Due articoli e una proposta: i volti della sanità che cambia Due
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Due articoli e una proposta: i volti della sanità che cambia Due
anno numero 6 giugno 2013 TORINO MEDICA comunicazione informazione formazione LA RIVISTA DELL’ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI TORINO La Rete Regionale di Dietetica e Nutrizione clinica per la Nutrizione Artificiale, la donazione di rene da vivente, un confronto sui Punti Nascita in Piemonte. Due articoli e una proposta: i volti della sanità che cambia Sommario La Rivista è inviata a tutti gli iscritti all’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Torino e provincia e a tutti i Consiglieri degli Ordini d’Italia. 4 numero 6 giugno 2013 anno XXIV numero 6 giugno 2013 torino medica comunicazione informazione formazione 8 la rivista dell’ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di torino la rete regionale di dietetica e nutrizione clinica per la nutrizione artificiale, la donazione di rene da vivente, un confronto sui punti nascita in piemonte. 10 12 15 Due articoli e una proposta: i volti della sanità che cambia Su questo numero presentiamo la Rete Regionale di Dietetica e Nutrizione clinica che permette la nutrizione artificiale dei malati che non possono più alimentarsi autonomamente, la campagna per la donazione di rene da vivente e una proposta di confronto per una riorganizzazione dei “Punti Nascita” fatta CON i cittadini, non soltanto PER i cittadini. Direzione, Redazione, Corso Francia 8 - 10143 Torino Tel. 011 58151.11 r.a. Fax 011 505323 [email protected] www.omceo.to.it Presidente Amedeo Bianco Vice Presidente Guido GIUSTETTO Segretario Ivana GARIONE 16 18 23 24 Tesoriere Guido REGIS Consiglieri Domenico BERTERO Tiziana BORSATTI Emilio CHIODO Riccardo DELLAVALLE Ezio GHIGO Anna Rita LEONCAVALLO Elsa MARGARIA Aldo MOZZONE 28 prima pagina Editoriale Riorganizzazione o smantellamento del sistema sanitario nazionale? Mario Nejrotti C.S. 30 prima pagina Tribuna 38 FNOMCEO per la trasparenza e la legalità Nicola Ferraro Assicurazione obbligatoria per medici e odontoiatri Benvenute 40 Ringraziamento all’Ordine 44 46 Il dedalo Il miraggio di un rene NIcola Ferraro Nutrizione artificiale Maria Familiari Adriana Pazzaglia Sonia Zarlottin Lilia Gavassa Giuseppe Malfi e Marco Tinivella Chi fa cosa Risonanza magnetica integrale e neurostimolazione in atto: alle Molinette si può. C.S. Cure domiciliari di casa all’ASL TO2 C.S. Renato TURRA Roberto VENESIA Rosella ZERBI Patrizia BIANCUCCI (Od.) Gianluigi D’AGOSTINO (Od.) Bartolomeo GRIFFA (Od.) Commissione Odontoiatri Gianluigi D’AGOSTINO Presidente Patrizia BIANCUCCI Nella prima banca russa del latte umano si parla molto in torinese 52 53 60 Salute Violenza sul lavoro Teresa Emanuele Caterina Martini Paolo Mussano Anna Brunetti Disturbi alimentari... parliamone Massimo Labate Cultura Umano, troppo umano... Giacomo MIlillo Giuliano Bono Il bambino di cioccolato La ricerca in Provincia Il trattamento chirurgico dell’iperidrosi idiopatica localizzata Elena LISI Luca ERRICO Francesco ARDISSONE Le nostre radici Il professore in bicicletta Giuliano Maggi RUBRICHE In libreria I servizi dell’Ordine Comunicati CONGRESSI Claudio BRUCCO Bartolomeo GRIFFA Paolo ROSATO TORINO MEDICA Revisori dei Conti Riccardo FALCETTA Presidente Carlo FRANCO Angelica SALVADORI Vincenzo MACRI’ Supplente Direttore responsabile: Direttore: Amedeo Bianco Mario Nejrotti Caporedattore: Nicola Ferraro Aut. del Tribunale di Torino n. 793 del 12-01-1953 Pubblicità: SGI Srl Via Pomaro 3-10136 Torino 011 359908 / 3290702 Fax 011 3290679 e-mail: [email protected] - www.sgi.to.it Progetto e Realizzazione Grafica SGI Srl Stampa La Terra Promessa Onlus NOVARA Chiuso in redazione il 10 giugno 2013 GIUGNO 2013 3 prima pagina Editoriale a cura di Mario Nejrotti Riorganizzazione o smantellamento del sistema sanitario nazionale? Qualche cosa non va nella spending review che sta investendo con una cieca strategia basata sui “tagli lineari” la gestione della sanità pubblica. Non sembra esserci nessuna seria analisi, nessun tavolo di decantazione delle decisioni operative, che possa operare scelte e distinguo e che sia sorretto dall’esperienza e dalla cultura di professionisti inseriti appieno nel mondo del lavoro reale in Sanità. È sbagliato gestire la salute dei cittadini, difesa dalla nostra Costituzione, come fosse una merce, le strutture sanitarie e i loro operatori come fossero imprese da riorganizzare o tagliare, abbattendo le spese all’infinito. I criteri che debbono sottendere alla organizzazione e gestione della sanità pubblica debbono riferirsi anche ad altri parametri, che prevedono l’analisi dei bisogni reali della popolazione, la scelta delle priorità, dei livelli irrinunciabili e uniformi di assistenza e il mantenimento delle risorse necessarie per la gestione; senza prescindere da un coinvolgimento responsabile degli operatori. Questa linea suggerisce anche la Carta della Professionalità Medica, pubblicata già alcuni anni fa anche da Lancet. Questo documento è ricordato da Luigi Cavanna, Direttore Dipartimento Oncologia-Ematologia dell’Ospedale di Piacenza su OncoNews, in una sua breve e accorata analisi della revisione della spesa sanitaria che riguarda le UOC di Oncologia e che riportiamo nel box. 4 GIUGNO 2013 SANITÀ E GESTIONE La carta professionale medica e la revisione della spesa sanitaria Tagli lineari alla gestione della sanità pubblica In questi ultimi anni la sanità sembra essere diventata soltanto una questione economica: la qualità viene messa in forse dall’importanza assunta dalla quantità, il supporto umano nei riguardi del paziente, sempre più considerato un cliente, rischia di perdersi in modo irreversibile. Se la questione economica diventasse preponderante, la spinta a curare solo i malati con patologie che “rendono economicamente” e a creare un sistema sanitario in “attivo” potrebbe lasciare spazio a un futuro inquietante per tutti noi. Secondo il recente D.M. sugli standard ospedalieri, ogni UOC di Oncologia dovrebbe avere un bacino minimo di utenza di 300.000 abitanti, ogni UOC di Radioterapia un bacino minimo di 600.000 abitanti e così via. Questo comporterebbe verosimilmente una drastica riduzione della cura e della ricerca oncologica sul territorio nazionale. Ma i medici come possono fare? Ci può venire in soccorso la Carta della Professionalità Medica pubblicata alcuni anni fa contemporaneamente su Lancet. La carta è il frutto di anni di collaborazione alle seguenti Istituzioni: American College of Physicians, American Society of Internal Medicine American Board of Internal Medicine e European Federation of Internal Medicine ed è costituita da un razionale e breve preambolo, da 3 principi e da 10 raccomandazioni/impegni. I Principi: 1. Principio della centralità del benessere dei pazienti. 2. Principio dell’autonomia dei pazienti. 3. Principio della giustizia sociale. Le 10 raccomandazioni/impegni spaziano dalla competenza professionale alla corretta distribuzione delle risorse e così via. Estremamente attuali appaiono le parole di Richard Horton nel suo Commentary su Lancet “I medici non possono più restare in silenzio... è necessario che un sempre maggior numero di medici, indipendentemente dalla loro specialità, carica e anzianità scenda in campo e prenda parte al dibattito pubblico”. Luigi Cavanna Direttore Dipartimento Oncologia-Ematologia Ospedale di Piacenza ESMO Desiganted Center of Integrated Oncology and Palliative Care 2009-2011 and 2012-2014 Fonti: Medical professionalism in the new millennium: a physicians’ charter The Lancet, Volume 359, Issue 9305, Pages 520 - 522, 9 February 2002 doi:10.1016/S0140-6736(02)07684-5 Richard Horton. The doctor’s role in advocacy. The Lancet, Volume 359, Issue 9305, Page 458, 9 February 2002 doi:10.1016/S0140-6736(02)07670-5 u GIUGNO 2013 5 prima pagina Editoriale UNA SITUAZIONE CHE PUÒ DIVENTARE ESPLOSIVA “I medici non possono più restare in silenzio... è necessario che un sempre maggior numero di medici, indipendentemente dalla loro specialità, carica e anzianità scenda in campo e prenda parte al dibattito pubblico” Occorre, quindi, molta attenzione nel tagliare indiscriminatamente, magari, sperando che i cittadini possano pagarsi autonomamente le spese mediche, trascurando un servizio pubblico diventato poco fruibile e per nulla amichevole. La realtà è drammaticamente diversa: fasce sempre più vaste della nostra popolazione si stanno avviando verso la “povertà di fatto” e riducono le spese sanitarie in parallelo con quelle alimentari. Notizie come quella riportata il 19 aprile dalla “Newsletter Sclerosi Multipla” della Fondazione Serono, a firma di Chiara Laganà, che Emergency ha aperto una sottoscrizione proprio nel nostro Bel Paese e non negli Stati tradizionalmente depressi e martoriati dalla guerra e dalla fame, per offrire cure migliori alle fasce sociali più deboli e agli extracomunitari in Italia, deve farci riflettere, allarmare e vergognare: http://www.fondazioneserono.org/sezione/disabilita/ ultime-notizie-disabilita Alla luce di questa drammatica realtà, la redazione del nostro giornale ha deciso di promuovere un dibattito su particolari aspetti e conseguenze dei tagli indiscriminati, che investono le strutture sanitarie in tutto il Paese, dietro il paravento della ottimizzazione dei servizi, della limitatezza delle risorse e della abolizione degli sprechi. Vogliamo partire da un argomento estremamente importante e che in questi giorni ha fatto e fa molto discutere: la riduzione dei “Punti nascita”. RIDUZIONE DEI “PUNTI NASCITA” IN PIEMONTE Una più completa introduzione al dibattito potete trovarla sulla rubrica Opinioni sul nostro portale www.torinomedica.com. Punti nascita con meno di 1.000 parti all’anno vengono chiusi in tutte le regioni destando sconcerto nei cittadini e rivolta negli amministratori locali. Insieme ad esperti che parteciperanno alla discussione sui nostri media, oltre a stigmatizzare una situazione che merita una profonda riflessione da parte della classe politica e che deve essere valutata con estrema attenzione caso per caso, area per area, vorremmo lanciare anche una proposta costruttiva e alternativa alla semplice chiusura che provi a mettere d’accordo i bisogni di salute e di accessibilità alle cure dei cittadini, i livelli professionali degli operatori e le necessità organizzative del sistema. UN’IPOTESI DI LAVORO CHE POTREBBE DIVENTARE UNA PROPOSTA Per rendere più efficienti i “Punti nascita”, mantenendoli in prossimità della cittadinanza ed evitando sperequazioni di trattamento, che rasentano l’ingiustizia sociale, un’ipotesi possibile potrebbe essere quella di organizzare al meglio i punti nascita di livello A1 (<500 parti anno) e A2 (fino a 1000 parti anno) A3 (oltre 1000 parti anno) dal punto di vista strutturale e strumentale, con personale che ne garantisca una costante efficienza. Usufruendo poi dagli organici delle strutture B (strutture con 74 unità di medio/grandi dimensioni, con in media 136 parti/mese, 39 letti, 18 ginecologi e 23 ostetrici in organico e C (strutture con i 18 presidi maggiori, che effettuano in media 288 parti/mese, con 65 posti letto, 23 medici e 52 ostetrici in organico) opportunamente potenziati, equipe mobili di eccellenza, pronte ad intervenire con mezzi acconci e proporzionati alle distanze da coprire, si potrebbero trasferire all’occorrenza, per urgenza o interventi programmati, verso i centri di complessità inferiore (A1/A2). È certo necessario approfondire e articolare meglio questa ipotesi, anche considerando la difforme distribuzione sul territorio nazionale delle strutture di diverso livello. Il momento sociale e economico, però, necessita di una rivisitazione di compiti e flussi operativi in modo da ottimizzare l’assistenza, salvaguardando sicurezza, qualità e costi. Una sorta di osmosi tra un ospedale che operi in strutture territoriali efficienti e un territorio che a pieno titolo entri in aree di tradizione ospedaliera, fornendo prestazioni di primo livello. ¢ 6 GIUGNO 2013 prima pagina Tribuna La Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri il 9 maggio ha diramato una comunicazione in cui fornisce le istruzioni ai singoli enti provinciali perché recepiscano e si adeguino alla normativa che regola la trasparenza e la prevenzione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione, secondo quanto stabilito dalla Legge 190/12 e dal D.Lgs. 33/13. Vista l’importanza culturale, civile e politica del provvedimento e le novità che comportano risvolti operativi necessari per attuare la comunicazione, la redazione ha deciso di riprodurre integralmente il testo pervenuto da Roma. Nicola Ferraro 8 GIUGNO 2013 FNOMCEO PER LA TRASPARENZA E LA LEGALITÀ Recepimento da parte degli Ordini provinciali della normativa in materia di trasparenza e di prevenzione e repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione – Predisposizione di Bozze di delibere. Dr. Marcello Fontana COMUNICAZIONE N. 32 AI PRESIDENTI DEGLI ORDINI PROVINCIALI DEI MEDICI CHIRURGHI E DEGLI ODONTOIATRI AI PRESIDENTI DELLE COMMISSIONI PER GLI ISCRITTI ALL’ALBO DEGLI ODONTOIATRI Cari Presidenti, facendo seguito alle Comunicazioni n. 21 del 10 aprile 2013 e n. 26 del 19 aprile 2013 e, considerate alcune richieste di chiarimenti e di supporto pervenute da qualche Ordine provinciale in ordine specificatamente alle modalità di recepimento delle disposizioni di cui alla legge 190/12 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” e al D.Lgs. 33/13 recante “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, si rileva quanto segue. Gli Ordini provinciali, al fine del rispetto degli obblighi di legge previsti dalla normativa vigente, dovranno nella propria autonomia portare in approvazione tre delibere che si richiamano sinteticamente di seguito: 1. Delibera di nomina del responsabile per la prevenzione della corruzione di cui all’art. 1, comma 7, della legge 190/12 e per la trasparenza di cui all’art. 43 del D.Lgs. 33/13(All. n. 1). Si evidenzia che il responsabile per la prevenzione della corruzione ricoprirà ai sensi dell’art. 43 del D.Lgs. 33/13 anche le funzioni di responsabile per la trasparenza. Si rileva che, vista l’assenza nelle piante organiche degli Ordini provinciali di un dirigente di prima fascia e stante la natura giuridica degli Ordini provinciali, la figura del responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza dovrebbe essere ricoperta da un Consigliere dell’Ordine o dal Segretario. 2. Delibera di nomina del c.d. sostituto provvedimentale (All. n. 2). Gli Ordini provinciali, considerato che il D.Lgs. 33/13 istituisce all’art. 5 l’istituto dell’Accesso Civico, dovranno obbligatoriamente procedere alla nomina ai sensi dell’art. 2, comma 9-bis, della legge 241/90 di un sostituto provvedimentale che, come già illustrato nella comunicazione n. 26, dovrà diversificarsi dal responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza. Ciò detto, considerata la natura giuridica degli Ordini provinciali, che peraltro non hanno approvato una modifica dei propri ordinamenti al fine di adeguare gli stessi ai principi di cui al D.Lgs. 165/01, si ritiene che, nel caso in cui il Segretario dell’Ordine ricopra la figura del responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza, dovrebbe essere nominato sostituto provvedimentale lo stesso Presidente in qualità di rappresentante legale dell’Ente. Viceversa nel caso sia un Consigliere a ricoprire la figura di responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza, la figura del sostituto provvedimentale potrebbe coincidere con quella del Segretario. 3. Delibera di recepimento delle disposizioni di cui al D.Lgs. 33/13 (all. n. 3) e di correlata creazione nel proprio sito web istituzionale di una sezione denominata “Amministrazione trasparente” al cui interno sono pubblicate le informazioni e i dati resi obbligatori dalla normativa vigente. Cordiali saluti IL PRESIDENTE Amedeo Bianco ¢ GIUGNO 2013 9 prima pagina Tribuna ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA PER MEDICI E ODONTOIATRI Nicola Ferraro La FNOMCeO, con comunicazione N. 33 dell’8 maggio scorso, ha informato gli Ordini provinciali sullo “stato dell’arte” dell’obbligatorietà dell’assicurazione per i medici e gli odontoiatri, relativa alla copertura dei rischi di responsabilità civile connessi all’esercizio dell’attività professionale. Nella comunicazione si analizzano anche le eventuali possibilità di esenzione dall’obbligo. In estrema sintesi il documento della FNOMCeO può essere ridotto a tre importanti precisazioni. Obbligatorietà I medici libero professionisti dovranno, a breve, stipulare idonee polizze assicurative per la copertura dei danni derivanti al paziente o al cliente dall’esercizio dell’attività professionale. Nella copertura assicurativa dovranno essere compresi anche eventuali danni derivanti dalla custodia di documenti ricevuti dal paziente. Il medico o l’odontoiatra è tenuto a comunicare al paziente o al “cliente” gli estremi della polizza di copertura assicurativa del rischio civile in ambito professionale. Medici in pensione iscritti all’Albo Professionale Nel documento si afferma l’evidenza che il medico in pensione, ancora iscritto all’Albo senza più svolgere alcuna attività professionale, non possa essere obbligato a stipulare la polizza assicurativa contro i rischi derivanti da un esercizio professionale non svolto. Secondo la normativa vigente la semplice iscrizione all’Albo, per giurisprudenza costante, non costituisce infatti prova dello svolgimento dell’esercizio professionale. Il medico in pensione, quindi, iscritto all’Albo ma che non svolge alcuna attività professionale, non può essere vincolato all’obbligo di stipulare una polizza assicurativa contro rischi professionali, ovviamente, inesistenti. Medici dipendenti in attività libero professionale intramuraria Rimangono esenti dall’obbligo dell’assicurazione, ad avviso della Federazione (FNOMCeO), anche i medici dipendenti che hanno optato per l’attività libero professionale intramuraria. “Com’è noto - si afferma nella Comunicazione N.33 - tale rapporto particolare di lavoro che, dal punto di vista fiscale, è assimilato a quelli di lavoro dipendente (art. 47 co. 1 lett. e del TUIR), è stato previsto dall’art. 15 quinquies del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni e integrazioni. Successivamente, la L. 3 agosto 2007, n. 120 ha disciplinato in modo più specifico le modalità di svolgimento dell’attività libero professionale intramuraria. 10 GIUGNO 2013 Ancor più di recente, la cd. Legge Balduzzi (D.L. 13 settembre 2012, n. 158 convertito in L. 8 novembre 2012, n. 189) è ritornata sul tema dell’esercizio dell’attività medica intramuraria. Si sottolinea, in particolare, l’art. 2 che stabilisce che dovrà essere definito, d’intesa con i dirigenti e previa contrattazione integrativa aziendale, un tariffario che preveda, per ogni prestazione, un importo minimo ed un importo massimo. L’importo minimo dovrà anche assicurare la copertura di tutti i costi diretti ed indiretti sostenuti dalle aziende e prevedere che il 5 per cento del compenso del libero professionista sia trattenuto per interventi la riduzione delle liste d’attesa. Sembra quindi inconfutabile, anche per ovvi motivi di equità, che il medico che abbia optato per l’attività intramuraria non sia tenuto a stipulare in modo autonomo la polizza assicurativa obbligatoria prevista dall’art. 3, comma 5, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in L. 14 settembre 2011, n. 148. Queste considerazioni saranno, comunque, oggetto di approfondimento, attraverso la richiesta di un parere alla competente Direzione Generale del Ministero della Salute e sarà nostra cura, ovviamente, portarvi a conoscenza di ulteriori elementi di valutazione”. ¢ prima pagina Tribuna BENVENUTE IL PRESIDENTE BIANCO RICORDA ALLE MINISTRE DELLA SALUTE E DELL’ISTRUZIONE I NODI DELLA SANITÀ E DELLA FORMAZIONE Il lavoro di certo non mancherà a queste due Ministre che sono chiamate a districare i nodi, spesso interconnessi, della Sanità e della formazione che permette l’esercizio delle professionalità che tengono in vita il diritto alla tutela della salute in Italia. Il Presidente della FNOMCeO Amedeo Bianco, nel rivolgersi a loro a nome di tutti i medici italiani per formulare gli auguri di buon lavoro ha ricordato le emergenze, le urgenze,le incongruenze, le necessità più rilevanti di questi due ambiti su cui quali si gioca l’uscita dalla crisi e il futuro del nostro Paese. Di seguito il testo delle lettere inviate dall Presidenza della Federazione ai due Ministeri. NiFe 12 GIUGNO 2013 Beatrice Lorenzin Ministro della Salute Maria Chiara Carrozza Ministro dell’Istruzione On. BEATRICE LORENZIN Ministro della Salute “Eravamo e siamo convinti e tenaci sostenitori del sistema che, nonostante tutto, oggi è, per architettura giuridica, diffusione su territorio, assegnazione di responsabilità e di autonomie, all’avanguardia in Europa.” Gentile Ministro, nel rinnovarLe le sentite congratulazioni per l’impegnativo ruolo governativo di Ministro della Salute, Le rappresento la nostra disponibilità a collaborare, nei ruoli e nelle funzioni proprie della nostra legge istitutiva, a ogni azione e progetto di miglioramento della qualità della nostra professione e della nostra sanità pubblica e privata. Purtroppo le evidenze ci consegnano una situazione ricca di criticità a cui corrispondere con soluzioni efficaci e compatibili con le risorse a disposizione. Ferma restando questa cornice di grande complessità, ci pare possibile dare alcuni segnali forti e concreti di attenzione e soluzioni ad alcune questioni che tengono indissolubilmente legati interessi e vocazioni dei cittadini con quelle dei professionisti, medici e sanitari. Quanto Le proponiamo sta tutto nell’agenda che Ella ha già pubblicamente enunciato. Mi riferisco alle seguenti questioni: 1. dare una soluzione legislativa compiuta ed efficace alla responsabilità professionale che sta sperperando risorse pubbliche ma soprattutto devastando il delicato rapporto fiduciario cittadini - professionisti - istituzioni sanitarie. 2. rivisitare tutto l’impianto della formazione pre e post laurea delle professioni mediche e sanitarie, affinché si realizzi una più efficace sinergia tra formazione e mondo del lavoro. Se è vero che va corretto quel collo di imbuto in cui, limitatamente ai prossimi 5 -10 anni, andranno ad infilarsi migliaia di giovani medici che, in ragione delle attuali normative, non avranno accesso alla formazione post laurea e quindi al lavoro, è altrettanto vero che la soluzione non sta solo nella quantità ma anche nella qualità dell’offerta formativa post laurea che, è opportuno ricordare, è prevalentemente professionalizzante e cioè improntata all’ “imparare facendo”. 3. Accompagnare la continua evoluzione dei saperi e delle competenze verticali, supportare la necessità di un sapere e di una competenza trasversale nelle organizzazioni complesse dei processi di assistenza e cura, è il principio costituente del nostro sistema ECM, che pur tra limiti e ristrettezze e non sopiti scetticismi, resta un elemento qualificante del nostro sistema sanitario pubblico e privato. Irrobustire il sistema, renderne forte l’appeal culturale e l’affidabilità verso i professionisti e le istituzioni sanitarie costituisce un forte e oggettivo stimolo allo sviluppo della qualità e alla crescita della partecipazione nonché un elemento di garanzia verso i cittadini. Eravamo e siamo convinti e tenaci sostenitori del sistema che, nonostante tutto, oggi è, per architettura giuridica, diffusione su territorio, assegnazione di responsabilità e di autonomie, all’avanguardia in Europa. 4. È necessario far compiere “gli ultimi 100 metri” alla riforma dell’Ordinamento degli Ordini delle professioni mediche e sanitarie, portando a termine quel processo di ammodernamento di queste istituzioni secolari chiamandole ad un governo autonomo e responsabile della qualità e dell’eticità dell’esercizio professionale con il fine unico di garantire gli interessi pubblici connessi alla tutela della salute individuale e collettiva. In questo contesto che lega questioni professionali ad interessi più generali della collettività non possono mancare due ulteriori riflessioni che pongono attenzione al cosiddetto “clima organizzativo” e che ho apprezzato essere tra le Sue prime considerazioni di Ministro. Mi riferisco al vulnus del precariato in sanità, che non è solo quello rendicontato dalle aziende sanitarie, e ad uno sviluppo armonico non competitivo delle molteplici competenze professionali che caratterizzano i moderni processi clinico-assistenziali. Le chiedo dunque, come Presidente della FNOMCeO, un incontro su questi temi o altri che riterrà di rappresentare; sarei inoltre onorato di un Suo intervento in un nostro Comitato Centrale e nel nostro Consiglio Nazionale, il cui calendario prossimo sarà mia cura farLe pervenire in tempo utile. Con i sensi della migliore stima, Amedeo Bianco Presidente della FNOMCeO u GIUGNO 2013 13 prima pagina Tribuna Prof. ssa Maria Chiara Carrozza Ministro dell’Istruzione, “...La nostra preoccupazione che sta assumendo caratteri emergenziali è il nodo dell’insufficiente “commutazione” tra sistema formativo pre post laurea del medico e mondo del lavoro, rappresentato nel nostro caso nazionale, in larghissima parte, dal Servizio Sanitario Nazionale.” Gentile Ministro, nell’occasione Le formulo le più sentite congratulazioni e sinceri auguri per il prestigioso incarico istituzionale che Le è stato affidato. Il felice incontro tra la Sua esperienza professionale ed il Suo mandato ministeriale certamente facilita la comprensione diretta ed immediata di una nostra preoccupazione che sta assumendo caratteri emergenziali. Il nodo è l’insufficiente “commutazione” tra sistema formativo pre post laurea del medico e mondo del lavoro, rappresentato nel nostro caso nazionale, in larghissima parte, dal Servizio Sanitario Nazionale. La Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri guarda con grande attenzione e pari rispetto al ripensamento dei contenuti formativi che le Facoltà mediche hanno avviato; come tutti i processi di cambiamento sconta slanci, resistenze, ritardi e forti innovazioni che, nel complesso, faticano a reggere le più rapide e radicali trasformazioni della medicina e della sanità. A questo profilo che costituisce il core della riflessione se ne aggiungono altri che hanno un impatto sociale elevato e cioè la programmazione del fabbisogni (numero programmato) e le modalità di selezione, periodicamente al centro di polemiche quando non di interessi divergenti. Ad un iter formativo già di per sé di lunga durata si aggiungono ulteriori tempi, quali ad esempio il tirocinio pre abilitazione ed i concorsi per l’accesso alle specializzazioni. Tutto questo percorso precede un altro, quello della formazione specialistica, oggi prolungatosi per l’aumento di durata dei corsi. Anche in questa fase si ripetono criticità: modalità di selezione, attribuzione degli specializzandi alle varie scuole con relative graduatorie ed infine, fatto nuovo, la rigidità dei finanziamenti rispetto al potenziale in crescita delle domande. Come Ella sa, negli ultimi quattro anni, si è registrato un aumento degli accessi alle Facoltà mediche, passati dai 6.500 agli oltre 10.000 di quest’anno che, al netto di fenomeni di dispersione stimati tra il 10% ed il 15%, ci consegnerà, già a partire dal 2016-2017, 8/9mila neolaureati che, a regole vigenti, avranno a disposizione tra i 3.500 e 4.000 contratti di formazione e non oltre 7/800 accessi alle scuole di formazione specifica di Medicina Generale di competenza regionale. In buona sostanza, nei prossimi 4/5 anni produrremmo, se qualcosa non cambia, un’area di oltre 20 mila giovani medici senza offerta formativa e senza possibilità di lavoro, in conto e per conto del Servizio Sanitario Nazionale e, stante attuali norme di accreditamento istituzionale di molte Regioni, presso strutture sanitarie private. A complemento di un paradosso, si aggiunge il fatto che sempre più giovani in possesso di una formazione post laurea (costata molto a loro stessi, alle loro famiglie ed al nostro Stato) vanno all’estero, o per ragioni di lavoro accessibile o anche per migliorare la propria qualificazione professionale. Riteniamo questo scenario insostenibile per i giovani, per la nostra Sanità ed il nostro Paese, da correggere con soluzioni efficaci e compatibili. Sulla base di queste considerazioni Le chiedo un incontro, dichiarandoLe fin da ora la nostra collaborazione ed il nostro impegno. Con i sensi della migliore stima, Amedeo Bianco Presidente della FNOMCeO ¢ 14 GIUGNO 2013 “...negli ultimi 4 anni, si è registrato un aumento degli accessi alle Facoltà mediche, passati dai 6.500 agli oltre 10.000 di quest’anno che, al netto di fenomeni di dispersione stimati tra il 10% ed il 15%, ci consegnerà, già a partire dal 2016-2017, 8/9mila neolaureati che, a regole vigenti, avranno a disposizione tra i 3.500 e 4.000 contratti di formazione e non oltre 7/800 accessi alle scuole di formazione specifica di Medicina Generale di competenza regionale“ prima pagina Tribuna RINGRAZIAMENTO ALL’ORDINE Abbiamo ricevuto in redazione la lettera che pubblichiamo integralmente con l’allegato che la completa. La comunicazione si riferisce ad un articolo pubblicato sul numero di marzo che riportava notizie molto gravi, da un punto di vista deontologico, scaturite nell’ambito della vicenda dell’Emodinamica di Moncalieri, destinata alla chiusura dall’Assessore dell’epoca, Paolo Monferino. In particolare l’Ordine era stato contattato dai cardiologi in servizio presso l’ospedale moncalierese per informare l’Ente e gli iscritti su alcune gravi affermazioni dell’uomo politico regionale fatte durante un incontro istituzionale. Il titolo dell’articolo a pagina 36 ricordava che il ruolo di custode della Deontologia Medica svolto dall’Ordine si esercita non soltanto attraverso il controllo disciplinare degli iscritti ma anche attraverso la tutela della professionalità del medico iscritto. Nicola Ferraro ALL’ORDINE DEI MEDICI DELLA PROVINCIA DI TORINO Con riferimento alle notizie di stampa già pubblicate ed aventi ad oggetto asserite dichiarazioni dell’Ing. Paolo Monferino nella sua qualità di Assessore alla Tutela della Salute e Sanità della Regione Piemonte, nei riguardi del Servizio di Emodinamica dell’Ospedale Santa Croce di Moncalieri, il Direttore della Cardiologia Dottoressa MariaTeresa Spinnler ed i Medici del Servizio di Emodinamica Interventistica, Dottor Piero Gaetano, Dottor Pier Giuseppe Greco Lucchina, Dottor Primiano Lombardi, Vi chiedono di voler cortesemente pubblicare la dichiarazione allegata con la quale la vertenza si è recentemente conclusa. Un grande ringraziamento all’Ordine che ha sostenuto con convinzione e partecipazione la nostra Emodinamica Interventistica, dando a tutti la forza di continuare con serenità il lavoro che nel corso di questi anni è stato eseguito nell’ottica di offrire ai pazienti dell’ASL To5 le migliori cure possibili per la patologia coronarica. Cordiali saluti. Maria Teresa Spinnler ¢ GIUGNO 2013 15 Il dedalo Le liste d’attesa di pazienti che attendono un trapianto di rene sono in costante aumento sia in Italia che in Piemonte. Per questo nei prossimi mesi partirà una campagna di promozione nazionale e regionale per il trapianto di rene da vivente. I trapianti di rene donati da cadavere non sono sufficienti. Le liste d’attesa non diminuiscono come si può vedere dal grafico qui sotto, che rappresenta l’andamento della lista di attesa di rene del Piemonte 2005-2012 16 GIUGNO 2013 IL MIRAGGIO DI UN RENE SI ALLUNGANO LE LISTE D’ATTESA DEI TRAPIANTI. UNA CAMPAGNA DI PROMOZIONE PER IL TRAPIANTO DA VIVENTE NiFe Dal comunicato stampa di Pierpaolo Berra Addetto stampa della Città della Salute e della Scienza di Torino LA DONAZIONE DI ORGANI DA VIVENTE Ora saranno necessari ulteriori passi avanti per smaltire le liste d’attesa: garantire ai pazienti un accesso precoce alla lista d’attesa stessa, avviare il trapianto prima dell’inizio della dialisi e, soprattutto, incentivare la donazione da vivente. Come ha insegnato la Spagna, dove i livelli di donazione di organi da cadavere sono i maggiori al mondo, non si riesce a ridurre la lista d’attesa se non con il trapianto da vivente. Un’organizzazione rodata come quella spagnola è riuscita a portare negli ultimi cinque anni la donazione da vivente di tutto il Paese dal 5% al 16% nel 2012. In Italia – dove la quota dei trapianti da vivente rappresenta il 12% del totale dei trapianti - un esempio di programma di trapianto di rene da vivente, che ha ottenuto buoni risultati in pochi anni è quello della Regione Veneto: nel 2012 i 47 trapianti da vivente hanno costituito oltre il 20% del totale. Mentre nella Regione Piemonte i trapianti di rene da vivente negli ultimi tre anni sono stazionari e si attestano intorno al 6%. Proprio per questo è forte l’impegno del Centro Regionale Trapianti (CRT) della Regione Piemonte, in collaborazione con il Centro Nazionale Trapianti, a sostenere le strutture di Nefrologia e Dialisi della Regione ed i Centri Trapianto di Torino e Novara perché l’opportunità trapianto da vivente venga presentata ai pazienti sin dalle fasi avanzate delle malattia renale cronica. INFORMARE PER PROMUOVERE Allo scopo di migliorare la conoscenza di questa importante opportunità terapeutica, partirà una campagna di promozione. Il CRT sta collaborando alla realizzazione di un video documentario sulla donazione di rene da vivente, che sarà realizzato nei prossimi mesi con il contributo del Centro Nazionale Trapianti e dell’ANED (Associazione Nazionale Emodializzati, Dialisi e Trapianto). Questo progetto avrà alcuni punti caratterizzanti e qualificanti. Si discosterà dalle abituali forme di comunicazione istituzionale e vedrà invece la realizzazione di un’opera in cui prevale l’aspetto autoriale. Sarà realizzata seguendo in presa diretta la storia di alcuni pazienti e donatori, con l’inserto di racconti tratti dell’esperienza di operatori ed esperti del settore. Vedrà la stretta collaborazione della principale associazione di pazienti trapiantati ed in attesa di un trapianto di rene (ANED) con il CNT ed il CRT Piemonte e Valle d’Aosta. Cercherà i finanziamenti necessari con sistemi di fund raising ancora poco diffusi nel sistema sanitario italiano e per la prima volta in Italia in campo sanitario tramite il Crowdfunding in Rete. ¢ I DATI IN PIEMONTE Per anni il Piemonte ha migliorato il numero dei trapianti da cadavere eseguiti in Regione, come dimostrano i dati del dei centri dell’ospedale Molinette di Torino 2012 (112 trapianti) e del Maggiore di Novara (53 trapianti), che si trovano rispettivamente in prima ed ottava posizione in Italia. Anche la qualità dei risultati è molto elevata come testimoniano le analisi di funzionamento a distanza dei trapianti elaborate dal Centro Nazionale Trapianti. l’80% Oltre dei trapianti sono ancora funzionanti a cinque anni dall’intervento. GIUGNO 2013 17 Il dedalo Maria Familiari Adriana Pazzaglia Sonia Zarlottin Lilia Gavassa Giuseppe Malfi e Marco Tinivella Rete Regionale delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica NUTRIZIONE ARTIFICIALE E LA RETE REGIONALE DELLE STRUTTURE DI DIETETICA E NUTRIZIONE CLINICA 18 GIUGNO 2013 La Nutrizione Artificiale (NA) è una terapia che prevede la somministrazione per via orale (integrazione dell’alimentazione fisiologica) o per via artificiale (attraverso il canale alimentare, nutrizione enterale, o attraverso il circolo venoso, nutrizione parenterale) di nutrienti (proteine, lipidi, carboidrati, sali minerali, vitamine e oligoelementi) analoghi degli alimenti naturali che risultino non sufficienti o non utilizzabili per soddisfare i fabbisogni proteico-calorici stimati per ogni Paziente ricevente. Pur non trattandosi di una terapia basata sull’uso di farmaci, la NA è considerata una terapia in quanto sostituisce parzialmente o totalmente la funzione di uno o più organi temporaneamente o definitivamente compromessi. Il Piemonte è una delle poche regioni sul territorio nazionale ad avere una legge specifica che regola la gestione della Nutrizione Artificiale nonché l’organizzazione delle Strutture che se ne occupano (DGR 1813672 del 29.03.2010). COME È NATA QUESTA LEGGE La Legge Regionale 12.12.97 n 61 “Norme per la programmazione sanitaria e per il piano sanitario regionale per il triennio 1997-99” indicava come obiettivi strategici, tra gli altri, la “riduzione della prevalenza e gravità della malnutrizione ospedaliera” e “l’ottimizzazione della nutrizione artificiale ospedaliera e domiciliare, sia per quanto attiene l’età pediatrica che l’età adulta” e individuava, a questo scopo, le funzioni e le professionalità costitutive delle Strutture specialistiche a ciò deputate. Per ottemperare agli obiettivi del Piano Regionale 9799, fu istituito dall’Assessore alla Sanità nel 1999 un Gruppo Tecnico-Consultivo composto da Medici e Dietisti e rappresentativo delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica allora operanti. Il documento elaborato è stato formalmente riconosciuto con la Deliberazione della Giunta Regionale 18-13672 del 29.03.2010. A CHI È RIVOLTA LA NA Nella maggior parte dei casi la NA è indicata per i Pazienti affetti da esiti di malattie neurologiche (vascolari, ipossiche o degenerative), malformative congenite o di malattie tumorali (in particolare del capo-collo e dell’apparato digerente) e trattamenti correlati (chirurgia, chemioterapia, radioterapia). Meno frequenti sono le indicazioni per alcune condizioni primitive o secondarie di insufficienza intestinale cronica benigna, di malattie croniche debilitanti o per condizioni di degenerazione legate all’avanzare dell’età (presbifagia e/o iporessia secondarie ad eventi patologici). Tutte queste eterogenee condizioni hanno in comune la perdita della capacità di masticare, deglutire o assimilare i cibi rendendo la conseguente malnutrizione causa di gravi complicanze, di sospensione di altri progetti terapeutici oppure dell’exitus. COME SI PRESCRIVE LA NA I Pazienti che presentano un’alterata capacità di alimentarsi vengono valutati sotto il profilo medico e dietistico presso una delle Strutture di Dietetica della Rete accreditate dalla Regione alla gestione della NA. Quando esista l’indicazione alla NA, viene deciso il tipo di supporto e la via di somministrazione. La somministrazione della NA è possibile anche al domicilio del Paziente (sia presso la sua abitazione che presso le Strutture assistenziali territoriali): in questo caso le Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica garantiscono la piena presa in carico nutrizionale in continuità tra Ospedale e Territorio, in quanto responsabili sia delle cure nutrizionali in regime di ricovero, che dell’addestramento, attuazione e monitoraggio della NA domiciliare, in collaborazione con i Servizi farmaceutici territoriali, i medici di Medicina Generale (MMG), i pediatri di libera scelta (PLS) ed i servizi di Cure domiciliari.u GIUGNO 2013 19 Il dedalo CHE COS’È LA RETE REGIONALE DELLE STRUTTURE DI DIETETICA E NUTRIZIONE CLINICA La già citata DGR n. 18-13672 del 29.03.2010 ha istituito la Rete regionale piemontese delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica. Insieme alla successiva delibera di nomina della Commissione di Coordinamento della Rete stessa (DGR n. 507 del 28.07.2010) esse definiscono il ruolo della Nutrizione Clinica come “peculiare, in quanto si tratta di specialità trasversale” con specifiche attività a livello ospedaliero, nella continuità assistenziale tra ospedale e territorio e nei confronti delle strutture che operano nella prevenzione. La Rete regionale è composta di 13 Strutture per Pazienti adulti (Alba, Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Domodossola, Ivrea, Novara, Orbassano e Torino) e 2 Strutture per Pazienti pediatrici (Torino e Alessandria). In tabella 1 sono riassunti sede, responsabile e recapito telefonico delle Strutture nonché i dati relativi al referente Regionale ed alla Commissione di Coordinamento. L’attività delle Strutture è fondata sulla condivisione di documenti delle Società scientifiche nazionali ed internazionali di riferimento (linee guida accreditate) che hanno determinato la stesura delle procedure attualmente in uso: Procedura sulle modalità operative della visita nutrizionale, sulla gestione della Nutrizione Enterale Domiciliare (NED) e della Nutrizione Parenterale Domiciliare (NPD). Attraverso riunioni operative mensili, i referenti delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica si confrontano al fine di rendere omogenea ed efficace l’applicazione di tali procedure e quindi l’assistenza fornita su tutto il territorio regionale. Quella che segue è la fotografia più recente del volume di lavoro gestito dalle Strutture della Rete regionale riferita all’ultimo report disponibile (2010). Rete regionale delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica adulti NED1 NED os2 NPD Onco3 NPD IICB4 Pazienti durata media (gg) ripresa os (%) Pazienti Pazienti Pazienti 1379 412 10.5 1851 112 75 pediatrici 181 864 10 141 2 11 Totale 1560 1276 20.5 1992 114 86 1 Nutrizione enterale domiciliare per sonda: naso-gastrica (SNG), gastrostomia percutanea endoscopica (PEG), gastrostomia percutanea radiologica (PRG) o Digiunostomia 2 Nutrizione enterale domiciliare per os (integratori proteico-calorici, acqua gelificata, ecc) 3 Nutrizione parenterale domiciliare per Paziente oncologico 4 Nutrizione parenterale domiciliare per Paziente con Insufficienza Intestinale Cronica Benigna (Centro di Riferimento Regionale per Paziente adulto presso Molinette - AO Città della Salute e della Scienza di Torino e per Paziente pediatrico presso OIRM - AO Città della Salute e della Scienza di Torino e Osp. Pediatrico C. Arrigo, Alessandria) 20 GIUGNO 2013 FUNZIONI La gestione della NA ospedaliera e domiciliare non è l’unico compito istituzionale delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica. Altre prestazioni rese sia ai Pazienti ricoverati che agli esterni sono: ti al fine di migliorare la gestione del peso utilizzando gli strumenti propri del gruppo. • • La prevenzione ed il trattamento della malnutrizione proteico-calorica attraverso l’uso di strumenti di screening nutrizionale in ospedale e nelle Strutture residenziali. L’incidenza della malnutrizione PC può raggiungere l’85 % dei Pazienti ricoverati con conseguenze, in termini di complicanze mediche e di durata del ricovero, che modificano in modo significativo lo stato di salute delle persone e la loro aspettativa prognostica. • La prevenzione ed il trattamento del sovrappeso, dell’obesità e delle loro complicanze non solo come attività ambulatoriale ma soprattutto attraverso l’organizzazione di incontri di Educazione Alimentare che mirano a migliorare l’informazione dei Pazienti per ottenere la più forte motivazione possibile nell’affrontare il cambiamento del loro stile di vita, frequentemente scorretto. Spesso per ottenere questo importante risultato è necessaria la collaborazione fondamentale delle Strutture territoriali attive nell’area dei disturbi additivi sine substantia. Il lavoro multidisciplinare svolto dagli educatori, psicologi e medici di queste Strutture in collaborazione con altre figure specialistiche (psicoterapeuti, infermieri e tecnici) si propone di aumentare nei Pazienti la consapevolezza degli stati emotivi associati all’alimentazione incontrollata, riducendo quindi il verificarsi di tali even- L’inquadramento e la gestione dei disturbi del comportamento alimentare (DCA), come previsto dal Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) specifico della Regione Piemonte, mediante un approccio multidisciplinare integrato attraverso: 1) Centri di primo livello per la diagnosi e la presa in carico terapeutico dei DCA (modalità integrate di cura, attività di counselling, terapie ambulatoriali di tipo psichiatrico o psicosociale in collaborazione con i Servizi Psichiatrici e/o di Psicologia Clinica territoriali) o, se necessario, indirizzo dei Pazienti agli altri livelli di assistenza; 2) Centri di secondo livello per l’accoglienza di situazioni complesse con possibilità di ricovero del Paziente (anche in regime di Day Hospital); tali Centri prevedono una distribuzione sovrazonale; 3) Strutture terapeutico-residenziali per la gestione dei casi complessi con necessità di percorsi di riabilitazione. u GIUGNO 2013 21 Il dedalo Tale approccio si avvale della collaborazione con il Centro di riferimento regionale per i DCA (Prof. S. Fassino) presso Molinette - AO Città della Salute e della Scienza di Torino. • La dietoterapia delle insufficienze d’organo (insufficienza renale, epatica, ecc) e/o delle patologie croniche (fibrosi cistica, celiachia, diabete, ipertensione, ecc) attraverso la raccolta dei dati anamnestici clinici e nutrizionali e la definizione di regimi alimentari specifici per ogni singola condizione, anche mediante la prescrizione di alimenti speciali (aproteici, privi di glutine, ecc) laddove necessario. Infine, importanti nell’organizzazione del lavoro sono: • • la collaborazione alla gestione della ristorazione ospedaliera e/o assistenziale mediante l’applicazione del Dietetico, documento ufficiale che contiene la descrizione di composizione, densità proteico-calorica, consistenza, modalità di somministrazione e di preparazione dei pasti (cfr. Proposte operative per la ristorazione ospedaliera e assistenziale – www.regione. piemonte.it/sanita - oppure Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera e assistenziale - www.salute.gov.it). Questo strumento si è dimostrato molto importante nel rendere omogeneo il trattamento dietoterapico dei Pazienti e nel ridurre la spesa sanitaria dovuta all’inappropriata prescrizione di presidi di integrazione alimentare. La partecipazione ai lavori di preparazione e stesura di capitolati (aggiudicazione e monitoraggio) inerenti la NA ospedaliera al fine di adeguare, in tutti i nosocomi in cui si gestisce la terapia nutrizionale, la modalità di intervento nutrizionale e gli strumenti utilizzati. ¢ 22 GIUGNO 2013 Tabella 1. Elenco delle Strutture appartenenti alla Rete regionale piemontese delle Strutture Operative di Dietetica e Nutrizione Clinica (SODNC). Riferimenti del Referente regionale e della Commissione di coordinamento della Rete. SEDE RESPONSABILE RECAPITO TELEFONICO Alba – Osp. S. Lazzaro Dr.ssa A. Demagistris 0173/316832 Alessandria AO Ss. Antonio e Biagio Dr. M. Leonardi 0131/206622 Alessandria Osp. Pediatrico C. Arrigo Dr.ssa G. Casaccia 0131/207309 Asti Osp. Cardinal Massaia Dr.ssa M. L. Amerio 0141/487567 Biella Osp. degli Infermi Dr. M. Valenti 015/3503836 Cuneo AO S.Croce e Carle Dr. G. Malfi 0171/642477 Domodossola Osp. San Biagio Dr. R. Ajolfi 0324/491404 Ivrea – Osp. Civile Dr.ssa L. Gavassa 0125/414395 Novara AOU Maggiore della Carita’ Dr. F. D’Andrea 0321/3733275 Orbassano AOU San Luigi Gonzaga Prof. P. Avagnina 011/9026304 Torino AO Citta’ della Salute - Molinette Dr.ssa A. De Francesco 011/6336491 Torino AO Citta’ della Salute - OIRM Prof.ssa B. Santini 011/3135391 Torino – Osp. Maria Vittoria Dr. P. Martinoglio 011/4393591 Torino AO Ordine Mauriziano Umberto I Dr.ssa L. Rovera 011/5082535 Torino – Osp. S. G. Bosco Dr. A. Pezzana 011/2402355 REGIONE PIEMONTE DIREZIONE SANITÀ Ref. regionale per la Rete SODNC Dr.ssa R. Ferraris 011/4322011 COMMISSIONE DI COORDINAMENTO DELLA RETE SODNC 011/2402355 Coordinatore: Dr. A. Pezzana Componenti: Dr.ssa M.L. Amerio, Sig.ra M.R. Crea, Dr. F. D’Andrea, Dr.ssa A. De Francesco, Dr.ssa R. Ferraris, Dr. G. Malfi, Dr.ssa M. Roma, Prof.ssa B. Santini Chi fa cosa Risonanza magnetica integrale e neurostimolazione in atto: alle Molinette si può. NiFe Dal comunicato stampa di Pierpaolo Berra Addetto stampa della Città della Salute e della Scienza di Torino Nel Centro di Terapia del dolore dell’Ospedale torinese è stato impiantato il primo dispositivo di neurostimolazione midollare per il trattamento del dolore cronico compatibile con Risonanza Magnetica Integrale (MRI). Si tratta del primo sistema impiantabile ad aver ricevuto, a gennaio 2013, il marchio di Conformità Europea (CE) di compatibilità con la MRI in specifiche condizioni d’uso. La notizia è stata diffusa dall’Ufficio Stampa dell’Azienda Città della Salute e della Scienza di Torino il 13 marzo scorso. “La disponibilità di questo nuovo dispositivo offre un grande vantaggio nel trattamento di alcune tipologie di pazienti con dolore cronico che ora potranno accedere a tutti i vantaggi della Tecnica di Risonanza Magnetica - afferma Anna De Luca, Direttore del Centro di Terapia del Dolore della Città della Salute e della Scienza di Torino. - Sino a ieri, la Risonanza Magnetica, che, come tutti sanno, è diventata uno standard of care per la diagnosi di patologie, talora gravi, e per il controllo nel tempo dell’evolvere di patologie pregresse, era preclusa ai portatori di neurostimolatori e per effettuarla occorreva prima disimpiantare chirurgicamente il dispositivo: esisteva infatti la possibilità che il sistema potesse essere danneggiato durante l’esecuzione dell’esame di imaging, per effetto dell’energia elettromagnetica utilizzata. Quindi numerosi pazienti che avrebbero potuto alleviare, in questi anni, il loro dolore cronico con la neurostimolazione, non hanno potuto essere sottoposti all’impianto se consapevoli di dover effettuare Risonanze Magnetiche”. SCLERODERMIA, DOLORE CRONICO E NEUROSTIMOLAZIONE Il malato sottoposto all’innovativo impianto è un uomo di 39 anni, residente in Piemonte, che da circa 15 anni soffre di sclerodermia. “La sclerodermia è una patologia molto invalidante perché, oltre ad interessare diversi organi, determina la comparsa di ulcere molto dolorose alle estremità degli arti, a causa di una scarsa circolazione sanguigna. Per questo ultimo motivo, in associazione alla terapia farmacologica del caso, nel 2009 il paziente è stato sottoposto ad impianto di un neurostimolatore midollare, con risultati eccellenti - spiega la Dottoressa Anna De Luca. Oggi la neurostimolazione midollare viene raccomandata nei pazienti con dolore cronico neuropatico da danno dei nervi periferici, da neuropatia diabetica, da insuccesso della chirurgia vertebrale, da nevralgia posterpetica, da lesioni parziali del midollo spinale, da sindrome dolorosa dell’arto fantasma, da lesioni del plesso brachiale, da dolore ischemico degli arti e da angina pectoris grave e da dolore delle sindromi regionali complesse. Fino al 2012 però la necessità di effettuare una Risonanza Magnetica, a seguito della comparsa di sintomi di tipo neurologico, in Italia rendeva necessaria la rimozione dell’intero sistema di neurostimolazione midollare, con la ricomparsa della sintomatologia dolorosa legata alle ulcere. Ma la neurostimolazione rappresenta un pilastro nella gestione del dolore cronico e il dispositivo impiantato nei giorni scorsi alle Molinette non presenta questo tipo di problematica, in quanto compatibile con quell’esame strumentale”. L’IMPORTANZA DEL RISULTATO RAGGIUNTO ALLE MOLINETTE Il ricorso alla Risonanza Magnetica è notevolmente aumentato negli ultimi anni, grazie ai progressi della tecnologia che ne ha migliorato la precisione, l’efficacia ed il comfort per il paziente. Si stima che ogni anno vengano effettuate 60 milioni di procedure di Risonanza Magnetica nel mondo. Solo in Europa occidentale, nel 2010, ne sono state eseguite 29 milioni e questo numero raddoppierà ogni cinque anni. Già solo questo dato rende idea del potenziale di applicazione di questi nuovi dispositivi MRI compatibili. “Siamo fieri di essere stati i primi in Italia ad impiantare questo innovativo dispositivo per la neurostimolazione che - conclude la Dott.ssa Anna De Luca, - potrà portare un netto miglioramento della la qualità di vita dei nostri malati.” ¢ GIUGNO 2013 23 Chi fa cosa 24 GIUGNO 2013 CURE DOMICILIARI DI CASA ALL’ASL TO2 La primavera 2013 all’Asl TO2 è dedicata alla deospedalizzazione, alle cure domiciliari, all’orgoglio per una scelta fatta vent’anni fa per venire incontro alle esigenze dei malati di HIV e alla programmazione del futuro attraverso il Progetto Sostegno Domiciliare Ni Fe Dal comunicato stampa di Silvana Patrito Ufficio Stampa ASL TO2 CURE DOMICILIARI E INFEZIONE HIV: VENT’ANNI UNA STORIA L’Amedeo di Savoia promuove le medical humanities. In occasione del ventennale del Servizio di Assistenza Domiciliare Specialistica per malati di AIDS dell’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino, l’11 aprile scorso al Sermig di Torino si è svolto il convegno “Cure domiciliari e infezione HIV – vent’anni una storia”, organizzato dalla Divisione di Malattie Infettive e Tropicali I, incontro tra professionisti della cura con l’intenzione di valutare il percorso effettuato e promuovere un confronto sulle diverse esperienze. “Il nostro Servizio di Assistenza Domiciliare Specialistica è stato il primo del genere in Italia – spiega Pietro Caramello, Direttore della Divisione di Malattie Infettive e Tropicali I – e dalla iniziale connotazione di ospedalizzazione domiciliare, basata essenzialmente sulle cure palliative, si è evoluto in assistenza domiciliare specialistica, uno strumento più flessibile ad adattarsi ai casi di pazienti che hanno bisogno di un accompagnamento particolare, come in situazioni gravemente complicate da infezioni HIV correlate o quando le problematiche psicosociali si ripercuotono negativamente sull’aderenza alle terapie”. I grandi passi avanti compiuti negli ultimi vent’anni nella cura ai malati di Aids emergono simbolicamente dalla storia di questo Servizio: nei primi Anni Novanta, di fronte a un’epidemia senza precedenti e senza possibilità di cura, l’obiettivo principale era l’accompagnamento alla morte di questi pazienti, secondo la filosofia delle cure palliative, con una particolare attenzione alla qualità della vita residua, al controllo dei sintomi e del dolore, alla prevenzione delle infezioni opportunistiche e al supporto clinicoassistenziale-sociale-psicologico-spirituale. Nel 1997 l’introduzione della terapia antiretrovirale (HAART) ribalta lo scenario: il mantenimento della carica virale a bassi livelli e la conseguente acquisizione di discrete difese immunitarie portano a una diminuzione delle manifestazioni di infezioni opportunistiche e ad un miglioramento della qualità e delle aspettative di vita. u GIUGNO 2013 25 Chi fa cosa Pazienti coinvolti totali giornate giornate mediane 200 12.017 61 costo totale costo medio per paziente costo giornaliero SOD costo giornaliero Lungodegenza costo giornaliero Dimissioni Protette costo per Lungodegenza in assenza di SOD costo per Dimissioni Protette in assenza di SOD costi evitati di Lungodegenza costi evitati di Dimissioni Protette € 241.600 € 1.208,56 € 20 € 150,00 € 100,00 € 1.802.550 € 1.201.700 € 1.561.950 € 960.100 SOD è uno spazio progettuale nuovo in fase estensiva, che si aggiunge e si articola con gli attuali strumenti già attivi di cure domiciliari Nell’ultimo decennio il servizio si riorganizza in Assistenza Domiciliare Specialistica (A.D.S.), collabora con il Dipartimento di Malattie Infettive, Case Famiglia e territorio: laddove la prevenzione ha fallito, le cure sono risultate inefficaci o per i pazienti cosiddetti cronici - e in costante aumento - le cure domiciliari diventano uno strumento preziosissimo di cura, flessibile nella sua organizzazione e nei suoi obiettivi, per rispondere adeguatamente ai bisogni specifici. CURE DOMICILIARI ASL TO 2 anno 2012 di cui: casi trattati 13863 ADI 1327 Cure palliative 497 SID 2001 ADP 6496 Lungoassistenza 3542 “L’Assistenza Domiciliare rivolta ai pazienti HIV, fin dall’inizio, ha previsto un supporto clinicoassistenziale e psico- sociale, con l’obiettivo di un miglioramento della qualità di vita della persona malata, valorizzando le sue risorse e il suo contesto di vita e sviluppando percorsi di autonomia, laddove è possibile – precisa Maura De Agostini, medico infettivologo, Responsabile del Servizio di Assistenza Domiciliare Specialistica – sulla base della nostra esperienza, portiamo l’attenzione sulla narrative-based care come strumento innovativo di cura, al fine di migliorare la compliance alle terapie, promuovere l’impiego delle medical humanities all’interno delle strutture sanitarie, proponendo modelli gestionali efficienti ma in grado di riconoscere all’umanizzazione una rilevanza non solo teorica ma anche pratica”. Il Servizio di Assistenza Domiciliare Specialistica per malati di AIDS dell’Amedeo di Savoia ha sperimentato in prima persona la tecnica della Medicina Narrativa, attraverso uno specifico Laboratorio formativo, curato dall’antropologa Lucia Portis, dodici storie rappresentative, raccolte tra i mille casi seguiti in questo ventennio, sono diventate un libro: “Con Quali Parole - Domiciliarità e Hiv: Vent’Anni, Una Storia”, Edizioni END. PROGETTO SOSTEGNO DOMICILIARE: ESORDIO VINCENTE La ASL TO 2 incentiva la deospedalizzazione. Assistenza a casa per cinque persone al costo di un ricovero giornaliero in dimissioni protette. La ASL TO 2 risolve il problema dei Pazienti anziani difficilmente dimissibili dagli ospedali perché a casa non avrebbero adeguate e tem- 26 GIUGNO 2013 PROGETTO SOD IN CIFRE Pazienti coinvolti totali giornate giornate mediane 200 12.017 61 costo totale costo medio per paziente costo giornaliero SOD costo giornaliero Lungodegenza costo giornaliero Dimissioni Protette costo per Lungodegenza in assenza di SOD costo per Dimissioni Protette in assenza di SOD costi evitati di Lungodegenza costi evitati di Dimissioni Protette € 241.600 € 1.208,56 € 20 € 150,00 € 100,00 € 1.802.550 € 1.201.700 € 1.561.950 € 960.100 SOD è uno spazio progettuale nuovo in fase estensiva, che si aggiunge e si articola con gli attuali strumenti già attivi di cure domiciliari CURE DOMICILIARI ASL TO 2 pestive cure assistenziali e pertanto divengono giornaliera a casa per ben cinque Pazienti”. fruitori di ricoveri in dimissioni protette o in “Il progetto è convincente e sostenibile – proanno 2012 casi trattati 13863 lungodegenza. di cui: segue Daniela Bodda, Direttore S.C. Cure DoADI 1327 La sperimentazione del Progetto Cure “SOD – Somiciliari e Disabilità ASL TO 2 – i 200 Pazienti palliative 497 2001 stegno domiciliare” presentato a SID Palazzo Cicoinvolti dall’inizio a oggi hanno utilizzato il ADP scorso, 6496 vico in IV Commissione il 14 maggio servizio per una media di 61 giorni ciascuno. 3542 prevede l’erogazione di interventiLungoassistenza domiciliari A fronte di una spesa globale di € 241.600 di sostegno e aiuto domestico familiare, sviabbiamo evitato costi aggiuntivi di € 960.100 luppato in base ai bisogni individuati, sia per se fossero stati inseriti in Dimissioni Protette, durata sia per articolazione settimanale, precosti che sarebbero aumentati di € 1.561.950 vedendo all’occorrenza sostegno anche sette se fossero stati inseriti in Lungodegenza”. giorni su sette. A totale carico dell’ASL, senza alcun contributo Il SOD è previsto per una durata massima di da parte del Cittadino, il SOD, dopo una fase quattro mesi per ciascun paziente e la quota sperimentale effettuata dal 15 luglio 2012 al personale massima di ciascun progetto è pari 15 gennaio 2013, è ora a regime all’ASL TO alla quota sanitaria di un progetto di medio 2 con 200 Pazienti seguiti sinora mediante in- alta intensità di lungoassistenza domiciliare terventi svolti da un Operatore Socio Sanitario (€ 675,00 al mese). e/o da un assistente familiare, definiti con un apposito Piano di Assistenza Personalizzato. “Nella rete dei servizi per la cronicità, perse“Il nostro progetto migliora l’appropriatezza guendo il criterio dell’appropriatezza, abbiadei percorsi nei luoghi di cura e la tempemo conseguito ottimi risultati anche con la stività della presa in carico domiciliare, con residenzialità – conclude il Direttore del Diuna gestione del paziente appropriata ai bipartimento Salute Anziani ASL TO 2, Sergio sogni, abbattendo anche considerevolmente Cabodi – in virtù della costante analisi della i costi – spiega il Direttore Generale ASL TO congruità delle richieste e di un’appropriata 2, dott. Maurizio Dall’Acqua – L’iniziativa si attribuzione dell’intensità di cura, abbiamo sta dimostrando assolutamente valida, consnellito la graduatoria delle persone in attesa sentendo ai Pazienti un tempestivo rientro al per l’inserimento permanente in RSA, che da domicilio, con tutti i benefici legati alla per1800 censite a fine 2011 alla fine del 2012 manenza nel proprio ambiente, sia in termini è scesa a circa 1400, assolvendo a tutte le di benessere psicologico sia di evitati rischi di urgenze sociali e sanitarie note. Contestualdisorientamento e di insorgenza di infezioni mente abbiamo ampiamente mantenuto i ospedaliere, talora legati alla permanenza in 2 posti letto a disposizione, che a oggi sono reparto. I risultati sono ottimi: nel 92% dei l’1,93% della nostra popolazione ultra65encasi i Pazienti non hanno avuto bisogno di ne, quindi vicinissimi all’obiettivo regionale tornare in ospedale e la nostra ASL, al costo di una singola giornata di ricovero in dimisdel 2% e riducendo anche la spesa complessione protette, ha potuto offrire assistenza siva di circa 400.000 euro”. ¢ GIUGNO 2013 27 Chi fa cosa NELLA PRIMA BANCA RUSSA DEL LATTE UMANO SI PARLA MOLTO IN TORINESE NiFe Dal comunicato stampa di Pierpaolo Berra Addetto stampa della Città della Salute e della Scienza di Torino 28 GIUGNO 2013 Due grandi riconoscimenti per la Banca del Latte Umano degli ospedali Sant’Anna e Regina Margherita della Città della Salute e della Scienza di Torino. La Banca torinese, centro di riferimento regionale e nazionale, è stata scelta come esempio di eccellenza e collaborerà con il più grande ospedale pediatrico russo per costituire la prima Banca del Latte Umano in Russia. Tutto ciò sulla base delle nuovissime Linee Guida e di Indirizzo nazionali, ora diffuse anche a livello internazionale, redatte dai professionisti della stessa Banca del Latte torinese. Il 22 aprile scorso una delegazione di neonatologi e nutrizionisti dello Scientific Center of Children’s Health of the Russian Academy of Medical Sciences di Mosca, il più grande e prestigioso ospedale pediatrico russo ha visitato la Banca del Latte Umano e la Terapia Intensiva Neonatale universitaria (TIN) degli ospedali Sant’Anna e Regina Margherita della Città della Salute e della Scienza di Torino. Scopo della visita l’incontro con il personale medico ed infermieristico della TIN (diretta dal professor Enrico Bertino), della Banca e con il Presidente dell’Associazione Italiana Banche del Latte Umano (professor Guido Moro), per acquisire le strategie operative di implementazione dell’utilizzo del latte materno nei neonati molto prematuri in TIN e avviare la collaborazione tra Torino e Mosca per costituire la prima Banca del Latte Umano in Russia. IL RUOLO DEL LATTE MATERNO IN NEONATALOGIA E PEDIATRIA Sappiamo che il latte fresco della propria mamma, norma biologica per la specie umana nei nati a termine, opportunamente integrato, costituisce l’alimento ottimale anche per quelli prematuri. Purtroppo per molti di questi bambini, soprattutto quelli più critici e con peso alla nascita inferiore a 1.500 o a 1.000 grammi, ricoverati in Terapia Intensiva, il latte materno può non essere disponibile almeno nel primo periodo dopo il parto. In questi casi è di grande importanza poter disporre del cosiddetto “latte umano di banca”, che può essere considerato alla stregua di un farmaco salvavita. Una migliore tolleranza dell’alimento ed una riduzione di enterocolite necrotizzante (NEC), malattia che può essere mortale nei neonati pretermine, sono i principali vantaggi dell’uso del latte umano donato nell’alimentazione di questi neonati. Un esempio famoso può essere quello di Idil, la bimba somala di sette etti, nata nel settembre 2010 a 28 settimane da una donna deceduta da un mese. Idil ha potuto sopravvivere anche grazie alla possibilità di essere alimentata con il latte della Banca. Il latte materno ridurrebbe (nella vita adulta) anche l’ipertensione arteriosa ed il diabete. BANCHE DEL LATTE UMANO: PIÙ SALUTE RISPARMIANDO Il latte umano donato deve essere sicuro e di buona qualità. A questo fine sono sorte in Europa ed in USA le Banche del Latte Umano, che svolgono la loro attività grazie alla generosità di donatrici volontarie accuratamente selezionate ed operano secondo procedure standardizzate ed aggiornate. L’Italia e la Svezia si collocano al primo posto in Europa. Nel 2011 le madri donatrici in Italia sono state 1.122 con un trend in progressivo aumento ed il volume di latte raccolto nel 2011 è stato pari a 7.600 litri. L’incidenza complessiva di NEC nei prematuri è di circa il 6-7%, mentre quella nei centri con uso esclusivo di latte umano scende intorno all’1-2%. Considerando che la mortalità per NEC è intorno al 30%, ogni 1.000 nati prematuri, si avranno 21 decessi per NEC nei soggetti alimentati con latte artificiale e 3 – 6 decessi nei neonati alimentati con latte umano esclusivo. Poiché in Italia ogni anno circa 1.000 neonati prematuri di peso inferiore a 1.500 grammi (VLBW) possono beneficiare del latte di banca, si può stimare che 15 -18 neonati prematuri VLBW possano essere salvati in più ogni anno in Italia solo grazie alla somministrazione di questo alimento. Ogni anno nascono in Italia circa 5000 neonati prematuri, dopo meno di 32 settimane di gravidanza e con un peso inferiore ai 1.500 grammi, 350 in Piemonte. Si stima che, considerando solo i risparmi derivati dalla riduzione delle NEC (quindi senza considerare tutti gli altri vantaggi del latte umano), ci sia un risparmio di circa 10.000 euro per ogni neonato prematuro VLBW ricoverato in TIN ed alimentato con latte umano esclusivo rispetto a quelli alimentati con latti artificiali. In Italia, si avrebbe quindi un risparmio di 50 milioni di euro se tutti fossero alimentati con latte umano esclusivo, ed oltre 3 milioni di euro in Piemonte. È stato anche recentemente osservato che le banche del latte sono uno strumento di promozione dell’allattamento materno nelle Terapie Intensive Neonatali (TIN). Sono appena stati pubblicati sul Journal of Perinatal Medicine i dati di un’indagine della Società Italiana di Neonatologia, coordinata dall’AIBLUD e dalla Neonatologia universitaria del Sant’Anna di Torino, su 4.277 neonati provenienti da 83 centri di Terapia Intensiva Neonatale italiani. E’ stato osservato che la percentuale di neonati con allattamento esclusivo al seno alla dimissione dalle TIN è significativamente maggiore nei Centri dotati di Banche del latte rispetto a quelli che ne sono privi (29,6% rispetto a 16%). I Centri con Banca del Latte inoltre mostrano un allattamento naturale più frequente (60,4 vs 52,8%) rispetto alle Unità senza Banche. I risultati mostrano che la donazione e l’utilizzo del latte di Banca sono uno strumento utile anche per diffondere efficacemente la cultura dell’allattamento materno anche per i neonati più critici ed immaturi. LA BANCA DEL LATTE UMANO DI TORINO A Torino, presso la Città della Salute e della Scienza, opera una delle più grandi Banche italiane ed europee ed i neonatologi della Terapia Intensiva Neonatale universitaria (TIN), soci fondatori dell’Associazione Italiana Banche del Latte Umano (AIBLUD), hanno partecipato alla stesura delle prime Linee Guida Nazionali, diffuse oggi anche a livello internazionale. Il gruppo di lavoro ha collaborato anche alla stesura delle Linee di Indirizzo Nazionale, elaborate dal Comitato Nazionale Multisettoriale per l’Allattamento Materno del Ministero della Salute, che dovrebbero a breve essere approvate dalla Conferenza Stato Regioni. Il loro scopo è quello di monitorare a livello nazionale l’appropriatezza operativa e gestionale delle Banche del Latte Umano, così come avvenuto per la donazione degli emoderivati. Le Banche del Latte Umano sono assenti nei territori dell’ex Unione Sovietica. E’ un grande onore per l’AIBLUD, per Torino e per la Città della Salute e della Scienza essere stati scelti come riferimento di eccellenza per una collaborazione molto promettente a vantaggio dei neonati prematuri e delle loro famiglie. ¢ GIUGNO 2013 29 Salute Il fenomeno della violenza nei luoghi di lavoro e le relative conseguenze sulla salute di chi ne è vittima sta assumendo proporzioni considerevoli in molti settori lavorativi. Nel settore sanitario il fenomeno è in crescita e pone notevoli problemi gestionali, dal momento che coinvolge una categoria di lavoratori, gli operatori della sanità, che devono occuparsi della salute di chi si rivolge a loro per le cure e che spesso può essere anche l’autore delle aggressioni. Nell’articolo vengono illustrati i risultati di un secondo sondaggio, condotto nel Presidio Ospedaliero Maria Vittoria di Torino dell’Azienda Sanitaria TO2, a distanza di 3 anni e teso a individuare ulteriori strategie preventive. di Teresa Emanuele* Caterina Martini** Paolo Mussano*** Anna Brunetti**** *Dirigente Medico Direzione Sanitaria Ospedale M. Vittoria - Torino Responsabile Sos Benessere Organizzativo e sicurezza dei lavoratori **Dirigente Biologo Dipartimento di Diagnostica di Laboratorioo Ospedale M. Vittoria *** Direttore Sanitario Ospedale M. Vittoria ****Dirigente Medico Direzione Sanitaria Ospedale M. Vittoria Torino Responsabile Risk Management Area ovest ASL TO2 30 GIUGNO 2013 VIOLENZA SUL LA RESILIENZA DEL GRUPPO COME FENOMENO INTRODUZIONE LA VIOLENZA SUL LAVORO NEL SETTORE SANITARIO Il fenomeno della violenza nei luoghi di lavoro e delle conseguenze sulla salute di chi ne è vittima sta catturando attenzione e interesse sempre maggiori da parte degli studiosi. Gli istituti internazionali che se ne occupano, come il NIOSH, l’ILO, o la European Agency for Safety and Health at Work hanno pubblicato dati che ne dimostrano la crescente diffusione (1) . In Europa, il 4% della popolazione lavorativa riferisce di aver subito violenza fisica e aggressioni sul posto di lavoro. Come illustra la figura 1, il settore sanitario è quello maggiormente colpito dal fenomeno (15.2%), con particolare riferimento ai servizi di emergenza e pronto soccorso (Nogareda, 1990) (2), ai reparti psichiatrici (Arnetz et al., 1994) (3), alle case di riposo (Beck et al., 1992) (4) e ai servizi per le tossicodipendenze (Chappel & Di Martino, 2000) (5). Alcune delle motivazioni sottostanti allo sfortunato primato dei lavoratori della sanità sono da considerarsi “intrinseche” al contesto lavorativo: l’utenza con cui si relaziona quotidianamente il lavoratore è spesso portatrice di grossi disagi e stress; la malattia e il dolore generano rabbia, impotenza e frustrazione e possono rendere le relazioni tra utenti e lavoratori “tese”, spesso conflittuali, caratterizzate da tonalità emotive estreme. Un’altra fonte di rischio sempre più frequente per il lavoratore del settore sanitario è rappresentata dagli alti livelli di stress dovuti all’eccessiva pressione temporale e al sovraccarico lavorativo. Questi fattori minano non solo le relazioni con l’utenza, ma contribuiscono a rendere tesi e conflittuali anche i rapporti tra colleghi. Il settore sanitario detiene non a caso il primato anche per il numero di episodi di violenza che si consumano tra colleghi, definita dagli studiosi “violenza interna sul posto di lavoro” (Chappel & Di Martino, 2000; figura 2) (5) u LAVORO DI DIFESA IN AMBITO SANITARIO Figura 1 – Percentuale di lavoratori soggetti a violenza sul lavoro per settore lavorativo Figura 2 – Percentuale di lavoratori soggetti a “violenza interna sul posto di lavoro” per settore lavorativo Figura 2 Figura 1 GIUGNO 2013 31 Salute RISULTATI DI UNA STRATEGIA PREVENTIVA IN UN’AZIENDA SANITARIA TORINESE Il Ministero della Salute ha emanato la Raccomandazione n. 8, novembre 2007 per prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari (6). In applicazione della Raccomandazione Ministeriale, presso l’ASL TO 2 di Torino sono state attuate a partire da Gennaio 2008 iniziative specifiche finalizzate a contrastare il fenomeno. L’obiettivo individuato è stato quello di agire su tre versanti: 1. prevenzione del fenomeno attraverso l’analisi organizzativa e strutturale delle aree più a rischio; 2. valutazione e contenimento del disagio psico-sociale degli operatori coinvolti in aggressioni con conseguenze fisiche; 3. tutela legale in caso di querela di parte. A distanza di tre anni dagli eventi sono stati riesaminati i casi degli operatori sanitari oggetto di aggressioni sul lavoro ad opera di utenti o colleghi. Gli operatori che avevano sporto denuncia alla Direzione Sanitaria nei giorni successivi all’aggressione, compilando un questionario formulato espressamente a tale scopo sono stati richiamati ad un secondo colloquio con un counselor, con lo scopo di approfondire possibili situazioni di stress riferibili all’accaduto e protrattesi nel tempo fino a causare un “danno esistenziale”, il possibile alterato coinvolgimento emotivo nei riguardi della loro attività, oltre che problemi riguardanti la comunicazione sul lavoro. Il gruppo è risultato omogeneo da un punto di vista professionale, essendo costituito da CPSI (Collaboratori Professionali Sanitari Infermieri) e OSS (Operatori Socio Sanitari), quindi persone ancora più vicine al paziente (almeno in termini temporali) di quanto non lo sia la figura medica. È stato considerato inizialmente il loro ricordo circa l’esperienza dell’aggressione e a questo proposito si sono verificate alcune sorprese. Tutti gli operatori del pronto soccorso avevano pressoché dimenticato l’episodio per il quale avevano sporto denuncia, poiché, è stato riferito, l’aggressione, almeno verbale, è in questo settore praticamente quotidiana. Il ricordo non è per nessuno di loro particolarmente traumatico, spiegano di aver provato all’epoca rabbia, di essere stati per un certo periodo più guardinghi, ma niente di più. Altri operatori invece, che prestano servizio nel reparto di Medicina, o al Centro prelievi, riferiscono di aver provato un trauma maggiore, di aver sognato l’accaduto qualche volta, di aver fatto denuncia ai carabinieri ma di averla successivamente ritirata per diversi motivi. Tutti gli operatori hanno confermato la loro scelta professionale, che le frequenti aggressioni non hanno mai messo in discussione. Tutti si sono dichiarati 32 GIUGNO 2013 LA RESILIENZA Con il termine di resilienza si indica in ambito fisico, la proprietà di un materiale di resistere ad un urto e di sopportare sforzi, senza spezzarsi e senza incrinarsi. Per similitudine in biologia il termine indica la capacità autoriparatrice dopo un danno. Per quello che riguarda le scienze umane la resilienza è la capacità individuale di rispondere in modo positivo alle avversità della vita, non solamente con una resistenza passiva ma in modo tale che l’urto venga in qualche modo rielaborato al fine di consentire arricchimento e crescita. soddisfatti del lavoro che svolgono e considerano il rapporto con l’utenza fonte di gratificazioni; tra coloro che prestano servizio al Pronto Soccorso nessuno desidera trasferirsi in un reparto più tranquillo, solo uno l’ha fatto, ma non in seguito all’aggressione, nè al lavoro troppo pesante e sostiene che quell’ambiente un po’ gli manca. Gli operatori del Pronto Soccorso hanno usato espressioni forti riguardo al loro posto di lavoro: “è un posto adrenalinico, va bene così”, oppure “è una prima linea, mi piace per questo”; l’incontro con l’Altro, pur in condizioni disperate, è “formativo, “un laboratorio di vita, a volte esce il peggio dell’uomo, a volte no”, “alcuni pazienti impossibilitati a farlo in altro modo ringraziano con gli occhi”. Piuttosto ritengono che l’edilizia del posto in cui lavorano sia carente, aspetto che rende difficoltoso il loro operare; alcuni denunciano carichi di lavoro eccessivi (non la maggioranza), ma nell’insieme ritengono che ci sia una buona comunicazione all’interno del gruppo o con i colleghi medici. Tuttavia tutti, o quasi, lamentano una carenza di educazione e di rispetto dell’utenza nei confronti degli operatori sanitari. DISCUSSIONE Il lavoro si prefigge di rilevare alcune realtà di cui quotidianamente gli operatori sanitari sono sia spettatori che protagonisti. Gli operatori del Pronto Soccorso intervistati costituiscono una percentuale considerevole, il 9% degli infermieri di quel reparto che hanno subito un’aggressione. Nonostante il sentimento riferito con più frequenza sia stata la rabbia, a distanza di tempo questa è svanita e nessuno ha manifestato sentimenti di rancore nonostante alcuni di essi abbiano dovuto fare ricorso, dopo l’aggressione, alle cure mediche per contusioni o lacerazioni e a giorni di infortunio. Questo potrebbe essere interpretato come un certo oblio dell’accaduto, poiché la seconda indagine è stata compiuta mediamente a distanza di 3-4 anni dall’accaduto, tempo sufficiente a far sbollire la rabbia e a far assumere all’episodio contorni meno netti. È pur vero che altri episodi di aggressione si sono verificati nel frattempo, ma non sono riusciti a fare del Pronto Soccorso un luogo di lavoro da evitare. Inoltre il gruppo esaminato è un gruppo “giovane”, in cui l’età media è di circa 30 anni, tutti hanno dichiarato di essere in tale reparto per scelta, vale a dire di averlo richiesto specificamente; quasi tutti hanno dichiarato che il clima lavorativo è buono, di collaborazione, di squadra, tanto che alcuni di loro si frequentano anche fuori dall’ospedale. Tutti questi aspetti possono supportare l’ipotesi che, a fronte di un luogo “duro” e “aggressivo” come quello del DEA, si sia instaurata in questo gruppo una sorta di resilienza verso gli insulti quotidiani. u Salute Le aggressioni sul luogo di lavoro sono una realtà nota in ambiente ospedaliero. Gli operatori oggetto dello studio, contrariamente alle aspettative, non si sono considerati delle vittime, e sicuramente non hanno denunciato un disturbo post traumatico da stress. 34 GIUGNO 2013 Con il termine di resilienza si indica in ambito fisico, la proprietà di un materiale di resistere ad un urto e di sopportare sforzi, senza spezzarsi e senza incrinarsi. Per similitudine in biologia il termine indica la capacità autoriparatrice dopo un danno. Per quello che riguarda le scienze umane la resilienza è la capacità individuale di rispondere in modo positivo alle avversità della vita, non solamente con una resistenza passiva ma in modo tale che l’urto venga in qualche modo rielaborato al fine di consentire arricchimento e crescita. Gli studi pionieristici al riguardo sono quelli condotti a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso nell’ambito della psicologia evolutiva da E. Werner (7) su un gruppo di bambini (698) di cui circa un terzo (201) presentava condizioni famigliari disagiate con storie di alcolismo, miseria, violenza. Questi bambini sono stati seguiti per 30 anni, e si è visto che effettivamente già all’età di 10 anni due terzi di loro presentavano difficoltà di apprendimento e commetteva atti di delinquenza; tuttavia almeno un terzo cresceva e sviluppava un comportamento sociale normale, divenendo individui che avevano un lavoro stabile e una vita di relazione soddisfacente. L’attenzione rivolta a questi individui resilienti ha permesso di evidenziare alcuni elementi “di forza” occorrenti per un sereno sviluppo: una famiglia poco numerosa, la presenza di un adulto di riferimento, una profonda fede religiosa. Ben presto la ricerca si è estesa agli adulti e a differenti contesti di difficoltà come quelle lavorati- ve (disoccupazione, perdita di lavoro), le malattie croniche, i lutti. E la resilienza ha ampliato il suo significato: la maggior parte degli studiosi ritiene che la capacità di reagire alle avversità dipenda da una serie di fattori tra cui la natura dell’evento cioè la sua intensità, il tempo e la durata, la rete di relazioni famigliari/amicali che può fungere da sostegno, le caratteristiche individuali di risposta all’evento, la possibilità di incontrare persone (professionisti e non) capaci di attivare risorse anche latenti ma comunque presenti e infine l’avere uno scopo, un progetto da portare avanti. Il gruppo di operatori sanitari indagato ha confermato nel tempo la propria scelta professionale, nessuno ha espresso il desiderio di un lavoro meno coinvolgente e più tranquillo, nessuno di loro ha dichiarato di avere un tipo di esistenza qualitativamente peggiore sul lavoro rispetto a quella vissuta nel tempo libero. L’impressione che ne è emersa è quella di essere di fronte ad un gruppo resiliente, caratterizzato da una buona relazione interpersonale, capace di offrire una resistenza non solo alle offese quotidiane rivolte contro gli operatori, ma anche alle condizioni di vita-limite che gli operatori del Pronto Soccorso sono abituati a vedere. Sappiamo dai dati della letteratura che anche le comunità possono costituirsi come resilienti; sostiene E. Malaguti (8) che «il processo di resilienza di una comunità si determina anche in relazione alla presenza di un contesto ricco di relazioni formali e informali accessibili, di offerte culturali, di servizi sociali ed educativi, all’interno dei quali condividere un progetto e nei quali riconoscersi». di auto-mantenimento nel sistema lavorativo, come illustrato da A. Peretti (10) nell’equazione: Il gruppo in studio, pur non dichiarandosi esplicitamente ricco di relazioni formali si dichiarava soddisfatto della preparazione e dall’aggiornamento offerto dal reparto e comunque si sentiva partecipe di un importante progetto comune in cui riconoscersi, quello, in casi estremi, di collaborare a salvare una vita umana. Come interpretare altrimenti la frase “è un posto di prima linea”? In prima linea se non si collabora si soccombe, e soprattutto in prima linea non ci si finisce per una motivazione che è una bazzecola. La coesione del gruppo è evidenziata anche dalla dichiarazione di un altro operatore non più in servizio al Pronto Soccorso “è un posto dove cadono un po’ le barriere gerarchiche”: è possibile ipotizzare che nell’agire comune e urgente di differenti ruoli professionali in vista di un importante progetto unitario, vengano meno avvertite, nella vita di relazione e a beneficio dell’efficienza e del clima lavorativo, le differenze di ruolo. Un’altra impressione emersa dall’osservazione con gli operatori sanitari è che per tutti, anche per quelli che facevano un lavoro meno qualificato (come la OSS), il loro operare quotidiano, il loro lavoro non fosse un peso da subire, possibilmente senza troppi infortuni, per arrivare al 27 del mese, ma fosse “un pezzo di vita”, non distinguibile in termini esistenziali da quella condotta fuori dall’Ospedale. Secondo P. Levi (9): «Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma questa è una verità che non molti conoscono. Questa sconfinata regione, la regione del rusco, del boulot, del job, insomma del lavoro quotidiano, è meno nota che l’Antartide». Come è noto questa frase è tratta dal romanzo “La chiave a stella” dove si narra la vita di Tino Faussone, operaio specializzato, il cui lavoro consiste nel montare ponti e tralicci in giro per il mondo e che Levi ci presenta come innamorato del proprio lavoro. Ci sono Paesi in cui Faussone deve lavorare e di cui non gli importa nulla, di cui mal sopporta gli abitanti, il clima, la cucina; eppure quando deve montare una gru o un traliccio ci tiene che il lavoro sia fatto alla perfezione, perché quello è il suo compito, il suo dovere, e prova soddisfazione a farlo per il meglio. Il benessere lavorativo, il vivere bene il luogo di lavoro, innesca un processo virtuoso È forse alla luce di questo che possiamo spiegare il caso di A., un’infermiera che nella Sala Prelievi è stata letteralmente presa per il collo e strattonata da una paziente extracomunitaria invitata a non alzare la voce poiché la signora protestava per non pagare il ticket. A. ha fatto la denuncia, e, a fronte di altri colleghi che l’hanno successivamente ritirata perché il denunciato era pregiudicato e hanno avuto paura (decisione comunque comprensibile), A. l’ha ritirata perché davanti al giudice di pace ha perdonato. Le è stato chiesto perché. La mia famiglia mi ha insegnato così, ha asserito, e poi sono arretrata davanti al fatto che la signora era sola, con una bambina piccola e con difficoltà economiche. E ha aggiunto: lavorare dieci anni in Sala Operatoria, e dieci nel Reparto di Terapia Intensiva mi hanno insegnato a passare sopra a molto. Ancora più ammirevole il caso di E.: al Pronto Soccorso un detenuto impossessatosi della pistola di un agente di Polizia Penitenziaria ha preso in ostaggio una ragazza che assisteva la madre moribonda puntandole la pistola alla tempia e minacciando di ucciderla se non lo avessero lasciato scappare. E. si è proposta per un cambio (accettato) purché lasciasse la ragazza, rischiando la propria vita. Un atto di coraggio certo, ma anche di compassione nei confronti della ragazza che, mi ha detto E. “aveva già i suoi problemi”. Ciò nonostante gli operatori sanitari consultati qualche lamentela l’hanno espressa: quella più frequente riguarda la mancanza di educazione e rispetto che sovente riscontrano negli utenti e nei loro congiunti. Le persone si sono mostrate meno insofferenti alle carenze del luogo di lavoro (edilizie, di personale, di organizzazione) piuttosto che alla mancanza di cortesia e gentilezza che del rispetto costituiscono il risvolto pratico, riscontrata nell’utenza. Infatti lungi dall’essere un segno di debolezza, cortesia e gentilezza sono semmai un segno di considerazione dell’Altro, un elemento pro-sociale atto a migliorare il vivere comune. Rispetto dunque da esigere dall’utenza in modo prioritario, ma da sperimentare anche con i colleghi in una integrazione continua: veniva rilevato infatti che le diverse competenze, accademiche per i più giovani, o esperenziali per i più anziani, erano nell’insieme motivo di formazione e crescita comune, sebbene a volte questo fosse difficile con colleghi di nuova assunzione, magari extracomunitari, con cui il dialogo risultava difficile anche per problemi di lingua. u GIUGNO 2013 35 Salute CONCLUSIONI Le aggressioni sul luogo di lavoro sono una realtà nota in ambiente ospedaliero. Gli operatori oggetto dello studio, contrariamente alle aspettative, non si sono considerati delle vittime, e sicuramente non hanno denunciato un disturbo post traumatico da stress. Possiamo sottolineare alcuni aspetti esplicativi di questo riscontro: il primo riguarda la bassa età media degli “aggrediti” che ha permesso loro di non essere ancora “saturi” di condizioni lavorative sicuramente più problematiche di altre. Un secondo aspetto riguarda (per molti) la forte motivazione iniziale che li ha portati a scegliere questa professione: esplicitamente alcuni di loro hanno confermato l’irrinunciabilità di svolgere un lavoro di “relazione” con l’Altro, esigenza maturata sia in seguito a vicende personali (persone care perse senza poter essere loro d’aiuto) sia perché giudicavano troppo noioso un lavoro a tavolino. Un terzo aspetto, probabilmente consequenziale a quest’ultimo, riguarda l’impressione di benessere lavorativo che scaturiva dai loro racconti, benessere che si basa sulla natura relazionale del loro lavoro, fonte sicuramente in molti casi di fenomeni di burn out, ma capace in altri di fornire quello che L. Mortari (11) definisce il guadagno esistenziale che possono sperimentare gli operatori impegnati nelle pratiche dell’ “aver cura”. ¢ BIBLIOGRAFIA 1. National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH): Violence – Occupational Hazard in Hospitals. April 2002. 2. Nogareda, C. (1990). Valoraciòn de la carga mental en el servicio de urgencias de un hospital. Salud y Trabajo, 2. 3. Arnetz, J.E., Arnetz, B.B., Petterson, I.L. (1994). Violence, Sexual and Psychological Harassment Toward Nurses: Occupational and Lifestyle Factors. Stockholm: National Institute for Psychosocial Factors and Health. 4. Beck, C., Robinson, C., Balwin, B. (1992). Improving documentation of aggressive behaviour in nursing home residents. Journal of Gerontological Nursing, 18, 14-19 5. Chappell, D. & Di Martino, V. (2000) Violence at work. Geneva: International Labour Office. 6. 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(2002) La pratica dell’aver cura Milano Mondadori 36 GIUGNO 2013 BIBLIOGRAFIA DI APPROFONDIMENTO Amati G, Robone MG Il triage infermieristico: aspetti psicologici, problematiche relazionali ecomunicative, ipotesi formative in IL TRIAGE IN PRONTO SOCCORSO, MA Bressan, Pavia 2003 Alden, L. E., Wallace, 5. T., Social phobia and social appraisal in succesful and unsuccessful social interactions, in Behavioor Research and Therapy, 33,497-506, 1995. Anchisi, R. e Gambotto Dessy, M. (1997). La situazione emozionale dell’infermiere nell’area d’urgenza e il burn-out . In Atti del Congresso Nazionale della Federazione Italiana di Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso - Assisi 5-8 Novembre 1997. Napoli: Editrice l’Antologia. Aronson, E., Pratkanis, A. R., Social Psychology, Cheltenham, Glouchestershire: Edward Elgar Bandura Aggression: a social learning analysis. Prentice ilalì, Englewood Cliffs (N.J.). Barret, S., Jarvis, W. T., The Health Robbers, Buffalo, N.Y.:Prometheus Book, 1993. 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Roma: Astrolabio www.societadiergonomia.it. www.ministerosalute.it www.cdc.gov/niosh www.osha.gov/Publications/osha3148.pdf Salute Venerdì 22 marzo si è tenuta nei locali del Comune di Torino, l’inaugurazione ufficiale del Centro Fida Torino – CPF, Centro di Psicoterapia e Formazione per la cura dei Disturbi Alimentari: una struttura operativa che fa parte della Federazione Italiana Disturbi Alimentari. Fida è una federazione costituita da otto associazioni situate in varie città italiane che condividono un modello di cura multidisciplinare integrato ad orientamento psicoanalitico. La giornata inaugurale è stata caratterizzata da un incontro dal titolo: “Disturbi Alimentari… Parliamone” al quale hanno partecipato numerosi specialisti attivi in questo campo. Queste patologie sono oggi una vera e propria epidemia sociale; in Italia, secondo il Ministero della Salute, soffrono di DCA circa tre milioni di persone. Inoltre, negli ultimi anni, le fasce d’età colpite sono sempre più ampie e vanno dall’infanzia alla maturità e negli ultimi dieci anni, anche la popolazione maschile è stata colpita da questa patologia portando alla luce nuovi sintomi come l’ortoressia* e la bigoressia**. 38 GIUGNO 2013 * È una forma patologica di attenzione esagerata verso l’alimentazione in cui si individuano regole ferree e alla scelta del cibo esaminando in forma maniacale e rigida le sue caratteristiche. Può essere accompagnata dalla paura di ingrassare o di non essere in perfetta forma, e conduce, generalmente, a un risultato opposto a quello auspicato. Questo rapporto insano con l’alimentazione, negli ultimi decenni, nei paesi industrializzati, è stato favorito dal bombardamento mediatico su quello che giova o danneggia salute. In campo alimentare ricordiamo tutti le campagne stampa terrorizzanti sui pericoli del “morbo della mucca pazza”, dell’ influenza aviaria e dell’influenza suina che hanno messo in ginocchio gli allevatori italiani; per non parlare delle “mozzarelle blu” o alla diossina, del vino al metanolo, del pesce al mercurio o degli alimenti OGM... Queste campagne stampa allarmistiche, fondate su un uso distorto e disinvolto dello scoop hanno favorito senz’altro il rapporto sempre più nevrotico col cibo e l’alimentazione. (NiFe) ** È un neologismo che origina dalla fusione del termine inglese (big = grande) e quello latino (orex = appetito) ma non c’entra nulla con la bulimia: la bigoressia identifica infatti la mania di avere un corpo più muscoloso e più magro di quello che attualmente si ha o si percepisce. È una patologia caratterizzata da insanabile insoddisfazione per il proprio aspetto fisico che porta tra l’altro a perdere peso e massa muscolari, causando l’effetto opposto di quello auspicato, per le diete folli che questi malati adottano. La bigoressia è caratterizzata infatti da un comportamento alimentare punitivo che prevede rigide e pericolose regole, peggiorate in molti casi dall’uso di steroidi anabolizzanti e di altre sostanze dopanti con le quali si cerca, in modo sempre più disperato, di recuperare la massa muscolare persa per i comportamenti alimentari dissennati (NIFe) DISTURBI ALIMENTARI... PARLIAMONE Massimo Labate I NUOVI DI STURBI ALIMENTARI Noi clinici abbiamo constatato anche un cambiamento rispetto alla sintomatologia: infatti, accanto ai sintomi classici come anoressia, bulimia e alimentazione incontrollata, troviamo sempre più patologie parziali in cui sono presenti solo alcuni tratti della sintomatologia classica. Queste forme di disturbi alimentari, definite sotto-soglia, non devono essere sottovalutate perché possono evolvere in patologie più gravi o cronicizzarsi. Partendo da queste considerazioni, la giornata è stata un momento di riflessione, informazione e scambio fra professionisti appartenenti a vari ambiti sia clinici che culturali, in merito alle diverse modalità in cui possono manifestarsi i disturbi alimentari. Il dibattito si è svolto, principalmente, attraverso una tavola rotonda dal titolo: “Uno, nessuno, centomila: diversi volti dello stesso problema o problemi differenti?”. Il confronto fra i vari professionisti ha fatto emergere la difficoltà nell’individuazione di queste patologie che, se non manifestate in forme gravi, tendono ad essere sottovalutate sia dai soggetti sia dalla cultura. Nell’ambito dello sport, dei mass-media e della moda spesso il corpo magro viene enfatizzato e valorizzato come immagine a cui uniformarsi per avere successo: il sintomo viene vissuto in modo ego- sintonico e dunque non viene curato. In altri ambiti, invece, queste patologie vengono confuse o mascherate da altri sintomi: uso di sostanze, abuso di alcolici, abusi e maltrattamenti subiti nell’infanzia o nell’età adulta, amenorrea allergie o intolleranze alimentari… tutti segnali che nella maggior parte dei casi mascherano un disturbo alimentare. Dal confronto della tavola rotonda è emersa l’importanza di un lavoro di prevenzione da effettuare in vari ambiti e della necessità di poter effettuare precocemente una diagnosi poichè la mancanza di cure e il protrarsi negli anni di questa sintomatologia spesso conduce ad una cronicizzazione del disturbo che in seguito diventa molto difficile da trattare. Si è evidenziato come la cura sia lunga e complessa e necessiti di una equipe multidisciplinare composta da più figure professionali che lavorino in una costante integrazione in modo da poter costruire e garantire ai pazienti un trattamento idoneo che tenga conto della loro individualità e della specifica situazione clinica. L’OFFERTA SANITARIA DEI CENTRI DI PSICOTERAPIA E FORMAZIONE PER LA CURA DEI DISTURBI ALIMENTARI I vari membri dell’equipe nei loro interventi hanno evidenziato come all’interno del Centro CPF i percorsi terapeutici siano sempre costruiti sulle esigenze di ciascun soggetto e la cura si articoli attraverso colloqui preliminari, psicoterapia individuale e/o di gruppo, terapie espressive, monitoraggio dei parametri medico-nutrizionali, consulenza psichiatrica, sostegno e trattamento dei familiari. Il Centro lavora in rete per le situazioni che necessitano di interventi più intensivi, con ospedali, case di Cura e Comunità terapeutiche in modo da poter sempre garantire, a seconda del livello di gravità, l’intervento più idoneo mantenendo, però, la continuità delle cure. ¢ GIUGNO 2013 39 Cultura UMANO, TROPP Questo articolo, che riporta la doppia firma di Giacomo Milillo e Giuliano Bono, è già stato pubblicato dalla rivista “Colloquia” (Anno 17| N.2| aprile-giugno 2012) con lo stesso titolo. Lo riproponiamo in questi tempi di tagli, di risparmi coatti portati all’estremo limite della messa in discussione dello stesso diritto alla tutela della salute, con la formattazione caratteristica di Torino Medica. Ringraziamo di questa possibilità Manuela Baroncini (Ufficio Editoriale Periodici del Pensiero Scientifico Editore) che ci ha concesso la liberatoria a titolo gratuito. Nel ritornare al titolo del trattato di Friedrich Wilhelm Nietzsche al quale il titolo di questo articolo sembra ispirarsi, potremmo aggiungervi anche il sottotitolo adattato di quella importantissima pubblicazione ottocentesca: “Un articolo per spiriti liberi”. Questo articolo è infatti un testo di “filosofia della medicina” che trasuda amarezza, disincanto ma anche la speranza non esplicitata che un’inversione di tendenza della cultura prevalente nella nostra società possa realizzarsi. La Medicina e la Sanità sono frutto infatti dell’ambiente culturale in cui vengono fatte nascere e vivere ma… Non dovremmo mai dimenticare che il 1978, anno di nascita del nostro Servizio Sanitario Nazionale, è stato l’anno in cui Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana viene rapito dalle Brigate Rosse, detenuto per 55 giorni, assassinato e poi fatto ritrovare, cadavere, in Via Caetani a Roma, a metà strada tra la sede della DC e del PCI che avevano dato vita alla stagione politica del “Compromesso Storico”. In uno dei momenti più bui, più drammatici e inquietanti della storia repubblicana d’Italia due colpi d’ala per una delle molte rinascite civili e culturali di questo Paese: nasce il Ssn e si chiudono i manicomi. Nicola Ferraro 40 GIUGNO 2013 PO UMANO... Giacomo Milillo Segretario Generale Nazionale della Federazione Nazionale Medici di Medicina Generale (Fimmg) Giuliano Bono Fimmg, Torino Dal momento che per natura siamo umani, se si pone il problema dell’umanizzazione significa che qualcuno ci ha disumanizzato, che qualcuno ha fatto si che la cura prestata all’individuo malato fosse disumanizzante, cioè non adatta ad un essere umano. Si accusa il progresso scientifico che avendo messo a disposizione TERAPIE sempre più efficaci, avrebbe fatto venir meno il bisogno di CURA: come se la diffusione delle automobili avesse provocato il massacro dei cavalli. Come è possibile che la produzione di farmaci, come gli antibiotici, che negli anni cinquanta ha portato ad una svolta mai vista nell’aspettativa di vita degli esseri umani sconfiggendo le malattie infettive, abbia cambiato anche il paradigma del rapporto tra malato e curante ? È come se le automobili fossero state usate per mettere sotto i cavalli, e non per migliorare la nostra possibilità di spostamento. In realtà la progressiva spersonalizzazione della relazione di cura è stata dovuta all’uso della tecnica, e il progresso scientifico non ha colpe. È come se l’invenzione della lampadina dovesse essere considerata deleteria, perché qualcuno ci obbliga a tenerle accese sempre, con l’insonnia generalizzata che ne consegue. Gli antibiotici non sono dannosi, è l’uso dissennato, cioè privo di senso, smoderato, inappropriato, che ha fatto sì che, già a pochi anni dalla loro commercializzazione, comparissero resistenze batteriche. Il nodo sta nella nostra struttura economico sociale, per cui un’invenzione per essere buona, deve essere du- plicata ancora e ancora all’infinito, senza senso. E se viene prodotta deve essere consumata. E su questo i medici non ci possono far nulla, semmai possono intervenire come cittadini. IL “TECNICO DELLA SALUTE” Negli anni ’70 si teorizza il superamento del medico tradizionale, egli diventa un “tecnico della salute”: la conoscenza tecnica delle malattie e dei farmaci adatti prevale sull’attenzione per il malato. Si utilizza il paradigma delle malattie infettive (se c’è in corso una epidemia ciò che è necessario è avere a disposizione e distribuire rapidamente l’antidoto) per ogni malessere. Piuttosto i medici sono stati attratti dalla facilità di apprendimento e di utilizzazione del progresso tecnico e scientifico: paradossalmente ciò che sembra difficile, l’apprendimento e l’insegnamento del risultato scientifico, è molto più facile della formazione di un professionista competente e capace di prendersi cura dell’altro che soffre. Insegnare il u GIUGNO 2013 41 Cultura sapere sembra sempre più difficile, mentre è più difficile formare al saper essere. Il sapere medico viene ridotto interamente alla oggettività, alla misurabilità dei fenomeni, alla ricerca del determinismo delle cause, come se la medicina fosse una scienza esatta, e non l’applicazione della scienza ad un soggetto, con tutta l’incertezza che la pratica clinica sempre si porta dietro, con una fallibilità ineliminabile. La responsabilità dei medici viene tirata in campo dalla medicalizzazione della società, cioè la convinzione che esista un rimedio per ogni stato di malessere, insoddisfazione o disagio. Certo che su questo versante è intervenuta pesantemente l’industria che per la vendita pubblicizza prodotti che dovrebbero avere un impatto sulla salute, ma ci stanno anche le esagerate promesse di clinici e ricercatori che enfatizzano risultati e osservazioni preliminari e propongono da giornali di divulgazioni e talk show televisivi, con sorrisi accattivanti e sicurezza onnipotente, “una pillola per ogni problema”. Se c’è una pillola per ogni problema, il problema diventa una malattia, non serve alcuna attenzione per il soggetto che presenta il problema, basta avere un bagaglio sempre più ampio di pillole. Un’altra conseguenza della medicalizzazione sta nell’abbassare la soglia del rischio, senza sapere se ciò si tradurrà in un vantaggio per il paziente. Ad esempio val la pena di trattare una modesta ipertensione, quella che supera di poco il valore di 140/90? Sarebbe certamente utile se permettesse di ridurre la probabilità di avere un ictus, ma una recente revisione sistematica del Cochrane Center ci informa che anche se si controlla l’ipertensione lieve non cambiano la mortalità, l’incidenza di malattie coronariche o di ictus. Bisogna intervenire sugli stili di vita, molto più difficile che distribuire pillole. L’UMANIZZAZIONE DELLA MEDICINA L’umanizzazione è la risposta alla progressiva spersonalizzazione del rapporto terapeutico all’interno di una medicina che si vorrebbe sempre più tecnologica e scientifica. Pensiamo che sia perdente pensare l’umanizzazione come un insegnamento a latere delle altre discipline, creando un’altra figura di specialista esperto di umanizzazione. Non basta essere gentili, educati, buonisti per risultare automaticamente più umani. È un problema di metodo nella formazione dei medici, quelli esistenti e quelli futuri: accanto alla competenza tecnica e scientifica (se non c’è competenza non c’è professionista) è necessaria una preparazione culturale all’ascolto, alla relazione, alla comunicazione, alla “attenzione antropologica” come dice Ivan Cavicchi. I bisogni primari dell’uomo sono sempre stati il sollievo dal dolore o dal sentirsi male, controllo della paura della morte, che ogni malessere evoca, desiderio di allontanarla. Si chiede aiuto al medico (un’altra persona, non un tecnico) quando non ci si sente più in grado di prendersi cura da solo della propria persona. Quindi per aiutarsi tra persone umane occorre capirsi, creare relazioni. La relazione medico-paziente è un modo di conoscere il malato e i suoi problemi. La medicina non è solo scienza, ma anche necessità di dare risposte, persino quando queste non sono chiarite dalla scienza. È relazione tra persone in un sistema di valori, in un contesto sociale dato dall’ambiente in cui il soggetto vive, ha esperienze e credenze. Il professionista della salute deve imparare a distinguere il sé dall’altro: molte cose che si attribuiscono al malato appartengono spesso alle convinzioni, agli automatismi di chi lo sta osservando. Solo l’ascolto empatico permette di uscire dal sé e avvicinarsi all’altro. L’EMPATIA Empatia è la capacità di mettersi nei panni dell’altro, senza provare le stesse emozioni, la comprensione di ciò che l’altro sta sentendo e che fa fatica ad esprimere, l’accettazione senza giudizio. L’empatia è una abilità che si può imparare. Così come si può imparare a comunicare. La comunicazione della diagnosi è già terapia, è il presupposto dell’alleanza per curare: se capisco il mio stato, accetterò le terapie, sarò in grado di decidere quali terapie scegliere (diritto inalienabile di ogni cittadino). La comunicazione crea un ponte 42 GIUGNO 2013 tra le persone e permette a chi soffre di uscire dalla solitudine, di controllare l’angoscia di sentirsi male senza rimedio: la comunicazione mi fa sentire curato, non solo la prescrizione di un farmaco. Tra il benessere clinico, che il medico presuppone per il paziente, e il benessere che solo il paziente conosce ed è in grado di accettare, far suo, esiste uno spazio, talora divergente, che va riempito col dialogo. Il medico è un interprete e un traduttore delle potenzialità della medicina. La tecnica ci aiuta a fare diagnosi di malattia, ma soltanto un medico come persona può darci la diagnosi del malato. Al di fuori della traumatologia e delle emergenze, la malattia non è una entità concreta esistente al di fuori e al di sopra dell’ammalato. LA MEDICINA GENERALE E IL NOSTRO SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE La medicina generale o di famiglia da sempre privilegia la persona rispetto alla malattia e pone al centro la relazione medico paziente non solo nei proclami deontologici e nei convegni, ma anche nell’attività clinica quotidiana. Il medico di medicina generale vive nel territorio, lo stesso dei suoi assistiti, è abituato di fatto a risolvere problemi e non solo malattie, più a fianco dei cittadini che ossequioso verso le regole dettate da protocolli e da percorsi diagnostici-terapeutici, utili ma concepiti nell’astratto bisogno di metterci dentro tutte le possibilità, obbligato ad una osservazione globale della persona. Per questo può risultare più umano, se rifiuta la sudditanza ad una scienza che si vorrebbe esatta, ma che esatta non può essere, se è consapevole che la sua professione è un’altra medicina una disciplina legata alla scienza sì, ma necessariamente e oggettivamente diversa dalla cardiologia ospedaliera, dalla gastroenterologia ospedaliera, dalla pneumologia ospedaliera e da tutte le altre. Il nostro sistema sanitario riconosciuto dagli organismi internazionali uno dei migliori al mondo è stato costituito proprio secondo principi di universalità, di bene comune e le unità sanitarie erano predisposte a produrre cure, terapie, assistenza, ma anche giustizia, uguaglianza, rispetto, umanità, non un’impresa, copiata dal mondo manifatturiero, ma un servizio. Le leggi di riforma degli anni ’90 le hanno trasformate in aziende con scopi di risparmio economico, con l’obiettivo di produrre dei beni economici: spese e costi. Quindi l’oggettivazione più assoluta, dove è più facile tagliare gli operatori di salute (medici e infermieri), che sprechi e abusi, dovuti alla medicalizzazione della società e a interessi di lobby che nulla hanno a che vedere col benessere dei cittadini. Uno strumento in più e quaranta infermieri in meno: quale umanizzazione può favorire una nuova Risonanza Magnetica Nucleare? Ben sapendo, come affermato dalla Società Italiana di Radiologia recentemente, che circa la metà degli esami fatti sono inutili? ¢ Cultura IL BAMBINO DI CIOCCOLATO 44 GIUGNO 2013 Innanzi tutto qualche informazione e spiegazione. Il titolo dell’articolo è anche quello di un libro del 2009 ormai fuori catalogo: edito da PONTE ALLE GRAZIE, costava 15 euro. La presentazione di questo testo, al di fuori della sua rubrica “naturale” non è però dovuta al fatto che il volumetto (210 pagine) forse si trova ancora ma con grande difficoltà. Sono le tematiche di questo libro ad avere “il fiato giusto” per figurare in questa rubrica dove la Medicina e la Sanità vengono affrontate come manifestazioni della cultura. Altra “anomalia”: è lo stesso autore del libro a presentare i temi prevalenti e le riflessioni più importanti raccontate in questo saggio. Ultima notazione riguarda il bel titolo del libro. “Il bambino di cioccolato” rappresenta un’efficace sintesi linguistica della concezione consumistica del bambino che pervade la nostra società. Una proiezione del proprio Io quando la figura presa in esame è il genitore, “il nostro futuro”, “i piccoli uomini”, o “un target di consumatori influenti”… quando è la società nel suo complesso a confrontarsi con i suoi rappresentanti più piccoli. Il risultato è che i bambini troppo spesso vengono “consumati” proprio come cioccolatini e usati come strumento di piacere da parte degli adulti che, quando va bene, li considerano “piccoli uomini” ma che invece dovrebbero essere considerati sempre, soltanto, semplicemente… bambini. Un’entità antropologica diventata, oltre che rara, anche di natura confusa e per certi versi persino oscura. L’autore del libro e dell’articolo è Roberto Grande, medico specializzato in neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta di formazione junghiana, perfezionata presso il C.G.Jung Institute di Zurigo. NiFe Bambine extracomunitarie che scelgono di non parlare, perché la società occidentale, nella quale sono piombate, è troppo veloce e aggressiva per loro; bambini con il groppo in gola, che soffrono l’assenza di un padre e rifiutano di mangiare: non inghiottono il cibo, i bocconi rimangono nell’esofago, a metà strada fra mente e cuore, mentre il genitore lontano resta dentro di loro, hanno trasformato il “ti amo da morire” in odio, sentimento che lo psicoterapeuta cercherà di cavare come un dente guasto. Adolescenti con la gastrite, figli di madri apprensive, che non vogliono vedere; adulti cocciuti, orgogliosi, competitivi, sempre in cerca di nemici da combattere; tredicenni con vestiti griffati e una quantità di oggetti preziosi, ma senza l’unica che interessi loro davvero: l’affetto del padre, la sua “presenza”. Cosa sta nascosto dietro il mutismo elettivo, la bulimia, la colite spastica, la fobia scolare? Individui e le loro vicende; umane prima e cliniche poi. DIECI STORIE Le storie che narro sono i casi esemplari di cinque bambini e cinque adolescenti. In primo piano ci sono loro, e con loro un mondo di fretta, di soldi, di consumi, di parole mal dette o mai dette, di emozioni soffocate, di paure. Di genitori distratti che, per un figlio “malfunzionante”, chiedono solo una rapida riparazione. Di un mondo adulto solo in apparenza, al quale bisogna chiedere di crescere per i suoi figli, insieme a loro, affinché diventi un mondo migliore di questo. Propongo dieci storie cliniche di bambini e adolescenti nelle mareggiate dell’egotismo contemporaneo, nella carestia di umano e nell’epidemia di “egobesità” che ha invaso le nostre vite. Separata dal coinvolgimento degli adulti, la cura psicologica dei bambini spesso fallisce. Quindi bisogna occuparsi della posologia non solo del Risperidone ma anche del tempo da dedicare ai figli, rubato e sostituito con i rituali propri dell’Homo Oeconomicus, quali andare in un centro commerciale la domenica a fare un giro. La mia professione è ascoltare i genitori e provare ad evitare che i disagi dei bambini diventino patologie; parlare ai genitori di pietas, del coraggio e della stanchezza, oltreché di farmaci e protocolli clinici. UNA TESTIMONIANZA DELLA SOFFERENZA INFANTILE Narrare i casi clinici dei bambini significa testimoniare la loro sofferenza, perché immersi in una società incapace di ascoltare e leggere i malesseri degli individui, pervasa da una dimensione autistica collettiva, per dirla alla Jung. Incapace di capire che i fatti di cronaca nera, gli omicidi tra vicini di casa o familiari, sono sempre meno “improvvisi” di quello che si pensa, ma nessuno sa - o vuole - coglierne i segnali premonitori; che non riconosciamo i nostri figli come altro da noi perché non riconosciamo gli altri in quanto individui ma solo come oggetti più o meno utili. Così inteso, il bambino diventa un cioccolatino, concepito e comprato, scartato e divorato, come nel mito di Crono-Saturno, in nome del nostro “benessere”, in una forma metaforica di cannibalismo. Allora diventa troppo tardi. Quando si instaura la patologia di un piccolo Hans moderno che trasforma la propria fobia in un disturbo dirompente della condotta e non va più a scuola, la Sanità paga, noi paghiamo Tribunali, avvocati, medici, farmaci, assistenti sociali, educatori, pedagogisti, neuropsichiatri, psicologi. La sanità é al collasso, i servizi di Neuropsichiatria Infantile con essa. Dedicare risorse alla prevenzione deve essere la cosa più importante. Abbiamo bisogno di genitori e amministratori della sanità che da buoni padri della salute collettiva sappiano guardare al futuro dei loro figli e siano consapevoli di quanto spenderanno se un bambino depresso diventa un adolescente aggressivo e un adulto alcolizzato e sociopatico che provoca un incidente stradale mortale. ¢ GIUGNO 2013 45 La ricerca in Provincia IL TRATTAMENTO CHIRURGICO DELL’ IPERIDROSI IDIOPATICA LOCALIZZATA Elena LISI Luca ERRICO Francesco ARDISSONE Università degli Studi di Torino SCDU Chirurgia Toracica AOU San Luigi Gonzaga Orbassano La sudorazione è un fenomeno fisiologico che si manifesta nell'organismo con finalità di termoregolazione o in risposta a condizioni di stress emotivo: nel primo caso (sudorazione termica), è controllata dall’ipotalamo e stimolata dall'attività fisica o dall'esposizione a elevate temperature ambientali; nel secondo caso (sudorazione emozionale), è controllata dalla corteccia cerebrale e stimolata da situazioni ansiogene. L'iperidrosi, viceversa, è una condizione patologica caratterizzata da una sudorazione in eccesso rispetto a quella necessaria per la normale termoregolazione. Può essere generalizzata o localizzata (al volto, ai cavi ascellari, alla superficie palmare delle mani o a quella plantare dei piedi), idiopatica o secondaria a stati parafisiologici o patologici (menopausa, obesità, ipertiroidismo, ipertensione, diabete mellito, infezioni) e all’impiego di alcuni farmaci (antipiretici, antidepressivi, beta-bloccanti). L'iperidrosi idiopatica localizzata ha un'incidenza stimata tra l'1 e il 3% della popolazione mondiale, con variazioni legate principalmente alle condizioni climatiche e alla percezione soggettiva del disturbo. Colpisce entrambi i sessi con eguale frequenza e si manifesta prevalentemente in adolescenti o giovani adulti (1,2). NOTE DI ANATOMIA E FISIOLOGIA Il tronco o catena del simpatico toracico è costituito da un numero variabile di gangli (nella maggioranza dei casi se ne identificano 10-11) tra loro collegati, situati subito al di sotto della pleura parietale costale, anteriormente ai vasi intercostali e alla testa delle coste. (FIGURA 1) 46 GIUGNO 2013 Il primo ganglio toracico è spesso fuso con il ganglio cervicale inferiore a formare il ganglio stellato. Ciascun ganglio riceve un ramo comunicante bianco dal nervo spinale corrispondente e dà origine a un ramo comunicante grigio in rapporto con lo stesso nervo spinale. Il ramo comunicante bianco contiene fibre simpatiche pregangliari, quello grigio fibre simpatiche postgangliari. Le fibre pregangliari deputate a innervare il volto, il collo e l’arto superiore originano per lo più a livello di T2 e T3. Di qui si dirigono verso l’alto, in parte contraendo sinapsi in corrispondenza del ganglio stellato dal quale fibre postgangliari entrano in rapporto con il plesso brachiale e si distribuiscono al cavo ascellare e all’arto superiore. Le restanti fibre pregangliari risalgono fino al ganglio cervicale superiore dal quale originano fibre postgangliari destinate al volto e al collo. Le fibre simpatiche postgangliari sovraintendono alla vasocostrizione a livello cutaneo e stimolano la secrezione delle ghiandole sudoripare e salivari nonché la motilità dei muscoli dilatatore della pupilla, ciliare, orbitario e elevatore della palpebra (3,4). Tra le varianti anatomiche del secondo nervo spinale toracico è da menzionare il nervo di Kuntz, un ramo nervoso incostante (identificabile nel 68% circa dei casi) che connette fra loro il primo e il secondo nervo toracico e del quale sono stati descritti quattro tipi. L’identificazione e interruzione del nervo di Kuntz rivestono grande importanza nel trattamento chirurgico dell’iperidrosi idiopatica localizzata (5,6). Nella cute dell’uomo sono presenti due tipi di ghiandole sudoripare fra loro funzionalmente distinti: le ghiandole eccrine e quelle apocrine. Le ghiandole eccrine sono innervate da fibre colinergiche postgangliari appartenenti al simpatico, costituiscono la maggioranza delle ghiandole sudoripare, hanno sede elettiva nei cavi ascellari, sulla superficie palmare delle mani e su quella plantare dei piedi, e producono una secrezione ipotonica inodore che, se in eccesso, è responsabile dell’iperidrosi. Nei pazienti affetti da iperidrosi idiopatica localizzata si osserverebbero una più elevata produzione basale di sudore e una risposta esagerata ai normali stimoli (1,2,7,8). TERAPIA CONSERVATIVA Esistono diversi trattamenti conservativi per l'iperidrosi idiopatica localizzata: antitraspiranti topici (contenenti cloruro di alluminio), farmaci anticolinergici (glicopirronio bromuro), tossina botulinica e ionoforesi (1,2,7,8). Il cloruro di alluminio, indicato nell'iperidrosi ascellare, agisce coniugandosi con la cheratina e formando un composto insolubile che ostruisce meccanicamente i pori sudoripari. E’ contenuto in deodoranti o creme a concentrazioni variabili dall’1-2% al 20-25% e va applicato su cute asciutta, solitamente la sera. Perché abbia efficacia, va mantenuto in sede per 6-8 ore; la frequenza delle applicazioni è correlata all'intensità delle manifestazioni cliniche (da due volte a settimana a quotidiana). Può essere responsabile di reazioni cutanee irritative sia immediate che tardive, dovute alla formazione di acido cloridrico. Il glicopirronio bromuro è un farmaco anticolinergico, non commercializzato in Italia (9). Il suo impiego nel trattamento dell'iperidrosi (2 mg per os tre volte al giorno) non risulta supportato da studi clinici ed è gravato da effetti collaterali dose-dipendenti secondari all'attività antimuscarinica del principio attivo, quali secchezza delle fauci, disturbi dell'accomodazione, fotofobia, glaucoma, ritenzione urinaria, stipsi e tachi-aritmie. La tossina botulinica agisce bloccando la liberazione dell’acetilcolina a livello delle terminazioni nervose presinaptiche. Iniettata a livello ipodermico sulla superficie cutanea interessata, inibisce la secrezione delle ghiandole sudoripare ivi presenti; è in grado di ridurre la sudorazione per un periodo medio di 3-4 mesi, ma richiede l’esecuzione ripetuta di 20-40 iniezioni locali. E’ una terapia approvata dal Servizio Sanitario Nazionale per il trattamento della sola iperidrosi ascellare. La ionoforesi è una tecnica indicata nell'iperidrosi palmare o plantare e consiste nell'applicare una corrente continua a bassa intensità che, provocando una coagulazione proteica locale, determina l'ostruzione dei dotti delle ghiandole sudoripare. Si effettua immergendo le mani o i piedi in una L’iperidrosi idiopatica localizzata ha un’incidenza stimata tra l’1 e il 3% della popolazione mondiale, con variazioni legate principalmente alle condizioni climatiche u e alla percezione soggettiva del disturbo. Colpisce entrambi i sessi con eguale frequenza e si manifesta prevalentemente in adolescenti o giovani adulti Figura 1: Visione endoscopica della catena del simpatico toracico. GIUGNO 2013 47 La ricerca in Provincia soluzione elettrolitica, con un generatore di corrente che va impostato a un massimo di 20 mA. Deve essere praticata inizialmente almeno 3 volte a settimana per 20-30 minuti consecutivi (l'efficacia è strettamente dipendente dalla costanza dell'applicazione). Può causare irritazione cutanea e parestesie dolorose. TERAPIA CHIRURGICA: INDICAZIONI E TECNICHE OPERATORIE Ni.Fe. Dal Comunicato stampa dell’ASL TO 2 di Silvana Patrito Nei pazienti affetti da iperidrosi idiopatica localizzata a livello cranio-faciale, palmare o ascellare che presentino marcate alterazioni della vita di relazione (affettiva, sociale, lavorativa) e che non abbiano tratto beneficio dalla terapia conservativa, può essere indicato il trattamento chirurgico. L'intervento di interruzione della catena del simpatico toracico viene eseguito in videotoracoscopia (VATS), in anestesia generale, per lo più mediante intubazione monopolmonare selettiva, tramite uno o due accessi pleurotomici; può essere compiuto in due sedute sequenziali o bilateralmente nella stessa seduta operatoria. Le tecniche utilizzate sono le seguenti (2,10): simpaticofrassi o blocco della catena del simpatico toracico, che si effettua mediante apposizione di clips in titanio (biocompatibili e amagnetiche) a livello di un ramo intergangliare e che rappresenta l’unica tecnica potenzialmente reversibile (11,12); simpaticotomia o sezione della catena, che può essere realizzata mediante bisturi elettrico o a ultrasuoni (13-15); simpaticectomia o ablazione di un tratto della catena, comprendente o meno uno o più gangli (16,17). Qualora vengano individuati, vanno sezionati i rami comunicanti e il nervo di Kuntz, in quanto potenziali responsabili di una recidiva della sintomatologia (5,6,18,19). Il livello di interruzione della catena del simpatico viene stabilito in base alla sede dell'iperidrosi (anche se vi è da sottolineare l’assenza di un accordo unanime fra i diversi autori a tale proposito [2]): nella forma cranio-faciale, associata o meno ad eritrofobia, è indicato l'intervento a livello del ramo intergangliare inferiore del secondo ganglio toracico (T2). E’ questo l'intervento a maggior rischio di sindrome di Claude Bernard - Horner e di insorgenza di sudorazione compensatoria (cfr. “Complicanze ed effetti collaterali della chirurgia”). Nella forma palmare è possibile intervenire sia a livello del terzo (T3) che del quarto (T4) ganglio: nel primo caso si ottiene un miglior risultato in termini di secchezza delle mani, nel secondo l'incidenza di sudorazione compensatoria è inferiore. Nella forma ascellare il livello d'elezione è T4. In presenza di una iperidrosi plantare isolata, non è indicata l'interruzione chirurgica del simpatico toracico. Tuttavia, nelle forme associate a ipersudorazione palmare e/o ascellare, è possibile ottenere un certo beneficio dall’interruzione del simpatico toracico eseguita a livello di T4 o di T4 e T5. COMPLICANZE ED EFFETTI COLLATERALI DELLA CHIRURGIA La complicanza postoperatoria più comune è il pneumoto- 48 GIUGNO 2013 race, in genere di lieve entità e tendente alla risoluzione spontanea; tale complicanza può essere prevenuta posizionando un drenaggio nel cavo pleurico attraverso una delle due pleurotomie al termine dell'intervento; qualora si scelga, invece, di non posizionare alcun drenaggio, è necessario eseguire una radiografia del torace di controllo alcune ore dopo l'intervento chirurgico (20,21). Il principale effetto collaterale dell’interruzione chirurgica della catena del simpatico toracico è la sudorazione compensatoria, che si definisce come un aumento della sudorazione fisiologica in regioni corporee originariamente non colpite da iperidrosi. Le sedi più comuni sono l'addome, il dorso, le pieghe inguinali e la superficie plantare dei piedi. Il rischio che si manifesti e la sua intensità sono tanto maggiori quanto più alto è il livello di interruzione della catena. L'incidenza stimata è molto variabile (dal 3% al 98%). Tuttavia, nonostante si tratti di un evento comune, è generalmente di entità lieve o lieve-moderata e di norma ben tollerato dai pazienti. Considerazioni analoghe valgono per l’ipersalivazione, che può osservarsi in percentuali altrettanto variabili di casi (dallo 0.1% al 50% circa) (2,6,22-26). Vi è pure da rammentare la possibile insorgenza di una sindrome di Claude Bernard - Horner, secondaria a lesione del ganglio stellato, che ha un'incidenza stimata tra lo 0,7% e il 3%; anche in questo caso, il rischio è tanto maggiore quanto più alto è il livello di interruzione della catena del simpatico (2,6,22-24). Infine, complicanze di raro riscontro comprendono emotorace e chilotorace postoperatori, toracalgie e parestesie residue, bradicardia permanente e recidiva della sintomatologia (2,6,22). L'ESPERIENZA DELLA CHIRURGIA TORACICA DEL SAN LUIGI Negli ultimi 12 mesi sono stati eseguiti 27 interventi in 18 pazienti affetti da iperidrosi idiopatica localizzata a livello cranio-faciale, palmare e/o ascellare. Gli interventi sono stati compiuti mediante due accessi pleurotomici e senza posizionamento di drenaggio pleurico, in due sedute sequenziali (la seconda a distanza di circa 40 giorni dalla prima). In tutti i casi è stata eseguita una simpaticofrassi: a livello di T2 in presenza di iperidrosi craniofaciale/eritrofobia, a livello di T3 in caso di iperidrosi palmare e di T4 in caso di iperidrosi ascellare, (FIGURA 2). I tempi chirurgici hanno oscillato in un range compreso tra 15 e 30 minuti. La degenza postoperatoria è stata di 24 ore. Alla dimissione un paziente mostrava una limitata falda di pneumotorace in sede apicale, andato incontro a risoluzione spontanea nell’arco di una settimana. Nei controlli eseguiti per mezzo di questionari a 3 e 6 mesi dall'intervento chirurgico, tutti i pazienti si sono dichiarati soddisfatti del trattamento ricevuto sebbene un paziente lamenti una sudorazione compensatoria in sede dorsale di intensità moderata. ¢ Figura 2. A) Isolamento mediante crochet del ramo intergangliare inferiore di T4. B) Applicazione di due clips metalliche sullo stesso. GIUGNO 2013 49 La ricerca in Provincia BIBLIOGRAFIA 1. Atkins JL, Butler PEM. Hyperhidrosis: a review of current treatment. Plast Reconstr Surg 2002;110:222-228. 2. Cerfolio RJ, De Campos JRM, Bryant AS, Connery CP, Miller DL, DeCamp MM, McKenna RJ, Krasna MJ. The Society of Thoracic Surgeons Expert Consensus for the surgical treatment of hyperhidrosis. Ann Thorac Surg 2011;91:1642-1648. 3. Stefani A, Morandi U. 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Le nostre radici IL PROFESSORE IN BICICLETTA Prof. Giuliano Maggi 52 GIUGNO 2013 Al quinto anno del corso di medicina, nel 1955, dovetti frequentare il corso di Igiene; la materia era vasta ed interessante e le lezioni erano ben fatte, con l’aula sempre gremita. Il professore era un simpatico vecchietto, ormai prossimo alla pensione, magrolino e arzillo, con l’insolito nome di Azzo Azzi. Mi dissero che anni prima era stato anche rettore dell’Università; dopo poco scoprimmo che arrivava in Istituto a far lezione su una vecchia bici da corsa, saltando giù con un balzo all’età di circa settant’anni; questo accrebbe la stima di noi studenti verso questo professore sportivo e anticonformista. Dopo qualche tempo, un giorno ci parlò con voce commossa del suo amore per la bicicletta, che gli ricordava suo figlio morto giovane in guerra. Un’altra volta ci raccontò che durante le ferie partiva da solo in bici da corsa con uno zainetto sulle spalle e se ne andava a zonzo per l’Italia; aggiunse che non era mai caduto e che una sola volta, quando era Rettore, ebbe una disavventura. Vedendoci interessati, ce la raccontò: si trovava in Toscana e voleva raggiungere Firenze per pernottarvi, ma aveva calcolato male i tempi e giunse in città che ormai era buio. Mentre di notte, sceso dalla bici, stava cercando un albergo con una camera libera, fu fermato da due vigili urbani che gli chiesero gentilmente se si era perso e come mai girovagasse a quell’ora tarda con una bici da corsa. Lui rispose che arrivava da Torino e che era in cerca di un albergo; sempre più perplessi i vigili gli chiesero generalità e professione: lui rispose che era il Magnifico Rettore dell’Università di Torino e che si chiamava Azzo Azzi . “Ah, ‘Azzo ‘Azzi !” ripeterono i vigili, ma che bel nome”. In Toscana la “Ch” è sostituita da un’aspirazione e i vigili si sentirono presi in giro da quel nome che suonava ai loro orecchi un po’ scurrile e molto fasullo. Ritenendo inverosimile che il ciclista fosse un rettore, ma che fosse piuttosto un burlone un po’ brillo e per di più senza documenti, lo caricarono di peso con la sua bicicletta su una camionetta e, malgrado le sue proteste, lo chiusero in camera di sicurezza, augurandogli che una notte al fresco gli avrebbe fatto passare la sbornia e soprattutto la voglia di fare lo spiritoso con i vigili urbani. Il mattino dopo, il detenuto ciclista pregò il secondino di fare una telefonata a un suo conoscente, affinché venisse a confermare la sua versione e liberarlo. Il vigile, benché poco convinto, fece il numero e gli rispose il Rettore di Firenze in persona; il vigile chiese scusa per il disturbo e disse che nella notte avevano fermato uno squilibrato con bici da corsa che sosteneva di essere il Rettore di Torino e di chiamarsi, scusi i termini, Azzo Azzi. “Ha ragione lui, rispose il Rettore di Firenze, si chiama proprio così ed è il Rettore di Torino: vengo subito a prenderlo!” Fu così che il Prof. Azzi fu rilasciato con tante scuse; gli restituirono la sua bicicletta e il suo zainetto e fu invitato a pranzo dal suo collega fiorentino per consolarlo della notte passata in guardina. Ringraziò i vigili per l’ospitalità e disse che aveva dormito benissimo. Il racconto di questa avventura ce lo rese ancor più simpatico e da quel momento, quando lo vedevamo arrivare sulla bicicletta da corsa, battevamo le mani come se fosse stato Coppi o Bartali. ¢ rubriche In libreria Onore al verso Letto da Ni.Fe. Nevio Nigro Giancarlo Pontiggia Maria Luisa Spaziani Eugenio Vitali PERCORSI D’AUTORE A cura di Eugenio Robecchi Blu di Prussia Pagine 97, euro 12,00 Patrizia Valpiani LUCE DENTRO Liriche Flavius Edizioni Pagine 63, euro 16,00 Due raccolte di poesia. Due belle edizioni, eleganti, facilmente leggibili, che sanno farsi notare nel panorama sempre più convulso ed ipertrofico dell’editoria libraria. È una ricchezza per la redazione di Torino Medica presentare nella rubrica dedicata alle novità librarie ben due raccolte di poesie di iscritti all’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino. Se è vero che i poeti, come ha detto Alberto Moravia al funerale di Pier Paolo Pasolini, sono rari ma necessari e proprio per questo rappresentano una ricchezza per l’umanità, l’Ordine può ritenersi onorato e fortunato per una loro presenza non infrequente, qualificata, che sa far parlare di sé, incuriosire e interessare anche in questa epoca votata alla distrazione o all’entusiasmo facile ed estemporaneo. Il professor Nigro è ormai una presenza costante, certificata, sempre più importante nel panorama letterario italiano e la dottoressa Valpiani, è un vero medico intellettuale, perfettamente in linea col fervore culturale che caratterizzava l’esercizio professionale tra fine Ottocento e inizio Novecento: epoca d’oro della Medicina nel tempo delle grandi sicurezze, della fiducia nell’avvenire, nel Progresso che sarebbe delitto scrivere con la “p” minuscola. Non a caso la dottoressa Valpiani, che scrive narrativa e poesia, è tenace anima ispiratrice, organizzatrice… (e non soltanto a livello locale) dell’Associazione Medici Scrittori Italiani (AMSI). Un impegno che denota innanzitutto consapevolezza profonda dell’importanza e amore per la cultura. Come giustamente intuito ed esplicitato da alcuni stessi autori, da queste pagine nessuno può attendersi una recensione o una critica letteraria, appannaggio di ben altre carature giornalistico-accademiche che nella redazione di Torino Medica non potrebbero avere ruolo giornalistico pertinente e realmente efficace. Queste note sono una semplice e modesta presentazione delle fatiche poetiche e letterarie di medici che per amore della cultura e della parola rubano tempo agli affetti e alle distrazioni, magari più facili da praticare o addirittura di moda. Quando poi si parla di poesia il rispetto per le fatiche altrui si incrementa in modo quasi naturale. Alla ovvia cautela nel valutare ed esprimere, non giudizi, ma persino opinioni che in questo ambito saranno nella nostra redazione sempre e soltanto personali, si affianca una sorte di pudore che invita ad entrare con il massimo rispetto in un’intimità personale, più o meno chiaramente rivelata dalla parola, ma in ogni caso svelata. Chi è un poeta e chi può dire chi sia davvero poeta? Queste domande rappresentano uno dei nuclei più intricati intorno ai quali da millenni si dibatte l’Estetica senza poter dare mai (credo per nostra massima fortuna) risposte definitive. In epoca di spending review, di medicina difensiva, di malasanità nata nel ventre molle della rimozione della morte, poter dire in uno stesso numero di giornale che due medici torinesi scrivono e pubblicano poesie è una benedizione: per gli altri medici e il resto dell’umanità. E questo vale molto di più di un giudizio personale espresso in redazione. GIUGNO 2013 53 rubriche I servizi dell’Ordine SPORTELLO DI CONCILIAZIONE Già dal 1946 (ar t. 3 lett. g. del DLCPS 233 del 1946) gli Ordini dei Medici Chrirurghi e Odontoiatri hanno la funzione di intervenire nelle controversie tra medico e paziente, o tra colleghi, per procurarne la conciliazione. L’ORDINE METTE A DISPOSIZIONE DI TUTTI LO SPORTELLO DI CONCILIAZIONE. Lo Spor tello è un ufficio che ha sede presso l’Ordine, al quale il cittadino o il medico o l’odontoiatra possono liberamente rivolgersi per cercare di risolvere una controversia di natura sanitaria o una ver tenza di carattere professionale, prima del contenzioso giudiziario. Si effettuano pratiche di conciliazione e di arbitrato. Per informazioni: Roberta Cicchero, tel 011.58.15.106 PORTALE WEB www.torinomedica.com Il portale d’informazione indipendente e senza pubblicità dell’OMCEO della provincia di Torino. Oltre a notizie e articoli su sanità, salute, farmaci...dall’Italia e dal mondo, potrete vedere filmati, interviste, serivzi, inchieste, quando lo desiderate voi. Non tutte le notizie, ma notizie per tutti! ATTRIBUZIONE CODICE PIN Per la compilazione del certificato di malattia on line. Continua il servizio, attivato dall’Ordine, per l’attribuzione del codice PIN a favore dei medici liberi professionisti (non dipendenti e non convenzionati) per la compilazione della certificazione di malattia on line. Per attivare la procedura di attribuzione, telefonare alla Segreteria Amministrativa allo 011.5815111 54 GIUGNO 2013 WEB area www.omceo.to.it Tutto ciò che occorre sapere sull’Ordine ad iniziare dall’Albo degli iscritti www.torinomedica.com Le più importanti notizie di aggiornamento medico-scientifico con accesso diretto alle fonti www.videomedica.org La nostra rivista audiovisica con servizi, inchieste e interviste www.omceotorinoservizi.com Il portale dedicato alle Associazioni riconosciute dall’Ordine ed ai servizi erogati Newsletter Iscrivetevi da torinomedica.com per riceverla gratuitamente sulla vostra mail www.facebook.com/omceo GIUGNO 2013 APRILE 55 rubriche Servizi dell’Ordine NUOVA SEDE Per comunicare un cambio di indirizzo Si chiarisce agli iscritti che la procedura corretta per la segnalazione all’Ordine di un cambio di residenza o di indirizzo prevede obbligatoriamente la compilazione dell’apposito modulo scaricabile all’indirizzo: www.omeco.to.it à area servizi à segreteria à modulistica à modulo variazione indirizzo Questo modulo deve essere inviato via mail all’indirizzo [email protected] o inviato tramite fax al numero 011505323 Inoltre si pregano gli iscritti di segnalare alla segreteria amministrativa eventuali disguidi di spedizione della rivista Torino Medica. La Redazione di Torino Medica (RTM) Agli iscritti La “Federazione Sanitari Pensionati e Vedove” si occupa della risoluzione dei problemi economicosociali dei medici, farmacisti, veterinari che godono di una pensione e dei loro famigliari. Per maggiori informazioni o per accedere ai servizi dell’Ente, si può telefonare alla signora Teresa Gariglio, 333/8440475, Presidente provinciale dell’Ente, o al dott. Giorgio Cappitelli, 348/6703250, Presidente regionale. (RTM) 56 GIUGNO 2013 SUL WEB LE OFFERTE E LE RICHIESTE DI LAVORO! Le rubriche dei medici disponibili alle sostituzioni in Medicina Generale e delle offerte/richieste di lavoro o di collaborazione professionale, che trovavate prima dei programmi dei convegni, sono scaricabili ora dal sito Internet dell’Ordine all’indirizzo www.omceo.to.it > Area Servizi > Occasioni di lavoro. Gli spazi Internet dell’Ordine hanno conosciuto nell’ultimo anno un vero boom di accessi; questo dato lusinghiero ci permette realmente di diversificare sempre meglio questo mezzo di comunicazione dalla rivista Torino Medica rendendolo, ad esempio uno strumento più agevole, tempestivo ed efficace nella comunicazione dell’attualità e nella pubblicazione delle rubriche di servizio. Nell’imminente futuro ci saranno sicuramente altre novità che comunicheremo tempestivamente. La Redazione di Torino Medica (RTM) Si comunica che da martedì 4 dicembre 2012 è operativa la nuova sede dell’Ordine in Corso Francia 8 a Torino. I numeri di telefono e gli indirizzi e-mail dei diversi uffici sono invariati. La prestigiosa Villa Raby, oggetto di un completo restauro conservativo che ha anche permesso la scoperta e il recupero di molti affreschi di pregio, è ora a disposizione di tutti gli iscritti e pronta a diventare “la casa dei medici e degli odontoiatri della Provincia di Torino”. Il Segretario dell’OMCeO della provincia di Torino D.ssa Ivana Garione Corsi e congressi in pillole Scadenze corsi ECM-FAD della FNOMCEO Si comunicano le nuove scadenze dei corsi ECM FAD in modalità cartacea, con invio del test finale via fax: - AUDIT CLINICO: 08/09/2013 - LA SICUREZZA DEI PAZIENTI E DEGLI OPERATORI: 31/07/2013 - APPROPRIATEZZA: 30/09/2013 (RTM) rubriche MODIFICA ORARIO UFFICI Si comunica che dal 2 maggio 2013 gli uffici dell’Ente osserveranno il seguente orario: Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì 8.30-13.30 14.00-17.30 8.30-13.30 14.00-17.30 8.30-13.3014.00-17.30 8.30-13.30 14.00-17.30 8.30-13.30 14.00-17.30 Il Segretario dell’OMCeO della provincia di Torino D.ssa Ivana Garione Nella rubrica “Corsi e congressi in pillole” vengono pubblicate GRATUITAMENTE, di ogni congresso approvato dalla redazione: - data del convegno - titolo del convegno - luogo del convegno. Gli eventi di cui si dà notizia sono, come sempre, quelli che si tengono dal mese successivo a quello del numero pubblicato. RTM Comunicati 30-04-2013 COMUNICAZIONE ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI TORINO Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI – PEC) delle imprese e dei professionisti Per approfondire http://www.cnsd. it/5682/legislazioneitaliana/ministerosviluppo-economico/ creazione-dellindicenazionale-degliindirizzi-di-postaelettronica-certificatadelle-imprese-e-deiprofessionisti Si informano gli iscritti che è stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 83 del 9 aprile 2013, il D.M. 19 marzo 2013. Esso stabilisce: a. le modalità di realizzazione e di gestione operativa dell’INI-PEC, nonché le modalità di accesso allo stesso; b. le modalità e le forme con cui gli Ordini ed i Collegi professionali dovranno comunicare e aggiornare gli indirizzi di posta elettronica certificata relativi ai professionisti di propria competenza. La istituzione del pubblico elenco denominato indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI - PEC) delle imprese e dei professionisti è stata prevista dall’art. 6-bis del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’Amministrazione Digitale – CAD), aggiunto dal comma 3 dell’art. 5, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, come modificato dalla legge di conversione 17 dicembre 2012, n. 221 (c.d. Decreto crescita 2.0). L’INI-PEC, realizzato e gestito in modalità informatica dal Ministero dello Sviluppo Economico, che si avvale di InfoCamere, è suddiviso in due sezioni denominate, rispettivamente, “Sezione Imprese” e “Sezione Professionisti”. In fase di prima costituzione, la Sezione Imprese verrà realizzata attraverso l’estrazione massiva dal Registro delle Imprese delle informazioni relative alle imprese che risultano attive e che hanno provveduto al deposito dell’indirizzo PEC, mentre la Sezione Professionisti verrà realizzata, con trasferimento in via telematica da parte degli Ordini e Collegi professionali ad InfoCamere, degli indirizzi PEC detenuti, che deve avvenire entro l’ 8 giugno 2013 (sessanta giorni dalla pubblicazione del decreto). L’accesso all’INI-PEC è consentito alle Pubbliche Amministrazioni, ai professionisti, alle imprese, ai gestori o esercenti di pubblici servizi ed a tutti i cittadini tramite il Portale telematico consultabile senza necessità di autenticazione. (http://www.tuttocamere.it/modules.php?name=Content&pa=showpage&pid=240) GIUGNO 2013 57 PRESENTAZIONE DEL CORSO FAD Il corso presenta un altro capitolo in tema di “Clinical Governance”: questa volta parliamo di “appropriatezza”, argomento che investe il moderno esercizio professionale medico ed odontoiatrico ed in generale sanitario e trova grande spazio nel nostro codice di deontologia medica. Il corso gratuito eroga 15 crediti ECM La versione “blended” del corso è accreditata per medici chirurghi e odontoiatri ed è disponibile in formato cartaceo nel numero speciale “QUADERNI ECM/FAD de LA PROFESSIONE N. 2/2012” All’interno del numero troverà il questionario di valutazione da compilare in ogni sua parte (anagrafica e risposte a scelta multipla) che Le permetteranno, rispondendo almeno all’80% in modo corretto, di ottenere 15 crediti ECM. In tutti gli Ordini provinciali sono disponibili copie cartacee del corso FAD o potrà richiederle direttamente alla Federazione Nazionale Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO) al n. 06/6841121 La C.G. EDIZIONI MEDICO SCIENTIFICHE di Torino, partner FNOMCeO per queste iniziative, spedirà gratuitamente al suo indirizzo copia del numero speciale. Il QUESTIONARIO, correttamente compilato dovrà essere inviato via fax al n. 06/68411209 Per verificare successivamente l’esito del corso telefonare al n. 06/6841121 (centralino automatico) oppure visualizzare il risultato sul portale www.fnomceo.it trascorsi almeno 30 giorni lavorativi dall’invio del fax. Il servizio di HELP DESK, erogato direttamente da FNOMCeO (sede Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Torino) è attivo dal Lunedì al Venerdì dalle ore 9.30 alle ore 13.00 tel. 011/5815110 - Fax 011/7432113 - e-mail: [email protected] GIUGNO 2013 59 congressi Torino, anno accademico 2013 - 2014 The European Centre for Intercultural Training in Oral Health (ECITOH) Via Nizza 230 INFORMAZIONE IMPORTANTE Cari lettori, molti iscritti certamente sanno che questa rivista da anni non rappresenta un peso per il bilancio del nostro Ordine in quanto i costi più onerosi di composizione, stampa e spedizione sono sostenuti direttamente dalla società editoriale SGI (Società Generale dell’Immagine). Infatti la raccolta delle inserzioni pubblicitarie ha consentito fin ora alla SGI di sostenere tali costi. La crisi economica che ha colpito tutti i settori e che tutti viviamo in prima persona ha determinato però uno squilibrio in questo bilancio di entrate-uscite: infatti, a fronte dell’aumento dei costi di carta, stampa e spedizione si è verificata una diminuzione della raccolta delle inserzioni pubblicitarie. In queste condizioni non sarebbe pertanto possibile, per Torino Medica, proseguire la pubblicazione e la propria missione istituzionale a costo zero come da noi desiderato. Tra le tante soluzioni possibili, quella meno gravosa e più praticabile è apparsa la riduzione del numero di pagine della rivista, realizzata pur senza rinunciare ai contenuti. Ma ciò purtroppo non è sufficiente. Pertanto d’accordo con l’editore, dal numero di ottobre 2012 della rivista, gli annunci dei convegni e degli eventi sul giornale e sul sito Web saranno pubblicati a titolo oneroso. La documentazione di questi eventi, una volta decisa la loro pubblicabilità, unita alla richiesta di pubblicazione, sarà trasmessa alla concessionaria SGI che provvederà ad indicare l’ammontare del costo in relazione alla dimensione dello spazio richiesto. Per informazioni preliminari sulle condizioni economiche gli inserzionisti possono rivolgersi direttamente alla dottoressa Daniela Cazzaro, presso SGI, al n° telefonico 011.359908 L’Esecutivo e la Direzione auspicano che tempi migliori possano consentire di poter tornare a fornire questo servizio gratuitamente agli organizzatori dei convegni e degli eventi formativi. Il Presidente dell’OMCeO della provincia di Torino Amedeo Bianco 60 GIUGNO 2013 Master universitario di 1° livello in SALUTE ORALE NELLE COMUNITÀ SVANTAGGIATE E NEI PAESI A BASSO REDDITO EX MASTER BIENNALE IN “SVILUPPO DELLA SALUTE ORALE NELLE COMUNITÀ SVANTAGGIATE E NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO” In tema di salute orale sono presenti molte disuguaglianze e bisogni insoddisfatti, sia nei Paesi cosiddetti ricchi che in quelli in via di sviluppo. Per rimediare a questo sono necessari interventi precisi ed una programmazione sanitaria mirata, ma anche professionisti preparati e formati a dare le risposte che questa situazione richiede. In risposta a queste necessità nasce il Master Universitario di 1° livello in “Salute orale nelle comunità svantaggiate e nei paesi a basso reddito”. Il Master, unico nel suo genere in Italia, è stato attivato per la prima volta nel 2006 dall’Università di Torino, dall’European Center for Intercultural Training in Oral Health (ECITOH) e dalla ONG Cooperazione Odontoiatrica Internazionale (COI). Il fine del Master è quello di creare un percorso formativo validato da linee guida internazionali condivise, che possa formare degli operatori professionalmente preparati ad inserirsi in attività lavorative o di volontariato nel campo della cooperazione internazionale, della solidarietà, del sistema pubblico e del privato-sociale in ambito odontoiatrico e non solo. La V edizione prenderà il via nel mese di ottobre 2013, avrà durata annuale e prevede l’ammissione di un numero massimo di 20 studenti. Il Master si rivolgerà sia ai neo-laureati che ai laureati, anche non del settore dentale, già impegnati in ambiti lavorativi legati alle comunità svantaggiate e ai Paesi a basso reddito, nonché nel volontariato, e che desiderino approfondire queste tematiche per rendere il loro impegno professionale e umanitario più adeguato alla realtà operativa di impiego e più efficace ed efficiente. L’obiettivo formativo principale è di fornire al partecipante, attraverso lo studio teorico e un tirocinio pratico, gli strumenti per: • conoscere la realtà e le problematiche sanitarie e di salute orale dei Paesi a basso reddito e delle comunità svantaggiate in Italia, e il mondo della cooperazione internazionale; • apprendere la metodologia per realizzare progetti di solidarietà e di odontoiatria sociale; • conseguire la capacità di lavorare in partnership secondo le linee guida della cooperazione, contribuire efficacemente ad un programma sul campo nelle sue varie fasi di realizzazione e progettare risposte concrete ed adeguate ai problemi di salute orale delle comunità. PROGRAMMA DI STUDIO Modulo 1: Politiche, programmi e sistemi sanitari nei PVS e rapporti con la salute orale. Ruolo della Cooperazione Internazionale, delle ONG e del volontariato per il diritto alla salute. Modulo 2 Le comunità svantaggiate e la fragilità sociale in Italia e in Europa. Aspetti sanitari, analisi dei bisogni, modelli di risposta nell’ambito del diritto alla salute orale. Modulo 3 Promozione della salute orale nei PVS e nei Paesi sviluppati. Ruoli, responsabilità, strategie, risorse. GIUGNO 2013 61 congressi Modulo 4 Primary Oral Health Care. Strumenti per lo sviluppo della salute orale nei PVS. Modulo 5 Progettazione degli interventi di salute orale nei PVS. Il Ciclo del progetto di sviluppo della salute pubblica e comunitaria, dallo studio di fattibilità alla sostenibilità. Frequenza La frequenza è prevista per 7 sessioni, da svolgersi nei giorni di venerdì e sabato presso la sede di ECITOH, in Via Nizza 230 a Torino. Requisiti di accesso Laurea in Odontoiatria, Medicina e Chirurgia, Igiene Dentale o altra laurea, purché con curriculum di studi e/o stato di servizio attinenti agli argomenti del Master. Costo Crediti ECM e CFU La partecipazione al Master esonera dall’acquisizione dei crediti ECM per la durata del corso. L’ottenimento del Master comporta l’acquisizione di 60 Crediti Formativi Universitari. € 1.600 pagabili in due rate (escluse le tasse universitarie e i costi per lo stage). Lingua del Master Italiano, francese e inglese (con traduzione). Patrocini: AIDI – Associazione Igienisti Dentali Italiani, ANDI Sez. Torino, Associazioni sanitarie aderenti al COP – Consorzio delle Ong Piemontesi (ASPIC, CCM, Medici con l’Africa CUAMM Piemonte, NutriAid e Rainbow4Africa). Altri patrocini richiesti: Regione Piemonte, Provincia di Torino, Comune di Torino, OMCeO Sez. Torino, AIO Sez. Torino, Alleanza Dentisti per il Mondo (Fondazione ANDI, SMOM, Smile Mission). 62 GIUGNO 2013