L`iPhone e la fionda Angry Birds e il grado zero del (video)giocare

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L`iPhone e la fionda Angry Birds e il grado zero del (video)giocare
 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ L’iPhone e la fionda
Angry Birds e il grado zero del (video)giocare
Riccardo Fassone
Il fenomeno Angry Birds, il più popolare e venduto micro-videogioco per smartphone, ci invita a
riflettere sul diffondersi della ludicità, sulla pervasività del videogame e sulle nuove forme del
gioco digitale. Sta finendo l’epoca delle interminabili avventure videoludiche affrontate in
solitudine di fronte allo schermo televisivo? Il futuro del videogioco è una versione touch del tiro a
segno?
Prima del dicembre 2009, i soli angry birds di cui la cultura popolare avesse memoria erano
quelli che tormentavano Tippi Hedren ne Gli uccelli. I designer della Rovio Mobile, un’azienda di
sviluppo di software fondata da tre studenti finlandesi nel 2003, hanno saputo affiancare ai gabbiani
hitchcockiani un variegato arsenale di volatili. Arsenale, perché in Angry Birds, il videogioco
sviluppato da Rovio per smartphone dotati di tecnologia touch, l’obiettivo è utilizzare come
proiettili (o, se preferite, kamikaze) uno squadrone di uccelli infuriati. Il bersaglio è costituito da un
gruppo di maiali colpevoli di aver rubato le uova della colonia di pennuti. L’idea – il tiro al
bersaglio – è vecchia quanto l’uomo, e in effetti Angry Birds non è molto differente dai tanti microvideogiochi pensati per riempire i tempi morti dei pendolari. Tuttavia, è forse utile chiedersi come
funzionino davvero e quali quesiti ci pongano i casual games, i videogiochi-passatempo, lontani per
concezione e aspirazioni dai giochi immersivi e complessi delle console di ultima generazione.
Mini-software per smartphone o tablet, oggetti mediali pensati per essere fruiti in modo
frammentario o addirittura distratto, pillole ludiche che sembrano contraddire le tante profezie
distopiche che vedevano nei videogiochi l’avanguardia di uno spaventoso movimento di
virtualizzazione della realtà. Per esplorare una galassia composita di applicazioni ludiche (giochi
per cellullari, videogame programmati in flash, giochi fruibili sui social network) Angry Birds
rappresenta allora un buon punto di partenza. Non solo perché è uno dei videogiochi più venduti
degli ultimi anni, né perché si avvia a diventare un fenomeno cult grazie all’estrema riconoscibilità
http://www.turindamsreview.unito.it 1 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ delle sue icone (gli angry birds, ma anche i grotteschi maiali verdi), ma piuttosto perché sembra
costituire l’epitome delle forme casual del video-giocare.
Dunque, cosa fa di Angry Birds e dei suoi milioni di giocatori un
fenomeno prototipico di quella casual revolution descritta dalle ricerche
dello studioso Jesper Juul? L’intreccio di fattori tecnologici, sociali e
storici è fitto e complesso; tuttavia è possibile isolare alcune caratteristiche
di Angry Birds che configurano uno scarto significativo tanto nella
costruzione del videogioco come oggetto tecnologico quanto nelle pratiche a esso collegate. Intanto
una riconfigurazione dei tempi dell’esperienza ludica. Ad Angry Birds si gioca in sessioni ipercompresse di meno di un minuto; ogni tentativo di superare un livello si realizza con il “lancio” di
un numero limitato di proiettili. Dopo di che, se non si è riusciti a eliminare tutti i maiali, si
ricomincia. Un processo di atomizzazione della pratica del giocare che rilancia l’idea del
videogioco-passatempo, adatto non solo ai giocatori esperti, ma a chiunque abbia un minuto di
tempo a disposizione. In secondo luogo, una semplificazione radicale dell’interazione con il
software. Non più decine di pulsanti corrispondenti ad altrettante funzioni, ma un’interfaccia touch
(che gli studiosi di interfacce definirebbero “altamente compatibile”) che traduce nel mondo di
gioco i movimenti del mondo reale. Si tende con il dito l’elastico di una fionda, si prende la mira, si
lascia l’elastico. Il grado zero (o quasi) della ludicità. E ancora, Angry Birds è trasportabile, pensato
per essere fruito su dispositivi mobili, in situazioni (sul treno, nella sala d’attesa del dentista...) che
non consentono il totale abbandono al gioco, ma che “tollerano” pratiche ludiche marginali,
frammentabili, non-immersive. Un’analisi di questo tipo, che vede nei videogiochi casual artefatti
ergonomici, adatti a un consumo rapido, rischia però di dimenticare fattori contestuali determinanti
nel definire la specificità del fenomeno Angry Birds. Ad esempio, la specificità distributiva: il
videogioco della Rovio è una app, un gadget, un accessorio-software pensato per quel metamedium in miniatura che è lo smartphone. Angry Birds è un oggetto modulare in due sensi: da un
lato è aperto a espansioni e aggiunte (sequel, livelli scaricabili, ecc.), dall’altro è parte di una
collezione – quella delle applicazioni di uno smartphone – composta da oggetti simili tra loro per
funzione (gadget o passatempi) e natura (software relativamente semplici e leggeri). Insomma,
Angry Birds è un prodotto seriale che si estende in varie direzioni (è parte di una serie e genera altre
serie), un oggetto (del tutto immateriale) i cui confini si sfumano, sempre meno videogioco (che si
http://www.turindamsreview.unito.it 2 www.turindamsreview.unito.it ___________________________________________________________________________________________________________ acquista, si fruisce, si mette da parte) e sempre più esperienza situata altrove rispetto ai tempi e ai
luoghi del cerchio magico del gioco.
Rimane da chiedersi in che misura i Angry Birds e i casual games in genere costituiscano il
nuovo del videogioco (e del video-giocare) e quali saranno le conseguenze di questo affiancamento
tra pratiche di gioco tradizionali ed esperienze mobili, transitorie, frammentate. Da un lato si
potrebbe rispondere che, almeno dal punto di vista spaziale, Angry Birds realizza uno sfondamento
della quarta parete del videogioco tramite l’adozione di un interfaccia aptica. Toccare non significa
più solamente premere pulsanti, ma avviare una complessa operazione metaforica (tendere la fionda
come se la si tendesse in realtà), mettere in gioco (e giocare con) la propria presenza nel mondo al di
qua dello schermo. Ma non è tutto qui, anche perché in epoca post-Nintendo Wii è difficile parlare
di corporalità nel video-giocare come di una conquista di Angry Birds. Piuttosto, il casual gaming
sembra avviare per il videogioco come fenomeno sociale e tecnologico un curioso movimento
retrospettivo. Esperienza frammentata ed esplosiva, semplificazione delle regole del gioco e
dell’interfaccia, socializzazione della pratica videoludica sono caratteristiche della fase precasalinga della storia dei videogame. I videogiochi fruiti negli ingombranti e rumorosi cabinati di
bar e sale giochi rispondevano ad alcuni principi ergonomici sui quali sembrano plasmati i casual
games per smartphone e, come accade in Angry Birds, sacrificavano la costruzione di mondi
narrativi complessi in favore della trasparenza e semplicità del dispositivo ludico. Insomma, se il
successo inatteso di Angry Birds indica davvero la strada che seguiranno i videogiochi nei prossimi
anni, l’impressione è che ci troveremo ad assistere a un futuro piuttosto rétro.
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