numero 64 - Associazione Pordenonese di Astronomia

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numero 64 - Associazione Pordenonese di Astronomia
NOTIZIARIO
dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
Anno XXII - n. 64
Aprile - Giugno 2014
Foto tratta da http://www.buzzland.it/
LA SPETTACOLARE AURORA BOREALE DEL 27 FEBBRAIO
L’evento astronomico che forse ha più caratterizzato il primo trimestre di quest’anno è stato l’aurora boreale della
notte del 27 febbraio, attirando l’attenzione dei media. In internet sono infatti disponibili foto spettacolari e per questo
abbiamo deciso di dedicare una parte del Notiziario proprio alla spiegazione di questo spettacolare fenomeno,
difficilmente visibile alle nostre latitudini anche per la presenza di un devastante inquinamento luminoso.
In questo numero
LE AURORE BOREALI
ASTRONOMIA NELLA CINA ANTICA
IL CIELO D’ESTATE SOPRA L’ALBUM E SOPRA DI NOI
EMANUELE VITALE ED EPISODI DI ASTRONOMIA NELLA PORDENONE DI FINE 800
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5
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(Terza parte)
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
1
LE AURORE BOREALI
Stefano Zanut ([email protected])
L’aurora polare, a volte identificata come
aurora
boreale o australe in
funzione
dell’emisfero in cui si manifesta, è un
fenomeno ottico dell’atmosfera terrestre che
si manifesta prevalentemente con bande
luminose di colore rosso-verde-azzurro, dette
anche archi aurorali, e un’ampia gamma di
forme che mutano rapidamente nel tempo e
nello spazio.
Per comprenderne l’origine bisogna portarsi a
circa 150 milioni di chilometri dalla Terra,
ossia sul Sole, dove la comparsa di un grande
gruppo di macchie solari è la prima avvisaglia
dell’intensa attività espulsiva di massa
coronale. Le particelle emesse viaggiano così
nello spazio formano il cosiddetto vento
solare, un plasma molto tenue composto al
95%, in proporzione uguale, di protoni ed
elettroni, e il 5% di particelle alfa, ossia nuclei
di elio, con tracce di elementi più pesanti, a
velocità comprese tra i 400 e gli 800 km/s,
raggiungendo la terra dopo circa 50 minuti
per interagire con il suo campo magnetico. In
prima approssimazione queste particelle
“scivolano” lungo il bordo esterno della
magnetosfera, la cosiddetta magnetopausa,
passando oltre la Terra. Per processo noto
come riconnessione magnetica, il plasma del
vento solare può penetrare la magnetosfera
per interagire con la sottostante ionosfera
terrestre, tra 60 e 450 km di altitudine, dando
luogo al fenomeno delle aurore.
Entrando più nello specifico, le particelle del
vento solare possono eccitare gli atomi della
ionosfera tramite collisioni con gli elettroni di
valenza dell’atomo neutro, che dopo un
intervallo di tempo caratteristico ritornano al
loro stato iniziale, emettendo fotoni secondo
un processo simile a quello che si verifica in
una lampada al neon. A questo punto i colori
dell’aurora dipenderanno da quali sono gas
presenti nell’atmosfera, dal loro stato elettrico
e dall’energia delle particelle che li
colpiscono: l’ossigeno atomico sarà quindi
responsabile del colore verde (lunghezza
d’onda 557,7 nm), l’ossigeno molecolare del
rosso (630 nm) e l’azoto dell’azzurro.
I fenomeni appena descritti si manifestano
quindi ai nostri occhi con archi e brillanti
raggi di luce che iniziano intorno a 100 km di
altitudine sulla superficie terrestre e si
estendono per centinaia di chilometri verso
l’alto lungo il campo magnetico. Pur
estendendosi da orizzonte a orizzonte tali
archi possono essere molto sottili, anche solo
100 metri, e rimanere immobili per poi, come
per incanto, iniziare a muoversi e torcersi.
A causa della geometria del campo magnetico
terrestre, le aurore sono visibili in due ristrette
fasce attorno ai poli magnetici della Terra,
dette ovali aurorali, ma talvolta possono
diventare visibili anche in zone più distanti e
latitudini più basse, fino alla nostra penisola.
Se è vero che le aurore boreali si possono a
volte manifestare anche a latitudini basse,
diventando visibili anche dall’Italia, è
altrettanto vero che un evento così
evanescente potrebbe essere compromesso
dall’inquinamento atmosferico e luminoso.
Tra il 2000 e 2001, in occasione di una fase di
massima del ciclo undecennale di attività del
Sole, ben 4 aurore boreali furono osservate da
Varese, le cui descrizioni sono disponibili
nella
pagina
web
dell’Osservatorio
Astronomico
“G.
V.
Schiaparelli”
(www.astrogeo.va.it).
Foto dell’aurora boreale apparsa la notte tra il 15 e 16 luglio
2000 (tratta da www.astrogeo.va.it)
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Ecco come la descrive Andrea Aletti nel sito
di Astrogeo: “Nella notte tra il 15 e il 16
luglio 2000 tra le 0.30 e le 0.40 ora italiana
nei dintorni di Macugnaga (VB), più
precisamente in una valle alpina dominata
dal suggestivo “Lago delle Fate” a 1304 m
s.l.m., sono stato testimone di un raro
fenomeno di Aurora boreale visibile dalle
nostre latitudini. Una banda diffusa rosso
porpora ha tinto una zona di cielo ampia non
più di 3°x 10° nei pressi della testa dell'Orsa
Maggiore, assumendo una brillanza superiore
alla parte più intensa della Via Lattea. Il
fenomeno ha avuto una durata di 10 minuti
anche a causa della progressiva copertura
del cielo che al momento culminante era di
4/8. L’ostruzione dell’orizzonte era di circa
25° tra SE e NE e diminuiva a circa 15° a Est.
La luna era piena e, sebbene ancora nascosta
dalle imponenti cime, la sua altezza di 20°
sull'orizzonte accendeva di un bianco
cangiante le nubi.
La fotografia in alto è stata ripresa alle ore
0.30 locali del 16 luglio, con camera Canon
A1, obiettivo 28mm f/4 e posa di 1 minuto con
pellicola Kodak E100S tirata a 200 ISO.
La magnitudine limite visibile al momento
dell'osservazione nei pressi dell'Orsa
Maggiore era pari alla quinta. Con il passare
dei minuti tale banda si è gradatamente
attenuata fino a confondersi col chiarore del
fondo cielo.”
Foto dell’aurora boreale del 20/11/2003 dal rif. Scoiattoli, 2.200 m di altezza
(http://www.cortinastelle.it/aurora20112003.htm).
Ma la descrizione di eventi simili si può
trovare anche tra le cronache del XX secolo.
Cercando nell’archivio storico del quotidiano
LA STAMPA (www.lastampa.it/archiviostorico/), dove sono disponibili copie
digitalizzate dal 1867 al 2005 di tutte le
pagine del giornale. Vi garantisco che provare
a legge quegli articoli, alcuni anche corredati
da foto b/n, è un’esperienza fantastica e aiuta
anche a capire come le conoscenze in questo
campo si sono evolute nel tempo, ma anche
come si è modificata questa nostra società.
Dell’aurora boreale vista il 25 gennaio 1938
vi sono anche cronache da varie città d’Italia,
tra cui anche Venezia: “Questa sera alle ore
21 nel cielo vi è stata l’improvvisa
apparizione, in direzione nord-nord-est, di
una larga zona luminosa, mobile, di color
carmino, che ha prodotto un effetto
meraviglioso tra l’azzurro stellato e appena
velato da una leggera nebbia. La visione è
Riproduzione della visione satellitare
dell'area potenzialmente interessata
dall'aurora boreale del 20 novembre
(http://www.spacew.com/)
durata un quarto d’ora, ed è scomparsa
lentamente.
Il comm. Malignani di Udine, appassionato di
astronomia e meteorologia, il quale lo ha
ammirato in tutte le sue fasi dal suo
osservatorio lo ha definito un «riverbero di
aurora boreale, della natura stessa di quello
che circa sessant’anni fa fu osservato a
Udine»”
Dall’Archivio Storico del Quotidiano LA STAMPA
(www.archiviolastampa.it) la cronaca di un’aurora
boreale del 1938.
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Eventi del genere non sono sfuggiti nemmeno
dalle attenzioni dei pordenonesi di fine 800,
così come testimonia l’articolo tratto dal
settimanale IL TAGLIAMENTO del 9
febbraio 1884, che riporta la lettera di “uno
studioso” non meglio identificato. A
prescindere dalle sue argomentazioni, si
percepisce l’interesse per il fenomeno: “Un
fenomeno che non è un fenomeno. Sui
rossori crepuscolari che abbiamo per molto
tempo ammirato, riceviamo da uno studioso
che vive nella solitudine la seguente
spiegazione […].
Si è disputato di molto in questi di sopra quel
meraviglioso fenomeno che accompagna il
sole nel suo sorgere e nel suo tramonto,
mandando quel rossoreggiante chiarore che
da lungo volgere di anni forse non si è veduto
l’eguale”. La lettera prosegue poi con
considerazioni di ordine meteorologico per
concludere nel seguente modo: “Alcuno potrà
obiettarmi che un tale fenomeno non si è mai
visto, ed io risponderò a mia volta che non si
sono veduti del pari un autunno e un inverno
si belli e ridenti come il passato ed il
presente”.
Infine una curiosità: il 6 ottobre 2013 la foto
di un’aurora boreale ripresa Luca Parmitano
dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) è
stata riproposta da molte testate giornalistiche
con il titolo datogli da lui stesso: “City lights
and Auroras”, dove una scintillante aurora
verde sovrastava le luci del Canada. Si pensi
che a sole 16 ore dalla sua pubblicazione sulla
pagina di Facebook dell’astronauta italiano
(potenza dei network!), il post poteva contare
più di 12.000 “like” e di 750 “retweet” su
Twitter.
“City lights and Auroras”: foto tratta dalla pagina facebook di Luca Parmisano del giorno 6 ottobre 2013
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ASTRONOMIA NELLA CINA ANTICA
Giampaolo Carrozzi ([email protected])
È ben noto l’apporto che i cinesi apportarono
nel campo dell’astronomia nel corso dei
secoli cosiddetti «bui» del basso medioevo.
Basta ricordare le cronache che ci
tramandarono notizie relative alla super nova
apparsa il 4 luglio del 1054 e che poi venne
battezzata da Charles Messier nel 1074 come
M1 - oggi indicata anche come «crab nebula»
o «nebulosa del granchio».
Ma scorrendo le pagine di un classico testo
storico-militare il «SUN TZU o Sunzi o L’arte
della guerra» mi sono imbattuto in un
passaggio di estremo interesse astronomico.
Questa è un’opera che, pur trattandosi di un
manuale per eccellenza di strategia militare,
spazia su aspetti storico - geografici riferiti
alla storia più antica della Cina.
Di norma, il vento soffia con vigore proprio
durante i giorni in cui la luna staziona in
queste quattro costellazioni:
- La costellazione ji «Setaccio per spulare il
grano» è la settima delle 28 case
astrologiche lunari (ershiba xiu) in cui era
divisa la volta celeste e corrisponde a 
Sagittarii.
- La costellazione bi ( Pegasi), ovvero il
cosiddetto «Muro dell’Est», coincide con
la quattordicesima casa astrologica.
- La costellazione yi «Ali» ( Crateris) è la
ventisettesima casa astrologica.
- La costellazione zben «Assale posteriore»
(Corvi) è la ventottesima casa astrologica.
A conferma di quanto sopra venne rinvenuta
una rappresentazione della volta celeste,
pittura bianca su sfondo scuro, nel soffitto
della tomba di Fenghui, distretto di Binxian
(Shaanxi) appartenente al X secolo.
Penisola dello Shandong
Provincia dello Hebei
Ricordo, per inciso, che questo testo, noto
anche come Sunzi («Maestro di Sun») è il
risultato dell’accumulo di diversi materiali
risalenti alla tradizione degli strateghi militari
dello stato di Qi (V- IV sec. a.C.). Lo Stato di
Qi era uno dei maggiori stati costieri
dell’antica Cina che occupava tutta la penisola
dello Shandong e la parte sud orientale
dell’odierna provincia dello Hebei.
Il capitolo XII, dove tratta degli attacchi
incendiari tra l’altro cita:
«Vi sono stagioni appropriate per appiccare il
fuoco e giorni altrettanto appropriati perché le
fiamme divampino. Le stagioni appropriate
sono quelle in cui il clima è secco; i giorno
appropriati quelli in cui la luna transita
attraverso le costellazioni del «Setaccio», del
«Muro», delle «Ali», e dell’«Assale
posteriore» (*).
Fenghui morì nel 952 alla fine di uno
straordinario percorso di ascesa sociale. Le
prime tombe dal soffitto decorato come la
volta celeste risalgono all’epoca Han, che
governò la Cina dal 206 a.C. al 220. Questa
tradizione si è mantenuta attraverso i secoli,
probabilmente perché la posizione del defunto
era un elemento importante per il suo riposo
eterno.
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Nell’immagine
riprodotta
si
possono
individuare diverse costellazioni, la Via
Lattea al centro, e la Luna, riconoscibile per la
presenza della pianta di cannella e della lepre
che con un pastello prepara l’elisir della
immortalità (nel cerchi bianco).
* Per una dettagliata trattazione delle teorie
astronomiche nella Cina tradizionale cfr. NEEDHAM
1959, da: Sen Tzu - L’arte della guerra - Giulio Einaudi
editore.
IL CIELO D’ESTATE DENTRO L’ALBUM E SOPRA
DI NOI
Renato Dicati
Ci è stato segnalato un interessante articolo pubblicato sul numero di luglio 2013 della rivista IL
COLLEZIONISTA, mensile di filatelia e filografia, in cui viene trattato il tema di come le principali
costellazioni sono state rappresentate sui francobolli. Così abbiamo pensato di far cosa gradita
riproducendola in questo numero del Notiziario. L’autore è Renato Dicati, astrofisico e divulgatore
scientifico.
Fin dai tempi antichi una galleria di
personaggi si rincorre senza sosta nel cielo
[1], come sul foglietto emesso da Niue nel
1986, che illustra specularmente una parte
dell’affresco che adorna il soffitto di una
stanza della Villa Farnese di Caprarola, in
provincia di Viterbo. Ecco Ercole, l’eroe
immortale, che avvolto in una pelle di leone si
lancia con la dava, scuotendo nella mano
sinistra l’orribile Idra dalle nove teste. Più in
basso il cacciatore Orione seguito dai suoi
Cani fedeli affronta il Toro che gli si fa
incontro minaccioso. Nel cielo boreale,
Perseo, il vincitore della Medusa, corre in
aiuto della giovane Andromeda che,
incatenata a una rupe, è già destinata a
diventare preda di Cetus, il mostro marino;
ma l’eroe libera la fanciulla e ne fa la sua
sposa. Vicino a lei stanno il padre, il re Cefeo
e la madre, la vanitosa Cassiopea, intenta a
curare la sua bellezza, mentre più lontano
spicca il volo il cavallo alato Pegaso. Ancora
più in alto il bovaro Boote conduce le due
Orse attorno al polo celeste.
Queste storie, insieme ad altre, sono
raccontate dai raggruppamenti stellari che gli
astronomi chiamano costellazioni.
Le costellazioni non sono un prodotto della
natura, ma soltanto invenzioni della fantasia
dell’uomo, che ha suddiviso la sfera celeste
allo scopo di mappare e riconoscere le stelle.
Le prime costellazioni definite con precisione
si devono ai sacerdoti-astronomi della civiltà
babilonese, che divisero la fascia del cielo in
cui si muovono il Sole, la Luna e i pianeti in
dodici figure o segni: lo zodiaco - il nome di
derivazione greca significa “cerchio degli
animali” - [2] (come rappresentato dal
foglietto emesso da Israele nel 1957, che
illustra il mosaico pavimentale della sinagoga
di Beth Alpha). Ma si deve soprattutto ai
Greci la definizione delle altre numerose
costellazioni legate a tanti miti e leggende, i
cui primi cenni si trovano già nei poemi
omerici. Nel II secolo d.C. l’astronomo
Tolomeo classificò le stelle visibili a occhio
nudo definendo quarantotto costellazioni. Nei
secoli successivi ne verranno aggiunte altre,
soprattutto tenendo conto delle nuove stelle
scoperte nel cielo meridionale dai navigatori
del Quattrocento e Cinquecento. Oggi le
costellazioni usate dagli astronomi sono
ottantotto. A parte quelle circumpolari, come
l’Orsa Maggiore, l’Orsa Minore, il Dragone,
non sono sempre visibili; alcune si vedono
solo dall’emisfero australe, le altre si
succedono nel cielo secondo ritmi definiti.
D’estate, ad esempio, dal nostro emisfero si
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possono osservare la Lira, l’Aquila, il Cigno,
Ercole, lo Scorpione, il Sagittario, mentre
d’inverno sono visibili Orione, il Toro, i
Gemelli, il Cancro, il Leone.
Come riconoscere tutte queste figure,
memorizzare i loro nomi e orientarsi nel
cielo?
Nelle serene notti d’estate basta guardare
verso l’alto per scorgere tre stelle molto
luminose, disposte in modo da formare una
figura geometrica piuttosto regolare, il
cosiddetto triangolo estivo [3]. Si tratta di
Vega, Deneb e Altair, gli astri più luminosi
delle costellazioni della Lira, del Cigno e
dell’Aquila [4-6], tre stelle molto utili per
l’orientamento. Se si immagina di prolungare
verso sud la linea formata da Vega e Altair, si
incontra la costellazione zodiacale del
Capricorno [7]; verso nord la croce formata
dal
Cigno
punta
verso
Cassiopea,
costellazione molto facile da individuare
perché la sua forma è quella di una grande w
aperta e le stelle che la disegnano sono tutte
luminose [8]. Nei pressi di Cassiopea si
possono riconoscere Andromeda [9] e Perseo
[10]. Sotto Andromeda non si può non vedere
il grande quadrato di Pegaso [11] che forma la
parte centrale della costellazione del cavallo
alato. Spostandosi un po’ a sinistra di Altair,
nel triangolo estivo, si può scorgere una
costellazione piccola, molto bella: la sua
forma ricorda quella di un pesce, ma si tratta
del Delfino, un gioiello del cielo d’estate [12].
Subito a destra della piccola Lira e della sua
brillantissima stella (sempre nel triangolo
estivo), brilla invece la grande costellazione
di Ercole [13]. Guardando verso sud,
soprattutto dalle regioni più meridionali e con
orizzonte sgombro, si può ammirare lo
Scorpione, magnifica costellazione dello
zodiaco la cui forma richiama il temibile animale; la stella principale si chiama Antares,
perché il suo colore rosso la fa rivaleggiare
con il pianeta Marte (anti Ares); la seconda,
che si trova all’estremità opposta della
costellazione, è Shaula che in lingua araba
significa “la coda” [14]. Spostandosi più a
est, si può scorge-re il Sagittario, che nei
paesi anglo-sassoni è chiamata anche “cup of
tea” o “tea pot”, perché la struttura formata
dalle sue stelle più luminose ricorda anche
una teiera [15]. Verso Ovest, ma solo nelle
prime ore della notte, brilla la bella stella
Spica, la spiga di grano tenuta nella mano
sinistra dalla Vergine [16].
Chiudendo l’esplorazione verso nord, si può
individuare la Stella polare, la più nota
dell’Orsa Minore, e Arturo, la brillante stella
di Boote [17]. La Polare non è molto
luminosa ed è visibile solo con un cielo
sufficientemente buio.
Facilmente individuabile invece la vistosa
Orso Maggiore: è chiamata anche Gran Carro
e consiste di sette stelle molto luminose, che
formano la figura di un carro con un timone
ricurvo [18]. La Stella polare si trova
sull’allineamento delle ultime due stelle
esterne, a cinque volte la distanza fra queste;
il modo per rintracciarla è illustrato da diversi
francobolli, tra cui i due classici di posta aerea
emessi nel 1933 dalla colonia italiana della
Cirenaica [19]. Orsa Maggiore e Orsa Minore
sono separate dalla costella-zione del Dragone
e sovrastate da quella della Lince [20].
Per individuare Arturo si prolunga invece il
timone del Carro: a una distanza circa doppia
si trova la stella di un bel colore rossoarancione [21]. A sinistra di Arturo si nota
una coroncina di stelle: è la costellazione
della Corona boreale, il cui astro più luminoso
si chiama Gemma [22].
Il consiglio ora è di sollevare lo sguardo verso
il cielo: i francobolli dell’album faranno da
guida.
Di emissioni filateliche dedicate alle
costellazioni e alle stelle se ne con-tano... un
firmamento, ma per costruire un atlante
filatelico del cielo possono bastare poche
centinaia di euro. I valori più cari sono
costituiti dai foglietti di Paraguay o Bolivia
che riproducono il cielo disegnato nel 1515
dal pittore tedesco Albrecht Durer [23].
Anche questi però non superano alcune decine
di euro.
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EMANUELE VITALE ED EPISODI DI ASTRONOMIA
NELLA PORDENONE DI FINE 800 (Terza parte)
Stefano Zanut ([email protected]))
Quando il professor Vitale assume la
direzione delle Scuole Tecniche Comunali,
diventa contemporaneamente anche il
Direttore dell’Osservatorio Meteorologico di
Pordenone, collocato sulla copertura di
quell’edificio che ora ospita la Biblioteca
Civica di Pordenone.
A 10 anni dalla sua attivazione la struttura era
ormai ben avviata vantando collaborazioni
con il Ministero di Agricoltura e Commercio
e con il “Bullettino dell’Osservatorio del Real
Collegio Carlo Alberto di Moncalieri”, che ne
pubblicavano le osservazioni. L’osservatorio
era inoltre presente nell’elenco delle “stazioni
meteoriche italiane” pubblicato sulla prima
edizione del “Calendario dell’Osservatorio
dell’Ufficio Centrale di Meteorologia al
Collegio Romano”, del 1880.
Le attività svolte erano quelle di un ordinario
Osservatorio Meteorologico e con maggior
puntualità sono ben descritte nell’ambito di
una pubblicazione dal titolo “L’osservatorio
meteorologico di Pordenone”, scritta proprio
dal Vitale e pubblicata a Pordenone nel 1884
per
essere
presentata
in
occasione
dell’Esposizione Generale di Torino dello
stesso anno.
Eccone un estratto: “[…] attualmente gli
strumenti di quest’osservatorio si trovano in
parte sulla terrazza, in parte nella stanza
sottoposta; di questi ultimi però ve ne sono
alcuni esposti fuori dalle finestre meteoriche.
Sulla terrazza abbiamo l’evaporamento, il
pluviometro
e
l’apparato
ricettore
dell’anemometro, cioè la banderuola ed il
mulinello Robinson. […] La stanza sottoposta
alla terrazza e ampia, bene arieggiata ed
illuminata. Servendo ad uso di gabinetto di
fisica, non è abitata, ne la riscalda mai. Ha
cinque finestre, due delle quali quasi
esattamente a tramontana, e queste sono le
finestre meteoriche, che si
vedono
distintamente nell’annessa vigneta RR. Tal
finestre prospettano verso un gran piazzale,
perciò gli apparati contenutovi non sono
soggetti all’azione dei raggi riflessi. […]
Nell’interno della stanza, poco lontano dalla
finestra destinata al psicrometro è disposto
un Igrometro di Sausurre. Esso serve
principalmente a fornire un indizio
approssimativo della quantità di umidità
dell’aria; da siffatto indizio prende norma
l’osservazione a fin di determinare quanto
tempo debba far trascorrere prima di
ritornare al psicrometro per leggere le
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indicazioni dei termometri. […] Accano
all’igrometro v’è il Barometro. Pende dal
muro esposto a levante, e si trova in tale
condizione da non essere mai percorso dai
raggi del sole. […] Finalmente contro la
parete opposta alle finestre meteorica è fissa
solidamente una robusta mensola, e su questa
è
appoggiato
l’apparato
registratore
dell’anemometro. Di regola esso registra
egregiamente la direzione e la velocità del
vento”.
A quei tempi gli studi di meteorologia
venivano prevalentemente svolti negli
osservatori astronomici e le misure di
temperatura, pressione e velocità del vento
erano funzionali a determinare gli effetti sulla
rifrazione atmosferica, per determinare nel
modo più corretto possibile le coordinate
degli astri. Per gli astronomi, quindi, la
meteorologia interessava essenzialmente per
le possibili applicazioni ai loro studi, per cui
si limitavano alle sole osservazioni di
pertinenza, valutando la scienza dei fenomeni
atmosferici come una disciplina collaterale, o
di supporto, alla propria. Non stupisce quindi
la presenza e le firme di astronomi importanti
tra gli atti di questo osservatorio, così come
già raccontato nel numero 51 del Notiziario
(http://www.apaweb.it/Archivio/NOT_51.pdf)
Anche il nostro Vitale era impegnato in tali
rilevamenti seguendo le direttive fornite
dall’Ufficio Centrale di Meteorologia, nel cui
ambito veniva posta particolare attenzione al
rilievo delle formazioni temporalesche.
Tra le sue osservazioni se ne riscontra una che
deve aver destato molta apprensione tra gli
abitanti di Pordenone, visto che venne
proposta come atto cronaca sulle pagine del
settimanale IL TAGLIAMENTO del 1884:
«Alle 4 3/4 pomeridiane del giorno 26,
mentre le strade principali erano ancora
gremite di gente accorsa a vedere la
mascherata, alcuni lampi e tuoni ed un po’ di
pioggia hanno annunziato il temporale. Alle
5, nel centro della città, è scoppiato un
fulmine, che ha riempito gli animi di terrore,
ed ha prodotto i più strani fenomeni
meccanici e fisiologici. Su questi ultimi ci
permettiamo di richiamare l’attenzione delle
persone della scienza. Nessuna disgrazia
però: un po’ di danno ebbe a soffrire la casa
del sig. Bonin e l’attigua del sig. Del Negro.
Questi fabbricati non sono muniti di
parafulmine. In un granaio del sig. Bonin vi
era una massa di ferro, di parecchi quintali,
in verghe, spranghe, catene ed attrezzi rurali.
Le verghe erano poggiate sopra un cantonale,
pieno anch’esso di rottami di ferro. Nella
finestra dirimpetto al cantonale si è trovato
un vetro con foro circolare, e due altri fori in
uno dei muri contro il quale poggiava il
cantonale, l’uno al livello del pavimento,
l’altro all’altezza raggiunta dall’ estremità
delle spranghe. Sembra che il fulmine,
attratto dalla massa metallica, sia entrato per
la finestra, e che al cantonale si sia diviso in
due. Le due scintille attraversando il muro
sono passate nella casa del Del Negro dove
hanno fatto giri e rigiri impossibili da
descriversi, ed hanno prodotto i noti effetti
meccanici; molti vetri delle finestre con fori
circolari, oggetti poco conduttori trasportati
a distanza, camino e grondaie rovinate; la
cucina messa a soqquadro, la pila
dell’acquaiolo ridotta in frantumi.
Nessun caso di fusione di metalli. Forte odore
di ozono, sia nella casa colpita sia nei
dintorni.
Stranissimi sono stati gli effetti del
contraccolpo nelle persone che si trovavano
vicine alla casa, e in altre anche molto
lontane. Di queste ultime chi ha provato una
scossa parziale nella testa, chi in un braccio o
in una gamba, durando la paralisi in taluno
parecchie ore.
Una fila di donne, che camminava sotto i
portici vicini alla casa, è stata violentemente
buttata giù. Due signori che andavano dietro
le donne, dandosi il braccio, hanno provato
una scossa strana. L’uno ha sentito la
commozione nell’arto inferiore destro, e
senz’altra sensazione ha trovato una
scollatura nella regione tenace della mano
sinistra, l’altro invece una scossa nell’ arto
inferiore sinistro, e nel bicipite destro ha
riportata un’intensa piaga della grandezza di
un soldo.
Le più strane ipotesi si vanno facendo per
spiegare questi e tanti altri falli caratteristici,
ma quale sarà il vero?».
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Le modalità per osservare un temporale pubblicate nel 1891 secondo le indicazioni del
Regio Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica
Sarà sempre il Vitali a riproporre questo
episodio nell’ambito della pubblicazione
proposta a Torino, questa volta con sfumature
diverse rispetto alla precedente descrizione,
per scoprire che ne fu anche vittima all’atto di
predisporre la strumentazione della specola
per osservare il temporale in arrivo. Ecco il
suo racconto: «Fra i diversi temporali
osservati quest’anno, merita speciale
menzione quello del 26 febbraio per la copia
straordinaria di elettricità e per gli strani
effetti meccanici, chimici e fisiologici prodotti
da un fulmine, che scoppiò nel centro
dell’abitato, riempiendo di terrore gli animi
delle persone che in quel momento si
accavalcavano sulle strade in causa delle
feste carnevalesche. Ne feci in fretta un po’ di
relazione, la pubblicai nel Tagliamento, e la
vidi riprodotta dalla Natura e da molti
giornali politici. Quella relazione fu però
assai incompleta e insufficiente a dare
un’idea esatta della imponente meteora.
Veramente poco avrei potuto aggiungere di
mia particolare conoscenza, perché ai primi
indizi dell’approssimarsi di un temporale
importante corsi sulla specola; ma mentre
osservava lo spaventevole aspetto del cielo,
mi sentii come schiantare il cervello, udii un
colpo forte, secco, e per un pezzo non vidi, né
udii altro, essendo rimasto come sbalordito.
Ripresi l’uso dei sensi soltanto dopo una
buona mezz’ora, ed allora soltanto potei
cominciare ad assumere quelle informazioni,
che completai nei giorni seguenti, anche colla
visita dei locali colpiti, e come mi fornirono
la materia per la breve relazione».
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
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ASSOCIAZIONE PORDENONESE
DI ASTRONOMIA
Casella postale n. 2
33086 MONTEREALE VALCELLINA
www.apaweb.it
IL DIRETTIVO DELL’ASSOCIAZIONE PER IL BIENNIO 2012 - 2014
1. PRESIDENTE: Giampaolo Carrozzi
2. VICE PRESIDENTE: Stefano Zanut
3. SEGRETARIO E RESPONSABILE OSSERVATORIO: Dino Abate
4. MEMBRI:
- Andrea Berzuini
- Luigi De Giusti
- Antonio Frisina
- Vanzella Piermilo
LO SCOPO DEL NOSTRO NOTIZIARIO
Nel corso della storia dell’umanità, la ricerca e il desiderio di sapere hanno
condotto, attraverso varie strade, l’uomo a conoscere sempre meglio la natura
nelle sue molteplici espressioni.
L’ASTRONOMIA, intesa come studio dell’Universo che ci circonda, si può
considerare una delle più affascinanti e coinvolgenti. Per mezzo di questo
NOTIZIARIO l’A.P.A. si propone di estendere le conoscenze di questa
affascinante scienza ai soci e simpatizzanti.
Hanno collaborata alla realizzazione di questo numero:
- Giampaolo Carrozzi
- Luigi De Giusti
- Stefano Zanut
NOTIZIARIO dell’Associazione Pordenonese di Astronomia
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