Le vase brisé - Il Porto di Toledo

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Le vase brisé - Il Porto di Toledo
Il vaso infranto
(Traduzione di Le vase brisé, di Sully Prudhomme da Stances et Poèmes, 1865).
di Camilla Balsamo.
Ho intrapreso la traduzione di questo testo del poeta parnassiano Sully Prudhomme1 in modo
decisamente intuitivo, affascinata dal forte contrasto presente tra contenuto concettuale, spiccatamente
intimista- e ritmo, vagamente infantile ed ossessivo. Rispetto alla traduzione di Valerio Magrelli,
dunque, ho voluto improntare il lavoro sul rispetto di quel livello fonico e ritmico che esercita evidente
funzione musicale e combinatoria della intera partitura- sommariamente intesa dal mio inesperto
orecchio come tre accenti: [levase/oùmeurt/cetteverveine].
Scoprirò soltanto poi come Le vase brisé possegga una virtù propria del verso ottosillabico2: la poesia
può essere cantata sulla musica de La Marsigliese3, di Ici l’on pêche, de La polka du Roi e dell’ Internationale4.
Racconta di uno studio in merito l’OuLiPote5 Paul Braffort, affiancato nella ricerca da Jacques Bens e
Duchateau.
Ho preservato la rima alternata maschile/femminile tenendo presente il numero di sillabe di ciascuna
coppia di versi. Mi hanno creato problemi alcune serie semantiche, che di volta in volta analizzo nelle
note.
Le vase brisé
Il vaso infranto
Le vase où meurt cette verveine
D’un coup d’evantail fu fêlé;
Le coup du éffleurer à peine,
Aucun bruit ne l’a rêlevé.
Il vaso in cui muore Violetta6
Un battito d’ali7 spezzò;
Una farfalla passata di fretta,
Lo sguardo d’alcuno destò.
Mais la légère meurtrissure,
Mordant le cristal chaque jour,
D’un marche invincible et sûre
En a fait lentement le tour.
La piccola scalfitura8,
Mordendo il cristallo ogni giorno,
Inesorabile, cieca, sicura
Ne ha percorso l’intero contorno.
Son eau fraîche à fui goutte à goutte,
Le suc des fleurs s’est épuisé;
Personne encore ne s’en doute.
N’y touchez pas il est brisé.
L’acqua è sparita in un’ora,
E la linfa ha fatto fagotto9;
Nessuno ne dubita ancora.
Ma non lo toccare, che è rotto10.
Souvent aussi la main qu’on aime,
1
Così spesso la mano amata,
Réné Prudhomme fu insignito nel 1901 del primo Premio Nobel per la letteratura.
Si tenga presente l’origine ottosillabica del verso epico francese; ipotesi avanzata da A. Fassò, «L’ottosillabo,
verso epico », da ultimo in Id., Gioie cavalleresche. Barbarie e civiltà fra epica e lirica medievale, Roma, Carocci,
2005, pp. 79-110 [il saggio è stato pubblicato originariamente nel 1989].
3
Nel primo tempo del Faschingsschwank aus Wien (Il carnevale di Vienna) per pianoforte di Robert Shumann ne è
peraltro riconoscibile una chiara citazione.
4
In effetti lo stesso testo dell’inno della Commune potrebbe suggerire una somiglianza metrica: [C'est la lutte finale/
Groupons-nous et demain/L'Internationale/Sera le genre humain.]
5
A partire dalla poliedrica attività letteraria di Raymond Queneau ebbe vita l’OuLiPo (Ouvroir de littérature
potentielle, Officina di letteratura potenziale): laboratorio di scrittura sperimentale, sottopose molti generi al
fecondo arbitrio delle costrizioni testuali (limitazioni di genere sintattico, lessicale, grafico, talvolta matematico).
2
6
Effleurant le cœur le meurtrit;
Puis le cœur se fend de lui même,
La fleur de son amour périt;
Ferisce sfiorandolo il cuore;
Poi l’anima si fende stremata,
E crepa11 Violetta d’amore;
Toujour intact aux yeux du monde,
Il sent croître et pleurer tout bas
Sa blessure fine et profonde.
Il est brisé n’y touchez pas.
Sempre intatto agli occhi del mondo,
Piange piano e sente vibrare
Il suo taglio fino e profondo.
Ma è rotto, non lo toccare.
Violetta: nel testo originale il fiore in questione è ‘una verbena’. Dunque un altro fiore, e con articolo
indeterminativo. La verbena, sacra ad Iside, è tuttora nota per le sue proprietà magiche e afrodisiache. La sua
radice etimologica sembra risiedere nel verbo verbero ‘colpire’ ma si è anche paventata una forma herba Veneris.
Oppure, dal Celtico ferfaen, fer (scacciare) e faen (pietra). Inoltre, in Madame Bovary, ‘l’odore di verbena e tabacco’ è
proprio di uno di quegli oggetti che in Flaubert assumono vita propria: «Souvent, lorsque Charles était sorti, elle
allait prendre dans l'armoire, entre les plis du linge où elle l'avait laissé, le porte-cigares en soie verte. Elle le
regardait, l'ouvrait, et même elle flairait l'odeur de sa doublure, mêlée de verveine et de tabac. A qui appartenaitil?... Au Vicomte.» Citando il Vargas Llosa de L’Orgia Perpetua: «perché certi oggetti della realtà fittizia
sopravvivono nella memoria nitidi e suggestivi quanto autentici personaggi in carne ed ossa? Perché sono stati
strappati al mondo dell’inerte ed elevati ad una dignità superiore. Dotati di qualità insospettate, come ad esempio
una recondita psicologia, una capacità di comunicare messaggi e di suscitare emozioni, che ne fanno malgrado i
loro corpi immobili, petrei, ciechi e muti, esseri imbevuti di profonda animazione, di segreta vita.» In traduzione
dunque, è un azzardo vero e proprio modificare radicalmente un referente tanto carico di senso e sensi. Tuttavia,
in questo tentativo di traduzione, era mia caparbia intenzione rispettare il più possibile la cadenza cantilenante del
verso. Mi sono dunque sentita costretta, tanto per cominciare, ad eludere l’articolo, scegliendo di non renderlo
affatto. Il verso ottenuto era dunque: ‘il vaso in cui muore verbena’. Non l’ho trovato soddisfacente perchè aveva
l’aria di un abbozzo smorto di nome proprio, privo di vita e di storia. Inanimato. Ho scelto di osare e deciso di
restituire un fiore affine per colore che potesse in italiano farsi carico di altrettanta tradizione. Violetta Valery è il
nome della protagonista de La Traviata, e i versi di Dante «Deh, Violetta, che in ombra d'Amore/negli occhi miei
sì subito apparisti/aggi pietà del cor che tu feristi/che spera in te e disiando more» sorprendentemente affini nel
contenuto alla materia questo testo, mi hanno convinto infine a compiere lo slittamento.
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‘Eventail’ è senza ombra di dubbio ‘ventaglio’; ma in traduzione si è preferito renderlo con «battito d’ali». Una
licenza minore rispetto alla precedente, ma necessaria per lo stesso motivo. Volendo conservare i tre accenti del
verso originale, [dincoup/devantail/fufelé] ho avuto bisogno di scomporre il ventaglio in due accenti diversi,
cercando tuttavia di conservare l’impalpabilità della materia urtante, il silenzio perfetto dell’impatto ed una certa
voluttà.
8
Meurtrissure è scalfitura in quanto il verbo ‘meurtrir’ equivale a contundere o ammaccare, così come ricompare
nella penultima quartina. Ma la radice semantica è ‘meurtre’, reato grave, omicidio, assassinio, uccisione. Il fatto
che in italiano non esita un sostantivo deverbale equivalente complica orrendamente le cose.
9
Concettualmente, la ‘linfa che ha fatto fagotto’ corrisponde al verso originale ‘le suc des fleurs s’est épuisé’ ma
versa in un registro decisamente ironico. Nella sua grossolanità, tuttavia, suggerisce un’immagine tenera e
rassegnata, come quella di chi è costretto suo malgrado a raccogliere le proprie povere cose e ad andarsene in
punta di piedi.
10
Il ‘N’y touchez pas’ dell’originale apparteneva ad una categoria di imperativi decisamente troppo impersonali
perché una traduzione verbatim in italiano potesse essere efficace. ‘Non lo si tocchi’ è una formula auspicabile per
un manuale di cucina soltanto. Certamente modificare la persona dell’imperativo comporta dei rischi; non ultimo
quello di coinvolgere in modo assai diretto sia l’interlocutore dell’io lirico che il lettore empirico, ma almeno
conferisce al verso un andamento più naturale.
11
Nel testo originale il temine è ‘fende’ e non ‘crepa’. Ma ‘crepa’ è lemma semanticamente ricco per il suo
doppio strato semantico: nel registro basso col senso di ‘morire male’ ed in quello più accurato col senso di
procurarsi una lesione pressoché invisibile eppure compromissiva [crepare/creparsi]. Si tratta in qualche modo di
un goffo equivalente della coppia polisemica [meurtre/meurtrir] presente nel testo originale.