La dea bendata

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La dea bendata
La dea
bendata
Joe Fallisi
"Che è la vita degli uomini? un'immagine della
divinità." (F. Hölderlin)
Nella conclusione di un mio testo pubblicato
qualche anno fa si poteva leggere: "Che
alcuni
classici non
si
riferiscano
esplicitamente all'impiego delle coordinate
equatoriali per stabilire la Parte di Fortuna (o
la Parte di Genio - e tutte le altre, nella
2
determinazione
delle
quali
sempre
intervengono una o più cuspidi), può
derivare dal fatto che, trattandosi di un
'oroscopo', essi ne davano per scontato il
procedimento tecnico, analogo a quello in
uso per trarre l'Ascendente."(1). La verità è
che non si tratta di "alcuni classici", ma
della maggioranza degli autori. Lo stesso
Giuseppe Bezza, fra i pochissimi ad aver
ripreso il calcolo "mondano" spiegato da
Placido(2), come predecessori di quest'ultimo
fa i nomi solo di Albumasar e al-Nayrizi(3),
citando anche "alcuni manoscritti medievali",
nei quali, peraltro, il metodo si ritrova
"accennato"(4). Di sicuro, i due manuali
classici tradotti e curati sempre da Bezza,
quello di Paolo d'Alessandria e L'arte
dell'astrologia di al-Bîrûnî(5), non illustrano
la tecnica basata sul moto diurno, bensì
quella usuale, che consiste in addizioni e
sottrazioni direttamente sull'eclittica(6) –
come, del resto, il trattato medievale di
Guido Bonatti, anch'esso disponibile in
italiano(7). Affermare il contrario, cioè che in
realtà, pur parlando di gradi dei segni, essi
2
3
intendano gradi equatoriali, quasi si trattasse
di un sottinteso, di una convenzione
comunemente nota e impiegata, non mi
sembra in questo caso verosimile(8). Ed
entrambi i testi sono tipici (e insigni) esempi
di una vastissima letteratura che li ha
preceduti e seguiti. L'idea che mi sono fatto,
non solo riguardo alle sorti, ma anche alle
direzioni, alle profezioni, alla rettifica dell'ora
di nascita e ad altre tecniche essenziali
(compresa la stessa domificazione), è che
durante
l'intero arco
della
storia
dell'astrologia siano
coesistiti metodi
semplificati e approssimativi con altri più
complessi e corretti, e molto più rari. E che in
definitiva, sebbene patrimonio comune e
certissimo di ogni buon artista fosse la
conoscenza teorica e l'osservazione dei moti
celesti – innanzi tutto di quello diurno –, le
fasi degli astri, la teoria degli elementi,
umori, temperamenti, la filosofia della
natura… sia sempre stata una minoranza di
sapienti quella capace di trarre dai princìpi
tutte le necessarie conseguenze operative. Il
vero paradosso è che proprio oggi
l'astrologia, ormai degradata a "superstizione
3
4
di secondo grado" (Adorno), a chiacchiera
vana e ignorante, potrebbe al contrario, in
virtù delle attuali conquiste filologiche e
scientifiche,
conoscere
un
impiego superiore rispetto
a
qualunque
epoca del passato e rivelare tutte le sue
potenzialità.
L'"indifferentismo", a proposito del calcolo
delle sorti, non è certo la soluzione più
brillante. I due diversi metodi possono
condurre a una distanza di molti gradi
eclittici: o si sceglie l'uno, o si sceglie l'altro.
E il criterio, naturalmente, non può essere la
"popolarità" dell'uno o dell'altro, né la sua
difficoltà. La Tetrabiblos è un eccezionale
compendio – ineguagliato – della
teoria
astrologica classica, di cui l'autore fornisce,
in forma estremamente concisa(9), il più puro
ed efficace metodo d'applicazione. Scrive
Tolemeo:
"La sorte di fortuna (…) deve essere computata in base
alla quantità del numero che intercorre dal Sole alla
4
5
Luna, riportando la distanza equivalente a partire
dall’oroscopo secondo la sequenza dei segni, in modo tale
che quel rapporto e configurazione propria del Sole
rispetto all'oroscopo, sia anche della Luna rispetto alla
sorte di fortuna, ond'essa quasi appare oroscopo lunare."
(Tetrabiblos, III, 11)
Dove, se non in mundo, si attuano
propriamente i rapporti e le configurazioni
del Sole con l'oroscopo? E se la Parte di
Fortuna deve considerarsi (quasi) come
oroscopo lunare, in che altro modo Tolemeo
può intendere il suo calcolo all'infuori di
quanto avviene per l'Ascendente?(10) Certo,
l'astrologo odierno, assuefatto a trarre il
grado zodiacale che sorge consultando in
maniera automatica le Tavole delle Case (o
affidandosi,
in
modo
ancora
più
inconsapevole, a qualche software), ha
persino più difficoltà che in passato nel
comprendere la ragione stessa di questo
procedimento. Uno dei pregi de I moti del
cielo di Marco Fumagalli(11) è proprio di
consentire
il
calcolo
"all'antica"
dell'Ascendente, senza far più ricorso alle
Tavole delle Case, sia per l'emisfero Nord(12),
5
6
sia per l'emisfero Sud(13). È il metodo
classico.(14) Moltiplicando per 15, per l'ora
equinoziale(15), il tempo siderale locale (cui si
devono aggiungere 12 ore nelle nascite che
avvengono al di sotto del circolo massimo), si
trova l’Ascensione Retta del Medio Cielo, cioè
l'arco di Equatore celeste compreso tra il
punto gamma e il piede del punto
dell'eclittica che sta transitando sul
meridiano superiore; aggiungendo 90°
(ovvero 6 ore) all'Ascensione Retta del Medio
Cielo, si ottiene l'Ascensione Obliqua
dell'oroscopo, vale a dire l'arco di Equatore
compreso tra il punto gamma e il punto Est
nell'istante in cui sta sorgendo all'orizzonte
orientale un determinato punto dell'eclittica,
ovvero il grado di Equatore celeste che sorge
insieme con questo stesso punto. Ai gradi di
Equatore, tanto del Medio Cielo, quanto
dell'oroscopo, corrisponderanno determinati
gradi eclittici(16), che nel libro di Fumagalli si
possono trovare nelle rispettive Tavole di
Ascensione
Retta(17) e
di
Ascensione
Obliqua(18) – tenendo conto che il polo del
Medio Cielo, cioè l’elevazione del polo celeste
sul suo circolo orario, è pari a una latitudine
6
7
terrestre di 0°, quello dell'oroscopo alla
latitudine stessa del luogo considerato(19).
Similmente, per giungere al grado di
passaggio delle sorti (quel grado dell'eclittica
che si trova alla medesima distanza oraria dal
meridiano più vicino(20)), si dovrà prima
stabilire l'Ascensione o la Discensione
Obliqua(21) delle sorti al relativo polo di
ognuna, e quindi il loro stesso polo. Il
computo
"orario"
della
Parte
di
Fortuna/Parte di Genio ha in realtà la stessa
formula che la tradizione ci ha lasciato, con la
sola, basilare, avvertenza che non si devono
sottrarre/aggiungere gradi eclittici, ma gradi
equatoriali(22):
* AM (Ascensione Mista, ossia Ascensione o
Discensione Obliqua al proprio polo(23) –
AOCH nell'emisfero ascendente, DOCH in
quello discendente) Tychê in nascita
diurna, ovv. AM Daimôn in nascita
notturna = AM Luna - AM Sole + AO Hor
* AM Tychê
in
nascita
notturna,
7
8
ovv. AM Daimôn in nascita diurna = AM
Sole - AM Luna + AO Hor
Sorte della Luna e Sorte del Sole sono circoli
immateriali e virtuali della sfera, che esistono
solo in conseguenza del moto diurno(24) e che
esprimono dinamicamente il rapporto
luminoso tra Sole e Luna all'interno di ogni
singola genitura, rispetto, cioè, a un tempo
determinato e a un orizzonte specifico(25). In
quanto "quasi oroscopo lunare", la Parte di
Fortuna si può vedere in effetti a sua volta
come un orizzonte, una meta(26), un oroscopo,
appunto, a cui il luminare notturno deve
ascendere e una volta superato il quale per
così dire "viene alla luce", "s'invera". E allo
stesso modo, analogamente, la Parte di Genio
per il Sole e le altre cinque sorti ermetiche
per
i
pianeti,
donde
l'importanza
fondamentale della congiunzione degli astri
con le relative sorti (e l'oroscopo).
Queste le formule "mondane" delle sorti
8
9
planetarie secondo l'ordinamento classico del
Panaretos(27):
* AM Erôs in nascita diurna = AM
Venere - AM Daimôn + AO HOR
* AM Erôs in nascita notturna = AM
Daimôn - AM Venere + AO HOR
* AM Anankê in nascita diurna = AM
Tychê - AM Mercurio + AO HOR
* AM Anankê in nascita notturna = AM
Mercurio - AM Tychê + AO HOR
* AM Tolma in nascita diurna = AM
Tychê - AM Marte + AO HOR
* AM Tolma in nascita notturna = AM
Marte - AM Tychê + AO HOR
9
10
* AM Nikê in nascita diurna = AM Giove
- AM Daimôn + AO HOR
* AM Nikê in nascita notturna = AM
Daimôn - AM Giove + AO HOR
* AM Nemesis in nascita diurna = AM
Tychê - AM Saturno + AO HOR
* AM Nemesis in nascita notturna = AM
Saturno - AM Tychê + AO HOR
Non c'è differenza qualitativa nel fatto che
l'astro giunga alla propria sorte o
all'Ascendente,
è
diverso
il significato dell'unione. Impiegando una
metafora, si potrebbe dire che in entrambi i
casi il luminare o il pianeta fa intendere
chiaramente
la
sua
specifica,
e
inconfondibile, "voce": nel primo in nome di
se stesso, nel secondo a nome di tutto il tema.
Ecco le possibili congiunzioni (/opposizioni)
10
11
della Luna, del Sole e dei pianeti con le
relative parti o l'oroscopo dedotte dalle
formule delle sorti ermetiche:
Tychê
a Luna cong. Tychê corrisponde Sole cong
Hor(28) (e a Luna opp. Tychê corrisponde Sole
cong Occ) (giorno)
a Luna cong. Hor corrisponde Sole cong.
Tychê (e a Luna cong. Occ corrisponde Sole
opp. Tychê) (notte)
Daimôn
a Sole cong. Daimôn corrisponde Luna cong.
Hor (e a Sole opp. Daimôn corrisponde Luna
cong. Occ) (g.)
11
12
a Sole cong. Hor(28) corrisponde Luna cong.
Daimôn (e a Sole cong. Occ corrisponde Luna
opp. Daimôn) (n.)
Erôs
a Venere cong. Erôs corrisponde Daimôn
cong. Hor (e a Venere opp. Erôs corrisponde
Daimôn cong. Occ) (g.)
a Venere cong. Hor corrisponde Daimôn
cong. Erôs (e a Venere cong. Occ corrisponde
Daimôn opp. Erôs) (n.)
Anankê
a Mercurio cong. Anankê corrisponde Tychê
cong. Hor (e a Mercurio opp. Anankê
corrisponde Tychê cong. Occ) (n.)
12
13
a Mercurio cong. Hor corrisponde Tychê
cong. Anankê (e a Mercurio cong. Occ
corrisponde Tychê opp. Anankê) (g.)
Tolma
a Marte cong. Tolma corrisponde Tychê
cong. Hor (e a Marte opp. Tolma corrisponde
Tychê cong. Occ) (n.)
a Marte cong. Hor corrisponde Tychê cong.
Tolma (e a Marte cong. Occ corrisponde
Tychê opp. Tolma) (g.)
Nikê
a Giove cong. Nikê corrisponde Daimôn
cong. Hor (e a Giove opp. Nikê corrisponde
Daimôn cong. Occ. ) (g.)
13
14
a Giove cong. Hor corrisponde Daimôn cong.
Nikê (e a Giove cong. Occ. corrisponde
Daimôn opp. Nikê) (n.)
Nemesis
a Saturno cong. Nemesis corrisponde Tychê
cong. Hor (e Saturno opp. Nemesis
corrisponde a Tychê cong. Occ.) (n.)
a Saturno cong. Hor corrisponde Tychê cong.
Nemesis (e a Saturno cong. Occ. Corrisponde
Tychê opp. Nemesis ) (g.)
Così come nel giorno la congiunzione di
Daimôn con l'Ascendente significa l'unione
di Venere con Erôs e di Giove con Nikê, nella
notte alla congiunzione di Tychê con
l'oroscopo si accompagnano quelle di
Mercurio con Anankê, di Marte con Tolma e
di Saturno con Nemesis. Ciò mette in luce le
analogie-"sincronie" e contrapposizioni (ogni
14
15
tema come un meraviglioso orologio celeste)
di Erôs e Nikê da una parte e di Tolma,
Nemesis e Anankê dall'altra.
Scrive Bezza: "Quanto alle altre sorti
ermetiche,
quella
di eros e
di ananke presentano diversi modi di
estrazione nella maggior parte degli
astrologi. La testimonianza più antica è in
Vettio Valente e l'astrologo antiocheno, la cui
autorità fu grande in Persia e in Islam, è
seguito dagli astrologi arabi e da quelli del
Medioevo latino. Nel giorno, eros si computa
da tyche a daimon, viceversa nella notte.
Ananke si computa nel giorno da tyche, nella
notte l'inverso."(29) Nondimeno, l'elenco delle
sorti ermetiche del Panaretos che si può
leggere in Paolo è, con ogni probabilità,
ancora precedente e in tutte le sorti
planetarie ivi contenute gli astri sono uno dei
tre fattori costitutivi. Dopo queste parti, egli
definisce l'oroscopo ("concausa della vita e
del soffio", "che strappa dall'aere animato il
soffio di vita in quel breve istante in cui l'ora
stilla all'atto del parto stabilito", "indicativo
15
16
di ogni cosa"), chiamandolo Basis,
fondamento generale del tema(30); e, infine,
descrive altre cinque sorti (quelle del padre,
della madre, dei fratelli, dei figli, delle
nozze), collegate alle Case, alla cui origine si
ritrovano
sempre
due
astri.(31) Ignora
dunque – non concepisce neppure – parti
che non siano formate almeno da un astro. In
effetti, mentre le formule di Erôs e Anankê
riportate da Paolo sono uniche nel vasto
edificio delle sorti, quelle di Valente, riprese,
per esempio, da Albumasar, ricorrono più
volte, e in modo contraddittorio. Così, nel
catalogo di quest'ultimo(32), Erôs risulta
uguale alla sorte della durata (che Valente
definisce, essa stessa, basis) – 2a della I
Casa(33) –, a tre sorti dell'11a Casa (del
successo – 1a –, dell'amicizia e dell'odio –
2a –, della bramosia – 5a) e, nella notte, alla
sorte della sciagura – 3a della 12a Casa –;
Anankê alla sorte della compravendita –
10a della X Casa – e, nel giorno, a quella
della sciagura. A me sembra che Erôs e
Anankê del Panaretos debbano essere
considerate le originarie e autentiche sorti di
16
17
Venere e di Mercurio.
Tolemeo, diversamente dagli altri autori
classici, parla solo di Tychê e non fa
differenza, nel suo calcolo, tra il giorno e la
notte. Credo che ciò si spieghi soltanto con la
radicale essenzialità del Quadripartito(34).
Scrivevo nel 1996: "Per quel che concerne
(...) la distinzione fra nascite diurne e
notturne" in "un'astrologia che si fondava
sull'osservazione diretta della volta celeste e
dei suoi fenomeni luminosi, e sulla dialettica
luce-ombra, era ovvio che se ne dovesse tener
conto."(35) D'altronde, Parte di Fortuna e
Parte di Genio, che si riferiscono entrambe a
un’unità psico-fisica “vista” da due
angolature diverse, sono l'una l'immagine
speculare dell'altra, e, come per un principio
superiore di compensazione ed equilibrio,
Tychê prevale nel giorno, Daimôn nella
notte.(36) Ma è sul significato di due sorti in
particolare che credo valga la pena
soffermarsi, quella del Sole e, ancor più,
quella di Mercurio, se è vero che le sorti
esprimono la natura "pura e assoluta" degli
17
18
astri(37). "La sorte del Sole significa
la threskeia, la pietas, ciò che Ibn Ezra
traduce dei obsequium. Essa è comunemente
chiamata dagli astrologi del Medioevo pars
futurorum o pars legis. Essa è chiamata
altresì pars absentiae o pars celati, in quanto
significa ciò che è occulto e nascosto alla
vista. Nella versione latina di Ermanno di
Carinzia dell'Introduzione all'astrologia di
Abumasar
troviamo
la
definizione:
'Chiamano la pars celati amalgrab, che è la
virtù
interiore'.
Amalgrab
potrebbe
richiamare al-maghrib, il tempo o luogo del
tramonto del Sole, il tramontare e quindi
l’assenza, il nascondersi. Ma il nome arabo
della sorte del Sole, al-ghayb, significa in
generale ciò che è segreto e nascosto."(38) A
Daimôn, sorte del luminare diurno, compete
dunque, paradossalmente, non quel che è
manifesto, bensì l'ombra(39), il mistero. O, per
meglio dire, il suo compito è di rendere
chiaro e presente allo spirito ciò ch'è
racchiuso nell'intimo, farlo risplendere nel
buio. Ed è la luce stessa che, in alcuni casi,
può accecare.(40)
18
19
Anankê fu venerata come divinità dagli
antichi greci con un santuario a Corinto. In
quanto tale, il suo nome è sinonimo di Mòira,
della stessa dea Tychê, ma è il medesimo che
spetta alla sorte di Mercurio. Quest'ultima
"produce", secondo Paolo, "i legami, la
subordinazione, le lotte e i combattimenti, le
inimicizie e l'odio e le accuse e ogni altro
violento accidente che può sopraggiungere
agli
uomini
nel
corso
della
vita."(41) Contrariamente a quanto ci si
potrebbe attendere, la parte del significatore
dell'animo razionale non è posta in relazione
con il piacere e il gioco dell'intelletto e delle
facoltà di connessione e scambio inerenti al
mobile, curioso, veloce e plastico Hermes,
divino adolescente; ma piuttosto con l'attività
specifica, il "lavoro" originario incessante
della mente umana, alla base della
"coscienza" (sin dall’origine infelice) insieme
di se stessi e del mondo, che si accompagna
alla perdita dell'ambito naturale, della
spontaneità, degli istinti regolatori e alle
catene inflessibili dei rapporti sociali che il
mondo reggono.(42) In un suo brano
grandioso e tragico Nietzche descrive questo
19
20
processo dialettico fatale nel modo più
efficace:
"A questo punto non posso più esimermi dal fornire alla
mia particolare ipotesi sull’origine della 'cattiva
coscienza' una prima provvisoria formulazione: tale
ipotesi non si lascia facilmente ascoltare e vuole essere
lungamente meditata, vigilata e ponderata. Considero la
cattiva coscienza come quella grave malattia in balia della
quale doveva cadere l'uomo sotto la pressione della più
radicale tra tutte le metamorfosi che egli abbia mai
vissuto - quella metamofosi in cui si venne a trovare
definitivamente incapsulato nell'incantesimo della
società e della pace. Non diversamente da quel che deve
essere accaduto agli animali acquatici, allorché furono
costretti a divenire animali terrestri oppure a perire, si
compì la sorte di questi semianimali felicemente adattati
allo stato selvaggio, alla guerra, al vagabondaggio,
all'avventura - a un tratto tutti i loro istinti furono
svalutati e 'divelti'. Dovettero ormai camminare sulle
gambe e 'portare se stessi', laddove fino a quel momento
venivano portati dall'acqua: una spaventosa pesantezza
gravava su di loro. Si sentivano inabili alle funzioni più
semplici, per questo nuovo mondo sconosciuto non
avevano più le loro antiche guide, gli istinti regolativi,
inconsciamente infallibili - erano ridotti, questi infelici, a
pensare, dedurre, calcolare, combinare cause ed effetti,
alla loro 'coscienza', al loro più miserevole organo, il più
esposto a ogni errore! Credo che non ci sia mai stato sulla
terra un tale senso di miseria, un tale plumbeo disagio - e
intanto quegli antichi istinti non avevano cessato tutt'a
20
21
un tratto di porre le loro esigenze! Solo che difficilmente
e di rado era possibile dar loro soddisfacimento: in
sostanza essi dovettero cercarsi nuovi e per così dire
sotterranei appagamenti. Tutti gli istinti che non si
scaricano all'esterno si rivolgono all'interno - questo è
quella che io chiamo interiorizzazione dell'uomo: in tal
modo soltanto si sviluppa nell'uomo quella che più tardi
verrà chiamata la sua 'anima'. L'intero mondo interiore,
originariamente sottile come se fosse teso tra due
epidermidi, si è stemperato e dischiuso; ha acquistato
profondità, latitudine, altezza a misura che è
stato impedito lo sfogo dell'uomo all'esterno. Quei
terribili bastioni con cui l'organizzazione statale si
proteggeva contro gli antichi istinti della libertà - le pene
appartengono soprattutto a questi bastioni - fecero sì che
tutti codesti istinti dell'uomo selvaggio, libero, divagante
si volgessero a ritroso, si rivolgessero contro l'uomo
stesso. L'inimicizia, la crudeltà, il piacere della
persecuzione, dell'aggressione, del mutamento, della
distruzione - tutto quanto si volge contro i possessori di
tali istinti: ecco l'origine della 'cattiva coscienza'. L'uomo
che in mancanza di nemici esterni e di resistenze,
rinserrato in una opprimente angustia e normalità di
costumi, faceva impazientemente a brani se stesso, si
perseguitava, si rodeva, si aizzava, si svillaneggiava,
quest'animale che si vuole 'ammansire' e dà di cozzo alle
sbarre della sua cella fino a coprirsi di piaghe, questo
essere che manca di qualcosa, che si strugge nella
nostalgia del deserto e che deve far di se stesso
un'avventura, una camera di supplizi, una selva insicura
e perigliosa - questo giullare, questo desioso e disperato
prigioniero divenne l’inventore della 'cattiva coscienza'.
Con essa fu però introdotta la più grande e la più sinistra
21
22
delle malattie, di cui fino a oggi l’umanità non è guarita,
la sofferenza che l'uomo ha dell'uomo, di sé: conseguenza
di una violenta separazione dal suo passato d’animale, di
un salto e di una caduta, per così dire, in nuove situazioni
e condizioni esistenziali, di una dichiarazione di guerra
contro gli antichi istinti, sui quali fino allora riposava la
sua forza, il suo piacere e la sua terribilità. Aggiungiamo
subito che, d'altro canto, col fatto di un'anima animale
rivolta contro se stessa, intenta a prendere partito contro
se stessa, si era presentato sulla terra qualcosa di nuovo,
profondo,
inaudito,
enigmatico,
colmo
di
contraddizioni e colmo di avvenire, che l'aspetto della
terra ne fu sostanzialmente trasformato. In realtà ci
sarebbero voluti spettatori divini per apprezzare lo
spettacolo che in tal modo aveva avuto inizio e di cui non
è ancora assolutamente prevedibile la fine - uno
spettacolo troppo squisito, troppo meraviglioso, troppo
paradossale perché potesse svolgersi assurdamente
inosservato su un qualche ridicolo astro! Da allora
l'uomo è annoverato tra le più inaspettate e stimolanti
mosse azzeccate che gioca il 'grande fanciullo' eracliteo, si
chiami Zeus o caso - desta per sé un interesse, una
tensione, una speranza, quasi una certezza, come se con
lui qualcosa si annunziasse, qualcosa si preparasse, come
se l’uomo non fosse una meta, ma soltanto una via, un
episodio, un ponte, una grande promessa…”(43)
La natura perigliosa di Anankê, piuttosto
assimilabile a quella delle sorti di Marte e di
Saturno, è confermata del resto dalla
22
23
disposizione dei fattori che intervengono a
formare le parti dei cinque pianeti, nella
quale, evidentemente, non è il principio
dell'hairesis a valere, bensì quello della
differenza tra astri benefici e malefici. Di
giorno, per esempio, il "II luogo" (al-Bîrûnî),
o "fine" (Bonatti) è rappresentato dal pianeta
stesso nel caso delle sorti dei benefici, dalla
Parte di Fortuna quando invece si tratta delle
sorti dei malefici e di quella di Mercurio; così
come "I luogo" o "inizio" è la Parte di Genio
per Erôs e Nikê, l'astro medesimo, per
Tolma, Nemesis e Anankê.(44) Si noti che il
Sole e i pianeti della fazione diurna sono tutti
in gioia al di sopra dell'orizzonte, mentre la
Luna e i pianeti della fazione notturna al di
sotto, luminare contrapposto a luminare,
grande benefico a piccolo benefico, grande
malefico a piccolo malefico (Sole in
9a Casa/Luna in 3a, Giove in 11a/Venere in 5a,
Saturno in 12a/Marte in 6a). Mercurio, che
appartiene al giorno se orientale al Sole, alla
notte se occidentale, ha la sua gioia in I Casa,
che è sotto l'orizzonte ma in sé racchiude il
grado che si leva a oriente, dall'oscurità al
chiarore. Ed è questo il significato intimo, la
23
24
funzione specifica di Mercurio, che la sua
sorte rivela e fa giungere a compimento: il
venire alla luce, nel travaglio, della
conoscenza e della coscienza.
Tanto deve distare la Luna (il Sole) dalla sua
sorte,
quanto
il
Sole
(la
Luna)
dall'Ascendente. Così, se in un tema (di
Primo Quarto) il Sole è sulla cuspide
dell’11a Casa e la Luna su quella della 2a, 10
Case (20 ore temporali, 300° equatoriali)
separano, nel senso orario, il luminare
diurno dall'oroscopo e 10 Case dovranno
intercorrere tra il luminare notturno e la
sorte lunare; a sua volta, se la Luna dista 1
Casa (2 ore temporali, 30° equatoriali)
dall'Ascendente, 1 Casa dovrà percorrere il
Sole per giungere alla sorte solare. Inoltre, lo
stesso rapporto che esiste tra Luna e Sole e
tra Sole e Luna (che in questo caso è,
rispettivamente, di 6 e di 18 ore temporali)
dovrà verificarsi tra Parte di Fortuna/Parte
di Genio e oroscopo. E la sorte della Luna
risulterà esattamente in controparallelo nel
mondo rispetto alla sorte del Sole (regola che
24
25
presenta un'unica eccezione, la sizigia: nel
novilunio le due sorti si trovano entrambe
congiunte con l'Ascendente, nel plenilunio
col Discendente). Nell'esempio proposto, la
Parte di Fortuna sarà all'Imo Cielo, quella di
Genio al Medio Cielo.
La misurazione in gradi equatoriali (da 0° a
360°), equivalenti alle ore (da 0 a 24), è
l'unica propria di tutti i fenomeni della sfera
locale, quelli che l'astrologo moderno, con le
sue effemeridi ultra-precise e le sue
calcolatrici infallibili e super-veloci, trascura,
non studia e, in genere, neppure conosce.
L'estrema decadenza dell'astrologia ha la sua
radice teorica anche e soprattutto in tale
situazione. È come se dei tre periodi naturali
del tempo, l'anno, il mese e il giorno, si
tenesse conto solo dei primi due, ignorando
l'ultimo, che li forma entrambi. In realtà la
"via regia del Sole" non è una, ma duplice. La
Terra compie la sua danza lenta attorno al
luminare
diurno
ruotando
insieme,
velocissima, su se stessa. I due moti sono
concatenati
e
imprescindibili
l'uno
25
26
dall'altro, non esiste l'uno senza l'altro. Ed è
così per la "Lyla" di tutti gli altri corpi del
sistema solare. Espressa in tempo terrestre la
rivoluzione di Plutone avviene in 247,685
anni, la sua rotazione in 6 giorni 9h 17m; per
Nettuno i valori sono, rispettivamente, 164,8
anni e 16h 6m; per Urano 84 anni e 17h 14m;
per Saturno 29,46 anni e 10h 39m 22s; per
Giove 11,86 anni e 9h 55m 3s; per Marte
1,881 anni e 24h 37m 22s; per Venere 224,7 e
243 giorni (la rotazione di Venere ha moto
retrogrado); per Mercurio 88 e 58,64 giorni quanto alla Luna, la sua rivoluzione siderale
ha la stessa durata della sua rotazione: 27
giorni 7h 43m… Anche un astrologo
marziano
serio
dovrebbe
considerare entrambi i movimenti del suo
pianeta con la stessa attenzione!…
Secondo Aristotele la sostanza degli esseri è
originata da quattro cause: una causa
materiale (la materia di cui le cose sono
composte), una causa efficiente (il processo
attraverso il quale si manifestano), una causa
formale (la loro struttura e organizzazione
26
27
interna) e una causa finale (lo scopo per cui
esistono).(45) Impiegando queste categorie
filosofiche, si potrebbe dire che le ultime due
cause, quelle fondamentali, appartengono al
cielo, al moto apparente del Sole da ovest
verso est; le prime, accessorie, alla terra, al
moto apparente del Sole da est verso ovest.
Ogni nascita rinnova questo miracolo: le
forme celesti si "incarnano" nella materia
terrena che è loro propria, attualizzandone la
potenza.
Si legge nel Vocabolario
italiana della Treccani:
della
lingua
"fato (...) [dal lat. fatum, der. di fari 'dire, parlare'] (pl. i, ant. le fata). – Originariamente, presso i Latini, la
parola della divinità, e quindi il destino irrevocabile (che
comprende anche la morte) fissato fin dal principio e a
cui nessuno si può sottrarre; al plur., oltre a indicare i
detti del veggente che profetava il futuro, fu nome
collettivo delle personificazioni del destino. Nel mondo
moderno, quando non è usato con riferimento alla
concezione antica, significa più genericamente, al sing. o
al plur., il destino: Che giova ne le fata dar di
cozzo? (Dante); i Fati Non lasciano ad Atene altro che il
27
28
nome (Foscolo) (...)" (Vol. II, p. 396)
"fortuna (...) [lat. fortûna, der. di fors fortis "caso,
sorte"]. – 1. Propriam., nome di un'antica divinità
romana, personificazione della forza che guida e
avvicenda i destini degli uomini, ai quali distribuisce
ciecamente felicità, benessere, ricchezza, oppure
infelicità e sventura: la dea Fortuna; il tempio della
Fortuna. Concepita e rappresentata variamente nella
letteratura e nell'arte (Dante, per es., nel c. VII dell’Inf.,
l'immaginò come un'intellegenza celeste ordinata da Dio
quale 'general ministra e duce' dei beni mondani, beata
nel cielo dove 'con l'altre prime creature lieta Volpe sua
spera'; il Machiavelli invece la riportò sulla terra,
sottomettendola, ma come potenza astratta, alla volontà
dell'uomo: 'la fortuna è donna: ed è necessario, volendola
tenere sotto, batterla e urtarla', cap. XXV del Principe), è
rimasta anche nella fantasia popolare come un essere
soprannaturale a cui si attribuisce il merito o la colpa di
avvenimenti inaspettati e di improvvisi mutamenti di
stato, raffigurata come una giovane donna bendata, con
un piede su una ruota, simbolo della sua instabilità
(...) 5. ant. Sorte cattiva, condizione disgraziata,
disavventura: erano in f. e in gran bisogno (M.
Villani); De
le
f.
mie
tante,
e
sì
gravi (Petrarca). 6. Letter. Fortunale, burrasca, tempesta
sul mare: ond'el piegò come nave in f. (Dante); Quando
ingrossa ruggendo la f. (Manzoni) (...) 7. ant. Nei secoli
17° e 18°, si diceva soldato di fortuna (calco del
franc. soldat de fortune) per indicare un uomo d'arme
che dai gradi inferiori della milizia fosse salito, per proprî
28
29
meriti, ai gradi più alti (con sign. affine alla frase
odierna venuto dalla gavetta); più raram., uomo di f.,
uomo che si è fatto una posizione con le proprie capacità
(anche questo per calco del fr. homme de fortune). (...)"
(Ibid., pp. 501-502)
"gènio (…) [dal lat. Genius, nome proprio della divinità
tutelare, e fig. (come nome comune, genius)
"inclinazione, disposizione"]. – 1. a. Nella mitologia
pagana, lo spirito, buono o cattivo, che presiedeva al
destino degli uomini dalla nascita alla morte, e anche lo
spirito che aveva sotto la sua protezione una città, un
popolo, una nazione: g. benefico; il g. di un luogo, il g. di
Roma; il genio familiare di Socrate (analogam. il genio
familiare del Tasso, spirito buono che nell'infermità
della sua mente il poeta credeva gli apparisse di tanto in
tanto per conversare con lui su problemi dottrinali). Con
questo sign. originario (in cui genio si alterna spesso con
l'espressione nume tutelare), è frequente l'uso delle
forme latine genius loci, genius familiaris. b. fig. Essere
immaginario o forza astratta a cui si attribuiscono certi
eventi della nostra vita o l'ispirazione di risoluzioni prese
(…)" (Ibid., p. 594)
"parte (...) [lat. pars partis]. – (...) 2. a. (...) fare le p.,
dividere in parti e distribuire a ciascuno la sua (...) la p.
mia, tua, sua, ciò che, in una divisione, spetta a me, a te,
a lui (...) per estens., letter., proprietà: il Bisogno
sospinse A por le rapitrici Mani nell'altrui p. (Parini)
(...) 3. b. Lato, banda (...) mettersi da una p., in un
29
30
canto, in un angolo (...) Dal sign. di lato si svolse
anticamente anche il senso fig. di qualità d'una persona
(...) c. (...) Con altro traslato la locuz. da p.
mia (o sua, nostra, ecc.), a mio nome, per conto mio (o
suo, nostro, ecc.) (...) anche, da p. mia, sua, ecc., per ciò
che dipende da me, da lui, ecc. (...) 4. a. (...) A
Venezia, parte fu anticam. sinon. di partito nel sign. di
votazione, scrutinio, deliberazione di un'assemblea
votante (...) nel gioco del golf, ciascun giocatore o anche
due giocatori che siano compagni di gioco (...) 5.
a. Dall'uso della parola con valore distributivo ('ciò che
spetta o tocca a ciascuno'), nelle rappresentazioni teatrali
(e, per analogia, anche in quelle cinematografiche),
l'azione che svolge e l'insieme delle battute che dice ogni
personaggio, e, per estens., il personaggio stesso che un
attore interpreta (...) b. In senso fig., compito, ufficio
assegnato a una persona, o anche la funzione che essa
compie in un determinato momento (...) 6. Con usi
analoghi in musica: a. Ruolo destinato a una voce o a
uno strumento in una esecuzione di insieme (opera,
concerto, ecc.) (...) b. Singola linea melodica in un brano
a più voci scritto per vari esecutori o per un solo
strumento (...) c. estens. Foglio o fascicolo su cui un
singolo cantante o strumentista legge la musica che egli
esegue in una composizione per più esecutori (...)" (Vol.
III*, pp. 707-708)
"sòrte (...) [lat. sors sortis]. – 1. Forza che regola o
s'immagina regolare in modo imprevedibile le vicende
umane, senza che la volontà degli uomini possa nulla
contro di essa (...) 2. estens. Ciò che la sorte destina agli
30
31
uomini; il complesso delle vicende, spec. personali, e
delle condizioni materiali e morali riserbate a ciascuno
dalla sorte, indipendentemente dalla sua volontà, dalle
sue aspirazioni o decisioni (...) 3. a. Con sign. più
generico, vicenda imprevista e casuale, occasione (...)
talora, occasione fortunata (...) b. Evento fortuito, caso,
nella locuz. per sorte, per caso: i portantini, vedendo la
mala parata, ricoverarono il padrone in una casa
d'amici, che per s. era vicina (Manzoni); ant. o region. a
sorte, con lo stesso sign.: andandogli in quelli tumulti il
popolo armato a casa per saccheggiarla, messere
Francesco ... si trovava a sorte in casa (Machiavelli).
Quest'ultima
locuz.
è
peraltro
com.
nelle
espressioni estrarre, tirare a s., sorteggiare, scegliere
mediante sorteggio (...) 4. ant. a. Ciascuno degli oggetti
di varia natura (pietre, astragali, dadi, tavolette scritte,
ecc.) che, gettati o mescolati a caso oppure scelti a caso
tra gli altri simili, erano usati in molte civiltà e religioni
antiche per fini divinatorî, traendosi auspici dalla loro
disposizione o dalla loro forma o dai segni che portavano
(pratica detta cleromanzia): gettare le s.; profetare per
sorti; divinazione per sorti; Fer la città sovra quell'ossa
morte; E per colei che 'l loco prima elesse Mantüa
l'appellar sanz'altra sorte (Dante, alludendo all'uso
antico di scegliere il nome di una città gettando le
sorti). b. Foglietto scritto che serviva per un
sorteggio: gioco delle s., gioco di società, diffuso nel
periodo rinascimentale, che consisteva nell'estrarre
bigliettini nei quali figuravano motti e allusioni argute
ricavate non di rado dalle poesie del Petrarca. c. Cosa che
tocca in sorte; in partic., la parte che spetta di un'eredità,
di un guadagno, e sim.: De' quali [nostri beni] a Palemon
tutta mia sorte Ti priego doni appresso alla mia
31
32
morte (Boccaccio). Anche, il capitale che si dà o si riceve
a frutto. 2. Nel diritto romano di tarda età imperiale, era
detto sorte (lat. sors) il terreno assegnato a un barbaro in
seguito alla distribuzione di fondi per sorteggio." (Vol.
IV, pp. 435-436)
"sorteggiare (...). – 1. Estrarre a sorte, assegnare
tirando a sorte; scegliere mediante un metodo fondato
sulla sorte: s. i premî; s. i giurati; s. l'ordine di
precedenza. 2. Assol., raro e ant., assegnare, distribuire
le sorti: Ma l'alta carità, che ci fa serve pronte al
consiglio che 'l mondo governa, Sorteggia qui sì come
tu osserve (Dante). (...)" (Ibid., p. 436)
La divinità tremenda del destino fu chiamata
dai greci Mòira, Tychê, Anankê, "necessità".
E, al di là dell'arbitrio insondabile, essa era
percepita come causa necessaria di tutti gli
eventi, ragione che governa il mondo. Il suo
dettame, all'apparenza cieco, rappresentava
una giustizia superiore, libera da ogni
passione: a ogni essere il suo destino. Ora,
che cosa, se non l'oroscopo, rappresenta nel
tema di nascita il sigillo individuale, la
quintessenza del destino? Quel grado che
sorge a oriente e che della genitura
32
33
rappresenta il fondamento e il timone, il
"significatore del corpo e degli inizi"(46), è
anche la "base di partenza"(47) di ogni sorte.
NOTE
(1)
J.
Fallisi,
"Noterella
sulle
parti", http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message
/85148.
(2) Le parole di Placido, quando espone la teoria del suo
amico Negusanzio (v. AA.VV., "Della sorte della Luna e delle
altre sorti. 2. Il loro computo", "Schema" n. 9, 1988, pp.
490-496; oppure G. Bezza, Commento al primo libro della
Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, Nuovi Orizzonti, Milano
1992, pp. 412-416), sono un esempio di onestà intellettuale,
di ingegno e di purezza d'animo. A comprendere la giusta
modalità del calcolo furono tuttavia due allievi del monaco
olivetano, Francesco Brunacci e Francesco Maria Onorati.
Accortisi che anche il metodo di Placido era inadeguato,
poiché risultava conforme al principio tolemaico solo al
sorgere del Sole, essi ne proposero una versione "oraria",
finalmente perfetta, nella ristampa della Coelestis
Philosophia del 1675 (cfr. M. Fumagalli, "La sorte oraria: il
33
34
vero oroscopo lunare", "Phôs" n. 2, 2001, pp. 1012, http://www.cieloeterra.it/articoli.sorteoraria/sorteoraria
.html – e il testo originale di F. Brunacci e F. M.
Onorati, ibid., pp. 13-15).
(3) Cfr. F. I. Haddad, D. Pingree, E. S. Kennedy, "al-Bîrûnî’s
Treatise on Astrological Lots", "Zeitschrift für Geschichte
der arabish-islamischen Wissenshaften", n. 1, 1990, pp. 954. Si tratta in realtà di brani che non si prestano a
un’interpretazione certa e univoca. L'Anonimo, viceversa,
nel suo commento alla Tetrabiblos, si esprime con ogni
probabilità in questo senso quando spiega che la Parte di
Fortuna deve calcolarsi come l'oroscopo, prendendo i tempi
ascensionali e le ore temporali, e che soltanto così essa può
venir definita "oroscopo lunare" secondo il dettame
tolemaico (cfr. Cl. Ptolemaei Quadripartitum enarrator
ignoti nominis, quem tamen Proclum fuisse quidam
existimant [edidit Hie. Wolf], Basileae ex officina Petriana
1559, pp. 111-112).
(4) Cfr. G. Bezza in Paolo d'Alessandria, Introduzione
all'astrologia. Lineamenti introduttivi alla previsione
astronomica, Mimesis, Milano 2000, p. 96, nota n. 1.
(5) Mimesis, Milano 1997.
(6) Cfr. P. d'Alessandria, op. cit., p. 88; al-Bîrûnî, op. cit., p.
34
35
93.
(7) Cfr. R. Zoller, Le chiavi perdute della predizione. Le
parti arabe in astrologia, Meb, 1990, pp. 125-215.
(8) Quella dei segni – e gradi – "uguali", è una questione
teorica di estremo interesse e importanza (cfr. A. Szabó, E.
Maula, Les débuts de l'astronomie, de la géographie et de la
trigonométrie chez les Grecs, Vrin, Paris 1986, pp. 144, 179181; G. Bezza, "Una interpretazione della teoria degli aspetti
II: genere e qualità dei raggi (parte seconda)", "Schema" n.
4, 1987, pp. 195-196; G. Bezza, Commento al primo libro
della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, op. cit., pp. 356, 424,
428). L'ambiguità dell'espressione ha la sua base nella
differenza-analogia tra i due moti, da oriente a occidente e
da occidente a oriente, della sfera celeste (l'equatore sta al
giorno come l'eclittica all'anno). Due sono le possibilità. O si
tratta di formule didattico-iterative che indicano i segni
tropici, così distinti, espressamente, da quelli stellati
("segni" è un'espressione che conviene tanto agli uni
quanto agli altri, anzi soprattutto a questi ultimi, ma solo i
primi sono tra loro "uguali"); oppure ci si riferisce al circolo
delle ore e alle sue partizioni in gradi equatoriali (per quel
che concerne Bonatti quest’ultima ipotesi non è sostenibile:
"con le parti vengono usati i gradi uguali (…), dato che le
parti si muovono secondo l'asse dell'eclittica, (…) e
i gradi dell'eclittica [corsivo mio] sono uguali." – cfr. R.
Zoller, op. cit., pp. 128-129). Il calcolo "dotto", peraltro, può
venir eseguito in modo abbastanza veloce con l'ausilio di un
astrolabio o di una sfera solida e nulla vieta di pensare che
proprio questo fosse uno dei sistemi adottati nell'età
35
36
classica. È quanto immagina, del resto, lo studioso di
astronomia antica Salvo De Meis relativamente al computo
dell’oroscopo e del Medio Cielo (cfr. P. d'Alessandria, op.
cit., p. 127).
(9) Tolemeo espone, in maniera sintetica, non tutto
il corpus della dottrina, ma solo ciò che ritiene certo e
fondamentale e, insieme, utile-indispensabile all’esposizione
del suo proprio metodo interpretativo. In base a tale
principio selettivo egli non si occupa, per esempio, né
delle interrogazioni, né delle elezioni e delle stesse sorti
considera soltanto quella lunare, neppure accennando a
quella del Sole, né a nessun’altra.
(10) Cfr., infra, nota n. 3. La sorte non ha alcuna esistenza
nel cielo, ma solo nell'ambito della sfera locale (cfr., infra,
note nn. 20 e 24), né più né meno dell'oroscopo.
(11) M. Fumagalli, I moti del cielo. Tavole di ascensione
retta, declinazione, semiarchi, ore temporali, differenza
ascensionale, ascensione e discensione obliqua, poli delle
case, archi crepuscolari, fasi e calendario delle stelle, a
tutte le latitudini terrestri, Cielo e Terra, Milano 2000.
(12) Ibid., pp. 61-62.
36
37
(13) Ibid., pp. 71-73. Cfr. Joe Fallisi, "Maradona e l'emisfero
australe", http://www.cieloeterra.it/articoli.maradona/mara
dona1.html.
(14) Cfr. C. Tolemeo, Almagesto, Libro II, Cap. 9; A.
Tihon, Le “Petit Commentaire” de Théon d’Alexandrie aux
Tables Faciles de Ptolémée, Biblioteca Apostolica Vaticana,
Città del Vaticano 1978, pp. 310-312.
(15) 360° : 24 = 15°, 15° = 1h, l’ora equinoziale. Cfr. M.
Fumagalli, I moti del cielo, op. cit., p. 14.
(16) La formula per la trasformazione delle coordinate
equatoriali in coordinate eclittiche si trova a p. 7 de I moti
del cielo.
(17) Ibid., pp. 81-103.
(18) Ibid., pp. 291-467.
(19) Ibid., p. 23.
(20) Ibid., pp. 24-25, 69. "Poiché la sorte, al pari delle stelle
37
38
fisse, non ha un moto proprio nel cielo (…), noi non
dobbiamo prendere il suo grado di longitudine eclittica (che
è una coordinata della sfera celeste) ma il suo grado di
passaggio nella sfera locale." (M. Fumagalli, "Il calcolo delle
sorti", op. cit., pp. 82-83). Cfr., infra, nota n. 24.
(21) Cfr. M. Fumagalli, I moti del cielo., op. cit., pp. 291-467.
"Ascensione Obliqua di un punto P della sfera è l’arco di
equatore compreso fra il punto gamma e il punto Est,
nell’istante in cui P sorge. Si può anche definire come il
grado di equatore che sorge insieme a P. (…) Discensione
Obliqua di un punto P della sfera è l'arco di equatore
compreso tra il punto gamma e il punto Ovest nell'istante in
cui P tramonta. Si può anche definire come il grado di
equatore che tramonta insieme a P." (ibid., p. 14). Le
Ascensioni o Discensioni Oblique di un punto della sfera
celeste calcolate per l'elevazione polare del punto medesimo,
ovvero nel suo circolo orario (CH), sono anche dette
Ascensioni Miste (cfr. ibid. pp. 24-25).
(22) Per l'esplicazione e l'esemplificazione della tecnica v. gli
scritti di F. Brunacci-F. M. Onorati e M. Fumagalli citati,
infra, nella nota n. 2. A Fumagalli si deve la provvidenziale
riscoperta del calcolo corretto delle sorti.
(23) Cfr., infra, nota n. 21.
(24) Per questa ragione gli unici aspetti che possono
38
39
riguardare le sorti (così come l'Ascendente e il Medio Cielo)
sono quelli nel mondo. "Il metodo 'orario' di Brunacci ed
Onorati comporta una differenza nel modo di reperire il
grado di passaggio della sorte, ovvero quel grado che passa
alla medesima distanza oraria della sorte e che viene assunto
come riferimento per l'attribuzione delle dignità planetarie.
(…) Con il metodo di Placido si deve procedere attribuendo
alla sorte la declinazione e la differenza ascensionale della
Luna (…). Con il metodo orario non possiamo attribuire alla
sorte la declinazione della Luna, anzi, non possiamo
attribuire alla sorte alcuna declinazione. La sorte oraria
infatti non è un punto della sfera (dotato di ascensione retta
e declinazione), ma piuttosto un circolo orario, una distanza
misurata secondo il moto delle ore. È in questo del tutto
simile all'orizzonte e potremmo definirla un orizzonte
relativo alla Luna, un oroscopo lunare appunto. Così come
tutti i punti dell'orizzonte distano le medesime ore dal Sole,
allo stesso modo tutti i punti dell'orizzonte relativo alla
Luna, ovvero tutti i punti della sorte, distano le medesime
ore dalla Luna." (M. Fumagalli, "La sorte oraria: il vero
oroscopo
lunare",
op.
cit.,
pp.
1112, http://www.cieloeterra.it/articoli.sorteoraria/sorteoraria
.html)
(25) Si tratta, anche in questo caso, dell'importanza
primordiale delle fasi della Luna (novilunio e plenilunio, le
più significative, contengono in sé e "generano" ogni
sviluppo successivo). Direttamente (con le sorti dei
luminari) o indirettamente (con le sorti planetarie, tutte
formate, anche, da Tychê e Daimôn) è al ciclo luminoso
mensile del Sole e della Luna e alle sue passioni che le sorti
ermetiche rimandano, ma ancorandolo sempre, in maniera
dinamica, a un tempo e a un luogo determinati.
39
40
(26) Cfr. P. d'Alessandria, op. cit., pp. 93, 187. Cfr., infra,
nota n. 24.
(27) Cfr. P. d'Alessandria, op. cit., pp. 87-88.
(28) L’unione del Sole con l’oroscopo, che ha come
contraltare quella della Luna con Daimôn/Tychê, è una
congiunzione-limite: quando il Sole varca la soglia
orientale, id est quando Daimôn si congiunge nel mondo con
la Luna divenendo Tychê, termina la notte e si fa giorno.
Ovviamente, nella formula, ci si riferisce al giorno come arco
temporale che non tien conto della rifrazione.
(29) G. Bezza, Arcana Mundi. Antologia del pensiero
astrologico antico, vol. II, Rizzoli, Milano 1995, pp. 968969. Queste le formule ("mondane") di Erôs e Anankê
secondo Valente, analoghe, nella loro specularità, a quelle
delle sorti dei luminari:
* AM Erôs in nascita diurna, ovv. AM Anankê in
nascita notturna = AM Daimôn - AM Tychê + AO HOR
* AM Erôs in nascita notturna, ovv. AM Anankê in
nascita diurna = AM Tychê - AM Daimôn + AO HOR
40
41
(30) Cfr. P. d'Alessandria, op. cit., p. 88.
(31) Ibid., pp. 88-89. Qui di seguito le formule "orarie" di
queste sorti:* AM Padre in nascita diurna = AM Saturno
- AM Sole + AO HOR
* AM Padre in nascita notturna = AM Sole - AM
Saturno + AO HOR
* AM Padre in nascita diurna e notturna (se Saturno è
combusto) = AM Giove - AM Marte + AO HOR
* AM Madre in nascita diurna = AM Luna - AM Venere
+ AO HOR
* AM Madre in nascita notturna = AM Venere - AM
Luna + AO HOR
* AM Fratelli in nascita diurna e notturna = AM Giove
- AM Saturno + AO HOR
* AM Figli in nascita diurna e notturna = AM Saturno
- AM Giove + AO HOR
41
42
* AM Nozze in nascita maschile diurna e notturna =
AM Venere - AM Saturno + AO HOR
* AM Nozze in nascita femminile diurna
notturna = AM Saturno - AM Venere + AO HOR
e
(32) Cfr. Albumasar in G. Bezza, Arcana Mundi, op. cit., pp.
981-997.
(33) "La seconda sorte è quella della durata. (…) Quando
questa sorte si ritrova ben disposta, significa salute e
benessere e avvenenza e durevolezza della prosperità e il
ricevere benefici dai viaggi all'estero. Se è afflitta, significa
deformità e malattie. E se vuoi sapere se una data questione
è duratura o no, osserva la natività dell'uomo o la
conversione del suo anno o la sua interrogazione e considera
questa sorte: se è angolare o si unisce al signore
dell'oroscopo, significa che quella questione è duratura e
immutabile, ma se è cadente od afflitta, significa che
rapidamente vien meno." (Albumasar, ibid., p. 982)
"Se i signori si scambiano i luoghi, ad es. se il signore della
sorte di fortuna è nel luogo di basis, basis nel luogo della
sorte del Sole, quella del Sole nel luogo di quella della Luna,
il nativo è prospero, regale, insigne. (…) Se i signori della
sorte del Sole, di quella della Luna, di basis sono idiotopici
[angolari rispetto alle sorti medesime], anche così il nativo è
prospero. (…) Ugualmente quando Venere signoreggia la
42
43
sorte di fortuna o del Sole o basis ed è orientale e idiotopica.
Se il signore è nel luogo di basis e con esso è la Luna, il
nativo è prospero e insigne. (…) Se i signori delle sorti dei
luminari sono nel luogo di basis e vi è la compresenza del
signore <di basis> la genitura è luminosa e gloriosa. Allo
stesso modo se il signore di basis e della sorte di fortuna è
nel luogo della sorte del Sole unitamente al suo signore. (…)
Se il signore della sorte di fortuna è in un buon luogo,
mentre il signore di basis o della sorte del Sole è mal posto
ovvero mal posto è il luogo accomplitivo [l'11a Casa da
Tychê], con il passar del tempo le sostanze scemano." (V.
Valente, ibid., pp. 1003-1004)
"La sorte del fondamento e dell'incremento e della nettezza è
la radice dell'ascendente. (…) Questa sorte mostra la forma
del nativo e la salute del suo corpo. Se è libera dalle
malefiche ed in un buon luogo significa una forma
conveniente, un corpo sano e non viziato ed avrà profitto nei
viaggi. Se questa sorte aderisce al significatore del padre, il
nativo prende la sembianza del padre, alla madre se aderisce
al significatore materno. E quando vuoi sapere di una data
questione, se è salda e durevole, osserva questa sorte nella
natività o nella rivoluzione o nella figura per la quale
stabilisti il grado levante, e se vedi che essa osserva il signore
del suo domicilio o del suo confine o ancora è unita ai
signori degli angoli o essa stessa è in un angolo o col signore
dell'ascendente o da esso osservata, significa la costanza e la
durata di quella cosa. Se al contrario fosse lontana dalle
condizoni che abbiamo menzionato, significa la rimozione
della cosa medesima. E quando significasse costanza e
durata essendo fortunata, significa che quella cosa è
costante e durevole con beneficio, ma se fosse infortunata,
con affanno e pene e dubbi. Allo stesso modo, quando
43
44
significasse la rimozione, giudica del beneficio e del danno
nello stesso modo." (Abenragel, ibid., p. 1011)
(34) Cfr., infra, nota n. 9. Il calcolo di Tychê nella notte è
identico a quello di Daimôn nel giorno. Ritengo che la sorte
notturna "tolemaica" della Luna sia, a tutti gli effetti, la sorte
notturna del Sole (cfr., infra, nota n. 36).
(35) J. Fallisi, op. cit.
(36) "E nel giorno la forza più grande è della sorte di
fortuna, nella notte della sorte del genio, sebbene non si
possa dire che il vigore medesimo che la sorte di fortuna ha
nel giorno, anche la sorte del genio ha nella notte, poiché
invero quest'ultima è subordinata alla prima." (Albumasar
in P. d'Alessandria, op. cit., p. 98) "E questa sorte [la sorte
del Sole, ovvero sorte dell’occulto] e la sorte del benessere
[ovvero sorte della Luna] sono più eccellenti di tutte le altre
sorti e più evidente è il loro significato su ogni cosa, sia
assente, sia presente e sul cominciamento delle azioni e dei
propositi e nelle rivoluzioni degli anni del mondo e delle
natività. E il significato della sorte del benessere è nel giorno
più distinto, e ad esso segue quello della sorte dell’occulto,
mentre nella notte la sorte dell’occulto ha significato più
chiaro, e ad essa segue la sorte del benessere."
(Albumasar, La grande introduzione alla scienza dei giudizi
delle
stelle,
VIII,
3, http://www.cieloeterra.it/testi.albumasar.02/albumasar.
html)
44
45
(37) "(…) nell'astrologia legata alla tradizione di Ermete, ai
sette pianeti corrispondono le sette sorti 'prime ed
universali, quelle dei sette astri'. Prime ed universali, in
quanto scaturiscono dalla natura prima e assoluta di ciascun
astro" (G. Bezza, Arcana Mundi, op. cit., p. 965). "È
manifesto invero che la sorte contiene in sé il significato
puro e assoluto della natura dell'astro cui è riferita: 'La Luna
diviene, per quanto è della sua natura, Tyche, il Sole
Daimon…'. Per questo motivo Tolemeo pone la sorte della
Luna tra il numero dei possibili afeti in una natività
notturna e panselenica, ovvero perché essa contiene in sé
una natura che proviene dal Sole e dalla Luna, dunque dai
due princìpi vitali ancorché ad essi un terzo se ne aggiunge,
l'oroscopo." (Ibid., p. 970)
(38) Ibid., pp. 967-968.
(39) "Tutto quello che è interessante accade nell'ombra",
scrive Céline (Viaggio al termine della notte, Corbaccio,
Milano 1992, p. 75). Ed è appunto nella notte, non nel
giorno che Daimôn ha la sua forza più grande (cfr., infra,
nota n. 36).
(40) "Il Sole non va mai osservato direttamente. La visione
diretta del Sole a occhio nudo può comportare danni
permanenti alla vista, mentre la sua visione diretta con un
binocolo o un telescopio porta alla cecità. Il modo migliore
per osservare il Sole consiste nel proiettare su uno schermo
la sua immagine passante attraverso un binocolo. (…) Il
momento migliore per osservare il Sole è al tramonto o
45
46
all'alba, quando la sua luminosità non è così intensa, e
possono essere colti maggiori particolari della sua fotosfera."
(Stelle e pianeti, a cura di U. Bellini, Giunti, Firenze 1999, p.
47)
(41) P. d'Alessandria, op. cit., pp. 87-88. Scrive Paolo a
proposito delle altre sei sorti: "(…) Tychê significa tutto ciò
che concerne il corpo e le attività nel corso dell'esistenza; è
altresì indicativa delle acquisizioni, della reputazione, della
dignità. Daimon si trova ad esser signore dell'animo e del
comportamento e della mente e di ogni fattibilità, sicché
concorre a determinare l'agire. Eros significa i desideri e le
brame che scaturiscono dall'impulso, sicché dispone
dell'amicizia e del favore. (…) Tolma concorre a mostrare
l'audacia e la macchinazione, la gagliardia ed ogni inganno.
Nikê significa la fede e la buona speranza ed ogni assemblea
e comunanza; concorre altresì a dar mano alle imprese e al
buon successo. Nemesis viene dai geni sotterranei e da ogni
cosa nascosta alla vista e dispone della <loro>
manifestazione, dell'inoperosità, dell'esilio e della rovina e
dell'affanno e della qualità della morte." (Ibid., p. 88)
(42) Mercurio è associato, per analogia, a due Case agli
antipodi in ordine gerarchico: la I e la 6a. La I Casa “(…)
Mostra (…) il fondamento e il soffio di vita. In questo luogo
la stella di Mercurio si rallegra quando è presente, giacché è
pneumatica, in virtù del logos.” (Retorio, in G.
Bezza, Arcana Mundi, vol. I, op. cit., p. 238). E, delle tre
sorti che le appartengono, quella del raziocinio ed
eloquenza, del senno, contempla Mercurio tra i suoi fattori
(in nascita diurna = AM Marte - AM Mercurio + AO HOR, in
46
47
nascita notturna = AM Mercurio - AM Marte + AO HOR).
"Quanto alla Casa sesta, non si unisce alla prima ed è Casa
maligna, in quanto è cadente e sotto l’orizzonte, onde denota
le malattie. E poiché è opposta alla dodicesima, che significa
i nemici occulti, designa inoltre i servi e le ancelle. (...)
Mercurio [significa] i servi ed è come la Casa sesta."
(Abraham ibn Ezra, ibid., pp. 213, 218). "Sesto è Mercurio
che, per la piccolezza della sua orbita e per la sua prossimità
al Sole, sovente retrograda e ancor più spesso è bruciato
dalla luce solare e così ottenne il governo delle malattie e
della debolezza e di ogni genere di molestie e disagi e inoltre,
per il suo incessante andare e venire, svolge la funzione delle
fatiche e della servitù." (Albumasar, ibid., pp. 209-210) A
loro volta, delle quattro parti relative alla 6a Casa, due sono
quelle che vedono la presenza di Mercurio: la sorte delle
malattie secondo alcuni antichi, della durata delle malattie
(in nascita diurna/notturna = AM Marte - AM Mercurio +
AO HOR, formula peraltro identica a quella diurna della
sorte del raziocinio di cui sopra) e la sorte dei servi (in
nascita diurna/notturna = AM Luna - AM Mercurio + AO
HOR).
"Grande giovamento", scrive Paolo nel capitolo che precede
quello sulle sorti, "apporta il dodecatemorio delle benefiche
stelle quando incide nel medesimo segno in cui è il Sole o la
Luna o l'astro di Mercurio o quando è presso uno dei quattro
angoli o presso la sorte di fortuna o del demone o della
necessità o presso la sizigia precedente, sia essa un novilunio
o un plenilunio. Infatti, mediante questa osservazione, è
possibile distinguere coloro che hanno successo, i longevi, i
47
48
prosperi. Allo stesso modo, se il dodicesimo delle malefiche
stelle cade nel segno in cui è il Sole o la Luna o l'astro di
Mercurio o presso uno dei quattro angoli o presso la sorte di
fortuna o del demone o della necessità o presso la sizigia
precedente, sia essa un novilunio o un plenilunio, rivela gli
indigenti, coloro che difficilmente acquisiscono, gli
sciagurati e talora quelli che han vita breve o morte violenta
o che sono schiavi delle passioni o che sono malaticci." (P.
d'Alessandria, op. cit., p. 82) Ananke, la sorte della
necessità, è dunque uno dei luoghi fondamentali di ogni
genitura. Più che al Mercurio "pneumatico" in gioia nella I
Casa, essa sembra rimandare al travagliato Mercurio
cosignificante della 6a.
(43) F. Nietzsche, Genealogia della morale. Uno scritto
polemico, Adelphi, Milano 1992, pp. 73-75.
(44) Anankê è strettamente connessa a Nemesis come il
concetto di necessità a quello di giustizia distributiva e
compensativa, "punitrice di quanto, eccedendo la giusta
misura, turba l'ordine dell'universo." (Vocabolario della
lingua italiana, vol. III*, Treccani, Roma 1989, p. 385) Così
Mercurio e Saturno, pianeti entrambi freddi e secchi (l'uno
moderatamente freddo e secco e più secco che freddo, l'altro
freddissimo e secchissimo), cui spetta l'umore della bile nera
(cfr. al- Bîrûnî, op. cit., pp. 56, 63 – si noti anche l’armonia
fra i segni dei rispettivi domicili: l’Acquario, domicilio
lunare di Saturno, è in trigono coi Gemelli, domicilio lunare
di Mercurio; la Vergine, domicilio solare di Mercurio, è in
48
49
trigono con il Capricorno, domicilio solare di Saturno). Per
quanto riguarda l’inversione del calcolo a seconda che la
nascita sia diurna o notturna, ecco la limpida spiegazione di
Albumasar,
basata
sulla
"forza"
che
proprio
l’hairesis conferisce agli astri: "Si deve sapere che una sorte
non si estrae se non da due significatori che significano su
una cosa sola per significazione naturale. Ora, quando vi
sono due pianeti che sono concordi nel significare una cosa
sola ed uguali nell’agire bene, e però uno di essi fosse in dati
tempi più forte dell’altro quanto alla sua hairesis, noi
cominceremo <il computo> in quel tempo da quello dei due
pianeti che è più forte in quanto all’hairesis. Poniamo, a
questo proposito, il Sole e Saturno, che sono per l’appunto
concordi nel significare la condizione del padre, e uguali per
la loro hairesis, poiché entrambi sono diurni. Nondimeno, il
Sole è nel giorno più forte e pertanto, nell’estrazione della
sorte del padre, dobbiamo cominciare, nel giorno, dal Sole.
In seguito, posto che vi sia concordia nel significare la
medesima cosa, come nell’esempio predetto, ma uno degli
astri fosse diurno, l’altro notturno, cominceremo nel giorno
dal diurno, nella notte dal notturno. Ad esempio, il Sole e la
Luna concordano nel significare il benessere, e però uno di
essi è diurno e l’altra notturna. E pertanto, nell’estrazione
della sorte del benessere [ovvero sorte della Luna],
cominceremo nel giorno dal Sole che è diurno e nella notte
dalla Luna che è notturna.
Quando poi accade che l’uno di essi sia più forte dell’altro
nel significare, inizieremo, sia nel giorno, sia nella notte, dal
più forte. Se poi il significato fosse sia nella casa (burj) che
nel suo signore in modo uguale, inizieremo per lo più dal
signore della casa (burj) fino al grado della casa: la casa
49
50
invero è confortata nel suo significare dal significato del
pianeta e della cosa che gli è inerente; può nondimeno
accadere che si inizi dalla casa quand’essa ha più forza nel
significare. In seguito, entrano in compartecipazione con i
<due> significatori l’ascendente o dati luoghi del circolo o
dati pianeti secondo necessità. (…) Prima fra le parti è quella
che si estrae dal Sole e dalla Luna (…). Ora, poiché il Sole è
luminare del giorno e la Luna luminare della notte, <gli
antichi> computarono questa sorte cominciando, nel giorno,
dalla fortuna diurna, la quale è il Sole, fino alla fortuna
notturna, che è la Luna (…); di notte dalla Luna notturna al
Sole diurno". (Albumasar, La grande introduzione alla
scienza
dei
giudizi
delle
stelle,
op.
cit., http://www.cieloeterra.it/testi.albumasar.02/albumasa
r.html)
(45) Cfr. Aristotele, Fisica, II, 3, 7; Aristotele, Metafisica, I,
3.
(46) Albumasar, La grande introduzione alla scienza dei
giudizi
delle
stelle,
op.
cit., http://www.cieloeterra.it/testi.albumasar.02/albumasa
r.html.
(47) "Colui dal quale parte la proiezione per gradi", secondo
la definizione di Bonatti (cfr. R. Zoller, op. cit., p. 128).
"Quanto all'oroscopo, dirige, essendo rispetto a codeste sorti
nel mezzo, costituito come ritmico movimento del cosmo
intiero.” (P. d’Alessandria, op. cit., p. 87) “Nella divinazione
50
51
mediante le sorti i kleroi, piccoli sassi o ramoscelli, venivano
gettati a terra o su una tavola consacrata, o scossi entro
un'urna, o posti in una coppa debordante o gettati in una
fonte o in una bacinella d'acqua predisposta. Allo stesso
modo l'astrologo getta la sorte a partire dal grado che sorge,
fondamento, o meglio ritmico movimento (basis) della sfera
stellata, giudice mediano, che significa la vita e l’origine
delle cose. Ecco pertanto che tutti gli astrologi di lingua
greca esprimono il gesto del cleromante, ovvero il lancio
delle sorti, con la parola appropriata: ekbàllein, gettare,
lanciare." (G. Bezza, Arcana Mundi, op. cit., pp. 969-970)
°°°°°°°°°°
Tychê e Daimôn allo
specchio
“Il demone presiede ai nostri movimenti interni e la fortuna
fa sì che giungano a compimento, nei loro tempi, le
conseguenze di questi movimenti.” (Proclo)
51
52
Il dato di fatto storico, incontrovertibile (a
meno che giungano nuove acquisizioni dalle
biblioteche... dagli scavi), è che Tolemeo è
l'unico tra i Maestri antichi ad esaurire il
discorso sulle sorti occupandosi soltanto di
quella di Fortuna e, insieme, indicandone
espressamente un calcolo uguale così per il
giorno, come per la notte. Di certo, egli non
poteva non conoscere l'enorme edificio che si
era andato (e si stava ancora) formando. Esso
aveva come "basi" le sette sorti cosiddette
ermetiche – essenzialissime quelle della
Luna, del Sole, e poi di Mercurio e di Venere
–, le ultime cinque "generate" dalle prime
due in connubio con gli astri erranti.
Attraverso
una
grande
varietà
di
combinazioni (a volte, peraltro, identiche tra
loro) ne germinavano innumerevoli, riferite
ai dodici luoghi, ma non solo. Che di tutti gli
argomenti
fondamentali
dell'astrologia
la Tetrabiblos costituisca un compendio
52
53
grandioso, e però assai stringato (a volte
persino dolorosamente avaro: si pensi
all'assenza
completa
di
qualsivoglia
riferimento alla domificazione - di cui
tuttavia si parla nell’Almagesto - o al fatto
che non siano minimamente trattate né le
interrogazioni né le elezioni(1)), non v'è
dubbio. Le congetture possibili sono tre. O
Tolemeo ritenne fosse solo importante
Tychê, la sorte della Luna e del corpo; o, pur
scrivendo di questa sola parte, presuppose al
contempo l'esistenza (e la rilevanza) anche di
Daimôn, computato a sua volta senza
inversione di calcolo; oppure quella che egli
nominò come Tychê notturna significava, per
lui stesso, il Daimôn nella notte della
tradizione. Io opto in favore di quest’ultima
ipotesi, che presenta il vantaggio di vedere
anziché divisi uniti i grandi artisti, cosa più
verosimile del suo contrario.
Egli sapeva bene che la parte della Luna
"vive" con quella del Sole, di cui è l'opposto
speculare; e la descrisse proprio in quanto
rappresentante "fisico" di questa prima,
53
54
indissolubile coppia, da cui procedono tutte
le altre sorti. Ci si può chiedere perché sia
stato privilegiato il lato lunare, cioè umido,
manifesto, corporeo, materiale, rispetto a
quello solare, secco, recondito, che attiene
allo spirito, alla forma. La risposta è in una
lunga tradizione di origine, prima ancora che
aristotelica, misterica, che poi sarebbe stata
ribadita dall'arte astrologica rinchiusa nella
prigione giudaico-cristiana: del principio
spirituale non conviene parlare né predire;
delle fattezze, dei moti e del destino del
corpo, sì. In realtà, anche allora era chiaro
che si trattava di un complesso psico-fisico,
che poteva sciogliersi e separarsi solo in
momenti specialissimi (estasi, fasi specifiche
dell'iniziazione, sogni particolari) e da
ultimo, per sempre, con la morte. Le vicende
quotidiane
del
corpo
implicano,
indissolubilmente, quelle dello spirito;
scrivere della Luna e della sua quintessenza,
Tychê, significa occuparsi anche del Sole e di
Daimôn. Di quest'unicum, le sorti dei
luminari forniscono due visioni differenti,
proprio come di un'entità osservata e
indagata da due punti di vista diversi (da
54
55
due distanze diverse), ma sempre in quanto
unità. Si pensi al calcolo e agli elementi che
lo compongono. Esso è identico per
entrambe, salvo l'inversione dei fattori, che
tuttavia restano i medesimi.
Nella concezione antica Sole e Luna, Padre e
Madre celesti, non sono entità aliene che si
scontrano, bensì "cause" originarie che si
rispecchiano e si amano. Ed è perciò che del
ciclo della lunazione si focalizzanocristallizzano i punti principiali, plenilunio e
novilunio(2). Sappiamo come gli artisti
abbiano costantemente avvertito (ricordo
Albumasar)(3) non solo che il computo di
ciascuna si rovescia ad ogni passaggio dalla
luce alle tenebre, ma che l'importanza stessa
delle due varia, se nel giorno o nella notte. E
cioè come la sorte lunare sia più efficace, più
"parlante", nella luce, mentre nel buio il
primato appartenga a quella del Sole. Come
dire: regno della Luna è la notte, ma è nel
giorno che il corpo si mostra; regno del Sole è
il giorno, ma è nella notte che le qualità più
intime dell’animo si possono comprendere e
55
56
manifestare. Di notte Tychê "non cambia"
solo nel senso che diviene Daimôn, che dei
misteri della notte (dell'animo, di tutto ciò
che è interno, implicito, non manifesto) è
espressione, così come, in perfetta
simmetria, la Parte di Fortuna lo è
dell’apparenza diurna (del corpo, di quanto è
esterno, esplicito, evidente): entrambe sono
le immagini rovesciate e complementari l'una
dell'altra, pur mantenendo sempre la loro
natura propria. Non ci può essere l'una senza
l'altra (“il demone presiede ai nostri
movimenti interni e la fortuna fa sì che
giungano a compimento, nei loro tempi, le
conseguenze
di
questi
movimenti”,
Proclo(4)) e, insieme, l'una si trasforma
nell'altra
non
appena
dall'emisfero
illuminato si passa a quello notturno.
In questa metamorfosi perpetua consiste il
motivo stesso, e la necessità, dell'inversione
di calcolo. Tychê e Daimôn richiamano
sempre
il
ciclo
della
lunazione,
ma ancorandolo in modo dinamico a un
orizzonte e a un tempo dato. Perciò sono esse
56
57
stesse "quasi" come oroscopo, cioè soglia,
limite specifico, meta (telos) cui Sole, Luna e
pianeti ascendono. Attribuir loro, nell’arco
diurno-notturno, le qualità di progressivo
incremento/decremento del caldo, del
freddo, del secco e dell'umido è un
raddoppiare la caratterizzazione che già
spetta durante il mese (e solo conviene) alle
diverse fasi della Luna, così bene indagate
dagli antichi. Esprimono, sì, il ciclo sinodico,
ma "tradotto" nella lingua del moto orario,
che è il loro unico ambito di esistenza e che è
poi quello che invera (rende vivo, attuale e
palpitante) ogni possibile(5). Ora, si dice che
le due sorti racchiudano il "segreto" dei
luminari ancor più della posizione nei segni e
nelle Case di questi ultimi. Forse perché si
intende che l'essenza vivente, il senso finale
di entrambi risiede nel rapporto generativo.
La
Luna
ha
la
sua
verità
più
intima nell'unione (diversificata
in
ogni
istante e per ogni orizzonte) con il Sole, e
viceversa. E questo abbraccio celeste genera
tutti i mondi. Perciò le altre cinque sorti
ermetiche (e per Anankê ed Erôs intendo
quelle del Panaretos) possono esistere e si
57
58
"compongono", sempre, sulla base di questo
medesimo rapporto.
Il luminare del giorno, o per meglio dire la
sua fiamma intima, ardente e pura (Daimôn),
riesce meglio a penetrare le attitudini
segrete, i proponimenti, i misteri, quel che
ancora è invisibile, ciò che l'individuo è
realmente e sarà; il luminare della notte,
ovvero, anche qui, la sua essenza, per
antonomasia generativa (Tychê), ci fa
soprattutto vedere lo sbocciare concreto, il
maturare e il corrompersi del corpo e della
salute, le sue vicende, le sue alterne fortune.
Tolemeo decise di nominare una sola delle
due parti, quella lunare. Ecco perché
raccomandò di computarla sempre allo
stesso modo. La "sua" Tychê, di notte, altro
non è che il Genio notturno. E in effetti
un’unica formula (AM Luna - AM Sole + AO
Hor), ma in tempi diversi, dà sempre come
risultato la sorte tra le due più efficace.
Parte di Fortuna nel giorno e Daimôn nella
58
59
notte sono in grado di fornire indicazioni non
solo relativamente al loro specifico dominio
(il corpo, lo spirito), ma su tutto, risultando,
luna e l’altra, "composte" esattamente degli
stessi fattori e nell’identica sequenza.
Paradossalmente, l'unicum psico-fisico può
esser visto "meglio", in maniera più distinta,
nel giorno dalla sorte del luminare della
notte, nella notte dalla sorte del luminare del
giorno(6). In questo secondo caso si avranno
indicazioni sull'evolversi futuro anche del
"corpo", del "fisico". Solo che tutto ciò sarà
"sentito", "vissuto" in modo e per un tramite
più "soggettivo", quasi come profezia,
illuminazione, e riveleranno di certo, gli
avvenimenti "esteriori", una relazione più
chiara con quelli interiori. Due fiammelle
virtuali parimenti dotate di caratteristiche
afetiche e concorrenti a splendere in un
unico fuoco sono le sorti dei luminari.
Come infine sia "naturale" che il calcolo
s'inverta quando si passa, drammaticamente,
dal regno della luce a quello delle tenebre, lo
mostra, per analogia, l'hairesis degli astri
59
60
della fazione lunare – il cui "capo" è
luminare-signore dell’emisfero notturno –,
che nella notte è rispettata solo se essi si
trovano in quello... diurno; mentre gli astri
del partito solare risultano meglio posti non
sopra ma sotto l’orizzonte, secondo un
rovesciamento di prospettiva e una regola di
compensazione essenziale-inevitabile. Per
induzione logica, che Tolemeo intendesse
proprio quel che sostengo io a mio parere lo
si evince considerando che: 1) egli è l'unico a
dire che il calcolo non cambia e, insieme, a
parlare di una sola delle due (e
numerosissime altre) sorti; 2) nello stesso
tempo non può non conoscere la costruzione
antica, venerabile e da tutti i Maestri
accettata (quanto meno) delle sette sorti
planetarie (le ultime cinque a immagine e
somiglianza delle prime due) e come, di
ognuna di esse, l'unico possibile calcolo sia
considerato quello che inverte i fattori
quando dal giorno si passa alla notte.
Se si concorda su queste premesse, è naturale
concludere ch'egli intenda, con la "sua"
60
61
Tychê notturna (uguale a quella diurna),
esattamente il Daimôn notturno (opposto a
quello diurno) di tutti gli altri astrologi.
Tolemeo decise di citare e di includere, nella
sua sintesi-metodo, solo e unicamente, fra
tutte le sorti, quella della Luna (che, essendo
speculare e complementare a Daimôn, risulta
così,
proprio
in
quanto
unica,
"rappresentante" sempre di un binomio), ma
proprio perciò, a mio giudizio, è
altissimamente improbabile che la sua Tychê
notturna non indichi il Genio notturno degli
altri Maestri.
D'altronde, poiché non esiste Tychê senza
Daimôn (allo stesso modo in cui non vi è la
Luna senza il Sole o il corpo di un vivente
senza il suo animo), se la prima, e di
conseguenza Daimôn, nella notte non
mutasse, lo stesso dovrebbero fare, sempre e
necessariamente, le altre cinque e tutte
quelle nel cui computo Tychê e/o Daimôn
intervengono(7).
Nessuno
ha
mai
testimoniato in questo senso.
61
62
NOTE
(1) "E’ stato osservato che i vari aforismi che trattano
delle interrogazioni ed elezioni o laddove appaiono
i loci, tòpoi, della genitura, o i decani, sono estranei
al quadripartitum tolemaico. Vi è da notare che questo
fatto non è parso, ai lettori del Medioevo, una
contraddizione.
Pietro
d’Abano,
nel Lucidator
dubitalium astronomiæ (Vescovini 117), osserva che se
Tolemeo, nel quadripartitum, non ha trattato delle
interrogazioni ed elezioni, è perché le ha considerate
deboli, non già che le ha condannate o rifiutate. E questa
è la medesima opinione di Ibn Ridwân nel suo
commento. D’altra parte, non di tutti gli astrologi greci di
cui conosciamo i nomi e le opere possiamo dire che
abbiano scritto di elezioni od interrogazioni. È questo il
caso di Vettio Valente, Retorio, Trasillo, eccetera. E non
per questo possiamo dire che Valente, Retorio, Trasillo
condannassero o rifiutassero questo ramo della
previsione. Conviene qui ricordare un’osservazione di
Germaine Aujac, ovvero che in Tolemeo il non detto non
ha minor significato di ciò che è detto." (Giuseppe Bezza,
"A proposito del Centiloquium pseudo tolemaico",
"Phôs",
n.
7,
dicembre
2003,
p.
2, http://www.cieloeterra.it/phos/phos07x.pdf)
(2) Così, in ogni tema astrologico, quando si verifica la
Luna Piena e la Luna Nuova, Tychê e Daimon si trovano
congiunte (sono, anche visibilmente, quell'unicum) – nel
primo caso all'angolo occidentale, nel secondo
62
63
all'oroscopo. Un fenomeno analogo si registra in
relazione al moto diurno. Scrivevo ne "La dea bendata"
(nota n. 28) a proposito del sorgere solare: "L’unione del
Sole con l’oroscopo, che ha come contraltare quella della
Luna con Daimôn/Tychê, è una congiunzione-limite:
quando il Sole varca la soglia orientale, id est quando
Daimôn si congiunge nel mondo con la Luna divenendo
Tychê, termina la notte e si fa giorno. Ovviamente, nella
formula, ci si riferisce al giorno come arco temporale che
non tien conto della rifrazione". Delle due "soglie
teoriche", l'orizzonte orientale rappresenta, insieme, il
termine della notte e l'inizio del giorno, l’orizzonte
occidentale il concludersi del giorno e, insieme,
l'avvicendarsi della notte. Dunque, come illustrazione
della formula (semplice schema teorico esplicativo), si
può anche dire che nell'istante in cui l’AOCH del Sole si
identifica con l’AO dell'oroscopo la sorte (notturna) di
Daimôn diviene quella (diurna) di Tychê, ed è in quel
preciso momento che dalla notte si passa al giorno. Tychê
e Daimôn (al contrario di Erôs e Anankê del Panaretos,
così come di ogni altra coppia di sorti non immaginarie),
in realtà, come ho detto, sono le due facce della
medesima unità. "Privilegio" che può spettare a loro
soltanto, poiché esprimono, nell’ambito del moto delle
ore, la relazione che lega indissolubilmente la Madre e il
Padre celesti. D'altra parte, se si rifiutasse (per Daimôn
nella notte) "a Sole cong. a HOR corrisponde Luna cong.
a Daimôn", altrettanto si dovrebbe fare (per Tychê nel
giorno) con "a Luna cong. a Tychê corrisponde Sole cong.
a HOR", perché anche in questo caso si dovrebbe dire che
l’unione della Luna con Tychê avviene prima che il Sole
oltrepassi la fatidica soglia dell'oroscopo. Ma così
sarebbero invalidate tout court sia Tychê, sia Daimôn. In
63
64
realtà, le due proposizioni esprimono, in modo efficace,
questa situazione paradossale e unica: proprio quando (e
solo quando) finisce la notte (e dunque inizia il giorno) la
Luna risulta congiunta alla sorte del Sole, che però, in
quel preciso istante, può essere denominata (diviene)
sorte della Luna stessa. Appunto: Tychê e Daimôn
rinviano ad un unicum.
Perché il risultato sia conforme allo svolgimento delle
formule, occorre attribuire valore zero all'altezza del Sole
sull'orizzonte.
Esempio (con, appunto, altezza del Sole sull'orizzonte =
0):
9 febbraio 2007, Milano (lat. geoc. 45°16', long.
9°12'), 6h39m9s:
Sole, 20°7' Acquario, 337,97 AOCH
Hor, 20°7' Acquario, 337,969 AO
Luna, 7°39' Scorpione, 204,74 DOCH
64
65
Tychê, 8°28' Cancro, 111,2005 AM
Daimôn, 3°10' Scorpione, 204,7370 AM
9 febbraio 2007, Milano, (lat. Geoc. 45°16', long.
9°12'), 6h39m10s:
Sole, 20°7' Acquario, 337,97 AOCH
Hor, 20°08' Acquario, 337,973 AO
Luna, 7°39' Scorpione, 204,74 DOCH
Tychê, 3°10' Scorpione, 204,7410 AM
Daimôn, 8°28' Cancro, 111,2048 AM
Come si vede, al sorgere del Sole, i gradi equatoriali della
Luna e di Tychê arrivano a coincidere. Quella che, fino a
un secondo prima era la sorte del Genio, passa il
testimone a, diviene, la sorte di Fortuna (e viceversa).
65
66
L'osservazione dei fenomeni luminosi che presenta la
volta celeste è senza dubbio imprescindibile. E' stata fin
dai primordi, e dev'essere ancora, il fondamento
dell’arte. Ma si tratta solo della base di partenza. Tutta
l'elaborazione astronomica e il conseguente apparato
interpretativo astrologico rappresentano il superamento
del puro dato fenomenico, una sua rielaborazione
astratta, una conquista intellettuale insieme matematica
e filosofica, al di là delle apparenze. Non a caso, infatti,
l'importantissimo fenomeno della rifrazione (sempre
riscontrabile durante il giorno, quasi come perenne "Velo
di Maya") era già conosciuto e studiato dagli antichi.
Tolemeo, per esempio, ne tratta diffusamente nella sua
opera sull'ottica e nello stesso Almagesto. Il Sole che
vediamo sopra l'orizzonte prima che sia effettivamente
sorto ha la stessa consistenza delle isole montagnose che
possono comparire di fronte alle navi, facendo
incautamente gridare "terra, terra!", per effetto del
miraggio cui è stato dato il nome di "Fata Morgana" (in
entrambi i crepuscoli, quando la luce del Sole deve
attraversare uno strato d'aria più spesso, la rifrazione
atmosferica comporta all'orizzonte due effetti illusori: il
disco solare sembra più grande e leggermente schiacciato
e, insieme, risulta visibile già poco tempo prima che
sorga e ancora poco dopo che tramonti, fenomeno che
rientra nei ‘miraggi superiori’ - cfr. A. Frova, Luce colore
visione, Rizzoli, Milano 2000, pp. 243-244). L'adozione
conseguente del criterio basato solo sulle apparenze
luminose immediate, perfino illusorie, condurrebbe a
risultati grotteschi, ad aporie micidiali. Qualche esempio.
Poiché Mercurio non è visibile se non ai crepuscoli, assai
basso sull'orizzonte, in quei pochi giorni dell'anno in cui
non sta acquattato dietro al Sole, dovremmo quasi
66
67
sempre
dichiararlo
"inesistente"
ai
fini
dell'interpretazione astrologica, né più né meno di
quanto già facciamo, sempre, per Urano, Nettuno,
Plutone e gli asteroidi o le stelle fisse invisibili a un
determinato orizzonte. Ancora. Venere, il pianeta più
sfavillante, si può contemplare al massimo per due o tre
ore prima del sorgere o dopo il tramonto del Sole. Negli
altri momenti della giornata non se ne potrebbe tener
conto. Anzi, di tutti gli altri astri in generale non si
potrebbe tener conto di giorno, eccetto che del luminare
diurno. Il quale, a sua volta, non ci "direbbe" nulla di
notte. E l'oroscopo, in qualunque tema l'elemento
fondamentale e più specifico, e, allo stesso modo, tutti gli
altri fattori legati alla domificazione o comunque fittizi
(cuspidi, sorti, nodi… gli stessi segni immateriali!),
essendo invisibili, non avrebbero nessuna rilevanza –
ricordo un'osservazione di Cavedon per niente malevola e
del tutto comprensibile sulla sua bocca: "Un altro dubbio
mi viene quando penso che l'ascendente è l'intersezione
di un cerchio osservabile materialmente (quello
dell'orizzonte) con un cerchio astratto (quello
dell'eclittica); potrei magari accettare che qualche astro
emani radiazioni capaci di influenzare la mia vita, ma
non mi sembra molto verosimile che la mia salute o i
miei sentimenti vengano influenzati da qualcosa che non
esiste." (M. Cavedon, L'ABC dell'astronomia, Mondadori,
Milano 1999, p. 92) In realtà, l'astrologo osserva e
registra con ammirazione sconfinata, con venerazione, il
tripudio di luci che gli offre il cielo, ma poi chiude gli
occhi,
pensa,
cataloga,
seleziona,
distingue,
deduce, calcola e prevede i cicli luminosi degli astri,
nomina, crea.
67
68
(3)
Cfr. http://www.cieloeterra.it/testi.albumasar.02/album
asar.html. E' sempre bene tener presente in che
considerazione avessero tutti quanti gli autori classici il
divino Tolemeo (considerato "principe degli astrologi") e
come la sua opera fosse, per secoli e secoli, intimamente
studiata, conosciuta e commentata fin nei minimi
particolari.
(4) 291.20, ed. Diels. "Comme en effet le daimôn préside
sur nos mouvements du dedans et que la fortune fait
s'accomplir en leur temps les conséquences de ces
mouvements (...) On dit que le daimôn est quelque chose
qui appartient en propre à chaque individu, et que la
fortune est le pilote qui gouverne la vie de chacun. Que le
daimôn d'une part soit l'un de ceux qui chez le
théologiens sont appelés démons angéliques je l'ai dit
plus haut. C'est pourquoi le prophète l'a fait présider sur
les âmes, ce prophète dont nous avons montré qu'il est
un ange. Quant à cette fortune-ci, il n'est pas exact de la
dire une déesse, puisqu'elle correspond au daimôn, mais
de toute façon on doit dire qu'elle est démonique, et
qu'elle se distingue du daimôn dans la mesure où l'un a
tutelle sur les mouvements du dedans, l'autre sur ceux
qui se portent vers le dehors. (...) Ce daimôn-là en
revanche, que nous nommons notre daimôn particulier,
et la fortune président tous deux à des types d'existence
humains qui sont tantôt bien partagés tantôt le contraire,
à des formes générales de vie tantôt meilleures, tantôt
pires, et c'est en vertu de notre choix de vie qu'ils
gouvernent tout ce qui appartient à ces vies. Sauf que le
68
69
daimôn, en tant qu'ayant sous sa tutelle un type
d'existence dont il est le surveillant, dirige l'individu qui a
choisi ce type-là, par exemple une vie tyrannique ou
royale, tandis que la fortune, présidant sur les
circostances attribuées par le Tou, en tant qu'elle a
affinité avec l'ordre universel qui fixe ces circostances-là
pour le vies, est tantôt l'une, tantôt l'autre pour un même
individu: quant à la multiplicité des sortes de fortune et à
leurs différences, elle ne dépend pas des caractères de la
vie choisie, mais des ascensons dans le Tout. Si, au lieu
du Tou, tu veux qu'on t'indique une cause particulière,
disons que ce qui détermine le daimôn c'est le soleil, ce
qui détermine la fortune c'est la lune. C'est pourquoi les
sorts du daimôn et de fortune se laissent découvrir dans
nos génitures à partir de ces dieux, comme le savent
clairement ceux qui sont versés dans l'astrologie."
(Proclus, Commentaire sur la République, trad.
Festugière, III, Paris 1970, pgg. 249, 256, 257)
(5) Mentre il Sole e la Luna sono corpi astronomici, le
sorti rappresentano circoli della sfera locale che si
producono e scompaiono ad ogni istante e orizzonte. Il
ciclo solilunare è reale, visibile, mensile e indifferente
alle latitudini terrestri; Tychê è invece un'entità virtuale,
invisibile, legata all'attimo delle 24 ore e riferita, sempre
e solo, a un determinanto luogo. E così pure Daimôn e
tutte le altre sorti.
(6) Il paradosso primo è che la sorte lunare ci parli delle
vicende manifeste (alla luce del Sole), la sorte solare di
69
70
quelle intime e segrete (alla luce della Luna).
(7) L’adozione del calcolo invariato nel giorno e nella
notte di Tychê e di Daimôn – che ha come sua base la
presunta esistenza di un Daimôn "tolemaico" –
comporterebbe, nella notte, rispetto ai cataloghi
tradizionali ribaditi con lievissime modifiche nel corso
dei secoli, la discrasia-vanificazione delle seguenti 18
sorti:
di Saturno
di Giove
di Marte
di Venere (Erôs del Panaretos)
di Erôs (ermetica)
di Mercurio (Anankê del Panaretos)
70
71
di Anankê (ermetica)
del fondamento (I Casa)
di chi viene promosso (X Casa)
del comprare e del vendere (X Casa)
della potenza (11° Casa)
dell’amicizia e inimicizia (11° Casa)
della notorietà (11° Casa)
del successo (11° Casa)
dei desideri (11° Casa)
del trionfo
71
72
degli uomini obesi e macilenti
dell’astuzia, inganno e frode
Fra di esse vi sono quelle planetarie, da tutti gli autori
ritenute seconde, quanto ad importanza, solo alla sorte di
Fortuna e alla sorte del Genio.
POST SCRIPTUM
Da: Marco Fumagalli
Data: Fri, 08 Dec 2006 01:18:55 +0100
A: Joe Fallisi, (…)
Oggetto: Noi ce ne saremmo accorti?
Andate sul sito
72
73
http://www.astrology-and-science.com/ alla voce
Murder
Che dite, ci guardiamo la figura di John Gacy, un
serial killer che hanno presentato in forma
anonima a cinque astrologi, i quali hanno
confermato che di lui c’era da fidarsi?
(…)
Marco
Da: giuseppe bezza
Data: Fri, 8 Dec 2006 09:12:53 +0100
A: Marco Fumagalli
Cc: Joe Fallisi, (…)
Oggetto: Re: Noi ce ne saremmo accorti?
Quando si vede una nascita al novilunio, con
Tyche e Daîmon all'oroscopo e Marte (unito a
tolma, e signore dell'applicazione della Luna)
che li osserva dall'angolo del tramonto, non si
può dire nulla di buono sulla fiducia.
Proporremo la figura al prossimo incontro
dell'Umanitaria, alla cieca.
(…)
Giuseppe
73
74
Da: Joe
Data: Fri, 08 Dec 2006 14:17:06 +0100
A: giuseppe bezza, Marco Fumagalli
Cc: (…)
Oggetto: Re: Noi ce ne saremmo accorti?
Ma, scusate, com'è possibile, persino per degli
astrologi moderni, dire le castronerie serafiche e
così americanamente ottimiste (good, lucky guy)
riportate nell’articolo (http://www.astrologyand-science.com/) relativo al serial killer John
Gacy (nato il 17 marzo 1942 a Chicago – 41°52’N,
87°39’W – alle ore 05:49 GMT)? Il piccolo
malefico, M° della 5° e della 12°, congiunto a
Sirio e a Bellatrix, è sulla punta della VII Casa
(“crea cattive unioni, fa soffrir di fremiti”, Arcana
Mundi, I, p. 265, “crea cattive nozze o nozze con
servi”, ibid. – tanto più che il M° della VII è
“irradiato da astri malefici”, ibid.: Mercurio,
signore dell’animo razionale, congiunto alla sua
propria sorte, Ananke – che quindi ne condivide
gli aspetti mondani(1) –, in esilio e in caduta e
nella triplicità di Marte, è in quadrato applicante
a Marte, che a sua volta si trova nel domicilio,
nella triplicità e nei confini di Mercurio); ed è
quadrato non solo da Mercurio nello zodiaco, ma
74
75
anche, in mundo, dai due luminari, entrambi in
IV Casa(2), nella triplicità di Marte e nei confini
di Saturno (“Se Mercurio impone la decima a
Marte, fa i duri e i violenti, i malfattori, i rapaci,
gli insidiatori [!!!!!!!], i traditori, i calunniatori,
che spogliano coloro in cui si imbattono [!!!!!!]”,
ibid. p. 374; “Se il Sole impone la decima a Marte
è funesto sia al padre, sia al nativo: porta infatti
numerosi rovesci e priva delle proprietà. E a
coloro cui arreca l’alienazione della mente, a
costoro indebolisce anche la vista.”, ibid. p. 368;
quanto allo sguardo quadrato della Luna, signore
dell’animo irrazionale, verso Marte, Arcana
Mundi non riporta interpretazioni, ma è facile
immaginarsele). Il grande malefico, poi, situato
nei propri confini, oltre a trovarsi nel sesto luogo,
il che pure non è affatto entusiasmante (“in una
natività notturna produce il venir meno del
patrimono paterno e dà pericoli e insidie da parte
dei servi. Alcuni hanno infermità.”, ibid., p. 262),
è anch’esso quadrato come Marte da Mercurio, e
non solo nello zodiaco, pure nel mondo (“figura
assai ostile, recide i propositi, arreca difficoltà
nelle azioni e chi nasce è sottoposto ad altri.
Indica inoltre i maldicenti (...)”, ibid., p. 336 – la
sovreminenza di Mercurio toglie a detta figura
solo
un
po’
di
“malizia”,
ibid.).
75
76
Il signore dell’animo irrazionale e quello
dell’animo razionale, il primo in Casa cardinale
(IV), il secondo in Casa declinante (3°), entrambi
in Pesci – e dunque Mercurio nel proprio esilio e
nella propria caduta –, condividono lo stesso
domicilio (M° Giove), la stessa esaltazione (M°
Venere) e la stessa triplicità (retta da
Marte/Venere); quanto ai loro confini, quelli
della Luna sono sotto la signoria di Saturno,
quelli di Mercurio governati da Venere. Per ciò
che concerne le figure, la Luna, che si separa
dalla congiunzione col Sole e si applica, crescente
di luce e discendente per latitudine, all’esagono
con Marte(3), non ha aspetto ed è in renuntio con
Mercurio, è congiunta nello zodiaco e nel mondo
e parallela per declinazione al Sole, sestile nello
zodiaco e quadrata nel mondo con Marte,
quadrata nel mondo con Giove, sestile nello
zodiaco e nel mondo con Saturno, quadrata nel
mondo con l’oroscopo e con Daîmon; Mercurio,
orientale al Sole, veloce e visibile, è in parallelo di
declinazione e in receptio-remuneratio con
Venere, quadrato nello zodiaco e in receptioremuneratio con Marte, trigono nel mondo e in
receptio mutua, largitio e remuneratio con
Giove, quadrato nello zodiaco e nel mondo con
Saturno. Entrambi i significatori dell’animo (tra i
quali prevale la Luna, in quanto angolare,
76
77
crescente e signore del giorno) e il loro comune
dominatore (in esilio e occidentale, veloce e
visibile e connesso col Sole – il luminare diurno
si trova nel domicilio di Giove e con Giove è in
quadrato nello zodiaco e nel mondo) sono in
segni
bicorporei.
Parte di Fortuna e Parte del Genio, infine, l’una
in Sagittario in 12° (ma da considerarsi, per
distanza oraria, in I), l’altra sempre in Sagittario
in I Casa, sono entrambe rette da Giove e opposte
a Marte – e quadrate dal Sole (Daîmon anche
dalla Luna e opposto a Giove e a Tolma).
Il grande benefico, che è in VII, governando la I e
la IV Casa, e si spartisce, in posizione nettamente
primaria, la signoria dell’Almuten e del
temperamento con Marte, è in parallelo di
declinazione e congiunto, sì, a quest’ultimo (e
tuttavia anche ad Algol); ma né quest’aspetto, né
il trigono con Venere (e, nel mondo, quello con
Mercurio) possono contrastare efficacemente le
indicazioni sfavorevoli(4). Concedono una certa
autorità e gagliardia, fanno l’uomo d’azione,
perspicace, attivo, energico, con appoggi e
protezioni, di “buon nome”, di bel viso e di bella
apparenza... Ma dietro la quale può celarsi,
appunto,
John
Gacy.
77
78
NOTE
(1)
Quadrato
con
Saturno,
trigono
con
Giove.
(2) “I genitori muoiono di cattiva morte o divengon ciechi o
precipitano", ibid., pp. 254-255 – possibilità, aggiungo io, a
maggior ragione probabile essendo la Luna, signore del
giorno e contro-hairesis, M° dell’8° in IV Casa.
(3) “La Luna che si separa dal Sole porta bruciature al corpo
e quanto accade per il fuoco. (…) Se i due luminari fossero
afflitti dalla testimonianza di Marte e di Saturno fanno i
furiosi e i folli [nel tema in questione sia il Sole sia Luna
hanno rapporti con entrambi i malefici: la Luna è sestile,
nello zodiaco e nel mondo, con Saturno e sestile nello
zodiaco e quadrata nel mondo con Marte; il Sole è anch’esso
sestile nello zodiaco con Saturno e sestile nello zodiaco e
quadrato nel mondo con Marte]. (…) Quando la Luna, dopo
l’unione al Sole (…) s’incontra con un malefico, è dannosa.”
(Ibid.,
pp.
398-399,
402)
(4) Per quanto riguarda l’animo di John Gacy è importante
considerare, a mio parere, come dei due significatori quello
che prevale sia la Luna. Le due parti dell’animo, pur se
accomunate da Giove, che le domina entrambe, procedono
in realtà separate e senza poter/voler (renuntio) comunicare
tra loro; e se quella razionale sembra funzionar “meglio” in
virtù dell’ottima relazione che la lega a Giove e pure a
Venere (ci si può figurare un eloquio brillante e seduttore) –
anche se con modalità e finalità malefiche (quadrato nei
78
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confronti di Marte e di Saturno) –, quella irrazionale, dove
germinano le azioni insane, è viceversa in relazione
disarmonica con Giove, e così pure con l’oroscopo e la pars
celati (opposta, quest’ultima, a Giove stesso, cioè al suo
signore, e a Tolma).
Da: Joe
Data: Sat, 09 Dec 2006 11:54:12 +0100
A: Marco Fumagalli
Cc: (…)
Oggetto: ENNESIMA
Caro Marco, (…) non voglio suscitare/affrontare
polemiche anche nel giorno del mio compleanno:
ma il tema del serial killer americano è
un'ENNESIMA conferma di come il calcolo
invertito nella notte delle sorti (nonché il
considerare Ananke quale vera sorte di Mercurio)
sia l'unico giusto. Si ripetono con la genitura di
costui le medesime osservazioni inevitabili
presentatesi all'Umanitaria con quelle dei due
assassini nostrani, Erika De Nardo e Donato
Bilancia. Non volerlo riconoscere è possibile,
naturalmente, ma poco limpido (uso un
eufemismo) dal punto di vista intellettuale.
Buon week end.
Joe
79
80
Da: Joe
Data: Sat, 09 Dec 2006 12:07:25 +0100
A: Marco Fumagalli
Cc: (…)
Oggetto: ENNESIMA (P. S.)
P. S.: tra l'altro, lo ribadisco, l'idea che la non
inversione sia in maniera dogmatica da difendere
perché corrisponderebbe all'ipse dixit di Tolemeo
è, a mio parere, completamente sballata, dal
momento che il Maestro alessandrino non tratta
né di Daîmon né di alcun altra delle sorti (e
figuriamoci se non ne conosceva l'immenso - già
allora - e venerabile edificio). Su un presupposto
che non esiste si vuol costruire un palazzo di
nebbie - falsando e distruggendo quello vero.
Non mi sembra la cosa più intelligente.
Joe
Da: Joe
Data: Sat, 09 Dec 2006 12:49:17 +0100
A: Marco Fumagalli
Cc: (…)
Oggetto: Re: R:ENNESIMA
80
81
Scusa Joe, continuo a non aver visto la figura, ma
mi sembra di aver capito che Sole e Luna sono
uniti e quindi entrambe le sorti cadono
all’oroscopo, una sarà leggermente sopra e l’altra
sotto, ma entrambe sono opposte a Marte. Non è
così? Se è così non mi sembra l’esempio migliore
per affermare la validità dell’inversione o della
non inversione.
Auguri.
Marco
=======
Caro Marco, vedi, PERSINO in questo caso,
invece - sempre a mio immodestissimo parere -,
si può comprendere la necessità dell'inversione
del calcolo. Concentriamoci sulla pars celati, la
sorte delle intenzioni recondite, dei segreti e dei
recessi dell'animo (la cui analisi, ammetterai, non
può non essere di grande importanza nella
genitura di un omicida che lungamente
premedita e ripete i suoi crimini, cercando di non
farsi prendere e per molto tempo riuscendoci).
Io, come Albumasar, la vedo drasticamente
quadrata a entrambi i luminari (che ne sono la
comune matrice) e opposta brutalmente non solo
81
82
a Marte e alla sorte di quest'ultimo, ma anche a
Giove, che è il suo proprio signore (trovandosi
Daîmon in Sagittario) e che domina entrambi i
significatori dell'animo, oltre poi ad essere, senza
possibiltà di equivoci, l'astro più importante (per
quel che concerne sia l'Almuten, sia il
temperamento). Rosalba [Signorello] nota tale
sorte, invece, amabilmente connessa per sestile a
Venere e per parallelo a Giove (a entrambi i
benefici!), quadrata unicamente al luminare
diurno e opposta solo a Marte e a Tolma.
Traine le conclusioni. Io l'ho fatto.
Ciao e grazie per gli auguri.
Joe
Da: Joe
Data: Sat, 09 Dec 2006 17:19:58 +0100
A: Marco Fumagalli, (…)
Cc: (…)
Oggetto: Re: R: Quale ora applicare?
Allora, qui le questioni sono due.
Se vogliamo lavorare sulla figura che hanno visto
i cinque astrologi in questione, per vedere se noi
avremmo fatto meglio di loro, allora
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83
probabilmente l’ora è 5:49 TU. Ma non ne siamo
certissimi, perché il sito dice che alcuni ospedali
dell’Illinois non tenevano conto dell’ora di
guerra, e quindi potrebe anche essere 6:49 TU.
Non sappiamo quale delle due è stata data agli
astrologi ma c’è da supporre che sia la prima.
Se vogliamo invece cercare l’ora vera dobbiamo
usare le direzioni. La morte avviene il 10.5.1994
per iniezione letale. Allora abbiamo
* 5:49:00 nessuna direzione; porta della Luna
all’HOR.
* 6:15:49 Saturno al Sole; Antares dh 5,90 in I;
porta della Luna al MC.
* 6:22:12 Saturno alla Luna, Antares dh 5,98 in I;
porta della Luna al MC.
* 6:29:10 Saturno al Fondo del Cielo; Antares dh
5,87 in XII; nessuna porta (immagino che questa
sia la correzione che ha fatto Rosalba, è cosi?).
* 6:35:39 Sole al parallelo di Saturno; nessuna
porta.
* 6:42:15 Luna al parallelo di Saturno; nessuna
porta.
* 6:42:45 Marte al Sole; nessuna porta,
* 6:49:15 Marte alla Luna; nessuna porta.
83
84
Avrete già capito che a me piace 6:22:12, quando
sorge Antares e Saturno
arriva alla Luna.
Marco
=======
Come ho già detto, proprio in conseguenza del
"confronto" da te proposto, altro non si può fare
(sempre, beninteso, che si sia in qualche modo
interessati a tale dibattito) che lavorare sul tema
di nascita (per le 5h49m) più universalmente
preso in considerazione dagli astrologi americani
sotto l'occhio del mirino. Sulla base di quella
figura, secondo il mio giudizio, li si può
AMPIAMENTE
smentire.
Dunque
le
conseguenze derisorie che i critici dell’astrologia
hanno tratto dalla vicenda non riguardano l'artescienza delle stelle, ma qualcos'altro.
Joe
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