Derashà di Simhat Torà e Shabbat Bereshit 5774

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Derashà di Simhat Torà e Shabbat Bereshit 5774
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Derashà per Simchat Torà e Shabbat Bereshit 5774
“Agli occhi di tutto Israele, in principio creò Iddio il cielo e la terra” (Deuteronomio XXXIV,
12 - Genesi I,1).
Le Parashot di Vezot HaBerachà e Bereshit sono ‘geograficamente’ agli antipodi. Una
conclude il Sefer Torà ed una lo apre. Se si volesse passare da una all’altra sullo stesso Sefer
sarebbe necessario arrotolarlo completamente. Eppure poche parashot sono connesse come
queste due. La prova più evidente è nel momento della Simchà Torà, quando non appena lette
le ultime parole del Sefer si passa, seppur a memoria o da un libro stampato, all’inizio. Nel
momento in cui la conclusione della Torà coincide con il suo inizio, i due Azè HaChajm, gli
Alberi della vita, gli assi attorno ai quali è arrotolata la Torà, si toccano idealmente
fondendosi nel solo grande Albero della Vita.
Anche nel Tikun che si usa studiare nella notte di Oshanà Rabbà in preparazione alla Simchà
Torà, si studia tutto il libro di Devarim, compresa la Genesi!
Quando poi, come quest’anno 5774 Simchà Torà e Shabbat Bereshit quasi si toccano
(soprattutto nella diaspora) ciò è ancora più evidente se si pensa ad esempio alle stesse
melodie festive che accompagnano entrambe le occasioni.
I nostri Saggi hanno tracciato moltissimi legami tra questi due momenti. Vorrei soffermarmi
su due punti.
Noi completiamo la Torà ricordando il mancato passaggio di Moshè in Erez Israel. E subito
ricominciamo da Bereshit. Questa ciclicità però rischia di farci perdere di vista un’altra
dimensione nella quale la storia va avanti. Nella Haftarà noi leggiamo il primo brano del libro
di Jeoshua e la preparazione al passaggio del Giordano. Ci sono allora due vettori: da una
parte riprendiamo dall’inizio, ma dall’altra andiamo avanti. Non si può prescindere da queste
due direzioni. In maniera stupefacente però questi due vettori, apparentemente diversamente
polarizzati, si sovrappongono nuovamente.
Nel passaggio Vezot HaBerachà - Haftarà, Moshè non passa in Erez Israel ma il popolo si.
Nel passaggio Vezot HaBerachà - Bershit, Moshè non passa in Erez Israel ed il Signore crea.
Viene però subito Rashì e ci dice:
“Ha detto Rabbì Izchak: ‘Non sarebbe dovuta iniziare la Torà altro che da: ‘Questo mese è
per voi il Capo dei Mesi’ (Esodo XII, 2) poiché questa è la prima mizvà che sono stati
comandati i figli d’Israele...” (Rashì in loco).
E perché allora la Torà comincia dalla Creazione? Solo per portare una prova al diritto del
popolo di Israele sulla Terra di Israele. Quando verranno le genti del mondo a dire che noi
abbiamo rubato la terra di Kenaan, noi potremo aprire la Torà e mostrare che D-o ha creato il
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mondo e conseguentemente dà la Terra di Israele a chi vuole, ed è Lui che l’ha data al popolo
ebraico e ciò sulla base di un verso del centoundicesimo Salmo: “La forza delle Sue azioni ha
narrato al Suo popolo, per dare loro il retaggio dei popoli”.
Il tema della presa di possesso di Erez Israel persiste tanto in una direzione che nell’altra.
‘Ben Bag Bag dice: ‘girala e rigirala, perché tutto è in essa’ (Pirkè Avot). E noi girando in
un senso o nell’altro torniamo sempre alla centralità di Erez Israel.
E così anche l’altro aspetto su cui vorrei soffermarmi ha un inerenza con la Terra d’Israele.
Sheminì Atzeret (che coincide con Simchà Torà e che solo nella diaspora viene scorporato in
un giorno differente) è il momento in cui iniziamo a ricordare la pioggia nella preghiera.
Eretz Israel necessita la pioggia.
È proprio nella Parashà di Bereshit che noi troviamo la radice di quanto inserito nella
preghiera di Sheminì Atzeret.
Anche se abitualmente siamo portati a pensare che la pioggia venga dall’alto, nel pensiero
ebraico la radice del fenomeno delle precipitazioni piovose è nella terra. Il riferimento non è
necessariamente al ciclo dell’evaporazione quanto all’attività umana. Nel secondo capitolo
della Genesi viene chiarito che fino a che l’Uomo non viene creato D-o non fa piovere ed i
vegetali presenti in potenza nella terra non crescono. Rashì spiega genialmente che le piogge
sono legate alla preghiera dell’Uomo che riconosce la necessità della pioggia. La pioggia è
dunque simbolica di un rapporto di amore nel quale l’intervento Divino a nostro favore è
condizionato dalle nostre azioni. La pioggia è legata all’osservanza delle mizvot come è
scritto nel secondo brano dello Shemà: “E sarà, se ‘ascoltare ascolterete’ le Mie mizvot che
proprio Io vi comando oggi, …e darò la pioggia della vostra terra a suo tempo…”
(Deuteronomio X, 13-14). La pioggia ha la sua fonte nella terra, nelle azioni dell’Uomo.
La dimensione contrapposta è notoriamente quella della rugiada. A differenza della pioggia la
rugiada viene dal Cielo. Anche se noi siamo abituati a trovarla in terra, la fonte della rugiada
è in Cielo. La rugiada è simbolica di un rapporto di amore del tutto gratuito, scollegato da
ogni forma di pagamento. La rugiada scende sempre. Così c’è una dimensione nella quale
l’amore del Signore per Israele è incondizionato. Le Capanne del deserto, che secondo
un’opinione erano in realtà delle nubi e secondo un’altra erano di frasche, rappresentano un
po’ questo concetto: Succà e la protezione Divina sono comunque assimilate alla rugiada.
Leggiamo nello stesso capitolo della Genesi sopra citato che nell’impossibilità di far piovere
prima della Creazione dell’Uomo, e quindi nell’impossibilità di far crescere i vegetali, il
Signore fa salire del vapore dalla terra che bagna la polvere con la quale viene formato
l’Uomo. La Creazione dell’Uomo, che come la rugiada (assimilata al vapore) che la precede
è un atto di amore gratuito da parte del Signore, è la conditio sine qua non per l’esistenza
della pioggia, del mondo vegetale e delle Succot del deserto. Il Signore promette attraverso i
Profeti che sarà “come rugiada per Israele”, amandolo di un amore gratuito.
Nel passare da morid hatal a mashiv haruach umorid hagheshem, noi facciamo un ulteriore
passo nella riabilitazione che segue gli Yamim Noraim. Siamo in grado di tentare un rapporto
con il Divino che non sia pura grazia, ma piuttosto cerchiamo di meritare la pioggia.
Sono queste solo due idee. C’è un mondo tra queste due parashot tanto che come spesso
abbiamo ricordato, i Maestri della Chassidut dicono che “Agli occhi di tutto Israele, in
principio creò Iddio il cielo e la terra” (Deuteronomio XXXIV, 12 - Genesi I, 1).
Shabbat Shalom,
Jonathan Pacifici
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