Pitza e datteri
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Pitza e datteri
fotografia che vede la bellezza in ogni angolo senza diventare eccessivamente estetizzante. Resteremmo comunque nell'ambito della commedia multietnica vagamente buonista se la parabola del veneziano Vendramin, convertito all'Islam e rinominato Mustafa, non rendesse le cose più interessanti e meno politically correct. Il suo smarrimento identitario, dovuto più alla "protesta contro il sistema capitalistico corrotto", le banche e le agenzie di riscossione che alla convinzione religiosa, è quello di un Paese che ha perso i propri punti di riferimento insieme alle proprie radici, ed esige "rispetto per tutti, senza umiliazioni". Il che, avverte Kamkari, rischia di condurre ad un epilogo "violento". Paolo Casella MyMovies.it consegnando alla parrucchiera (Maud Buquet) i destini di tutti i personaggi maschili della storia. Attraverso gli occhi del giovane Imam e una lingua italiana ricca di consonanti fricative, Pitza e datteri spiega gentilmente che guardare il mare e l’immensa quantità d’acqua che contiene, aiuta a percepire la vastità di idee, di pensieri, di ambizioni che affollano il mondo. C’è spazio per tutti, per pregare, desiderare, ridere, comunicare e rispettarsi reciprocamente. Antonio Bracco ComingSoon.it (…) Con sensibilità e grande intelligenza culturale, Kamkari traghetta gli estremismi religiosi tra i canali ironici della sua commedia, così come le disavventure del gruppo sfilano tra le calli di Venezia. Di fronte alla naturale esigenza della preghiera e alla ricerca di una nuova moschea, i fedeli si scontrano con tutte le storture dei malsani fondamenti religiosi che portano regolarmente a ridicole derive. Il regista si permette anche di dare uno schiaffo progressista all’insensato e conservatore maschilismo del medio oriente, Un film di Alan Rickman, con Kate Winslet e Stanley Tucci Mercoledì9dicembre,ore16.30-19-21.15 Giovedì 10 dicembre, ore 19.00-21.15 Sabine De Barra, donna e non nobile, è in lizza per un incarico alla corte di Luigi XIV. Il re sta per trasferirsi a Versailles e l'artista di corte André le Notre, nonostante il disappunto iniziale, sceglie proprio Sabine per realizzare uno dei giardini principali del nuovo palazzo. Mentre lei cerca di fare i conti con una tragedia del passato, Le Notre li fa con il disagio del suo presente Venerdì 11 dicembre, ore 21.00 Versione originale sottotitolata MERCOLEDí 2 DICEMBRE 2015, ORE 16.30-19.00-21.00 GIOVEDí 3 DICEMBRE 2015, ORE 19.00-21.00 Il cast tecnico. Regia: Fariborz Kamkari. Sceneggiatura: Antonio Leotti, Fariborz Kamkari. Fotografia: Gogò Bianchi. Montaggio: Mirco Garrone. Scenografia: Susanna Codognato. Costumi: Francesca Leondeff. Musiche: L’Orchestra di Piazza Vittorio. Origine: Italia, 2015. Durata: 1h32. Gli interpreti. Giuseppe Battiston (Bepi), Maud Buquet (Zara), Mehdi Meskar (Saladino), Hassani Shapi (Karim), Giovanni Martorana (Ala), Gaston Biwolè (Aziz), Esther Elisha (Fatima), Monica Zuccon (Cesarina), Hafida Kassoui (Miriam). La trama. La pacifica comunità musulmana di Venezia è stata sfrattata dalla sua moschea da un'avvenente parrucchiera che la trasforma in un salone di bellezza. Viene chiamato in soccorso un giovane e inesperto Imam afghano per riprendersi il loro luogo di culto. Tutti i loro goffi tentativi falliscono comicamente, ma alla fine troveranno un luogo e un aiuto da chi non avrebbero mai pensato. Sembra cronaca, è un film, ma con i piedi ben piantati per terra. (...) Dopo l'acclamato 'I fiori di Kirkuk', il curdo iraniano Fariborz Kamkari torna alla regia per dirci che un altro Islam non solo è possibile, ma esiste già, nell'indifferenza dei media: una commedia d'incontro multietnico e multiculturale a Venezia, con l'Orchestra di Piazza Vittorio a tenere il tempo dell'identità, dell'integrazione e... del terrorismo. Si ride, si riflette: senza troppi entusiasmi, ma l'abbinamento pizza e datteri funziona. Federico Pontiggia Il Fatto Quotidiano 28 Maggio 2015 "«Pitza e datteri» tenta con una certa disinvoltura d'intervenire per via comico-grottesca nella contrapposizione di fondamentalismi suscitata anche nel nostro paese dalle integrazioni multiculturali. Il regista curdo nato in Iran Karnkari («I fiori di Kirkuk») ce la mette tutta per giocare con il fuoco senza scottarsi (...). Si può apprezzare la gofaggine autoderisoria con cui vanno in scena le baruffe tra calli e sestieri, cupole e minareti che contribuiscono in qualche modo a schivare l'inevita- bile minaccia della straripante assuefazione turistica del contesto; peccato, però, che il tutto rimanga in superficie e legato all'assai altalenante consistenza dei personaggi e delle relative interpretazioni. In quanto alle buone intenzioni di condurre col sorriso gli uni e gli altri contendenti a travalicare i micidiali stereotipi religiosi, sociali e politici non ci sembra, però, che le pizze e i datteri siano convincenti o quantomeno sufficienti. Valerio Caprara Il Mattino 28 Maggio 2015 Divertente e insolito (almeno nel nostro cinema) lo spunto di partenza di 'Pitza e datteri' che il regista curdo Fariborz Kamkari affronta in chiave di commedia all'italiana, mettendo alla berlina i fondamentalismi di ogni genere e tipo senza preoccuparsi del politicamente corretto; e ponendo l'accento sulle contraddizioni interne della scalcagnata armata, dove spicca il nobile Giuseppe Battiston/ Mustafà (...). Purtroppo nel procedere il film non si dimostra all'altezza dell'idea, ma la multietnica colonna musicale dell'Orchestra di Piazza Vittorio mantiene vivace il ritmo; e nell'eterogeno cast spiccano, accanto a Battiston, il veterano Hassani Shapi e l''imam' Mendi Meskar. Alessandra Levantesi Kezich La Stampa 28 Maggio 2015 Si capisce che l'intenzione c'è e l'ambizione pure. Venezia scelta come crocevia storico di culture, fedi, etnie. Il tappeto sonoro fornito dall'Orchestra di Piazza Vittorio. La presenza sempre di qualità di Giuseppe Battiston. Le problematiche messe in campo e le soluzioni semiserie, in chiave di commedia. (...) Diretto dal curdo iraniano Fariborz Kamkari, il film è senza capo né coda. E il solo effetto che può produrre è di innervosire i veri estremisti dell'Islam, che non sono spiritosi." Paolo D’Agostini La Repubblica 28 Maggio 2015 All’improvviso la piccola comunità musulmana di Venezia si trova sfrattata dalla propria moschea per iniziativa di una parrucchiera islamica che trasforma il luogo in un salone di bellezza. Nel tentativo di non far precipitare le cose, viene chiamato in soccorso un imam afghano giovane e inesperto. Del piccolo gruppo di adepti fanno parte anche Bepi, un veneziano convertito all’Islam, il ‘presidente’ della comunità Karim, la musulmana progressista Fatima e il curdo Ala. In più c’è Zara, la parrucchiera che ha provocato il contenzioso. Il tentativo di trovare un punto d’incontro tra i musulmani e Zara va avanti tra equivoci, incertezze, beghe di vario tipo. Ma la soluzione è in agguato… Come informazione, è giusto ricordare che il regista Kamkari nato in Iran, curdo, studente di letteratura drammatica a Teheran, debuttante al cinema nel 2002, si è imposto all’attenzione con I fiori di Kirkuk (2010). “Per la mia storia personale - precisa conosco bene sia la realtà e la cultura europea contemporanea, dove si svolge il racconto, sia quelle da cui provengono i personaggi immigrati. Da questa doppia conoscenza sono partito per dare alla storia una prospettiva non basata su semplici clichés. L’umorismo nasce all’interno di due mentalità contrapposte( …) Il tono ironico deve molto all’influenza della commedia italiana”. Sono premesse opportune per entrare nell’evolversi un po’ beffardo del copione. Trattare temi molto seri e importanti con leggerezza: era questo, come si sa, il segreto alla base del filone principe del cinema italiano anni ’50/’70. L’idea che una donna mediorientale sconvolga la quotidianità di altri musulmani, aprendo un’attività commerciale da sola, è di per sé un ottimo grimaldello per dare il via ad una irresistibile sarabanda di contrattempi e incomprensioni. Si constata con soddisfazione che quella scuola (parliamo di Age, Scarpelli, Monicelli, Risi) ha lasciato segni anche in registi lontani per geografia e cultura. Si può scherzare (sia pure a casa nostra e non da loro…) sulle cose serie, ma il rispetto è conservato, non ci sono vinti né vincitori, si è intanto colta l’occasione per osservare una Venezia tutta in esterni inedita e ricca di suggestioni. Regia sciolta e scorrevole dentro la quale si muovono con agilità e buona dinamica Giuseppe Battiston (Bepi, il veneziano convertito e nemico delle banche) e alcuni interpreti musulmani/occidentali Mehdi Meskar (l’imam giovane) e Maud Buquet (la parrucchiera dello scandalo, Hassan Shapi, Ester Elisha. Merita infine segnalare la colonna sonora composta ed eseguita con un frizzante melange multiculturale da L’orchestra di Piazza Vittorio. Massimo Giraldi Cinematografo.it Dopo I fiori di Kirkuk, il regista e sceneggiatore iraniano di origine curda Fariborz Kamkari si cimenta con una favola multietnica ambientata in una Venezia lontana dagli stereotipi turistici, usando luci e colori per illuminare interni fatiscenti e fast food etnici, il negozio della parrucchiera come le calli della Serenissima. La colonna sonora, firmata dall'Orchestra di Piazza Vittorio, fa da ulteriore collante e la lingua italiana è un esperanto fra stranieri nel Bel Paese (compreso l'unico italiano). Il ritmo comico non è all'altezza di quello musicale, ma la narrazione è ricca di grazia e affronta tematiche scottanti, come il trattamento delle donne da parte degli integralisti islamici, in maniera ironica e gentile (ma mai condiscendente). Di ottima qualità la