Berlusconi contro le intercettazioni

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Berlusconi contro le intercettazioni
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Anno XVIII N° 1/2009 - 1 febbraio
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Il capo del Governo: «Se esce una sola intercettazione me ne vado da questo paese»
Berlusconi contro le intercettazioni
«La privacy è cosa troppo importante, non è possibile che non si
possa parlare tranquillamente al telefono», cosi spiega il premier
Giorgio Lambrinopulos
S
e esce una sola intercettazione che mi riguarda io me ne vado
da questo Paese. A minacciare di lasciare l’Italia è il
presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi , in un’intervista pubblicata da vari
quotidiani nazionali. “A me
- spiega il premier - non importa assolutamente niente
di essere intercettato perché
non ho nulla da temere. La
questione è un’altra perché
qui non c’entro io, c’entrano tutti i cittadini. Il problema, insomma, non è che si
tratti di Berlusconi o di un
altro, perché bisogna tutelare la privacy di tutti’’.
‘’L’ho già detto - continua -,
la privacy è cosa troppo importante, non è possibile
che non si possa parlare
tranquillamente al telefono.
D’altra parte, quando durante i comizi chiedo alla
gente se pensano di essere
intercettati alzano tutti la
mano. È veramente una
cosa impossibile, una cosa
che non esiste. Si parla di
350mila intercettazioni, è
un fatto allucinante, inaccettabile in una democrazia.
Così la cosa è stata venduta
- aggiunge il presidente del
Consiglio riferendosi al cosiddetto archivio Genchi Io sto a quello che hanno
Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio
detto Clemente Mastella e il
presidente del Comitato per
la sicurezza del Parlamento
Francesco Rutelli”. “Abbiamo già preparato un testo
che è migliorativo rispetto
alla situazione attuale, un
ottimo testo - annuncia poi
-. Ma si può ancora miglio-
rare. Si dovrebbe fare una
legge in modo più restrittivo. Si può fare di più. Il
caso Genchi convincerà anche gli alleati della necessità di una stretta. Per quanto
riguarda la Lega, Bossi mi
ha già detto che seguirà le
nostre posizioni”. Niente
intercettazioni per i reati
punibili con pene inferiori
ai 10 anni, ma con una deroga per reati contro la Pubblica amministrazione
come corruzione e concussione. Intercettazioni sempre possibili per reati di mafia, terrorismo e di grande
Richiamato l’ambasciatore in Brasile
L
’Italia ha deciso di richiamare
per consultazioni
l’ambasciatore in Brasile, secondo quanto si
è appreso. La decisione
Michele Valensise, ambasciatore d’Italia in Brasile
è stata presa in seguito
all’intervento del procuratore generale della
repubblica brasiliano,
Antonio Fernando de
Souza, il quale ha deciso che il processo di
estradizione in Italia va
archiviato. La decisione
“grave” di non concedere l’estradizione in
Italia per Cesare Battisti “é francamente inaccettabile”. Lo ha sottolineato il ministro degli
Esteri Franco Frattini
spiegando le motivazioni che hanno condotto il
Governo a richiamare in
patria per consultazione
l’ambasciatore a Brasilia Michele Valensise.
Il procuratore De Souza
ha risposto col suo parere negativo alla domanda che gli era sta-
ta posta dal presidente
del Supremo Tribunale
Federale (Stf), Gilmar
Mendes, una settimana
fa, sull’estradizione di
Battisti. Il procuratore
generale brasiliano ha
detto che Battisti non é
più estradabile perché
ha ottenuto dal ministro
della giustizia, Tarso
Genro, lo status di rifugiato politico. Non potrà pertanto essere trasferito in Italia. L’anno
scorso lo stesso procuratore De Souza aveva
dato parere positivo riguardo all’estradizione di Battisti. Il Stf si
riunirà probabilmente
a partire dal 2 febbraio
per decidere la scarcerazione o meno di BatContinua a pag 2
bili polemiche, cambierà
volto con un giro di vite anche per quel che riguarda il
comportamento che dovranno tenere giornalisti e
magistrati. Le intercettazioni saranno comunque autorizzate in tutte le indagini
relative a reati con pene
edittali superiori ai 10 anni;
cosi’ come saranno sempre
‘intercettabili’ i reati di mafia, terrorismo e grave allarme sociale. Ma nella lista
dei reati soggetti a intercettazione rientrano anche
l’usura, le molestie e le minacce e i i reati contro la
Pubblica amministrazione
“per i quali è prevista la
pena della reclusione nel
massimo non inferiore a 5
anni”. Il provvedimento del
governo interviene anche
sull’attività di giornalisti e
magistrati, con l’obiettivo
di limitare eccessive ‘esternazioni’ da parte delle toghe. Avrà l’obbligo di astenersi, infatti, il magistrato
che ha “pubblicamente rilasciato dichiarazioni” sul
procedimento che gli è stato
affidato. Inoltre, il capo
allarme sociale. Carcere da dell’ufficio dovrà provve1 a 3 anni, commutabile in dere a sostituire il magistrauna sanzione, per chi pub- to che risulta iscritto nel reblica conversazioni coperte gistro degli indagati per
da segreto e 5 anni per i rivelazione del segreto
pubblici ufficiali che le dif- d’ufficio relativo al procefondono. Queste le linee dimento assegnatogli. Anguida del Ddl del governo che al Procuratore generale
sulle intercettazioni all’esa- spetta la facoltà di sostitume della commissione Giu- zione nel caso in cui il capo
stizia della Camera che da dell’ufficio o il magistrato
domani inizierà l’esame dei assegnatario dell’inchiesta
400 emendamenti presenta- siano indagati per rivelazioti al provvedimento. La fi- ne del segreto d’ufficio o se
sionomia
della disciplina
hanno rilasciato
Pubb BJ Corriere
Sud 22-01-2009
18:10“dichiaraPagina 1
delle intercettazioni nel noContinua a pag 2
stro Paese, dopo intermina-
La nuova Bibbia
di Gerusalemme.
Fides Catholica
Rivista
nuova traduzionedi apologetica
CEI,
teologica
nuovi commenti e note
Anno III, I – 2008
Istituto Teologico
«Immacolata Mediatrice»
N EL LE
RI
M IG LI O
LI B R ER IE
Presentazione di
Gianfranco
Ravasi
=<:
Una nuova rivista teologica
dal titolo “Fides Catholica”,
a cura dello Studio Teologico
Immacolata Mediatrice vede
gli albori, quando già si levano le prime luci di un pontificato che ameremmo definire
“teologico”.
www.labibbiadigerusalemme.it
Politica
2
Segue dalla prima
zioni pubbliche in merito ad un
procedimento pendente presso il
loro ufficio”. Nuove regole anche
per i giornalisti, che dovranno
evitare di pubblicare, anche parzialmente o per riassunto, gli atti
dell’indagine preliminare o quanto acquisito al fascicolo del Pm o
del difensore (“anche se non sussiste più il segreto”). Chi lo farà
rischierà il carcere da uno a tre
anni e una sanzione pecuniaria
che può arrivare fino a 1.000 euro.
Rischieranno d’ora in poi anche le
‘talpè responsabili della fuga di
notizie. Chiunque “rivela indebitamente notizie inerenti ad atti del
procedimento penale coperti dal
segreto” o ne agevola la conoscenza, infatti, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. La
nuova normativa introdotta con il
provvedimento del governo introduce limiti di tempo per le intercettazioni, che non potranno protrarsi per più di tre mesi. Tuttavia,
nel caso di reati di criminalità organizzata, mafia, terrorismo, persino di minacce portate per mezzo
del telefono, l’attività di intercettazione potrà arrivare a 40 giorni e
potrà essere prorogata per altri 20.
Novità in arrivo anche per la prassi che dà il via alle intercettazioni:
non sarà più il Gip, infatti, ma un
tribunale a dare il via libera alle
richieste avanzate dal Pm. E questo dovrà avvenire “con decreto
motivato, contestuale e non successivamente modificabile o sostituibile, quando vi siano gravi
indizi di reatò’. Le intercettazioni,
infine, saranno inserite in un fascicolo ad hoc. “Mai fatto intercettazioni in vita mia, compreso il
periodo di attività che ho svolto
nella polizia di Stato”. È quanto
assicura Gioacchino Genchi, nel
corso dell’intervista a ‘SkyTg24’.
“Non ho mai effettuato neppure
una intercettazione: nè legale, nè
tanto meno illegale, che tra l’altro
è punita dalla legge con l’aggravante per chi è pubblico ufficiale,
per il quale è previsto l’arresto.
Sfido chiunque a dimostrare il
contrario”, afferma. Il consulente
informatico che su incarico della
Procura di Catanzaro conduceva
le inchieste ‘Why not’ e ‘Poseidonè: ‘’Sfido chiunque a dimostrare il contrariò’. Spataro e De
Gennaro inseriti ‘’per danneggiare me e De Magistris’’ “Se qualcuno sostiene che io abbia svolto
intercettazioni, lo dica pure: cosi’
mi arrestano. Ma non esiste nessun archivio - ribadisce - è in atto
una grande mistificazione”. “Il
mega archivio? Solo una mistificazione” afferma il consulente informatico che su incarico della
Procura della repubblica di Catanzaro conduceva le inchieste ‘Why
not’ e ‘Poseidonè allora dirette da
Luigi De Magistris. “C’è stata una
fuga di notizie, con nomi inseriti
ad arte”. I nomi di Berlusconi,
Prodi, De Gennaro, Spataro
nell’archivio Genchi? “Questa
fuga di notizie, in cui sono stati
inseriti ad arte quei nomi, è
l’aspetto più evidente della mistificazione, in cui poi a catena sono
caduti i politici”, replica Genchi
nel corso dell’intervista a
‘SkyTg24’. “Perchè quei nomi?
- si chiede - i tabulati, di cui De
Magistris ha disposto l’acquisizione, risultano agli atti che saranno esaminati anche dal Copasir; e dunque si saprà quali sono
le utenze telefoniche e i soggetti
interessati - premette - la cosa più
grave è che sono stati inseriti, ripeto ‘ad artè, una serie di nomi
che non c’entravano nulla con
l’indagine”. Ad esempio, spiega
Genchi, “inserire in quell’elenco
il nome del procuratore Armando
Spataro significava schierare contro De Magistris i tre quarti della
magistratura italiana, per la levatura e il peso carismatico che ha
Spataro e la sua corrente, presso
tutti gli altri magistrati, per il ruolo che ha avuto nel Csm e per
quello attuale di magistrato di
punta. Ma Spataro non c’azzecca
nulla: il suo nome è stato inserito
nell’elenco appositamente per tagliare i ponti a De Magistris.
Questo, forse, l’Anm ancora non
l’ha capito: cominciamo a spiegarglielo bene, cosi’ anzichè gli
anticorpi cominceranno a utilizzare gli antibiotici...”. Quanto a
De Gennaro, “forse pensavano
che, inserendo il suo nome, De
Gennaro avrebbe poi fatto fuori
Genchi. Ma siccome De Gennaro
è una persona molto intelligente,
che è stato capo della Polizia, ha
capito che è una ‘bufalà e che lui
non c’entra assolutamente niente
in questa indagine, nè a titolo attivo, nè a titolo passivo, nè a titolo
omissivo. Si sta parlando della
acquisizione dei tabulati, della radiografia che si stava facendo
sull’indagine, senza parlare di
quello che c’è dentro i tabulati
che sono stati acquisiti: come fare
un processo alla tac del malato,
senza considerare cosa ha il malato, che sta morendo”. “Dopo il
trasferimento dei magistrati di
Salerno che avevano svolto indagini sull’operato dei magistrati di
Catanzaro, rimaneva un teste scomodo, un soggetto che non poteva essere trasferito dal Csm, che
purtroppo giocoforza è depositario di un’attività di accertamenti,
di acquisizioni, di risultanze, che
potrebbero essere scomode per
molti”. È questa la motivazione
per la quale si sta puntando il dito
contro di lui e il suo archivio, che
ribadisce essere solo frutto di
“una mistificazione, con nomi inseriti ad arte”. “Ci sono due vicende di una gravità inaudita: De
Magistris, nell’ambito dell’indagine ‘Why not’, aveva ricevuto e
stava lavorando su una denuncia
del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso e su un’attività
che gli era stata sollecitata dal suo
procuratore di Catanzaro fino
all’ultimo giorno in cui è stato in
servizio, che riguardava l’indagine Fortugno e la faida di San
Luca. La fuga di notizie ha determinato che tutte le intercettazioni
dei carabinieri saltassero, che le
persone che si volevano arrestare
si rendessero latitanti e che probabilmente si commettessero altri
omicidi” denuncia Genchi nel
corso dell’intervista a ‘SkyTg24’.
Il consulente osserva che “mentre
in altre realtà giudizi arie si sono
potute fare le indagini e si sono potute verificare le condizioni di partenza, come ad esempio a Palermo
per il processo ad Andreotti; invece a Catanzaro ci si è mossi appena si sono acquisiti i tabulati, ovvero l’atto più insignificante di
un’indagine da cui si parte per verificare i presupposti minimi anche in favore degli stessi indagati.
Il problema - sottolinea Genchi - è
proprio la Calabria e le collusioni
che dalla Calabria partono in tutte
le direzioni nazionali: è il problema delle sue incrostazioni”.
Giorgio Lambrinopulos
Segue dalla prima
tisti alla luce del parere dato
stasera dalla magistratura
brasiliana. ‘’Spero che il presidente Berlusconi e il governo italiano valutino che cosa
fare in occasione del prossimo G8. Non sta a me prendere una decisione. Il Brasile
non fa parte del G8 ma fare
accordi con uno Stato che ti
considera un Paese dove chi
viene condannato rischia di
essere ammazzato o torturato...’’. Il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha lasciato in sospeso la frase, ma
il suo disappunto era chiaro
quando durante la puntata di
Porta a Porta il conduttore
Bruno Vespa ha letto la notizia sulla decisione del procuratore generale della Repubblica brasiliano Antonio
Fernando de Souza di archiviare il processo di estrazione di Cesare Battisti. ‘’Cesare Battisti attende con grande
ansia come finira’ la sua storia’’. Lo ha detto stasera al
telegiornale della rete brasiliana Sbt il senatore Eduardo Matarazzo Suplicy, dopo
aver incontrato oggi Battisti
nel penitenziario della Papuda a Brasilia. Il telegiornale
della Sbt ha confermato la
notizia data dalla Globo sul
parere negativo alla estradizione di Battisti in Italia da
parte del procuratore generale della repubblica brasiliana
Antonio Fernando de Souza Si accende comunque lo
scontro diplomatico tra Italia
e Brasile sul caso Battisti. Il
ministro degli Esteri Franco
Frattini, sentito il presidente
del Consiglio Silvio Berlusconi, ha disposto il richiamo a Roma per consultazioni dell’ambasciatore d’Italia
in Brasile Michele Valensise
dopo la richiesta di archiviazione del processo di estradizione dell’ex terrorista fatta dal procuratore generale
della Repubblica brasiliano,
Antonio Fernando de Souza.
Un decisione definita dal titolare della Farnesina “molto grave” e “inaccettabile”.
“Avevamo auspicato -dice
Frattini- il ripensamento e
una riflessione approfondita. Il fatto di decidere solo
dopo 48 ore, senza avere oggettivamente valutato con la
profondita’ che avevamo auspicato, ci sembra un po’ non
voler decidere e coprire puramente e semplicemente la
decisione politica del ministro della Giustizia”. “Questo -rileva il ministro degli
Esteri- è francamente inaccettabile, quindi convochiamo l’ambasciatore d’Italia a
Roma per consultazioni sulla
vicenda. Voglio capire anche
da lui quali sono le strade. Il
Brasile -conclude- è un grande Paese, amico dell’Italia
da sempre. Dal Brasile non
ce l’aspettavamo. Di qui la
gravità della reazione del
governo italiano”. A questo
punto, dopo la decisione del
procuratore generale brasliano di archiviare il processo
di estradizione in Italia di
Cesare Battisti, resta ancora
teoricamente in piedi per il
nostro Paese la possibilità di
un’istanza di riconsiderazio-
N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio
ne presso il ministero della
Giustizia di Brasilia con cui
si chiederebbe di soppesare
meglio gli elementi che hanno portato alla decisione di
concedere all’ex terrorista lo
status di rifugiato politico.
Ma è chiaro, dicono fonti diplomatiche alle Agenzie, che
“con il richiamo dell’ambasciatore tutto si irrigidisce”.
D’altro canto, dopo la decisione presa dal governo italiano, ci si attende che anche
il Brasile richiami il proprio
ambasciatore a Roma. “Andro’ in Brasile per rendere
piu’ incisiva la richiesta gia’
avanzata dal governo italiano
affinche’ le autorita’ facciano marcia indietro su Battisti”. Cosi’ Alberto Torregiani, il figlio del gioielliere
ucciso dal terrorista, spiega
ai Giornalisti le ragioni per
le quali ha deciso di partire, il 2 febbraio prossimo,
insieme a Daniela Santanche’, leader del Movimento
per l’Italia, per sollecitare
e sostenere, direttamente in
territorio brasiliano, la richiesta di annullare la decisione di non estradare Cesare
Battisti. “Non ho mai voluto difendere Cesare Battisti.
Non mi passa per la mente.
Non lo farei mai”. Intevistata
da Fabio Fazio a ‘Che tempo
che fa’ Carla Bruni smentisce
categoricamente di aver avuto
un ruolo nella mancata estradizione dal Brasile di Cesare
Battisti. Il fatto che i media
le abbiano attribuito un ruolo
simile “e’ una carognata”. La
signora Sarkozy afferma poi
che “mai la moglie del presidente francese si sarebbe intromessa in una decisione di
un altro Paese. Questa e’ stata una cosa del solo governo
brasiliano”. La decisione di
concedere asilo politico a Cesare Battisti è fondata su basi
giuridiche “interne ed internazionali”. E’ il testo, della
lettera inviata dal presidente
brasiliano Luiz Inacio Lula da
Silva al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Nella lettera, di una pagina,
viene espressa la “piena considerazione del potere giudiziario italiano, nello Stato democratico vigente in questo
paese e la piena fiducia nel
carattere democratico, umanista e legittimo dell’ordinamento giuridico italiano”.
Eco il testo integrale della
missiva inviata da Lula al
presidente della Repubblica
: Signor Presidente, Giorgio
Napolitano, Ho l’onore di rispondere alla lettera di Vostra
Eccellenza, del 16 gennaio,
riferita alla decisione dello
Stato brasiliano di concedere
lo status di rifugiato politico
al cittadino italiano Cesare Battisti. Vorrei, in questa
occasione, esprimere a Sua
Eccellenza la piena considerazione del potere giudiziario
italiano e dello Stato democratico di diritto vigente in
questo paese, ed affermare
la mia fiducia nel carattere
democratico, umanista e legittimo dell’ordinamento giuridico italiano’’. “Chiarisco
a Sua Eccellenza che la concessione della condizione di
rifugiato al signor Battisti è
un atto di sovranità dello Stato brasiliano. La decisione e’
basata nella Costituzione brasiliana (articolo 4°, X) nella
Convenzione del 1951 delle
Nazioni Unite relativa allo
Statuto dei Rifugiati e nella
legislazione brasiliana (Legge 9.474/97). La concessione
dell’asilo e le considerazioni
che la accompagnano sono
ristrette ad un processo concreto, essendo state emesse
con fondamento in elementi
e documenti di un procedimento specifico’’. “Voglio,
in questa occasione, manifestare a Sua Eccellenza la mia
fiducia che i legami storici e
culturali che uniscono il Brasile e l’Italia continueranno
ad ispirare i nostri sforzi tesi
ad approfondire le nostre solide relazioni bilaterali nei
più diversi settori’’.
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G.L.
Pagina Tre
N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio
3
Gelli e la P2. Fra cronaca e storia
Intervista ad Aldo A. Mola, massimo studioso italiano della massoneria e della monarchia
Marco Bertoncini
U
n’edizione bruciata in meno di
un mese; una seconda già accresciuta con nuovi documenti; uno strascico di polemiche legate
al personaggio reietto e mefistofelico
per eccellenza, ossia Licio Gelli, considerato dai “politicamente corretti”
la sentina di ogni male, dal terrorismo
ai tracolli finanziari. Ecco i primi risultati del densissimo volume di Aldo
A. Mola, Gelli e la P2. Fra cronaca e
storia, pubblicato da Bastogi (pp. 580,
€ 25). L’autore è noto come il massimo
studioso italiano della massoneria (sua
la Storia della massoneria italiana
dalle origini ai nostri giorni, più volte
riedita da Bompiani) e della monarchia
(ricordiamo la Storia della monarchia
Il senatore a vita Giulio Andreotti
in Italia, presso Bompiani, e Declino
e crollo della monarchia in Italia, ora
negli Oscar Mondadori). L’opera è
basata su una miriade di documenti,
fra i quali le carte poi versate da Gelli all’Archivio di Stato di Pistoia, e su
molti lustri di frequentazione personale dei massimi esponenti delle vicende massoniche, cominciando dai gran
maestri Giordano Gamberini, Lino
Salvini, Ennio Battelli e Giuliano Di
Bernardo, per finire allo stesso Gelli.
L’opera non è né un’apologia, né
un’apertura di credito incondizionata,
ché, anzi, mette in discussione l’attendibilità di alcune questioni nodali,
come la stessa lista della loggia P2.
Essa mira, invece, a mettere ordine
fra le tessere del complesso domino:
Violante, Natta, la Commissione Anselmi… Certo, lo stucchevole giornalismo in voga la definirebbe revisionista, perché non obbediente agli schemi
prefissati.
A Mola abbiamo posto alcune domande.
Lei ben documenta come la P2 fosse una loggia pienamente regolare,
all’obbedienza del Grande Oriente
d’Italia. Come hanno potuto, allora, i
vertici della massoneria asserire il contrario?
Il sequestro della cosiddetta lista dei
membri della P2 presso la ditta Gio.
le di Castiglion Fibocchi ebbe luogo
il 17 marzo 1981. Il 21-22 seguenti si
svolse all’Hilton di Roma (“albergo
americaneggiante”, scrisse l’Unità il
23 seguente) la Gran Loggia annuale
del Grande Oriente d’Italia. A larghissima maggioranza, i quasi 500 maestri
venerabili presenti, in rappresentanza
di 20.000 massoni, confermarono che
la loggia “Propaganda massonica” n. 2
faceva parte, a tutti gli effetti, del Gran-
de Oriente d’Italia. Il gran maestro
dell’epoca, Ennio Battelli, lo ribadì in
più occasioni. Altrettanto fecero i suoi
predecessori, Lino Salvini e Giordano
Gamberini. Del resto, la P2 figurava
tra le logge del Grande Oriente nella
List of Lodges, cioè l’annuario delle
logge “regolari” in relazioni con la
Gran Loggia Unita d’Inghilterra, che
all’epoca riconosceva il Grande Oriente d’Italia, disconosciuto poi nel 1993
su istigazione di Giuliano Di Bernardo, gran maestro dal 1990 e inventore
della Gran Loggia Regolare d’Italia.
Certo, la “Propaganda massonica” n. 2
(o P2) aveva un regolamento diverso
da quello delle altre logge, ma non fu
Licio Gelli a idearlo; risaliva alla sua
fondazione, nel 1877, per iniziativa di
Adriano Lemmi (poi gran maestro),
d’intesa con il gran maestro Giuseppe
Mazzoni.
chi da decenni denuncia, condanna,
espelle, radia, “brucia tra le colonne”,
come il Tribunale dei Dieci o l’Inquisizione.
Usciamo dalla mitologia pseudostorica che ha fatto di Licio Gelli una
sorta di onnipotente criminale, dominatore per lustri della vita politica ed
economica italiana. Quanto, in concreto, contò Gelli?
Nella presentazione che del mio libro ha fatto a San Remo (ai “Martedì
letterari”, promossi dal Casinò con la
direzione di un poeta gnostico quale
Ito Ruscigni), lo storico e politologo
Giorgio Galli ha affermato che Gelli
aveva sicuramente un progetto politico
(il “piano Rinascita”), ma non è chiaro
se i piduisti lo condividessero. In effetti, non si radunarono mai, non deliberarono alcunché. Del resto, non v’era
nulla di solenne da fare: lo “Schema
Juan Domingo Perón Sosa (1895 - 1974)
All’indomani del sequestro s’ingigantì la campagna - in corso da anni
- di criminalizzazione di Gelli e della P2. Battelli sospese i lavori delle
logge; la Federazione internazionale
dei diritti dell’Uomo scese in campo
in difesa della massoneria; ma ormai
l’uragano era inarrestabile. Per sfuggire alla propria identificazione con
Gelli, il Grande Oriente disse che la P2
era “diversa” dalle altre logge (come
infatti era); poi, sostenne che era “deviata”; successivamente, asserì che
non era regolare... Così, si è arrivati
a dire che la P2 stava alla massoneria
Per sfuggire alla propria
identificazione con Gelli, il
Grande Oriente disse che la
P2 era “diversa” dalle altre
logge (come infatti era); poi,
sostenne che era “deviata”;
successivamente,
asserì
che non era regolare… Così,
si è arrivati a dire che la P2
stava alla massoneria come
le Brigate Rosse al Pci
come le Brigate Rosse al Pci e che era
una metastasi, misteriosamente insorta
nel corpo sanissimo della massoneria
regolare. La definizione è calzante, nel
senso che effettivamente senza Grande
Oriente (così com’era) non ci sarebbe
stata P2, come senza comunisti non
ci sarebbero state le Br. Le metastasi
insorgono solo in un corpo che esiste,
non arrivano da un altro pianeta... Insomma, il Grande Oriente non ha mai
provato che la P2 fosse irregolare.
Oggi è pieno di guai, di lotte intestine,
di scomuniche fratricide. Tutto ciò non
è certo imputabile a Gelli; semmai, a
R” e poi il “piano Rinascita” enunciavano propositi di normale buon senso.
Gelli si limitò a raccogliere l’adesione di tanti personaggi che condividevano le linee di fondo della difesa
dello Stato democratico e del suo rafforzamento, in presenza dell’eclissi
totale delle istituzioni (come notò Aldo
Moro in un documento che pubblico).
Gl’iscritti alla P2 non avevano bisogno
di riunirsi in assemblea per dirsi d’accordo sulla necessità di fronteggiare
l’assalto dei comunisti e la resa senza
condizione delle ali sinistre del Partito
socialista, della Democrazia cristiana
e persino di frange di liberali contaminati dal timore di “avere nemici a
sinistra”: vizio originario del Partito
d’Azione.
Pur facendo ampia tara del peso che
lo stesso Gelli attribuiva o attribuisce
a sé stesso, resta arduo credere all’influenza da lui esercitata per favorire il
ritorno di Perón al potere.
Nel caso del ritorno di Perón alla
presidenza dell’Argentina, Gelli ha
avuto un ruolo effettivamente determinante, perché gli assicurò l’appoggio
della Gran Loggia di Argentina, inizialmente contraria. A questo riguardo
nessuno lo ha mai confutato. Alcuni
hanno però sperato che quella vicenda
venisse dimenticata. E’ il caso di un senatore a vita...
Chi?
Giulio Andreotti.
E’ mai uscita una lista dei piduisti
riconosciuta autentica da Gelli?
Gelli mi ha dichiarato, a voce e per
iscritto, che ha “alla memoria” una
quarantina di nomi. Ha dato invece
anche a me versioni discordanti sulla
sorte del vero archivio della P2, curiosamente sfuggito al sequestro del
17 marzo 1981. A questo riguardo, va
detto che, se quelle carte fossero cadute nelle mani dei magistrati, le avreb-
Nel 1977 la Direzione del
Partito comunista italiano
decise l’offensiva contro
la massoneria, nelle cui
file, accanto a eredi della
tradizione
risorgimentale
e
dell’Italia
liberale,
cominciavano a entrare
democristiani
veramente
“occidentali”. Nel 1981 la
criminalizzazione della P2
consentì ai cattocomunisti
bero sicuramente usate. Gelli ha detto
di essere tornato di soppiatto dall’Uruguay in Toscana per prelevarle e di
la cancellazione della massoneria dalle
associazioni condannate a priori dal
nuovo Codice di diritto canonico):
una significativa presenza di massoni
nella vita pubblica e culturale; fino, se
si vuole, al fatto che un personaggio
quale Carlo De Benedetti abbia fatto
ingresso in loggia, salvo uscirne dopo
aver constatato che vi perdeva tempo.
Diciamo che il Grande Oriente
d’Italia postbellico non regge il confronto con quello che, tra Otto e Novecento, annoverò Adriano Lemmi,
Francesco Crispi, Giosue Carducci,
Giuseppe Zanardelli, Alessandro Fortis e un lungo “eccetera” di ministri,
generali, prefetti. Quello fu il “partito dello Stato”, organizzato a difesa
dell’Italia unita contro i demagoghi,
i giacobini da strapazzo (anticlericali
fanatici inclusi), i socialrivoluzionari,
i clericali ...
Licio Gelli
averle spedite da Castiglion Fibocchi a
Montevideo, per recarvisi a bruciarle.
Mah! Di sicuro vi è che il presidente
del Consiglio dell’epoca, Arnaldo Forlani, democristiano, benché incalzato
dai magistrati Gherardo Colombo e
Giuliano Turone, prese tempo. Solo il
21 maggio 1981 Domenico Sica spiccò mandato di cattura internazionale a
carico di Gelli.
I nomi di piduisti mai propalati da
Gelli costituiscono la sua migliore
”assicurazione”. Non è il solo a sapere
chi sono e dove si trovi la documentazione. Non dimentichiamo, però, che
anche i gran maestri Salvini e Battelli
avevano “all’orecchio” o “alla memoria” massoni i cui nomi non figurano
né nella lista di Castiglion Fibocchi, né
negli elenchi degli affiliati.
Più appaiono memorie, articoli e
libri storicamente fondati (ma questi
ultimi sono ben pochi, e fra questi pochi collochiamo il Suo), più appare una
massoneria, almeno nell’Italia dopo il
fascismo, divisa e rissosa, incerta nei
vertici, sbandata alla base, senza mezzi e senza concreta influenza politica,
economica, sociale. Che si debba ridimensionare come mito quello dell’onnipotenza dei fratelli in grembiulino?
In effetti, la massoneria del dopoguerra verrà ricordata solo per alcune
operazioni preparate e messe a segno
da Gamberini e Salvini: la Bibbia Concordata; il riconoscimento del Grande
Oriente da parte della Gran Loggia
d’Inghilterra (1972) e di Grandi Logge degli Stati Uniti d’America; la dichiarazione del cardinale Franjo Šeper,
prefetto della Congregazione per la
dottrina della fede, che nel luglio 1974
ritenne ammissibile l’ingresso dei cattolici in logge che non cospirano contro la Chiesa e contro lo Stato (ne seguì
A ben vedere, con la scissione del
1908 la massoneria entrò in crisi e non
si riebbe più. L’introduzione del suffragio universale (1913), l’intervento nella grande guerra, l’incompatibilità tra
logge e partito fascista, la prevalenza
dei socialcomunisti e della Dc nei governi di Cln fecero il resto. Comunque,
la massoneria rimane una realtà da studiare sine ira et studio e da rispettare,
lontano da demonizzazioni.
Ma, infine, chi volle l’ “affare P2”?
Nel 1977 la Direzione del Partito comunista italiano decise l’offensiva contro la massoneria, nelle cui file, accanto
a eredi della tradizione risorgimentale
e dell’Italia liberale, cominciavano a
entrare democristiani veramente “occidentali”. Nel 1981 la criminalizzazione
della P2 consentì ai cattocomunisti di
ribadire la propria pretesa diversità e il
proprio supposto primato morale. Allo
scopo si valsero di chi, come Giovanni Spadolini, presidente del Consiglio,
alzò lo sbiadito vessillo della “questione morale”. Dieci anni dopo, il Pci
denunciò il presidente della Repubblica
Francesco Cossiga per attentato alla
Costituzione, imputandogli proprio l’
“ambiguità” verso la massoneria e sulla P2. Ormai era pronta la graticola
sulla quale bruciare i partiti di centro,
tutti infettati da massoneria, secondo i cattocomunisti, e tutti scomparsi
sotto l’uragano di Mani Pulite. Unico
sopravvissuto fu proprio il Pci, che ha
fagocitato i residui della sinistra democristiana. Il Partito democratico venturo arriva da lì. Ma elettoralmente un
terzo rispetto alla somma dei voti che
nel 1977 avevano Pci e Dc. La storia
presenta il conto.
Licio Gelli ha ancora molte verità
da svelare?
Il libro è una loro anticipazione.
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Politica
N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio
5
I caduti per il terrorismo aprono un nuovo “fronte” nelle commemorazioni di cui è ricca l’Italia
Celebrazioni per le vittime. Ma sono in ritardo
Assassini o presunti tali sono morti, hanno trovato lavoro, si
sono rifatti una vita, qualche volta anche una vita quasi pubblica
C
’è una ragione “ufficiosa”
dietro la riproposizione di
curiosità e domande che da
qualche anno si muovono intorno alle figure di alcune vittime del
terrorismo? esiste un piano che collega queste rinate attenzioni? chi o
che cosa potrebbero spingere giornalisti e scuole, politologi o storici
(o almeno persone che si definiscono tali) nel ricordare o “fare luce”
sulle fervide attività e le esistenze
di alcune luminose persone che
sono cadute vittime degli anni di
piombo? A rivolgersi e a rivolgermi
l’interrogativo, in queste settimane,
è una gentilissima dama che nei
decenni scorsi ha subìto il più alto
contributo di sangue che si potesse
spargere per la nostra libertà, assistendo di persona all’attentato che
non solo le ha sottratto un marito affettuoso ma che ha privato la
comunità di un uomo e magistrato
insostituibile. Tutti sanno che nei
tragici anni di questi delitti, dopo le
continue dichiarazioni di condanna
e i veementi proclami sulla necessità di combattere il terrorismo, una
sorta di ritorno alla “normalità”
tendeva a far rientrare nel silenzio
quotidiano le incredibili tragedie
di tante famiglie e i pericoli in cui
si dibatteva lo Stato. Poi è venuto
il periodo degli arresti, dei pentimenti, delle fughe all’estero, delle
richieste di riconciliazione. Assassini o presunti tali sono morti,
hanno trovato lavoro, si sono rifatti
una vita, qualche volta anche una
vita quasi pubblica. Dalla normalità alla “normalizzazione”. Alcuni
simpatizzanti del terrorismo si sono
imborghesiti, altri sono spariti, oltre
100 (si calcola) si troverebbe in Paesi stranieri. Il contenzioso appena
aperto con il Governo del Brasile
per il rifiuto di estradizione verso
l’Italia di Battisti, rappresenta solo
l’ultimo atto di una lunga tragedia
che spesso lascia aperte parentesi,
in grado di schiudersi e chiudersi
impercettibilmente su tanti segreti
italiani, presenti e passati. C’è stato un passato che ancora incombe.
“Passato -ha scritto Cesare Martinetti (La Stampa, 15 gennaio
2009)- che ci auguriamo definitivamente trapassato ma purtroppo vivo
per la scia non consumata di dolori
individuali e famigliari, di segreti
di Stato -veri o presunti- irrisolti,
di sfiducia per una vicenda storica
sanguinaria che si chiude per casi
individuali, solitamente in modo
maldestro, quasi sempre iniquo. In
altre parole giustizia incompiuta”.
C
L’opinione pubblica, però, non
sempre comprende; le famiglie
non sempre apprezzano. Se proprio vogliamo onorare coloro che
furono massacrati, continuiamo a
chiamare assassini gli assassini e
lavoriamo con obiettività, senza
nascondimenti, ad una riforma
che per essere attuata non si serva
anche dei morti.
Carmelo Currò
Una lezione “barba e capelli”
P
Aldo Moro
Ma cosa sta accadendo, in questo
momento? A mio avviso, da un lato
esiste e persiste il consueto vezzo
di voler rientrare in una moda che
si getta a celebrare o ricordare tutto
quello di cui parlano i media, e di
cui dunque si deve parlare, dal centenario di Puccini e di Marinetti ai
novant’anni di Andreotti. Dall’altro, la commemorazione storica si
presta bene, come è sempre stato, a
fare da sponda alla grande strategia
politica ed ai progetti tattici ad ampio respiro. Non è un caso, tanto per
fare un esempio, che le figure degli
Svevi siano state studiate, esaltate e
celebrate, a scapito dei re angioini di
origine francese, nella seconda metà
dell’Ottocento o negli anni precedenti alla seconda guerra mondiale:
nei periodi cioè in cui si tendeva ad
allontanare l’Italia dall’intesa con la
Francia e ad avviarla verso la Triplice Alleanza la prima volta, verso
l’asse con la Germania la seconda.
Proprio in questi anni, la Magistratura torna prepotentemente alla ribalta
del dibattito politico, con le periodiche proposte di riforma che dividono
i partiti e con i contrasti interni dopo
il caso de Magistris. Molto si parla,
troppo si polemizza, e sullo sfondo
un’opinione pubblica spesso distrat-
ta, troppo sovente sfiduciata, assiste
a questo continuo dilaniarsi degli
animi e delle Istituzioni. Le domande di studio o di approfondimento
su uomini a volte completamente
dimenticati, così come i loro cari,
giungono perciò come a proposito,
quasi quale dimostrazione di un ossequio di forma alla Magistratura,
di cui fecero parte tante vittime. Io
non credo nelle coincidenze. Diffido sia delle ricostruzioni che delle
interviste che delle lodi di maniera.
Tra i miei sospetti, dunque, sussiste quello che mentre si discute sul
ruolo del giudice, sulle sue competenze, la sua autonomia, si cerchi
di onorare illustri esponenti del
mondo togato per offrire l’immagine esterna della considerazione,
del rispetto e della simpatia che
tutto l’ambiente politico nutre nei
confronti del sistema giudiziario.
Del resto, celebrazioni filmate e
pubblicizzate, file di poltrone per
le autorità, interviste e discorsi, costituiscono una notevole passerella
per gli impegnatissimi uomini pubblici, intenti a dimostrare, in questa
occasione, come a loro interessi
esclusivamente la dignità della Magistratura e la concordia di cui danno prova onorando gli scomparsi.
Manifestazioni palestinesi
hi in questi giorni vorrebbe gustarsi un anticipo di carnevale, dovrebbe recarsi in qualunque piazza italiana scandisca slogan contro
Israele. Una piazza vale l’altra. Prendiamo ad esempio il corteo che ha sfilato Domenica 11 gennaio
per le strade di Verona. La sfilata fuori stagione che
in luogo del Papà del Gnoco ha mostrato il (vero)
volto dei Nipotini di Allah, era punteggiata da bandiere palestinesi, da stendardi pacifisti e da insegne
comuniste. Alla manifestazione hanno partecipato
seppur in incognita, presumibilmente per il timore
di conseguenze a (o ai) posteriori di eventuali riconoscimenti da parte dei virili maomettani, anche le
organizzazioni omosessuali e lesbiche della città di
Romeo e Romeo. Il fatto che ha tolto credibilità alla
presunta manifestazione pacifista, è stato l’accostamento tra gli slogan gridati (Hamas vincerà, Israele
perderà) dai patrocinatori della distruzione dello Stato D’Israele e gli stracci iridati inneggianti al “volemose ben” sventagliati dai nostrani buonisti rossi di
casa nostra. Rompicapo: ma i pacifisti (o pacifinti?)
avranno la consapevolezza di vestire il ruolo storico
di utili idioti alla causa dell’espansionismo e del terrorismo islamico?
Gianni Toffali
ossono dire ciò che vogliono. Ma quella che lo Stato
Vaticano ha dato all’Italia
l’ultimo dell’anno (dichiarando
di non recepire più nel proprio
ordinamento, pressochè automaticamente, le nostre leggi) è stata
una lezione “barba e capelli”. Di
stile, e di merito. Naturalmente,
si è subito cercato di alzare le
solite cortine fumogene. Ma no,
non è vero, le nostre leggi non
vanno contro la morale, non vanno contro le leggi della Chiesa,
quantomeno non ci vanno più di
quanto ci siano sempre andate...
Chi l’ha gettata su questo piano,
ha sbagliato di sana pianta. E’
un’excusatio non petita, e quindi
un autogol. Non è questo, infatti,
il punto. Il Vaticano si è sempre
riservato (anche nella legge del
‘29 abrogata con la nuova) di non
considerare operative nel proprio
ordinamento giuridico le leggi
italiane contrarie ai precetti di
diritto divino, ai princìpi generali
del diritto canonico, alle norme
dei Patti Lateranensi e successivi
Accordi. Ora, invece, il Vaticano
namento italiano” e, poi, “l’instabilità della legislazione civile
perlopiù molto mutevole e come
tale non compatibile con l’auspicabile ideale tomista di una
lex rationis ordinatio che, come
tutte le operazioni dell’intelletto,
cerca di per sè l’immutabilità dei
concetti e dei valori”. Lasciamo
stare, allora, il dissenso con singole, nostre leggi (che può anche
intravvedersi in alcune “riserve
di legge” esplicite). Quelle appena riportate sono le parole - e
questo è l’importante messaggio
che esse ci trasmettono - di chi
vuole che le leggi siano rispettate, di chi vuole che non siano leggi-comizio e basta. Sono parole
che legislatori seri dovrebbero
“mandare a memoria” (come si
diceva nella benedetta scuola
elementare di una volta), e confrontare con la realtà italiana che
ogni giorno (pratici e non) viviamo e soffriamo sulla nostra pelle,
una realtà nella quale l’ipertrofismo (o parossismo, che dir si
voglia) legislativo, crea l’incivile
paradosso che un cittadino non
sa più neppure quali siano
le leggi da rispettare, quali le vigenti
e no, come
siano da interpretare, da
chi possano
le norme cogenti legittimamente promanare, dato
che tutti ne
varano, anche
a cuor leggero (a cominPiazza San Pietro e Città del Vaticano
ciare da molti
prevede per le leggi italiane - al sindaci). Ci voleva il Vaticano
posto di “una sorta di recezio- perchè riflettessimo al fatto che
ne automatica che si presumeva - in materia di risparmio energecome regola” (prof. Iosè Marìa tico, tanto per fare un esempio,
Serrano Ruiz, L’Osservatore Ro- particolare ma paradigmatico mano 31.12.’08) - un recepimen- non si sa neppure se valgano le
to esplicito, formale. Lo fa, cer- leggi nazionali o quelle regioto, anche perchè le leggi italiane nali (come sostengono - anche
contrastano “con troppa frequen- per loro tranquillità - i notai, di
za evidente” con princìpi “non ri- contrario avviso a fior fiore di conunziabili da parte della Chiesa”, stituzionalisti). Così come non si
come scrive - sempre - il citato sa più - è un altro esempio, altretcattedratico, “Presidente della tanto indicativo - se il potere leCorte di Appello dello Stato del- gislativo competa ancora alle Cala Città del Vaticano così come mere o, piuttosto, alla burocrazia
della Commissione per la revi- (che è quella - se si vuole essere
sione della Legge sulle fonti del onesti - che fa le leggi per davvedirittoVaticano”. Ma non è que- ro, e cioè i Decreti legislativi, che
sta, comunque, la prima ragione rappresentano oramai la maggior
dell’innovazione, anche perchè parte della nostra legislazione).
non è una ragione - come visto Un Paese (e una classe dirigente
- nuova. Nel suo scritto, Serrano politica) del genere, si meriterebRuiz indica anzitutto due altri be severe lezioni dai propri cittamotivi: “In primo luogo - scrive dini. Non, dal Vaticano...
testualmente - il numero davvero
esorbitante di norme dell’OrdiCorrado Sforza Fogliani
Politica
6
N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio
Schifani esprime solidarietà e profondo
rispetto al capo dello Stato
I
n un Paese civile si ha diritto di
manifestare e ci può essere qualcuno che non è d’accordo con i
suoi silenzi. Noi non siamo eversori
ma lei deve essere arbitro mentre il
suo giudizio appare poco da arbitro
e da terzo. Parlando sul palco della
manifestazione di Piazza Farnese
sulla giustizia, Antonio Di Pietro si
è rivolto direttamente al presidente
della Repubblica per quello che ha
definito un appello. “Lo sa che stanno cercando di fare lo stesso scherzetto di Piazza Navona?’’, ha detto
Di Pietro. Il riferimento è a uno striscione sequestrato nella piazza che
recitava: ‘Napolitano dorme, l’Italia insorge’. Di Pietro, rendendo
noto l’episodio, ha chiesto: “Perché
l’hanno sequestrato, perché non c’è
diritto di manifestare senza bastoni?
Lo diciamo, rispettosamente, perché il silenzio uccide, è mafioso’’.
Immediata la replica del Quirinale
che in una nota rimarca: la presidenza della Repubblica è totalmente estranea alla vicenda dello striscione nella manifestazione svoltasi
oggi in Piazza Farnese a Roma a
cui fa riferimento l’onorevole Di
Pietro. Del tutto pretestuose sono
comunque da considerare le offensive espressioni usate dallo stesso
onorevole Di Pietro per contestare
presunti ‘silenzi’ del capo dello Sta-
B
to, le cui prese di posizione avvengono nella scrupolosa osservanza
delle prerogative che la Costituzione gli attribuisce. Un comunicato
per il quale il leader dell’Italia dei
Valori si è detto amareggiato “per
l’oggettiva disinformazione che
contiene e perché mi mette in bocca ciò che non ho detto’’. Di Pietro
ribadisce che a suo avviso “è stato
ingiusto e ingiustificato non avere
permesso ad alcuni manifestanti di
tenere esposto uno striscione non
offensivo, ma di critica politica. In
democrazia deve essere permesso a
tutti di avanzare critiche e dissensi”.
“Non ho mai detto che a far togliere
lo striscione fosse stata la presidenza della Repubblica - ha proseguito
Di Pietro - e non ho mai offeso, né
inteso offendere, il capo dello Stato quando ho ricordato pubblicamente che il silenzio uccide come
la mafia, giacché non è a lui che mi
riferivo, ma a chi vuole mettere la
museruola ai magistrati che indagano sui potenti di Stato’’. Posizione
ulteriormente ribadita anche in serata: “Io non ho offeso Napolitano,
ma ho ripetuto il sacrosanto appello
dell’Associazione vittime della mafia che vedono con dolore il silenzio
assoluto che c’è nella lotta alla mafia”. Il leader dell’Idv è dunque tornato a criticare la nuova normativa
Obama e lo scandalo dell’aborto
arak Obama ha speso per la festa di insediamento alla
Casa Bianca, la bellezza di 170 milioni di dollari. Bush
ne aveva spesi 42 e Clinton 33. Niente male per un presidente, a parole amico dei poveri. Ma la faccia d’angelo color
caffelatte, non passerà alla storia come il presidente più spendaccione e vanitoso degli Stati Uniti d’America, ma per aver
firmato il Freedom of Choise Act, la legge sull’aborto. Essa
permetterà a tutte le donne di abortire in ogni momento della
gravidanza, in qualsiasi Stato e ad ogni età, anche al di sotto dei
18 anni. Questa legge permetterà inoltre l’aborto a nascita parziale: una tecnica abortiva praticata in età gestazionale avanzata (7/8 mesi di gravidanza) dalle modalità impressionanti.
Il bambino viene fatto girare in modalità podalica (cioè posto
nella condizione di uscire con le gambe anziché con la testa),
si causano contrazioni espulsive e lo si estrae fino a che il corpo è completamente fuori. Rimane nel ventre materno solo la
testa, a questo punto si pratica un foro alla base del cranio, si
inserisce una sorta di aspiratore, si aspira la materia cerebrale e
si fa nascere una bambino morto. “Guardatevi dai falsi profeti
lupi che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi
rapaci” disse San Matteo. Parole profetiche più attuali che mai.
S
e sei dispiaciuto per quanto accade a Gaza, allora
diventa cecchino e colpisci
il nemico a te più vicino, vedrai
che starai meglio. E’ questo l’invito lanciato dallo Stato islamico
iracheno, formazione terroristica dietro alla quale si nasconde
al Qaeda in un video dedicato a
‘Gaza la coraggiosa’. Il filmato,
della durata di 30 minuti, è un documentario nel quale si esalta, dal
punto di vista militare e religioso,
il ruolo dei cecchini nell’Islam,
con l’obiettivo di invitare i musulmani di tutto il mondo a fare
altrettanto e ad uccidere il primo
‘infedele’ che gli capita a tiro.
“Devi sapere che con una pallottola che non supera il costo di un
dollaro - spiega il filmato in lingua
araba - puoi uccidere una persona
che è pagata molto di più dalla sua
nazione. Se senti che il tuo cuore
si stringe in petto e sei dispiaciuto
Renato Schifani Presidente del Senato
sulle intercettazioni, “che renderà
più difficile la lotta alla mafia”. Da
più parti sono arrivate la solidarietà
a Napolitano e la presa di distanza
dalle parole di Di Pietro. A cominciare dalla cariche istituzionali. “E’
lecito, come è più che naturale in
una democrazia, il diritto sacrosanto alla critica politica, ma mai quel
diritto può travalicare il rispetto che
si deve a chi rappresenta tutta la
nazione - è stato il monito del presidente della Camera, Gianfranco
Fini - al di là del fatto che sia stato espressione di un voto unanime
o meno del Parlamento che lo ha
eletto”. A intervenire è stato poi anche il presidente del Senato, Renato
Schifani, sottolineando che le offese al presidente della Repubblica
“sono offese a tutti i parlamentari e
a tutti i cittadini”. Schifani si è fatto
interprete del “sentimento unanime”
del Senato nell’”esprimere convinta solidarietà e profondo rispetto al
capo dello Stato, oggetto di accuse
offensive e ingiuste”. Dure critiche
a Di Pietro sono state espresse da
Walter Veltroni. “Quanto accaduto
a Piazza Farnese, le frasi pronun-
ciate dall’onorevole Di Pietro, gli
striscioni esibiti sono inaccettabili e
inqualificabili - sono state le parole
di condanna del segretario del Pd Torniamo ad esprimere al capo dello
Stato la nostra piena solidarietà e fiducia”. “Il ruolo e le parole del presidente della Repubblica - ha aggiunto
Veltroni - non possono essere messe
in discussione né essere oggetto di
polemiche politiche strumentali. In
un momento difficile per il Paese il
presidente Napolitano rappresenta
un punto di riferimento per l’intero
Paese, per il suo ruolo di garanzia,
per la saggezza e l’equilibrio dei
suoi interventi”. In Aula alla Camera le parole di Di Pietro sono state
difese dal vicecapogruppo dell’Italia
dei Valori, Fabio Evangelisti, che ha
duramente replicato alle critiche di
Fabrizio Cicchitto: “Estrapolare una
frase e da questo trarne un’offesa
al presidente della Repubblica è un
atteggiamento vergognoso e allora
Cicchitto si deve vergognare di quello che ha detto, perché Di Pietro non
ha offeso il presidente della Repubblica. Ha detto, chiediamo al presidente della Repubblica, con grande
rispetto, che sia arbitro e spesso noi,
rispettosamente, non apprezziamo i
suoi silenzi’’.
G. L.
Un inquietante filmato terroristico
i video della cellula irachena di
al Qaeda, parla invece dell’argomento da un punto di vista prettamente militare spiegando come le
cellule di al Qaeda di mezzo mondo, tra cui quelle in Afghanistan,
Somalia e Iraq, usino il cecchino
come strumento per colpire il nemico. “Come l’uso dei kamikaze
ha rappresentato un’evoluzione
importante e un’arma decisiva
per la lotta jihadista - spiega una
voce fuori campo - anche l’uso
dei cecchini è importante e fonda
le sue basi nella storia dell’Islam
quando durante le battaglie più
importanti i compagni del Profeta
usavano questa tattica contro i nemici. Questo perché vince l’effetto
sorprese del cecchino in quanto la
morte arriva da dove il nemico non
Gianni Toffali se lo aspetta”. Secondo i terroristi
di al Qaeda, il primo nella stoper quanto accade ai musulma- ria dell’Islam ad escogitare l’uso
ni, diventa un cecchino, vai dal dei cecchini sarebbe stato proprio
nemico di Allah e ficcagli una Maometto che avrebbe invitato i
pallottola nella testa o nel cuore: suoi compagni ad usare questa tecvedrai come ti sentirai meglio. nica in battaglia. “La prima volta
Dice Allah l’altissimo: “Combat- che hanno scagliato le loro frecce
teteli, e che Allah li punisca con contro nemici in modo mirato per
le vostre mani, li ricopra con onta, uccidere i loro capi da lontano è
aiuti (la vostra vittoria) contro stato nella battaglia di Uhud (625
di loro, curi i petti dei Credenti” d.C.) - spiega ancora il video - e
(Corano 9:14)”. Il documentario il primo dei compagni del profeta
si apre con le immagini dei bom- a fare da cecchino sulla via di Albardamenti israeliani su Gaza lah è stato Saad Ibn Abu Waqqas
delle scorse settimane e prende seguito da Abu Talha”. Non è un
di mira anche i capi di Stato ara- caso se nel video viene presentato
bi, mostrati mentre applaudono come prototipo del cecchino islasubito dopo un raid. Non manca mico proprio Abu Waqqas, che
infine un fotogramma dedicato a nel 636 d.C., alla guida degli arapapa Benedetto XVI, che com- bi, riuscì a sconfiggere il potente
pare mentre stringe la mano al esercito sasanide nella battaglia di
re Abdullah nel corso dell’ultima Qadisiya, impadronendosi così dei
visita a Roma del sovrano saudi- territori dell’attuale Iraq. La parte
ta. Nella seconda parte, il docu- centrale del filmato mostra infatti
mentario, realizzato dalla casa di una serie di video nei quali i terroproduzione ‘al-Furqan’ che monta risti di al Qaeda sono riusciti negli
ultimi anni ad uccidere decine di
soldati americani, attaccandoli uno
alla volta con i loro cecchini. Si
spiega quindi quali devono essere
le caratteristiche di un bravo tiratore, che deve innanzitutto “essere in
un perfetto stato psicofisico: deve
convincersi di essere un cecchino e
deve usare la furbizia e la pazienza
dei cecchini”. Tra un video e l’altro non mancano in sottofondo i
discorsi dei principali leader di al
Qaeda, come Osama Bin Laden,
Ayman al-Zawahiri, Abu Musab
al-Zarqawi e Mukhtar Robow dei
Giovani mujahidin somali, che
rappresentano la continuità ideologica del gruppo. Il filmato si chiude con le immagini di un uomo palestinese di Gaza che chiede aiuto
ai musulmani dopo un bombardamento israeliano.
G. L.
Benedetto XVI stringe la mano al sovrano saudita, re Abdullah
La maschera del voltagabbana
V
oltagabbana, spiega il vocabolario, “è chi per utilità personale muta facilmente opinione”. In questi giorni ad indossare l’insincera maschera del voltagabbana, sono coloro
che nel conflitto a Gaza accusavano gli israeliani di genocidio,
ed oggi, dopo che Ratzinger ha rimesso la scomunica a quattro
vescovi lefreviani, parteggiano per Israele. Manco i saltimbanchi
circensi sarebbe capaci di tali audaci piroette. Eppure, gli stessi
“funamboli”che nelle settimane scorse assieme ai simpatizzanti
di Hamas bruciavano bandiere israeliane, nella giornata della
memoria hanno imitato i coccodrilli nella simulativa arte della
lacrimazione. L’antisemitismo è tanto più perfido e subdolo,
quanto più capace di mimetizzarsi dietro le interessate manifestazioni di solidarietà pelosa.
G.T.
Attualità
N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio
Iscrizioni a n c o r a a p e r t e p e r i l c a m p i o n a t o
italiano d e i p r e t i s u g l i s c i o rg a n i z z a t o d a l C s i
Il Signore s(c)ia con voi
Torna la “valanga” dei sacerdoti sciatori
I
n attesa dell’imminente calcio d’inizio della terza edizione della Clericus Cup,
gli atleti-sacerdoti scaldano i
muscoli sulle piste da sci. Lunedì 9 e martedì 10 febbraio,
sugli impianti di Passo del Lupo
di Sestola (Modena), si svolge
infatti la decima edizione della
Festa nazionale sulla neve per
sacerdoti sciatori, campionato
nazionale di slalom gigante e
fondo-ciaspolada organizzato
dal Centro sportivo italiano, in
collaborazione con i Comitati di
Reggio Emilia, Modena e Carpi
e la Scuola nazionale maestri di
sci Sestola. La manifestazione
sportiva - che rientra nel progetto Clericus Cup rivolto a preti e
seminaristi - è patrocinata dalla
Provincia di Modena, dal consorzio Valli del Cimone e dal
Csi Presidenza nazionale. I sa-
cerdoti sciatori si ritroveranno
alle ore 15 di lunedì 9 febbraio
presso la pista di fondo del lago
della Ninfa, tutti rigorosamente
con le racchette da neve ai piedi
(le “ciaspole”, nel dialetto della
val di Non), per dare vita alla
gara di fondo-ciaspolada. Nella
serata verrà festeggiato il decennale della kermesse sciistica
del Csi, ideata da don Aronne
Magni, consulente ecclesiastico del Csi Emilia Romagna.
Alle ore 10 di martedì, prima
manche dello slalom gigante, la
seconda alle 11,30. Alle 14,30
premiazioni dei migliori sacerdoti slalomisti. Alle postazioni
di partenza ci saranno, tra gli
altri, anche il responsabile nazionale della Pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nicolò
Anselmi, vincitore della scorsa
Alla ricerca dell’unità nella verità per servire il Vangelo
C
Ecumenismo:per il Papa
necessario continuare dialogo
tra cattolici e luterani
edizione e monsignor Claudio
Paganini, consulente ecclesiastico nazionale del Csi, che ha
sottolineato l’importanza di
queste iniziative per avvicinare
le giovani generazioni: «Anche
lo sci - ha commentato l’alto
prelato - può diventare un modo
per porsi all’ascolto dei giovani
e, attraverso lo sport, uno strumento da loro assai ben conosciuto, avere maggiore credibilità ai loro occhi». Le iscrizioni
(la quota di 15 euro comprende
Skipass e assicurazione) sono
ancora possibili presso la segreteria regionale Csi di Reggio
Emilia (tel.:0522511482; fax:
0522511583; e-mail: [email protected]). Per ogni
ulteriore informazione ci si può
rivolgere anche a don Aronne
Magni (tel.:059554086; mob.:
3475450340).
Discorso di Benedetto XVI a una
delegazione ecumenica della Finlandia
ari amici della Finlandia,
il dialogo sta sempre più pienaE’ con grande gioia che mente considerando la natura
vi porgo il benvenuto in della Chiesa quale segno e struoccasione di questa vostra visita mento della salvezza recata in
annuale a Roma per la festa del Gesù Cristo e non semplicemente
vostro santo patrono, sant’Enri- come una mera assemblea di creco, e ringrazio il vescovo Gustav denti o un’istituzione con varie
Bjorkstrand per le cortesi parole funzioni.
che mi ha rivolto a vostro nome,
Il vostro pellegrinaggio a
Questi pellegrinaggi sono Roma si svolge nell’Anno Paoun’opportunità per pregare in- lino, il bimillenario della nascita
sieme, per riflettere e per dia- dell’Apostolo delle Nazioni, che
logare al servizio della nostra ha instancabilmente dedicato la
ricerca di piena comunione. La propria vita e il proprio insegnavostra visita si svolge durante mento all’unità della Chiesa. San
la Settimana di Preghiera per Paolo ci ricorda la grazia meral’Unità dei Cristiani il cui tema vigliosa che abbiamo ricevuto
quest’anno è tratto dal libro di divenendo membri del Corpo di
Ezechiele: “che formino una Cristo attraverso il Battesimo
cosa sola nella tua mano” (Ez (cfr. 1 Cor 12, 12-31). La Chiesa
37, 15-23). La visione del pro- è questo Corpo Mistico di Cristo
feta è quella di due legni, che ed è costantemente guidata dallo
simboleggiano i due regni in cui Spirito Santo, lo Spirito del Padre
il popolo di Dio è stato diviso, e del Figlio. E’ soltanto sulla base
che poi diventano una cosa sola di questa realtà incarnazionale
(cfr. Ez 37, 15-23). Nel contesto che si può comprendere il caecumenico, ci parla di Dio, che rattere sacramentale della Chiecostantemente ci spinge verso sa come comunione in Cristo.
un’unità più profonda in Cristo, Un consenso sulle implicazioni
rinnovandoci e liberandoci dalle profondamente cristologiche e
nostre divisioni.
La commissione
del dialogo luterani-cattolici in Finlandia e in Svezia
continua a prendere in considerazione la Dichiarazione
comune
sulla
Giustificazione. Quest’anno
celebriamo il decimo anniversario di
questa importante
dichiarazione e la
Commissione sta
ora studiando le
sue implicazioni e
la possibilità della sua ricezione.
Con il tema Giustificazione nella
Vita della Chiesa,
Benedetto XVI e Bjorkstrand
7
pneumatologiche del mistero
della Chiesa sarebbe una base
molto promettente per il lavoro
della Commissione. Da Paolo
apprendiamo anche che l’unità
alla quale auspichiamo non è altro che la manifestazione della
nostra piena incorporazione nel
Corpo di Cristo, perchè “quando
siete stati battezzati in Cristo, vi
siete rivestiti di Cristo” (Gal 3,
27-28). A questo fine, cari amici, è mia fervente speranza che
la vostra visita a Roma rafforzi ulteriormente i rapporti ecumenici fra luterani e cattolici
in Finlandia, che da molti anni
sono così positivi. Insieme, rendiamo grazie a Dio per tutto ciò
che si è ottenuto finora nelle relazioni fra luterani e cattolici,
e preghiamo affinché lo Spirito
di verità ci guidi verso un’unità sempre più grande al servizio
del Vangelo.
Con questi sentimenti di affetto nel Signore, e all’inizio di
questo nuovo anno, invoco su di
voi e sulle vostre famiglie i doni
di Dio di gioia e di pace.
Piispa Gustav Bjorkstrand
A
dieci anni dal ‘’significativo’’ accordo sulla ‘’giustificazione’’, il dialogo luterano e cattolico deve continuare
a studiare ‘’le sue implicazioni e
la possibilità di recezione’’. Lo
ha detto papa Benedetto XVI
incontrando lunedì 19 in Vaticano una delegazione della Chiesa
evangelica luterana di Finlandia
guidata dal vescovo Gustav Björkstrand. Nel suo saluto, il Papa
ha sottolineato che la visita della
delegazione finlandese a Roma
rappresenta ‘’un’occasione di
preghiera condivisa, riflessione e
dialogo a servizio della nostra ricerca della piena comunione’’ ed
ha sottolineato la coincidenza della
loro presenza con lo svolgimento
della Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani. Dio, ha detto il
papa, ‘’costantemente ci spinge ad
una unità più profonda in Cristo,
rinnovandoci e liberandoci dalle
nostre divisioni’’. Da qui l’importanza dei dialoghi teologici. In
Finlandia, la commissione di dialogo luterano-cattolica ha scelto di
approfondire il tema della ‘’Giustificazione nella vita della Chiesa’’.
Con questa scelta, ha osservato il
pontefice, ‘’il dialogo sta prendendo sempre più pienamente in considerazione la natura della Chiesa
come segno e strumento della salvezza portata in Gesù Cristo e non
semplicemente come una mera
assemblea di credenti o istituzione
con varie funzioni’’. Un incontro
rituale e insieme un’occasione per
fare il punto di un rapporto tenuto
dal Papa in grande considerazione
nell’orizzonte del dialogo ecumenico. Benedetto XVI ha accolto
con cordialità la delegazione luterana finlandese, inquadrandone il
senso della sua visita a Roma e in
Vaticano nelle parole del profeta
Ezechiele che guidano la Settimana di preghiera per l’unità dei
cristiani 2009: “Che formino una
cosa sola nella tua mano”. Nella
visione che le origina, ha spiegato il Papa, si parla di due pezzi di
legno - che simboleggiano i due
regni di Giuda e di Giuseppe nei
quali il popolo di Dio era stato
diviso - che vengono riuniti in
uno. Un’immagine, ha osservato
il Pontefice, efficace anche a distanza di centinaia di secoli. La
strada verso l’obiettivo dell’unità, ha riflettuto Benedetto XVI,
passa attraverso le affermazioni
sottoscritte in un documento fondamentale per i rapporti fra cattolici e luterani: la “Dichiarazione
congiunta sulla Giustificazione”,
che celebra 10 anni di vita, tuttora
oggetto di studi approfonditi da
parte della Commissione per il
dialogo ecumenico in Finlandia
e Svezia. Lo stesso San Paolo,
ricordato nel suo giubileo bimillenario, ci insegna - ha proseguito il
Pontefice - che la Chiesa, Corpo
mistico di Cristo, “è costante
mente guidata dallo Spirito Santo; lo Spirito del Padre e del Figlio. E’ solo sulla base di questa
realtà incarnata che il carattere
sacramentale della Chiesa come
comunione in Cristo può essere
compreso”. E qui Benedetto XVI
ha aggiunto: “Un consenso per
quanto riguarda le implicazioni profondamente cristologiche
e pneumatologiche del mistero
della Chiesa si rivelerebbe uno
più promettenti per i lavori della
Commissione”. “A questo proposito, cari amici, è mia fervida speranza che la vostra visita a Roma,
rafforzerà ulteriormente i rapporti ecumenici tra luterani e cattolici in Finlandia, che sono stati così
positivi da molti anni. Insieme,
dobbiamo ringraziare Dio per tutto ciò che è stato realizzato fino ad
oggi nelle relazioni cattolico-luterane, e preghiamo che lo Spirito
di verità ci guidi verso una sempre maggiore unità, al servizio del
Vangelo”. Il Vescovo Björkstrand
ha concelebrato il 19 una messa in
ricordo di Sant’Enrico, patrono di
Finlandia, nella cappella al Santo
dedicata nella basilica di Santa
Maria sopra Minerva con l’amministratore apostolico della diocesi
cattolica di Helsinki, padre Teemu
Sippo SCJ, che ha fatto parte della
delegazione ecumenica finlandese
giunta a Roma la scorsa settimana. Canti sono stati eseguiti dal
coro da camera dell’Università
Åbo Akademi.
Gianfranco Nitti
Cultura
8
N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio
Chi è politicamente il colonnello Hugo Rafael Chavez Frias e come si sposa il suo autoritarismo
militare con la causa della sinistra internazionale, di cui oggi si presenta come alfiere
Hugo Rafael Chavez Frias:
un «Presidente-Caudillo» a cavallo del mito comunista
Come si coniugano lo scarso rispetto della democrazia parlamentare e l’accentramento
del potere con la causa della giustizia sociale di cui Chavez è considerato vessillo
nello Hugo Rafael Chavez Frias?
Come si sposa il suo autoritarismo militare con la causa della
sinistra internazionale, di cui oggi
si presenta come alfiere? Come
si coniugano lo scarso rispetto
della democrazia parlamentare e
l’accentramento del potere con la
causa della giustizia sociale di cui
è considerato vessillo?
Antonio Savo
Prima Parte
1. Un personaggio controverso
I
l 2 dicembre 2007 Hugo Rafael Chavez Frias, presidente
della Repubblica Bolivariana
del Venezuela, è sconfitto inaspettatamente in un referendum
di modifica della Costituzione che
gli avrebbe dato la possibilità di
governare a vita. Dopo appena un
mese egli si rende protagonista di
una trattativa con i terroristi delle
Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc), e il 9 gennaio
2008 ottiene la liberazione di due
prigioniere colombiane.
Periodicamente la cronaca politica porta in primo piano le sue
controverse iniziative — specie dal 3 dicembre 2006, cioè da
quando vince per la seconda volta
le elezioni alla presidenza del Venezuela —, aventi come obiettivo
l’instaurazione di un «nuovo» socialismo.
I suoi progetti sono accolti
trionfalmente da chi lo considera
simbolo della lotta antimperialista, mentre sono osservati con
preoccupazione e subìti dagli Stati
Uniti e dai loro alleati occidentali.
Le sue vicende sono indubbiamente legate alla ricchezza venezuelana, il petrolio, risorsa che il
presidente sfrutta per rinsaldare
i vincoli fra le nazioni sudamericane. La sua alleanza con Fidel
Castro Ruiz, presidente della Repubblica di Cuba, con la Corea
del Nord, con la Repubblica Islamica dell’Iran di Ahmadi-Nejiad,
nonché la presenza in Venezuela
di rappresentanti di movimenti
rivoluzionari o terroristici come
Hezbollah, Hamas e Al Qaida (1),
Fidel Castro
2. L’avvento al potere del colonnello Hugo Chavez
Hugo Chavez
sono percepiti come fattori di instabilità internazionale.
A rendere ancor più minacciosa la sua politica contribuisce
l’acquisto di un armamento imponente, mentre la sua stima per
il terrorista rosso «Carlos», oggi
residente nelle carceri francesi e
convertito all’islam, fa nascere
dubbi sull’affidabilità delle relazioni diplomatiche con il Paese
caraibico.
I suoi rapporti amichevoli con
i narcoterroristi colombiani delle Farc, gruppo
rivoluzionario
marxista-leninista (2), sono stati confermati in
occasione della
recente trattativa
che ha portato
alla liberazione
delle due prigioniere colombiane Clara Rojas e
Consuelo Gonzales. La felicità
per il rilascio non
può far trascurare
le dichiarazioni
di stima e di amicizia rese a nome
del
presidente
Chavez, dal suo
ministro degli Interni, Amon Rodriguez Chacin,
subito dopo la
liberazione degli
ostaggi: «In nome del Presidente
Chavez voglio dirvi che poniamo
molta attenzione alla vostra battaglia» e «[…] mantenete alto il
vostro spirito e la vostra forza,
potete contare su di noi […]. Cautela camaradas» (3).
Non si può trascurare che il
gruppo guerrigliero al quale Chavez faceva pervenire la sua gratitudine combatte una guerra da
trent’anni contro un paese amico,
la Colombia. In questa guerra i
terroristi hanno ucciso centinaia di
venezuelani e migliaia di colombiani, hanno sequestrato oltre tremila persone, 730 delle quali sono
tuttora nelle mani dei guerriglieri
e quaranta sono detenute da circa
dieci anni. Non si può dimenticare
che i capi guerriglieri ricercati in
Colombia trovano rifugio in Venezuela, dove hanno stabilito, protetti, una stazione di transito per
l’esportazione di centinaia di tonnellate di cocaina all’anno, diretta
verso l’Europa e verso gli Stati
Uniti d’America, con un valore di
mercato di migliaia di milioni di
euro all’anno (4). Non si può dimenticare che per Chavez le Farc
sono camaradas che combattono
la stessa battaglia: «Las FARC y
el ELN no son terroristas, son
verdaderos Ejércitos y hay que
darles reconocimiento […] Son
fuerzas insurgentes que tienen
un proyecto político y bolivariano
que aquí es respetado» (5).
Ma chi è politicamente il colon-
liberista il 4 febbraio 1992 Chavez, alla testa di 480 paracadutisti, diventa protagonista di un
colpo di Stato militare che avrebbe dovuto rovesciare il presidente
Pérez. Il golpe però fallisce, ma
l’appello in televisione con cui il
colonnello chiedeva ai suoi compagni di desistere, riscuote enorme popolarità per la schiettezza e
per l’onestà nell’assunzione delle
responsabilità. Chavez finisce in
prigione, ma conquista l’immagine d’icona a cui affidarsi per cambiare un Paese corrotto.
La condanna viene condonata
nel 1994 dall’allora Presidente Rafael Cardera: Chavez esce di prigione e costituisce il Movimiento
Quinta República (Mvr), con cui
fa il suo ingresso in politica. Nel
1998 vince le elezioni con una
campagna indirizzata contro il regime del Patto di Punto Fijo (9), di
cui denunziava la corruzione e la
subordinazione agli interessi delle
multinazionali. La vittoria di Cha-
Nel 1998 Chavez viene eletto
presidente del Venezuela, vincendo le elezioni contro il suo avversario Henrique Salas Römer. La sua
elezione segna la fine del sistema
bipartitico durato quarant’anni,
costituito dall’alternarsi dei due
partiti, Acción Democrática (Ad),
d’ispirazione
socialdemocratica, e il Comité de Organización
Política Electoral Independiente
(Copei), d’ispirazione cristianosociale. Ad e Copei si erano alternati alla guida
del Venezuela fin
dal 1958, anno in
cui era stato posta
fine alla dittatura
militare di Marcos
Evangelista Pérez
Jiménez (19481958).
Potendo trarre
vantaggio dall’alto prezzo del petrolio, la giovane
democrazia si era
prima
contraddistinta per una
estesa politica assistenzialista e nazionalizzatrice (6)
— la Costituzione
del 1961 assegnava allo Stato la
responsabilità dello sviluppo economico e della
politica
sociale
—, ma la succes- Il terrorista rosso Carlos
siva
riduzione
di valore dell’«oro nero» aveva vez rappresenta la fine del sistema
costretto lo Stato a una politica costruito intorno ad Ad e Copei,
di privatizzazioni, anche a causa che vengono ritenuti responsabili
dell’elevato debito estero. Alla della povertà radicata nel Paese.
fine degli anni 1990 il Venezuela
Un anno dopo la vittoria, il
aveva dovuto aderire a una rigida 15 dicembre 1999, il Presidente
politica monetarista imposta dal vara una nuova Costituzione: il
Fondo Monetario Internazionale Paese assume il nome di Repub(7)
, con la conseguente fine della blica Bolivariana del Venezuela
politica di sussidi che aveva carat- (10), dall’eroe dell’indipendenza
terizzato il periodo precedente. Le nazionale Simón José Antonio
nuove misure liberiste, introdotte de la Santísima Trinidad Bolívar
dall’allora Presidente Carlos An- Palacios y Blanco (1783-1830), e
drés Pérez, avevano creato enor- si manifesta la natura nazionalista
me malcontento ed erano sfociate e antimperialista — cioè antiameil 27 febbraio 1989 in un’aperta ricana — che avrebbe contraddiribellione popolare, cui il governo stinto la nuova strategia politica.
aveva risposto militarmente con
Dal 1999 al 2001 la politica ecouna repressione che aveva causa- nomica della nuova Repubblica si
to centinaia di morti, evento noto sviluppa nell’alveo dell’economia
con il nome di «Caracazo» (8).
di mercato, garantendo la concorProprio per vendicare il Caracazo e per combattere la politica
Continua a pag 9
Cultura
N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio
Segue da pag 8
renza, l’iniziativa e la proprietà
privata (11); dopo il fallito golpe
dell’opposizione nell’aprile del
2002 (12) Chavez inizia a modificare l’economia venezuelana in
senso statalista, ampliando l’intervento dello Stato non solo come
regolatore ma anche in veste di
produttore di beni e servizi. Nel
2005 lancia la proposta di costruzione del «Socialismo del XXI secolo» (13).
3. La Rivoluzione Bolivariana,
via di uscita dal neoliberalismo
e dalla globalizzazione
pitalistico non poté fare a meno di
ripeterne gli errori, continuando
lo sfruttamento, partecipando alle
lotte neocoloniali o imperialiste e
deteriorando la natura (19).
Negli anni 1970 si diffonde il
neoliberalismo, gli Stati si piegano
agli interessi delle aziende transnazionali, del Fondo Monetario
Internazionale (Fmi) e della Banca Mondiale (20). Il Welfare viene
smantellato, le decisioni economiche, politiche e giuridiche, che in
precedenza venivano prese dagli
Stati nazionali, si trasferiscono
oltrefrontiera, sotto l’egemonia
economica delle grandi imprese
internazionali e degli Usa (21). Lo
Stato non interviene nel sociale,
non controlla i prezzi, non investe
in scuole, ospedali, cultura; l’ambiente viene devastato a vantaggio
del profitto, i salari vengono congelati, le imposte indirette crescono e quelle dirette diminuiscono
specie sulle alte rendite; aumentano i costi di alimenti e di medicine,
la televisione e Internet creano false necessità; i servizi e i monopoli
di stato vengono privatizzati o dismessi, in Venezuela vengono privatizzati la Pdvsa — la Petroleum
de Venezuela SA, la principale
impresa nazionale —, gli ospedali, le scuole, le strade, le imprese
di elettricità, la somministrazione
dell’acqua (22).
Paesi come il Venezuela, il
Brasile e l’Uruguay eleggono
presidenti di sinistra, l’Europa si
mobilita contro la guerra in Iraq,
il Foro Social Mundial riunisce il
pensiero critico e i movimenti sociali alternativi dei cinque continenti (23). È guerra contro il neoliberalismo statunitense e contro la
globalizzazione, ma è anche chiaro che il socialismo del secolo XX
non sarà più proponibile (24) e che
la Rivoluzione bolivariana dovrà
condurre a un società nuova, a
una nuova meta per il secolo XXI.
Fino al 2005 Chavez aveva ritenuto possibile un capitalismo «dal
volto umano», una sorta di terza
via fra socialismo e capitalismo,
ma successivamente si era convinto dell’impossibilità di realizzarlo
(14)
e la condanna del capitalismo
era diventata definitiva e impietosa. La riflessione bolivariana sul
capitalismo e sul socialismo, che
riporto nel seguito, è tratta da un
documento del Centro Internacional Miranda, istituzione legata al
Ministero della Educazione, che
ha come scopo la promozione e
l’approfondimento del modello
bolivariano di «democrazia partecipativa e protagonista» (15).
Per il capitalismo tutto è mercanzia e la sua intrinseca perversione sta nel fatto che il valore
dei beni è esclusivamente determinato dal loro valore di mercato,
dalla legge della offerta e della
domanda, senza alcuna considerazione dei fattori umani, sociali e
ambientali.
Nel corso del XX secolo si era
più volte tentato di superare il capitalismo nella direzione del socialismo ma questi tentativi erano
sempre falliti. La rivoluzione sovietica non era stata un’esperienza
negativa: «Voglio rendere omaggio a quanto fatto di buono alla 4. Il caudillismo di Norberto Ceumanità dalla Rivoluzione Sovie- resole
tica; vi estendo il mio rammarico
Nel definire i contenuti cultuper il modo con cui l’esperienza
comunista è terminata. Porgo le rali della Rivoluzione bolivariamie felicitazioni perché un giorno na il presidente Chavez è apparl’America Latina sarà ciò che la so prima influenzato dalle teorie
Russia non è potuto essere» (16). «caudilliste» di Norberto Rafael
L’assenza di partecipazione socia- Ceresole (1943-2003) (25), quindi
le nell’Unione Sovietica aveva però
determinato la creazione di un modello
economico basato
su un burocratico
capitalismo di Stato, nel quale non
erano spariti né lo
sfruttamento né la
divisione del lavoro
e, quando l’Unione
Sovietica si era disintegrata, i gestori
del capitalismo di
Stato si erano trasformati in gestori
del neoliberalismo
(17)
.
Nell’Europa
capitalistica la socialdemocrazia aveva dato vita a uno
Stato sociale, un sistema in cui lo Stato
diveniva imprenditore e nel contempo
assumeva il ruolo
di garante dei diritti Ahmadi-Nejiad
sociali. Ma il Welfare socialdemocratico non era dal socialismo di Heinz Dieterich
che una finzione per nascondere Steffan (26).
Molti analisti — e in particolalo sfruttamento soggiacente strutturalmente al sistema capitalista re i simpatizzanti dell’opposizio(18)
. La socialdemocrazia, svilup- ne venezuelana — percepiscono
pandosi all’interno del sistema ca- Chavez come la riproposizione del
tradizionale caudillo (cioè «duce»
o dittatore) latinoamericano, un
presidente che gode di ampio potere legittimato direttamente dal
popolo, in un sistema in cui al Parlamento è assegnata una funzione
di rappresentanza molto limitata.
L’ispiratore del ruolo di caudillo è il sociologo argentino Norberto Ceresole, scomparso nel
2003. Personaggio controverso,
attivista radicale di sinistra nel
1960 in Argentina, consigliere del
dittatore peruviano Juan Alvarado, sostenitore della dittatura militare argentina (27) e della sinistra
peronista; fautore di un’alleanza
con l’Unione Sovietica; accusato
di essere neo-fascista e antisemita per le sue teorie negazioniste
dell’Olocausto (28).
L’incontro di Cersole con Chavez avviene nel 1994 in Argentina
e la sua frequentazione con l’excolonnello gli costa l’espulsione
dal Venezuela nel 1995 e poi nel
1999 a opera dello stesso Chavez
(29)
per le polemiche sorte intorno
alle sue teorie «negazioniste» (30).
In vario modo egli ha comunque ispirato Chavez, soprattutto
nei riguardi dell’abbandono del
modello di «democrazia distributiva», che prevedeva deleghe
e distribuzione del potere fra i
molteplici organi istituzionali.
Ha proposto il modello di «postdemocrazia» (31), che prevede la
concentrazione del potere nelle
mani di un presidente eletto direttamente dal popolo e ha ispirato
l’importante riforma delle istituzioni militari venezuelane (32).
Chavez ha riconosciuto la sua
influenza nel 2006 (33), quando,
ricordandone l’amicizia, ha rievocato la proposta dell’argentino
di abbandonare l’alleanza con
gli Usa per concentrare l’interesse sui legami con i Paesi del Sud
America. Ceresole sosteneva che
la «democrazia distributiva», nata
con l’illuminismo e generata dalle rivoluzioni francese, inglese e
americana, non aveva funzionato
fuori dall’Occidente e nemmeno
nella sua periferia, cui appartiene il Venezuela. In queste aree, la
democrazia non ha avuto caratteristiche differenti dalla dittatura e
non è stata veramente distributiva
(34)
.
Nell’attuale contesto venezuelano, la
democrazia distributiva porterebbe non
alla
distribuzione
del potere ma alla
dispersione e conseguentemente alla
fine della Rivoluzione bolivariana (35),
per difendere la quale è indispensabile
che Chavez accentri
il potere, ridando
vita a un sistema, il
caudillismo, che è
nelle radici della storia ispanoamericana.
Per Ceresole, i radicali cambiamenti
del Venezuela provocheranno inevitabilmente conflitti
interni ed esterni; in
questo contesto è necessario un rapporto
diretto fra il caudillo
e il popolo, che consentirà di controllare
le reazioni interne. Gli ampi poteri del caudillo non saranno però
sufficienti ad affrontare le pressioni internazionali provenienti
sopratutto dagli Usa e a tal fine il
Venezuela dovrà stimolare la na-
9
scita di una
rete internazionale
di
solidarietà,
innanzitutto
con i Paesi
ispanoamericani, quindi
coagulare il
consenso di
personalità
autorevoli,
partiti
politici, organizzazioni
culturali
e
sociali (36).
Note
Cfr. Il
patriarca e il
parà, in Limes. Rivista
italiana
di
geopolitica, Heinz Dieterich Steffan
n. 2, 20-4tercera via, in <http://www.eman2007, pp. 7-24 (p. 8).
(2)
Sulle Farc, cfr. Gustavo Coro- cipacion.org/modules.php?name=
nel, Carta al amigo de Marulanda, News&file=article&sid=791> (26in
<http://www.espanol.vdebate. 2-2008).
(15)
Haiman El Troudi e Juan
org/2008/01/chavez-el-pueblovenezolano-se-le-va.html> (27-2- Carlos Monedero, Empresas de
Producción Social. Instrumento
2008).
(3)
Reportaje: La conexión vene- para el Socialismo del Siglo XXI, in
zolana. El narcosantuario de las <http://centrointernacionalmiranda.
FARC, in <http://www.elpais.com/ gob.ve/> (26-2-2008). Gli autori
articulo/portada/conexion/venezo- appartengono al Centro Internaciolana/elpepusocdmg/20071216elpd nal Miranda, legato al Ministero
mgrep_1/Tes> (26-2-2008) e Pd- dell’Educazione.
(16)
Norman Gall, Petroleo y Devsa, Patriotismo, Chavez y Jatar,
in <http://lasarmasdecoronel.blog- mocracia en Venezuela, in Braudel
Papers. Documento del Instituto
spot.com/> (26-2-2008).
(4)
Cfr. <http://www.espanol. Fernand Braudel de Economía
vdebate.org/2008/01/chavez-el- Mundial, n. 3, 2006, p. 4, in <http://
pueblo-venezolano-se-le-va.html> www.braudel.org.br/publicacoes/
e <http://www.eltiempo.com/politi- bp/bp41_es.pdf> (26-2-2008).
(17)
Cfr. H. El Troudi e J. C. Moca/2008-01-11/ARTICULO-WEBNOTA_INTERIOR-3916278.htm> nedero, art. cit., p. 48.
(5)
(18)
Chávez elogia a las FARC y al
Cfr. ibid., p. 79.
(19)
Cfr. ibid., p. 48.
ELN y dice que no son terroristas
(20)
Cfr. ibid., p. 4, nota.
(video), in <http://www.noticias24.
(21)
Cfr. ibid., p. 40.
com/actualidad/?p=11120> (26-2(22)
Cfr. ibid., p. 42.
2008).
(6)
(23)
Cfr. Venezuela. La Revolucion
Cfr. ibid., p. 41.
(24)
Cfr. ibidem.
de Hugo Chavez, in Informe sobre
(25)
Cfr. <http://en.wikipedia.org/
América Latina, n. 9, 22-2-2008, p.
(26-23, in <http://www.crisisgroup.org/ wiki/Norberto_Ceresole>
library/documents/latin_america/ 2008).
(26)
Cfr. <http://es.wikipedia.
spanish_and_portuguese/19_venezuela__la_revolucion_de_hugo_ org/wiki/Heinz_Dieterich> (26-22008).
chavez_spanish.pdf> (26-2-2008).
(7)
(27)
Cfr. ibid., p. 4.
Venezuela. La Révolucion de
(8)
Il termine «Caracazo» è for- Hugo Chavez, cit., p. 34, nota.
(28)
Cfr. <http://en.wikipedia.org/
mato dal nome della capitale venezuelana Caracas, più il suffisso wiki/Norberto_Ceresole>, cit.
(29)
Cfr. Venezuela. La Révolu«-azo», che in spagnolo implica il
significato di «colpo» e di «gran- cion de Hugo Chavez, cit., p. 34.
(30)
Cfr. Norberto Ceresole, Caudezza» (per esempio: da «mano»
viene «manotazo», «manata»): si dillo, ejército, pueblo. La Venezuela
può quindi tradurre all’incirca come del presidente Chávez, in <http://
«il colpo o lo sconvolgente evento www.analitica.com/bitBlioteca/cedi Caracas» o «il terremoto di Cara- resole/caudillo.asp> (26-2-2008).
(31)
Cfr. ibidem.
cas»; cfr. ibidem.
(9)
(32)
Punto Fijo era il nome del
Cfr. Ceresole responde a
quartiere di Caracas dove era sita Garrido. Réplica solicitada a El
la casa di Rafael Caldera e dove fu Universal por la entrevista publistretto il patto fra i tre maggiori par- cada el día 5 de marzo, intervititi politici del Venezuela: Acción sta al quotidiano «El Universal»
Democrática, Copei e Unión Re- di Caracas, in <http://buscador.
publicana Democrática, nel 1958. eluniversal.com/2000/03/23/pol_
Il patto impegnava le tre forze po- art_23115AA.shtml> (26-2-2008).
(33)
Cfr. Aló Presidente. Sitio ofilitiche a dar origine a un sistema
elettorale con competizione di tipo cial del programa dominical del
bipartitico (sistema detto del «pun- presidente de la Republica Bolivariana de Venezuela, n. 255, maggio
tofijismo»).
(10)
Cfr. Venezuela. La Révolu- 2006, in <http://archivos.minci.
cion de Hugo Chavez, cit., p. 5.
gob.ve/doc/alpresidente255echa21(11)
Cfr. Josè Guerra, Capitalismo mayo-2006-(ciudadguayana).doc>
in salsa socialista, in Limes. Rivi- (26-2-2008).
(34)
Cfr. N. Ceresole, Caudillo,
sta italiana di geopolitica, n. cit., p.
ejército, pueblo. La Venezuela del
161.
(12)
Cfr. Venezuela. La Révolu- presidente Chávez, cit.
(35)
Cfr. ibidem.
cion de Hugo Chavez, cit., p. 8.
(13)
(36)
J. Guerra, art. cit., p. 159.
Cfr. ibidem.
(14)
Cfr. Miguel Lozano, Socialismo a la Venezolana, adios a la
Continua …
(1)
10
INSERTO
Corriere Letterario
N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio
A cura di Antonio D’Ettoris
I liberali italiani dall’antifascismo
alla Repubblica
Marco Bertoncini
F
rutto di una serie d’iniziative, studi, convegni partiti già nel 2004, miranti ad
analizzare il divenire del movimento liberale (lato sensu inteso,
quindi ben oltre il Pli) dal crollo
del fascismo ai primi anni Cinquanta, ecco un ampio tomo che
contiene una trentina di saggi e
d’interventi. Il punto di partenza
storico addirittura risale all’affermarsi del fascismo, per illustrare
le posizioni ostili, al movimento
prima, al regime poi, assunte dai
liberali italiani: più correttamente, le posizioni assunte da quei
liberali che a partire da un certo
momento storico si collocarono
contro il fascismo, pochi essendo i liberali che sempre rimasero
ostili a Mussolini. D’indubbio
richiamo sono le tante pagine che
tracciano anni tumultuosi e in certa misura rissosi all’interno del
mondo liberale italiano, dal rinascere dei partiti dopo il 25 luglio
1943 fino al 18 aprile ‘48 (ma le
crisi interne al Pli proseguirono
a lungo). Di valore sono alcuni
ritratti di personaggi, da Francesco Saverio Nitti a Giovanni
Malagodi, da Gaetano Martino a
Luigi Albertini, da Novello Papafava a Roberto Lucifero a Mario
Pannunzio. Come si vede anche
dalla semplice citazione di questi
nomi, è l’intero universo liberale
oggetto del volume collettaneo: si
spazia dagli ambienti che succes-
Giuseppino De Roma
Massimiliano Kolbe
Messaggero
pp. 144 €. 8,00
Giovanni Malagodi
sivamente determinarono la scissione radicale, ad esponenti che
più propriamente erano azionisti o
liberalsocialisti (è il caso di Guido
Calogero), a rappresentanti della
destra liberale. Riflettendo su non
poche di queste pagine si ricava la
sensazione che vi fu un periodo,
diciamo fra l’autunno del 1946 e
l’inverno del ’47, in cui il partito di raccolta degli anticomunisti
avrebbe potuto essere non la Dc,
bensì un movimento d’ispirazione
più propriamente liberale. I risultati elettorali delle amministrative, soprattutto da Roma in giù,
lo confermano, con ampie messi
di voti a qualunquisti, liberali,
monarchici e altre liste ancora.
Pesavano, però, in maniera negativa i personalismi, soprattutto dei
“grandi vecchi”, sovente arroccati
nel ricordo degli eventi che condussero al fascismo e in più di un
caso ansiosi di occupare una delle
più elevate posizioni istituzionali.
Ciò avvenne con De Nicola, capo
provvisorio dello Stato e poi del
Senato, con tre suoi successori al
vertice di Palazzo Madama (Bonomi, Paratore e Ruini), mentre
rimasero frustrate le ambizioni di
Nitti e di Orlando; quanto a Croce, rifiutò il Quirinale, cui invece
assurse Einaudi. Dietro decine di
pseudo-partiti esistevano spesso
soltanto un pugno di aderenti, ma
ciascun titolare di una sigla rivendicava per sé un potere sproporzionato: l’infelice e improduttiva
frantumazione dei monarchici è
benissimo ritratta da Andrea Ungari in un paio di studi. Mancavano sia l’uomo unificatore, sia il
partito aggregante. I finanziamenti
erano deboli (diversamente andò
negli anni Cinquanta: si vedano le
documentate pagine di Giovanni
Orsina sull’ascesa di Malagodi
alla segreteria del Pli). L’incapacità di coerenti linee politiche, che
fossero soddisfacenti per gli elettori, fu clamorosamente attestata
dal disastroso dialogo che Giannini aprì con Togliatti, affossando,
di fatto, il qualunquismo. Mancavano politici che capissero le
esigenze concrete di una moderna
campagna elettorale, che fossero
cioè capaci di una produttiva propaganda. La visione di molti, nel
mondo liberale, era ancora quella
del collegio uninominale: fra l’altro, ai notabili meridionali (dotati di
un segui-
San Massimiliano Kolbe, risucchiato nella spirale
dell’odio e della violenza di uno dei regimi più
pazzi e sanguinari, quello nazista, ha saputo portare fino in fondo, con coraggio e coerenza, la sua
testimonianza di amore cristiano fin nel simbolo
di tanta disumanità: il lager di Auschwitz, offrendosi di morire nel bunker della fame al posto di
un padre di famiglia.
Il libro è la biografia di padre Placido Cortese, franApollonio Tottoli
cescano conventuale e direttore del Messaggero di
Padre Placido Cortese
S. Antonio dal 1937 al 1943. L’importanza della sua
vittima del nazismo
figura è legata alla sua profonda umanità che si è traMessaggero
dotta in un forte impegno nell’aiuto e nel salvataggio
pp. 224 €. 14,00
degli ebrei e dei perseguitati politici durante l’occupazione tedesca in Italia. Braccato dalle forze naziste, fu
rapito e deportato a Trieste, dove, sottoposto a torture e interrogatori, morì nel 1944.
Aldo Valerio Cacco
Un clarinetto nel lager
Messaggero
pp. 136 €. 14,00
“Qui più il tempo passa più si allontana la speranza di rimpatriare. Proprio ora entra un soldato del
campo e vuole che suoni: ho suonato circa 20 minuti e per premio mi ha dato una razione di pane,
un pezzetto di burro e 2 sigarette. Meglio di così
non poteva andare. Anche oggi Iddio mi ha aiutato.
[...] Per adesso il clarino non lo vendo perché è
facile che questa settimana mi porti qualche cosa
da mangiare.”.
Questo libro non è frutto di fantasia. È un racconto che
nasce da una pagina di storia, dal ricordo di esperienze
infantili dell’autrice, bambina durante la seconda guerra
mondiale. Fiore Sforza rivive il terrore che la attanagliò
quando il quartiere San Lorenzo di Roma venne bombardato.
Fiore Sforza
Il nemico... amico
Messaggero
pp. 96 €. 7,50
to personale che in qualche caso
si mantenne per decenni) non
corrispondevano eguali potenzialità nel Nord. A imporsi fu la Dc,
che aveva un capo solo, all’altezza della situazione e capace della
necessaria sintesi, anche in virtù
del prestigio personale, mentre
fu la Chiesa a fornire i propagandisti, tramite Comitati civici
e parrocchie. De Gasperi e Pio
XII vinsero nel ’48, emarginando
pesantemente il mondo liberale (e
genericamente quello di destra)
in una condizione minoritaria destinata a durare fino al 1994. Fra
l’altro, questo spazio elettorale fu
sempre spappolato in più liste oppure in coalizioni male assortite,
come furono l’Unione democratica nazionale nel ’46 e il Blocco
nazionale nel ’48. La Dc assorbì
non solo elettori, ma altresì esponenti politici. Citiamo due soli, ma
palmari esempi: Cesare Merzagora, assurto poi alla presidenza
del Senato, e Giuseppe Medici,
ripetutamente ministro. In piccola misura vi furono spostamenti
a sinistra, nel Fronte popolare o
nello stesso Pci: frange azioniste,
una fetta di demolaburisti, singoli uomini di cultura (non è questo il caso dei cosiddetti fascisti
rossi, perché facenti parte di altro
schieramento, ma in fondo i
risultati furono simili).
Come sempre nel caso
di opere collettanee, il
valore dei singoli contributi è vario. Dobbiamo,
però, rilevare che spunti
Carla Liliana Martini
Catena di salvezza
Messaggero
pp. 108 €. 7,50
Alcide De Gasperi
d’interesse si ricavano così dalle pagine di Lucio D’Angelo sul
Partito democratico del lavoro,
fenomeno scarsamente studiato, come dall’analisi dell’azione
della destra liberale, culminata
nella segreteria di Lucifero, tratteggiata da Eugenio Capozzi.
Merita attenzione l’opera svolta
al governo dai ministri liberali,
puntualmente esaminata da Aldo
G. Ricci. Temi di solito poco
approfonditi sono trattati in due
relazioni da Andrea Ungari: i
rapporti fra liberali e monarchici
e l’impegno profuso da Alberto
Bergamini (uno dei non pochi dei
revenants del prefascismo). Meritori sono altresì i ripetuti richiami all’opera svolta fra il 1943 e
il ’45 dai liberali nel mondo resistenziale, stante pure la pluridecennale censura calata sulla figura del presidente del Comitato di
liberazione nell’Italia settentrionale, il liberale Alfredo Pizzoni.
Il libro
I liberali italiani dall’antifascismo
alla Repubblica, volume I, a cura
di Fabio Grassi Orsini e Gerardo
Nicolosi, Rubbettino ed., pp. 840,
€ 36,00
Dopo l’8 settembre ’43, Carla Liliana diciassettenne,
mentre quattro fratelli sono prigionieri, si impegna con le sorelle maggiori Teresa, Lidia e Renata,
nell’assistenza e salvataggio di soldati italiani e alleati allo sbando, operando nella rete di solidarietà che
aveva il suo riferimento in padre Placido Cortese,
frate francescano della Basilica del Santo, morto poco
dopo, martire.
Nell’ambito delle iniziative che intendono recuPaolo Damosso
perare la memoria della figura di padre Placido
Padre
Placido Cortese
Cortese, si inserisce questo lavoro, frutto di un’inMessaggero
chiesta che ha avuto inizio nell’ottobre 2004, in
pp. 96 €. 10,00
occasione dei sessant’anni dal rapimento del frate
di Cherso. Un’inchiesta entusiasmante che ci ha
fatto conoscere la storia di un sacrificio estremo
non ancora completamente svelata nei dettagli. Un
uomo che muore torturato per un unico motivo: non
tradisce.
Peter Rushforth
Kindergarten
Elliot
pp. 216 €. 16,00
È Natale. La gelida immagine che il televisore rimanda è quella del viso di una bambina che guarda
fuori dalla finestra di una scuola di Berlino. È un
ostaggio e sta per essere uccisa se le richieste dei
terroristi che hanno occupato l’edificio non saranno
accolte. In una piccola cittadina nel Suffolk, tre fratellini stanno per celebrare il Natale con la nonna paterna, ma quella scena rimanda loro un’altra immagine: quella della mamma uccisa pochi mesi prima in
un attentato terroristico.
“Se non avessi visto con i miei occhi non crederei
a certe cose; la ferocia umana giunge fin dove non
arriva quella delle belve. Che cosa non diviene il
cuore dell’uomo quando si allontana radicalmente
da Dio!”
Milena Zambon
Memorie
Messaggero
pp. 128 €. 8,50
Biondillo, Colombo
Manuale di
sopravvivenza del padre
contemporaneo
Guanda
pp. 245 €. 15,00
LIBRI DA LEGGERE
LIBRI
Un libro agile, scanzonato,
che parla di esperienze vissute in prima persona e che
dice in modo divertente cose
serie. Test e consigli pratici come nel più classico dei
manuali.
è
LEGGERE
A
trapposta la novità della
Rivoluzione Francese,
animata da «[...] una duplice pregiudiziale: individualismo antipartitico
da un lato, statalismo
anticorporativo dall’altro» (p. 39). Avviandosi a
conclusione l’esperienza
della Cristianità romanogermanica, il cosiddetto
Medioevo,
caratterizzata da una sostanziale
omogeneità culturale —
che conosceva fazioni
portatrici degli interessi
dei gruppi componenti
la società politica, ma
non partiti, espressioni
di diverse ideologie e
correnti di opi­­nione —,
si pone il problema di
che cosa tenga unita la
comunità. Per il filosofo
inglese Thomas Hobbes
(1588-1679) è la forza
del sovrano — colui che
è capace di farsi obbedire a qualsiasi costo e
d’imporre tutte le innovazioni —, per il pensatore e uomo politico
angloirlandese Edmund
Burke (1729-1797) è la
common law, espressione di una concezione
per cui la società è un
organismo vivente e un
prodotto storico, di cui
il re è il custode. «Burke opporrà ad Hobbes
Una casa senza biblioteca è
come una fortezza senza armeria
(da un antico detto monastico)
a cura di Maria Grazia D’Ettoris
C
la sapienza “politica“
della
giurisprudenza,
“orgoglio dell’intelletto
umano“, connessione nel
tempo fra le passate e le
future generazioni, combinazione dei principi
originari della giustizia
con l’infinita varietà dei
rapporti umani» (pp. 5051). Compagna ricostruisce innanzitutto la vicenda politica inglese della
seconda metà del secolo
XVII e il consolidarsi dei due partiti whig e
tory fra due opposte concezioni, espresse simbolicamente dal visconte
di Bolingbroke, Henry
Saint John (1678-1751),
e da Burke: «Rispetto
ad un costituzionalismo,
tutto intriso di perfezionismo, come quello di
Bolingbroke, si avverte in Burke il respiro di
un
costituzionalismo,
viceversa, tutto intriso
di storicismo» (p. 142),
cioè non ideato a tavolino ma attento alla realtà.
Illustra quindi i paralleli
svolgimenti politici in
Francia, dove prima con
il filosofo Jean-Jacques
Rousseau (1712-1778)
e gli illuministi, poi con
le vicende rivoluzionarie, si afferma l’idea
che solo lo Stato sia un
onservali nella tua
R. Gritti, G. Anzera
I partigiani di Ali
Religione, identità e politica
nel mondo sciita
Guerini & Associati
pp. 207 €. 21,00
Il “risveglio sciita” allarma l’Occidente.
Sciita è infatti l’Iran, e anche la leadership irachena. Sciiti sono gli Hezbollah, il
“partito di Dio”, e i governanti siriani. È
importante perciò comprenderne a fondo
la natura complessa e contraddittoria: da
un lato una spiritualità profonda e veemente, dall’altro una ricerca di modernità,
di trasformazioni profonde.
sistema giuridico originario e che tutto il resto
esista solo in funzione
della sua concessione.
La rappresentanza nazionale ideata dall’abate
Emmanuel-Joseph Sieyès
(1748-1836) nasce come
forma assembleare della
volontà generale, fondata
sull’assenza di partiti e di
fazioni. «Una missione di
vigilanza e interdizione
antipartitica, consapevolmente esercitata in parlamento in coerenza ed in
continuità con quella anticorporativa da svolgersi
nella società: ecco il cuore del nuovo mandato rappresentativo, che non ha
nulla a che fare col vecchio mandato imperativo
proprio per questa assoluta individualità e globalità di ambito» (p. 191).
Chiudono l’opera tre appendici — sul pensiero
politico di Gaetano Mosca
(1858-1941), Vittorio de
Caprariis (1924-1964) e
Mario Paggi (1902-1964)
—, ricavate da interventi
dell’autore a convegni di
studio, che consentono di
ripercorrere anche in Italia e nel secolo XX momenti significativi della
riflessione sui partiti.
B
A cura di Susanna Pasticci
Parlare di musica
Meltemi
pp. 263 €. 21,00
In quanti e quali modi si può parlare di
musica? Gli scritti raccolti in questo volume ci restituiscono una mappa articolata
dei discorsi sulla musica che popolano il
panorama della riflessione contemporanea, tenendo conto della molteplicità di
situazioni, destinatari e contesti mediatici
che di volta in volta sono chiamati a veicolarli.
Renzo Guolo
Generazione del fronte e altri saggi
sociologici sull’Iran
Guerini & Associati
CULTURA
L’idea dei partiti da Hobbes a Burke
poco più di venti
anni dalla prima
edizione
viene
riproposta al pubblico
l’opera di Luigi Compagna, L’idea dei partiti
da Hobbes a Burke (Città Nuova, Roma 2008,
pp. 282, euro 16,00), che
«[...] si presenta quanto
mai attuale nel panorama
italiano della riflessione
politica», come osserva
nella sua Introduzione
Rocco Pezzimenti, docente di Filosofia politica
presso l’Università del
Molise Compagna, ordinario di Storia delle dottrine politiche alla LUISS
Guido Carli di Roma,
condirettore della rivista
di cultura liberaldemocratica Libro aperto, parlamentare, affronta il tema
dei partiti e più in generale dell’impegno politico
e dei suoi risvolti morali,
all’interno della grande
cornice di riferimento
costituita dall’esperienza britannica e da quella
francese. Allo sviluppo
costituzionale
inglese,
che vede affermarsi un sistema di partiti che «[...]
si alternano al governo
senza pretendere di rifondare lo Stato secondo la
loro ragione e passione di
parte» (p. 38), viene con-
11
INSERTO
N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio
Francesco Pappalardo
pp. 153 €. 16,50
Quella iraniana è una società complessa,
caratterizzata da trasformazioni profonde e dalla presenza di importanti attori sociali che con la loro azione incidono anche sugli equilibri politici. Tra questi il
clero, le donne, e la “generazione del fronte”, i veterani
della lunga e sanguinosa guerra Iran-Iraq: attori ai quali
è rivolto lo sguardo di Renzo Guolo. Come i giovani e
giovanissimi divenuti adulti sul campo di battaglia, che
hanno dato vita al fenomeno del “martirio” su larga scala, simboleggiato dal sacrificio degli adolescenti che si
lanciavano in massa sui campi minati durante la guerra,
per aprire varchi alle truppe che seguivano. Alcuni dei
protagonisti di quella guerra esercitano importanti ruoli
politici e militari nell’armata dei Pasdaran e nelle istituzioni della Repubblica Islamica, ma la maggioranza dei
veterani è rimasta in silenzio, piena di rancore per la “rivoluzione tradita”, delusa da un regime che sembra aver
dimenticato il loro sacrificio. Generazione che è tornata
a far sentire la sua voce contribuendo in modo decisivo
all’elezione a presidente della Repubblica di Mahmoud
Ahmadinejad.
Angelantonio Spagnoletti
Storia del Regno
delle Due Sicilie
Il Mulino
pp. 356 €. 14,00
La storia del Regno delle Due Sicilie è
compresa in poco più di un secolo: dal 1734, quando don
Carlos di Borbone si insediò a Napoli come primo re di
un regno autonomo, dopo due secoli in cui il sud d’Italia
era stato dominato dalla Spagna e dall’Austria, all’ottobre 1860, quando un plebiscito sancì l’unificazione al
regno dei Savoia. Dopo un inquadramento fattuale del
Regno, questo libro prende in esame la dinastia borbonica e la nobiltà, nonché i re “napoleonidi” che regnarono
nel decennio francese (1806-15), e studia la struttura amministrativa della monarchia, il rapporto con la Chiesa,
la riforma costituzionale, il conflitto con la parte siciliana del Regno, la situazione economica. Vengono infine
sintetizzati gli eventi che portarono al dissolvimento del
Regno dinanzi all’impresa garibaldina.
iblioteca
Paride Leporace
Toghe rosso sangue
Newton & Compton
pp. 320 €. 12,90
Tra il 1969 e il 1995 sono stati ben venticinque i magistrati italiani che la criminalità organizzata ha brutalmente assassinato, e solo perché “colpevoli” di servire lo
Stato. Venticinque vite umane sacrificate
sull’altare di oscuri disegni eversivi e colpite senza pietà, vittime cancellate dalla
memoria collettiva.
Ivan Cavicchi
A cura di G. Bonamente, G.
Cracco, K. Rosen
Costantino il Grande tra
medioevo ed età moderna
Il Mulino
pp. 405 €. 28,00
Parlare di Costantino nel passaggio
dall’età medievale a quella moderna significa riconsiderare il “battesimo di Silvestro”, la fondazione di Costantinopoli,
la “translatio imperii” e la “Donazione di
Costantino” per indagare sull’impiego
che l’età moderna ha fatto e fa dei vari
“miti” concernenti questo imperatore.
Fulvio Conti
Massoneria e religioni civili
Il Mulino
pp. 327 €. 26,00
Nell’affrontare un nuovo capitolo di storia della massoneria, Conti concentra la
propria attenzione non sulla vita interna
delle logge, ma sulla loro proiezione
nella sfera pubblica e su quell’insieme
di liturgie che, nel nome del laicismo e
del progresso, alimentarono una forma
di vera e propria religione civile.
In mezzo al petto tuo
Antropologia dei mondi
possibili
Dedalo
pp. 320 €. 16,00
Questo libro si potrebbe collocare tra gli
studi di antropologia interpretativa. È un
viaggio straordinario nei significati più
profondi e arcaici della cultura contadina e,
allo stesso tempo, la proposta di una nuova
metodologia di analisi: l’antropologia dei
mondi possibili. La novità fondamentale
del volume è quella di interpretare per la
prima volta i testi contadini che sino ad ora
sono stati semplicemente raccolti e inventariati.
Ignazio E. Buttitta
Verità e menzogna dei
simboli
Meltemi
pp. 232 €. 27,00
Cosa sono e come funzionano i simboli?
Quali sono i meccanismi di trasmissione
dell’immaginario e la sua rilevanza sociale? Quali il ruolo e il perimetro del sacro,
del mito, della magia e della religione in
certi ambiti, erroneamente percepiti come
marginali, della società contemporanea?
Quali le strategie di trasmissione della memoria culturale e i meccanismi di
produzione e riproduzione dell’identità
comunitaria?
A cura di riccardo Bottoni
L’impero fascista
Italia ed Etiopia (19351941)
Il Mulino
pp. 615 € 34,50
A settant’anni dai fatti l’“Impero fascista”
in Etiopia rimane un terreno esplorato ancora solo in parte. I meccanismi dell’occupazione, i processi di modernizzazione
delle società nell’Africa orientale, le repressioni e le stragi della “polizia coloniale”, le pratiche di politica razziale e
sessuale dei vincitori contribuiscono, con
l’ausilio anche di qualche sondaggio sul
campo, a rappresentare in questo volume
il quadro della dominazione italiana.
Economia
12
A cura di Gianfranco D’Ettoris
Solo con meno tasse anche
meno sprechi
Corrado Sforza Fogliani
Presidente Confedilizia
O
N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio
bama, dunque, ha
spiazzato tutti: ridurrà le imposte,
da subito, per un importo
di 313 miliardi di dollari
(ne beneficerà - in ragione
di mille dollari - il 95 per
cento degli americani) e
varerà - anche - un credito
fiscale di 3mila dollari per
ogni posto di lavoro creato.
Sulla stessa linea delle riduzioni di tasse la Germania, e pure Gordon Brown
(tagli dell’Iva). Ma da noi,
tutto tace, sul fronte. Fra
le “10 idee per far ripartire
l’Italia”, Panorama - vicino
al Governo, com’è noto - ha
messo, al punto 1, “Meno
tasse, ovvio” (testualmente). Ma niente, finora, anche
dopo questo esplicito (ed
autorevole) invito, s’è mosso. E bisogna chiedersene la
ragione. Influiscono, certo,
improvvise conversioni ad
un neostatalismo moraleggiante (che ha, però, più il
sapore di una coatta excusatio non petita che altro).
Determinante, forse, è anche la temuta deflagrazione del federalismo fiscale
(se piace a tutti - Regioni,
Province, Comuni e perfino
Consorzi di bonifica - comporterà, è evidente, un aggravio fiscale, al quale non
si può tagliare l’erba sotto
i piedi, in anticipo). Sarà
anche per tutto questo, o in
parte per questo. Ma la ragione vera del perchè in Italia non si riducono le tasse,
va ricercata altrove: va ricercata nel fatto che prevalgono gli interessi di categoria, delle corporazioni o
consorterie che dir si voglia
(che ricercano agevolazioni
di parte - che valorizzino il
loro ruolo - e, quindi, non
generali). Il risultato è che
non c’è nessuna rivolta neppure contro la constatazione che - come ha segnalato
Carlo Lottieri dell’Istituto
Bruno Leoni - da noi le imprese siano costrette a destinare agli obblighi fiscali
ben 360 ore contro le 105 in
Gran Bretagna (c’è, anzi, il
dubbio - insinua qualcuno
- che le corporazioni siano
contente degli adempimenti
a carico dei loro organizzati, per poter correre loro in
soccorso...). Ed è pure significativo che nel nostro
Paese la quota destinata a
sussidi ed agevolazioni settoriali rappresenti lo 0,4
per cento del Pil, contro
lo 0,2 in Gran Bretagna.
Di produttività della spesa pubblica, poi, neanche a
parlarne, così che ogni funzione anticiclica va a farsi
benedire. Nella spesa pubblica si privilegia il metodo
clientelare (da ultimo, con
i sussidi agli inquilini e la
costruzione di case popolari, piuttosto che - metodo
Obama per i posti di lavoro
- con la cedolare secca) e si
sa solo dare il cattivo esempio (il termine per la messa in sicurezza degli edifici
scolastici - un termine già
scaduto da anni e anni per i
privati - è stato rinviato nel
2007 per la quinta
volta, fino alla fine
Giancarlo Galli
Nella giungla degli gnomi
Garzanti
pp. 377 €. 18,60
Per anni gli “gnomi”, ovvero i signori
della finanza, hanno cantato anche in
Italia le virtù di un mercato del denaro
in perenne crescita, le occasioni offerte
dai nuovi prodotti derivati, la necessità di accorpamenti ed espansioni in altri mercati. Tutto quello che l’”ottobre
nero” del 2008 sembra aver spazzato via
per sempre. Ma che cosa hanno fatto in
questi anni i protagonisti della nostra finanza?
Robert Leonardi, Raffaella Y.
Nanetti
La sfida di Napoli
Guerini & Associati
pp. 244 €. 23,00
Questo volume di ricerca applicata si
propone di contribuire alla sfida civile
per la trasformazione di Napoli in una
grande capitale moderna, a partire dalla
riconquista dei suoi quartieri, sottraendoli a un futuro di violenza e sottosviluppo.
I risultati esposti, frutto di un decennio
di lavoro nel quartiere periferico di Pianura a Napoli, connettono l’aumento del
capitale sociale a conquiste di sviluppo
sostenibili nel tempo, poiché incidono
sul problema della mancanza di sicurezza, contenendolo.
Massimo scoperto e
contributi di bonifica
di quest’anno). Che fare,
dunque? La conclusione è
semplice: è che in questa
contingenza che il mondo
sta attraversando, la riduzione delle tasse è maggiormente giustificata e, anzi,
maggiormente
necessaria.
Anzitutto, per dare una boccata di ossigeno all’economia reale. In secondo luogo,
per ridurre la spesa, per affamare la “bestia”, e quindi per eliminare gli sprechi
(che sono tanti, e intollerabili, a cominciare da quelli
di quel sistema delle autonomie locali che si appresta
a sedersi - giulivo - alla tavola imbandita del nascente
federalismo non competitivo, e proprio per questo gradito). Il discorso, a questo
punto, è dunque ritornato al
punto di partenza, alle tasse. Gli sprechi si riducono
in un modo solo: riducendo
la fiscalità, tributi o contributi (come quelli di bonifica) che siano. Bisogna avere (ed in un momento come
questo non si tratta neppur
più di una scelta, ma di un
dovere morale) questo coraggio, e basta. Se politici
e burocrati avranno meno
soldi a disposizione, per
forza di cose dovranno cominciare a tagliare dagli
sprechi. Inutile attardarsi su
discorsi diversivi (selezione
delle spese, prioritaria individuazione degli sprechi e
così via argomentando, tanto per far niente). Solo il
taglio generalizzato, e progressivo, delle tasse può nel
contempo ridurre la spesa
(e gli sprechi in primo
luogo).
U
tilità
Paolo Gualtieri
Le aggregazioni tra banche in
Europa
Il Mulino
pp. 196 €. 16,00
Il processo di concentrazione del sistema
bancario in Europa, iniziato più di vent’anni fa, ha conosciuto la sua massima espansione proprio negli ultimi anni. Tuttavia,
la recente crisi finanziaria ha sollevato il
tema dell’effettiva capacità delle banche
di sostenere i rischi e i costi connessi alle
aggregazioni e alla internazionalizzazione, nonché quello della possibilità di generare valore grazie alla nascita di gruppi
bancari europei di dimensioni rilevanti.
Emilia Valli
La cucina del Veneto
Newton & Compton
pp. 510 €. 24,90
Raffinata e originale, la tradizione gastronomica veneta si fonda essenzialmente su
quattro “pilastri”; la polenta, il baccalà, il
riso e i fagioli, ai quali vanno ad aggiungersi tutta una serie di gustosi elementi
legati alle produzioni locali. Se nella fascia costiera predominano, come è ovvio, i
piatti a base dì pesce e crostacei, nella parte pianeggiante e collinare della regione la
cucina tradizionale fa largo uso di carni,
bovine e suine soprattutto, mentre la zona
montana, ricca di ovini, è la patria dì formaggi come l’Asiago.
S
econdo la definizione che
ne danno gli studiosi, la
commissione di massimo scoperto ha la funzione - per
come intesa - di compensare la
banca dell’onere di dover essere
in grado di far fronte agli utilizzi che eventualmente superino il
credito concesso (scoperti e sconfinamenti di conto). Le Commissioni parlamentari che se ne sono
interessate l’hanno comunque
cancellata (e gli effetti, in termini
di aumento del costo del credito,
si vedranno presto: nessun pasto,
infatti, è gratis). Ma non di questo intendevo parlare. Intendevo
da questo trarre solo spunto per
dire: la commissione in parola,
dunque, la si è voluta cancellare
perché ritenuta iniqua. E va bene.
Ma c’è qualcuno dei parlamentari
che questa abolizione hanno votato, che ritiene che i Consorzi di
bonifica - ad esempio - applichino
la contribuenza (obbligatoria) in
modo ineccepibile? Che l’ “opera” dei Consorzi giustifichi davvero gli stessi a imporre contributi obbligatori per intere città? Che
sia giusto che i Consorzi utilizzino una norma del 1933 (quando le
bonifiche - e quelle erano davvero
bonifiche - erano due o tre in tutta
Italia) per emettere cartelle esecutive, da nessuno controllate?
Che sia giusto che, per non pagare, occorra fare una causa? Sanno,
i parlamentari in questione, che le
sentenze che hanno dato torto ai
Consorzi si sprecano? Che i più
pagano solo per non andarsi a
mettere in un (infinito) contenzioso giudiziario? I parlamentari
che hanno deciso la soppressione
della commissione di massimo
scoperto avranno sentito, in proposito, mille proteste (più o meno
in buonafede), e hanno deciso in
conformità. Ma non hanno mai
Paul De Grauwe
Economia dell’Unione
monetaria
Il Mulino
pp. 312 €. 24,00
Il manuale offre un panorama completo
delle numerose e multiformi questioni
connesse con la costruzione dell’Unione
monetaria in Europa e con il suo funzionamento. Particolare attenzione viene
dedicata agli eventi recenti sia politici sia
economici, in una rigorosa analisi che valuta costi e benefici dell’UEM.
Daniela Triggiano
Introduzione a Max Weber
Meltemi
pp. 239 €. 22,00
Dalla storia all’economia, dal diritto alla
sociologia, ancora oggi Max Weber padroneggia in ciascun ambito un’erudizione
straordinaria, che gli consente di dar vita
a una produzione fra le più significative e
vaste del suo tempo. Molte delle sue opere restano insuperate per l’ampiezza degli
interessi e il rigore scientifico, tanto che il
confronto con le sue teorie è inevitabile per
chiunque si muova all’interno della disciplina sociologica.
sentito proteste a proposito dei
contributi obbligatori di bonifica? Non grida vendetta il fatto
che debba fare causa chi sostiene
di non dover pagare, e non, invece, chi pretenda il pagamento
(come di norma capita)? Non è
giustizia denegata (moralmente
ripugnante) che molti paghino
solo perché costa di più fare causa? Perché, allora, si interviene
per la commissione di massimo
scoperto e non si interviene per i
contributi di bonifica? Qualcuno
dice che è solo per tenersi buoni gli agricoltori, che sono i veri
beneficiari dell’azione irrigua dei
Consorzi, dove c’è. Ma non vogliamo crederlo. I più ritengono
che ai politici, specie regionali,
torni comodo far costruire opere
di interesse pubblico ai Consorzi, chiamandole formalmente di
“bonifica” solo per farle pagare,
attraverso questo “giochetto”,
ai proprietari di casa e salvarsi
così, per utilizzarli in altro modo,
i fondi della fiscalità generale.
Sia quel che sia, i parlamentari con l’abolizione del massimo
scoperto hanno ritenuto di fare
cosa giusta e hanno fatto bene,
secondo questo orientamento, a
farla. Tanto, sparare sulle banche
non è poi, oggigiorno, un atto di
eroismo...: e presto si capirà, se
qualcuno non l’avesse ancora capito, a che ci porterà questo sport
nazionale, ormai così largamente
e impunemente praticato. Ma la
cosa è accettabile solo se quegli stessi parlamentari metteranno subito mano, con altrettanta
lena, ai contributi di bonifica, per
esempio, come già detto. Differentemente, che idea può farsi di
loro l’opinione pubblica? Staremo a vedere, ma la fiducia non
è, per le ragioni già esposte, al
massimo.
Paul Bowles
Il capitalismo
Il Mulino
pp. 208 €. 12,50
La nostra epoca è dominata da un sistema economico senza più rivali: dopo il
crollo del blocco sovietico, sulla scena
mondiale il capitalismo è rimasto protagonista unico. Ma che cosa sappiamo
veramente di questo immane fenomeno? Molti utili chiarimenti sono forniti
da questa piccola guida al capitalismo
come processo economico e come ideologia. E’ un sistema “naturale”, che promuove la libertà, o una grande fucina di
squilibri e disuguaglianze?
Alberto Pera
Concorrenza e antitrust
Il Mulino
pp. 148 €. 8,80
Al di là delle crisi, il mercato e la concorrenza sono considerati il motore dello
sviluppo economico ed elementi fondamentali di una società liberale. Ma il
mercato concorrenziale non si instaura da
solo: richiede una struttura istituzionale e
normativa che lo favorisca e lo protegga.
Non è un caso che la prima normativa antitrust nasca in una democrazia liberale
come gli Stati Uniti con lo Sherman Act
del 1890.
Cultura
N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio
ß
Immagine di Nostra Signora
di Guadalupe che si venera in
Messico
Renzo Allegri
L
’Incontro mondiale delle
famiglie a Città del Messico, (16-18 gennaio) ha
registrato una partecipazione
imponente, a dimostrazione di
quanto sia vivo, nel popolo cristiano, nonostante tutto, il valore famiglia anche nel nostro
tempo. E’ il sesto incontro mondiale delle Famiglie, che si ripete ogni tre anni. Quest’anno il
tema era: “La famiglia, formatrice ai valori umani e cristiani”.
Gli ultimi due giorni si sono
svolti presso la Basilica della
Madonna di Guadalupe, il santuario mariano più frequentato,
12 milioni di pellegrini l’anno.
La Madonna di Guadalupe ha
una grande importanza nella vita
religiosa dei cattolici dell’America Latina. Tutti i messicani
sono devoti della Madonna di
Guadalupe. La storia di quel
santuario, che sorge alla periferia della Capitale messicana,
ebbe inizio nel dicembre del
1531. Un indio, Juan Diego, un
contadino di 57 anni (dichiarato
santo da Giovanni Polo II nel
2002), mentre si recava in chiesa, cominciò a incontrare una
bellissima ragazza che lo salutava e gli sorrideva. Una mattina
quella ragazza si presentò dicendo: “Io sono la Perfetta Sempre
Vergine Maria, la Madre del Verissimo e unico Dio” e chiese
che in quel luogo venisse eretta
una chiesa in suo onore. L’indio
riferì tutto al vescovo, Juan de
Zumarraga, il quale non voleva
credere. E allora quella misteriosa ragazza disse a Juan di andare sulla montagna, cogliere
dei fiori e portarli al vescovo.
Diego obbedì anche se pensava
di non poter trovare fiori in quel
periodo di freddo rigido. Invece
trovò delle bellissime rose. Le
raccolse, le pose, nella sua tilma, una specie di rozzo grembiule che portavano i contadini
messicani, e andò dal vescovo.
Quando aprì la tilma, il vescovo
con tutte le altre persone che
erano presenti, videro formarsi
su quella rozza stoffa l’immagine della Madonna. Quella che si
venerà nella Basilica. Cadde in
13
Negli occhi della Madonna
di Guadalupe un messaggio
profetico per la famiglia
ginocchi e cominciò a credere ai
racconti del povero indio.
Quell’immagine venne portata
nella cattedrale ed esposta alla
veneraione del pubblico. La devozione si diffuse rapidamente,
anche perché si verificarono subito molti prodigi. Fu eretta una
cappella e in seguito un grande
santuario e di recente un altro
santuario ancora più grande per
poter ospitare i pellegrini che
ogni anno aumentano. L’immagine rappresenta una giovane sui
15 anni, alta 143 centimetri, con
carnagione un po’ scura e per
questo i messicani la chiamano
“Virgen Morenita”. I tratti del
viso non sono né europei né indio, ma presentano una perfetta
commistione di queste due razze. Si potrebbe dire che è una
perfetta meticcia, ma va ricordato che, allora, i meticci, frutto
appunto delle due razze, Atzeta
e europea, non esistevano ancora. Quell’immagine, quindi, nella sua configurazione fisica, era
profetica, rappresentava la razza
meticcia che sarebbe venuta in
seguito e che costituisce la popolazione messicana di oggi. E
così come misteriosamente si
era formata, continuò a presentare sempre più stupefacenti
anomalie. Fin dall’inizio, attrasse la curiosità dei più attenti osservatori. La tilma era di un tessuto di fibre di agave, che in
genere venivano adoperate per
fare corde. Una volta ritorte,
quelle fibre davano dei fili aspri,
duri e molto resistenti. Il tessuto
che si otteneva, perciò, era rozzo, assolutamente non adatto ad
essere dipinto. E molti, osservando l’immagine, si chiedevano come mai fosse stato possibile ottenere una figura così bella
su una tela tanto rozza. Cominciarono le ricerche. Prima fatte
da pittori curiosi, poi da medici
e scienziati e vennero così alla
luce caratteristiche misteriose e
assolutamente inspiegabili con
le conoscenze scientifiche umane. Il mistero è andato via via,
lungo i secoli, sempre più evidenziandosi e ingigantendosi,
fino a diventare uno degli enigmi più sconcertanti che si conoscano. Nel 1936, il professor
Richard Kuhn, diret­tore della
sezione di chimica del Kaiser
Wilhelm Institut di Heidelberg,
che due anni dopo, nel 1938,
avrebbe ottenuto il premio Nobel per la chimica, dimostrò in
maniera scientificamente inoppugnabile che sulle fibre di quella tela non vi è traccia di coloranti di nessun tipo, né vegetali,
né animali, né minerali. Quel
quadro non poteva essere stato
dipinto da mano umana. Ma il
fenomeno più sorprenden­te riguarda le scoperte fatte nelle pupille della Vergine. Nel 1929, il
fotografo Al­fonso Marqué Gonzales, stu­diando alcuni negativi
del­l’immagine, osservò che, con
l’aiuto di una grossa lente di in-
grandimento, nel­l’occhio destro
della Madon­na si vedeva distintamente una figura umana. La
scoperta destò scalpore. Altri fotografi cercarono di chiarire il
fatto, scoprendo anche altre immagini. Se ne interessarono anche medici. E’ noto che nell’occhio umano si formano tre
immagini riflesse degli oggetti
osservati. Si chiamano “immagini di Purkinje-Sanson” dai
nomi dei due ricercatori che scoprirono questa caratteristica
dell’occhio umano nel secolo
XIX. Due di quelle immagini
fatti sugli occhi della Madonna
e volle interessarsene. Da allora
ha dedicato tutte la sua vita agli
studi sugli occhi della Madonna
di Guadalupe. Servendosi di
strumenti elettronici d’avanguardia, di quelli, per intenderci, adoperati anche dalla Nasa
per decifrare le foto inviate dai
satelliti nello spazio. Ha studiato il fenomeno in tutti i suoi
aspetti ed ha scoperto che negli
occhi dell’immagine della Madonna di Guadalupe sono presenti le sagome di diverse persone e si vede ben distinta una
ß
aprire il proprio mantel­lo. Egli è
rivolto in direzione dell’anziano
calvo. E’ la scena di quando Juan
Diego portò le rose al vescovo. La
Madon­na era presente, la scena
che vedeva era nei suoi occhi e rimase fissata nelle pupille dell’immagine che misteriosamente in
quel momento si impresse sulla
tilma di Juan. Nella descrizione
dei vari personaggi osservati negli
occhi della Madonna, l’in­gegnere
José Aste ha individuato anche
una giovane negra. Questo particolare mise in allarme gli studiosi
in quan­to al tempo dell’apparizione, in Messico, non c’erano ne­gri.
Ma successive ricerche hanno
chiarito il piccolo giallo. Dal testamento del vescovo Juan de Zumarraga si è appreso che egli aveva al suo servizio una schiava
ne­gra, alla quale, prima di mo­rire,
volle concedere la liber­tà per i
I due santuari, uno accanto all’altro, dedicati a Nostra Signora di Guadalupe
sono “diritte”, una sulla superficie esterna della cornea, la seconda sulla superficie esterna
del cristallino. La terza, che si
forma rovesciata, appare sulla
superficie interna del cristallino.
In teoria, tali immagini riflesse,
oltre che negli occhi di una persona vivente possono essere viste anche in una fotografia della
stessa, ma non potevano certo
vedersi negli occhi di un volto
umano “dipinto” su una tela. Eppure, nelle pupille della Vergine
di Guadalupe, immagine che risale al 1531, si vedevano le sagome di alcune persone. Nel
1979 arrivò in Messico un ingegnere peruviano, José Aste Tonsmann. Uno scienziato ad alto
livello, che alcuni anni fa ho intervistato. Laureato in Ingegneria Civile all’Università Nazionale di Ingegneria del Perù,
aveva conseguito una seconda
laurea in Filosofia e, passato
all’Università Cornell, negli
Stati Uniti, si era specializzato
in Ingegneria dei Sistemi di ricerca attraverso il computer.
Aveva lavorato poi con grandi
aziende e tenuto corsi nelle più
prestigiose università americane. Era insomma uno dei ricercatori moderni più qualificati.
Rimase colpito dagli studi già
scena specifica: quella descritta
nei documenti del tempo, che
raccontano come si sia formata
l’immagine della Vergine sulla
tilma di Juan Diego. Negli occhi
dell’immagine della Vergine di
Guadalupe, il professor José
Aste Tonsmann ha evidenziato
nettamente un indio seduto,
nudo, con la gamba sinistra appoggiata al suolo e quella destra
piegata sopra l’altra, con i capelli lunghi, legati al­l’altezza delle
orecchie, orecchino e anello al
dito. Accanto a lui, un uomo an­
ziano, con la calvizie note­
volmente avanzata, la barba
bianca, il naso dritto, le so­
pracciglia sporgenti, e si ve­de
che una lacrima gli scen­de lungo
la guancia destra: in questo personaggio è sta­to identificato il
vescovo Juan de Zumarraga.
Alla sua sinistra, un uomo ab­
bastanza giovane, e si sup­pone
che si tratti di Juan Gonzales,
che fungeva da in­terrete per il
vescovo de Zumarraga. Più
avanti, appare il profilo di un
uomo in età matura, con barba e
baffi aderenti alle guance, naso
grande e marcatamente aquilino,
zigomi sporgenti, occhi incavati
e labbra soc­chiuse, che sembra
indos­sare un cappuccio a punta:
è un indio, colto mentre sta per
preziosi servizi che aveva avuto.
Accanto ai personaggi “storici”,
José Aste ha individuato anche
una seconda scena, staccata dalla
prima, quasi in secondo piano,
con un gruppo di persone anonime, che potrebbero rappresentare
una famiglia atzeca composta da
padre, madre, nonni e tre bambini.
Riflettendo sulle sue straordinarie
scoperte scientifiche, il dottor
José Aste, avanza, da credente,
un’ipotesi suggestiva. Dice che le
scene scoperte nelle pupille
dall’immagine potrebbero costituire un “messaggio” della Madonna di Guadalupe. «Un messaggio destinato proprio al nostro
tempo», dice l’ingegnere «perché
la Vergine sapeva che solo con la
tecnologia moderna si poteva evidenziare il segreto racchiuso negli
occhi di quella sua immagine. La
scena delle figure anonime potrebbe indicarci l’importanza
dell’unione della famiglia e dei
suoi valori; la presenza nello
sguardo della Madonna di persone di razze diverse, potrebbe essere un monito antirazzista; la tilma
che, per gli atzechi, era più uno
strumento di lavoro che un indumento vero e proprio, potrebbe
essere un invito a servirci della
tecnologia per diffondere la parola di Cristo».
Religione
14
N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio
Il pensiero filosofico di Romano Amerio
Piero Mainardi
C
on l’elezione alla Cattedra di
Pietro da parte di Joseph Ratzinger la Chiesa cattolica sembra
attraversare un grande rinnovamento
segnato dal recupero del grande patrimonio liturgico, spirituale, filosof\ico,
teologico e più genericamente culturale e sapienziale, che ha accompagnato
la Chiesa cattolica nella sua esperienza
bimillenaria, che sembrava drammaticamente recisa – nella prassi e nel pensiero - dal fallimento dell’esperienza
tumultuosa e disordinata del postconcilio. I temi portanti di questo pontificato
segnato dalla lotta contro il relativismo
etico e morale determinato dall’indebolimento o misconoscimento della facoltà
della ragione di cogliere la verità delle
cose e la Verità, cioè la capacità di vedere nel Logos, ossia nel principio della
ragione divina creatrice e redentrice, il
fondamento della conoscenza non poteva che indurre ad una riscoperta del
pensiero di un grande filosofo cattolico come il luganese Romano Amerio
(1992-1997), che del Logos aveva fatto
il centro della sua riflessione filosofica e teologica. Iota Unum, la sua opera
principale, (ma anche il suo seguito Stat
Veritas, entrambi, purtroppo, introvabili) è lo specchio fedele della drammatica crisi, della babele morale e dottrinale,
che la Chiesa e il cattolicesimo hanno
attraversato (e stanno attraversando)
negli ultimi quarant’anni. Iota Unum,
edito nel 1986, è presentato dall’autore
come uno studio sulle variazioni della
Chiesa cattolica nel XX secolo e sebbene sia stato concepito fin dal 1935
è pleonastico dire che la quasi totalità dei documenti di magistero presi in
considerazione sono nella quasi totalità
conciliari e postconciliari. Benché autore serio, coltissimo, quasi impersonale
nello stile, fedele alla Chiesa pur nella
sofferta rilevazione che certe variazioni da lui colte tendevano a snaturare la
Dannells Godfried
Non abbiate paura
Edb
pp. 72 €. 4,90
A volte si punta il dito anche contro il cristianesimo e più di una persona ha preso le
distanze dalla propria educazione cattolica,
ritenendola responsabile di ‘tarpare le ali’
rispetto alla possibilità di inseguire i propri desideri. Il cardinale Danneels invita ad
andare alle vere cause di tanto malessere, a
non conformarsi alla mentalità del secolo, a
superare un’immotivata condizione di vergogna, a non avere paura di annunciare a
chiare lettere il messaggio del Risorto: “La
pace sia con voi!”.
Renato Zilio
Lettere da Gibuti
Messaggero
pp. 88 €. 7,00
Questa serie di riflessioni di padre Renato, missionario a Gibuti, ci permette di
gustare un po’ la realtà di una minuscola Chiesa in terra d’Islam. Queste pagine
aiuteranno infatti il lettore a incontrare un
mondo diverso dal mondo in cui vive. Le
Afriche ci ricordano “Non abbiamo avuto
lo stesso passato, voi e noi, ma avremo
necessariamente lo stesso futuro” (Dalla
postfazione di Giulio Albanese).
sua stessa essenza, è stato coperto dalla peggiore moneta intellettuale che gli
potesse capitare, cioè dalla congiura del
silenzio, un silenzio pressoché assoluto
tanto più che una recensione positiva
preparata per l’Osservatore Romano non
venne mai pubblicata. Questa congiura del silenzio, nel rinnovato clima suscitato da Benedetto XVI, si è rotta. Il
cattolicesimo che ha tollerato e ancora
tollera tra le sue fila, anche gerarchiche,
tanta insipienza e tanta insubordinazione su tutti i piani non può permettersi di
continuare ad ignorare la profondità e la
serietà delle analisi in relazione alla crisi nella quale la Chiesa è sprofondata. A
dieci anni dalla sua morte il centro studi
Oriente Occidente ha infatti organizzato un convegno ad Ancona il 9 novembre 2007 “Romano Amerio, il Vaticano
II e le variazioni nella Chiesa cattolica
del XX secolo”, a cui hanno partecipato il vaticanista de L’Espresso Gianni
Magister, i filosofi Matteo D’Amico,
Luigi Sacchi e Enrico Maria Radaelli
(allievo di Amerio), l’arcivescovo Luigi Marchetto, il filosofo mons. Antonio
Livi e il teologo don Piero Cantoni. Gli
atti del convegno sono stati editati dalla
casa editrice Fede & Cultura (pag. 145,
E. 20,00) con, in appendice, uno scritto di Romano Amerio, La questione del
Filioque. Ovvero la dislocazione della
divina Monotriade, che rappresenta un
sunto del pensiero del filosofo luganese sulle radici teologiche della crisi del
cattolicesimo e più in generale della modernità. Una radice teologica secondo
Amerio perché il cattolicesimo è stato
trasformato da religione del Verbo in
religione dell’Amore, sebbene il prologo del Vangelo di Giovanni asserisca
che “In principio era il Verbo”, dunque
non l’amore. Rovesciare il primato della conoscenza del Verbo con il primato
dell’amore significa, spiega Amerio,
manomettere la Trinità divina, perché se
non si fa discendere lo Spirito (l’amore) dalla precedente contemplazione del
Verbo, quindi dalla conoscenza della Ve-
I
L
rità, così come la dottrina trinitaria insegna, si finisce per negare il Filioque. Se
lo Spirito procede dal Figlio (Gesù dice
che sarà Lui a mandarci lo Spirito) vuol
dire che c’è Qualcuno che lo precede.
Tale inversione presenta conseguenze
pratiche enormi. Se è l’amore ad avere
il primato sulla conoscenza, la capacità
della ragione si annienta e prende il sopravvento l’azione per l’azione, il fare
e il divenire. È l’eresia che è in radice a
tutti i totalitarismi ed è l’eresia che svilisce l’amore cristiano in un amore senza contenuti, un amore per l’amore, il
dialogo per il dialogo, un fare per il fare
che non sente il bisogno di misurarsi su
una Verità oggettiva da cui trarre criteri ed ispirazione per agire. Amerio e chi
come Radaelli e D’Amico aderiscono
alla critica Ameriana non si limitano a
puntare il dito solamente sul plateale ed
arbitrario sovvertimento postconciliare,
ma individuano nello stesso Concilio
(anche se non integralmente) anche in
virtù dell’orientamento conferitogli dal
discorso di apertura di Giovanni XXIII,
nell’ottica della crisi, un problema. Un
problema questo, per un cattolico, che
ha il peso di un macigno e francamente andandosi a leggere i diari di alcuni
dei protagonisti (in genere annoverati tra i progressisti), e le ricostruzioni
degli eventi conciliari, per quanto tali
ricostruzioni siano state in genere operate e monopolizzate sempre dagli stessi
ambienti (vedi, come sottolinea mons.
Marchetto, l’officina bolognese di Dossetti e Alberigo), è difficile ignorare che
la genesi di certe situazioni nell’assise
conciliare e di certi testi non sono certamente troppo cristalline anche nelle
intenzioni rivelate a posteriori dai protagonisti. Se ci è passata la battuta possiamo ipotizzare che se sull’ortodossia del
Concilio vigila lo Spirito Santo in tale
contesto la terza Persona della Trinità
abbia dovuto svolgere gli straordinari
per garantirne (certamente riuscendoci) la fedeltà al magistero. Alla domanda che la riflessione di Amerio pone se
ibri dello
Francesca Paola Puleo
Quale comunione?
Divorziati risposati e sacramenti
Città Nuova
pp. 144 €. 9,50
Di fronte al diffondersi oggi di una mentalità divorzistica, si avverte la necessità di
offrire degli strumenti per comprendere la
posizione della Chiesa in tema di indissolubilità del matrimonio e di impossibilità
di accesso per i divorziati ai sacramenti. Il
libro vuol dare un contributo innanzitutto
alle coppie di divorziati risposati, ai parroci, agli operatori pastorali e a coloro che
desiderano affrontare con semplicità e delicatezza situazioni sempre più frequenti,
meritevoli di attenzione per il futuro della
famiglia e della società.
Réal Tremblay
La povertà che arricchisce
Edb
pp. 88 €. 7,00
La fede cristiana ama i paradossi: la forza
nella debolezza, la gloria nella croce, la vita
nella morte... e il titolo delle meditazioni ne
ripropone uno. “La fede cristiana non usa
questi paradossi per il piacere di provocare gli spiriti. Essa, in definitiva, sviluppa il
paradosso dei paradossi che la fonda: Dio
che si fa carne e la carne che diviene dio”
(dal Preambolo).
S
pirito
Anna Maria Cànopi
Le sette parole di Gesù in
croce
Paoline
pp. 40 €. 3,00
Meditare su queste “parole” insieme con
Maria ai piedi della croce è come immergersi nel grande mistero della redenzione
e diventarne una fedele manifestazione in
mezzo agli uomini del nostro tempo che
tanto facilmente passano distrattamente
accanto alla Croce, assorbiti da altre parole che lasciano il vuoto nel cuore.
Angela da Foligno
Il libro
Città Nuova
pp. 312 €. 9,50
Nel VII centenario della morte di Angela
da Foligno, si propone una nuova edizione della traduzione de Il Libro di Angela
da Foligno. È l’occasione per permettere ai
lettori di ripercorrere il singolare itinerario
di una laica - sposa e madre, poi vedova e
senza figli e, infine, terziaria francescana -,
dalla conversione alle più alte vette della
mistica e invogliarli a conoscere i luoghi
che la videro operare.
la Chiesa abbia variato la sua essenza,
domanda drammatica e dietro la cui risposta affermativa sembra aprirsi un
baratro di disperazione, risponde, credo
in modo risolutivo, don Piero Cantoni.
Senza entrare nei dettagli delle questioni da Amerio sollevate (anche lo stesso
Amerio si rende conto che non tutte le
variazioni da lui segnalate sono inaccettabili oppure fondamentali rispetto
all’essenza della fede) Don Cantoni rileva due criteri fondamentali: il primo
relativo alla promessa di Cristo rispetto
all’indefettibilità della Chiesa, il secondo riguarda il concetto di Tradizione
viva. La promessa di Cristo non può essere a tempo, dunque garantisce anche
sulla Chiesa fino alla fine dei tempi, nel
secondo caso don Cantoni, facendo tesoro della sua esperienza di Econe, rilevava che per combattere il protestantesimo infiltratosi nel cattolicesimo si
finiva per utilizzare la medesima mentalità: come i protestanti e i neoprotestanti
si affidano alla Sola scriptura finendo
per scegliere le parti che più gli aggradano, così nel mondo tradizionalista ci
si affida alla Tradizione scegliendo però
solo i documenti più idonei a sostenere
le proprie posizioni senza tenere conto
della Tradizione Viva che vive appunto
attorno al papa e al vescovo in carne ed
ossa. Una parola risolutiva sembra venire, ancora una volta, da Benedetto XVI.
Papa Ratzinger che è stato protagonista
del Concilio non nasconde la delusione rispetto alle aspettative e i problemi
che si sono venuti creando ma fornisce
anche una risposta e una indicazione
operativa. Nel suo discorso alla Curia
romana del 22 dicembre 2005 Benedetto XVI sostiene che tutto dipende dalla
giusta ermeneutica: «due ermeneutiche
contrarie si sono trovate a confronto e
hanno litigato tra loro. L’una ha causato confusione, l’altra, silenziosamente,
ma sempre più visibilmente, ha portato
frutti.“la prima è l’ermeneutica della discontinuità e della rottura”... la seconda
“l’ermeneutica della riforma” nella quale si manifestano sì elementi di discontinuità, ma senza abbandonare la continuità nei principi». Che il postconcilio, in
un certo senso, cominci solo oggi?
Duilio Farini
E’ morto per tutti
Via Crucis
Edb
pp. 40 €. 2,20
Preghiera iniziale. I stazione: Gesù è condannato a morte. II stazione: Gesù è caricato
della croce. III stazione: Gesù cade la prima
volta. IV stazione: Gesù incontra la Madre. V
stazione: Gesù è aiutato da Simone di Cirene. VI stazione: Gesù è asciugato dalla Veronica. VII stazione: Gesù cade la seconda
volta. VIII stazione: Gesù incontra le donne
di Gerusalemme. IX stazione: Gesù cade la
terza volta. X stazione: Gesù è spogliato
delle vesti. XI stazione: Gesù è inchiodato
in croce. XII stazione: Gesù, innalzato sulla
croce, muore. XIII stazione: Gesù è deposto
dalla croce. XIV stazione: Gesù è posto nel
sepolcro. Conclusione. Via Crucis di Cristo e
dell’uomo.
A cura di Luigi Guglielmoni
e Fausto Negri
L’amore più grande
Edb
pp. 36 €. 2,50
“Mazzolari parla con stile incisivo, immediato ed efficace, rivelando anche in
questi testi di essere uno scrittore che
non solo si fa leggere, ma che suscita riflessione e interpella il lettore a prendere
posizione. [...] L’augurio è che le riflessioni di don Mazzolari siano di aiuto ai
lettori ad incrociare lo sguardo di Cristo
in croce, per guardare poi dentro di sé e
intorno a sé con l’animo nuovo dell’amore” (dall’Introduzione).
N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio
Letteratura Mediterranea
INSERTO
Quando ci si può guardar soffrire e raccontare quello che si è visto, significa che si è nati per la letteratura.
Il giorno prima della felicità
Giovanna Crisà
E
rri De Luca, ritorna al
suo primo amore, il
romanzo. Feltrinelli,
infatti, pubblica “Il giorno
prima della felicità”, la storia
di Smilzo, un orfano nato negli anni della seconda guerra,
e forse, per come è strutturato il romanzo, una leggera
risposta a Saviano, autore di
Gomorra. Dal romanzo di De
Luca, infatti traspare l’amore per la sua Napoli colorata,
nottambula, e soprattutto per
F
la gente umile, che dopo la
guerra, ha dovuto lottare per
riacquistare la propria dignità. Smilzo, racconta in prima
persona la propria vita attorno alla quale si muovono una
serie di oscuri personaggi.
Don Gaetano, portiere del
palazzo nel quale il giovane
vive dopo essere stato adottato; una vedova che lo inizia
al sesso; Anna, una giovane
dalla personalità complessa.
Durante la sua evoluzione, da
bambino a uomo, Smilzo si
perderà in un vortice di emozioni, quali l’amore, l’odio,
la passione, la morte. Anna,
donna dalla personalità complessa, angelo e demonio allo
stesso tempo, che gli sussurra
dopo un pomeriggio d’amore:
“Tu sei il polline, ubbidisci a
me che sono il vento”. Ma
Anna non è che un vento gelido che sa di morte. Un Bellissimo romanzo, scritto con
quello stile asciutto che caratterizza Erri De Luca, il quale,
alla fine scrive: “L’uomo è un
bacino di raccolta delle storie,
più sta in fondo e più ne riceve”. Anche le storie ci aiutano
a vivere.
dimentica le storie che
il nonno , cantastorie di professione, gli
raccontava. In settecentocinquantuno pagine, troviamo decine
di storie, che spaziano
dal corano al vecchio
testamento, da omero
alle mille e una notte,
e perfino le fiabe italiane di Italo Calvino.
Gli Hakawati, sono i
cantori di storie, basta
uno spunto, perché una
storia diventi una vera
opera fantastica. Considerato Le mille e una
notte di questo secolo,
Il cantore di storie è
come un cofanetto, nel
quale magia, realtà e
fantasia sono conservate gelosamente.
Il cantore di storie
acciamo un salto
al 2008. Hakawati, il Cantore di
Storie, scritto da Rabih
Alameddine,
merita
l’attenzione dei lettori. Non solo perchè ha
unito la tradizione araba a quella americana,
ma perchè questo libro, è una vera poesia.
E’ la storia di Osama al
-Kharrat, che lascia gli
Stati Uniti, dove vive
da tempo, per recarsi
al capezzale del padre
a Beirut. L’uomo trova una città completamente diversa, ma non
Erri De Luca
Il giorno prima della
felicità
Feltrinelli
pp. 133 €. 13,00
Alameddine Rabih Il cantore di storie Bompiani pp. 751 €. 21,50
H
elen Angus, come la
sua amica indiana
Leela, è prigioniera di un mondo nel quale la
violenza e l’odio gareggiano con l’amore, la passione
e l’infinita bellezza della
loro terra. Helen è ancora
un’adolescente quando si
innamora di Chris, giovane
per metà boero, e ne rimane
incinta. Prima ancora che
possa confidarlo a qualcuno, Chris parte per combattere la guerra anglo-boera,
mentre l’amatissima madre
di Helen, anch’essa incinta, muore nel dare alla luce
un maschietto dalla salute
molto cagionevole. Quando
anche il bambino muore,
l’irascibile e imprevedibile
padre di Helen si appropria
del figlio illegittimo della ragazza, nato nel frattempo, e
lo riconosce come il proprio
erede. Da quel momento Helen è costretta a crescere custodendo molti segreti… Un
romanzo di grande respiro,
che attrae il lettore per la sua
trama coinvolgente e appassionante, ricca di riferimenti
storico-politici alla situazione del Sudafrica e alla condizione dei lavoratori indiani,
importati come schiavi dagli
inglesi. Una storia basata in
gran parte sulle esperienze
personali dell’autrice, come
rivela lei stessa nell’introduzione a questa edizione.
G. C.
Daphne Rooke
Germogli
Elliot
pp. 314 €. 18,50
Alexander McCall
Smith
L’uso sapiente delle
buone maniere
Guanda
pp. 258 €. 15,00
Naomi Novik
Temeraire
L’impero d’avorio
Fanucci
pp. 352 €. 17,50
Una tragedia si è abbattuta sulle forze aeree di
Sua Maestà: la straordinaria flotta di draghi da
guerra guidati da uomini
valorosi contro le armate
di Napoleone Bonaparte. Un’epidemia di origine sconosciuta sta decimando i nobili ranghi
inglesi, costringendo i
pochi rimasti a disperate
quarantene…
Èdouard Bourdet
Jesse Browner
L’ora incerta
Cairo
pp. 220 €. 16,00
Cuma, anno 66 dopo Cristo. Nerone è
un tiranno esigente, oltre che crudele:
attorno a sé vuole solo gli uomini migliori dell’Impero. I prescelti non possono rifiutare
i suoi favori, pur sapendo che l’augusta benevolenza può svanire nel volgere di una notte. Tito Petronio, filosofo e “arbitro d’eleganza” di corte, è caduto
in disgrazia: lo si accusa di aver complottato contro
l’imperatore. L’alba porterà i sicari di Nerone, che gli
daranno una morte disonorevole, la morte del traditore. Ma in segno di rispetto per il suo rango gli viene
concesso di sottrarsi all’onta dell’assassinio. Petronio,
come un vero nobile romano, sceglie di suicidarsi,
non prima di aver trascorso l’ultima sera celebrando i
piaceri della vita in un banchetto che non avrà eguali.
Chiama intorno a sé gli amici più cari, l’amata Melissa e l’arguto poeta Marziale che lo venera come un
padre. Ogni tanto però il m agnifico ospite si assenta:
lo richiede il rituale della morte che si è scelto, lo esigono i pensieri, i ricordi, le paure.
Elie Wiesel
La danza della memoria
Garzanti
pp. 267 €. 18,60
G.C.
Germogli
15
Per Isabel Dalhousie,
direttrice della “Rivista
di etica applicata”, fondatrice del Club dei filosofi dilettanti e donna
di grande acume e sensibilità, è fondamentale
affrontare la vita con la
mente serena e lo spirito rilassato. Ma certo
in questo non l’aiutano
molto la nascita del piccolo Charlie, né tanto
meno la relazione con
Jamie…
Doriel Waldman, ebreo polacco abitante
a New York, è un uomo solo, prigioniero
dei ricordi e della memoria. L’Olocausto
è una ferita insanabile nel suo passato.
Vorrebbe dimenticare, ma non ci riesce.
Dimenticare le fughe, i nascondigli, l’esistenza clandestina in un piccolo villaggio dell’Europa dell’Est, nascosto
insieme al padre nel granaio di un contadino. Dimenticare
la madre, una donna troppo bella, una prigione per i figli,
che ha scelto la lotta partigiana trascurando la famiglia.
Dimenticare i fratelli, vittime dei nazisti. Dopo la salvezza, la vita di Doriel è stata un continuo peregrinare, dalla
Polonia all’Asia, militante in varie organizzazioni di aiuto
ai diseredati, viaggi di studio in Israele, Africa e Asia. Insonne, solitario. Le tappe di un’esistenza che descrivono
il percorso di un esilio. Ma adesso ha deciso di fermarsi e
mettere la sua vita in mano a una donna. È la psicanalista
Thérèse Goldschmidt, che lo prende in cura e accoglie le
sue ossessioni e i suoi fantasmi, i sogni e gli incubi, le cose
mai dette e le speranze. Forse non gli restituirà la pace del
cuore, ma potrà curare i suoi ricordi.
John Burnham Schwartz
Una ragazza comune
Neri Pozza
pp. 298 €. 17,00
È la fine degli anni Cinquanta e il principe
erede al Trono del Crisantemo e la giovane
Haruko entrano nel tempio sacro di Kashikodokoro. Il principe vi mette piede per
primo, preceduto dal maestro del rituale. Nella mano destra
stringe uno scettro di legno levigato, che rappresenta la sua
autorità sulle cose di questo mondo. Haruko entra per seconda. Tiene lo sguardo fisso avanti. Il principe e Haruko sono
diretti nel luogo più sacro di tutti, nella stanza segreta in cui
è conservato lo specchio sacro. Il principe avanza nel sancta
sanctorum con in mano un ramo di sasaki, l’albero sacro,
subito seguito da Haruko. I due fanno quattro profondi inchini, poi il principe estrae una pergamena dalla cintura e
declama un’antica promessa in giapponese arcaico. Poi i due
tornano nella parie esterna del santuario e lì, mandando giù
qualche sorso di sakè da una scodella di ceramica bianca,
Haruko, la giovane figlia di un dirigente d’industria, diventa
Sua Altezza Imperiale del Giappone, la principessa Haruko. Così comincia questo romanzo, liberamente ispirato alle
vicende reali dell’imperatrice Michiko e della principessa
Masako. È la storia della prima donna non aristocratica a
fare il proprio ingresso nella più misteriosa e longeva corte
del mondo, dove è accolta con distacco e diffidenza dall’imperatrice e sorvegliata quotidianamente dalla servitù. È anche il racconto del rapporto tra due donne che si ritrovano a
vivere lo stesso destino fatto di pubblica ribalta e profonda
solitudine interiore.
Nicoletta Hristodorescu
L’apprendimento intelligente
Teoria dei luoghi della mente, metodologia per favorire lo sviluppo delle capacità intellettive
L’apprendimento intelligente è una metodologia di gestione ottimale delle risorse intellettive che tutti possono acquisire per
migliorare l’efficienza del proprio sistema cognitivo. In effetti, l’energia della mente è potenzialmente illimitata, ma non tutti
sanno usarla in modo appropriato per il loro profitto e per il profitto degli altri.
La “Teoria dei luoghi” (Tdl) formula alcune ipotesi sulla natura e la struttura della mente umana, partendo dal presupposto
che il cervello non è un contenitore in cui vengono immagazzinate, alla rinfusa, le informazioni in entrata, ma una struttura di
strutture citoarchitettoniche geneticamente predisposte ad essere organizzate. Il modello neuro mimetico descritto dalla “Teo-
ria dei Luoghi” è il risultato di studi che riguardano non soltanto le Neuroscienze, ma anche la Cibernetica, la Psicologia, la
Linguistica e le problematiche connesse all’insegnamento. Nessuna sperimentazione diretta sull’essere umano può accertare
con mezzi non invasivi le modalità in cui i processi intellettivi di alto livello (creativo, scientifico, religioso) siano soddisfatti
dal comportamento funzionale dei singoli neuroni, all’interno delle strutture alle quali essi appartengono.
La Hristodorescu descrive in maniera approfondita questi processi nel preciso intento di porre le basi di una metodologia che
possa favorire il processo di apprendimento e dotare l’insegnamento scolastico di presupposti scientifici più efficaci e cons-
apevoli del funzionamento cerebrale. L’autrice completa il suo studio con una sua personale teoria da lei applicata ai suoi
alunni che consente un graduale e sostanziale miglioramento del quoziente intellettivo.
I-88900 Crotone, via Lucifero 40
tel. 0962/90.51.92 fax 0962/1920413
ISBN 978-88-89341-12-4
pp. 466, € 22,00
Opera di prossima pubblicazione