contesto di
significativi cambiamenti e trasformazioni sociali ed economiche, i giovani hanno forgiato nuovi modelli di transizione
attraverso diverse prassi di gestione dei loro ambienti di vita in un mondo imprevedibile e instabile. Le ricerche nazionali (Leccardi et al. 2011) e internazionali
(Andres & Wyn 2010) hanno mostrato come i nuovi modelli di vita siano stati creati attraverso processi attivi,
messi in atto da parte dei giovani. Altresì la recente attenzione sui processi sociali di cambiamento ha suscitato una
notevole influenza nello studio della realtà giovanile che
sempre più ha compreso nelle sue analisi e ricerche i radicali cambiamenti strutturali che la società tardo-moderna ha
prodotto. Da più parti si pone in evidenza come la società attuale sia caratterizzata dalla dissoluzione delle identità condivise e delle sue relative fonti di identificazione (caratterizzate dall’appartenenza etnica, di classe e dall’ideologia del
progresso e dalla religione): tutto deve essere costantemente
reinventato dall’individuo che rappresenta l’unico terminale dove si scarica l’obbligatorietà delle scelte in un contesto
apparentemente neutro e privo di condizionamento. La realtà giovanile - più di ogni altra categoria - appare oltremodo
coinvolta all’interno di questo contesto segnato dal processo
di individualizzazone. Ciò significa che i giovani sono obbligati a mettersi costantemente alla prova perché il processo
di individualizzazione comporta “il dovere paradossale di
creare, di progettare, di mettere in scena autonomamente
non solo la propria biografia, ma anche i suoi legami e le
sue reti di relazioni…” (Beck & Beck-Gernsheim 2002). Si
passa da una struttura prescrittiva ad un’elettiva, caratterizzata non tanto dall’affermarsi dell’autonomia dell’individuo
quanto piuttosto dall’emergere di una biografia elettiva che
si connota sempre più come biografia a rischio o fai da te. La
biografia fai da te richiede un rilevante impegno individuale
nel ridefinire quotidianamente i criteri della propria identità e
gli orientamenti di vita. Essa, come sostiene Beck, è una biografia a rischio anzi una «biografia funambolica» in quanto
“è – in parte palesemente, in parte celatamente – uno stato di
pericolo permanente” (Beck & Beck-Gernsheim 2002).
In questa realtà così strutturata l’adolescente, e i giovani in
generale, è impegnato a costruire la propria vita attraversando percorsi inediti dove la logica sperimentale segna il passo a quella prescrittiva. Ciò impone la necessità di ripensare
da una parte gli studi sui giovani prevalentemente incentrati
su una concettualizzazione della loro condizione come uno
stadio transitorio o una fase della vita (Why & Woodman
2006) e dall’altra gli studi sull’adolescenza incentrati prevalentemente nell’analisi dello sviluppo fisico, emozionale
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | SCIENZE SOCIALI
e sessuale1. Le critiche maggiormente rilevanti riguardano
la prevalenza di una visione universalistica e a-storica dello
sviluppo, pensato in termini lineari e determinato prevalentemente da dinamiche psicosociali e socio-biologiche nelle
quali le dimensioni economiche, culturali e sociali svolgono
un ruolo ancillare e di semplice cornice (ibid. p. 498; Woodman 2011; 2013). Questo approccio che ha prevalso tra gli
anni 50 e 60, è stato fortemente condizionato dal lavoro di
Hall (1904) e ripreso, in una certa misura, da Piaget (1954)
e Erikson (1968) anche se con modalità e prospettive differenti. Il modello di riferimento è senza ombra di dubbio
quello di Freud nel quale la gioventù è pensata come una fase
della vita durante la quale i compiti evolutivi devono essere
padroneggiati al fine di garantire salute e sviluppo razionale
dell’adulto (Wyn 2014). Un approccio molto standardizzato
che vede anche nel campo sociologico l’affermarsi dell’idea
del passaggio dalla fase giovanile a quella adulta attraverso il
superamento di due “assi di transizione: l’asse della carriera
familiare e l’asse della carriera scolastica-lavorativa” (Mesa
2014 p.67).
Le sue debolezze interpretative si manifestano soprattutto a fronte della crisi del sistema industriale e l’affermarsi
di un capitalismo flessibile, globale segnato dalla precarietà
lavorativa, dal prolungamento degli studi, dalle nuove tecnologie di comunicazione; si ingenerano, nei paesi occidentali,
processi di de-standardizzazione, precarizzazione e nuove
traiettorie caratterizzate sempre più da discontinuità e frammentazione. Il modello di transizione è posto in discussione
non solo perché non riesce a cogliere i nuovi percorsi di vita
dei giovani ma anche e soprattutto perché considerato molto
normativo. Le conseguenze sociali sono da una parte la creazione di un processo di stigmatizzazione di tutti coloro i quali
deviano dallo standard evolutivo «normale» (la transizione
dalla scuola al lavoro oppure la difficoltà a risolvere i compiti
evolutivi rappresentano, in entrambi i casi, una deviazione
personale piuttosto che strutturale) e dall’altra la svalutazione
delle dimensioni economiche, sociali e culturali considerate
come semplici variabili dipendenti o di contesto al processo
di crescita o di vita degli adolescenti. Più specificatamente
ciò che questo approccio non prende in adeguata considerazione, nonostante il rilevante contributo che offre allo studio
dello sviluppo dei giovani e degli adolescenti, sono le reti relazionali e l’emergere di nuovi fattori strutturali che assumono una parte decisiva nelle scelte degli adolescenti, nella loro
visione della vita e soprattutto nella formazione dell’identità.
In generale quello che è negato ai giovani e agli adolescenti,
giacché considerati in divenire (in transizione), è proprio un
ruolo importante nelle loro comunità nelle scuole e nei processi politici (Beadle et al. 2011 p.9).
1 In questo lavoro si fa si riferimento alla fase adolescenziale corrispondente al periodo della pubertà (12-18 anni circa) dove il tema dell’identità
e dell’appartenenza rappresenta un nodo critico fondamentale rispetto alla
fase giovanile, caratterizzata da un periodo temporale, per quanto variabile, che va dai 18 ai 30-35 anni in cui l’assunzione del ruolo adulto è
strettamente collegato ad altri fattori come la transizione scuola–lavoro o
quella dalla famiglia d’origine alla nuova coppia.
L’ADOLESCENTE COME GENERAZIONE
In questo articolo, diversamente dall’approccio psicosociale, in linea con la recente letteratura internazionale sulla
gioventù (ibid; Woodman 2011; 2013), si propone di leggere
la condizione dell’adolescente come una realtà generazionale (piuttosto che una fase transitoria), collocata all’interno di
uno specifico milieu sociale, politico ed economico che in
ragione di questa sua appartenenza esprime, in modo inconsapevole o consapevole, una specifica «entelechia». Si assume come contesto interpretativo la prospettiva generazionale
che ha una lunga tradizione sociologica solo recentemente
ripresa e sottoposta a una rinnovata attenzione e attualizzazione. Tale approccio, sebbene sia stato sottoposto a una rilevante critica, “resta ancora un’utile idea per orientare gli
studi sui giovani” (Woodman 2013). Tra gli aspetti considerati ancora fertili nell’operazione di rinnovamento del paradigma interpretativo sulla realtà adolescenziale contemporanea, si può annoverare il concetto di generazione elaborato
da Mannheim (2008). La generazione, secondo l’autore, è
costituita dalla collocazione sociale di un gruppo di individui
(appartenenti ad anni di nascita affini) all’interno di uno specifico spazio storico-sociale stratificato (Mannheim 2008).
Va tuttavia precisato che, secondo Mannheim, per condividere una collocazione storico-sociale, in altre parole per diventare una “generazione per sé”, non basta “essere nati nello stesso momento cronologico, di essere divenuti giovani,
adulti, vecchi contemporaneamente” (ibid p.63) ma è necessario avere una medesima coscienza stratificata, una comune
visione. Ciò non significa che sussista un’omogeneità culturale all’interno di una generazione o tra generazioni affini
sebbene vi sia una condivisione di una comune esperienza
storica, giacché i giovani che affrontano analoghe condizioni
generazionali non sempre sviluppano simili atteggiamenti e
credenze. Questo significa che all’interno di una stessa generazione si posso formare differenti gruppi o “unità generazionali” (Mannheim 2008 p.76) che si rapportano e si misurano
diversamente rispetto al contesto storico, sociale, politico e
economico nel quale si trovano inseriti. E’ indubbio che nella
condizione strutturale attuale, caratterizzata da un forte processo di individualizzazione (crisi delle strutture tradizionali,
nuovi processi di istituzionalizzazione, emersione di una biografia elettiva), l’applicazione dell’«unità generazionale» intesa “come gruppo o tipologia in cui diversi giovani possono
essere inequivocabilmente collocati” sembra limitato (Woodman 2013). Se da una parte, in accordo con le analisi di
Wyn & Woodman (2006), le radicali trasformazioni avvenute dopo il 1970 hanno determinato un profondo cambiamento nella generazione post-1970 (condizionando fortemente
le successive coorti generazionali), dall’altra le specifiche
condizioni strutturali all’interno delle quali gli adolescenti si trovano a vivere e i peculiari modi di reagire ad esse
determinano una diversa posizione di questo gruppo - unità
generazionale - sia rispetto alle coorti precedenti sia rispetto
a quelle future. Nonostante nel presente lavoro il concetto di
«unità generazionale» non sia impiegato nell’accezione attri87
SCIENZE SOCIALI | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
buita da Mannheim (2008), che prevede la formazione di una
coscienza generazionale che agisce e si orienta come attore
collettivo (vedi The Life Patterns Project dello Youth Research Centre presso l’Università di Melbourne), non si può
certo affermare che tale concetto non permetta di individuare
gli aspetti fondamentali degli adolescenti della società tardomoderna. In particolare tale nozione permette di comprendere come gli adolescenti attribuiscono significato al mondo
circostante e come queste esperienze distintive contribuiscono alla formazione di una generazione differente da quella
precedente. In questa ottica gli adolescenti contemporanei si
possono considerare una particolare «unità generazionale»
che si rapporta in modo specifico alle condizioni della società tardo-moderna, esprimendo nuovi stili di vita e una diversa
soggettività pur non avendo una precisa consapevolezza della propria collocazione storica sociale. Più specificatamente
si può sostenere che l’attuale condizione degli adolescenti si
caratterizza sempre più come una generazione che deve continuamente fare delle scelte, reinventare le relazioni, il rapporto con la tradizione, l’identità, con la famiglia e il gruppo
dei pari ancorché con gli agenti di socializzazione (Andres
& Wyn 2010). Il loro senso di appartenenza generazionale
assume contorni precari, reversibili e incentrati sul proprio Io
il quale deve assumere decisioni e soppesare continuamente scelte contraddittorie all’interno di un ampio spectrum di
possibilità. Gli adolescenti se per un verso si caratterizzano come la generazione delle scelte, della sperimentazione
e dell’esplorazione, anche attraverso forme inedite come il
web, il social network e in generale internet, per altro verso
rappresentano anche una generazione a rischio di disorientamento, chiusure autoreferenziali, demotivazioni e rinunce
neo tribali (Casoni 2008; Giardiello 2014 a). In questa ottica,
nel contesto storico attuale, ci interessa conoscere l’impatto
che le strutture sociali elettive hanno sulla loro identità e sulle loro visioni del mondo. L’approccio sulle generazioni trasferisce l’attenzione dalla dimensione incentrata sulla transizione (dalla fase adolescenziale a quella adulta, dal mondo
familiare a quello dei pari, dal corpo infantile al corpo adulto) alla “collocazione dei giovani all’interno di processi politici, economici e culturali che danno sia corpo sia contesto
all’attuale generazione e danno significato e esperienza alla
gioventù in modo distintivo” (Wyn & Woodman 2006). In
linea con tali riflessioni sembra chiaro che l’approccio generazionale pone in evidenza una stretta correlazione tra l’affermarsi e il diffondersi del processo di individualizzazione,
come aspetto specifico degli adolescenti della seconda modernità, e l’emergere di nuovi modi di percepire ed interpretare la realtà. L’approccio generazionale, sebbene presenti
dei limiti e richieda una revisione, consente alla ricerca sulla
realtà giovanile e adolescenziale di ripristinare un equilibrio
tra la dimensione strutturale e la vita individuale favorendo
l’utilizzo di categorie come quella dell’individualizzazione
apparentemente lontana da tale prospettiva.
88
L’APPARTENENZA COME FATTORE GENERAZIONALE
Lo sviluppo di un approccio basato sulle categorie della
generazione e dell’individualizzazione allo studio della realtà adolescenziale apre nuovi temi e aree di ricerca oscurate,
troppo spesso, da un’interpretazione ortodossa della crescita
degli adolescenti e dei giovani in generale. Tra gli innumerevoli ambiti di ricerca (famiglia, tempo libero, gruppi, stile
di vita e così via) possiamo sicuramente annoverare il filone
di studi sull’appartenenza che ha trovato recentemente nella letteratura internazionale nel campo degli studi giovanili,
una vasta considerazione sia in termini teorici che applicativi
(Cuervo & Wyn 2012; Hopkins 2010). Nonostante, secondo Antonsich (2010), il concetto di appartenenza è sottoteorizzato e considerato come auto-esplicativo nelle scienze
sociali, esso esprime “l’idea di gioventù come nuovo processo sociale, collocata al centro di analisi consentendo ai
ricercatori di riconoscere l’importanza delle relazioni con le
persone, i luoghi e i tempi” (Cuervo & Wyn 2014 p.901). In
questo contesto l’articolo si propone di contribuire a chiarire
come il concetto di appartenenza è concepito e valutato dagli
adolescenti all’interno di un percorso di costruzione dell’identità caratterizzato sempre più dalla biografia elettiva e/o
fai da te, incentrata profondamente sulla dimensione di un Io
che appare sempre più privo di una struttura prescrittiva che
orienta e fissa precisi e irrevocabili criteri di scelta. Il focus
del lavoro si basa sul presupposto teorico che l’appartenenza sociale intesa come “lo stato di essere parte di qualcosa
o di essere in contatto con qualcosa” (Pollini, 2005a p.493;
Pollini, 2005b; Gubert 2000), per quanto negletta, dissacrata
da una società globalizzata, individualizzata, precaria, rimane una delle risorse fondamentali nel differenziare percorsi
biografici elettivi da quelli a rischio (espressioni di molteplici forme regressive). Sebbene si sia modificato il modo del
comporsi del sentimento dell’appartenenza, in letteratura è
riconosciuto un forte nesso tra lo sviluppo del sentimento
di appartenenza a un luogo e i processi di auto-formazione
dell’identità. Si presuppone che l’adolescente quantunque si
trovi sciolto dalle appartenenze tradizionali (classi, ceti, religione ideologie, tradizione) che definivano le identità individuali e collettive, continua a sentire il bisogno di ridefinire i
suoi legami e le appartenenze. A differenza delle precedenti
coorti generazionali l’adolescente della società contemporanea è costretto a inventare il suo senso di appartenenza sulla
base non più di fattori prescrittivi ereditati (che assumevano
un carattere sacro e statico) ma di criteri e orientamenti del
tutto personali che valgono solo con riferimento alle esperienze soggettivamente esperite. In linea con tali riflessioni
si è reso necessario optare per una dimensione soggettiva
dell’appartenenza (Weber 1966) che secondo Cuervo e Wyn
(2014) nelle scienze sociali è stata definita come una forma
di sensazione personale e intima di sentirsi a casa, in un luogo (luogo-appartenenza) (Antonsich 2010 p.645). E’ chiaro
che per «casa» “non ci si deve riferire a un rapporto con lo
spazio domestico materiale, ma piuttosto a un approccio fenomenologico che per «casa» rileva uno spazio simbolico
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | SCIENZE SOCIALI
di familiarità, di confort, sicurezza e attaccamento emotivo”
(ibid p.907). Altresì è importante rilevare che il concetto di
appartenenza è stato analizzato attraverso una prospettiva
multidimensionale come altri concetti sociologici quali ad
esempio la globalizzazione, l’esclusione sociale, la marginalità e così via. In tal senso vale la pena ricordare che per
quanto il senso d’appartenenza dei giovani sembra (sicuramente in questa ricerca) delinearsi in termini relazionali e
simbolico-culturali piuttosto che territoriali e affettivi, esso
non esclude un richiamo alla dimensione più propriamente
prescrittiva o territoriale (il riemergere in termini nuovi degli
aspetti strutturali). Se è evidente il diffondersi del formarsi del significato dell’appartenenza in base alla costruzione
di relazioni soggettivamente costruite e svincolate dalla dimensione spaziale (come invero già presenti nei lavori di
Simmel del 1890), è altrettanto forte la necessità, all’interno
delle biografie degli adolescenti, di rileggere e inventare la
tradizione, la cultura, i valori, l’educazione in funzione della
formazione di una biografia e di un’identità che ha bisogno
di un ancoraggio, sia pure problematico, a una dimensione
simbolica o comunanza culturale (Durkheim 1995 edizione
originale 1912). Tale esigenza, per quanto soggettivamente
vissuta come precaria e labile, spesso rappresenta la sola risorsa che l’adolescente può utilizzare e mettere in campo per
evitare la caduta in forme regressive di appartenenze come
l’anomia (scambiata spesso per forme di cosmopolitismo
banale) (Beck 2006) oppure la chiusura identitaria (base di
nuove forme di tribalismo, intolleranza e coesioni sociali autoreferenziali) (Sennett 2012; Giardiello 2014 b). In conclusione sebbene l’appartenenza si presenti con una certa dosa
di ambiguità (l’appartenenza determina l’apertura o la chiusura verso l’altro) si può ancora affermare che essa esercita,
nonostante le innumerevoli contraddizioni, un ruolo centrale
per la formazione dell’identità. Lungi dall’essere scomparsa
o ridimensionata l’appartenenza, e soprattutto il suo vissuto, rappresenta non solo un importante fattore predittivo del
disagio (Ignacio et al. 2010) ma anche un fattore esplicativo
dell’attuale condizione sociale e culturale degli adolescenti.
NOTE METODOLOGICHE
Sulla base di queste considerazioni è stata compiuta una
ricerca, quantitativa e qualitativa, sugli adolescenti in età
compresa tra 11 e 14 anni. In una prima fase la ricerca si è
caratterizzata per l’uso della tecnica del focus group (Corrao 2002) con gli adolescenti iscritti alla scuola media del
comune di San Leucio del Sannio, in provincia di Benevento. I 15 membri del focus group (Hill et al. 1997), previa
autorizzazione dei genitori, sono stati selezionati con l’aiuto
di un assistente moderatore (l’insegnate della scuola) considerando i criteri dell’età, sesso e residenza. L’autore della ricerca ha svolto il ruolo di moderatore. Dal focus group
sono scaturite le riflessioni teoriche, le ipotesi di ricerca e
la formulazione del questionario semistrutturato (Krueger &
Casey 2009) somministrato nell’anno scolastico 2008-2009
a nSL=101 studenti. In una seconda fase si è voluto compie-
re un confronto tra gli adolescenti di San Leucio con i loro
coetanei residenti in realtà territoriali più estese. A questo
proposito sono state prese in considerazione le città di Roma
e Bari. Per rendere i dati omogenei e confrontabili con quelli
rilevati a San Leucio, è stato adottato un piano di campionamento a due stadi (Cicchitelli et al. 1994 pp.80-83). Per
ognuna delle realtà territoriali è stata selezionata in maniera
casuale una scuola media statale (unità primaria). In seguito,
per ognuna delle scuole selezionate è stata estratta in maniera
casuale una sezione. Complessivamente sono stati intervistati nB=63 e nR=47 studenti, rispettivamente, nelle scuole di
Bari e Roma.
La griglia delle domande elaborate per dirigere la discussione nei focus group ha seguito due principi generali: il criterio in base al quale si è passati dalle domande generali a
quelle più specifiche e quello dell’ordine di importanza in relazione allo scopo della ricerca. I temi trattati dalle domande
somministrate nei tre focus group possono schematicamente
essere riassunti nel seguente modo: la definizione di comunità, il senso di appartenenza, la scala dei valori più importanti, il grado di tolleranza verso la diversità, il rapporto con i
luoghi della comunità, la definizione della piazza, il grado di
sicurezza e insicurezza del quartiere e dello spazio pubblico,
il grado di mobilità autonoma nel quartiere, i luoghi di incontro informale, il rapporto con i vicini, il rapporto tra social
network e spazi pubblici, i network sociali e familiari. Come
già accennato, il lavoro svolto con il focus group è servito
ad elaborare un set di ipotesi e il questionario semistrutturato. Quest’ultimo risulta composto dalla scala di comunità
(Prezza 1999) e da domande che rispecchiano i temi, il linguaggio e i concetti emersi dai focus group. Più in particolare il questionario dedica particolare attenzione all’analisi
del concetto di comunità, di appartenenza e della mappa dei
valori in rapporto alla diversità. L’insieme delle domande,
comprese anche quelle utilizzate in questa parte della ricerca, sono state collocate in diversi punti del questionario per
evitare l’effetto alone.
Ricerca quantitativa e descrizione del campione
Nella seconda fase della ricerca è stato somministrato il
questionario semistutturaro a un campione di adolescenti
selezionando per ognuna delle scuole una sezione in maniera casuale. Complessivamente sono stati somministrati 101
questionari a S. Leucio del Sannio, 63 a Bari e 47 a Roma. La
diversa numerosità dei campioni non inficia la validata dei
risultati dal momento che le analisi comparative sono state
realizzate solo a carattere esplorativo e non inferenziale.
La struttura del campione, nelle tre aree territoriali considerate, si caratterizza per una scarsa differenziazione sia per
quanto l’età media (13,08 anni a S. Leucio del Sannio, 12,18
anni a Bari e 12,04 anni a Roma) e il genere, ad accezione
di Roma dove si registra una presenza maggiore di maschi
(63,83%) rispetto alle femmine (36,17%). Per quando riguarda il livello di scolarizzazione dei genitori a S. Leucio del
Sannio e a Roma il campione si caratterizza per un livello
medio-basso, mentre a Bari per un livello medio-alto. In ge89
SCIENZE SOCIALI | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
nerale la condizione socio-economica si contraddistingue per
la presenza di un ceto medio nel quale prevale il lavoro impiegatizio rispetto a quello autonomo sebbene non manchino differenze significative tra la realtà di S. Leucio e Roma,
caratterizzata da un ceto medio-basso (presenza elevata di
artigiani, impiegati di concetto e casalinghe) e la realtà di
Bari in cui è maggiormente rappresentato un ceto medio-alto
(significative sono le presenze delle professioni liberali mentre basse sono le percentuali delle casalinghe).
serva è che San Lorenzo sopravvive economicamente grazie
al business universitario ma la comunità perde man mano la
sua vera identità di quartiere popolare in quanto il ceto popolare viene gradualmente sostituito dal ceto medio-alto in
ragione del processo di riqualificazione economica dell’area
e del conseguente aumento del costo delle abitazioni e della
vita.
RICERCA SUL SIGNIFICATO DI COMUNITÀ E DI
APPARTENENZA NEGLI ADOLESCENTI
Approccio analitico
Nell’analisi dei dati sono state applicate diverse tecniche
di analisi, esclusivamente di tipo esplorativo, sia univariate che multivariate. Nel questionario la maggior parte delle
domande prevedeva risposte qualitative che andavano da (1)
“Fortemente d’accordo” a (4) “Fortemente in disaccordo”,
per tale motivo l’analisi delle risposte è stata effettuata utilizzando l’Analisi delle Corrispondenze Multiple.
Contesti territoriali
Le tre aree esaminate sono differenti, ma interessanti da
comparare poiché la quasi totalità degli adolescenti intervistati vivono nei quartieri da quando sono nati (80,20% S.
Leucio, 89,36% a Roma e 82,61% a Bari). In particolare la
comparazione tra le tre realtà, differenti dal punto di vista socio-economico e demografico, ha lo scopo di verificare se il
processo di trasformazione della appartenenza e i percorsi di
formazione dell’identità siano fenomeni presenti nelle grandi come nelle piccole realtà urbane. Il problema dell’individualizzazione, delle crisi delle appartenenze tradizionali, le
trasformazioni di processi di formazione dell’identità rappresentano una fenomenologia che coinvolge anche le piccole
città e comunità che nel tempo sono state interessate da processi di disorganizzazione sociale, culturale e spaziale. L’interesse è volto ad analizzare la condizione dell’adolescente
in rapporto al senso di appartenenza e del suo ruolo sia nella
media città che in una grande città al fine di cogliere non solo
elementi comuni o eventuali differenze ma anche processi di
chiusura identitaria in micro cosmi sociali che impediscono
la formazione del cittadino e della cultura civica. Più specificatamente possiamo cogliere alcune caratteristiche specifiche dei singoli territori utili ad identificare le trasformazioni
e le crisi che caratterizzano la cultura generazionale degli
adolescenti di queste aree. Il comprensorio territoriale nel
quale risulta collocato la scuola di S. Leucio è quello dell’
«hinterland beneventano». In esso si registra un progressivo processo di desertificazione sociale e civile del territorio
che ha provocato l’indebolimento della struttura sociale del
paese. Nella città di Bari la scuola estratta è ubicata nella
VI circoscrizione del Comune di Bari (costituita dai quartieri
Carrassi e San Pasquale) che, pur rappresentando una zona
centrale della città, conserva un carattere periferico, dipendente e funzionale al borgo murattiano. Per la città di Roma
è stato estratto un istituto collocato nel quartiere San Lorenzo
nel quale è presente un diffuso processo di gentrification che
ne sta minando l’identità di comunità. Il fenomeno che si os90
Nel corso degli ultimi anni è stato sempre più posto in
evidenza il fondamentale ruolo relazionale e sociale assunto
dalla comunità e dall’appartenenza nella crescita educativa,
sociale e civica dei giovani e degli adolescenti (Holdsworth
2011; Vieno et al. 2010; Santinello e Vieno 2012). Se questo
è evidente nel dibattito sociale e pedagogico, meno studiate e
analizzate risultano le modalità con le quali gli adolescenti si
rapportano con la loro comunità e soprattutto qual è il significato o la rappresentazione che loro hanno della comunità e
del loro senso di appartenenza. In questa ottica ci sembra di
poter individuare almeno due importanti questioni: in primo
luogo il valore che le categorie della comunità e dell’appartenenza assumono in una generazione individualizzata; in secondo luogo quali sono i criteri che gli adolescenti utilizzano
per definirle. In linea con questa riflessione in questo paragrafo l’oggetto di analisi riguarda la definizione della comunità
e il significato del concetto di appartenenza. Il primo passo
è stato quello di analizzare quale fosse la rappresentazione
semantica dominante del concetto di comunità nella cultura
adolescenziale attraverso la domanda «Che cosa è per te la
comunità?»2. Gli intervistati sono stati invitati a definire il
termine comunità scegliendo tra gli item proposti i due significati principali e mettendoli in ordine di importanza. A
partire dai risultati emersi sono state costruite le seguenti tre
tipologie di comunità basate su dimensioni emotive/affettive
(famiglia, gruppi di amici, comitiva), strutturali/territoriali
(paese, quartiere, contrada, città) e sulla socialità secondaria
(associazione, organizzazione, squadra, Stato, scuola, chiesa). La costruzione delle tipologie si è basata sui lavori svolti
dal focus group che, dopo una prima fase di brainstorming e
a partire dall’individuazione degli elementi comuni emersi,
hanno discusso ed elaborato le tre principali tipologie3.
I risultati indicano che in tutte le aree territoriali conside2 Le modalità di risposta previste per questa domanda erano: paese, contrada, famiglia, gruppo di amici, associazioni, organizzazioni, comitiva,
squadra, quartiere, città, stato, scuola, chiesa, altro.
3 Nella fase della ricerca si è inteso valorizzare un procedimento induttivo (non deduttivo-razionale) e di gruppo. La formulazione delle tipologie riguardanti il concetto di comunità e di appartenenza è stata realizzata
attraverso la combinazione della tecnica del brainstorming con quella di
gruppo. Ciò ha consentito di non limitarci solo a produrre idee (come avviene nella applicazione classica della tecnica del brainstorming), bensì
anche indicatori e tipologie (Bezzi 2013; Corrao 2002). Più specificatamente le tipologie sono stati utilizzate nella fase dell’analisi quantitativa
per interpretare i risultati emersi attraverso la somma degli item simili che
costituiscono le tre aree semantiche, rappresentative delle tipologie individuate.
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | SCIENZE SOCIALI
rate la prima tipologia ha registrato i consensi più alti. Per gli
adolescenti di Roma, Bari e S. Leucio il concetto di comunità si presenta come una realtà sociale che viene generata in
particolar modo nella famiglia e nelle relazioni amicali. Sulla
base di un sentire comune, che identifica la comunità come
elemento fondamentale dell’identità e come aspetto precontrattuale della realtà strutturata, è possibile individuare due
varianti tipologiche.
La tipologia emotiva relazionale strutturale è emersa nella
comunità di S. Leucio dove la struttura comunitaria territorialmente definita è identificata come l’ambito spaziale e culturale in cui si esprime e manifesta la socialità primaria. La
tipologia emotiva/relazionale e della socialità secondaria si
afferma in particolar modo nella città/metropoli dove da una
parte nel concetto di comunità si indebolisce il riferimento
locale e dall’altra si recupera un’idea di comunità come socialità secondaria.
Ma a quale comunità gli adolescenti si sentono più legati?
Dai dati emerge che quando si passa dalla dimensione astratta della definizione a quella fattuale si nota la presenza, tra
gli adolescenti delle tre aree considerate, di un legame con le
realtà territoriali più prossime: il paese per S. Leucio, la città
per Bari e Roma (Guglielmi 2007; Gubert 2004). Si evince
chiaramente dalla ricerca che il riferimento alla territorialità
assume solo un valore potenziale di orientamento che può
trasformarsi in risorsa fondamentale (psicologica, sociale e
culturale) solo se riesce a conferire significati soprattutto di
natura affettiva/relazionale e culturale all’ambito dell’appartenenza.
In questo contesto la comunità e l’appartenenza risultano essere due concetti similari ma anche differenti. Per gli
adolescenti intervistati, da una parte la comunità e l’appartenenza sono realtà che vanno ad occupare lo spazio dei significati profondi della personalità di un individuo, dall’altra
il concetto di appartenenza assume un valore complesso dal
momento che può contemplare il concetto di comunità locale
ma può significare una varietà di aspetti non sempre e necessariamente connessi con specifici territori.
Nell’analisi dei dati relativamente al senso e al significato
dell’appartenenza si è proceduto ad individuare le frequenze
più alte espresse rispetto ad un set di item volti a delineare le
possibili definizioni di appartenenza. In base alla prima graduatoria stilata dagli intervistati si nota che il 26,09% a Bari,
il 24,75% a Roma e il 23,40% nella comunità di S. Leucio attribuiscono all’appartenenza la seguente accezione: condividere gli stessi interessi a prescindere dal luogo in cui si vive.
La prevalenza del significato del senso di appartenenza in
termini relazionali senza prossimità viene confermata anche
sulla base dei risultati emersi dalla seconda graduatoria in cui
il senso di appartenenza viene definito più sulla qualità delle relazioni che si sviluppano tra gli adolescenti in base alla
condivisione di interessi comuni che in ragione di una contiguità spaziale. Ciò non significa che nel concetto espresso
dagli adolescenti sia poco rilevante una dimensione come
quella culturale (condividere cultura e tradizione) o affettiva (sentire affetto verso le persone che fanno parte di quella
comunità). I dati mostrano come il 27,54% degli intervistati
di Bari, il 17,82% di S. Leucio e il 14,89% di S. Lorenzo hanno espresso un concetto di appartenenza significativamente
caratterizzato da dimensioni culturali. Altrettanto importante
appare la dimensione affettiva che ha fatto registrare percentuali significative: 18,84% Bari, 23,76% S. Leucio, 17,02%
Roma. Ciò viene confermato dai risultati emersi dalla ricerca di Campelli sul significato del senso dell’appartenenza
nei giovani dove prevalgono “gli elementi emotivi, affettivi
«caldi»” (Campelli 2004 p.70) oltre che una forte presenza
di una visione dell’appartenenza circoscritta a realtà sociali
micro (ibid., p.72).
La seconda modalità analitica riguarda un tipo di interpretazione basata sulla formazione di diverse tipologie di appartenenza costituite sia dai risultati scaturiti dal lavoro del
focus group, combinati con la tecnica del Brainstorming, sia
dai contributi rilevanti provenienti dalla tradizione sociologica in particolare di Durkheim, Tönnies Weber e Simmel.
La costruzione di queste tipologie consente non solo di avere
una lettura complessa del senso di appartenenza ma di analizzare il ruolo di questa dimensione nella formazione dell’identità. Specificatamente le tipologie individuate si articolano nei seguenti significati: affettivi, cosmopolita, culturali e
localistici/spaziali. Da questa analisi emerge che il senso di
appartenenza basato sulla condivisione della cultura (la stessa lingua, educazione, tradizione e cultura) prevale su quella
cosmopolita (condividere gli stessi interessi a prescindere
dal luogo in cui si vive). Peraltro è opportuno rilevare come
il peso dell’appartenenza culturale cresce in misura maggiore laddove è più alto il significato dell’appartenenza cosmopolita (ad esempio a Bari). In questo quadro bisogna aggiungere che da una parte la dimensione affettiva, nonostante non
abbia registrato un alto consenso quanto quello ottenuto dalle
due dimensioni precedenti, tuttavia rimane uno sfondo significativo nella costruzione dell’appartenenza, dall’altra che
la tipologia spaziale, territoriale e ascritta ha ottenuto il più
basso consenso. I risultati della ricerca dimostrano che quanto più gli adolescenti esprimono un senso di appartenenza
cosmopolita, tanto più hanno il bisogno di agganciarsi ad un
substrato culturale. Ciò si nota attraverso l’analisi comparativa tra i tre contesti territoriali in cui Bari esprime in maggior
misura questa tendenza. In questa parte della ricerca emerge
come il luogo in sé (anche se si è nati o vive la propria famiglia) non produce identificazione e appartenenza. E’ evidente
che per gli adolescenti il “sentirsi parte” di un luogo si verifica attraverso un processo di significazione che si genera solo
allorquando si produce un mutamento che induce a percepire
i luoghi da «in sé» a «per sé».
L’UNIVERSO DEI VALORI E LA PERCEZIONE
DELL’ALTERITÀ
I valori e il rapporto con l’alter rappresentano, insieme al
concetto di appartenenza, variabili fondamentali per comprendere il processo di costruzione dell’identità socioculturale e spaziale degli adolescenti.
91
SCIENZE SOCIALI | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
In questa sede si intende esaminare più in dettaglio i valori di base della cultura degli adolescenti e il loro grado di
tolleranza/intolleranza rispetto alla diversità etnica, culturale
e fisica.
Per poter indagare la struttura valoriale di base degli adolescenti si è ricostruito lo spazio semantico entro il quale si
collocano i valori. A tale scopo si è fatto ricorso ad una particolare procedura di analisi definita analisi in componenti
principali. Questa procedura consente di ricostruire lo spazio concettuale entro il quale si collocano le risposte degli
intervistati. In base, quindi, a come si dispongono lungo la
scala di massima importanza è possibile definire alcune aree
di similarità.
Analizzando congiuntamente le tre realtà territoriali possiamo osservare l’emergere di analogie e differenze.
Per quanto riguarda le analogie si registra la presenza, nei
tre territori considerati, di un nucleo valoriale forte che si
dispone, sul piano fattoriale, nell’area della massima importanza. Questo nucleo forte è costituito dai valori della famiglia e dell’amore e lo potremmo definire comunità affettiva,
relazionale. In questa analisi ritorna con molta chiarezza il
valore strategico del concetto di comunità che si presenta
come ambito valoriale centrale e realtà sociale embrionale
del processo di crescita dell’adolescente come soggetto sociale. Questi risultati sono in linea con le ultime indagini
IARD sulla condizione giovanile italiana (2002; 2007) dalle
quali emerge chiaramente il trasformarsi del sistema dei valori verso la socialità ristretta (costituita da relazioni amicali,
affettive e familiari) determinando un nucleo forte attorno al
quale si forma la visione della vita dei giovani.
Le differenze, invece, si definiscono in base alla natura più ampia o ristretta del nucleo valoriale forte (amore e
famiglia). In dettaglio possiamo notare come nei tre ambiti
territoriali considerati quanto più il nucleo forte (amore e famiglia) si allarga ad altri valori, tanto più attorno al nucleo
forte si concentrano valori universalistici e culturali (democrazia, uguaglianza e studio). Più specificatamente possiamo notare che a Bari l’area valoriale forte risulta composta
non solo da valori come la famiglia e l’amore ma anche da
quelli autorealizzativi e ludici determinando la formazione
di una costellazione di valori nella sfera della massima importanza che vanno al di là delle relazioni sociali ristrette
in quanto espressione della vita collettiva e civica. Nel caso
di S. Lorenzo e S. Leucio la ricerca mostra invece in parte
una situazione similare, anche se con un’accentuazione dei
valori ludici e autorealizzativi più marcata nel primo ambito territoriale rispetto al secondo. In termini generali si può
affermare che quando la famiglia e il contesto consentono
l’autorealizzazione e la valorizzazione delle diverse risorse
espressive abbiamo un soggetto sia con una struttura valoriale più definita che maggiormente orientata verso dimensioni sociali e collettive. Quando invece ciò non si verifica
abbiamo la strutturazione di una realtà valoriale più rarefatta,
meno espressiva e più individualistica.
Nell’intento di agganciare gli orientamenti valoriali e
la visione del mondo a pratiche e atteggiamenti concreti è
92
stato sottoposto agli intervistati un set di domande volte a
comprendere la loro percezione della diversità. In questo
contesto è stata analizzata solo la parte relativa al grado di
disponibilità all’accoglienza di un insieme di soggetti che
rappresentano diversità etniche, culturali e fisiche.
La tabella 1 riporta le risposte modali riguardo alla domanda tesa a rilevare la disponibilità degli intervistati ad accogliere come membri del paese/quartiere specifiche categorie
di persone.
Dalla lettura dei dati si configurano tre tipologie di atteggiamenti di apertura e chiusura rispetto alla diversità. Tra gli
adolescenti di Bari si osserva un atteggiamento che può essere ritenuto in linea generale aperto, tollerante rispetto a tutte
le categorie considerate. I dati, tuttavia, mostrano come vi è
una gradazione di apertura differente in quanto alcuni gruppi
come Mulsulmani, Ebrei, diversamente abili, Africani, Cinesi risultano più discriminati (in termini di poca disponibilità ad accoglierli) degli immigrati dei Paesi Europei, delle
persone che la pensano diversamente e degli Albanesi. Atteggiamenti definibili moderatamente chiusi e molto selettivi
rispetto alla disponibilità all’accoglienza risultano presenti
tra gli intervistati di S. Lorenzo, per i quali si registra una
netta chiusura nei confronti dei Musulmani, degli immigrati
dei Paesi Europei e anche nei riguardi di persone che la pensano diversamente. Per niente disponibili all’accoglienza e
alla tolleranza risultano gli adolescenti di S. Leucio in cui
si registra la presenza di un alto grado di indisponibilità ad
accettare la diversità nei confronti di tutte le categorie, fatta
eccezione per coloro che sono diversamente abili.
Tab. 1: Saresti disposto ad accogliere come membri del tuo paese/
quartiere le seguenti categorie di persone?
Categorie di persone
Bari
S. Leucio
Roma
Musulmani
Si alcuni
No
No
Ebrei
Si alcuni
No
Si alcuni
Diversamente abili
Si molti
Si molti
Si alcuni
Africani
Si alcuni
No
Si alcuni
Cinesi
Si alcuni
No
No
Immigrati dei Paesi
Europei
Si molti
No
Si alcuni
Persone che
la pensano
diversamente da te
Si molti
No
Si alcuni
Albanesi
Si molti
No
No
LA FORMAZIONE DELL’IDENTITÀ: APPARTENENZA,
VALORI E ALTERITÀ
L’identità viene generalmente considerata come il prodotto di dinamiche interpersonali che si generano tra l’Io e l’Altro (approccio psicosociale) (Tajfel 1981) oppure come il risultato di un processo intrapsichico nel quale l’Io è impegnato a diventare autonomo separandosi gradualmente dell’altro
(genitori, famiglia) (Karpel 1976). In quest’ultima prospettiva, prevalentemente adottata dalla psicologia dello sviluppo
e soprattutto dalla psicanalisi, il ruolo del contesto sociale
e storico, nei processi di crescita e maturazione del soggetto, è considerato assolutamente secondario. Da un punto di
vista più strettamente sociologico e generazionale l’identità
SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015 | SCIENZE SOCIALI
non può essere ridotta a una visione dicotomica (l’Io versus
l’ambiente esterno, l’identità psicologica versus quella sociale), poiché essa presuppone che la “relazione identità per sé/
identità per l’altro” (Dubar 2004 p.131) si colloca all’interno
di un comune processo rappresentato dalla socializzazione
(ibid). Questo approccio sottintende l’idea dell’identità considerata come il prodotto del processo di socializzazione che
si articola nei diversi contesti sociali, culturali e territoriali
nei quali il soggetto interiorizza valori, sviluppa rapporti e
definisce appartenenze. Più specificatamente, a livello della
ricerca empirica, se nelle pagine precedenti si è ricostruito il
significato problematico del senso dell’appartenenza, della
visione valoriale e della percezione della diversità, la finalità
di questo paragrafo è quella di esplorare i meccanismi della
formazione dell’identità attraverso una prospettiva sociale.
In tale contesto per lo studio della formazione dell’identità
è stata applicata l’analisi delle corrispondenze multiple che
ha permesso di identificare la struttura delle associazioni tra
le opinioni espresse sull’appartenenza, la mappa dei valori
emersa e il giudizio sulla diversità. La figura 1a mostra come
tra gli intervistati di Bari il massimo livello di tolleranza è
generato dalla presenza di valori solidali/autorealizzativi, di
un senso di appartenenza formato da una parte da una concezione cosmopolita (condivisione degli interessi al di là dei
luoghi) e dall’altra da un bisogno di radicamento culturale
(condivisione culturale e tradizione, futuro comune) e affettivo (affetto verso le persone della comunità). L’area dell’intolleranza è costituita dai valori individualisti/competitivi e
da un senso di appartenenza localistico. Si tratta di un tipo
di appartenenza dominato dalle dimensioni spaziali e ascritte
ma è priva di qualsiasi identificazione culturale.
E’ interessante notare come i due percorsi delineati producono la formazione di un’identità porosa e integrata a
sinistra della figura e di un’identità chiusa a destra. La prima si sviluppa allorquando il soggetto riesce a recuperare
l’identità culturale senza escludere dalla propria visione del
mondo altre forme di appartenenza centrate sulla condivisione di interessi che si sviluppano al di là del luogo in cui
si vive. Peraltro è opportuno rilevare come questo percorso
esprima un’identità che perviene ad una fusione tra valori
solidaristici e alti livelli di accettazione della diversità. La
seconda emerge quando non si verifica un’integrazione tra
senso di appartenenza cosmopolita, dimensione culturale e
valori civici/solidali.
La figura 1b, relativa a Roma, delinea un’associazione tra
le variabili considerate in gran parte simile a quella mostrata
dal grafico precedente. Ciò che differenzia le due realtà territoriali è la presenza di valori più marcatamente estetici, come
la vita agiata/confortevole e le attività sportive, e la composizione di un concetto di appartenenza localistico/ascritto caratterizzato dall’esistenza dell’item parlare la stessa lingua.
Nella comparazione delle due aree viene confermato il peso
e l’importanza che hanno le variabili spaziali e culturali, nonché i valori e gli atteggiamenti di apertura/chiusura rispetto
alla diversità in quanto capaci di tracciare differenti profili
di identità.
Nel caso di S. Leucio la figura 1c descrive paradossalmente una realtà molto più complessa delle precedenti. Innanzitutto si verifica la formazione di quattro tipologie di identità
differenti. Osservando il quadrante in alto a sinistra abbiamo
un’identità localistica chiusa/culturale che si produce per effetto dell’associazione dei valori autorealizzativi/strumentali, un senso di appartenenza localistico culturale e un indice
di intolleranza forte. Proseguendo in senso antiorario, si osserva nel quadrante in basso a sinistra un’identità localistica chiusa/spaziale determinata grazie alla presenza di valori
autorealizzativi/tradizionali, di un senso di appartenenza localistico/spaziale e un debole indice di intolleranza. Continuando ad analizzare il grafico si nota, in basso a destra, la
formazione di un’identità localistica/aperta generata da un
percorso costituito dai valori familisti/edonisti e un concetto
di appartenenza localistico culturale/affettivo nonché un tasso di tolleranza debole. In alto a destra, infine, si verifica la
presenza di un’identità fluida composta da valori solidali/tradizionalistici, da un’appartenenza cosmopolita/familista e da
un alto livello di tolleranza. In secondo luogo va sottolineato
come da una parte l’accentuazione localistica dell’appartenenza (sia nella versione culturale che spaziale) e l’assenza di valori di natura universalistici e collettivi determinano processi di intolleranza e construiscono identità chiuse,
dall’altra un’identità fluida senza radici culturali produce un
“cosmopolitismo banale” (Beck, 2003) incapace di determinare processi di cambiamento sociali e collettivi. Sulla base
dei dati emersi è facile notare in queste piccole comunità la
presenza di una nuova forma di disparità. Essa si esprime soprattutto sul piano cognitivo determinando comportamenti di
chiusura, intolleranza, con identità localistiche, incapace di
avviare processi riflessivi e di rilettura della propria cultura e
tradizione. Altresì si verifica una drammatica spaccatura tra
due gruppi sociali in cui da una parte si delinea la formazione
di un’elite senza nessun sentimento di appartenenza e dall’altra la formazione di settori sociali che vivono l’appartenenza
in termini irriflessivi e cristallizzati.
CONCLUSIONI
Negli ultimi tempi nella letteratura internazionale è posto
sempre più in evidenza che la rappresentazione dell’adolescente, inteso come prodotto astratto dell’esperienza infantile e della maturazione puberale, come modello standard in
transizione, ha oscurato una riflessione approfondita sulle
reali condizioni generazionali degli adolescenti contemporanei. E’ evidente che le varie realtà nelle quali gli adolescenti si trovano inseriti come la scuola, i gruppi dei pari,
i social network implicano una necessaria ridefinizione del
loro senso di appartenenza a partire non più dai solidi schemi
precostruiti ma da una prassi, diventata obbligatoria, che è
quella di fare delle scelte. Ciò implica non solo un’elevata
capacità riflessiva, quasi ermeneutica, degli adolescenti nel
ridefinire i contorni semantici del loro mondo vitale ma anche di coniugare e scindere al tempo stesso la realtà virtuale
(nella quale gli adolescenti sono profondamente coinvolti)
93
SCIENZE SOCIALI | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
da quella reale.
Prima di discutere i risultati della ricerca vale la pena individuare i limiti di questo studio intorno almeno a tre questioni. In primo luogo i risultati raggiunti, giacché si riferiscono
a specifici contesti sociali locali, non possono rappresentare
la condizione generale degli adolescenti italiani rispetto ai
temi dell’appartenenza e dell’identità. Essi riflettono i limiti di una ricerca qualitativa e esplorativa dalla quale non si
possono produrre generalizzazioni empiriche ma solo eventualmente creare le precondizioni teoriche, delineando ipotesi di ricerca, utili per lo sviluppo di una successiva ricerca.
In secondo luogo una ulteriore ricerca è necessaria sia per
verificare la validità dei risultati ottenuti sia per approfondire
aspetti non considerati, come l’importante nesso tra il senso
di appartenenza e le nuove realtà virtuali divenute paradigmatiche della cultura adolescenziale contemporanea. Infine
si deve sottolineare che i risultati della ricerca risalgono al
periodo 2008-2009 e evidentemente avrebbero bisogno di un
aggiornamento sebbene siano stati corroborati da recentissime ricerche nazionali e internazionali rispetto alle quali, al
di là qualche distinguo, l’impianto complessivo viene confermato.
Nonostante queste limitazioni e riflessioni la ricerca permette di sviluppare diversi risultati rilevanti. In termini generali, la ricerca ha mostrato che l’appartenenza tra i nativi
digitali, nonostante assuma contorni sempre più elettivi e
meno legati a fattori prescrittivi ereditati, rimane un criterio
di definizione della stessa personalità e in generale dell’identità dell’adolescente. Se gli adolescenti della ricerca si
ritirano in una comunità familiare, affettiva dominata quasi
dalla tirannia dell’intimità (Sennett 1976; Campelli 2004;
Giardiello 2014a), non rinunciano a scegliere, a riflettere e
sperimentare strade, percorsi biografici finalizzati a ricomporre un quadro semantico frammentario e precario, che dia
senso e forza, anche se non definitivo, alla loro esistenza.
Indubbiamente la ricerca evidenzia come nella società dei
flussi, dell’era digitale il senso di appartenenza sociale intesa
come sentirsi parte di un gruppo o di qualcosa non è eliminato piuttosto si trasforma mutando radicalmente la sua natura.
Più specificatamente quello che emerge è una commistione
tra elementi simbolici e relazionali sostenuti da una ricerca
di un’identificazione soggettivamente sentita nei confronti di
un milieu culturale che si presenta privo o scarsamente ancorato a una dimensione spaziale definita. La ricerca mostra
anche che nel caso in cui ciò non accade perché si verifica
un’aderenza a-critica e irriflessiva alla realtà spaziale oppure un processo di disancoraggio rispetto alle dimensioni
simboliche, culturali della propria comunità, l’adolescente
sperimenta una «bibliografia funambolica» la cui caduta implica uno scivolamento in realtà regressive sul piano della
costruzione dell’identità. In questa circostanza si forma un
duplice meccanismo regressivo che ha un forte impatto nella
costruzione dell’identità: da una parte il formarsi di un «cosmopolitismo banale» centrato su un Io narcisistico che si
considera parte del mondo a partire dalla condivisione di una
cultura del consumo e dei media vissuti prevalentemente in
94
un modo non riflessivo e dall’altra un ritorno, senza nessuna mediazione simbolica e riflessiva, a strutture prescrittive
che forniscono sicurezza identitaria. Si tratta di una reazione
alle difficoltà di scegliere e elaborare la propria biografia a
partire da se stesso, dalla quale si sfugge attraverso un «incapsulamento» all’interno di nuove identità tribali basate
sulla logica in-group/out-group. In queste riflessioni emerge
chiaramente come la qualità del vissuto e della percezione
dell’appartenenza assume un ruolo e una funzione centrale
nella costruzione della vita degli adolescenti determinando,
in un modo decisivo, i rapporti, le relazioni e le pratiche di
vita che gli adolescenti generano e sviluppano nei confronti dei loro mondi vitali. Se la letteratura internazionale ha
evidenziato, ad esempio, che stabilire un senso di appartenenza nel periodo di reinserimento precoce è fondamentale
per il benessere tra gli adolescenti con un passato di rifugiati
(Ignacio et al. 2010), è altrettanto fondamentale riflettere sui
processi riflessivi che portano a rivedere e ricostruire il concetto di appartenenza in una società molto individualizzata.
E’ proprio a partire della specifica condizione adolescenziale, come generazione digitale e biografica, che la ricerca sociologica, e in generale le scienze sociali, dovrebbe iniziare a
indagare ambiti e settori spesso relegati in campi determinati
dagli approcci psicosociali o psicologici.
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95
SCIENZE SOCIALI | SCIENZE E RICERCHE • N. 8 • GIUGNO 2015
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