Dental Tribune definitivo_a - Dental Tribune International
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6 DENTAL TRIBUNE TeknoScienza Anno II n. 2 - Febbraio 2006 Italian Edition Il riassorbimento delle radici in ortodonzia Eugene K.M. Chan - Australia Il riassorbimento delle radici è stato decritto come un effetto collaterale idiopatico in ortodonzia (Brezniak e Wasserstein 1993). Benchè possa risultare dannoso per l’integrità della dentatura, può avvenire naturalmente (Henry e Weimann 1951) senza mettere a rischio forma e longevità di una normale occlusione funzionale (Brezniak e Wasserstein 1993). Il riassorbimento delle radici della dentizione decidua è un processo normale, essenziale e fisiologico, presupposto necessario per la dentizione permanente (Cahill 1988; Belanger 1985; Sasaki 1988a, 1988b; Ten Cate 1989; Ngan et al. 1988a; Phillips 1955). Anche in presenza di agenesia dei denti permanenti corrispondenti, alcuni decidui subiscono ugualmente il riassorbimento. D’altra parte quello dei permanenti è un processo biologico complesso, con aspetti ancora poco chiari. Incidenza e suscettibilità Secondo la maggior parte delle indagini, il riassorbimento idiopatico si verifica nella popolazione non sottoposta a tratta- Fig. 2 - Radiografia panoramica mento ortodontico. prima Un’alta percentuale della terapia (90,5%) di denti perma(Aprile 2000) nenti non trattati presenta lesioni microscopiche del riassorbimento delle revolmente. Denti che preradici esterne (0,73 mm di sentavano radiograficalunghezza e 0,10 mm di mente segni di riassorbiprofondità). Il numero di mento prima del trattaincisivi con riassorbimenmento, hanno sviluppato to delle radici aumenta dal aree di distruzione di tes15% prima del trattamensuto duro più estese che to al 73% dopo (Lupi 1996) quelli inizialmente intatti o dal 4% prima al 77% (DeShields 1969; Zachrisdopo il trattamento (Goldson 1976; Goldson e Herikson 1975). Il punto più freson 1975). Tuttavia, nella quentemente interessato maggior parte dei casi, si è l’apice, seguito dalle sumanifesterebbe in modo perfici mesiale, vestiboladel tutto imprevedibile. Il re, distale e linguale. I genere di apparecchi utidenti più frequentemente lizzati nel trattamento delcolpiti (in frequenza dela malocclusione ortodoncrescente) sono: laterali tica normalmente condimascellari, canini mascelziona il tipo di riassorbilari, incisivi mandibolari, mento. Nell’espansione primi molari mandibolari, palatale esso si sviluppa secondi premolari mandiprincipalmente nella parbolari e secondi molari te cervicale delle superfici mascellari (Brezniak e mesio-vestibolari e nelle aree di biforcazione di Wasserstein 1993b). La denti multi-radicolati, differenza tra lato destro e nonché nelle regioni vesinistro o tra mandibolari stibolare e apicale di denti e mascellari è impercettia radice unica con scarso bile. Quando i molari precoinvolgimento di altre sentano riassorbimenti, aree (Vardimon 1991). Tuthanno superfici di riassortavia questo riassorbimenbimento oltre l’area totale to cervicale generalmente della superficie delle radirimane non diagnosticato ci integre (Henry e Weinse non quando è esteso, mann 1951). caso in cui il riassorbimenLa suscettibilità al riasto apicale della radice è visorbimento varia conside- sibile radiograficamente (Barber e Sims 1981; Wainwright 1975; Harry e Sims 1982). Eziologia e tipi L’eziologia del riassorbimento è multifattoriale. Ogni volta che si presentano ampie aree di riassorbimento, ne sono responsabili varii fattori predisponenti: vitalità della polpa (Spurrier et al. 1990), sesso (DeShields 1969), tipo e meccanismo d’azione della forza applicata (DeShields 19969; Reitan 1964; Goldson ed Herikson 1975), densità ossea (Reitan 1964; Wainwright 1973), intensità e durata della forza (DeShields 1969, Kenney et al. 1983; Reitan 1964; Harry e Sims 1982; Reitan 1974) e fattori sistemici (ad es. disordini endocrini, pazienti asmatici) (Becks 1932; McNav et al. 1999). In genere l’ortodonzia clinica presenta tre tipi di riassorbimento radicolare esterno: superficie, riassorbimento infiammatorio e da sostituzione (Andreasen 1988). Quello di superficie è normalmente un processo ad autolimitazione che investe piccole aree, con riparazione spontanea da parte delle zone adiacenti intatte del legamento paradontale. Quello infiammatorio, d’altro canto, avviene quando il riassorbimento iniziale ha raggiunto i tubuli dentinali di un tessuto pulpare necrotico infetto o una zona infetta popolata da leucociti. Quello da sostituzione ha luogo quando l’osso rimpiazza il materiale dentale riassorbito e porta all’anchilosi. I riassorbimenti che si verificano durante i trattamenti ortodontici spesso sono di superficie (Andreasen 1988) o infiammatori transitori (Tronstad 1988). Rari i casi di riassorbimento da sostituzione come conseguenza di movimenti ortodontici dei denti. Meccanismo di riassorbimento delle radici Fig. 1 - Immagini prima del trattamento (Aprile 2000) Le forze ortodontiche applicate al sistema biologico agiscono in modo simile sull’osso e sul cemento. Questa interfaccia osso-cemento è separata dal legamento paradontale (PDL). Se non vi fosse differenza nel comportamento biologico di queste due sostanze, avverrebbe in entrambe lo stesso riassorbimento. Tecnicamente, perché avvenga il movimento del dente l’osso, deve riassorbirsi in percentuale superiore al cemento. Nonostante si sia notato che, sotto l’applicazione di forze ortodontiche, il cemento ha una resistenza al riassorbimento superiore a quella dell’osso, avviene anche il riassorbimento del cemento e della dentina. Clinicamente, dopo l’applicazione di una forza ortodontica, possono passare tra i 10 e i 55 giorni prima che appaia il cratere di riassorbimento (Reitan 1974; Rygh 1977; Harry e Sims 1982; Stenvik e Mjör 1970). Questo grado di riassorbimento non può essere rilevato radiologicamente, specie quando si verifica sulle superfici vestibolari e linguali (Wainwright 1973; Chapnick 1989; Andreasen 1987). I crateri di riassorbimento appaiono principalmente sul lato di pressione (Reitan 1964, 1974, 2985; Gaudet 1970; Rygh 1977) e raramente su quello in tensione (Williams 1984). Come per l’osso, il cemento tende a perdere spessore sul lato di compressione (Thilander et al, 2000). Se la pressione persiste, il riassorbimento progredisce anche se inizialmente era protetto da tessuto non calcificato. Ricerche sugli uomini e sugli animali dimostrano che la ialinizzazione paradontale precede il processo di riassorbimento delle radici durante il trattamento ortodontico (Becks 1952; Reitan 1964, 19745; Gaudet 1970; Rygh 1977; Kvam 1972a, 1972b, 1972c). La perdita di materiale radicolare avviene in adiacenza e subadiacenza a quest’area. Nella zona della ialinizzazione si descrivono tre stadi: degenerazione, eliminazione delle parti distrutte e riparazione (Rygh 1977). Durante il rimodellamento della zona di ialinizzazione, il tessuto necrotico e la parete ossea alveolare vengono rimossi mediante cellule fagocitiche come macrofagi, cellule giganti e osteoclasti (Rygh 1977, Kvam 1969). Come effetto collaterale dell’attività cellulare durante la rimozione del tessuto PDL necrotico, lo strato cementoide della radice e l’osso rimangono con superfici scoperte non protette in alcune aree, che possono essere prontamente attaccate da cellule che producono riassorbimento. Pertanto il riassorbimento avviene intorno a questo tessuto privo di cellule, partendo dal margine della zona di ialinizzazione (Rygh 1977). Ulteriori studi di Brudvik e Rygh (1994) hanno notato che le cellule giganti multi-nucleate di tipo osteoclastico con contorni irregolari erano ritenute le maggiori responsabili della rimozione del tessuto ialino e del conseguente riassorbimento. Fattori correlati con la forza L’intensità della forza è sempre stata considerata un fattore importante per quanto riguarda l’entità del movimento dei denti in ortodonzia. Reitan (1964, 1974, 1985) ha sempre sostenuto l’uso di forze ortodontiche leggere per incrementare l’attività cellulare nei tessuti circostanti e ridurre il rischio di riassorbimento delle radici, come venne confermato da King e Fischlschweiger (1982) i quali, in un esperimento sui topi, scoprirono che forze leggere producevano riassorbimenti delle radici insignificanti, mentre forze intermedie o pesanti avevano come risultato la formazione di crateri. Questo risultato corrispondeva a quelli precedenti su animali (Dellinger 1967; Kvam 1972a, 1972b) e su esseri umani (Harry e Sims 1982). Tuttavia Stenvik e Mjör (1970) riferirono di risultati contraddittori in uno studio riguardante l’intrusione premolare nell’uomo. Essi osservarono che il riassorbimento delle radici aumentava dopo l’applicazione di forze leggere, 35g, se paragonato con forze elevate, 250 g. Storey e Smith (1952) formularono la teoria della “forza ottimale” e documentarono il fatto che un range di pressione di 150200 g (equivalente a 150200 cN) sull’interfaccia dente-osso produrrebbe à pagina 7 DENTAL TRIBUNE TeknoScienza Italian Edition ß Anno II n. 2 - Febbraio 2006 nendo una radice a forma irregolare (Andreasen 1988). Tuttavia, secondo autorevoli personalità, questo effetto rappresenterebbe un danno irreversibile (Brezniak e Wasserstein, 1993a). Dopo entrambi i tipi di riparazione la dimensione dei legamenti paradontali è di solito normale. Il contorno della radice è frequentemente seguito da quello osseo, con il rafforzamento dell’ancoraggio del dente senza compromettere la funzione del dente (Steadman 1942). Molti gli studi condotti per chiarire il processo riparativo durante la ritenzione dopo una espansione rapida mascellare (Barber e Sims 1981; Langford e Sims 1982: Oderick et al. 1991) e tutti concordano che la riparazione pare migliorare col tempo di ritenzione. Si ipotizza che tutto il riassorbimento sia recuperato quando la sua causa cessa (Rygh 1977; Reitan 1985). Però Vardimon et al. (1991) hanno sostenuto che tutto il riassorbimento possa guarire a condizione che la superficie riassorbita non ecceda quella non riassorbita. pagina 6 negli esseri umani la massima percentuale di movimento del dente per la distalizzazione dei canini mascellari. Con pressioni al di sotto di questo limite il movimento era limitato, grazie alla capacità del tessuto molle di agire come ammortizzatore dello shock. Se la forza veniva aumentata al di là di questo optimum, lo spostamento si riduceva a causa della necrosi del tessuto del PDL. La teoria fu rivista criticamente da Boester e Johnston (1974), i quali scoprirono che la chiusura dello spazio dopo l’estrazione di un premolare era all’incirca la stessa, che la forza applicata fosse 5, 8 o 11 once (140, 225 e 310 g), ma diminuiva significativamente se venivano utilizzate solo 2 once (55 g). Di opinione simile altri ricercatori, che sostenevano che lo spostamento dei denti fosse lo stesso anche qualora la forza applicata fosse superiore (Reitan 1960; Burstone e Groves 1961; Maltha et al. 1995; Owman-Moll et al. 1995). Altri ancora hanno dimostrato una correlazione più lineare tra intensità della forza e movimento dei denti: tanto maggiore è la forza applicata, tanto superiore l’ammontare del movimento dentale (Andreasen e Johnson 1967; Fig. 3 - Al termine del trattamento ortodontico (Aprile 2004) Case Report denti con l’applicazione continua di una forza leggera rispetto a forze intermittenti applicate sui premolari dei beagles. Tuttavia, in contraddizione con to delle metodologie spiega le contraddizioni dei risultati (Chan et al. 2004d). La valutazione quantitativa del riassorbimento attraverso le radiografie si è rata dei crateri di riassorbimento (Chan et al., 2004a, 2004b). Forze pesanti hanno uniformemente generato maggiore riassorbimento delle radici rispetto alle forze più leggere (Chan et al. 2004c). Si è avuto un maggiore riassorbimento nelle aree sotto elevata compressione rispetto a quelle sotto tensione (Chan et al., 2004e). Queste constatazioni indicano che un livello più elevato di forze è direttamente correlato al riassorbimento delle radici e che si dovrebbe adottare il più possibile il principio di utilizzare forze leggere nell’ortodonzia clinica. Potenziali di riparazione Fig. 4 - Radiografia panoramica effettuata al termine della terapia ortodontica (Aprile 2004) Hixon et al. 1969, 1970; Andreasen e Zwanziger 1980). Nei primi anni ‘70 due rapporti, uno sugli esseri umani (Hixon et al. 1970) e uno sui gatti (Michell et al: 1973), presentarono un’ampia variazione nel movimento dei denti in risposta all’intensità della forza applicata, come confermò una ricerca di Maltha et al. (1993) sui cani. Essi riferirono che il movimento dei denti sembrava essere fortemente correlato più a fattori individuali che alla intensità della forza. Recenti studi su cani beagle hanno rivelato che l’ammontare del movimento dentale non dipendeva dalla intensità della forza applicata (Pilon et el. 1996), ma molto di più dal fatto che venisse impiegata una forza continua o intermittente (van Leeuwen et al. 1999): si aveva un maggior movimento dei 7 gli studi di Pilon (1996), riferirono che, se le forze erano sufficientemente più leggere, l’aumento della intensità della forza poteva influenzare l’entità del movimento dentale. Uno studio più recente ha approfondito la dimensione del riassorbimento delle radici utilizzando queste premesse sperimentali (Maltha et al. 2004): forze intermittenti provocano minore riassorbimento delle radici che forze continue e la durata della forza ha un ruolo importante nell’estensione del riassorbimento che, tuttavia, può anche non essere sensibile alla intensità delle forze applicate. In conseguenza di tanto diversi risultati è incerto se vi sia o meno in ortodonzia una diretta correlazione tra la potenza della forza impiegata per la distruzione del tessuto rigido. Un esame più atten- rivelata altamente imprecisa, data la possibilità di errori e l’impossibilità di ripetizione e riproduzione. Ricerche che impiegano sezioni istologiche di campioni si sono rivelate complicate e sensibili ai mezzi tecnici. Errori di parallasse e perdita di materiale durante il trasferimento dei dati hanno reso impossibile l’interpretazione corretta di questo metodo tridimensionale. Il criterio di selezione dei casi per lo scopo è spesso non chiaro. Avendo un’eziologia multifattoriale, lo studio del riassorbimento delle radici diventa complicato se i fattori sistemici e locali predisponenti al riassorbimento si aggiungono ad altri fattori di confusione. Recenti risultati di valutazioni cliniche più controllate su campioni umani hanno dimostrato che si può ottenere una quantificazione volumetrica accu- Nonostante i rapporti negativi sul riassorbimento delle radici, la maggior parte dei riassorbimenti esterni potrebbe essere autolimitante. Ma bisogna notare che autolimitazione non significa reversibilità del danno. Circa il 70% di tutti i difetti rilevati su denti vecchi sono riparati anatomicamente (Henry e Weimann 1951; Andreasen 1988). Tuttavia il meccanismo che sovrintende al fenomeno di autolimitazione non è ancora stato completamente esplorato. Si è ipotizzato che, quando il livello delle forze si riduce, si avvii il processo di guarigione. La riparazione dei crateri da riassorbimento si vede 55/70 giorni dopo che è terminata l’applicazione della forza (Harry e Sims 1982; Stenvik e Mjör 1970). Alcuni crateri da riassorbimento del cemento sono del tutto ricostruiti anatomicamente. Crateri profondi nella dentina vengono riparati con un sottile strato di cemento, otte- La descrizione che segue si riferisce ad un caso in cui le condizioni predisponevano al riassorbimento delle radici ed ha mostrato un marcato progresso della distruzione del tessuto rigido nel corso del trattamento ortodontico. Anamnesi e piano di trattamento La paziente R.N. aveva 17 anni e 8 mesi ed era disoccupata quando si presentò per la prima volta alla clinica (fig. 1). Lamentava principalmente il fatto che i suoi denti anteriori fossero storti. Aveva avuto un trauma nella regione del #21, essendo caduta alcuni anni prima ed avendo battuto i denti anteriori sul bordo di una piscina (fig. 2). Il dente era asintomatico e le radiografie periapicali non mostravano segni di lesioni periapicali. La diagnosi era di Classe II, divisione 1, malocclusione su base scheletrica 1 con direzione di crescita normale. Fu indicata l’estrazione dei primi premolari superiori e dei secondi premolari inferiori seguita da terapia ortodontica fissa completa. L’igiene orale era corretta e si prestava particolare attenzione nell’eseguire periodicamente radiografie dei denti anteriori superiori man mano che il trattamento procedeva. La chiusura dello spazio superiore avrebbe dovuto avvenire prudentemente con fili tondi con forze leggere. A causa della marcata deviazione della linea centrale superiore, si precisò che le linee mediane non avrebbero potuto risultare completamente corrette alla fine del trattamento. Si prese la decisione di restaurare i denti frontali supeà pagina 8 8 DENTAL TRIBUNE TeknoScienza Anno II n. 2 - Febbraio 2006 A Italian Edition B C Bibliografia D Fig. 5 - Radiografie periapicali che mostrano la lunghezza delle radici conseguenti all’azione terapeutica: fig. 5A aprile 2000, 5B giugno 2001, 5C agosto 2002, 5D agosto 2004 ß pagina 7 riori dopo la conclusione del trattamento ortodontico. Progressione del trattamento Il trattamento di R.N. procedette bene inizialmente, ma dopo un paio di mesi la sua igiene orale si deteriorò ed ella incominciò a mancare agli appuntamenti. Aveva frequenti distacchi multipli dei brackets, ma non ne parlava fino agli appuntamenti successivi. Una telefonata alla madre rivelò che c’erano problemi domestici. La famiglia viveva con sussidio pubblico e molti appuntamenti mancati erano dovuti all’impossibilità di acquistare il biglietto ferroviario. Tutto divenne più complicato quando una mattina annunciò telefonicamente di essere al sesto mese di gravidanza. Dato che c’erano ancora spazi dovuti alle estrazioni e che il trattamento si era rallentato a causa dei mancati appuntamenti, si decise subito di completare la chiusura degli spazi e di darle un’occlusione funzionale accettabile nel più breve tempo possibile. L’igiene orale continuava a deteriorarsi e dopo un altro paio di mesi, non fummo più in grado di contattarla per via del taglio del telefono. R.N. non tornò alla clinica fino a dopo avere avuto il bambino, ovvero 4 mesi più tardi. Continuò a venire raramente, mentre noi tentavamo di chiudere tutti gli spazi e di terminare il trattamento rapidamente. Non fu più vista per altri 6 mesi: aveva avuto un’altra caduta, aveva urtato e fratturato ulteriormente il già compromesso #21. Le fu fissato immediatamente un appuntamento con la clinica odontoiatrica generale per riparare il dente, ma non venne. Quando ricomparve dopo altri 9 mesi, c’erano decalcificazione generalizzata, carie multiple e un’igiene orale spaventosa. A questo punto si chiusero tutti gli spazi e si rimossero immediatamente tutti gli apparecchi ortodontici fissi (fig. 5). Le radiografie a questo stadio rivelarono un marcato accorciamento delle radici (fig. 4). Ma, dal punto di vista clinico, i denti non erano più instabili del normale. Le figure 5a-d documentano la lunghezza delle radici dell’incisivo superiore attraverso la progressione del trattamento. Fu fornita immediatamente di apparecchi di contenzione rimovibili e le furono fissati appuntamenti col reparto di odontoiatria conservativa per trattare le sue carie e lo stato della sua bocca, appuntamenti ai quali tuttavia mancò. Il suo trattamento totale si protrasse per 47 mesi e si può notare da questa esperienza che tutto quello che potrebbe andar male va davvero male in casi particolari come questo. Potendolo prevedere non avremmo trattato questo caso fin dall’inizio. Con una dentizione anteriore superiore compromessa, complicata da scar- Informazioni sa collaborazione e igiene orale insufficiente, il riassorbimento osseo e l’incrinatura dei denti possono non essere il risultato più importante. L’incapacità di R.N. di gestire la gravidanza e il proprio rapporto personale con le difficoltà sociali può avere avuto influenza. Mentre cercavamo di utilizzare forze lievi per raggiungere l’obiettivo di chiudere lo spazio, auspicavamo di attivare queste forze con maggiore costanza, riducendo gli intervalli tra gli appuntamenti, cosa non possibile con R.N. Nonostante la nostra cura nell’affrontare alcuni suoi problemi, la durata del trattamento fu accresciuta da numerosi appuntamenti mancati e lunghi periodi di impossibilità di controllo sull’avanzamento dei trattamenti. La complessa situazione della paziente non favorì per nulla il progresso del trattamento ortodontico, ma ciò nonostante si ebbero risultati accettabili per quanto riguarda le forme delle arcate e gli obiettivi del trattamento ortodontico. Con un adeguato trattamento restaurativo, gli incisivi superiori di R.N. possono ragionevolmente essere conservati a corto/medio termine. Conclusione Il riassorbimento delle radici è e rimarrà un tema complicato dell’ortodonzia. Scopo di questo articolo era fornire una visione ampia della situazione e illustrare un caso assai complesso. Ringraziamenti Eugene Chan ha conseguito il suo BDS a Singapore nel 1997. Attualmente è Staff Specialist al Central Sydney Area Health Service e lettore presso l’Università di Sydney. [email protected] Un ringraziamento al Dr. Joe Geenty per il contributo al trattamento e alla gestione del caso documentato nella relazione, al Professor M Alì Darendeliler e al Dr. David Armstrong per la supervisione a questo articolo. 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