Walk In Silence

Transcript

Walk In Silence
arts
club
All’interno:
The Foals Mojomatics Shining
Line
N. 2
19 MAGGIO 2010
ArtsClub Italia
Walk In Silence
Ian Curtis, 1956 – 1980
Love Will Tear Us Apart
1
news
Carlos D lascia
Carlos D, storico bassista
degli Interpol, ha lasciato la
band al termine delle registrazioni del nuovo album,
di prossima uscita. In una
nota, la stessa band spiega
che è stata una separazione
amichevole, per permettere
a Carlos di dedicarsi ai suoi
progetti. Sarà sostituito per
i live da ‘una serie di bassisti
illustri’: attendiamo novità.
Dio è morto
Grave lutto per i rocker di
tutto il mondo: è morto
lo scorso 16 Maggio Ronnie James Dio, voce unica
nel panorama del metal e
dell’hard rock. Aveva anche
sostituito Ozzy Osborne nei
Black Sabbath. Il cantante
soffriva di un cancro allo
stomaco. Aveva 68 anni.
Liam, niente film
Il frontman degli Oasis Liam
Gallagher ha appena fondato una casa di produzione
cinematografica indipendente ma ha dichiarato che
non intende cimentarsi
come regista. A lui era stata
associata la possibile produzione di un film con soggetto i Beatles.
Muse a San Siro
Saranno i Friendly Fires, i
Kasabian e gli italiani Calibro
35 ad affiancare i Muse nel
loro primo storico concerto
allo stadio San Siro di Milano, previsto per il prossimo
8 Giugno. Pochi i biglietti
ancora disponibili.
The Grace, the video
Esce finalmente il videoclip
di ‘Fading Way’, il singolo dei
The Grace. Girato a Torino
dal regista Ivan Cazzola, il
video è in rotazione su MTV
e potete vederlo, oltre al sito
di MTV e a Youtube, anche
sulla pagina ufficiale della
band, all’indirizzo www.myspace.com/thegrace06.
Love Will Tear
Us Apart, Again
Touching from a distance,
further all the time
di Marlene Barrett
di Alessandro Gandini
C
’è il sole! C’è il sole mentre guidi sulla circonvallazione. Intorno a te decine di automobili con vessilli neroazzurri sventolanti e clacson suonati in maniera del tutto insensata.
Questione di scudetti. Beata ingenuità virile.
“Love will tear us apart” dei Joy Division, 80
chilometri all’ora e uno sbadiglio di primavera.
Guance umide, occhiali da sole che scivolano
sul naso bagnato e trucco sciolto in un make
up evidentemente Unwaterproof. “Stiamo
prendendo strade diverse”. Già. Tiri su col naso,
cambi marcia, acceleri e il synth si avvolge alla
voce di Ian Curtis, e la voce di Ian Curtis si avvolge alla tua inquietudine, in uno strano abbraccio in cui il tormento, dignitoso e consapevole
è squisitamente lecito. Rimandi indietro il pezzo. Sembra quasi primavera e, con il sole, è come
se tutto fosse grossomodo più accettabile. Batti appena i palmi delle mani sul volante a tempo di
musica e, nel farlo, pensi che non c’è un cazzo da fare: tu il tempo non lo sai portare. Inchiodi al
semaforo e un lavavetri dichiara guerra al microsistema di impurità metropolitane che coltivavi
scrupolosamente sul parabrezza da mesi. Gli dai 50 cents e riparti. Love. Love will tear as apart.
Again. Senza rabbia e senza rassegnazione. Un altro “ciao”, un altro “a presto” che verrà comunque
troppo tardi. Allontanarsi e riavvicinarsi, accumulare smagliature nell’anima e fingere quotidianamente che non ci siano, che il tempo non passi, che le circostanze non ci portino lontano da
dove, invece, avremmo voluto.
S
i presentò al mondo dicendo che ‘aspettava un ragazzo che lo
prendesse per mano’. Forse aveva bisogno di qualcuno che lo conducesse in questa vita che per lui, ragazzo sensibile con una profondità intellettuale fuori dal comune per la sua età e per la sua epoca,
si è troncata una notte così, d’improvviso. Forse chi l’ha preso per
mano non ha saputo deviarlo da quella strada che lo ha condotto
a togliersi la vita, non ha saputo colmare il suo disagio: perché Ian
Curtis, poeta decadente del XX Secolo che ha scritto i suoi versi in
musica attraverso la band dei Joy Division, semplicemente non reggeva tutto quello che gli stava accadendo. Ian, sospeso fra una fama
crescente e soffocante, un’epilessia vissuta come una condanna e
amori troppo disperati, destinati a ‘tear apart’, distruggere, chi come
lui era poco più d’un ragazzino: a trent’anni dalla sua morte siamo
qui a riconoscerne una grandezza smisurata, nascosta in tutte quelle indie band, dagli Interpol fino a tutti gli anti-eroi degli scantinati
più bui, che ne tramandano il codice genetico perché hanno saputo
riconoscere, in questo ragazzo, una delle voci della loro anima. Probabilmente, di quella parte oscura di ognuno di noi, che possiamo
soltanto ascoltare, senza potergli parlare davvero. ‘Toccare da distante, più lontano ogni volta’: questa era la sua visione delle cose
belle della vita, Ian Curtis da Macclesfield, provincia di Manchester,
Inghilterra grigia e fumosa di fabbriche e noia. Morto suicida il 18
Maggio del 1980: chissà se poi davvero, come lui ci ha detto, ‘in una
stanza senza finestre, in un angolo’, ha trovato la verità.
(Leggi Marlene sul suo blog www.marlenebarrett.blogspot.com)
Anton Corbjin, Control (2007)
di Giovanni Pesce
C
ontrol (2007), film di Anton Corbjin, non è solo un biopic su Ian Curtis ma un’analisi profonda della psiche di un
artista tormentato e impulsivo, incerto se abbandonarsi ai
sentimenti o a sfuggirgli, insicuro delle sue scelte. La pellicola analizza non solo la carriera artistica di Ian, ma anche
i suoi tormenti sentimentali. Si racconta la sua adolescenza a Macclesfield, l’incontro con la futura moglie Debbie,
il loro matrimonio prematuro e il suo crescente desiderio
di sfondare nella scena musicale. Un’analisi non banale,
che non cade nell’abusato modello dell’artista maledetto.
Girato in bianco e nero, l’opera di Corbjin ha il suo punto
di forza nella fedele interpretazione di Riley, molto bravo
nell’imitare i frenetici movimenti di Curtis mentre cantava
e anche il suo freddo distacco passionale. Il finale del film
è indubbiamente molto toccante, ma è ancora difficile
comprendere perché un ragazzo di 23 anni si sia ucciso, quale peso lo opprimesse. Il titolo deriva
da una canzone dei Joy Division, She’s Lost Control, dedicata ad una ragazza malata di epilessia.
(Leggi l’intera recensione su Paper Street Cinema).
2
I
an Curtis, cantante dei Joy Division, si
è tolto la vita il 18 Maggio 1980, esattamente trent’anni fa. Aveva soltanto 23
anni. Personalità profonda e tormentata,
Curtis ha firmato le liriche della band, e a
lui si deve il nome stesso del gruppo, che
trae ispirazione dal nome dei dormitori
femminili dei campi di concentramento
nazisti. La band ha rilasciato solamente
due studio album, ‘Unknown Pleasures’
(1979, foto a destra in alto) e ‘Closer’
(1980), pubblicato due mesi esatti dopo
la morte di Curtis. Una curiosità: la foto
di copertina di quest’ultimo (a destra in
basso) rappresenta la tomba della famiglia Appiani, ed è stata scattata presso
il Cimitero Monumentale di Staglieno a
Genova. I Joy Division sono considerati
una delle band più influenti nella storia del rock: dopo la morte di Curtis, i
tre membri superstiti hanno proseguito
l’attività musicale fondando una nuova
band: i New Order (a sinistra). (a.g.)
3
Uomini
Soli
Frontman
che fanno i solisti
K
ele Okereke e Brandon Flowers, protagonisti
di due nostre news dell’ultimo numero, sono solo
gli ultimi di una lunga serie di frontman che hanno
deciso di impegnarsi in un progetto solista, che
spesso si rivela profondamente diverso dallo stile
musicale del gruppo di appartenenza. Ultimamente, solo Jonsi dei Sigur Ros e Paul Banks degli Interpol hanno presentato progetti non molto dissimili
dal suono con cui eravamo soliti riconoscerli.
Julian Casablancas, ad esempio, si è divertito, nel
suo Phrazes of the Young, a contaminare il sound
tipico degli Strokes con melodie pop e synth dal
sapore vagamente retrò ottenendo un risultato
tutto sommato soddisfacente. Un risultato che, si
spera, sarà altrettanto positivo per Kele, già frontman dei Bloc Party. Quest’ultimo sembra abbia
virato verso territori marcatamente electro per il
suo debutto The Boxer, cambiando anche in gran
parte il look che lo contraddistingueva.
Nonostante le ventate di aria fresca che questi
side-project possano aver portato nel panorama
musicale odierno, nessuno di loro è stato in grado
di eguagliare i lavori che i frontman avevano svolto
con i rispettivi gruppi. Che ai nostri manchi ancora
un po’ di esperienza? (a.b.)
Oasis Night,
29/5 @ Limelight
O
The Foals,
suoni dal deserto
Mojomatics @
Twiggy Club
di Alessandro Blangetti
di Nicholas David Altea
R
itornano i Foals (foto sotto), due anni dopo un album di debutto che
oltre a consacrarli quali esponenti di spicco del math rock d’oltremanica
ne aveva svelato una facilità alla melodia non indifferente. Le peculiarità
che hanno reso celebre il gruppo di Oxford sono rimaste intatte anche
in questo Total Life Forever: numerosi controtempi, ritmica complessa e
una certa riluttanza verso gli accordi. Ma a questi ingredienti si aggiungono ora dei testi più catartici e introspettivi rispetto a quelli (assai criptici)
dell’esordio e una decisa virata nel sound del gruppo verso lidi decisamente più pop.
Fin dal primo pezzo di questo album, ci rendiamo subito conto che il
sound del gruppo è ora meno danzereccio. ‘Blue Blood’ ci porta in un’ atmosfera fatta di suoni morbidi e sognanti e strizza decisamente l’occhio
al mainstream. ‘Miami’ è uno dei pezzi più belli del disco, caratterizzato
da un sound originale, che può ricordare l’ultima M.I.A., e da un testo finalmente privo di non-sense. La title track nasconde dietro la sua estrema orecchiabilità un testo di preoccupazione rispetto al futuro, e dipinge
fragili emozioni con diverse figure retoriche come succederà in altri testi
a venire. ‘Black Gold’, canzone costruita intorno a una citazione del grande Mike Tyson, ci prepara al pezzo più intenso dell’album, la magnifica
‘Spanish Sahara’, che, come suggerisce il titolo, porta l’ascoltatore in un
viaggio sonoro psichedelico ed esotico che si rivela un crescendo emozionale.
‘This Orient’, utlizzato come singolo di lancio prima dell’uscita di questo
nuovo disco, con il tenero chorus “it’s your heart that gives me this western feeling” , è la vera essenza di questi Foals più pop ed emozionali.
Con gli ultimi pezzi l’atmosfera si fa sempre più ovattata e malinconica,
e finito l’ascolto ci troviamo davanti a un disco che rispecchia quanto
dichiarato dal frontman Yannis Philippakis in una delle ultime interviste
fatte al gruppo: i Foals hanno voluto evolvere il loro sound, senza però
tradire le proprie origini musicali. Voto: 8.
(Leggi Alessandro sul suo blog http://thecoolnesssurfer.blogspot.com)
ra è finalmente ufficiale: si terrà il prossimo 29
Maggio nella location della discoteca Lime-light
in Via Castelbarco a Milano la serata ufficiale Oasis
Night, legata al concorso Indie Bands Contest 2010
di cui verranno contestualmente premiati i vincitori.
Ospiti clou della serata saranno Bonehead, chitarrista
ex Oasis e membro fondatore della band, e Alan McGee, storico manager degli Oasis e boss della serata
indie più cool di Londra, la Death Disco, che si tiene
ogni mercoledì notte all’Arts Club omonimo di questa rivista, nel quartiere di Notting Hill. Suoneranno
dal vivo Smodati, Likely Lads, Supernova e Morning
Sun. A seguire, McGee farà rivivere ai milanesi l’atmosfera della Death Disco di Londra improvvisando
un DJ Set insieme a Bonehead. Parteciperanno alla
serata anche Francesco Mandelli (MTV, Radio 105) e
i The Hacienda. (a.g.)
4
So ‘90s
Marion (1996)
M
arion, ‘This World and Body’ (1996).
Siamo a Manchester e precisamente a
Macclesfield, forse ricordata quale cittadina in cui Ian Curtis, 30 anni fa, pose
fine a se stesso e a i sui tormenti. E di
tormenti anche i Marion ne hanno avuti
molti nei loro anni arrivando allo scioglimento nel 2000 e una reunion dal 2006
al 2008. Esordirono con quest’album subito acclamato e ‘Fallen Through’ lo apre
a dovere non lasciando indifferenti. La
voce di Jaime Harding è croce e delizia
per la band, potrebbe ricordare il Bono
Vox dei primi U2 per il modo di cantare
ma anche Brett Anderson dei Suede per
il modo di muoversi, un fare quasi ruffiamo e ammiccante. Poi c’è ‘Sleep’ e lì,
dopo l’intro di chitarra di Phil Cunningham, dove non te l’aspetti, ti trovi un’armonica, quasi a spiazzare il preludio,
quasi a stemperare il clima di emergenza creato prima. La voce è emotivamente trasportata in ogni parola e sospiro
che produce, facendo sentire senza vergogna ciò che sente realmente, alcune
volte rabbia adolescenziale, altre volte
mali più profondi, melanconia che poi
esplode in rabbia. “ I Stopped Dancing”
alterna questi momenti mentre ‘Let’s All
Go Together’ è abbastanza liberatoria,
sa quasi di rivincita momentanea. ‘Toys
For Boys’ e ‘Time’ singoli perfetti, sempre
sul limite indefinito di malinconia e liberazione, arrivando alcune volte al prevalere di una delle due. ‘Your Body Lies’
è il momento più intimo in cui Jaime si
libra in alto quasi e dispensare consigli
che nemmeno lui ha mai seguito, ma le
note toccano le corde giuste. Avrebbero
dovuto raccogliere molto di più, sono
stati una promessa non mantenuta del
brit pop, la miglior promessa non mantenuta. Traditori. (n.d.a.)
8
Maggio 2010. Non è mai facile riempire
un palco in due persone, loro i Mojomatics,
ci riescono perfettamente. Tra Mojomatt e
Davmatic, all’anagrafe Matteo Bordin (chitarra, voce e armonica) e Davide Zolli (batteria e percussioni), si stabilisce quel sottile
legame fatto di soli suoni e sguardi che solo
un duo può creare. La piacevole cornice
del Twiggy Club rende tutto più semplice
e quando salgono sul palco, rigorosamente
con scarpe nere come i pantaloni e camicia
anche’essa nera, con tanto di pettorina e jabeau, il pubblico si condensa davanti a loro.
“Right or “Wrong” tratta da “Songs for Faraway Lovers” ha un ritmo incalzante più vicino al garage rock, ma non sempre, di tanto
in tanto irrorato di country e blues. “Wait a
While”, con la sua furia ti riporta coi piedi per
il muro di suono costante e trainante, dove le ritmiche punk della batteria ti entrano
dentro e la chitarra ti addomestica nella sua reiterata ritmicità. “In the Meanwhile” invece
si tinge di tinte tranquille, più rock’n roll ma pacate e sognanti arrivando fino a “Stealin’
Stealin’”. La voce sorregge tutto, sempre con gran carisma e ogni pezzo arriva diretto
all’ascoltatore. Dire che sono un duo rock’n’roll non è sbagliato, ma sono molto di più,
guardano più in là, in terre già esplorate, ma rivissute in maniera diversa con gusto e
piacere di fare musica. Per andare all’assalto della scena americana i Mojomatics non si
affidano ad un nuovo album, ma a quattro 7’’ editi da quattro etichette internazionali
andando piacevolmente in controtendenza. Vi converrebbe vederli una volta dal vivo,
non rimarrete delusi.
The Organ – Grab
That Gun (2004)
S
e Ian Curtis si fosse reincarnato in una donna, sarebbe sicuramente Katie Sketch
cantante e leader delle Organ, band canadese tutta rosa. Non inventano nulla, prendono dai Joy Division e pescano dai Cure e dagli Smiths, rigiocandoci con gusto. Linee
di basso portanti come pilastri di un grattacielo, riffs ripetuti di chitarra a impreziosirne
la facciata, un organo che lega tutto assieme occupando i vuoti facendoli suoi, una
batteria minimale che non appesantisce la struttura e una voce dotata di un’ intrinseca
cupezza cristallina. In “Brother” colpisce l’importanza del
basso mentre in ‘Steven Smith’ la chitarra è ipnoticamente piacevole con un’accuratezza negli arrangiamenti mai
superficiale. ‘Love Love Love’ è una richiesta, un bisogno
passato che qualche volta pesa come ‘Memorize the City’,
ricordi di città e di amori saffici, tanto da apparire perfino
live con “Brother” nel telefim ‘The L Word’. Anche loro sono
memoria oramai, sciolte nel 2006. Comete. (n.d.a)
5
Il viaggio internazionale
degli Shining Line
Lady Gaga:
arte o kitsch?
di Alessandro Re
tratto da culturalstudiesitalia.wordpress.com
S
Intervista:
Sensitive To
The Lite
di Lucio Laugelli
Introduciamo i Sensitive ai lettori di Paper Street che ancora non vi conoscono.
“Anche se suoniamo insieme da oltre sei anni, il progetto
“Sensitive To The Lite” risale al 2008. In quell’anno abbiamo
deciso di provare a suonare qualcosa di nuovo, qualcosa che
ci unisse musicalmente ai nostri idoli, come i Guns’n’Roses
o gli Hardcore Superstar. Ora proponiamo un concentrato
di hard rock e rock’n’roll all’ennesima potenza, con accenni
metal in alcuni brani. Scriviamo pezzi in inglese e in italiano,
melodie orecchiabili e trascinanti.”
C’è un tema che ricorre nei vostri brani?
Per noi i testi sono fondamentali, esprimono l’identità di una
band. Generalmente le nostre canzoni trattano molti aspetti
sociali: parliamo di pace, di meditazione, di speranza, in storie
come “The Seller Of Jokes” o “Dov’è La Materia Prima?”: nella
prima cantiamo di un clochard che si diletta a vendere barzellette molto particolari ai passanti; nella seconda, invece, si
parla di morti bianche. Diciamo che, per lo più, i nostri testi
sono considerazioni su quello che ci circonda. Non mancano
i temi d’amore, raccontati in chiave originale.”
hining Line, prodotto da Alessandro Del Vecchio (Edge Of
Forever, Glenn Hughes, Moonstone Project, Axe, Eden’s Curse) e
mixato da Michael Voss (Casanova, Mad Max, Voices Of Rock), è
l’album d’esordio dell’omonima band lazzatese, gli Shining Line
appunto, formata da Pierpaolo “Zorro11” Monti (batteria) e da
Amos Monti (basso). Partiamo mettendo subito in chiaro che il
disco non è uno di quelli che passano nello stereo senza neanche pungere un po’. Si tratta al contrario di 15 pezzi che alternano
piacevoli ballads – ‘Amy’, ‘Heat Of The Light’ e ‘Still In Your Heart’
su tutte - a canzoni “pestate”, dal suono pieno e forte, mai banali
o scontate ma invece studiate nel dettaglio, così da amalgamare
strumenti, voce ed effetti. Per quanto riguarda le collaborazioni,
vale la pena citare tutti i solisti internazionali che si alternano
alla voce. Parliamo di cantanti del calibro di Robin Beck – celebre nel mondo per il singolo ‘First Time’, hit di fine Ottanta -, Eric
Martensson, Harry Hess, Robbie LaBlanc, Phil Vincent, Michael
Shotton, Sue Willets, Bob Harris, Brunorock, Jack Meille, Graziano
De Murtas, Ulrich Carlsson, Carsten Schulz e Michael Bormann. Le
chitarre sono invece affidate principalmente a Mario Percudani.
Tornando a Shining Line, si apre con ‘Highway Of Love’, pezzo rock
dal ritornello “sparato”, per poi passare alla ballad ‘Amy’, a ‘Strong
enough’, che ci riporta a sonorità più rock, scivolando nel pezzo
strumentale ‘Heaven’s paths’, nella ballata ‘Heat Of The Light’, in
‘Can’t Stop The Rock’, ‘The Meaning Of My Lonely Words’, ‘The Infinity Of Us’, arrivando poi a ‘Still In Your Heart’, interessantissimo
duetto guidato dalla voce tutt’altro che comune di Bob Harris, a
‘Homeless’ Lullaby’, ‘Follow The Stars’, scontrandoci con l’assolo di
Walter Caliaro in ‘Unbreakable Wire’ e chiudendo con le tre parti di
‘Under Silent Walls’, coda strumentale del disco. Tracklist a parte,
e dopo la doverosa carrellata di artisti che collaborano all’album,
passo a parlarvi di quello che Shining Line lascia a chi l’ascolta.
Lascia qualcosa di buono. Qualcosa che forse, se gliene date l’opportunità, è anche capace di accompagnarvi in ogni momento
– uno per ogni canzone. Ovunque voi vogliate andare.
Avete girato con la casa di produzione indipendente di Paper
Street ‘Middle Crossing’ un video clip ultimato alla fine di febbraio, come sta andando?
A gonfie vele! Siamo stati davvero contenti del lavoro di pubblicità che ha svolto Paper Street. Le visite su Youtube sono cresciute a vista d’occhio, siamo su molti canali virtuali, siamo stati
recensiti da Radio Gold, abbiamo partecipato ad un programma
su 7 Gold (Aria Pulita): inutile dire che siamo soddisfatti del loro
lavoro, anche per il rapporto qualità-prezzo.
Dove vi potremo venire a sentire prossimamente?
Ci potete trovare il 12 giugno a Novi Ligure e il 13 al “Carlito’s
Way” di Retorbido, il 24 luglio a Genova. Consiglio però, di visitare il nostro space www.myspace.com/officialsensitive per adocchiare le date che potrei aver dimenticato di citare.
6
U
mberto Eco definì i confini del kitsch come qualcosa che a una prima
apparenza sembra arte, ha tutte le sembianze estetiche dell’arte, ma arte
non è: bensì, è solo una meccanismo volto a produrre una finzione estetica,
una percezione fasulla. E guardando Lady Gaga, il dubbio sorge spontaneo.
Lei stessa afferma che ‘tutta la sua vita è performance’: il personaggio che
Lady Gaga interpreta attraverso sé stessa realizza un ribaltamento totale
delle categorie di genere, apoteosi del queer, letteralmente ‘trasversale’,
‘diagonale’, nel giocare con le convenzioni sociali sulla sessualità. La sua è
la performance del falso: esporsi all’eccesso, per mostrare la totale artificiosità come un punto di forza e non di debolezza. Però: sia arte o no, è anche
vero che oltre al esprimere un’estetica in sé vi è anche la qualità dell’estetica
stessa, nonché il momento storico in cui è inserita ed altresì la risonanza che
può avere in relazione al contesto sociale specifico in cui si innesta. In altre
parole, Lady Gaga sarà anche – forse – un’artista della performance, sarà
anche una nuova icona queer, ma ha avuto, molto semplicemente, la sfortuna di nascere dopo Madonna, che nel settore ha ancor oggi da insegnare.
E non è un dettaglio trascurabile.
in uscita playlist concerti
18 Maggio: LCD Soundsystem, This Is
Happening
18 Maggio: Rolling Stones, Exile On
Main Street – Deluxe Edition
21 Maggio: Perturbazione, Del Nostro
Tempo Rubato
Joy Division, Transmission
(Live from The Wedge,
TV Performance)
Underworld, Scribble
The National, Terrible Love
Tegan and Sara, Hell
24 Maggio: Crystal Castles, Crystal
Castles
Curtis Jones & The Gossip Terrorists, Lest We Forget
25 Maggio: Stole Temple Pilots, Stone
Temple Pilots
Green Day, Tell Me When It’s
Time To Say I Love You
31 Maggio: Teenage Fanclub, Shadows
25 Maggio, Pavement @ Estragon,
Bologna
25 Maggio, Gogol Bordello @ Alcatraz,
Milano
26 Maggio, Gotan Project @ Marshall,
Firenze
29 Maggio, Oasis Night: Likely Lads /
Supernova / Morning Sun + Alan McGee
& Bonehead DJ Set @ Limelight, Milano
29 Maggio, Park Avenue / The Scrabble /
The Grace / Femme Fatale @ KOKO Club,
Castelletto Cervo (BI)
31 Maggio, Gossip @ Estragon, Bologna
credits
staff
ArtsClub Italia è un allegato quindicinale alla Rivista Paper Street.
Da un’ idea di Alessandro Gandini. Scrivici a [email protected].
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ArtsClub Italia, Indie is cool.
Coordinamento: Alessandro Gandini.
Grafica: Francesca Avian.
Hanno collaborato:
Nicholas David Altea,
Marlene Barrett, Alessandro Blangetti,
Giacomo Lamborizio, Lucio Laugelli,
Giovanni Pesce, Alessandro Re.
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