La Provincia - Duccio Canestrini
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52 LA PROVINCIA MERCOLEDÌ 23 LUGLIO 2014 CulturaeSpettacoli [email protected] Tel. 031 582311 MASSIMARIOMINIMO A cura di Federico Roncoroni La morte è un vecchio trucco ma riesce ancora a sorprenderci Turgenev Cultura: Mario Schiani [email protected], Massimo Romanò [email protected], Umberto Montin [email protected], Mauro Butti [email protected], Pietro Berra [email protected], Spettacoli: Edoardo Ceriani [email protected], Nicola Nenci [email protected], Fabio Cavagna [email protected], Riccardo Bianchi [email protected], Lilliana Cavatorta [email protected] L’intervista L’ DUCCIO CANESTRINI antropologo «Buffo e astruso L’uomo d’oggi in uno studio pop» antropologia può essere divertente, a tratti addirittura esilarante, con gli uomini che ridono delle loro stesse debolezze e astrusità, ma a raccontarle deve essere un affabulatore come Duccio Canestrini, antropologo culturale e divulgatore scientifico, giornalista e docente al Campus universitario di Lucca. Nel suo “Antropop – la tribù globale” (Bollati Boringhieri, 196 pagine, 16 euro) un libro «in cui si ride di questioni maledettamente serie e si prendono sul serio le frivolezze», passa in rassegna i comportamenti dell’uomo moderno, spesso dettati dalla dipendenza alla tecnologia cercando (e trovando) sorprendenti analogie con quelli di popolazioni vissute nella notte dei tempi, e fa uscire l’antropologia dalle aule polverose delle università portandola “on the road” tra la gente del mondo. Canestrini è nipote d’arte con un prozio, Giovanni, biologo e antropologo di fama scomparso nel 1900 e più volte citato nel libro. capisco”, e fu così che quella risposta, a sua volta non capita, divenne il nome dell’animale. Quanto agli strumenti di conoscenza, mi viene in mente il Transtac, un traduttore portatile arabo-inglese adottato dalle forze militari statunitensi in Iraq nel 2007. Un fallimento: a parte il fatto che se ti presenti con le armi in mano nessuno ti parla volentieri, perché mai i locali avrebbero dovuto dare Chi è Ha scoperto l’Homo turisticus Anche i fatti e i comportamenti più astrusi del presente hanno un riscontro nel passato: l’uomo non cambia, mutano caso mai gli strumenti di conoscenza e non sempre in meglio. La storia delle esplorazioni è costellata di malintesi, anche buffi. “Kangaroo”, nella lingua degli aborigeni australiani, originariamente significava “non Finchè il respiro della classicità rimase alto nella Grecia e in Roma, il riconoscimento dell’eroismo del vinto fu costante nell’arte figurativa, come per la morte di Decebalo re dei Daci nei bassorilievi nella Colonna Traiana in Roma, poiché la grandezza del perdente accresceva quella del vincitore. Infatti quando la pressione barbarica alle frontiere della capitale divenne pericolo reale, la rappresentazione del barbaro si fece grottesca e repellente, per istigare all’odio il “civis romanus”, come nella Colonna Antonina in Roma. Ma le vittorie sui Galati d’Asia Minore, da parte di Attalo I re di Pergamo, alla fine del III secolo avanti Cristo, in piena età ellenistica, furono vissute come vittorie di un sovrano contro nemici di quasi pari forza: ed il Grande Donario Pergameno in bronzo (200 a.C.), elevato nella capitale microasiatica – un Piccolo Donario di sculture sul tema fu poi collocato sull’Acropoli di Atene – divenne simbolo di questa realtà. Simbolo di perfezione Ricostruzione straordinaria L’archeologo Filippo Coarelli, già allievo di Bianchi-Bandinelli, conoscitore di altissimo profilo della storia dell’arte antica, di cui fu docente nell’Università di Perugia, è giunto ad una rico- Duccio Canestrini, nato a Rovereto nel 1956, è antropologo, giornalista e scrittore, inventore del concetto di “Homo turisticus”, colui che va in vacanza, nell’antropologia del turismo. Dopo la laurea a Siena in Antropologia culturale e le ricerche sul campo in India, la parentesi giornalistica come inviato di “Airone”, quindi l’insegnamento all’università di Trento e la realizzazione di documentari per “Geo” di Raitre. Molti i libri pubblicati, tra cui “Turistario”, del 1993, “Andare a quel paese. Vademecum del turista responsabile”, del 2003, e “I misteri del monte di Venere”, del 2010. Attualmente realizza, come autore e attore, seguitissime conferenze-spettacolo sull’antropologia. M. CHI. struzione straordinaria del Grande Donario Pergameno (fureggiato poi da Nerone e oggi inesistente), il cui fulcro è il celeberrimo “Galata suicida con la moglie”, copia in marmo asiatico nel Museo nazionale Romano di Palazzo Altemps a Roma. Rinasce l’omaggio di Roma alla gloria degli sconfitti “Galata suicida con la moglie” Le tradizioni non sono sempre positive, di alcune anzi faremmo volentieri a meno come la corrida per esempio. Come mai sono così difficili da sradicare? In “Antropop” c’è un capitolo intitolato un po’ provocatoriamente “Tradizioni di m… con licenza accademica”. Credo sarebbe tempo di abolire usanze crudeli e cruente - corrida, infanticidi, legge del taglione, sacrifici pasquali, mutilazioni sessuali, eccetera - perpetrate in nome della tradizione. L’antropologia insegna che le tradizioni più che sacre sono funzionali. Se tutto cambia, l’ambiente, il lavoro, la comunicazione, l’economia, possono tranquillamente cambiare anche i simboli. Basta lavorarci un po’, progressivamente. Un capitolo del libro tratta del rapporto distorto che spesso abbiamo con la nostra automobile, che diventa una sorta di mamma ambulante. Un altro della dipendenza dalle nuove tecnologie di comunicazione, con gli schiavi dello smartphone che camminano come in trance. Cosa ci può salvare dall’alienazione? Nel suo libro divide gli argomenti “antropop” da quelli di normale antropologia, un po’ come fece Celentano con il rock e il lento. Cosa significa esattamente “antropop”? Pop è un’antropologia nutrita di cinema, fumetti, canzoni e video su YouTube. È un ragionamento divertimento sulla complessità del nostro vivere quotidiano, sulle diverse culture (tradizionali, neotradizionali, giovani, tecnologiche, modaiole, mediatiche) le influenze e le continuità. Per esempio: nei primi secoli ostentavano la nudità gli Adamiti, nel Trecento i Turlupini, negli anni ’70 gli streakers, oggi le Femen, tutti per protesta. informazioni attendibili parlando dentro l’aggeggio di un invasore alieno? Coarelli, sulla base di studi e scoperte archeologiche, rileva come il Galata, che dopo aver ucciso la moglie si immerge nel petto la spada, rivolto con sguardo di fuoco al Palazzo Reale di Pergamo, non poteva che essere il re dei Galati: scopre poi che il “Galata morente”(nei Musei Capitolini), copia dell’originale bronzeo, si inserisce «Ridere. Riderci sopra. Esercitare una sana autoironia. Relativizzare tutto. Osservare, capire, mantenere uno spirito critico e un orizzonte etico, per quanto utopico possa suonare. Le utopie, sia personali sia condivise, sono assolutamente necessarie». Non c’è evento senza rinfresco, i cuochi sono le vere star del terzo millennio: come mai questa ossessione per il cibo che spinge a fotografare i piatti al ristorante e postarli sui social network? La cucina, in tempi di recessione, è diventata una sorta di bene rifugio, sì, direi proprio fino all’ossessione. La cultura del cibo è sempre esistita, beninteso, e così la teatralizzazione delle pietanze. Ma una simile sagra mediatica animata da forsennati magnamagna, parola mia, non s’era mai vista. Come poteva sfuggire a un antropologo pop? 1 Mario Chiodetti perfettamente nello spazio alle spalle del Galata suicida, accanto alla Galata morta con al petto il bambino, parte altresì del gruppo, come ricordano le fonti documentarie. Il tutto si iscrive poi in un ideale dodecaedro, simbolo di perfezione nel mondo antico e metafora della grandezza del Vinto. La ricostruzione in 1/3 del Coarelli è esposta nella mostra “La gloria dei Vinti. Pergamo, Atene, Roma”, aperta fino al 7 settembre in Palazzo Altemps, prodotta dalla Soprintendenza Archeologica di Roma e curata dal Coarelli, il titolo della quale è quello della monografia pubblicata per Electa dal medesimo Coarelli. 1 Paola Pariset