Vedi il servizio sull`inserto Incroci del Giornale di Vicenza del 29
Transcript
Vedi il servizio sull`inserto Incroci del Giornale di Vicenza del 29
44 IL GIORNALE DI VICENZA Venerdì 29 Maggio 2009 Incroci Genti e culture di altri Paesi In collaborazione con Jenny Tessaro STORIEDIDONNE. LEAVVENTUREDRAMMATICHEMA ALIETOFINE DI ODALI(INDIA), VERICA(SERBIA),ZUWERATU(GHANA) EHANATU(BURKINA-FASO) «Sonoscappata dallaschiavitù eadesso rivivo» I racconti delle immigrate dopo un periodo di inserimento nel nostro Paese I drammi, le passioni e la terra d’origine MI CHIAMO ODALI E VENGO DALL'INDIA A ventiquattro anni mi sono trovata alla stazione Termini di Roma con uno zaino, cinquanta mila lire in tasca e un visto turistico. Ero scappata dal mio paese per liberarmi da una vita di schiavitù e per conquistarmi un'indipendenza. Nei primi tre giorni della mia nuova vita in Italia ho fatto la spola tra Roma e Milano con il sostegno, anche economico, di alcuni poliziotti molto gentili che mi hanno consigliata per il meglio. Poi a Roma il destino mi ha fatto incontrare una suora indiana, del mio Paese, alla quale ho esternato tutte le mie preoccupazioni e la mia fame. Con lei è iniziata la mia nuova vita: ho trovato un lavoro, ho imparato la lingua e ho conosciuto persone disposte ad aiutarmi. Da allora sono passati quattordici anni nei quali ho vissuto esperienze di gioia, di dolore, di lavoro, di vita. E' stato un cammino in salita, fatto di isolamento, di fallimento affettivo, di studio, di grandi cadute ma anche di tenaci risalite. Nella difficoltà ho capito che non bisogna mai smettere di lottare per la propria libertà e dignità. Solo con la forza e la perseveranza potrò dare un futuro a mio figlio qui in Italia dove, con determinazione, ho costruito la mia integrazione e dove vivo la quotidianità nel rispetto dei diritti. Con il mio bambino, grazie all'aiuto di molti, sto ricominciando una nuova vita che, spero, possa essere, finalmente, all'insegna della libertà e della dignità. Le esperienze del passato che mi costringevano al ruolo di donna succube e sottomessa hanno risvegliato sempre più, in me, il desiderio di libertà ed indipendenza: mi hanno resa più forte di fronte alle difficoltà e mi hanno fatto capire che la bellezza della donna non sta nelle forme sinuose, nel colore dei capelli o nel taglio degli occhi. Una donna è bella quando può esprimere le sue energie, le sue lacrime, la sua serenità e la sua capacità di amare senza odiare. MI CHIAMO VERICA E VENGO DALLASERBIA Mi chiamo Verica Kokorovic e vengo dalla Serbia dove insegnavo matematica in un Istituto Tecnico. Poi dieci anni fa mi sono trasferita in Italia per seguire mio marito, sapendo che non avrei potuto fare lo stesso lavoro. All'inizio ho avuto molte difficoltà con la lingua che non conoscevo, ma poi ho imparato. Il primo lavoro che ho fatto è stato la cameriera ai piani; l'ho fatto per otto anni anche se non mi piaceva, perché avevo i bambini piccoli da cre- scere. D'altra parte sin che lavoravo non avevo tempo di cercare un'altra occupazione e così ho continuato a fare quello che dovevo fare, perché i soldi erano necessari. In questi otto anni non posso dire di aver avuto brutte esperienze. Al contrario posso affermare che gli italiani hanno molta pazienza e non hanno mai riso di me quando non capivo. Sono gentili ma al contempo riservati e diffidenti verso gli stranieri. È necessario molto tempo per farsi accettare e per instaurare con loro un rapporto di amicizia. All'inizio le prime relazioni sono state quelle con i vicini e i colleghi di lavoro, poi con i genitori dei bambini che andavano a scuola con i nostri figli o che giocavano a calcio con loro. Poi con il tempo le persone che ci circondavano ci hanno accolto senza alcun problema. Per i nostri figli l'integrazione è stata più facile perché hanno imparato meglio e più in fretta la lingua. MI CHIAMO ZUWERATU E VENGODAL GHANA Mi chiamo Zuweratu, vengo dal Ghana e da più di quindici anni sono in Italia con mio marito e i miei tre figli, nati qui e ora giovani studenti. Sono arrivata dal Ghana, dov'ero sposata da due anni, grazie al ricongiungimento familiare. Il primo incontro con l'Italia, ricordo, è stato deludente perché ero convinta di arrivare in un Paese meraviglioso come quello che veniva presentato in TV, con città piene d'arte e buone possibilità di studio e di lavoro. Il mio desiderio, infatti, era quello di poter studiare lingue e continuare il mio lavoro di segretaria con contatti internazionali. La realtà, invece, è stata diversa e piena d'ostacoli, il primo tra tutti la lingua. Altro problema, all'inizio, fu l'abitazione: a quel tempo mio marito viveva con altri connazionali ed io mi sentivo a disagio con tante persone intorno. Inoltre, non avevo neanche un po' di privacy per me. Dopo il mia arrivo in Italia sono rimasta subito incinta: spettava dunque a mio marito provvedere ai bisogni della famiglia che cresceva di anno in anno. Dopo la nascita del secondo figlio e dopo lavori sporadici in conceria, anch'io ho ottenuto un lavoro a tempo indeterminato che mi ha permesso d'integrarmi sempre più. È però grazie a mio marito se oggi sono un operatore socio-sanitario. E' stato lui, sin dall'inizio, a mandarmi allo sbaraglio; sono stata costretta a farmi capire al supermercato e all'ospedale sino a quando ho imparato la lingua. Dopo la nascita del terzo figlio ho deciso di frequentare il corso per operatore socio-sanitario grazie al quale ho trovato un'occupazione alla Casa di Riposo di Arzignano. Nonostante qualche difficoltà sono contenta d'essere in Italia perché ho trovato delle persone disponibili che mi hanno aiutata con i figli e nelle situazioni di difficoltà. Grazie poi alla maggior conoscenza della lingua, la comunicazione con queste persone è diventata più profonda. Nonostante questo lato positivo, devo ammettere che ho molta nostalgia dei miei genitori e del mio paese ma soprattutto di quelle relazioni semplici e sincere che si instaurano tra le persone. Qui in Italia, invece, le persone tendono a chiudersi sempre più, prese come sono dalle preoccupazioni quotidiane, un atteggiamento che abbiamo adottato anche noi ghanesi, che ci frequentiamo poco e solo in occasione di qualche festività. Con tutto quello che ho imparato in questi anni in Italia mi piacerebbe ritornare in Ghana per poter organizzare e preparare un gruppo di donne che si prestino all'assistenza domiciliare ci quelle persone che ne hanno bisogno come disabili, anziani e ammalati. MI CHIAMO HANATU E VENGO DALBURKINA-FASO Mi chiamo Hanatou, sono burkinabè e sono arrivata in Italia sedici anni fa per raggiungere mio marito: ho te figli ormai grandi che frequentano le superiori. Ho sempre lavorato in famiglia e in fabbrica e mi sono trovato molto bene perché i miei datori di lavoro si sono sempre dimostrati cordiali ed accoglienti. Sono stata retribuita con un buon stipendio che ho usato sia per aiutare mio marito sia per sostenere la mia famiglia in Africa. Per andare a lavorare ho usato per molti anni il motorino che spesso mi lasciava a piedi mentre ora ho la patente e con la macchina mi posso muovere con facilità. Adesso che ho la macchina ho però perso il lavoro perché la fabbrica ha chiuso e faccio a fatica ad arrivare a fine mese perché lo stipendio di mio marito, da solo non basta. In questa situazione si accentua ancora di più la nostalgia per il mio paese dove pensiamo di ritornare quando saremo in pensione. Al momento sarebbe impossibile pensare al rientro perché in Burkina c'è meno lavoro di quanto possa essercene qui e prospettive di lavoro azzerate per i nostri figli. Non è facile vivere in Italia: all'inizio c'era il lavoro ma non conoscevo la lingua mentre oggi conosco l'italiano ma non c'è più lavoro. f Donnestraniereallavoro. A fianco i raccontidi alcune immigrategiunteinItaliaper scapparedal degrado VerikaKokorovic ZuweratuAbasimidelGhanaracconta delladifficileintegrazioneal suoarrivoinItalia ILGRUPPO. AVICENZA UN’ASSOCIAZIONE RAGGRUPPA ARTISTI DA TUTTOIL MONDO L’artenon ha frontiere paroladi “EarthSoul” Artisti di tutto il mondo unitevi! Potrebbe essere questo lo slogan della neonata Associazione Artistica Multiculturale Earth Soul, creata dal pittore vicentino Roberto Rossi dalle ceneri del Gruppo Arte-Integrazione che già lo scorso anno aveva portato in mostra al Chiostro di San Lorenzo una trentina di artisti provenienti da tutto il mondo che hanno esposto le loro opere, mostrando i tratti diversi di culture ed esperienze. «L'arte non ha frontiere perché è un linguaggio universa- le», spiega Roberto Rossi, presidente di Earth Soul che, con la creazione dell'associazione, ha realizzato il sogno di mettere insieme artisti di culture diverse, unendo sensibilità e storie da diverse parti del mondo. «Volevo far conoscere ai vicentini l'arte di altri popoli e, al contempo, desideravo che gli artisti migranti si incontrassero tra loro per crescere insieme ed avere più forza, facendo esperienza anche in Italia e a Vicenza». Un desiderio che si è concretizzato con la nascita dell'Asso- RobertoRossi ciazione che, come primo passo, si è fatta promotrice di un' importante iniziativa di sensibilizzazione pubblica contro l'uccisione di minori in Iran. «Chiediamo a tutti i cittadini di sottoscrivere la petizione promossa dall'ex miss mondo canadese di origine iraniana Nazanin Jam-Afshin, sul sito www.stopchildexecution.com per fermare l'uccisione di minori in Iran, paese che ha sottoscritto la convenzione per i diritti umani, evidentemente disattesa», spiega Roberto Rossi che ha voluto dedicare la recente mostra personale alla giovane pittrice iraniana Delara Darabi giustiziata lo scorso primo maggio. Inizia così un’importante esperienza che attraverso la comunicazione e l’integrazione unisce artisti differenti, ma uniti dal fare arte. PROGETTOITALIA- BRASILE."IO MI OCCUPODI TE,E TUDI ME, INQUESTACITTÀ Vicentinialezione diallegria daicarioca A Giugno prenderanno il via una serie di iniziative per far incontrare vicentini e brasiliani. Il Brasile può insegnare al mondo non solo il Frevo, il Samba, il calcio, il carnevale, ma anche quello spirito di allegria e di conquista che fa superare ogni difficoltà e trasforma l'impossibile in un grande progresso. Ne è fermamente convinta Elida Arruda che assieme ad alcuni amici si è lanciata nell'avventura di organizzare un programma culturale per far incontrate vicentini e brasiliani Unatifosa delBrasile allostadio. Nuoveiniziativecon i vicentini dal titolo emblematico "Io mi occupo di te, e tu di me, in questa città. «Partiamo dal Brasile con un programma diretto a immigrati e vicentini perché», spiega Elida Arruda. Per realizzare questo obiettivo Elida Arruda ha organizzato diversi eventi: un corso di lingua italiana per stranieri che si svolgerà ogni martedì pomeriggio dalle 15,30 alle 17,00 nei locali messi a disposizione dalla parrocchia della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni in via Monte Novegno a Vicenza; una serie di incontri dedicati ai più svariati argomenti -dall'alimentazione naturale ed equilibrata alla diversità come risorsa, dai valori fondamentali della Società italiana all'assistenza medica in Italia- che si svolgeranno il 5-12-19-26 giugno nei locali della parrocchia di via Monte Novegno. f