Walk In Silence
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arts club All’interno: The Foals Mojomatics Shining Line N. 2 19 MAGGIO 2010 ArtsClub Italia Walk In Silence Ian Curtis, 1956 – 1980 Love Will Tear Us Apart 1 news Carlos D lascia Carlos D, storico bassista degli Interpol, ha lasciato la band al termine delle registrazioni del nuovo album, di prossima uscita. In una nota, la stessa band spiega che è stata una separazione amichevole, per permettere a Carlos di dedicarsi ai suoi progetti. Sarà sostituito per i live da ‘una serie di bassisti illustri’: attendiamo novità. Dio è morto Grave lutto per i rocker di tutto il mondo: è morto lo scorso 16 Maggio Ronnie James Dio, voce unica nel panorama del metal e dell’hard rock. Aveva anche sostituito Ozzy Osborne nei Black Sabbath. Il cantante soffriva di un cancro allo stomaco. Aveva 68 anni. Liam, niente film Il frontman degli Oasis Liam Gallagher ha appena fondato una casa di produzione cinematografica indipendente ma ha dichiarato che non intende cimentarsi come regista. A lui era stata associata la possibile produzione di un film con soggetto i Beatles. Muse a San Siro Saranno i Friendly Fires, i Kasabian e gli italiani Calibro 35 ad affiancare i Muse nel loro primo storico concerto allo stadio San Siro di Milano, previsto per il prossimo 8 Giugno. Pochi i biglietti ancora disponibili. The Grace, the video Esce finalmente il videoclip di ‘Fading Way’, il singolo dei The Grace. Girato a Torino dal regista Ivan Cazzola, il video è in rotazione su MTV e potete vederlo, oltre al sito di MTV e a Youtube, anche sulla pagina ufficiale della band, all’indirizzo www.myspace.com/thegrace06. Love Will Tear Us Apart, Again Touching from a distance, further all the time di Marlene Barrett di Alessandro Gandini C ’è il sole! C’è il sole mentre guidi sulla circonvallazione. Intorno a te decine di automobili con vessilli neroazzurri sventolanti e clacson suonati in maniera del tutto insensata. Questione di scudetti. Beata ingenuità virile. “Love will tear us apart” dei Joy Division, 80 chilometri all’ora e uno sbadiglio di primavera. Guance umide, occhiali da sole che scivolano sul naso bagnato e trucco sciolto in un make up evidentemente Unwaterproof. “Stiamo prendendo strade diverse”. Già. Tiri su col naso, cambi marcia, acceleri e il synth si avvolge alla voce di Ian Curtis, e la voce di Ian Curtis si avvolge alla tua inquietudine, in uno strano abbraccio in cui il tormento, dignitoso e consapevole è squisitamente lecito. Rimandi indietro il pezzo. Sembra quasi primavera e, con il sole, è come se tutto fosse grossomodo più accettabile. Batti appena i palmi delle mani sul volante a tempo di musica e, nel farlo, pensi che non c’è un cazzo da fare: tu il tempo non lo sai portare. Inchiodi al semaforo e un lavavetri dichiara guerra al microsistema di impurità metropolitane che coltivavi scrupolosamente sul parabrezza da mesi. Gli dai 50 cents e riparti. Love. Love will tear as apart. Again. Senza rabbia e senza rassegnazione. Un altro “ciao”, un altro “a presto” che verrà comunque troppo tardi. Allontanarsi e riavvicinarsi, accumulare smagliature nell’anima e fingere quotidianamente che non ci siano, che il tempo non passi, che le circostanze non ci portino lontano da dove, invece, avremmo voluto. S i presentò al mondo dicendo che ‘aspettava un ragazzo che lo prendesse per mano’. Forse aveva bisogno di qualcuno che lo conducesse in questa vita che per lui, ragazzo sensibile con una profondità intellettuale fuori dal comune per la sua età e per la sua epoca, si è troncata una notte così, d’improvviso. Forse chi l’ha preso per mano non ha saputo deviarlo da quella strada che lo ha condotto a togliersi la vita, non ha saputo colmare il suo disagio: perché Ian Curtis, poeta decadente del XX Secolo che ha scritto i suoi versi in musica attraverso la band dei Joy Division, semplicemente non reggeva tutto quello che gli stava accadendo. Ian, sospeso fra una fama crescente e soffocante, un’epilessia vissuta come una condanna e amori troppo disperati, destinati a ‘tear apart’, distruggere, chi come lui era poco più d’un ragazzino: a trent’anni dalla sua morte siamo qui a riconoscerne una grandezza smisurata, nascosta in tutte quelle indie band, dagli Interpol fino a tutti gli anti-eroi degli scantinati più bui, che ne tramandano il codice genetico perché hanno saputo riconoscere, in questo ragazzo, una delle voci della loro anima. Probabilmente, di quella parte oscura di ognuno di noi, che possiamo soltanto ascoltare, senza potergli parlare davvero. ‘Toccare da distante, più lontano ogni volta’: questa era la sua visione delle cose belle della vita, Ian Curtis da Macclesfield, provincia di Manchester, Inghilterra grigia e fumosa di fabbriche e noia. Morto suicida il 18 Maggio del 1980: chissà se poi davvero, come lui ci ha detto, ‘in una stanza senza finestre, in un angolo’, ha trovato la verità. (Leggi Marlene sul suo blog www.marlenebarrett.blogspot.com) Anton Corbjin, Control (2007) di Giovanni Pesce C ontrol (2007), film di Anton Corbjin, non è solo un biopic su Ian Curtis ma un’analisi profonda della psiche di un artista tormentato e impulsivo, incerto se abbandonarsi ai sentimenti o a sfuggirgli, insicuro delle sue scelte. La pellicola analizza non solo la carriera artistica di Ian, ma anche i suoi tormenti sentimentali. Si racconta la sua adolescenza a Macclesfield, l’incontro con la futura moglie Debbie, il loro matrimonio prematuro e il suo crescente desiderio di sfondare nella scena musicale. Un’analisi non banale, che non cade nell’abusato modello dell’artista maledetto. Girato in bianco e nero, l’opera di Corbjin ha il suo punto di forza nella fedele interpretazione di Riley, molto bravo nell’imitare i frenetici movimenti di Curtis mentre cantava e anche il suo freddo distacco passionale. Il finale del film è indubbiamente molto toccante, ma è ancora difficile comprendere perché un ragazzo di 23 anni si sia ucciso, quale peso lo opprimesse. Il titolo deriva da una canzone dei Joy Division, She’s Lost Control, dedicata ad una ragazza malata di epilessia. (Leggi l’intera recensione su Paper Street Cinema). 2 I an Curtis, cantante dei Joy Division, si è tolto la vita il 18 Maggio 1980, esattamente trent’anni fa. Aveva soltanto 23 anni. Personalità profonda e tormentata, Curtis ha firmato le liriche della band, e a lui si deve il nome stesso del gruppo, che trae ispirazione dal nome dei dormitori femminili dei campi di concentramento nazisti. La band ha rilasciato solamente due studio album, ‘Unknown Pleasures’ (1979, foto a destra in alto) e ‘Closer’ (1980), pubblicato due mesi esatti dopo la morte di Curtis. Una curiosità: la foto di copertina di quest’ultimo (a destra in basso) rappresenta la tomba della famiglia Appiani, ed è stata scattata presso il Cimitero Monumentale di Staglieno a Genova. I Joy Division sono considerati una delle band più influenti nella storia del rock: dopo la morte di Curtis, i tre membri superstiti hanno proseguito l’attività musicale fondando una nuova band: i New Order (a sinistra). (a.g.) 3 Uomini Soli Frontman che fanno i solisti K ele Okereke e Brandon Flowers, protagonisti di due nostre news dell’ultimo numero, sono solo gli ultimi di una lunga serie di frontman che hanno deciso di impegnarsi in un progetto solista, che spesso si rivela profondamente diverso dallo stile musicale del gruppo di appartenenza. Ultimamente, solo Jonsi dei Sigur Ros e Paul Banks degli Interpol hanno presentato progetti non molto dissimili dal suono con cui eravamo soliti riconoscerli. Julian Casablancas, ad esempio, si è divertito, nel suo Phrazes of the Young, a contaminare il sound tipico degli Strokes con melodie pop e synth dal sapore vagamente retrò ottenendo un risultato tutto sommato soddisfacente. Un risultato che, si spera, sarà altrettanto positivo per Kele, già frontman dei Bloc Party. Quest’ultimo sembra abbia virato verso territori marcatamente electro per il suo debutto The Boxer, cambiando anche in gran parte il look che lo contraddistingueva. Nonostante le ventate di aria fresca che questi side-project possano aver portato nel panorama musicale odierno, nessuno di loro è stato in grado di eguagliare i lavori che i frontman avevano svolto con i rispettivi gruppi. Che ai nostri manchi ancora un po’ di esperienza? (a.b.) Oasis Night, 29/5 @ Limelight O The Foals, suoni dal deserto Mojomatics @ Twiggy Club di Alessandro Blangetti di Nicholas David Altea R itornano i Foals (foto sotto), due anni dopo un album di debutto che oltre a consacrarli quali esponenti di spicco del math rock d’oltremanica ne aveva svelato una facilità alla melodia non indifferente. Le peculiarità che hanno reso celebre il gruppo di Oxford sono rimaste intatte anche in questo Total Life Forever: numerosi controtempi, ritmica complessa e una certa riluttanza verso gli accordi. Ma a questi ingredienti si aggiungono ora dei testi più catartici e introspettivi rispetto a quelli (assai criptici) dell’esordio e una decisa virata nel sound del gruppo verso lidi decisamente più pop. Fin dal primo pezzo di questo album, ci rendiamo subito conto che il sound del gruppo è ora meno danzereccio. ‘Blue Blood’ ci porta in un’ atmosfera fatta di suoni morbidi e sognanti e strizza decisamente l’occhio al mainstream. ‘Miami’ è uno dei pezzi più belli del disco, caratterizzato da un sound originale, che può ricordare l’ultima M.I.A., e da un testo finalmente privo di non-sense. La title track nasconde dietro la sua estrema orecchiabilità un testo di preoccupazione rispetto al futuro, e dipinge fragili emozioni con diverse figure retoriche come succederà in altri testi a venire. ‘Black Gold’, canzone costruita intorno a una citazione del grande Mike Tyson, ci prepara al pezzo più intenso dell’album, la magnifica ‘Spanish Sahara’, che, come suggerisce il titolo, porta l’ascoltatore in un viaggio sonoro psichedelico ed esotico che si rivela un crescendo emozionale. ‘This Orient’, utlizzato come singolo di lancio prima dell’uscita di questo nuovo disco, con il tenero chorus “it’s your heart that gives me this western feeling” , è la vera essenza di questi Foals più pop ed emozionali. Con gli ultimi pezzi l’atmosfera si fa sempre più ovattata e malinconica, e finito l’ascolto ci troviamo davanti a un disco che rispecchia quanto dichiarato dal frontman Yannis Philippakis in una delle ultime interviste fatte al gruppo: i Foals hanno voluto evolvere il loro sound, senza però tradire le proprie origini musicali. Voto: 8. (Leggi Alessandro sul suo blog http://thecoolnesssurfer.blogspot.com) ra è finalmente ufficiale: si terrà il prossimo 29 Maggio nella location della discoteca Lime-light in Via Castelbarco a Milano la serata ufficiale Oasis Night, legata al concorso Indie Bands Contest 2010 di cui verranno contestualmente premiati i vincitori. Ospiti clou della serata saranno Bonehead, chitarrista ex Oasis e membro fondatore della band, e Alan McGee, storico manager degli Oasis e boss della serata indie più cool di Londra, la Death Disco, che si tiene ogni mercoledì notte all’Arts Club omonimo di questa rivista, nel quartiere di Notting Hill. Suoneranno dal vivo Smodati, Likely Lads, Supernova e Morning Sun. A seguire, McGee farà rivivere ai milanesi l’atmosfera della Death Disco di Londra improvvisando un DJ Set insieme a Bonehead. Parteciperanno alla serata anche Francesco Mandelli (MTV, Radio 105) e i The Hacienda. (a.g.) 4 So ‘90s Marion (1996) M arion, ‘This World and Body’ (1996). Siamo a Manchester e precisamente a Macclesfield, forse ricordata quale cittadina in cui Ian Curtis, 30 anni fa, pose fine a se stesso e a i sui tormenti. E di tormenti anche i Marion ne hanno avuti molti nei loro anni arrivando allo scioglimento nel 2000 e una reunion dal 2006 al 2008. Esordirono con quest’album subito acclamato e ‘Fallen Through’ lo apre a dovere non lasciando indifferenti. La voce di Jaime Harding è croce e delizia per la band, potrebbe ricordare il Bono Vox dei primi U2 per il modo di cantare ma anche Brett Anderson dei Suede per il modo di muoversi, un fare quasi ruffiamo e ammiccante. Poi c’è ‘Sleep’ e lì, dopo l’intro di chitarra di Phil Cunningham, dove non te l’aspetti, ti trovi un’armonica, quasi a spiazzare il preludio, quasi a stemperare il clima di emergenza creato prima. La voce è emotivamente trasportata in ogni parola e sospiro che produce, facendo sentire senza vergogna ciò che sente realmente, alcune volte rabbia adolescenziale, altre volte mali più profondi, melanconia che poi esplode in rabbia. “ I Stopped Dancing” alterna questi momenti mentre ‘Let’s All Go Together’ è abbastanza liberatoria, sa quasi di rivincita momentanea. ‘Toys For Boys’ e ‘Time’ singoli perfetti, sempre sul limite indefinito di malinconia e liberazione, arrivando alcune volte al prevalere di una delle due. ‘Your Body Lies’ è il momento più intimo in cui Jaime si libra in alto quasi e dispensare consigli che nemmeno lui ha mai seguito, ma le note toccano le corde giuste. Avrebbero dovuto raccogliere molto di più, sono stati una promessa non mantenuta del brit pop, la miglior promessa non mantenuta. Traditori. (n.d.a.) 8 Maggio 2010. Non è mai facile riempire un palco in due persone, loro i Mojomatics, ci riescono perfettamente. Tra Mojomatt e Davmatic, all’anagrafe Matteo Bordin (chitarra, voce e armonica) e Davide Zolli (batteria e percussioni), si stabilisce quel sottile legame fatto di soli suoni e sguardi che solo un duo può creare. La piacevole cornice del Twiggy Club rende tutto più semplice e quando salgono sul palco, rigorosamente con scarpe nere come i pantaloni e camicia anche’essa nera, con tanto di pettorina e jabeau, il pubblico si condensa davanti a loro. “Right or “Wrong” tratta da “Songs for Faraway Lovers” ha un ritmo incalzante più vicino al garage rock, ma non sempre, di tanto in tanto irrorato di country e blues. “Wait a While”, con la sua furia ti riporta coi piedi per il muro di suono costante e trainante, dove le ritmiche punk della batteria ti entrano dentro e la chitarra ti addomestica nella sua reiterata ritmicità. “In the Meanwhile” invece si tinge di tinte tranquille, più rock’n roll ma pacate e sognanti arrivando fino a “Stealin’ Stealin’”. La voce sorregge tutto, sempre con gran carisma e ogni pezzo arriva diretto all’ascoltatore. Dire che sono un duo rock’n’roll non è sbagliato, ma sono molto di più, guardano più in là, in terre già esplorate, ma rivissute in maniera diversa con gusto e piacere di fare musica. Per andare all’assalto della scena americana i Mojomatics non si affidano ad un nuovo album, ma a quattro 7’’ editi da quattro etichette internazionali andando piacevolmente in controtendenza. Vi converrebbe vederli una volta dal vivo, non rimarrete delusi. The Organ – Grab That Gun (2004) S e Ian Curtis si fosse reincarnato in una donna, sarebbe sicuramente Katie Sketch cantante e leader delle Organ, band canadese tutta rosa. Non inventano nulla, prendono dai Joy Division e pescano dai Cure e dagli Smiths, rigiocandoci con gusto. Linee di basso portanti come pilastri di un grattacielo, riffs ripetuti di chitarra a impreziosirne la facciata, un organo che lega tutto assieme occupando i vuoti facendoli suoi, una batteria minimale che non appesantisce la struttura e una voce dotata di un’ intrinseca cupezza cristallina. In “Brother” colpisce l’importanza del basso mentre in ‘Steven Smith’ la chitarra è ipnoticamente piacevole con un’accuratezza negli arrangiamenti mai superficiale. ‘Love Love Love’ è una richiesta, un bisogno passato che qualche volta pesa come ‘Memorize the City’, ricordi di città e di amori saffici, tanto da apparire perfino live con “Brother” nel telefim ‘The L Word’. Anche loro sono memoria oramai, sciolte nel 2006. Comete. (n.d.a) 5 Il viaggio internazionale degli Shining Line Lady Gaga: arte o kitsch? di Alessandro Re tratto da culturalstudiesitalia.wordpress.com S Intervista: Sensitive To The Lite di Lucio Laugelli Introduciamo i Sensitive ai lettori di Paper Street che ancora non vi conoscono. “Anche se suoniamo insieme da oltre sei anni, il progetto “Sensitive To The Lite” risale al 2008. In quell’anno abbiamo deciso di provare a suonare qualcosa di nuovo, qualcosa che ci unisse musicalmente ai nostri idoli, come i Guns’n’Roses o gli Hardcore Superstar. Ora proponiamo un concentrato di hard rock e rock’n’roll all’ennesima potenza, con accenni metal in alcuni brani. Scriviamo pezzi in inglese e in italiano, melodie orecchiabili e trascinanti.” C’è un tema che ricorre nei vostri brani? Per noi i testi sono fondamentali, esprimono l’identità di una band. Generalmente le nostre canzoni trattano molti aspetti sociali: parliamo di pace, di meditazione, di speranza, in storie come “The Seller Of Jokes” o “Dov’è La Materia Prima?”: nella prima cantiamo di un clochard che si diletta a vendere barzellette molto particolari ai passanti; nella seconda, invece, si parla di morti bianche. Diciamo che, per lo più, i nostri testi sono considerazioni su quello che ci circonda. Non mancano i temi d’amore, raccontati in chiave originale.” hining Line, prodotto da Alessandro Del Vecchio (Edge Of Forever, Glenn Hughes, Moonstone Project, Axe, Eden’s Curse) e mixato da Michael Voss (Casanova, Mad Max, Voices Of Rock), è l’album d’esordio dell’omonima band lazzatese, gli Shining Line appunto, formata da Pierpaolo “Zorro11” Monti (batteria) e da Amos Monti (basso). Partiamo mettendo subito in chiaro che il disco non è uno di quelli che passano nello stereo senza neanche pungere un po’. Si tratta al contrario di 15 pezzi che alternano piacevoli ballads – ‘Amy’, ‘Heat Of The Light’ e ‘Still In Your Heart’ su tutte - a canzoni “pestate”, dal suono pieno e forte, mai banali o scontate ma invece studiate nel dettaglio, così da amalgamare strumenti, voce ed effetti. Per quanto riguarda le collaborazioni, vale la pena citare tutti i solisti internazionali che si alternano alla voce. Parliamo di cantanti del calibro di Robin Beck – celebre nel mondo per il singolo ‘First Time’, hit di fine Ottanta -, Eric Martensson, Harry Hess, Robbie LaBlanc, Phil Vincent, Michael Shotton, Sue Willets, Bob Harris, Brunorock, Jack Meille, Graziano De Murtas, Ulrich Carlsson, Carsten Schulz e Michael Bormann. Le chitarre sono invece affidate principalmente a Mario Percudani. Tornando a Shining Line, si apre con ‘Highway Of Love’, pezzo rock dal ritornello “sparato”, per poi passare alla ballad ‘Amy’, a ‘Strong enough’, che ci riporta a sonorità più rock, scivolando nel pezzo strumentale ‘Heaven’s paths’, nella ballata ‘Heat Of The Light’, in ‘Can’t Stop The Rock’, ‘The Meaning Of My Lonely Words’, ‘The Infinity Of Us’, arrivando poi a ‘Still In Your Heart’, interessantissimo duetto guidato dalla voce tutt’altro che comune di Bob Harris, a ‘Homeless’ Lullaby’, ‘Follow The Stars’, scontrandoci con l’assolo di Walter Caliaro in ‘Unbreakable Wire’ e chiudendo con le tre parti di ‘Under Silent Walls’, coda strumentale del disco. Tracklist a parte, e dopo la doverosa carrellata di artisti che collaborano all’album, passo a parlarvi di quello che Shining Line lascia a chi l’ascolta. Lascia qualcosa di buono. Qualcosa che forse, se gliene date l’opportunità, è anche capace di accompagnarvi in ogni momento – uno per ogni canzone. Ovunque voi vogliate andare. Avete girato con la casa di produzione indipendente di Paper Street ‘Middle Crossing’ un video clip ultimato alla fine di febbraio, come sta andando? A gonfie vele! Siamo stati davvero contenti del lavoro di pubblicità che ha svolto Paper Street. Le visite su Youtube sono cresciute a vista d’occhio, siamo su molti canali virtuali, siamo stati recensiti da Radio Gold, abbiamo partecipato ad un programma su 7 Gold (Aria Pulita): inutile dire che siamo soddisfatti del loro lavoro, anche per il rapporto qualità-prezzo. Dove vi potremo venire a sentire prossimamente? Ci potete trovare il 12 giugno a Novi Ligure e il 13 al “Carlito’s Way” di Retorbido, il 24 luglio a Genova. Consiglio però, di visitare il nostro space www.myspace.com/officialsensitive per adocchiare le date che potrei aver dimenticato di citare. 6 U mberto Eco definì i confini del kitsch come qualcosa che a una prima apparenza sembra arte, ha tutte le sembianze estetiche dell’arte, ma arte non è: bensì, è solo una meccanismo volto a produrre una finzione estetica, una percezione fasulla. E guardando Lady Gaga, il dubbio sorge spontaneo. Lei stessa afferma che ‘tutta la sua vita è performance’: il personaggio che Lady Gaga interpreta attraverso sé stessa realizza un ribaltamento totale delle categorie di genere, apoteosi del queer, letteralmente ‘trasversale’, ‘diagonale’, nel giocare con le convenzioni sociali sulla sessualità. La sua è la performance del falso: esporsi all’eccesso, per mostrare la totale artificiosità come un punto di forza e non di debolezza. Però: sia arte o no, è anche vero che oltre al esprimere un’estetica in sé vi è anche la qualità dell’estetica stessa, nonché il momento storico in cui è inserita ed altresì la risonanza che può avere in relazione al contesto sociale specifico in cui si innesta. In altre parole, Lady Gaga sarà anche – forse – un’artista della performance, sarà anche una nuova icona queer, ma ha avuto, molto semplicemente, la sfortuna di nascere dopo Madonna, che nel settore ha ancor oggi da insegnare. E non è un dettaglio trascurabile. in uscita playlist concerti 18 Maggio: LCD Soundsystem, This Is Happening 18 Maggio: Rolling Stones, Exile On Main Street – Deluxe Edition 21 Maggio: Perturbazione, Del Nostro Tempo Rubato Joy Division, Transmission (Live from The Wedge, TV Performance) Underworld, Scribble The National, Terrible Love Tegan and Sara, Hell 24 Maggio: Crystal Castles, Crystal Castles Curtis Jones & The Gossip Terrorists, Lest We Forget 25 Maggio: Stole Temple Pilots, Stone Temple Pilots Green Day, Tell Me When It’s Time To Say I Love You 31 Maggio: Teenage Fanclub, Shadows 25 Maggio, Pavement @ Estragon, Bologna 25 Maggio, Gogol Bordello @ Alcatraz, Milano 26 Maggio, Gotan Project @ Marshall, Firenze 29 Maggio, Oasis Night: Likely Lads / Supernova / Morning Sun + Alan McGee & Bonehead DJ Set @ Limelight, Milano 29 Maggio, Park Avenue / The Scrabble / The Grace / Femme Fatale @ KOKO Club, Castelletto Cervo (BI) 31 Maggio, Gossip @ Estragon, Bologna credits staff ArtsClub Italia è un allegato quindicinale alla Rivista Paper Street. Da un’ idea di Alessandro Gandini. Scrivici a [email protected]. Aggiungi ArtsClub ai tuoi amici di Facebook (profilo: ArtsClub Italia). ArtsClub Italia, Indie is cool. Coordinamento: Alessandro Gandini. Grafica: Francesca Avian. Hanno collaborato: Nicholas David Altea, Marlene Barrett, Alessandro Blangetti, Giacomo Lamborizio, Lucio Laugelli, Giovanni Pesce, Alessandro Re. 7