Progetto allestitivo Mario Botta firma la mostra “Mantegna e Padova

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Progetto allestitivo Mario Botta firma la mostra “Mantegna e Padova
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Progetto allestitivo
Mario Botta firma la mostra “Mantegna e Padova 1445-1460”
È l’architetto ticinese Mario Botta a firmare l’allestimento della mostra che Padova dedica ad Andrea
Mantegna, cimentandosi per la prima volta – lui che ha creato alcuni dei più bei musei degli ultimi anni
– in un’esposizione temporanea.
Uno dei più importanti nomi dell’architettura internazionale è stato dunque chiamato ad annodare, attraverso tante e preziose opere d’arte, i fili dell’affascinante racconto che vede Mantegna e Padova protagonisti assoluti del rinnovamento del linguaggio figurativo nell’Italia del Nord.
Un grande architetto, dunque, per esporre un’artista capace di creare un’osmosi tra pittura e architettura, forse mai più superata nella pur vasta e ricchissima storia dell’arte italiana.
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“Mantegna è maestro delle architetture dipinte” sottolinea Botta, che proprio partendo da questa considerazione – dall’importanza della costruzione del contesto nelle opere dell’artista rinascimentale e dalla
“profondità del messaggio proposto dal Mantegna” – si è imposto, nell’allestimento dell’evento padovano, “prudenza, misura, essenzialità” .
“Ma una mostra è pur sempre un racconto – ci ricorda - che esige un percorso dentro uno spazio, capace
di testimoniare anche della sensibilità del nostro tempo, deve offrire un nuovo modo per avvicinarci a
queste pitture che da cinquecento anni offrono continue emozioni”.
I differenti materiali esposti – pale, dipinti, disegni, sculture modellini, frammenti ecc. – richiedono un
registro espositivo ed un linguaggio appropriati, affinché si attui un rapporto interpretativo far l’opera e
l’osservatore tale da permettere una fruizione appropriata, e proprio a tal fine Botta disegna opportune
soluzioni per ciascun manufatto, utilizzando invece, come elemento di continuità, un tappeto nero per il
pavimento - capace di uniformare il percorso delle sale espositive - e nuove pareti, a ridosso dei muri
perimetrali, che disegnano un tracciato zigzagato continuo.
Dentro lo spessore di queste nuove pareti di supporto, le opere – salvo suggestioni particolari su singoli
prestiti - sono poste in modo tale che la superficie dei vetri di protezione mantenga il filo esterno delle
pareti, configurando così un nuovo sistema di piani verticali lisci con “finestre” entro le quali trovano
posto i documenti esposti.
Ad ogni variare d’angolo delle pareti segmentate, cambia anche il tono monocromo (dal grigio chiaro al
grigio scuro) dello stucco lucido delle superfici, nell’intento di offrire differenti piani di lettura capaci di
evidenziare per contrasto anche le più sottili differenze cromatiche dei dipinti.
Le opere, necessariamente decontestualizzate rispetto alla loro condizione originaria, offrono così nell’allestimento punti di vista e posizionamenti inediti, nel tentativo di creare nuovi sguardi e nuovi approcci
emotivi.
La contemporaneità dialoga con l’antico: in nome dell’eternità dell’opera d’arte.