In un attimo mi sono ritrovato a raccontare l`esperienza dell`erasmus
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In un attimo mi sono ritrovato a raccontare l`esperienza dell`erasmus
In un attimo mi sono ritrovato a raccontare l’esperienza dell’erasmus ai posteri. Se devo essere sincero, sono una di quelle persone che ha aderito al bando erasmus con relativa leggerezza, semplicemente non riuscivo a immaginare quale incredibile esperienza mi aspettava. Fino al 7 di febbraio non ero riuscito a mettermi nel giusto ordine di idee... La mia testa era ancorata sulla routine, l’ultimo appello d’esame il 4 febbraio prima di partire, due lavoretti da finire alla svelta, burocrazie di vario tipo da terminare, più le solite mille cose. Mi ero "svegliato" all'ultimo minuto, un paio di giorni prima della partenza, quando dovevo preparare le valigie. Portare solo il necessario e l'essenziale non è stato facile, fotocamera con le due ottiche più leggere che avevo, la melodica (strumento musicale da sempre mio compagno di viaggio, alla fine è stata la cosa più utile, poi lo spiego...) e il computer portatile quasi da soli riempivano i 10 kg del bagaglio a mano. Restavano 15kg di bagaglio in stiva per vestiti e asciugamani, ma si sono rivelati sufficienti. Per vari motivi sono dovuto tornare in Italia due volte durante i 6 mesi e ne ho approfittato per riportare a casa giacca e felpe invernali. Come raggiungere Coimbra, parliamo di aerei. Consiglio la tratta Ryanair, BolognaPorto (la più comoda) oppure la Bergamo-Porto. EasyJet ha una tratta Venezia-Lisbona, ma in genere è più cara. La prima volta ci ha accompagnati a Bergamo il padre di Nicola (mio compagno di corso e di viaggio). Saluti a tutti e, tempo di battere un attimo le ciglia, già scivolavamo nell'aria mentre la luce rosa del sole tagliava l'orizzonte e colorava una distesa infinita di morbido zucchero filato. Arrivati all'aereporto di Porto si può prendere la metro che porta in stazione, ne passa una ogni mezz'ora. Erano le 7 di sera e abbiamo deciso di fare sosta per la notte. Una notte all'hotel Montecarlo, il più economico che abbiamo trovato, 10€ a testa in stanza doppia prenotando in anticipo via internet. A dispetto del prezzo, il posto era abbastanza bello e curato. Un giro per Porto la sera, sosta di mezz’oretta in un bar per prendere in prestito un po’ di rete wifi (in Portogallo il wifi gratuito c’è quasi in ogni bar e ristorante, nei treni non regionali e nelle corriere) per connetterci a facebook, chiedere qualche info sulla sistemazione ad altri studenti erasmus italiani che erano appena arrivati a Coimbra e contattare i futuri compagni di studi all’esec (avevamo una lista di email). Ci siamo stupiti quando ci hanno chiesto “solo” due euro per le due birre, quasi un terzo del prezzo medio italiano. Il giorno dopo ci siamo trascinati le valige fino alla stazione, se avessimo saputo prima che anche i taxi in Portogallo costano relativamente poco, avremo preso un taxi. Da Porto a Coimbra: Porto ha 2 stazioni ferroviarie São Bento e Porto-Campanhã, la seconda è la più grande e ci si fermano praticamente tutti i treni e pure la metropolitana. Da Porto-Campanhã è possibile prendere un treno veloce per CoimbraB che ci impiega un’ora e mezza (spendendo dai 15 ai 20€), o i regionali Porto-Aveiro-Aveiro-CoimbraA impiegando dalle 2 alle 4 ore a seconda della coincidenza (spesa 8€). CoimbraB è la stazione principale, ma si trova leggermente fuori città ed è quindi necessario prendere poi un taxi, un autobus o un’altro treno per raggiungere il centro. Noi ce la siamo fatta a piedi da lì la prima volta, ma non la rifaremmo perché è abbastanza lunga, la strada è pessima e le valigie vanno portate di peso. CoimbraA è la stazione del centro, è molto comoda da raggiungere, ma vi arrivano solo alcuni treni regionali. Belle sono anche le corriere della rede-expressos (www.rede-expressos.pt), che con, mi pare 10€, fanno Coimbra-Porto in un’oretta e a differenza dei treni girano anche di sera, di notte e la mattina presto, le stazioni sono però leggermente scomode da raggiungere. Giunti a Coimbra abbiamo subito lasciato i bagagli all’hotel Avenida (www.hotelavenidacoimbra.com), avevamo prenotato via internet 3 notti, non volevamo scegliere l’alloggio definitivo a occhi chiusi tramite internet. Il primo giorno abbiamo girato la città a piedi, visitato rapidamente i luoghi di riferimento, raccolto annunci di alloggi per studenti. Il centro storico di Coimbra si divide in Baixa, Se Nova e Se Velha. La Se Velha è il borgo medioevale, si trova in cima alla ripida collina attorno cui è cresciuta la città. Li è situata l’antica “universidade” con le varie facoltà, le vecchie biblioteche ora convertite in musei e la cattedrale. La Baixa è situata tra i piedi della collina e il fiume Mondego, è forse la zona più tanquilla del centro. La Se Nova si trova al di là della collina, è la zona di Praça della República, luogo in cui si ritrovano solitamente gli studenti usciti dalle varie facoltà e “epicentro” della vita notturna. Il centro storico è relativamente contenuto, lo si attraversa a piedi in una ventina di minuti. Vivendo a Coimbra è facile mantenere una buona prestanza fisica, dato che ci si deve spesso muovere a piedi e le strade del centro sono spesso ripide salite e discese, lo sanno bene gli studenti dell’universidade che abitano ai piedi della collina e devono “scalarla” tutta ogni giorno per andare a lezione. E’ curioso notare come le studentesse autoctone indossino spesso vere e proprie scarpe da trekking per andare a lezione. Mentre l’antica universidade è situata quasi tutta nella Se Velha, il politecnico conta numerose facoltà sparse per tutta la prima periferia. La facoltà che frequentavo, l’ESEC (Escola Superior de Educação de Coimbra - www.esec.pt) si trova vicino allo stadio ed è servita benissimo dagli autobus. Alla ricerca di una casa. Ci siamo recati subito all’AAC (assoçiacão academica de Coimbra - www.academica.pt) per chiedere un aiuto ne trovare sistemazione. Lì ci dissero che i posti in centro erano già quasi tutti prenotati, ma se avevamo “un buon spirito di sopravvivenza” c’era posto al castello (famosa palazzina abitata perlopiù da studenti erasmus), altrimenti era disponibile un appartamento vicino alla nostra facoltà, ma parecchio distante dal centro. Abbiamo visitato i due posti ma ci sembravano, il primo effettivamente troppo “vetusto” (se ve lo dico io che generalmente non mi faccio tanti problemi, ora però pare lo stiano ristrutturando) e l’altro troppo isolato e distante dal centro. Raggiungere la facoltà dal centro durante il giorno utilizzando i mezzi pubblici è semplice ed economico, ma raggiungere il centro dalla periferia alla sera è problematico. Ho conosciuto diverse persone che avevano preso appartamenti vicino alle varie facoltà e ogni sera dovevano fare colletta per un taxi se volevano muoversi o fare chilometri a piedi per strade deserte. Coimbra è una città molto tranquilla, ma di notte, in periferia, qualche storia di incontri con gente assai poco raccomandabile l’ho sentita. Nel frattempo abbiamo pubblicato diversi annunci anche su facebook, nelle pagine delle varie case studenti (yellow house Coimbra, green house, pink house...), scrivendo che cercavamo un posto, pensavo che per vivere a pieno l’esperienza dell’erasmus fosse importante condividere il tetto con molti studenti di altre nazionalità e non certo chiudersi in un appartamentino con altri due o tre italiani. Siamo stati contattati su facebook da Miguel proprietario di varie residenze per studenti (www.becoimbra.pt). E ci ha offerto una sistemazione in praça do Comércio, l’antica piazza del mercato, cuore della Baixa di Coimbra. Stanza tripla 150€/ mese bollette incluse. Bagni, cucine, lavatrici, asciugatrice, ecc... tutto in comune con altri studenti erasmus provenienti da tutto il mondo, eravamo quasi una quarantina. Un cambio di lenzuola e asciugamani fornito dalla casa ogni settimana, posto stupendo. Non potevamo chiedere di meglio. Un luogo da visitare appena arrivati a Coimbra, oltre all’AAC, è l’alex bar, vicino a praça della república. Vi recate lì al pomeriggio con una fototessera e vi fate rilasciare la tessera IESN (International Erasmus Student Network - www.esn.org), lì vi danno gratuitamente anche una scheda telefonica portoghese con un piano tariffario per studenti, e se volete vi scriveranno SMS su quel numero per avvisarvi degli eventi, corsi e gite per studenti erasmus che avvengono nella città durante la vostra permanenza. Appena sistemati nel nuovo alloggio in praça do Comércio, io e il mio compagno di viaggio Nicola abbiamo fatto subito amicizia con Bruno, nostro compagno di stanza, appena arrivato da Curitiba (Brasile) per studiare scienze motorie. Febbraio è stato molto freddo. Se è vero che a Coimbra il clima è mite, è altrettanto vero che le case non sono state concepite per temperature inferiori ai... 18 gradi centigradi, in Portogallo, quando la temperatura scende sotto i +10 gradi centigradi si parla praticamente di allarme freddo. La casa dove abitavamo noi era appena ristrutturata e ancora da rodare. Ogni porta e finestra aveva quasi mezzo centimetro di spiffero su ogni lato e non c’era alcun isolamento, ci si riscaldava con termosifoni elettrici, che più di tanto non riscaldavano e comunque non erano sufficienti a portare la stanza ad una temperatura accettabile. Ovviamente saltava la corrente in continuazione perché l’impianto elettrico non era progettato per un gran carico di stufe elettriche accese, il mio vecchio macbook che già di suo aveva problemi di batteria si è bruciato dopo due settimane a causa dei continui cali di tensione e ho dovuto farne a meno per tutta l’erasmus (costava troppo ripararlo e l’apple store più vicino era a Lisbona). I bagni erano senza riscaldamento, e 3 volte su 2 ci si ritrovava sotto la doccia con una temperatura della stanza gelida, l’acqua gelida, senza luce e senza un posto dove scaldarsi perché persino la nostra stanza era terribilmente fredda. Toccava trattenere il respiro correrre in bagno, lavarsi e asciugarsi velocissimi e mettersi a letto sotto due piumoni (che ci aveva fornito la casa). Il problema non era solo a casa nostra, ho sentito persino studenti Finlandesi che abitavano in altre case dire “non ho mai avuto tanto freddo come in Portogallo”. Doccia apparte, durante il giorno si stava bene con felpa e giubbotto sia dentro che fuori casa, dato che la temperatura era pressoché la stessa. Durante la notte si dormiva sotto appunto non uno, ma due piumoni. Passato il freddo di febbraio le temperature e le condizioni meteo sono sempre state a dir poco fantastiche, i portoghesi si vestono tutto l’anno con una maglietta o camicia e una giacca leggera. E’ bene portarsi dietro sempre una giacca anche quando a mezzogiorno fa molto caldo, perché sul tardo pomeriggio solitamente arriva un po’ di brezza oceanica che toglie l’umidità e mitiga la temperatura (abbassandola anche di parecchi gradi in estate). Gli autobus di Coimbra, come tutti i mezzi pubblici portoghesi sono generalmente belli, puliti e ben funzionanti. Unico neo degli autobus sono gli orari poco chiari, nelle tabelle è scritto solo quando l’autobus passa per i capolinea e per capire al volo che autobus prendere e quando passa per la propria fermata, bisogna conoscere il luogo e sapere approssimativamente il tempo necessario all’autobus per arrivare dal capolinea alla fermata. Diciamo che, almeno le prime volte, è bene capire qual’è la linea da prendere, sapere che passa un autobus ogni mettiamo 20 minuti e che ci sono 10 minuti di strada da fare, quindi andando mezz’ora prima alla fermata si è sicuri di arrivare all’università in tempo per la lezione. Una volta arrivati davanti alla porta dell’aula puntuali, non prendete paura se la porta dell’aula è chiusa a chiave e non vedete nessuno, i Portoghesi arrivano tutti sistematicamente in ritardo di almeno un quarto d’ora, talvolta mezz’ora, insegnanti compresi. Tutti i servizi pubblici e universitari, in Portogallo, funzionano tutto sommato bene se paragonati a quelli Italiani. Tranne che per l’incredibile lentezza di burocrazia e amministrazioni. Qualche problemino l’abbiamo avuto già prima della partenza, in quanto avevamo compilato e spedito tutta la burocrazia, ma l’università ospitante, nonostante i solleciti non ci ha inviato alcuna risposta, nessun segnale, zero. Abbiamo dovuto prenotare ostelli e aereo senza sapere se, una volta arrivati la, ci avrebbero riconosciuto e saremo stati accettati. Grazie a dio è arrivata una mail il giorno prima della nostra partenza dal GRI (ufficio mobilità) dell’ESEC, dicevano che ci aspettavano per un incontro la settimana successiva, nel quale ci avrebbero dato tutte le disposizioni e assegnato un tutor, il quale a sua volta ci avrebbe guidato nella scelta del programma di studi. L’incontro con l’ufficio mobilità era però dopo l’inizio delle lezioni, per forza di cose tutti noi erasmus all’esec abbiamo perso le lezioni introduttive della prima settimana. Oltretutto ottenere dalla segreteria didattica i programmi delle lezioni che frequentavamo per chiedere l’approvazione in Italia non è stato molto facile. Per fortuna il nostro tutor è stato in gamba e disponibile. Altri problemi sono derivati dal fatto che abbiamo ricevuto tessere, nomi utente e passwords per i sistemi informatici accademici, ben dopo la metà del periodo erasmus. Quindi per mesi non avevamo avuto accesso al materiale didattico (non potevamo stampare gli appunti), ai calendari delle lezioni (ogni volta che saltava o veniva spostata una lezione non lo sapevamo), alla rete wifi dell’università, all’internet point (per me che ero rimasto senza computer era essenziale), al prestito di libri nelle biblioteche, spesso non potevamo usufruire neanche degli sconti studenti nella città (ad esempio per il trasporto pubblico, eventi vari e telefonia), ecc... Gli studenti di Coimbra sono fortemente tradizionalisti. Pare veramente che J.K.Rowling si sia ispirata molto alle tradizioni studentesche di Coimbra per scrivere Harry Potter. Uno dei primi giorni di lezione vidi delle studentesse girare per l’università vestite praticamente di stracci, con delle calzemaglia multicolore e vari oggetti strani addosso, altri ragazzi se ne stavano di fronte all’ingresso con giacca, cravatta, panciotto e mantello nero. Sapevo che quella era la divisa degli studenti di Coimbra, quindi mi avvicinai ad uno di loro per chiedergli come mai le ragazze erano vestite in quel modo così strano. Egli si chiamava Toni e divenne poi, ufficiosamente, la mia guida alla tradizione della città, il mio “padrino”. Mi disse che quelle ragazze erano delle “caloiras” in pratica “matricole”. Tutti i nuovi studenti, o perlomeno quelli che aderiscono alla “praxis”, la tradizione accademica di Coimbra, in ottobre durante la festa das latas vengono “battezzati alla vita accademica” sulle rive del fiume Mondego, fiume simbolo della città, e affidati ad un “padrino”. Il padrino è scelto tra gli studenti più vecchi detti “dottori” in quanto esperti della città, egli ha il dovere di accudire il proprio caloiro e insegnargli la vita nella città. La tradizione tramandata dal medioevo prevede anche che tutti i dottori abbiano il diritto di ordinare ai caloiri di fare, quasi, qualsiasi cosa. Non è quindi rado vedere studenti del primo anno che ballano in piazza in pigiama, si imbrattano di vernice o vengono spinti a fare ogni tipo di gioco goliardico. Periodicamente vengono organizzate sessioni di “tortura di stampo medioevale” (per gioco) dei caloiri e prove d’iniziazione da superare che variano di facoltà in facoltà. Ad esempio alla facoltà di agraria una delle prove d’iniziazione consiste nel fare la rebola (rotolarsi) con coraggio sullo sterco di cavallo, un “dottore” della facoltà di agraria me lo spiegò dicendo che che <<se uno studente di agraria non ha il coraggio di sporcarsi ha scelto il mestiere sbagliato>>. Dopo circa 7 mesi di iniziazione, in occasione della queima das fitas, i caloiri che se lo meritano diventano a loro volta rispettabili dottori, possono indossare la divisa ufficiale e il mantello, e tutto il loro passato di novellini viene cancellato dalla storia, nessuno può più parlarne. La queima è di fatto la festa delle lauree, viene aperta alla mezzanotte del primo venerdì di maggio con la tradizionale serenata monumentale di fado e prosegue per 8 giorni, uno per facoltà. Durante quegli 8 giorni non c’è lezione. Alla serenata di inaugurazione tutti i “dottori”, vecchi e nuovi, chiudono il mantello davanti al viso in segno di cordoglio, si vedono scendere molte lacrime di commozione. I laureandi si vestono poi con dei frak colorati in base alle tinte caratteristiche delle facoltà di appartenenza, per loro è probabilmente l’ultima settimana di goliardia della vita, in quanto dopo la laurea dovranno probabilmente tornare alla loro città d’origine, trovare un lavoro, magari sposarsi e avere dei figli. La queima di Coimbra attira ogni anno svariate decine di migliaia di studenti da tutto il Portogallo e anche dal resto dell’Europa. Mentre parlavo con Toni, i suoi amici radunavano strumenti musicali e vivande, a un certo punto mi salutò dicendo che, dato che c’erano 5 giorni di ponte, doveva andare con i suoi migliori amici a “isolarsi dal mondo”. In pratica si dovevano chiudere in una casa isolata nelle colline della periferia e passare 5 giorni di puro convivio suonando, cantando e... bevendo, disse che si trattava di una tradizione, dovevano dimenticarsi del mondo per qualche giorno e occuparsi solo della loro amicizia. Ci sono due modi per socializzare con i portoghesi, anzi tre, il primo è parlare di calcio, loro sanno tutto del calcio italiano, forse è la cosa che più ci invidiano (purtroppo dico io). L’ultima partita che ho visto è stata la finale dei mondiali di 6 anni fa quindi ogni volta che mi chiedevano qualcosa su juventus, inter e udinese, mi trovavano impreparato. Il secondo è ubriacarsi con loro alla sera, e anche in quell’ambito non ero esattamente la persona giusta, all’inizio mi ero lasciato trascinare, sono stato “un po’ male” (non so se per quel motivo, per lo stress iniziale, il cambio di stile di vita o l’insieme dei fattori, più avanti lo spiego) e in ogni caso il medico mi ha consigliato vivamente di fare vita sana e regolare per un mesetto o due, facile a dirsi a Coimbra. Gli studenti portoghesi hanno un vero e proprio culto per l’alcool e ne vanno fieri, a me sinceramente la cosa pare abbastanza preoccupante, se ci si trova seduti ad un tavolo con loro per “jantar” (cenare) uscirne sobri è molto, ma molto difficile. Ci vuole una grandissima forza di volontà per rifiutare perché sono parecchio insistenti e se non si accetta della birra o del vino offerto si offendono, seriamente. Alla lunga ho scoperto che è bene dire che si è contrari al commercio di alcolici o inventarsi sul momento un proprio rigido credo filosofico/religioso che impone l’astinenza dall’alcool, insomma se si dimostra in qualche modo di avere un forte motivo ideologico per rifiutare, in genere accettano la cosa e lasciano perdere senza fare storie, dire che l’ha ordinato il medico è peggio perché si passa per deboli. Il terzo modo per socializzare con loro è saper suonare uno strumento musicale, e per quello ero la persona giusta, iniziai a girare sempre con la mia melodica nello zaino e quasi ogni giorno, dopo lezione, alcuni dottori e caloiri si fermavano nel chiostro della facoltà, nei bar, nelle bettole o per strada a cantare e suonare insieme. Ne approfittai per farmi insegnare un po’ di fado ed ebbi addirittura l’onore d’essere invitato a far parte della “tuna” di facoltà. Quasi tutti gli studenti suonano almeno uno strumento musicale e ogni facoltà ha la sua “tuna” (orchestra). Per loro la musica è senz’altro uno dei migliori modi per socializzare, creare una comunità e da diversi secoli si tramandano i canti tradizionali di dottore in caloiro. Tra studenti erasmus invece era particolarmente facile socializzare, eravamo “tutti sulla stessa barca”, all’inizio non avevamo paura di sforzarci un po’ più del normale per comprenderci a vicenda, dopo un mese anche chi inizialmente aveva difficoltà riusciva a esprimersi con scioltezza in inglese (parlato magari in modo un po’ sgrammaticato, ma comprensibile) e, verso la fine dell’erasmus iniziavamo a parlare principalmente in portoghese anche tra di noi. Gli unici che continuavano a parlare e pretendere di essere capiti solo ed esclusivamente nella loro lingua erano gli spagnoli (con eccezioni, ovviamente, di quelli che studiavano lingue). Mi stupivo di come ci trovassimo ogni tanto al bar, magari un italiano, due brasiliani, un indiano e un finlandese, e riuscissimo a trovare sempre argomenti interessanti su cui discutere o scherzare. Notavo che oltre agli usi e costumi tradizionali delle varie nazioni, ci sono moltissimi temi che ci accomunano a causa della globalizzazione. La cultura da cui ho appreso più cose, oltre a quella portoghese, è senz’altro quella brasiliana, moltissimi studenti dal Brasile si trasferiscono a Coimbra per studiare principalmente diritto o psicologia, materie per le quali l’universidade pare sia molto rinomata. Solo nella palazzina dove abitavo, i brasiliani erano una ventina e mi facevo spesso trascinare in locali e eventi tipici della loro terra d’origine. Tutti i venerdì, i brasiliani della città si riunivano per suonare e ballare il forró, poi organizzavano serate semba all’RS e nottate a base di funk carioca e sertanejo al tapas. Di loro adoravo il modo in cui riuscivano ad essere sempre felici e solari e il modo in cui amavano sinceramente la compagnia. In Portogallo ho iniziato ad essere, per la prima volta, anche abbastanza fiero della mia origine, sembra che lì abbiano una grande ammirazione per noi italiani. Detta tra noi, soprattutto le ragazze straniere hanno tutte in testa quel mito dell’italiano mega-romantico. Insomma, dopo le prime due settimane l’inglese era la lingua che noi erasmus parlavamo di più, all’inizio ho conosciuto diverse persone provenienti dai paesi del nord Europa, poi ho iniziato a legare con i coinquilini provenienti per lo più dal Brasile. In quella casa poi c’è stato un via vai continuo di studenti e ho avuto la fortuna di convivere con un cinese, una inglese, vari portoricani, un iraniano, un cieco, una lituana, un sud africano, diversi spagnoli, un tedesco, uno statunitense, e altri... Era fantastico, in casa c’era un continuo scambio di idee e culture, si parlava di svago, ma anche di argomenti scottanti di attualità, in Portogallo, come in Brasile, in Spagna e Inghiliterra, c’è sempre lo stesso clima di crescente tensione e diffidenza nei confronti della politica e delle istituzioni, ed è probabilmente più forte che non in Italia. Poi vabbè, ovviamente ci si confrontava molto sulla culinaria, a ora di cena magari io e Nicola venivamo ammirati dai brasiliani per la dedizione con cui cucinavamo la pasta, mentre Yunpeng se ne stava accovacciato sulle scale d’ingresso a scorticare il pesce con una specie di mannaia per fare i ravioli e Laura, inglese, prendeva in giro tutti quanti dicendo che cucinare è uno spreco di tempo, intanto scaldava l’acqua per il the con il bollitore elettrico monodose portato appositamente da Oxford. Certe sere ci si metteva daccordo e magari i brasiliani preparavano un pentolone di feijolada, gli spagnoli facevano un secchio di sangria, o nel periodo più caldo si organizzava spesso dei churraschi (grigliate alla brasiliana), un paio di coinquiline provenienti dalla parte sud del brasile erano solite fare il “negrinho” o, come lo chiamavano i portoghesi, “brigadeiro” un dolce tipico appunto del Brasile meridionale, anche i ragazzi dei paesi nordici erano molto bravi a fare dolci. Certe sere sotto la direzione di Sergio e Marta, spagnoli, abbiamo preparato tortillas per tutta la casa o fatto le pizze su insegnamento del mastro Ali Reza, iraniano, vista la sua pregressa esperienza di lavoro in un pizza-kebab in Germania. La difficoltà nella comprensione della lingua portoghese si è fatta sentire il primo mese in quanto ero partito senza avere nessuna base. Lo scoglio più grosso era comprendere la pronuncia e individuare le pause, capire dove “iniziavano” e “finivano” le parole nel parlato (all’inizio sembra che non scandiscano per niente le parole), oltre ad imparare i termini più comunemente utilizzati. La differenza sostanziale con l’italiano sta proprio nella pronuncia e nelle parole d’uso comune, mentre le terminologie più complesse o tecniche sono spesso simili, se non uguali. Dopo un mese, riuscivo a comprendere abbastanza bene le lezioni (ci si poteva aiutare anche leggendo le slide e il linguaggio non verbale) e a destreggiarmi con le frasi di sopravvivenza, ma non capivo ancora i brasiliani e i portoghesi quando interloquivano informalmente tra loro. Per iniziare a comprendere benino i discorsi informali e a intervenire nella loro lingua ci sono voluti circa 3-4 mesi. Nei numerosi gruppi di lavoro universitari, inizialmente ho fatto un po’ di fatica ad integrarmi, i compagni di corso portoghesi spesso non avevano molta familiarità con l’inglese (pure alcuni insegnanti non l’avevano), cercavano comunque di essere disponibili quando parlavano direttamente con me, ma poi tra di loro giustamente comunicavano sempre in portoghese stretto, ed era quindi difficile comprendere le argomentazioni, inserirsi nelle discussioni e dare un buon contributo personale al progetto. L’universidade teneva corsi gratuiti di portoghese per i suoi studenti erasmus, ma noi del politecnico potevamo accedervi solo pagando una somma, che non ricordo quanto fosse ma era sostanziosa, quindi decidemmo di tentare l’apprendimento della lingua direttamente dai parlanti nativi “per osmosi”. Bruno, il nostro compagno di stanza brasiliano, è stato un buon insegnante. A noi erano stati sconsigliati i corsi di lingua pre-erasmus e non li abbiamo seguiti. A mio parere, se avessi iniziato conoscendo già almeno un minimo di grammatica, verbi, pronomi e parole d’uso più comune, l’apprendimento della lingua sarebbe stato sicuramente più rapido ed efficace all’inizio. A lezione, le classi erano composte mediamente da una ventina di persone e rispetto alla mia università d’origine tutto era molto più pratico, lo specifica lo stesso “brand statement” dell’ESEC “formação orientada para a profissão”. Anche quando si faceva teoria si parlava principalmente di metodologie pratiche, usi e consuetudini applicate nelle migliori realtà professionali. Il costo della vita è relativamente basso rispetto all’Italia, ma gli stipendi sono la metà. L’aria di crisi è paragonabile a quella che si sente in Italia, si sente che c’è latente, curiosamente i ragazzi che provenivano dalla Germania erano quelli che la notavano di più. Estremamente bassi a Coimbra sono i prezzi dei servizi di ristorazione, ci sono tanti studenti con pochi soldi e i gestori fanno affari sui grandi numeri. Nella bettola di fronte casa nostra (la tabernina) c’era il menù erasmus, e con 3,50€ si aveva la sopa, il “tipico piatto unico portoghese” con quelli che in Italia chiamiamo primo, secondo e contorno, un frutto e acqua, vino o birra. Cucinando in casa solo per sé non si spende tanto di meno. In mensa universitaria il menù completo costava 2,40€. Nelle bettole solitamente ci sono pochi grandi tavoli, ci si siede dove si vuole e i Portoghesi sono soliti socializzare con i compagni di tavolo chiunque essi siano. Frequentando quei posti si conoscono ogni volta nuove persone del luogo. Il Portogallo per molti aspetti pare ricordare l’Italia degli anni ’70. Al bar, come in discoteca, le birre costano un euro, idem gli shots, i drink attorno ai 2€, le bibite meno di un euro, il caffè 50 cents. Il centro di Coimbra e pieno di piccoli locali, ciascuno con le sue caratteristiche, in tutti questi posti generalmente si chiacchiera, si beve e, se c’è abbastanza spazio per muoversi, si balla. Nelle discoteche più grandi si entra sempre gratis o con un obbligo di consumazione di 1, 2, al massimo 3 euro e gli ambienti in cui sono stato sono decisamente più belli di tutti quelli che ho visto in Italia, per il design, gli impianti audio e luci, i sistemi di aria condizionata e per la mentalità delle persone. La musica da discoteca è spesso importata dai paesi dell’ex impero coloniale Portoghese, particolarmente Brasile e Angola, quindi regnano i ritmi latini e africani. In Italia le discoteche le ho sempre trovate noiose, ma in Portogallo era tutto diverso, ci si divertiva per davvero. Le serate, o meglio, le “notti universitarie” (non si usa nemmeno il termine “sera” in Portogallo) sono quelle del martedì e del giovedì, avere lezione la mattina dopo può essere un problema, anche in questo caso ci vuole una gran forza di volontà per mantenere uno stile di vita abbastanza regolare. Il fatto è che i portoghesi cenano alle 10/11 di sera e iniziano ad uscire di casa dopo le 2 di notte, se si vuole fare un po’ di vita notturna ci si deve adattare ai loro orari. Il problema è che le lezioni il giorno dopo iniziano comunque alle 9:00. Gli studenti “tradizionalisti” si abituano un poco per volta a quello stile di vita: I caloiri non possono uscire di casa dopo mezzanotte in quanto <<devono imparare a studiare>>, per controllarli gruppi di “dottori” fanno ronde notturne nella città, nei locali e nelle discoteche con un cappuccio nero in testa e il mantello chiuso davanti al viso lasciando scoperti solo gli occhi. Se trovano matricole in giro le devono “castigare” (molti dei castighi tradizionali medioevali non si fanno più perché ora sono vietati dalla legge) comunque le matricole che si imbattono in una ronda fanno bene a scappare a casa. Se le matricole vogliono uscire dopo il coprifuoco devono avere un permesso speciale, rilasciato dal “padrino” o comunque da uno studente più vecchio. Dal secondo anno gli studenti sono più liberi ma hanno comunque dei limiti, quelli del terzo e successivi possono fare praticamente quello che vogliono. Noi erasmus eravamo considerati ospiti, quindi non avevamo nessun problema di quel tipo. Può intraprendere la vita accademica tradizionale solo chi permane a Coimbra per almeno un paio d’anni, altrimenti non ha senso. Ho frequentato anche gruppi di studenti “antipraxisti”, quelli che si oppongono alle tradizioni, li ho cercati per mesi e alla fine li ho trovati (ero sinceramente curioso di sentire pure le loro opinioni). Generalmente vivono nelle repúblicas, palazzine autogestite da studenti. Anche la vita nelle repúblicas a Coimbra è di fatto un’importante tradizione plurisecolare, si pensi che addirittura durante la dittatura erano zona franca per i rivoluzionari. Nelle varie repúblicas si trovano diverse sub-culture contraddistinte per credo politico-sociale e gusti musicali. Io sono stato in una república abitata per lo più da ragazzi autodefiniti anarco-punk, la loro cultura si basava principalmente sull’essere contrari; a un sacco di cose: Al governo in carica qualunque esso fosse, alle leggi del consumismo, all’uso, commercio e contrabbando di alcool, tabacco e droghe, al mangiare carne e derivati animali, alle guerre (anche se favorevoli alle rivoluzioni popolari), alle discoteche, alla promiscuità sessuale, anche alla religione cristiana, a tutte le forme di fondamentalismo, ma soprattutto erano contrari alla prassi accademica di Coimbra e al suo “nonnismo” e “sessismo”. Anche con loro ho fatto delle jam sessions (improvvisato musica), nella loro república ci sono strumenti musicali ovunque, praticamente tutti suonano qualcosa, e chiacchierato di sociologia, religione e politica. Diciamo che generalmente gli studenti che aderiscono alla “praxia” si definiscono cristiani e politicamente schierati a centro destra, gli “antipraxisti” si definiscono in tutti gli altri modi possibili. Talvolta c’è qualche attrito tra le due fazioni, ad esempio gli antipraxisti talvolta imbrattano di vernice colorata le divise degli studenti tradizionalisti e questi ultimi contraccambiano con altri scherzi più... o meno, innocui. Per concludere aggiungo qualche cenno sulla legge di Murphy e il sistema sanitario portoghese del quale ahimè sono diventato esperto. Il mio erasmus non è stato proprio tutto rose, fiori e susseguirsi di eventi gioiosi, anzi... Quando mi chiedono “com’è andata in erasmus” rispondo sempre “è stato contemporaneamente il periodo più bello e brutto della mia vita”. Non ho mai avuto alcun problema di salute in tutta la vita, ma arrivato in Portogallo ho dovuto subito cercarmi un dentista, poi dopo un mese sono finito al pronto soccorso e ho subito una piccola operazione chirurgica (la prima e spero ultima della mia vita), dopo due mesi che ero lì sono dovuto tornare in ospedale e un medico mi ha terrorizzato dicendo che probabilmente avevo una malattia terribile, percarità non stavo rischiando la vita ma forse, se anche mi avesse detto un “penso che lei abbia due settimane di vita”, mi avrebbe spaventato di meno. Ho iniziato quindi a soffrire seriamente lo stress, mi sentivo solo, in un’altra nazione, con un problema grande, più grande di me, sono dovuto rientrare in Italia qualche settimana a fare urgentemente accertamenti, per fortuna non avevo nulla. Sono tornato in Portogallo il prima possibile e poi, dopo un mese di ansie latenti, ho iniziato a riprendermi dallo shock psicologico, ho quindi deciso di andare a fare una una corsetta solitaria per le viuzze meno praticate del borgo antico e ho sbattuto la testa contro un arco medioevale nel peggior modo possibile provocandomi una tendinite al collo e una leggera rotazione della spina dorsale, che non mi hanno lasciato vivere serenamente neanche l’ultimo mese di erasmus. Per fortuna pare che ora si sia tutto sistemato, ma che incubo. Mettendo da parte il sospetto di aver subito una maledizione voodoo, o di essere stato perseguitato da un poltergeist, all’accettazione del pronto soccorso non parlavano una parola di inglese e io, la prima volta, non sapevo ancora il Portoghese. E’ stata un’impresa far capire alla segretaria anche solo il fatto che avevo un solo nome e un solo “apelido” (cognome), era convinta che anche noi italiani avessimo doppio nome e doppio cognome. Poi, mi ero sistemato da pochi giorni nella nuova casa, quindi non avevo la più pallida idea di quale fosse il mio indirizzo di domicilio e non conoscevo neppure il mio numero di telefono portoghese, la segretaria era di una lentezza infinita, nel frattempo è svenuta un’anziana signora, l’ho presa al volo, ho lasciato il numero di Nicola dicendo che era il mio... Alla fine si sono accontentati semplicemente della mia tessera sanitaria europea. Anche al triage (l’ufficio di smistamento dei pazienti), la prima volta, di fronte ad un’infermiera è stato utile il linguaggio gestuale naif, i medici invece parlavano tutti bene l’inglese e con loro non ci sono mai stati problemi di comunicazione. Ogni volta che ci si reca al pronto soccorso con la tessera sanitaria europea si pagano dai 15 ai 22€ circa di ticket (stessa cifra che pagano i Portoghesi), posso affermare per esperienza personale che all’Hospitais da Universidade de Coimbra il pronto soccorso (segreteria a parte) è nettamente più sbrigativo di quello di Pordenone e i medici sono molto più giovani, la cosa ha i suoi pro e contro. A causa di questi disguidi ho perso diverse lezioni, sono stato costretto a modificare in parte il piano di studi e non ho potuto vivere l’erasmus al 100% come avrei voluto, ma nulla toglie al fatto che sia stata un’esperienza incredibilmente importante per la mia vita. Accademicamente parlando ho portato a casa un bel po’ di buon materiale per la tesi (la biblioteca dell’ESEC aveva diversi libri interessanti, alcuni anche in inglese), completato i progetti e dato gli esami che dovevo dare, un paio in portoghese e un paio, grazie alla cortesia dei docenti, in inglese. Oltre alle lezioni e agli esami che ho trovato parecchio interessanti, sono tornato profondamente cambiato come persona, in quei 6 mesi penso di essere cresciuto più che non nei precedenti 3 anni. Ho imparato a vivere da solo e arrangiarmi in un paese straniero, ho scoperto la città di Coimbra con tutte le sue originalissime usanze e tradizioni studentesche, ma soprattutto è cambiata completamente la mia concezione del mondo e della cultura globale. Ho conosciuto e avuto occasione di confrontarmi con persone fantastiche provenienti da Portogallo, Brasile del nord e del sud, Spagna, Inghilterra, Stati Uniti, Germania, Cina, India, Sud Africa, Porto Rico, Capo Verde, Finlandia, Repubblica Ceca, Lituania, Romania, Albania, Turchia, Svizzera, Costa D’avorio, Ghana, Iran e Iraq. Con molti di loro si è instaurato un rapporto molto forte, continuiamo a sentirci e confrontarci quotidianamente attraverso i social network e ho ricevuto diversi inviti ad andarli a trovare nelle loro nazioni. Lo si può ben dire, dopo l’erasmus tutto il mondo è paese.