Gli accordi di segretezza di “know-how”

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Gli accordi di segretezza di “know-how”
Le forme di tutela giuridica del know-how aziendale non coperto
da diritti di privativa industriale tra vecchia e nuova normativa.
Gli accordi di segretezza: contenuto e soggetti coinvolti.
La previsione della clausola penale per il caso di inadempimento.
a cura di Elisabetta Marchesi*
LA QUESTIONE
Il know-how aziendale, anche quando non è coperto da diritti di privativa, gode
di tutela giuridica? Il titolare di know-how gode di una protezione che si può concretizzare nell’obbligo di segretezza per determinati soggetti? La tutela giuridica
del know-how è tutela di natura reale? Quali sono i punti cardine di detta tutela
in sede extracontrattuale e contrattuale e in questo ultimo caso quale è la struttura e quali sono i contenuti degli accordi di segretezza di know-how?
INTRODUZIONE
Il patrimonio conoscitivo aziendale – c.d. know-how – anche quando non è coperto da diritti di
privativa, gode di una particolare forma di tutela giuridica. La legge, infatti, riconoscendo l’importanza delle informazioni segrete, concede al titolare delle stesse una serie di forme di protezione, sia soggettiva, sia oggettiva che si concretizzano sostanzialmente nella previsione di una
serie di fattispecie in cui è posto a carico di determinati soggetti un obbligo di segretezza.
Affinché il know-how risulti protetto dalla legge, è necessario che esso, oltre a costituire un
valore aziendale, sia mantenuto segreto.
Con il termine know-how si ricomprende comunemente quell’insieme di nozioni che integrano, migliorano e rendono applicabile la tecnica-tecnologia nota in un determinato settore e la
cui sperimentata applicazione fa conseguire a chi la utilizza un migliore sfruttamento delle proprie capacità produttive e di business. Vi è da precisare che le singole informazioni che costituiscono il know-how aziendale possono essere anche già di pubblico dominio, tuttavia, il quid
aggiuntivo consiste solitamente in una particolare combinazione delle predette informazioni tale da formare un patrimonio di per sé unico. In questi termini, il know-how può costituire un
asset, suscettibile anche di una considerevole valutazione economica, che permette al titolare
di poter disporre di un vero e proprio vantaggio competitivo nel proprio settore di riferimento.
* Avvocato del Foro di Milano.
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Perché queste informazioni godano di tutela, devono essere:
– informazioni tecniche, tecnologiche, finanziarie, di marketing o commerciali, sotto forma
di relazioni, comunicazioni anche di carattere interno, studi, rapporti, elenchi, dati, tabelle, schede, tabulati e quant’altro – sia su supporto cartaceo, sia su supporto magnetico, ottico o magneto/ottico – purché idonee a costituire un patrimonio di utilità aziendale;
– segrete in quanto difficilmente accessibili e sufficientemente protette da chi ne è il legittimo titolare.
Onde rendere dette informazioni suscettibili di tutela è necessaria la buona fede e che il titolare ponga in essere un serio criterio di protezione delle stesse e una serie di procedure di sicurezza, clausole di riservatezza o di sicurezza, contratti di sicurezza, nonché di segretazione ecc.
In altri termini, è necessario che l’insieme organico di dette informazioni sia segreto e patrimonio proprio del relativo titolare.
LE NORME
Regolamento Ce 31 gennaio 1996, n. 96/240
Art. 10, 1)-4)
Convenzione dell’Unione di Parigi sulla protezione della proprietà intellettuale resa esecutiva in Italia con il D.L. 10 gennaio 1926, n. 129 convertito con modifiche in legge 29 dicembre 1927, n. 2701
Art. 10 bis
R.D. 29 giugno 1939 n. 1127 – Legge invenzioni.
Art. 6 bis
D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 – Codice della proprietà industriale, a norma dell’art. 15 della legge
12 dicembre 2002, n. 273.
Art. 98 – Informazioni segrete-oggetto della tutela
Art. 99 – Informazioni segrete-tutela
Codice civile
Art. 2105 – Obbligo di fedeltà
Art. 2598, n. 3 – Atti di concorrenza sleale
Codice penale
Art. 622 – Rivelazione di segreto professionale
Art. 623 – Rivelazione di segreti scientifici o industriali
LA FATTISPECIE
La nozione e il sistema di tutela del know-how e delle informazioni aziendali segrete sono ricavabili da una serie di norme nazionali e internazionali di varia natura.
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Definizione di know-how
Per meglio comprendere cosa s’intende per informazioni segrete aziendali giova partire dalla definizione di know-how di cui all’art. 10, 1)-4) del Reg. Ce n. 96/240, del 31 gennaio
1996, che definisce il know-how come «un insieme di informazioni tecniche segrete, sostanziali e identificate in una qualsiasi forma appropriata».
In particolare:
– “segreto”: indica che l’insieme del know-how, considerato globalmente o nella precisa
configurazione e articolazione delle sue componenti, non è noto o facilmente accessibile;
– “sostanziale”: indica che il know-how include informazioni che possono essere utili, cioè
offrire ragionevoli prospettive concorrenziali che ad esempio potrebbero attribuire un
vantaggio nella concorrenza con altri produttori o fornitori di servizi che non hanno accesso al know-how segreto;
– “identificato”: indica che il know-how è descritto o fissato su un supporto materiale, in
modo tale da permettere di verificare se esso possieda i requisiti della segretezza e della
sostanzialità.
Disciplina del segreto e concorrenza sleale
Nel 1996, con il D.L. 19 marzo 1996, n. 198, la legislazione italiana si è adeguata, in materia di proprietà industriale, agli accordi internazionali TRIPs (Agreement on Trade-Related
Aspects of Intellectual Property Rights, Including Trade in Counterfeit Goods) adottando una
specifica disciplina del segreto esplicitamente inserita nella tematica della concorrenza sleale di cui all’art. 2598, n. 3, c.c.
Lo scopo di detti accordi internazionali era quello di garantire un trattamento uniforme nei
singoli Stati contro gli atti concorrenziali che generano turbative del mercato.
I TRIPs prevedono modifiche delle normative nazionali relative a specifiche materie quali:
i marchi d’impresa, le denominazioni di origine dei vini, le indicazioni geografiche, i brevetti per invenzione, i brevetti per modelli di utilità, i modelli ornamentali e le topografie
dei semiconduttori.
Con riferimento specifico alla normativa italiana, l’art. 6 bis dell’abrogato R.D. 29 giugno
1939, n. 1127 (Legge invenzioni) stabiliva che: «Fermo il disposto dell’art. 2598, n. 3, del
Codice civile, costituisce atto di concorrenza sleale la rivelazione a terzi oppure l’acquisizione o utilizzazione da parte di terzi in modo contrario alla correttezza professionale di
informazioni aziendali ivi comprese le informazioni commerciali soggette al legittimo controllo di un concorrente ove tali informazioni:
– siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme, o nella precisa configurazione e
combinazione dei loro elementi, generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed
operatori del settore;
– abbiano valore economico in quanto segrete;
– siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure
da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete.
Costituisce altresì concorrenza sleale la rivelazione a terzi oppure l’acquisizione o l’utilizzazione da parte di terzi in modo contrario alla correttezza professionale di dati relativi a pro60
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ve o di altri dati segreti la cui elaborazione comporti un considerevole impegno, e alla cui
presentazione sia subordinata l’autorizzazione dell’immissione in commercio di prodotti chimici, farmaceutici o agricoli implicanti l’uso di nuove sostanze chimiche».
Questo articolo, ora sostituito dagli artt. 98 e 99 del Codice della proprietà industriale, poneva in essere principalmente due forme di tutela delle informazioni segrete.
La prima si riferiva al comportamento dei terzi che, con atti contrari alla correttezza professionale, potevano venire a conoscenza di informazioni di un’impresa, anche di tipo commerciale. Ciò costituiva atto di concorrenza sleale se aveva per oggetto informazioni:
– segrete che non dovevano essere generalmente note o facilmente desumibili da parte di un
esperto del settore; ossia un insieme di informazioni di per sé note, singolarmente o in
gruppi, ma organizzate in modo nuovo e non prima ipotizzato;
– suscettibili di un valore economico, e quindi fonte di potenzialità concorrenziali per il titolare, in quanto segrete;
– sottoposte a una tutela, adeguata onde mantenerle segrete, da parte di coloro che nell’impresa le gestiscono e ne sono responsabili.
La seconda forma di tutela si riferiva invece alla possibile rivelazione, acquisizione e/o utilizzazione da parte di terzi di dati relativi a prove o altri dati relativi a determinati prodotti quali ad esempio: studi, analisi delle carenze di un prodotto ecc. Ciò costitutiva atto di concorrenza sleale se detti dati erano il risultato di impegno di elaborazione, ovvero erano subordinati a una specifica autorizzazione per l’immissione in commercio come ad esempio nel caso
di prodotti chimici, farmaceutici o agricoli, implicanti l’uso di nuove sostanze chimiche.
L’equiparazione alle privative industriali e intellettuali
Come già anticipato, l’art. 6 bis della legge invenzioni è stato trasfuso negli attuali artt. 98 e
99 c.p.i. i quali ne riprendono sostanzialmente il testo.
Gli artt. 98 e 99 introdotti con il D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 – Codice della proprietà industriale – contemplano con riferimento alle informazioni segrete non solo una tutela ex art. 2598
c.c. ma anche una tutela identica a quella garantita ai tradizionali diritti di privativa industriale.
Quest’ultima costituisce la principale, e anche sostanziale, novità introdotta dal Legislatore.
Le informazioni segrete godono quindi secondo il nuovo dettato normativo dei medesimi diritti attribuiti dall’ordinamento alle privative industriali e intellettuali (quali ad esempio: marchi, ditta, brevetti, modelli, denominazione d’origine, pubblicità ingannevole, diritto d’autore) con la sola differenza che mentre queste ultime sono descritte e rivendicate in un “titolo
di protezione”, le informazioni segrete sono oggetto di protezione subordinatamente alla ricorrenza dei presupposti previsti e contemplati specificatamente dagli articoli in esame.
L’esigenza di politica legislativa di ricomprendere le informazioni segrete nel novero dei diritti esclusivi è stata valutata positivamente dal Consiglio di Stato il quale ha avuto già modo di precisare che detta esigenza è da ritenersi obbligata dall’accordo TRIPs e in ogni caso
«coerente con la sistematica dell’ordinamento che ammette la pluralità di statuti giuridici
della proprietà e dunque l’esistenza di privative titolate e non titolate» (cfr. Parere del Consiglio di Stato del 25 ottobre 2004, n. 10548/04 – 2/04).
A ciò si aggiunga che alcuni autori hanno ritenuto che la nuova forma di tutela “reale” delle informazioni segrete, prevista dagli artt. 98 e 99 c.p.i., debba necessariamente essere coorN° 2 - giugno 2007
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dinata con la tutela del preuso prevista dall’art. 68, comma 3, c.p.c. la quale crea a favore di
chi abbia utilizzato una invenzione non brevettata nel corso dell’anno anteriore al deposito
di una altrui domanda di brevetto un diritto di prosecuzione di tale uso.
E infatti, viene riportato che: «come noto il preuso di una invenzione – nel senso di accessibilità al pubblico dell’invenzione – rende la stessa priva del carattere di novità precludendone la relativa valida brevettabilità. Il preuso di una invenzione che resti comunque segreto, ossia tale da non comportare accessibilità al pubblico dell’invenzione, preclude la brevettabilità
della invenzione stessa ex art. 118 c.p.i. se l’autore della domanda di brevetto ha comunque
appreso l’invenzione dal preutente. Viceversa, se il preuso è segreto e l’autore della domanda
di brevetto ha realizzato l’invenzione indipendentemente dal preutente, la sua domanda di
brevetto è legittima ed il preutente pur protetto dall’art. 68 comma 3 c.p.i. (che attribuisce il
diritto di proseguire l’uso dell’invenzione nonostante il brevetto altrui) perde la tutela dell’art.
98 c.p.i. Questa ultima conseguenza è inevitabile perché non sembra possibile l’esistenza sulla stessa invenzione ed in capo a soggetti diversi di una esclusiva brevettale e di una esclusiva ex art. 98 c.p.i.» (cfr. VANZETTI-DI CATALDO, Manuale di diritto industriale).
La disciplina della concorrenza sleale nel Codice civile
A integrazione dell’intera disciplina dettata dal Legislatore con riferimento alle privative industriali (quali ad esempio: marchi, ditta, brevetti, modelli, denominazione d’origine, pubblicità ingannevole, diritto d’autore) vi è da segnalare il dettato di cui all’art. 2598 c.c. in tema di atti di concorrenza sleale. Detto articolo si riferisce a precise ipotesi di illeciti extracontrattuali e si differenzia dall’art. 2043 c.c. in quanto il primo accentua la funzione preventiva rispetto al secondo che è più idoneo ad assolvere una funzione repressiva.
Giova, inoltre, precisare che l’art. 2598 c.c. è applicabile a soggetti aventi la qualifica di imprenditori fra i quali esiste un rapporto di concorrenza economica, indipendentemente dalla posizione che i detti soggetti rivestono essendo, per contro, rilevante la capacità dei medesimi di sviare la clientela a danno degli altri.
L’art. 2598, n. 3, c.c. disciplina le ipotesi residuali di concorrenza sleale non specificatamente
previste dagli altri paragrafi dell’articolo stesso. Detto articolo stabilisce che: «compie atti di
concorrenza sleale chiunque (…) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non
conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda».
A differenza delle norme sopra esaminate, detto articolo tutela le informazioni aziendali solo in presenza di comportamenti professionalmente non corretti quali solitamente:
– sottrazione di segreti tramite un dipendente di impresa concorrente, di un consulente o di
altro collaboratore (ad es.: il dipendente che comunica al concorrente atti riservati relativi al datore di lavoro);
– sottrazione di segreti mediante spionaggio industriale (ad es.: l’appropriarsi di informazioni aziendali riservate trafugate illecitamente);
– sottrazione di segreti tramite storno di dipendenti (ad es.: l’assunzione o la collaborazione di dipendenti altrui al solo fine di utilizzare le loro conoscenze tecniche, usate presso
l’altrui azienda);
– concorrenza dell’ex dipendente nei confronti del precedente datore di lavoro, attuata mediante appropriazione e applicazione di notizie segrete di proprietà di detto datore di la62
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voro (ad es.: il comportamento dell’ex dipendente o agente che, cessato il rapporto, continui a rivolgersi agli abituali clienti offrendo i medesimi prodotti e omettendo qualsiasi
comunicazione in merito alla cessazione del rapporto).
L’art. 2598 c.c. prevede che solo in presenza di un comportamento sleale possa essere ravvisato e possa concretizzarsi un illecito; ciò comporta una fondamentale differenza tra la tutela di un segreto e quella derivante da una privativa industriale.
Ciò che è importante rilevare è che il possesso di informazioni segrete non impedisce ai concorrenti, in linea di principio, di poterle utilizzare ma detto uso non deve concretizzarsi in
una violazione dei principi di correttezza professionale.
Pertanto, è lecito pervenire alle informazioni segrete di un concorrente attraverso propri studi e
ricerche ed è, altresì, lecito desumere le conoscenze tecniche, tecnologiche, o altro, di un concorrente analizzando i prodotti, la pubblicità e quant’altro si riferisce a detto concorrente anche smontando e/o sezionando il prodotto e, se del caso, effettuando analisi chimiche o fisico-chimiche.
Tali comportamenti non sono di per sé illeciti ma possano diventarlo se ad esempio un determinato prodotto viene riprodotto pedissequamente (art. 2598, n. 1, c.c. – imitazione servile) o se si interferisce con una privativa industriale di titolarità del concorrente, ovvero se
si utilizzano fonti conoscitive non autorizzate dal concorrente.
La tutela penale
Per completezza si ricorda che vengono sanzionati penalmente i comportamenti lesivi del segreto professionale e del segreto industriale (artt. 622 e 623 c.p.). E in particolare, l’art. 622
c.p. sanziona chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo riveli, senza giusta causa, ovvero lo impieghi a proprio o altrui profitto, se dal fatto può derivare nocumento. La pena ivi prevista è aggravata
se il fatto è commesso da amministratori, direttori generali, sindaci o liquidatori o se è commesso da chi svolge la revisione contabile della società.
A integrazione di quanto previsto dal predetto articolo, l’art. 623 c.p. sanziona chiunque, venuto a cognizione per ragione del suo stato o ufficio, o della sua professione o arte, di notizie destinate a rimanere segrete, sopra scoperte o invenzioni scientifiche, o applicazioni industriali, le riveli o le impieghi a proprio o altrui profitto.
Infine, un obbligo di segretezza è previsto, ai sensi dell’art. 2105 c.c., nei confronti del dipendente, per la durata del rapporto di lavoro, prorogabile con un patto di non concorrenza: «Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio».
Gli accordi di segretezza
La tipologia di tutela offerta, soprattutto in passato, dal nostro ordinamento delle informazioni segrete ha reso talora indispensabile la stipulazione di particolari contratti detti “accordi di segretezza”.
In tale caso, il titolare delle predette informazioni predispone una tutela di tipo contrattuale nei confronti di determinati soggetti pattiziamente determinati.
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Gli accordi di segretezza vengono solitamente stipulati durante le trattative per la conclusione dei contratti di trasferimento di tecnologia. In tale modo, e per mezzo di detti accordi, il soggetto alienante impedisce che le informazioni segrete da comunicare necessariamente nella fase precontrattuale e durante l’esecuzione del contratto non diventino di dominio pubblico.
Gli accordi di segretezza vengono comunque stipulati anche nel caso di trasferimento di privative industriali brevettate. Ciò, in virtù del fatto che come spesso accade le comunicazioni tra i contraenti nella fase negoziale riguardino informazioni riservate, non contenute nei
documenti brevettuali i quali peraltro rimangono segreti fino al momento della pubblicazione della privativa, che nel nostro Paese avviene, di regola, dopo 18 mesi dalla data di deposito della domanda di brevetto in Italia.
La stipulazione di detti accordi legittima quindi, nella loro eventuale fase patologica, il titolare a far valere quanto previsto espressamente nell’accordo di segretezza sottoscritto.
In presenza di una responsabilità extracontrattuale, il danneggiato potrà far valere le sue ragioni in base a quanto disposto generalmente dall’art. 2598, n. 3, c.c. e in particolare dalla
normativa sopra esaminata.
È comunque possibile che la responsabilità contrattuale concorra con la responsabilità extracontrattuale come nel caso in cui si stipuli un accordo di segretezza e una delle parti divulghi
informazioni considerate segrete dall’accordo. In questo caso vi è violazione sia contrattuale (responsabilità contrattuale) sia del divieto di concorrenza sleale (responsabilità extracontrattuale).
Se, invece, l’accordo di segretezza viene concluso tra imprese non concorrenti, nel caso in cui
chi riceve divulghi informazioni considerate segrete dall’accordo, informazioni che effettivamente lo sono, violerà l’accordo e quindi dovrà rispondere solo per responsabilità contrattuale. Tali informazioni segrete divulgate non potranno però essere utilizzate solo dai concorrenti del primo soggetto contraente. Quindi, il terzo che le utilizzerà, se in malafede, potrà incorrere in responsabilità extracontrattuale a norma o dell’art. 2598 c.c., o degli artt. 98 e 99 c.p.i.
Il soggetto danneggiato ha generalmente la possibilità di tutelare i propri diritti in sede ordinaria, cautelare e penale, a mezzo querela.
Contenuto degli accordi di segretezza
La struttura e i contenuti degli accordi di segretezza sono inevitabilmente connessi alla tipologia di know-how oggetto dell’accordo medesimo.
Negli accordi in questione è, innanzitutto, preponderante l’aspetto meramente tecnico unito alla previsione di una adeguata clausola penale da applicare nell’ipotesi in cui il cessionario venga meno all’obbligo di confidenzialità. Detta clausola ha, oltre a una funzione deterrente, anche l’utilità di determinare a priori tra le parti l’importo dei danni causati dalla violazione dell’obbligo di segretezza. Infatti, in caso di inadempimento il cessionario non sarà
tenuto a dimostrare l’an e il quantum del danno essendo applicabile la penale.
Inoltre, onde non vanificare la lunga efficacia del segreto è opportuno che l’obbligo di segretezza sussista non solo per il periodo di durata del contratto, ma anche per un periodo
successivo alla sua risoluzione-cessazione. Alcuni dubbi potrebbero sorgere circa la validità
di accordi che impongono sine die al licenziatario un obbligo di segretezza; pertanto, per essi dovrebbe essere previsto un limite temporale ragionevole.
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I soggetti coinvolti
Quanto ai soggetti tenuti all’adozione di misure di garanzia della segretezza, vi è da segnalare
che con detto termine si tende a far rientrare anche i soggetti diversi dal titolare dell’impresa (dirigenti, commerciali, capi reparto ecc.) che è in possesso delle informazioni. Infatti, l’espressione di cui all’art. 98 c.p.i. «persone al cui legittimo controllo» fa sì che nella previsione legislativa rientrino anche coloro i quali ricevono le informazioni dal titolare dell’impresa e che vengono da detto autorizzati a comunicarle a terzi, a loro discrezione, per le esigenze dell’impresa.
In tal caso, anche queste persone sono tenute all’adozione di adeguate misure di garanzia nei
rapporti con i terzi ai quali vengono comunicate legittimamente le informazioni segrete.
LA GIURISPRUDENZA
La definizione della nozione di “segreto”
Con riferimento alle informazioni segrete aziendali è controversa in giurisprudenza la definizione della nozione di “segreto”. Nonostante talune decisioni richiamino restrittivamente l’art. 623
c.p., l’opinione prevalente tende a ricomprendere nella nozione di segreto, sia i veri e propri segreti industriali e commerciali, sia le notizie che l’imprenditore non ritenga di mettere a disposizione del pubblico. Deve comunque trattasi di notizie che rivestano oggettivo rilievo, vertano
su dati tecnici o commerciali e siano oggettivamente idonee a restare sconosciute a terzi.
Sono state, altresì, ritenute segrete tutte le cognizioni dell’impresa che non appartengono allo stato della tecnica. È invece irrilevante per la giurisprudenza il fatto che si tratti di notizie relative a
trovati non brevettabili, ovvero di semplici conoscenze richieste per produrre un bene, per attuare
un processo produttivo o per il corretto impiego di una tecnologia (know-how in senso stretto).
La violazione dell’obbligo di sicurezza
In merito, invece, all’eventuale violazione dell’obbligo di segretezza, si precisa che la giurisprudenziale è concorde nel ritenere che la sottrazione dei segreti di un imprenditore concorrente costituisce atto di concorrenza sleale sia se attuata a mezzo spionaggio industriale,
sia se attuata mediante informazioni rese da un dipendente infedele.
ATTI DI CONCORRENZA SLEALE E TUTELA DEL “KNOW-HOW”
Tribunale di Modena 15 luglio 1996
«Costituisce atto di concorrenza sleale, l’appropriarsi di informazioni aziendali riservate, trafugate illecitamente» (Utet Giuridica
Platinum, 2006).
Tribunale di Orvieto 4 luglio 1996
«Costituisce concorrenza sleale l’assunzione di dipendenti altrui o cercare la loro collaborazione al solo fine di poter utilizzare le
loro conoscenze tecniche, usate presso l’altrui azienda, con l’effetto di permettergli l’ingresso sul mercato prima di quanto gli sarebbe stato possibile in base ai propri studi e ricerche» (Utet Giuridica Platinum, 2006).
Corte d’Appello di Bologna 19 giugno 1995
«Costituisce atto di concorrenza sleale la sottrazione di segreti aziendali, come l’elenco dei clienti e un procedimento di produzione – an-
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corché non validamente brevettato – la cui messa a punto abbia richiesto una serie di accorgimenti e prove» (Utet Giuridica Platinum, 2006).
«Il dipendente che comunica al concorrente atti riservati relativi al datore di lavoro sono imputabili al concorrente che se ne avvantaggia, salvo prova contraria» (Utet Giuridica Platinum, 2006).
Tribunale di Vigevano 4 luglio 1994
Compie atto contrario alla correttezza professionale il socio di una società per azioni che sottragga all’azienda sociale copie dei disegni dei macchinari prodotti dalla stessa, al fine di consentire ad altra azienda la produzione degli stessi (Utet Giuridica Platinum, 2006).
Cassazione civ., Sez. I, 20 gennaio 1992, n. 659
Il contratto di know-how si deve ritenere ammesso nel nostro ordinamento giuridico a norma dell’art. 1322 c. c. anche nell’ipotesi in cui le conoscenze non siano coperte da brevetto, perché, se è vero che, in questo caso, non sussistono ostacoli giuridici
al loro conseguimento, è anche vero che il regime di segretezza cui esse sono sottoposte non consente a chi lo voglia di conseguirle se non sopportando i costi necessari (Giur. it., 1992, I, 1, 1021).
Anche se il know-how in senso stretto non può essere qualificato come bene immateriale disciplinato dall’ordinamento e nei suoi
confronti non si può configurare un diritto soggettivo munito di tutela assoluta valevole erga omnes, il suo trasferimento contro
corrispettivo non è sfornito di tutela giuridica ma, al contrario, realizza interessi intrinsecamente meritevoli di tutela perché attribuisce a colui che è privo del know-how stesso le conoscenze delle quali quegli necessita e gli consente, così, di superare una
situazione di svantaggio economico, mentre priva il titolare della precedente situazione di superiorità produttiva e commerciale
che costituiva per lui una fonte di ricchezza (Utet Giuridica Platinum, 2006).
I requisiti della novità e della segretezza del know-how ricorrono quando, per un verso, le conoscenze comportino vantaggi di ordine tecnologico o competitivo sul piano della produzione o del marketing e, per altro verso, esse non siano di dominio comune
ovvero non siano divulgate, la loro divulgazione presupponga un atto di concessione del divulgatore e i terzi possano acquisirle
soltanto attraverso la predetta concessione oppure creandosele in via autonoma (Utet Giuridica Platinum, 2006).
Tribunale di Verona 28 dicembre 1985
Non hanno natura riservata le liste di clienti di un’impresa quando siano accessibili e, comunque, facilmente raggiungibili (contenute in cassetti privi di sistema di sicurezza) e quindi vi sia la possibilità concreta di contattare gli stessi anche a seguito di una
semplice indagine (Giur. dir. ind., 1986, 307).
Perché vi sia concorrenza sleale per violazione dell’obbligo di riservatezza occorre che la notizia non sia facilmente conseguibile, anche all’interno dell’organizzazione, che le misure adottate a sua salvaguardia ne importino una peculiare qualificazione, che
per i terzi ne sia preclusa o resa oltremodo difficoltosa l’acquisizione (Giur. dir. ind., 1986, 307).
Cassazione civ. 24 febbraio 1983, n. 1413
Poiché, per ritenere compiuto un atto di concorrenza sleale, la legge ha riguardo all’idoneità dell’atto a danneggiare l’altrui azienda, e non alla mera intenzione dell’autore, il semplice fatto di avere scattato, in una fiera, fotografie di un prodotto altrui non ancora sul mercato è di per sé solo privo di potenzialità dannosa, ove non risulti che esso abbia avuto o abbia potuto avere il suo
naturale seguito nello sviluppo del negativo, in quanto è evidente che solo attraverso questa ulteriore attività viene a realizzarsi la
possibilità di conoscere e ritenere i particolari ancora riservati del prodotto del concorrente, studiarne le soluzioni tecniche ed
estetiche adottate, e utilizzarne, in positivo o in negativo, i risultati (Giur. dir. ind., 1983, 34).
Costituisce atto di concorrenza sleale anche lo spionaggio industriale e cioè la sottrazione con mezzi subdoli di segreti commerciali ed industriali che l’impresa non desidera mettere a disposizione dei terzi concorrenti (Utet Giuridica Platinum, 2006).
LA DOTTRINA
Per ulteriori approfondimenti dottrinali
– AA.VV., Diritto Industriale e proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli, 2005;
– MARCHETTI-UBERTAZZI, Commentario breve al diritto della concorrenza, Cedam, 2005
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Know-how
PROPRIETÀ INDUSTRIALE
– SCUFFI-FRANZOSI-FITTANTE, Il Codice della proprietà Industriale, Cedam, 2005;
– VANZETTI-DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffrè, 2005.
LE CONCLUSIONI
Facendo un bilancio di quanto sopra esposto, possiamo concludere che il know-how
aziendale è tutelabile solo se trae valore economico dalla sua stessa segretezza. Ciò accade quando lo sfruttamento delle informazioni a esso connesse pone il titolare in una
posizione privilegiata rispetto ai competitors.
Detta posizione privilegiata è ovviamente di natura concorrenziale e si concretizza nella
possibilità di mantenere e/o implementare quote di mercato che altrimenti potrebbero
essere acquisite dai concorrenti.
In altri termini, la protezione del segreto è legittima se e in quanto sia mirata alla protezione di valori organizzativi e di avviamento che trovano nel segreto stesso il loro punto
di forza.
Ciò che è importante rilevare è l’assoluta novità introdotta dalla nuova normativa in
materia di diritto industriale la quale garantisce al know-how una protezione di tipo
reale erga omnes che consente al titolare di inibire a chiunque la relativa acquisizione
e utilizzazione.
A dette informazioni, così come i restanti diritti di privativa industriale, si applica infatti integralmente la disciplina del processo e delle sanzioni prevista dal capo terzo del
Codice della proprietà industriale. Conseguentemente, la tutela reale delle informazioni riservate è stata considerevolmente rafforzata rispetto al passato (tutela di tipo obbligatorio) facendo del know-how un vero e proprio autonomo diritto di proprietà industriale.
Con riferimento alla struttura ed ai contenuti necessari ed imprescindibili degli accordi
di segretezza, vi è da rilevare che gli stessi sono inevitabilmente connessi alla tipologia ed
all’elemento tecnico proprio delle informazioni segrete e del know-how oggetto degli accordi medesimi. La migliore tutela contrattuale si realizza infatti stipulando preventivamente accordi di segretezza che determinino con chiarezza il contenuto delle informazioni segrete e che certifichino la volontà delle parti contraenti.
LA PRATICA
Fac-simile di accordo di segretezza
Con la presente scrittura da vedersi a ogni effetto di legge, tra le sottoscritte parti:
– <...>, con sede in <...>, via <...>, c.f. <...>, di seguito denominata <...>;
– <...>, con sede in <...>, via <...>, c.f. <...>, di seguito denominata il “Contraente”;
premesso
– che <...> possiede un know-how di particolare valore e altre informazioni relative al seguente prodotto: <...> (qui di
seguito denominate collettivamente “Informazioni”);
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– che il Contraente è interessato ad apprendere certi dettagli relativi al contenuto di tali Informazioni allo scopo di <...> per
<...> alle condizioni da stabilirsi successivamente tra le parti;
– che il Contraente dichiara che le suddette informazioni non sono in suo possesso al momento della firma del presente accordo, e che per tale ragione egli desidera che gli siano comunicate alle condizioni sotto previste;
si conviene e si stipula quanto segue:
1) <...> comunicherà al Contraente determinate informazioni nella misura ragionevolmente necessaria per consentire al
Contraente di valutare l’opportunità di concludere con <...> il contratto di cui in premessa;
2) si intende che le informazioni verranno comunicate al Contraente solo ai fini di valutazione precisati al punto 1. Pertanto,
è inteso che senza la preventiva autorizzazione scritta di <...>, il Contraente non potrà divulgare, pubblicare o comunicare
in alcun modo a terzi, direttamente o indirettamente, in toto o in parte, le informazioni, né potrà usarle, sfruttarle o disporne
in proprio o tramite terzi. Nella valutazione delle informazioni, il Contraente prenderà ogni misura perché le stesse rimangano segrete, essendo inteso che, in caso di divulgazione non autorizzata da <...>, sarà a carico del Contraente l’onere di
provare di avere adottato tali misure. Il Contraente si impegna a rispettare con esattezza gli obblighi contemplati dal presente articolo 2, poiché si presume che la violazione degli impegni di segretezza contenuti nel presente accordo siano idonei a
causare ingenti danni a <...>;
3) gli obblighi del Contraente previsti in questo accordo non cesseranno se non in riferimento a quelle specifiche parti delle
informazioni che il Contraente possa dimostrare che erano già di pubblico dominio al momento della firma del presente accordo, o che lo sono diventate in seguito per fatto a lui non imputabile;
4) senza pregiudizio per gli obblighi di segretezza specificati al punto 2, il Contraente garantisce che gli obblighi previsti a suo
carico nel presente accordo verranno rispettati anche dai propri soci, dipendenti, professionisti, subfornitori e da quanti altri, direttamente o indirettamente, possano comunque venire a conoscenza delle informazioni comunicate da <...> al Contraente;
5) per qualsiasi controversia eventualmente derivante o connessa al presente accordo sarà esclusivamente competente il
Foro di <...>.
Letto, confermato e sottoscritto a <...>, il <...>
Ai sensi degli articoli 1341 e 1342 c.c. si approvano specificamente le clausole contenute ai punti 2), 3), 4), 5) della presente scrittura.
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