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Sia il Poème di Chausson, sia la Tzigane di Ravel trassero ispirazione e fortuna da affermati violinisti di quel tempo. Per Chausson fu importante Eugène Ysaÿe, il quale gli aveva richiesto un vero e proprio concerto per violino e orchestra. Il compositore, sentendosi in verità inadeguato al compito, rispose scrivendo questo Poème in forma libera ma con molti passaggi solistici per il violino. Ysaÿe, dedicatario dell’opera, la lesse a prima vista in una serata a casa del pittore catalano Santiago Rusiñol e ne diede la prima esecuzione a Nancy il 27 dicembre1896, sotto la direzione di Guy Ropartz. Un’ulteriore sua esecuzione l’anno seguente a Parigi fu salutata da un grande successo di pubblico. Alcuni passaggi del Poème, in particolare nell’esposizione del primo movimento, furono certamente scritti con la collaborazione di Ysaÿe, se non direttamente da lui. Nondimeno, il brano è caratterizzato dalla vena intimamente lirica tipica di Chausson (il quale da buon francese aveva scritto una quarantina di mélodies). L’altra peculiarità del Poème è di ordine extra-musicale. Chausson trovò infatti una fonte d’ispirazione anche letteraria nel racconto Il canto dell’amore trionfante dello scrittore russo Ivan Turgenev – il Poème recava originariamente questo sottotitolo – per quanto risulti arduo come al solito istituire una corrispondenza fra i temi del romanzo e le strutture della musica. Certo la consapevolezza di tale riferimento può recare all’ascolto un significato più profondo, fin dall’introduzione orchestrale indicata Lento e misterioso seguita dall’entrata del violino solo. Notò Debussy che, pur tralasciando qualsiasi idea narrativa o descrittiva, si viene conquistati da una musica toccante “di impareggiabile soavità sognante”. Ravel fu invece stregato dalle improvvisazioni della violinista tzigana Jelly d’Arányi (nipote di Joseph Joachim). Lungi da una ricerca scientifica come quella di Bartók, Ravel pare guardasse alla musica popolare ungherese ancora tramite certi cliché di consumo di fine Ottocento che erano stati assorbiti da un mondo ormai urbanizzato – gli stessi che avevano ispirato le danze ungheresi di Brahms. E tuttavia, il progetto compositivo di Tzigane obbedisce a una strategia intellettuale piuttosto sofisticata. L’assunzione di questi modelli nello stile di Ravel richiama infatti certe tendenze della cultura di quel tempo “ad aguzzare lo sguardo sugli orizzonti del quotidiano” (Restagno) perfino sugli oggetti più banali, e sposandosi in questo caso anche con una continua decifrazione dei gesti del corpo umano. Fin dal rapsodico inizio – sulla quarta corda, quella che appunto conferisce più “corpo” al suono – i grappoli isolati, le svisate e le note lunghe, il tema vero e proprio e le danze si fondono con il corpo dell’esecutore, evocando quello di Jelly d’Arányi, che agli occhi di Ravel diveniva strumento di produzione di un mito “nel suo essere irresistibilmente indotto a flettersi, inarcarsi, a dondolare voluttuosamente tutto preso da quella fertile simbiosi”. Brano di crescente virtuosismo, a cui non sono estranei i più arditi modelli paganiniani, la Tzigane fu concepita con l’accompagnamento del solo pianoforte (a cui si poteva aggiungere il luthéal strumento che fa produrre al pianoforte suoni da cymbalum tipici della musica popolare tzigana) ma Ravel decise di orchestrarla già nello stesso anno di composizione 1924. La Quarta Sinfonia di Brahms chiude il programma inserendosi a pieno titolo nel tema del Festival. Brahms, che aveva studiato con ardore la musica di Bach fin da giovane e già aveva trascritto per pianoforte la Ciaccona in re minore (“un’opera magnifica e incredibile, un mondo che racchiude i pensieri più profondi e sprigiona fortissime emozioni”) costruisce il quarto movimento della Sinfonia su un altro ostinato di danza bachiano, la Passacaglia dalla Cantata BWV 150 “A te, Signore, elevo l’anima mia”, e come per la Ciaccona utilizza il basso per una serie di variazioni (nell’autografo l’indicazione Allegro energico e passionato è perfino contrassegnato da un asterisco “variazioni sul tema”). Il ricorso al materiale bachiano serve a Brahms per suggellare la coerenza costruttiva che la Sinfonia mostra fin dall’inizio. Come rilevò Schönberg nel saggio Brahms il progressivo, proprio alla fine, il tema della Passacaglia rivela il suo rapporto con il tema del primo movimento, in particolare un’identità con le prime otto note, nonché quel tipico procedere per terze che consente a Brahms di aggiornare al suo tempo la forma della Sinfonia in generale. Carlo Bianchi Bergamo, Teatro Donizetti Lunedì 1 giugno 2015, ore 21.00 Kansai Philharmonic Orchestra Augustin Dumay direttore e violinista Ernest Chausson (1855-1899) Poème in mi bemolle maggiore per violino e orchestra op. 25 Lento e misterioso Animato Finale Johannes Brahms (1833-1897) Danza ungherese n. 2 per violino e orchestra Danza ungherese n. 5 per violino e orchestra Maurice Ravel (1875-1937) Tzigane, Rapsodia da concerto per violino e orchestra R Johannes Brahms Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98 Allegro non troppo Andante moderato Allegro giocoso Allegro energico e passionato Kansai Philharmonic Orchestra Augustin Dumay direttore e violinista Con la collaborazione di: Bergamo, Teatro Donizetti Lunedì 1 giugno 2015, ore 21.00 Kansai Philharmonic Orchestra Members of the orchestra Augustin Dumay Augustin Dumay è uno dei maggiori rappresentanti della grande tradizione classica europea. La critica internazionale l’ha paragonato ai grandi violinisti del XX secolo e questo giudizio è supportato dalle eccellenti registrazioni per Deutsche Grammophon: l’integrale delle sonate di Beethoven con Maria João Pires, i trii di Brahms, i concerti di Mozart con la Camerata Academica Salzburg. Augustin Dumay è salito alla ribalta grazie all’incontro con Herbert von Karajan, ai concerti con i Berliner Philharmoniker e alle incisioni per EMI dei concerti di Mendelssohn, Čajkovskij, Saint-Saëns e Lalo. Ha successivamente suonato con regolarità con le orchestre più prestigiose – London Symphony, London Philharmonic, English Chamber, Royal Philharmonic, Royal Concertgebouw, Los Angeles Philharmonic, Sinfonica di Montreal, Suisse Romande, Mahler Chamber Orchestra, Bayerischer Rundfunk, Orchestre National de France, Japan Philharmonic – sotto la direzione di celebri direttori quali Sir Colin Davis, Christoph von Dohnányi, Seiji Ozawa, Gennady Rozhdestvensky, Wolfgang Sawallisch, Daniel Harding, Armin Jordan, Kurt Masur, Eliahu Inbal, Emmanuel Krivine, Rafael Kubelík, Igor Markevitch, Charles Dutoit, Iván Fischer, Frans Brüggen, Kent Nagano, Kurt Sanderling, Evgeny Svetlanov, Alan Gilbert, Dennis Russell Davies, Andrew Davis, Stéphane Denève, Eivind Gullberg Jensen, Jukka-Pekka Saraste, Yuri Temirkanov, David Zinman, Alain Altinoglu e Robin Ticciati. Negli ultimi dieci anni, parallelamente all’attività di violinista, Dumay è stato sempre più richiesto come direttore. Oltre al ruolo, ricoperto dal 2003, di Direttore musicale dell’Orchestra Reale da Camera di Vallonia, nel 2011 è stato nominato Direttore musicale della Kansai Philharmonic Orchestra, con la quale nel maggio di quest’anno affronta la tournée europea che, oltre al Festival di Brescia e Bergamo, prevede concerti in Germania e Svizzera. Dumay è inoltre regolarmente invitato a dirigere compagini come English Chamber Orchestra, New Jersey Symphony e Sinfonia Varsovia. Dal 2004 è uno degli artisti in residenza alla Queen Elisabeth Music Chapel di Bruxelles dove tiene corsi per un gruppo selezionato di giovani violinisti di grande talento, molti dei quali hanno riscosso successo nei principali concorsi internazionali. Il regista Gérard Corbiau (Le Maître de Musique, Farinelli) ha realizzato un documentario su di lui: Augustin Dumay, laisser une trace dans le coeur. La sua discografia – una quarantina di incisioni con premi prestigiosi ricevuti (Grammophon, Audiophile Audition, Preis der deutschen Schallplattenkritik, Grand Prix du Disque, Record Academy Award) – è disponibile nelle etichette EMI, Deutsche Grammophon e Onyx Classics. Per quest’ultima Dumay ha pubblicato due lavori con la Kansai Philharmonic e, con Louis Lortie, le sonate di Franck e Strauss, ottenendo grande apprezzamento da parte della critica. La registrazione in uscita nel maggio 2015 mostra i tre volti di Dumay – solista, direttore e musicista da camera – con il Concerto op. 61 e la Sinfonia n. 8 di Beethoven e il Sestetto per archi n. 1 di Brahms. In programma per il futuro le incisioni dei Concerti di Brahms, Bartók e Mendelssohn con Montreal Symphony, Mahler Chamber Orchestra e Orpheus Chamber Orchestra. Music Director Augustin Dumay Principal Conductor Sachio Fujioka Honorary Conductor Laureate Taijiro Iimori Concertmaster Sukeyuki Iwatani George Babuadze 1st Violin Yuki Tokuoka Sayuri Imagawa Kenji Tomonaga Rika Matsumoto Kazuhito Morimoto Matsuno Noguchi Miwa Takamoto Michihiro Eijima Kansai Philharmonic Orchestra Le origini della Kansai Philharmonic Orchestra risalgono al 1970 quando nacque come compagine da camera. Nel corso degli anni è cresciuta gradualmente, arrivando ad assumere l’attuale denominazione nel gennaio del 1982. Il modello a cui la Kansai Philharmonic si ispira è quello di orchestre che si sono affermate per la capacità di costruire insieme ai loro direttori una precisa identità, con un suono distintivo e una personalità ben definita. L’orchestra vanta una lunga collaborazione con il Direttore principale Sachio Fujioka e il Direttore onorario Taijiro Iimori, con i quali ha stabilito legami forti e unici. Con la nomina di Augustin Dumay a Direttore musicale nel 2011, la Kansai Philharmonic ha compiuto un ulteriore salto di qualità. Le interpretazioni di Dumay, incluse quelle nella doppia veste di direttore e solista, hanno portato l’orchestra a distinguersi sia in Giappone che oltre oceano. La serie Meet the Orchestra, promossa da Fujioka, si pone l’obiettivo di ampliare il pubblico della musica classica al di fuori delle principali città. Allo stesso tempo, la programmazione stagionale in abbonamento dedicata a un vasto repertorio che spazia dai grandi classici a prime esecuzioni di brani contemporanei riscuote regolarmente grande successo. Con Iimori l’Orchestra ha invece curato in particolare l’approfondimento del repertorio tedesco con i cicli dedicati a Beethoven e Brahms. La Kansai Philharmonic lavora in stretta collaborazione con la comunità del territorio di riferimento tenendo concerti nelle diverse sale locali ed esibendosi frequentemente con giovani artisti. La Kansai Philharmonic tiene oltre 110 concerti ogni anno e la sua popolarità è in costante ascesa. 2nd Violin Yoshifumi Morisue Chinami Nishimura Hiroko Suzuki Azusa Hirano Kiyoshi Saito Rika Fujiwara Norihiko Akutsu Hisano Ise Viola Atsuhiko Yagyu Chizuko Matsuda Motoko Tada Naoko Tashiro Tomoko Yamamoto Tomoshi Yamamoto Cello Shunsuke Hino Wataru Mukai Takeshi Omachi Aya Natsuaki Mikiko Tokuoka Michihiro Ohta Hirokazu Natsuaki Double bass Toshitake Hayashi Masayo Ikai Isao Sodeshita Ippei Seki Flute Ryuji Masumoto Tomoko Toratani Oboe Akiko Butsuda Yumi Fukuda Clarinet Takako Umemoto Yuto Yoshida Bassoon Norio Hoshino Nobuko Hoshino Contrabassoon Alessandro Battaglini Horn Nagahisa Kasamatsu Naoko Yamamoto Nobuhiro Matsuda Masaru Kashiwahara Trumpet Daisuke Shirozu Hajime Kawakami Trombone Hirotaka Kazehaya Yosuke Matsuda Bass Trombone Kazuhisa Kumagai Timpani Tadanari Nakayama Percussion Baku Nakata Harp Sylvain Blassel Solo Guest Guest Solo Chairman of the Board Noriyuki Inoue Supervisor Hidekazu Higuchi The Board members Shinichi Otake Yoshihiko Sano Kazuo Sumi Yoshio Tateishi Haruo Tsuji Shingo Torii Akio Nomura Yuji Matsuzawa Yoshihiko Miyauchi Masahiro Yamamoto Yoshiko Kida Gen Hamahashi Honorary Advisor Shinichiro Okawa Natsuko Kurokita Nobue Takahashi Takuya Nishimura Shingo Morimoto Daisaku Yoshihira Executive Director Gen Hamahashi Stage Manager Hiroaki Nakano Managing Director Shoko Asakura Librarian Junko Sako Management Shizuka Aiba Ryoko Ebihara Kayoko Kuriyama