la malattia ulcerosa peptica

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la malattia ulcerosa peptica
LA MALATTIA ULCEROSA PEPTICA
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CAP.3 EZIOPATOGENESI E FISIOPATOLOGIA.
L’infezione da Helicobacter pylori
Ulcera duodenale
Ulcera Gastrica
L’INFEZIONE DA HELICOBACTER PYLORI
Si tratta di un batterio diffuso ubiquitariamente e presente nel 90-95% dei pazienti con UD e nell’85-90%
circa di quelli con UG non correlata con l’assunzione di FANS. Tale associazione, così come la drastica
riduzione delle recidive ulcerose dopo l’eradicazione batterica (Hopkins et al 1996), sono i due principali
fattori che dimostrano il ruolo eziopatogenetico dell’H. pylori nella malattia ulcerosa peptica.
Acquisizione.
L’acquisizione del microrganismo avviene generalmente durante l'infanzia, verosimilmente in relazione
alla ridotta efficienza del sistema immunitario e la prevalenza dell’infezione riflette le condizioni socioeconomiche dell’età infantile.
In tal senso due diversi quadri si presentano attualmente nei Paesi industrializzati e in quelli in via di
industrializzazione.
Nel primo caso, la prevalenza cresce proporzionalmente all’età con un “effetto coorte”, mentre nei Paesi
in via di industrializzazione i valori si presentano elevati in tutte le fasce d’età. Tale differenza nella
distribuzione é legata al fatto che, nel primo caso, le condizioni igienico-sanitarie sono profondamente
mutate negli ultimi decenni, per cui è alta la prevalenza tra coloro che hanno un’età più avanzata e che
hanno trascorso il periodo infantile in condizioni meno favorevoli rispetto a quelle attuali. Il miglioramento
delle condizioni sanitarie non é ancora osservabile in buona parte dei Paesi in via di industrializzazione e
ciò spiega perché la distribuzione della prevalenza batterica, in tali aree geografiche é più omogenea,
indipendentemente dall’età.
In Italia, come negli altri paesi dell’ Europa occidentale, è dimostrata una percentuale media di
sieropositività per anti-H. pylori del 5-15% nei bambini e del 30-65% nelle fasce di età adulte.
Una volta eliminato il batterio, la reinfezione è un evento estremamente raro (1-2.3% annuo) (Mitchell et
al 1998; Archimandritis et al 1999).
La trasmissione del batterio è interumana, anche se non è chiaro attraverso quale via si realizzi.
Esistono argomenti a favore e contro l’ipotesi della trasmissione oro-fecale, oro-orale e gastro-gastrica o
endoscopica (meno rilevante).
Caratteristiche Microbiologiche
L’H.pylori é un batterio Gram negativo, spiraliforme, flagellato che trova nell’ambiente microaerofilo
l’habitat ideale per la propria crescita.
Il microrganismo, del quale é stato completamente sequenziato il genoma (Tomb et al 1997) vive tra lo
strato di muco che ricopre l'epitelio gastrico e le stesse cellule epiteliali.
La capacità dell'H.pylori di resistere al pH acido anche per tempi lunghi, mentre in vitro la sua crescita
ottimale é ad un pH compreso tra 6 e 7, si considera legata prevalentemente alla produzione di ureasi,
metallo-enzima composto da due subunità (UreA e UreB), capace di scindere l'urea in ossido di carbonio
ed ammoniaca, la quale non solo neutralizza l'acido gastrico (Marais et al. 1999), ma contribuisce alla
sopravvivenza del microrganismo riducendo l'attività battericida delle cellule del sistema immunitario,
mediante un'inibizione dell'acidificazione dei lisosomi durante la fagocitosi; infine é stata ipotizzata una
sua azione lesiva diretta sui tessuti. Ciò evidenzia come l’attività ureasica é al tempo stesso implicata sia
nella colonizzazione che nella patogenicità del batterio.
L'adesività é un processo tessuto-specifico indispensabile per la colonizzazione batterica e si realizza
tramite le adesine, proteine della parete che verosimilmente sono coinvolte anche nel danno cellulare
(Marais et al. 1999).
Importante fattore, essenziale per la colonizzazione é la motilità dell'H.pylori, garantita sia dalla presenza
di flagelli polari che dalla forma a spirale (Marais et al. 1999); tale caratteristica consente al
micorganismo di muoversi attraverso lo strato di muco che ricopre le cellule epiteliali della mucosa
gastrica.
Oltre all’ureasi, altri enzimi che concorrono alla sopravvivenza delle colonie infettanti sono la catalasi, la
superossido dismutasi e l’alchilidroperossido reduttasi: la prima protegge l’H.pylori dall'effetto battericida
delle cellule infiammatorie migrate nella mucosa mentre la seconda é in grado di proteggerlo dal danno
ossidativo, anche letale, provocato dai superossidi prodotti dalle stesse cellule della flogosi (Marais et al.
1999).
Tutti i ceppi di H. pylori possiedono il gene vacA, che codifica per una proteina citotossica, di 82-87 kDa,
denominata VacA, capace di indurre vacuolizzazione e morte nelle cellule. Solo alcuni ceppi, tuttavia,
sono in grado di produrre la tossina: essi sono identificabili grazie alla presenza di una proteina di 120140 kDa, espressa dal gene cagA e denominata CagA. Il gene cagA (non presente in tutti i ceppi
batterici) è attualmente considerato un “marker” di virulenza (Marais et al. 1999). Nei Paesi occidentali,
la presenza di anticorpi specifici contro la proteina CagA é rilevabile nel 70-100% dei sieri provenienti da
pazienti con ulcera peptica (Orsini et al. 1998) ed è considerata un fattore di rischio anche per gastrite
cronica atrofica (The Eurohepygast Study Group 2002) e cancro gastrico.
Un’indagine nazionale, effettuata in Gran Bretagna, ha dimostrato che anticorpi contro l’antigene CagA
sono presenti nel 44% di oltre 1000 uomini di mezza età selezionati in maniera random nella popolazione
generale (Danesh et al. 2000).
Il ruolo della citotossina vacuolizzante sarebbe legato alla capacità di determinare una vacuolizzazione
citoplasmatica e la morte dell'epitelio superficiale delle foveole gastriche, a cui i batteri hanno aderito. La
citotossina è costituita da due subunità, delle quali la più grande si lega alle cellule epiteliali permettendo
l’ingresso intracellulare della più piccola.
Diverse segnalazioni indicano un possibile ruolo di altri batteri del genere Helicobacter nella genesi
dell’ulcera: in una serie di 14 pazienti belgi con Helicobacter heilmannii ed ulcera gastrica, l’eradicazione
del batterio é stata associata alla cicatrizzazione della lesione ed alla regressione della gastrite reattiva
(Debongnie et al 1998).
Meccanismi fisiopatologici
Pur sottolineando il ruolo predominante dell’infezione da H.pylori, la patogenesi della malattia ulcerosa é
complessa e richiede l’interazione di multipli fattori con la predisposizione dell’individuo, inoltre gli stessi
meccanismi possono agire in maniera diversa nel favorire lo sviluppo della lesione in sede gastrica o
duodenale.
ULCERA DUODENALE
La presenza di metaplasia gastrica in duodeno sarebbe il terreno fondamentale predisponente
all’insorgenza dell’ulcera: l’H.pylori si ritrova in tali aree in oltre il 90% dei pazienti con UD; al contrario,
la metaplasia gastrica in duodeno è presente raramente nei pazienti con infezione H.pylori, ma senza UD.
Il fattore più importante nel determinare lo sviluppo di metaplasia gastrica in duodeno è rappresentato
dall’acido prodotto nello stomaco.
Secondo il modello fisiopatologico più accettato, all’iniziale colonizzazione antrale da parte dell’H.pylori,
seguono sia un danno diretto della mucosa, attraverso la struttura lipopolisaccaridica, gli enzimi batterici
(ureasi, lipasi, fosfolipasi, proteasi)(Hansen et al 2002) e/o le citotossine, sia un’intensa flogosi con
liberazione di mediatori locali, come i leucotrieni e i fattori di necrosi tessutale, responsabili di ulteriori
danni attraverso la liberazione di radicali liberi dell’ossigeno ad alto potenziale lesivo. Un importante ruolo
avrebbe la liberazione dell’interleuchina (IL)–8, potente peptide pro-infiammatorio, agente chemiotattico
e membro della famiglia delle chemochine, da parte delle cellule epiteliali gastriche, mediata dal
regolatore trascrizionale NF-kB (Keates et al. 1997).
L’azione nociva del batterio sulla sintesi della mucina gastrica si esplicherebbe mediante l’attivazione della
caspasi-3 e dell’apoptosi e coinvolgerebbe le chinasi ERK e p38 (Slomiany et al 2002).
L’antigene CagA una volta iniettato nell’ospite é tirosino-fosforilato, mediante una tirosino-kinasi
associata
alla
membrana,
e
dopo
l’attivazione
determina
modificazioni
morfologiche
come
la
riorganizzazione actinica, variazioni del ciclo cellulare ed effetti autocrini (Censini et al. 2001).
Le perturbazioni della fisiologia gastrica, si tradurrebbero soprattutto in alterazioni della concentrazione
dei fosfolipidi nella mucosa gastrica, con rinormalizzazione dopo l’eradicazione (Ishibashi et al. 2002) e in
variazioni nella secrezione cloridro-peptica, con incremento dei livelli di
di gastrina reversibili dopo
trattamento (Konturek et al 1997).
Diversi sono i pattern di secrezione acida in soggetti con infezione da H. pylori: alcuni, prevalentemente
coloro con pangastrite o con gastrite del corpo, presentano uno stato di ipocloridria gastrica, altri con
prevalente gastrite antrale sono ipersecretori ed altri ancora hanno una condizione di normalità (Calam et
al 2001).
Generalmente, i pazienti con infezione da H. pylori ed ulcera duodenale presentano uno stato di
secrezione acida sia basale che massimale superiore alla popolazione di controllo (Calam J. 1995), e
d’altra parte, è dimostrato un calo dei valori della gastrina e del pepsinogeno, dopo la cura del batterio.
La secrezione acida stimolata dal peptide rilasciante la gastrina (GRP), risulta 3-6 volte più elevata, nelle
persone infettate rispetto ai controlli, così come é aumentata anche la secrezione stimolata dal pasto. I
meccanismi alla base di questo incremento sono eterogenei, ma in linea di massima due differenti modelli
sarebbero individuabili in pazienti con UD: uno stato di ipergastrinemia dipendente dall’infezione ed
un’iperattività vagale indipendente dal batterio.
E’ dimostrato, che la presenza dell’H. pylori provoca un incremento del rilascio di gastrina, in particolare
gastrina-17, da parte delle cellule G, verosimilmente mediato dalla riduzione della secrezione di
somatostatina da parte delle cellule D antrali (Calam J. 1995). Il meccanismo di quest’ultimo passaggio
non è chiaro, ma è stato segnalato che dopo l’eradicazione batterica, si assiste ad un reincremento della
densità delle cellule D (Tham et al 1998).
E’ interessante il rilievo che, negli infettati con malattia ulcerosa, la massa di cellule parietali e la
sensibilità di queste allo stimolo gastrinico, è maggiore rispetto a coloro che hanno il microbo ma non
sono affetti da ulcera. Come dimostrato da numerosi studi, anche i valori del pepsinogeno tipo I a livello
sierico, sono elevati nel 30-50% dei pazienti con UD ed infezione da H. pylori. Tale condizione, che viene
interpretata come effetto dell’aumentata massa secretoria, si correla con un rischio di sviluppo di ulcera
duodenale incrementato di circa tre volte.
I pazienti con infezione da H. pylori ed ipocloridria, sono quelli a maggior rischio di sviluppare cancro
gastrico (Calam et al 2001). Studi di fisiopatologia, hanno dimostrato che tale stato, si associa a gastrite
e atrofia lieve del corpo e regredisce dopo eradicazione del batterio, implicando quindi un ruolo causale di
quest’ultimo. Questo risultato potrebbe essere la conseguenza dello stato infiammatorio, che determina
una riduzione sia del numero che dell’attività delle cellule parietali.
Quando il grado di atrofia è più severo, l’eradicazione dell’infezione comporta minimi o nulli cambiamenti
del pH.
E’ stato dimostrato infine che soggetti con ipocloridria indotta dall’H.pylori hanno un’aumentata quantità
di nitriti a livello intragastrico e una netta riduzione dei livelli di acido ascorbico (vitamina C) nel succo
gastrico, fatto che potrebbe condurre alla formazione di nitrosamine, notoriamente ad azione
cancerogena.
Il risultato di questa complessa interazione tra H.pylori ed ospite, può portare prima alla comparsa di
aree di metaplasia gastrica nel duodeno e, successivamente, alla loro colonizzazione da parte del batterio
stesso proveniente dallo stomaco (Futami et al. 1999). Successivamente a questa fase, si può innescare
un danno epiteliale sostenuto, da un lato dallo sviluppo della flogosi locale, che rende più suscettibile la
mucosa all’azione lesiva delle secrezioni provenienti dallo stomaco, e dall’altro dai fattori propri del
microrganismo che ne determinano la virulenza (Figura 3).
ULCERA GASTRICA
Anche nel caso dell’UG, ciò che conduce alla formazione della lesione è, in definitiva, una
condizione di
squilibrio con un potenziamento dei fattori aggressivi indotti dall’infezione e una
riduzione dei fattori deputati alla difesa e alla riparazione delle lesioni della mucosa.
Il danno è, innanzitutto a carico dello strato di muco dell’epitelio, con modificazioni delle sue
proprietà idrofobiche: ciò lo rende inadeguato a rallentare e neutralizzare la retrodiffusione di ioni
idrogeno, che raggiungono così lo strato cellulare superficiale e lo danneggiano.
Un aspetto patogenetico fondamentale è rappresentato dall’alterazione del microcircolo gastrico, indotta
dall’H.pylori, che determinerebbe nella parete una condizione di ischemia (Suzuki et al.1994). Si
ottengono quindi delle zone di ridotta resistenza all’attacco dei costituenti del succo gastrico, a cui si
devono aggiungere i fattori legati alle caratteristiche di virulenza del ceppo infettante, discussi in
precedenza.
I FARMACI GASTROLESIVI
Aspetti epidemiologici e clinici
Patogenesi del danno da FANS
ASPETTI EPIDEMIOLOGICI E CLINICI
Il consumo dei FANS è aumentato rapidamente negli ultimi 20 anni, e secondo stime recenti, ogni giorno
ne fanno uso nel mondo tra 50 e 100 milioni di persone, spesso di età avanzata (Pellicano 2001).
Studi epidemiologici ed endoscopici hanno dimostrato che dal 15 al 20% dei pazienti che assumono
cronicamente FANS saranno soggetti ad ulcere, ed in costoro il rischio di complicanza aumenta di 4-8
volte (Kuyvenhoven et al. 1999). In particolare, questi farmaci sono responsabili di un aumento di 5-10
volte del rischio di sviluppare un’ulcera gastrica con probabilità maggiori se vi è un’associazione con altri
fattori o cofattori di rischio (fumo, alcool). L’aumento di incidenza sembra più modesto per l’ulcera
duodenale, che tuttavia presenta maggior rischio di complicanze. Alcune stime, inoltre, indicano che la
mortalità per danni gastro-intestinali indotti da FANS, nel 1998 negli USA, era pari ai valori di mortalità
registrati per HIV (Singh et al 1999).
L’assunzione sporadica o a basse dosi di FANS, non sembra invece avere un effetto ulcerogenico.
In merito all’associazione tra infezione da H.pylori
ed assunzione di FANS, e quindi al potenziale
sinergismo nella genesi delle lesioni ulcerose, i dati esistenti sono controversi. Complessivamente, non
sembra emergere una differenza significativa di prevalenza di infezione da H. pylori, tra pazienti che
assumono FANS e popolazione di controllo, così come nel rischio di recidive di lesioni ulcerative, tra i
consumatori abituali di tali farmaci infettati dal microbo e coloro che non sono infettati, e ciò secondo
alcuni autori é a favore del fatto che nella genesi del danno da FANS sono prevalentemente implicati i
fattori locali (Hawkey et al 2002).
Se l’infezione batterica verosimilmente non potenzia, o per lo meno lo fa in modo limitato, il danno
endoscopico FANS-associato, è controversa la sua possibilità di indurre una sintomatologia dispeptica più
severa.
E’ ben noto che l’assunzione dei farmaci antiinfiammatori non steroidei si associa a complicazioni
dell’ulcera: si ritiene che dal 22 al 29% delle emorragie ulcerose siano direttamente in rapporto con la
loro assunzione. Anche in questo caso, é importante conoscere se esiste un effetto sinergico fra infezione
da H.pylori e FANS nella patogenesi del sanguinamento, complicanza potenzialmente letale. Le risposte
sono controverse. Mentre da alcuni studi emerge che i consumatori di FANS con infezione da H.pylori
hanno un rischio di emorragia aumentato di due volte rispetto ai soggetti non infettati, altri hanno
rilevato che i due fattori agiscono in maniera indipendente, senza un potenziamento di uno sull’altro. Al
contrario, sporadiche pubblicazioni sostengono addirittura che la presenza del batterio avrebbe un ruolo
protettivo tra i consumatori di FANS.
L’associazione tra il consumo di corticosteroidi e l’insorgenza di malattia ulcerosa è un argomento
alquanto controverso, anche se i dati della letteratura sembrano orientare verso la possibilità che tali
farmaci siano dannosi solo se associati ad altri medicamenti gastrolesivi (Pellicano 2001). Pertanto, è
possibile sostenere che, se vi è un rischio di sviluppare malattia ulcerosa durante un trattamento con
corticosteroidi, questo è relativamente ridotto. Il meccanismo d’azione di tali molecole consiste
nell’inibizione della sintesi di PG, secondaria al blocco della fosfolipasi A2, e nell’effetto inibitorio sulla
sintesi di muco. È interessante tuttavia segnalare che alcuni studi sperimentali hanno dimostrato che i
glucocorticoidi determinano un potenziamento dell’azione gastroprotettiva delle prostaglandine e dei
sulfidrili e che i nuovi steroidi angiogenici favoriscono nel ratto la cicatrizzazione delle ulcere (Pellicano
2001).
Infine, in corso di terapie con anticoagulanti, la frequenza di emorragie digestive si aggira tra il 12 ed il
40%; il rischio di sanguinamento è più elevato nel primo mese di trattamento ed aumenta se è
concomitante l’assunzione di FANS (Pellicano 2001).
PATOGENESI DEL DANNO DA FANS
L’azione di tali molecole si esplica mediante il blocco della cicloossigenasi (COX), enzima chiave nella
biosintesi delle prostaglandine, ed in particolare di quelle di tipo E. Sul ruolo svolto dalle prostaglandine
nell’ambito della difesa, si discuterà in seguito, mentre è importante ricordare che la recente
dimostrazione di due forme di cicloosigenasi (COX-1 e COX-2) ha gettato le basi per lo sviluppo di nuovi
farmaci commercializzati negli ultimi anni e definiti anti COX-2. La COX-1 è un enzima costitutivo,
responsabile della sintesi fisiologica delle prostaglandine gastrointestinali, renali e piastriniche, mentre la
COX-2 è un enzima inducibile dallo stimolo infiammatorio e non partecipa alla sintesi delle prostaglandine
della mucosa gastrica (Halter et al 2001). Il blocco selettivo di quest’ultimo dovrebbe quindi permettere
di limitare la sintomatologia legata alla flogosi con un concomitante minor rischio di gastrolesività. In
realtà, sembra evidente che la COX-2 ha anche un ruolo fisiologico, che le lesioni gastrointestinali non si
sviluppano quando entrambe le COX vengono inibite e che la somministrazione di anti COX-2 ritarda la
cicatrizzazione delle ulcere gastriche, indotte sperimentalmente, allo stesso modo dei farmaci non
selettivi (Halter et al 2001). A complicare ulteriormente tale quadro é stata proposta la presenza di una
terza isoforma denominata COX-3 (Willoughby et al 2000). La ricerca ci indicherà nei prossimi anni non
solo gli esatti meccanismi biochimici ma anche la migliore collocazione di tali molecole.
L’azione gastrolesiva dei FANS, può essere locale e sistemica (Dobrilla G. 1999).
A livello locale, in quanto acidi deboli, in condizioni di pH acido si trasformano in forma non ionizzata, ma
dopo l’attraversamento delle membrane cellulari dovuto alla loro liposolubilità, ritrovano un pH più
elevato, per cui ritornano nella forma ionizzata. In tale condizione inibiscono il trasporto ionico, con
alterazioni della permeabilità di membrana e retrodiffusione di idrogenioni: tale effetto è meno
accentuato se il pH gastrico è spostato verso la neutralità.
A livello sistemico, il meccanismo fondamentale è rappresentato dalla ridotta sintesi di prostaglandine, in
particolare PGE2, che contribuiscono ad un importante meccanismo di regolazione del flusso sanguigno
della “barriera mucosa”. La riduzione delle PG incrementerebbe la migrazione leucocitaria, con
conseguente formazione di trombi, che aderiscono alla parete dell’endotelio, e successivamente inducono
il rilascio di fattori citolesivi. E’ possibile che tali effetti siano dipendenti dal blocco esercitato da tali
farmaci sulle COX, mentre il non blocco delle lipoossigenasi determina un incremento della produzione dei
leucotrieni, che potenziano l’adesione dei leucociti all’endotelio.
ALTRI FATTORI
Meccanismi e/o fattori di protezione
Meccanismi e/o fattori di aggressione
MECCANISMI E/O FATTORI DI PROTEZIONE
Muco e bicarbonati
Costituiscono la prima linea di difesa della mucosa gastrica e duodenale nei confronti degli agenti
aggressivi, sia endogeni (acido, pepsina e sali biliari) che esogeni (FANS, fumo).
Il muco gastrico, prodotto dalle cellule mucipare delle ghiandole cardiali, fundiche e piloriche, e dalle
cellule mucipare del rivestimento epiteliale, forma uno strato di gel, dello spessore di 0.2-0.6 mm, che
protegge la mucosa dall’acidità luminale (Feldman 2002). Il meccanismo attraverso il quale si esplica
l’azione della “barriera mucosa” é il rallentamento del flusso degli ioni H+ e la loro neutralizzazione da
parte degli ioni bicarbonato secreti dalle cellule epiteliali. All’interno dello strato mucoso, tale meccanismo
permette il mantenimento di un gradiente di pH, variabile da 2, sul versante luminale, a 7 su quello
epiteliale: ciò consente al tempo stesso la difesa cellulare e la presenza dell’ambiente acido all’interno
dello stomaco. La depolimerizzazione delle subunità della glicoproteina, ottenuta per digestione
proteolitica o per rottura dei ponti disolfuro, rende il muco incapace di svolgere la funzione protettiva.
Nei pazienti con ulcera peptica il muco è eterogeneo e strutturalmente debole, e ciò può essere in alcuni
casi conseguenza dell’infezione da H.pylori.
Giunzioni serrate intercellulari.
In condizioni fisiologiche, la retrodiffusione degli idrogenioni é impedita dalle giunzioni serrate
intercellulari. La rottura della barriera mucosa da parte di agenti, quali acidi biliari, salicilati, alcool e acidi
organici deboli, determina la retrodiffusione degli ioni idrogeno dal lume agli spazi intra ed intercellulari.
Le conseguenze sono molteplici: danno cellulare, rilascio di istamina da parte dei mastociti, con ulteriore
stimolazione della secrezione acida, danno dei piccoli vasi sanguigni, lesioni emorragiche della mucosa e,
infine, lesioni erosive e/o ulcerose.
Circolo ematico.
Il danneggiamento della mucosa può anche essere indotto da un diminuito afflusso sanguigno. Il
mantenimento di un regolare flusso ematico, infatti, è essenziale per la conservazione dell’integrità della
barriera. La struttura degli strati muscolari dello stomaco, che può predisporre ad episodi transitori di
ischemia, la povertà di circoli anastomotici mucoso-sottomucosi e l'apporto ematico non cospicuo, che
caratterizza questo distretto, sono fattori che possono predisporre alla genesi del processo ulcerativo.
Altri fattori coinvolti sono le endoteline e l’ossido nitrico, capaci di svolgere un ruolo importante nella
patogenesi delle lesioni acute in campo sperimentale. Anche l’angiogenesi è un evento molto importante
nel processo di guarigione delle lesioni ulcerose ed è legata alla presenza di fattori di crescita come il
Fibroblast Growth Factor (Folkman et al 1991).
E’ curioso, infine, ricordare che studi di fisiopatologia hanno dimostrato nel modello animale, che l’ H.
pylori ha la possibilità di indurre la formazione di aggregati piastrinici, tramite un incremento delle
selectine di membrana (Elizalde et al 1997). Ciò potrebbe rappresentare un’importante base patogenetica
per l’induzione di fenomeni trombotico-ischemici.
Prostaglandine.
L'azione delle prostaglandine (PG) è duplice, da una parte potenziano i fattori di resistenza della mucosa
e, dall'altra, inibiscono la secrezione acida sia basale sia sotto stimolo.
Le PG contribuiscono al mantenimento dell’integrità mucosa, attraverso la stimolazione della produzione
di muco e favoriscono i processi di riepitelizzazione, agendo sulla migrazione cellulare e la replicazione.
Esse hanno inoltre effetti fisiologici, come la stimolazione del trasporto di ioni Na+ e Cl- (concorrono al
mantenimento della differenza di potenziale elettro-negativo esistente tra il lume gastrico ed il versante
sieroso agendo direttamente sulle pompe ioniche delle cellule gastriche), l’incremento della produzione di
AMPc, la stabilizzazione delle membrane lisosomiali e la regolazione dei gruppi sulfidrilici della mucosa.
E’ stata anche ipotizzata una possibile relazione tra l'effetto citoprotettivo delle PG e la presenza
nell'epitelio gastrico di gruppi sulfidrilici non proteici, tra cui il più significativo sembra essere il glutatione
ridotto (GSH), forse a causa della sua funzione “scavenger” dei radicali liberi coinvolti nel danno della
membrana (Konturek et al 1990).
La produzione di PG, così come quella di poliamine ed Epidermal Growth Factor (EGF), é essenziale per la
cicatrizzazione delle lesioni da stress nel modello animale, e l’EGF agisce almeno in parte mediante la
produzione di poliamine (Brzozowski et al. 1993).
Sperimentalmente, è stato dimostrato che il pretrattamento con PGE2 riduce in misura significativa il
danno indotto dalla somministrazione di etanolo: questo benefico effetto sembra essere dovuta alla
prevenzione o alla riduzione della stasi vascolare, dell’aggregazione piastrinica, della deposizione di
fibrina e della necrosi cellulare conseguente.
Feed-back HCI-gastrina.
L'aumentata produzione di HCI, con la riduzione del pH intragastrico determina, in condizioni fisiologiche,
l’inibizione della liberazione di gastrina da parte delle cellule G.
La somatostatina é coinvolta in questo meccanismo, in quanto elevate concentrazioni di quest’ultima
sono prodotte dalle cellule endocrine della mucosa antrale (cellule D), le quali possiedono propaggini
citoplasmatiche che si estendono fino alle cellule G a livello delle quali si esplicherebbe l’effetto inibente.
Non si esclude tuttavia, che essa possa agire anche direttamente sulle cellule parietali della mucosa
gastrica.
Da sottolineare, infine, che anche la presenza di acido nel duodeno induce l'inibizione della secrezione
acida gastrica probabilmente attraverso il rilascio di secretina e/o di altri peptidi intestinali.
MECCANISMI E / O FATTORI DI AGGRESSIONE
La secrezione acida.
L’ipersecrezione gastrica è un importante fattore di rischio nella patogenesi dell’ulcera peptica.
Il danno tissutale, che si traduce nella formazione dell'ulcera, è in buona parte provocato dagli effetti
proteolitici della pepsina e da quelli erosivi dell'HCI. Quest’ultimo catalizza l'attivazione del pepsinogeno a
pepsina e contribuisce a mantenere un pH idoneo all'azione dell'enzima (Feldman 2002). L'attività della
pepsina é ridotta a valori di pH superiori a 4, mentre è completamente inattiva in modo irreversibile a pH
neutro o alcalino. Sono stati individuati due tipi di pepsinogeno nel succo gastrico, dosabili anche nel
siero: quello di tipo I (o PGA) e quello di tipo II (o PGC). Il pepsinogeno I è localizzato soprattutto in
corrispondenza delle cellule principali e mucipare del corpo e del fondo gastrico, mentre il pepsinogeno II
si trova, oltre che a livello degli elementi sopra citati, anche nelle ghiandole di Brunner duodenali e nelle
cellule mucipare delle ghiandole cardiali (Feldman 2002). I livelli sierici di pepsinogeno sono ereditati
come tratto autosomico dominante. Alti livelli, come quelli sovente presenti tra i pazienti con UD, che
possono essere associati ad infezione da H. pylori,riflettono un’aumentata capacità della mucosa gastrica
di secernere pepsina e acido. Inoltre, i soggetti con pepsinogeno totale, ma soprattutto di tipo I elevato,
recidivano più frequentemente rispetto a quelli con livelli normali o lievemente aumentati.
Per ciò che concerne la secrezione acida, esistono differenze significative nei pazienti con UG e in quelli
con UD.
Nello stomaco normale si stima che esista circa un miliardo di cellule parietali, e che la secrezione di HCI
per ogni ora sotto stimolazione massimale (a digiuno la secrezione è molto scarsa: 1,5-2 mmoli/h) possa
arrivare fino a 4 mmoli/h (tenendo conto che l'acidità tende a ridursi con l'età).
Nei pazienti con UD, il numero delle cellule parietali è maggiore (circa il doppio) e la secrezione
massimale è quasi 2 volte superiore a quella che si ha normalmente, anche se al riguardo esiste una
notevole variabilità individuale. Va comunque ricordato che circa il 50% dei soggetti con ulcera duodenale
ha una secrezione acida nei limiti della norma (Feldman 2002).
Nell'UG, la situazione è differente: il numero di cellule parietali è di circa 800 milioni e la secrezione
massimale è spesso (circa il 60% dei casi) normale o di poco inferiore alla norma. Anche i valori basali
sono frequentemente minori di quelli che si riscontrano nel soggetto sano. Va comunque differenziata in
questo caso una localizzazione “prossimale” dell’UG, in concomitanza della quale prevale una bassa
secrezione acida, ed una localizzazione “distale” nella quale prevale una secrezione normale o aumentata,
analogamente all’UD.
Dunque, è possibile affermare che esiste una differenza dal punto di vista patogenetico tra i due tipi di
ulcera peptica nel senso che l’ipersecrezione ha un ruolo nell'ulcera duodenale, mentre in quella gastrica,
in particolare del corpo e del fondo, è importante soprattutto la diminuita resistenza della mucosa alle
svariate noxae lesive.
Va comunque sottolineato che esistono numerosi casi in cui la distinzione non è così netta e nei quali
l'ulcera può essere dovuta alla variabile combinazione dei diversi fattori.
Fattori voluttuari.
Sono importanti, perché, almeno in parte, è possibile modificarli.
Tra i fattori voluttuari, il solo che con maggior “forza” si associa all’insorgenza sia dell'UG che dell’UD, è il
fumo di sigarette: tra i fumatori l’incidenza di malattia peptica è di circa 2 volte più frequente rispetto ai
non fumatori (Kurata et al. 1997) ed anche la frequenza di recidive è più elevata tra i primi; il tempo di
cicatrizzazione della lesione inoltre, con o senza terapia, è più lungo nei fumatori. Un caso estremo é
rappresentato da uno studio condotto a Taiwan, dove il fumo si é dimostrato fattore di rischio per UD con
OR di 8.89 (IC95% 2.17-36.48), superiore rispetto al ceppo citotossico di H.pylori che era addirittura
maggiormente presente nei soggetti di controllo piuttosto che in quelli con UD (Chen et al 1999).
Sono stati ipotizzati numerosi meccanismi per spiegare l'effetto del fumo di sigaretta, tra questi la
stimolazione della secrezione acida, l'alterazione del flusso vascolare e della motilità gastroduodenale,
l'induzione del reflusso biliare e la riduzione della produzione di prostaglandine, in particolare PG I-2
(Balint GA 2002). In sintesi, l'effetto del fumo di sigaretta è multifattoriale, variabile da individuo ad
individuo, tuttavia è probabile che l'azione più importante della nicotina sia la riduzione della secrezione
di bicarbonati da parte del pancreas esocrino, mediata dall'inibizione della secretina.
E’ interessante segnalare come l’abitudine al fumo non sembra influenzare la recidiva ulcerosa quando è
eradicato l’H.pylori (Chan et al. 1997), il che indurrebbe a supporre che é quest’ultimo che ne potenzia
l’azione lesiva.
Non esistono, allo stato delle attuali conoscenze, dati per sostenere con rigore scientifico che vi siano
fattori dietetici implicati nella patogenesi della malattia ulcerosa (Spechler 2002).
L’assunzione di alcool può causare ulcere acute, mentre non è dimostrato che possa dare origine a lesioni
croniche. Il caffè e i composti contenenti caffeina stimolano la secrezione acida gastrica attraverso un
meccanismo non ancora ben definito (verosimilmente senza modificazioni della produzione di gastrina), lo
stesso effetto possono avere gli alimenti particolarmente ricchi di calcio, ma la correlazione fra queste
sostanze e l'ulcera peptica non è dimostrata (Spechler 2002).
Anche i dati sui fattori sociali associati alla malattia ulcerosa sono inficiati dalle metodologie utilizzate.
Uno studio epidemiologico (National Health Interview Survey del 1989), condotto negli USA su oltre
41000 soggetti, ha dimostrato un’associazione inversa tra la frequenza di malattia ulcerosa peptica e lo
stato socioeconomico per l’ulcera gastrica ma non per quella duodenale. Il legame, in realtà, potrebbe
essere mediato dalla correlazione esistente tra l’appartenere ad una classe sociale di basso livello e
l’infezione da H. pylori, come già detto, prevalente nelle classi meno abbienti. Resta tuttavia inspiegato
perché, nel presente studio, non sia stata dimostrata un’associazione tra basso livello socioeconomico ed
ulcera duodenale.
Fattori genetici.
L'ulcera peptica non è una malattia ereditaria, tuttavia, come accade per altre patologie, può essere
ereditata una predisposizione a sviluppare sia la lesione che le sue complicanze. E’ osservazione comune
che in famiglie di ulcerosi la frequenza di malattia peptica è maggiore che nella popolazione generale e vi
sono studi che dimostrano una concordanza più elevata tra gemelli monozigoti che
dizigoti. Mentre
secondo alcuni autori ciò accade perchè i membri del nucleo famigliare hanno maggior possibilità di
essere infettati dall’H.pylori, altri sostengono che alla base vi sia una predisposizione genetica. E’ stato
inoltre segnalato che la presenza del gruppo sanguigno 0, la mancata secrezione di antigeni dei gruppi
sanguigni a livello salivare e la presenza di alcuni sottotipi HLA si assocerebbero ad aumentato rischio di
sviluppare lesioni ulcerose (Spechler 2002).
Fattori psicosomatici.
La visione bio-psico sociale della malattia peptica (Levenstein S. 2000) é un argomento dibattuto ma che,
in virtù della difficoltà a dimostrare un ruolo della psiche nella genesi dell’ulcera, non ha un supporto
scientifico. Uno studio giapponese sembrerebbe indicare, tuttavia, che l’infezione da H.pylori potrebbe
giocare un ruolo nello sviluppo della lesione in condizione di eventi stressanti (nel caso specifico
terremoti) (Aoyama et al 2000).
Fattori stressanti.
Traumi, ustioni, interventi chirurgici e condizioni di shock possono provocare lo sviluppo di una lesione
ulcerosa. Nei pazienti in terapia intensiva, quindi più gravemente compromessi, l’incidenza endoscopica
dell’ulcera entro le 24 ore dall’ammissione sarebbe quasi del 100%. Il meccanismo di
base é
verosimilmente di natura vascolare, legato ad un ridotto apporto ematico conseguenza dell’evento.
EZIOLOGIE “RARE”
Esistono cause meno frequenti di lesioni ulcerose, rispetto all’infezione da H.pylori o all’assunzione di
FANS, e vanno attentamente focalizzate per le implicazioni terapeutiche-gestionali che ne derivano.
La percentuale di tali cause è relativamente bassa, ma pone problemi di diagnosi differenziale. In uno
studio condotto nel Regno Unito furono osservati 423 pazienti con UD e infezione da H. pylori, 4 con
assunzione associata di FANS, 1 con morbo di
Crohn, 1 con sindrome di Zollinger ed Ellison e 6 con
lesione ad eziologia ignota. L’analisi fisiopatologica evidenziò che i soggetti con “UD idiopatica” avevano
ipergastrinemia, aumentata secrezione acida e rapido svuotamento gastrico per liquidi e solidi. Inoltre in
tutti si osservò assenza del gruppo sanguigno A1, facendo ipotizzare una predisposizione genetica (McColl
et al. 1993).
La sindrome di Zollinger ed Ellison è responsabile dello 0.1-1% delle UD ed è dovuta ad un tumore
gastrino-secernente (gastrinoma). La lesione neoplastica è generalmente di piccole dimensioni (anche se
può raggiungere i 20 cm di diametro), prevalentemente localizzata alla testa del pancreas o alla prima
porzione duodenale (ma è stata segnalata anche nell’ilo splenico, nei linfonodi e raramente in stomaco e
fegato) e in almeno la metà dei casi è multipla. Il 60% circa dei gastrinomi sono maligni ed il miglior
fattore predittivo di malignità, più che il quadro istologico, è la presenza di metastasi ai linfonodi e al
fegato. Di importante rilevanza clinica è il fatto che circa il 30% di questi tumori rientrano nel quadro
delle neoplasie endocrine multiple (MEN) di tipo I, nelle quali si associano inoltre iperparatiroidismo e
adenoma dell’ipofisi. Clinicamente, la sindrome di Zollinger ed Ellison si manifesta con UD generalmente
singola, e nel 75% dei casi localizzata nella prima porzione duodenale. Contrariamente all’ulcera peptica,
esiste tuttavia la possibilità di comparsa di multiple lesioni e di una localizzazione distale, fino al digiuno.
La diarrea può essere presente in oltre un terzo dei casi di gastrinoma. Il meccanismo patogenetico alla
base
delle
manifestazioni
cliniche
della
sindrome,
risiede
nell’ipersecrezione
acida
legata
all’iperproduzione gastrinica. E’ talora caratteristica la “resistenza” dell’ulcera al trattamento con dosi
elevate di antisecretori.
E’ possibile un’eziologia virale dell’ulcera peptica legata ad Herpes simplex virus (HSV-1) o a
citomegalovirus (CMV), nel primo caso tuttavia le lesioni sarebbero soprattutto rappresentate da erosioni
gastriche (Toljamo et al. 2002); anche malattie come la mastocitosi, il morbo di Crohn (D’Incà et al.
1998) o altre granulomatosi, alterazioni metaboliche come l’iperparatiroidismo e malformazioni come il
pancreas anulare possono associarsi a lesioni ulcerose gastro-duodenali. Diagnosi differenziali devono
essere poste anche con infezioni batteriche come, per esempio, quella intestinale da Mycobacterium.
Possibilità di ulcere in sede gastro-duodenale è segnalata anche in soggetti che assumono cocaina (per
vasocostrizione a livello mucoso), in pazienti sottoposti a radio o chemioterapia ed ancora in individui con
insufficienza renale cronica.
Complessivamente, almeno il 50% di coloro che soffrono per UD, senza infezione da H.pylori non ha
un’apparente spiegazione sulla causa dell’ulcera, le sole cartteristiche note sono la tendenza
all’ipersecrezione e un eccessivo carico acido a livello duodenale (McColl KE 2000).

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