Il trattamento dei disturbi da ipertrofia prostatica

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Il trattamento dei disturbi da ipertrofia prostatica
Foglio di
informazione
professionale
N.133
28 agosto 2004
Il trattamento dei disturbi da ipertrofia prostatica
La prostata è una ghiandola formata da cellule epiteliali e stroma fibromuscolare che circonda il collo della
vescica e l’uretra. Dopo i 35 anni, nella zona periuretrale della prostata cominciano a svilupparsi piccoli
noduli sferici di tessuto stromale che, sotto l’influenza degli ormoni androgeni e per una complessa
interazione tra epitelio e stroma, aumentano progressivamente sino a comprimere l’uretra. Negli uomini
sopra i 50 anni, l’ipertrofia benigna della prostata rappresenta la causa più frequente dei disturbi minzionali
di tipo ostruttivo (difficoltà ad iniziare la minzione, flusso debole, sgocciolamento terminale) e di tipo
irritativo (minzione frequente o imperiosa, nicturia, sensazione di incompleto svuotamento della vescica).
L’ostruzione prolungata al deflusso dell’urina e lo svuotamento incompleto della vescica provocano stasi e
predispongono all’insorgenza di complicanze quali infezioni, formazione di calcoli, ematuria, ritenzione
urinaria acuta. Per la grande variabilità interindividuale, è difficile prevedere l’andamento nel tempo dei
disturbi minzionali; alcuni pazienti con sintomatologia da lieve a moderata migliorano, in altri i sintomi si
stabilizzano; meno del 40% dei pazienti peggiora. Il rischio della complicanza più seria, la ritenzione urinaria
acuta, è di circa 7 eventi ogni 1.000 pazienti/anno e aumenta con l’età, con una ridotta velocità di flusso
urinario, col grado di gravità dei sintomi e con le dimensioni della prostata.
Le strategie di trattamento
Un primo beneficio può essere ottenuto eliminando la caffeina, limitando l’assunzione di liquidi (soprattutto
di sera), svuotando completamente la vescica e svolgendo esercizi di allenamento vescicale. Poiché non
esiste una correlazione diretta tra entità dei disturbi e volume della prostata, per decidere il tipo di
trattamento ci si basa sulla gravità dei sintomi. Nei pazienti con sintomi lievi viene adottato un atteggiamento
di “vigile attesa” che prevede la rivalutazione una volta all’anno; in caso di aggravamento o di disturbi
particolarmente fastidiosi si ricorre ai farmaci. L’insorgenza di complicanze o la non risposta al trattamento
medico consigliano l’intervento chirurgico (es. prostatectomia transuretrale). Per la rapidità d’azione e
l’efficacia nel migliorare i disturbi minzionali, gli alfa-bloccanti rappresentano il trattamento di prima scelta.
Questi farmaci agiscono sui recettori alfa, rilasciando la muscolatura liscia a livello della prostata e del collo
vescicale, ma non rallentano il progressivo aumento della ghiandola prostatica che è correlato a complicanze
come la ritenzione urinaria acuta e alla necessità dell’intervento chirurgico. In una metanalisi di 25 studi
clinici randomizzati, controllati, della durata massima di 1 anno, su quasi 7.000 pazienti, alfuzosin (Mittoval,
Xatral), doxazosin (Benur), tamsulosin (Omnic, Pradif) e terazosin (es. Urodie) sono risultati tra loro
equivalenti nel migliorare i sintomi ostruttivi (di circa il 30-45%) e nell’aumentare il flusso urinario (di circa
il 15-30%). I principali effetti indesiderati sono l’ipotensione posturale e le vertigini; i pazienti devono essere
informati di sdraiarsi se avvertono giramenti di testa, un senso di affaticamento o sudorazione e di rimanere
in posizione supina sino a che i sintomi non scompaiono. Nei pazienti che non migliorano con un alfabloccante, non lo tollerano o hanno una prostata di grandi dimensioni (superiori a 40ml), si fa un tentativo
con la finasteride (es. Proscar, Prostide). Inibendo selettivamente l’enzima 5-alfa reduttasi che metabolizza
il testosterone nel più potente e attivo diidrotestosterone, la finasteride diminuisce i livelli di PSA (antigene
prostatico), riduce le dimensioni della prostata (del 20%) e i fattori responsabili della resistenza al deflusso
uretrale. L’effetto può richiedere mesi per svilupparsi a pieno e possono essere necessari 6 mesi di terapia
prima di poter valutare i benefici. Uno studio randomizzato, controllato, in doppio cieco, realizzato su oltre
3.000 pazienti seguiti per 4 anni, ha dimostrato che la finasteride (5mg/die), quando confrontata con placebo,
migliora discretamente i disturbi minzionali, ma soprattutto, riduce il ricorso al trattamento chirurgico e la
frequenza di ritenzione urinaria acuta. Sulla base dei risultati dello studio, è necessario trattare 15 uomini per
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4 anni per prevenire un solo evento, intervento chirurgico od ostruzione urinaria acuta. Più dell’1% dei
pazienti trattati col farmaco lamenta impotenza, diminuzione della libido, disfunzioni eiaculatorie,
ginecomastia o dolorabilità al seno e rash cutanei. Poiché la finasteride passa nel seme maschile, il paziente
deve utilizzare un preservativo durante il rapporto sessuale se la partner è incinta. L’ipotesi che
l’associazione di un alfa-bloccante con la finasteride, in virtù del diverso meccanismo d’azione, possa
produrre un effetto sinergico, è stata in parte disattesa. In due studi, condotti su oltre 2.300 pazienti, della
durata di 1 anno, l’associa zione tra terazosin o doxazosin e finasteride non ha comportato un beneficio
clinico superiore a quello ottenuto col solo alfa-bloccante. La finasteride ha prodotto esiti sovrapponibili al
placebo, risultando inferiore all’alfa-bloccante nel miglioramento dei disturbi minzionali e del flusso urinario
massimo, dimostrandosi efficace solo nella diminuzione del volume prostatico. Uno studio recente,
randomizzato, in doppio cieco, condotto su 3.047 pazienti, ha confermato che a distanza di 1 anno
l’associazione tra doxazosin (8mg/die) e finasteride (5mg/die) non è superiore alla monoterapia con i due
farmaci, ma nel lungo periodo (4,5 anni) la terapia combinata è più efficace nel diminuire il rischio di
peggioramento dei sintomi, di ritenzione urinaria acuta e di ricorso alla chirurgia. Il candidato
all’associazione sembra essere il paziente con sintomi ingravescenti non responsivi alla monoterapia, con
PSA superiore a 4ng/ml e con volume prostatico superiore a 40ml (all’ecografia transrettale) e perciò ad alto
rischio di progressione verso l’intervento chirurgico. Il possibile ruolo della finasteride nella prevenzione del
cancro della prostata non è chiaro. In uno studio, più di 18.000 pazienti con prostata normale alla
esplorazione digitale rettale e PSA ≤3ng/ml hanno assunto finasteride o placebo per 7 anni; nel gruppo
trattato con finasteride si è registrata una riduzione del 25% nella prevalenza di carcinoma prostatico rilevato
all’esame bioptico, ma al tempo stesso un aumento dei tumori prostatici ad elevata aggressività.
Dei numerosi preparati erboristici proposti nel trattamento dei disturbi minzionali, i più studiati sono il
Pygeum africanum (ricavato dalla corteccia del pruno africano) e la Serenoa repens, denominata anche ”saw
palmetto” (estratta dal frutto essiccato della palma nana americana). Il loro meccanismo d’azione è poco
conosciuto. Alcune revisioni sistematiche degli studi controllati, randomizzati, effettuati nei pazienti con
ipertrofia prostatica benigna, testimoniano l’efficacia delle due preparazioni nel ridurre i sintomi urinari, ma
esistono scarse informazioni sui loro effetti indesiderati e sulla sicurezza a lungo termine. La maggior parte
dei dati riguarda la Serenoa repens. L’estratto liposterolico contiene soprattutto acidi grassi liberi (85-95%) e
fitosteroli totali (0,1-0,3% di β-sitosterolo, considerato il componente più attivo). Stando alle indicazioni
provenienti da studi in vitro, oltre a svolgere una parziale attività antinfiammatoria e spasmolitica, l’estratto
ridurrebbe i livelli plasmatici della globulina che lega gli ormoni sessuali e bloccherebbe sia la 5alfareduttasi che il legame del diitrotestosterone ai recettori per gli androgeni. Una metanalisi di 21 studi della
durata da 4 a 48 settimane, su un totale di oltre 3.100 pazienti, ha dimostrato che, rispetto al placebo, la
Serenoa repens (al dosaggio di 320mg/die) è in grado di migliorare i disturbi urinari (del 28%), la nicturia
(del 25%), il flusso urinario medio (del 39%) e di diminuire il volume residuo in vescica (del 41%), senza
influire sul volume della prostata. Perché tali benefici possano manifestarsi possono essere necessari da 1 a 3
mesi. L’incidenza degli effetti indesiderati (disturbi gastrointestinali e impotenza) è stata simile a quella
osservata con placebo; il trattamento non modifica i livelli di PSA. La Serenoa repens sembra essere efficace
quanto la finasteride e causare impotenza in un minor numero di pazienti (1% contro 5%). In Italia, sono
disponibili una specialità medicinale (Permixon) contenente 320mg di estratto lipido-sterolico di Serenoa
repens e alcuni integratori dietetici (es. Saw Palmetto, Prostenil Plus) a ridotto contenuto di principio attivo.
A cura del prof. Mauro Miselli
Bibliografia
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- Wilt T et al. Serenoa repens for benign prostatic hyperplasia (Cochrane Review). In: The Cochrane Library, Issue 1, 2003.
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