Il rapid prototyping Le tecniche di prototipazione rapida (o

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Il rapid prototyping Le tecniche di prototipazione rapida (o
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Il rapid prototyping
Le tecniche di prototipazione rapida (o, utilizzando la dizione inglese, rapid prototyping,
RP) sono una serie di sistemi che, prescindendo dalla complessità costruttiva dell'oggetto,
lo riproducono con tecniche additive, partendo da una sua definizione matematica
specificata su un CAD tridimensionale ed utilizzando processi rapidi, flessibili e
altamente automatizzati. Già da questa breve definizione sono chiari i punti di forza di
queste tecniche: la possibilità di realizzare in tempi ridottissimi (da alcune ore a pochi
giorni) un prototipo in un'ampia gamma di materiali, indipendentemente da forma e
complicazione geometrica, senza nessun ausilio di attrezzature.
Perché la prototipazione rapida?
Fin dall'antichità, gli inventori, i disegnatori, i creativi si sono serviti sempre di un piano
bidimensionale per comunicare e valutare le loro idee, prima di tradurle in pratica.
Mentre nel passato i primi progettisti si affidavano a compasso e carta pergamena, quelli
contemporanei possono fare uso di un vero e proprio arsenale di mezzi di progettazione.
Ciononostante, il progettista non è mai assolutamente certo che ciò che osserva sullo
schermo sia una fedele rappresentazione del concetto che intende realizzare. La
prototipazione rapida è il tentativo più riuscito di sfondare questa barriera: quella di
trasformare le fuggevoli immagini in un oggetto solido e concreto, da toccare con mano.
Passato, presente e futuro
Dall'idea pionieristica di Charles W. Hull, datata 1982, è nata 3D Systems Inc., società
americana capostipite del settore e, cinque anni più tardi, il primo apparato per la
stereolitografia, la SLA-1. Da quegli anni un numero sempre più elevato di ricercatori e,
naturalmente, utilizzatori ha segnato il mondo (ed il mercato) della Prototipazione
Rapida, favorendone l'evoluzione in termini di diffusione e di prestazioni. La presenza
sempre più capillare di sistemi CAD ha dato una spinta straordinaria alla ricerca di
metodologie sempre nuove e diverse, finalizzate alla realizzazione di oggetti a partire da
una geometria definita elettronicamente. Dalle ricerche, perciò, sono nate e si sono
consolidate altre tecnologie come il selective laser sintering (più brevemente SLS), il
fused deposition modeling (o FDM), il laminated object manufacturing (LOM) e molte
altre.
Da allora molte cose sono cambiate e le attività portate avanti dai primi pionieri vengono
ora affrontate in modo sistematico soprattutto da realtà industriali di piccola/media
dimensione. La comparsa di questa tecnologia “esotica” che era in grado di realizzare
elementi fisici direttamente dal CAD 3D per aggiunta progressiva di materiale destò
molto scalpore e suscitò un forte interesse ed una serie di aspettative che portò a pensare
che queste tecniche non avessero praticamente limiti.
Naturalmente, con il passare del tempo, la ricerca e lo sviluppo hanno favorito
l'evoluzione dei sistemi in termini prestazionali (tempi di lavorazione minori, tolleranze
dimensionali inferiori, finitura superficiale ancora migliore, resistenza dei modelli RP a
condizioni climatiche variabili e a sollecitazioni meccaniche, termiche e chimiche sempre
più forti).
Oggi possiamo considerarci in una fase dove: le macchine di PR sono di semplice
impiego; la qualità dei prototipi in termini di precisione dimensionale, rugosità
superficiale e prestazioni meccaniche è cresciuta e in ogni caso stimabile; è disponibile
un'ampia gamma di materiali; sono noti i metodi e i limiti d’impiego dei prototipi nel
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settore dell’attrezzaggio rapido. In definitiva queste tecnologie sono considerate a pieno
titolo mezzi per lo sviluppo rapido dei prodotti e delle attrezzature.
le trasformazioni del mercato avvenute dagli anni ‘70 agli anni ‘00 hanno imposto una
crescita del numero di varianti, una progressiva riduzione del ciclo di vita del prodotto,
un incremento della sua complessità e il contenimento dei tempi di consegna; un ritardo
di alcuni mesi nell’immissione del prodotto sul mercato può determinare una perdita degli
utili anche del 30%; mentre un incremento del 50% dei costi di sviluppo risulta
ampiamente accettabile. La definitiva accettazione da parte del mercato e, più tardi, il
successo di queste tecnologie è stato decretato proprio da questa inarrestabile tendenza a
ridurre i tempi di sviluppo dei nuovi prodotti. Questo è stato il fattore di successo
principale.
Le tecniche di prototipazione e attrezzaggio rapidi giocheranno nel nuovo millennio un
ruolo sempre più determinante nello sviluppo dei nuovi prodotti e delle relative
attrezzature. Nell’era della globalizzazione dei mercati la capacità di offrire tempi di
sviluppo e industrializzazione sempre più contenuti è il nuovo e stimolante obiettivo per
le nostre imprese. Queste tecnologie innovative rappresentano il collante tra le varie fasi
di sviluppo del prodotto come la progettazione, il CAD 3D, la definizione
dell’attrezzatura e la fabbricazione della pre-serie.
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Le tecniche di Rapid Prototyping
Prima di parlare di prototipazione rapida è opportuno ricordare che per prototipo si intende il primo elemento di una serie.
Durante la fase di sviluppo di un prodotto vengono realizzate le seguenti tipologie di prototipi:
concettuali
funzionali
tecnici
preserie
Il prototipo può svolgere diverse funzioni all'interno del ciclo di sviluppo prodotto: per la progettazione verificare un’idea, per
il marketing può servire per provare la risposta del mercato ad una nuova proposta e per la produzione può essere utile per
verificare un ciclo di fabbricazione. In definitiva le funzioni del prototipo sono quindi la verifica funzionale, la valutazione
dei costi, la valutazione di tempi di flusso e della risposta del mercato.
Gli obiettivi di ciascuna tipologia di prototipo sono ovviamente differenti, così come il materiale e la metodologia impiegati per
la sua costruzione.
La tecnologia tradizionale della fabbricazione dei prototipi è affidata ai modellisti che, sulla base delle indicazioni di grafici e
progettisti, li realizzano con operazioni soprattutto manuali. Costi e tempi di questa operazione stanno diventando
incompatibili con le esigenze delle aziende di ridurre drasticamente i tempi di immissione di nuovi prodotti sul mercato.
E’ quindi diventato imperativo lo sviluppo di una nuova tecnica che permetta la compressione dei tempi e dei costi per la
fabbricazione dei prototipi, avendo come punto di partenza il modello matematico dell’oggetto da realizzare: la
prototipazione rapida. Questa filosofia innovativa rende possibile la produzione, in poche ore e senza l’uso di utensili, di
oggetti di geometria comunque complessa, direttamente dal modello matematico dell’oggetto realizzato su di un sistema CAD
tridimensionale.
Con il termine Rapid Prototyping si intende un insieme di processi che realizzano modelli e componenti per addizione di
materiale layer by layer a partire da un modello matematico tridimensionale. Diversamente da tutte le macchine tradizionali,
che funzionano per sottrazione successiva di materiale da un blocco nel quale è contenuta la forma che si vuole ricavare, i
sistemi di RP fabbricano strati successivi di materiali costituiti di volta in volta da liquidi, polveri, fili o laminati. Strato dopo
strato, queste macchine ricostruiscono l'oggetto che rappresenta il modello matematico di partenza. Per questa ragione tale
tecnologia produttiva è anche nota come Layer Manufacturing.
Le fasi del processo di Rapid Prototyping
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Il prototipo deve essere disegnato al CAD utilizzando un modellatore tridimensionale solido o superficiale. Soprattutto nel caso
dei modellatori superficiali, bisogna porre particolare attenzione alla chiusura e alla connessione di tutte le superfici, onde
evitare che siano presenti gap o sovrapposizioni che vadano a inficiare il risultato del lavoro di modellazione.
Successivamente, il modello CAD viene elaborato in un formato compatibile con il software di gestione della macchina RP.
Lo standard grafico attualmente accettato da tutti i costruttori è l'STL (solid to layer), introdotto dalla società 3D Systems.
Tale formato prevede la tassellizzazione (o mesh) delle superfici interna ed esterna del pezzo attraverso elementi triangolari.
L'approssimazione di superfici curve attraverso facce triangolari introduce inevitabilmente un errore, valutato misurando la
distanza tra il baricentro del triangolo e la superficie originaria. E' possibile infittire il numero dei triangoli in presenza di una
superficie curva del modello per raggiungere l'approssimazione richiesta.
L'STL è un formato molto banale e ridondante, nel quale sono indicati per ogni triangolo le tre coordinate spaziali dei tre
vertici ed i tre coseni direttori della normale esterna alla superficie così definita.
La triangolarizzazione dovrebbe essere sempre effettuata all'interno dell'ambiente CAD: quando questo non è possibile (per la
mancanza nel sistema del modulo di salvataggio in formato STL) è necessario utilizzare dei formati di interscambio (quali
IGES, VDA o altri) e convertire il file in STL con dei CAD o dei convertitori software creati appositamente per questo scopo.
È necessario ridurre al minimo questi passaggi intermedi, per evitare il deterioramento della "matematica" del modello e la
necessità di riparare i files STL in uscita per la presenza di superfici non connesse o con incoerenze, che non possono essere
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trattate da un sistema RP.
Spesso, però, può capitare che anche senza utilizzo di formati di dati intermedi, il file STL creato sia di scarsa qualità o
comunque debba essere "riparato": è quindi necessario che la workstation dedicata al RP sia equipaggiata con software
adeguato.
Il file STL viene poi elaborato dalla macchina per le successive fasi di orientamento del pezzo, generazione dei supporti e
slicing. La prima fase consente di selezionare la direzione di "crescita" ottimale del prodotto, che influenza notevolmente
precisione dimensionale, finitura superficiale e tempi e costi di produzione. La seconda fase è necessaria per alcune tecniche,
per sostenere eventuali parti a sbalzo. Il file deve poi subire una ulteriore elaborazione, ovvero deve essere sezionato con una
serie di piani ortogonali alla direzione di "crescita", per ottenere le coordinate del contorno di ciascuna sezione.
Lo slicing è un'operazione critica, perché condiziona in modo determinante la precisione del prototipo. Può essere uniforme,
dando origine a strati di spessore costante, oppure adattativo ed in tal caso lo spessore verrà scelto in funzione della curvatura
superficiale, per limitare al massimo l'aspetto a gradini della superficie esterna (effetto staircase). In questo secondo caso,
quindi, la precisione del modello è sostanzialmente migliore, senza aver appesantimenti del file inviato al sistema di
prototipazione. Le sezioni, che vengono costruite in successione dalla macchina RP, hanno spessori che variano da 0.05 a 0.5
mm, in dipendenza dalla tecnologia utilizzata.
Una volta ultimate queste operazioni preliminari, il prototipo viene generato dalla macchina, gli eventuali supporti vengono
rimossi e il pezzo viene finito manualmente e, in certi casi, sottoposto a post-trattamenti per migliorarne le caratteristiche.
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La stereolitografia (SLA)
Il processo stereolitografico (SLA è l’abbreviazione di StereoLitographic Apparatus) coinvolge
quattro differenti tecnologie: laser, ottica, chimica dei fotopolimeri e software, ed è il primo e più
importante sistema di RP commercialmente diffuso.
Il processo è suddiviso in quattro fasi principali: preparazione, costruzione, pulizia e
post-trattamento.
1. La preparazione, che avviene su workstation, prevede (ove necessario) anche la
predisposizione dei supporti necessari per il sostegno del particolare durante la sua
realizzazione.
2. La fase di costruzione del prototipo è controllata dal calcolatore. Il fascio laser (con potenze
dell'ordine di qualche decina di mW) viene localizzato, mediante un opportuno sistema di
ottica, sulla superficie della vasca contenente il monomero epossidico (allo stato liquido). Il
fascio laser innesca una reazione chimica a catena che ha per effetto la polimerizzazione e
perciò la creazione di una particella solida. Il movimento nel piano di focalizzazione del laser
consente la realizzazione della prima sezione del prototipo. L'elevatore si abbassa di una
quantità pari allo spessore di fotopolimero solidificato e una lama, o un sistema di ricopertura
di precisione, ricopre la sezione appena costruita di un film liquido di monomero. Il processo
riprende con la solidificazione di uno stato successivo, che aderisce stabilmente alla sezione
sottostante.
3. Il processo continua fino alla completa realizzazione del prototipo, che verrà estratto dalla
vasca sollevando l'elevatore e pulito per la fase successiva.
4. È chiaro che, per contenere il tempo di costruzione, il laser non può solidificare integralmente
la sezione, ma si limiterà al suo profilo e ad un certo numero di linee che congiungono il
perimetro interno con quello esterno, creando una struttura a nido d'ape. Al termine di questa
fase, il particolare (green part) è solidificato all'esterno ma non completamente all'interno.
Essendo la consistenza fisica non ancora accettabile, dovrà subire un post-trattamento per
completare il processo di polimerizzazione. Quest'ultimo consiste nell'esposizione del
particolare ad una lampada ad ultravioletti: la durata di questo processo è funzione delle
dimensioni del particolare. In questo modo si completa la polimerizzazione della resina liquida
ancora intrappolata all'interno del pezzo (che viene a questo punto chiamato red part).
Completato il post-trattamento si provvede all'asportazione degli eventuali supporti e alla
finitura del pezzo.
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Le principali caratteristiche che deve presentare un fotopolimero per impieghi stereolitografici
possono essere così riassunte:
elevata reattività alla radiazione laser utilizzata
viscosità stabile e controllabile
limitata volatilità
limitata tossicità
basso ritiro
bassa energia di attivazione
buone proprietà meccaniche dopo la polimerizzazione
La sinergia tra i costruttori dei sistemi per la stereolitografia e i fabbricanti delle resine,
concretizzatasi in una lunga e costosa sperimentazione, ha consentito la messa a punto di
fotopolimeri ad alte prestazioni che ottimizzano queste caratteristiche.
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Polijet
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Polyjet
Il principio di funzionamento utilizzato per la realizzazione del prototipo è la stampa
a getto di un fotopolimero. Gli step con cui avviene la costruzione del prototipo,
partendo dal file STL di questo, sono i seguenti:
1. dopo aver determinato con l’operazione di slicing il profilo della sezione, una
testina di stampa multiugello trasla depone in modo selettivo il fotopolimero;
2. lo strato deposto viene completamente e contemporaneamente solidificato da
una coppia di lampade ad ultravioletti posizionata dietro la testa di stampa;
3. ultimata la deposizione di una sezione, la tavola di costruzione si abbassa in
direzione Z di una quantità pari allo spessore dello strato ed il processo
riprende sino alla completa realizzazione del prototipo.
Al termine della fase di costruzione si effettua la rimozione dei supporti ed il pezzo è
pronto per la finitura manuale e l’utilizzo finale. A differenza della stereolitografia
non è necessario effettuare il post-trattamento dal momento che lo strato deposto è
completamente solidificato dalle lampade UV.
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La stereolitografia
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Multi Jet Modelling
I prototipi vengono generati impiegando una tecnica simile a quella della stampa a getto di
inchiostro aggiungendo però la terza dimensione ottenuta attraverso lo spostamento lungo
l’asse Z della piattaforma di lavoro. Il cuore del sistema è costituito dalla testina stampante
multiugello che eiettano, quando richiesto, un termoplastico liquefatto, il materiale rilasciato
dagli ugelli solidifica e aderisce con il precedente strato.
Le fasi del processo di costruzione sono le seguenti:
1. la testina viene posizionata sopra la piattaforma di lavoro per iniziare la generazione del
prototipo;
2. la testina genera il primo strato depositando materiale durante il movimento nel piano
X-Y;
3. la piattaforma viene abbassata e inizia la deposizione dello strato successivo;
4. il processo continua, strato dopo strato fino al completamento del modello;
terminato il processo di costruzione si provvede all’eliminazione dei supporti ed il modello può
essere immediatamente utilizzato.
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La stereolitografia
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Drop on Demand
I prototipi vengono generati impiegando una tecnica simile a quella della stampa a getto di inchiostro
aggiungendo però la terza dimensione ottenuta attraverso lo spostamento lungo l’asse Z della
piattaforma di lavoro. Il cuore del sistema è costituito da due testine indipendenti tra loro che
eiettano su richiesta, un termoplastico liquefatto, il materiale rilasciato dagli ugelli solidifica e
aderisce con il precedente strato.
Le fasi del processo di costruzione sono le seguenti:
1. le testine vengono posizionate sopra la piattaforma di lavoro per iniziare la generazione del
prototipo;
2. le testina depongono in sequenza prima il materiale di costruzione e successivamente quello di
supporto durante il loro movimento nel piano X-Y;
3. la piattaforma viene abbassata e inizia la deposizione dello strato successivo;
4. il processo continua, strato dopo strato fino al completamento del modello;
terminato il processo di costruzione si provvede all’eliminazione dei supporti ed il modello può
essere immediatamente utilizzato.
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Laser Sintering
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Laser Sintering
Diverse sono le tecnologie che fanno uso della sinterizzazione laser per la creazione di prototipi
a partire da un materiale che ha consistenza di polvere (i più comuni sono materiali
termoplastici, metalli e sabbia). Le modalità operative del processo sono suddivise nelle
seguenti fasi:
1. Uno strato di polvere viene deposto da un rullo e pressato sull'elevatore. La camera dove
avviene la sinterizzazione è mantenuta in atmosfera inerte e ad una temperatura prossima
a quella di fusione della polvere, sia per minimizzare l'energia richiesta al laser (si
utilizzano laser a CO 2 tra i 50W e i 200W), sia per minimizzare gli effetti del
cambiamento di volame indotto dal cambiamento di fase.
2. La radiazione laser sinterizza la polvere consolidando la sezione.
3. L'elevatore si abbassa di una quantità pari allo spessore dello strato ed il processo può
riprendere fino alla completa costruzione del prototipo.
Tale metodo costruttivo non necessita di supporti per il particolare in lavoraz one, le cui parti a
sbalzo vengono sostenute dalla polvere non sinterizzata.
Il particolare finito (red part) deve essere estratto e pulito dalla polvere non sinterizzata. Non si
presentano problemi per l'evacuazione delle polveri rimaste nelle cavità interne. I pezzi in
materiale polimerico generalmente non necessitano di post-trattamento, mentre particolari
metallici e ceramici subiscono un trattamento termico che ne incrementa le cnratteristiche
meccaniche. La finitura del pezzo, vista la sua caratteristica costruttiva, non può essere
effettuata con tela abrasiva; si ricorre pertanto ad operazioni di infiltrazione con cera o, più
semplicemente, ad una verniciatura con resina epossidica per eliminare le porosità della
superficie.
Pur utilizzando laser più potenti, rispetto alla stereolitografia si ha il vantaggio di poter
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Laser Sintering
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impiegare materiali del tutto atossici, no limitati al solo campo delle materie plastiche.
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Fused Deposition Modeling (FDM)
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http://www.apri-rapid.it/fdm.htm
Fused Deposition Modelling (FDM)
E' l'unico sistema che impiega fili e barrette di materiali differenti per costruire il
prototipo.
Il cuore del sistema è la testa di estrusione che fonde il materiale (ad una
temperatura che dipende dal materiale stesso, adeesempio per l'ABS circa 270°C) e
lo deposita in sottili strati tramite un ugello calibrato. La testa di estrusione si muove
nel piano per poter generare il contorno della sezione in lavorazione. La prima
sezione viene realizzata su un supporto che si muove verticalmente e consente la
costruzione del prototipo. La testa di estrusione, una volta realizzati i perimetri
interno ed esterno della sezione, dovrà riempire lo spazio compreso tra questi per
incrementare le proprietà meccaniche del prototipo.
Il particolare non necessita di post-trattamento, gli eventuali supporti vengono
generati automaticamente dal software di gestione.
Il controllo della temperatura della testa di estrusione e della zona di lavoro è di
fondamentale importanza per la corretta costruzione del particolare.
Il processo ha il vantaggio di essere "pulito" dal punto di vista dell'impatto
ambientale e la stazione di lavoro può essere installata a fianco di un CAD.
I materiali impiegati sono a basso punto di fusione e alcuni di questi sono cera, ABS,
lega ABS-metacrilato.
Le dimensioni di lavoro dei sistemi FDM variano da 250x250x250 mm a
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Fused Deposition Modeling (FDM)
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600x500x600 mm.
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Laminated Object Manufacturing (LOM)
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Laminazione di fogli di carta (LOM)
E’ una tecnica idonea a costruire prototipi di grandi dimensioni in tempi ridotti
rispetto a quanto si può ottenere con gli altri sistemi di prototipazione; essa si realizza
tramite il progressivo incollaggio di fogli di carta sui quali viene successivamente
ricavata la sezione del pezzo mediante taglio meccanico o laser.
Le fasi previste per la realizzazione del pezzo sono le seguenti:
incollaggio e taglio delle sezioni: è la fase di costruzione del prototipo
controllata dal calcolatore di processo, nella figura è riportata la soluzione che
prevede l’impiego del laser per il taglio della sezione. Al termine si ottiene un
parallelepipedo di materiale stratificato dal quale è necessario estrarre il pezzo,
operazione assimilabile ad un vero e proprio post-trattamento e delicata
perché il materiale in eccesso deve essere tolto manualmente con utensili
particolari tipici della lavorazione del legno. Dalla descrizione appare evidente
che la funzione di supporto è svolta dalla carta in eccesso alla sezione tagliata;
finitura: l’aspetto esterno e la consistenza di un pezzo ottenuto con la tecnica
di stratificazione è simile a quella del compensato, esso presenta però una
forte anisotropia lungo la direzione perpendicolare a quella di costruzione con
forti rischi di delaminazione. Il trattamento con tela abrasiva permette di
ottenere buone finiture delle superfici ma queste devono comunque subire un
trattamento di impermeabilizzazione con vernice per evitare che l’umidità
dell’atmosfera causi deformazioni.
I particolari possono essere impiegati per verifiche estetiche, di montaggio, in
sostituzione dei classici modelli in legno per i processi fusori e nell’attrezzaggio
rapido.
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Laminated Object Manufacturing (LOM)
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3D Printing
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http://www.apri-rapid.it/3dprint.htm
3D Printing
E’ una tecnologia sviluppata presso il M.I.T. di Boston, nata inizialmente per la
produzione di gusci ceramici ha trovato ultimamente un notevole nella produzione di
elementi metallici e nella modellazione concettuale.
Comprende numerose tecnologie per la prototipazione attraverso l'utilizzo di polveri
ceramiche, polveri di cellulosa e polveri metalliche.
La sequenza di operazioni necessarie per la preparazione di un prototipo è del tutto
simile a quella della sinterizzazione laser e si differenzia da quest'ultima per il metodo
impiegato nell'unione delle polveri. In tale tecnologia vengono unite mediante un
collante spruzzato con la tecnica della stampa a getto d'inchiostro. Non sono necessari
supporti per il particolare che però, deve essere estratto delicatamente dalle polveri.
Il sistema di incollaggio deve possedere le seguenti caratteristiche:
la soluzione spruzzata deve contenere un'alta percentuale di collante ed avere
bassa viscosità
la soluzione deve essere leggermente conduttiva per agevolare il lavoro della
testina di stampa
il collante deve essere fatto asciugare rapidamente prima di poter applicare un
secondo strato di polvere
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3D Printing
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È necessaria, poi, una fase di post-trattamento di tipo combinato termico e chimico, al
fine di evitare disgregazioni e per conferire migliori caratteristiche meccaniche
all'elemento prodotto. In particolare vengono effettuati trattamenti di infiltrazione per
garantire compattezza al particolare.
Oltre a quelle già nominate si segnalano, in questo gruppo, macchine desktop; le
dimensioni ed il costo contenuto ne fanno un prodotto con una base di potenziali
utilizzatori sicuramente più ampia dei sistemi RP tradizionali.
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APRI - SLM
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Selective Laser Melting
La fusione selettiva con il laser rappresenta una variante rispetto alla classica sinterizzazione
selettiva laser, le differenze sostanziali rispetto a quest’ultima sono:
l’utilizzo di una polvere metallica integrale senza l’aggiunta di elementi bassofondenti;
la necessità di fornire una densità di energia molto più elevata per portare a fusione la
polvere che si traduce nell’esigenza di una sorgente laser a elevata potenza.
Il vantaggio è quello di ottenere un elemento massivo ad elevata densità, con caratteristiche
metallurgiche identiche a quelle dei particolari realizzabili con i processi di produzione
convenzionali.
Partendo dal file STL del componente da realizzare, il processo di costruzione è sintetizzabile
nei punti seguenti:
la polvere metallica viene depositata, pressata e livellata sulla tavola di costruzione
della macchina;
la radiazione laser, opportunamente focalizzata con un sistema di specchi nel piano
X-Y, fonde in modo selettivo le particelle metalliche realizzando in tal modo la sezione
desiderata e facendola contemporaneamente aderire a quella precedente. Nella camera
di costruzione viene addotto un gas inerte per evitare l’ossidazione del materiale,
durante la sua interazione con la radiazione laser;
l’elevatore viene abbassato di una quantità pari allo spessore dello strato ed il processo
riprende fino alla completa costruzione del pezzo.
Al termine della fase di costruzione, l’elevatore viene sollevato per poter estrarre il prototipo
dal letto di polvere non trattata. La superficie del componente così ottenuto può essere
migliorata sia mediante pallinatura che con la classica finitura manuale, è inoltre possibile
effettuare le classiche lavorazioni meccaniche di foratura, fresatura e filettatura.
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APRI - SLM
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3D Printing
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Electron Beam Melting
L'electron beam melting rappresenta una variante rispetto alla classica
sinterizzazione selettiva laser, le differenze sostanziali rispetto a quest’ultima sono:
l’utilizzo di una polvere metallica integrale senza l’aggiunta di elementi
bassofondenti;
la necessità di fornire una densità di energia molto più elevata per portare a
fusione la polvere mediante una sorgente Electron Beam.
Il vantaggio è quello di ottenere un elemento massivo ad elevata densità, con
caratteristiche metallurgiche identiche a quelle dei particolari realizzabili con i
processi di produzione convenzionali.
Partendo dal file STL del componente da realizzare, il processo di costruzione è
sintetizzabile nei punti seguenti:
la polvere metallica viene depositata, pressata e livellata sulla tavola di
costruzione della macchina;
il fascio di elettroni, opportunamente focalizzata con un sistema di specchi nel
piano X-Y, fonde in modo selettivo le particelle metalliche realizzando in tal
modo la sezione desiderata e facendola contemporaneamente aderire a quella
precedente. Nella camera di costruzione viene eseguito il vuoto per evitare
l’ossidazione del materiale;
l’elevatore viene abbassato di una quantità pari allo spessore dello strato ed il
processo riprende fino alla completa costruzione del pezzo.
Al termine della fase di costruzione, l’elevatore viene sollevato per poter estrarre il
prototipo dal letto di polvere non trattata. La superficie del componente così
ottenuto può essere migliorata sia mediante pallinatura che con la classica finitura
manuale, è inoltre possibile effettuare le classiche lavorazioni meccaniche di
foratura, fresatura e filettatura.
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3D Printing
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APRI - Reverse Engineering
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Reverse Engineering
Introduzione
Il ciclo della Reverse Engineering
Metodi e dispositivi di rilevazione dei punti
Introduzione:
La necessità di riprodurre la geometria degli elementi creati manualmente dai modellisti è ormai
sentita nelle moderne infrastrutture produttive che necessitano del modello matematico
(CAD3D) accurato sia per la fase di prototipazione che per i successivi processi di sviluppo e
lavorazione nonché per l'interazione con i fornitori. Il data base del CAD tridimensionale
costituisce pertanto una solida base di partenza per tutto il ciclo produttivo e gioca un ruolo di
primaria importanza nel processo di sviluppo del prodotto.
Peculiarità delle creazioni dei designer industriali è la complessità delle forme da realizzare, non
descrivibili con entità geometriche standard. I prodotti infatti, oltreché possedere le
caratteristiche funzionali definite dai progettisti, devono essere dotati anche di un valore estetico
e devono essere di forte richiamo per il pubblico.
Esistono sul mercato dei pacchetti software che consentono di disegnare forme non matematiche
i quali sono i grado, a partire da un semplice disegno bidimensionale, di modellare un oggetto
tridimensionale; tuttavia il lavoro da svolgere è particolarmente oneroso specie in presenza di
forme complesse e ricche di dettagli.
Un possibile aiuto può venire dalle tecniche di Reverse Engineering (RE) che consentono di
recuperare delle forme già esistenti ed eventualmente effettuare delle operazioni di modifica su
esse. Questa attività permette inoltre di recuperare il patrimonio di forme (modelli fisici) che
ciascuna Azienda possiede inserendole in un data-base dove rimarranno sino a che non siano
giudicate utili; solo a quel momento verranno prelevate, elaborate, modificate se necessario e
quindi processate per l’utilizzo.
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APRI - Reverse Engineering
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Con il termine Reverse Engineering (RE) si individua una metodologia che consente, partendo
dal modello fisico, di risalire alla sua descrizione matematica. Dalla nuvola di punti, ottenuta dal
processo di tastatura con o senza contatto, è quindi possibile matematizzare l'elemento,
realizzare uno shading o generare un file STL idoneo alla successiva prototipazione.
Rappresenta dunque un'evoluzione di quanto avveniva nel passato nelle officine di costruzione
stampi, con i primi sistemi di copiatura che permettevano esclusivamente la replicazione senza
modifiche dei master realizzati nelle modellerie.
Il riprodurre per intero il modello matematico dell’oggetto solido in questione può essere sentito
in varie circostanze:
1. nel caso di reperti archeologici può fornire una soluzione rapida ed efficiente per duplicare
e conservare campioni di difficile manipolazione, può permettere di creare una banca dati
accessibile anche a notevoli distanze, infine può essere utile per creare imballaggi;
(modello matematico)
(modello fisico)
2. nell’ambito industriale permette di chiudere il loop tra CAD-CAM e prototipazione rapida
PR, e molto spesso costituisce il punto di partenza per un nuovo progetto, oppure per il
rinnovamento estetico del prodotto;
3. in campo biomedico consente di preparare modelli di organi e parti anatomiche, utili per la
preparazione di protesi o per l’addestramento del personale ;
4. per la realizzazione di modelli adatti al corpo umano (calzature, guanti, casco,..);
5. per generare un modello CAD se si ha a disposizione il modello realizzato a mano dal
modellista, oppure dal designer;
6. per la creazione di archivi di componenti standardizzati utili ad accelerare le operazioni di
progettazione nell’industria.
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Il ciclo della Reverse Engineering
Per ricostruire la geometria tridimensionale di un oggetto si deve seguire un ciclo composto da
quattro fasi.
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Il punto di partenza per il processo di costruzione del modello è l’acquisizione di nuvole di punti,
cioè di punti nello spazio appartenenti alle superfici del solido.
Successivamente si cerca di estrarre dalla nuvola di punti, in modo automatico o
semiautomatico, un insieme di primitive CAD che approssimano il solido. Il file contenente le
informazioni ottenute dal dispositivo di rilevazione deve essere preliminarmente ottimizzato
attraverso opportuni filtri; solo successivamente la nuvola di punti può essere convertita in un
formato neutro (IGES, VDA, STEP, …) od importata direttamente nel software utilizzato per la
modellazione.
A tal fine è indispensabile l'intervento di un operatore esperto che operi verificando e
correggendo eventuali errori. A partire dal modello matematico realizzato, le operazioni
successive consentono di generare modelli STL da inviare ai sistemi di prototipazione o di
generare formati grafici per successivi trattamenti (rendering) o ancora per generare il database
delle forme acquisite.
Metodi e dispositivi di rilevazione dei punti
Parlando di sistemi per il rilievo dei punti sui modelli fisici il pensiero corre subito alle macchine
di misura delle coordinate (CMM) oppure ai tastatori meccanici montati su fresatrici a controllo
numerico. Effettivamente questi sono molto diffusi, affidabili e precisi, incominciano però ad
essere sostituiti da nuovi sistemi senza contatto, non altrettanto precisi, che in parte risolvono il
problema della lentezza dei sistemi tradizionali.
Esistono sul mercato diversi sistemi di cattura dei punti sui solidi, che differiscono tra di loro
essenzialmente per velocità, precisione, dimensioni del volume di lavoro.
è necessario distinguere tra sistemi di digitalizzazione e sistemi di scansione.
Con il termine digitalizzazione si intende il rilievo delle coordinate di alcuni punti, su di un
elemento fisico, i cui valori nominali sono preventivamente definiti e memorizzati nel codice che
pilota la macchina di misura o la fresatrice attrezzata con tastatore meccanico.
Viceversa con scansione si intende l'acquisizione continua delle coordinate di punti in un volume
di lavoro preventivamente definito, in questo caso i movimenti della macchina utensile o della
macchina di misura sono comandati dalla sonda che si muove su di una superficie ignota. Spesso
però questi due termini vengono confusi, tanto che abitualmente si utilizza il termine di
scansione anche per indicare l’acquisizione dei dati relativi a punti discreti.
Entrambi i sistemi sono normalmente costituiti da:
dispositivo di tastatura con o senza contatto, cioè dall’insieme di trasduttori e sonde che
consentono di rilevare i punti;
apparato di supporto e trasporto, che permette il posizionamento nello spazio del
trasduttore, rilevandone la posizione e l’orientamento, consentendo quindi il rilievo di
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oggetti di varie forme e dimensioni;
posizionatore del pezzo costituito, qualora esista, da una tavola rotante sulla quale si
blocca il componente da rilevare.
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Sistemi di Digitalizzazione
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Sistemi di Digitalizzazione
I sistemi di digitalizzazione più diffusi sul mercato sono i seguenti:
Macchine di misura a coordinate;
Bracci articolati manuali;
Scanner piezoelettrici.
Macchine di misura a coordinate (CMM):
Utilizzano la loro sonda rigida per rilevare in modo manuale o automatico i punti
sull’oggetto fisico, è necessario definire a priori il numero di punti da acquisire e
redigere il part-program che definisce il percorso della macchina. Il volume di lavoro
e le tolleranze coincidono con quelli dalla macchina di misura ed in uscita si dispone
di un file contenente le coordinate dei punti digitalizzati. Sono poco utilizzate dal
momento che sono necessari tempi elevati sia per predisporre il part-program che per
rilevare le coordinate dei punti visto che la velocità massima di acquisizione varia tra
1-5 punti al secondo. Una seconda soluzione è rappresentata da una fresatrice
equipaggiata con una sonda di digitalizzazione, questo approccio è sicuramente più
economico tuttavia i risultati sono meno precisi inoltre implica l’impossibilità di
fresare durante la fase di digitalizzazione.
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Bracci articolati manuali o digitalizzatori a stilo:
Sono costituiti da un braccio articolato a 5 gradi di libertà, sul polso è installata la
sonda a contatto. Il robot viene posizionato in prossimità del particolare da
digitalizzare e successivamente l’operatore manualmente rileva i punti; si tratta
dunque di un sistema portatile che necessita di una notevole abilità e esperienza
dell’operatore per identificare correttamente i punti da acquisire, è però possibile
evitare il problema della ridondanza dei punti sulle superfici semplici incrementando
la velocità di digitalizzazione. In uscita è possibile avere sia le coordinate dei punti
sia la connessione diretta con i sistemi CAD tridimensionali ai quali è possibile
trasmettere non solo i punti ma anche alcune primitive come le spline. I sistemi
hanno corse di lavoro che variano in funzione dell’impiego: dai 30 centimetri per
applicazioni artistiche o di modellismo fino a 2 metri per applicazioni veicolistiche. A
titolo di completezza possiamo aggiungere che questi sistemi possono essere dotati di
software per scansione continua su reticoli predefiniti e sono in definitiva dei sistemi
manuali ibridi di digitalizzazione/scansione.
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Scanner piezoelettrici:
Questi sistemi da alcuni anni sul mercato e grazie al loro basso costo hanno
l’obiettivo dichiarato di espandere il mondo della reverse engineering.
Gli scanner tridimensionali stanno diventando strumenti indispensabili nelle
applicazioni industriali, nelle applicazioni grafiche innovative e nello sviluppo di
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nuovi prodotti. Questi nuovi tipi di periferiche sono stati progettati e industrializzati
tenendo presente tutte le nuove esigenze della grafica tridimensionale.
Il cuore dei sistemi è costituito dalla sonda piezoelettrica che permette la
digitalizzazione dei modelli fisici con elevata precisione e sollecitazioni di contatto
praticamente assenti.
Non vi sono limiti sulla tipologia e materiale del componente fisico che può essere
trasformato in un file di punti. I dati acquisiti possono successivamente essere
utilizzati per applicazioni di:
reverse engineering;
prototipazione rapida;
computer grafica e animazione;
CAD/CAM 3D.
Con questi sistemi inizia a cambiare il mondo della reverse engineering sinora
costituito da macchine che presupponevano investimenti elevati. Sacrificando
qualcosa alla velocità di digitalizzazione, che avviene sulla base di una griglia
predisposta nel piano x-y e cercando il punto lungo l’asse Z, si possono ottenere
nuvole di punti di buona qualità a costi ridotti aprendo di conseguenza nuovi mercati
come l’arte orafa e l’industria dei giocattoli.
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APRI - Sistemi di Scansione
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Sistemi di Scansione
Come anticipato i sistemi di scansione, sulla base di reticoli predefiniti, permettono il rilievo
automatico di una superficie ignota e velocizzano il processo di acquisizione delle coordinate dei
punti arrivando a memorizzare oltre 1000 punti al secondo. Sono classificabili in sistemi a contatto
e senza contatto, i primi sono attualmente i più consolidati diffusi presso le aziende mentre i
secondi solo ora iniziano a garantire le prestazioni in termini di tolleranze dimensionali richieste
per le applicazioni più sofisticate della Reverse Engineering.
Sistemi a contatto;
Sistemi senza contatto.
Sistemi di scansione a contatto:
Sono nati per soddisfare le esigenze dell’officina che sulla base di un master doveva ricavare le
parti maschio e femmina dello stampo e solo da pochi anni, grazie all’evoluzione dei sistemi CAD,
coinvolgono anche le attività dei progettisti.
Utilizzano una sonda analogica di diametro noto per muoversi sulla superficie del pezzo e
acquisire i punti della stessa sulla base della deflessione della stessa, rispetto ai sistemi senza
contatto hanno alcuni punti di vantaggio:
non sono richiesti trattamenti della superficie del pezzo per evitare riflessioni;
possibilità di scandire superfici verticali;
la densità dei dati non è fissa ma funzione della complessità della superficie;
migliori precisioni e ripetibilità.
Per contro si hanno tempi di scansione più elevati e l’applicazione di una forza sulla superficie che
può rovinare il pezzo nel caso di materiali delicati (cera, ...) o falsare la rilevazione nel caso di
materiali flessibili (elastomeri, ..).
Sono attrezzature portatili e consistono di un sensore a contatto da installare sul mandrino di una
fresatrice a controllo numerico o sulla testa di una macchina di misura e di un software di gestione
che dialoga in modo automatico con l’unità di governo della macchina. Richiedono un tempo di
installazione ridotto e inferiore ai 60 minuti.
In abbinamento alla sonda sono anche disponibili applicativi software che permettono, sulla base
dei punti acquisiti, di effettuare numerose elaborazioni di cui le più comuni sono:
variazioni di scala sui tre assi;
traslazioni e rotazioni;
elaborazioni maschio femmina;
generazioni divisione stampo;
combinazione di modelli per stampi multipli;
creazione di programmi CNC per la fresatura dello stampo;
generazioni di output per sistemi CAD/CAM.
Le tolleranze e ripetibilità sono inferiori 0.01 mm e le forze applicate variano dai 100 a 300 g; il
limite di questi sistemi è quello di richiedere l’impiego delle fresatrici e macchine di misura per
compiti diversi a quelli per cui sono state acquistate sottraendo tempo all’attività produttiva.
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Sistemi di scansione senza contatto:
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Sono sistemi, nati espressamente come ausilio alle attività progettuali, che permettono il rilievo dei
punti sulle superfici del pezzo senza la necessità di un contatto fisico e associano questo vantaggio
ad una velocità di scansione superiore a quella dei sistemi a contatto. Le precisioni e ripetibilità
sono migliorate considerevolmente nel corso degli ultimi anni e ci si spinge sino al centesimo di
millimetro.
Sono macchine dedicate e vista la loro limitata diffusione presentano ancora costi elevati, i
principi seguiti per lo sviluppo dei sistemi sono i seguenti:
triangolazione laser;
interferometria Moiré;
fotogrammetria;
olografia conoscopica;
scanner ottico;
tomografia computerizzata.
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Sistemi basati sulla triangolazione laser:
Il principio di lavoro consiste nella lettura della riflessione del raggio laser da due
sensori posti ai lati dell’emettitore laser, sono costituiti da una testa che emette un
fascio laser che viene trasformato con un’ottica opportuna in una linea dello spessore
di pochi decimi di millimetro e da una o due telecamere con sensore CCD allo stato
solido che rilevano la posizione del raggio sull’oggetto. Le superfici dell’oggetto da
copiare devono assicurare la riflessione del fascio laser ed in alcuni casi è necessario
procedere al trattamento con spray opacizzanti. Sul mercato sono disponibili
numerose proposte che si differenziano sostanzialmente per le dimensioni del campo
di lavoro, per la precisione e la tipologia di installazione.
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Sistemi basati sulla interferometria Moiré:
Il principio di funzionamento sfrutta l’interferenza meccanica della luce che si genera
quando due reticoli angolarmente sfasati e costituiti da linee chiaro scure equispaziate
vengono sovrapposti. Nascono le cosiddette frange di Moiré che hanno la proprietà di
adagiarsi sulle superfici e permettono, tramite una sofisticata elaborazione di
immagini, la determinazione delle coordinate dei punti appartenenti alla superficie
stessa. Il vantaggio rispetto alla scansione laser consiste nella maggior velocità di
digitalizzazione del modello dal momento che è disponibile per l’elaborazione l’intero
campo visivo della telecamera.
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Sistemi basati sulla fotogrammetria:
Le metrologie topometriche e fotogrammometriche rappresentano delle tecniche
ottiche molto potenti per l’elaborazione delle immagini tridimensionali, le scene o gli
oggetti da misurare vengono infatti registrati ed analizzati sulle tre dimensioni. Si
basano sulla triangolazione ottica: la fotogrammetria impiega le immagini
stereoscopiche ottenute con diverse posizioni della telecamera, mentre quelle
topometriche utilizzano l’illuminazione con luce strutturata.
Il sensore del sistema può coprire volumi di misurazione che variano da alcuni
millimetri quadrati ad alcuni metri quadrati. Le configurazioni dei sistemi con sensori
a campi multipli o telecamere a colori consentono un’acquisizione adattativa dei dati
oltre che alla combinazione della digitalizzazione 3D con l’elaborazione di immagini a
colori.
Per l’integrazione su macchine di misura a coordinate e fresatrici sono stati sviluppati
dispositivi di calibrazione e routine di programmi di semplice utilizzo che permettono
un adattamento veloce ed affidabile dei sistemi di coordinate del sensore rispetto al
sistema di posizionamento.
Nel caso di sensori liberi l’adattamento e la combinazione delle viste parziali è
ottenuto grazie a elementi di riferimento (tipicamente sfere calibrate) e non è
necessaria la misurazione della posizione dei punti di riferimento con altri tipi di
metrologia.
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Sistemi basati sull'olografia conoscopica:
Il metodo di scansione è stato applicato inizialmente come strumento per la misura
delle dimensioni con elevata precisione per distanze variabili da 0.04 micron a molti
metri, successivamente sono stati realizzati alcuni moduli che consentono l’utilizzo
del metodo conoscopico per un’estesa varietà di applicazioni industriali inclusa la
reverse engineering.
Il beneficio chiave dell’olografia conoscopica è l’indipendenza da una fonte di luce
coerente, questa proprietà supera i vincoli pratici di stabilità e sensibilità di cui
soffrono gli strumenti interferometrici laser di tipo convenzionale.
Un ulteriore vantaggio è che questi sistemi ottici sono intrinsecamente collineari, il
che significa una relativa immunità a vibrazioni meccaniche, rumore ottico e
variazioni di temperatura.
La base fisica è l’interferenza ottica prodotta da cristalli birifrangenti illuminati con
raggi convergenti di luce polarizzata. Un raggio di luce puntiforme monocromatico
incoerente incide su di un cristallo monoassiale (birinfrangente), all’interno di questo
il raggio viene diviso in due raggi separati (ordinario e straordinario) che si propagano
a velocità differenti lungo percorsi geometrici identici. I due raggi sono caratterizzati
da fronti d’onda separati che emergono dal cristallo con distinti angoli di
polarizzazione e di fase. Le grandezze di queste quantità sono determinate dall’angolo
di incidenza del singolo raggio rispetto al cristallo. L’impiego di filtri polarizzatori
consente l’allineamento delle direzioni delle componenti elettriche dei raggi, che sono
successivamente divisi e ricombinati per generare una frangia di interferenza
all’uscita. Come nell’interferometria classica, la spaziatura delle frange è
proporzionale alla distanza dal punto della riflessione.
Il vantaggio forse più importante è la capacità di rilievo delle distanze di superfici
metalliche nude e non preparate, il sistema inoltre grazie alla sua struttura collineare è
in grado di risolvere topologie complesse con pendenze sino a 85°.
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APRI - Sistemi di Scansione
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Scanner ottico:
Definito anche sistema di cattura della geometria interna, consente assieme alla
tomografia il rilievo delle parti interne del modello fisico ma ne prevede la sua
distruzione. Il sistema esegue la scansione simultanea della superficie interne ed
esterna del pezzo. Rispetto ai tomografi ha un prezzo di acquisto dell’80% inferiore e
risulta più preciso in termini di tolleranze dimensionali. Il pezzo di cui si vuole
recuperare la matematica viene inglobato con l’ausilio di un’opportuna resina di
riempimento, si ottiene in tal modo un parallelepipedo che viene disposto sulla tavola
di lavoro della macchina.
Una fresa provvede all’asportazione di uno strato di materiale, a questo punto il
parallelepipedo viene portato al di sotto di uno scanner ottico che rileva il profilo
della sezione successivamente il pezzo viene riportato sotto la stazione di fresatura ed
il processo riprende fino al completamento della scansione.
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Tomografia computerizzata:
Visti gli elevati costi richiesti per l’investimento è impiegata soprattutto nel settore
metodo come strumento di indagine. Un dispositivo rotante proietta un raggio X
attraverso l’oggetto e ne rileva la struttura mediante una successione di piani paralleli,
che contengono anche la geometria interna del solido. In uscita si dispone una serie di
immagini a livelli di grigio che rappresentano le varie sezioni effettuate. Con pacchetti
software dedicati è possibile risalire al modello matematico tridimensionale utile per
pianificare gli interventi chirurgici.
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Ricostruzione del Modello Matematico
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Ricostruzione del Modello Matematico
Si tratta della fase più critica della Reverse Engineering dal momento che è quella
che impegna le maggiori risorse in termini di ore uomo e macchina inoltre, a
differenza della fase di digitalizzazione o scansione, è una fase che presuppone un
ampio intervento manuale dell’addetto CAD.
Qualunque sia il sistema utilizzato per la fase di rilievo delle superfici il risultato è
una nuvola di punti che viene passata in applicativo CAD/CAM, che può essere
integrato o meno nel sistema di scansione. Bisogna innanzitutto verificare le capacità
del software utilizzato poiché la mole di dati trasferiti potrebbe ingolfarlo e renderlo
inefficiente.
A seconda delle esigenze è possibile utilizzare la nuvola di punti per:
generare il file STL per la prototipazione del componente copiato;
determinare il percorso utensile per una macchina a controllo numerico;
generare il modello matematico tridimensionale.
Nei primi due casi le difficoltà sono limitate in quanto dalla nuvola di punti si
ricavano una triangolarizzazione per la generazione del file .STL e un poliedro sul
quale si valuta il percorso utensile come in qualsiasi applicativo CAM.
E’ comunque evidente che in entrambi i casi al termine non si dispone di un vero e
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Ricostruzione del Modello Matematico
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proprio modello matematico (ad esempio non è possibile aggiungere delle superfici).
Nel terzo caso si arriva al vero modello tridimensionale attraverso un processo
iterativo costituto dalle seguenti fasi:
1. filtrazione della nuvola di punti per eliminare le informazioni ridondanti;
2. riconoscimento degli spigole, curve e superfici mediante algoritmi di estrazione
delle primitive. Le primitive usate normalmente fanno parte del data-base
tipico dei sistemi di modellazione solida;
3. verifica ed eventuale modifica del solido generato facendo particolarmente
attenzione alle zone di raccordo fra le varie superfici.
Definito il modello tridimensionale è possibile effettuare l’esportazione verso altri
sistemi CAD/CAM o macchine di prototipazione rapida.
Attualmente tutti i sistemi di scansione forniscono una nuvola di punti ordinata già
elaborata e filtrata con il software di corredo alla macchina, tuttavia con questi non
si arriva al vero e proprio modello matematico.
Sono pertanto disponibili sul mercato applicativi specializzati che consentono una
pre-elaborazione della nuvola di punti per ottenere le superfici le quali verranno
successivamente trasferite mediante interfacce standard (IGES, VDA-FS, ...) ai
pacchetti CAD per la loro unione e la definizione completa del modello matematico.
Analogamente tutti i pacchetti di modellazione CAD dispongono di algoritmi più o
meno efficienti per l’elaborazione delle nuvole di punti e la generazione delle
rispettive superfici. Si pone pertanto il problema di discriminare l’investimento e
precisamente: è meglio acquistare con il sistema di scansione anche il software di
generazione delle superfici oppure potenziare il modellatore CAD con le routine di
gestione delle nuvole di punti? Purtroppo non esiste una risposta univoca ma la
scelta dipende dai livelli di investimento richiesti e dalle potenzialità sia dei pacchetti
di pre-elaborazione e CAD utilizzati.
Da sottolineare infine che all’interno de gli applicativi dedicati all'elaborazione della
nuvola di punti vi sono inoltre moduli specifici di ispezione che permettono:
il confronto tra i dati di fabbricazione (nuvole di punti) e i dati di progettazione
(modello CAD3D);
la visualizzazione rapida e precisa dei risultati della deviazione quali tracciati
di colore, tracciati ad ago…;
l’ispezione di feature solide quali fori, spallamenti…. per individuare le
deviazioni;
la generazione dei report di deviazione.
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