Berlusconi contro le intercettazioni
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Berlusconi contro le intercettazioni
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A minacciare di lasciare l’Italia è il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi , in un’intervista pubblicata da vari quotidiani nazionali. “A me - spiega il premier - non importa assolutamente niente di essere intercettato perché non ho nulla da temere. La questione è un’altra perché qui non c’entro io, c’entrano tutti i cittadini. Il problema, insomma, non è che si tratti di Berlusconi o di un altro, perché bisogna tutelare la privacy di tutti’’. ‘’L’ho già detto - continua -, la privacy è cosa troppo importante, non è possibile che non si possa parlare tranquillamente al telefono. D’altra parte, quando durante i comizi chiedo alla gente se pensano di essere intercettati alzano tutti la mano. È veramente una cosa impossibile, una cosa che non esiste. Si parla di 350mila intercettazioni, è un fatto allucinante, inaccettabile in una democrazia. Così la cosa è stata venduta - aggiunge il presidente del Consiglio riferendosi al cosiddetto archivio Genchi Io sto a quello che hanno Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio detto Clemente Mastella e il presidente del Comitato per la sicurezza del Parlamento Francesco Rutelli”. “Abbiamo già preparato un testo che è migliorativo rispetto alla situazione attuale, un ottimo testo - annuncia poi -. Ma si può ancora miglio- rare. Si dovrebbe fare una legge in modo più restrittivo. Si può fare di più. Il caso Genchi convincerà anche gli alleati della necessità di una stretta. Per quanto riguarda la Lega, Bossi mi ha già detto che seguirà le nostre posizioni”. Niente intercettazioni per i reati punibili con pene inferiori ai 10 anni, ma con una deroga per reati contro la Pubblica amministrazione come corruzione e concussione. Intercettazioni sempre possibili per reati di mafia, terrorismo e di grande Richiamato l’ambasciatore in Brasile L ’Italia ha deciso di richiamare per consultazioni l’ambasciatore in Brasile, secondo quanto si è appreso. La decisione Michele Valensise, ambasciatore d’Italia in Brasile è stata presa in seguito all’intervento del procuratore generale della repubblica brasiliano, Antonio Fernando de Souza, il quale ha deciso che il processo di estradizione in Italia va archiviato. La decisione “grave” di non concedere l’estradizione in Italia per Cesare Battisti “é francamente inaccettabile”. Lo ha sottolineato il ministro degli Esteri Franco Frattini spiegando le motivazioni che hanno condotto il Governo a richiamare in patria per consultazione l’ambasciatore a Brasilia Michele Valensise. Il procuratore De Souza ha risposto col suo parere negativo alla domanda che gli era sta- ta posta dal presidente del Supremo Tribunale Federale (Stf), Gilmar Mendes, una settimana fa, sull’estradizione di Battisti. Il procuratore generale brasiliano ha detto che Battisti non é più estradabile perché ha ottenuto dal ministro della giustizia, Tarso Genro, lo status di rifugiato politico. Non potrà pertanto essere trasferito in Italia. L’anno scorso lo stesso procuratore De Souza aveva dato parere positivo riguardo all’estradizione di Battisti. Il Stf si riunirà probabilmente a partire dal 2 febbraio per decidere la scarcerazione o meno di BatContinua a pag 2 bili polemiche, cambierà volto con un giro di vite anche per quel che riguarda il comportamento che dovranno tenere giornalisti e magistrati. Le intercettazioni saranno comunque autorizzate in tutte le indagini relative a reati con pene edittali superiori ai 10 anni; cosi’ come saranno sempre ‘intercettabili’ i reati di mafia, terrorismo e grave allarme sociale. Ma nella lista dei reati soggetti a intercettazione rientrano anche l’usura, le molestie e le minacce e i i reati contro la Pubblica amministrazione “per i quali è prevista la pena della reclusione nel massimo non inferiore a 5 anni”. Il provvedimento del governo interviene anche sull’attività di giornalisti e magistrati, con l’obiettivo di limitare eccessive ‘esternazioni’ da parte delle toghe. Avrà l’obbligo di astenersi, infatti, il magistrato che ha “pubblicamente rilasciato dichiarazioni” sul procedimento che gli è stato affidato. Inoltre, il capo allarme sociale. Carcere da dell’ufficio dovrà provve1 a 3 anni, commutabile in dere a sostituire il magistrauna sanzione, per chi pub- to che risulta iscritto nel reblica conversazioni coperte gistro degli indagati per da segreto e 5 anni per i rivelazione del segreto pubblici ufficiali che le dif- d’ufficio relativo al procefondono. Queste le linee dimento assegnatogli. Anguida del Ddl del governo che al Procuratore generale sulle intercettazioni all’esa- spetta la facoltà di sostitume della commissione Giu- zione nel caso in cui il capo stizia della Camera che da dell’ufficio o il magistrato domani inizierà l’esame dei assegnatario dell’inchiesta 400 emendamenti presenta- siano indagati per rivelazioti al provvedimento. La fi- ne del segreto d’ufficio o se sionomia della disciplina hanno rilasciato Pubb BJ Corriere Sud 22-01-2009 18:10“dichiaraPagina 1 delle intercettazioni nel noContinua a pag 2 stro Paese, dopo intermina- La nuova Bibbia di Gerusalemme. Fides Catholica Rivista nuova traduzionedi apologetica CEI, teologica nuovi commenti e note Anno III, I – 2008 Istituto Teologico «Immacolata Mediatrice» N EL LE RI M IG LI O LI B R ER IE Presentazione di Gianfranco Ravasi =<: Una nuova rivista teologica dal titolo “Fides Catholica”, a cura dello Studio Teologico Immacolata Mediatrice vede gli albori, quando già si levano le prime luci di un pontificato che ameremmo definire “teologico”. www.labibbiadigerusalemme.it Politica 2 Segue dalla prima zioni pubbliche in merito ad un procedimento pendente presso il loro ufficio”. Nuove regole anche per i giornalisti, che dovranno evitare di pubblicare, anche parzialmente o per riassunto, gli atti dell’indagine preliminare o quanto acquisito al fascicolo del Pm o del difensore (“anche se non sussiste più il segreto”). Chi lo farà rischierà il carcere da uno a tre anni e una sanzione pecuniaria che può arrivare fino a 1.000 euro. Rischieranno d’ora in poi anche le ‘talpè responsabili della fuga di notizie. Chiunque “rivela indebitamente notizie inerenti ad atti del procedimento penale coperti dal segreto” o ne agevola la conoscenza, infatti, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. La nuova normativa introdotta con il provvedimento del governo introduce limiti di tempo per le intercettazioni, che non potranno protrarsi per più di tre mesi. Tuttavia, nel caso di reati di criminalità organizzata, mafia, terrorismo, persino di minacce portate per mezzo del telefono, l’attività di intercettazione potrà arrivare a 40 giorni e potrà essere prorogata per altri 20. Novità in arrivo anche per la prassi che dà il via alle intercettazioni: non sarà più il Gip, infatti, ma un tribunale a dare il via libera alle richieste avanzate dal Pm. E questo dovrà avvenire “con decreto motivato, contestuale e non successivamente modificabile o sostituibile, quando vi siano gravi indizi di reatò’. Le intercettazioni, infine, saranno inserite in un fascicolo ad hoc. “Mai fatto intercettazioni in vita mia, compreso il periodo di attività che ho svolto nella polizia di Stato”. È quanto assicura Gioacchino Genchi, nel corso dell’intervista a ‘SkyTg24’. “Non ho mai effettuato neppure una intercettazione: nè legale, nè tanto meno illegale, che tra l’altro è punita dalla legge con l’aggravante per chi è pubblico ufficiale, per il quale è previsto l’arresto. Sfido chiunque a dimostrare il contrario”, afferma. Il consulente informatico che su incarico della Procura di Catanzaro conduceva le inchieste ‘Why not’ e ‘Poseidonè: ‘’Sfido chiunque a dimostrare il contrariò’. Spataro e De Gennaro inseriti ‘’per danneggiare me e De Magistris’’ “Se qualcuno sostiene che io abbia svolto intercettazioni, lo dica pure: cosi’ mi arrestano. Ma non esiste nessun archivio - ribadisce - è in atto una grande mistificazione”. “Il mega archivio? Solo una mistificazione” afferma il consulente informatico che su incarico della Procura della repubblica di Catanzaro conduceva le inchieste ‘Why not’ e ‘Poseidonè allora dirette da Luigi De Magistris. “C’è stata una fuga di notizie, con nomi inseriti ad arte”. I nomi di Berlusconi, Prodi, De Gennaro, Spataro nell’archivio Genchi? “Questa fuga di notizie, in cui sono stati inseriti ad arte quei nomi, è l’aspetto più evidente della mistificazione, in cui poi a catena sono caduti i politici”, replica Genchi nel corso dell’intervista a ‘SkyTg24’. “Perchè quei nomi? - si chiede - i tabulati, di cui De Magistris ha disposto l’acquisizione, risultano agli atti che saranno esaminati anche dal Copasir; e dunque si saprà quali sono le utenze telefoniche e i soggetti interessati - premette - la cosa più grave è che sono stati inseriti, ripeto ‘ad artè, una serie di nomi che non c’entravano nulla con l’indagine”. Ad esempio, spiega Genchi, “inserire in quell’elenco il nome del procuratore Armando Spataro significava schierare contro De Magistris i tre quarti della magistratura italiana, per la levatura e il peso carismatico che ha Spataro e la sua corrente, presso tutti gli altri magistrati, per il ruolo che ha avuto nel Csm e per quello attuale di magistrato di punta. Ma Spataro non c’azzecca nulla: il suo nome è stato inserito nell’elenco appositamente per tagliare i ponti a De Magistris. Questo, forse, l’Anm ancora non l’ha capito: cominciamo a spiegarglielo bene, cosi’ anzichè gli anticorpi cominceranno a utilizzare gli antibiotici...”. Quanto a De Gennaro, “forse pensavano che, inserendo il suo nome, De Gennaro avrebbe poi fatto fuori Genchi. Ma siccome De Gennaro è una persona molto intelligente, che è stato capo della Polizia, ha capito che è una ‘bufalà e che lui non c’entra assolutamente niente in questa indagine, nè a titolo attivo, nè a titolo passivo, nè a titolo omissivo. Si sta parlando della acquisizione dei tabulati, della radiografia che si stava facendo sull’indagine, senza parlare di quello che c’è dentro i tabulati che sono stati acquisiti: come fare un processo alla tac del malato, senza considerare cosa ha il malato, che sta morendo”. “Dopo il trasferimento dei magistrati di Salerno che avevano svolto indagini sull’operato dei magistrati di Catanzaro, rimaneva un teste scomodo, un soggetto che non poteva essere trasferito dal Csm, che purtroppo giocoforza è depositario di un’attività di accertamenti, di acquisizioni, di risultanze, che potrebbero essere scomode per molti”. È questa la motivazione per la quale si sta puntando il dito contro di lui e il suo archivio, che ribadisce essere solo frutto di “una mistificazione, con nomi inseriti ad arte”. “Ci sono due vicende di una gravità inaudita: De Magistris, nell’ambito dell’indagine ‘Why not’, aveva ricevuto e stava lavorando su una denuncia del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso e su un’attività che gli era stata sollecitata dal suo procuratore di Catanzaro fino all’ultimo giorno in cui è stato in servizio, che riguardava l’indagine Fortugno e la faida di San Luca. La fuga di notizie ha determinato che tutte le intercettazioni dei carabinieri saltassero, che le persone che si volevano arrestare si rendessero latitanti e che probabilmente si commettessero altri omicidi” denuncia Genchi nel corso dell’intervista a ‘SkyTg24’. Il consulente osserva che “mentre in altre realtà giudizi arie si sono potute fare le indagini e si sono potute verificare le condizioni di partenza, come ad esempio a Palermo per il processo ad Andreotti; invece a Catanzaro ci si è mossi appena si sono acquisiti i tabulati, ovvero l’atto più insignificante di un’indagine da cui si parte per verificare i presupposti minimi anche in favore degli stessi indagati. Il problema - sottolinea Genchi - è proprio la Calabria e le collusioni che dalla Calabria partono in tutte le direzioni nazionali: è il problema delle sue incrostazioni”. Giorgio Lambrinopulos Segue dalla prima tisti alla luce del parere dato stasera dalla magistratura brasiliana. ‘’Spero che il presidente Berlusconi e il governo italiano valutino che cosa fare in occasione del prossimo G8. Non sta a me prendere una decisione. Il Brasile non fa parte del G8 ma fare accordi con uno Stato che ti considera un Paese dove chi viene condannato rischia di essere ammazzato o torturato...’’. Il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha lasciato in sospeso la frase, ma il suo disappunto era chiaro quando durante la puntata di Porta a Porta il conduttore Bruno Vespa ha letto la notizia sulla decisione del procuratore generale della Repubblica brasiliano Antonio Fernando de Souza di archiviare il processo di estrazione di Cesare Battisti. ‘’Cesare Battisti attende con grande ansia come finira’ la sua storia’’. Lo ha detto stasera al telegiornale della rete brasiliana Sbt il senatore Eduardo Matarazzo Suplicy, dopo aver incontrato oggi Battisti nel penitenziario della Papuda a Brasilia. Il telegiornale della Sbt ha confermato la notizia data dalla Globo sul parere negativo alla estradizione di Battisti in Italia da parte del procuratore generale della repubblica brasiliana Antonio Fernando de Souza Si accende comunque lo scontro diplomatico tra Italia e Brasile sul caso Battisti. Il ministro degli Esteri Franco Frattini, sentito il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ha disposto il richiamo a Roma per consultazioni dell’ambasciatore d’Italia in Brasile Michele Valensise dopo la richiesta di archiviazione del processo di estradizione dell’ex terrorista fatta dal procuratore generale della Repubblica brasiliano, Antonio Fernando de Souza. Un decisione definita dal titolare della Farnesina “molto grave” e “inaccettabile”. “Avevamo auspicato -dice Frattini- il ripensamento e una riflessione approfondita. Il fatto di decidere solo dopo 48 ore, senza avere oggettivamente valutato con la profondita’ che avevamo auspicato, ci sembra un po’ non voler decidere e coprire puramente e semplicemente la decisione politica del ministro della Giustizia”. “Questo -rileva il ministro degli Esteri- è francamente inaccettabile, quindi convochiamo l’ambasciatore d’Italia a Roma per consultazioni sulla vicenda. Voglio capire anche da lui quali sono le strade. Il Brasile -conclude- è un grande Paese, amico dell’Italia da sempre. Dal Brasile non ce l’aspettavamo. Di qui la gravità della reazione del governo italiano”. A questo punto, dopo la decisione del procuratore generale brasliano di archiviare il processo di estradizione in Italia di Cesare Battisti, resta ancora teoricamente in piedi per il nostro Paese la possibilità di un’istanza di riconsiderazio- N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio ne presso il ministero della Giustizia di Brasilia con cui si chiederebbe di soppesare meglio gli elementi che hanno portato alla decisione di concedere all’ex terrorista lo status di rifugiato politico. Ma è chiaro, dicono fonti diplomatiche alle Agenzie, che “con il richiamo dell’ambasciatore tutto si irrigidisce”. D’altro canto, dopo la decisione presa dal governo italiano, ci si attende che anche il Brasile richiami il proprio ambasciatore a Roma. “Andro’ in Brasile per rendere piu’ incisiva la richiesta gia’ avanzata dal governo italiano affinche’ le autorita’ facciano marcia indietro su Battisti”. Cosi’ Alberto Torregiani, il figlio del gioielliere ucciso dal terrorista, spiega ai Giornalisti le ragioni per le quali ha deciso di partire, il 2 febbraio prossimo, insieme a Daniela Santanche’, leader del Movimento per l’Italia, per sollecitare e sostenere, direttamente in territorio brasiliano, la richiesta di annullare la decisione di non estradare Cesare Battisti. “Non ho mai voluto difendere Cesare Battisti. Non mi passa per la mente. Non lo farei mai”. Intevistata da Fabio Fazio a ‘Che tempo che fa’ Carla Bruni smentisce categoricamente di aver avuto un ruolo nella mancata estradizione dal Brasile di Cesare Battisti. Il fatto che i media le abbiano attribuito un ruolo simile “e’ una carognata”. La signora Sarkozy afferma poi che “mai la moglie del presidente francese si sarebbe intromessa in una decisione di un altro Paese. Questa e’ stata una cosa del solo governo brasiliano”. La decisione di concedere asilo politico a Cesare Battisti è fondata su basi giuridiche “interne ed internazionali”. E’ il testo, della lettera inviata dal presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Nella lettera, di una pagina, viene espressa la “piena considerazione del potere giudiziario italiano, nello Stato democratico vigente in questo paese e la piena fiducia nel carattere democratico, umanista e legittimo dell’ordinamento giuridico italiano”. Eco il testo integrale della missiva inviata da Lula al presidente della Repubblica : Signor Presidente, Giorgio Napolitano, Ho l’onore di rispondere alla lettera di Vostra Eccellenza, del 16 gennaio, riferita alla decisione dello Stato brasiliano di concedere lo status di rifugiato politico al cittadino italiano Cesare Battisti. Vorrei, in questa occasione, esprimere a Sua Eccellenza la piena considerazione del potere giudiziario italiano e dello Stato democratico di diritto vigente in questo paese, ed affermare la mia fiducia nel carattere democratico, umanista e legittimo dell’ordinamento giuridico italiano’’. “Chiarisco a Sua Eccellenza che la concessione della condizione di rifugiato al signor Battisti è un atto di sovranità dello Stato brasiliano. La decisione e’ basata nella Costituzione brasiliana (articolo 4°, X) nella Convenzione del 1951 delle Nazioni Unite relativa allo Statuto dei Rifugiati e nella legislazione brasiliana (Legge 9.474/97). La concessione dell’asilo e le considerazioni che la accompagnano sono ristrette ad un processo concreto, essendo state emesse con fondamento in elementi e documenti di un procedimento specifico’’. “Voglio, in questa occasione, manifestare a Sua Eccellenza la mia fiducia che i legami storici e culturali che uniscono il Brasile e l’Italia continueranno ad ispirare i nostri sforzi tesi ad approfondire le nostre solide relazioni bilaterali nei più diversi settori’’. Direzione - Redazione - Amministrazione Via Lucifero 40 - 88900 Crotone Tel. (0962) 905192 Fax (0962) 1920413 Direttore Editoriale Pino D’Ettoris Direttore Responsabile Tina D’Ettoris Iscriz. registro naz. della Stampa n. 4548 del 12.02.1994 - ROC n. 2734 Servizi fotografici, fotocomposizione e impaginazione c/c postale 15800881 Intestato a IL CORRIERE DEL SUD Associato U. S. P. I. UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA Sito Internet: http://www.corrieredelsud.it E-Mail: [email protected] - [email protected] [email protected] G.L. Pagina Tre N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio 3 Gelli e la P2. Fra cronaca e storia Intervista ad Aldo A. Mola, massimo studioso italiano della massoneria e della monarchia Marco Bertoncini U n’edizione bruciata in meno di un mese; una seconda già accresciuta con nuovi documenti; uno strascico di polemiche legate al personaggio reietto e mefistofelico per eccellenza, ossia Licio Gelli, considerato dai “politicamente corretti” la sentina di ogni male, dal terrorismo ai tracolli finanziari. Ecco i primi risultati del densissimo volume di Aldo A. Mola, Gelli e la P2. Fra cronaca e storia, pubblicato da Bastogi (pp. 580, € 25). L’autore è noto come il massimo studioso italiano della massoneria (sua la Storia della massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, più volte riedita da Bompiani) e della monarchia (ricordiamo la Storia della monarchia Il senatore a vita Giulio Andreotti in Italia, presso Bompiani, e Declino e crollo della monarchia in Italia, ora negli Oscar Mondadori). L’opera è basata su una miriade di documenti, fra i quali le carte poi versate da Gelli all’Archivio di Stato di Pistoia, e su molti lustri di frequentazione personale dei massimi esponenti delle vicende massoniche, cominciando dai gran maestri Giordano Gamberini, Lino Salvini, Ennio Battelli e Giuliano Di Bernardo, per finire allo stesso Gelli. L’opera non è né un’apologia, né un’apertura di credito incondizionata, ché, anzi, mette in discussione l’attendibilità di alcune questioni nodali, come la stessa lista della loggia P2. Essa mira, invece, a mettere ordine fra le tessere del complesso domino: Violante, Natta, la Commissione Anselmi… Certo, lo stucchevole giornalismo in voga la definirebbe revisionista, perché non obbediente agli schemi prefissati. A Mola abbiamo posto alcune domande. Lei ben documenta come la P2 fosse una loggia pienamente regolare, all’obbedienza del Grande Oriente d’Italia. Come hanno potuto, allora, i vertici della massoneria asserire il contrario? Il sequestro della cosiddetta lista dei membri della P2 presso la ditta Gio. le di Castiglion Fibocchi ebbe luogo il 17 marzo 1981. Il 21-22 seguenti si svolse all’Hilton di Roma (“albergo americaneggiante”, scrisse l’Unità il 23 seguente) la Gran Loggia annuale del Grande Oriente d’Italia. A larghissima maggioranza, i quasi 500 maestri venerabili presenti, in rappresentanza di 20.000 massoni, confermarono che la loggia “Propaganda massonica” n. 2 faceva parte, a tutti gli effetti, del Gran- de Oriente d’Italia. Il gran maestro dell’epoca, Ennio Battelli, lo ribadì in più occasioni. Altrettanto fecero i suoi predecessori, Lino Salvini e Giordano Gamberini. Del resto, la P2 figurava tra le logge del Grande Oriente nella List of Lodges, cioè l’annuario delle logge “regolari” in relazioni con la Gran Loggia Unita d’Inghilterra, che all’epoca riconosceva il Grande Oriente d’Italia, disconosciuto poi nel 1993 su istigazione di Giuliano Di Bernardo, gran maestro dal 1990 e inventore della Gran Loggia Regolare d’Italia. Certo, la “Propaganda massonica” n. 2 (o P2) aveva un regolamento diverso da quello delle altre logge, ma non fu Licio Gelli a idearlo; risaliva alla sua fondazione, nel 1877, per iniziativa di Adriano Lemmi (poi gran maestro), d’intesa con il gran maestro Giuseppe Mazzoni. chi da decenni denuncia, condanna, espelle, radia, “brucia tra le colonne”, come il Tribunale dei Dieci o l’Inquisizione. Usciamo dalla mitologia pseudostorica che ha fatto di Licio Gelli una sorta di onnipotente criminale, dominatore per lustri della vita politica ed economica italiana. Quanto, in concreto, contò Gelli? Nella presentazione che del mio libro ha fatto a San Remo (ai “Martedì letterari”, promossi dal Casinò con la direzione di un poeta gnostico quale Ito Ruscigni), lo storico e politologo Giorgio Galli ha affermato che Gelli aveva sicuramente un progetto politico (il “piano Rinascita”), ma non è chiaro se i piduisti lo condividessero. In effetti, non si radunarono mai, non deliberarono alcunché. Del resto, non v’era nulla di solenne da fare: lo “Schema Juan Domingo Perón Sosa (1895 - 1974) All’indomani del sequestro s’ingigantì la campagna - in corso da anni - di criminalizzazione di Gelli e della P2. Battelli sospese i lavori delle logge; la Federazione internazionale dei diritti dell’Uomo scese in campo in difesa della massoneria; ma ormai l’uragano era inarrestabile. Per sfuggire alla propria identificazione con Gelli, il Grande Oriente disse che la P2 era “diversa” dalle altre logge (come infatti era); poi, sostenne che era “deviata”; successivamente, asserì che non era regolare... Così, si è arrivati a dire che la P2 stava alla massoneria Per sfuggire alla propria identificazione con Gelli, il Grande Oriente disse che la P2 era “diversa” dalle altre logge (come infatti era); poi, sostenne che era “deviata”; successivamente, asserì che non era regolare… Così, si è arrivati a dire che la P2 stava alla massoneria come le Brigate Rosse al Pci come le Brigate Rosse al Pci e che era una metastasi, misteriosamente insorta nel corpo sanissimo della massoneria regolare. La definizione è calzante, nel senso che effettivamente senza Grande Oriente (così com’era) non ci sarebbe stata P2, come senza comunisti non ci sarebbero state le Br. Le metastasi insorgono solo in un corpo che esiste, non arrivano da un altro pianeta... Insomma, il Grande Oriente non ha mai provato che la P2 fosse irregolare. Oggi è pieno di guai, di lotte intestine, di scomuniche fratricide. Tutto ciò non è certo imputabile a Gelli; semmai, a R” e poi il “piano Rinascita” enunciavano propositi di normale buon senso. Gelli si limitò a raccogliere l’adesione di tanti personaggi che condividevano le linee di fondo della difesa dello Stato democratico e del suo rafforzamento, in presenza dell’eclissi totale delle istituzioni (come notò Aldo Moro in un documento che pubblico). Gl’iscritti alla P2 non avevano bisogno di riunirsi in assemblea per dirsi d’accordo sulla necessità di fronteggiare l’assalto dei comunisti e la resa senza condizione delle ali sinistre del Partito socialista, della Democrazia cristiana e persino di frange di liberali contaminati dal timore di “avere nemici a sinistra”: vizio originario del Partito d’Azione. Pur facendo ampia tara del peso che lo stesso Gelli attribuiva o attribuisce a sé stesso, resta arduo credere all’influenza da lui esercitata per favorire il ritorno di Perón al potere. Nel caso del ritorno di Perón alla presidenza dell’Argentina, Gelli ha avuto un ruolo effettivamente determinante, perché gli assicurò l’appoggio della Gran Loggia di Argentina, inizialmente contraria. A questo riguardo nessuno lo ha mai confutato. Alcuni hanno però sperato che quella vicenda venisse dimenticata. E’ il caso di un senatore a vita... Chi? Giulio Andreotti. E’ mai uscita una lista dei piduisti riconosciuta autentica da Gelli? Gelli mi ha dichiarato, a voce e per iscritto, che ha “alla memoria” una quarantina di nomi. Ha dato invece anche a me versioni discordanti sulla sorte del vero archivio della P2, curiosamente sfuggito al sequestro del 17 marzo 1981. A questo riguardo, va detto che, se quelle carte fossero cadute nelle mani dei magistrati, le avreb- Nel 1977 la Direzione del Partito comunista italiano decise l’offensiva contro la massoneria, nelle cui file, accanto a eredi della tradizione risorgimentale e dell’Italia liberale, cominciavano a entrare democristiani veramente “occidentali”. Nel 1981 la criminalizzazione della P2 consentì ai cattocomunisti bero sicuramente usate. Gelli ha detto di essere tornato di soppiatto dall’Uruguay in Toscana per prelevarle e di la cancellazione della massoneria dalle associazioni condannate a priori dal nuovo Codice di diritto canonico): una significativa presenza di massoni nella vita pubblica e culturale; fino, se si vuole, al fatto che un personaggio quale Carlo De Benedetti abbia fatto ingresso in loggia, salvo uscirne dopo aver constatato che vi perdeva tempo. Diciamo che il Grande Oriente d’Italia postbellico non regge il confronto con quello che, tra Otto e Novecento, annoverò Adriano Lemmi, Francesco Crispi, Giosue Carducci, Giuseppe Zanardelli, Alessandro Fortis e un lungo “eccetera” di ministri, generali, prefetti. Quello fu il “partito dello Stato”, organizzato a difesa dell’Italia unita contro i demagoghi, i giacobini da strapazzo (anticlericali fanatici inclusi), i socialrivoluzionari, i clericali ... Licio Gelli averle spedite da Castiglion Fibocchi a Montevideo, per recarvisi a bruciarle. Mah! Di sicuro vi è che il presidente del Consiglio dell’epoca, Arnaldo Forlani, democristiano, benché incalzato dai magistrati Gherardo Colombo e Giuliano Turone, prese tempo. Solo il 21 maggio 1981 Domenico Sica spiccò mandato di cattura internazionale a carico di Gelli. I nomi di piduisti mai propalati da Gelli costituiscono la sua migliore ”assicurazione”. Non è il solo a sapere chi sono e dove si trovi la documentazione. Non dimentichiamo, però, che anche i gran maestri Salvini e Battelli avevano “all’orecchio” o “alla memoria” massoni i cui nomi non figurano né nella lista di Castiglion Fibocchi, né negli elenchi degli affiliati. Più appaiono memorie, articoli e libri storicamente fondati (ma questi ultimi sono ben pochi, e fra questi pochi collochiamo il Suo), più appare una massoneria, almeno nell’Italia dopo il fascismo, divisa e rissosa, incerta nei vertici, sbandata alla base, senza mezzi e senza concreta influenza politica, economica, sociale. Che si debba ridimensionare come mito quello dell’onnipotenza dei fratelli in grembiulino? In effetti, la massoneria del dopoguerra verrà ricordata solo per alcune operazioni preparate e messe a segno da Gamberini e Salvini: la Bibbia Concordata; il riconoscimento del Grande Oriente da parte della Gran Loggia d’Inghilterra (1972) e di Grandi Logge degli Stati Uniti d’America; la dichiarazione del cardinale Franjo Šeper, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, che nel luglio 1974 ritenne ammissibile l’ingresso dei cattolici in logge che non cospirano contro la Chiesa e contro lo Stato (ne seguì A ben vedere, con la scissione del 1908 la massoneria entrò in crisi e non si riebbe più. L’introduzione del suffragio universale (1913), l’intervento nella grande guerra, l’incompatibilità tra logge e partito fascista, la prevalenza dei socialcomunisti e della Dc nei governi di Cln fecero il resto. Comunque, la massoneria rimane una realtà da studiare sine ira et studio e da rispettare, lontano da demonizzazioni. Ma, infine, chi volle l’ “affare P2”? Nel 1977 la Direzione del Partito comunista italiano decise l’offensiva contro la massoneria, nelle cui file, accanto a eredi della tradizione risorgimentale e dell’Italia liberale, cominciavano a entrare democristiani veramente “occidentali”. Nel 1981 la criminalizzazione della P2 consentì ai cattocomunisti di ribadire la propria pretesa diversità e il proprio supposto primato morale. Allo scopo si valsero di chi, come Giovanni Spadolini, presidente del Consiglio, alzò lo sbiadito vessillo della “questione morale”. Dieci anni dopo, il Pci denunciò il presidente della Repubblica Francesco Cossiga per attentato alla Costituzione, imputandogli proprio l’ “ambiguità” verso la massoneria e sulla P2. Ormai era pronta la graticola sulla quale bruciare i partiti di centro, tutti infettati da massoneria, secondo i cattocomunisti, e tutti scomparsi sotto l’uragano di Mani Pulite. Unico sopravvissuto fu proprio il Pci, che ha fagocitato i residui della sinistra democristiana. Il Partito democratico venturo arriva da lì. Ma elettoralmente un terzo rispetto alla somma dei voti che nel 1977 avevano Pci e Dc. La storia presenta il conto. Licio Gelli ha ancora molte verità da svelare? Il libro è una loro anticipazione. Progettazione e Realizzazione di Porte, Infissi, Mobili e Arredi in Legno Laboratorio: Via I° Maggio n. 11 - 88060 Marina di Guardavalle (CZ) Info: Laboratorio: 0967-86057 / email: [email protected] Punto vendita ed esposizione: Viale Crotone - Catanzaro Lido / Via Nazionale - Montepaone Lido / Via Nazionale - Guardavalle Marina www.alcaro.it Politica N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio 5 I caduti per il terrorismo aprono un nuovo “fronte” nelle commemorazioni di cui è ricca l’Italia Celebrazioni per le vittime. Ma sono in ritardo Assassini o presunti tali sono morti, hanno trovato lavoro, si sono rifatti una vita, qualche volta anche una vita quasi pubblica C ’è una ragione “ufficiosa” dietro la riproposizione di curiosità e domande che da qualche anno si muovono intorno alle figure di alcune vittime del terrorismo? esiste un piano che collega queste rinate attenzioni? chi o che cosa potrebbero spingere giornalisti e scuole, politologi o storici (o almeno persone che si definiscono tali) nel ricordare o “fare luce” sulle fervide attività e le esistenze di alcune luminose persone che sono cadute vittime degli anni di piombo? A rivolgersi e a rivolgermi l’interrogativo, in queste settimane, è una gentilissima dama che nei decenni scorsi ha subìto il più alto contributo di sangue che si potesse spargere per la nostra libertà, assistendo di persona all’attentato che non solo le ha sottratto un marito affettuoso ma che ha privato la comunità di un uomo e magistrato insostituibile. Tutti sanno che nei tragici anni di questi delitti, dopo le continue dichiarazioni di condanna e i veementi proclami sulla necessità di combattere il terrorismo, una sorta di ritorno alla “normalità” tendeva a far rientrare nel silenzio quotidiano le incredibili tragedie di tante famiglie e i pericoli in cui si dibatteva lo Stato. Poi è venuto il periodo degli arresti, dei pentimenti, delle fughe all’estero, delle richieste di riconciliazione. Assassini o presunti tali sono morti, hanno trovato lavoro, si sono rifatti una vita, qualche volta anche una vita quasi pubblica. Dalla normalità alla “normalizzazione”. Alcuni simpatizzanti del terrorismo si sono imborghesiti, altri sono spariti, oltre 100 (si calcola) si troverebbe in Paesi stranieri. Il contenzioso appena aperto con il Governo del Brasile per il rifiuto di estradizione verso l’Italia di Battisti, rappresenta solo l’ultimo atto di una lunga tragedia che spesso lascia aperte parentesi, in grado di schiudersi e chiudersi impercettibilmente su tanti segreti italiani, presenti e passati. C’è stato un passato che ancora incombe. “Passato -ha scritto Cesare Martinetti (La Stampa, 15 gennaio 2009)- che ci auguriamo definitivamente trapassato ma purtroppo vivo per la scia non consumata di dolori individuali e famigliari, di segreti di Stato -veri o presunti- irrisolti, di sfiducia per una vicenda storica sanguinaria che si chiude per casi individuali, solitamente in modo maldestro, quasi sempre iniquo. In altre parole giustizia incompiuta”. C L’opinione pubblica, però, non sempre comprende; le famiglie non sempre apprezzano. Se proprio vogliamo onorare coloro che furono massacrati, continuiamo a chiamare assassini gli assassini e lavoriamo con obiettività, senza nascondimenti, ad una riforma che per essere attuata non si serva anche dei morti. Carmelo Currò Una lezione “barba e capelli” P Aldo Moro Ma cosa sta accadendo, in questo momento? A mio avviso, da un lato esiste e persiste il consueto vezzo di voler rientrare in una moda che si getta a celebrare o ricordare tutto quello di cui parlano i media, e di cui dunque si deve parlare, dal centenario di Puccini e di Marinetti ai novant’anni di Andreotti. Dall’altro, la commemorazione storica si presta bene, come è sempre stato, a fare da sponda alla grande strategia politica ed ai progetti tattici ad ampio respiro. Non è un caso, tanto per fare un esempio, che le figure degli Svevi siano state studiate, esaltate e celebrate, a scapito dei re angioini di origine francese, nella seconda metà dell’Ottocento o negli anni precedenti alla seconda guerra mondiale: nei periodi cioè in cui si tendeva ad allontanare l’Italia dall’intesa con la Francia e ad avviarla verso la Triplice Alleanza la prima volta, verso l’asse con la Germania la seconda. Proprio in questi anni, la Magistratura torna prepotentemente alla ribalta del dibattito politico, con le periodiche proposte di riforma che dividono i partiti e con i contrasti interni dopo il caso de Magistris. Molto si parla, troppo si polemizza, e sullo sfondo un’opinione pubblica spesso distrat- ta, troppo sovente sfiduciata, assiste a questo continuo dilaniarsi degli animi e delle Istituzioni. Le domande di studio o di approfondimento su uomini a volte completamente dimenticati, così come i loro cari, giungono perciò come a proposito, quasi quale dimostrazione di un ossequio di forma alla Magistratura, di cui fecero parte tante vittime. Io non credo nelle coincidenze. Diffido sia delle ricostruzioni che delle interviste che delle lodi di maniera. Tra i miei sospetti, dunque, sussiste quello che mentre si discute sul ruolo del giudice, sulle sue competenze, la sua autonomia, si cerchi di onorare illustri esponenti del mondo togato per offrire l’immagine esterna della considerazione, del rispetto e della simpatia che tutto l’ambiente politico nutre nei confronti del sistema giudiziario. Del resto, celebrazioni filmate e pubblicizzate, file di poltrone per le autorità, interviste e discorsi, costituiscono una notevole passerella per gli impegnatissimi uomini pubblici, intenti a dimostrare, in questa occasione, come a loro interessi esclusivamente la dignità della Magistratura e la concordia di cui danno prova onorando gli scomparsi. Manifestazioni palestinesi hi in questi giorni vorrebbe gustarsi un anticipo di carnevale, dovrebbe recarsi in qualunque piazza italiana scandisca slogan contro Israele. Una piazza vale l’altra. Prendiamo ad esempio il corteo che ha sfilato Domenica 11 gennaio per le strade di Verona. La sfilata fuori stagione che in luogo del Papà del Gnoco ha mostrato il (vero) volto dei Nipotini di Allah, era punteggiata da bandiere palestinesi, da stendardi pacifisti e da insegne comuniste. Alla manifestazione hanno partecipato seppur in incognita, presumibilmente per il timore di conseguenze a (o ai) posteriori di eventuali riconoscimenti da parte dei virili maomettani, anche le organizzazioni omosessuali e lesbiche della città di Romeo e Romeo. Il fatto che ha tolto credibilità alla presunta manifestazione pacifista, è stato l’accostamento tra gli slogan gridati (Hamas vincerà, Israele perderà) dai patrocinatori della distruzione dello Stato D’Israele e gli stracci iridati inneggianti al “volemose ben” sventagliati dai nostrani buonisti rossi di casa nostra. Rompicapo: ma i pacifisti (o pacifinti?) avranno la consapevolezza di vestire il ruolo storico di utili idioti alla causa dell’espansionismo e del terrorismo islamico? Gianni Toffali ossono dire ciò che vogliono. Ma quella che lo Stato Vaticano ha dato all’Italia l’ultimo dell’anno (dichiarando di non recepire più nel proprio ordinamento, pressochè automaticamente, le nostre leggi) è stata una lezione “barba e capelli”. Di stile, e di merito. Naturalmente, si è subito cercato di alzare le solite cortine fumogene. Ma no, non è vero, le nostre leggi non vanno contro la morale, non vanno contro le leggi della Chiesa, quantomeno non ci vanno più di quanto ci siano sempre andate... Chi l’ha gettata su questo piano, ha sbagliato di sana pianta. E’ un’excusatio non petita, e quindi un autogol. Non è questo, infatti, il punto. Il Vaticano si è sempre riservato (anche nella legge del ‘29 abrogata con la nuova) di non considerare operative nel proprio ordinamento giuridico le leggi italiane contrarie ai precetti di diritto divino, ai princìpi generali del diritto canonico, alle norme dei Patti Lateranensi e successivi Accordi. Ora, invece, il Vaticano namento italiano” e, poi, “l’instabilità della legislazione civile perlopiù molto mutevole e come tale non compatibile con l’auspicabile ideale tomista di una lex rationis ordinatio che, come tutte le operazioni dell’intelletto, cerca di per sè l’immutabilità dei concetti e dei valori”. Lasciamo stare, allora, il dissenso con singole, nostre leggi (che può anche intravvedersi in alcune “riserve di legge” esplicite). Quelle appena riportate sono le parole - e questo è l’importante messaggio che esse ci trasmettono - di chi vuole che le leggi siano rispettate, di chi vuole che non siano leggi-comizio e basta. Sono parole che legislatori seri dovrebbero “mandare a memoria” (come si diceva nella benedetta scuola elementare di una volta), e confrontare con la realtà italiana che ogni giorno (pratici e non) viviamo e soffriamo sulla nostra pelle, una realtà nella quale l’ipertrofismo (o parossismo, che dir si voglia) legislativo, crea l’incivile paradosso che un cittadino non sa più neppure quali siano le leggi da rispettare, quali le vigenti e no, come siano da interpretare, da chi possano le norme cogenti legittimamente promanare, dato che tutti ne varano, anche a cuor leggero (a cominPiazza San Pietro e Città del Vaticano ciare da molti prevede per le leggi italiane - al sindaci). Ci voleva il Vaticano posto di “una sorta di recezio- perchè riflettessimo al fatto che ne automatica che si presumeva - in materia di risparmio energecome regola” (prof. Iosè Marìa tico, tanto per fare un esempio, Serrano Ruiz, L’Osservatore Ro- particolare ma paradigmatico mano 31.12.’08) - un recepimen- non si sa neppure se valgano le to esplicito, formale. Lo fa, cer- leggi nazionali o quelle regioto, anche perchè le leggi italiane nali (come sostengono - anche contrastano “con troppa frequen- per loro tranquillità - i notai, di za evidente” con princìpi “non ri- contrario avviso a fior fiore di conunziabili da parte della Chiesa”, stituzionalisti). Così come non si come scrive - sempre - il citato sa più - è un altro esempio, altretcattedratico, “Presidente della tanto indicativo - se il potere leCorte di Appello dello Stato del- gislativo competa ancora alle Cala Città del Vaticano così come mere o, piuttosto, alla burocrazia della Commissione per la revi- (che è quella - se si vuole essere sione della Legge sulle fonti del onesti - che fa le leggi per davvedirittoVaticano”. Ma non è que- ro, e cioè i Decreti legislativi, che sta, comunque, la prima ragione rappresentano oramai la maggior dell’innovazione, anche perchè parte della nostra legislazione). non è una ragione - come visto Un Paese (e una classe dirigente - nuova. Nel suo scritto, Serrano politica) del genere, si meriterebRuiz indica anzitutto due altri be severe lezioni dai propri cittamotivi: “In primo luogo - scrive dini. Non, dal Vaticano... testualmente - il numero davvero esorbitante di norme dell’OrdiCorrado Sforza Fogliani Politica 6 N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio Schifani esprime solidarietà e profondo rispetto al capo dello Stato I n un Paese civile si ha diritto di manifestare e ci può essere qualcuno che non è d’accordo con i suoi silenzi. Noi non siamo eversori ma lei deve essere arbitro mentre il suo giudizio appare poco da arbitro e da terzo. Parlando sul palco della manifestazione di Piazza Farnese sulla giustizia, Antonio Di Pietro si è rivolto direttamente al presidente della Repubblica per quello che ha definito un appello. “Lo sa che stanno cercando di fare lo stesso scherzetto di Piazza Navona?’’, ha detto Di Pietro. Il riferimento è a uno striscione sequestrato nella piazza che recitava: ‘Napolitano dorme, l’Italia insorge’. Di Pietro, rendendo noto l’episodio, ha chiesto: “Perché l’hanno sequestrato, perché non c’è diritto di manifestare senza bastoni? Lo diciamo, rispettosamente, perché il silenzio uccide, è mafioso’’. Immediata la replica del Quirinale che in una nota rimarca: la presidenza della Repubblica è totalmente estranea alla vicenda dello striscione nella manifestazione svoltasi oggi in Piazza Farnese a Roma a cui fa riferimento l’onorevole Di Pietro. Del tutto pretestuose sono comunque da considerare le offensive espressioni usate dallo stesso onorevole Di Pietro per contestare presunti ‘silenzi’ del capo dello Sta- B to, le cui prese di posizione avvengono nella scrupolosa osservanza delle prerogative che la Costituzione gli attribuisce. Un comunicato per il quale il leader dell’Italia dei Valori si è detto amareggiato “per l’oggettiva disinformazione che contiene e perché mi mette in bocca ciò che non ho detto’’. Di Pietro ribadisce che a suo avviso “è stato ingiusto e ingiustificato non avere permesso ad alcuni manifestanti di tenere esposto uno striscione non offensivo, ma di critica politica. In democrazia deve essere permesso a tutti di avanzare critiche e dissensi”. “Non ho mai detto che a far togliere lo striscione fosse stata la presidenza della Repubblica - ha proseguito Di Pietro - e non ho mai offeso, né inteso offendere, il capo dello Stato quando ho ricordato pubblicamente che il silenzio uccide come la mafia, giacché non è a lui che mi riferivo, ma a chi vuole mettere la museruola ai magistrati che indagano sui potenti di Stato’’. Posizione ulteriormente ribadita anche in serata: “Io non ho offeso Napolitano, ma ho ripetuto il sacrosanto appello dell’Associazione vittime della mafia che vedono con dolore il silenzio assoluto che c’è nella lotta alla mafia”. Il leader dell’Idv è dunque tornato a criticare la nuova normativa Obama e lo scandalo dell’aborto arak Obama ha speso per la festa di insediamento alla Casa Bianca, la bellezza di 170 milioni di dollari. Bush ne aveva spesi 42 e Clinton 33. Niente male per un presidente, a parole amico dei poveri. Ma la faccia d’angelo color caffelatte, non passerà alla storia come il presidente più spendaccione e vanitoso degli Stati Uniti d’America, ma per aver firmato il Freedom of Choise Act, la legge sull’aborto. Essa permetterà a tutte le donne di abortire in ogni momento della gravidanza, in qualsiasi Stato e ad ogni età, anche al di sotto dei 18 anni. Questa legge permetterà inoltre l’aborto a nascita parziale: una tecnica abortiva praticata in età gestazionale avanzata (7/8 mesi di gravidanza) dalle modalità impressionanti. Il bambino viene fatto girare in modalità podalica (cioè posto nella condizione di uscire con le gambe anziché con la testa), si causano contrazioni espulsive e lo si estrae fino a che il corpo è completamente fuori. Rimane nel ventre materno solo la testa, a questo punto si pratica un foro alla base del cranio, si inserisce una sorta di aspiratore, si aspira la materia cerebrale e si fa nascere una bambino morto. “Guardatevi dai falsi profeti lupi che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci” disse San Matteo. Parole profetiche più attuali che mai. S e sei dispiaciuto per quanto accade a Gaza, allora diventa cecchino e colpisci il nemico a te più vicino, vedrai che starai meglio. E’ questo l’invito lanciato dallo Stato islamico iracheno, formazione terroristica dietro alla quale si nasconde al Qaeda in un video dedicato a ‘Gaza la coraggiosa’. Il filmato, della durata di 30 minuti, è un documentario nel quale si esalta, dal punto di vista militare e religioso, il ruolo dei cecchini nell’Islam, con l’obiettivo di invitare i musulmani di tutto il mondo a fare altrettanto e ad uccidere il primo ‘infedele’ che gli capita a tiro. “Devi sapere che con una pallottola che non supera il costo di un dollaro - spiega il filmato in lingua araba - puoi uccidere una persona che è pagata molto di più dalla sua nazione. Se senti che il tuo cuore si stringe in petto e sei dispiaciuto Renato Schifani Presidente del Senato sulle intercettazioni, “che renderà più difficile la lotta alla mafia”. Da più parti sono arrivate la solidarietà a Napolitano e la presa di distanza dalle parole di Di Pietro. A cominciare dalla cariche istituzionali. “E’ lecito, come è più che naturale in una democrazia, il diritto sacrosanto alla critica politica, ma mai quel diritto può travalicare il rispetto che si deve a chi rappresenta tutta la nazione - è stato il monito del presidente della Camera, Gianfranco Fini - al di là del fatto che sia stato espressione di un voto unanime o meno del Parlamento che lo ha eletto”. A intervenire è stato poi anche il presidente del Senato, Renato Schifani, sottolineando che le offese al presidente della Repubblica “sono offese a tutti i parlamentari e a tutti i cittadini”. Schifani si è fatto interprete del “sentimento unanime” del Senato nell’”esprimere convinta solidarietà e profondo rispetto al capo dello Stato, oggetto di accuse offensive e ingiuste”. Dure critiche a Di Pietro sono state espresse da Walter Veltroni. “Quanto accaduto a Piazza Farnese, le frasi pronun- ciate dall’onorevole Di Pietro, gli striscioni esibiti sono inaccettabili e inqualificabili - sono state le parole di condanna del segretario del Pd Torniamo ad esprimere al capo dello Stato la nostra piena solidarietà e fiducia”. “Il ruolo e le parole del presidente della Repubblica - ha aggiunto Veltroni - non possono essere messe in discussione né essere oggetto di polemiche politiche strumentali. In un momento difficile per il Paese il presidente Napolitano rappresenta un punto di riferimento per l’intero Paese, per il suo ruolo di garanzia, per la saggezza e l’equilibrio dei suoi interventi”. In Aula alla Camera le parole di Di Pietro sono state difese dal vicecapogruppo dell’Italia dei Valori, Fabio Evangelisti, che ha duramente replicato alle critiche di Fabrizio Cicchitto: “Estrapolare una frase e da questo trarne un’offesa al presidente della Repubblica è un atteggiamento vergognoso e allora Cicchitto si deve vergognare di quello che ha detto, perché Di Pietro non ha offeso il presidente della Repubblica. Ha detto, chiediamo al presidente della Repubblica, con grande rispetto, che sia arbitro e spesso noi, rispettosamente, non apprezziamo i suoi silenzi’’. G. L. Un inquietante filmato terroristico i video della cellula irachena di al Qaeda, parla invece dell’argomento da un punto di vista prettamente militare spiegando come le cellule di al Qaeda di mezzo mondo, tra cui quelle in Afghanistan, Somalia e Iraq, usino il cecchino come strumento per colpire il nemico. “Come l’uso dei kamikaze ha rappresentato un’evoluzione importante e un’arma decisiva per la lotta jihadista - spiega una voce fuori campo - anche l’uso dei cecchini è importante e fonda le sue basi nella storia dell’Islam quando durante le battaglie più importanti i compagni del Profeta usavano questa tattica contro i nemici. Questo perché vince l’effetto sorprese del cecchino in quanto la morte arriva da dove il nemico non Gianni Toffali se lo aspetta”. Secondo i terroristi di al Qaeda, il primo nella stoper quanto accade ai musulma- ria dell’Islam ad escogitare l’uso ni, diventa un cecchino, vai dal dei cecchini sarebbe stato proprio nemico di Allah e ficcagli una Maometto che avrebbe invitato i pallottola nella testa o nel cuore: suoi compagni ad usare questa tecvedrai come ti sentirai meglio. nica in battaglia. “La prima volta Dice Allah l’altissimo: “Combat- che hanno scagliato le loro frecce teteli, e che Allah li punisca con contro nemici in modo mirato per le vostre mani, li ricopra con onta, uccidere i loro capi da lontano è aiuti (la vostra vittoria) contro stato nella battaglia di Uhud (625 di loro, curi i petti dei Credenti” d.C.) - spiega ancora il video - e (Corano 9:14)”. Il documentario il primo dei compagni del profeta si apre con le immagini dei bom- a fare da cecchino sulla via di Albardamenti israeliani su Gaza lah è stato Saad Ibn Abu Waqqas delle scorse settimane e prende seguito da Abu Talha”. Non è un di mira anche i capi di Stato ara- caso se nel video viene presentato bi, mostrati mentre applaudono come prototipo del cecchino islasubito dopo un raid. Non manca mico proprio Abu Waqqas, che infine un fotogramma dedicato a nel 636 d.C., alla guida degli arapapa Benedetto XVI, che com- bi, riuscì a sconfiggere il potente pare mentre stringe la mano al esercito sasanide nella battaglia di re Abdullah nel corso dell’ultima Qadisiya, impadronendosi così dei visita a Roma del sovrano saudi- territori dell’attuale Iraq. La parte ta. Nella seconda parte, il docu- centrale del filmato mostra infatti mentario, realizzato dalla casa di una serie di video nei quali i terroproduzione ‘al-Furqan’ che monta risti di al Qaeda sono riusciti negli ultimi anni ad uccidere decine di soldati americani, attaccandoli uno alla volta con i loro cecchini. Si spiega quindi quali devono essere le caratteristiche di un bravo tiratore, che deve innanzitutto “essere in un perfetto stato psicofisico: deve convincersi di essere un cecchino e deve usare la furbizia e la pazienza dei cecchini”. Tra un video e l’altro non mancano in sottofondo i discorsi dei principali leader di al Qaeda, come Osama Bin Laden, Ayman al-Zawahiri, Abu Musab al-Zarqawi e Mukhtar Robow dei Giovani mujahidin somali, che rappresentano la continuità ideologica del gruppo. Il filmato si chiude con le immagini di un uomo palestinese di Gaza che chiede aiuto ai musulmani dopo un bombardamento israeliano. G. L. Benedetto XVI stringe la mano al sovrano saudita, re Abdullah La maschera del voltagabbana V oltagabbana, spiega il vocabolario, “è chi per utilità personale muta facilmente opinione”. In questi giorni ad indossare l’insincera maschera del voltagabbana, sono coloro che nel conflitto a Gaza accusavano gli israeliani di genocidio, ed oggi, dopo che Ratzinger ha rimesso la scomunica a quattro vescovi lefreviani, parteggiano per Israele. Manco i saltimbanchi circensi sarebbe capaci di tali audaci piroette. Eppure, gli stessi “funamboli”che nelle settimane scorse assieme ai simpatizzanti di Hamas bruciavano bandiere israeliane, nella giornata della memoria hanno imitato i coccodrilli nella simulativa arte della lacrimazione. L’antisemitismo è tanto più perfido e subdolo, quanto più capace di mimetizzarsi dietro le interessate manifestazioni di solidarietà pelosa. G.T. Attualità N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio Iscrizioni a n c o r a a p e r t e p e r i l c a m p i o n a t o italiano d e i p r e t i s u g l i s c i o rg a n i z z a t o d a l C s i Il Signore s(c)ia con voi Torna la “valanga” dei sacerdoti sciatori I n attesa dell’imminente calcio d’inizio della terza edizione della Clericus Cup, gli atleti-sacerdoti scaldano i muscoli sulle piste da sci. Lunedì 9 e martedì 10 febbraio, sugli impianti di Passo del Lupo di Sestola (Modena), si svolge infatti la decima edizione della Festa nazionale sulla neve per sacerdoti sciatori, campionato nazionale di slalom gigante e fondo-ciaspolada organizzato dal Centro sportivo italiano, in collaborazione con i Comitati di Reggio Emilia, Modena e Carpi e la Scuola nazionale maestri di sci Sestola. La manifestazione sportiva - che rientra nel progetto Clericus Cup rivolto a preti e seminaristi - è patrocinata dalla Provincia di Modena, dal consorzio Valli del Cimone e dal Csi Presidenza nazionale. I sa- cerdoti sciatori si ritroveranno alle ore 15 di lunedì 9 febbraio presso la pista di fondo del lago della Ninfa, tutti rigorosamente con le racchette da neve ai piedi (le “ciaspole”, nel dialetto della val di Non), per dare vita alla gara di fondo-ciaspolada. Nella serata verrà festeggiato il decennale della kermesse sciistica del Csi, ideata da don Aronne Magni, consulente ecclesiastico del Csi Emilia Romagna. Alle ore 10 di martedì, prima manche dello slalom gigante, la seconda alle 11,30. Alle 14,30 premiazioni dei migliori sacerdoti slalomisti. Alle postazioni di partenza ci saranno, tra gli altri, anche il responsabile nazionale della Pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nicolò Anselmi, vincitore della scorsa Alla ricerca dell’unità nella verità per servire il Vangelo C Ecumenismo:per il Papa necessario continuare dialogo tra cattolici e luterani edizione e monsignor Claudio Paganini, consulente ecclesiastico nazionale del Csi, che ha sottolineato l’importanza di queste iniziative per avvicinare le giovani generazioni: «Anche lo sci - ha commentato l’alto prelato - può diventare un modo per porsi all’ascolto dei giovani e, attraverso lo sport, uno strumento da loro assai ben conosciuto, avere maggiore credibilità ai loro occhi». Le iscrizioni (la quota di 15 euro comprende Skipass e assicurazione) sono ancora possibili presso la segreteria regionale Csi di Reggio Emilia (tel.:0522511482; fax: 0522511583; e-mail: [email protected]). Per ogni ulteriore informazione ci si può rivolgere anche a don Aronne Magni (tel.:059554086; mob.: 3475450340). Discorso di Benedetto XVI a una delegazione ecumenica della Finlandia ari amici della Finlandia, il dialogo sta sempre più pienaE’ con grande gioia che mente considerando la natura vi porgo il benvenuto in della Chiesa quale segno e struoccasione di questa vostra visita mento della salvezza recata in annuale a Roma per la festa del Gesù Cristo e non semplicemente vostro santo patrono, sant’Enri- come una mera assemblea di creco, e ringrazio il vescovo Gustav denti o un’istituzione con varie Bjorkstrand per le cortesi parole funzioni. che mi ha rivolto a vostro nome, Il vostro pellegrinaggio a Questi pellegrinaggi sono Roma si svolge nell’Anno Paoun’opportunità per pregare in- lino, il bimillenario della nascita sieme, per riflettere e per dia- dell’Apostolo delle Nazioni, che logare al servizio della nostra ha instancabilmente dedicato la ricerca di piena comunione. La propria vita e il proprio insegnavostra visita si svolge durante mento all’unità della Chiesa. San la Settimana di Preghiera per Paolo ci ricorda la grazia meral’Unità dei Cristiani il cui tema vigliosa che abbiamo ricevuto quest’anno è tratto dal libro di divenendo membri del Corpo di Ezechiele: “che formino una Cristo attraverso il Battesimo cosa sola nella tua mano” (Ez (cfr. 1 Cor 12, 12-31). La Chiesa 37, 15-23). La visione del pro- è questo Corpo Mistico di Cristo feta è quella di due legni, che ed è costantemente guidata dallo simboleggiano i due regni in cui Spirito Santo, lo Spirito del Padre il popolo di Dio è stato diviso, e del Figlio. E’ soltanto sulla base che poi diventano una cosa sola di questa realtà incarnazionale (cfr. Ez 37, 15-23). Nel contesto che si può comprendere il caecumenico, ci parla di Dio, che rattere sacramentale della Chiecostantemente ci spinge verso sa come comunione in Cristo. un’unità più profonda in Cristo, Un consenso sulle implicazioni rinnovandoci e liberandoci dalle profondamente cristologiche e nostre divisioni. La commissione del dialogo luterani-cattolici in Finlandia e in Svezia continua a prendere in considerazione la Dichiarazione comune sulla Giustificazione. Quest’anno celebriamo il decimo anniversario di questa importante dichiarazione e la Commissione sta ora studiando le sue implicazioni e la possibilità della sua ricezione. Con il tema Giustificazione nella Vita della Chiesa, Benedetto XVI e Bjorkstrand 7 pneumatologiche del mistero della Chiesa sarebbe una base molto promettente per il lavoro della Commissione. Da Paolo apprendiamo anche che l’unità alla quale auspichiamo non è altro che la manifestazione della nostra piena incorporazione nel Corpo di Cristo, perchè “quando siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo” (Gal 3, 27-28). A questo fine, cari amici, è mia fervente speranza che la vostra visita a Roma rafforzi ulteriormente i rapporti ecumenici fra luterani e cattolici in Finlandia, che da molti anni sono così positivi. Insieme, rendiamo grazie a Dio per tutto ciò che si è ottenuto finora nelle relazioni fra luterani e cattolici, e preghiamo affinché lo Spirito di verità ci guidi verso un’unità sempre più grande al servizio del Vangelo. Con questi sentimenti di affetto nel Signore, e all’inizio di questo nuovo anno, invoco su di voi e sulle vostre famiglie i doni di Dio di gioia e di pace. Piispa Gustav Bjorkstrand A dieci anni dal ‘’significativo’’ accordo sulla ‘’giustificazione’’, il dialogo luterano e cattolico deve continuare a studiare ‘’le sue implicazioni e la possibilità di recezione’’. Lo ha detto papa Benedetto XVI incontrando lunedì 19 in Vaticano una delegazione della Chiesa evangelica luterana di Finlandia guidata dal vescovo Gustav Björkstrand. Nel suo saluto, il Papa ha sottolineato che la visita della delegazione finlandese a Roma rappresenta ‘’un’occasione di preghiera condivisa, riflessione e dialogo a servizio della nostra ricerca della piena comunione’’ ed ha sottolineato la coincidenza della loro presenza con lo svolgimento della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Dio, ha detto il papa, ‘’costantemente ci spinge ad una unità più profonda in Cristo, rinnovandoci e liberandoci dalle nostre divisioni’’. Da qui l’importanza dei dialoghi teologici. In Finlandia, la commissione di dialogo luterano-cattolica ha scelto di approfondire il tema della ‘’Giustificazione nella vita della Chiesa’’. Con questa scelta, ha osservato il pontefice, ‘’il dialogo sta prendendo sempre più pienamente in considerazione la natura della Chiesa come segno e strumento della salvezza portata in Gesù Cristo e non semplicemente come una mera assemblea di credenti o istituzione con varie funzioni’’. Un incontro rituale e insieme un’occasione per fare il punto di un rapporto tenuto dal Papa in grande considerazione nell’orizzonte del dialogo ecumenico. Benedetto XVI ha accolto con cordialità la delegazione luterana finlandese, inquadrandone il senso della sua visita a Roma e in Vaticano nelle parole del profeta Ezechiele che guidano la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2009: “Che formino una cosa sola nella tua mano”. Nella visione che le origina, ha spiegato il Papa, si parla di due pezzi di legno - che simboleggiano i due regni di Giuda e di Giuseppe nei quali il popolo di Dio era stato diviso - che vengono riuniti in uno. Un’immagine, ha osservato il Pontefice, efficace anche a distanza di centinaia di secoli. La strada verso l’obiettivo dell’unità, ha riflettuto Benedetto XVI, passa attraverso le affermazioni sottoscritte in un documento fondamentale per i rapporti fra cattolici e luterani: la “Dichiarazione congiunta sulla Giustificazione”, che celebra 10 anni di vita, tuttora oggetto di studi approfonditi da parte della Commissione per il dialogo ecumenico in Finlandia e Svezia. Lo stesso San Paolo, ricordato nel suo giubileo bimillenario, ci insegna - ha proseguito il Pontefice - che la Chiesa, Corpo mistico di Cristo, “è costante mente guidata dallo Spirito Santo; lo Spirito del Padre e del Figlio. E’ solo sulla base di questa realtà incarnata che il carattere sacramentale della Chiesa come comunione in Cristo può essere compreso”. E qui Benedetto XVI ha aggiunto: “Un consenso per quanto riguarda le implicazioni profondamente cristologiche e pneumatologiche del mistero della Chiesa si rivelerebbe uno più promettenti per i lavori della Commissione”. “A questo proposito, cari amici, è mia fervida speranza che la vostra visita a Roma, rafforzerà ulteriormente i rapporti ecumenici tra luterani e cattolici in Finlandia, che sono stati così positivi da molti anni. Insieme, dobbiamo ringraziare Dio per tutto ciò che è stato realizzato fino ad oggi nelle relazioni cattolico-luterane, e preghiamo che lo Spirito di verità ci guidi verso una sempre maggiore unità, al servizio del Vangelo”. Il Vescovo Björkstrand ha concelebrato il 19 una messa in ricordo di Sant’Enrico, patrono di Finlandia, nella cappella al Santo dedicata nella basilica di Santa Maria sopra Minerva con l’amministratore apostolico della diocesi cattolica di Helsinki, padre Teemu Sippo SCJ, che ha fatto parte della delegazione ecumenica finlandese giunta a Roma la scorsa settimana. Canti sono stati eseguiti dal coro da camera dell’Università Åbo Akademi. Gianfranco Nitti Cultura 8 N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio Chi è politicamente il colonnello Hugo Rafael Chavez Frias e come si sposa il suo autoritarismo militare con la causa della sinistra internazionale, di cui oggi si presenta come alfiere Hugo Rafael Chavez Frias: un «Presidente-Caudillo» a cavallo del mito comunista Come si coniugano lo scarso rispetto della democrazia parlamentare e l’accentramento del potere con la causa della giustizia sociale di cui Chavez è considerato vessillo nello Hugo Rafael Chavez Frias? Come si sposa il suo autoritarismo militare con la causa della sinistra internazionale, di cui oggi si presenta come alfiere? Come si coniugano lo scarso rispetto della democrazia parlamentare e l’accentramento del potere con la causa della giustizia sociale di cui è considerato vessillo? Antonio Savo Prima Parte 1. Un personaggio controverso I l 2 dicembre 2007 Hugo Rafael Chavez Frias, presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, è sconfitto inaspettatamente in un referendum di modifica della Costituzione che gli avrebbe dato la possibilità di governare a vita. Dopo appena un mese egli si rende protagonista di una trattativa con i terroristi delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc), e il 9 gennaio 2008 ottiene la liberazione di due prigioniere colombiane. Periodicamente la cronaca politica porta in primo piano le sue controverse iniziative — specie dal 3 dicembre 2006, cioè da quando vince per la seconda volta le elezioni alla presidenza del Venezuela —, aventi come obiettivo l’instaurazione di un «nuovo» socialismo. I suoi progetti sono accolti trionfalmente da chi lo considera simbolo della lotta antimperialista, mentre sono osservati con preoccupazione e subìti dagli Stati Uniti e dai loro alleati occidentali. Le sue vicende sono indubbiamente legate alla ricchezza venezuelana, il petrolio, risorsa che il presidente sfrutta per rinsaldare i vincoli fra le nazioni sudamericane. La sua alleanza con Fidel Castro Ruiz, presidente della Repubblica di Cuba, con la Corea del Nord, con la Repubblica Islamica dell’Iran di Ahmadi-Nejiad, nonché la presenza in Venezuela di rappresentanti di movimenti rivoluzionari o terroristici come Hezbollah, Hamas e Al Qaida (1), Fidel Castro 2. L’avvento al potere del colonnello Hugo Chavez Hugo Chavez sono percepiti come fattori di instabilità internazionale. A rendere ancor più minacciosa la sua politica contribuisce l’acquisto di un armamento imponente, mentre la sua stima per il terrorista rosso «Carlos», oggi residente nelle carceri francesi e convertito all’islam, fa nascere dubbi sull’affidabilità delle relazioni diplomatiche con il Paese caraibico. I suoi rapporti amichevoli con i narcoterroristi colombiani delle Farc, gruppo rivoluzionario marxista-leninista (2), sono stati confermati in occasione della recente trattativa che ha portato alla liberazione delle due prigioniere colombiane Clara Rojas e Consuelo Gonzales. La felicità per il rilascio non può far trascurare le dichiarazioni di stima e di amicizia rese a nome del presidente Chavez, dal suo ministro degli Interni, Amon Rodriguez Chacin, subito dopo la liberazione degli ostaggi: «In nome del Presidente Chavez voglio dirvi che poniamo molta attenzione alla vostra battaglia» e «[…] mantenete alto il vostro spirito e la vostra forza, potete contare su di noi […]. Cautela camaradas» (3). Non si può trascurare che il gruppo guerrigliero al quale Chavez faceva pervenire la sua gratitudine combatte una guerra da trent’anni contro un paese amico, la Colombia. In questa guerra i terroristi hanno ucciso centinaia di venezuelani e migliaia di colombiani, hanno sequestrato oltre tremila persone, 730 delle quali sono tuttora nelle mani dei guerriglieri e quaranta sono detenute da circa dieci anni. Non si può dimenticare che i capi guerriglieri ricercati in Colombia trovano rifugio in Venezuela, dove hanno stabilito, protetti, una stazione di transito per l’esportazione di centinaia di tonnellate di cocaina all’anno, diretta verso l’Europa e verso gli Stati Uniti d’America, con un valore di mercato di migliaia di milioni di euro all’anno (4). Non si può dimenticare che per Chavez le Farc sono camaradas che combattono la stessa battaglia: «Las FARC y el ELN no son terroristas, son verdaderos Ejércitos y hay que darles reconocimiento […] Son fuerzas insurgentes que tienen un proyecto político y bolivariano que aquí es respetado» (5). Ma chi è politicamente il colon- liberista il 4 febbraio 1992 Chavez, alla testa di 480 paracadutisti, diventa protagonista di un colpo di Stato militare che avrebbe dovuto rovesciare il presidente Pérez. Il golpe però fallisce, ma l’appello in televisione con cui il colonnello chiedeva ai suoi compagni di desistere, riscuote enorme popolarità per la schiettezza e per l’onestà nell’assunzione delle responsabilità. Chavez finisce in prigione, ma conquista l’immagine d’icona a cui affidarsi per cambiare un Paese corrotto. La condanna viene condonata nel 1994 dall’allora Presidente Rafael Cardera: Chavez esce di prigione e costituisce il Movimiento Quinta República (Mvr), con cui fa il suo ingresso in politica. Nel 1998 vince le elezioni con una campagna indirizzata contro il regime del Patto di Punto Fijo (9), di cui denunziava la corruzione e la subordinazione agli interessi delle multinazionali. La vittoria di Cha- Nel 1998 Chavez viene eletto presidente del Venezuela, vincendo le elezioni contro il suo avversario Henrique Salas Römer. La sua elezione segna la fine del sistema bipartitico durato quarant’anni, costituito dall’alternarsi dei due partiti, Acción Democrática (Ad), d’ispirazione socialdemocratica, e il Comité de Organización Política Electoral Independiente (Copei), d’ispirazione cristianosociale. Ad e Copei si erano alternati alla guida del Venezuela fin dal 1958, anno in cui era stato posta fine alla dittatura militare di Marcos Evangelista Pérez Jiménez (19481958). Potendo trarre vantaggio dall’alto prezzo del petrolio, la giovane democrazia si era prima contraddistinta per una estesa politica assistenzialista e nazionalizzatrice (6) — la Costituzione del 1961 assegnava allo Stato la responsabilità dello sviluppo economico e della politica sociale —, ma la succes- Il terrorista rosso Carlos siva riduzione di valore dell’«oro nero» aveva vez rappresenta la fine del sistema costretto lo Stato a una politica costruito intorno ad Ad e Copei, di privatizzazioni, anche a causa che vengono ritenuti responsabili dell’elevato debito estero. Alla della povertà radicata nel Paese. fine degli anni 1990 il Venezuela Un anno dopo la vittoria, il aveva dovuto aderire a una rigida 15 dicembre 1999, il Presidente politica monetarista imposta dal vara una nuova Costituzione: il Fondo Monetario Internazionale Paese assume il nome di Repub(7) , con la conseguente fine della blica Bolivariana del Venezuela politica di sussidi che aveva carat- (10), dall’eroe dell’indipendenza terizzato il periodo precedente. Le nazionale Simón José Antonio nuove misure liberiste, introdotte de la Santísima Trinidad Bolívar dall’allora Presidente Carlos An- Palacios y Blanco (1783-1830), e drés Pérez, avevano creato enor- si manifesta la natura nazionalista me malcontento ed erano sfociate e antimperialista — cioè antiameil 27 febbraio 1989 in un’aperta ricana — che avrebbe contraddiribellione popolare, cui il governo stinto la nuova strategia politica. aveva risposto militarmente con Dal 1999 al 2001 la politica ecouna repressione che aveva causa- nomica della nuova Repubblica si to centinaia di morti, evento noto sviluppa nell’alveo dell’economia con il nome di «Caracazo» (8). di mercato, garantendo la concorProprio per vendicare il Caracazo e per combattere la politica Continua a pag 9 Cultura N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio Segue da pag 8 renza, l’iniziativa e la proprietà privata (11); dopo il fallito golpe dell’opposizione nell’aprile del 2002 (12) Chavez inizia a modificare l’economia venezuelana in senso statalista, ampliando l’intervento dello Stato non solo come regolatore ma anche in veste di produttore di beni e servizi. Nel 2005 lancia la proposta di costruzione del «Socialismo del XXI secolo» (13). 3. La Rivoluzione Bolivariana, via di uscita dal neoliberalismo e dalla globalizzazione pitalistico non poté fare a meno di ripeterne gli errori, continuando lo sfruttamento, partecipando alle lotte neocoloniali o imperialiste e deteriorando la natura (19). Negli anni 1970 si diffonde il neoliberalismo, gli Stati si piegano agli interessi delle aziende transnazionali, del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) e della Banca Mondiale (20). Il Welfare viene smantellato, le decisioni economiche, politiche e giuridiche, che in precedenza venivano prese dagli Stati nazionali, si trasferiscono oltrefrontiera, sotto l’egemonia economica delle grandi imprese internazionali e degli Usa (21). Lo Stato non interviene nel sociale, non controlla i prezzi, non investe in scuole, ospedali, cultura; l’ambiente viene devastato a vantaggio del profitto, i salari vengono congelati, le imposte indirette crescono e quelle dirette diminuiscono specie sulle alte rendite; aumentano i costi di alimenti e di medicine, la televisione e Internet creano false necessità; i servizi e i monopoli di stato vengono privatizzati o dismessi, in Venezuela vengono privatizzati la Pdvsa — la Petroleum de Venezuela SA, la principale impresa nazionale —, gli ospedali, le scuole, le strade, le imprese di elettricità, la somministrazione dell’acqua (22). Paesi come il Venezuela, il Brasile e l’Uruguay eleggono presidenti di sinistra, l’Europa si mobilita contro la guerra in Iraq, il Foro Social Mundial riunisce il pensiero critico e i movimenti sociali alternativi dei cinque continenti (23). È guerra contro il neoliberalismo statunitense e contro la globalizzazione, ma è anche chiaro che il socialismo del secolo XX non sarà più proponibile (24) e che la Rivoluzione bolivariana dovrà condurre a un società nuova, a una nuova meta per il secolo XXI. Fino al 2005 Chavez aveva ritenuto possibile un capitalismo «dal volto umano», una sorta di terza via fra socialismo e capitalismo, ma successivamente si era convinto dell’impossibilità di realizzarlo (14) e la condanna del capitalismo era diventata definitiva e impietosa. La riflessione bolivariana sul capitalismo e sul socialismo, che riporto nel seguito, è tratta da un documento del Centro Internacional Miranda, istituzione legata al Ministero della Educazione, che ha come scopo la promozione e l’approfondimento del modello bolivariano di «democrazia partecipativa e protagonista» (15). Per il capitalismo tutto è mercanzia e la sua intrinseca perversione sta nel fatto che il valore dei beni è esclusivamente determinato dal loro valore di mercato, dalla legge della offerta e della domanda, senza alcuna considerazione dei fattori umani, sociali e ambientali. Nel corso del XX secolo si era più volte tentato di superare il capitalismo nella direzione del socialismo ma questi tentativi erano sempre falliti. La rivoluzione sovietica non era stata un’esperienza negativa: «Voglio rendere omaggio a quanto fatto di buono alla 4. Il caudillismo di Norberto Ceumanità dalla Rivoluzione Sovie- resole tica; vi estendo il mio rammarico Nel definire i contenuti cultuper il modo con cui l’esperienza comunista è terminata. Porgo le rali della Rivoluzione bolivariamie felicitazioni perché un giorno na il presidente Chavez è apparl’America Latina sarà ciò che la so prima influenzato dalle teorie Russia non è potuto essere» (16). «caudilliste» di Norberto Rafael L’assenza di partecipazione socia- Ceresole (1943-2003) (25), quindi le nell’Unione Sovietica aveva però determinato la creazione di un modello economico basato su un burocratico capitalismo di Stato, nel quale non erano spariti né lo sfruttamento né la divisione del lavoro e, quando l’Unione Sovietica si era disintegrata, i gestori del capitalismo di Stato si erano trasformati in gestori del neoliberalismo (17) . Nell’Europa capitalistica la socialdemocrazia aveva dato vita a uno Stato sociale, un sistema in cui lo Stato diveniva imprenditore e nel contempo assumeva il ruolo di garante dei diritti Ahmadi-Nejiad sociali. Ma il Welfare socialdemocratico non era dal socialismo di Heinz Dieterich che una finzione per nascondere Steffan (26). Molti analisti — e in particolalo sfruttamento soggiacente strutturalmente al sistema capitalista re i simpatizzanti dell’opposizio(18) . La socialdemocrazia, svilup- ne venezuelana — percepiscono pandosi all’interno del sistema ca- Chavez come la riproposizione del tradizionale caudillo (cioè «duce» o dittatore) latinoamericano, un presidente che gode di ampio potere legittimato direttamente dal popolo, in un sistema in cui al Parlamento è assegnata una funzione di rappresentanza molto limitata. L’ispiratore del ruolo di caudillo è il sociologo argentino Norberto Ceresole, scomparso nel 2003. Personaggio controverso, attivista radicale di sinistra nel 1960 in Argentina, consigliere del dittatore peruviano Juan Alvarado, sostenitore della dittatura militare argentina (27) e della sinistra peronista; fautore di un’alleanza con l’Unione Sovietica; accusato di essere neo-fascista e antisemita per le sue teorie negazioniste dell’Olocausto (28). L’incontro di Cersole con Chavez avviene nel 1994 in Argentina e la sua frequentazione con l’excolonnello gli costa l’espulsione dal Venezuela nel 1995 e poi nel 1999 a opera dello stesso Chavez (29) per le polemiche sorte intorno alle sue teorie «negazioniste» (30). In vario modo egli ha comunque ispirato Chavez, soprattutto nei riguardi dell’abbandono del modello di «democrazia distributiva», che prevedeva deleghe e distribuzione del potere fra i molteplici organi istituzionali. Ha proposto il modello di «postdemocrazia» (31), che prevede la concentrazione del potere nelle mani di un presidente eletto direttamente dal popolo e ha ispirato l’importante riforma delle istituzioni militari venezuelane (32). Chavez ha riconosciuto la sua influenza nel 2006 (33), quando, ricordandone l’amicizia, ha rievocato la proposta dell’argentino di abbandonare l’alleanza con gli Usa per concentrare l’interesse sui legami con i Paesi del Sud America. Ceresole sosteneva che la «democrazia distributiva», nata con l’illuminismo e generata dalle rivoluzioni francese, inglese e americana, non aveva funzionato fuori dall’Occidente e nemmeno nella sua periferia, cui appartiene il Venezuela. In queste aree, la democrazia non ha avuto caratteristiche differenti dalla dittatura e non è stata veramente distributiva (34) . Nell’attuale contesto venezuelano, la democrazia distributiva porterebbe non alla distribuzione del potere ma alla dispersione e conseguentemente alla fine della Rivoluzione bolivariana (35), per difendere la quale è indispensabile che Chavez accentri il potere, ridando vita a un sistema, il caudillismo, che è nelle radici della storia ispanoamericana. Per Ceresole, i radicali cambiamenti del Venezuela provocheranno inevitabilmente conflitti interni ed esterni; in questo contesto è necessario un rapporto diretto fra il caudillo e il popolo, che consentirà di controllare le reazioni interne. Gli ampi poteri del caudillo non saranno però sufficienti ad affrontare le pressioni internazionali provenienti sopratutto dagli Usa e a tal fine il Venezuela dovrà stimolare la na- 9 scita di una rete internazionale di solidarietà, innanzitutto con i Paesi ispanoamericani, quindi coagulare il consenso di personalità autorevoli, partiti politici, organizzazioni culturali e sociali (36). Note Cfr. Il patriarca e il parà, in Limes. Rivista italiana di geopolitica, Heinz Dieterich Steffan n. 2, 20-4tercera via, in <http://www.eman2007, pp. 7-24 (p. 8). (2) Sulle Farc, cfr. Gustavo Coro- cipacion.org/modules.php?name= nel, Carta al amigo de Marulanda, News&file=article&sid=791> (26in <http://www.espanol.vdebate. 2-2008). (15) Haiman El Troudi e Juan org/2008/01/chavez-el-pueblovenezolano-se-le-va.html> (27-2- Carlos Monedero, Empresas de Producción Social. Instrumento 2008). (3) Reportaje: La conexión vene- para el Socialismo del Siglo XXI, in zolana. El narcosantuario de las <http://centrointernacionalmiranda. FARC, in <http://www.elpais.com/ gob.ve/> (26-2-2008). Gli autori articulo/portada/conexion/venezo- appartengono al Centro Internaciolana/elpepusocdmg/20071216elpd nal Miranda, legato al Ministero mgrep_1/Tes> (26-2-2008) e Pd- dell’Educazione. (16) Norman Gall, Petroleo y Devsa, Patriotismo, Chavez y Jatar, in <http://lasarmasdecoronel.blog- mocracia en Venezuela, in Braudel Papers. Documento del Instituto spot.com/> (26-2-2008). (4) Cfr. <http://www.espanol. Fernand Braudel de Economía vdebate.org/2008/01/chavez-el- Mundial, n. 3, 2006, p. 4, in <http:// pueblo-venezolano-se-le-va.html> www.braudel.org.br/publicacoes/ e <http://www.eltiempo.com/politi- bp/bp41_es.pdf> (26-2-2008). (17) Cfr. H. El Troudi e J. C. Moca/2008-01-11/ARTICULO-WEBNOTA_INTERIOR-3916278.htm> nedero, art. cit., p. 48. (5) (18) Chávez elogia a las FARC y al Cfr. ibid., p. 79. (19) Cfr. ibid., p. 48. ELN y dice que no son terroristas (20) Cfr. ibid., p. 4, nota. (video), in <http://www.noticias24. (21) Cfr. ibid., p. 40. com/actualidad/?p=11120> (26-2(22) Cfr. ibid., p. 42. 2008). (6) (23) Cfr. Venezuela. La Revolucion Cfr. ibid., p. 41. (24) Cfr. ibidem. de Hugo Chavez, in Informe sobre (25) Cfr. <http://en.wikipedia.org/ América Latina, n. 9, 22-2-2008, p. (26-23, in <http://www.crisisgroup.org/ wiki/Norberto_Ceresole> library/documents/latin_america/ 2008). (26) Cfr. <http://es.wikipedia. spanish_and_portuguese/19_venezuela__la_revolucion_de_hugo_ org/wiki/Heinz_Dieterich> (26-22008). chavez_spanish.pdf> (26-2-2008). (7) (27) Cfr. ibid., p. 4. Venezuela. La Révolucion de (8) Il termine «Caracazo» è for- Hugo Chavez, cit., p. 34, nota. (28) Cfr. <http://en.wikipedia.org/ mato dal nome della capitale venezuelana Caracas, più il suffisso wiki/Norberto_Ceresole>, cit. (29) Cfr. Venezuela. La Révolu«-azo», che in spagnolo implica il significato di «colpo» e di «gran- cion de Hugo Chavez, cit., p. 34. (30) Cfr. Norberto Ceresole, Caudezza» (per esempio: da «mano» viene «manotazo», «manata»): si dillo, ejército, pueblo. La Venezuela può quindi tradurre all’incirca come del presidente Chávez, in <http:// «il colpo o lo sconvolgente evento www.analitica.com/bitBlioteca/cedi Caracas» o «il terremoto di Cara- resole/caudillo.asp> (26-2-2008). (31) Cfr. ibidem. cas»; cfr. ibidem. (9) (32) Punto Fijo era il nome del Cfr. Ceresole responde a quartiere di Caracas dove era sita Garrido. Réplica solicitada a El la casa di Rafael Caldera e dove fu Universal por la entrevista publistretto il patto fra i tre maggiori par- cada el día 5 de marzo, intervititi politici del Venezuela: Acción sta al quotidiano «El Universal» Democrática, Copei e Unión Re- di Caracas, in <http://buscador. publicana Democrática, nel 1958. eluniversal.com/2000/03/23/pol_ Il patto impegnava le tre forze po- art_23115AA.shtml> (26-2-2008). (33) Cfr. Aló Presidente. Sitio ofilitiche a dar origine a un sistema elettorale con competizione di tipo cial del programa dominical del bipartitico (sistema detto del «pun- presidente de la Republica Bolivariana de Venezuela, n. 255, maggio tofijismo»). (10) Cfr. Venezuela. La Révolu- 2006, in <http://archivos.minci. cion de Hugo Chavez, cit., p. 5. gob.ve/doc/alpresidente255echa21(11) Cfr. Josè Guerra, Capitalismo mayo-2006-(ciudadguayana).doc> in salsa socialista, in Limes. Rivi- (26-2-2008). (34) Cfr. N. Ceresole, Caudillo, sta italiana di geopolitica, n. cit., p. ejército, pueblo. La Venezuela del 161. (12) Cfr. Venezuela. La Révolu- presidente Chávez, cit. (35) Cfr. ibidem. cion de Hugo Chavez, cit., p. 8. (13) (36) J. Guerra, art. cit., p. 159. Cfr. ibidem. (14) Cfr. Miguel Lozano, Socialismo a la Venezolana, adios a la Continua … (1) 10 INSERTO Corriere Letterario N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio A cura di Antonio D’Ettoris I liberali italiani dall’antifascismo alla Repubblica Marco Bertoncini F rutto di una serie d’iniziative, studi, convegni partiti già nel 2004, miranti ad analizzare il divenire del movimento liberale (lato sensu inteso, quindi ben oltre il Pli) dal crollo del fascismo ai primi anni Cinquanta, ecco un ampio tomo che contiene una trentina di saggi e d’interventi. Il punto di partenza storico addirittura risale all’affermarsi del fascismo, per illustrare le posizioni ostili, al movimento prima, al regime poi, assunte dai liberali italiani: più correttamente, le posizioni assunte da quei liberali che a partire da un certo momento storico si collocarono contro il fascismo, pochi essendo i liberali che sempre rimasero ostili a Mussolini. D’indubbio richiamo sono le tante pagine che tracciano anni tumultuosi e in certa misura rissosi all’interno del mondo liberale italiano, dal rinascere dei partiti dopo il 25 luglio 1943 fino al 18 aprile ‘48 (ma le crisi interne al Pli proseguirono a lungo). Di valore sono alcuni ritratti di personaggi, da Francesco Saverio Nitti a Giovanni Malagodi, da Gaetano Martino a Luigi Albertini, da Novello Papafava a Roberto Lucifero a Mario Pannunzio. Come si vede anche dalla semplice citazione di questi nomi, è l’intero universo liberale oggetto del volume collettaneo: si spazia dagli ambienti che succes- Giuseppino De Roma Massimiliano Kolbe Messaggero pp. 144 €. 8,00 Giovanni Malagodi sivamente determinarono la scissione radicale, ad esponenti che più propriamente erano azionisti o liberalsocialisti (è il caso di Guido Calogero), a rappresentanti della destra liberale. Riflettendo su non poche di queste pagine si ricava la sensazione che vi fu un periodo, diciamo fra l’autunno del 1946 e l’inverno del ’47, in cui il partito di raccolta degli anticomunisti avrebbe potuto essere non la Dc, bensì un movimento d’ispirazione più propriamente liberale. I risultati elettorali delle amministrative, soprattutto da Roma in giù, lo confermano, con ampie messi di voti a qualunquisti, liberali, monarchici e altre liste ancora. Pesavano, però, in maniera negativa i personalismi, soprattutto dei “grandi vecchi”, sovente arroccati nel ricordo degli eventi che condussero al fascismo e in più di un caso ansiosi di occupare una delle più elevate posizioni istituzionali. Ciò avvenne con De Nicola, capo provvisorio dello Stato e poi del Senato, con tre suoi successori al vertice di Palazzo Madama (Bonomi, Paratore e Ruini), mentre rimasero frustrate le ambizioni di Nitti e di Orlando; quanto a Croce, rifiutò il Quirinale, cui invece assurse Einaudi. Dietro decine di pseudo-partiti esistevano spesso soltanto un pugno di aderenti, ma ciascun titolare di una sigla rivendicava per sé un potere sproporzionato: l’infelice e improduttiva frantumazione dei monarchici è benissimo ritratta da Andrea Ungari in un paio di studi. Mancavano sia l’uomo unificatore, sia il partito aggregante. I finanziamenti erano deboli (diversamente andò negli anni Cinquanta: si vedano le documentate pagine di Giovanni Orsina sull’ascesa di Malagodi alla segreteria del Pli). L’incapacità di coerenti linee politiche, che fossero soddisfacenti per gli elettori, fu clamorosamente attestata dal disastroso dialogo che Giannini aprì con Togliatti, affossando, di fatto, il qualunquismo. Mancavano politici che capissero le esigenze concrete di una moderna campagna elettorale, che fossero cioè capaci di una produttiva propaganda. La visione di molti, nel mondo liberale, era ancora quella del collegio uninominale: fra l’altro, ai notabili meridionali (dotati di un segui- San Massimiliano Kolbe, risucchiato nella spirale dell’odio e della violenza di uno dei regimi più pazzi e sanguinari, quello nazista, ha saputo portare fino in fondo, con coraggio e coerenza, la sua testimonianza di amore cristiano fin nel simbolo di tanta disumanità: il lager di Auschwitz, offrendosi di morire nel bunker della fame al posto di un padre di famiglia. Il libro è la biografia di padre Placido Cortese, franApollonio Tottoli cescano conventuale e direttore del Messaggero di Padre Placido Cortese S. Antonio dal 1937 al 1943. L’importanza della sua vittima del nazismo figura è legata alla sua profonda umanità che si è traMessaggero dotta in un forte impegno nell’aiuto e nel salvataggio pp. 224 €. 14,00 degli ebrei e dei perseguitati politici durante l’occupazione tedesca in Italia. Braccato dalle forze naziste, fu rapito e deportato a Trieste, dove, sottoposto a torture e interrogatori, morì nel 1944. Aldo Valerio Cacco Un clarinetto nel lager Messaggero pp. 136 €. 14,00 “Qui più il tempo passa più si allontana la speranza di rimpatriare. Proprio ora entra un soldato del campo e vuole che suoni: ho suonato circa 20 minuti e per premio mi ha dato una razione di pane, un pezzetto di burro e 2 sigarette. Meglio di così non poteva andare. Anche oggi Iddio mi ha aiutato. [...] Per adesso il clarino non lo vendo perché è facile che questa settimana mi porti qualche cosa da mangiare.”. Questo libro non è frutto di fantasia. È un racconto che nasce da una pagina di storia, dal ricordo di esperienze infantili dell’autrice, bambina durante la seconda guerra mondiale. Fiore Sforza rivive il terrore che la attanagliò quando il quartiere San Lorenzo di Roma venne bombardato. Fiore Sforza Il nemico... amico Messaggero pp. 96 €. 7,50 to personale che in qualche caso si mantenne per decenni) non corrispondevano eguali potenzialità nel Nord. A imporsi fu la Dc, che aveva un capo solo, all’altezza della situazione e capace della necessaria sintesi, anche in virtù del prestigio personale, mentre fu la Chiesa a fornire i propagandisti, tramite Comitati civici e parrocchie. De Gasperi e Pio XII vinsero nel ’48, emarginando pesantemente il mondo liberale (e genericamente quello di destra) in una condizione minoritaria destinata a durare fino al 1994. Fra l’altro, questo spazio elettorale fu sempre spappolato in più liste oppure in coalizioni male assortite, come furono l’Unione democratica nazionale nel ’46 e il Blocco nazionale nel ’48. La Dc assorbì non solo elettori, ma altresì esponenti politici. Citiamo due soli, ma palmari esempi: Cesare Merzagora, assurto poi alla presidenza del Senato, e Giuseppe Medici, ripetutamente ministro. In piccola misura vi furono spostamenti a sinistra, nel Fronte popolare o nello stesso Pci: frange azioniste, una fetta di demolaburisti, singoli uomini di cultura (non è questo il caso dei cosiddetti fascisti rossi, perché facenti parte di altro schieramento, ma in fondo i risultati furono simili). Come sempre nel caso di opere collettanee, il valore dei singoli contributi è vario. Dobbiamo, però, rilevare che spunti Carla Liliana Martini Catena di salvezza Messaggero pp. 108 €. 7,50 Alcide De Gasperi d’interesse si ricavano così dalle pagine di Lucio D’Angelo sul Partito democratico del lavoro, fenomeno scarsamente studiato, come dall’analisi dell’azione della destra liberale, culminata nella segreteria di Lucifero, tratteggiata da Eugenio Capozzi. Merita attenzione l’opera svolta al governo dai ministri liberali, puntualmente esaminata da Aldo G. Ricci. Temi di solito poco approfonditi sono trattati in due relazioni da Andrea Ungari: i rapporti fra liberali e monarchici e l’impegno profuso da Alberto Bergamini (uno dei non pochi dei revenants del prefascismo). Meritori sono altresì i ripetuti richiami all’opera svolta fra il 1943 e il ’45 dai liberali nel mondo resistenziale, stante pure la pluridecennale censura calata sulla figura del presidente del Comitato di liberazione nell’Italia settentrionale, il liberale Alfredo Pizzoni. Il libro I liberali italiani dall’antifascismo alla Repubblica, volume I, a cura di Fabio Grassi Orsini e Gerardo Nicolosi, Rubbettino ed., pp. 840, € 36,00 Dopo l’8 settembre ’43, Carla Liliana diciassettenne, mentre quattro fratelli sono prigionieri, si impegna con le sorelle maggiori Teresa, Lidia e Renata, nell’assistenza e salvataggio di soldati italiani e alleati allo sbando, operando nella rete di solidarietà che aveva il suo riferimento in padre Placido Cortese, frate francescano della Basilica del Santo, morto poco dopo, martire. Nell’ambito delle iniziative che intendono recuPaolo Damosso perare la memoria della figura di padre Placido Padre Placido Cortese Cortese, si inserisce questo lavoro, frutto di un’inMessaggero chiesta che ha avuto inizio nell’ottobre 2004, in pp. 96 €. 10,00 occasione dei sessant’anni dal rapimento del frate di Cherso. Un’inchiesta entusiasmante che ci ha fatto conoscere la storia di un sacrificio estremo non ancora completamente svelata nei dettagli. Un uomo che muore torturato per un unico motivo: non tradisce. Peter Rushforth Kindergarten Elliot pp. 216 €. 16,00 È Natale. La gelida immagine che il televisore rimanda è quella del viso di una bambina che guarda fuori dalla finestra di una scuola di Berlino. È un ostaggio e sta per essere uccisa se le richieste dei terroristi che hanno occupato l’edificio non saranno accolte. In una piccola cittadina nel Suffolk, tre fratellini stanno per celebrare il Natale con la nonna paterna, ma quella scena rimanda loro un’altra immagine: quella della mamma uccisa pochi mesi prima in un attentato terroristico. “Se non avessi visto con i miei occhi non crederei a certe cose; la ferocia umana giunge fin dove non arriva quella delle belve. Che cosa non diviene il cuore dell’uomo quando si allontana radicalmente da Dio!” Milena Zambon Memorie Messaggero pp. 128 €. 8,50 Biondillo, Colombo Manuale di sopravvivenza del padre contemporaneo Guanda pp. 245 €. 15,00 LIBRI DA LEGGERE LIBRI Un libro agile, scanzonato, che parla di esperienze vissute in prima persona e che dice in modo divertente cose serie. Test e consigli pratici come nel più classico dei manuali. è LEGGERE A trapposta la novità della Rivoluzione Francese, animata da «[...] una duplice pregiudiziale: individualismo antipartitico da un lato, statalismo anticorporativo dall’altro» (p. 39). Avviandosi a conclusione l’esperienza della Cristianità romanogermanica, il cosiddetto Medioevo, caratterizzata da una sostanziale omogeneità culturale — che conosceva fazioni portatrici degli interessi dei gruppi componenti la società politica, ma non partiti, espressioni di diverse ideologie e correnti di opinione —, si pone il problema di che cosa tenga unita la comunità. Per il filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679) è la forza del sovrano — colui che è capace di farsi obbedire a qualsiasi costo e d’imporre tutte le innovazioni —, per il pensatore e uomo politico angloirlandese Edmund Burke (1729-1797) è la common law, espressione di una concezione per cui la società è un organismo vivente e un prodotto storico, di cui il re è il custode. «Burke opporrà ad Hobbes Una casa senza biblioteca è come una fortezza senza armeria (da un antico detto monastico) a cura di Maria Grazia D’Ettoris C la sapienza “politica“ della giurisprudenza, “orgoglio dell’intelletto umano“, connessione nel tempo fra le passate e le future generazioni, combinazione dei principi originari della giustizia con l’infinita varietà dei rapporti umani» (pp. 5051). Compagna ricostruisce innanzitutto la vicenda politica inglese della seconda metà del secolo XVII e il consolidarsi dei due partiti whig e tory fra due opposte concezioni, espresse simbolicamente dal visconte di Bolingbroke, Henry Saint John (1678-1751), e da Burke: «Rispetto ad un costituzionalismo, tutto intriso di perfezionismo, come quello di Bolingbroke, si avverte in Burke il respiro di un costituzionalismo, viceversa, tutto intriso di storicismo» (p. 142), cioè non ideato a tavolino ma attento alla realtà. Illustra quindi i paralleli svolgimenti politici in Francia, dove prima con il filosofo Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) e gli illuministi, poi con le vicende rivoluzionarie, si afferma l’idea che solo lo Stato sia un onservali nella tua R. Gritti, G. Anzera I partigiani di Ali Religione, identità e politica nel mondo sciita Guerini & Associati pp. 207 €. 21,00 Il “risveglio sciita” allarma l’Occidente. Sciita è infatti l’Iran, e anche la leadership irachena. Sciiti sono gli Hezbollah, il “partito di Dio”, e i governanti siriani. È importante perciò comprenderne a fondo la natura complessa e contraddittoria: da un lato una spiritualità profonda e veemente, dall’altro una ricerca di modernità, di trasformazioni profonde. sistema giuridico originario e che tutto il resto esista solo in funzione della sua concessione. La rappresentanza nazionale ideata dall’abate Emmanuel-Joseph Sieyès (1748-1836) nasce come forma assembleare della volontà generale, fondata sull’assenza di partiti e di fazioni. «Una missione di vigilanza e interdizione antipartitica, consapevolmente esercitata in parlamento in coerenza ed in continuità con quella anticorporativa da svolgersi nella società: ecco il cuore del nuovo mandato rappresentativo, che non ha nulla a che fare col vecchio mandato imperativo proprio per questa assoluta individualità e globalità di ambito» (p. 191). Chiudono l’opera tre appendici — sul pensiero politico di Gaetano Mosca (1858-1941), Vittorio de Caprariis (1924-1964) e Mario Paggi (1902-1964) —, ricavate da interventi dell’autore a convegni di studio, che consentono di ripercorrere anche in Italia e nel secolo XX momenti significativi della riflessione sui partiti. B A cura di Susanna Pasticci Parlare di musica Meltemi pp. 263 €. 21,00 In quanti e quali modi si può parlare di musica? Gli scritti raccolti in questo volume ci restituiscono una mappa articolata dei discorsi sulla musica che popolano il panorama della riflessione contemporanea, tenendo conto della molteplicità di situazioni, destinatari e contesti mediatici che di volta in volta sono chiamati a veicolarli. Renzo Guolo Generazione del fronte e altri saggi sociologici sull’Iran Guerini & Associati CULTURA L’idea dei partiti da Hobbes a Burke poco più di venti anni dalla prima edizione viene riproposta al pubblico l’opera di Luigi Compagna, L’idea dei partiti da Hobbes a Burke (Città Nuova, Roma 2008, pp. 282, euro 16,00), che «[...] si presenta quanto mai attuale nel panorama italiano della riflessione politica», come osserva nella sua Introduzione Rocco Pezzimenti, docente di Filosofia politica presso l’Università del Molise Compagna, ordinario di Storia delle dottrine politiche alla LUISS Guido Carli di Roma, condirettore della rivista di cultura liberaldemocratica Libro aperto, parlamentare, affronta il tema dei partiti e più in generale dell’impegno politico e dei suoi risvolti morali, all’interno della grande cornice di riferimento costituita dall’esperienza britannica e da quella francese. Allo sviluppo costituzionale inglese, che vede affermarsi un sistema di partiti che «[...] si alternano al governo senza pretendere di rifondare lo Stato secondo la loro ragione e passione di parte» (p. 38), viene con- 11 INSERTO N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio Francesco Pappalardo pp. 153 €. 16,50 Quella iraniana è una società complessa, caratterizzata da trasformazioni profonde e dalla presenza di importanti attori sociali che con la loro azione incidono anche sugli equilibri politici. Tra questi il clero, le donne, e la “generazione del fronte”, i veterani della lunga e sanguinosa guerra Iran-Iraq: attori ai quali è rivolto lo sguardo di Renzo Guolo. Come i giovani e giovanissimi divenuti adulti sul campo di battaglia, che hanno dato vita al fenomeno del “martirio” su larga scala, simboleggiato dal sacrificio degli adolescenti che si lanciavano in massa sui campi minati durante la guerra, per aprire varchi alle truppe che seguivano. Alcuni dei protagonisti di quella guerra esercitano importanti ruoli politici e militari nell’armata dei Pasdaran e nelle istituzioni della Repubblica Islamica, ma la maggioranza dei veterani è rimasta in silenzio, piena di rancore per la “rivoluzione tradita”, delusa da un regime che sembra aver dimenticato il loro sacrificio. Generazione che è tornata a far sentire la sua voce contribuendo in modo decisivo all’elezione a presidente della Repubblica di Mahmoud Ahmadinejad. Angelantonio Spagnoletti Storia del Regno delle Due Sicilie Il Mulino pp. 356 €. 14,00 La storia del Regno delle Due Sicilie è compresa in poco più di un secolo: dal 1734, quando don Carlos di Borbone si insediò a Napoli come primo re di un regno autonomo, dopo due secoli in cui il sud d’Italia era stato dominato dalla Spagna e dall’Austria, all’ottobre 1860, quando un plebiscito sancì l’unificazione al regno dei Savoia. Dopo un inquadramento fattuale del Regno, questo libro prende in esame la dinastia borbonica e la nobiltà, nonché i re “napoleonidi” che regnarono nel decennio francese (1806-15), e studia la struttura amministrativa della monarchia, il rapporto con la Chiesa, la riforma costituzionale, il conflitto con la parte siciliana del Regno, la situazione economica. Vengono infine sintetizzati gli eventi che portarono al dissolvimento del Regno dinanzi all’impresa garibaldina. iblioteca Paride Leporace Toghe rosso sangue Newton & Compton pp. 320 €. 12,90 Tra il 1969 e il 1995 sono stati ben venticinque i magistrati italiani che la criminalità organizzata ha brutalmente assassinato, e solo perché “colpevoli” di servire lo Stato. Venticinque vite umane sacrificate sull’altare di oscuri disegni eversivi e colpite senza pietà, vittime cancellate dalla memoria collettiva. Ivan Cavicchi A cura di G. Bonamente, G. Cracco, K. Rosen Costantino il Grande tra medioevo ed età moderna Il Mulino pp. 405 €. 28,00 Parlare di Costantino nel passaggio dall’età medievale a quella moderna significa riconsiderare il “battesimo di Silvestro”, la fondazione di Costantinopoli, la “translatio imperii” e la “Donazione di Costantino” per indagare sull’impiego che l’età moderna ha fatto e fa dei vari “miti” concernenti questo imperatore. Fulvio Conti Massoneria e religioni civili Il Mulino pp. 327 €. 26,00 Nell’affrontare un nuovo capitolo di storia della massoneria, Conti concentra la propria attenzione non sulla vita interna delle logge, ma sulla loro proiezione nella sfera pubblica e su quell’insieme di liturgie che, nel nome del laicismo e del progresso, alimentarono una forma di vera e propria religione civile. In mezzo al petto tuo Antropologia dei mondi possibili Dedalo pp. 320 €. 16,00 Questo libro si potrebbe collocare tra gli studi di antropologia interpretativa. È un viaggio straordinario nei significati più profondi e arcaici della cultura contadina e, allo stesso tempo, la proposta di una nuova metodologia di analisi: l’antropologia dei mondi possibili. La novità fondamentale del volume è quella di interpretare per la prima volta i testi contadini che sino ad ora sono stati semplicemente raccolti e inventariati. Ignazio E. Buttitta Verità e menzogna dei simboli Meltemi pp. 232 €. 27,00 Cosa sono e come funzionano i simboli? Quali sono i meccanismi di trasmissione dell’immaginario e la sua rilevanza sociale? Quali il ruolo e il perimetro del sacro, del mito, della magia e della religione in certi ambiti, erroneamente percepiti come marginali, della società contemporanea? Quali le strategie di trasmissione della memoria culturale e i meccanismi di produzione e riproduzione dell’identità comunitaria? A cura di riccardo Bottoni L’impero fascista Italia ed Etiopia (19351941) Il Mulino pp. 615 € 34,50 A settant’anni dai fatti l’“Impero fascista” in Etiopia rimane un terreno esplorato ancora solo in parte. I meccanismi dell’occupazione, i processi di modernizzazione delle società nell’Africa orientale, le repressioni e le stragi della “polizia coloniale”, le pratiche di politica razziale e sessuale dei vincitori contribuiscono, con l’ausilio anche di qualche sondaggio sul campo, a rappresentare in questo volume il quadro della dominazione italiana. Economia 12 A cura di Gianfranco D’Ettoris Solo con meno tasse anche meno sprechi Corrado Sforza Fogliani Presidente Confedilizia O N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio bama, dunque, ha spiazzato tutti: ridurrà le imposte, da subito, per un importo di 313 miliardi di dollari (ne beneficerà - in ragione di mille dollari - il 95 per cento degli americani) e varerà - anche - un credito fiscale di 3mila dollari per ogni posto di lavoro creato. Sulla stessa linea delle riduzioni di tasse la Germania, e pure Gordon Brown (tagli dell’Iva). Ma da noi, tutto tace, sul fronte. Fra le “10 idee per far ripartire l’Italia”, Panorama - vicino al Governo, com’è noto - ha messo, al punto 1, “Meno tasse, ovvio” (testualmente). Ma niente, finora, anche dopo questo esplicito (ed autorevole) invito, s’è mosso. E bisogna chiedersene la ragione. Influiscono, certo, improvvise conversioni ad un neostatalismo moraleggiante (che ha, però, più il sapore di una coatta excusatio non petita che altro). Determinante, forse, è anche la temuta deflagrazione del federalismo fiscale (se piace a tutti - Regioni, Province, Comuni e perfino Consorzi di bonifica - comporterà, è evidente, un aggravio fiscale, al quale non si può tagliare l’erba sotto i piedi, in anticipo). Sarà anche per tutto questo, o in parte per questo. Ma la ragione vera del perchè in Italia non si riducono le tasse, va ricercata altrove: va ricercata nel fatto che prevalgono gli interessi di categoria, delle corporazioni o consorterie che dir si voglia (che ricercano agevolazioni di parte - che valorizzino il loro ruolo - e, quindi, non generali). Il risultato è che non c’è nessuna rivolta neppure contro la constatazione che - come ha segnalato Carlo Lottieri dell’Istituto Bruno Leoni - da noi le imprese siano costrette a destinare agli obblighi fiscali ben 360 ore contro le 105 in Gran Bretagna (c’è, anzi, il dubbio - insinua qualcuno - che le corporazioni siano contente degli adempimenti a carico dei loro organizzati, per poter correre loro in soccorso...). Ed è pure significativo che nel nostro Paese la quota destinata a sussidi ed agevolazioni settoriali rappresenti lo 0,4 per cento del Pil, contro lo 0,2 in Gran Bretagna. Di produttività della spesa pubblica, poi, neanche a parlarne, così che ogni funzione anticiclica va a farsi benedire. Nella spesa pubblica si privilegia il metodo clientelare (da ultimo, con i sussidi agli inquilini e la costruzione di case popolari, piuttosto che - metodo Obama per i posti di lavoro - con la cedolare secca) e si sa solo dare il cattivo esempio (il termine per la messa in sicurezza degli edifici scolastici - un termine già scaduto da anni e anni per i privati - è stato rinviato nel 2007 per la quinta volta, fino alla fine Giancarlo Galli Nella giungla degli gnomi Garzanti pp. 377 €. 18,60 Per anni gli “gnomi”, ovvero i signori della finanza, hanno cantato anche in Italia le virtù di un mercato del denaro in perenne crescita, le occasioni offerte dai nuovi prodotti derivati, la necessità di accorpamenti ed espansioni in altri mercati. Tutto quello che l’”ottobre nero” del 2008 sembra aver spazzato via per sempre. Ma che cosa hanno fatto in questi anni i protagonisti della nostra finanza? Robert Leonardi, Raffaella Y. Nanetti La sfida di Napoli Guerini & Associati pp. 244 €. 23,00 Questo volume di ricerca applicata si propone di contribuire alla sfida civile per la trasformazione di Napoli in una grande capitale moderna, a partire dalla riconquista dei suoi quartieri, sottraendoli a un futuro di violenza e sottosviluppo. I risultati esposti, frutto di un decennio di lavoro nel quartiere periferico di Pianura a Napoli, connettono l’aumento del capitale sociale a conquiste di sviluppo sostenibili nel tempo, poiché incidono sul problema della mancanza di sicurezza, contenendolo. Massimo scoperto e contributi di bonifica di quest’anno). Che fare, dunque? La conclusione è semplice: è che in questa contingenza che il mondo sta attraversando, la riduzione delle tasse è maggiormente giustificata e, anzi, maggiormente necessaria. Anzitutto, per dare una boccata di ossigeno all’economia reale. In secondo luogo, per ridurre la spesa, per affamare la “bestia”, e quindi per eliminare gli sprechi (che sono tanti, e intollerabili, a cominciare da quelli di quel sistema delle autonomie locali che si appresta a sedersi - giulivo - alla tavola imbandita del nascente federalismo non competitivo, e proprio per questo gradito). Il discorso, a questo punto, è dunque ritornato al punto di partenza, alle tasse. Gli sprechi si riducono in un modo solo: riducendo la fiscalità, tributi o contributi (come quelli di bonifica) che siano. Bisogna avere (ed in un momento come questo non si tratta neppur più di una scelta, ma di un dovere morale) questo coraggio, e basta. Se politici e burocrati avranno meno soldi a disposizione, per forza di cose dovranno cominciare a tagliare dagli sprechi. Inutile attardarsi su discorsi diversivi (selezione delle spese, prioritaria individuazione degli sprechi e così via argomentando, tanto per far niente). Solo il taglio generalizzato, e progressivo, delle tasse può nel contempo ridurre la spesa (e gli sprechi in primo luogo). U tilità Paolo Gualtieri Le aggregazioni tra banche in Europa Il Mulino pp. 196 €. 16,00 Il processo di concentrazione del sistema bancario in Europa, iniziato più di vent’anni fa, ha conosciuto la sua massima espansione proprio negli ultimi anni. Tuttavia, la recente crisi finanziaria ha sollevato il tema dell’effettiva capacità delle banche di sostenere i rischi e i costi connessi alle aggregazioni e alla internazionalizzazione, nonché quello della possibilità di generare valore grazie alla nascita di gruppi bancari europei di dimensioni rilevanti. Emilia Valli La cucina del Veneto Newton & Compton pp. 510 €. 24,90 Raffinata e originale, la tradizione gastronomica veneta si fonda essenzialmente su quattro “pilastri”; la polenta, il baccalà, il riso e i fagioli, ai quali vanno ad aggiungersi tutta una serie di gustosi elementi legati alle produzioni locali. Se nella fascia costiera predominano, come è ovvio, i piatti a base dì pesce e crostacei, nella parte pianeggiante e collinare della regione la cucina tradizionale fa largo uso di carni, bovine e suine soprattutto, mentre la zona montana, ricca di ovini, è la patria dì formaggi come l’Asiago. S econdo la definizione che ne danno gli studiosi, la commissione di massimo scoperto ha la funzione - per come intesa - di compensare la banca dell’onere di dover essere in grado di far fronte agli utilizzi che eventualmente superino il credito concesso (scoperti e sconfinamenti di conto). Le Commissioni parlamentari che se ne sono interessate l’hanno comunque cancellata (e gli effetti, in termini di aumento del costo del credito, si vedranno presto: nessun pasto, infatti, è gratis). Ma non di questo intendevo parlare. Intendevo da questo trarre solo spunto per dire: la commissione in parola, dunque, la si è voluta cancellare perché ritenuta iniqua. E va bene. Ma c’è qualcuno dei parlamentari che questa abolizione hanno votato, che ritiene che i Consorzi di bonifica - ad esempio - applichino la contribuenza (obbligatoria) in modo ineccepibile? Che l’ “opera” dei Consorzi giustifichi davvero gli stessi a imporre contributi obbligatori per intere città? Che sia giusto che i Consorzi utilizzino una norma del 1933 (quando le bonifiche - e quelle erano davvero bonifiche - erano due o tre in tutta Italia) per emettere cartelle esecutive, da nessuno controllate? Che sia giusto che, per non pagare, occorra fare una causa? Sanno, i parlamentari in questione, che le sentenze che hanno dato torto ai Consorzi si sprecano? Che i più pagano solo per non andarsi a mettere in un (infinito) contenzioso giudiziario? I parlamentari che hanno deciso la soppressione della commissione di massimo scoperto avranno sentito, in proposito, mille proteste (più o meno in buonafede), e hanno deciso in conformità. Ma non hanno mai Paul De Grauwe Economia dell’Unione monetaria Il Mulino pp. 312 €. 24,00 Il manuale offre un panorama completo delle numerose e multiformi questioni connesse con la costruzione dell’Unione monetaria in Europa e con il suo funzionamento. Particolare attenzione viene dedicata agli eventi recenti sia politici sia economici, in una rigorosa analisi che valuta costi e benefici dell’UEM. Daniela Triggiano Introduzione a Max Weber Meltemi pp. 239 €. 22,00 Dalla storia all’economia, dal diritto alla sociologia, ancora oggi Max Weber padroneggia in ciascun ambito un’erudizione straordinaria, che gli consente di dar vita a una produzione fra le più significative e vaste del suo tempo. Molte delle sue opere restano insuperate per l’ampiezza degli interessi e il rigore scientifico, tanto che il confronto con le sue teorie è inevitabile per chiunque si muova all’interno della disciplina sociologica. sentito proteste a proposito dei contributi obbligatori di bonifica? Non grida vendetta il fatto che debba fare causa chi sostiene di non dover pagare, e non, invece, chi pretenda il pagamento (come di norma capita)? Non è giustizia denegata (moralmente ripugnante) che molti paghino solo perché costa di più fare causa? Perché, allora, si interviene per la commissione di massimo scoperto e non si interviene per i contributi di bonifica? Qualcuno dice che è solo per tenersi buoni gli agricoltori, che sono i veri beneficiari dell’azione irrigua dei Consorzi, dove c’è. Ma non vogliamo crederlo. I più ritengono che ai politici, specie regionali, torni comodo far costruire opere di interesse pubblico ai Consorzi, chiamandole formalmente di “bonifica” solo per farle pagare, attraverso questo “giochetto”, ai proprietari di casa e salvarsi così, per utilizzarli in altro modo, i fondi della fiscalità generale. Sia quel che sia, i parlamentari con l’abolizione del massimo scoperto hanno ritenuto di fare cosa giusta e hanno fatto bene, secondo questo orientamento, a farla. Tanto, sparare sulle banche non è poi, oggigiorno, un atto di eroismo...: e presto si capirà, se qualcuno non l’avesse ancora capito, a che ci porterà questo sport nazionale, ormai così largamente e impunemente praticato. Ma la cosa è accettabile solo se quegli stessi parlamentari metteranno subito mano, con altrettanta lena, ai contributi di bonifica, per esempio, come già detto. Differentemente, che idea può farsi di loro l’opinione pubblica? Staremo a vedere, ma la fiducia non è, per le ragioni già esposte, al massimo. Paul Bowles Il capitalismo Il Mulino pp. 208 €. 12,50 La nostra epoca è dominata da un sistema economico senza più rivali: dopo il crollo del blocco sovietico, sulla scena mondiale il capitalismo è rimasto protagonista unico. Ma che cosa sappiamo veramente di questo immane fenomeno? Molti utili chiarimenti sono forniti da questa piccola guida al capitalismo come processo economico e come ideologia. E’ un sistema “naturale”, che promuove la libertà, o una grande fucina di squilibri e disuguaglianze? Alberto Pera Concorrenza e antitrust Il Mulino pp. 148 €. 8,80 Al di là delle crisi, il mercato e la concorrenza sono considerati il motore dello sviluppo economico ed elementi fondamentali di una società liberale. Ma il mercato concorrenziale non si instaura da solo: richiede una struttura istituzionale e normativa che lo favorisca e lo protegga. Non è un caso che la prima normativa antitrust nasca in una democrazia liberale come gli Stati Uniti con lo Sherman Act del 1890. Cultura N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio ß Immagine di Nostra Signora di Guadalupe che si venera in Messico Renzo Allegri L ’Incontro mondiale delle famiglie a Città del Messico, (16-18 gennaio) ha registrato una partecipazione imponente, a dimostrazione di quanto sia vivo, nel popolo cristiano, nonostante tutto, il valore famiglia anche nel nostro tempo. E’ il sesto incontro mondiale delle Famiglie, che si ripete ogni tre anni. Quest’anno il tema era: “La famiglia, formatrice ai valori umani e cristiani”. Gli ultimi due giorni si sono svolti presso la Basilica della Madonna di Guadalupe, il santuario mariano più frequentato, 12 milioni di pellegrini l’anno. La Madonna di Guadalupe ha una grande importanza nella vita religiosa dei cattolici dell’America Latina. Tutti i messicani sono devoti della Madonna di Guadalupe. La storia di quel santuario, che sorge alla periferia della Capitale messicana, ebbe inizio nel dicembre del 1531. Un indio, Juan Diego, un contadino di 57 anni (dichiarato santo da Giovanni Polo II nel 2002), mentre si recava in chiesa, cominciò a incontrare una bellissima ragazza che lo salutava e gli sorrideva. Una mattina quella ragazza si presentò dicendo: “Io sono la Perfetta Sempre Vergine Maria, la Madre del Verissimo e unico Dio” e chiese che in quel luogo venisse eretta una chiesa in suo onore. L’indio riferì tutto al vescovo, Juan de Zumarraga, il quale non voleva credere. E allora quella misteriosa ragazza disse a Juan di andare sulla montagna, cogliere dei fiori e portarli al vescovo. Diego obbedì anche se pensava di non poter trovare fiori in quel periodo di freddo rigido. Invece trovò delle bellissime rose. Le raccolse, le pose, nella sua tilma, una specie di rozzo grembiule che portavano i contadini messicani, e andò dal vescovo. Quando aprì la tilma, il vescovo con tutte le altre persone che erano presenti, videro formarsi su quella rozza stoffa l’immagine della Madonna. Quella che si venerà nella Basilica. Cadde in 13 Negli occhi della Madonna di Guadalupe un messaggio profetico per la famiglia ginocchi e cominciò a credere ai racconti del povero indio. Quell’immagine venne portata nella cattedrale ed esposta alla veneraione del pubblico. La devozione si diffuse rapidamente, anche perché si verificarono subito molti prodigi. Fu eretta una cappella e in seguito un grande santuario e di recente un altro santuario ancora più grande per poter ospitare i pellegrini che ogni anno aumentano. L’immagine rappresenta una giovane sui 15 anni, alta 143 centimetri, con carnagione un po’ scura e per questo i messicani la chiamano “Virgen Morenita”. I tratti del viso non sono né europei né indio, ma presentano una perfetta commistione di queste due razze. Si potrebbe dire che è una perfetta meticcia, ma va ricordato che, allora, i meticci, frutto appunto delle due razze, Atzeta e europea, non esistevano ancora. Quell’immagine, quindi, nella sua configurazione fisica, era profetica, rappresentava la razza meticcia che sarebbe venuta in seguito e che costituisce la popolazione messicana di oggi. E così come misteriosamente si era formata, continuò a presentare sempre più stupefacenti anomalie. Fin dall’inizio, attrasse la curiosità dei più attenti osservatori. La tilma era di un tessuto di fibre di agave, che in genere venivano adoperate per fare corde. Una volta ritorte, quelle fibre davano dei fili aspri, duri e molto resistenti. Il tessuto che si otteneva, perciò, era rozzo, assolutamente non adatto ad essere dipinto. E molti, osservando l’immagine, si chiedevano come mai fosse stato possibile ottenere una figura così bella su una tela tanto rozza. Cominciarono le ricerche. Prima fatte da pittori curiosi, poi da medici e scienziati e vennero così alla luce caratteristiche misteriose e assolutamente inspiegabili con le conoscenze scientifiche umane. Il mistero è andato via via, lungo i secoli, sempre più evidenziandosi e ingigantendosi, fino a diventare uno degli enigmi più sconcertanti che si conoscano. Nel 1936, il professor Richard Kuhn, direttore della sezione di chimica del Kaiser Wilhelm Institut di Heidelberg, che due anni dopo, nel 1938, avrebbe ottenuto il premio Nobel per la chimica, dimostrò in maniera scientificamente inoppugnabile che sulle fibre di quella tela non vi è traccia di coloranti di nessun tipo, né vegetali, né animali, né minerali. Quel quadro non poteva essere stato dipinto da mano umana. Ma il fenomeno più sorprendente riguarda le scoperte fatte nelle pupille della Vergine. Nel 1929, il fotografo Alfonso Marqué Gonzales, studiando alcuni negativi dell’immagine, osservò che, con l’aiuto di una grossa lente di in- grandimento, nell’occhio destro della Madonna si vedeva distintamente una figura umana. La scoperta destò scalpore. Altri fotografi cercarono di chiarire il fatto, scoprendo anche altre immagini. Se ne interessarono anche medici. E’ noto che nell’occhio umano si formano tre immagini riflesse degli oggetti osservati. Si chiamano “immagini di Purkinje-Sanson” dai nomi dei due ricercatori che scoprirono questa caratteristica dell’occhio umano nel secolo XIX. Due di quelle immagini fatti sugli occhi della Madonna e volle interessarsene. Da allora ha dedicato tutte la sua vita agli studi sugli occhi della Madonna di Guadalupe. Servendosi di strumenti elettronici d’avanguardia, di quelli, per intenderci, adoperati anche dalla Nasa per decifrare le foto inviate dai satelliti nello spazio. Ha studiato il fenomeno in tutti i suoi aspetti ed ha scoperto che negli occhi dell’immagine della Madonna di Guadalupe sono presenti le sagome di diverse persone e si vede ben distinta una ß aprire il proprio mantello. Egli è rivolto in direzione dell’anziano calvo. E’ la scena di quando Juan Diego portò le rose al vescovo. La Madonna era presente, la scena che vedeva era nei suoi occhi e rimase fissata nelle pupille dell’immagine che misteriosamente in quel momento si impresse sulla tilma di Juan. Nella descrizione dei vari personaggi osservati negli occhi della Madonna, l’ingegnere José Aste ha individuato anche una giovane negra. Questo particolare mise in allarme gli studiosi in quanto al tempo dell’apparizione, in Messico, non c’erano negri. Ma successive ricerche hanno chiarito il piccolo giallo. Dal testamento del vescovo Juan de Zumarraga si è appreso che egli aveva al suo servizio una schiava negra, alla quale, prima di morire, volle concedere la libertà per i I due santuari, uno accanto all’altro, dedicati a Nostra Signora di Guadalupe sono “diritte”, una sulla superficie esterna della cornea, la seconda sulla superficie esterna del cristallino. La terza, che si forma rovesciata, appare sulla superficie interna del cristallino. In teoria, tali immagini riflesse, oltre che negli occhi di una persona vivente possono essere viste anche in una fotografia della stessa, ma non potevano certo vedersi negli occhi di un volto umano “dipinto” su una tela. Eppure, nelle pupille della Vergine di Guadalupe, immagine che risale al 1531, si vedevano le sagome di alcune persone. Nel 1979 arrivò in Messico un ingegnere peruviano, José Aste Tonsmann. Uno scienziato ad alto livello, che alcuni anni fa ho intervistato. Laureato in Ingegneria Civile all’Università Nazionale di Ingegneria del Perù, aveva conseguito una seconda laurea in Filosofia e, passato all’Università Cornell, negli Stati Uniti, si era specializzato in Ingegneria dei Sistemi di ricerca attraverso il computer. Aveva lavorato poi con grandi aziende e tenuto corsi nelle più prestigiose università americane. Era insomma uno dei ricercatori moderni più qualificati. Rimase colpito dagli studi già scena specifica: quella descritta nei documenti del tempo, che raccontano come si sia formata l’immagine della Vergine sulla tilma di Juan Diego. Negli occhi dell’immagine della Vergine di Guadalupe, il professor José Aste Tonsmann ha evidenziato nettamente un indio seduto, nudo, con la gamba sinistra appoggiata al suolo e quella destra piegata sopra l’altra, con i capelli lunghi, legati all’altezza delle orecchie, orecchino e anello al dito. Accanto a lui, un uomo an ziano, con la calvizie note volmente avanzata, la barba bianca, il naso dritto, le so pracciglia sporgenti, e si vede che una lacrima gli scende lungo la guancia destra: in questo personaggio è stato identificato il vescovo Juan de Zumarraga. Alla sua sinistra, un uomo ab bastanza giovane, e si suppone che si tratti di Juan Gonzales, che fungeva da interrete per il vescovo de Zumarraga. Più avanti, appare il profilo di un uomo in età matura, con barba e baffi aderenti alle guance, naso grande e marcatamente aquilino, zigomi sporgenti, occhi incavati e labbra socchiuse, che sembra indossare un cappuccio a punta: è un indio, colto mentre sta per preziosi servizi che aveva avuto. Accanto ai personaggi “storici”, José Aste ha individuato anche una seconda scena, staccata dalla prima, quasi in secondo piano, con un gruppo di persone anonime, che potrebbero rappresentare una famiglia atzeca composta da padre, madre, nonni e tre bambini. Riflettendo sulle sue straordinarie scoperte scientifiche, il dottor José Aste, avanza, da credente, un’ipotesi suggestiva. Dice che le scene scoperte nelle pupille dall’immagine potrebbero costituire un “messaggio” della Madonna di Guadalupe. «Un messaggio destinato proprio al nostro tempo», dice l’ingegnere «perché la Vergine sapeva che solo con la tecnologia moderna si poteva evidenziare il segreto racchiuso negli occhi di quella sua immagine. La scena delle figure anonime potrebbe indicarci l’importanza dell’unione della famiglia e dei suoi valori; la presenza nello sguardo della Madonna di persone di razze diverse, potrebbe essere un monito antirazzista; la tilma che, per gli atzechi, era più uno strumento di lavoro che un indumento vero e proprio, potrebbe essere un invito a servirci della tecnologia per diffondere la parola di Cristo». Religione 14 N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio Il pensiero filosofico di Romano Amerio Piero Mainardi C on l’elezione alla Cattedra di Pietro da parte di Joseph Ratzinger la Chiesa cattolica sembra attraversare un grande rinnovamento segnato dal recupero del grande patrimonio liturgico, spirituale, filosof\ico, teologico e più genericamente culturale e sapienziale, che ha accompagnato la Chiesa cattolica nella sua esperienza bimillenaria, che sembrava drammaticamente recisa – nella prassi e nel pensiero - dal fallimento dell’esperienza tumultuosa e disordinata del postconcilio. I temi portanti di questo pontificato segnato dalla lotta contro il relativismo etico e morale determinato dall’indebolimento o misconoscimento della facoltà della ragione di cogliere la verità delle cose e la Verità, cioè la capacità di vedere nel Logos, ossia nel principio della ragione divina creatrice e redentrice, il fondamento della conoscenza non poteva che indurre ad una riscoperta del pensiero di un grande filosofo cattolico come il luganese Romano Amerio (1992-1997), che del Logos aveva fatto il centro della sua riflessione filosofica e teologica. Iota Unum, la sua opera principale, (ma anche il suo seguito Stat Veritas, entrambi, purtroppo, introvabili) è lo specchio fedele della drammatica crisi, della babele morale e dottrinale, che la Chiesa e il cattolicesimo hanno attraversato (e stanno attraversando) negli ultimi quarant’anni. Iota Unum, edito nel 1986, è presentato dall’autore come uno studio sulle variazioni della Chiesa cattolica nel XX secolo e sebbene sia stato concepito fin dal 1935 è pleonastico dire che la quasi totalità dei documenti di magistero presi in considerazione sono nella quasi totalità conciliari e postconciliari. Benché autore serio, coltissimo, quasi impersonale nello stile, fedele alla Chiesa pur nella sofferta rilevazione che certe variazioni da lui colte tendevano a snaturare la Dannells Godfried Non abbiate paura Edb pp. 72 €. 4,90 A volte si punta il dito anche contro il cristianesimo e più di una persona ha preso le distanze dalla propria educazione cattolica, ritenendola responsabile di ‘tarpare le ali’ rispetto alla possibilità di inseguire i propri desideri. Il cardinale Danneels invita ad andare alle vere cause di tanto malessere, a non conformarsi alla mentalità del secolo, a superare un’immotivata condizione di vergogna, a non avere paura di annunciare a chiare lettere il messaggio del Risorto: “La pace sia con voi!”. Renato Zilio Lettere da Gibuti Messaggero pp. 88 €. 7,00 Questa serie di riflessioni di padre Renato, missionario a Gibuti, ci permette di gustare un po’ la realtà di una minuscola Chiesa in terra d’Islam. Queste pagine aiuteranno infatti il lettore a incontrare un mondo diverso dal mondo in cui vive. Le Afriche ci ricordano “Non abbiamo avuto lo stesso passato, voi e noi, ma avremo necessariamente lo stesso futuro” (Dalla postfazione di Giulio Albanese). sua stessa essenza, è stato coperto dalla peggiore moneta intellettuale che gli potesse capitare, cioè dalla congiura del silenzio, un silenzio pressoché assoluto tanto più che una recensione positiva preparata per l’Osservatore Romano non venne mai pubblicata. Questa congiura del silenzio, nel rinnovato clima suscitato da Benedetto XVI, si è rotta. Il cattolicesimo che ha tollerato e ancora tollera tra le sue fila, anche gerarchiche, tanta insipienza e tanta insubordinazione su tutti i piani non può permettersi di continuare ad ignorare la profondità e la serietà delle analisi in relazione alla crisi nella quale la Chiesa è sprofondata. A dieci anni dalla sua morte il centro studi Oriente Occidente ha infatti organizzato un convegno ad Ancona il 9 novembre 2007 “Romano Amerio, il Vaticano II e le variazioni nella Chiesa cattolica del XX secolo”, a cui hanno partecipato il vaticanista de L’Espresso Gianni Magister, i filosofi Matteo D’Amico, Luigi Sacchi e Enrico Maria Radaelli (allievo di Amerio), l’arcivescovo Luigi Marchetto, il filosofo mons. Antonio Livi e il teologo don Piero Cantoni. Gli atti del convegno sono stati editati dalla casa editrice Fede & Cultura (pag. 145, E. 20,00) con, in appendice, uno scritto di Romano Amerio, La questione del Filioque. Ovvero la dislocazione della divina Monotriade, che rappresenta un sunto del pensiero del filosofo luganese sulle radici teologiche della crisi del cattolicesimo e più in generale della modernità. Una radice teologica secondo Amerio perché il cattolicesimo è stato trasformato da religione del Verbo in religione dell’Amore, sebbene il prologo del Vangelo di Giovanni asserisca che “In principio era il Verbo”, dunque non l’amore. Rovesciare il primato della conoscenza del Verbo con il primato dell’amore significa, spiega Amerio, manomettere la Trinità divina, perché se non si fa discendere lo Spirito (l’amore) dalla precedente contemplazione del Verbo, quindi dalla conoscenza della Ve- I L rità, così come la dottrina trinitaria insegna, si finisce per negare il Filioque. Se lo Spirito procede dal Figlio (Gesù dice che sarà Lui a mandarci lo Spirito) vuol dire che c’è Qualcuno che lo precede. Tale inversione presenta conseguenze pratiche enormi. Se è l’amore ad avere il primato sulla conoscenza, la capacità della ragione si annienta e prende il sopravvento l’azione per l’azione, il fare e il divenire. È l’eresia che è in radice a tutti i totalitarismi ed è l’eresia che svilisce l’amore cristiano in un amore senza contenuti, un amore per l’amore, il dialogo per il dialogo, un fare per il fare che non sente il bisogno di misurarsi su una Verità oggettiva da cui trarre criteri ed ispirazione per agire. Amerio e chi come Radaelli e D’Amico aderiscono alla critica Ameriana non si limitano a puntare il dito solamente sul plateale ed arbitrario sovvertimento postconciliare, ma individuano nello stesso Concilio (anche se non integralmente) anche in virtù dell’orientamento conferitogli dal discorso di apertura di Giovanni XXIII, nell’ottica della crisi, un problema. Un problema questo, per un cattolico, che ha il peso di un macigno e francamente andandosi a leggere i diari di alcuni dei protagonisti (in genere annoverati tra i progressisti), e le ricostruzioni degli eventi conciliari, per quanto tali ricostruzioni siano state in genere operate e monopolizzate sempre dagli stessi ambienti (vedi, come sottolinea mons. Marchetto, l’officina bolognese di Dossetti e Alberigo), è difficile ignorare che la genesi di certe situazioni nell’assise conciliare e di certi testi non sono certamente troppo cristalline anche nelle intenzioni rivelate a posteriori dai protagonisti. Se ci è passata la battuta possiamo ipotizzare che se sull’ortodossia del Concilio vigila lo Spirito Santo in tale contesto la terza Persona della Trinità abbia dovuto svolgere gli straordinari per garantirne (certamente riuscendoci) la fedeltà al magistero. Alla domanda che la riflessione di Amerio pone se ibri dello Francesca Paola Puleo Quale comunione? Divorziati risposati e sacramenti Città Nuova pp. 144 €. 9,50 Di fronte al diffondersi oggi di una mentalità divorzistica, si avverte la necessità di offrire degli strumenti per comprendere la posizione della Chiesa in tema di indissolubilità del matrimonio e di impossibilità di accesso per i divorziati ai sacramenti. Il libro vuol dare un contributo innanzitutto alle coppie di divorziati risposati, ai parroci, agli operatori pastorali e a coloro che desiderano affrontare con semplicità e delicatezza situazioni sempre più frequenti, meritevoli di attenzione per il futuro della famiglia e della società. Réal Tremblay La povertà che arricchisce Edb pp. 88 €. 7,00 La fede cristiana ama i paradossi: la forza nella debolezza, la gloria nella croce, la vita nella morte... e il titolo delle meditazioni ne ripropone uno. “La fede cristiana non usa questi paradossi per il piacere di provocare gli spiriti. Essa, in definitiva, sviluppa il paradosso dei paradossi che la fonda: Dio che si fa carne e la carne che diviene dio” (dal Preambolo). S pirito Anna Maria Cànopi Le sette parole di Gesù in croce Paoline pp. 40 €. 3,00 Meditare su queste “parole” insieme con Maria ai piedi della croce è come immergersi nel grande mistero della redenzione e diventarne una fedele manifestazione in mezzo agli uomini del nostro tempo che tanto facilmente passano distrattamente accanto alla Croce, assorbiti da altre parole che lasciano il vuoto nel cuore. Angela da Foligno Il libro Città Nuova pp. 312 €. 9,50 Nel VII centenario della morte di Angela da Foligno, si propone una nuova edizione della traduzione de Il Libro di Angela da Foligno. È l’occasione per permettere ai lettori di ripercorrere il singolare itinerario di una laica - sposa e madre, poi vedova e senza figli e, infine, terziaria francescana -, dalla conversione alle più alte vette della mistica e invogliarli a conoscere i luoghi che la videro operare. la Chiesa abbia variato la sua essenza, domanda drammatica e dietro la cui risposta affermativa sembra aprirsi un baratro di disperazione, risponde, credo in modo risolutivo, don Piero Cantoni. Senza entrare nei dettagli delle questioni da Amerio sollevate (anche lo stesso Amerio si rende conto che non tutte le variazioni da lui segnalate sono inaccettabili oppure fondamentali rispetto all’essenza della fede) Don Cantoni rileva due criteri fondamentali: il primo relativo alla promessa di Cristo rispetto all’indefettibilità della Chiesa, il secondo riguarda il concetto di Tradizione viva. La promessa di Cristo non può essere a tempo, dunque garantisce anche sulla Chiesa fino alla fine dei tempi, nel secondo caso don Cantoni, facendo tesoro della sua esperienza di Econe, rilevava che per combattere il protestantesimo infiltratosi nel cattolicesimo si finiva per utilizzare la medesima mentalità: come i protestanti e i neoprotestanti si affidano alla Sola scriptura finendo per scegliere le parti che più gli aggradano, così nel mondo tradizionalista ci si affida alla Tradizione scegliendo però solo i documenti più idonei a sostenere le proprie posizioni senza tenere conto della Tradizione Viva che vive appunto attorno al papa e al vescovo in carne ed ossa. Una parola risolutiva sembra venire, ancora una volta, da Benedetto XVI. Papa Ratzinger che è stato protagonista del Concilio non nasconde la delusione rispetto alle aspettative e i problemi che si sono venuti creando ma fornisce anche una risposta e una indicazione operativa. Nel suo discorso alla Curia romana del 22 dicembre 2005 Benedetto XVI sostiene che tutto dipende dalla giusta ermeneutica: «due ermeneutiche contrarie si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro. L’una ha causato confusione, l’altra, silenziosamente, ma sempre più visibilmente, ha portato frutti.“la prima è l’ermeneutica della discontinuità e della rottura”... la seconda “l’ermeneutica della riforma” nella quale si manifestano sì elementi di discontinuità, ma senza abbandonare la continuità nei principi». Che il postconcilio, in un certo senso, cominci solo oggi? Duilio Farini E’ morto per tutti Via Crucis Edb pp. 40 €. 2,20 Preghiera iniziale. I stazione: Gesù è condannato a morte. II stazione: Gesù è caricato della croce. III stazione: Gesù cade la prima volta. IV stazione: Gesù incontra la Madre. V stazione: Gesù è aiutato da Simone di Cirene. VI stazione: Gesù è asciugato dalla Veronica. VII stazione: Gesù cade la seconda volta. VIII stazione: Gesù incontra le donne di Gerusalemme. IX stazione: Gesù cade la terza volta. X stazione: Gesù è spogliato delle vesti. XI stazione: Gesù è inchiodato in croce. XII stazione: Gesù, innalzato sulla croce, muore. XIII stazione: Gesù è deposto dalla croce. XIV stazione: Gesù è posto nel sepolcro. Conclusione. Via Crucis di Cristo e dell’uomo. A cura di Luigi Guglielmoni e Fausto Negri L’amore più grande Edb pp. 36 €. 2,50 “Mazzolari parla con stile incisivo, immediato ed efficace, rivelando anche in questi testi di essere uno scrittore che non solo si fa leggere, ma che suscita riflessione e interpella il lettore a prendere posizione. [...] L’augurio è che le riflessioni di don Mazzolari siano di aiuto ai lettori ad incrociare lo sguardo di Cristo in croce, per guardare poi dentro di sé e intorno a sé con l’animo nuovo dell’amore” (dall’Introduzione). N° 1/2009 - ANNO XVIII - 1 febbraio Letteratura Mediterranea INSERTO Quando ci si può guardar soffrire e raccontare quello che si è visto, significa che si è nati per la letteratura. Il giorno prima della felicità Giovanna Crisà E rri De Luca, ritorna al suo primo amore, il romanzo. Feltrinelli, infatti, pubblica “Il giorno prima della felicità”, la storia di Smilzo, un orfano nato negli anni della seconda guerra, e forse, per come è strutturato il romanzo, una leggera risposta a Saviano, autore di Gomorra. Dal romanzo di De Luca, infatti traspare l’amore per la sua Napoli colorata, nottambula, e soprattutto per F la gente umile, che dopo la guerra, ha dovuto lottare per riacquistare la propria dignità. Smilzo, racconta in prima persona la propria vita attorno alla quale si muovono una serie di oscuri personaggi. Don Gaetano, portiere del palazzo nel quale il giovane vive dopo essere stato adottato; una vedova che lo inizia al sesso; Anna, una giovane dalla personalità complessa. Durante la sua evoluzione, da bambino a uomo, Smilzo si perderà in un vortice di emozioni, quali l’amore, l’odio, la passione, la morte. Anna, donna dalla personalità complessa, angelo e demonio allo stesso tempo, che gli sussurra dopo un pomeriggio d’amore: “Tu sei il polline, ubbidisci a me che sono il vento”. Ma Anna non è che un vento gelido che sa di morte. Un Bellissimo romanzo, scritto con quello stile asciutto che caratterizza Erri De Luca, il quale, alla fine scrive: “L’uomo è un bacino di raccolta delle storie, più sta in fondo e più ne riceve”. Anche le storie ci aiutano a vivere. dimentica le storie che il nonno , cantastorie di professione, gli raccontava. In settecentocinquantuno pagine, troviamo decine di storie, che spaziano dal corano al vecchio testamento, da omero alle mille e una notte, e perfino le fiabe italiane di Italo Calvino. Gli Hakawati, sono i cantori di storie, basta uno spunto, perché una storia diventi una vera opera fantastica. Considerato Le mille e una notte di questo secolo, Il cantore di storie è come un cofanetto, nel quale magia, realtà e fantasia sono conservate gelosamente. Il cantore di storie acciamo un salto al 2008. Hakawati, il Cantore di Storie, scritto da Rabih Alameddine, merita l’attenzione dei lettori. Non solo perchè ha unito la tradizione araba a quella americana, ma perchè questo libro, è una vera poesia. E’ la storia di Osama al -Kharrat, che lascia gli Stati Uniti, dove vive da tempo, per recarsi al capezzale del padre a Beirut. L’uomo trova una città completamente diversa, ma non Erri De Luca Il giorno prima della felicità Feltrinelli pp. 133 €. 13,00 Alameddine Rabih Il cantore di storie Bompiani pp. 751 €. 21,50 H elen Angus, come la sua amica indiana Leela, è prigioniera di un mondo nel quale la violenza e l’odio gareggiano con l’amore, la passione e l’infinita bellezza della loro terra. Helen è ancora un’adolescente quando si innamora di Chris, giovane per metà boero, e ne rimane incinta. Prima ancora che possa confidarlo a qualcuno, Chris parte per combattere la guerra anglo-boera, mentre l’amatissima madre di Helen, anch’essa incinta, muore nel dare alla luce un maschietto dalla salute molto cagionevole. Quando anche il bambino muore, l’irascibile e imprevedibile padre di Helen si appropria del figlio illegittimo della ragazza, nato nel frattempo, e lo riconosce come il proprio erede. Da quel momento Helen è costretta a crescere custodendo molti segreti… Un romanzo di grande respiro, che attrae il lettore per la sua trama coinvolgente e appassionante, ricca di riferimenti storico-politici alla situazione del Sudafrica e alla condizione dei lavoratori indiani, importati come schiavi dagli inglesi. Una storia basata in gran parte sulle esperienze personali dell’autrice, come rivela lei stessa nell’introduzione a questa edizione. G. C. Daphne Rooke Germogli Elliot pp. 314 €. 18,50 Alexander McCall Smith L’uso sapiente delle buone maniere Guanda pp. 258 €. 15,00 Naomi Novik Temeraire L’impero d’avorio Fanucci pp. 352 €. 17,50 Una tragedia si è abbattuta sulle forze aeree di Sua Maestà: la straordinaria flotta di draghi da guerra guidati da uomini valorosi contro le armate di Napoleone Bonaparte. Un’epidemia di origine sconosciuta sta decimando i nobili ranghi inglesi, costringendo i pochi rimasti a disperate quarantene… Èdouard Bourdet Jesse Browner L’ora incerta Cairo pp. 220 €. 16,00 Cuma, anno 66 dopo Cristo. Nerone è un tiranno esigente, oltre che crudele: attorno a sé vuole solo gli uomini migliori dell’Impero. I prescelti non possono rifiutare i suoi favori, pur sapendo che l’augusta benevolenza può svanire nel volgere di una notte. Tito Petronio, filosofo e “arbitro d’eleganza” di corte, è caduto in disgrazia: lo si accusa di aver complottato contro l’imperatore. L’alba porterà i sicari di Nerone, che gli daranno una morte disonorevole, la morte del traditore. Ma in segno di rispetto per il suo rango gli viene concesso di sottrarsi all’onta dell’assassinio. Petronio, come un vero nobile romano, sceglie di suicidarsi, non prima di aver trascorso l’ultima sera celebrando i piaceri della vita in un banchetto che non avrà eguali. Chiama intorno a sé gli amici più cari, l’amata Melissa e l’arguto poeta Marziale che lo venera come un padre. Ogni tanto però il m agnifico ospite si assenta: lo richiede il rituale della morte che si è scelto, lo esigono i pensieri, i ricordi, le paure. Elie Wiesel La danza della memoria Garzanti pp. 267 €. 18,60 G.C. Germogli 15 Per Isabel Dalhousie, direttrice della “Rivista di etica applicata”, fondatrice del Club dei filosofi dilettanti e donna di grande acume e sensibilità, è fondamentale affrontare la vita con la mente serena e lo spirito rilassato. Ma certo in questo non l’aiutano molto la nascita del piccolo Charlie, né tanto meno la relazione con Jamie… Doriel Waldman, ebreo polacco abitante a New York, è un uomo solo, prigioniero dei ricordi e della memoria. L’Olocausto è una ferita insanabile nel suo passato. Vorrebbe dimenticare, ma non ci riesce. Dimenticare le fughe, i nascondigli, l’esistenza clandestina in un piccolo villaggio dell’Europa dell’Est, nascosto insieme al padre nel granaio di un contadino. Dimenticare la madre, una donna troppo bella, una prigione per i figli, che ha scelto la lotta partigiana trascurando la famiglia. Dimenticare i fratelli, vittime dei nazisti. Dopo la salvezza, la vita di Doriel è stata un continuo peregrinare, dalla Polonia all’Asia, militante in varie organizzazioni di aiuto ai diseredati, viaggi di studio in Israele, Africa e Asia. Insonne, solitario. Le tappe di un’esistenza che descrivono il percorso di un esilio. Ma adesso ha deciso di fermarsi e mettere la sua vita in mano a una donna. È la psicanalista Thérèse Goldschmidt, che lo prende in cura e accoglie le sue ossessioni e i suoi fantasmi, i sogni e gli incubi, le cose mai dette e le speranze. Forse non gli restituirà la pace del cuore, ma potrà curare i suoi ricordi. John Burnham Schwartz Una ragazza comune Neri Pozza pp. 298 €. 17,00 È la fine degli anni Cinquanta e il principe erede al Trono del Crisantemo e la giovane Haruko entrano nel tempio sacro di Kashikodokoro. Il principe vi mette piede per primo, preceduto dal maestro del rituale. Nella mano destra stringe uno scettro di legno levigato, che rappresenta la sua autorità sulle cose di questo mondo. Haruko entra per seconda. Tiene lo sguardo fisso avanti. Il principe e Haruko sono diretti nel luogo più sacro di tutti, nella stanza segreta in cui è conservato lo specchio sacro. Il principe avanza nel sancta sanctorum con in mano un ramo di sasaki, l’albero sacro, subito seguito da Haruko. I due fanno quattro profondi inchini, poi il principe estrae una pergamena dalla cintura e declama un’antica promessa in giapponese arcaico. Poi i due tornano nella parie esterna del santuario e lì, mandando giù qualche sorso di sakè da una scodella di ceramica bianca, Haruko, la giovane figlia di un dirigente d’industria, diventa Sua Altezza Imperiale del Giappone, la principessa Haruko. Così comincia questo romanzo, liberamente ispirato alle vicende reali dell’imperatrice Michiko e della principessa Masako. È la storia della prima donna non aristocratica a fare il proprio ingresso nella più misteriosa e longeva corte del mondo, dove è accolta con distacco e diffidenza dall’imperatrice e sorvegliata quotidianamente dalla servitù. È anche il racconto del rapporto tra due donne che si ritrovano a vivere lo stesso destino fatto di pubblica ribalta e profonda solitudine interiore. Nicoletta Hristodorescu L’apprendimento intelligente Teoria dei luoghi della mente, metodologia per favorire lo sviluppo delle capacità intellettive L’apprendimento intelligente è una metodologia di gestione ottimale delle risorse intellettive che tutti possono acquisire per migliorare l’efficienza del proprio sistema cognitivo. In effetti, l’energia della mente è potenzialmente illimitata, ma non tutti sanno usarla in modo appropriato per il loro profitto e per il profitto degli altri. La “Teoria dei luoghi” (Tdl) formula alcune ipotesi sulla natura e la struttura della mente umana, partendo dal presupposto che il cervello non è un contenitore in cui vengono immagazzinate, alla rinfusa, le informazioni in entrata, ma una struttura di strutture citoarchitettoniche geneticamente predisposte ad essere organizzate. Il modello neuro mimetico descritto dalla “Teo- ria dei Luoghi” è il risultato di studi che riguardano non soltanto le Neuroscienze, ma anche la Cibernetica, la Psicologia, la Linguistica e le problematiche connesse all’insegnamento. Nessuna sperimentazione diretta sull’essere umano può accertare con mezzi non invasivi le modalità in cui i processi intellettivi di alto livello (creativo, scientifico, religioso) siano soddisfatti dal comportamento funzionale dei singoli neuroni, all’interno delle strutture alle quali essi appartengono. La Hristodorescu descrive in maniera approfondita questi processi nel preciso intento di porre le basi di una metodologia che possa favorire il processo di apprendimento e dotare l’insegnamento scolastico di presupposti scientifici più efficaci e cons- apevoli del funzionamento cerebrale. L’autrice completa il suo studio con una sua personale teoria da lei applicata ai suoi alunni che consente un graduale e sostanziale miglioramento del quoziente intellettivo. I-88900 Crotone, via Lucifero 40 tel. 0962/90.51.92 fax 0962/1920413 ISBN 978-88-89341-12-4 pp. 466, € 22,00 Opera di prossima pubblicazione