Due articoli e una proposta: i volti della sanità che cambia Due

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Due articoli e una proposta: i volti della sanità che cambia Due
anno 
numero 6
giugno 2013
TORINO
MEDICA
comunicazione
informazione
formazione
LA RIVISTA DELL’ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI TORINO
La Rete Regionale di Dietetica e
Nutrizione clinica per la
Nutrizione Artificiale,
la donazione di rene da vivente,
un confronto sui
Punti Nascita in Piemonte.
Due articoli
e una proposta: i volti
della sanità che cambia
Sommario
La Rivista è inviata a tutti gli iscritti all’Ordine dei Medici Chirurghi
e degli Odontoiatri di Torino e provincia e a tutti i Consiglieri degli Ordini d’Italia.
4
numero 6
giugno 2013
anno XXIV
numero 6
giugno 2013
torino
medica
comunicazione
informazione
formazione
8
la rivista dell’ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di torino
la rete regionale di dietetica e
nutrizione clinica per la
nutrizione artificiale,
la donazione di rene da vivente,
un confronto sui
punti nascita in piemonte.
10
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15
Due articoli
e una proposta: i volti
della sanità che cambia
Su questo numero
presentiamo la
Rete Regionale
di Dietetica e
Nutrizione clinica
che permette
la nutrizione
artificiale dei malati
che non possono
più alimentarsi
autonomamente,
la campagna per
la donazione di
rene da vivente e
una proposta di
confronto per una
riorganizzazione
dei “Punti Nascita”
fatta CON i cittadini,
non soltanto PER i
cittadini.
Direzione, Redazione,
Corso Francia 8 - 10143
Torino Tel. 011 58151.11
r.a. Fax 011 505323
[email protected]
www.omceo.to.it
Presidente
Amedeo Bianco
Vice Presidente
Guido GIUSTETTO
Segretario
Ivana GARIONE
16
18
23
24
Tesoriere
Guido REGIS
Consiglieri
Domenico BERTERO
Tiziana BORSATTI
Emilio CHIODO
Riccardo DELLAVALLE
Ezio GHIGO
Anna Rita LEONCAVALLO
Elsa MARGARIA
Aldo MOZZONE
28
prima pagina
Editoriale
Riorganizzazione
o smantellamento
del sistema
sanitario
nazionale?
Mario Nejrotti
C.S.
30
prima pagina
Tribuna
38
FNOMCEO
per la trasparenza
e la legalità
Nicola Ferraro
Assicurazione
obbligatoria per medici
e odontoiatri
Benvenute
40
Ringraziamento
all’Ordine
44
46
Il dedalo
Il miraggio
di un rene
NIcola Ferraro
Nutrizione artificiale
Maria Familiari
Adriana Pazzaglia
Sonia Zarlottin
Lilia Gavassa
Giuseppe Malfi e
Marco Tinivella
Chi fa cosa
Risonanza magnetica
integrale e neurostimolazione in atto:
alle Molinette si può.
C.S.
Cure domiciliari
di casa all’ASL TO2
C.S.
Renato TURRA
Roberto VENESIA
Rosella ZERBI
Patrizia BIANCUCCI (Od.)
Gianluigi D’AGOSTINO
(Od.)
Bartolomeo GRIFFA (Od.)
Commissione Odontoiatri
Gianluigi D’AGOSTINO
Presidente
Patrizia BIANCUCCI
Nella prima banca
russa del latte umano
si parla molto in torinese
52
53
60
Salute
Violenza sul lavoro
Teresa Emanuele
Caterina Martini
Paolo Mussano
Anna Brunetti
Disturbi alimentari...
parliamone
Massimo Labate
Cultura
Umano, troppo umano...
Giacomo MIlillo
Giuliano Bono
Il bambino di cioccolato
La ricerca in
Provincia
Il trattamento chirurgico
dell’iperidrosi idiopatica
localizzata
Elena LISI
Luca ERRICO
Francesco ARDISSONE
Le nostre radici
Il professore in bicicletta
Giuliano Maggi
RUBRICHE
In libreria
I servizi dell’Ordine
Comunicati
CONGRESSI
Claudio BRUCCO
Bartolomeo GRIFFA
Paolo ROSATO
TORINO MEDICA
Revisori dei Conti
Riccardo FALCETTA
Presidente
Carlo FRANCO
Angelica SALVADORI
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Direttore responsabile:
Direttore:
Amedeo Bianco
Mario Nejrotti
Caporedattore:
Nicola Ferraro
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Progetto e Realizzazione Grafica SGI Srl
Stampa La Terra Promessa Onlus NOVARA
Chiuso in redazione il 10 giugno 2013
GIUGNO 2013
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prima pagina
Editoriale
a cura di
Mario Nejrotti
Riorganizzazione
o smantellamento
del sistema
sanitario
nazionale?
Qualche cosa non va nella spending review che sta investendo con una cieca strategia basata sui
“tagli lineari” la gestione della sanità pubblica. Non sembra esserci nessuna seria analisi, nessun
tavolo di decantazione delle decisioni operative, che possa operare scelte e distinguo e che sia
sorretto dall’esperienza e dalla cultura di professionisti inseriti appieno nel mondo del lavoro
reale in Sanità.
È sbagliato gestire la salute dei cittadini, difesa dalla nostra Costituzione, come fosse una
merce, le strutture sanitarie e i loro operatori come fossero imprese da riorganizzare o tagliare,
abbattendo le spese all’infinito.
I criteri che debbono sottendere alla organizzazione e gestione della sanità pubblica debbono
riferirsi anche ad altri parametri, che prevedono l’analisi dei bisogni reali della popolazione, la
scelta delle priorità, dei livelli irrinunciabili e uniformi di assistenza e il mantenimento delle
risorse necessarie per la gestione; senza prescindere da un coinvolgimento responsabile degli
operatori.
Questa linea suggerisce anche la Carta della Professionalità Medica, pubblicata già alcuni anni
fa anche da Lancet. Questo documento è ricordato da Luigi Cavanna, Direttore Dipartimento
Oncologia-Ematologia dell’Ospedale di Piacenza su OncoNews, in una sua breve e accorata analisi
della revisione della spesa sanitaria che riguarda le UOC di Oncologia e che riportiamo nel box.
4
GIUGNO 2013
SANITÀ E GESTIONE
La carta professionale medica e la revisione della
spesa sanitaria
Tagli lineari
alla gestione
della sanità pubblica
In questi ultimi anni la sanità sembra essere diventata
soltanto una questione economica: la qualità viene messa
in forse dall’importanza assunta dalla quantità, il supporto
umano nei riguardi del paziente, sempre più considerato
un cliente, rischia di perdersi in modo irreversibile. Se la
questione economica diventasse preponderante, la spinta
a curare solo i malati con patologie che “rendono economicamente” e a creare un sistema sanitario in “attivo”
potrebbe lasciare spazio a un futuro inquietante per tutti
noi.
Secondo il recente D.M. sugli standard ospedalieri, ogni
UOC di Oncologia dovrebbe avere un bacino minimo di
utenza di 300.000 abitanti, ogni UOC di Radioterapia un
bacino minimo di 600.000 abitanti e così via. Questo comporterebbe verosimilmente una drastica riduzione della
cura e della ricerca oncologica sul territorio nazionale. Ma
i medici come possono fare?
Ci può venire in soccorso la Carta della Professionalità
Medica pubblicata alcuni anni fa contemporaneamente
su Lancet. La carta è il frutto di anni di collaborazione
alle seguenti Istituzioni: American College of Physicians,
American Society of Internal Medicine American Board of
Internal Medicine e European Federation of Internal Medicine ed è costituita da un razionale e breve preambolo, da
3 principi e da 10 raccomandazioni/impegni.
I Principi:
1. Principio della centralità del benessere dei pazienti.
2. Principio dell’autonomia dei pazienti.
3. Principio della giustizia sociale.
Le 10 raccomandazioni/impegni spaziano dalla competenza professionale alla corretta distribuzione delle risorse e
così via.
Estremamente attuali appaiono le parole di Richard Horton
nel suo Commentary su Lancet “I medici non possono più
restare in silenzio... è necessario che un sempre maggior
numero di medici, indipendentemente dalla loro specialità, carica e anzianità scenda in campo e prenda parte al
dibattito pubblico”.
Luigi Cavanna
Direttore Dipartimento Oncologia-Ematologia
Ospedale di Piacenza
ESMO Desiganted Center of Integrated
Oncology and Palliative Care
2009-2011 and 2012-2014
Fonti:
Medical professionalism in the new millennium:
a physicians’ charter
The Lancet, Volume 359, Issue 9305, Pages 520 - 522, 9
February 2002
doi:10.1016/S0140-6736(02)07684-5
Richard Horton. The doctor’s role in advocacy. The Lancet,
Volume 359, Issue 9305, Page 458, 9 February 2002
doi:10.1016/S0140-6736(02)07670-5
u
GIUGNO 2013
5
prima pagina
Editoriale
UNA SITUAZIONE CHE PUÒ DIVENTARE ESPLOSIVA
“I medici non
possono più restare
in silenzio... è
necessario che un
sempre maggior
numero di medici,
indipendentemente
dalla loro specialità,
carica e anzianità
scenda in campo
e prenda parte al
dibattito pubblico”
Occorre, quindi, molta attenzione nel tagliare indiscriminatamente, magari,
sperando che i cittadini possano pagarsi autonomamente le spese mediche,
trascurando un servizio pubblico diventato poco fruibile e per nulla amichevole. La realtà è drammaticamente diversa: fasce sempre più vaste della nostra
popolazione si stanno avviando verso la “povertà di fatto” e riducono le spese
sanitarie in parallelo con quelle alimentari.
Notizie come quella riportata il 19 aprile dalla “Newsletter Sclerosi Multipla”
della Fondazione Serono, a firma di Chiara Laganà, che Emergency ha aperto
una sottoscrizione proprio nel nostro Bel Paese e non negli Stati tradizionalmente depressi e martoriati dalla guerra e dalla fame, per offrire cure migliori
alle fasce sociali più deboli e agli extracomunitari in Italia, deve farci riflettere,
allarmare e vergognare: http://www.fondazioneserono.org/sezione/disabilita/
ultime-notizie-disabilita
Alla luce di questa drammatica realtà, la redazione del nostro giornale ha deciso di promuovere un dibattito su particolari aspetti e conseguenze dei tagli
indiscriminati, che investono le strutture sanitarie in tutto il Paese, dietro il
paravento della ottimizzazione dei servizi, della limitatezza delle risorse e della
abolizione degli sprechi.
Vogliamo partire da un argomento estremamente importante e che in questi
giorni ha fatto e fa molto discutere: la riduzione dei “Punti nascita”.
RIDUZIONE DEI “PUNTI NASCITA” IN PIEMONTE
Una più completa introduzione al dibattito potete trovarla sulla rubrica Opinioni sul nostro portale www.torinomedica.com.
Punti nascita con meno di 1.000 parti all’anno vengono chiusi in tutte le regioni destando sconcerto nei cittadini e rivolta negli amministratori locali.
Insieme ad esperti che parteciperanno alla discussione sui nostri media, oltre
a stigmatizzare una situazione che merita una profonda riflessione da parte
della classe politica e che deve essere valutata con estrema attenzione caso per
caso, area per area, vorremmo lanciare anche una proposta costruttiva e alternativa alla semplice chiusura che provi a mettere d’accordo i bisogni di salute
e di accessibilità alle cure dei cittadini, i livelli professionali degli operatori e le
necessità organizzative del sistema.
UN’IPOTESI DI LAVORO CHE POTREBBE DIVENTARE UNA PROPOSTA
Per rendere più efficienti i “Punti nascita”, mantenendoli in prossimità della
cittadinanza ed evitando sperequazioni di trattamento, che rasentano l’ingiustizia sociale, un’ipotesi possibile potrebbe essere quella di organizzare al meglio i punti nascita di livello A1 (<500 parti anno) e A2 (fino a 1000 parti anno)
A3 (oltre 1000 parti anno) dal punto di vista strutturale e strumentale, con
personale che ne garantisca una costante efficienza.
Usufruendo poi dagli organici delle strutture B (strutture con 74 unità di medio/grandi dimensioni, con in media 136 parti/mese, 39 letti, 18 ginecologi
e 23 ostetrici in organico e C (strutture con i 18 presidi maggiori, che effettuano in media 288 parti/mese, con 65 posti letto, 23 medici e 52 ostetrici in
organico) opportunamente potenziati, equipe mobili di eccellenza, pronte ad
intervenire con mezzi acconci e proporzionati alle distanze da coprire, si potrebbero trasferire all’occorrenza, per urgenza o interventi programmati, verso
i centri di complessità inferiore (A1/A2).
È certo necessario approfondire e articolare meglio questa ipotesi, anche considerando la difforme distribuzione sul territorio nazionale delle strutture di
diverso livello.
Il momento sociale e economico, però, necessita di una rivisitazione di compiti
e flussi operativi in modo da ottimizzare l’assistenza, salvaguardando sicurezza, qualità e costi.
Una sorta di osmosi tra un ospedale che operi in strutture territoriali efficienti e
un territorio che a pieno titolo entri in aree di tradizione ospedaliera, fornendo
prestazioni di primo livello. ¢
6
GIUGNO 2013
prima pagina
Tribuna
La Federazione
nazionale degli
Ordini dei Medici
Chirurghi e
Odontoiatri il 9
maggio ha diramato
una comunicazione
in cui fornisce le
istruzioni ai singoli
enti provinciali
perché recepiscano
e si adeguino
alla normativa
che regola la
trasparenza e
la prevenzione
della corruzione
e dell’illegalità
nella Pubblica
Amministrazione,
secondo quanto
stabilito dalla Legge
190/12 e dal D.Lgs.
33/13.
Vista l’importanza
culturale, civile
e politica del
provvedimento
e le novità che
comportano risvolti
operativi necessari
per attuare la
comunicazione,
la redazione ha
deciso di riprodurre
integralmente il
testo pervenuto da
Roma.
Nicola Ferraro
8
GIUGNO 2013
FNOMCEO
PER LA
TRASPARENZA
E LA
LEGALITÀ
Recepimento da parte
degli Ordini provinciali
della normativa in materia di trasparenza e di
prevenzione e repressione della corruzione
e dell’illegalità nella
pubblica amministrazione – Predisposizione di
Bozze di delibere.
Dr. Marcello Fontana
COMUNICAZIONE N. 32
AI PRESIDENTI DEGLI ORDINI PROVINCIALI DEI MEDICI CHIRURGHI E DEGLI ODONTOIATRI
AI PRESIDENTI DELLE COMMISSIONI PER GLI ISCRITTI ALL’ALBO DEGLI ODONTOIATRI
Cari Presidenti,
facendo seguito alle Comunicazioni n. 21 del 10 aprile 2013 e n. 26 del 19 aprile 2013 e, considerate
alcune richieste di chiarimenti e di supporto pervenute da qualche Ordine provinciale in ordine specificatamente alle modalità di recepimento delle disposizioni di cui alla legge 190/12 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”
e al D.Lgs. 33/13 recante “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza
e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, si rileva quanto segue.
Gli Ordini provinciali, al fine del rispetto degli obblighi di legge previsti dalla normativa vigente, dovranno nella propria autonomia portare in approvazione tre delibere che si richiamano sinteticamente
di seguito:
1. Delibera di nomina del responsabile per la prevenzione della corruzione di cui all’art. 1, comma
7, della legge 190/12 e per la trasparenza di cui all’art. 43 del D.Lgs. 33/13(All. n. 1). Si evidenzia
che il responsabile per la prevenzione della corruzione ricoprirà ai sensi dell’art. 43 del D.Lgs.
33/13 anche le funzioni di responsabile per la trasparenza. Si rileva che, vista l’assenza nelle
piante organiche degli Ordini provinciali di un dirigente di prima fascia e stante la natura giuridica
degli Ordini provinciali, la figura del responsabile per la prevenzione della corruzione e per la
trasparenza dovrebbe essere ricoperta da un Consigliere dell’Ordine o dal Segretario.
2. Delibera di nomina del c.d. sostituto provvedimentale (All. n. 2). Gli Ordini provinciali, considerato che il D.Lgs. 33/13 istituisce all’art. 5 l’istituto dell’Accesso Civico, dovranno obbligatoriamente procedere alla nomina ai sensi dell’art. 2, comma 9-bis, della legge 241/90 di un
sostituto provvedimentale che, come già illustrato nella comunicazione n. 26, dovrà diversificarsi
dal responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza. Ciò detto, considerata
la natura giuridica degli Ordini provinciali, che peraltro non hanno approvato una modifica dei
propri ordinamenti al fine di adeguare gli stessi ai principi di cui al D.Lgs. 165/01, si ritiene che,
nel caso in cui il Segretario dell’Ordine ricopra la figura del responsabile per la prevenzione della
corruzione e per la trasparenza, dovrebbe essere nominato sostituto provvedimentale lo stesso
Presidente in qualità di rappresentante legale dell’Ente. Viceversa nel caso sia un Consigliere a ricoprire la figura di responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza, la figura
del sostituto provvedimentale potrebbe coincidere con quella del Segretario.
3. Delibera di recepimento delle disposizioni di cui al D.Lgs. 33/13 (all. n. 3) e di correlata creazione
nel proprio sito web istituzionale di una sezione denominata “Amministrazione trasparente” al
cui interno sono pubblicate le informazioni e i dati resi obbligatori dalla normativa vigente.
Cordiali saluti
IL PRESIDENTE
Amedeo Bianco
¢
GIUGNO 2013
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prima pagina
Tribuna
ASSICURAZIONE
OBBLIGATORIA
PER MEDICI E ODONTOIATRI
Nicola Ferraro
La FNOMCeO, con comunicazione N. 33 dell’8 maggio scorso, ha informato gli Ordini provinciali sullo “stato dell’arte” dell’obbligatorietà dell’assicurazione per i medici e gli odontoiatri, relativa alla copertura dei rischi di
responsabilità civile connessi all’esercizio dell’attività professionale. Nella
comunicazione si analizzano anche le eventuali possibilità di esenzione
dall’obbligo.
In estrema sintesi il documento della FNOMCeO può essere ridotto a tre
importanti precisazioni.
Obbligatorietà
I medici libero professionisti dovranno, a breve, stipulare idonee polizze
assicurative per la copertura dei danni derivanti al paziente o al cliente
dall’esercizio dell’attività professionale. Nella copertura assicurativa dovranno essere compresi anche eventuali danni derivanti dalla custodia di
documenti ricevuti dal paziente. Il medico o l’odontoiatra è tenuto a comunicare al paziente o al “cliente” gli estremi della polizza di copertura
assicurativa del rischio civile in ambito professionale.
Medici in pensione iscritti all’Albo Professionale
Nel documento si afferma l’evidenza che il medico in pensione, ancora
iscritto all’Albo senza più svolgere alcuna attività professionale, non possa
essere obbligato a stipulare la polizza assicurativa contro i rischi derivanti
da un esercizio professionale non svolto.
Secondo la normativa vigente la semplice iscrizione all’Albo, per giurisprudenza costante, non costituisce infatti prova dello svolgimento dell’esercizio professionale. Il medico in pensione, quindi, iscritto all’Albo ma che non
svolge alcuna attività professionale, non può essere vincolato all’obbligo di
stipulare una polizza assicurativa contro rischi professionali, ovviamente,
inesistenti.
Medici dipendenti in attività libero professionale intramuraria
Rimangono esenti dall’obbligo dell’assicurazione, ad avviso della Federazione (FNOMCeO), anche i medici dipendenti che hanno optato per l’attività libero professionale intramuraria.
“Com’è noto - si afferma nella Comunicazione N.33 - tale rapporto particolare di lavoro che, dal punto di vista fiscale, è assimilato a quelli di lavoro dipendente (art. 47 co. 1 lett. e del TUIR), è stato previsto dall’art. 15
quinquies del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni
e integrazioni.
Successivamente, la L. 3 agosto 2007, n. 120 ha disciplinato in modo più
specifico le modalità di svolgimento dell’attività libero professionale intramuraria.
10
GIUGNO 2013
Ancor più di recente, la cd. Legge Balduzzi (D.L.
13 settembre 2012, n. 158 convertito in L. 8 novembre 2012, n. 189) è ritornata sul tema dell’esercizio dell’attività medica intramuraria.
Si sottolinea, in particolare, l’art. 2 che stabilisce
che dovrà essere definito, d’intesa con i dirigenti
e previa contrattazione integrativa aziendale, un
tariffario che preveda, per ogni prestazione, un
importo minimo ed un importo massimo. L’importo minimo dovrà anche assicurare la copertura
di tutti i costi diretti ed indiretti sostenuti dalle
aziende e prevedere che il 5 per cento del compenso del libero professionista sia trattenuto per
interventi la riduzione delle liste d’attesa.
Sembra quindi inconfutabile, anche per ovvi motivi di equità, che il medico che abbia optato per
l’attività intramuraria non sia tenuto a stipulare
in modo autonomo la polizza assicurativa obbligatoria prevista dall’art. 3, comma 5, del D.L. 13
agosto 2011, n. 138, convertito in L. 14 settembre 2011, n. 148.
Queste considerazioni saranno, comunque, oggetto di approfondimento, attraverso la richiesta
di un parere alla competente Direzione Generale
del Ministero della Salute e sarà nostra cura, ovviamente, portarvi a conoscenza di ulteriori elementi di valutazione”. ¢
prima pagina
Tribuna
BENVENUTE
IL PRESIDENTE BIANCO RICORDA
ALLE MINISTRE DELLA SALUTE E
DELL’ISTRUZIONE I NODI DELLA SANITÀ E
DELLA FORMAZIONE
Il lavoro di certo
non mancherà a
queste due Ministre
che sono chiamate
a districare i
nodi, spesso
interconnessi,
della Sanità e
della formazione
che permette
l’esercizio delle
professionalità che
tengono in vita il
diritto alla tutela
della salute in
Italia.
Il Presidente
della FNOMCeO
Amedeo Bianco,
nel rivolgersi a
loro a nome di tutti
i medici italiani
per formulare gli
auguri di buon
lavoro ha ricordato
le emergenze,
le urgenze,le
incongruenze,
le necessità più
rilevanti di questi
due ambiti su
cui quali si gioca
l’uscita dalla crisi e
il futuro del nostro
Paese.
Di seguito il testo
delle lettere inviate
dall Presidenza
della Federazione
ai due Ministeri.
NiFe
12
GIUGNO 2013
Beatrice Lorenzin
Ministro della Salute
Maria Chiara Carrozza
Ministro dell’Istruzione
On. BEATRICE LORENZIN
Ministro della Salute
“Eravamo e
siamo convinti e
tenaci sostenitori
del sistema
che, nonostante
tutto, oggi è,
per architettura
giuridica,
diffusione
su territorio,
assegnazione di
responsabilità
e di autonomie,
all’avanguardia in
Europa.”
Gentile Ministro,
nel rinnovarLe le sentite congratulazioni per l’impegnativo ruolo governativo di Ministro della Salute, Le rappresento la nostra disponibilità a collaborare, nei ruoli e nelle funzioni proprie della
nostra legge istitutiva, a ogni azione e progetto
di miglioramento della qualità della nostra professione e della nostra sanità pubblica e privata.
Purtroppo le evidenze ci consegnano una situazione ricca di criticità a cui corrispondere con
soluzioni efficaci e compatibili con le risorse a
disposizione.
Ferma restando questa cornice di grande complessità, ci pare possibile dare alcuni segnali forti e concreti di attenzione e soluzioni ad alcune
questioni che tengono indissolubilmente legati
interessi e vocazioni dei cittadini con quelle dei
professionisti, medici e sanitari.
Quanto Le proponiamo sta tutto nell’agenda che
Ella ha già pubblicamente enunciato. Mi riferisco
alle seguenti questioni:
1. dare una soluzione legislativa compiuta ed
efficace alla responsabilità professionale
che sta sperperando risorse pubbliche ma
soprattutto devastando il delicato rapporto
fiduciario cittadini - professionisti - istituzioni sanitarie.
2. rivisitare tutto l’impianto della formazione
pre e post laurea delle professioni mediche
e sanitarie, affinché si realizzi una più efficace sinergia tra formazione e mondo del
lavoro. Se è vero che va corretto quel collo
di imbuto in cui, limitatamente ai prossimi
5 -10 anni, andranno ad infilarsi migliaia
di giovani medici che, in ragione delle attuali normative, non avranno accesso alla
formazione post laurea e quindi al lavoro,
è altrettanto vero che la soluzione non sta
solo nella quantità ma anche nella qualità
dell’offerta formativa post laurea che, è
opportuno ricordare, è prevalentemente
professionalizzante e cioè improntata all’
“imparare facendo”.
3.
Accompagnare la continua evoluzione dei
saperi e delle competenze verticali, supportare la necessità di un sapere e di una competenza trasversale nelle organizzazioni
complesse dei processi di assistenza e cura,
è il principio costituente del nostro sistema
ECM, che pur tra limiti e ristrettezze e non
sopiti scetticismi, resta un elemento qualificante del nostro sistema sanitario pubblico
e privato. Irrobustire il sistema, renderne
forte l’appeal culturale e l’affidabilità verso
i professionisti e le istituzioni sanitarie costituisce un forte e oggettivo stimolo allo
sviluppo della qualità e alla crescita della
partecipazione nonché un elemento di garanzia verso i cittadini. Eravamo e siamo
convinti e tenaci sostenitori del sistema
che, nonostante tutto, oggi è, per architettura giuridica, diffusione su territorio, assegnazione di responsabilità e di autonomie,
all’avanguardia in Europa.
4. È necessario far compiere “gli ultimi 100
metri” alla riforma dell’Ordinamento degli
Ordini delle professioni mediche e sanitarie, portando a termine quel processo di
ammodernamento di queste istituzioni secolari chiamandole ad un governo autonomo e responsabile della qualità e dell’eticità
dell’esercizio professionale con il fine unico
di garantire gli interessi pubblici connessi
alla tutela della salute individuale e collettiva.
In questo contesto che lega questioni professionali ad interessi più generali della collettività non
possono mancare due ulteriori riflessioni che
pongono attenzione al cosiddetto “clima organizzativo” e che ho apprezzato essere tra le Sue
prime considerazioni di Ministro.
Mi riferisco al vulnus del precariato in sanità, che
non è solo quello rendicontato dalle aziende sanitarie, e ad uno sviluppo armonico non competitivo delle molteplici competenze professionali
che caratterizzano i moderni processi clinico-assistenziali.
Le chiedo dunque, come Presidente della
FNOMCeO, un incontro su questi temi o altri che
riterrà di rappresentare; sarei inoltre onorato di
un Suo intervento in un nostro Comitato Centrale e nel nostro Consiglio Nazionale, il cui calendario prossimo sarà mia cura farLe pervenire
in tempo utile.
Con i sensi della migliore stima,
Amedeo Bianco
Presidente della FNOMCeO
u
GIUGNO 2013
13
prima pagina
Tribuna
Prof. ssa Maria Chiara Carrozza
Ministro dell’Istruzione,
“...La nostra
preoccupazione
che sta assumendo
caratteri
emergenziali è il nodo
dell’insufficiente
“commutazione” tra
sistema formativo pre
post laurea del medico
e mondo del lavoro,
rappresentato nel
nostro caso nazionale,
in larghissima parte,
dal Servizio Sanitario
Nazionale.”
Gentile Ministro,
nell’occasione Le formulo le più sentite congratulazioni e sinceri auguri
per il prestigioso incarico istituzionale che Le è stato affidato. Il felice incontro tra la Sua esperienza professionale ed il Suo mandato ministeriale
certamente facilita la comprensione diretta ed immediata di una nostra
preoccupazione che sta assumendo caratteri emergenziali.
Il nodo è l’insufficiente “commutazione” tra sistema formativo pre post
laurea del medico e mondo del lavoro, rappresentato nel nostro caso nazionale, in larghissima parte, dal Servizio Sanitario Nazionale.
La Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri guarda con grande attenzione e pari rispetto al ripensamento dei
contenuti formativi che le Facoltà mediche hanno avviato; come tutti i
processi di cambiamento sconta slanci, resistenze, ritardi e forti innovazioni che, nel complesso, faticano a reggere le più rapide e radicali trasformazioni della medicina e della sanità.
A questo profilo che costituisce il core della riflessione se ne aggiungono
altri che hanno un impatto sociale elevato e cioè la programmazione del
fabbisogni (numero programmato) e le modalità di selezione, periodicamente al centro di polemiche quando non di interessi divergenti.
Ad un iter formativo già di per sé di lunga durata si aggiungono ulteriori
tempi, quali ad esempio il tirocinio pre abilitazione ed i concorsi per l’accesso alle specializzazioni. Tutto questo percorso precede un altro, quello
della formazione specialistica, oggi prolungatosi per l’aumento di durata
dei corsi. Anche in questa fase si ripetono criticità: modalità di selezione,
attribuzione degli specializzandi alle varie scuole con relative graduatorie
ed infine, fatto nuovo, la rigidità dei finanziamenti rispetto al potenziale in
crescita delle domande.
Come Ella sa, negli ultimi quattro anni, si è registrato un aumento degli accessi alle Facoltà mediche, passati dai 6.500 agli oltre 10.000 di quest’anno che, al netto di fenomeni di dispersione stimati tra il 10% ed il 15%, ci
consegnerà, già a partire dal 2016-2017, 8/9mila neolaureati che, a regole
vigenti, avranno a disposizione tra i 3.500 e 4.000 contratti di formazione
e non oltre 7/800 accessi alle scuole di formazione specifica di Medicina
Generale di competenza regionale.
In buona sostanza, nei prossimi 4/5 anni produrremmo, se qualcosa non
cambia, un’area di oltre 20 mila giovani medici senza offerta formativa
e senza possibilità di lavoro, in conto e per conto del Servizio Sanitario
Nazionale e, stante attuali norme di accreditamento istituzionale di molte
Regioni, presso strutture sanitarie private.
A complemento di un paradosso, si aggiunge il fatto che sempre più giovani in possesso di una formazione post laurea (costata molto a loro stessi,
alle loro famiglie ed al nostro Stato) vanno all’estero, o per ragioni di lavoro
accessibile o anche per migliorare la propria qualificazione professionale.
Riteniamo questo scenario insostenibile per i giovani, per la nostra Sanità
ed il nostro Paese, da correggere con soluzioni efficaci e compatibili.
Sulla base di queste considerazioni Le chiedo un incontro, dichiarandoLe
fin da ora la nostra collaborazione ed il nostro impegno.
Con i sensi della migliore stima,
Amedeo Bianco
Presidente della FNOMCeO
¢
14
GIUGNO 2013
“...negli ultimi
4 anni,
si è registrato un
aumento degli accessi
alle Facoltà mediche,
passati
dai 6.500
agli oltre
10.000
di quest’anno che, al
netto di fenomeni di
dispersione stimati
tra il
10% ed il
15%,
ci consegnerà, già a
partire dal
2016-2017,
8/9mila
neolaureati che,
a regole vigenti,
avranno a
disposizione tra i
3.500 e
4.000 contratti
di formazione e non
oltre
7/800
accessi
alle scuole di
formazione specifica
di Medicina Generale
di competenza
regionale“
prima pagina
Tribuna
RINGRAZIAMENTO
ALL’ORDINE
Abbiamo ricevuto in redazione la lettera che pubblichiamo integralmente con l’allegato che la completa. La comunicazione si
riferisce ad un articolo pubblicato sul numero di marzo che riportava notizie molto gravi, da un punto di vista deontologico,
scaturite nell’ambito della vicenda dell’Emodinamica di Moncalieri, destinata alla chiusura dall’Assessore dell’epoca,
Paolo Monferino. In particolare l’Ordine era stato contattato dai cardiologi in servizio presso l’ospedale moncalierese
per informare l’Ente e gli iscritti su alcune gravi affermazioni dell’uomo politico regionale fatte durante un incontro
istituzionale.
Il titolo dell’articolo a pagina 36 ricordava che il ruolo di custode della Deontologia Medica svolto dall’Ordine si esercita
non soltanto attraverso il controllo disciplinare degli iscritti ma anche attraverso la tutela della professionalità del medico
iscritto.
Nicola Ferraro
ALL’ORDINE DEI MEDICI
DELLA PROVINCIA DI TORINO
Con riferimento alle notizie di stampa già
pubblicate ed aventi ad oggetto asserite
dichiarazioni dell’Ing. Paolo Monferino nella
sua qualità di Assessore alla Tutela della
Salute e Sanità della Regione Piemonte,
nei riguardi del Servizio di Emodinamica
dell’Ospedale Santa Croce di Moncalieri,
il Direttore della Cardiologia Dottoressa
MariaTeresa Spinnler ed i Medici del Servizio
di Emodinamica Interventistica, Dottor
Piero Gaetano, Dottor Pier Giuseppe Greco
Lucchina, Dottor Primiano Lombardi, Vi
chiedono di voler cortesemente pubblicare
la dichiarazione allegata con la quale la
vertenza si è recentemente conclusa.
Un grande ringraziamento all’Ordine che ha
sostenuto con convinzione e partecipazione
la nostra Emodinamica Interventistica, dando a tutti la forza di continuare con serenità
il lavoro che nel corso di questi anni è stato
eseguito nell’ottica di offrire ai pazienti
dell’ASL To5 le migliori cure possibili per la
patologia coronarica.
Cordiali saluti.
Maria Teresa Spinnler
¢
GIUGNO 2013
15
Il dedalo
Le liste d’attesa
di pazienti che
attendono un
trapianto di rene
sono in costante
aumento sia
in Italia che
in Piemonte.
Per questo nei
prossimi mesi
partirà una
campagna di
promozione
nazionale e
regionale per il
trapianto di rene
da vivente.
I trapianti di rene donati da cadavere non sono sufficienti. Le liste d’attesa non diminuiscono come
si può vedere dal grafico qui sotto, che rappresenta l’andamento della lista di attesa di rene del
Piemonte 2005-2012
16
GIUGNO 2013
IL MIRAGGIO
DI UN RENE
SI ALLUNGANO LE LISTE D’ATTESA DEI TRAPIANTI.
UNA CAMPAGNA DI PROMOZIONE PER IL TRAPIANTO DA VIVENTE
NiFe
Dal comunicato stampa
di Pierpaolo Berra
Addetto stampa della Città della
Salute e della Scienza di Torino
LA DONAZIONE DI ORGANI DA VIVENTE
Ora saranno necessari ulteriori passi avanti per smaltire le liste d’attesa: garantire ai pazienti un accesso precoce alla lista d’attesa stessa, avviare il trapianto prima dell’inizio della dialisi e, soprattutto, incentivare la donazione
da vivente.
Come ha insegnato la Spagna, dove i livelli di donazione di organi da cadavere sono i maggiori al mondo, non si riesce a ridurre la lista d’attesa se non
con il trapianto da vivente. Un’organizzazione rodata come quella spagnola
è riuscita a portare negli ultimi cinque anni la donazione da vivente di tutto
il Paese dal 5% al 16% nel 2012.
In Italia – dove la quota dei trapianti da vivente rappresenta il 12% del totale dei trapianti - un esempio di programma di trapianto di rene da vivente,
che ha ottenuto buoni risultati in pochi anni è quello della Regione Veneto:
nel 2012 i 47 trapianti da vivente hanno costituito oltre il 20% del totale.
Mentre nella Regione Piemonte i trapianti di rene da vivente negli ultimi tre
anni sono stazionari e si attestano intorno al 6%.
Proprio per questo è forte l’impegno del Centro Regionale Trapianti (CRT)
della Regione Piemonte, in collaborazione con il Centro Nazionale Trapianti,
a sostenere le strutture di Nefrologia e Dialisi della Regione ed i Centri Trapianto di Torino e Novara perché l’opportunità trapianto da vivente venga
presentata ai pazienti sin dalle fasi avanzate delle malattia renale cronica.
INFORMARE PER PROMUOVERE
Allo scopo di migliorare la conoscenza di questa importante opportunità terapeutica, partirà una campagna di promozione. Il CRT sta collaborando alla
realizzazione di un video documentario sulla donazione di rene da vivente,
che sarà realizzato nei prossimi mesi con il contributo del Centro Nazionale
Trapianti e dell’ANED (Associazione Nazionale Emodializzati, Dialisi e Trapianto).
Questo progetto avrà alcuni punti caratterizzanti e qualificanti.
Si discosterà dalle abituali forme di comunicazione istituzionale e vedrà invece la realizzazione di un’opera in cui prevale l’aspetto autoriale. Sarà realizzata seguendo in presa diretta la storia di alcuni pazienti e donatori, con
l’inserto di racconti tratti dell’esperienza di operatori ed esperti del settore.
Vedrà la stretta collaborazione della principale associazione di pazienti trapiantati ed in attesa di un trapianto di rene (ANED) con il CNT ed il CRT
Piemonte e Valle d’Aosta.
Cercherà i finanziamenti necessari con sistemi di fund raising ancora poco
diffusi nel sistema sanitario italiano e per la prima volta in Italia in campo
sanitario tramite il Crowdfunding in Rete. ¢
I DATI
IN PIEMONTE
Per anni il Piemonte
ha migliorato il
numero dei trapianti
da cadavere eseguiti
in Regione, come
dimostrano i dati del
dei centri
dell’ospedale Molinette
di Torino
2012
(112
trapianti) e
del Maggiore di Novara
(53
trapianti),
che si trovano
rispettivamente
in prima ed ottava
posizione in Italia.
Anche la qualità
dei risultati è
molto elevata come
testimoniano le analisi
di funzionamento a
distanza dei trapianti
elaborate dal Centro
Nazionale Trapianti.
l’80%
Oltre
dei
trapianti sono ancora
funzionanti a cinque
anni dall’intervento.
GIUGNO 2013
17
Il dedalo
Maria Familiari
Adriana Pazzaglia
Sonia Zarlottin
Lilia Gavassa
Giuseppe Malfi e
Marco Tinivella
Rete Regionale
delle Strutture
di Dietetica e
Nutrizione Clinica
NUTRIZIONE
ARTIFICIALE
E LA RETE REGIONALE
DELLE STRUTTURE DI
DIETETICA
E NUTRIZIONE CLINICA
18
GIUGNO 2013
La Nutrizione Artificiale (NA)
è una terapia che prevede la
somministrazione per via orale
(integrazione dell’alimentazione
fisiologica) o per via artificiale
(attraverso il canale alimentare,
nutrizione enterale, o attraverso
il circolo venoso, nutrizione
parenterale) di nutrienti (proteine,
lipidi, carboidrati, sali minerali,
vitamine e oligoelementi) analoghi
degli alimenti naturali che risultino
non sufficienti o non utilizzabili per
soddisfare i fabbisogni proteico-calorici
stimati per ogni Paziente ricevente.
Pur non trattandosi di una terapia
basata sull’uso di farmaci, la NA è
considerata una terapia in quanto
sostituisce parzialmente o totalmente
la funzione di uno o più organi
temporaneamente o definitivamente
compromessi.
Il Piemonte è una delle poche regioni sul territorio
nazionale ad avere una legge specifica che regola la
gestione della Nutrizione Artificiale nonché l’organizzazione delle Strutture che se ne occupano (DGR 1813672 del 29.03.2010).
COME È NATA QUESTA LEGGE
La Legge Regionale 12.12.97 n 61 “Norme per la programmazione sanitaria e per il piano sanitario regionale
per il triennio 1997-99” indicava come obiettivi strategici, tra gli altri, la “riduzione della prevalenza e gravità
della malnutrizione ospedaliera” e “l’ottimizzazione
della nutrizione artificiale ospedaliera e domiciliare, sia
per quanto attiene l’età pediatrica che l’età adulta” e
individuava, a questo scopo, le funzioni e le professionalità costitutive delle Strutture specialistiche a ciò deputate.
Per ottemperare agli obiettivi del Piano Regionale 9799, fu istituito dall’Assessore alla Sanità nel 1999 un
Gruppo Tecnico-Consultivo composto da Medici e Dietisti e rappresentativo delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica allora operanti. Il documento elaborato
è stato formalmente riconosciuto con la Deliberazione
della Giunta Regionale 18-13672 del 29.03.2010.
A CHI È RIVOLTA LA NA
Nella maggior parte dei casi la NA è indicata per i Pazienti affetti da esiti di malattie neurologiche (vascolari, ipossiche o degenerative), malformative congenite
o di malattie tumorali (in particolare del capo-collo e
dell’apparato digerente) e trattamenti correlati (chirurgia, chemioterapia, radioterapia). Meno frequenti
sono le indicazioni per alcune condizioni primitive o
secondarie di insufficienza intestinale cronica benigna,
di malattie croniche debilitanti o per condizioni di degenerazione legate all’avanzare dell’età (presbifagia e/o
iporessia secondarie ad eventi patologici). Tutte queste
eterogenee condizioni hanno in comune la perdita
della capacità di masticare, deglutire o assimilare i cibi
rendendo la conseguente malnutrizione causa di gravi
complicanze, di sospensione di altri progetti terapeutici
oppure dell’exitus.
COME SI PRESCRIVE LA NA
I Pazienti che presentano un’alterata capacità di alimentarsi vengono valutati sotto il profilo medico e dietistico
presso una delle Strutture di Dietetica della Rete accreditate dalla Regione alla gestione della NA. Quando esista l’indicazione alla NA, viene deciso il tipo di supporto
e la via di somministrazione. La somministrazione della
NA è possibile anche al domicilio del Paziente (sia presso la sua abitazione che presso le Strutture assistenziali
territoriali): in questo caso le Strutture di Dietetica e
Nutrizione Clinica garantiscono la piena presa in carico
nutrizionale in continuità tra Ospedale e Territorio, in
quanto responsabili sia delle cure nutrizionali in regime
di ricovero, che dell’addestramento, attuazione e monitoraggio della NA domiciliare, in collaborazione con i
Servizi farmaceutici territoriali, i medici di Medicina Generale (MMG), i pediatri di libera scelta (PLS) ed i servizi
di Cure domiciliari.u
GIUGNO 2013
19
Il dedalo
CHE COS’È LA RETE REGIONALE DELLE STRUTTURE
DI DIETETICA E NUTRIZIONE CLINICA
La già citata DGR n. 18-13672 del 29.03.2010 ha istituito la Rete regionale piemontese
delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica. Insieme alla successiva delibera
di nomina della Commissione di Coordinamento della Rete stessa (DGR n. 507 del
28.07.2010) esse definiscono il ruolo della Nutrizione Clinica come “peculiare, in
quanto si tratta di specialità trasversale” con specifiche attività a livello ospedaliero,
nella continuità assistenziale tra ospedale e territorio e nei confronti delle strutture che
operano nella prevenzione. La Rete regionale è composta di 13 Strutture per Pazienti
adulti (Alba, Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Domodossola, Ivrea, Novara, Orbassano e
Torino) e 2 Strutture per Pazienti pediatrici (Torino e Alessandria). In tabella 1 sono
riassunti sede, responsabile e recapito telefonico delle Strutture nonché i dati relativi
al referente Regionale ed alla Commissione di Coordinamento. L’attività delle Strutture
è fondata sulla condivisione di documenti delle Società scientifiche nazionali ed
internazionali di riferimento (linee guida accreditate) che hanno determinato la stesura
delle procedure attualmente in uso: Procedura sulle modalità operative della visita
nutrizionale, sulla gestione della Nutrizione Enterale Domiciliare (NED) e della Nutrizione
Parenterale Domiciliare (NPD). Attraverso riunioni operative mensili, i referenti delle
Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica si confrontano al fine di rendere omogenea ed
efficace l’applicazione di tali procedure e quindi l’assistenza fornita su tutto il territorio
regionale.
Quella che segue è la fotografia più recente del volume di lavoro gestito dalle Strutture della Rete regionale riferita
all’ultimo report disponibile (2010).
Rete regionale
delle Strutture di
Dietetica e
Nutrizione
Clinica
adulti
NED1
NED os2
NPD Onco3
NPD IICB4
Pazienti
durata media
(gg)
ripresa os (%)
Pazienti
Pazienti
Pazienti
1379
412
10.5
1851
112
75
pediatrici
181
864
10
141
2
11
Totale
1560
1276
20.5
1992
114
86
1 Nutrizione enterale domiciliare per sonda: naso-gastrica (SNG), gastrostomia percutanea endoscopica (PEG), gastrostomia
percutanea radiologica (PRG) o Digiunostomia
2 Nutrizione enterale domiciliare per os (integratori proteico-calorici, acqua gelificata, ecc)
3 Nutrizione parenterale domiciliare per Paziente oncologico
4 Nutrizione parenterale domiciliare per Paziente con Insufficienza Intestinale Cronica Benigna (Centro di Riferimento Regionale per Paziente adulto presso Molinette - AO Città della Salute e della Scienza di Torino e per Paziente pediatrico presso OIRM
- AO Città della Salute e della Scienza di Torino e Osp. Pediatrico C. Arrigo, Alessandria)
20
GIUGNO 2013
FUNZIONI
La gestione della NA ospedaliera e domiciliare non è l’unico compito istituzionale delle Strutture di Dietetica e Nutrizione Clinica. Altre prestazioni rese sia
ai Pazienti ricoverati che agli esterni sono:
ti al fine di migliorare la gestione del peso
utilizzando gli strumenti propri del gruppo.
•
•
La prevenzione ed il trattamento della malnutrizione proteico-calorica
attraverso l’uso di strumenti di screening nutrizionale in ospedale e nelle
Strutture residenziali. L’incidenza della malnutrizione PC può raggiungere l’85 % dei Pazienti ricoverati con conseguenze, in termini di complicanze mediche e di durata del ricovero, che modificano in modo significativo lo stato di salute delle persone e la loro aspettativa prognostica.
•
La prevenzione ed il trattamento del sovrappeso, dell’obesità e delle loro complicanze non solo come attività ambulatoriale ma soprattutto attraverso l’organizzazione di incontri di Educazione Alimentare che mirano a migliorare l’informazione dei
Pazienti per ottenere la più forte motivazione possibile nell’affrontare il cambiamento del loro stile di vita, frequentemente scorretto.
Spesso per ottenere questo importante risultato è necessaria la collaborazione fondamentale delle Strutture territoriali attive nell’area dei
disturbi additivi sine substantia. Il lavoro multidisciplinare svolto dagli
educatori, psicologi e medici di queste Strutture in collaborazione con
altre figure specialistiche (psicoterapeuti, infermieri e tecnici) si propone
di aumentare nei Pazienti la consapevolezza degli stati emotivi associati
all’alimentazione incontrollata, riducendo quindi il verificarsi di tali even-
L’inquadramento e la gestione dei disturbi del comportamento alimentare (DCA),
come previsto dal Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) specifico della Regione Piemonte, mediante un approccio multidisciplinare integrato attraverso: 1)
Centri di primo livello per la diagnosi e la
presa in carico terapeutico dei DCA (modalità integrate di cura, attività di counselling,
terapie ambulatoriali di tipo psichiatrico o
psicosociale in collaborazione con i Servizi
Psichiatrici e/o di Psicologia Clinica territoriali) o, se necessario, indirizzo dei Pazienti
agli altri livelli di assistenza; 2) Centri di secondo livello per l’accoglienza di situazioni
complesse con possibilità di ricovero del Paziente (anche in regime di Day Hospital); tali
Centri prevedono una distribuzione sovrazonale; 3) Strutture terapeutico-residenziali
per la gestione dei casi complessi con necessità di percorsi di riabilitazione. u
GIUGNO 2013
21
Il dedalo
Tale approccio si avvale della
collaborazione con il Centro di
riferimento regionale per i DCA
(Prof. S. Fassino) presso Molinette - AO Città della Salute e
della Scienza di Torino.
•
La dietoterapia delle insufficienze d’organo (insufficienza renale, epatica, ecc) e/o delle patologie croniche (fibrosi cistica,
celiachia, diabete, ipertensione,
ecc) attraverso la raccolta dei
dati anamnestici clinici e nutrizionali e la definizione di regimi alimentari specifici per ogni
singola condizione, anche mediante la prescrizione di alimenti speciali (aproteici, privi di glutine, ecc) laddove necessario.
Infine, importanti nell’organizzazione del lavoro sono:
•
•
la collaborazione alla gestione
della ristorazione ospedaliera
e/o assistenziale mediante l’applicazione del Dietetico, documento ufficiale che contiene
la descrizione di composizione,
densità proteico-calorica, consistenza, modalità di somministrazione e di preparazione dei
pasti (cfr. Proposte operative
per la ristorazione ospedaliera
e assistenziale – www.regione.
piemonte.it/sanita - oppure Linee di indirizzo nazionale per la
ristorazione ospedaliera e assistenziale - www.salute.gov.it).
Questo strumento si è dimostrato molto importante nel
rendere omogeneo il trattamento dietoterapico dei Pazienti e nel ridurre la spesa sanitaria
dovuta all’inappropriata prescrizione di presidi di integrazione
alimentare.
La partecipazione ai lavori di
preparazione e stesura di capitolati (aggiudicazione e monitoraggio) inerenti la NA ospedaliera al fine di adeguare, in tutti
i nosocomi in cui si gestisce la
terapia nutrizionale, la modalità
di intervento nutrizionale e gli
strumenti utilizzati. ¢
22
GIUGNO 2013
Tabella 1. Elenco delle Strutture appartenenti alla Rete regionale piemontese delle
Strutture Operative di Dietetica e Nutrizione Clinica (SODNC). Riferimenti del Referente regionale e della Commissione di coordinamento della Rete.
SEDE
RESPONSABILE
RECAPITO
TELEFONICO
Alba – Osp. S. Lazzaro
Dr.ssa A. Demagistris
0173/316832
Alessandria
AO Ss. Antonio e Biagio
Dr. M. Leonardi
0131/206622
Alessandria
Osp. Pediatrico C. Arrigo
Dr.ssa G. Casaccia
0131/207309
Asti
Osp. Cardinal Massaia
Dr.ssa M. L. Amerio
0141/487567
Biella
Osp. degli Infermi
Dr. M. Valenti
015/3503836
Cuneo
AO S.Croce e Carle
Dr. G. Malfi
0171/642477
Domodossola
Osp. San Biagio
Dr. R. Ajolfi
0324/491404
Ivrea – Osp. Civile
Dr.ssa L. Gavassa
0125/414395
Novara
AOU Maggiore della Carita’
Dr. F. D’Andrea
0321/3733275
Orbassano
AOU San Luigi Gonzaga
Prof. P. Avagnina
011/9026304
Torino
AO Citta’ della Salute - Molinette
Dr.ssa A. De Francesco
011/6336491
Torino
AO Citta’ della Salute - OIRM
Prof.ssa B. Santini
011/3135391
Torino – Osp. Maria Vittoria
Dr. P. Martinoglio
011/4393591
Torino
AO Ordine Mauriziano Umberto I
Dr.ssa L. Rovera
011/5082535
Torino – Osp. S. G. Bosco
Dr. A. Pezzana
011/2402355
REGIONE PIEMONTE
DIREZIONE SANITÀ
Ref. regionale per la Rete SODNC
Dr.ssa R. Ferraris
011/4322011
COMMISSIONE DI COORDINAMENTO DELLA RETE SODNC
011/2402355
Coordinatore: Dr. A. Pezzana
Componenti: Dr.ssa M.L. Amerio, Sig.ra M.R. Crea, Dr. F.
D’Andrea, Dr.ssa A. De Francesco, Dr.ssa R. Ferraris, Dr. G.
Malfi, Dr.ssa M. Roma, Prof.ssa B. Santini
Chi fa cosa
Risonanza magnetica integrale
e neurostimolazione in atto:
alle Molinette si può.
NiFe
Dal comunicato
stampa
di Pierpaolo Berra
Addetto stampa
della Città
della Salute e della
Scienza di Torino
Nel Centro di Terapia del dolore dell’Ospedale
torinese è stato impiantato il primo dispositivo
di neurostimolazione midollare per il trattamento del dolore cronico compatibile con Risonanza
Magnetica Integrale (MRI). Si tratta del primo sistema impiantabile ad aver ricevuto, a gennaio
2013, il marchio di Conformità Europea (CE) di
compatibilità con la MRI in specifiche condizioni
d’uso.
La notizia è stata diffusa dall’Ufficio Stampa
dell’Azienda Città della Salute e della Scienza di
Torino il 13 marzo scorso.
“La disponibilità di questo nuovo dispositivo offre
un grande vantaggio nel trattamento di alcune
tipologie di pazienti con dolore cronico che ora
potranno accedere a tutti i vantaggi della Tecnica
di Risonanza Magnetica - afferma Anna De Luca,
Direttore del Centro di Terapia del Dolore della
Città della Salute e della Scienza di Torino. - Sino
a ieri, la Risonanza Magnetica, che, come tutti
sanno, è diventata uno standard of care per la
diagnosi di patologie, talora gravi, e per il controllo nel tempo dell’evolvere di patologie pregresse,
era preclusa ai portatori di neurostimolatori e per
effettuarla occorreva prima disimpiantare chirurgicamente il dispositivo: esisteva infatti la possibilità che il sistema potesse essere danneggiato
durante l’esecuzione dell’esame di imaging, per
effetto dell’energia elettromagnetica utilizzata.
Quindi numerosi pazienti che avrebbero potuto
alleviare, in questi anni, il loro dolore cronico con
la neurostimolazione, non hanno potuto essere
sottoposti all’impianto se consapevoli di dover effettuare Risonanze Magnetiche”.
SCLERODERMIA, DOLORE CRONICO E NEUROSTIMOLAZIONE
Il malato sottoposto all’innovativo impianto è un
uomo di 39 anni, residente in Piemonte, che da
circa 15 anni soffre di sclerodermia.
“La sclerodermia è una patologia molto invalidante perché, oltre ad interessare diversi organi,
determina la comparsa di ulcere molto dolorose
alle estremità degli arti, a causa di una scarsa
circolazione sanguigna. Per questo ultimo motivo, in associazione alla terapia farmacologica del
caso, nel 2009 il paziente è stato sottoposto ad
impianto di un neurostimolatore midollare, con
risultati eccellenti - spiega la Dottoressa Anna De
Luca.
Oggi la neurostimolazione midollare viene raccomandata nei pazienti con dolore cronico
neuropatico da danno dei nervi periferici, da
neuropatia diabetica, da insuccesso della chirurgia vertebrale, da nevralgia posterpetica, da
lesioni parziali del midollo spinale, da sindrome
dolorosa dell’arto fantasma, da lesioni del plesso brachiale, da dolore ischemico degli arti e da
angina pectoris grave e da dolore delle sindromi
regionali complesse.
Fino al 2012 però la necessità di effettuare una
Risonanza Magnetica, a seguito della comparsa
di sintomi di tipo neurologico, in Italia rendeva
necessaria la rimozione dell’intero sistema di
neurostimolazione midollare, con la ricomparsa
della sintomatologia dolorosa legata alle ulcere.
Ma la neurostimolazione rappresenta un pilastro
nella gestione del dolore cronico e il dispositivo
impiantato nei giorni scorsi alle Molinette non
presenta questo tipo di problematica, in quanto
compatibile con quell’esame strumentale”.
L’IMPORTANZA DEL RISULTATO RAGGIUNTO
ALLE MOLINETTE
Il ricorso alla Risonanza Magnetica è notevolmente aumentato negli ultimi anni, grazie ai progressi
della tecnologia che ne ha migliorato la precisione, l’efficacia ed il comfort per il paziente. Si stima che ogni anno vengano effettuate 60 milioni
di procedure di Risonanza Magnetica nel mondo.
Solo in Europa occidentale, nel 2010, ne sono
state eseguite 29 milioni e questo numero raddoppierà ogni cinque anni. Già solo questo dato
rende idea del potenziale di applicazione di questi
nuovi dispositivi MRI compatibili.
“Siamo fieri di essere stati i primi in Italia ad impiantare questo innovativo dispositivo per la neurostimolazione che - conclude la Dott.ssa Anna
De Luca, - potrà portare un netto miglioramento
della la qualità di vita dei nostri malati.” ¢
GIUGNO 2013
23
Chi fa cosa
24
GIUGNO 2013
CURE
DOMICILIARI
DI CASA
ALL’ASL TO2
La primavera
2013 all’Asl TO2
è dedicata alla
deospedalizzazione,
alle cure domiciliari,
all’orgoglio per
una scelta fatta
vent’anni fa per
venire incontro
alle esigenze dei
malati di HIV e alla
programmazione del
futuro attraverso il
Progetto Sostegno
Domiciliare
Ni Fe
Dal comunicato
stampa
di Silvana Patrito
Ufficio Stampa
ASL TO2
CURE DOMICILIARI E INFEZIONE HIV:
VENT’ANNI UNA STORIA
L’Amedeo di Savoia promuove le medical humanities.
In occasione del ventennale del Servizio di Assistenza Domiciliare Specialistica per malati di
AIDS dell’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino,
l’11 aprile scorso al Sermig di Torino si è svolto
il convegno “Cure domiciliari e infezione HIV
– vent’anni una storia”, organizzato dalla Divisione di Malattie Infettive e Tropicali I, incontro
tra professionisti della cura con l’intenzione di
valutare il percorso effettuato e promuovere un
confronto sulle diverse esperienze.
“Il nostro Servizio di Assistenza Domiciliare
Specialistica è stato il primo del genere in Italia – spiega Pietro Caramello, Direttore della
Divisione di Malattie Infettive e Tropicali I – e
dalla iniziale connotazione di ospedalizzazione
domiciliare, basata essenzialmente sulle cure
palliative, si è evoluto in assistenza domiciliare
specialistica, uno strumento più flessibile ad
adattarsi ai casi di pazienti che hanno bisogno
di un accompagnamento particolare, come in
situazioni gravemente complicate da infezioni
HIV correlate o quando le problematiche psicosociali si ripercuotono negativamente sull’aderenza alle terapie”.
I grandi passi avanti compiuti negli ultimi
vent’anni nella cura ai malati di Aids emergono
simbolicamente dalla storia di questo Servizio:
nei primi Anni Novanta, di fronte a un’epidemia
senza precedenti e senza possibilità di cura, l’obiettivo principale era l’accompagnamento alla
morte di questi pazienti, secondo la filosofia
delle cure palliative, con una particolare attenzione alla qualità della vita residua, al controllo
dei sintomi e del dolore, alla prevenzione delle
infezioni opportunistiche e al supporto clinicoassistenziale-sociale-psicologico-spirituale.
Nel 1997 l’introduzione della terapia antiretrovirale (HAART) ribalta lo scenario: il mantenimento della carica virale a bassi livelli e la
conseguente acquisizione di discrete difese immunitarie portano a una diminuzione delle manifestazioni di infezioni opportunistiche e ad un
miglioramento della qualità e delle aspettative
di vita. u
GIUGNO 2013
25
Chi fa cosa
Pazienti coinvolti
totali giornate
giornate mediane
200
12.017
61
costo totale
costo medio per paziente
costo giornaliero SOD
costo giornaliero Lungodegenza
costo giornaliero Dimissioni Protette
costo per Lungodegenza in assenza di SOD
costo per Dimissioni Protette in assenza di SOD
costi evitati di Lungodegenza
costi evitati di Dimissioni Protette
€ 241.600
€
1.208,56
€
20
€
150,00
€
100,00
€ 1.802.550
€ 1.201.700
€ 1.561.950
€ 960.100
SOD è uno spazio progettuale nuovo in fase estensiva, che si aggiunge e si
articola con gli attuali strumenti già attivi di cure domiciliari
Nell’ultimo decennio il servizio si riorganizza in Assistenza
Domiciliare Specialistica (A.D.S.), collabora con il Dipartimento di
Malattie Infettive, Case Famiglia e territorio: laddove la prevenzione
ha fallito, le cure sono risultate inefficaci o per i pazienti cosiddetti
cronici - e in costante aumento - le cure domiciliari diventano uno
strumento preziosissimo di cura, flessibile nella sua organizzazione e
nei suoi obiettivi, per rispondere adeguatamente ai bisogni specifici.
CURE DOMICILIARI ASL TO 2
anno 2012
di cui:
casi trattati
13863
ADI
1327
Cure palliative
497
SID
2001
ADP
6496
Lungoassistenza 3542
“L’Assistenza Domiciliare rivolta ai pazienti HIV,
fin dall’inizio, ha previsto un supporto clinicoassistenziale e psico- sociale, con l’obiettivo di
un miglioramento della qualità di vita della persona malata, valorizzando le sue risorse e il suo
contesto di vita e sviluppando percorsi di autonomia, laddove è possibile – precisa Maura De
Agostini, medico infettivologo, Responsabile
del Servizio di Assistenza Domiciliare Specialistica – sulla base della nostra esperienza, portiamo l’attenzione sulla narrative-based care come
strumento innovativo di cura, al fine di migliorare la compliance alle terapie, promuovere
l’impiego delle medical humanities all’interno
delle strutture sanitarie, proponendo modelli
gestionali efficienti ma in grado di riconoscere
all’umanizzazione una rilevanza non solo teorica ma anche pratica”.
Il Servizio di Assistenza Domiciliare Specialistica per malati di AIDS dell’Amedeo di Savoia ha
sperimentato in prima persona la tecnica della
Medicina Narrativa, attraverso uno specifico
Laboratorio formativo, curato dall’antropologa
Lucia Portis, dodici storie rappresentative, raccolte tra i mille casi seguiti in questo ventennio, sono diventate un libro: “Con Quali Parole
- Domiciliarità e Hiv: Vent’Anni, Una Storia”,
Edizioni END.
PROGETTO SOSTEGNO DOMICILIARE:
ESORDIO VINCENTE
La ASL TO 2 incentiva la deospedalizzazione.
Assistenza a casa per cinque persone al costo
di un ricovero giornaliero in dimissioni protette.
La ASL TO 2 risolve il problema dei Pazienti
anziani difficilmente dimissibili dagli ospedali
perché a casa non avrebbero adeguate e tem-
26
GIUGNO 2013
PROGETTO SOD IN CIFRE
Pazienti coinvolti
totali giornate
giornate mediane
200
12.017
61
costo totale
costo medio per paziente
costo giornaliero SOD
costo giornaliero Lungodegenza
costo giornaliero Dimissioni Protette
costo per Lungodegenza in assenza di SOD
costo per Dimissioni Protette in assenza di SOD
costi evitati di Lungodegenza
costi evitati di Dimissioni Protette
€ 241.600
€
1.208,56
€
20
€
150,00
€
100,00
€ 1.802.550
€ 1.201.700
€ 1.561.950
€ 960.100
SOD è uno spazio progettuale nuovo in fase estensiva, che si aggiunge e si
articola con gli attuali strumenti già attivi di cure domiciliari
CURE DOMICILIARI ASL TO 2
pestive cure assistenziali e pertanto divengono
giornaliera a casa per ben cinque Pazienti”.
fruitori di ricoveri in dimissioni protette o in
“Il progetto è convincente e sostenibile – proanno 2012
casi trattati
13863
lungodegenza. di cui:
segue Daniela Bodda, Direttore S.C. Cure DoADI
1327
La sperimentazione del Progetto Cure
“SOD
– Somiciliari
e Disabilità ASL TO 2 – i 200 Pazienti
palliative
497
2001
stegno domiciliare” presentato a SID
Palazzo Cicoinvolti
dall’inizio a oggi hanno utilizzato il
ADP scorso,
6496
vico in IV Commissione il 14 maggio
servizio
per una media di 61 giorni ciascuno.
3542
prevede l’erogazione di interventiLungoassistenza
domiciliari
A fronte di una spesa globale di € 241.600
di sostegno e aiuto domestico familiare, sviabbiamo evitato costi aggiuntivi di € 960.100
luppato in base ai bisogni individuati, sia per
se fossero stati inseriti in Dimissioni Protette,
durata sia per articolazione settimanale, precosti che sarebbero aumentati di € 1.561.950
vedendo all’occorrenza sostegno anche sette
se fossero stati inseriti in Lungodegenza”.
giorni su sette.
A totale carico dell’ASL, senza alcun contributo
Il SOD è previsto per una durata massima di
da parte del Cittadino, il SOD, dopo una fase
quattro mesi per ciascun paziente e la quota
sperimentale effettuata dal 15 luglio 2012 al
personale massima di ciascun progetto è pari
15 gennaio 2013, è ora a regime all’ASL TO
alla quota sanitaria di un progetto di medio
2 con 200 Pazienti seguiti sinora mediante in- alta intensità di lungoassistenza domiciliare
terventi svolti da un Operatore Socio Sanitario
(€ 675,00 al mese).
e/o da un assistente familiare, definiti con un
apposito Piano di Assistenza Personalizzato.
“Nella rete dei servizi per la cronicità, perse“Il nostro progetto migliora l’appropriatezza
guendo il criterio dell’appropriatezza, abbiadei percorsi nei luoghi di cura e la tempemo conseguito ottimi risultati anche con la
stività della presa in carico domiciliare, con
residenzialità – conclude il Direttore del Diuna gestione del paziente appropriata ai bipartimento Salute Anziani ASL TO 2, Sergio
sogni, abbattendo anche considerevolmente
Cabodi – in virtù della costante analisi della
i costi – spiega il Direttore Generale ASL TO
congruità delle richieste e di un’appropriata
2, dott. Maurizio Dall’Acqua – L’iniziativa si
attribuzione dell’intensità di cura, abbiamo
sta dimostrando assolutamente valida, consnellito la graduatoria delle persone in attesa
sentendo ai Pazienti un tempestivo rientro al
per l’inserimento permanente in RSA, che da
domicilio, con tutti i benefici legati alla per1800 censite a fine 2011 alla fine del 2012
manenza nel proprio ambiente, sia in termini
è scesa a circa 1400, assolvendo a tutte le
di benessere psicologico sia di evitati rischi di
urgenze sociali e sanitarie note. Contestualdisorientamento e di insorgenza di infezioni
mente abbiamo ampiamente mantenuto i
ospedaliere, talora legati alla permanenza in
2
posti letto a disposizione, che a oggi sono
reparto. I risultati sono ottimi: nel 92% dei
l’1,93% della nostra popolazione ultra65encasi i Pazienti non hanno avuto bisogno di
ne, quindi vicinissimi all’obiettivo regionale
tornare in ospedale e la nostra ASL, al costo
di una singola giornata di ricovero in dimisdel 2% e riducendo anche la spesa complessione protette, ha potuto offrire assistenza
siva di circa 400.000 euro”. ¢
GIUGNO 2013
27
Chi fa cosa
NELLA PRIMA BANCA
RUSSA DEL LATTE
UMANO SI PARLA
MOLTO IN TORINESE
NiFe
Dal comunicato
stampa
di Pierpaolo Berra
Addetto stampa
della Città
della Salute e della
Scienza di Torino
28
GIUGNO 2013
Due grandi riconoscimenti per la Banca del Latte Umano degli ospedali Sant’Anna e Regina Margherita della Città della Salute e della Scienza di Torino.
La Banca torinese, centro di riferimento regionale e nazionale, è stata scelta come esempio di eccellenza e collaborerà con il più grande ospedale pediatrico russo per costituire la prima Banca del
Latte Umano in Russia. Tutto ciò sulla base delle nuovissime Linee Guida e di Indirizzo nazionali, ora
diffuse anche a livello internazionale, redatte dai professionisti della stessa Banca del Latte torinese.
Il 22 aprile scorso una delegazione di neonatologi e nutrizionisti dello Scientific Center of Children’s
Health of the Russian Academy of Medical Sciences di Mosca, il più grande e prestigioso ospedale
pediatrico russo ha visitato la Banca del Latte Umano e la Terapia Intensiva Neonatale universitaria (TIN) degli ospedali Sant’Anna e Regina Margherita della Città della Salute e della Scienza di
Torino. Scopo della visita l’incontro con il personale medico ed infermieristico della TIN (diretta dal
professor Enrico Bertino), della Banca e con il Presidente dell’Associazione Italiana Banche del Latte
Umano (professor Guido Moro), per acquisire le strategie operative di implementazione dell’utilizzo
del latte materno nei neonati molto prematuri in TIN e avviare la collaborazione tra Torino e Mosca
per costituire la prima Banca del Latte Umano in Russia.
IL RUOLO DEL LATTE MATERNO IN NEONATALOGIA E PEDIATRIA
Sappiamo che il latte fresco della propria mamma, norma biologica per la specie umana nei nati
a termine, opportunamente integrato, costituisce l’alimento ottimale anche per quelli prematuri.
Purtroppo per molti di questi bambini, soprattutto quelli più critici e con peso alla nascita inferiore a
1.500 o a 1.000 grammi, ricoverati in Terapia Intensiva, il latte materno può non essere disponibile
almeno nel primo periodo dopo il parto. In questi casi è di grande importanza poter disporre del
cosiddetto “latte umano di banca”, che può essere considerato alla stregua di un farmaco salvavita.
Una migliore tolleranza dell’alimento ed una riduzione di enterocolite necrotizzante (NEC), malattia
che può essere mortale nei neonati pretermine, sono i principali vantaggi dell’uso del latte umano
donato nell’alimentazione di questi neonati.
Un esempio famoso può essere quello di Idil, la bimba somala di sette etti, nata nel settembre 2010
a 28 settimane da una donna deceduta da un mese. Idil ha potuto sopravvivere anche grazie alla
possibilità di essere alimentata con il latte della Banca. Il latte materno ridurrebbe (nella vita adulta)
anche l’ipertensione arteriosa ed il diabete.
BANCHE DEL LATTE UMANO: PIÙ SALUTE RISPARMIANDO
Il latte umano donato deve essere sicuro e di buona qualità. A questo fine sono sorte in Europa ed
in USA le Banche del Latte Umano, che svolgono la loro attività grazie alla generosità di donatrici
volontarie accuratamente selezionate ed operano secondo procedure standardizzate ed aggiornate.
L’Italia e la Svezia si collocano al primo posto in Europa. Nel 2011 le madri donatrici in Italia sono
state 1.122 con un trend in progressivo aumento ed il volume di latte raccolto nel 2011 è stato
pari a 7.600 litri.
L’incidenza complessiva di NEC nei prematuri è di circa il 6-7%, mentre quella nei centri con uso
esclusivo di latte umano scende intorno all’1-2%. Considerando che la mortalità per NEC è intorno
al 30%, ogni 1.000 nati prematuri, si avranno 21 decessi per NEC nei soggetti alimentati con latte
artificiale e 3 – 6 decessi nei neonati alimentati con latte umano esclusivo.
Poiché in Italia ogni anno circa 1.000 neonati prematuri di peso inferiore a 1.500 grammi (VLBW)
possono beneficiare del latte di banca, si può stimare che 15 -18 neonati prematuri VLBW possano
essere salvati in più ogni anno in Italia solo grazie alla somministrazione di questo alimento. Ogni
anno nascono in Italia circa 5000 neonati prematuri, dopo meno di 32 settimane di gravidanza e
con un peso inferiore ai 1.500 grammi, 350 in Piemonte.
Si stima che, considerando solo i risparmi derivati dalla riduzione delle NEC (quindi senza considerare tutti gli altri vantaggi del latte umano), ci sia un risparmio di circa 10.000 euro per ogni neonato prematuro VLBW ricoverato in TIN ed alimentato con latte umano esclusivo rispetto a quelli
alimentati con latti artificiali. In Italia, si avrebbe quindi un risparmio di 50 milioni di euro se tutti
fossero alimentati con latte umano esclusivo, ed oltre 3 milioni di euro in Piemonte.
È stato anche recentemente osservato che le banche del latte sono uno strumento di promozione
dell’allattamento materno nelle Terapie Intensive Neonatali (TIN). Sono appena stati pubblicati sul
Journal of Perinatal Medicine i dati di un’indagine della Società Italiana di Neonatologia, coordinata
dall’AIBLUD e dalla Neonatologia universitaria del Sant’Anna di Torino, su 4.277 neonati provenienti da 83 centri di Terapia Intensiva Neonatale italiani. E’ stato osservato che la percentuale di neonati con allattamento esclusivo al seno alla dimissione dalle TIN è significativamente maggiore nei
Centri dotati di Banche del latte rispetto a quelli che ne sono privi (29,6% rispetto a 16%). I Centri
con Banca del Latte inoltre mostrano un allattamento naturale più frequente (60,4 vs 52,8%) rispetto alle Unità senza Banche. I risultati mostrano che la donazione e l’utilizzo del latte di Banca
sono uno strumento utile anche per diffondere efficacemente la cultura dell’allattamento materno
anche per i neonati più critici ed immaturi.
LA BANCA DEL LATTE UMANO DI TORINO
A Torino, presso la Città della Salute e della Scienza, opera una delle più grandi Banche italiane
ed europee ed i neonatologi della Terapia Intensiva Neonatale universitaria (TIN), soci fondatori
dell’Associazione Italiana Banche del Latte Umano (AIBLUD), hanno partecipato alla stesura delle
prime Linee Guida Nazionali, diffuse oggi anche a livello internazionale. Il gruppo di lavoro ha
collaborato anche alla stesura delle Linee di Indirizzo Nazionale, elaborate dal Comitato Nazionale
Multisettoriale per l’Allattamento Materno del Ministero della Salute, che dovrebbero a breve essere approvate dalla Conferenza Stato Regioni. Il loro scopo è quello di monitorare a livello nazionale
l’appropriatezza operativa e gestionale delle Banche del Latte Umano, così come avvenuto per la
donazione degli emoderivati.
Le Banche del Latte Umano sono assenti nei territori dell’ex Unione Sovietica. E’ un grande onore
per l’AIBLUD, per Torino e per la Città della Salute e della Scienza essere stati scelti come riferimento
di eccellenza per una collaborazione molto promettente a vantaggio dei neonati prematuri e delle
loro famiglie. ¢
GIUGNO 2013
29
Salute
Il fenomeno della violenza nei luoghi di lavoro e le relative conseguenze
sulla salute di chi ne è vittima sta assumendo proporzioni considerevoli in
molti settori lavorativi.
Nel settore sanitario il fenomeno è in crescita e pone notevoli problemi
gestionali, dal momento che coinvolge una categoria di lavoratori, gli
operatori della sanità, che devono occuparsi della salute di chi si rivolge a
loro per le cure e che spesso può essere anche l’autore delle aggressioni.
Nell’articolo vengono illustrati i risultati di un secondo sondaggio, condotto
nel Presidio Ospedaliero Maria Vittoria di Torino dell’Azienda Sanitaria TO2,
a distanza di 3 anni e teso a individuare ulteriori strategie preventive.
di
Teresa Emanuele*
Caterina Martini**
Paolo Mussano***
Anna Brunetti****
*Dirigente Medico
Direzione Sanitaria Ospedale M.
Vittoria - Torino
Responsabile Sos
Benessere Organizzativo e sicurezza
dei lavoratori
**Dirigente Biologo Dipartimento
di Diagnostica di
Laboratorioo Ospedale M. Vittoria
*** Direttore
Sanitario Ospedale
M. Vittoria
****Dirigente
Medico Direzione
Sanitaria Ospedale
M. Vittoria Torino
Responsabile Risk
Management Area
ovest ASL TO2
30
GIUGNO 2013
VIOLENZA SUL
LA RESILIENZA DEL GRUPPO COME FENOMENO
INTRODUZIONE
LA VIOLENZA SUL LAVORO NEL SETTORE
SANITARIO
Il fenomeno della violenza nei luoghi di lavoro e
delle conseguenze sulla salute di chi ne è vittima sta catturando attenzione e interesse sempre
maggiori da parte degli studiosi. Gli istituti internazionali che se ne occupano, come il NIOSH, l’ILO, o la European Agency for Safety and Health
at Work hanno pubblicato dati che ne dimostrano la crescente diffusione (1) .
In Europa, il 4% della popolazione lavorativa riferisce di aver subito violenza fisica e aggressioni sul
posto di lavoro. Come illustra la figura 1, il settore sanitario è quello maggiormente colpito dal
fenomeno (15.2%), con particolare riferimento ai
servizi di emergenza e pronto soccorso (Nogareda, 1990) (2), ai reparti psichiatrici (Arnetz et al.,
1994) (3), alle case di riposo (Beck et al., 1992) (4)
e ai servizi per le tossicodipendenze (Chappel &
Di Martino, 2000) (5).
Alcune delle motivazioni sottostanti allo sfortunato primato dei lavoratori della sanità sono da
considerarsi “intrinseche” al contesto lavorativo:
l’utenza con cui si relaziona quotidianamente il
lavoratore è spesso portatrice di grossi disagi e
stress; la malattia e il dolore generano rabbia, impotenza e frustrazione e possono rendere le relazioni tra utenti e lavoratori “tese”, spesso conflittuali, caratterizzate da tonalità emotive estreme.
Un’altra fonte di rischio sempre più frequente per
il lavoratore del settore sanitario è rappresentata
dagli alti livelli di stress dovuti all’eccessiva pressione temporale e al sovraccarico lavorativo. Questi fattori minano non solo le relazioni con l’utenza, ma contribuiscono a rendere tesi e conflittuali
anche i rapporti tra colleghi. Il settore sanitario
detiene non a caso il primato anche per il numero
di episodi di violenza che si consumano tra colleghi, definita dagli studiosi “violenza interna sul
posto di lavoro” (Chappel & Di Martino, 2000;
figura 2) (5) u
LAVORO
DI DIFESA IN AMBITO SANITARIO
Figura 1 – Percentuale
di lavoratori soggetti a
violenza sul lavoro per
settore lavorativo
Figura 2 – Percentuale
di lavoratori soggetti
a “violenza interna sul
posto di lavoro” per
settore lavorativo
Figura 2
Figura 1
GIUGNO 2013
31
Salute
RISULTATI DI UNA STRATEGIA PREVENTIVA
IN UN’AZIENDA SANITARIA TORINESE
Il Ministero della Salute ha emanato la Raccomandazione n. 8, novembre 2007 per prevenire gli atti
di violenza a danno degli operatori sanitari (6).
In applicazione della Raccomandazione Ministeriale, presso l’ASL TO 2 di Torino sono state attuate a partire da Gennaio 2008 iniziative specifiche
finalizzate a contrastare il fenomeno.
L’obiettivo individuato è stato quello di agire su
tre versanti:
1. prevenzione del fenomeno attraverso l’analisi organizzativa e strutturale delle aree più
a rischio;
2. valutazione e contenimento del disagio
psico-sociale degli operatori coinvolti in aggressioni con conseguenze fisiche;
3. tutela legale in caso di querela di parte. A
distanza di tre anni dagli eventi sono stati
riesaminati i casi degli operatori sanitari oggetto di aggressioni sul lavoro ad opera di
utenti o colleghi.
Gli operatori che avevano sporto denuncia alla
Direzione Sanitaria nei giorni successivi all’aggressione, compilando un questionario formulato
espressamente a tale scopo sono stati richiamati
ad un secondo colloquio con un counselor, con lo
scopo di approfondire possibili situazioni di stress
riferibili all’accaduto e protrattesi nel tempo fino
a causare un “danno esistenziale”, il possibile alterato coinvolgimento emotivo nei riguardi della
loro attività, oltre che problemi riguardanti la comunicazione sul lavoro.
Il gruppo è risultato omogeneo da un punto di
vista professionale, essendo costituito da CPSI
(Collaboratori Professionali Sanitari Infermieri) e
OSS (Operatori Socio Sanitari), quindi persone
ancora più vicine al paziente (almeno in termini
temporali) di quanto non lo sia la figura medica.
È stato considerato inizialmente il loro ricordo circa l’esperienza dell’aggressione e a questo proposito si sono verificate alcune sorprese. Tutti gli
operatori del pronto soccorso avevano pressoché
dimenticato l’episodio per il quale avevano sporto denuncia, poiché, è stato riferito, l’aggressione, almeno verbale, è in questo settore praticamente quotidiana. Il ricordo non è per nessuno
di loro particolarmente traumatico, spiegano di
aver provato all’epoca rabbia, di essere stati per
un certo periodo più guardinghi, ma niente di
più. Altri operatori invece, che prestano servizio
nel reparto di Medicina, o al Centro prelievi, riferiscono di aver provato un trauma maggiore,
di aver sognato l’accaduto qualche volta, di aver
fatto denuncia ai carabinieri ma di averla successivamente ritirata per diversi motivi. Tutti gli
operatori hanno confermato la loro scelta professionale, che le frequenti aggressioni non hanno
mai messo in discussione. Tutti si sono dichiarati
32
GIUGNO 2013
LA
RESILIENZA
Con il termine di
resilienza si indica
in ambito fisico, la
proprietà di un materiale di resistere ad un
urto e di sopportare
sforzi, senza spezzarsi
e senza incrinarsi.
Per similitudine in
biologia il termine
indica la capacità autoriparatrice dopo un
danno. Per quello che
riguarda le scienze
umane la
resilienza è la
capacità individuale di rispondere
in modo positivo
alle avversità della
vita, non solamente
con una resistenza
passiva ma in modo
tale che l’urto venga
in qualche modo
rielaborato al fine di
consentire arricchimento e crescita.
soddisfatti del lavoro che svolgono e considerano il rapporto con l’utenza fonte di gratificazioni;
tra coloro che prestano servizio al Pronto Soccorso nessuno desidera trasferirsi in un reparto più
tranquillo, solo uno l’ha fatto, ma non in seguito
all’aggressione, nè al lavoro troppo pesante e sostiene che quell’ambiente un po’ gli manca.
Gli operatori del Pronto Soccorso hanno usato
espressioni forti riguardo al loro posto di lavoro:
“è un posto adrenalinico, va bene così”, oppure
“è una prima linea, mi piace per questo”; l’incontro con l’Altro, pur in condizioni disperate, è
“formativo, “un laboratorio di vita, a volte esce il
peggio dell’uomo, a volte no”, “alcuni pazienti
impossibilitati a farlo in altro modo ringraziano
con gli occhi”.
Piuttosto ritengono che l’edilizia del posto in cui
lavorano sia carente, aspetto che rende difficoltoso il loro operare; alcuni denunciano carichi di
lavoro eccessivi (non la maggioranza), ma nell’insieme ritengono che ci sia una buona comunicazione all’interno del gruppo o con i colleghi
medici. Tuttavia tutti, o quasi, lamentano una
carenza di educazione e di rispetto dell’utenza
nei confronti degli operatori sanitari.
DISCUSSIONE
Il lavoro si prefigge di rilevare alcune realtà di cui
quotidianamente gli operatori sanitari sono sia
spettatori che protagonisti. Gli operatori del Pronto Soccorso intervistati costituiscono una percentuale considerevole, il 9% degli infermieri di quel
reparto che hanno subito un’aggressione. Nonostante il sentimento riferito con più frequenza sia
stata la rabbia, a distanza di tempo questa è svanita e nessuno ha manifestato sentimenti di rancore nonostante alcuni di essi abbiano dovuto fare
ricorso, dopo l’aggressione, alle cure mediche per
contusioni o lacerazioni e a giorni di infortunio.
Questo potrebbe essere interpretato come un certo oblio dell’accaduto, poiché la seconda indagine
è stata compiuta mediamente a distanza di 3-4
anni dall’accaduto, tempo sufficiente a far sbollire la rabbia e a far assumere all’episodio contorni
meno netti. È pur vero che altri episodi di aggressione si sono verificati nel frattempo, ma non
sono riusciti a fare del Pronto Soccorso un luogo
di lavoro da evitare. Inoltre il gruppo esaminato è
un gruppo “giovane”, in cui l’età media è di circa
30 anni, tutti hanno dichiarato di essere in tale
reparto per scelta, vale a dire di averlo richiesto
specificamente; quasi tutti hanno dichiarato che
il clima lavorativo è buono, di collaborazione, di
squadra, tanto che alcuni di loro si frequentano
anche fuori dall’ospedale. Tutti questi aspetti possono supportare l’ipotesi che, a fronte di un luogo
“duro” e “aggressivo” come quello del DEA, si sia
instaurata in questo gruppo una sorta di resilienza verso gli insulti quotidiani. u
Salute
Le aggressioni
sul luogo di
lavoro sono
una realtà nota
in ambiente
ospedaliero.
Gli operatori
oggetto
dello studio,
contrariamente
alle aspettative,
non si sono
considerati
delle vittime,
e sicuramente
non hanno
denunciato un
disturbo post
traumatico da
stress.
34
GIUGNO 2013
Con il termine di resilienza si indica in ambito fisico, la proprietà di un materiale di resistere ad
un urto e di sopportare sforzi, senza spezzarsi e
senza incrinarsi. Per similitudine in biologia il termine indica la capacità autoriparatrice dopo un
danno. Per quello che riguarda le scienze umane
la resilienza è la capacità individuale di rispondere in modo positivo alle avversità della vita,
non solamente con una resistenza passiva ma
in modo tale che l’urto venga in qualche modo
rielaborato al fine di consentire arricchimento e
crescita.
Gli studi pionieristici al riguardo sono quelli condotti a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso
nell’ambito della psicologia evolutiva da E. Werner (7) su un gruppo di bambini (698) di cui circa
un terzo (201) presentava condizioni famigliari disagiate con storie di alcolismo, miseria, violenza.
Questi bambini sono stati seguiti per 30 anni, e
si è visto che effettivamente già all’età di 10 anni
due terzi di loro presentavano difficoltà di apprendimento e commetteva atti di delinquenza;
tuttavia almeno un terzo cresceva e sviluppava
un comportamento sociale normale, divenendo
individui che avevano un lavoro stabile e una vita
di relazione soddisfacente. L’attenzione rivolta a
questi individui resilienti ha permesso di evidenziare alcuni elementi “di forza” occorrenti per un
sereno sviluppo: una famiglia poco numerosa, la
presenza di un adulto di riferimento, una profonda fede religiosa.
Ben presto la ricerca si è estesa agli adulti e a differenti contesti di difficoltà come quelle lavorati-
ve (disoccupazione, perdita di lavoro), le malattie
croniche, i lutti. E la resilienza ha ampliato il suo
significato: la maggior parte degli studiosi ritiene
che la capacità di reagire alle avversità dipenda
da una serie di fattori tra cui la natura dell’evento cioè la sua intensità, il tempo e la durata, la
rete di relazioni famigliari/amicali che può fungere
da sostegno, le caratteristiche individuali di risposta all’evento, la possibilità di incontrare persone
(professionisti e non) capaci di attivare risorse anche latenti ma comunque presenti e infine l’avere
uno scopo, un progetto da portare avanti.
Il gruppo di operatori sanitari indagato ha confermato nel tempo la propria scelta professionale,
nessuno ha espresso il desiderio di un lavoro meno
coinvolgente e più tranquillo, nessuno di loro ha
dichiarato di avere un tipo di esistenza qualitativamente peggiore sul lavoro rispetto a quella vissuta
nel tempo libero. L’impressione che ne è emersa è
quella di essere di fronte ad un gruppo resiliente,
caratterizzato da una buona relazione interpersonale, capace di offrire una resistenza non solo alle
offese quotidiane rivolte contro gli operatori, ma
anche alle condizioni di vita-limite che gli operatori del Pronto Soccorso sono abituati a vedere.
Sappiamo dai dati della letteratura che anche le
comunità possono costituirsi come resilienti; sostiene E. Malaguti (8) che «il processo di resilienza
di una comunità si determina anche in relazione alla presenza di un contesto ricco di relazioni
formali e informali accessibili, di offerte culturali,
di servizi sociali ed educativi, all’interno dei quali
condividere un progetto e nei quali riconoscersi».
di auto-mantenimento nel sistema lavorativo,
come illustrato da A. Peretti (10) nell’equazione:
Il gruppo in studio, pur non dichiarandosi esplicitamente ricco di relazioni
formali si dichiarava soddisfatto della preparazione e dall’aggiornamento offerto dal reparto e comunque si sentiva partecipe di un importante progetto
comune in cui riconoscersi, quello, in casi estremi, di collaborare a salvare
una vita umana. Come interpretare altrimenti la frase “è un posto di prima
linea”? In prima linea se non si collabora si soccombe, e soprattutto in prima
linea non ci si finisce per una motivazione che è una bazzecola. La coesione
del gruppo è evidenziata anche dalla dichiarazione di un altro operatore non
più in servizio al Pronto Soccorso “è un posto dove cadono un po’ le barriere
gerarchiche”: è possibile ipotizzare che nell’agire comune e urgente di differenti ruoli professionali in vista di un importante progetto unitario, vengano
meno avvertite, nella vita di relazione e a beneficio dell’efficienza e del clima
lavorativo, le differenze di ruolo.
Un’altra impressione emersa dall’osservazione con gli operatori sanitari è che
per tutti, anche per quelli che facevano un lavoro meno qualificato (come la
OSS), il loro operare quotidiano, il loro lavoro non fosse un peso da subire,
possibilmente senza troppi infortuni, per arrivare al 27 del mese, ma fosse
“un pezzo di vita”, non distinguibile in termini esistenziali da quella condotta
fuori dall’Ospedale.
Secondo P. Levi (9): «Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino
ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi)
costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma
questa è una verità che non molti conoscono. Questa sconfinata regione,
la regione del rusco, del boulot, del job, insomma del lavoro quotidiano, è
meno nota che l’Antartide». Come è noto questa frase è tratta dal romanzo
“La chiave a stella” dove si narra la vita di Tino Faussone, operaio specializzato, il cui lavoro consiste nel montare ponti e tralicci in giro per il mondo
e che Levi ci presenta come innamorato del proprio lavoro. Ci sono Paesi in
cui Faussone deve lavorare e di cui non gli importa nulla, di cui mal sopporta
gli abitanti, il clima, la cucina; eppure quando deve montare una gru o un
traliccio ci tiene che il lavoro sia fatto alla perfezione, perché quello è il suo
compito, il suo dovere, e prova soddisfazione a farlo per il meglio. Il benessere lavorativo, il vivere bene il luogo di lavoro, innesca un processo virtuoso
È forse alla luce di questo che possiamo spiegare il caso di A., un’infermiera che nella Sala
Prelievi è stata letteralmente presa per il collo
e strattonata da una paziente extracomunitaria
invitata a non alzare la voce poiché la signora
protestava per non pagare il ticket. A. ha fatto la
denuncia, e, a fronte di altri colleghi che l’hanno successivamente ritirata perché il denunciato
era pregiudicato e hanno avuto paura (decisione
comunque comprensibile), A. l’ha ritirata perché
davanti al giudice di pace ha perdonato. Le è stato chiesto perché. La mia famiglia mi ha insegnato così, ha asserito, e poi sono arretrata davanti
al fatto che la signora era sola, con una bambina piccola e con difficoltà economiche. E ha
aggiunto: lavorare dieci anni in Sala Operatoria,
e dieci nel Reparto di Terapia Intensiva mi hanno
insegnato a passare sopra a molto.
Ancora più ammirevole il caso di E.: al Pronto
Soccorso un detenuto impossessatosi della pistola di un agente di Polizia Penitenziaria ha preso
in ostaggio una ragazza che assisteva la madre
moribonda puntandole la pistola alla tempia e
minacciando di ucciderla se non lo avessero lasciato scappare. E. si è proposta per un cambio
(accettato) purché lasciasse la ragazza, rischiando la propria vita. Un atto di coraggio certo, ma
anche di compassione nei confronti della ragazza
che, mi ha detto E. “aveva già i suoi problemi”.
Ciò nonostante gli operatori sanitari consultati
qualche lamentela l’hanno espressa: quella più
frequente riguarda la mancanza di educazione
e rispetto che sovente riscontrano negli utenti e
nei loro congiunti. Le persone si sono mostrate
meno insofferenti alle carenze del luogo di lavoro (edilizie, di personale, di organizzazione) piuttosto che alla mancanza di cortesia e gentilezza
che del rispetto costituiscono il risvolto pratico,
riscontrata nell’utenza. Infatti lungi dall’essere un segno di debolezza, cortesia e gentilezza
sono semmai un segno di considerazione dell’Altro, un elemento pro-sociale atto a migliorare
il vivere comune. Rispetto dunque da esigere
dall’utenza in modo prioritario, ma da sperimentare anche con i colleghi in una integrazione
continua: veniva rilevato infatti che le diverse
competenze, accademiche per i più giovani, o
esperenziali per i più anziani, erano nell’insieme
motivo di formazione e crescita comune, sebbene a volte questo fosse difficile con colleghi di
nuova assunzione, magari extracomunitari, con
cui il dialogo risultava difficile anche per problemi di lingua. u
GIUGNO 2013
35
Salute
CONCLUSIONI
Le aggressioni sul luogo di lavoro sono una realtà nota in ambiente ospedaliero. Gli operatori oggetto dello studio, contrariamente alle aspettative, non si sono considerati delle vittime, e sicuramente non hanno denunciato un disturbo post traumatico
da stress.
Possiamo sottolineare alcuni aspetti esplicativi di questo riscontro: il primo riguarda la bassa età media degli “aggrediti” che ha
permesso loro di non essere ancora “saturi” di condizioni lavorative sicuramente più problematiche di altre.
Un secondo aspetto riguarda (per molti) la forte motivazione iniziale che li ha portati a scegliere questa professione: esplicitamente alcuni di loro hanno confermato l’irrinunciabilità di svolgere un lavoro di “relazione” con l’Altro, esigenza maturata sia in
seguito a vicende personali (persone care perse senza poter essere loro d’aiuto) sia perché giudicavano troppo noioso un lavoro
a tavolino.
Un terzo aspetto, probabilmente consequenziale a quest’ultimo, riguarda l’impressione di benessere lavorativo che scaturiva dai
loro racconti, benessere che si basa sulla natura relazionale del loro lavoro, fonte sicuramente in molti casi di fenomeni di burn
out, ma capace in altri di fornire quello che L. Mortari (11) definisce il guadagno esistenziale che possono sperimentare gli operatori impegnati nelle pratiche dell’ “aver cura”. ¢
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36
GIUGNO 2013
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www.ministerosalute.it
www.cdc.gov/niosh
www.osha.gov/Publications/osha3148.pdf
Salute
Venerdì 22 marzo si
è tenuta nei locali del
Comune di Torino,
l’inaugurazione
ufficiale del Centro
Fida Torino – CPF,
Centro di Psicoterapia
e Formazione per
la cura dei Disturbi
Alimentari: una
struttura operativa
che fa parte della
Federazione Italiana
Disturbi Alimentari.
Fida è una federazione
costituita da otto
associazioni situate
in varie città italiane
che condividono
un modello di cura
multidisciplinare
integrato ad
orientamento
psicoanalitico.
La giornata inaugurale
è stata caratterizzata
da un incontro dal
titolo: “Disturbi
Alimentari…
Parliamone” al quale
hanno partecipato
numerosi specialisti
attivi in questo campo.
Queste patologie sono
oggi una vera e propria
epidemia sociale;
in Italia, secondo il
Ministero della Salute,
soffrono di DCA circa
tre milioni di persone.
Inoltre, negli ultimi
anni, le fasce d’età
colpite sono sempre
più ampie e vanno
dall’infanzia alla
maturità e negli ultimi
dieci anni, anche la
popolazione maschile
è stata colpita da
questa patologia
portando alla luce
nuovi sintomi come
l’ortoressia* e la
bigoressia**.
38
GIUGNO 2013
*
È una forma patologica di attenzione esagerata verso l’alimentazione in cui si individuano regole
ferree e alla scelta del cibo esaminando in forma maniacale e rigida le sue caratteristiche. Può essere
accompagnata dalla paura di ingrassare o di non essere in perfetta forma, e conduce, generalmente,
a un risultato opposto a quello auspicato.
Questo rapporto insano con l’alimentazione, negli ultimi decenni, nei paesi industrializzati, è stato
favorito dal bombardamento mediatico su quello che giova o danneggia salute. In campo alimentare
ricordiamo tutti le campagne stampa terrorizzanti sui pericoli del “morbo della mucca pazza”, dell’
influenza aviaria e dell’influenza suina che hanno messo in ginocchio gli allevatori italiani; per non
parlare delle “mozzarelle blu” o alla diossina, del vino al metanolo, del pesce al mercurio o degli
alimenti OGM...
Queste campagne stampa allarmistiche, fondate su un uso distorto e disinvolto dello scoop hanno
favorito senz’altro il rapporto sempre più nevrotico col cibo e l’alimentazione. (NiFe)
**
È un neologismo che origina dalla fusione del termine inglese (big = grande) e quello latino (orex
= appetito) ma non c’entra nulla con la bulimia: la bigoressia identifica infatti la mania di avere un
corpo più muscoloso e più magro di quello che attualmente si ha o si percepisce. È una patologia
caratterizzata da insanabile insoddisfazione per il proprio aspetto fisico che porta tra l’altro a perdere
peso e massa muscolari, causando l’effetto opposto di quello auspicato, per le diete folli che questi
malati adottano.
La bigoressia è caratterizzata infatti da un comportamento alimentare punitivo che prevede rigide e
pericolose regole, peggiorate in molti casi dall’uso di steroidi anabolizzanti e di altre sostanze dopanti
con le quali si cerca, in modo sempre più disperato, di recuperare la massa muscolare persa per i
comportamenti alimentari dissennati (NIFe)
DISTURBI
ALIMENTARI...
PARLIAMONE
Massimo Labate
I NUOVI DI STURBI ALIMENTARI
Noi clinici abbiamo constatato anche un cambiamento rispetto alla sintomatologia: infatti, accanto ai sintomi classici come anoressia, bulimia e
alimentazione incontrollata, troviamo sempre più
patologie parziali in cui sono presenti solo alcuni
tratti della sintomatologia classica.
Queste forme di disturbi alimentari, definite
sotto-soglia, non devono essere sottovalutate
perché possono evolvere in patologie più gravi o
cronicizzarsi.
Partendo da queste considerazioni, la giornata
è stata un momento di riflessione, informazione
e scambio fra professionisti appartenenti a vari
ambiti sia clinici che culturali, in merito alle diverse modalità in cui possono manifestarsi i disturbi
alimentari.
Il dibattito si è svolto, principalmente, attraverso
una tavola rotonda dal titolo: “Uno, nessuno,
centomila: diversi volti dello stesso problema o
problemi differenti?”. Il confronto fra i vari professionisti ha fatto emergere la difficoltà nell’individuazione di queste patologie che, se non
manifestate in forme gravi, tendono ad essere
sottovalutate sia dai soggetti sia dalla cultura.
Nell’ambito dello sport, dei mass-media e della
moda spesso il corpo magro viene enfatizzato e
valorizzato come immagine a cui uniformarsi per
avere successo: il sintomo viene vissuto in modo
ego- sintonico e dunque non viene curato.
In altri ambiti, invece, queste patologie vengono
confuse o mascherate da altri sintomi: uso di sostanze, abuso di alcolici, abusi e maltrattamenti
subiti nell’infanzia o nell’età adulta, amenorrea
allergie o intolleranze alimentari… tutti segnali
che nella maggior parte dei casi mascherano un
disturbo alimentare.
Dal confronto della tavola rotonda è emersa
l’importanza di un lavoro di prevenzione da effettuare in vari ambiti e della necessità di poter
effettuare precocemente una diagnosi poichè la
mancanza di cure e il protrarsi negli anni di questa sintomatologia spesso conduce ad una cronicizzazione del disturbo che in seguito diventa
molto difficile da trattare.
Si è evidenziato come la cura sia lunga e complessa e necessiti di una equipe multidisciplinare
composta da più figure professionali che lavorino
in una costante integrazione in modo da poter
costruire e garantire ai pazienti un trattamento
idoneo che tenga conto della loro individualità e
della specifica situazione clinica.
L’OFFERTA SANITARIA DEI CENTRI DI PSICOTERAPIA E FORMAZIONE PER LA CURA DEI
DISTURBI ALIMENTARI
I vari membri dell’equipe nei loro interventi hanno evidenziato come all’interno del Centro CPF
i percorsi terapeutici siano sempre costruiti sulle
esigenze di ciascun soggetto e la cura si articoli attraverso colloqui preliminari, psicoterapia
individuale e/o di gruppo, terapie espressive,
monitoraggio dei parametri medico-nutrizionali,
consulenza psichiatrica, sostegno e trattamento
dei familiari.
Il Centro lavora in rete per le situazioni che necessitano di interventi più intensivi, con ospedali,
case di Cura e Comunità terapeutiche in modo
da poter sempre garantire, a seconda del livello
di gravità, l’intervento più idoneo mantenendo,
però, la continuità delle cure. ¢
GIUGNO 2013
39
Cultura
UMANO, TROPP
Questo articolo, che riporta la doppia firma di Giacomo Milillo e Giuliano Bono, è già stato pubblicato
dalla rivista “Colloquia” (Anno 17| N.2| aprile-giugno 2012) con lo stesso titolo. Lo riproponiamo in
questi tempi di tagli, di risparmi coatti portati all’estremo limite della messa in discussione dello stesso
diritto alla tutela della salute, con la formattazione caratteristica di Torino Medica. Ringraziamo di questa
possibilità Manuela Baroncini (Ufficio Editoriale Periodici del Pensiero Scientifico Editore) che ci ha
concesso la liberatoria a titolo gratuito.
Nel ritornare al titolo del trattato di Friedrich Wilhelm Nietzsche al quale il titolo di questo articolo sembra
ispirarsi, potremmo aggiungervi anche il sottotitolo adattato di quella importantissima pubblicazione
ottocentesca: “Un articolo per spiriti liberi”.
Questo articolo è infatti un testo di “filosofia della medicina” che trasuda amarezza, disincanto ma anche
la speranza non esplicitata che un’inversione di tendenza della cultura prevalente nella nostra società
possa realizzarsi. La Medicina e la Sanità sono frutto infatti dell’ambiente culturale in cui vengono fatte
nascere e vivere ma…
Non dovremmo mai dimenticare che il 1978, anno di nascita del nostro Servizio Sanitario Nazionale,
è stato l’anno in cui Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana viene rapito dalle Brigate Rosse,
detenuto per 55 giorni, assassinato e poi fatto ritrovare, cadavere, in Via Caetani a Roma, a metà strada tra
la sede della DC e del PCI che avevano dato vita alla stagione politica del “Compromesso Storico”.
In uno dei momenti più bui, più drammatici e inquietanti della storia repubblicana d’Italia due colpi d’ala
per una delle molte rinascite civili e culturali di questo Paese: nasce il Ssn e si chiudono i manicomi.
Nicola Ferraro
40
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PO UMANO...
Giacomo Milillo
Segretario Generale Nazionale
della Federazione Nazionale
Medici di Medicina Generale (Fimmg)
Giuliano Bono
Fimmg, Torino
Dal momento che per natura siamo umani, se si pone il problema dell’umanizzazione significa che qualcuno ci ha disumanizzato, che qualcuno
ha fatto si che la cura prestata all’individuo malato fosse disumanizzante,
cioè non adatta ad un essere umano. Si accusa il progresso scientifico
che avendo messo a disposizione TERAPIE sempre più efficaci, avrebbe
fatto venir meno il bisogno di CURA: come se la diffusione delle automobili avesse provocato il massacro dei cavalli. Come è possibile che la
produzione di farmaci, come gli antibiotici, che negli anni cinquanta ha
portato ad una svolta mai vista nell’aspettativa di vita degli esseri umani
sconfiggendo le malattie infettive, abbia cambiato anche il paradigma
del rapporto tra malato e curante ? È come se le automobili fossero state
usate per mettere sotto i cavalli, e non per migliorare la nostra possibilità
di spostamento. In realtà la progressiva spersonalizzazione della relazione
di cura è stata dovuta all’uso della tecnica, e il progresso scientifico non
ha colpe. È come se l’invenzione della lampadina dovesse essere considerata deleteria, perché qualcuno ci obbliga a tenerle accese sempre,
con l’insonnia generalizzata che ne consegue. Gli antibiotici non sono
dannosi, è l’uso dissennato, cioè privo di senso, smoderato, inappropriato, che ha fatto sì che, già a pochi anni dalla loro commercializzazione,
comparissero resistenze batteriche. Il nodo sta nella nostra struttura economico sociale, per cui un’invenzione per essere buona, deve essere du-
plicata ancora e ancora all’infinito, senza senso. E se
viene prodotta deve essere consumata. E su questo
i medici non ci possono far nulla, semmai possono
intervenire come cittadini.
IL “TECNICO DELLA SALUTE”
Negli anni ’70 si teorizza il superamento del medico
tradizionale, egli diventa un “tecnico della salute”:
la conoscenza tecnica delle malattie e dei farmaci
adatti prevale sull’attenzione per il malato. Si utilizza il paradigma delle malattie infettive (se c’è in
corso una epidemia ciò che è necessario è avere a
disposizione e distribuire rapidamente l’antidoto)
per ogni malessere.
Piuttosto i medici sono stati attratti dalla facilità
di apprendimento e di utilizzazione del progresso
tecnico e scientifico: paradossalmente ciò che sembra difficile, l’apprendimento e l’insegnamento del
risultato scientifico, è molto più facile della formazione di un professionista competente e capace
di prendersi cura dell’altro che soffre. Insegnare il u
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41
Cultura
sapere sembra sempre più difficile, mentre è più difficile formare al saper
essere. Il sapere medico viene ridotto interamente alla oggettività, alla misurabilità dei fenomeni, alla ricerca del determinismo delle cause, come se la
medicina fosse una scienza esatta, e non l’applicazione della scienza ad un
soggetto, con tutta l’incertezza che la pratica clinica sempre si porta dietro,
con una fallibilità ineliminabile. La responsabilità dei medici viene tirata in
campo dalla medicalizzazione della società, cioè la convinzione che esista
un rimedio per ogni stato di malessere, insoddisfazione o disagio. Certo che
su questo versante è intervenuta pesantemente l’industria che per la vendita
pubblicizza prodotti che dovrebbero avere un impatto sulla salute, ma ci
stanno anche le esagerate promesse di clinici e ricercatori che enfatizzano
risultati e osservazioni preliminari e propongono da giornali di divulgazioni
e talk show televisivi, con sorrisi accattivanti e sicurezza onnipotente, “una
pillola per ogni problema”. Se c’è una pillola per ogni problema, il problema diventa una malattia, non serve alcuna attenzione per il soggetto che
presenta il problema, basta avere un bagaglio sempre più ampio di pillole.
Un’altra conseguenza della medicalizzazione sta nell’abbassare la soglia del
rischio, senza sapere se ciò si tradurrà in un vantaggio per il paziente. Ad
esempio val la pena di trattare una modesta ipertensione, quella che supera
di poco il valore di 140/90? Sarebbe certamente utile se permettesse di
ridurre la probabilità di avere un ictus, ma una recente revisione sistematica
del Cochrane Center ci informa che anche se si controlla l’ipertensione lieve
non cambiano la mortalità, l’incidenza di malattie coronariche o di ictus.
Bisogna intervenire sugli stili di vita, molto più difficile che distribuire pillole.
L’UMANIZZAZIONE DELLA MEDICINA
L’umanizzazione è la risposta alla progressiva spersonalizzazione del rapporto terapeutico all’interno di una medicina che si vorrebbe sempre più tecnologica e scientifica. Pensiamo che sia perdente pensare l’umanizzazione
come un insegnamento a latere delle altre discipline, creando un’altra figura
di specialista esperto di umanizzazione. Non basta essere gentili, educati,
buonisti per risultare automaticamente più umani. È un problema di metodo
nella formazione dei medici, quelli esistenti e quelli futuri: accanto alla competenza tecnica e scientifica (se non c’è competenza non c’è professionista)
è necessaria una preparazione culturale all’ascolto, alla relazione, alla comunicazione, alla “attenzione antropologica” come dice Ivan Cavicchi. I bisogni
primari dell’uomo sono sempre stati il sollievo dal dolore o dal sentirsi male,
controllo della paura della morte, che ogni malessere evoca, desiderio di
allontanarla. Si chiede aiuto al medico (un’altra persona, non un tecnico)
quando non ci si sente più in grado di prendersi cura da solo della propria
persona. Quindi per aiutarsi tra persone umane occorre capirsi, creare relazioni. La relazione medico-paziente è un modo di conoscere il malato e i
suoi problemi. La medicina non è solo scienza, ma anche necessità di dare
risposte, persino quando queste non sono chiarite dalla scienza. È relazione
tra persone in un sistema di valori, in un contesto sociale dato dall’ambiente
in cui il soggetto vive, ha esperienze e credenze. Il professionista della salute
deve imparare a distinguere il sé dall’altro: molte cose che si attribuiscono al
malato appartengono spesso alle convinzioni, agli automatismi di chi lo sta
osservando. Solo l’ascolto empatico permette di uscire dal sé e avvicinarsi
all’altro.
L’EMPATIA
Empatia è la capacità di mettersi nei panni dell’altro, senza provare le stesse
emozioni, la comprensione di ciò che l’altro sta sentendo e che fa fatica ad
esprimere, l’accettazione senza giudizio. L’empatia è una abilità che si può
imparare. Così come si può imparare a comunicare. La comunicazione della
diagnosi è già terapia, è il presupposto dell’alleanza per curare: se capisco
il mio stato, accetterò le terapie, sarò in grado di decidere quali terapie scegliere (diritto inalienabile di ogni cittadino). La comunicazione crea un ponte
42
GIUGNO 2013
tra le persone e permette a chi soffre di uscire
dalla solitudine, di controllare l’angoscia di sentirsi male senza rimedio: la comunicazione mi fa
sentire curato, non solo la prescrizione di un farmaco. Tra il benessere clinico, che il medico presuppone per il paziente, e il benessere che solo il
paziente conosce ed è in grado di accettare, far
suo, esiste uno spazio, talora divergente, che va
riempito col dialogo. Il medico è un interprete e
un traduttore delle potenzialità della medicina.
La tecnica ci aiuta a fare diagnosi di malattia, ma
soltanto un medico come persona può darci la
diagnosi del malato. Al di fuori della traumatologia e delle emergenze, la malattia non è una
entità concreta esistente al di fuori e al di sopra
dell’ammalato.
LA MEDICINA GENERALE E IL NOSTRO SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
La medicina generale o di famiglia da sempre privilegia la persona rispetto alla malattia e pone al
centro la relazione medico paziente non solo nei
proclami deontologici e nei convegni, ma anche
nell’attività clinica quotidiana. Il medico di medicina generale vive nel territorio, lo stesso dei suoi
assistiti, è abituato di fatto a risolvere problemi e
non solo malattie, più a fianco dei cittadini che
ossequioso verso le regole dettate da protocolli e da percorsi diagnostici-terapeutici, utili ma
concepiti nell’astratto bisogno di metterci dentro
tutte le possibilità, obbligato ad una osservazione globale della persona. Per questo può risultare più umano, se rifiuta la sudditanza ad una
scienza che si vorrebbe esatta, ma che esatta non
può essere, se è consapevole che la sua professione è un’altra medicina una disciplina legata
alla scienza sì, ma necessariamente e oggettivamente diversa dalla cardiologia ospedaliera, dalla
gastroenterologia ospedaliera, dalla pneumologia ospedaliera e da tutte le altre.
Il nostro sistema sanitario riconosciuto dagli organismi internazionali uno dei migliori al mondo è stato costituito proprio secondo principi di
universalità, di bene comune e le unità sanitarie erano predisposte a produrre cure, terapie,
assistenza, ma anche giustizia, uguaglianza,
rispetto, umanità, non un’impresa, copiata dal
mondo manifatturiero, ma un servizio. Le leggi
di riforma degli anni ’90 le hanno trasformate in
aziende con scopi di risparmio economico, con
l’obiettivo di produrre dei beni economici: spese
e costi.
Quindi l’oggettivazione più assoluta, dove è più
facile tagliare gli operatori di salute (medici e infermieri), che sprechi e abusi, dovuti alla medicalizzazione della società e a interessi di lobby che
nulla hanno a che vedere col benessere dei cittadini. Uno strumento in più e quaranta infermieri
in meno: quale umanizzazione può favorire una
nuova Risonanza Magnetica Nucleare? Ben sapendo, come affermato dalla Società Italiana di
Radiologia recentemente, che circa la metà degli
esami fatti sono inutili? ¢
Cultura
IL BAMBINO
DI CIOCCOLATO
44
GIUGNO 2013
Innanzi tutto qualche informazione e
spiegazione.
Il titolo dell’articolo è anche quello di un
libro del 2009 ormai fuori catalogo: edito
da PONTE ALLE GRAZIE, costava 15 euro.
La presentazione di questo testo, al di
fuori della sua rubrica “naturale” non è
però dovuta al fatto che il volumetto (210
pagine) forse si trova ancora ma con grande
difficoltà. Sono le tematiche di questo libro
ad avere “il fiato giusto” per figurare in
questa rubrica dove la Medicina e la Sanità
vengono affrontate come manifestazioni
della cultura. Altra “anomalia”: è lo
stesso autore del libro a presentare i temi
prevalenti e le riflessioni più importanti
raccontate in questo saggio.
Ultima notazione riguarda il bel titolo del
libro. “Il bambino di cioccolato” rappresenta
un’efficace sintesi linguistica della
concezione consumistica del bambino che
pervade la nostra società. Una proiezione
del proprio Io quando la figura presa in
esame è il genitore, “il nostro futuro”, “i
piccoli uomini”, o “un target di consumatori
influenti”… quando è la società nel
suo complesso a confrontarsi con i suoi
rappresentanti più piccoli. Il risultato è che i
bambini troppo spesso vengono “consumati”
proprio come cioccolatini e usati come
strumento di piacere da parte degli adulti
che, quando va bene, li considerano
“piccoli uomini” ma che invece dovrebbero
essere considerati sempre, soltanto,
semplicemente… bambini. Un’entità
antropologica diventata, oltre che rara,
anche di natura confusa e per certi versi
persino oscura.
L’autore del libro e dell’articolo è
Roberto Grande, medico specializzato in
neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta di
formazione junghiana, perfezionata presso il
C.G.Jung Institute di Zurigo.
NiFe
Bambine extracomunitarie che scelgono di non parlare, perché la
società occidentale, nella quale sono piombate, è troppo veloce e
aggressiva per loro; bambini con il groppo in gola, che soffrono l’assenza di un padre e rifiutano di mangiare: non inghiottono il cibo, i
bocconi rimangono nell’esofago, a metà strada fra mente e cuore,
mentre il genitore lontano resta dentro di loro, hanno trasformato il
“ti amo da morire” in odio, sentimento che lo psicoterapeuta cercherà
di cavare come un dente guasto. Adolescenti con la gastrite, figli di
madri apprensive, che non vogliono vedere; adulti cocciuti, orgogliosi,
competitivi, sempre in cerca di nemici da combattere; tredicenni con
vestiti griffati e una quantità di oggetti preziosi, ma senza l’unica che
interessi loro davvero: l’affetto del padre, la sua “presenza”.
Cosa sta nascosto dietro il mutismo elettivo, la bulimia, la colite spastica, la fobia scolare? Individui e le loro vicende; umane prima e cliniche
poi.
DIECI STORIE
Le storie che narro sono i casi esemplari di cinque bambini e cinque
adolescenti. In primo piano ci sono loro, e con loro un mondo di fretta, di soldi, di consumi, di parole mal dette o mai dette, di emozioni
soffocate, di paure. Di genitori distratti che, per un figlio “malfunzionante”, chiedono solo una rapida riparazione. Di un mondo adulto
solo in apparenza, al quale bisogna chiedere di crescere per i suoi figli,
insieme a loro, affinché diventi un mondo migliore di questo.
Propongo dieci storie cliniche di bambini e adolescenti nelle mareggiate dell’egotismo contemporaneo, nella carestia di umano e nell’epidemia di “egobesità” che ha invaso le nostre vite. Separata dal coinvolgimento degli adulti, la cura psicologica dei bambini spesso fallisce.
Quindi bisogna occuparsi della posologia non solo del Risperidone ma
anche del tempo da dedicare ai figli, rubato e sostituito con i rituali
propri dell’Homo Oeconomicus, quali andare in un centro commerciale la domenica a fare un giro. La mia professione è ascoltare i genitori
e provare ad evitare che i disagi dei bambini diventino patologie; parlare ai genitori di pietas, del coraggio e della stanchezza, oltreché di
farmaci e protocolli clinici.
UNA TESTIMONIANZA
DELLA SOFFERENZA INFANTILE
Narrare i casi clinici dei bambini significa testimoniare la loro sofferenza, perché immersi in una società incapace di ascoltare e leggere i
malesseri degli individui, pervasa da una dimensione autistica collettiva, per dirla alla Jung. Incapace di capire che i fatti di cronaca nera, gli
omicidi tra vicini di casa o familiari, sono sempre meno “improvvisi” di
quello che si pensa, ma nessuno sa - o vuole - coglierne i segnali premonitori; che non riconosciamo i nostri figli come altro da noi perché
non riconosciamo gli altri in quanto individui ma solo come oggetti
più o meno utili.
Così inteso, il bambino diventa un cioccolatino, concepito e comprato,
scartato e divorato, come nel mito di Crono-Saturno, in nome del
nostro “benessere”, in una forma metaforica di cannibalismo. Allora
diventa troppo tardi.
Quando si instaura la patologia di un piccolo Hans moderno che trasforma la propria fobia in un disturbo dirompente della condotta e
non va più a scuola, la Sanità paga, noi paghiamo Tribunali, avvocati,
medici, farmaci, assistenti sociali, educatori, pedagogisti, neuropsichiatri, psicologi.
La sanità é al collasso, i servizi di Neuropsichiatria Infantile con essa.
Dedicare risorse alla prevenzione deve essere la cosa più importante.
Abbiamo bisogno di genitori e amministratori della sanità che da buoni padri della salute collettiva sappiano guardare al futuro dei loro figli
e siano consapevoli di quanto spenderanno se un bambino depresso
diventa un adolescente aggressivo e un adulto alcolizzato e sociopatico che provoca un incidente stradale mortale. ¢
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La ricerca in Provincia
IL TRATTAMENTO
CHIRURGICO DELL’
IPERIDROSI IDIOPATICA
LOCALIZZATA
Elena LISI
Luca ERRICO
Francesco ARDISSONE
Università degli Studi di Torino
SCDU Chirurgia Toracica
AOU San Luigi Gonzaga Orbassano
La sudorazione è un fenomeno fisiologico che si
manifesta nell'organismo con finalità di termoregolazione o in risposta a condizioni di stress
emotivo: nel primo caso (sudorazione termica), è
controllata dall’ipotalamo e stimolata dall'attività
fisica o dall'esposizione a elevate temperature
ambientali; nel secondo caso (sudorazione emozionale), è controllata dalla corteccia cerebrale e
stimolata da situazioni ansiogene.
L'iperidrosi, viceversa, è una condizione patologica caratterizzata da una sudorazione in eccesso
rispetto a quella necessaria per la normale termoregolazione. Può essere generalizzata o localizzata (al volto, ai cavi ascellari, alla superficie
palmare delle mani o a quella plantare dei piedi),
idiopatica o secondaria a stati parafisiologici o
patologici (menopausa, obesità, ipertiroidismo,
ipertensione, diabete mellito, infezioni) e all’impiego di alcuni farmaci (antipiretici, antidepressivi, beta-bloccanti).
L'iperidrosi idiopatica localizzata ha un'incidenza
stimata tra l'1 e il 3% della popolazione mondiale, con variazioni legate principalmente alle
condizioni climatiche e alla percezione soggettiva
del disturbo. Colpisce entrambi i sessi con eguale frequenza e si manifesta prevalentemente in
adolescenti o giovani adulti (1,2).
NOTE DI ANATOMIA E FISIOLOGIA
Il tronco o catena del simpatico toracico è costituito da un numero variabile di gangli (nella
maggioranza dei casi se ne identificano 10-11)
tra loro collegati, situati subito al di sotto della
pleura parietale costale, anteriormente ai vasi
intercostali e alla testa delle coste. (FIGURA 1)
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Il primo ganglio toracico è spesso fuso con il ganglio cervicale inferiore a formare il ganglio stellato. Ciascun ganglio riceve un ramo comunicante
bianco dal nervo spinale corrispondente e dà origine a un ramo comunicante grigio in rapporto
con lo stesso nervo spinale. Il ramo comunicante
bianco contiene fibre simpatiche pregangliari,
quello grigio fibre simpatiche postgangliari. Le
fibre pregangliari deputate a innervare il volto,
il collo e l’arto superiore originano per lo più a
livello di T2 e T3. Di qui si dirigono verso l’alto,
in parte contraendo sinapsi in corrispondenza
del ganglio stellato dal quale fibre postgangliari
entrano in rapporto con il plesso brachiale e si
distribuiscono al cavo ascellare e all’arto superiore. Le restanti fibre pregangliari risalgono fino al
ganglio cervicale superiore dal quale originano
fibre postgangliari destinate al volto e al collo.
Le fibre simpatiche postgangliari sovraintendono
alla vasocostrizione a livello cutaneo e stimolano
la secrezione delle ghiandole sudoripare e salivari
nonché la motilità dei muscoli dilatatore della pupilla, ciliare, orbitario e elevatore della palpebra
(3,4).
Tra le varianti anatomiche del secondo nervo spinale toracico è da menzionare il nervo di Kuntz,
un ramo nervoso incostante (identificabile nel
68% circa dei casi) che connette fra loro il primo
e il secondo nervo toracico e del quale sono stati
descritti quattro tipi. L’identificazione e interruzione del nervo di Kuntz rivestono grande importanza nel trattamento chirurgico dell’iperidrosi
idiopatica localizzata (5,6).
Nella cute dell’uomo sono presenti due tipi di
ghiandole sudoripare fra loro funzionalmente
distinti: le ghiandole eccrine e quelle apocrine. Le ghiandole eccrine sono innervate da fibre colinergiche postgangliari appartenenti al simpatico, costituiscono la maggioranza delle ghiandole sudoripare,
hanno sede elettiva nei cavi ascellari, sulla superficie palmare delle mani e su quella plantare dei piedi,
e producono una secrezione ipotonica inodore che, se in eccesso, è responsabile dell’iperidrosi. Nei
pazienti affetti da iperidrosi idiopatica localizzata si osserverebbero una più elevata produzione basale
di sudore e una risposta esagerata ai normali stimoli (1,2,7,8).
TERAPIA CONSERVATIVA
Esistono diversi trattamenti conservativi per l'iperidrosi idiopatica localizzata: antitraspiranti topici
(contenenti cloruro di alluminio), farmaci anticolinergici (glicopirronio bromuro), tossina botulinica e
ionoforesi (1,2,7,8).
Il cloruro di alluminio, indicato nell'iperidrosi ascellare, agisce coniugandosi con la cheratina e formando un composto insolubile che ostruisce meccanicamente i pori sudoripari. E’ contenuto in deodoranti
o creme a concentrazioni variabili dall’1-2% al 20-25% e va applicato su cute asciutta, solitamente
la sera. Perché abbia efficacia, va mantenuto in sede per 6-8 ore; la frequenza delle applicazioni è
correlata all'intensità delle manifestazioni cliniche (da due volte a settimana a quotidiana). Può essere
responsabile di reazioni cutanee irritative sia immediate che tardive, dovute alla formazione di acido
cloridrico.
Il glicopirronio bromuro è un farmaco anticolinergico, non commercializzato in Italia (9). Il suo impiego
nel trattamento dell'iperidrosi (2 mg per os tre volte al giorno) non risulta supportato da studi clinici
ed è gravato da effetti collaterali dose-dipendenti secondari all'attività antimuscarinica del principio
attivo, quali secchezza delle fauci, disturbi dell'accomodazione, fotofobia, glaucoma, ritenzione urinaria, stipsi e tachi-aritmie.
La tossina botulinica agisce bloccando la liberazione dell’acetilcolina a livello delle terminazioni nervose presinaptiche. Iniettata a livello ipodermico sulla superficie cutanea interessata, inibisce la secrezione delle ghiandole sudoripare ivi presenti; è in grado di ridurre la sudorazione per un periodo medio
di 3-4 mesi, ma richiede l’esecuzione ripetuta di 20-40 iniezioni locali. E’ una terapia approvata dal
Servizio Sanitario Nazionale per il trattamento della sola iperidrosi ascellare.
La ionoforesi è una tecnica indicata nell'iperidrosi palmare o plantare e consiste nell'applicare una
corrente continua a bassa intensità che, provocando una coagulazione proteica locale, determina
l'ostruzione dei dotti delle ghiandole sudoripare. Si effettua immergendo le mani o i piedi in una
L’iperidrosi
idiopatica localizzata
ha un’incidenza
stimata tra
l’1 e il 3%
della popolazione
mondiale, con
variazioni legate
principalmente alle
condizioni climatiche
u e alla percezione
soggettiva del
disturbo. Colpisce
entrambi i sessi con
eguale frequenza
e si manifesta
prevalentemente in
adolescenti o giovani
adulti
Figura 1:
Visione endoscopica
della catena del
simpatico toracico.
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La ricerca in Provincia
soluzione elettrolitica, con un generatore di corrente che va
impostato a un massimo di 20 mA. Deve essere praticata
inizialmente almeno 3 volte a settimana per 20-30 minuti
consecutivi (l'efficacia è strettamente dipendente dalla costanza dell'applicazione). Può causare irritazione cutanea e
parestesie dolorose.
TERAPIA CHIRURGICA:
INDICAZIONI E TECNICHE OPERATORIE
Ni.Fe.
Dal Comunicato
stampa dell’ASL
TO 2
di Silvana Patrito
Nei pazienti affetti da iperidrosi idiopatica localizzata a livello cranio-faciale, palmare o ascellare che presentino
marcate alterazioni della vita di relazione (affettiva, sociale,
lavorativa) e che non abbiano tratto beneficio dalla terapia
conservativa, può essere indicato il trattamento chirurgico.
L'intervento di interruzione della catena del simpatico toracico viene eseguito in videotoracoscopia (VATS), in anestesia generale, per lo più mediante intubazione monopolmonare selettiva, tramite uno o due accessi pleurotomici; può
essere compiuto in due sedute sequenziali o bilateralmente
nella stessa seduta operatoria.
Le tecniche utilizzate sono le seguenti (2,10):
simpaticofrassi o blocco della catena del simpatico toracico, che si effettua mediante apposizione di clips in titanio
(biocompatibili e amagnetiche) a livello di un ramo intergangliare e che rappresenta l’unica tecnica potenzialmente
reversibile (11,12);
simpaticotomia o sezione della catena, che può essere realizzata mediante bisturi elettrico o a ultrasuoni (13-15);
simpaticectomia o ablazione di un tratto della catena, comprendente o meno uno o più gangli (16,17).
Qualora vengano individuati, vanno sezionati i rami comunicanti e il nervo di Kuntz, in quanto potenziali responsabili
di una recidiva della sintomatologia (5,6,18,19).
Il livello di interruzione della catena del simpatico viene stabilito in base alla sede dell'iperidrosi (anche se vi è da sottolineare l’assenza di un accordo unanime fra i diversi autori
a tale proposito [2]):
nella forma cranio-faciale, associata o meno ad eritrofobia,
è indicato l'intervento a livello del ramo intergangliare inferiore del secondo ganglio toracico (T2). E’ questo l'intervento a maggior rischio di sindrome di Claude Bernard - Horner
e di insorgenza di sudorazione compensatoria (cfr. “Complicanze ed effetti collaterali della chirurgia”).
Nella forma palmare è possibile intervenire sia a livello del
terzo (T3) che del quarto (T4) ganglio: nel primo caso si ottiene un miglior risultato in termini di secchezza delle mani,
nel secondo l'incidenza di sudorazione compensatoria è
inferiore.
Nella forma ascellare il livello d'elezione è T4.
In presenza di una iperidrosi plantare isolata, non è indicata l'interruzione chirurgica del simpatico toracico. Tuttavia,
nelle forme associate a ipersudorazione palmare e/o ascellare, è possibile ottenere un certo beneficio dall’interruzione
del simpatico toracico eseguita a livello di T4 o di T4 e T5.
COMPLICANZE ED EFFETTI
COLLATERALI DELLA CHIRURGIA
La complicanza postoperatoria più comune è il pneumoto-
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race, in genere di lieve entità e tendente alla risoluzione spontanea; tale complicanza può essere prevenuta posizionando un drenaggio nel cavo pleurico attraverso una delle due pleurotomie al termine
dell'intervento; qualora si scelga, invece, di non posizionare alcun drenaggio, è necessario eseguire
una radiografia del torace di controllo alcune ore dopo l'intervento chirurgico (20,21).
Il principale effetto collaterale dell’interruzione chirurgica della catena del simpatico toracico è la sudorazione compensatoria, che si definisce come un aumento della sudorazione fisiologica in regioni
corporee originariamente non colpite da iperidrosi. Le sedi più comuni sono l'addome, il dorso, le
pieghe inguinali e la superficie plantare dei piedi. Il rischio che si manifesti e la sua intensità sono
tanto maggiori quanto più alto è il livello di interruzione della catena. L'incidenza stimata è molto
variabile (dal 3% al 98%). Tuttavia, nonostante si tratti di un evento comune, è generalmente di
entità lieve o lieve-moderata e di norma ben tollerato dai pazienti. Considerazioni analoghe valgono
per l’ipersalivazione, che può osservarsi in percentuali altrettanto variabili di casi (dallo 0.1% al 50%
circa) (2,6,22-26).
Vi è pure da rammentare la possibile insorgenza di una sindrome di Claude Bernard - Horner, secondaria a lesione del ganglio stellato, che ha un'incidenza stimata tra lo 0,7% e il 3%; anche in questo
caso, il rischio è tanto maggiore quanto più alto è il livello di interruzione della catena del simpatico
(2,6,22-24).
Infine, complicanze di raro riscontro comprendono emotorace e chilotorace postoperatori, toracalgie
e parestesie residue, bradicardia permanente e recidiva della sintomatologia (2,6,22).
L'ESPERIENZA DELLA CHIRURGIA TORACICA DEL SAN LUIGI
Negli ultimi 12 mesi sono stati eseguiti 27 interventi in 18 pazienti affetti da iperidrosi idiopatica
localizzata a livello cranio-faciale, palmare e/o ascellare.
Gli interventi sono stati compiuti mediante due accessi pleurotomici e senza posizionamento di
drenaggio pleurico, in due sedute sequenziali (la seconda a distanza di circa 40 giorni dalla prima).
In tutti i casi è stata eseguita una simpaticofrassi: a livello di T2 in presenza di iperidrosi craniofaciale/eritrofobia, a livello di T3 in caso di iperidrosi palmare e di T4 in caso di iperidrosi ascellare,
(FIGURA 2). I tempi chirurgici hanno oscillato in un range compreso tra 15 e 30 minuti.
La degenza postoperatoria è stata di 24 ore. Alla dimissione un paziente mostrava una limitata
falda di pneumotorace in sede apicale, andato incontro a risoluzione spontanea nell’arco di una
settimana.
Nei controlli eseguiti per mezzo di questionari a 3 e 6 mesi dall'intervento chirurgico, tutti i pazienti
si sono dichiarati soddisfatti del trattamento ricevuto sebbene un paziente lamenti una sudorazione
compensatoria in sede dorsale di intensità moderata. ¢
Figura 2.
A) Isolamento mediante crochet del ramo intergangliare inferiore di T4.
B) Applicazione di due clips metalliche sullo stesso.
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La ricerca in Provincia
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Le nostre radici
IL PROFESSORE
IN BICICLETTA
Prof.
Giuliano Maggi
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Al quinto anno del corso di medicina, nel 1955, dovetti frequentare il corso di Igiene; la materia era vasta
ed interessante e le lezioni erano ben fatte, con l’aula sempre gremita. Il professore era un simpatico
vecchietto, ormai prossimo alla pensione, magrolino e arzillo, con l’insolito nome di Azzo Azzi. Mi dissero che anni prima era stato anche rettore dell’Università; dopo poco scoprimmo che arrivava in Istituto
a far lezione su una vecchia bici da corsa, saltando giù con un balzo all’età di circa settant’anni; questo
accrebbe la stima di noi studenti verso questo professore sportivo e anticonformista.
Dopo qualche tempo, un giorno ci parlò con voce commossa del suo amore per la bicicletta, che gli
ricordava suo figlio morto giovane in guerra. Un’altra volta ci raccontò che durante le ferie partiva da
solo in bici da corsa con uno zainetto sulle spalle e se ne andava a zonzo per l’Italia; aggiunse che non
era mai caduto e che una sola volta, quando era Rettore, ebbe una disavventura.
Vedendoci interessati, ce la raccontò: si trovava in Toscana e voleva raggiungere Firenze per pernottarvi,
ma aveva calcolato male i tempi e giunse in città che ormai era buio. Mentre di notte, sceso dalla bici,
stava cercando un albergo con una camera libera, fu fermato da due vigili urbani che gli chiesero gentilmente se si era perso e come mai girovagasse a quell’ora tarda con una bici da corsa. Lui rispose che
arrivava da Torino e che era in cerca di un albergo; sempre più perplessi i vigili gli chiesero generalità
e professione: lui rispose che era il Magnifico Rettore dell’Università di Torino e che si chiamava Azzo
Azzi . “Ah, ‘Azzo ‘Azzi !” ripeterono i vigili, ma che bel nome”. In Toscana la “Ch” è sostituita da un’aspirazione e i vigili si sentirono presi in giro da quel nome che suonava ai loro orecchi un po’ scurrile e
molto fasullo. Ritenendo inverosimile che il ciclista fosse un rettore, ma che fosse piuttosto un burlone
un po’ brillo e per di più senza documenti, lo caricarono di peso con la sua bicicletta su una camionetta
e, malgrado le sue proteste, lo chiusero in camera di sicurezza, augurandogli che una notte al fresco gli
avrebbe fatto passare la sbornia e soprattutto la voglia di fare lo spiritoso con i vigili urbani.
Il mattino dopo, il detenuto ciclista pregò il secondino di fare una telefonata a un suo conoscente,
affinché venisse a confermare la sua versione e liberarlo. Il vigile, benché poco convinto, fece il numero e gli rispose il Rettore di Firenze in persona; il vigile chiese scusa per il disturbo e disse che nella
notte avevano fermato uno squilibrato con bici da corsa che sosteneva di essere il Rettore di Torino e
di chiamarsi, scusi i termini, Azzo Azzi. “Ha ragione lui, rispose il Rettore di Firenze, si chiama proprio
così ed è il Rettore di Torino: vengo subito a prenderlo!”
Fu così che il Prof. Azzi fu rilasciato con tante scuse; gli restituirono la sua bicicletta e il suo zainetto e
fu invitato a pranzo dal suo collega fiorentino per consolarlo della notte passata in guardina. Ringraziò
i vigili per l’ospitalità e disse che aveva dormito benissimo.
Il racconto di questa avventura ce lo rese ancor più simpatico e da quel momento, quando lo vedevamo arrivare sulla bicicletta da corsa, battevamo le mani come se fosse stato Coppi o Bartali. ¢
rubriche
In libreria
Onore al verso
Letto da Ni.Fe.
Nevio Nigro
Giancarlo
Pontiggia
Maria Luisa
Spaziani
Eugenio Vitali
PERCORSI
D’AUTORE
A cura di
Eugenio Robecchi
Blu di Prussia
Pagine 97,
euro 12,00
Patrizia Valpiani
LUCE DENTRO
Liriche
Flavius Edizioni
Pagine 63,
euro 16,00
Due raccolte di poesia. Due belle edizioni, eleganti, facilmente leggibili, che sanno farsi notare nel panorama
sempre più convulso ed ipertrofico dell’editoria libraria.
È una ricchezza per la redazione di Torino Medica presentare nella rubrica dedicata alle novità librarie ben
due raccolte di poesie di iscritti all’Ordine dei Medici
Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino. Se
è vero che i poeti, come ha detto Alberto Moravia al
funerale di Pier Paolo Pasolini, sono rari ma necessari
e proprio per questo rappresentano una ricchezza per
l’umanità, l’Ordine può ritenersi onorato e fortunato
per una loro presenza non infrequente, qualificata, che
sa far parlare di sé, incuriosire e interessare anche in
questa epoca votata alla distrazione o all’entusiasmo
facile ed estemporaneo.
Il professor Nigro è ormai una presenza costante, certificata, sempre più importante nel panorama letterario
italiano e la dottoressa Valpiani, è un vero medico intellettuale, perfettamente in linea col fervore culturale
che caratterizzava l’esercizio professionale tra fine Ottocento e inizio Novecento: epoca d’oro della Medicina
nel tempo delle grandi sicurezze, della fiducia nell’avvenire, nel Progresso che sarebbe delitto scrivere con
la “p” minuscola. Non a caso la dottoressa Valpiani,
che scrive narrativa e poesia, è tenace anima ispiratrice,
organizzatrice… (e non soltanto a livello locale) dell’Associazione Medici Scrittori Italiani (AMSI). Un impegno
che denota innanzitutto consapevolezza profonda
dell’importanza e amore per la cultura. Come giustamente intuito ed esplicitato da alcuni stessi autori, da
queste pagine nessuno può attendersi una recensione
o una critica letteraria, appannaggio di ben altre carature giornalistico-accademiche che nella redazione di
Torino Medica non potrebbero avere ruolo giornalistico
pertinente e realmente efficace.
Queste note sono una semplice e modesta presentazione delle fatiche poetiche e letterarie di medici che per
amore della cultura e della parola rubano tempo agli
affetti e alle distrazioni, magari più facili da praticare
o addirittura di moda. Quando poi si parla di poesia il
rispetto per le fatiche altrui si incrementa in modo quasi
naturale. Alla ovvia cautela nel valutare ed esprimere,
non giudizi, ma persino opinioni che in questo ambito saranno nella nostra redazione sempre e soltanto
personali, si affianca una sorte di pudore che invita ad
entrare con il massimo rispetto in un’intimità personale, più o meno chiaramente rivelata dalla parola, ma in
ogni caso svelata.
Chi è un poeta e chi può dire chi sia davvero poeta?
Queste domande rappresentano uno dei nuclei più intricati intorno ai quali da millenni si dibatte l’Estetica
senza poter dare mai (credo per nostra massima fortuna) risposte definitive.
In epoca di spending review, di medicina difensiva, di
malasanità nata nel ventre molle della rimozione della
morte, poter dire in uno stesso numero di giornale che
due medici torinesi scrivono e pubblicano poesie è una
benedizione: per gli altri medici e il resto dell’umanità. E questo vale molto di più di un giudizio personale
espresso in redazione.
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rubriche
I servizi dell’Ordine
SPORTELLO DI CONCILIAZIONE
Già dal 1946 (ar t. 3 lett. g. del DLCPS 233 del 1946) gli Ordini dei Medici Chrirurghi e Odontoiatri
hanno la funzione di intervenire nelle controversie tra medico e paziente, o tra colleghi,
per procurarne la conciliazione.
L’ORDINE METTE A DISPOSIZIONE DI TUTTI LO SPORTELLO DI CONCILIAZIONE.
Lo Spor tello è un ufficio che ha sede presso l’Ordine, al quale il cittadino
o il medico o l’odontoiatra possono liberamente rivolgersi per cercare
di risolvere una controversia di natura sanitaria o una ver tenza di
carattere professionale, prima del contenzioso giudiziario.
Si effettuano pratiche di conciliazione e di arbitrato.
Per informazioni: Roberta Cicchero, tel 011.58.15.106
PORTALE WEB
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Oltre a notizie e articoli su sanità, salute, farmaci...dall’Italia e dal mondo, potrete vedere filmati,
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ATTRIBUZIONE CODICE PIN
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Per attivare la procedura di attribuzione, telefonare alla Segreteria Amministrativa allo 011.5815111
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APRILE
55
rubriche
Servizi dell’Ordine
NUOVA SEDE
Per comunicare un cambio di indirizzo
Si chiarisce agli iscritti che la procedura corretta per la segnalazione all’Ordine di un cambio di residenza o di indirizzo prevede obbligatoriamente la
compilazione dell’apposito modulo scaricabile all’indirizzo:
www.omeco.to.it à area servizi à segreteria à modulistica à modulo
variazione indirizzo
Questo modulo deve essere inviato via mail all’indirizzo
[email protected]
o inviato tramite fax al numero 011505323
Inoltre si pregano gli iscritti di segnalare alla segreteria amministrativa
eventuali disguidi di spedizione della rivista Torino Medica.
La Redazione di Torino Medica (RTM)
Agli iscritti
La “Federazione
Sanitari Pensionati
e Vedove” si occupa
della risoluzione dei
problemi economicosociali dei medici,
farmacisti, veterinari
che godono di una
pensione e dei loro
famigliari.
Per maggiori
informazioni o
per accedere ai
servizi dell’Ente,
si può telefonare
alla signora
Teresa Gariglio,
333/8440475,
Presidente
provinciale
dell’Ente, o al dott.
Giorgio Cappitelli,
348/6703250,
Presidente regionale.
(RTM)
56
GIUGNO 2013
SUL WEB LE OFFERTE
E LE RICHIESTE DI LAVORO!
Le rubriche dei medici disponibili alle sostituzioni in Medicina Generale e
delle offerte/richieste di lavoro o di collaborazione professionale, che trovavate prima dei programmi dei convegni, sono scaricabili ora dal sito Internet dell’Ordine all’indirizzo www.omceo.to.it > Area Servizi > Occasioni
di lavoro.
Gli spazi Internet dell’Ordine hanno conosciuto nell’ultimo anno un vero
boom di accessi; questo dato lusinghiero ci permette realmente di diversificare sempre meglio questo mezzo di comunicazione dalla rivista Torino
Medica rendendolo, ad esempio uno strumento più agevole, tempestivo
ed efficace nella comunicazione dell’attualità e nella pubblicazione delle
rubriche di servizio. Nell’imminente futuro ci saranno sicuramente altre novità che comunicheremo tempestivamente.
La Redazione di Torino Medica (RTM)
Si comunica che da
martedì 4 dicembre
2012 è operativa
la nuova sede
dell’Ordine in Corso
Francia 8 a Torino.
I numeri di telefono
e gli indirizzi e-mail
dei diversi uffici sono
invariati.
La prestigiosa Villa
Raby, oggetto di un
completo restauro
conservativo che ha
anche permesso la
scoperta e il recupero
di molti affreschi
di pregio, è ora a
disposizione di tutti
gli iscritti e pronta
a diventare “la casa
dei medici e degli
odontoiatri della
Provincia di Torino”.
Il Segretario
dell’OMCeO della
provincia di Torino
D.ssa Ivana Garione
Corsi
e congressi
in pillole
Scadenze corsi
ECM-FAD della
FNOMCEO
Si comunicano le nuove scadenze dei corsi
ECM FAD in modalità
cartacea, con invio del
test finale via fax:
- AUDIT CLINICO:
08/09/2013
- LA SICUREZZA
DEI PAZIENTI E
DEGLI OPERATORI:
31/07/2013
- APPROPRIATEZZA:
30/09/2013
(RTM)
rubriche
MODIFICA ORARIO UFFICI
Si comunica che dal 2 maggio 2013 gli uffici dell’Ente
osserveranno il seguente orario:
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
8.30-13.30 14.00-17.30
8.30-13.30 14.00-17.30
8.30-13.3014.00-17.30
8.30-13.30
14.00-17.30
8.30-13.30
14.00-17.30
Il Segretario dell’OMCeO della provincia di Torino
D.ssa Ivana Garione
Nella rubrica “Corsi
e congressi in pillole”
vengono pubblicate
GRATUITAMENTE, di
ogni congresso approvato dalla redazione:
- data del convegno
- titolo del convegno
- luogo del convegno.
Gli eventi di cui si dà
notizia sono, come
sempre, quelli che
si tengono dal mese
successivo a quello del
numero pubblicato.
RTM
Comunicati
30-04-2013
COMUNICAZIONE ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI
E ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI TORINO
Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI – PEC)
delle imprese e dei professionisti
Per approfondire
http://www.cnsd.
it/5682/legislazioneitaliana/ministerosviluppo-economico/
creazione-dellindicenazionale-degliindirizzi-di-postaelettronica-certificatadelle-imprese-e-deiprofessionisti
Si informano gli iscritti che è stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 83 del 9 aprile 2013, il D.M.
19 marzo 2013.
Esso stabilisce:
a. le modalità di realizzazione e di gestione operativa dell’INI-PEC, nonché le modalità di accesso
allo stesso;
b. le modalità e le forme con cui gli Ordini ed i Collegi professionali dovranno comunicare e aggiornare gli indirizzi di posta elettronica certificata relativi ai professionisti di propria competenza.
La istituzione del pubblico elenco denominato indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI - PEC) delle imprese e dei professionisti è stata prevista dall’art. 6-bis del D.Lgs. 7 marzo
2005, n. 82 (Codice dell’Amministrazione Digitale – CAD), aggiunto dal comma 3 dell’art. 5, del D.L.
18 ottobre 2012, n. 179, come modificato dalla legge di conversione 17 dicembre 2012, n. 221 (c.d.
Decreto crescita 2.0).
L’INI-PEC, realizzato e gestito in modalità informatica dal Ministero dello Sviluppo Economico, che si
avvale di InfoCamere, è suddiviso in due sezioni denominate, rispettivamente, “Sezione Imprese” e
“Sezione Professionisti”.
In fase di prima costituzione, la Sezione Imprese verrà realizzata attraverso l’estrazione massiva dal
Registro delle Imprese delle informazioni relative alle imprese che risultano attive e che hanno provveduto al deposito dell’indirizzo PEC, mentre la Sezione Professionisti verrà realizzata, con trasferimento in via telematica da parte degli Ordini e Collegi professionali ad InfoCamere, degli indirizzi PEC
detenuti, che deve avvenire entro l’ 8 giugno 2013 (sessanta giorni dalla pubblicazione del decreto).
L’accesso all’INI-PEC è consentito alle Pubbliche Amministrazioni, ai professionisti, alle imprese, ai gestori o esercenti di pubblici servizi ed a tutti i cittadini tramite il Portale telematico consultabile senza
necessità di autenticazione.
(http://www.tuttocamere.it/modules.php?name=Content&pa=showpage&pid=240)
GIUGNO 2013
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PRESENTAZIONE DEL CORSO FAD
Il corso presenta un altro capitolo in tema di “Clinical Governance”: questa volta parliamo di
“appropriatezza”, argomento che investe il moderno esercizio professionale medico ed odontoiatrico
ed in generale sanitario e trova grande spazio nel nostro codice di deontologia medica.
Il corso gratuito eroga 15 crediti ECM
La versione “blended” del corso è accreditata per medici chirurghi e odontoiatri ed è disponibile in
formato cartaceo nel numero speciale
“QUADERNI ECM/FAD de LA PROFESSIONE N. 2/2012”
All’interno del numero troverà il questionario di valutazione da compilare in ogni sua parte (anagrafica
e risposte a scelta multipla) che Le permetteranno, rispondendo almeno all’80% in modo corretto, di
ottenere 15 crediti ECM.
In tutti gli Ordini provinciali sono disponibili copie cartacee del corso FAD o potrà richiederle
direttamente alla
Federazione Nazionale Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO) al n. 06/6841121
La C.G. EDIZIONI MEDICO SCIENTIFICHE di Torino, partner FNOMCeO per queste iniziative, spedirà
gratuitamente al suo indirizzo copia del numero speciale.
Il QUESTIONARIO, correttamente compilato dovrà essere inviato via fax al n. 06/68411209
Per verificare successivamente l’esito del corso telefonare al n. 06/6841121 (centralino automatico)
oppure visualizzare il risultato sul portale www.fnomceo.it trascorsi almeno 30 giorni lavorativi
dall’invio del fax.
Il servizio di HELP DESK, erogato direttamente da
FNOMCeO
(sede Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Torino)
è attivo dal Lunedì al Venerdì dalle ore 9.30 alle ore 13.00
tel. 011/5815110 - Fax 011/7432113 - e-mail: [email protected]
GIUGNO 2013
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congressi
Torino,
anno accademico 2013 - 2014
The European Centre for Intercultural
Training in Oral Health (ECITOH)
Via Nizza 230
INFORMAZIONE IMPORTANTE
Cari lettori,
molti iscritti certamente sanno che questa rivista da anni non rappresenta un peso per il
bilancio del nostro Ordine in quanto i costi
più onerosi di composizione, stampa e spedizione sono sostenuti direttamente dalla società editoriale SGI (Società Generale dell’Immagine).
Infatti la raccolta delle inserzioni pubblicitarie
ha consentito fin ora alla SGI di sostenere tali
costi.
La crisi economica che ha colpito tutti i settori
e che tutti viviamo in prima persona ha determinato però uno squilibrio in questo bilancio
di entrate-uscite: infatti, a fronte dell’aumento dei costi di carta, stampa e spedizione si è
verificata una diminuzione della raccolta delle
inserzioni pubblicitarie.
In queste condizioni non sarebbe pertanto
possibile, per Torino Medica, proseguire la
pubblicazione e la propria missione istituzionale a costo zero come da noi desiderato.
Tra le tante soluzioni possibili, quella meno
gravosa e più praticabile è apparsa la riduzione del numero di pagine della rivista, realizzata pur senza rinunciare ai contenuti.
Ma ciò purtroppo non è sufficiente.
Pertanto d’accordo con l’editore, dal numero
di ottobre 2012 della rivista, gli annunci dei
convegni e degli eventi sul giornale e sul sito
Web saranno pubblicati a titolo oneroso.
La documentazione di questi eventi, una volta decisa la loro pubblicabilità, unita alla richiesta di pubblicazione, sarà trasmessa alla
concessionaria SGI che provvederà ad indicare l’ammontare del costo in relazione alla
dimensione dello spazio richiesto.
Per informazioni preliminari sulle condizioni
economiche gli inserzionisti possono rivolgersi direttamente alla dottoressa Daniela Cazzaro, presso SGI, al n° telefonico 011.359908
L’Esecutivo e la Direzione auspicano che tempi migliori possano consentire di poter tornare a fornire questo servizio gratuitamente
agli organizzatori dei convegni e degli eventi
formativi.
Il Presidente dell’OMCeO della provincia
di Torino
Amedeo Bianco
60
GIUGNO 2013
Master universitario
di 1° livello in
SALUTE ORALE
NELLE COMUNITÀ
SVANTAGGIATE E NEI PAESI
A BASSO REDDITO
EX MASTER BIENNALE IN “SVILUPPO
DELLA SALUTE ORALE NELLE COMUNITÀ
SVANTAGGIATE E NEI PAESI IN VIA DI
SVILUPPO”
In tema di salute orale sono presenti molte disuguaglianze e bisogni insoddisfatti,
sia nei Paesi cosiddetti ricchi che in quelli
in via di sviluppo. Per rimediare a questo
sono necessari interventi precisi ed una
programmazione sanitaria mirata, ma
anche professionisti preparati e formati
a dare le risposte che questa situazione
richiede.
In risposta a queste necessità nasce il Master Universitario di 1° livello in “Salute
orale nelle comunità svantaggiate e nei
paesi a basso reddito”.
Il Master, unico nel suo genere in Italia, è stato attivato per la prima volta nel 2006 dall’Università di Torino, dall’European Center for
Intercultural Training in Oral Health (ECITOH)
e dalla ONG Cooperazione Odontoiatrica Internazionale (COI). Il fine del Master è quello
di creare un percorso formativo validato da
linee guida internazionali condivise, che possa
formare degli operatori professionalmente
preparati ad inserirsi in attività lavorative o di
volontariato nel campo della cooperazione
internazionale, della solidarietà, del sistema
pubblico e del privato-sociale in ambito odontoiatrico e non solo.
La V edizione prenderà il via nel mese di
ottobre 2013, avrà durata annuale e prevede
l’ammissione di un numero massimo di 20
studenti.
Il Master si rivolgerà sia ai neo-laureati che ai
laureati, anche non del settore dentale, già
impegnati in ambiti lavorativi legati alle comunità svantaggiate e ai Paesi a basso reddito, nonché nel volontariato, e che desiderino approfondire queste tematiche
per rendere il loro impegno professionale e umanitario
più adeguato alla realtà operativa di impiego e più efficace ed efficiente.
L’obiettivo formativo principale è di fornire al partecipante, attraverso lo studio teorico e un tirocinio pratico, gli
strumenti per:
•
conoscere la realtà e le problematiche sanitarie e
di salute orale dei Paesi a basso reddito e delle comunità
svantaggiate in Italia, e il mondo della cooperazione
internazionale;
•
apprendere la metodologia per realizzare progetti
di solidarietà e di odontoiatria sociale;
•
conseguire la capacità di lavorare in partnership
secondo le linee guida della cooperazione, contribuire
efficacemente ad un programma sul campo nelle sue
varie fasi di realizzazione e progettare risposte concrete
ed adeguate ai problemi di salute orale delle comunità.
PROGRAMMA DI STUDIO
Modulo 1:
Politiche, programmi e sistemi sanitari nei PVS e rapporti
con la salute orale.
Ruolo della Cooperazione Internazionale, delle ONG e
del volontariato per il diritto alla salute.
Modulo 2
Le comunità svantaggiate e la fragilità sociale in Italia e
in Europa.
Aspetti sanitari, analisi dei bisogni, modelli di risposta
nell’ambito del diritto alla salute orale.
Modulo 3
Promozione della salute orale nei PVS e nei Paesi sviluppati.
Ruoli, responsabilità, strategie, risorse.
GIUGNO 2013
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congressi
Modulo 4
Primary Oral Health Care. Strumenti per lo
sviluppo della salute orale nei PVS.
Modulo 5
Progettazione degli interventi di salute orale
nei PVS.
Il Ciclo del progetto di sviluppo della salute
pubblica e comunitaria, dallo studio di fattibilità alla sostenibilità.
Frequenza
La frequenza è prevista per 7 sessioni, da
svolgersi nei giorni di venerdì e sabato presso
la sede di ECITOH, in Via Nizza 230 a Torino.
Requisiti di accesso
Laurea in Odontoiatria, Medicina e Chirurgia,
Igiene Dentale o altra laurea, purché con curriculum di studi e/o stato di servizio attinenti
agli argomenti del Master.
Costo
Crediti ECM e CFU
La partecipazione al Master esonera dall’acquisizione dei crediti ECM per la durata del
corso.
L’ottenimento del Master comporta l’acquisizione di 60 Crediti Formativi Universitari.
€ 1.600 pagabili in due rate (escluse le tasse
universitarie e i costi per lo stage).
Lingua del Master
Italiano, francese e inglese (con traduzione).
Patrocini:
AIDI – Associazione Igienisti Dentali Italiani,
ANDI Sez. Torino, Associazioni sanitarie aderenti al COP – Consorzio delle Ong Piemontesi
(ASPIC, CCM, Medici con l’Africa CUAMM Piemonte, NutriAid e Rainbow4Africa).
Altri patrocini richiesti:
Regione Piemonte, Provincia di Torino, Comune di Torino, OMCeO Sez. Torino, AIO Sez.
Torino, Alleanza Dentisti per il Mondo (Fondazione ANDI, SMOM, Smile Mission).
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