al prof. Sergio Morgante, per avermi seguito
Transcript
al prof. Sergio Morgante, per avermi seguito
al prof. Sergio Morgante, per avermi seguito come maestro in dieci anni di appassionato lavoro presso il Museo Friulano di Storia Naturale, dedico questo volume Ma quelli che vogliono disprezzare l’arte dei metalli dicono che alcuni per le loro scelleratezze sono stati condannati ad estrarre metalli altri, che erano schiavi, hanno lavorato nelle miniere: così ritengono che sia un’arte brutta e vergognosa. Certo se l’arte dei metalli è disonesta e infamante per il fatto che un tempo furono gli schiavi ad estrarli, allora l’agricoltura potrà essere considerata onesta perché un tempo la esercitarono gli schiavi, (...) ma neppure l’architettura sarà dignitosa, neppure la medicina, poiché non pochi schiavi nel passato la esercitarono. E quello che io dico di queste arti si può dire di molte altre, che un tempo furono praticate dai prigionieri e dai servi. G. Agricola Foto: Elido Turco, Luigi Vidus, Roberto Zucchini In copertina: Miniera del Monte Cocco, galleria interna (foto A. D’Andrea) Direzione e Redazione: Carlo Morandini (direttore) Maria Manuela Giovannelli Giuseppe Muscio Stefania Nardini Museo Friulano di Storia Naturale - via Grazzano 1, 33100 UDINE tel. 0432/510221-504256, fax 0432/504109 Riproduzione anche parziale vietata. Tutti i diritti riservati. ROBERTO ZUCCHINI MINIERE E MINERALIZZAZIONI NELLA PROVINCIA DI UDINE ASPETTI STORICI E MINERALOGICI Catalogo della collezione mineralogica del Museo Friulano di Storia Naturale Minerali Friulani Pubblicazione n. 40 COMUNE DI UDINE Edizioni del Museo Friulano di Storia Naturale 1998 4 PRESENTAZIONE È passato più di un secolo da quando Camillo Marinoni nel 1881 scrisse l’opera “Sui minerali del Friuli”. Un lavoro che lui stesso definì “(...) una raccolta di notizie intorno ai minerali fino ad ora rinvenuti nel Friuli e nella Carnia, sia allo stato sporadico, sia in quello di veri giacimenti (...)”. Da allora si susseguirono studi, ricerche, pubblicazioni a carattere specialistico, ma nulla che riassumesse, con un’impostazione divulgativa, lo stato attuale delle conoscenze sui minerali e sulle miniere friulane, escludendo quelle interessanti i combustibili fossili. L’intendimento di questo lavoro è di raccogliere, in un unico volume, tutte le notizie sull’argomento per stimolare l’interesse in questo settore naturalistico. Partendo dalla conoscenza del territorio, e della storia ad esso connesso, si può puntare a quello che deve essere uno dei compiti di un Museo di Storia Naturale: sensibilizzare alla conoscenza dell’ambiente perché solo ciò che si conosce si può tutelare. Tecniche di ricerca illustrate da Agricola (1563). 5 LE RICERCHE MINERARIE La storia mineraria è ricca di testimonianze di scavi, ricerche e sfruttamenti spesso di scarsa convenienza, ma che hanno alimentato la speranza di chi cercava nei minerali gli indispensabili metalli ed i lucrosi profitti. Bisogna considerare però che fin dai tempi più antichi erano ritenute sfruttabili anche modeste quantità di minerale. Ecco che, dal punto di vista storico, acquisiscono notevole importanza anche piccoli pozzi e gallerie perché spesso le miniere consistevano proprio in modestissimi scavi; molti di questi lavori sono stati obliterati dagli agenti atmosferici, dagli smottamenti o dalla vegetazione. La localizzazione di un affioramento minerario avveniva osservando le patine d’alterazione dei minerali, anche casualmente, o era affidata alla bacchetta del rabdomante. Questo metodo fondato sulla pura superstizione non è ancora caduto in disuso essendo la rabdomanzia impiegata tutt’oggi, con dubbi risultati, nella ricerca d’acquiferi. Il lavoro estrattivo era molto duro con picche, scalpelli e cunei. Data l’enorme energia spesa, per seguire la vena mineralizzata, si cercava di limitare l’ampiezza delle gallerie allo stretto necessario per potersi muovere, magari carponi, portando fuori il minerale in piccole quantità. In Friuli lavorazioni a scalpello e a fuoco sono riconoscibili in alcune miniere nel Monte Avanza e nel Rio Gelovitz. A Raibl si notano ancora le vestigia di vecchie gallerie dalla forma d’ogiva e gallerie ancora più piccole. Queste hanno alimentato la leggenda che le miniere fossero, in tempi passati, sfruttate da un popolo di nani d’origine tedesca o veneta; la fiaba di Biancaneve ed i sette nani trae origine proprio da tali fantasie popolari. Antica galleria lavorata a mano, dalla forma di ogiva, rinvenuta negli scavi degli anni ’40 del cantiere Udo (Vitriolwand) delle miniere di Raibl (Di Colbertaldo, 1948). 6 - I criteri generali per guidare le ricerche si possono così riassumere: storico o archeologico; toponomastico; geologico di campagna; d’analisi dei materiali alluvionali o del detrito di falda; d’analisi chimica delle acque. Molti sono i documenti storici quali: codici, statuti, diritti feudali o atti notarili, che trattano di concessioni, compravendite e donazioni di miniere, forni o battiferro. Questi documenti possono indicare l’area della concessione mineraria, ma difficilmente forniranno indicazioni precise sull’ubicazione delle miniere e sul come raggiungerle perché gli atti, prima del XVIII secolo, sono sempre molto generici e privi di planimetrie. Il ritrovamento di pani di rame, scorie, forni, possibili fluidificanti (calcite, dolomite, fluorite, conchiglie, ecc.), crogioli, pietre piatte con segni di percussione, o testimonianze di strutture siderurgiche, può indicare la presenza di insediamenti dell’età del bronzo, del ferro o più recenti. I nomi delle località, i toponimi, possono ricordare l’esistenza di una remota attività mineraria o della presenza di minerali, certamente sono utili nell’individuare i luoghi, ma non forniscono né dati quantitativi, né indicazioni sui problemi e sulle metodologie di lavoro: Pale dal Fiêr in Val d’Aupa dove fu coltivato (?) del minerale di ferro, Rio Malinfiêr (cattivo ferro) ricco di pirite nei terreni carboniferi. La località Pistons (nella carta a 1:25.000 è riportato erroneamente Pestons) alle pendici del Monte Avanza, testimonia l’attività di pistoni, la cui funzione era di ridurre in polvere la roccia cavata dalla miniera al fine di estrarne il minerale. Riûl dal Fiêr, Carbonarie, Fornas, Rio Ferro, Rio Filaferro, Prato Filaferro ecc. sono toponimi che richiamano minerali presenti o antichi mestieri svolti nel luogo. Forni Avoltri testimonia la presenza di forni fusori mentre Cima della Miniera è derivato proprio dalla miniera del Monte Avanza. Lavorazione del materiale estratto secondo l’illustrazione di Agricola (1563). La località “Pistons” presso le miniere del Monte Avanza testimonia l’antica attività di lavorazione del minerale. 7 A Timau il minerale era lavorato vicino alla miniera in una località, chiamata tutt’ora dai locali Schmelzhütte (forno fusorio), nella quale esistevano i resti di un fabbricato che fungeva da fornace. Il Monte Avostanis è chiamato dagli austriaci Blaustein dal colore azzurro della roccia e ciò indica la presenza di minerali di rame. Altri toponimi sono: il Rio e Monte Plombs (Rivalpo), Rio Fornace con la località Fornas (Vinaio), Rio e Casera Plumbs (Collina), Canale del Ferro dove si estraeva la limonite presso il Rio Gelovitz e dove si rinvengono ancora le gallerie, Rio Argento, il Rio Zeliesni patok dallo sloveno zeliéso=ferro e patok=ruscello, torrente. Il termine “buse” o “buso” e tutti i suoi derivati rientravano nella legislazione mineraria della Repubblica Veneta e molto spesso li ritroviamo come toponimi d’alcune località, Passo Buso nel Monte Navastolt, la Busate a Sud-Ovest della Creta di Pricot ecc., potrebbero quindi essere indizio di lavori minerari effettuati nel periodo della dominazione veneta o successivi. La conoscenza approfondita della geologia del Friuli e degli ambienti minerogenici, in altre parole l’insieme delle condizioni geografiche, strutturali, climatiche e litologiche che concorrono alla formazione e alla deposizione di minerali utili nelle trappole metallogeniche, può essere un notevole aiuto ad orientare le ricerche sul territorio. Le rocce presenti in Friuli sono per la quasi totalità d’origine sedimentaria e quindi la formazione e la deposizione di minerali utili sono di solito connessi ai processi sedimentari e diagenetici. Molto utili sono le ricostruzioni paleogeografiche che evidenziano i vari domini sedimentari: continentale e marino, ed è in questi che si possono ricercare le possibili zone interessate da metallogenesi. Analizzare i depositi fluviali o il detrito di falda è utile per individuare la presenza di vecchi lavori, o sedimenti mineralizzati. Sovente fuori dalle gallerie era trasportato ed accumulato lo sterile, vale a dire la roccia che possedeva poco minerale e quindi non produttiva, oppure il materiale scopo di saggi. Le scorie di lavorazione del metallo possono testimoniare la vicinanza di antichi giacimenti coltivati. Questi indizi danno spesso l’opportunità di investigare un’area più piccola fino al ritrovamento, con un po’ di fortuna, dei saggi o delle gallerie. Nei lavori molto recenti le norme di sicurezza prevedono l’obbligo, da parte delle società che hanno l’investitura, di bonificare tutti i lavori eseguiti e quindi spesso l’accesso alle miniere è interdetto da muri a secco, gettate di cemento o recinzioni metalliche. Per le miniere più antiche, oppure per quelle che hanno avuto brevissima durata e quindi, di fatto, non c’è stata investitura, è ancora possibile l’accesso come in Val Aupa, sul Monte Cocco ed in alcune gallerie del Monte Avanza. Spesso i giacimenti minerari affiorano con delle masse ocracee ben visibili, dovute al processo d’ossidazione ed idratazione del ferro, che prendono il nome di “cappello” del giacimento. L’analisi chimica delle acque è un altro metodo d’investigazione. Analizzando le acque è possibile determinare il contenuto in ioni e metalli pesanti e dare indicazioni sulle eventuali anomalie geochimiche. Queste potranno poi orientare la ricerca. 8 TECNICHE DI SCAVO E DI LAVORAZIONE I lavori di ricerca e scavo compiuti nel passato sono appariscenti se i terreni interessati sono consistenti: si presentano come pozzi verticali poco profondi spesso scavati l’uno accanto all’altro, cunicoli, gallerie o scavi a giorno praticati seguendo il minerale. L’enorme energia spesa a disgregare la roccia al fine di estrarre il minerale, consigliava ai cavatori di seguire passo passo la “vena mineralizzata” creando cunicoli tortuosi ed angusti. Si eseguivano gli scavi dall’alto verso il basso, e con enorme fatica si portava il minerale alla superficie mediante funi e carrucole. Spesso era impossibile creare gallerie di drenaggio ed i minatori lavoravano nell’acqua che sul fondo dei pozzi si raccoglieva e, quando le condizioni erano insopportabili, si abbandonava temporaneamente la miniera fino allo scemare dell’acqua in essa contenuta. La miniera rimaneva, quindi, inattiva anche per mesi. Il problema dell’eduzione delle acque non era di facile soluzione, le gallerie di scolo erano un espediente troppo costoso; nei secoli XV-XVI, grazie ai progressi tecnici, le miniere più importanti erano attrezzate con pompe o macchine idrauliche di vario tipo. Il trasporto e sollevamento del materiale estratto avveniva tramite carriole spinte a mano su un pavimento di tavole poste al fondo della galleria, metodo utilizzato anche nel XX secolo a Comeglians, o trascinato su piccoli carrelli legati ai piedi. Il minerale estratto da ciascun minatore era poco e questi lo portavano appresso in ceste o sacchi legati ai piedi, Pompa per l’eduzione delle acque e uso dei forni a mantice, da Agricola (1563). 9 Estrazione del minerale e trasporto mediante vagonetto legato ai piedi (scisti cupriferi di Mansfeld, da Harbort). un po’ per comodità, ma forse anche perché si lavorava a cottimo. Poi, grazie alla tecnologia ed una maggiore organizzazione, fu la volta dei carrelli da miniera spinti dall’uomo o trainati da un mulo o asino fino ad arrivare ai vagoni collegati ad una locomotiva. Il minerale era sollevato con argani azionati a mano oppure, quando le condizioni lo consentivano, con animali. Solo all’inizio dell’Ottocento si utilizzarono le macchine idrauliche. L’abbattimento del minerale avveniva con mazze, picche, cunei, punteruoli ed era conosciuta la tecnica del mazzapicchio: si appoggiava la punta della picca sulla parete e si sferravano colpi sulla sua base mediante una mazza. Quando le condizioni lo consentivano si utilizzava il fuoco: si riscaldavano le pareti rocciose accatastando vicino ad esse delle fascine e poi si procedeva abbattendo la roccia meccanicamente; spesso si utilizzava anche l’acqua al fine di rendere più incisivo il lavoro del fuoco. Questo metodo d’estrazione era utilizzato soprattutto per l’abbattimento delle rocce dure, ma comportava problemi non indifferenti d’aerazione delle gallerie e di vicinato: si dovevano infatti rispettare date ed orari ed informare i padroni delle cave vicine. La coltivazione in sotterraneo poteva avvenire seguendo tecniche diverse in funzione della consistenza della roccia; tralasciando i metodi più semplici quali scavi a giorno o cunicoli, i principali sono coltivazioni con vuoti e coltivazioni con riempimento. Le più antiche sono le coltivazioni con vuoti, termine che indica il permanere del vuoto a coltivazione avvenuta. Lo sfruttamento avveniva per grandi camere ove si lasciava, nella massa del minerale, una serie d’ampi vuoti creando dei pilastri-diaframmi atti a 10 Miniera di Raibl, Colonna principale: getti di ripieno attraverso gli antichi vuoti ad un cantiere di ripresa, si nota la sezione della galleria (sopra) e abbattimento e cernita in un cantiere (sotto) (1935, dal volume fotografico della Soc. Anomina Miniere Cave del Predil). 11 sostenere il cielo dello scavo. Si perdeva così parte del minerale, ma rappresentava un buon metodo perché non richiedeva spese per sostegni e per il riempimento dei vuoti, aumentando così la produttività del minatore. Altre tecniche erano le coltivazioni per scoscendimento a gradino diritto o gradino rovescio con riempimento. L’utilizzo dell’una o dell’altra era funzione della franosità, della roccia sterile e del pregio del minerale, entrambe erano usate per sfruttare filoni metallici o masse mineralizzate. L’abbattimento lungo le gallerie, con gradini, ha lo scopo di moltiplicare le fronti d’abbattimento e migliorare quindi l’estrazione. Nella miniera di Raibl furono introdotti nuovi metodi di coltivazione a causa del verificarsi dei colpi di tensione. Questi consistono nell’annullamento istantaneo delle tensioni presenti nella roccia ed insite già originariamente nella compagine rocciosa ma incrementate dai lavori estrattivi. La coltivazione, a gradino rovescio con ripiena sciolta, comprometteva la stabilità della massa rocciosa provocando concentrazioni di tensioni tali da generare una frammentazione generalizzata di un volume di roccia. Furono così adottati sistemi di coltivazione diversi nelle varie zone della miniera ed in particolare la coltivazione a gradino montante con ripiena cementata e il taglio discendente con ripiena cemen- Sopra: schemi illustranti la coltivazione a gradini diritti e a gradini rovesci (da Bertolio). A sinistra: lo schema trasversale della coltivazione di una miniera metallifera (da Harbort). 12 tata nelle zone soggette a colpi di tensione; il gradino montante con ripiena sciolta nelle aree non soggette a colpi di tensione e il sub level caving per la coltivazione nella zona degli ossidati. La coltivazione di un giacimento avviene realizzando una serie di gallerie che dividono il corpo mineralizzato in una successione di massicci rettangolari, a maglie tanto strette quanto più irregolare è la mineralizzazione. L’ubicazione corretta delle gallerie gioca un ruolo economico estremamente importante, per questo è fondamentale un’indagine approfondita dell’estensione del giacimento e della sua genesi, analisi che è stata in passato sempre carente. Una grande rivoluzione nella quantità di minerale estratto dalle miniere avvenne quando fu utilizzata la polvere da sparo che, nota fin dal ’400, trovò impiego nelle miniere molto più tardi. Il suo uso, nelle miniere europee, avvenne nel XVII secolo e probabilmente coincise con l’elevato costo del legno e dei salari, e con la necessità di rendere più produttiva l’estrazione. L’elevato costo e la pericolosità del suo impiego ne limitarono, comunque, l’uso alle miniere più importanti, per esempio Raibl, e solo in tempi più recenti è divenuta una tecnica diffusa d’abbattimento delle pareti rocciose. Un altro problema da risolvere era la ventilazione delle gallerie che spesso venivano abbandonate quando le condizioni d’agibilità erano critiche. Dove le condizioni morfologiche del terreno lo consentivano, venivano realizzate gallerie d’aerazione normali a pareti scoscese, spesso poste in modo da sfruttare le brezze. Seguirono rudimentali metodi basati sull’uso di mantici o più semplicemente di convogliatori mossi dal vento, fino all’uso dei grandi compressori e delle moderne condotte d’aria compressa. Una bocca di carico del forno di Pierabec, utilizzata come altare nella locale colonia. 13 Il minerale, una volta portato in superficie, veniva frantumato manualmente e selezionato per il trattamento metallurgico con una cernita a mano. L’uso di ruote ad acqua, che azionavano “pistoni” in legno con la testa di ferro, sostituì, nelle miniere più importanti, il lavoro manuale di frantumazione e macinazione che continuò nelle più piccole anche nel XX secolo. Da una relazione sull’andamento dei lavori nella miniera di Comeglians emerge come la cernita a mano non permettesse di rispettare i tempi di consegna del minerale estratto. Il sistema più antico di produzione di metalli consisteva nel realizzare un forno a cumulo. In pratica si accatastavano, in strati alterni, il minerale frantumato e il carbone di legna che era prodotto mediante combustione lenta ed imperfetta di legname, accatastato a formare un ampio cono poi coperto di terriccio o zolle di terra. Il forno assumeva la forma di un tronco di cono, dopo che il carbone e il minerale erano ricoperti da argilla, avendo cura di lasciare aperte delle aperture in cima ed in basso per il tiraggio. Il ferro, se questo era il metallo da produrre, per le caratteristiche del forno e del combustibile non poteva raggiungere la temperatura di fusione (in Europa si riuscì a fondere il ferro solo nel XVIII secolo). Si formava così un massello spugnoso o loppa che doveva essere raffinato mediante fucinatura. La resa era bassissima, circa il 10% circa del metallo contenuto nella roccia, ed inoltre il forno andava distrutto ogni volta. Nell’Alto Medioevo l’impiego di forni in muratura, con ventilazione naturale o artificiale mediante mantici azionati a mano, portò la resa al 40% grazie al raggiungimento di una temperatura più elevata. L’utilizzo dei mantici azionati con ruote ad acqua spostò la lavorazione dei metalli sui fondovalle, in riva ai torrenti. Continuò l’evoluzione dei forni che si svilupparono soprattutto in altezza: nel XIV secolo i “forni a tino” raggiunsero il rendimento del 50%. Il perfezionamento continuo dei forni, che potevano trattare sempre maggiori quantità di minerale, evidenziò maggiormente l’insufficienza della “vena” e la scarsa competitività rispetto a miniere più ricche, poste al di fuori dei confini. Questa causa, assieme ad altre, concorse alla chiusura di molte attività minerarie. L’ubicazione dei forni presso i torrenti è la causa principale degli scarsi resti che si possono ancora vedere; i corsi d’acqua, durante le piene li hanno asportati. Altri hanno subito sorti diverse, degli edifici del forno fusorio, in località Pierabec (Monte Avanza), non rimangono altro che poche immagini fotografiche. Tutti i materiali di costruzione sono stati riutilizzati dai valligiani. Ora si possono vedere alcuni blocchi, conservati come ricordo, e solo due bocche di carico delle quali una utilizzata come altare all’aperto per la locale colonia. In altre località, non sono presenti nemmeno questi resti e solo scarsi indizi quali scorie e toponimi fanno pensare ad una lontana attività metallurgica. 14 MINIERE E LAVORAZIONE DEI METALLI Dall’origine della metallurgia al XVIII secolo Quando l’uomo ha scoperto che nelle rocce si possono trovare “vene” di minerale e che questi, opportunamente trattati e lavorati, forniscono un numero elevato d’utensili, siamo ormai entrati nella seconda grande rivoluzione industriale: quella dei metalli. Così, con l’età del rame (3.500 a.C. in Italia), inizia per l’uomo quella lenta evoluzione che lo ha portato alla scoperta ed all’utilizzo dei numerosi metalli. L’importanza degli oggetti in metallo era tale che questi erano nascosti (tesaurizzati) in ripostigli; è con l’utilizzo del ferro (1.000 a.C.), grazie all’individuazione di più giacimenti ed all’aumento dei commerci, che si assiste ad un rapido sviluppo dell’economia. Nell’area presa in esame non sono state trovate tracce antichissime di lavorazione dei metalli strettamente associate all’attività estrattiva. I numerosi rinvenimenti, a Paularo, di reperti di bronzo caratterizzati da tipologie non comuni a quelle delle aree contermini, di pani di rame e pani a piccone di lega di rame, possono indicarci un’intensa attività di scambi commerciali con aree ad attività estrattiva quali l’attuale Trentino, il Veneto e l’Austria, ma anche farci supporre uno sfruttamento delle risorse minerarie locali al fine di coprire, limitatamente, i propri fabbisogni. Finora è stato impossibile tracciare un quadro dell’attività estrattiva nell’età del Bronzo e del Ferro, perché non sono state compiute ricerche finalizzate ad individuare possibili siti in aree montane prossime a zone mineralizzate. Il millennio che va dal 500 a.C al 500 d.C. segna il culmine della civiltà e della tecnica del mondo antico. L’impero romano favorisce gli scambi culturali e tecnologici. Plinio nel suo “Historia Naturalis” accenna alla notevole abilità che gli abitanti del Norico possedevano non solo nell’estrarre il minerale, ma anche nel lavorare i metalli ed in particolare l’oro. Il “ferrum Noricum” era celebrato dagli antichi scrittori: in quest’area i primi fonditori ed i fabbri celtici furono gli iniziatori dell’importante tradizione della siderurgia europea. L’importanza che il territorio, assoggettato dai romani, aveva anche dal punto di vista minerario era testimoniato dalla presenza ad Aquileia del “praepositus aerarii” il cui compito era quello di provvedere ai salari anche dei minatori. Alcune miniere nel territorio furono probabilmente sfruttate anche in epoca romana. La presenza di strade romane prospicienti le miniere di Cave del Predil e di Timau ci autorizza a pensare che difficilmente, ai viandanti, non siano stati evidenti i colori d’alterazione d’alcuni minerali quali il ferro (rosso-arancio, ocra) ed il rame (blu, verde). Questi devono aver attirato sicuramente l’attenzione di chi era alla ricerca di minerali, ma non vi sono elementi sicuri che attestino una qualsivoglia attività metallurgica sia in epoca preromana sia romana. L’attività mineraria continuò nei secoli successivi, ma è con l’avvento del dominio temporale del Patriarcato, nell’anno 1077, che si cominciano ad avere documenti, quali concessioni minerarie, attestanti la ricerca di metalli preziosi e il pagamento di censi, rendite, decime che testimoniano una continua attività di ricerca e di sfruttamento minerario. I sistemi di scavo e trasporto del materiale, molto primitivi, ci portano a pensare più ad un’economia di sussistenza che d’imprenditorialità; molte concessioni, infatti, sono comprensive della possibilità di sfruttare i pascoli, i boschi, i corsi d’acqua ecc. 15 Attrezzi da fabbro in ferro (Salisburghese, IV-III sec. a.C.). Stele del fabbro ferraio (Aquileia, metà I sec. a.C.). 16 Piccola incudine (Salisburghese, IV-III sec. a.C.). Dai numerosi documenti emerge che anche in Friuli, come nel Veneto e nel Trentino, è stato fondamentale il ruolo dei tecnici “tedeschi”. Con tale termine s’identifica tutta quella manodopera, proveniente da un’area geograficamente piuttosto ampia che si estendeva dal Tirolo al Reno fino ai Carpazi, esperta nell’estrazione mineraria e nella metallurgia. Queste maestranze, forti d’esperienze e di tradizioni secolari, vennero spontaneamente o chiamate per dirigere e prestare la propria opera in Friuli. L’influenza che esercitava questa manovalanza si riscontrava a tutti livelli della vita sociale, nei costumi, nel lessico ed anche nella legislazione mineraria, come ben si evince leggendo alcuni articoli del codice minerario veneto del 1488. Non compaiono dagli atti solo nomi di minatori stranieri, ma anche toscani, ugualmente ricercati perché ben conoscevano l’arte mineraria nella quale si erano impratichiti nelle miniere di ferro e cinabro della propria regione. Con l’avvento della Repubblica Veneta, i proprietari d’oltralpe sono lentamente sostituiti da nobili locali, per esempio i Savorgnan, che si rivolgeranno sempre a tecnici d’oltralpe per lo sfruttamento delle miniere. Il Governo veneto, subentrato a quello patriarcale nel 1420, continua ad essere interessato alle miniere d’oro e d’argento che forniscono i preziosi metalli per il conio, ma anche il ferro è ricercato. In periodo di guerra vi sono infatti forti richieste di minerali di ferro, grezzo o lavorato, tant’è che la preoccupazione del Consiglio dei Dieci è d’acquistare tutta la produzione d’armi del Canal del Ferro affinché questo non sia venduto agli imperiali. La Repubblica Veneta, quindi, mirava principalmente all’estrazione dei metalli da conio perché la civiltà protoindustriale era ancora legata al legno con il quale erano realizzate tutte le macchine, anche le più complesse, che eccezionalmente possedevano solo alcune parti in metallo. L’economicità dello sfruttamento dei minerali locali è venuto gradualmente a scemare a causa dell’alto costo del lavoro, della limitata potenzialità dei giacimenti ed in particolare del bassissimo tenore di quasi tutte le mineralizzazioni sfruttate. L’impossibilità di poter applicare tecniche estrattive e di lavorazione più redditizie ed inoltre, bisogna ag- Lavorazione a punta e mazza, mazza e cuneo in un codice del XVI secolo. 17 giungere, la concorrenza dei prodotti esteri, che dopo il XVI-XVII secolo divenne sempre più pressante, finì per sconsigliare gran parte delle iniziative volte allo sfruttamento minerario. Va considerata inoltre la profonda crisi economica che travagliò gli stati veneti nell’ultimo periodo di vita della repubblica e che investì ogni settore produttivo. L’avvento dell’industria moderna fece il resto, mettendo fuori mercato tutte quelle attività produttive legate ad una scarsa imprenditorialità. Una condizione ben diversa è quella vissuta dalla Valcanale, che ha avuto leggi e tradizioni minerarie completamente diverse rispetto a qualsiasi altra parte del Friuli, perché è diventata parte integrante dell’Italia solo dopo il primo conflitto mondiale. Essa apparteneva al Vescovado di Bamberga, successivamente alla casa d’Austria e solo per pochi anni, con la guerra gradiscana del 1616, fu sotto la dominazione veneta. Come si era verificato in altre aree del Friuli, anche qui vi fu afflusso di manodopera “tedesca” e la località chiamata “Capanne di Knappen” presso Ugovizza ben può ricordare i canopi, termine tedesco utilizzato per indicare gli operai minerari. Gran parte della popolazione era dedita all’allevamento ed a tutte le attività legate allo sfruttamento del bosco. Giunsero così tecnici ed imprenditori, soprattutto dalla Slesia, per coltivare le miniere. Tutte le vicissitudini minerarie, come quelle della valle dello Slizza dove sono site le miniere di Raibl, rientrano quindi in un contesto estremamente diverso in parte simile a quelle vissute dalle miniere di Primero in Trentino. Dal XIX secolo ad oggi Una svolta è documentata nel periodo napoleonico. Si hanno i primi dati statistici, sufficientemente dettagliati, sulle produzioni delle miniere e dei forni fusori allora funzio- Canopi al lavoro in un codice del XVI secolo. 18 nanti. Nell’archivio di Raibl sono presenti planimetrie ed indagini produttive che portano la firma di tecnici francesi, e si nota un grande incremento della produzione anche per fini bellici. Si continua a cercare il piombo, l’argento, il rame, ma anche lo zinco, metallo finora trascurato perché era ancora sconosciuto il trattamento metallurgico. La metallurgia dello zinco come elemento metallico è, in Europa, molto recente: il primo scritto dove compare il nome zinco si deve a Paracelso (1490-1541) e solo tra il XVIII e XIX secolo si ha un pieno approccio scientifico all’uso delle calamine e blende. Composti di zinco per produrre l’ottone (lega di rame e zinco) erano in realtà già utilizzati nell’Impero romano per la monetazione, ed inoltre lo zinco era ottenuto, casualmente, come sottoprodotto della lavorazione di altri metalli. Il lavoro nelle miniere rimase, in ogni caso, legato alle forme tradizionali e le innovazioni tecnologiche erano di scarsissimo livello. Nella maggior parte delle miniere, soprattutto in quelle piccole, si continuava a scavare a mano, le “mine” erano troppo costose, in cunicoli angusti, si trasportava il minerale alla superficie con metodi ancora rudimentali e lo si selezionava vicino alla miniera per poi inviarlo alle fucine. Dopo la caduta del regime napoleonico, l’attività estrattiva subì una profonda crisi, si affacciarono nuove tecnologie, ma soprattutto imprenditori con idee rivoluzionarie rispetto alla tradizione. L’apertura di nuovi mercati, dovuta ai sempre più veloci ed economici mezzi di trasporto, non servì a salvare le poche attività estrattive rimaste; alla fine del XIX secolo tutte le miniere furono progressivamente abbandonate, solo i giacimenti del Monte Cocco, di Raibl e del Monte Avanza (quest’ultimo allora facente parte del Lombardo-Veneto) sopravvissero. Nel periodo 1920-1945 l’attività di ricerca ed estrattiva ebbe una ripresa dovuta principalmente alla politica autarchica, ed al notevole afflusso spontaneo di maestranze che, per evitare di essere impegnate in attività belliche, preferirono essere assegnate ai lavori usuranti. Nel dopoguerra solo la miniera di Cave del Predil era rimasta a testimoniare in regione un’attività estrattiva iniziata secoli prima. Ora anche la miniera di Cave del Predil ha chiuso, per lo scarso rapporto minerale/ sterile e gli elevati costi d’estrazione, ma le polemiche per la mancata riconversione degli impianti e per la “morte” di un paese non si sono ancora assopite. Nel 1985 le cronache dell’epoca, con entusiasmo, annunciavano la riapertura della miniera del Monte Avanza per merito della finanziaria FINSEPOL di Trieste che aveva rilevato il complesso minerario. Oggi possiamo appurare che l’unica cosa estratta dalla Regione Friuli-Venezia Giulia sono stati alcuni miliardi anticipati per finanziare in parte l’iniziativa. Una critica mossa costantemente, da più studiosi che s’interessarono alle miniere ed al loro sfruttamento, è quella che, in quasi tutti i giacimenti si è puntato verso una coltivazione che rendesse immediatamente degli utili, sacrificando la ricerca e quindi, come conseguenza, un corretto sviluppo della coltivazione. Questo modo di procedere definito “di rapina” è evidentemente legato alla particolare situazione geografica e politica del Friuli, i cui giacimenti, troppo vicini ai confini, passarono più volte da un padrone all’altro, che rese impossibile o non conveniente investire a lungo termine. 19 STORIA DELL’ATTIVITÀ MINERARIA I primi documenti che attestano un’attività mineraria, sono datati 200-120 a.C. dove Polibio cita che sui monti Taurisci e specialmente intorno ad Aquileia c’era dell’oro in abbondanza. Strabone (66 a.C.-24 d.C.) accenna a giacimenti auriferi non lontano da Aquileia e che le miniere sono soggette ai romani. Polibio e Strabone fanno sicuramente riferimento ai giacimenti auriferi d’oltralpe perché non esistono in regione mineralizzazioni nelle quali l’oro sia presente, se non in tracce. Possiamo in ogni caso supporre che fosse impostata anche in Friuli, come in altre regioni dell’arco alpino, un’attività mineraria. Nella Carnia Nel gennaio 778 il duca franco Masselio dona al Monastero di Sesto al Reghena la Curtis Regia, in suffragio dell’anima di re Carlo: “Dono praedictae sanctae Ecclesiae sita in loco Sexto seu vobis beato abbati et monachis (...) propter remedium pro domino nostro Carolo et anima ei remedium, villam quae sita est in montaneis que dicitur Furno, cum omni adiacentia vel pertinentia sua, cum terris, casalis, pratis, pascuis, silvis, pomicentia, montibus, aquis, astalariis, casis, curtis, ferro et ramen (...)” e ciò fa pensare ad una attività già da lungo tempo impostata a Forni di Sopra. Nell’anno 1077 l’imperatore germanico Enrico IV fece dono della contea del Friuli al Patriarca d’Aquileia. I patriarchi fino al 1420 mantennero il diritto assoluto su tutti i beni siti nel territorio a loro soggetto sui boschi, sulle zone incolte e sulle miniere. Il patriarca Gregorio di Montelongo (1251-1296) autorizzò l’estrazione dell’oro e dell’argento in qualsiasi parte del patriarcato. Raimondo della Torre (1273-1299) concesse al boemo Rewdal, detto Haylner, a Wasango di Villacco ed altri (10 giugno 1292) la licenza di scavare argento, piombo e qualunque altro metallo nel canale di Gorto ed in dieci miglia all’intorno. Nell’atto si prevede che la lavorazione avvenga a spese dei cavatori, si concede la costruzione di forni e l’uso del legname dei boschi patriarcali continuando così, per il trattamento metallurgico, il depauperamento dei boschi carnici. Il 6 giugno del 1328, a Tolmezzo, il Patriarca d’Aquileia Pagano della Torre (1319-1332) concede in perpetuo a Nassimbene detto Guercio di Scarfedara e soci di fare un forno per lavorare ferro e una fucina in Carnia nella contrada Avoltri. Segue l’11 giugno 1353 un altro analogo permesso a Gesilo quondam Giacomo di Forni. Il 10 giugno del 1392 e il 10 gennaio del 1395 si ebbero investiture riguardanti l’estrazione dell’argento nel Canal di Gorto contrada Gorti. L’ubicazione delle miniere fu indicata da Giuseppe Girardi (1841) in Agrons: “In Agrons (...) si osservano ancora traccie delle cave in epoche lontane, formate per estrarre i minerali d’argento (...)”, e da Enrico Palladio (1659) nel Monte Avanza: “(...) Vallis in occidentem, e arcton Gortium dicta est amne Decano alluitur. Castro Luintio à Patriarcha Nicolao diruto, e argenti fodina, non obscura. Eam in Avantio monte haberi fama tenet.”. L’ipotesi più plausibile è quella del Palladio perché la tetraedrite del Monte Avanza è argentifera e nel Canale di Gorto non ci sono altre mineralizzazioni che rivelino argento in quantità sfruttabili. Il 16 luglio 1420, il Friuli e la Carnia furono assoggettati alla Repubblica Veneta e si ebbe un nuovo impulso ai lavori minerari per rifornire l’arsenale veneziano di minerali e 20 prodotti finiti. La Carnia, grazie al volontario assoggettamento alla Serenissima godette di notevoli privilegi mediante l’esenzione delle tasse sullo scavo, l’utilizzo dei materiali e la costruzione di fornaci. Tali privilegi, però, non furono estesi all’estrazione dei minerali e al pagamento della decima sul venduto. Nell’anno 1459 G.G. Prampero ottiene la concessione di scavare metalli in Carnia e nel 1483 Antonio Franceschini, cancelliere della patria del Friuli, nella “De regione carnica illustratio” scrisse “Carnia sita est juta montes metallosos et conferatur cum totius Italiae jugis, nullibi reperiuntur tot genera metallorum et tam copiosa sicut in Foro Julii” che testimonia l’importanza dei giacimenti della Carnia. Il 14 novembre 1488 viene emesso un documento di vendita della miniera del Monte Avanza, da Daniel Raytemberger di Tolmezzo, ad una compagnia per cavare argento da quella. La famiglia Raytemberger testimonia il flusso migratorio di nobili o ricche famiglie “tedesche” che vennero a stabilirsi in Friuli. Il capostipite Federico Raytemberger, padre di Daniele, prestò giuramento davanti all’arengo nel 1430 e divenne uno dei maggiori proprietari terrieri. Il 13 maggio 1488 è datata la pubblicazione del primo regolamento minerario emanato, dalla Repubblica Veneta, per il Dominio Veneto. La legislazione mineraria, affidata al Consiglio dei Dieci, mise fine all’arbitrio con cui erano accordati i permessi di ricerca e concessione ed impose disposizioni giuridiche ed amministrative. Il primo documento che testimonia concessioni minerarie nell’area del passo di Montecroce è del 1489 a cui seguirono molti altri atti nel 1490, 1493, 1506, 1577, 1578. Nel 1506, con una ducale dell’11 dicembre si concede a Christophorum de Rausis di cavare minerale in “Primosio”. Sempre nello stesso anno c’è una supplica al Consiglio dei Dieci perché si riatti la strada che da Comeglians conduce, passando per Forni Avoltri, in Cadore perché la miniera del Monte Avanza sia favorita nei trasporti del minerale. Alcuni documenti testimoniano l’applicazione del codice minerario investendo i legittimi proprietari. Infatti, è nel 1507 che viene denunciato al Consiglio dei Dieci un episodio, uno dei tanti, di disputa tra i proprietari contro due tedeschi che, riconosciuti colpevoli, sono banditi dal territorio. Lo sfruttamento del materiale cuprifero del Monte Avanza continuò e nei primi anni del 1500 a sovrintendere la miniera venne il senese Vannuccio Biringuccio che scrisse nella sua famosa opera “De la pirotechnia” “(...) in fra le altre miniere del monte Avanza dove io ancora già intervieni in compagnia di certi gentilhuomini a farne lavorare una più tempo (...) perche teneva 3 oncie, e meza d’argento per ogni cento di minera: e certo ne haveressimo tratto buon frutto, se la fortuna in quei tempi non havesse suscitato una guerra fra Massimiliano Imperatore, e li Signori Venetiani, qual sè, che quelli luoghi del Friuli, e della Carnia, non si potevano habitare, e così ci costrinse ad abbandonare l’impresa nostra (...)”. Il 16 marzo 1517 è datato il documento per lo sfruttamento di una miniera denominata “del Sabion” nel Canale di Gorto e della quale, oggi, si sono perse le tracce. Ermacora Quintiliano (1540-1597) nella “Antichità della Cargna” menziona miniere d’argento non solo nel “Monte Primosio” presso il villaggio di Timau, ma altresì nel Monte Avanza nel Canal di Gorto. La guerra tra Massimiliano I d’Austria (lega di Cambray) e la Repubblica Veneta causò il periodo di sospensione dell’attività estrattiva tanto che Jacopo Valvasone di Maniago, nel 1565 poté scrivere: “Nel luogo di Avanza si vedono pure vestigj di miniere, 21 e in Premesto già ve n’era una di argento e di rame ed in alcuni luoghi insino a questi tempi si lavora”. La miniera nel 1641 era posseduta dai signori Atimis di Udine i quali il 2 gennaio 1642 la cedono, nel rispetto delle leggi minerarie vigenti, a Liberal Fabris, Francesco Giera e Pietro Soler tutti cadorini le cui famiglie continueranno a possederla per alcuni decenni. Nel 1648 i signori di Strassoldo avanzano diritti sulla miniera, ma in base alle precedenti investiture la concessione viene confermata, l’8 agosto 1657, ai signori Fabris, Gera, Soler e compagni. Nel 1662 risultano proprietari i signori Fabris, Gamba e Gera. L’attività della miniera si ridusse notevolmente verso la fine del XVII tanto che, il 29 luglio 1697, fu informato il Doge Antonio Grimani sullo stato d’abbandono della miniera. Agli inizi del XVIII secolo la Carnia è sottoposta alla giurisdizione del Cadore e risulta che la miniera del Monte Avanza, abbandonata, è di proprietà di Francesco Poli. Giovanni Candido nei “Commentarii dei fatti d’Aquileia” (1544) menziona che “Del monte dalla Croce cavasi oro, ove già fu la rocca di Turone, ora spianata (...)”. Nicolò Grassi (1782) nelle “Notizie storiche della provincia della Carnia” dà notizia che, nel “Monte Primosio” come in Agrons, si vedono i buchi delle cave dove si estraevano argento e anche a Forni Avoltri si osservavano i resti di un edificio per la lavorazione appartenuto al nobile Molin patrizio Veneto. Giuseppe Girardi nella sua “Storia fisica del Friuli” segnala che nel distretto di Paluzza si rinvengono molte tracce di rame grigio argentifero e nella carta del Coronelli vi è segnata in prossimità del Torrente Moscardo una miniera di rame; che a Cercivento poi nel Monte Agalt esiste una miniera d’argento e n’esistono anche nel “Monte Primosio” e che a Timau ha osservato gli avanzi dei forni fusori. Cenni a Carnia e Friuli nel “De la pirotechnia”. 22 Carta del Canal del Ferro (XVIII secolo). Il Taramelli nel 1869 correlava gli affioramenti paleozoici mineralizzati del Monte Avanza a quelli di Pramosio e Timau “Per ora essi bastano solamente a fissare il livello comune a tutti loro, specialmente solfuri; livello che procede verso oriente sino ai filoni di Calcopirite di Primosio, presso Timau alle origini del But (...)”. Sino all’inizio del XIX secolo l’attività mineraria nel Monte Avanza segnò un momento di sospensione; il Marinoni (1881) scrisse “(...) e di nuovo abbandonate fino a smarrirne ogni traccia. Nel 1813 rivissero un altra volta allorché un cacciatore, certo Kratter, rintracciò a caso il perduto filone seguendo su per quei monti le svariate colorazioni delle rocce; ed i campioni spediti per l’analisi ad Hallein nel Salisburghese suscitarono speranze di lucri portentosi”. Dal 1813 in poi si effettuarono diversi accertamenti per un ripristino dell’estrazione da parte dell’Istituto Geologico di Vienna. Nel 1858 i lavori vennero ripresi dalla Società Veneta Montanistica, che ottenne l’investitura il 26 settembre 1862, sul fondo proprio e parzialmente su quelli della ditta Romanin di Forni Avoltri e Solero di Sappada. Nonostante il nome della società i capitali e direzione erano tedeschi e vennero spesi, allora, più di un milione in gallerie, strade, fucine, fabbricati. Furono impiegati più di 400 operai, ma le concentrazioni metallifere molto discontinue e le gravose spese fecero rallentare i lavori finchè furono sospesi nel 1876 essendo scaduta la concessione. Nel 1885 la miniera risultava ancora inattiva e senza indagini in corso. Nel 1895 dagli annali statistici del Corpo delle Miniere risultava che la miniera di Avanza era rimasta improduttiva ed era anche inattiva alla fine dell’anno, limitandosi i lavori alla semplice manutenzione “Così ad Avanza (...) la Società Veneta Montanistica sospese nell’autunno scorso i lavori che erano stati ripresi per ingiunzione di questo Capitanato, ed avendo essa assicurato di voler tosto eseguire gli atti per la vendita alla pubblica asta delle sue miniere. Ottenne dal Capitanato una nuova proroga a tutto giugno 1896, alla condizione che nessuna altra proroga verrà accordata, ove almeno non siano stati iniziati gli atti giudiziari per la deliberata vendita”. Alla Società Veneta Montanistica succede la Ditta Luzzato e Lampronti che non eseguendo alcun lavoro rischia di perdere la concessione e nel 1900 viene richiamata “Col 3 ottobre scadeva l’ultimo termine assegnato alla Ditta Luzzato e Lampronti per la ripresa dei lavori (...) in quella di rame grigio argentifero di Avanza (...). Tale termine essendo ancora infruttuosamente trascorso, e non essendo parse sufficienti le ragioni addotte dagli interessati per giustificare l’inattività e ottenere una nuova proroga, questa venne negata. (...) le visite di constatazione per l’emissione dei decreti di revoca (...) sarebbero state eseguite nella primavera dell’anno successivo”. I titolari nel 1901 ripresero i lavori, evitando la revoca dell’investitura. La miniera rimase attiva, ma non produttiva limitandosi alla semplice manutenzione degli impianti esistenti, fino al 1908. La miniera nel 1910 rimase completamente inattiva. Nel 1921 era concessionario il sig. Petrosini che non effettuò alcun lavoro di rilievo. Negli anni successivi seguirono numerose investiture, ma si limitarono alla semplice manutenzione degli impianti ed alla ricerca. Nel 1939, con l’inizio della seconda guerra mondiale, si ebbero ingenti finanziamenti per la ricerca e l’estrazione. La concessione venne affidata alla ditta Micoli-Toscano che riprese i lavori e la ricerca riattivando tutti o quasi i vecchi lavori ed effettuando piccoli scavi per seguire la mineralizzazione. Nel 1940 la Società Anonima Miniere Monte Avanza 23 (S.A.M.M.A.) che aveva rilevato la ditta Micoli-Toscano concentrò i propri sforzi nella sistemazione e costruzione di impianti esterni, edifici per il personale, laveria, teleferica ed impianto elettrico con l’impiego di 52 operai. Negli anni successivi si procedette ad allungare le preesistenti gallerie, a creare fornelli e, nel 1942, vennero prodotte 3.500 tonnellate di minerale greggio al 2% di Cu. Gli eventi bellici del 1944-45 posero fine alla ricerca ed all’estrazione e nel 1952 la S.A.M.M.A. perse la concessione. Nel 1975 è iniziata un’indagine geo-mineraria dalla Società Finsepol di Trieste al fine di valutare le potenzialità del giacimento forse più per uno sfruttamento in prospettiva futura che per un immediato utilizzo dei minerali estratti. Nel Canal del Ferro-Val Canale Anche nel Canal del Ferro-Val Canale vi sono testimonianze storiche d’attività estrattive o quantomeno di tentativi o ricerche nelle miniere della Val Aupa, del Monte Glazat sopra Pontebba ed in altre località. Nella Valle del Fella (Val Canale) i signori di Brazzà impiantarono fucine per la metallurgia del ferro e del rame nel 1486 e 1498. Documenti del 1347, 1430, 1651 e successivi parlano di fucine fra Ponte di Muro e Ponte di Legno (Canal del Ferro), in cui il ferro “coquitur et laboratur” (si cuoce e si lavora). La maestria nel lavorare il ferro era nota sia ai Patriarchi sia alla Repubblica Veneta, tant’è che da documenti emerge la preoccupazione della Repubblica Veneta di mantenere le locali attività di “fabbro e incassadore di schioppi”, ma anche di acquistare tutti gli archibugi prodotti affinché non fossero venduti ai “tedeschi”. Lo storico Jacopo Valvasone di Maniago nel 1565 scriveva “(...) non è molto discosta una miniera d’oro ritrovata non da gran tempo da un tedesco nei monti di Aupa il quale, Nel versante sinistro del Rio Gelovitz si apre la miniera di ferro. 24 partendo, la turò levando la speranza ad altri di farne esperienza (...)”. Anche Giuseppe Girardi riporta questa notizia: “(...) nell’archivio di Moggio si trovò una investitura conceduta dal conte Lodovico Porzia Governatore di quella Badia in data 9 giugno 1467 a certo Padre Melchior Tedesco = fodienti aurum et argentum in omnibus montibus totius districtus Abbatiae Moggii, solvendo semper deciman Abbatia Moggii=”. Un altro documento del 1651 investe Antonio Piccio di alcune miniere nel Canal del Ferro. Sembrava che, il 6 settembre 1717, si fosse scoperta una miniera d’argento vivo, cioè mercurio, tanto che Antonio David scrisse un sonetto con il titolo “In occasione della Miniera d’argento vivo scoperta nella Ponteba Veneta da S. E. il Luogotenente della Patria Giovanni Sagredo”. Il Luogotenente scriveva al Gastaldo di Pontebba: “Avuta recente notizia che nell’ingresso della Ponteba Veneta a man destra verso l’acqua potesse esserci principio d’una miniera d’argento vivo nelle rovine d’una casa diroccata (...)”. Di un’altra miniera si ha notizia nell’anno 1793 della contesa tra i sigg. Calice di Paularo ed il Comune di Pontebba per la concessione di cavare piombo dal Monte Glazzat, mentre Gian Domenico Ciconi, nel 1862, ricorda che “Sopra Pietratagliata eravi una miniera di ferro, e vedonsi traccie degli eseguiti lavori (...)”. Le altre miniere, quelle di Ugovizza e di Raibl, sono site nel comprensorio della Valcanale. La potente famiglia Fugger d’Augsburg, che dominò la scena mineraria della Carinzia in varie epoche, non fu interessata alle miniere del Monte Cocco e solo in parte a quelle di Raibl, probabilmente ritenendolo, e a ragione, un investimento a rischio visti i continui scontri con la vicina Repubblica Veneta. Molte famiglie d’industriali della Valcanale si alternarono nella gestione delle miniere poiché l’estrazione e lavorazione dei metalli era un’attività redditizia e fondamentale per la società. Carlo II, nel 1575, emise un regolamento minerario nel quale si definiva che, il diritto di sfruttamento delle miniere spettava esclusivamente al signore e principe del paese, abbia o non abbia concesso in feudo tale diritto. Ne conseguirono conflitti di competenza fra il Vescovado di Bamberga e l’autorità statale e tali difficoltà di competenze terminarono nella metà del XVIII secolo con le riforme di Maria Teresa. Marie von Platzer ha raccolto un episodio di tali conflitti “ Due sudditi bamberghesi, (...) si erano rivolti al duca Carlo II di Stiria (...) di poter attivare la miniera di Ugovizza. (...). Egli concede a Stefano Pietsching il diritto su “Ein neu erfundennes Eysennperkhwerkh so inn Uckowitzer Alm bey Malburgeth gelenen” (una miniera di ferro scoperta a nuovo che giace nella malga di Ugovizza presso Malborghetto) (...). Il Capitolo, offeso (...) negò al Pietsching il diritto di produrre carbone e gli rifiutò il legname.” L’impresa non andò quindi a buon fine anche per le difficoltà d’estrazione del minerale. Sotto l’Austria, le miniere d’Ugovizza e di Raibl dipendevano dal Capitanato montanistico di Klagenfurt, dopo l’annessione furono controllate giuridicamente dall’Ufficio montanistico di Trieste, mentre per le normative tecniche facevano testo le vigenti leggi statali. Dopo l’annessione vi fu un periodo d’assestamento dovuto alla presenza d’antiche concessioni minerarie che seguivano ancora la vecchia legge mineraria austriaca. Ad esempio, più persone o società potevano chiedere il permesso di ricerca nella stessa zona per più minerali o per i medesimi minerali. Il permesso seguiva però l’ordine temporale d’investitura e allo scadere della prima concessione subentrava automaticamente la seconda e così via. Si crearono, pertanto, problemi tra la Società Ansaldo-Cogne e la Società Anonima Miniere Cave 25 del Predil per la sovrapposizione dei permessi di ricerca nell’area del Monte Cocco. La vertenza si concluse con la rinuncia alla ricerca da parte della Società Anonima Miniere Cave del Predil. Altra modifica, a quanto era praticato sotto l’Austria, è che il Commissario generale civile non accoglieva più licenze d’indagine per ampie circoscrizioni, ma solamente per singoli distretti politici, corrispondenti alle sottoprefetture. Nella Valcanale una zona mineralizzata e sfruttata, così vuole la tradizione, anche al tempo dei romani, è il Monte Cocco di cui si hanno poche e frammentarie notizie e quelle più attendibili sono riferibili al secolo XIX. La prima relazione, dell’Ansaldo Cogne è datata il 15 dicembre 1923, mentre è in data 11 febbraio 1926 il verbale di comunicazione, al Comune d’Ugovizza-Valbruna, dell’ing. Emilio Rimediotti quale esercente della miniera. Buona parte dell’archivio sulla miniera in possesso degli eredi dell’ing. Rimediotti, i signori Paola Bertoldi e Claudio Marforio, è stata da questi gentilmente affidata al Museo Friulano di Storia Naturale. I più antichi studi, datati 1878, sulle gallerie e sul giacimento appartengo a Seeland che in una breve nota menziona i proprietari, descrive il numero delle gallerie e riporta un’analisi chimica della mineralizzazione. Notizie più dettagliate si hanno dopo il 1918 quando le miniere, prima austriache, passarono allo Stato italiano. Anche le miniere di Raibl furono sottoposte a coltivazioni in epoche remote, si parla del 1006 con vaghi cenni, ma documenti sicuri sono datati al 1320 anno in cui l’imperatore Federico III, detto il Bello, rilasciò ad una compagnia di minatori la concessione di scavare minerali. Un documento del 1456, inerente la richiesta di un permesso di scavo, testimonia che l’attività di ricerca e d’estrazione era continuata e che la miniera di Raibl andava ad assumere, nel tempo, sempre più importanza. Infatti, la Repubblica di Venezia conosceva la località, ma sotto il nome di Cave del Predil e con questa aveva costanti scambi commerciali com’è testimoniato da un documento doganale del 3 aprile 1659 “(...) piombo, si estrae dalle miniere di Raibl vicino a Monte del Gragno e passa nello Stato Veneto migliaia n° 20 a Lire 500 il migliaio (...)”. Dal 1854 l’importanza del giacimento aumentò con un massimo di produttività negli anni ’60 fino alla loro chiusura il 30 giugno 1991. Nelle Prealpi Carniche Fucine di ferro furono impiantate nel Torrente Melò, presso il lago di Cavazzo, ad opera dei Savorgnani, nel 1554, ma furono presto abbandonate per la scarsa qualità del minerale “Sul Melone presso il Lago di Cavazzo vi sono le vestigia di fucine di ferro che nel 1554 furono fatte dai Savorgnani e poi abbandonate per la poco buona qualità del minerale, con dispendio di oltre 5000 ducati (...)” come riferisce Jacopo Valvasone di Maniago, testimone all’epoca, nel suo “Descritione del Friuli”. A Peonis nel 1839 fino al 1847 una società sfruttò, oltre le ligniti qui presenti, anche la pirite e marcasite spedite, per il trattamento, a Judenburg nel Salisburghese. Nelle Prealpi Giulie Giuseppe Girardi (1841) avvalora l’ipotesi di Coronelli e di altri autori, che collocavano l’antica Noreia, ricca di miniere d’oro e di ferro, tre miglia sopra Venzone fra il 26 Torrente Venzonassa ed il Fiume Fella e scriveva “(...) situata probabilmente (...) da quel monte non lungi, ove estraevansi le accennate ricche miniere di ferro, ove esiste un rio così detto delle miniere, ed ove si trovano tuttora gli avanzi d’una antica galleria”. Anche se è certo che l’interpretazione data dal Girardi sull’ubicazione dell’antica Noreia è errata, trova conferma, invece, la sua descrizione quando fa riferimento alle miniere di ferro site presso il Rio delle Miniere. Questo certamente corrisponde all’omonimo rio presente nella valle del Rio Gelowitz ove si possono ancora osservare le antiche gallerie realizzate per l’estrazione della limonite ed ematite. Gian Domenico Ciconi nel 1862 segnala minerali di ferro nel Monte Musi sopra Lusevera e lungo la sponda destra del Torrente Venzonassa. Nel 1919 i fratelli Morandini di Tarcento eseguirono alcuni saggi in località Roncàt, lavori proseguiti saltuariamente fino al 1923 per poi essere abbandonati. Nel 1932 Egidio Feruglio descriveva il giacimento di ematite del Roncàt: “(...) il giacimento metallifero del Roncàt è situato (...) sul ciglio della dirupata valletta dello Zeliesni patok (...). Il minerale era già stato in altri tempi oggetto di ricerche (...)”. Dopo tale data non sono note notizie di ricerche o sfruttamenti, questi ultimi, probabilmente, mai avvenuti. Nelle Valli del Natisone Giusto Grion (1899) scriveva “(...) addì 20 agosto 1498 furono minacciate dai villici le officine di cinabro di Alvise Pisani a S. Pietro di Poloneto; addì 22 incendiate quelle di Leonardo Manzano poste a Grumpignano sul Nadisone, perché le esalazioni del cinabro danneggiassero l’agro. (...) la casa d’Austria restò in possesso delle miniere cividalesi, e i campi di Poloneto e di Grumpignano andarono esenti dal fumo del cinabro”. Le miniere cividalesi di cui parla il Grion sono quelle di Idria scoperte da Virgilio Formentini probabilmente nel 1493 e perse, con la pace di Noyon (15 agosto 1516) ed il trattato di Wormazia, pochi anni dopo a causa della guerra contro il duca di Brunswich. Nelle località sopra indicate si trattava il cinabro per ottenere il mercurio mediante arrostimento. Anche qui la tradizione vuole che esistessero miniere d’oro e Carlo Podrecca scriveva, nel 1884, “Nella località detta Tarsiza del Matajur si fecero tre assaggi di una miniera d’oro. Il primo nel 1866, ad opera del Governo austriaco, e si abbandonò perché trovato l’oro commisto a zinco ed in quantità giudicata troppo piccola. Il secondo fu ritentato nel 1873, da un signore austriaco e lasciato in asso, forse per difetto di mezzi. Di nuovo nel 1878 ingegneri austriaci studiarono il terreno, e conclusero per l’esistenza di una ricca miniera d’oro e d’argento, ma richiedente profonde e costose escavazioni (...)”. Il Girardi (1841) parla di una investitura il 30 giugno 1517 ad un certo Gerolamo de Raimondi e soci di una miniera di mercurio a Cisna sopra Cravero, frazione di San Leonardo, ma che da un sopralluogo effettuato in compagnia dell’amico abate Professor Pirona non si riuscì a rintracciare le vestigia di nessuna miniera perché “ (...) dopo il giro di tre secoli, non è maraviglia se sparvero le superficiali vestige, e se tace la tradizione”. Egli tuttavia riferisce: “Il filone d’argento vivo da me rintracciato a Cisna, non lungi dal quel monte si manifesta, cioè a Lonca, ove dal governo illirico furono non ha guari praticati alcuni scavi d’esperimento (...). A Stupizza nel distretto di San Pietro si vede pure ricomparire lo stesso minerale sotto forma di mercurio nativo, e nei contorni di Albana, frazione di Prepotto, trovai il cinabro nativo bitumifero (...)”. 27 Nel 1855 Franz Ritter von Hauer nel suo lavoro “Das Quecksilbervorkommen von Gagliano bei Cividale in der Provinz Udine” non descrive un nuovo sito, ma, ottenuti i lavori dal Pirona, effettua un sopralluogo e commenta i ritrovamenti di mercurio di Spessa e S. Giuseppe confrontandoli con analoghi rinvenimenti avvenuti in altre parti d’Europa. La località Gagliano gli era nota dal Bollettino Provinciale del Friuli e dal soprintendente alle opere montane e miniere del Governo austriaco, infatti scrive “Oeffentliche Blätter (das Bolletino provinciale del Friuli, vom 15. April v.J. und daraus Freiherrn von Hingenau’s Oesterreichische Zeitschrift für Berg- und Hüttenwesen Nr. 19) enthielten die ersten Nachrichten über ein Vorkommen von Quecksilber in der Nähe von Gagliano bei Cividale (...)”. Giulio Andrea Pirona, nel 1855, parla della presenza di mercurio nativo a Spessa località Poloneto “In quest’argilla (...) e nelle marne si trovano sparsi innumerevoli globetti di Mercurio metallico, i quali al minimo tocco si raccolgono in goccie che scolano dalle numerosissime fessure della roccia marnosa ed arenacea (...). I pochi lavori d’assaggio (...) benché produttivi sono troppo superficiali ed esigui per condurre senz’altro alla conclusione che si possano continuare con frutto”. Un’altra località indicata dal Pirona e distante circa 2 km da Spessa è quella di S. Giuseppe “(...) nella località Ronchi di S. Giuseppe il sig. Germanico Pace di Cividale nel 1845 (...) nel fare una fossa per le fondamenta dei muri s’incontrò in un deposito di circa 30 libbre di Mercurio metallico (...)”. 28 ANTICHE LEGGI MINERARIE Con il Medio Evo inizia quel processo intenso di sfruttamento delle risorse minerarie che porta ben presto i governi interessati a dover dirimere controversie tra minatori, proprietari del fondo, boscaioli e valligiani. I conflitti dovevano essere molto frequenti e scaturivano dalle complesse interazioni che sorgevano all’aprirsi di una miniera. L’impatto sociale ed ambientale spesso non era gradito dalle comunità locali. L’attivazione di una miniera, portava inevitabilmente a deturpare l’ambiente circostante inquinando o intorbidando i corsi d’acqua o addirittura deviando i flussi dei torrenti. Inoltre si avviava un rapido depauperamento dei boschi che fornivano il necessario legname per le infrastrutture delle miniere o per la fusione del metallo, e questo creava conflitti con chi del bosco faceva affidamento per la propria sopravvivenza. Frequenti erano i contrasti fra gli stessi minatori che degeneravano spesso in veri conflitti armati. La figura riprodotta in questa pagina è rappresentativa di quanto detto; si nota la montagna spoglia di vegetazione, il lavoro dei minatori ed in primo piano una contesa tra i lavoratori delle miniere. In alto a sinistra e in basso a destra, vi sono il castello ed il castellano con la dama posti a contornare la scena. La loro posizione non è casuale ed indica, allegoricamente, i costanti controlli esercitati dai signori del luogo o dai patriarchi che vedevano, nelle miniere, un’attività proficua, fonte di ricchezza. Una miniera dell’Hartz nel XV secolo (da Harbot). 29 Molte furono le ordinanze per impedire che durante i contrasti si arrivasse al sangue. Furono bandite le armi tra i minatori, gli osti non potevano mescere il vino dopo una certa ora ai minatori. Si sentì così la necessità di raccogliere le leggi legate alle tradizioni orali, o di stilarne di nuove in codici minerari. Il più antico codice minerario è quello emesso, nel 1208, dal principe vescovo di Trento Federico Wanga nel “Liber de postis montis Arzentarie” per le miniere del Monte Calisio in Trentino. Il 13 maggio del 1488 è esteso a tutto il Dominio Veneto, un codice “Capitoli et Ordini Minerali”, che segue di ben 280 anni quello emesso da Federico Wanga. Esso consta di 39 capitoli ed ordini, tali capitoli furono in seguito, il 14 marzo 1670, ampliati con altri 10. Il codice fa proprie alcune leggi che già erano in vigore oltralpe, a dimostrazione di quanto era importante la notevole esperienza, anche legislativa, dei “tedeschi”, ma anche per mantenere alcune tradizioni ormai consolidate nelle maestranze spesso d’origine tedesca. Le norme contenute in questi capitoli sono particolarmente importanti perché toccano quasi tutti gli aspetti dell’attività mineraria, dalle investiture, all’organizzazione delle compagnie. I punti più importanti possono essere così riassunti: · Una Compagnia non può avere più di tre “buse” ed in ciascuna non possono lavorare meno di tre persone; · Che si dovrà indicare il perimetro di scavo o investigazione; · Che un membro della Compagnia non possa vendere o scavar metallo senza il consenso degli altri; · Che una “busa” non possa esser tolta ad una compagnia prima di un mese ed un giorno di inutilizzo, nel caso d’allagamenti il termine è spostato di un anno ed un dì, se gli impedimenti sono maggiori sarà il giudice a fissare il termine; · Che si debba chiedere consenso, al proprietario del fondo, prima di richiedere l’investitura; · Che nessuno possa vendere minerale né di dì né di notte senza aver pagato la decima; · Che nessuno può perdere l’investitura o altro nei giorni di festa; · Che se conviene lavorar con il fuoco debbano segnalarlo ai convicini e farlo rispettando certe date ed orari; · Che nessuno può occultare le “buse”; · Che le “buse” siano ben armate affinché i lavoratori possano lavorare senza paura; · Che se qualcuno intenda fornir legname alle “buse” questo possa essere investito di un bosco; · Che sono fissate delle distanze tra una “busa” e l’altra e, nel caso che le buse venissero a scontrarsi, la precedenza l’ha il primo che ha ottenuto l’investitura. Emergono alcuni principi fondamentali: quello della priorità della scoperta, come il diritto d’investitura, quello della durata della concessione in funzione dell’effettivo esercizio e quello della limitazione territoriale delle concessioni. È imposto che le gallerie devono essere ben armate per evitare pericoli di crollo anche se alcuni nomi dati alle gallerie, per esempio la fossa dei 14 martiri nel Monte Avanza, ci testimoniano antiche tragedie. 30 L’occultamento delle miniere è spesso più una fantasia popolare che un reale episodio. Basti pensare alla “leggenda” riportata da Jacopo Valvasone di Maniago di quel monaco tedesco di nome Melchiorre che, scoperta una miniera d’oro nella Val d’Aupa, prima di far ritorno in Germania la turò perché nessuno la potesse sfruttare. Esistono documenti in merito ed inoltre dai documenti emerge l’esistenza di un certo cappellano pre Melchiorre in Malborghetto, ma sicuramente il minerale scoperto non era l’oro. L’altro problema di non facile soluzione era quello legato al legnatico. Era regolamentata anche la fornitura di legname alle miniere vista l’intransigenza, e a ragione, dei montanari che vedevano esboscare le proprie montagne senza avere peraltro un individuale vantaggio. Si riporta di seguito il testo integrale del Codice Veneto: CAPITOLI ET ORDINI MINERALI Stabiliti dall’Eccelso Consiglio di Dieci Adì 13 Maggio 1488 Per ovviar a molti inconvenienti, et scandali, che ogni zorno occorreva per le Buse, et Minere d’Alemagna, tra coloro, che cavava, et lavorava dette Buse, et Miniere fu posto li Ordini, et capitoli infrascritti contegniudi, li quali per esser stati da tutti li Signori laudati, et approbati, sono stati universalmente da tutti, et in cadaun luogo, che se lavora Minere osservadi, et per li quali ogn’uno stij contento, et vivino in pace, e ridondi in grandissima utilità di tutti li Signori in el Dominio de quali se lavora tal cose, et prima. 1. Che una Compagnia non possi esser meno di tre persone, et questa non possi haver in una Montagna più di tre Buse. 2. Item cadauna Compagnia, che averà licentia, et auttorità di cavar debbia infra termine di tre dì segnar i luochi delle tre Buse dove i vorrà cavar, e tuor le sue misure; acciò altri, ovver altre Campagnie, che volesse cavar per virtù delle sue Licentie possi anche loro segnar, e tuor le sue misure, et far lavorar a suo beneplacito; Dechiarando, che chi prima haverà la gratia, prima debba elezer i suoi luoghi dove vorranno far cavar. 3. Item, che uno non possa tenir le fattiche de un’altro più de zorni quindese, li quali passando, e non pagando la sua Mercede, il Mercenario possa dimandar le rason del Patron in quella Busa mediante la Giustizia, la qual se la domanderà dal Zudese, el sia obligado esso Zudese non solum investirlo; ma etiam diffenderlo, et cadauna Busa per zorni quindese possi dalla rason esser diffesa. 4. ltem cadauno dove, et quando li piacerà possa lavorar, et essercitarsi in le sue rason non passando, nè eccedendo tamen i suoi Termini, ovver Confini, et se li paresse, ovver volesse cambiar i suoi primi segni dentro tamen li Confini, chi prima li fusse stati dati, debbia domandar licenzia al Zudese, et non la domandando perda le sue rason. 5. Item, che alcuno non possi perder le rason delle sue Buse in zorni Festivi, nè alcun’altro il cui Soldo, nè Salario in zorno di Festa. 31 6. Se alcuno ingannerà alcun suo Compagno, overo torrà più utilità di quello li tocherà per la portion, et Carrattada sua, le rason sue vegna in li suoi Compagni se’l serà provado esser così la verità. 7. Che uno senza consentimento de’ Compagni non possa commetter ad altri la separation, cioè, la purgation delle Vene, nè la parte della Busa possi consignar ad altri strani senza saputa, et consentimento de tutti li Compagni. 8. Che alcuna Busa armada, investida, et fabricada de Legnami in la qual per un Mese continuo non si lavori, non possi per questo esser molestada, ne tolta, mà se la Compagnia de chi sarà detta Busa non farà lavorar in quella subito il dì seguente da poi presa perda le sue rason. 9. Item, che cadauno, che vorrà tuor Busa debbia domandar la Investitura di quella al Zudese à questo deputato, et zurado, il qual remossa ogni fraude subito la debbia dar, et assignar, e di quella investirlo, et perchè in Alemagna si paga per ogni investitura tre Craici, che sono Soldi quattro de quì staria ben dui marcelli, denotando, che in Alemagna questi tal Danari si deposita in una Cassetta per le spese occorse all’Officio sopra questo deputato. 10. Item, che cadauno sarà primo Inventor di una Minera, che manifestamente venga à luse, possi haver Passa tre più de mesura, che non ha cadaun’altro adherente, che non fusse stà Inventor. 11. Che niuna persona possi, ne de dì, ne di notte portar à vender Vene, che non fusse decimade, salvo, che con licentia del Soprastante di tal Decima, habbiando sempre il Bollettin del Zudese, il qual non vaglia, salvo, che per una volta per il qual Bollettin non habbi à pagar altro, che un Marchetto, et se alcuno comprerà Vene robade, overo venderà in Montagna, overo in Casa, sia punido colui, che l’haberà robade, che per la prima volta almeno perda un Membro, et incorrendo più de una volta in simil inconvenienti sia appiccado dove l’havesse furado dette Vene, il Comprador veramente, overo Compratori, che da questi tal, che havesse robado comprasse cosa alcuna, cioè Vene, ò altra cosa dependente da queste per la prima volta sia condannado in Danari, et dalla prima volta in sù perda un Membro almeno. 12. Messo, che sarà il Segnal, et sfesa la Terra per quelli, che havesse ottenuto licentia di cavar possi tegnir giorni otto, dapoi, che haveranno messo il Segnal, et sfeso la terra senza lavorar, li quali passati, et non lavorando cadi immediate delle sue rason. 13. Item, che se l’occorrerà, che uno domandasse dal Zudese le rason de un’altro allegando esser passato il tempo, et il termine statuito à lavorar ut supra, colui, che serà accusato possi per doi Testimonij fide degni, et Alieni da ogni suspition provado haver lavorado, et mancando li Testimonij se debbi star à suo sacramento, et zurado lui solemniter, over provado non habbi perso alcuna sua rason immò sia mantegnudo, e conservado in quella. 14. Item, che se’l nascerà alcuna differentia trà la Compagnia, overo li Patroni de una Busa, che’l se debba star à quello dirà, et delibererà la mazor parte de essi Patroni circa el lavorar, ò non lavorar, dechiarando, che la mazor parte se intenda non per il numero de Homeni di essa Compagnia, mà per il numero delle portion, et se quelli, et quello della minor parte volesse, che’l se lavorasse, in questo caso vada a notificarlo al Zudese deputado, et fazane far nota nei Libri auttentici, come per lui el vuol lavorar, 32 come serà investido alcun’altra persona, questo tal, che haverà volesto far nota de voler lavorar, se intenda restar su le sue rason. 15. Et perchè sono alcune Buse, le qual se convien lavorar con il fuogo si dichiara, che dalla Festa di San Michiel fin alla Festa de San Zorzi, quelli, che vorranno metter fuogo in le Buse debbino metter fuogo meza hora avanti il tramontar del Sol, et fatto il zorno seguente non lassi più brusar; mà occorrendoli lavorar più con il fuogo, in questo tempo lavori de notte; mà dalla Festa de San Zorzi fino à San Michiel, ch’è l’Instade, vogiando pur lavorar con fuogo possino lavorar de zorno solamente, e non de notte, et questo se fà perchè i Communi sì per fuogo, come per fumo fossero oppressi, essendo sempre tenuti quelli lavorerà con li soprascritti fuoghi farlo saper à i Convicini quando i vorrà metter fuoco, acciocchè niuno riceva alcuno incommodo, et non lo facendo saper siano tenuti à refar ogni danno, et interesse, che per tal fuogo fosse seguido, da esser provado il danno per doi Testimonij, risservando al Zudese oltra di questa la pena arbitraria. 16. Item, se alcuno, che se mette alla ventura à cercar Minere, et trova cosa, che li para bona non possa esser pervegnudo da altri per spatio de otto zorni à tuor la Investitura di essa Minera, mà non le facendo investir frà il detto termine possa quella esser data à cui la vorrà, non ostante, che lui fosse stato Inventor. 17. Se alcuno veramente Mercenario d’alcuna Compagnia, volendo esperimentar la fortuna, sia Cernidor, o Lavorador, over Famegio troverà alcuna Miniera, overo Vena, tutto quello troverà sia di Patroni suoi, non intendendo questo il dì de Festa in li quali li Mercenarij sono in sua libertà, perchè i non livra soldo. 18. Et se nelle Buse da cima, in mezo, overo da pè della Montagna li occorresse ruina, ò sagitta, overo alcun’altra diversa fortuna, ò caso sinistro, che non si potesse lavorar in esse Buse, oltra il termine di sopra specificado, che per questo non s’intenda haver perse le sue rason; mà siano obligati li Patroni di detta Busa dar notizia al Zudese, et visto el Zudese lo impedimento legittimo li slonga el termine con quella più habilità, Attività in miniera (da Buffon, XIX secolo). 33 che a lui parerà, habbiando sempre esso Zudese la Giustizia avanti li occhi, et rispetto alla utilità del suo Signor. 19. Se alcun torrà Legnami, overo Tavole overo altro di qualunque sorte de Instrumenti di Vene, che non sia de sua rason la pena de tali Malfatori sstia in arbitrio del Zudese à punirlo aspramente, et far pagare el danno à quelle persone fossero stà oppresse, et per lo simil non ardisca alcun ruinar, nè guastar edificio alcun de alcuna persona, ancora, che tal Edificij fusse di Buse abbandonate, 20. Item, niuno Lavorador pressuma andar in le Buse de altri senza licenzia della Compagnia de tal Buse, et questo per oviar à molti scandoli, et Lite, le quali non dechiaro, perchè seria longo scriver. 21. Et è da saper, che le misure d’una Busa all’altra sono Passa 21 in altezza, over bassezza; ma per tresso s’estende usque ad infinitum, tutta volta da una banda, dapoi l’haverà trovà el Filon; ed se’l fusse do Buse una appresso all’altra, che se venisse à scontrar, et trovar pur assai Vena, l’è da saver, che quelli havessero havuto Investison nella prima Busa puol andar, et cazar questi, ch’havesse havuto la seconda Busa dapoi, et se quello della seconda Busa comparesse davanti el Zudese, et dir voler andar à cavar verso quelli, ch’havesse havuto la prima Busa, trovando Vena, ò Filon quelli primi non puol cazar, perchè così come el primo hà cazà el secondo, così il secondo non puol intrar nelle rason del primo; Dechiarando questo esser uno delli principali Ordeni da esser advertidi per evitar tutte le Lite potesse occorrer, et per questo in simil casi si fà metter li segni con li Compagni, et mesure di questa cambiatione da primo à secondo, et da secondo à primo, acciochè uno non venga nelle misure dell’altro. 22. Cadauna Compagnia, ch’abbia trè Buse puol liberamente intrare, et passar in cadauna delle sue Buse dove hanno rason, et attion in altre veramente non. 23. Et è da saper, che se l’occorrerà, che per influentia de Acqua, che resorzesse à caso, overo per qualche Fiumara el fosse oppresso, che qualche non fosse impedito a lavorar, in questo caso questi tal oppressi per le Acque habbiano un’Anno, et un dì di tempo a pensar remedio contra dette Acque, nel qual tempo non sia cazudi delle sue rason, et passando il detto tempo, et non principiasse come è detto, habbia perso le sue rason. 24. Et se alcun se farà investir de qualche Acqua per voler con quella descoverzer Vena, et per sua industria tegneranno serrada detta Acqua, et aperta, come li parerà per modo, che con questa vegnando a descoverzer buona summa de paese, che havesse Vena tutto quello, che havesse descoverto sia de sua rason, dechiarando tamen, che questa Acqua non possi esser messa adosso de Buse d’altre persone. 25. Se l’occorresse differentia in qualche Investison de Buse da persona à persona chi havesse più attion, o rason el Vicario, over Zudese sopra questo deputado le cose dubbiose debbia tegnir per dubbiose, ne non farle chiare; mà pendendo queste differentie quella parte, che proseguisse à lavorar non s’intenda per quello haver più rason dell’altre parte, che non fusse lavorade, cioè, che non fesse lavorar, et questo fin à rason cognossuta. 26. Se alcuno per non lavorar, aut alio quovis modo havesse perso le sue rason, che l’havesse in qualche Busa, una, over più, et andasse dal Zudese à dimandar nova Investitura di quelle medesime, el Zudese lo debbia investir non essendo prima investido alcun’altra persona. 34 27. Se alcuno vorrà cavar in Montagna, Campo, o Prado di alcuna particolar persona dapoi, che l’haverà havuto l’investison dal Zudese deputado sopra de ciò, sia prima tenuto remagnir d’accordo con quella particolar persona de chi fosse il fondo, et non facendo la sua Investison non le vaglia niente, et non possi cavar. 28. Comandiamo etiam efficacemente, che se per alcuno sarà occultado alcuna sfessura de Vene, quel tal sia punido Criminalmente in la persona sua, et anche in li suoi beni, se’1 ne haverà. 29. Item, se’l serà agitado Causa, over Lite alcuna davanti el Zudese, dalla qual alcuna delle parte se volesse appellar al Signor, sia obligado el Zudese mandar sotto bolla al Signor tutti li Atti, Scritture, et Processi, che davanti da lui sono stà agitade ben, et fidelmente sotto debito de sagramento, e indignation del suo Signor, et pendendo la differentia, overo Apellation, per questo non si debbia restar de lavorar; ma la Vena, et lo haver, che se caverà, debbia star in sequestro, ed in Deposito fin à rason cognossuda, et colui per chi venirà la Sentenzia in suo favor sia obligato pagar la spesa fosse fatta in cavar la detta Vena, o haver volta, havendo tegnu conto l’altra parte di quello l’haverà speso per persona idonea. 30. Se alcun vorrà vender, ò per altro modo alienar le parte, che l’havesse in una, ò più Buse, sia tenuto il Comprador, ed il Vendador farlo in presenzia del Zudese, el qual debbia far notar tal Vendita, over Alienation al suo Scrivan zurando destinta, ed ordinatamente per sedar Lite, et ad perpetuam rei memoriam. 31. Item, con ogni efficacia comandemo, che tutte le Buse dove se lavora siano ben armade, et sufficientemente investide di Legnami, acciò li Lavoradori possino senza alcuna paura in quelle lavorar. 32. Se il serà alcuna persona, che se dia a industria de tagiar Legne, ò far Carboni per vender à quelli, che hanno Minere possi esser investido per passi quaranta de Bosco per longhezza della Montagna, et per altezza possi andar fino alla sumità di quella, quelli veramente, che havesse Buse, over Fusine da colar Vena possa esser investidi de quattro fiade più, che è sopradetto, et questo se fà acciochè i Legnami, e Carboni non siano subtratti delle man à coloro, che volesse far lavorar per mancamento delli quali fossero impediti, le qual Investiture de Boschi el Zudese, e Scrivano siano tenuti scriver in un Libro particolar ordinariamente come fanno delle Investiture delle Buse, nè possa haver più pagamento di quello, che hanno delle Minere, sotto pena de privation de i lor Officij. 33. Item, che il Zudese con li suoi Deputadi una volta al Mese sia tenuto sotto debito de sagramento de far con li suoi Zuradi le rason delle Buse à cadauno, si che ogni uno sappia la portion della spesa, che haverà toccado in detto Mese, delle qual tutte cose se debbia tenir diligente scrittura. 34. Et se l’occorrerà, che alcun Mercenario per qualche sua necessità, ò volontà volesse esser pagato avanti, che il Zudese havesse fatto le rason del Mese, come per il Capitolo di sopra è detto, sia tenuto el Zudese in termine de tre zorni averli fatta rason delle sue Mercede, acciò immediate el possa conseguir il suo pagamento. 35. Se alcuno se vorrà informar dal Zudese per il Libro delle Investison per consegiarse se’l die comprar le rason d’altri, ò non che il Zudese sia tegnudo mostrarghe le rason de colui, chè vuol vender, acciò, che’l Comprador possi con sincero animo comprar. 35 36. Tutti li Atti, che potrà occorrere per differentie di queste Minere siano tenuti in un Libro particolar, et così le diffinitioni, et Sententie di esse differentie, et questo perchè in ogni evento le differentie, et Lite possano esser diffinite de similibus ad similia. 37. Ordinemo etiam, et comandemo se’l serà una, o più persone, sia di che condition esser si voglia, che perturberà il lavorar delle Minere, sì con insidie di parole, come di fatti, comandemo, che questi tali sia ligadi, et menadi alla Città Nostra con Processo auttentico delli misfatti, che haveranno operato, et habbiano a esser puniti, et se da una volta in suso alcuni, over alcuni incorrerà in simili inconvenienti, la punition non possi esser manco d’un Membro, et Banditi dal Territorio, ove l’avesse commesso l’inconveniente, nel qual lassandosi poi trovar siano incorsi a supplicio di perder la vita. 38. Item, che il Zudese, over Vicario con li Deputati di questo, siano tenuti a strenzer per Giustizia le Opere, et Manoali, che seranno tolti a lavorar in queste Minere, lavorar hore otto continue trà il zorno, et la notte, et tolte le Opere per tanto precio alla settimana quanto li serà promesso debbia livrar Soldo per li zorni lavorenti, videlicet, una settimana è sei giorni lavorenti essendo doi giorni di Festa, non die esser paga, se non per giorni quattro, et così sussequentemente per rason; mà esse Opere il Sabbato à mezzo giorno, s’intenda haver compito la sua settimana. 39. Si dichiara, che alcun Capo, ò Soprastante di Opere non possi tegnir, nè far tegnir Taverna, nè vender Pan, Vin, Formazo, Carne, Drappi, Ferro, nè altra Mercantia all’opere, che lavorasse sotto di lui, sotto gravissime pene, et scritture, et questo se fà acciò, che essi Soprastanti per ingordisia de vender la sua robba, non habbia cason de tuor triste Opere, alli quali Capi, et Soprastanti per il Zudese, et per li Deputadi li sia dato solenne sagramento di far ben, et realmente il suo dover, et che el facci le opere siano sollecite a lavorar, et quando se parte la Vena l’è usanza in Alemagna de dar un Pasto à tutti i Lavoranti, chi hanno lavorato, et cavato della Vena della Busa su il qual Capitolo è stà qualche pur contention per modo, che hanno redutto il Pasto in compensation di cinque Craici per huomo, che sono otto Marchetti, et così si haverà à dar otto Marchetti per uno per non star in contesa, e questo sia per suo beverazzo. 1488. Die 13. Maij In Cons. X. 36 DOCUMENTI SULLE MINIERE DEL FRIULI Le notizie raccolte dal Vincenzo Joppi e Alessandro Wolf (fine XIX secolo), sono state utilizzate da Camillo Marinoni per la stesura del lavoro “Sui Minerali del Friuli” e fanno parte di un manoscritto intitolato “Notizie-Schede sulle Miniere del Friuli” conservato presso la Biblioteca Civica di Udine. Nel suo paziente lavoro Joppi ha fatto riferimento ad atti notarili, memoriali, documenti conservati principalmente all’Archivio Notarile di Udine ed al Museo Civico di Udine ed a manoscritti posseduti da alcune famiglie patrizie udinesi. Qui di seguito sono riportati i testi d’alcuni documenti. Per scelta vengono riportati solo atti notarili in parte tratti dal memoriale del notaio Belloni, che lo Joppi deve aver desunto dal Bianchi o tradotto e riassunto dal latino, dal veneto o dal tedesco. Gli atti prima dell’avvento della repubblica veneta sono tendenzialmente in latino con vocaboli tedeschi e dialettali, in seguito sostituito da veneto che conserva ancora termini latini e tedeschi, alcuni vocaboli poi non sono più ricorrenti e quindi di difficile interpretazione. Molti documenti originali sono andati persi nel tempo a causa di guerre, incendi ed alluvioni e le testimonianze ci vengono da trascrizione latine postume fatte da letterati e studiosi. Per alcuni documenti si riporta il testo completo. Dal manoscritto di Vincenzo Joppi Anno 778, gennaio - Sesto. Il Duca Mastellione dona a Beato Abate ed al monastero di Sesto il castello e villa di Forni in Cargna con i diritti, rendite, masnade e miniere di ferro e rame (cum ferro et ramen). Anno 1259, 17 dicembre. Concessione di scavare argento, oro e simili di metà di un monte in qualunque parte del Patriarcato d’Aquileja, pagando al Patriarca l’ottava parte. Anno 1317, 11 novembre. Filippo q.m Conzio di Cividale partecipa al Conte Enrico di Gorizia come fu trovato un gran tesoro o monte di argento nei beni del Sig. Vecellone da Camino. Anno 1317, 27 ottobre. Società del detto Filippo e Sig. Guido da Camino per ajutare quei dodici che trovarono detto tesoro nello scavo. Anno 1328, 6 giugno - Tolmezzo. Il Patriarca di Aquileia Pagano della Torre concede in perpetuo a Nassimbene detto Guercio di Scarfedara ed a Pietro q.m Ser Valatino del detto luogo, a Pietro Lauro di Fusina, ad Ottobono detto Monaco di Airale, a Spinello di Fusina e Gorello suo fratello e a Nicolò di Scarfedara ed a tutti i suoi socii di fare un forno per lavorar ferro e una fucina in Cargna nella Contrada Avoltri ove già fu anticamente. Concede loro poter riparare le case, di costruire un molino per macinare le biade occorrenti sull’acqua ivi scorrente, ripassare l’antico e pescare in detta acqua e pascolare colle loro bestie in tutta la contrada; tagliar legna per il forno fucina e famiglie nel bosco Luza da Pontetremulo fino a Sappada al sommo di Cleva e dalle sommità di Monti fino all’acqua del Degano. I Socij predetti 37 abitino in dette case a loro piacimento lavorando il ferro ed usando delle acque, boschi, pascoli, pesche etc., però siano soggetti al Patriarca e successori alla sua Gastaldia della Cargna, promettendo il Patriarca difenderli, mantenerli ne’ loro diritti, pagandogli annualmente soldi cinquanta di grossi veneti e millecinquecento libbre di ferro annue alla festa di S. Martino per i cavalli del Patriarca ed una libbra di pepe per ognuno dei molini e sieno tenuti pagar la muta (dazio) per le vettovaglie loro e de’ familiari. Anche le parti promettono eseguire i patti ed il Patriarca si riserva il diritto di concedere Forni e Fucine nella detta Contrada, fuori però dei confini a’ predetti assegnati per non fare loro danno. Si riporta di seguito il testo integrale (tratto da Bianchi): Die VI. mensis Junii. In Castro Tulmetii. Presentibus testibus Magistro Condeo de Calio Medico, D. Zonfredino de Oppreno Rectore Ecclesie S. Michaelis de Oppreno Vicedomino, Gubertino de Novate notario, et Aymerico de Laturre Domicello infrascripti D. Patriarche, Raymundo de Paona, et aliis. Ven. pater D. Paganus Dei gratia S. Sedis Aquil. Patriarcha, volens sui Patriarchatus utilitatem procurare, suo, et ipsius Patriarchatus nomine concessit perpetuo Naximbeno, dicto Guercio de Scarfedara, et Petro quodam ser Vallatini de eodem loco presentibus, et pro se, ac pro D. Petro Lauri de Fusina, Johanne de Ayrale, ser Ottobono dicto Monacho de Ayrale, Spinello de la Fusina, et Gocello ejus fratre, et Nicolao de Scarfedara, ac sociis suis, a quibus dictus Petrus habebat super hoc speciale et plenum, mandatum, sicut apparebat per publicun Instrumentum factum manu Silvestri ser Bennaxuti de Lefusina, imperiale auctoritate Notarii, anno et indictione presentibus, die tertio intrante madio, ut ipsi socii superius nominati pro se, et suis heredibus, et aliis quos sibi associare voluerint, possint, et valeant facere unum furnum ad ferrum faciendun et laborandum cum fusinis una, aut pluribus necessariis ad ipsum furnum super terram ipsius D. Patriarche et Ecclesie Aquil. in Carnia, in Contrada Avoltri, ubi fuit antiquitus. Et quod possint reparare domos existentes, et alias necessarias pro habitatione ipsorum et familiarum suarum infra sceptam, sive terminos assignandos eis per predictum Raymundum de Paona, et alios distinandos ad ipsum locum ex parte ipsius D. Patriarche: nec non unum, aut plura molendina construere per blado necessario molendo, in aqua que ibidem labitur, et reparare antiquum, et piscare in ipsa aqua, et cum eorum bestiis in Comtrada libere pasculare. Ligna quoque necessaria eis pro hujusmondi edificiis, et pro fusinis, ac furno predictis, et usu eorum et familiarum suarum incidere, et habere de Gualdo Luze, et alibi ubicumque a Pontetremulo sursum versum Sapadam, usque in summo Cleve, et de summis montibus usque ad aquam Decani; ita quod predicti, et eorum heredes, et quibus dederint predicta omnia cum omnibus tectis et edificiis, sive domibus ibi existentibus, et de novo edificandis perpetuo habeant, teneant et possideant, eisque utantur, et fruantum ad eorum liberam voluntatem, cum omni jure fodendi, hujusmodi ferrum faciendi, et laborandi, et cum aquis, et aquarum ductibus, piscariis, pascuis, et aliis superius nominatis, et cum omni usu, actione et requisitione, sine contradictione cujuscumque persone. Ita tamen quod ipsi, et familie ipsorum subjecti sint alii D. Patriarche, et Gastaldie sue de Carnie, sicut alii in eadem Gastaldia habitantes. ipsi Promittens idem D. Patriarcha per se et suos Successores eisdem Naximbeni et Petro, pro se, et aliis superious nominatis, et eorum 38 heredibus, ac pro hiis quibus darent, predicta omnia concessa perpetuo eis defendere, mantenere, et disbrigare ab omni persona, Collegio et universitate suis sumptibus et expensis, et super eis litem, vel controversiam nullo unquam tempore inferre, aut inferrenti consentire, nec facere de ipsis alicui concessionem aliquam in prejudicium eorundem, dummodo sibi et suis Successoribus obedientes sint, et solvant fictum inferius denotatum; videlecet solidos quinquaginta Venetorum grossorum, et libras mille quingentas ferri pro equis ipsius D. Patriarche annuatim in festo S. Martini, et pro quolibet Molendino libram unam piperis. Et non teneantur solvere Mutam de victualibus quos ement, vel ducent pro usu eorum familiarium. De ferro autem teneantur solvere consucetum. Quod quidem fictum idem Naximbenus et Petrus pro se, et Successoribus in prenominato festo S. Martini, cum omnibus damnis, expensis et interesse faciendis et substinendis a termino in antea pro eo petento et exigendo, sive ejus occasione, obligantes inde pignori ipsi D. Patriarche omnia bona sua, et omnium predictorum habita, et habenda. Unde idem D. Patriarcha suo, et Successorum suorum, ac Ecclesie sue predicte nomine, prefatos Naximbenum et Petrum eorum, et predictorum nominibus de predictis omnibus presentialiter cum uno capucio investivit. Reservato tamen sibi, et suis Successoribus jure concedendi aliis ut facere possint furnos et fusinas in dicto loco, sive Contrata, non tamen intra fines assignatos predictis, vel tam prope, quod eis possent dampnum, vel gravament inferre. Concedens predictis pro nuntio ad penendum eos in possessionem predictorum omnium que concessit eis, Raymundum de Paona superius nominatum. Anno 1341, 9 novembre - Udine. Il Patriarca di Aquileia Bertrando concede a Seydis di Petau ed a Giovanni orefice di Bologna, abitante in Udine, licenza di scavar metalli nel Patriarcato d’Aquileia. Anno 1347, 15 agosto - Gemona. Comparso avanti il nobile Odorico q. Cav. Artiro di Prampergo sedente in giudizio (come giudicante nel Canal della Chiusa) Giovanni detto Sagarello di Venzone Superiore, espone che Pietro q. Gidriuccio di Zegliano abitante in Prampergo già vendette la quarta parte di una fucina per lavorare ferro situata nel Canale tra Chiusa e Ponteba per 9 monete di veneti grossi ed un paio di scarpe da un giovine. Detta fucina su censo dell’Abazia di Venzone dei Signori di Prampergo. Anno 1353, 11 giugno. Il Patriarca d’Aquileia Nicolò fà una concessione perpetua a Gesilo q. Giacomo di Forni e a Giovanni q. Beltramino Brugni di Tolmezzo ed eredi loro e a chi vorranno associarsi, che possono fare un forno per fare e lavorare il ferro nelle fucine sul territorio del Patriarca d’Aquileia in Cargna nella Contrada Avoltri ove già fu e possano riparare le case ivi esistenti, il molino sul Degano pescare in questo e pascolare colle bestie e tagliare legna per la fucina e forno e casa nel bosco di Luza dal Pontromolo in su verso Sappada sino al sommo di Cleuf e dalla sommità dei monti fino al fiume Degano e nessun altro possa tagliar legna in què boschi. E ciò pel pagamento di 15 soldi di grossi Veneti. Anno 1353, 24 ottobre - Pontebba. Ser Nicolò q. Monfardino de Fusinis, abitante in Ponteba, loca a Bonaventura e Bartolomio 39 figli di Giacomo di Posteol, una fusina, fra Lusica e S. Caterina sulle acque della Fella, per dieci anni, a patto che detto Nicolò nell’indicato tempo debba provvedere la fucina di ferro da lavorarsi, dovendo i locatari restituire dieci centinaja di ferro battuto e lavorato ogni 13 centinaja di ferro massella, lavorandolo in buona fede, senza inganno in mazis, splazis et coctis (n.d.a. =spranghe spelate e cotte, ovvero in spranghe lavorate e prive di impurità), come più piacerà a detto Nicolò dando egli ad essi per la loro fatica, 13 lire di soldi vecchi per ogni mille libbre di ferro battuto. Nicolò intanto loro presta 50 marche di soldi vecchi, da restituirsi dopo dieci anni assieme alla fucina migliorata, salvo che, se in caso di guerra fosse devastata, Nicolò debba rifarla. Se poi sarà devastata per mala custodia o che la Roja si rompesse per abbondanza di acque, i locatori dovranno ripassare il tutto, sotto pena di 50 lire di soldi. Anno 1355, 8 novembre - Venzone. M.o Giacomo di Fosch abitante nel Canale o di S. Caterina, figlio di Bertrando, permette a Biagio detto Radiasso q. Biagio ed a Simone suo nipote q. Francesco di Venzone, di lavorar loro e battere ferro dalla Purificazione ventura ad un anno, cioè mezzo il tempo della Fucina di Marchione che esso tiene, vale a dire cede ai suddetti metà del lavoro di tale fucina. I suddetti dovranno somministrargli il ferro crudo o massella, per ogni 13 centinaja del quale, dovrà darne dieci di ferro cotto o battuto a peso tedesco, ed avrà per mercede per ogni 10 centinaja di ferro cotto, 17 lire e mezza di soldi in moneta latina. Detto Giacomo si obbliga inoltre vendere agli stessi tutto il ferro venale che avrà, a prezzo comune e non ad altri. Anno 1392, 10 giugno. Investitura per scavar argento nella contrada di Gorto. Anno 1395, 10 gennaio. Si concede investitura di cavar argento nel Canal di Gorto. Anno 1430, 11 febbraio - Moggio. Tommaso dè Cavalcanti abate di Moggio investe ed affitta a Candotto di Venzone ivi genuflesso una fucina nel Canal di Pontebba detta del Ponte di legno verso Chiusa, con tutti i prati, campi e boschi annessi, pagando un soldo di più di quello che è fittato nel Rotolo per la nuova investitura. Anno 1484. Ducale che Nicolò di Paluzza non lavori miniere metalliche sui fondi privati. Anno 1489, 21 gennaio - Udine. Il ser. Valerio Filitino, Bort. Mastino, Giacomo Cavalcanti ed altri provveditori e soci delle miniere del monte di Primosa, Centimonia, Palo grande e Palo piccolo di Cargna conducono m.o Giovanni di Colmiz fonditore e colatore di miniere, perché estragga e fonda tanto argento quanto ne produrranno per un ducato d’oro alla settimana quando lavorerà. Lo ammettono per socio per un quarto cioè per la trentaseiesima parte di tutta la società con pesi ed utili. Anno 1490, 18 agosto - Udine. Ser Giovanni di Belgrado, Bartolomeo Mastino, Giacomo Cavalcanti e Paolo Orefice e 40 altri socii udinesi della miniera del monte Primoso interveniente Ser Paolo di Paluzza Vicevicario delle miniere del Friuli convengono con M.o Cristoforo lapicida q.m Leonardo e M.o Stefano lapicida q.m Tommaso di Brescia che questi lavorino la fossa dello Spirito Santo e debbano scavare in longitudine quanto comprende Giovanni figlio al d.o Paolo di Paluzza tenendo la punta delle mani sul petto, ed in altezza quanto il detto Giovanni largamente e comodamente possa andare dirittamente, computando ogni passo di cinque piedi veneti e debbino a loro spese nettare le fosse o buche e tenere in assetti (gubernare urnam) l’urna per ducati 11 e mezzo al passo. Anno 1491, 26 aprile - Spilimbergo. Giacomo ab. Astis Procuratore e zio del Cardinal Battista Zeno Abate Commendatario di Moggio affitta per tre anni le rendite sull’abazia ai Nobili di Spilimbergo. Tra i varij patti vi è quello che i suddetti conduttori non si ingeriscano nelle miniera o vena ove si scava il ferro. Anno 1493, 15 febbraio - Udine. Ser Bortolomeo Mastino Notaio e socii della miniera di Primosa convengono con Albanz di Goldchranich che questi debba scavare la miniera del monte Primoso nella fossa inferiore chiamata dello Spirito Santo per tre passi e mezzo a ragione di 5 passi veneti al passo per ducati 11 al passo con altezza di 10 quarte e mezza e larghezza cinque del braccio di Udine, a tutte sue spese sì di bocca che di ferramenta e se troverà la miniera tra i detti tre passi e mezzo debba lavorarla per la società ricevendo da questa a prestito un Codice o schiavina a prestito e i ferramenti ad uso solamente. Anno 1498, 2 agosto - Udine. Nicolò ed Antonio nobili di Brazzacco livellano in perpetua enfiteusi a m.o Giovanni Filaferro di Ponteba ulteriore, figlio del q.m, Pasino di Lecco nel milanese, una fucina da filar ferro col bosco ad esso unito nelle pertinenze di Ponteba ulteriore (Pontebba tedesca) giurisdizione del Vescovo di Bamberga, sulle acque della Ponteba e Bombasa nella parte superiore, per annui ducati 12. Anno 1502, 2 dicembre - Udine. Ser Cristoforo Hayberger de Sauriis abitante in Forno Superiore fà procura ad Angelo Ebreo di Udine per vender quattro quarti della miniera della fossa dei 14 martiri del monte di Avanza. Anno 1503, 3 gennaio - Udine. Angelo Ebreo di Udine per se e soci suoi della miniera del monte d’Avanza conviene con Oxmos del q.m Valentino Cichan di lavorare in detta miniera per 4 lire alla misura che dicesi cubil ed a 40 soldi per le altre comuni misure. Promette venire alla metà di marzo se potrà lavorare e ricevere la miniera fina e lavorata per esso a soldi 15 per misura e la miniera mezzana soldi 7 e mezzo. Anno 1503, 9 gennaio - Udine. M.o Ropretto conflator delle miniere, figlio di q.m Enrico Huofelder di Salisburgo vende per ducati 5 ad Angelo Ebreo q.m Abramo un quarto delle miniere di ogni metallo della fossa di S. Maria nel monte di Avanza in Cargna. 41 Anno 1505, 5 febbraio - Udine. Il nob. Tristano di Savorgnano compera da m.o Giovanni di m.o Cristoforo di Ser Candido di Alemagna abitante in Forno Avoltri, per 10 staja di miglia, un carro cargnello di vino ad un ducato, cinque quarti di fossa e miniera di S. Daniele del monte Avanza in Cargna e il diritto di una fucina di colar metalli e di altra fucina da lavorar ferro ed il diritto di stufa e di bosco presso la detta fossa a patto che se il Savorgnano volesse fino alle prossime Pentecoste comprar dal d.o Giovanni altri due quarti di detta fossa o miniera, il venditore le debba cedere al suesposto prezzo, però in proporzione. Anno 1517, 1 giugno - Udine. Giacomo Crocharnar del Cragno q.m Odorico avendo per rivelazione di un suo amico notizia di una miniera di argento vivo due miglia sopra Cividale, in sito chiamato in lingua slava Veisnech in italiano Ceresis ove esistono tre case e non potendo il suddetto recarsi a Venezia per l’investitura attese le spese, contrae società con Ser Girolamo Raimondi di Udine a patto che dopo la decima al Ser.mo Dominio, gli altri nove decimi cioè trentasei caratti debbano dividersi in due parti eguali, dandone due all’amico rivelatore. Le spese saranno comuni. Anno 1577, 6 novembre - Udine. Ducale di Sebastiano Venier al Luogotenente del Friuli Marco Corner colla quale gli partecipa una Parte presa nel Consiglio de’ X e giunta che concede al Cavalier Gabriel Vando di poter cavar nelle montagne di Creta, Promos e Palgrande in Cargna per 25 anni pagando allo Stato una decima e mezza di quanto minerale sarà per estrarre e dovrà condurre l’oro ed argento estratto alla Zecca in Venezia. Si ordina al L.te di pubblicare che ognuno che saprà ove siano miniere o terra bianca indizio di miniera, o cave abbandonate debba notificarlo al suddetto Cav. Vando sotto pena pecuniaria o di galea. Anno 1578, 24 agosto - Tricesimo. Società per le miniere di Tamau cioè di Premot, Pal grande e la Creta di Tamau e la Culina grande e la piccola, tra il Cav. Gabriel Vando di Sacile e m.o Leonardo Stegher di Playper Gastaldo sopra le miniere del Vescovo di Bamberga. Altri documenti Anche altri documenti, non riportati dallo Joppi, ma citati dal Marinoni o presenti nell’archivio di Stato di Udine e Venezia o alla Biblioteca Civica di Udine attestano la concessione di ricerche minerarie e lo sfruttamento di miniere o corsi d’acqua per le fucine. Anno 1292, 10 giugno. Il Patriarca Raimondo concede ai magistri Haylner di Boemia, Saebotto Ruster, Giorgio e Bartolomeo Zainmach di Wasango di Villaco la facoltà di coltivare le vene di argento, piombo e qualsiasi altro metallo esistente in Gorto e circuito per 10 miglia in giro, pagando essi al Patriarca la decima parte del prodotto. Anno 1312, 13 giugno. L’abate di Moggio dà in affitto “censum rectum et perpetuum” (dietro censo onesto e perpetuo) a Domenico fabbro de Tribisigna una fusina in Resiutta. 42 Anno 1322, 9 agosto - Gemona. Sentenza nella causa fra l’Abate di Moggio ed i signori di Prampero. “(...) expresso consensu super questione montis, ex quo trahitur ferrum, de quo questio fuerat inter partes, sic declaravit et ordinavit; montem ipsum esse in pertinentiis et confinibus Cluse (...)” Anno 1339. L’abate Gilberto concede, per 29 anni, al fabro Nicolò quondam Manfredini una fucina posta sul Pontebbana sopra la chiesa di S. Maria Maggiore con due domos carbones e il legname necessario al funzionamento delle stesse. Anno 1454. Ducale che concede a Giacomo Giusto Prampero di scavare metalli nei monti della Cargna. Anno 1454, 2 novembre. Locazione da parte delle sorelle proprietarie Francesca e Bartolomea Pilotti, annuente il Comune, a Floriano di Zoldo per 20 ducati, del luogo ove esisteva una fabbrica di carta sulla roia Venzonassa in comune di Venzone, per farne un battiferro. Anno 1467. Investitura con cui il Governatore della Badia di Moggio concedeva di scavare oro ed argento in tutto il territorio di Moggio ad un tal Melchiorre prete tedesco. Anno 1486, 6 agosto. I signori di Brazzà comperano un fucina di ferro presso Ponteba usando l’acqua della Bombaza. Anno 1488, 23 febbraio. Il comune di Venzone concede a Nicolò di Brazzà un posto sulla Venzonassa per piantarvi un battirame. Anno 1488, 14 novembre. Acquisto fatto da ser Daniele Raytemberger della montagna di Avanza. “Fo comperado de Ser Daniel Raytemberger de Tulmezo una sua montagna ciamada la montagna de Avanza posta in (...) avente la montagna di Sezis ed altri soij confinij per ducati 180 cum condition che Ser Urban Janis, et Ser Alovixe Roxa habia libertà de cavar miniere de argento in quella, et nuij habiamo la raxon chavea dicto Ser Daniel de entrare in compagnia con lor quando ne parea, come apar per man de Ser Silvestro Michis e della compera per man de Ser Bortolomio Mastin”. Anno 1488, 29 novembre. Nicolò di Brazzà compra una filiera posta presso Venzone sulla Venzonassa assieme ai suoi ordigni, magli, macchine, ecc. Anno 1506, 11 dicembre. Si concede a Christophorum de Rausis di cavare minerale in Promosio. “Sereniss.° Prencipe et Ill.ma Signoria.- Cristoforo de la Rausis et altri partecipi del minerale humilmente suplichorno che V. Ill.ma Signoria se voglia degnar de proveder, tribuir et 43 confirmar cum privilegii l’ordine inserto cum alguni capitoli, et pagando V. Ill.ma Signoria quello per gratia speremo in Dio de relevare et drezare un minerale a Thamavo sotto el monte de Crose (...)”. Anno 1506, 30 luglio. Supplica del luogotenete della Patria del Friuli al Consiglio dei X perchè si riatti la strada che da Comeglians conduce, passando per Forni Avoltri, in Cadore perchè “Minerali et partecipi de la miniera posta nel monte davanzo (...)” siano favoriti nei trasporti del minerale. Anno 1507, 22 giugno. Alcuni documenti testimoniano l’applicazione del codice minerario in una controversia sulla Miniera di Avanza, investendo i legittimi proprietari, che viene denunciata al Consiglio dei X. Un episodio, uno dei tanti, di disputa tra i proprietari contro due tedeschi che riconosciuti colpevoli vengono banditi. Anno 1517, 16 marzo. M.tro Leonardo Barberio di Tolmezzo e ser Floriano Janis di Tolmezzo si obbligano di condurre a loro proprie spese a Venezia Giovanni Carlevario di Luincis “(...) pro faciendo prova de minera del sabion (...)” e di far venire un “(...) magistrum alemannum (...)” (pure a loro spese) per far lavorare detta miniera. Anno 1557, 29 luglio. Il Cameraro del Comune di Udine ser Francesco de Franceschinis conviene con Lorenzo di Giacomo e Bernardino di Giovanni filaferro di Ponteba (...) che gli stessi per il prossimo S. Michele diano al Comune predetto 129 canne di ferro dè archibugio che resistessero a doppia quantità di polvere e abbiano i suoi serragli e siano tutti uniformi, giusto il modello consegnato da ser Bettino Ettori Prefetto all’armamento di Udine (...). Anno 1598, 7 marzo. Lettera indirizzata al Mons. Pievano di Gemona. “In questo punto io ho ricevuto la honorata di S.V. Rev.da et subito da me fu esseguito il tutto (...) et quanto prima si manderà la roba la quale sono in trenta e due casse di archibusi et Moschetoni la qual Roba partiene a papa Clemente Octavo Nostro Signore (...)”. Anno 1642, 2 gennaio. Investitura della miniera di Avanza. “Desiderando li signori Liberal quondam Christofforo Fabris, Francesco Giera quondam Giacomo et Pietro de Christofforo Soler, tutti di Cadore, di essere investiti in una miniera da loro ritrovata nella montagna detta Avanzo. (...) di tener goder, posseder et usufrutuar perpetuamente, et cavar, et far cavar oro, argento, rame, piombo, tutia, stagno, ferro et ogni altra sorte di minerali (...)”. Anno 1642, 3 gennaio. Concessione dei boschi di Avanza e Sezzis ad uso della miniera di Avanza. “Essendo che siano stati da noi Antonio Piscina, Vicario Generale delle miniere dell’Eccelso Conseglio di X, investiti li signori Liberal Fabris, Francesco Giera, et Pietro Soler 44 in una miniera posta nella montagna detta Avanzo. (...) concediamo auttorità et licenza alli signori Investiti, di poter (...) tagliar e far tagliar quella quantità di legne che bisognerà per tal serviggio (...)”. Anno 1642, 14 febbraio. Revoca alla concessione del 3 gennaio 1642. “A 3 Genaro ultimo passato Noi Antonio Piscina, Vicario Generale delle miniere (...) concedessiomo auttorità, et licentia alli Signori Liberal Fabris, Francesco Giera, et Pietro Soler, minerali, di poter per serviggio della loro miniera tagliar, nelli boschi delle montagne di Sesi et Avanzo (...) quella quantità di legne che fossero state necessarie. (...) tal licenza viene ad esser in qualche modo pregiudiale agli interessi publichi (...). (...) dichiariamo nulla cassa, anulliamo, et abbolimo in tutto (...). Concediamo (...) alli Signori minerali di poter (...) tagliar quella quantità di legne che sarà bisognevole nel bosco comune della Valle di Visdende (...). Con espressa prohibitione ad essi minerali di poter valersi di detti boschi in altre loro occorenze ma effettivamente poner il tutto in serviggio et benefficio d’essa miniera (...)”. Anno 1643, 9 maggio. Investitura della miniera di Avanza. “(...) dalli Signori Giovann Giera fo de ser Giacomo, Christofforo Fabris fo de ser Liberal, ambi di Cadore, et Christofforo Soler di Sappada, che dobiamo investirli nelle miniere di Avanza (...). (...) tenir goder, posseder et usufruttuar perpetuamente et cavar et far cavar oro, argento, rame, piombo, tutia, stagno, ferro et ogni altra sorte di minerali (...)”. Anno 1657, 8 agosto. Investitura della miniera di Avanza. “Desiderano sommamente li signori Liberal quondam Christofforo Fabrij, Francesco quondam Giacomo Gieria, et Pietro quondam Christofforo Soler, di essere confirmati, et novamente investiti, nella miniera posta nella montagna d’Avanzo (...) posseder et Il Monte Avanza. In primo piano il villaggio minerario. 45 usuffruttuar perpetuamente dette miniere, et buse, et in quelle cavar, et far cavar oro, argento, rame, piombo, tutia, stagno, ferro, et ogn’altra sorte di mineralli, et mezo mineral, et fare sino a tre buse (...) conforme ad essi Capitoli Minerali, salva però sempre, et specialmente riservata, la decima, respettivamente spettante a questo Serenissimo Dominio (...)”. Anno 1657, 8 agosto. Concessione di alcuni boschi ad uso della miniera di Avanza. “Sendo necessario proveder de boschi per serviggio della miniera, et buse, che hoggi sono stati investiti, li Signori Liberal Fabris, Francesco et fratelli Giera di Cadore, Pietro Soler di Sapada, et Pasin et fratelli Gamba di Conegliano (...) tagliar quella quantità di legne che sarà bisognevole nel bosco commun della Valle de Visidende (...) di Sese et Chiaviglion (...) nella Villa d’Antola (...) giù per il Giau della Camozza (...) fino alla cima del monte di Vissada (...). Item nel bosco sopraposto al monte di Avanzo (...) nelli boschi communi della Villa di forno (...) et sino al bosco bandito di san marco (...)”. Anno 1658, 27 settembre. Proclama che vincola il bosco di Avanza ad uso della miniera. “(...) del presente proclama d’esser pubblicato ad istanza delli Nobiluomini Signori Giacomo Gera, et Giacomo Fabris di Cadore, per nome loro, et delli signori fratelli Gamba di Coniano, (...) che niuno sia di che stato, grado, et condition esser si voglia, non ardisca (...) di tagliar, ne far tagliare taglie, taglioni, ne altra sorte di legnami nel bosco di Avanza (...) si non per uso, et beneficio delle Miniere (...)”. Anno 1717, 6 settembre. Il Luogotenente della Patria Giovanni Sagredi scriveva al Gastaldo di Pontebba “Avuta recente notizia che nell’ingresso della Ponteba Veneta a man destra verso l’acqua potesse esserci principio d’una miniera d’argento vivo nelle rovine d’una casa diroccata con la caneva (...). E raccolta anche una piccola mostra di questo ne abbiamo hieri fatta la misura e rassegnate tali notizie agli Ecc.mi Signori del Consiglio dei X sopra le miniere, commentiamo alla S.V. che spedisca immediatamente gli ordini opportuni perché sia custodito quel sito e prohibito a chi sia i farvi lavori (...)”. Anno 1793. Allegazione di documenti del comune di Pontebba contro la concessione di una miniera di piombo a Luigi Calice nel Monte Glazat, contrastato fra i comuni di Dogna e di Pontebba Anno 1862. Lettera di investitura alla Società Montanistica Veneta della miniera del monte Avanza. “(...) la investitura di 2/due/ misure semplici di campo minerale sotterraneo per l’escavazione del rame grigio/Fahlerz/ con galena di piombo argentifero, scoperto coll’indagine libera n°21 del 1858 nella località di Avanza (...) sul fondo appartenente alla Società stessa, in parte alla ditta Romanin di Forni Avoltri e Solero di Sappada (...).” 46 LINEAMENTI GEOLOGICI Illustrare, sinteticamente, la successione degli eventi geologici della regione e dei terreni ad essi connessi è necessario al fine di fornire un inquadramento, di massima, delle formazioni sedi di manifestazioni metallifere. Le rocce affioranti sono per la quasi totalità d’origine sedimentaria e d’ambiente generalmente marino o transizionale; sono presenti anche rocce effusive, ma sono molto limitate nell’estensione ad una stretta fascia. Le rocce più antiche sono datate all’Ordoviciano (Caradociano) e sono prevalentemente costituite da sedimenti terrigeni (arenarie, siltiti e rari conglomerati) deposti in un mare non molto profondo prossimo ad una terra emersa. Nel Siluriano si verifica un approfondimento dell’area ed una trasgressione marina causata anche dallo scioglimento delle calotte polari, si depositano così sedimenti di mare aperto: calcari ed argilliti. Nel Siluriano superiore si passa ad una fase regressiva e si riscontrano le più antiche mineralizzazioni sfruttate: in un mare epineritico agitato ed ossigenato, ove potevano avvenire variazioni rapide del livello marino sedimentarono depositi ricchi di ferro e manganese a prevalente struttura oolitica. Durante il Devoniano inferiore e medio, continua la tendenza regressiva del livello marino già iniziata alla fine del Siluriano con la deposizione di calcari di mare basso sui quali si svilupparono scogliere coralline. Le piattaforme devoniche, a causa di periodiche emersioni, subirono la carsificazione con formazione di doline e karren, ed è in quest’ambiente che si depositarono e concentrarono solfuri. Nel Devoniano sup. e Carbonifero inf.-sup., le piattaforme carbonatiche ed i complessi di scogliera lentamente sprofondano a causa di una fase di rifting. Si formarono, come conseguenza, calcari di mare profondo, ma anche rocce argillitico-arenacee e brecce calcaree deposte per effetto di correnti di torbida che si staccavano dalla scarpata continentale verso le profondità abissali. Nel Carbonifero inf.-sup. la fase di rifting provoca la risalita di magmi. Questi danno luogo ad un vulcanesimo sottomarino con formazione di particolari rocce basaltiche ricche in Na (spiliti e keratofiri); in queste sono presenti stockwork variamente mineralizzati a solfuri, ossidi e silicati dovuti probabilmente ad un evento idrotermale durante il raffreddamento di una struttura vulcanica. Nel Carbonifero sup. si sviluppa l’Orogenesi Ercinica, che coinvolgerà tutti i sedimenti deposti in precedenza, con la formazione di una catena montuosa. Questa sarà rapidamente smantellata con la deposizione di sedimenti clastici quali conglomerati, arenarie e peliti di ambiente deltizio con paludi costiere. Con il Permiano inf. proseguono i movimenti epirogenici con formazione di limitate scogliere (Creta d’Aip). Nel Permiano medio i movimenti continuano con l’instaurarsi di condizioni continentali rappresentate dalla deposizione d’arenarie rosse (Arenarie della Val Gardena). La situazione paleoambientale d’epicontinentalità consentì l’alternarsi d’ambienti ossidanti e riducenti. Questi favorirono la concentrazione di solfuri e di sostanze vegetali e sapropelitiche cui sono spesso associati anche minerali radioattivi. Nel Permiano sup. le pianure aride vengono episodicamente invase dal mare con la genesi di depositi evaporitici (gessi e dolomie evaporitiche), poi il mare si estende 47 definitivamente sulle terre emerse e con condizioni di mare basso finisce l’era Paleozoica. Tale ambiente perdura anche nel Triassico inf. (Werfeniano) con calcari, calcari marnosi, siltiti e arenarie, ma è nell’età successiva che iniziarono a presentarsi condizioni favorevoli alla metallogenesi. Nell’Anisico si svilupparono inizialmente condizioni di piattaforma carbonatica che una vivace tettonica portò prima ad emergere e poi a sprofondare e ad essere ricoperta da sedimenti carbonatici e terrigeni di ambiente più profondo. Durante il Ladinico, dove non si svilupparono le piattaforme carbonatiche, una potente successione bacinale chiude spesso la diversa evoluzione dell’Anisico. Nel Ladinico, ma già nell’Anisico sup., avvengono episodi vulcanici con deposizione di porfidi e tufiti ed immissione di ioni metallici diffusi nei sedimenti bacinali e concentrati entro le masse carbonatiche di piattaforma o d’alto strutturale. Nel Ladinico si ebbero condizioni favorevoli alla metallogenesi solo ad oriente, per esempio a Raibl, dove i margini della piattaforma, interessati da faglie, funsero da trappola per le mineralizzazioni a solfuri. Con il Carnico continuano a coesistere ambienti diversi ed a persistere zone di piattaforma. In alcune aree, localmente emerse, si passa gradualmente a condizioni marine, spesso precedute da ambienti lagunari, che si ripresenteranno alla fine del periodo con la deposizione di gessi e dolomie cariate. Le condizioni di piattaforma carbonatica permangono anche nel Norico (Dolomia Principale) e Retico (Calcare del Dachstein) associate a zone di bacino anossico (Dolomia di Forni). Mineralizzazioni, ad ematite, interessarono la Dolomia Principale dando luogo più ad un’attività di ricerca che di estrazione vera e propria. Nel Giurassico e nel Cretacico, periodi nei quali prevalgono depositi carbonatici sia di piattaforma (a SE) che di bacino (a NW), non si rivelano mineralizzazioni degne di nota e bisogna arrivare al Terziario per segnalare modesti affioramenti metalliferi. Tutti i sedimenti dei precedenti periodi sono stati coinvolti, già alla fine del Cretacico, dall’orogenesi alpina con il formarsi dei primi rilievi che vennero progressivamente erosi dando origine ad un’unità costituita da un’alternanza di sedimenti arenaceo-calcareo-marnosi chiamata Flysch. Entro questi sedimenti sono state rinvenute piccole aggregazioni di mercurio. Nei terreni più recenti si segnalano mineralizzazioni utili solo nelle molasse del Miocene di Chianet di Peonis, dove in condizioni di piana deltizia entro sedimenti arenacei, ricchi di materia organica, si sono formati noduli di ferro. Tali mineralizzzaioni furono sfruttate nel XIX secolo, ma forse anche nel XVI, e poi abbandonate per la scarsa qualità del minerale. Le mineralizzazioni metallifere di una certa importanza sono, quindi, limitate essenzialmente all’intervallo Silurico-Triassico. Le epoche metallogeniche Le mineralizzazioni metallifere sono connesse, prevalentemente, a rocce sedimentarie e sono presenti sia nei terreni paleozoici, che in quelli mesozoici. Nei terreni cenozoici queste sono scarse e di poca importanza anche se hanno alimentato una seppur limitata attività estrattiva. Sono riconoscibili ben precisi intervalli stratigrafici legati a particolari situazioni paleogeografiche che hanno favorito la deposizione e concentrazione di mineralizzazioni polimetalliche. 48 Alcuni autori della scuola “plutoniana” in contrasto con la “nettuniana”, ritengono che gran parte dei giacimenti, se non la totalità, abbia avuto origine da fluidi magmatici che meglio spiegherebbero il gran numero di minerali presenti e la loro concentrazione in giacimenti. Ora si propende, almeno per quei giacimenti dove il controllo paleogeografico è evidente ed ha avuto un importante ruolo nella formazione del giacimento, a classificarli come sinsedimentari e/o supergenici. I dati geochimici, isotopici, strutturali e tessiturali delle rocce e le ricostruzioni paleogeografiche riescono a spiegare come moltissimi fenomeni, interpretati come di origine magmatica, si possono altrettanto bene interpretare con eventi a bassa entalpia, spesso legati ai soli processi diagenetici. Paleozoico Nel Paleozoico si localizzano due orizzonti metalliferi: nel Siluriano e nel DevonianoCarbonifero. Nel Permiano le mineralizzazioni uranifere, le uniche sede di ricerca, non hanno rivelato grande interesse, per il loro sfruttamento, se non dal punto di vista scientifico, a causa della scarsa consistenza degli affioramenti. Siluriano Le mineralizzazioni a ferro-manganese, con ematite, magnetite, siderite, pirolusite ecc., del Monte Cocco sono datate Wenlock sup.-Ludlow in una fascia potente e in parte continua, che si estende, assottigliandosi, con direzione E-W dal Monte Osternig fino ai rilievi di Volaia. La deposizione dei sedimenti è avvenuta in acque marine di bassa pro- La Val Rauna a nord di Ugovizza: sullo sfondo il Monte Cocco. 49 fondità che le onde agitavano continuamente. Notevole doveva essere la presenza di sostanza organica, si rinvengono, infatti, molti resti fossilizzati soprattutto di ortoceratidi, trilobiti e gasteropodi, che hanno subito un processo di fossilizzazione in ematite. La precipitazione dei minerali è probabilmente connessa ad un insieme di fattori ambientali: un ambiente marino poco profondo a circolazione ristretta e l’attività batteriologica, che ha favorito bassi valori d’Eh, hanno causato la precipitazione di ferro e manganese. Analoghi depositi di natura oolitica sono presenti, allo stesso momento, in una ripartizione quasi mondiale e coincidente con vaste trasgressioni; tutti questi depositi sono legati ad ambienti prossimi alla costa. Devoniano L’orizzonte mineralizzato, caratterizzato dalla presenza di solfuri e solfosali, con prevalenza di tetraedrite, blenda, calcopirite, galena, cinabro, ecc. in una ganga di barite, fluorite e quarzo, è compreso tra il paleorilievo Devonico e la formazione trasgressiva del Carbonifero e ha un andamento E-W. Interessa quindi quasi tutti gli affioramenti devonici delle Alpi Carniche, dal passo di Monte Croce Comelico fino a Coccau. La serie carbonatica del Devoniano affiora con spessori notevoli, anche di 1000 m, lungo il confine italo-austriaco e costituisce il substrato della mineralizzazione. Le formazioni eodevoniche e mesodevoniche sono costituite da calcari più o meno stratificati di piattaforma, ma anche da calcari nodulari e reticolati in facies pelagica; succedono, nella zona centrale dell’area, calcari ben stratificati. Probabilmente il controllo ambientale e stratigrafico ha influenzato una prima concentrazione di ioni metallici nei sedimenti costituenti le piattaforme carbonatiche di mare basso. Successivamente le formazioni devoniche subirono localmente fasi di emersione con il conseguente instaurarsi di un carsismo che ha interessato formazioni di diversa età. Si formarono cavità, rill-karren, fratture e solchi successivamente riempiti dai sedimenti trasgressivi del Carbonifero che si presenta con depositi terrigeni, argilliti, siltiti, arenarie ed alternanza di brecciole, nella formazione dell’Hochwipfel e con prodotti di vulcanismo basico, spiliti e keratofiri della formazione del Dimon. Entro le tipologie carsiche si concentrarono gli elementi metallici derivanti dall’alterazione dei calcari e probabilmente da soluzioni ricche in ioni metallici originate lungo le dorsali oceaniche. I corpi minerari hanno forme che rientrano tendenzialmente in tre tipologie: - corpi stratiformi; seguono l’andamento non molto accidentato del paleorilievo devonico con spessore che può variare da alcuni centimentri a qualche metro, sono caratterizzati da una diffusa silicizzazione oppure da spatizzazione in grosse plaghe. La mineralizzazione metallica è presente in concentrazioni molto variabili e si può riscontrare anche sotto l’orizzonte silicizzato. - vene e filoni; normali o molto inclinati rispetto alla stratificazione, hanno una potenza variabile dal mm ad alcuni m e interessano, per 50 e più metri di profondità, il substrato devonico con una notevole continuità areale. Si tratta di filoni sedimentari più volte riattivati e riempiti da brecce. - riempimenti di karst; è un’evoluzione, con carsismo più spinto, del tipo precedente e si presenta con forme irregolari in piccole cavità oppure in cavità di più ampie dimensioni con mineralizzazione associata alla breccia carbonatica della roccia incassante. La po50 tenza dei riempimenti varia da alcuni m a decine di m e la mineralizzazione è costituita da fluorite massiccia, barite e solfuri. Nelle mineralizzazioni sono presenti tessiture primarie, di deposizione sia chimica sia meccanica, anche se predominano le tessiture dovute a fenomeni di ricristallizzazione e ad eventi di rimobilizzazione s. l. sin- e post-diagenetici. La varità delle paragenesi riscontrate, da numerosi studi svolti, è stata spiegata o come legata a differenti zone paleogeografiche o come correlata alla zonazione metamorfica della fase orogenica ercinica che interessò nel Carbonifero sup. questi terreni e che presenta anch’essa una differenziazione da NW a SE. Entrambe le ipotesi, in ogni caso, concordano in generale sul fatto che il controllo ambientale sulle mineralizzazioni è stato fondamentale. Nella tabella sono indicate le paragenesi, con i minerali più frequenti, che si riscontrano da W verso E: Monte Peralba cinabro (Hg) Monte Avanza tetraedrite, barite, blenda (Ba, Cu, Zn) Monte Volaia fluorite, blenda e quarzo (F, Zn) Monte Coglians tetraedrite e blenda, quarzo (Cu, Zn) Pizzo di Timau blenda, calcopirite, tetraedrite e barite (Zn, Cu, Ba) Comeglians barite, fluorite (Ba, F) Monte Zermula paragenesi povera di blenda e tetraedrite Monte di Val Dolce-Monte Cavallo fluorite, blenda, galena, quarzo (F, Zn, Pb) Creta di Pricot-Monte Malvueric blenda, galena, quarzo (Zn, Pb) Coccau-Thorl barite, quarzo, blenda (Ba, Zn) Aree di affioramento dei terreni devoniani. Le zone distinte paleogeograficamente, indicate con le lettere, sono delimitate da paleofaglie rappresentate dalle linee tratteggiate. Zona A: mineralizzazioni del M. Palombino, M. Peralba e M. Avanza; zona B: mineralizzazioni del M. Volaia, M. Coglians, P. di Timau e M. Zermula; zona C: mineralizzazioni del M. di Val Dolce e M. Cavallo; zona D: non mineralizzata; zona E: mineralizzazioni di Coccau/Thorl (da Venerandi Pirri, 1978). 51 Permiano La prospezione uranifera ha interessato le Arenarie della Val Gardena, che rappresentano il prodotto del disfacimento subaereo delle formazioni più antiche. Esse, dal punto di vista litologico, sono rappresentate da arenarie quarzitiche con matrice d’origine detritica costituita da miche e quarzo, ed in parte con cemento chimico a limonite e calcite. In senso verticale questa formazione presenta variazioni legate principalmente all’evoluzione ambientale più che variazioni di tipo mineralogico. Nei livelli basali si rinvengono resti organici, costituiti prevalentemente da flore fossili per lo più indeterminabili, tronchi carbonificati e silicizzati e straterelli carboniosi concordanti con la stratificazione. Entro la formazione sono stati individuati più adunamenti uraniferi sempre strettamente connessi con i livelli carboniosi. Le mineralizzazioni ad uranio compaiono, con maggior frequenza e con tenori più elevati, ad occidente, rarefacendosi e diminuendo d’importanza fino a non essere più frequenti nella parte orientale della regione. Tutti i caratteri di queste mineralizzazioni le legano a particolari processi sedimentari ed è evidente la correlazione tra minerogenesi e sviluppi sedimentari legati alle fasi dell’ingressione marina permo-triassica. Nel corso di questa i terreni della catena ercinica furono erosi e l’uranio contenuto in essi, liberato, si fissò alle peliti organiche ed ai resti organici degli ambienti riducenti di transizione presso i delta fluviali o le lagune costiere. Mesozoico Nella successione dell’Anisico, Ladinico, Ladinico-Carnico e Norico sono presenti più orizzonti mineralizzati. Alla luce degli ultimi studi viene considerata di origine Galleria della “Miniera bassa” del Rio del Fous in Val Aupa. 52 13 13) Sovrascorrimento 12) Faglia principale 11) Rocce ignee: vulcaniti 10) Paleozoico:argilliti,siltiti ed arenarie 9) Paleozoico: calcari in prevalenza 8) Triassico: arenarie e marne in prevalenza, evaporiti 7) Triassico: dolomie e calcari dolomitici in prevalenza 6) Giurassico: calcari in prevalenza selciferi ed oolitici 5) Cretacico: calcari di piattaforma 4) Eocene-Paleocene: calcari del Carso 3) Eocene-Paleocene: Flysch 2) Miocene-Oligocene: depositi clastici 1) Quaternario 11 1 Casera Pramosio-Casera Malpasso-Monte ScarnizMonte Avostanis 2 San Giorgio di Comeglians 3 Povolaro 4 Timau 5 Monti Pal Grande e Pal Piccolo 6 Monte Coglians-Creta della Chianevate-Creta di Collina e di Collinetta 7 Monte Avanza 8 Ovasta 9 Monte Valmedan 10 Rio Sglirs 11 Rio Fuina 12 Forni di Sotto 13 Passo della Mauria 14 Rio Ugovizza 15 Monte Acomizza (Val Bartolo) 16 Cinquepunte 17 Monte Bruca 18 Monte Cocco 19 Creta di Pricot-Sella della Pridola-Monte Malvuerich Alto 20 Monte di Val Dolce 12 7 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 21 22 23 24 25 26 27 3 4 5 1 Rio Sciaid (Monte Prisnig) Rio Gelovitz Rio del Fous Rio dell’Andri Cereschiatis Plantoni (Pontebba) Vetta Secca (MalborghettoValbruna) Monte Flop Monte Glazzat-Rio Glazzat Rio del Louf Cave del Predil Rio Terra Rossa Peonis Roncat Montefosca Matajur San Pietro di Poloneto Cravero Spessa Ravinis Monte di Sutrio 8 2 6 Carta geologica semplificata della Provincia di Udine (da Martinis, 1977) e localizzazione delle miniere e mineralizzazioni descritte nel testo. 14) Sovrascorrimento o faglia inversa sepolti 53 33 4 9 28 30 26 23 24 25 40 34 32 22 17 10 20 19 35 15 36 17 38 31 21 37 39 14 27 18 sedimentaria la genesi delle mineralizzazioni a Pb, Zn, F, Ba legate a piattaforme carbonatiche triassiche delle Alpi Meridionali tra le quali quelle della Val Aupa e Raibl. Certamente essa è stata complicata da eventi diagenetici, tettonici, idrogeologici con rimobilizzazione e riconcentrazioni ricorrenti. Anisico I giacimenti in Val Aupa del Rio dell’Andri e del Rio del Fus, dell’Anisico superiore (Pelsonico) sono legati ai margini della piattaforma carbonatica della Formazione del Serla carsificata. Questa ha funzionato da trappola per la deposizione, principalmente di fluorite, in superfici irregolari o tasche di varie dimensioni. La genesi sedimentaria trova conferma anche dall’analisi delle terre rare (Tb/Ca-Tb/La) contenute nella fluorite. Ladinico - Carnico Per molto tempo la genesi del giacimento di Raibl era stata attribuita (in particolare da Dino di Colbertaldo nei suoi molti lavori sull’argomento) a più venute idrotermali che, iniziate nel Triassico, erano continuate successivamente, con pause e riprese, fino in età alpina. In più momenti l’idrotermalismo avrebbe fatto risalire fluidi mineralizzati lungo fratture interessanti le formazioni ladiniche, depositando minerali. Ora molti Autori sostengono una genesi legata a processi sedimentari e/o diagenetici. L’origine dei metalli è attribuita o ad attività vulcanica, che ha arricchito in ioni metallici l’acqua marina, o a liscivazione da un continente a substrato vulcanico. È più probabile la seconda ipotesi, vista la composizione isotopica del piombo presente nella galena di Raibl indicata come anomalia B (da Bleiberg), vale a dire ereditarietà del piombo da preesistenti pre-concentrazioni: l’età assoluta del piombo, infatti, è di 345 milioni di anni, corrispondente approssimativamente all’età del confine DevonianoCarbonifero, mentre le rocce nelle quali si è depositato hanno un’età di 218-212 milioni di anni. L’apporto di zolfo, per la formazione di solfati e solfuri, può essere derivato da sostanze presenti nei depositi bacinali ricchi di sostanze organiche, bituminose e carboniose, o da dissoluzione di formazioni ricche in solfati. L’arricchimento è avvenuto poi nelle piattaforme circostanti grazie a brine metallifere che hanno depositato i metalli. Da trappola, per la deposizione dei minerali, hanno funzionato le zone di transizione tra le piattaforme carbonatiche epicontinentali e gli adiacenti bacini scarsamente ossigenati. In queste zone di transizione si è instaurata una tettonica estensionale che ha portato alla formazione di horst e graben. Le mineralizzazioni, a seconda delle trappole metallogeniche, possono essere sia stratiformi sia discordanti. Nel giacimento di Raibl, interessante la parte superiore della Dolomia dello Schlern del Ladinico ed il Carnico inferiore, le trappole sono state le faglie che hanno esercitato un effetto drenante sulle acque connate, sia in fase diagenetica sia post-diagenetica, comportando la deposizione di minerali. Molti campioni forniscono indizi di deposizione sinsedimentaria o di fenomeni supergenici tardivi in parte di tipo carsico. Per esempio le stalattiti di galena e sfalerite con pirite come molti campioni prelevati in miniera, evidenziano un’alternanza millimetrica di dolomite, barite, blenda e galena con strutture tipicamente d’ambiente sedimentario quali slumping, brecciole ecc.. 54 Un’altra area che ebbe una certa importanza estrattiva è quella del Canal del Ferro dove sono presenti miniere sfruttate fino al XVII secolo. Lungo il Rio Gelovitz, ma anche nelle zone adiacenti, ove affiora la dolomia dello Schlern, si riscontrano livelli da cm a dm mineralizzati a solfuri di ferro. La genesi sarebbe imputabile a condensazione sindeposizionale, in un bacino con caratteristiche riducenti, di solfuri che ossidandosi hanno successivamente formato crostoni limonitici. Nella Val Dogna il toponimo Rio Terra Rossa, chiamato dai locali “Rio dai Balins” (Rio dei Pallini), prende il nome da un orizzonte mineralizzato ad ematite e pirite pisolitici; la matrice alterandosi libera le pisoliti. Tali orizzonti evidenziano delle locali emersioni al tetto della piattaforma dello Schlern con formazione di tasche con paleosuoli a terra rossa. Norico Lungo la prosecuzione orientale dei Monti Musi sulle pendici orientali del Monte Nischiuarch nella Dolomia Principale sono presenti dei livelli di ematite che seguono i giunti di strato. La deposizione di queste mineralizzazioni, avvenuta in ambiente marino, è causata da variazioni chimico-fisiche dell’ambiente che hanno fatto precipitare il ferro. Cenozoico Nei depositi del Cenozoico gli unici affioramenti sicuramente sfruttati sono stati quelli a pirite e marcasite di Peonis. Sporadici e casuali rinvenimenti di mercurio nativo sono avvenuti nelle Prealpi Giulie meridionali ove in passato ne erano raccolte modeste quantità. Queste mineralizzazioni rivestono scarsa importanza per la modesta qualità del minerale o per la sporadicità degli affioramenti. Paleocene - Eocene La presenza del mercurio nativo fu osservata in più luoghi della fascia flyschoide delle Prealpi Giulie: Montemaggiore, Montefosca, Cravero, Ronchi S. Giuseppe, S. Pietro di Poloneto e Spessa, ma non in quantità sufficiente per dar luogo allo sfruttamento. Il mercurio è sparso in goccioline nel flysch e probabilmente deriva dall’ossidazione del cinabro. Alvise Comel nel 1948, ipotizzava una risalita mineralizzante lungo alcuni lineamenti tettonici paralleli alla direttrice principale NW-SE delle catene in quell’area. Berce (1962), Drovenik (1990), Mlakar et al. (1996) datano l’evento mineralizzante idrotermale, con centro ad Idria, al Trias medio, quindi ben prima dell’inizio del corrugamento alpino. È ipotizzabile, in definitiva, che in seguito i sedimenti mineralizzati, coinvolti dai movimenti orogenetici, siano stati erosi e risedimentati dando origine al flysch contenente mercurio. Miocene Nella Val Tremugna presso Peonis affiorano depositi di piana deltizia caratterizzati da arenarie, siltiti e conglomerati datati Miocene entro i quali si rinvengono livelli di lignite e noduli di pirite e marcasite. Data l’abbondanza in particolare di questi ultimi, tali mineralizzazioni furono sfruttate fino al 1847, assieme alla lignite. 55 I GIACIMENTI E LE MINERALIZZAZIONI DELLA PROVINCIA Premessa Vengono prese qui in esame solo le mineralizzazioni che hanno avuto una certa rilevanza storica e quelle più note. Lo scopo che si prefigge questo lavoro è, quindi, quello di fornire una base per ulteriori indagini e non ha assolutamente la presunzione di essere esaustivo; lo si può considerare, quindi, come un “canovaccio” di partenza per lavori specifici ed interdisciplinari. Carnia Casera Pramosio-Casera Malpasso-Monte Scarniz-Monte Avostanis L’area è disseminata dalla mineralizzazione che interessa i calcari carsificati del Devonico al contatto con la formazione trasgressiva dell’Hochwipfel. Sono quindi vari i punti interessati da coltivazioni che iniziarono certamente nel Basso Medioevo, come testimoniato da concessioni minerarie, e forse anche prima. Nell’area si segnalano molte gallerie e pozzi che hanno però perso, tranne rari casi, tutte le caratteristiche di cunicoli e gallerie minerarie a causa del loro riutilizzo durante la Prima Guerra Mondiale. Bisogna rifarsi quindi ad osservazioni fatte alla fine del XIX secolo per avere dati più attendibili. Angelo Coppadoro riportava, nel suo lavoro del 1902, una notizia inedita del 1856 che gli fu comunicata dal dott. Gortani “Vi esistono tuttora due gallerie, una è presso la prima stazione della malga ed è profonda circa 40 metri, incavata nel vivo sasso; l’altra è sull’alto, nel pizzo Avostana, presso lo stagno che trovasi lungo il sentiero di Pal”. Pendici del Monte Avostanis. 56 Nella zona è segnalata, in prossimità di una cava di marmo, una galleria medioevale, tuttora percorribile, nella quale sono presenti i segni dell’escavazione eseguita mediante punta e mazza. Gallerie sono presenti anche nell’Avostanis (Blaustein, cioè roccia blu), per la presenza d’azzurrite, la cui evidente colorazione ha attirato molti minatori medioevali che hanno scavato cunicoli e pozzi. I minerali presenti sono la tetraedrite, calcopirite con tracce di bournonite, calcosina, covellina, pirite, cuprite, tenorite, pirargirite, azzurrite, malachite e ocre d’antimonio in una ganga calcarea silicea. Sono inoltre presenti la blenda, galena e barite. La genesi è legata alle manifestazioni magmatiche sottomarine, con arricchimento dei calcari in ioni metallo per deposizione time e strata bound ed il successivo riempimento di paleomorfologie carsiche. San Giorgio di Comeglians Le prime notizie mineralogiche su questa località si devono al Taramelli che nel 1869 parla delle osservazioni fatte nella Valle del Torrente Degano inerenti “(...) dei filoncelli di Fahlerz, di Galena, e di Pirite di S. Giorgio, di Monajo e di Povolaro (...) che riscontrasi per tutto il tratto indicato sulle due sponde del Degano. (...) Anche nella località (...) di S. Giorgio di Comeglians, non ho potuto osservare alcuna continuità negli sporadici affioramenti di Fahlerz quantunque fossero (...) visibilissimi per la decomposizione del minerale in carbonati idrati”. Il Marinoni menziona la località nota per lo “fahlerz” (tetraedrite o rame grigio), la galena, la stibina?, l’azzurrite e la malachite “(...) amorfa terrosa al contatto degli argilloschisti coi calcoschisti e coi calcari marmorei nel colle su cui posa la chiesuola di S. Giorgio a nord di Comeglians (...)”. L’area di San Giorgio di Comeglians. 57 La tradizione orale vuole, che nel periodo che va dal 1300 al 1500 siano state coltivate delle miniere d’argento e rame, il cui minerale era lavorato nei forni fusori presenti nel luogo. Non ci sono, però, testimonianze che la avvalorano se non documenti, molto generici, che fanno riferimento ad un’area molto ampia e difficilmente identificabile con quella in oggetto. È certo però che nel 1940, quando iniziarono le prime attività di ricerca documentate, sono già presenti antiche gallerie che furono attribuite, non si sa su quali indizi, al Medioevo. Anche durante la realizzazione di uno scavo questo incontrò, a detta degli operatori, un’antica galleria Medioevale. Alla fine del 1940 con il permesso di ricerca “Comeglians” da parte di una società locale, con la responsabilità prima di Vito Watschinger ed in seguito di Marcello Stua, furono praticati lavori di ricerca realizzando dei saggi. Fu effettuata anche una modesta estrazione orientata alla barite, almeno fino al 1950 quando Marcello Stua affidò, visti gli scarsi risultati, al perito Tosoni una relazione tecnica! “Premesso che la mia percezione psichico-rabdomantica, adottando un metodo scientifico personale, mi dà la possibilità di individuare acque e minerali nel sottosuolo, accettai dal sig. geom. Marcello Stua l’incarico di prospezionare la zona a lui interessante (...)” e conclude la relazione chiarendo che si rendono, in ogni caso, necessari sondaggi o pozzi d’accertamento. I lavori di ricerca iniziarono, nel 1941, soprattutto con l’impostazione di due gallerie sul versante sinistro del Rio da Rossa a quota 538 m. La galleria inferiore era lunga 95 m, a 580 m si trovava la galleria superiore, denominata Egidio Watschinger in memoria del figlio del primo amministratore, lunga 165 m. Furono compiute, come risulta dalle relazioni del Distretto Minerario di Trieste, anche ricerche in località Barcis ove “(...) fu eseguita una galleria lunga, una sessantina di metri, che fu però abbandonata non avendo dato risultato positivo”. Probabilmente la località è errata e dovrebbe trovare riscontro con il luogo di Barchia. Una galleria a San Giorgio di Comeglians. Sono evidenti i segni della mineralizzazione. 58 Le gallerie attraversarono le mineralizzazioni che presentavano una scarsa presenza di solfuri ed un’elevata percentuale di barite e fu verso la fluorite, ma soprattutto la barite, considerata la ganga della mineralizzazione, che fu accordato il permesso denominato “Maduignas”, nel 1964, alla ditta Maffei e C. di Trento. Nel 1951, l’ing. de Pangher-Manzini, capo reggente il Distretto Minerario di Trieste, scrisse una relazione geologica ed un programma dei lavori da eseguire al fine di razionalizzare le opere di sfruttamento del giacimento. Oltre alle indicazioni tecniche, puramente montanistiche, il consiglio era di investigare un’area più ampia ed esaminare, soprattutto, gli affioramenti delle località Toni Gana, Bolla Casa e Cristut prospicienti l’area interessata ed in sinistra orografica, ma anche quelli di Barchia e Ravascletto. Anche l’ing. Palese, che s’interessò a molte miniere della regione, chiese nel 1951 il permesso di compiere ricerche per la fluorite, barite e galena nella zona denominata “Povolaro”. Nel 1964 Dino di Colbertaldo e Giovan Battista Feruglio presentarono un lavoro giacimentologico dell’area interessata dalla mineralizzazione. Lo studio evidenzia la notevole quantità di barite, che si presenta in fitti aggregati lamellari e che talvolta forma sacche entro il calcare devonico. I minerali metallici sono piuttosto scarsi e costituiti principalmente da bournonite, tetraedrite con subordinate quantità di galena e pirite. È presente anche la fluorite che può presentarsi con colori rosa o violetti. Non sono menzionanti, invece, minerali di stagno o d’antimonio. Attualmente le due gallerie sono franate, almeno nella parte iniziale che interessava il detrito di falda, e gli ingressi non sono più rintracciabili, sono invece percorribili molte gallerie impostate direttamente nella roccia devonica. In queste sono evidenti le patine d’alterazione presenti come spalmature verdastre ed azzurre di malachite ed azzurrite e gialle d’ocre d’antimonio (?). La mineralizzazione interessa gli scisti grafitici di presunta età Silurica e i calcari Devonici. I minerali presenti sono la bournonite, tetraedrite, galena, blenda, pirite bravoitica (ricca in Ni), calcopirite, calcosina, barite, fluorite. Argento ed oro in tracce sono segnalati da vecchie analisi. È indicata, dubitativamente, anche la presenza di stannite. Dai carteggi in possesso emerge come la presenza di stagno sia fortemente dubitativa perché evidenziata (erroneamente?) in un’unica partita di campioni analizzati ed in nessun’altra; gli stessi proprietari erano arrivati alla conclusione di un’analisi poco attendibile. Il Magnani (1946) non riscontrò lo stagno nemmeno in tracce. La genesi è da considerarsi sedimentaria, complicata da successive rimobilizzazioni precoci per metamorfismo ercinico e probabilmente tardive per tettonica compressiva alpina. Povolaro La presenza di minerali di tetraedrite, galena e pirite è menzionata nel 1869 da Taramelli. Il Marinoni riprende quanto detto dal Taramelli scrivendo “(...) a Povolaro sulla sinistra del torrente Degano in faccia a Comeglians, alcuni anni or sono fu pure aperto un piccolo scavo in un filone di pirite e di stibina compreso in una ganga di quarzo e di scisti grafitici siluriani (o almeno precarboniferi); ma il prodotto era inapprezzabile e quindi ogni indagine fu abbandonata”. 59 Planimetria della zona di Povolaro, con riportate le gallerie (da De Pangher-Manzini, 1951). Foto del Gamspitz e rilievo della Grotta di Timau. 60 Il Marinoni menziona la stibina o antimonite, minerale di cui si dubita la presenza poiché gli affioramenti di Povolaro dovrebbero essere analoghi, dal punto di vista genetico e mineralogico, a quelli contigui di S. Giorgio di Comeglians. Sono presenti numerose opere per la ricerca di solfuri misti eseguite negli anni ’40 che, però, hanno rilevato soprattutto la presenza di barite. Nel 1951 l’ing. Giuseppe Palese richiese al Corpo delle Miniere di Trieste un permesso d’investigazione per la ricerca di fluorite, barite, blenda e galena nella zona denominata “Povolaro”. L’area, ricoprente una superficie di 230 ettari, includeva tutti gli affioramenti, sia quelli presenti a Povolaro che quelli di S. Giorgio di Comeglians. La genesi delle mineralizzazioni e paragenesi dei minerali è analoga a quella di S. Giorgio di Comeglians, mentre la situazione geologica è molto più complessa, a causa dello smembramento della compagine calcarea in più scaglie tettoniche. Timau Probabilmente, fin dai tempi antichi, si scavavano minerali di rame ed argento (?) nelle montagne nei dintorni di Timau, ma il primo documento risale al 21 gennaio 1489. Il rinvenimento di “ceramica pettinata”, in prossimità delle miniere, fa datare lo sfruttamento almeno al Basso Medioevo, ma probabilmente l’attività mineraria è ancora più antica. Altri documenti, 18 agosto 1490, 15 febbraio 1493, 1 dicembre 1506, 6 novembre 1577, 24 agosto 1578, attestano uno sfruttamento abbastanza continuo anche se in zone limitrofe all’abitato di Timau. Notizie su Timau sono riportate anche da Paolo Santonino nel suo “Itinerarium” in cui si descrivono le visite pastorali del vescovo di Caorle Pietro Carlo in queste regioni negli anni 1485-1487: “Postmodum circa horam XXIIm applicuit ad locum Timavi et ibi ea nocte remansit ubi est fons Timavi et nova fodina argenti, in qua tunc primun argentarius folles ceperat agitare pro argento ex vene lapidibus excutiendo”. Altre notizie le abbiamo il 29 giugno 1489 quando il governatore del patriarcato Buzio de Palmulis scrisse al prete Giovanni beneficiato in Paluzza “(...) Ville Timavi, que existit filialis ecclesie de Palucia cure tue, effossoribus minere argenti (...)”. Rilevamenti, fatti alla fine del XIX secolo, hanno evidenziato come sicuramente alcune gallerie siano state ampliate o realizzate artificialmente ed alcune sboccano sul fianco ripido del Monte Gamspitz. Così scriveva il Lazzarini nel 1903 dopo aver effettuato un sopralluogo nell’agosto 1897 “Che le grotte di Timau sieno state intaccate dalla mano dell’uomo, che questi vi abbia lavorato, tracce troppo palesi vi si scorgono tutt’ora, specialmente nella parte inferiore, per dubitarne (...). A destra ed a sinistra, nella viva roccia, si scorgono delle poderose intaccature, degli incavi di due per parte, a fronte, in cui, ben si comprende, dovette esserci un tempo, saldamente fissata una spranga, un travicello, od altro di simile (...)” e aveva ben intuito la possibilità che i minatori, raccolto il minerale, lo calassero dall’apertura strapiombante della parete rocciosa più in basso in un punto di facile raccolta e trasporto, all’apice del poderoso talus di detriti. Purtroppo, ora, sono di difficile interpretazione tutti i segni d’intervento antropico perché enormi modificazioni a cavità, gallerie e grotte anche naturali sono state fatte durante il conflitto 1915/1918, e forse anche in seguito, tant’è vero che, durante i rilevamenti del Circolo Speleologico ed Idrologico Friulano in una relazione d’uscita datata 1953 si scriveva: “Consta di numerose gallerie per complessivamente 200 m di sviluppo, 61 60 dei quali già utilizzati per scopi bellici, con opere in muratura, scale e feritoie in ottimo stato di conservazione”. La costante percolazione d’acqua ha ulteriormente celato tutti i segni di lavorazione rivestendo i cunicoli d’incrostazioni calcaree. La località “Schmelzhütte” (fornace fusoria), indica un’area dove il materiale estratto era lavorato e nella quale Giuseppe Girardi (1841) osservò i resti di forni fusori “A Timau esistono gli avanzi dei Forni di nobile metallo da me osservati nel 1808 (...)”. Attorno si rinvengono notevoli quantità di scorie che furono fatte esaminare da Angelo Coppadoro al prof. Senofonte Squinabol dell’Università di Padova. Le scorie rivelarono un’alta percentuale d’ossidi di Ca, Fe e Si che fu messa in relazione al trattamento cui era sottoposto il minerale al fine di estrarre il rame. La mineralizzazione a tetraedrite, calcopirite e pirite in ganga carbonatica interessa calcari carsificati del Devonico a contatto con la formazione trasgressiva dell’Hochwipfel. La genesi è legata alle manifestazioni magmatiche sottomarine, con arricchimento dei calcari di ioni metallo, per deposizione time e strata bound e riempimento successivo di paleomorfologie carsiche. Monti Pal Grande e Pal Piccolo I nomi di Pal Grande e Pal Piccolo compaiono in un documento del 1489, ed altri atti attestano l’esistenza di attività minerarie fino al 1578. I minerali allora ricercati erano rame ed argento, quest’ultimo estratto probabilmente dalla galena. Sono presenti gallerie, pozzi, probabilmente vecchi lavori rimaneggiati in tempo di guerra. La mineralizzazione interessa i calcari carsificati del Devonico a contatto con la formazione trasgressiva dell’Hochwipfel. I minerali presenti sono la blenda, tetraedrite, bournonite, calcopirite, pirite, galena e barite. La genesi è analoga a quella di Timau. Monte Coglians-Creta della Chianevate-Creta di Collina e di Collinetta Le mineralizzazioni più orientali, vale a dire quelle alle pendici della Creta di Collina e di Collinetta, furono sicuramente oggetto di sfruttamento in epoca Medioevale, il documento più antico che attesta uno sfruttamento locale è del 1578. La mineralizzazione interessa i calcari carsificati del Devonico a contatto con la formazione trasgressiva dell’Hochwipfel. Essa è di scarsa importanza per la modesta consistenza degli affioramenti disseminati a macchia di leopardo in un’area molto grande. I minerali presenti sono la tetraedrite, calcopirite, pirite, immersi in ganga quarzosa. La genesi è analoga a quella di Timau. Monte Avanza È la miniera che presenta la più lunga storia documentata, di sfruttamento o ricerca, iniziata nel 778, a più riprese e sospensioni e non ancora terminata. Molti documenti attestano uno sfruttamento che è continuato fino alla metà del ’600, e forse oltre, come documenta una lettera datata 1697 e scritta dal mineralogista De Kinger. Essa fa riferimento ad un’investitura avvenuta nel 1695 a favore del dott. Zuliani, concessione poi decaduta a causa del decesso del richiedente. Segue un periodo d’abbandono fino ai primi del XIX secolo quando fu riscoperta da un sappadino. Bisogna aspettare, 62 però, la metà del secolo perché vi siano testimonianze d’importanti lavori di ricerca e sfruttamento che, iniziati sotto il Governo austriaco, continuarono sotto quello italiano dopo l’annessione del Veneto all’Italia. La Società Veneta Montanistica iniziò i lavori nel 1858, dopo ricerche operate negli anni precedenti, realizzando la galleria Bauer, ampliando alcune antiche gallerie così che, nel 1863, oltre alla Bauer c’erano la galleria Errera, Schieling, Comello, O’Connor, Mulazzani, Biringaccio, Sella. Così descriveva il Marinoni il trattamento metallurgico attuato alla fine del secolo scorso: “Il prodotto della miniera veniva sottoposto anzi tutto ad una cernita che si faceva allo sbocco della galleria Q. Sella, con cui si rifiutava il minerale povero e quello contenente soltanto calcopirite o galena: di lì il minerale scelto era trasportato al pilatojo (...) prima per una strada carreggiabile appositamente costrutta, infine per via di uno scaricatore di legno lungo 540 metri. Qui veniva sottoposto alla pestatura, poi alla lavatura per mezzo di tavole oscillanti e di cribri galleggianti, mossi dal corso d’acqua del rio dei Pistons, onde si otteneva la preparazione di uno slicco di polvere impalpabile, del tenore di 4 e 5 per cento di rame e di circa 0,04 d’argento. Questo slicco mescolato a cloruro di sodio (salmarino) veniva in seguito torrefatto in un forno a riverbero (...). Quindi le acque di liscivazione (...) venivano passate in vasche contenenti granaglie di rame su cui precipitava l’argento (...); e dopo tale precipitazione le acque residuali scendevano in una duplice fila di casse di legno (...) decantando la soluzione di rame su rottami di ferraccio (...)”. Poco più innanzi il Marinoni si sofferma facendo delle considerazioni che valgono per tutte le nostre miniere e che già nel 1881, con lungimiranza, aveva espresso: “(...) non è a farsi illusione alcuna circa le nostre miniere, le quali la potrebbero durare solo a patto di molta prudenza e di grande economia, anche se le condizioni del mercato fossero ad esse pienamente favorevoli”. Gli attuali resti della officina dei “Pistons” lungo il Rio di Avanza. 63 Nel 1921 era concessionario il sig. Riccardo Petrosini che non eseguì alcun lavoro di rilievo. Nel 1922 incaricò i periti industriali Giuseppe e Gino Bonvicini di eseguire una relazione “(...) sullo stato attuale e sulla convenienza di ricoltivazione”. Il sopralluogo fu compiuto dal 12 al 14 luglio del 1922. La relazione mise in luce alcuni aspetti ritenuti improduttivi: il piano inclinato di legno utilizzato per il trasporto alla località “pistons” trascinava, assieme al minerale, frammenti di legno e qui polverizzato veniva, tramite carri, trasportato a Pierabec. Qui era trattato con notevoli perdite, il minerale troppo finemente polverizzato era disperso sia durante l’operazione di lavaggio sia dalla soffieria del forno a manica. Troppi soldi infine erano stati spesi per strutture considerate troppo lussuose e pochi furono investiti nella ricerca, inoltre “ (...) si riceve l’impressione che i dirigenti della precedente Società fossero desiderosi di ricavare un utile immediato, qualunque esso fosse, (...) preoccupati anche forse più dalla parte estetica dei loro lavori che di altro (...)”. Dalla relazione emerge lo stato di conservazione delle infrastrutture tutte in precarie condizioni e non utilizzabili. Gli edifici dei forni fusori, due a riverbero e uno a manica, non sono riattabili perché durante la ritirata del 1917 furono dati alle fiamme con un incendio che durò ininterrottamente per quattro giorni. I fabbricati dell’officina dei Pistons sono anch’essi inutilizzabili, i macchinari furono asportati o distrutti e rimangono solo un albero di trasmissione per ruota idraulica e parte degli ingranaggi della stessa. Nel 1923 la miniera del Monte Avanza, con la creazione della Provincia del Friuli, fu aggregata nella circoscrizione del Distretto Minerario di Trieste, presso il quale, da questa data, compaiono notizie su di essa. Dal 1923 al 1933 il giacimento rimase inattivo, gli interessi per la ricerca del rame si erano tutti spostati verso i possedimenti jugoslavi. Ne sono un esempio le ricerche “Monte Scoffi” del 1936 in Comune di Circhina, allora in Provincia di Gorizia, condotte dal Martinoli lo stesso che in seguito, nel 1937, iniziò le ricerche anche sul Monte Avanza. Negli anni 1937-1938 l’avv. Carlo Martinoli ha il permesso di ricerca di rame, ma senza compiere lavori. Nel 1939 subentra la ditta Micoli-Toscano che riattiva tutti i vecchi lavori: gallerie Quintino Sella, Mulazzani, O’ Connor, Errera ed il livello Berta. La mineralizzazione è molto povera, avendo un tenore medio complessivo di sostanze utilizzabili non oltre il 3,5 % del bruto. Viene contemporaneamente eseguita una ricerca denominata “Valz”, alle pendici meridionali del Monte Avanza presso l’omonima casera, con la realizzazione di una galleria in traversobanco a quota 2000 m e dei pozzetti lungo gli affioramenti. Nel 1940, il permesso di ricerca passa alla società Anonima Miniere del Monte Avanza (A.M.M.A.) che termina la riattivazione di tutti i vecchi lavori ripristinando 1,5 Km di gallerie. Continuano inoltre le ricerche per definire l’estensione della mineralizzazione con i permessi “Valz” e “Cercenut” realizzando trincee e gallerie. Il permesso denominato “Monte Avanza” ed i due permessi sopra citati essendo contigui formano un’unica unità mineraria. La società, nel 1941, esplica il maggior impegno nella sistemazione degli edifici del personale e della laveria iniziando a costruire la teleferica il cui punto d’arrivo a valle è la località “Pian della guerra”. La prima produzione di minerale si ha nel 1942, circa 3.500 t al 2% di rame, inoltre, fu portata a termine la teleferica della lunghezza di 2.200 m e della portata di 12 t/h. Continuano nel ’43 i lavori di realizzazione ed amplia64 “Galleria Bauer” nel Monte Avanza. Discarica di minerale presso una galleria franata nel Monte Avanza. 65 mento delle infrastrutture. Il 4 settembre 1944 la società ottiene la concessione proveniente dai permessi di ricerca “Monte Avanza”, “Valz”, “Cercenut” e “Forni Avoltri” i lavori però non procedono per motivi politico-militari fino allo scadere della concessione nel 1952. È datato 1944 un rapporto sulla visita effettuata nei giorni 21-22-23 marzo alla miniera. Dal rapporto emerge il notevole impegno profuso dalla società Anonima Miniere del Monte Avanza nel realizzare tutti gli impianti di preparazione esterna, d’ampliamento e sistemazione delle gallerie Sella, Mulazzani, O’ Connor e Bauer. Emergono altresì problemi legati alla particolare situazione politico-economica: compressori inadeguati, quindi insufficienza d’aria nelle gallerie, mancanza, per alcuni periodi, di esplosivi, di pezzi di ricambio. Gli operai impegnati nei lavori all’esterno delle gallerie erano 27, all’interno 641 ed in laveria 53; venivano estratti tetraedrite e solfuri vari, con una produzione di concentrato, dal 1 al 22 marzo 1944, di 15 t. La Seconda Guerra Mondiale mise fine all’estrazione ed alla ricerca. Dopo la chiusura della miniera, negli ambienti scientifici, è rimasto vivo l’interesse per le supposte potenzialità della mineralizzazione, così nel 1975 la FINSEPOL S.p.a. di Trieste decise di riprendere la ricerca. L’indagine si proponeva l’obiettivo di valutare qualitativamente e quantitativamente la presenza di minerale di rame. Vennero effettuate campionature nelle vecchie gallerie, sondaggi nella parte alta della mineralizzazione ed analisi chimiche sui campioni prelevati. Visto l’esito positivo, nel 1985, fu intrapreso lo scavo di una galleria 50 m al di sotto dei vecchi lavori, a quota 1639 m da parte della Società Mineraria e Metallurgica Pertusola che ha impostato i lavori e che avrebbe trattato il minerale estratto negli impianti esistenti presso la miniera di Salafossa. Si effettuarono anche lavori di miglioramento delle infrastrutture e della viabilità. Nella galleria “Galleria antica” nel Monte Avanza. 66 Finsepol, posta in traversobanco, sono state effettuate numerose indagini con carotaggi continui e prelievo delle polveri dei sondaggi per le analisi chimiche e nel luglio 1992 la galleria aveva in traversobanco la lunghezza di 596 m e lungo la direzione del contatto con il calcare la lunghezza di 719 m. È stato effettuato, inoltre un fornello di comunicazione dalla galleria Finsepol con la galleria Quintino Sella, al fine di accedere alle vecchie gallerie, franate nel traversobanco, tramite i fornelli già esistenti. Sono stati riattivati gli ingressi alle gallerie Mulazzani e Bauer, anch’esse franate in corrispondenza del traversobanco interessante gli scisti. Sono state sostituite le armature in legno ormai marce con delle nuove. Nei primi anni del 1990 è subentrata la Società Monte Cocco s.r.l. che ha continuato i piani di ricerca della precedente gestione. Da un’indagine svolta sarebbero accessibili le gallerie Finsepol, Bauer e Mulazzani, ma le entrate, per motivi di sicurezza, sono state chiuse. La galleria Quintino Sella è visitabile fino ad un certo punto, perché è interessata da frane e da una copiosa uscita d’acqua. Delle altre gallerie s’intravedono solo le discariche prospicienti gli ingressi ormai franati. Molto interessante è la galleria “antica” così definita dal Marinoni. Essa si trova a circa 1900 m sulla parete meridionale del Monte Avanza ed è la più occidentale di tutte. Come tutte le gallerie, di cui non è nota l’iconografia, è difficile stabilire la data d’esecuzione dello scavo. Possiamo solo fare delle considerazioni; è sicuramente antecedente al 1881 anno in cui il Marinoni, descrivendo i lavori effettuati, la riporta in planimetria, forse per dovere di cronaca, senza darle alcuna importanza pratica. È stata scavata nel calcare devonico, di difficile attacco con mazza e punta, solo perché in quel punto una faglia ha formato una cataclasite facilmente asportabile. Se a quanto detto si aggiunge “Galleria Mulazzani” nel Monte Avanza. 67 che la mineralizzazione era veramente esigua possiamo solo pensare ad operatori che avevano a disposizione modesti mezzi e che quanto estratto poteva essere loro sufficiente. Questo però non ci autorizza a considerarla d’età romana, come supposto da alcuni autori. In certe nostre miniere, ed in particolari condizioni economiche, l’estrazione a mazza e punta si eseguì fino agli anni ’40, ma è altrettanto vero che gallerie così anguste furono realizzate, nella maggior parte, durante il Medio Evo e potrebbero essere ancor più vecchie. Ai piedi del massiccio roccioso del Monte Avanza si notano ancora, a causa delle depressioni presenti, delle zone coltivate a giorno. Queste, quasi sicuramente, sono le aree di più vecchio sfruttamento, che al loro esaurimento sono state abbandonate per realizzare pozzi e gallerie al fine di raggiungere la zona mineralizzata. La mineralizzazione è localizzata nella discontinuità fra i calcari devonici carsificati e il complesso argillo-scistoso del Carbonifero, e più esattamente nella breccia scistosoargillosa o grafitica con giacitura trasgressiva. La mineralizzazione è inglobata nella breccia costituita da calcari, scisti neri e calcite secondaria, oppure è diffusa nel calcare, anche a decine di metri dalla zona del contatto con gli scisti, sotto forma di stiloliti, plaghe centimetriche ed agglomerati cristallini. I minerali presenti sono la tetraedrite, galena, blenda, pirite, calcopirite, bournonite, barite, goetite, azzurrite, cuprite, malachite, cerussite, covellina, quarzo, calcite, cinabro, ematite, allofane, pirrotina, stibiconite, tenorite e smithsonite. La tetraedrite, contenendo un’elevata quantità di zinco, è definita zincifera. La mineralizzazione è del tipo strata-bound e si può correlare con delle successive trasgressioni carbonifere che hanno caratterizzato l’evoluzione paleogeografica dell’area su un paleorilievo variamente modellato e carsificato. Ovasta Ricerche finalizzate all’individuazione di solfuri misti furono eseguite, durante l’ultima guerra, ad Ovasta presso Ovaro lungo il Rio Iesola. Dagli annali del Distretto Minerario di Trieste emerge che il titolare del permesso, Sig. Angelo Candido, nel 1942 fece eseguire lavori a giorno per la ricerca di solfuri misti interessando esclusivamente il Rio Iesola, ed i risultati devono essere stati deludenti perché mancano notizie negli anni successivi. I terreni affioranti sono attribuibili al Permiano sup., in facies carbonatica, e al Werfeniano caratterizzato da arenarie e siltiti. L’unico minerale presente è la pirite diffusa nella marna verdastra in piccoli cristalli. Non sono state individuate vecchie opere. Monte Valmedan A nord di Rivalpo nel Serla sup. ed in corrispondenza della paleosuperficie si rinvengono solfuri e carbonati. La toponomastica del luogo, Rio Plumbs e Monte Plumbs, è chiaramente legata alla mineralizzazione ed è probabilmente secondo quest’indizio che alcuni autori ritengono l’affioramento già noto in epoca romana, segnalando lavori a giorno alla quota di 1600 m. Da un sopralluogo effettuato si è riscontrato, in uno scavo a giorno lungo la pista forestale, solo abbondante calcite spatica e la presenza di quarzo in microcristalli nel calcare. Non si sono notati solfuri anche se è certa, grazie a segnalazioni, la presenza di galena. Gli 68 unici campioni mineralizzati raccolti nelle zone adiacenti contengono solfuri, idrossidi e ossidi di ferro quali pirite, limonite ed ematite in lenti o tasche nella dolomia. Rio Sglirs In destra orografica del Torrente Chiarsò tra i Rii Sglirs e Malinfier a quota 1550 m circa, sotto i bastioni carbonatici del Devoniano sup. sono presenti mineralizzazioni a fluorite e solfuri di rame e zinco. Questo affioramento è stato segnalato per la prima volta, con comunicazione verbale, dal geologo Andrea Mocchiutti. Esso può rivestire un certo interesse didattico perchè non è molto distante dalla strada per Cason di Lanza ed inoltre sono ben evidenti, sulle pareti rocciose sub-verticali, le sacche mineralizzate ed i rapporti tra queste ed i calcari che le ospitano. Paleodoline devoniche sono state riempite da fluorite trasparente (comune) e violetta (rara), calcite, tetraedrite e sfalerite. Sono presenti inoltre minerali d’alterazione quali malachite ed azzurrite. Rio Fuina La tradizione orale vuole che, le miniere del Rio Fuina, presso Pesàriis, siano state sfruttate, per l’estrazione dell’oro, già in tempi molto antichi e che per cupidigia i minatori non rispettavano il riposo domenicale. Dio adirato fece allora franare le gallerie facendo soccombere tutti i minatori e cancellando ogni traccia della miniera. A parte la tradizione orale, sullo sfruttamento del giacimento non ci sono dati certi. Alla fine degli anni ’60 il prof. Piero Comin Chiaramonti effettuò uno studio mineralogico-petrografico dettagliato senza peraltro trovare tracce d’attività mineraria. I terreni interessati sono quelli Affioramento mineralizzato presso il Rio Sglirs. 69 dell’Anisico, costituiti da calcari, arenarie e siltiti rosse e verdastre con conglomerati poligenici, calcari dolomitici e calcari nerastri, tufi e dolomia massiccia. La mineralizzazione è compresa fra i due Rii Fuina di sinistra e di destra e si manifesta sia nella dolomia del Serla, che nelle arenarie rosse anisiche. La mineralizzazione è presente con crostoni limonitici, filoncelli, tasche, impregnazioni di pirite e marcasite, che si presentano con strutture colloformi: reniformi, botroidali e mammellonari. Estesi sono i fenomeni d’ossidazione con minerali secondari quali: goethite, derivante dall’alterazione dei solfuri, e gesso che si può presentare in cristalli anche geminati a ferro di lancia. Si ipotizza che la genesi sia collegata con il fenomeno eruttivo, vale a dire con venute post-eruttive di fluidi mineralizzanti che hanno provocato in un ambiente marino poco profondo, soggetto a variazione di pH, la deposizione di solfuri sotto forma di gel. Nella formazione del Serla sono segnalati, inoltre, crostoni limonitici e lenticelle di pirite, probabilmente connessi all’emersione e formazione di paleo-karst. Forni di Sotto Il Taramelli (1871) segnala galena nella dolomia dello Schlern: “Non mancano però, nel calcare infraraibliano dei dintorni di Forni di Sotto, dei filoncelli di galena, ed al contatto di questo calcare colle arenarie Keuperiane, dei banchi e degli ammassi di ematite; (...)”. Osservazioni che fece lo stesso Marinoni (1881): “(...) appartengono a codesta giacitura gli affioramenti puramente sporadici (...) verso le falde del Monte Tinizza (a m. 762 liv. bar.) pure argentifera, disseminata in mosche luccicanti in un’ocra gialla (...)”. Come evidenza il Marinoni le mineralizzazioni sono sporadiche o verosimilmente si può parlare di tracce. Si rinvengono, invece, spalmature verdi e tracce di calcopirite al Rio Verde e nei dintorni. Passo della Mauria Jervis (1873) segnala galena argentifera in filoncelli nel terreno triassico nella zona di Forni di Sopra. Il Marinoni (1881) segnala affioramenti puramente sporadici al “(...) passo della Mauria nel territorio di Forni di Sopra, a filoncelli entro arenarie ocracee marnose che si alternano coi letti di calcare dolomitico (...) è scarsamente argentifera (...)”. Queste segnalazioni testimoniano la presenza di una mineralizzazione sporadica e non molto rilevante. Canal del Ferro-Valcanale Rio Ugovizza Nella stretta forra del Rio Ugovizza, in località “Cristo”, a circa 800 m di quota è presente un filone di circa 2 m a solfuri con prevalenza di pirite che, alteratasi superficialmente, ha costituito un cappellaccio d’ossidati di ferro. Sono presenti tre gallerie, aperte a mano, profonde poche decine di metri, delle quali non si conosce l’anno d’esecuzione. Ne parla la prima volta Dino di Colbertaldo nel 1958: “(...) accurate ricerche hanno messo in luce alcune antiche gallerie, di cui nulla in precedenza era risaputo”. Nelle relazioni del 70 Servizio minerario del 1923-24 risultano ricerche per Pb e Zn nel Comune d’UgovizzaValsaisera con la realizzazione di due brevi gallerie dirette normalmente ad alcune faglie ritenute mineralizzate. La galleria inferiore attraversò una faglia sterile dopo 2 m d’avanzamento, quella superiore fu continuata infruttuosamente per altri 3 m. È possibile che si tratti proprio delle gallerie rinvenute dall’autore citato. Nel 1959, sempre senza eseguire uno studio dettagliato, si sofferma maggiormente nella descrizione di questa mineralizzazione: “L’esame microscopico delle sezioni lucide ha permesso di stabilire la presenza di pirite e marcasite associate (con pirite subordinata) e piccole quantità di blenda (...) sotto forma di microcristallini inclusi nella marcasite. La marcasite è sempre cristallina, in lamelle a geminazione polisintetica, oppure a struttura fibroso-raggiata; la ganga è data in parte dalla roccia incassante, in parte dalla calcite”. Nel 1957 la Raibl Società Mineraria del Predil, sotto la direzione dell’ing. Giovanni Nogara, al fine di determinare la potenzialità e la paragenesi della mineralizzazione chiese un permesso di ricerca denominato “Cristo”. I minerali presenti sono pirite, ematite, limonite tutti non idiomorfi. La mineralizzazione è posta nella breccia d’Ugovizza, dell’Anisico sup. La genesi della mineralizzazione è, secondo alcuni Autori, dovuta a concentrazioni determinate da processi di metasomatismo tardivo. Monte Acomizza (Val Bartolo) Ben pochi dati si hanno su questo affioramento e bisogna arrivare alle note sulle mineralizzazioni del 1960 e 1967, scritte da Dino di Colbertaldo. Il 29 dicembre 1962 documenti attestano il permesso di ricerca “Monte Acomizza”. Ugovizza. 71 Dalla relazione emerge che sono presenti vecchi lavori minerari con gallerie impostate seguendo i filoni mineralizzati, che sono stati abbandonati per la carenza di minerale, ma non fa menzione sull’età dei lavori. Le due gallerie, poste a quota 1400 m, sono lunghe 150 m la superiore e 90 m l’inferiore, quest’ultima non è praticabile a causa di franamenti. Il permesso di ricerca Monte Acomizza ricopriva un’area trapezoidale limitata a Nord dal confine di stato, ad Est dal Rio Bartolo, a Sud dal Rio dei Muli e ad Ovest dalla linea di spartiacque nel tratto che dal Monte Acomizza scende verso Sud fino a quota 1760 m. Il programma dei lavori prevedeva il ripristino delle vecchie gallerie al fine di accertare l’entità della mineralizzazione e l’esecuzione di nuove ricerche mediante metodi diretti, trincee, pozzetti, o indiretti, con sistemi geochimici e geofisici. La spesa prevista era di circa 25 milioni per 2 anni di ricerche. La mineralizzazione interessa le dolomie e calcari dolomitici della formazione a Bellerophon del Permiano sup. in prossimità, circa 20 m, del contatto stratigrafico con la sovrastante formazione di Werfen ad arenarie varicolori. I minerali presenti sono calcopirite, calcosina, covellina, galena argentifera, pirite, blenda. Nella relazione sono evidenziati altri minerali che farebbero parte di un “ (...) notevole affioramento d’origine metasomatico con calcite, quarzo e florina (...) ”, tale affioramento ha le dimensioni di 50x30 m. La mineralizzazione risulta, in ogni caso, molto disseminata e con un tenore piuttosto basso e quindi di scarso valore economico. La genesi della mineralizzazione è dovuta alla deposizione di minerali in un paleoambiente d’accumulo paralico. Cinquepunte Nella regione Fünfspitze (Cinquepunte) alle falde del monte omonimo, come risulta dagli annali del distretto minerario di Trieste anno 1923-24, furono eseguite ricerche, mediante trincee e gallerie, al contatto fra gli scisti raibliani e la dolomia metallifera. La ricerca proseguì in quest’ultima formazione dove furono rinvenute zone mineralizzate, con tracce di galena e blenda, lungo faglie. La scarsità e dispersione del minerale consigliarono l’abbandono delle ricerche. Le attività furono riprese, nel 1926, eseguendo un traversobanco e rinvenendo tracce di blenda e galena, ma un rigetto fece perdere la mineralizzazione. Nel 1927, sempre da parte della Società Anonima Miniere Cave di Predil, si proseguirono le gallerie per un totale di 86 m rivelando mineralizzazioni lungo le faglie. I lavori continuarono fino al 1930. Queste ricerche erano orientate a stabilire una possibile prosecuzione della mineralizzazione, presente a Raibl, verso Nord-Est. La genesi della mineralizzazione è analoga a quella del giacimento di Raibl. Monte Bruca La località “la Buca” posta sulle pendici orientali del Monte Bruca sarebbe a ricordo di antichi lavori di ricerca. Notizie certe non ci sono, ma è possibile che l’investigazione sia avvenuta per la frequente presenza sia nel Rio Bombaso che nel Rio degli Uccelli di noduli mineralizzati a pirite, calcopirite e la presenza nel detrito di falda di blenda, galena e barite. Sugli indizi precedenti e sulle vistose macchie ematiche presenti fu richiesto il 72 permesso di ricerca “Monte Brizzia”, che è la montagna a sud del Monte Bruca. La mineralizzazione interessa la dolomia ladinica dello Schlern ed è di scarsa importanza. Monte Cocco Per questo giacimento la tradizione vuole che fosse sfruttato già in epoca romana, ma in realtà dati certi risalgono solo ai secoli XV-XVI, quando gente del luogo o minatori provenienti dalla Stiria coltivarono delle mineralizzazioni a Nord-Ovest di Ugovizza. Marie von Plazer (1899) suppone che i primi tentativi d’estrazione fossero da far risalire al tempo del vescovo Georgius von Schaumberg abate di Bamberga (1459-75) e che “(...) i commerci fiorenti della città e i guadagni risultanti dall’industria delle miniere e dei magli indussero molti veneziani e friulani e anche forestieri a fissare la loro dimora in territorio bamberghese nell’alta Carinzia (...). Tra i più distinti rappresentanti dell’industria ferriera si annoverano le famiglie della Grotta, i cui discendenti furono i conti Grottenegg; poi i Zeneggen di (...) e la famiglia di Paolo di Nagerschigg”. I Paul, i Canal e i della Grotta, assimilando del tutto la cultura tedesca, divennero nobili grazie ai servigi prestati all’imperatore. Marie von Plazer continua scrivendo: “ Nella casa dell’industriale a Canal, genero del Volfango Paul jun. si conserva un regolo in ferro con l’iscrizione: “Miniere Mi No Anno 1666 Malborghetto” quasi un avvertimento per tutti i suoi discendenti a non occuparsi di miniere. Una relazione del vicedomino di Wolfsberg, del 1666, dice che i della Grotta avevano in feudo sulla malga di Ugovizza tre pozzi di ferro, con i nomi di S. Giovanni, di S. Massimiliano e di S. Martino.” Kaietan Schnablegger (da Domenig, 1986). Ordine di servizio della miniera del M. Cocco. 73 I della Grotta avevano anche la concessione di poter erigere forni e fucine per la lavorazione del minerale. Con la terza incursione veneta della Valcanale, avvenuta nel 1616 con la guerra gradiscana, aumenta la penetrazione di popolazione italiana nella valle. Questa del resto era già avvenuta in precedenza con imprenditori interessati all’estrazione del ferro, alla sua lavorazione ed al commercio con la Repubblica Veneta; la Valcanale assunse, quindi, l’importante funzione non solo di via di transito per il commercio, ma anche importante area per l’estrazione e lavorazione del ferro. La coltivazione continuò anche nel ’700, ma a metà secolo si verificò una crisi generalizzata dell’industria del ferro la cui conseguenza portò alla diminuzione degli scambi commerciali. La diminuita importanza commerciale della valle unita al forte depauperamento dei boschi, che avevano alimentato per secoli miniere e fucine, fecero mutare la situazione politica. Così, nel 1759, il vescovo di Bamberga aliena i beni della signoria di Federaun, territorio appartenuto per secoli al Vescovado, che diventarono così proprietà della casa d’Austria. Con il XIX secolo si cominciano ad avere maggiori testimonianze sulle miniere. Intorno al 1803, il principe Francesco Saverio Orsini di Rosenberg fece riattivare la miniera di Polavafratta ed erigere un altoforno a Pontafel sulla strada per Nassfeld. Nel 1819 forni e fucine passano di proprietà a Giovanni von Vest e Paolo Hauser. Nel 1823 la miniera e fucine passano alla famiglia von Canal, che coltivò il giacimento per un breve periodo di tempo, e poi al conte Renard che acquistò tutte le fucine della Valcanale tranne quelle dei von Canal e di Walker di Tarvisio. Tra il 1877 ed il 1882 Leopold Globocnik (o Globotschnik), già proprietario di miniere di ferro in Eisenerz, diventa proprietario di 3 campi minerari sul Monte Kok in precedenza posseduti dagli Henckel von Donnesmark. Il Seeland, nel lavoro del 1878, menziona quali possessori delle miniere dopo il conte Il villaggio minerario del Monte Cocco ad inizio secolo. 74 Galleria e mineralizzazione nelle miniere del Monte Cocco. Crollo nella galleria del IV ingresso delle miniere del Monte Cocco. 75 Renard, il conte Kasimir Esterhàzy e poi un consorzio di minatori della Valcanale ed afferma che nel 1867 la miniera era già di proprietà di Leopold Globocnik. Globocnik in seguito vende tutte le miniere al ricco industriale Cajetan (o Kajetan) Schnablegger, anche se pare ci sia stato un ulteriore precedente passaggio alla Krainische Industrie; la famiglia Schnablegger era originaria di Friedburg nella Slesia e da sempre si era interessata allo sfruttamento minerario, infatti, già possedeva una parte della miniera di Raibl. Egli fece realizzare due gallerie, sopra la località Ciurciule, che presero il suo nome: la Cajetan I a quota 1529 m e la Cajetan II a quota 1597 m, e programmò di potenziare i trasporti del minerale dal Monte Cocco verso il Fiume Fella, ma non riuscì a portare a termine il progetto a causa della prematura scomparsa avvenuta nel 1894 per incidente minerario. Giovanni Marinelli (1894) scriveva su Pontafel (Pontebba austriaca): “Alla fine del secolo decorso esisteva qui un forno fusorio di manganese e ferro, che venivano trasportati dall’alpe di Uggovitz con grave spesa”. Il conte Henckel diventa proprietario delle miniere nei primi del ’900 ottenendo 5 permessi di libera ricerca. La società Merkatur subentrò al conte il 26 giugno 1904 fino al 13 giugno 1911 quando la società cambiando azionisti passò giuridicamente a Società Anonima. I lavori furono sospesi durante tutto il conflitto mondiale a causa della vicinanza con il confine. Dopo la Prima Guerra Mondiale, ed un breve periodo di inattività, la miniera Monte Kok I-II e III alla fine del 1921 è ceduta dal proprietario, il conte Ugo Henckel von Donnersmark, alla Società Anonima Italiana Gio. Ansaldo & C. Emergono subito dei problemi inerenti il trasporto del minerale ed il suo scarso tenore, così vengono avviate ricerche senza che ci sia stata coltivazione. Le indagini continueranno anche in seguito sia nei vecchi lavori della miniera, anticamente denominata Globocnik, sia realizzando gallerie e ricerche nel versante opposto a questa, cioè ad Est. I lavori sia di ricerca sia d’estrazione sono sempre stati rallentati o sospesi durante l’inverno a causa della neve che copriva gli imbocchi, per essere ripresi ad aprile-maggio. Nella relazione geologico-mineraria della S.A. “Ansaldo-Cogne” del 15 dicembre 1923 l’ing. Silvio Gilardi riferisce che: “I banchi di minerale trovati ed esplorati nell’alta valle di Malborghetto sono in numero di tre, dei quali il primo al contatto fra gli scisti ed il calcare siluriano e gli altri intercalati nel calcare stesso ed è su questi che furono eseguiti i più antichi lavori, ora in gran parte ostruiti”. La relazione continua riportando le percentuali frutto delle analisi chimiche eseguite sulle mineralizzazioni dei vari banchi. La S.A. “Ansaldo-Cogne” Miniere di Carnia, in seguito, S.A.N. “Cogne” Miniere di Carnia, l’11 febbraio 1926, presenta denunzia al Sindaco del Comune di UgovizzaValbruna dell’incarico di direttore della miniera affidato all’ing. Emilio Rimediotti. Questi diresse i lavori, che continuarono, nella parte alta del giacimento, fino al 1927. Dal 1928 al ’29 si eseguirono solo lavori di manutenzione e nel 1930 si procedette, nella Miniera Alta, per seguire un banco di minerale. Con il 1931 la società ottiene il permesso di sospensione dei lavori per un anno, ma rimane inattiva, di fatto, sino al 1935. Dal 1936 furono ripresi i lavori più per spirito autarchico che per un reale approvvigionamento di minerale, perché insormontabili erano i problemi legati al trasporto del minerale, alla sua frantumazione ed all’utilizzo nei forni fusori. Per dieci anni si continuò a 76 lavorare, senza riuscire a risolvere i problemi sopraesposti, con il risultato che il minerale estratto finì per essere ricoperto dalla vegetazione. La Società Anonima Nazionale Cogne fece anche ricerche, per il ferro e manganese, nel Torrente Pleccia e nei Prati di Bartolo. La sospensione dell’attività estrattiva delle miniere del Monte Cocco, avvenne nel 1946 ed ufficialmente la domanda di rinuncia fu accolta nel 1950. Dal 1956 al 1958 la SAFAU (Soc. Ferriere Acciaierie di Udine) ottenne un permesso di ricerca, eseguendo studi e rilievi magnetometrici, con risultati poco soddisfacenti. Ora molte gallerie sono franate, in alcune si entra con difficoltà e pericolo perché le travi sono in cattivo stato e il detrito di falda preme sulle infrastrutture. Del villaggio minerario, composto di molti edifici di legno ed uno in muratura non rimane che quest’ultimo; già nel giugno 1946 tutti gli impianti della miniera furono smantellati e trasferiti nei giacimenti d’Aosta. Pochi sono i lavori geologici sul Monte Cocco e per lo più datati fine ’800 o inizi ’900, il lavoro più recente e quello di Ulrich Herzog (1988). Gli unici studi giacimentologici sono quelli di Dino di Colbertaldo e la monografia sul giacimento di Giovan Battista Feruglio (1970). La coltivazione del giacimento è avvenuta in quattro zone: la Miniera Alta, la Miniera Bassa, la Miniera Kajetan ed i Vecchi Lavori e le ricerche nel Rio Pazagan. La Miniera Alta è costituita da lavori effettuati sul fianco orientale del Monte Cocco da quota 1670 m a 1878 m. Quella Bassa è sempre sul fianco orientale, ma interessa le quote da 1333 m a 1460 m. La Miniera Kajetan ed i Vecchi Lavori si trovano sul versante occidentale da quota 1550 m e 1700 m ed è qui che si trovano i più antichi lavori, molti ormai franati. Le ricerche del Rio Pazagan sono site lungo il rio omonimo da quota 1300 m a 1402 m. Antiche ricerche, denominate “Ugo Steinbach”, sono poste lungo il Torrente Uque nella sinistra orografica a quota 810 m e da queste si ricavava limonite che era trattata in un forno, probabilmente, posto in località “casa del fabbro”. La mineralizzazione è localizzata nella parte basale della serie comprensiva siluricodevonica ed è rappresentata dagli strati del Gotlandiano. Tre sono gli orizzonti mineralizzati; lo strato intermedio è quello più potente, circa 3,5 m, ed è quell’interessato dalle coltivazioni. La tettonica con lineamenti E-W ha agito fagliando quest’orizzonte, con rigetti da qualche decimetro ad una decina di metri complicando la coltivazione. Lo strato mineralizzato può essere suddiviso in due parti: quello superiore più ricco in manganese con siderite manganesifera alterata e minerali di manganese e quello inferiore ricco in ematite e magnetite. La formazione della magnetite, degli ossidi ed idrossidi di Fe è probabilmente d’origine secondaria, dovuta alla liscivazione della siderite, maggiormente presente nella parte alta dello strato. Si può suddividere la mineralizzazione principalmente in tre tipi: - a struttura oolitica, in cui l’ematite, ma anche la siderite, magnetite, calcite, formano ooliti immerse in una matrice composta d’ematite, calcite e materiale siliceo; - fossile, in cui l’ematite sostituisce, parzialmente o totalmente, numerosi fossili principalmente cefalopodi (orthoceratidi); - nodulare o lenticolare con struttura “occhiadina”, occhi e noduli sono di composizione mineralogica varia con ematite, magnetite, calcite ecc. La mineralizzazione è d’origine sinsedimentaria; in un mare epineritico agitato ed 77 aerato con variazioni del livello marino, probabilmente vicino alla costa, e con valori d’ossidoriduzione variabili sono precipitati ferro e manganese. Il minerale più frequente è l’ematite, questa ha probabilmente origine sia primaria, sia diagenetica com’è dimostrato dai fossili sostituiti e dagli strati concentrici nelle ooliti calcaree. Sono presenti anche siderite, ankerite, magnetite, martite, pirolusite, braunite, limonite, goetite, chamosite. Subordinati rispetto ai primi sono pirite, marcasite, pirrotite, calcopirite, covellina, wad, manganite, calcite, apatite, barite, rodocroisite. Blenda e galena sono state rinvenute nei corsi d’acqua che scendono dal monte. Creta di Pricot-Sella della Pridola-Monte Malvuerich Alto La segnalazione di questo orizzonte mineralizzato è piuttosto recente, anche se alcuni autori associano il toponimo dato ad una località “la Busate”, a Sud-Ovest della Creta di Pricot, ad antichi lavori estrattivi. Nella località sopraccitata, che interessa però la dolomia dello Schlern del Ladinico, si rinvengono solo tracce d’ossidato e diffusa pirite. Dino di Colbertaldo, nel 1960, segnalava la località e, nel 1967, parlava della mineralizzazione come di un promettente quinto orizzonte metallifero a piombo e zinco situato nelle scogliere calcareo-dolomitiche del Devonico del Friuli. La mineralizzazione, piombo-zincifera, è stata interessata da ricerca, nel 1969 con il permesso di ricerca “M. Pricot”, esplorata dalla M.A.O. (Mineraria Alpi Orientali), con trincee e gallerie, alle quote 1600-1750 m per verificarne la potenzialità. È stata realizzata una galleria di 200 m, in traversobanco, alla quota 1573 m incontrando solo tracce di mineralizzazione. In seguito, dal fondo della galleria, sono stati eseguiti 5 fori di sonda, a ventaglio, per un totale di 300 m al fine di indagare la presunta mineralizzazione interessante una faglia. L’esito della ricerca è stato negativo. La mineralizzazione è localizzata nei calcari di scogliera devonici, carsificati, al contatto con i terreni trasgressivi carboniferi ed affiora per lunghi tratti, in più punti, dal Monte Cavallo di Pontebba alla Creta di Pricot, dalla Sella della Pridola al Monte Malvueric. I minerali sono: blenda prevalente con tracce di solfuri di Cu e Sb, galena, pirite, ematite, limonite, idrozincite, cerussite e smithsonite. La mineralizzazione è d’origine sinsedimentaria, dovuta all’arricchimento delle acque da parte di soluzioni idrotermali e successiva concentrazione dei metalli in paleodoline o paleosolchi. Monte di Val Dolce L’area interessata dalla mineralizzazione si estende in direzione Est-Ovest per una lunghezza di oltre 2 Km fra il Passo di Cason di Lanza e le pendici orientali del Monte di Val Dolce. L’area rappresentò, durante il Devonico medio-superiore, un paleoalto strutturale che fu sottoposto ad un lungo periodo d’emersione con la conseguente formazione di un paleocarsismo molto maturo. Le paleodoline funsero da trappola per la deposizione di minerali. La mineralizzazione è localizzata nei calcari di scogliera devonici, ricoperti in discordanza da depositi terrigeni d’ambiente deltizio e litorale e dai carbonati d’ambiente di piattaforma del Gruppo dell’Auernig (Carbonifero sup.). I minerali sono blenda, tetraedrite, bournonite, boulangerite in abbondante matrice fluoritica e, subordinatamente, galena, pirite, marcasite, grenokite, barite e kert. La 78 mineralizzazione è legata alla trasgressione marina del Carbonifero superiore su depositi devonici. Rio Sciaid (Monte Prisnig) Dino di Colbertaldo (1960) segnala una manifestazione a realgar ed orpimento nella vallecola del Rio Sciaid, che scende dal Monte Prisnig verso il Tarvisiano. La manifestazione interessa i sedimenti marnosi del Werfeniano “ (...) si tratta di venuzze spalmate dei due solfuri (...) sia per la qualità che per la quantità in cui ricorrono, hanno soltanto interesse scientifico”. Analoghi rinvenimenti si sono riscontrati anche nella galleria che devia il Rio del Lago da Muda al bacino di Rutte. Data la sporadicità dei rinvenimenti questi non hanno interesse economico. La manifestazione è dubitativamente attribuita a soluzioni idrotermali di bassa temperatura. Rio Gelovitz Giovanni Marinelli scriveva, nel 1894, a proposito del Canal del Ferro “(...) di fucine di ferro lungo il canale che da questo minerale trae il nome, oggidì esso non si rinviene, ovvero si trova soltanto in quantità minime, ond’è che quei documenti devono ritenere come riguardanti dei banchi superficiali di ossido di ferro idrato (limonite), oggi esauriti (...)” e alle stesse conclusioni giunse Michele Gortani. Atti medioevali del 1312, 1322, 1347, 1430 parlano di fucine fra Ponte di Muro e Ponte di Legno. Pietratagliata però era nota già nell’anno 1001 come “Petram fictam” sicuramente per le miniere di ferro, le sue fucine e i battiferro. Un atto del 1322 testimo- Campione di limonite dal Rio Gelovitz. 79 nia il contenzioso fra l’Abbate di Moggio, competente sul territorio del Canal del Ferro, e i Signori di Prampero che per lo sfruttamento minerario non intendevano pagare la decima. Una concessione, datata 1650, fa menzione di alcune miniere: “Il molto Ill.mo sig. Giacomo Messenio per l’Ill.mo sig. Ettore Grimani abbate commendatario della Rev.da Abbazia (...) investisce il sig. Antonio Piccio figlio del sig. Francesco ora abitante in Ponteba Veneta (...) dà et concede libera et ampia facoltà di poter cavare et purgare miniere di ferro sopra la villa di Pietra Tagliata in tre luoghi: Pozèt, Mincigòs et Sualt et parimente di poter fabricar un Ferro di purgar dette miniere, et altre cose necessarie a tal opera et manifattura (...) promettendo l’antedetto Piccio in l’avenire et fin tanto godrà della miniera corrispondere annualmente lire una di piccioli (...) a Mons. Ill.mo et Rev.mo Abbate cominciando l’anno venturo 1651 (...)”. Tali località sono ancora riscontrabili nella carta 1:25.000, Pozèt s’identifica con Poccet, mentre per le località Mincigos e Sualt i toponimi sono rimasti inalterati. L’area di Mincigos è nota, quella di Poccet lascia perplessi perché non interessa le dolomie dello Schlern. Quindi, o si tratta di una mineralizzazione in terreni diversi, o più semplicemente può essere interpretata come una delimitazione toponomastica dell’area di sfruttamento. La zona di Sualt non è stata investigata, ma la mineralizzazione dovrebbe presentare le stesse caratteristiche dell’area di Mincigos trattandosi di dolomie dello Schlern. La scarsa quantità del minerale, e la difficoltà nell’estrarlo, ha fatto sì che lentamente l’area del Canal del Ferro fosse abbandonata dai forni e fucine. La nuova area, che andò a definirsi, fu la Valcanale dove le acque del Fiume Fella erano meno impetuose perché la valle più ampia e più vicina alle miniere dell’Impero, vale a dire dal Monte Cocco e di Raibl. Una località, tra Pietratagliata e Pontebba, ora occupata da una segheria, ha il nome di “Fusinatis” che ricorda le antiche fucine. Da un sopralluogo effettuato a Mincigos, sono stati individuati i livelli mineralizzati, che non sono per nulla superficiali, come ritenuto dal Marinelli, ma stratificati entro la dolomia ladinica. Per estrarre il minerale sono state scavate due gallerie. Questa è la prima segnalazione del rinvenimento di miniere nel Canal del Ferro e chiarisce molti aspetti storici. Il toponimo della valle prende origine dal minerale che qui si scavava. Le fucine ed i battiferro furono impiantati in questa zona perché prossimi alle miniere. In seguito, grazie alla maestria raggiunta dagli artigiani nell’arte della fucina, i battiferro furono spostati nella Val Canale dove il Fiume Fella, con un alveo più ampio, poteva arrecare meno danno alle strutture. Queste fucine oltre a sfruttare il minerale locale, la cui quantità andava scemando, utilizzavano il minerale che varcava il confine della Pontebba imperiale. A testimonianza degli intensi scambi commerciali con la Carinzia vi sono documenti doganali che attestano l’importazione di minerale dal “Cragno” (Carinzia). Sotto le balze rocciose della dolomia ladinica, a quota 830 m, del Rio delle Miniere si rinvengono due gallerie delle molte presenti nell’area e che sono ben note ai locali. Queste, sono state completamente coperte dal detrito trascinato da piccole aste drenanti, ma conoscendone l’ubicazione sono state parzialmente aperte. Il loro rilevamento e studio sono ora in corso e saranno oggetto di una successiva pubblicazione. La mineralizzazione interessa la dolomia ladinica della formazione dello Schlern, con livelli da cm a dm di solfuri di ferro che si alterano in limonite ed ematite. I minerali sono limonite, ematite, goethite. I campioni d’ematite si presentano concrezionati ed alcuni 80 rivelano una struttura fibrosa. Lungo l’alveo del Rio Gelovitz sono stati trovati blocchi d’ematite e limonite del peso di oltre 5 kg. La genesi è di condensazione sindeposizionale in un bacino con ambiente riducente. Val Aupa Le mineralizzazioni della Val Aupa erano già conosciute e oggetto d’osservazioni a partire dalla fine del secolo scorso. Non si hanno notizie di sfruttamenti anteriori al XIV secolo, se non atti generici legati al comprensorio, piuttosto ampio, appartenente all’Abbazia di Moggio. Alle mineralizzazioni si sono interessati vari autori: Marinoni (1881), Marinelli (1894), Gortani (1912), Gortani e Desio (1927), Lagny (1965). Quest’ultimo aveva compreso la relazione esistente fra la deposizione di minerali e le variazioni paleogeografiche; infatti scriveva: “Les minéralisations sont localisées à la base du dernier terme de cette évolution positive. Leur apparition coincide avec un changement de sédimentation (passage d’une sédimentation calcaréo-marneuse à une sédimentation carbonatée) (...)”. Solamente nel 1955 con Dino di Colbertaldo comparirà un lavoro approfondito ed al quale non seguiranno più altri studi giacimentologici. Esistono, inoltre, relazioni inedite della Società Mineraria Alpi Orientali e dell’Osservatorio Geofisico di Trieste. Le più importanti mineralizzazioni sono quelle presenti nel Rio del Fous e nel Rio dell’Andri, e furono oggetto di coltivazione a più riprese, ma solo nel 1925, nella rivista del Servizio Minerario, si ha una documentazione attendibile e continua. Si alternano anni di produzione e ricerca a periodi di completa inattività. La ricerca ha interessato, non solo i due rii sopra citati, ma anche Crete dal Crons, Sella Cereschiatis, ed aree site fuori del bacino del Torrente Aupa quali: Rio Pecol, Rio Glazzat, Monte Glazzat e Rio del Louf. Nel 1972 l’Università di Trieste, sotto la direzione del prof. Dino di Colbertaldo, intraprende una ricerca geomineraria investigando la sinistra orografica della Val Aupa, dal paese di Dordolla a Sella Cereschiatis. Il prelievo e l’analisi di campioni di detrito grossolano e di terriccio, nonché il rilevamento di campagna, hanno evidenziano degli indizi di mineralizzazione nella formazione ladinica del Buchenstein, al contatto tra Buchenstein e Schlern ed entro la dolomia dello Schlern. Nelle mineralizzazioni si rinvengono pirite e marcasite in cristalli associati a plaghe di calcite o dolomite. Nella dolomia dello Schlern ed in coincidenza di faglie si notano diffuse patine rossastre d’idrossidi di ferro. L’indagine non ha però evidenziato alcuna manifestazione metallifera superficiale di qualche interesse. Rio del Fous La miniera, probabilmente, non era più nota da tempo se nemmeno il Taramelli la menziona nelle sue “Osservazioni stratigrafiche sulle valli dell’Aupa e del Fella” del 1868, mentre cita quella del Monte Glazzat. Marinoni (1881) non supporta l’ipotesi che fosse già sfruttata al tempo dei romani: “La recente scoperta di questa indagine si basa sugli indizi di antiche ricerche, che alcuni sostengono fossero del tempo del dominio romano; ma piuttosto riferibili, secondo me, alla stessa epoca dei tentativi di escavazione fatti a rio Glazat (...) cioè verso la fine dello scorso secolo (1793) e stati rintracciati dieci anni or sono da un operaio di ritorno dalle miniere di Germania”. 81 Certamente, però, i lavori preesistevano alla data del 1872 anno in cui fu costituita una società in Moggio stabilita da G.B. Foraboschi e soci. Una lapide posta all’ingresso delle gallerie basse presso l’alveo riporta la seguente scritta: 1872 INDICATORE JOSEPH BAUER P. MISSONI - G. FALESCHINI - G.B. FORABOSCHI - D. S. SCOFFO - M. MISSONI D. F. MORGANTE - A. FRANZ - O. FRANZ - F. TREU - G. FORAMITTI - D.G. FORAMITTI SOCI QUESTA MINIERA APRIRONO La società affidò la direzione tecnica dei lavori agli ingegneri Bauer ed Oliva, della miniera di Raibl e agli ingg. Bozzo e Colacicchi. Furono scavate quattro gallerie, alcuni pozzi e si costruirono edifici, ma siccome le indagini non condussero a risultati positivi, l’investitura non fu ottenuta. La prima galleria realizzata, lunga oltre 100 m, porta il nome dell’ing. Bauer ed è posta sulla sinistra della valle a quota 711 m a pochi metri sul letto dell’alveo. Si incontrarono delle masse di galena, immerse nella calcite spatica, come tuttora si osservano percorrendo la galleria che termina contro il terrigeno anisico. Nel 1875, sotto la direzione dell’ing. Bozzo, venne continuato lo scavo con la realizzazione di un pozzo verticale di 5,5 m a circa 40 m dall’imbocco. L’intento era di raggiungere la mineralizzazione ritenuta più bassa, ma le infiltrazioni impedirono il proseguire dei lavori. Si cercò allora di raggiungere, con una galleria di ribasso, il pozzo e s’iniziò a scavare la galleria “Costanza” in destra orografica passante sotto l’alveo, ma presto fu abbandonata per problemi tecnici. Si realizzarono altre due gallerie, sempre di ribasso, la “Concordia” e la “Bozzo”, presto abbandonate senza raggiungere gli sperati risultati. L’inten- Imbocco della “Miniera alta” del Rio del Fous in Val Aupa. 82 to della galleria “Bozzo”, ancora evidente nel tratto iniziale, era di collegare la strada, indicante il livello 0, con la miniera a quota 63. Il commissario montanistico, visti gli scarsi risultati e le ingenti spese sostenute, non concesse l’investitura. Nel 1876 la direzione tecnica passò all’ing. Oliva che concentrò tutti gli sforzi nel completamento della galleria “Costanza”, la prima a dover incontrare il minerale. Con l’ing. Colacicchi, nel 1877, la “Costanza” fu collegata, con un camino di 11 m, con la “Bauer”, approfondendo il pozzo di 5,5 metri già esistente, migliorando l’eduzione delle acque e la ventilazione. Dal 1878 al 1881 furono eseguiti lavori al fine di non perdere i diritti d’indagine. I lavori furono condotti, spesso in maniera irrazionale, senza un’indagine approfondita tanto che il Marinoni (1881) scriveva “La indagine di rio Fouz, cui devesi augurare che possa esser presto trasformata in una regolare investitura di scavo, se si mantenne attiva lo si deve alla ostinata perseveranza messa nei lavori di ricerca. L’indagine di rio Fouz non ha ancor dato alcun utile prodotto (...)”. Nessuna notizia si ha fino all’anno 1925, quando compaiono resoconti di ricerche, non sempre continue, nella rivista del Corpo delle miniere. Abbandonata la “miniera bassa” di quota 711 m, poco produttiva, lo sfruttamento inizia nella miniera “alta” di quota 800 m con grandi lavori e per i quali è costruita, nel 1926, una teleferica che da questa raggiungeva la strada carrabile. Dal 1926 al 1936 la Società Anonima Miniere di Valle Aupa estraeva fluorite proveniente soprattutto dal cocuzzolo di quota 800 m. Tra il 1937 ed il 1940 l’ing. Palese continuò le ricerche nell’alta Val Aupa e nel Rio del Fous con l’estrazione di 170 t di fluorite. Nel 1941-42 le ricerche furono affidate alla Società Lavorazioni Organiche Inorganiche (S.L.O.I.) di Bergamo, subentrata all’ing. Palese, che continuò con i permessi “Aupa”. Alla fine del 1943 la società si sciolse a causa degli avvenimenti politico-militari. Nel settembre 1947 risubentrò l’ing. Palese con la concessione dei permessi di ricerca, Interno di una galleria della “Miniera bassa” del Rio del Fous. 83 per la fluorite, piombo e zinco, denominati “Saps” e “Crete dal Crons” ed in pratica ricadenti nell’ambito dei permessi della S.L.O.I. Dal 1953 mancano dati sull’attività mineraria, la ricerca è saltuaria e nel luglio del 1954 l’Osservatorio Geofisico di Trieste, su commissione del titolare, l’ing. Palese, compie un’indagine sulla presenza di fluorite con metodi di prospezione geoelettrica. Non si hanno altre notizie, ma è probabile che dopo quella data sia scaduto il permesso di ricerca poi non più rinnovato. Quella del Rio del Fous è la miniera sfruttata più anticamente ed è quella dove si sono concentrati maggiormente i lavori di scavo. La “miniera bassa” è transitabile e tramite un pozzo si può raggiungere la galleria Costanza. Questa è impraticabile a causa dell’acqua che percola dal sovrastante rio ed in essa si accumula. Suggestive, nella “miniera alta”, sono le grandi camere, i pilastri e le gallerie quasi tutte facilmente percorribili. Essa si sviluppa sui due fianchi, in forra, del Rio del Fous entro la “Dolomia del Serla” dell’Anisico. Questa costituisce un grande corpo calcareo a contatto con i sedimenti terrigeni bacinali anisiani delle “Torbiditi d’Aupa”. In questo corpo carbonatico, che costituiva una soglia nel mare tardoanisico, s’instaurò un carsismo. I minerali si sarebbero deposti nelle cavità carsiche e nelle fratture precipitando da soluzioni contenenti ioni F, Zn e Pb. La provenienza di queste soluzioni è, probabilmente, connessa ad episodi idrotermali precedenti l’evento effusivo ladinico che ha depositato nell’area tufiti e porfiriti. Le mineralizzazioni si trovano entro fratture o tasche, di varia dimensione, nella roccia in corrispondenza a sottili orizzonti di argilliti bituminose. I minerali che si rinvengono sono, in ordine d’importanza, fluorite, calcite, quarzo, blenda, galena pirite, ghoetite e marcasite tutti non idiomorfi. È da segnalare, invece, nelle gallerie di sinistra, che si raggiungono pericolosamente attraversando l’orrido su due putrelle metalliche, la presenza di cristalli di sfalerite delle dimensioni del cm inglobati nella calcite spatica. La fluorite microcristallina si rinviene in tasche alla cui base è spesso presente un letto di blenda microcristallina color arancione. Notizie attendibili, ma molto succinte si hanno nelle Relazioni del Servizio Minerario e statistico delle Industrie Estrattive; sono riportate di seguito le notizie ritenute più importanti al fine di fornire un quadro riassuntivo della storia estrattiva della miniera. Nel 1925 inizia lo sgombro ed ispezione dei vecchi lavori in sinistra orografica, nel 1926-27 le opere di ricerca sono in destra orografica e si costruisce una teleferica per il trasporto del minerale. Nel 1928 inizia la produzione di fluorite, con circa 100 t al 99% di purezza e nel 1929 si esegue uno sbancamento nella roccia a quota 980 m sovrastante la zona fluoritica mineralizzata da calcite, baritina e da piccole concentrazioni di galena e blenda con qualche apparizione di calamina. La produzione di fluorite nel 1930 è di circa 100 t al 90% ed aumenta nel 1931 a 150 t al 90%. Nel 1932 proseguono le indagini nel Rio Fous e nel 1933 si estraggono 114 t di fluorite. Le ricerche continuano anche nel 1934 al fine di evidenziare meglio la zona mineralizzata. Per il 1935 al 1936 non si ha nessun dato. Nel 1937 proseguono le ricerche e nel 1938, dai lavori d’estrazione, si sono ottenuti 100 t di fluorite, 2 t di galena e 1 t di blenda. Il permissionario, visti i risultati positivi, chiede il passaggio in concessione, ma già nel 1939 la quantità estratta è di solo 40 t di fluorite al 90%. Dal 1940 al 1941 non si ha nessun dato, ed inizia un periodo che si 84 protrae fino alla fine della guerra di saltuarie ricerche e sospensioni prolungate causate dagli eventi bellici e politici. Il permesso di ricerca, nel 1942, passa alla S.L.O.I. che realizza una produzione di 620 t di fluorite tra le miniere di Saps e quelle dell’Andri. Nel 1943 vengono effettuati solo lavori di manutenzione, mentre le ricerche sono sospese per mancanza di manodopera. Dal 1944 al 1947, a causa degli avvenimenti politici, furono sospese le ricerche che furono riprese nel 1948. Furono estratte, nel ’49, 1532 t di fluorite mercantile, estrazione che continuò anche nel 1950 con 1805 t di fluorite mercantile prodotta. Nel 1951 continuarono le ricerche e furono estratte 1085 t di fluorite mercantile, inoltre fu costruito un ponticello sull’orrido del torrente per continuare le prospezioni nella sinistra orografica. Nel 1952 continua l’estrazione (336 t) di fluorite mercantile. Dal 1953 in poi non si hanno più notizie né di ricerche effettuate né di attività estrattiva. Rio dell’Andri Le ricerche nel Rio dell’Andri erano inevitabilmente connesse con quelle del Rio del Fous. Esse iniziarono nel 1876 e proseguirono probabilmente, con vicende alterne, fino al 1881. Ricompaiono testimonianze di ricerche, da parte della Società Miniere di Valle Aupa, solo nel 1926 e continuarono, con diverse società, fino al 1955 con la realizzazione di gallerie e pozzetti da quota 865 m a oltre 900 m ed interessanti le pareti fagliate strapiombanti del Crete dal Crons. L’ing. Palese, subentrato alla società precedente, con il permesso di “Costa dell’Andri”, fece realizzare gallerie e pozzeti di ricerca. La S.L.O.I. con il permesso di ricerca “Andri”, dal 1941 al ’43, aprì quattro gallerie di modesta profon- L’area della miniera del Rio dell’Andri negli anni ’50 (a sinistra) ed il suo aspetto attuale (a destra). 85 dità con la produzione di 500 t di fluorite. Complessivamente, da questa miniera, furono estratte 4758 t di fluorite trasportate, mediante teleferica, nei pressi delle case Focan. Nel settembre 1947 risubentrò l’ing. Palese con la concessione dei permessi di ricerca, per la fluorite, piombo e zinco, denominati “Saps” e “Crete dal Crons” con estrazione o ricerca fino al 1952 quando furono sospese, definitivamente, tutte le attività. Di tutte le infrastrutture della miniera rimane ben poco: alcuni muretti a secco e il dedalo di gallerie, quasi tutte, ancora percorribili. La mineralizzazione, è localizzata nei calcari anisiani della formazione del Serla, in prossimità del margine di piattaforma verso il bacinale eteropico delle “Torbiditi d’Aupa”. I minerali sono la fluorite, la blenda, che è abbastanza comune, mentre la galena e la pirite sono poco frequenti; tutti questi minerali sono immersi in una ganga calcareo silicea. La mineralizzazione è legata all’attività vulcanica sottomarina triassica, con successiva concentrazione degli ioni metallo nei calcari di piattaforma carsificati in concomitanza di cicli trasgressivi. Per dare un’idea della quantità di minerale, fluorite, estratto si riportano i dati desunti dalle Relazioni sul Servizio Minerario e statistico delle Industrie Estrattive. Sotto la concessione dell’ing. Palese, nel ’37, sono estratte 116 t di fluorite al 96%, mentre nel 1938 è svolta solo ricerca. Dal 1939 al ’41 non si ha nessun dato, mentre nel 1942 subentra, all’ing. Palese, la S.L.O.I. che effettua lavori di ripristino effettuando nel 1943 solo ricerca. Dal 1944 al ’47 a causa degli avvenimenti politici e militari furono sospese le ricerche e l’estrazione. Nel 1948 rientra l’ing. Palese e vengono effettuati lavori di ricerca, mentre nel 1949 riprende il periodo produttivo con l’estrazione di 625 t di fluorite mercantile. Galleria nella miniera del Rio dell’Andri. 86 Nel 1950 vengono estratte 633 t di fluorite mercantile, nel 1951 la produzione aumenta con l’estrazione di 855 t di fluorite mercantile, ma nel 1952 la ricerca non fu produttiva e fu sospesa l’estrazione. Dal 1953 in poi non si hanno più notizie. Cereschiatis Presso la Sella Cereschiatis, a quota 1100 m, nel massiccio calcareo del Crete dal Crons versante meridionale, sono state eseguite ricerche iniziate nel 1926 e continuate, almeno fino al 1939. Dino di Cobertaldo (1955) scriveva: “La galleria di ricerca, impostata al letto della faglia, entra nella roccia soltanto per alcuni metri. Attualmente le ricerche sono sospese (...). In questa località ho osservato anche altre manifestazioni di fluorite, lateralmente all’affioramento principale descritto (...) in forma di plaghe o di vene della potenza fino a 20-30 cm (...)”. Sembra che non ci sia mai stata estrazione ed il permesso di ricerca era finalizzato solamente alla valutazione quantitativa della mineralizzazione. Informazioni si hanno dagli annali del distretto: nel 1939 l’ing. Giuseppe Palese fece scavare una gallerie sulla falda orientale del Monte Crete dal Crons. Le mineralizzazioni presentano le stesse caratteristiche di quelle di Rio del Fous ed analoga è la genesi. Plantoni (Pontebba) La località è sita nella destra orografica del Torrente Pontebbana ed è prossima a Casera Ladusset. È stata interessata da una ricerca denominata “Plantoni” effettuata fra il 1939 ed il 1940 da Francesco Wenzl, ma non fu eseguito nessun lavoro. La ricerca era orientata verso minerali di Pb, Zn e fluorite. Sempre nell’anno 1940 la Società a.g.l. Impresa Cave e Miniere chiede un permesso di ricerca denominato “Naverco” per Pb, Zn e fluorite impiegando due operai per saggi superficiali, non ottenne però nessun risultato. La mineralizzazione si riscontra nella formazione del Serla sup. che affiora anche nel Rio del Lius. Vetta Secca (Malborghetto-Valbruna) Furono effettuate, nel 1939, ricerche per minerali di ferro da parte di Francesco Wenzl, ma senza compiere lavori. Nel 1940 la ricerca passa alla Società a.g.l. Impresa Cave e Miniere (I.C.E.M) la quale, oltre a continuare le ricerche denominate “Creta Secca”, chiede un altro permesso “Croda dei Cacciatori” sempre per la ricerca di ferro. A causa dello stato di guerra e della vicinanza con il confine, i lavori vengono sospesi. Nessun’altra notizia si ha negli annali del distretto minerario. Le ricerche hanno probabilmente interessano la dolomia dello Schlern. Monte Flop Nel Monte Flop, presso le pendici nord del Monte Grauzaria, il Marinoni (1881) segnala la presenza sporadica di galena. Jadoul (1979) su indicazione di Carulli e Carulli stesso, segnalano la presenza di galena in piccole fratture discordanti nella Dolomia Cassiana in facies tidale. Sono presenti inoltre, cristalli cubici ed ottaedrici associati a blenda alterata in idrozincite, entro fratture in zone di breccia. Da un sopralluogo recentemente effettuato si sono rinvenute mosche o venuzze di galena in sporadiche manifestazioni. 87 Dubbie fonti orali attestano l’esistenza di un affioramento limonitico ed ematitico, coltivato durante l’occupazione napoleonica, sulle pendici meridionali del Monte Flop in località Pale dal Fier. Monte Glazzat-Rio Glazzat Il Marinoni scrisse: “Quivi l’affioramento fu scoperto e lavorato la prima volta nel 1793; ma se ne ripresero gli scavi nel 1858 per abbandonarli di lì a poco essendo affatto improduttivi”. La concessione di cavare piombo fu causa della contesa tra i sigg. Calice di Paularo ed il Comune di Pontebba. Di tale controversia si ha menzione nella lettera, datata 20 marzo 1803, del pievano don Francesco Miussi (Micossi) nella quale si sostiene che il monte è l’unica risorsa della comunità di Pontebba e che non può essere privata di tale sussistenza. Al riguardo Michele Gortani, nel 1912, riferisce che “Dagli atti esistenti nell’Archivio comunale di Pontebba risulta inoltre che nel 1801 tale Luigi Calice otteneva l’investitura di una miniera di piombo sul Monte Glazat, lungo il sentiero fra le casere Glazat e Ladusset; investitura che però non ebbe effetto per opposizione del Comune di Pontebba proprietario del monte. Gli scavi più regolari e di cui si ha più esatta nozione son dovuti al (...) Di Gaspero Rizzi negli anni 1863 e 1864. Egli continuò gli assaggi per dieci mesi sul versante settentrionale del Monte Glazat e fra questo e Ladusset; ma il risultato non corrispose alle concepite speranze (...)” e continua descrivendo le osservazioni fatte: “(...) sui dossi Glazat, Cuel des Jerbis e Ladusset si hanno tracce di concentrazioni metallifere in parecchi punti. Esse sono distribuite lungo la zona di contatto dei calcari e dolomie del Muschelkalk con la formazione arenaceo-marnosa di Buchenstein, e sono certamente in connessione con gli espandimenti eruttivi di codesto orizzonte. Il minerale dominante è la galena, molto leggermente argentifera, associata con piccolissime quantità di blenda e calamina. Piccoli filoncelli si presentano nel calcare dolomitico, in una ganga di calcite; noduli di varia grandezza sono disseminati nella dolomia cariata o nel calcare dolomitico stesso e negli scisti argillosi che gli sono a contatto (...)”. S’interessò dell’affioramento anche Taramelli nel 1868: “(...) il rio Glazat è scavato nelle arenarie Keuperiane, che si appoggiano ad un calcare grigio scuro, in cui fu scoperto e seguito un filone di Galena, con troppo poco profitto però, perché non venisse tosto abbandonato (...) e tale pur troppo può prevedersi per quante di simile minerale s’abbia per avventura a rinvenire in questa regione”. Nessun’altra notizia si ha fino al 1926, quando fu concessa un’indagine libera per la ricerca di minerali di Pb e Zn alla Società Miniere di Valle Aupa. La mineralizzazione, si rinviene nella dolomia del Serla, in facies di margine di piattaforma chiusa superiormente da formazioni bacinali terrigene ed eteropiche del Buchenstein. Si rinvengono sacche di fluorite con tracce di galena, blenda e pirite. La genesi è legata al vulcanesimo triassico con deposizione e concentrazione di metalli ai margini delle piattaforme carbonatiche. Rio del Louf Antichi lavori sono testimoniati da E. Cortese che, nel 1912, descriveva l’affioramento e le mineralizzazioni: “Nel calcare scuro dolomitizzato, al contatto colla zona di piccoli 88 strati, si ha una impregnazione importantissima di galena, che, per essere allungata da Est ad Ovest circa, ossia nel senso dei due terreni, prende il nome di filone. In quel punto, a 1120 m s.l.m., si è fatto qualche lavoro (...)”. Ulteriori ricerche erano, nell’anno 1926, legate alle indagini conoscitive che la società Miniere di Valle Aupa svolgeva assieme al programma di sfruttamento delle miniere d’Aupa. Si trattava di piccoli saggi, scavi che evidenziarono minerali in tracce. Di questa manifestazione ne parla anche l’Usoni (1970): “Tale manifestazione, di cui si hanno purtroppo solo delle notizie indiziarie, confermate tuttavia da documenti, sarebbe rappresentata da minerale galenoso proveniente probabilmente dalla formazione calcareo-dolomitica dell’Anisico poggiante sulle marne e calcari del Werfeniano della zona”, e ne danno notizia Jadoul e Nicora (1979). Da sopralluoghi effettuati è stata riscontrata, a 1120 m di quota, presso la cascata posta nella formazione del Serla s.l. caratterizzata da calcari stratificati, una tasca mineralizzata sul pendio scosceso. Non è stato individuato però nessun filone o altra mineralizzazione significativa. Non sono stati trovati i vecchi lavori anche perché l’area altamente tettonizzata ha sicuramente, nell’arco di pochi anni, nascosto tutti i lavori fatti. I campioni raccolti nel detrito hanno evidenziato la presenza di galena concrezionata, barite in cristalli e minerali non identificabili macroscopicamente. Cave del Predil La miniera di Raibl fu sottoposta a coltivazione in epoche remote ed, anche qui, molti autori suppongono un loro sfruttamento romano, anche se prove non ve ne sono. Dino di Colbertaldo (1950) scriveva: “Il giacimento doveva essere conosciuto anche dai Romani i quali, percorrendo la strada del Passo Predil per recarsi in Germania, do- Affioramenti nel Rio del Louf. 89 vevano certamente essere stati attratti dalla colorazione rosso ruggine della zona di ossidato (Vitriolwand); ed ancor molti secoli prima dei Romani il giacimento era stato qua e là saggiato, se a quell’epoca si possono riferire delle piccolissime gallerie, dalla sezione di ogiva, alte poco più di un metro e larghe 30-40 cm, che il prof. Hans Schneiderhöhn dell’Università di Friburgo attribuisce a uomini veneti di razza nana specializzatisi in questo genere di lavoro”. Kraus, nel 1913, riferendosi a quanto scritto dal Posepny: “Posepny erwähnt in seiner Abhandlung über Raibl Spuren von Feuersetzarbeiten im Klara-Stollen der gräfl. Hencklschen Grube, sowie im staatlichen FrauenStollen. Schrämarbeiten hingegen sind nicht selten und heute noch in dem Sebastiani-, Frauen- und den noch höher gelegenen Ulrich-, Barbara- und Johanni-Stollen erkennbar.” accenna a tracce di lavorazione con il fuoco riconoscibili nella galleria Clara, della miniera dei conti Henckel e nella galleria Madonna, della miniera statale, ed inoltre lavorazioni a scalpello riconoscibili nelle gallerie Sebastiani, Madonna, Ulrico, Barbara e Giovanni. È quasi certo che lo sfruttamento minerario di Raibl, orientato prima al piombo ed in seguito allo zinco, interessò, inizialmente, anche il ferro costituente il deposito di limonite facente parte del cappellaccio. Il ferro andava ad alimentare le fucine sorte nella Valcanale e a Weissenfels, infatti, alcune antiche carte geografiche indicano la miniera di Raibl come centro di produzione di ferro, così come alcuni toponimi fanno riferimento allo stesso minerale (Rio Filaferro, Prato Filaferro). Si parla della miniera di Raibl nel 1006, con vaghi cenni, quando i territori facenti parte della Signoria Federaun, comprendente anche il Tarvisiano, furono assegnati dall’imperatore Enrico II alla sede episcopale del Vescovado di Bamberga. Documenti sicuri risalgono all’anno 1320 quando l’imperatore Federico III, detto il Bello, rilasciò ad una compagnia di minatori la concessione di scavare minerali nei monti a sud di Tarvisio. Nel 1399 i cittadini di Cividale chiedevano il consenso, al Vescovo di Bamberga, di poter realizzare una via di comunicazione attraverso la chiusa di Plezzo ed il Passo del Predil verso Tarvisio al fine di intrattenere relazioni commerciali. In un documento del 1456 alcuni minatori si rivolgono al vescovo di Bamberga, Antonio, per ottenere il permesso di scavare il vetriolo presso il possedimento di un suddito vescovile un certo Oswald Rabel. È dal nome di quest’ultimo che si pensa sia legato il toponimo del paese e del lago. Notizie su Raibl sono riportate da Paolo Santonino nel suo “Itinerarium” in cui si descrivono le visite pastorali compiute in queste regioni negli anni 1485-1487: “Tarvisia ipsa, rus est, ad septuaginta domos habens, situmque in amphiteatro montium, cum uno fluvio et altero perennis aque rivo, qui iuxta labuntur: sunt eo in loco in montibus sibi proximis vastis et asperrimis vene ferri et vitrioli, ex quibus magnus provenit usus, et omenes fere mercaturam aut fodinas exercent: cum agros non habeant ad culturam dispositos (...)”. La comunità di Raibl nel secolo XVI costruì una chiesa dedicata a S. Enrico che si chiamò S. Henricus in monte Plumbeo; il sacerdote era nominato dal giudice, dalla comunità dei lavoratori e scavatori nelle miniere e presentato per la conferma al patriarca. In quell’epoca il lavoro d’estrazione era artigianale, organizzato in tanti proprietari, che avevano la concessione, ma con il passare del tempo parti sempre più consistenti della miniera furono acquistate da famiglie nobili. 90 Notizie sulla miniera ci provengono anche dagli intensi rapporti commerciali instaurati con famiglie della valle come la famiglia della Grotta, proprietaria di molte fucine nella Valcanale, che nel 1540 esportava il piombo estratto nella Repubblica Veneta ed in altri mercati esteri fino in Spagna. Anche i Fugger, ben noti mercanti d’Augsburg, che molta importanza ebbero nel commercio dei metalli e nello sfruttamento delle miniere della Carinzia, possedevano una quota del giacimento e la calamina estratta era lavorata, ad Arnoldstein, per la produzione d’ottone. Dalla metà del secolo XVI fino al 1772 si alternarono nella gestione, spesso a carattere artigianale della miniera, numerose famiglie della Valcanale, alcune delle quali venete, tra le più note: di Caporiacco, Eder, Egger, Erler, Francescini (Franceschini), Fugger, Gaßmayer, Grünwald, Miggitsch, Magerl, Scheidenberg, Schiestl, Schinigin, Strohlendorf, Struggl, Thomas e Türk. Il nome di Francesco Franceschini compare nel 1605 ed è il primo italiano a diventare socio del consorzio minerario, mentre quello di Chicchini di Caporiacco comparirà più tardi nel 1616. Hermann Wieβner, nel lavoro del 1951 fa riferimento alla data del 1606 come momento dell’introduzione della tecnica d’abbattimento della roccia mediante la polvere da sparo introdotta dal proprietario Valentin Eder. Se la data fosse confermata da documenti attendibili sarebbe, forse, il primo utilizzo nella storia mineraria di tale tecnica che è stata utilizzata nelle miniere agordine nel 1632, a Schemnitz nel 1625 e probabilmente nel 1617 nelle miniere di Thillot, nei Vosgi. Nel 1678 la miniera di Raibl, pur avendo una certa importanza mineraria che andò man mano ad aumentare, produceva una quantità di piombo tre volte inferiore a quello prodotto dalla miniera di Bleiberg. Le cause sono da ricercare nella complessa suddivi- La miniera di Raibl negli anni ’20 (da De Capitani, 1927). 91 sione della miniera in diverse proprietà, che portava ad uno sfruttamento irrazionale sia nel modo d’estrazione sia in quello di ventilazione e trasporto del minerale. Solo con la metà del XVIII secolo inizia quel processo d’unificazione delle miniere che ne farà crescere la produttività. Nel 1679 i proprietari erano 43, ma con il passare del tempo molte concessioni furono assorbite dai Signori più ricchi in tal modo l’industria mineraria andò concentrandosi nelle mani di pochi. Nel 1761 i proprietari sono solamente quattro: Struggl, Grünwald, Erler e Gaßmayer. I “Knappen” o Canopi e “Wäscherinnen”, o donne addette all’operazione di lavaggio del minerale, erano così distribuiti nelle quattro miniere private: - Miniera Struggl: 28 Knappen e 12 Wäscherinnen; - Miniera Grünwald: 10 Knappen e 8 Wäscherinnen; - Miniera Erler: 16 Knappen e 0 Wäscherinnen; - Miniera Gaßmayer: 4 Knappen e 0 Wäscherinnen. Dalle persone impiegate si evince che la miniera a maggior attività estrattiva apparteneva alla famiglia Struggl che la mantenne, ampliandola, per oltre un secolo. Con il 1772 c’è una svolta nella gestione delle miniere di Raibl. Il governo asburgico mirava ad assorbire progressivamente tutte le concessioni per diventarne l’unico possessore e in quell’anno rileva tre delle quattro miniere private cioè la miniera di Grünwald, Erler e Gaßmayer. Nel frattempo, nel 1763, Grünwald era deceduto ed era subentrato temporaneamente Strohlendorf che pur commerciando in ferro si era occupato dell’estrazione del piombo dalla miniera Grünwald. Coesistono così una miniera pubblica, la Raibl I, e una privata, la Raibl II, di proprietà di Johann Ivo von Struggl. Con l’occupazione napoleonica, avvenuta nel 1797, anche i tecnici francesi sono interessati alla miniera, infatti, nell’archivio di Raibl, sono presenti, o erano presenti, carte topografiche che fanno riferimento alla miniera erariale e a quella privata della famiglia Struggl. I documenti portano il visto, in data 18 ottobre 1811, di ingegneri francesi “membres de l’Agencie provisoire des Mines”. Lo sfruttamento della miniera iniziato prima nella parte alta e in seguito limitato a 100 Klafter (circa 189 m) di profondità fu, dopo il 1854, concesso fino alla “radice” del giacimento. Grazie alla possibilità di coltivare in profondità il giacimento, l’importanza della miniera crebbe notevolmente dal 1854, fino a toccare la massima produttività dopo la metà del XX secolo. Nel 1857 le miniere erano aumentate grazie alla ricerca che aveva permesso di riscontrare altre aree mineralizzate. Esistevano così: - Raibl I, miniera erariale con estrazione di blenda e galena; - Raibl II, di Erben Cyprian Struggl a blenda e galena che possedeva anche un forno fusorio; - Raibl III, di Romuald Holenia e Ferdinand Fercher; - Raibl IV, della Bleibergwerk (Compagnia del piombo); - Raibl V, di Rudolf Schattauer, Georg Pegritz e Kaspar Treffner; - Raibl VI, di M. Madritsch, J. Ringitsch e Christina Mayer. Le miniere Raibl I, II e III erano site sulla sponda occidentale del Rio del Lago, mentre la Raibl IV era sita sulla sponda orientale del Rio del Lago. In seguito molte miniere furono accorpate e la situazione ritornò ad essere quella di due proprietari: la miniera Raibl I di proprietà erariale dell’impero austriaco, la miniera 92 Miniera di Raibl, il Pozzo Vincenzo (sopra) e il Pozzo Clara (sotto) (1935, dal volume fotografico della Soc. Anomina Miniere Cave del Predil). 93 privata, che prese la denominazione Raibl II di proprietà di Schnablegger cognato di Struggl. Quest’ultima, dopo la morte di Schnablegger, fu ceduta al conte Henckel von Donnersmark ultimo proprietario privato della miniera. Olinto Marinelli nel 1893 scriveva: “Attualmente le miniere appartengono in parte allo stato ed in parte alla ditta Cypr. Struggl’s Erben. (...) il minerale è estratto dalle miniere, nell’interno delle quali ne viene fatta una prima scelta, si pratica una ulteriore cernita, prima a mano, poi con mezzi meccanici. (...) Il minerale non viene lavorato ulteriormente a Raibl, ma la galena viene portata a Kaltwasser ed i minerali di zinco, se ben ricordo, a Cilli (...).” Cyprian Struggl era proprietario di una parte della miniera di Raibl e possedeva alcune fucine presso Tarvisio. Questi lasciò erede dei suoi averi il cognato Leopold, capostipite nella Valcanale degli Schnablegger, il quale continuò ad occuparsi della sola miniera privata di Raibl che si contrapponeva con quelle statali. Cajetan Schnablegger la ereditò alla morte del padre Leopold (1876), ma la condusse per poco tempo perché, a causa di un incidente minerario, morì nel 1894. Durante la sua conduzione si preoccupò di migliorare il trasporto e razionalizzare lo sfruttamento. Il minerale maggiormente estratto, all’epoca, era la galena, seguiva la blenda e la calamina. A Raibl l’8 gennaio 1910 si verificò il più grosso disastro minerario nella storia della miniera così è raccontato dal Wiener Bilder di Gutenberghaus, Klagenfurt “A causa di un cedimento in miniera è crollato l’ospedale e sprofondato sotto il terreno; in questo modo hanno trovato la morte il medico della miniera Josef Vesely con la moglie e il figlio e due persone di servizio, inoltre l’infermiera Langsteiner e suo marito. (...) A una profondità da 150 a 180 m passava la galleria che per molto tempo non fu utilizzata. La galleria crollò con un rimbombante frastuono, la terra si aprì in cerchio e inghiottì la casa insieme ai suoi sfortunati abitanti. Il cratere che si formò, nel quale l’edificio sprofondò da 150 a 200 m, si riempì poco a poco di acqua, finché dall’abisso sovrastarono solo macerie qua e là, terra e muri spaccati.” L’articolo è accompagnato da cinque foto del disastro e sottolinea l’imperdonabile negligenza dell’azienda industriale e dei tecnici responsabili della miniera, per aver creato un “vulcano” sotto il paese. Nel luogo della sciagura fu eretto, nel 1914, un monumento a ricordo delle sette persone i cui corpi non furono mai trovati. Dopo la Prima Guerra Mondiale, la Valcanale e le sue miniere, con il trattato di St. Germain (10 settembre 1919) e di Rapallo (12 novembre 1920), sono annesse all’Italia. Coesistevano la miniera erariale e la Raibl I, mentre la Raibl II e III erano ancora di proprietà dei conti Henckel von Donnersmarck. La miniera erariale Raibl I, con la convenzione del 3 ottobre 1923 tra il Ministero dell’Economia Nazionale e la Società Anonima Miniere Cave del Predil, è data in concessione a quest’ultima per la durata di 30 anni, mentre rimaneva sotto sequestro statale la Raibl II e III. La transazione della miniera privata Raibl II e III, fra i proprietari, i Donnersmarck, e l’Amministrazione dello Stato, avvenne l’anno successivo cioè il 16 febbraio 1924 e il primo marzo dello stesso anno nell’esercizio della miniera subentrò la Società Anonima Miniere Cave del Predil. Il presidente della società era Bernardino Nogara, il quale, grazie alla sua logica imprenditoriale che, però, non tralasciava di guardare alle esigenze dei minatori, fece migliorare di molto la vita dell’intero paese di Cave del Predil. L’unificazione delle miniere rese possibili nuove comunicazioni e permise di agevolare notevolmente l’estrazione e il trasporto del minerale. Si trattò in definitiva di riorganiz94 zare completamente lo sfruttamento che, ora, poteva essere più razionale. Nei primi anni i lavori si limitarono alla coltivazione del minerale già rilevato da precedenti opere. Furono eseguite molte ripiene in gran parte dei cantieri abbandonati durante gli anni di guerra che, a causa di un ovvio sfruttamento a “rapina”, non erano stati in seguito interessati da lavori di manutenzione. Nel 1930 anche la miniera di Raibl fu travolta dagli eventi della “grande depressione” e il 1 maggio del 1931, venne chiusa per essere riaperta nel 1933 a seguito della politica autarchica fascista. La gestione trentennale era affidata alla Società Mineraria del Predil S.p.A. ed il promotore di questa seconda rinascita, della miniera, era Giovanni Nogara, nipote di Bernardino. Giovanni Nogara riuscì magistralmente a condurre la miniera in anni difficili interessati dalla Seconda Guerra Mondiale, dai sabotaggi, dalla carenza di personale, rimanendo sempre fedele alla sua politica antinazista. Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’attività estrattiva risente delle vicende politiche e militari; atti di sabotaggio da parte dei partigiani sloveni rischiano di far chiudere la miniera. Nel 1947 con il trattato di Parigi, il giacimento rimane allo Stato Italiano, ad eccezione della galleria di Bretto che è divisa fra Italia e Jugoslavia lungo la linea di confine del Passo del Predil. La galleria di Bretto, posta alla profondità di 250 m, fu realizzata dal governo austriaco per raccogliere le acque dei livelli bassi della miniera e scaricare le acque nel Torrente Coritenza sottopassando il Passo del Predil. La sua funzione fu anche di trasporto dei minatori da Bretto a Raibl e durante la Prima Guerra Mondiale fu utilizzata, dagli austriaci, per il trasporto di militari e munizioni. Alcune delle tavole realizzate da Posepny e che illustrano le mineralizzazioni a Raibl. 95 La miniera, pur continuando ad essere gestita dalla Raibl Società Mineraria del Predil S.p.A. passa, nel 1956, grazie all’acquisizione della maggioranza azionaria, sotto il controllo della Società Mineraria e Metallurgica Pertusola. Gli anni dei “Nogara” sono un ricordo. La nuova azienda impone le sue finalità speculative con uno sfruttamento indiscriminato e poco attento alla sicurezza nei cantieri: incidenti e mortalità aumentano. Introduce il cottimo, compie un maggior controllo sull’operato dei minatori, riduce il numero delle maestranze. Le scelte fatte portano ad un aumento della produzione e ad una positiva situazione finanziaria, ma a notevoli tensioni con le maestranze. Scaduta la concessione il primo luglio 1963, la gestione passa, temporaneamente, alla parastatale Società A.M.M.I. (Azienda Mineraria Metallurgica Italiana) del Gruppo E.G.A.M. (Ente Gestione Aziende Minerarie). Con l’istituzione della Regione Autonoma Friuli VeneziaGiulia, decreto attuato nel 1965, la miniera sarà di competenza, non più dello Stato, ma di quest’ultima che riconferma, il 31 dicembre 1968, la concessione alla Società A.M.M.I. In circa quindici anni l’A.M.M.I. guarda non solo agli interventi di miglioramento dei processi nella laveria, ma anche alla sicurezza durante lo sbancamento in miniera adottando tecniche di coltivazione in galleria diverse dalla tecnica del “gradino montante” utilizzato fino ai primi degli anni ’70 che creava molti problemi di stabilità incrementando il pericolo dei colpi di tensione. L’utilizzo della tecnica per “tagli discendenti con ripiena cementata” permetteva di evitare i colpi di tensione e di coltivare i vecchi cantieri dove i pilastri abbandonati ed i materiali di riempimento avevano ancora un tenore in minerale interessante. La tecnica consiste nell’asportare la mineralizzazione e riempire la zona coltivata con inerte mescolato a cemento, si viene così a creare una soletta protettiva sopra le nuove coltivazioni. L’area della miniera di Raibl alla fine degli anni ’80. 96 Dopo vicende alterne ed in seguito alla crisi del Gruppo E.G.A.M., nel 1978 la concessione per lo sfruttamento passa alla Società S.A.M.I.M. (Società Azionaria MineroMetallurgica) del Gruppo E.N.I., che oltre a compiere interventi di ripristino e potenziamento attua una politica di ricerca mineraria. Nel 1987 la direzione della miniera passa alla S.I.M. (Società Italiana Miniere), sempre del Gruppo E.N.I, che la condurrà fino alla sua chiusura avvenuta il 30 giugno 1991. La lenta agonia della miniera è terminata con molte promesse di riconversione degli impianti e d’utilizzo delle maestranze, promesse purtroppo vane. Ora grazie agli sforzi della Cooperativa “Nuova Raibl” è sorto un piccolo museo, unica testimonianza, assieme agli squarci inferti alla montagna, di un’attività mineraria più che millenaria. Le strutture-trappola, che ospitano le mineralizzazioni, sono le faglie originatesi ai margini della piattaforma carbonatica triassica interessate da un particolare regime paleoidrologico che ha ampliato le fratture e generato cavità sintettoniche, quali filoni e colonne. Sia i filoni, sia le colonne, ospitano la mineralizzazione per un tratto verticale che va dagli scisti e marne bituminose del Raibliano fin entro la “Dolomia Metallifera”. Il giacimento è quindi localizzato nel Ladinico medio-superiore e nella parte inferiore del Carnico (Raibliano). La mineralizzazione rappresenta il riempimento delle fratture e cavità con la deposizione di sedimenti chimici, meccanici e concrezioni. Nelle zone del giacimento, meno interessate da movimenti tettonici tardivi, si sono conservate le strutture primarie e si rinvengono stalattiti di blenda e galena. Queste erano state notate dal Posepny (1873) che le aveva descritte illustrandole in splendide tavole. Così il Marinelli scriveva, nel 1893, a proposito delle concrezioni: “ (...) poco abbondanti si rinvengono a Raibl o compenetrate Galleria del livello XIX Clara nella miniera di Raibl. 97 nella dolomia o qualche volta anche isolate dalle aggregazioni di galena a forma di aghi o tubetti interamente vuoti o riempiti da strati concentrici di vari materiali, argilla alterata, blenda, calamina; nel centro però rimane sempre uno spazio vuoto. Questi costituiscono il Röhrenerz. Si presentano sotto forma di semplici tubi, talvolta ingrossati o terminati ad imbuto ad una estremità, oppure di tubi prismatici aventi per sezione un quadrilatero o un esagono, oppure come un aggregato di tutta una serie di cristalli ottaedrici insieme congiunti. (...) La genesi di questi singolari tubi si spiega dal Posepny con una formazione analoga a quella delle stalattiti; il Röhrenerz non sarebbe quindi che galena stalattitica; e un tale fenomeno parla certamente in favore dell’origine dei depositi di galena per opera dell’acqua”. Allora, per successivi trattamenti metallurgici, la galena era portata a Kaltwasser (Riofreddo), mentre il minerale di zinco a Cilli (Celje, oggi in Slovenia). Le mineralizzazioni in base alla caratteristica della deposizione si possono distinguere in due tipi di corpi minerari sub-verticali, a geometria filoniana e a geometria colonnare, che interessano verticalmente tutta la Dolomia Cassiana. Le faglie hanno andamento prevalentemente N-S e subordinatamente NE-SW. I giacimenti filoniani sono i più importanti e s’identificano con il nome delle principali faglie: Aloisi, Bärenklamm, Struggl, Morgenblatt, Frauenstollen, Fallbach, Abbendblatt. Le mineralizzazioni, che si estendono lungo le faglie, possono raggiungere lunghezze di oltre 1600 m. Il minerale interessa entrambi i lati della faglia con potenze dell’ordine dal metro fino ai 3 m e con ampie aree di oltre 8 metri, esistono peraltro aree sterili o con bassi tenori di minerale che non furono coltivate. I giacimenti di tipo colonnare, come la Colonna Principale, sono meno frequenti, ma di notevole importanza perché la mineralizzazione è concentrata in colonne di sezione da 800 m2 a 4500 m2 e con un’estensione in altezza di oltre 700 m. Limonite dalla miniera di Raibl. 98 Il giacimento si può suddividere dal punto di vista giacimentologico e genetico in due parti: il “giacimento primario” a solfuri di ferro, piombo e zinco deposti dalla circolazione d’acque ricche in ioni metallo lungo le faglie e il “giacimento secondario”, che è invece costituito da carbonati basici quali smithsonite ed idrozincite ed è derivato dalla liscivazione del giacimento primario, per alterazione, trasporto e rideposizione di parti solubili dello stesso ad opera d’acque circolanti. I minerali presenti sono in gran parte non idiomorfi e possono presentarsi con forme mammellonari o stalattitiche. Minerali abbastanza comuni sono: idrozincite, cerussite, anglesite, sfalerite gialla, rossa e nera, goethite, marcassite e pirite. La sfalerite gialla e rossa si presenta mammellonare, mentre la nera si presenta solo cristallina. In particolari condizioni di deposizione sia primaria sia secondaria si sono formati cristalli idiomorfi di galena, barite, gesso, dolomite, wulfenite, calcite, sfalerite. La galena può presentarsi idiomorfa spesso immersa nella dolomite bianca, la barite, in cristalli giallini, tappezza cavità o litoclasi formando, raramente, anche ammassi ragguardevoli. Si possono riscontrare eccezionalmente anche pirrotina, arsenopirite e cinabro. Rio Terra Rossa La segnalazione di questo sito è legata più alla particolarità dei sedimenti che ad un suo effettivo sfruttamento passato o futuro. In destra orografica della Val Dogna nell’alveo del Rio Terra Rossa a 580 m si incontrano depositi contenenti pisoliti ferrifere. Più esattamente le pisoliti sono costituite da pirite nello strato inferiore ed ematite in quello superiore. Si nota infatti una netta differenza cromatica dei due sedimenti, di color biancoverdastro il primo e rossastro il secondo, che sono accompagnati da pisoliti costituite da Affioramento con pisoliti ferrifere nel Rio Terra Rossa. 99 minerali diversi. Questo può testimoniare un cambiamento delle condizioni di deposizione e la formazione di minerali stabili alle mutate condizioni. Questi depositi, noti ai locali, che hanno battezzato il rio con il nome “Rio dai balins”, sono interposti alla Dolomia dello Schlern ed ai calcari assegnati dubitativamente al Carnico. Dal punto di vista paleogeografico, questi depositi testimoniano un evento regressivo, con l’emersione della dolomia ladinica dello Schlern e la formazione di tasche con paleosuoli a “terra rossa”. Non si hanno testimonianze di sfruttamento di questi depositi, che si rinvengono solo eccezionalmente, perché mascherati completamente dalla vegetazione. Prealpi Carniche Peonis Le “piriti” presenti nel Rio Tremugna furono probabilmente utilizzate dai Savorgnani nel 1554 che, per il loro sfruttamento, impiantarono fucine di ferro lungo il Torrente Melò. L’estrazione fu presto sospesa a causa della pessima qualità del minerale. L’estrazione delle “piriti” fu ripresa nel XIX secolo per opera della Società Ostermann, Castellari & C. che estraeva lignite da alcuni banchi presenti all’interno dei sedimenti arenacei. Lo scavo durò dal 1839 al 1847 ed i noduli ferrosi erano inviati per il trattamento a Judenburg nel Salisburghese. La scadente qualità della lignite, che presentava efflorescenze di solfato a causa della presenza di pirite, e i banchi scarsi e tormentati da interruzioni hanno fatto sospendere molto presto l’estrazione con il conseguente abbandono anche dell’estrazione della pirite. Così scrisse nel 1925 Egidio Feruglio a proposito delle ligniti che presentano “(...) macchie e screziature gialle e biancastre per concrezioni e sfioriture di limonite e melanterite, dovute all’alterazione di noduli marcassitici (...)”. La mineralizzazione interessa i depositi, prevalentemente arenacei, di piana deltizia del Miocene. I minerali presenti sono pirite, marcasite e limonite in noduli e la loro genesi è legata ai cicli trasgressivi e regressivi in zone di transizione. Prealpi Giulie Roncat Il giacimento di ferro era noto ancor prima che Gian Domenico Ciconi nel 1861 ne parlasse: “Nei monti di Venzone vedonsi ancora gallerie e scavi fatti per trarne metallo nei tempi andati (...)”. Nel 1919 i fratelli Morandini di Tarcento eseguirono alcuni saggi per rilevarne la potenzialità. I lavori proseguirono, sebbene saltuariamente, fino al 1923 per essere poi abbandonati, non si hanno poi notizie di successivi lavori. Egidio Feruglio nel 1932 scrisse: “Il giacimento metallifero del Roncàt è situato nella parte superiore della Dolomia Principale. Il minerale affiora a circa 1135 m sul ciglio della dirupata valletta dello Zeliesni patok. In questo punto, a pochi metri sopra il sentiero, è stato aperto un piccolo pozzo, che scende obliquamente seguendo il pendio degli strati (...). L’ematite forma per lo più delle listerelle regolarmente inserite fra strato e strato e più di rado delle tasche e vene oblique alla superficie (...) ”. Un vecchio pozzo d’assaggio e una piccola caverna artificiale testimoniano antichi lavori. 100 Nel 1937 Giuseppe Trancon ottenne un permesso di ricerca a Tanapradulina e Roncat. Nei documenti del distretto minerario si legge: “Durante l’anno furono eseguiti lavori di asporto del materiale di ricoprimento, quindi si iniziò lo scavo in profondità rinvenendo una lente di minerale di ferro dello spessore di 25 cm con andamento quasi verticale. Lavori fatti in altri punti delle ricerche dettero risultati soddisfacenti”. I lavori continuarono anche nel 1938 con ricognizioni alle lenti di ematite e nel ’39, con risultati scarsi, soprattutto a Tanapradulina. Nel ’40 le ricerche furono sospese e i permessi non più richiesti. In zone limitrofe, ad Uccea, nel 1940 furono compiute, da parte di Adolfo Saya, ricerche per il Fe. La mineralizzazione interessa la parte superiore della Dolomia Principale ed il minerale presente è l’ematite che si rinviene in masse compatte spesse alcuni cm e disposte lungo i giunti di strato. La genesi è probabilmente di deposizione sinsedimentaria da acque marine. Egidio Feruglio ipotizzava, anche, un fenomeno di riempimento delle irregolarità nella roccia incassante osservando che il minerale riempie tasche ed apofisi oblique o normali alla superficie degli strati. Valli del Natisone La presenza del mercurio nativo fu osservata in più luoghi della regione flyschoide a Montefosca, Ronchi di S. Giuseppe, Poloneto, Montemaggiore, Cravero ed a Spessa, ma non in quantità sufficiente per dar luogo allo sfruttamento. Entro il flysch è possibile rinvenire goccioline di mercurio (derivate dall’alterazione del cinabro, per ossidazione dello zolfo o per il calore) disperso, nelle marne. Se il minerale è la metacinnabarite, questa, in condizioni favorevoli, cambia in cinabro. Affioramento di sabbie silicee nell’area di Peonis. 101 Giovan Battista De Gasperi (1909) ricorda che “È strana la presenza di mercurio nativo in goccioline, trovato nei dintorni di Spessa a S. Pietro di Poloneto ed ai Ronchi di S. Giuseppe. Per la mancanza di scavi freschi io non potei trovare traccia (...)” e continua cercando di spiegare tale fatto: “Il rinvenimento di questo mercurio può mettersi in relazione con quello di parecchi filoncelli sporadici di metacinabrite che non raramente si incontrano nelle cave di ponca a nord di Cividale; il metallo libero proverrebbe allora dalla scomposizione del solfuro. Resta sempre però a spiegarsi la presenza della metacinnabarite nelle marne”. Alvise Comel nel 1948, ripercorrendo la storia delle presenze di mercurio nel Friuli Orientale, osserva come “(...) queste località si orientino su allineamenti paralleli all’asse tettonico di corrugamento generale della regione che ha una direzione NO-SE e si trovino in corrispondenza di probabili linee di minor resistenza incontrate dalle correnti mineralizzanti ascendenti. (...) I trovamenti di Cividale e di Gorizia sarebbero pertanto da considerare fenomeni accessori di quella grande manifestazione mineralizzante che ebbe ad Idria il suo principale centro di sviluppo”. Furono condotte indagini a grande raggio attorno agli anni ’70 da parte della Nora Impianti S.p.A. e pare che abbiano dato esito positivo, per quanto riguarda le anomalie e la possibile concentrazione di mercurio, ma che non abbiano rilevato nessuna zona sfruttabile. Gli anziani raccoglievano con delle fiaschette a Cisgne, in un anfratto probabilmente artificiale, del mercurio che scaturiva al contatto tra il calcare arenaceo e uno strato marnoso della formazione del “flysch di Masarolis”. Il posto fu poi abbandonato perché il mercurio si raccoglieva sempre meno. Nella memoria degli abitanti sono noti altri siti ormai abbandonati e difficilmente rintracciabili. Da sopralluoghi effettuati non sono state rinvenute gallerie oggetto di sfruttamento. Non è segnalata la presenza di mercurio in tutte le analisi, compiute dal Circolo Idrologico e Speleologico Friulano, delle acque nelle Valli del Natisone. La ricerca dovrebbe essere effettuata mediante l’analisi sui sedimenti o sui licheni che possono avere avuto la funzione di filtri. Montefosca Il 23 aprile 1953 venne concesso al Sig. Antonio Luchitta, impresario edile, il permesso di ricerca “Montefosca”. La ricerca era orientata a rilevare un eventuale giacimento di pirite, che si supponeva presente presso Montefosca, e più precisamente alla destra orografica del Rio Za Bodrinan (Rio Bodrino). Circa 50 m sopra il rio è stata aperta una galleria, all’interno dei livelli carbonatici del Cretacico. Le ricerche furono intraprese per la presenza, peraltro sporadica se non occasionale, di pirite e, forse, su indicazione suggerita da rabdomanti. La galleria evidenziò solo tracce di minerale ossidato quindi le ricerche furono sospese. Negli annali, del Distretto Minerario di Trieste nell’anno 1955, è scritto: “L’unica galleria è stata proseguita per altri 57 m individuando rare tracce di minerale ossidato.” Nell’agosto nel 1959, la stessa impresa ottenne, non è noto su quali indizi, il permesso di ricerca “Potpolvizza” per ferro e manganese a Potpolvizza (Pulfero). Essa effettuò una galleria di 40 m; le ricerche furono poi sospese a causa degli scarsi risultati ottenuti. 102 Matajur Taramelli (1877), nel suo lavoro, riferisce che è a conoscenza del ritrovamento di mercurio nativo alle falde del Monte Matajur e che quantunque non abbia potuto verificare di persona lo ritiene probabilissimo. Sopralluoghi effettuati non hanno dato però esito positivo. Marinoni (1981) segnala la presenza di pirite “(...) nel monte Matajur sopra Montemaggiore, pure nelle marne plumbee eoceniche, compatte, a circa m 1300 sul mare, dove si vedono ancora tracce di scavi abbandonati (...)”. Probabilmente fa riferimento alle mineralizzazioni che sono presenti all’interno del flysch, infatti, nel “flysch del Mataiur” d’età Campaniano-Maastrichtiano, è presente una brecciola con frequenti cristalli di pirite idiomorfi, di dimensioni fino a 4 mm, e un crostone siliceo con idrossidi di ferro. La genesi è probabilmente da imputare ad un’attività idrotermale sottomarina che provocando una diminuzione di pH ha fatto precipitare il ferro. San Pietro di Poloneto Giulio Andrea Pirona, nel 1855, parlava della presenza di mercurio nativo a Spessa località Poloneto: “In quest’argilla (...) e nelle marne si trovano sparsi innumerevoli globetti di Mercurio metallico, i quali al minimo tocco si raccolgono in goccie che scolano dalle numerosissime fessure della roccia marnosa ed arenacea (...). I pochi lavori d’assaggio (...) benché produttivi sono troppo superficiali ed esigui per condurre senz’altro alla conclusione che si possano continuare con frutto (...)”. Non si hanno ulteriori notizie su altri sporadici rinvenimenti nelle marne eoceniche. Cravero Il Girardi (1841) parla di una investitura il 30 giugno 1517 ad un certo Gerolamo de Raimondi e soci di una miniera di mercurio a Cisgne sopra Cravero, frazione di San Leonardo, ma che da un sopralluogo effettuato in compagnia dell’amico abate Professor Pirona non si riuscì a rintracciare le vestigia di nessuna miniera perché “ (...) dopo il giro di tre secoli, non è maraviglia se sparvero le superficiali vestige, e se tace la tradizione”, segnala però che “Il filone d’argento vivo da me rintracciato a Cisna, non lungi dal quel monte si manifesta, cioè a Lonca, ove dal governo illirico furono non ha guari praticati alcuni scavi d’esperimento (...). A Stupizza nel distretto di San Pietro si vede pure ricomparire lo stesso minerale sotto forma di mercurio nativo, e nei contorni di Albana, frazione di Prepotto, trovai il cinabro nativo bitumifero (...) ”. Il Musoni (1912), facendo riferimento all’atto notarile del 1517, non concorda con l’interpretazione data dal Girardi ed osserva che “Cisgne è più che a due miglia da Cividale, mentre a tale distanza si trova Ceresutte presso Gagliano che sembrerebbe essere il corrispondente di Ceresis: ciò non si capisce come quest’ultima potesse avere anche un nome slavo.” e quindi, seppur dubitativamente, propende per la località presso Gagliano. L’unica località presente ancora nella memoria degli anziani e di cui si è individuato il luogo è presso Cisgne dove in un anfratto nel flysch, sopra un bancone calcarenitico, presente lungo il vecchio sentiero circa 250 metri dopo le ultime case del paese ora abbandonato, sgorgavano goccioline di mercurio. 103 Spessa Un’altra località indicata dal Pirona e distante circa 2 km da Spessa è quella di S. Giuseppe: “(...) nella località Ronchi di S. Giuseppe il sig. Germanico Pace di Cividale nel 1845 (...) nel fare una fossa per le fondamenta dei muri s’incontrò in un deposito di circa 30 libbre di Mercurio metallico che raccolse, ma non proseguì alcun lavoro nell’intento di utilizzare una miniera di questo metallo”. Anche per questa località non si segnalano altri rinvenimenti nelle marne eoceniche. Mineralizzazioni ad uranio Sono stati compiuti numerosi sopralluoghi negli affioramenti segnalati come aree a forte anomalia radioattiva, ma è difficile riuscire ad individuarle. Probabilmente queste sono estremamente localizzate, arealmente e stratigraficamente, e sfuggono a ricognizioni a largo raggio. Ravinis Presso il paese, posto a Nord-Est di Paularo, uno sbancamento effettuato per la realizzazione della strada ha evidenziato, in sezione, la formazione delle Arenarie della Val Gardena d’età permica. Entro questa formazione sono presenti piccole lenti o livelletti discontinui di composti d’uranio associati a frustoli carboniosi e solfuri di rame. Questo affioramento riveste soprattutto importanza didattica vista la semplicità nel raggiungerlo e la scarsa quantità di mineralizzazione presente. La genesi è da imputare a pulsazioni ambientali e, quindi, all’alternanza di depositi marini e continentali che hanno dato origine alla formazione epicontinentale delle Arenarie della Val Gardena. Condizioni riducenti hanno favorito la concentrazione di ioni metallici. I minerali che si riscontrano sono la bornite, covellina, voglite e tucholite (composto complesso d’uranio). Monte di Sutrio A Ovest di Cercivento lungo il rio che scende dal Monte di Sutrio e presso la confluenza con il Torrente Gladegna, a quota 700 m, affiorano le arenarie permiche della Val Gardena. Sono presenti dei livelli con solfuri di rame e di ferro, ossidi e carbonati di rame. Associati a questi, entro argille sapropelitiche, sono presenti composti complessi di uranio: tucholite. La concentrazione dei metalli è da attribuire alle frequenti regressioni e trasgressioni marine, che hanno favorito la concentrazione di metalli in zone a variazione di pH. I minerali presenti sono l’azzurrite, malachite, pirite e tucholite. 104 I MINERALI Il Friuli è sprovvisto, tranne la miniera di Raibl, di località mineralogiche con minerali ben cristallizzati e soprattutto di discrete dimensioni. Più facile è trovare micromounts, cioè piccoli cristalli che tappezzano le litoclasi o i vacuoli, che si formano durante la diagenesi di un sedimento. Per la loro osservazione è necessario l’uso di una potente lente o ancor meglio di un microscopio. I processi di sedimentazione in genere non portano alla formazione di cristalli perché le sostanze disciolte nelle acque precipitando danno luogo, normalmente, ad un aggregato microcristallino con la conseguente formazione di una roccia. Sono i processi diagenetici, e la circolazione successiva d’acque ricche in minerali, che possono depositare le loro sostanze in cavità formatesi durante i processi diagenetici, carsici o tettonici. I cristalli di calcite e dolomite, che si sono formati nella cavità della dolomia, sono facilmente riscontrabili in natura nelle nostre montagne per esempio a stazione della Carnia. Cristalli biterminati di quarzo si rinvengono nei vacuoli ricchi di sostanze carboniose nella formazione della dolomia di Forni in Val Preone. Cristalli di sfalerite di dimensioni fino al cm sono presenti nella miniera del Rio Fus. Questi sono immersi nella calcite spatica e facilmente si possono estrarre mediante attacco con l’acido cloridrico diluito. I solfuri di ferro precipitano in ambienti riducenti, come bacini chiusi con scarso ricambio d’acqua, o in zone con notevoli apporti di sostanze organiche (frustoli carboniosi, alghe, ecc.). In questi ambienti la povertà o assenza d’ossigeno può far precipitare la pirite e la marcasite. Esempio classico avviene nei ciclotemi del carbone presenti a Peonis. Nella cava, utilizzata alla fine del secolo scorso per estrarre arenarie quarzose da inviare alle fabbriche di vetro di Murano, si trovano noduli di pirite e marcasite che facilmente si alterano dando luogo ad efflorescenze di solfati. In ambienti riducenti possono precipitare anche altri solfuri quali blenda, galena ecc., ma anche minerali radioattivi sempre associati a resti indistinti di piante. Depositi di questo tipo sono riscontrabili nella formazione della Val Gardena come a Ravinis, Treppo Carnico, Cercivento, Forni Avoltri e molte altre località. In presenza di fasi lagunari, ad intensa evaporazione, si sono deposti minerali evaporitici quali gesso ed anidrite microcristallini. È possibile però trovare, in piccole fratture, cristalli di gesso secondario, cioè cristalli formati per rideposizione di sali da parte delle acque circolanti. Nel Carnico di Raibl sulla superficie di discontinuità di calcari fetidi sono osservabili le impronte, ma anche i cristalli di gesso precipitati durante episodi a forte evaporazione. Noduli di pirite si trovano un po’ dovunque, ma soprattutto nel Rio degli Uccelli, Rio Bombaso e Monti Musi. Sono associati a rocce ricche di sostanza organica ed ambienti riducenti. Durante la diagenesi, il solfuro di ferro tende a migrare e può concentrarsi formando noduli a struttura fibroso raggiata o cristalli idiomorfi, grazie all’elevata energia di cristallizzazione della pirite, come nella formazione a Bellerophon del Torrente Ampiadè, ove si rinvengono ottaedri nei calcari marnosi. La resinite, minerale organico, è stata rinvenuta in piccole masserelle nei calcari marnosi cretacici della Cava di Vernasso, nel Rio Serai e nella frana di Bolador presso Dogna. 105 Minerali di alterazione Quando in un giacimento o in un corpo mineralizzato gli agenti esterni alterano i minerali, hanno origine, da questi, nuovi minerali che possono essere stabili alle nuove condizioni ambientali, oppure essere completamente solubili. Nel qual caso la loro durata è breve ed è legata alle condizioni meteorologiche. Il processo d’alterazione può formare minerali ben cristallizzati, ma per lo più dà luogo a patine d’alterazione che, osservate ad un forte ingrandimento, rivelano una struttura a minutissimi cristalli. Il prof. Morgante, nelle miniere del giacimento di Raibl, scoprì nel 1930 un minerale d’alterazione che si rivelò una nuova specie, la bianchite (solfato idrato di Zn, Fe). A parte questo minerale, la cui importanza si deve solamente a quanto sopra esposto, ve ne sono altri che hanno scarso interesse per i collezionisti perché non idiomorfi, per esempio la goslarite presente nelle grotte nella “Witriolwand” che costituisce la parte superficiale del cappello della miniera. Assieme alla goslarite (solfato idrato di Zn) ci sono altri minerali che tappezzano le pareti ed il pavimento quali limonite, melanterite (solfato idrato di Fe), gesso, idrozincite, ecc. che sono i comuni prodotti d’alterazione superficiale dei giacimenti a solfuri misti come quello di Raibl. Nei saggi di Comeglians sono ben evidenti le patine verdi-azzurre d’alterazione dei solfuri di rame e nelle discariche è facile trovare dei bei campioni di malachite ed azzurrite microcristallini. Alle pendici meridionali del Monte Avanza è facile rinvenire, azzurrite e malachite in patine derivanti dall’alterazione della tetraedrite. Nei vacuoli del calcare presente presso la cava detta della “Pietra verde” si rinviene in cristalli esagonali color verde erba-verde smeraldo la calcofillite. Nella Val di Preone sempre per alterazione del fosfato che ha mineralizzato alcuni fossili, nel caso specifico un pesce, si è formata la vivianite. Crisocolla proveniente da Comeglians. 106 Minerali di Grotta Fino a pochi anni fa l’importanza dei fenomeni minerogenetici carsici era assolutamente trascurata. Le grotte o più precisamente l’ambiente carsico veniva considerato come spettatore passivo d’accumulo meccanico di minerali non attribuendogli nessuna funzione genetica. In realtà esercita un funzione attiva grazie alle particolari condizioni chimico-fisiche presenti. Ora numerosi studi hanno dimostrato che alcuni processi di carsificazione attuali portano alla formazione di depositi con tenori non trascurabili di minerale, e che tali processi sono intervenuti, totalmente o parzialmente, nella genesi di molti giacimenti. Nelle grotte, ma anche nelle miniere, si possono rinvenire concrezioni di carbonato di calcio, calcite più raramente aragonite, sotto forma di stalattiti, stalagmiti, pisooliti ecc. In particolari condizioni, cioè acque che hanno uno scarso ricambio (acque vadose) e lenta evaporazione, si possono formare cristalli di calcite scalenoedrica detta “a dente di cane”. La loro presenza nelle grotte non è un fatto poco frequente, ma spesso sono piuttosto piccoli e difficilmente superano il cm. Nella grotta (Fr. 383) di Mersino raggiungono invece dimensioni ragguardevoli dai 2 ai 12 cm, il colore dipende dalle patine d’alterazione e varia dal bianco al giallo-ocra. I cristalli hanno tutti l’asse A3 perpendicolare alla superficie, geneticamente si può spiegare osservando che i primi germi cristallini hanno un orientamento casuale, ma con il progredire della crescita solo i cristalli che hanno l’asse A3 normale alla volta, e che quindi crescono più rapidamente degli altri, possono svilupparsi, mentre negli altri la crescita è arrestata dalla mancanza di spazio. Nella grotta di Mersino le condizioni ideali, eccezionalmente, sono perdurate a lungo dando luogo allo sviluppo di cristalli di grosse dimensioni. Pesce fossile proveniente da Preone, conservato in vivianite. 107 Nella grotta di Canebola (Fr. 1080) si sono formati depositi efflorescenti di gesso che vanno a tappezzare le pareti e talvolta il soffitto di quella parte della grotta denominata “galleria del sale”. I cristalli sono aciculari e di dimensioni millimetriche anche se si rinvengono infiorescenze di 9 cm. La genesi è da ricercare nella lenta percolazione ed evaporazione d’acqua ricca in solfato di calcio. Nella grotta Foran des Aganis (Fr. 48) è stato ritrovato un fosfato, la brushite CaH(PO4) 2H2O sotto forma di piccole, la più grande 3 cm, stalattiti. Generalmente questo minerale, abbastanza comune in grotta, si rinviene solo in composti pulverulenti o in croste a causa della scarsa solubilità. Le foto realizzate al microscopio elettronico hanno evidenziato una struttura cristallina con aggregati lamellari, cristalli monoclini, disposti a “palizzata”. Altre concrezioni a minerali, interpretate come parzialmente a genesi carsica, sono i noduli nella grotta Pod Lanisce (Fr. 573). I noduli metallici si rinvengono liberi nel pavimento della grotta, la loro genesi pare legata a processi diagenetici subiti in condizioni carsiche. I noduli sono preesistenti alla litificazione del sedimento, in cui si è sviluppata la grotta, ed hanno subito continue modificazioni mineralogiche al mutare delle condizioni chimico-fisiche e redox dell’ambiente carsico. I minerali di cui sono costituiti sono la magnetite, maghemite, pirite, ematite e goethite. Concrezioni gessose si rinvengono nella grotta a quota 1950 m del Monte Cavallo di Pontebba, nei calcari devonici interessati da concentrazioni di solfuri ricoprenti una paleosuperficie carsica. I calcari hanno permesso l’instaurarsi di un carsismo attuale che ha ampliato le fratture beanti creando cavità, molte non praticabili. L’origine del solfato di calcio è imputabile a fenomeni chimici d’alterazione dei solfuri. Noduli di minerali ferrosi provenienti dalla grotta Pod Lanisce. 108 Le septarie Un discorso a parte meritano le septarie che si rinvengono presso Ovaro. La loro genesi è probabilmente legata alla cementazione di sedimenti ad elevata componente argillosa, per varie cause, in forme prevalentementi sub-sferoidali con dimensioni anche notevoli. Centri di nucleazione possono essere stati gli stessi sedimenti che flocculando hanno formato un agglomerato (origine geochimica) oppure degli organismi che, durante i processi di decomposizione, hanno generato un microambiente che ha favorito la cementazione (origine biochimica). Come ultima ipotesi il nucleo può essersi formato grazie a condizioni soprassature delle acque con precipitazione di sali (origine evaporitica). Durante la diagenesi questi noduli sono sottoposti a contrazioni per disidratazione con formazioni di fratture, le acque di percolazione possono ricementare il nucleo con la formazione di caratteristici setti che, disposti spazialmente, possono ricordare la struttura “a nido d’ape”. Spesso le acque di percolazione depositano al loro interno sali minerali che, trovando le condizioni ideali, formano piccoli cristalli di minerali vari. Le septarie presso Ovaro hanno dimensione dal centimetro ai 30 cm, al loro interno si riscontrano piccoli cristalli di barite, quarzo ed ematite. Stalattite in galena proveniente dalla miniera di Raibl. 109 GLOSSARIO calamina = termine in disuso, indica l’emimorfite (silicato di zinco). ciclotema = serie di strati depositati durante un singolo ciclo sedimentario. diagenesi = trasformazioni fisiche e chimiche che portano alla litificazione di un sedimento. dolomia = rocce costituite in prevalenza da dolomite CaMg (CO3)2. eh = è una misura dell’energia necessaria per aggiungere o togliere elettroni a un elemento. epicontinentale = ambiente marino poco profondo. epineritico = ambiente di deposizione marina da 0 a 40 metri. epirogenici = lentissimi movimenti che portano a dislocazioni verticali. epitermale = processo idrotermale a bassa temperatura (100°-200°). entalpia = contenuto termico. eteropia = variazione spaziale dei sedimenti derivata dal variare, nel tempo, degli ambienti di sedimentazione. facies = l’insieme di tutti i caratteri geologici (s.l.) presenti in un bacino. fahlerz = solfuro di rame (tetraedrite). faglia = frattura in una massa rocciosa accompagnata dallo spostamento relativo dei due blocchi separati. flysch = associazione di sedimenti clastici, breccie, arenarie siltiti ecc. deposti da correnti di torbida. fornelli = comunicazioni, fra gallerie, aperte dal basso verso l’alto. galleria di ribasso = galleria aperta a livelli successivamente più bassi. galleria in traversobanco = galleria che, per raggiungere il giacimento, attraversa rocce sterili. graben = fossa tettonica generata da faglie parallele. horst = struttura tettonica rilevata rispetto ai terreni circostanti generata da faglie parallele. idiomorfo = con una perfetta forma cristallina. karren = solchi nella roccia formati per fenomeno carsico. karst = sistema di cavità carsiche. keratofiri = rocce di effusione sottomarina, (a composizione trachitica e riolitica) ricche in Na. liscivazione = processo di asporto dalla roccia, di metalli, per mezzo di solventi (acqua). litoclasi = termine generico per indicare sia le fratture che le faglie. metasomatico = processo di diffusione o di soluzione e rideposizione praticamente simultanei. oolite = granulo sferico o subsferico inferiore ai 2 mm. paragenesi = associazione di minerali formati insieme o successivamente. paralico = ambiente marino poco profondo e di transizione ad un continente, come delta, lagune ecc. piattaforma = qui intesa come parti sommerse dei blocchi continentali a circolazione ristretta e quindi a salinità e temperatura anche molto elevate. pisolite = granulo sferico o subsferico superiore ai 2 mm. pozzetti = comunicazioni, fra gallerie, aperte verso il basso. rifting = processo tettonico che porta alla formazione di una fossa tettonica. rill karren = campi solcati, tipiche morfologie carsiche. regressione marina = ritiro del mare da una vasta area precedentemente sommersa. riduzione = perdita o allontanamento di ossigeno, privo di ossigeno. redox = potenziale di ossido riduzione. sapropelitico = sedimento ricco di sostanze organiche. sinsedimenatrio = processo contemporaneo alla sedimentazione. slumping = scivolamento gravitativo. spiliti = rocce di effusione sottomarina (a composizione basaltica), ricche in Na. stockwork = reticolo di fessure, irregolarmente distribuite nella roccia, riempite di minerali. subsidenza = lento abbassamento di aree anche molto ampie. supergenico = è il processo di liscivazione e riprecipitazione di metalli sotto la falda acquifera. talus = ghiaione, scoscendimento detritico causato dallo sfacelo di pareti rocciose. tettonica = struttura che è generata dalle forze interne alla crosta ed al mantello. time and strata bound = giacimenti legati agli strati ed a precisi intervalli temporali. tout-venant = minerale che esce dalla miniera senza aver subito, pertanto, alcun arricchimento. trasgressione marina = invasione marina su terre emerse. tutia = solfato di rame. 110 LA COLLEZIONE MINERALOGICA FRIULANA (con la collaborazione di LUIGI VIDUS) Introduzione L’origine della collezione mineralogica friulana del Museo Friulano di Storia Naturale si può far risalire alla fine del XIX secolo. Tutti i reperti, hanno subito notevoli vicissitudini (Fornaciari, 1973; Morandini, 1984; Zucchini, 1994) tali da rendere obbligatoria una revisione dell’intera collezione e soprattutto un incremento della stessa. La collezione mineralogica comprende una parte generale ed una friulana. Quella friulana è attualmente costituita da oltre 1.100 minerali compresi i 477 esemplari di cui si era accennato nel catalogo della collezione mineralogica “parte generale” (Zucchini, 1994). Il presente catalogo è aggiornato al numero di inventario 5951 (dicembre 1997); bisogna considerare che l’inventario amministrativo comprende un’unica numerazione per minerali e rocce e che ad alcuni numeri di inventario possono corrispondere più campioni. Oltre duecento campioni fanno parte della collezione storica costituita dalla Collezione del Regio Istituto Zanon, dalla Collezione dell’Istituto Toppo Wasserman e da raccolte di insigni studiosi della geologia della nostra regione quali: Egidio Feruglio, Michele Gortani, Sergio Morgante, Dino di Colbertaldo. Altri campioni fanno parte di donazioni per es. della S.A. Miniere di Raibl. A questo nucleo storico si sono poi aggiunte altre collezioni o raccolte. Più recentemente, la collezione si è notevolmente arricchita grazie all’acquisto di minerali, con donazioni da parte di privati, e soprattutto dalla raccolta di minerali che l’autore e il dr. Luigi Vidus hanno effettuato durante i sopralluoghi alle diverse zone mineralizzate. La collezione del Gabinetto di Storia Naturale del Regio Istituto Tecnico Zanon È fra le vecchie collezioni, quella che presenta il maggior numero di campioni senza cartellino e quindi la quasi totalità dei campioni non sono stati inseriti in questo catalogo. Della collezione Zanon è presente un registro originale, ma purtroppo si è constatato che non c’è corrispondenza fra i numeri di inventario di questo registro con quelli riportati nel catalogo Fornaciari (catalogo della collezione generale dei minerali). Purtroppo, notevole è la perdita storica perché gran parte dei campioni presenti nelle collezioni del Regio Istituto Tecnico erano stati studiati e raccolti dal Marinoni per pubblicare il suo lavoro. Nella stesura egli ha puntigliosamente riportato il numero del campione o dei campioni descritti, ma purtroppo tutte le vicissitudine che hanno coinvolto la collezione hanno di fatto reso impossibile la loro ricerca. La collezione dell’Istituto Tecnico Commerciale di Toppo Wassermann Solo i minerali con tutte le indicazioni sono stati inserite nel catalogo, questo di fatto ha ridotto notevolmente la collezione. I cartellini originali sono stati sostituiti (e non sono più reperibili) con altri che contengono spesso errori di trascrizione; questi ultimi a loro volta, a causa dei ripetuti traslochi, spesso sono andati persi o mescolati ed anche con un accurato lavoro di ricerca, nel registro di inventario, non si è riusciti sempre a risalire ai dati originali. Essa deriva dal materiale didattico che era conservato presso l’omonimo Istituto Tecnico Commerciale di Udine poi soppresso. Non esiste un registro di inventario. 111 Criteri metodologici adottati per la classificazione dei minerali La revisione delle collezioni è stata preceduta da una pulizia di tutti i campioni e l’asporto dei vecchi numeri di inventario. I minerali sono stati detersi, ove possibile, con acqua distillata; quelli soggetti a deteriorarsi con l’umidità sono stati, dopo la determinazione, protetti con una leggera pellicola di paraffina. I minerali soggetti a deteriorarsi con la luce sono stati inseriti in scatolette di cartone con coperchio. Molti campioni sono risultati notevolmente alterati, e quindi non più determinabili, o minerali decaduti; i primi sono andati ad arricchire la “collezione didattica”, i secondi sono stati inseriti in inventario sotto la voce “minerali decaduti”. La determinazione della maggior parte dei campioni ha seguito due vie preferenziali: - determinazione delle proprietà ottiche e morfologiche dei cristalli - riconoscimento delle proprietà chimico-fisiche. Per la prima sono state utilizzate le seguenti attrezzature: - microscopio da mineralogia Leitz (senza tavolino universale e solo a luce trasmessa) - rifrattometro di Abbe modello G “Jena” n=1.3-1.7 - rifrattometro Zeiss modello B n=1.17-1.85 I rifrattometri sono stati messi a disposizione dal prof. Sergio Morgante. Per la seconda via di indagine si è fatto uso di semplici saggi chimici per via secca e umida. L’utilizzo di metodi non røntgenografici e le modeste attrezzature del laboratorio di mineralogia del Museo ha comportato problemi di determinazione soprattutto per alcuni gruppi di minerali ed una certa percentuale di errore anche per gli altri, si è ritenuto quindi opportuno dare una sommaria descrizione delle attrezzature e dei metodi utilizzati al fine di precisare i limiti che la revisione e determinazione dei minerali dell’intera collezione comportavano. Organizzazione della collezione mineralogica Tutti i campioni, riposti in scatolette di cartone, sono collocati in cassetti metallici entro armadi della stessa natura. La collezione è, diversamente dalla generale, suddivisa per giacimenti ed alcuni armadi sono riservati ai minerali di località friulane varie. I minerali, all’interno di ogni località mineraria, sono suddivisi rispettando l’ordine sistematico. Tale modo di procedere era consigliato dal fatto di rendere più immediata allo specialista o al fruitore l’associazione mineralogica di quel giacimento. Le schede, in cartoncino bianco di dimensioni cm 10.6x17.3, sono collocate in schedari e seguono, in linea di massima, l’ordine sistematico proposto da Strunz (1982) o da Klochmann (1978), nell’angolo superiore destro recano un numero progressivo di inventario in cifre arabe e la collocazione, rappresentata da un numero romano, da una lettera dell’alfabeto e da un numero arabo. Il numero romano indica l’armadio ove è collocato l’esemplare, la lettera indica il ripiano e il numero arabo il cassetto nel quale si trova il campione. Nella scheda viene indicata, inoltre, l’eventuale precedente determinazione. Ogni esemplare presenta, incollato, il numero di inventario ed è corredato dal cartellino su cui sono indicati numero di inventario, collocazione, specie e dati essenziali. Per gli esemplari utilizzati nelle sale di ostensione è indicato, sulla scheda, il numero della sala dove sono esposti. Il registro di inventario, avente funzione amministrativa, può essere utile ad individuare reperti di cui è nota solo la numerazione progressiva. In esso sono 112 indicati i dati essenziali il valore presumibile o accertato dell’esemplare, il numero di inventario e quello di collocazione. Tutti i dati relativi ai minerali sono stati recentemente inseriti in un archivio informatizzato. Per facilitare tutte le operazioni sono stati utilizzati codici prendendo come base quanto proposto da De Angelis & Maras (1982). Per quanto riguarda la stesura del catalogo si veda Zucchini (1994). Per dare indicazioni sulle caratteristiche morfologiche del minerale sono stati adottati i seguenti simboli: agg.s.: aggregato scagliono amorfo: amorfo concr.: concrezione/i/ato dend.: dendritico drusa: drusa fibr.: fibroso geode: geode gocce: gocce lamine: lamine microx, -xx: microcristallino/microcristallini nodulo: nodulo x gem.: cristallo geminato x, xx: cristallo/cristalli Anche per indicare il tipo di acquisizione di collezioni e campioni si sono adottate delle abbreviazioni: - Campioni donati da privati: es. Feruglio “dono Feruglio” - Campioni già facenti parte del materiale didattico del Regio Istituto Tecnico Antonio Zanon: “coll. Zanon”; del materiale didattico dell’Istituto Tecnico Toppo Wasserman: “coll. Toppo W.” - Campioni raccolti dal dr. Luigi Vidus e dall’autore nell’ambito del programma di ricerche del Museo Friulano di Storia Naturale: “ricerche Mus. Friul. di St. Nat.”. Nel catalogo che segue i campioni sono suddivisi per località o gruppi di località e riuniti per specie mineralogica. Ringraziamenti Alla realizzazione del presente lavoro ha collaborato il dott. Luigi Vidus, nelle uscite di campagna, nella ricerca iconografica e nella determinazione dei campioni. Desidero ringraziare il dott. Carlo Morandini, direttore del Museo Friulano di Storia Naturale, per la fiducia accordatami, il dott. Giuseppe Muscio conservatore della sezione geo-paleontologica non solo per gli utili consigli, ma anche per il paziente lavoro di rilettura ed impaginazione del manoscritto. Grazie al dr. Maurizio Ponton dell’Università di Trieste ed alla dr.ssa Alessandra Giumlia Mair per la rilettura critica del manoscritto, al prof. Livio Passarino ed al dr. Giuseppe Cane per le traduzioni dal tedesco. Un particolare ringraziamento al Sig. Luca Simonetto per la costante disponibilità dimostrata nella ricerca delle fonti iconografiche e per aver messo a disposizione documenti sulla miniera di Comeglians, ed alla Biblioteca Civica di Udine. Grazie ancora al prof. Claudio Calligaris, al dr. Corrado Rosenfeld, al sig. Romano Azzola e a quanti hanno contribuito con fonti e documenti alla stesura del presente volume. 113 CARNIA Monte Avostanis, Pramosio e dintorni, Paluzza ANKERITE microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 1658 AZZURRITE microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5165, 5168, 5171, 5173, 5174, 5182 microxx, con calcopirite ?, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5164 microxx, con calcopirite e galena, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5187 microxx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5170, 5178 xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5162 xx, con malachite e calcopirite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5188 BARITE microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5169, 5180 CALCITE microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3645 microxx, dono L. Peres, inv. n. 3732 CALCOPIRITE microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5183 microxx, con azzurrite, galena, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5167 microxx, con malachite, azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5172 GALENA microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5163 microxx, con azzurrite, calcopirite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5181 microxx, con azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5179 microxx, con calcopirite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5166 MALACHITE microxx, con azzurrite, calcopirite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5175 microxx, con azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5177, 5184, 5185 microxx, con azzurrite patine, dono L. Peres, inv. n. 3731 xx, con azzurrite e calcopirite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5189, 5190 QUARZO geode, dono C. Calligaris, inv. n. 5009 xx, coll. M. Gortani, inv. n. 3603 xx, dono C. Calligaris, inv. n. 5006, 5007, 5008, 5010, 5011, 5012, 5013, 5014, 5015 xx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5176 SFALERITE microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5186 San Giorgio di Comeglians, miniera e dintorni AZZURRITE microxx, alterazione, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5648 microxx, con barite, fluorite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5690, 5733 114 microxx, con barite, fluorite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5644, 5659, 5669, 5676, 5686, 5695, 5705 microxx, con barite, fluorite, malachite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5653, 5677, 5688 microxx, con barite, malachite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5668, 5709, 5715, 5716, 5721, 5802, 5803 microxx, con fluorite, barite e ossidi di Mn, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5771 microxx, con fluorite, barite, malachite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5729, 5732 microxx, con fluorite, ocra di Sb, barite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5758 microxx, con malachite e barite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 519 microxx, con malachite e barite microxx, dono S. Morgante, inv. n. 3668 microxx, con malachite microx, inv. n. 520, 3662 microxx, con malachite, barite e tetraedrite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3661 microxx, con malachite, fluorite, barite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5700 microxx, con malachite, tetraedrite, barite e calcite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3659 microxx, con ossidi di Mn, ocra di Sb e barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5762 microxx, con tetraedrite, malachite e fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5748, 5750 microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 5023 microxx, nella barite microx con tetraedrite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3669 BARITE microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3676, 3678, 3683 microxx, con azzurrite microx, dono S. Morgante, inv. n. 3680 microxx, con azzurrite, tetraedrite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5736 microxx, con fluorite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5656, 5672 microxx, con fluorite e ossidi di Mn., ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5756, 5766 microxx, con fluorite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3677 microxx, con fluorite, azzurrite e ossidi di Mn, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5779, 5780 microxx, con fluorite, malachite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5684, 5698 microxx, con fluorite, ossidi di Mn e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5760 microxx, con fluorite, ossidi di Mn e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5775 microxx, con fluorite, ossidi di Mn e ocra di, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5768 microxx, con fluorite, ossidi di Mn e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5761 microxx, con limonite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5808 microxx, con malachite e limonite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5807 microxx, con malachite, azzurrite e tetraedrite microxx, dono S. Morgante, inv. n. 3681 microxx, con malachite, azzurrite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5645, 5681, 5683, 5731, 5737 microxx, con malachite, fluorite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5751 microxx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5651, 5652, 5811 microxx, con malachite, tetraedrite e fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5746 microxx, con ossidi di Mn, barite e ocra di, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5763 microxx, con ossidi di Mn, fluorite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5772 microxx, con tetraedrite e malachite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3682, 3684 microxx, con tetraedrite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5805 microxx, con tetraedrite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3679 microxx, con tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5675 microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5649, 5655, 5658, 5662, 5664, 5665, 5678, 5685, 5693, 5697, 5702, 5703, 5706, 5707, 5720, 5723, 5809 CALCITE xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5810 115 CRISOCOLLA microxx, con barite e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5785, 5787, 5788 microxx, con barite, fluorite, azzurrite e ocra, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5789 microxx, con barite, limonite e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5786 microxx, con barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5781, 5782, 5783, 5784, 5791, 5792, 5793, 5794, 5795, 5796 microxx, con calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5790 microxx, con malachite, barite, fluorite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5753 FLUORITE microxx, con azzurrite, barite e ossidi di Mn, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5755 microxx, con azzurrite, malachite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5728, 5743 microxx, con barite e ossidi di Mn, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5778, 5797 microxx, con barite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5667 microxx, con barite, azzurrite e ossidi di Mn, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5769 microxx, con barite, malachite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5646, 5679 microxx, con barite, malachite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5776, 5804 microxx, con barite, ocra di Sb e ossidi di Mn, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5757, 5765, 5767, 5773 microxx, con barite, ossidi di Mn e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5764 microxx, con barite, tetraedrite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5687 microxx, con malachite e barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5799, 5801 microxx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5798 microxx, con ossidi di Mn e ocra di Sb, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5754, 5759 microxx, con ossidi di Mn, azzurrite e ocra di Sb, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5770 microxx, con tetraedrite, azzurrite e barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5742 microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5800 GESSO microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5812 GRAFITE microxx, dono S. Morgante, inv. n. 3509 LIMONITE microxx, con barite e fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5726, 5777 microxx, con barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5661 microxx, con fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5774 microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5691, 5727, 5730 MALACHITE microxx, con azzurrite e barite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3663 microxx, con azzurrite microx nel calcare, coll. M. Gortani, inv. n. 3658 microxx, con azzurrite, barite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5673, 5710, 5712, 5714, 5718, 5738 microxx, con barite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5719 microxx, con barite e fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5663, 5689, 5708 microxx, con barite e tetraedrite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 518 microxx, con barite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5696 microxx, con barite microx, dono M. Cuttini, inv. n. 517 microxx, con barite, azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5711 116 microxx, con barite, fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5671 microxx, con barite, tetraedrite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5699, 5717, 5725 microxx, con barite, tetraedrite e fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5643 microxx, con fluorite, barite, azzurrite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5692 microxx, con fluorite, tetraedrite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5734, 5747 microxx, nella barite microx con azzurrite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3667 ORPIMENTO microxx, nello scisto, coll. M. Gortani, inv. n. 3594 TETRAEDRITE microxx, con azzurrite e barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5642, 5744 microxx, con azzurrite, barite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5650, 5657, 5682, 5694, 5701, 5704, 5735, 5739, 5741 microxx, con azzurrite, barite, fluorite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5647, 5660 microxx, con barite e ? bournonite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3551 microxx, con barite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5674 microxx, con barite microx e azzurrite patine, coll. M. Gortani, inv. n. 3548 microxx, con barite microx e malachite patine nel calcare, coll. M. Gortani, inv. n. 3550 microxx, con barite, fluorite, malachite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5654, 5666 microxx, con barite, malachite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5722, 5745, 5806 microxx, con barite, malachite e fluorite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3685 microxx, con barite, malachite e fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5670 microxx, con barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5724 microxx, con fluorite, barite, azzurrite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5680 microxx, con fluorite, malachite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5752 microxx, con malachite, azzurrite e barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5713, 5749 microxx, con malachite, barite, fluorite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5740 microxx, con malachite, dono C. Calligaris, inv. n. 5020, 5021, 5022 Miniera del Monte Avanza e dintorni AZZURRITE microxx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5084, 5085, 5087, 5090 microxx, con tetraedrite, dono Seravalli, inv. n. 4996 microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 5001 xx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5059 BARITE microxx, con azzurrite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3674 microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3675 microxx, dono Seravalli, inv. n. 4999 GALENA microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5099 xx, con fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5042, 5043, 5044, 5045, 5046, 5047, 5055, 5058, 5068, 5081, 5082, 5096, 5097, 5109, 5110 xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5111 MALACHITE microxx, con azzurrite e barite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3657 microxx, con azzurrite e tetraedrite microxx nel calcare, dono G. Fornaciari, inv. n. 3665 117 microxx, con azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5049, 5063, 5078, 5114 microxx, con pirrrotina, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5064 microxx, con tetraedrite e barite microxx, dono S. Morgante, inv. n. 3666 microxx, con tetraedrite microx nel calcare, coll. M. Gortani, inv. n. 3655 microxx, dono Seravalli, inv. n. 4995 microxx, dono U. Sello, inv. n. 4595 microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5048, 5050, 5057, 5060, 5065, 5069, 5070, 5076, 5089, 5222 PIRROTINA microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5061, 5073, 5095, 5113 microxx, con galena, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5079 QUARZO microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 5002 SFALERITE xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5092, 5093, 5094 xx, con fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5115 TETRAEDRITE microxx, con azzurrite, malachite e barite microxx, dono S. Morgante, inv. n. 3741 microxx, dono S. Morgante, inv. n. 3749 microxx, inv. n. 576 microxx, con azzurrite, malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5071, 5072 microxx, con barite microx, dono S. Morgante, inv. n. 514 microxx, con calcite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3549 microxx, con calcite microx, dono S. Morgante, inv. n. 577, 579, 3547 microxx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5107 microxx, dono R. Zucchini, inv. n. 4984, 4985, 4986, 4987, 4988, 4898, 4990, 4991, 4992, 4993, 4994 microxx, dono Seravalli, inv. n. 4997, 4998 microxx, inv. n. 575 microxx, coll. Toppo W., inv. n. 129 microxx, Pirrotina, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5077 microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5074, 5080, 5098, 5100, 5101, 5102, 5103, 5104, 5105, 5106, 5108, 5112, 5213, 5214, 5215, 5216, 5217, 5218, 5219, 5220, 5221 xx, calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5075 xx, con calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5051, 5052, 5053, 5054, 5056, 5062, 5066, 5067, 5083, 5088, 5091, 5116, 5117 Rio delle Valli, Ovaro (minerali delle septarie) BARITE microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 4932, 4933, 4934, 4935, 4936, 4937, 4938, 4939 CALCITE microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 4941, 4942 EMATITE microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 4919, 4920, 4921, 4922, 4923, 4924, 4925, 4926, 4927, 4928, 4929 MALACHITE microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 4944 118 QUARZO microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 4930, 4931 microxx, con malachite, cuprite, dono C. Calligaris, inv. n. 4943 Rio Sglirs, Paularo BARITE microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5148 FLUORITE microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5147, 5150, 5153, 5154, 5155 microxx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5152 SFALERITE microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5149, 5151, 5157, 5158, 5159, 5160, 5161 microxx, con fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5156 Altre località della Carnia ANKERITE, microxx, Passo Giramondo, Forni Avoltri, coll. M. Gortani, inv. n. 1661 AZZURRITE concr., con malachite microx nel calcare, C.ra Valbertad Alta, Paularo, coll. M. Gortani, inv. n. 3664 microxx, con malachite patine sul calcare, M. Sasso Nero - Collina, Forni Avoltri, coll. M. Gortani, inv. n. 1719 microxx, con malachite, Freikofel versante est, Timau, Paluzza, dono L. Simonetto, inv. n. 4954 microxx, M. Cellon - Creta di Collinetta, Paluzza, dono L. Simonetto, inv. n. 4607 microxx, con malachite e calcite microx, M. Sacro - Pal Grande - Passo M.te Croce Carnico, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 1723 microxx, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4899, 4904, 4906, 4909 Valle del Margò (?), coll. E. Feruglio, inv. n. 3188 BARITE microxx, Rio San Michele, Lauco, dono C. Calligaris, inv. n. 4958 microxx, Sella Rossboden, Timau, Paluzza, dono L. Simonetto, inv. n. 4951, 4952, 4953 microxx, M. Strabut, Tolmezzo, dono C. Calligaris, inv. n. 4602 CALCITE drusa, M. Freikofel, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 3639 microxx, con barite, malachite e tetraedrite, Pierabech, Forni Avoltri, dono Finato, inv. n. 3646, 3653 microxx, Rio San Michele, Lauco, dono C. Calligaris, inv. n. 4940 microxx, Miniera di Cludinico, Ovaro, coll. M. Gortani, inv. n. 3644 microxx, Creta di Timau, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 3634 microxx, nel calcare, Creta di Timau, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 3638 microxx, M. Freikofel, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 3643 x, Creta di Timau, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 1525 xx, nel calcare devonico, Chianevate - Timau, Paluzza, dono L. Simonetto, inv. n. 3893 xx, Valle Bombaso, Pontebba, dono G. Fornaciari, inv. n. 3723 xx, nella dolomia, Preone, dono F.M. Dalla Vecchia, inv. n. 3631 xx, Preone, dono F. M. Dalla Vecchia, inv. n. 3474 xx, nello scisto, Valpicetto, Rigolato, coll. M. Gortani, inv. n. 972 xx, Galleria della Maina, Sauris, dono Rapuzzi, inv. n. 3165 119 xx, sul calcare, Galleria della Maina, Sauris, dono Rapuzzi, inv. n. 3637 CALCOPIRITE microxx, Torrente Lumiei, Ampezzo, dono Bullian, inv. n. 3546 microxx, con galena, Paularo, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4897 microxx, Paularo, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4898, 4907 xx, Costone Lambertenghi, Passo Volaia, Forni Avoltri, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 4916 DOLOMITE xx, su dolomia, M. Sernio - Lovea, Arta, coll. M. Gortani, inv. n. 1641 GALENA microxx, Paularo, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4895 microxx, con calcopirite, Paularo, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4896 microxx, Stua Ramaz nel ruscello, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4956 GESSO microxx, Forni di Sopra, Forni di Sopra, dono M. Bianchi, inv. n. 1889 microxx, rosa, Rio Franditton, Illegio, Tolmezzo, dono L. Lapini, inv. n. 4955 GRAFITE microxx, Clap Pozzolar, Forni Avoltri, dono W. Romanin, inv. n. 3507 microxx, Plan di Val di Bos - Collina, Forni Avoltri, coll. M. Gortani, inv. n. 3510 microxx, Zovello, Ravascletto, coll. M. Gortani, inv. n. 375 microxx, con zolfo microx, Valpicetto, Rigolato, dono G. Fornaciari, inv. n. 3508 LIMONITE microxx, C. Lambertenghi, P. Volaia, Forni Avoltri, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 4913, 4917 microxx, Forni Avoltri, dono W. Romanin, inv. n. 3615 microxx, nodulo, Forni Avoltri, dono W. Romanin, inv. n. 1406 microxx, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4905 nel calcare devonico, Chianevate - Timau, Paluzza, dono L. Simonetto, inv. n. 3890 nel calcare marnoso, C.ra Ponte di Muro, Pontebba, dono L. Simonetto, inv. n. 4547 xx, C. Lambertenghi, P. Volaia, Forni Avoltri, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 4918 MALACHITE microxx, con azzurrite nel calcare, Pizzo di Timau, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 3660 microxx, con azzurrite, Sentiero per Casera Pal Grande di Sotto, Timau, Paluzza, dono L. Simonetto, inv. n. 4950 microxx, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4900, 4901, 4902, 4903, 4908, 4910, 4911 xx, Costone Lambertenghi, Passo Volaia, Forni Avoltri, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 4914, 4915 MARCASITE Rio Fuina - Val Pesarina, Prato Carnico, dono M. Cuttini, inv. n. 3472 ORPIMENTO microxx, sul boghead, S. Nicolò di Cercivento, Cercivento, coll. E. Feruglio, inv. n. 521 PIRITE microx in noduli, Miniera di Cludinico, Ovaro, coll. M. Gortani, inv. n. 3585 microxx, Paularo, Paularo, coll. M. Gortani, inv. n. 3583 120 microxx, Rio Malinfier, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4978, 4979, 4980, 4981, 4982, 4983 microxx, Rio Malinfier, Paularo, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 4959, 4960, 4961, 4962, 4963, 4964, 4965, 4966, 4967, 4968, 4969, 4970, 4971, 4972, 4973, 4974, 4975, 4976, 4977 nodulo, M. Questealte, Paularo, dono Someda De Marco, inv. n. 523 non definita, Forni di Sotto, Forni di Sotto, dono L. Simonetto, inv. n. 3725 xx e microx, Forni Avoltri, Forni Avoltri, dono W. Romanin, inv. n. 3584 xx, C.ra Pizzul, Paularo, coll. M. Gortani, inv. n. 3587 xx, con quarzo microx, Timau, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 3579 xx, Costone Lambertenghi, Passo Volaia, Forni Avoltri, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 4912 xx, Mieli, Comeglains coll. M. Gortani, inv. n. 691 xx, nella dolomia, Forni Avoltri, Forni Avoltri, dono W. Romanin, inv. n. 515, 516 xx, nella porfirite, Treppo Carnico, Treppo Carnico, coll. M. Gortani, inv. n. 3581 xx, nello scisto, Ravascletto, Ravascletto, coll. M. Gortani, inv. n. 3580 xx, nello scisto, Tualis, Comeglians coll. M. Gortani, inv. n. 3578 QUARZO microxx, M. Zoufplan, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 1198, 1203 microxx, M. Fuaroni - Salino, Paularo, coll. M. Gortani, inv. n. 1208 microxx, Val Degano, Rigolato, dono C. Calligaris, inv. n. 5040, 5041 xx, M. Paularo, Paluzza, dono Morassi, inv. n. 3427 xx, Casera Valbertad, Paularo, dono U. Lenuzza, inv. n. 5212 xx, Rio Forchia, Villa Santina, dono L. Simonetto, inv. n. 3730 xx e microx, Valpicetto, Rigolato, coll. M. Gortani, inv. n. 3604 SFALERITE microxx, con pirite e calcite microxx, Ognissanti - Valle del But, coll. E. Feruglio, inv. n. 3515 SIDERITE microxx, con quarzo e calcite microxx, Ligosullo, coll. M. Gortani, inv. n. 1598 SMARAGDITE (minerale decaduto) microxx, M. Pezzacul, Rigolato, coll. M. Gortani, inv. n. 3481 TORMALINA xx, nella pegmatite, Ligosullo, Ligosullo, dono F. Quintavalle, inv. n. 2278 VIVIANITE su dolomia di Forni, Rio Seazza, Preone, dono C. Rosenfeld, inv. n. 3886 ZOLFO microxx, Passo Pramollo, Pontebba, dono Società Alpina Friulana, inv. n. 374 microxx, con calcite, Prato Carnico, Prato Carnico, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5525 microxx, con gesso microx, Siai, Treppo Carnico, coll. M. Gortani, inv. n. 522 CANAL DEL FERRO-VALCANALE Miniere del Monte Cocco EMATITE microxx, con minerali di Mn, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5853, 5862, 5867 microxx, con minerali di Mn, coll. M. Gortani, inv. n. 3629 microxx, con calcite microx e minerali di Mn, coll. E. Feruglio, inv. n. 3623 121 LIMONITE microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5851, 5852, 5854, 5855, 5856, 5857, 5858, 5859, 5860, 5861, 5863, 5864, 5865, 5866, 5868, 5870, 5871, 5872, 5873, 5874, 5975, 5876, 5877, 5878, 5879, 5880, 5881, 5882, 5883, 5884, 5885, 5886, 5887, 5888, 5889, 5890, 5891, 5892, 5893, 5894, 5895, 5896, 5897, 5898, 5899, 5900, 5901, 5902, 5903, 5904, 5905 MAGNETITE microxx, con minerali di Mn ed ematite microx, dono D. di Colbertaldo, inv. n. 3627 microxx, con minerali di Mn ed ematite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3628 Rio Gelovitz, Pontebba EMATITE microxx, con limonite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5123, 5124, 5125, 5126, 5127, 5128, 5129, 5130, 5138 microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5143 LIMONITE microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5131, 5132, 5133, 5134, 5135, 5136, 5139, 5140, 5141, 5142, 5144, 5145, 5146 Miniere di Saps, Rio Fous e dintorni, Val Aupa, Moggio Udinese CALCITE microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3641 microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5510, 5524, 5528, 5534, 5576, 5577, 5578, 5579, 5580, 5581 microxx, con fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5508, 5531 microxx, con limonite e pirite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5506 microxx, con limonite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5517 xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5530, 5535, 5536, 5537, 5538, 5539, 5540, 5541, 5542, 5543, 5544, 5545, 5546, 5547, 5548, 5549, 5550, 5551, 5552, 5553, 5554, 5555, 5556, 5557, 5558 FLUORITE microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5500, 5515, 5516, 5518, 5519, 5522, 5523, 5527, 5529, 5582, 5584, 5585, 5586, 5587, 5588, 5589 microxx, con calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5502, 5512 microxx, con limonite e pirite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5520 microxx, con limonite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5521 GALENA microxx, con fluorite microx, inv. n. 3570 microxx, con fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5511 microxx, con sfalerite e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5813, 5820, 5821, 5823, 5826, 5827, 5837, 5839, 5841, 5842, 5843, 5844, 5845 microxx, con sfalerite spatica e calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5617, 5618, 5619, 5622, 5624 microxx, con sfalerite spatica e xx e calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5640 microxx, con sfalerite spatica e xx in calcare, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5626, 5627 microxx, con sfalerite spatica ed in xx e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5599, 5600, 5601 microxx, con sfalerite xx e calcite in calcare, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5623, 5625 microxx, con sfalerite xx e calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5606, 5615 microxx, con sfalerite xx e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5815, 5834, 5835 microxx, con sfalerite xx e spatica e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5592, 5596 122 microxx, con sfalerite xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5604 x, con sfalerite spatica e calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5621 xx, con sfalerite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5632 GESSO microxx, con limonite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5514 LIMONITE microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5503, 5504, 5507, 5590 microxx, con calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5533 PIRITE microxx, con limonite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5501, 5505, 5509 microxx, con limonite e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5513 QUARZO microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5583 SFALERITE microxx, con calcite e galena, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5814, 5817, 5818, 5819, 5824 microxx, con calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5591, 5597, 5603, 5620 microxx, con calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5532, 5560, 5573, 5825, 5847 microxx, con fluorite, calcite e galena, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5526 microxx, con galena e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5559, 5561, 5562, 5563, 5564, 5565, 5566, 5567, 5568, 5569, 5570, 5571, 5572, 5574, 5575, 5831, 5832, 5833, 5836, 5838, 5840, 5848, 5849, 5850 microxx, con galena spatica e calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5610, 5616 Sfalerite, “Miniera alta”, Rio del Fous, Val Aupa. 123 microxx, con galena spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5593, 5613, 5628, 5633, 5636, 5637 x, con calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5598 x, con galena spatica e calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5594, 5629, 5630, 5634 xx, con calcite e galena, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5816, 5822, 5828, 5829, 5830, 5846 xx, con calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5595, 5608 xx, con galena spatica e calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5602, 5607, 5609, 5611, 5614, 5635, 5639, 5641 xx, con galena spatica nel calcare, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5612 xx, con galena xx in calcare, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5638 xx, con galena xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5631 xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5605 GALENA xx, dono C. Calligaris, inv. n. 5024 Rio dell’Andri, Val Aupa, Moggio Udinese CALCITE microxx, Musei Civici e Gallerie di Storia e Arte, inv. n. 3722, 3724 microxx, dono R. Zucchini, inv. n. 5911, 5934, 5936 FLUORITE microxx, dono R. Zucchini, inv. n. 5912, 5913, 5914, 5915, 5916, 5917, 5918, 5920, 5921, 5922, 5923, 5924, 5926, 5928, 5930, 5932, 5938, 5946 microxx, in calcite spatica, dono R. Zucchini, inv. n. 5907, 5908, 5909. 5910 microxx, in calcite, dono R. Zucchini, inv. n. 5947 xx, con calcite xx, dono R. Zucchini, inv. n. 5940 GALENA microxx, dono R. Zucchini, inv. n. 5951 REALGAR xx, dono R. Zucchini, inv. n. 5949, 5950 microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 4947, 4948, 4949 SFALERITE xx, con fluorite, dono R. Zucchini, inv. n. 5925, 5927, 5929, 5933, 5937, 5939, 5941, 5942, 5943, 5944, 5945, 5948 xx, dono R. Zucchini, inv. n. 5931 microxx, dono R. Zucchini, inv. n. 5935 Miniera di Raibl, Cave del Predil, Tarvisio BARITE xx, con galena, sfalerite e calcite microxx, acquistato ditta Krantz, inv. n. 2728 CALCITE concr., sulla dolomia, acquistato da G. Friz, inv. n. 2832 xx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2786, 2825, 2826, 2827, 2828, 2829, 2830 xx, acquistato ditta Krantz, inv. n. 3630 xx, con dolomite xx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2785 xx, con dolomite xx, dono G. Friz, inv. n. 2862 xx, nel calcare bituminoso, acquistato da G. Friz, inv. n. 2833 124 xx, nel calcare, acquistato da G. Friz, inv. n. 2834, 2835 CERUSSITE microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 1001 xx gem., con galena microx, coll. Toppo W., inv. n. 3687 xx gem., con limonite e galena microxx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2839 xx, con galena e limonite microx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2843 xx, con galena microx, coll. Toppo W., inv. n. 3686 xx, con limonite e galena microxx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2838 xx, con limonite microx ed ematite concr., acquistato da G. Friz, inv. n. 2844 xx, nella limonite concr., acquistato da G. Friz, inv. n. 2840, 2841 xx, nella limonite microx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2842 DOLOMITE microxx, con pirite, blenda e calcite microxx, dono C. Morandini, inv. n. 1652 xx, acquistato ditta Krantz, inv. n. 3652 FLUORITE microxx, con galena microx, coll. Toppo W., inv. n. 3554 GALENA concr. stalattite, acquistato ditta Krantz, inv. n. 112 concr. stalattite, con limonite, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3576 concr., con dolomite microx, coll. Toppo W., inv. n. 593 concr., stalattitica con sfalerite concr., coll. M. Gortani, inv. n. 3567 microxx, “prodotto di lavorazione”, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 1003 microxx, “prodotto di lavorazione”, coll. Toppo W., inv. n. 151 microxx, con calcopirite microx e quarzo xx, coll. Toppo W., inv. n. 603 microxx, con fluorite microx, coll. Toppo W., inv. n. 3553 microxx, con marcasite microx, coll. Toppo W., inv. n. 3552 microxx, con pirite microx, coll. Toppo W., inv. n. 114, 3565 microxx, con pirite xx e barite microxx, coll. Toppo W., inv. n. 3566 microxx, con quarzo xx alterati, coll. Toppo W., inv. n. 3555 microxx, con sfalerite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3557 microxx, con sfalerite microx, dono C. Morandini, inv. n. 3573 microxx, con sfalerite microx, dono D. di Colbertaldo, inv. n. 3574 microxx, con sfalerite microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3558, 3577 microxx, con sfalerite microx, inv. n. 3556 microxx, con smithsonite microx, coll. Zanon, inv. n. 108 microxx, coll. Toppo W., inv. n. 615, 3562, 3568, 3571 microxx, nella dolomia, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3575 microxx, prodotto di lavorazione, coll. Toppo W., inv. n. 152 microxx, con sfalerite e dolomite microxx nella dolomia, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3531 xx, con idrozincite microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 533 xx, con pirite e limonite microxx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2846 xx, con sfalerite microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3564 xx, su quarzo xx, dono R. Azzola, inv. n. 4957 GESSO xx, con dolomite xx, galena e sfalerite microxx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2836 xx, su xx di dolomite, acquistato da G. Friz, inv. n. 2837 125 IDROZINCITE microxx, con calcite xx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2831 microxx, con smithsonite concr. e limonite, inv. n. 3588 microxx, con smithsonite concr., coll. Toppo W., inv. n. 1751, 3672 microxx, con smithsonite microx, coll. Toppo W., inv. n. 1750 microxx, incrostante la limonite, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3589 LIMONITE concr., acquistato da G. Friz, inv. n. 2847 concr., acquistato ditta I minerali, inv. n. 3694 concr., dono G. Friz, inv. n. 2856 concr., coll. Toppo W., inv. n. 1407 microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3616 microxx, con galena microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3621 microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3620 microxx, coll. Toppo W., inv. n. 3611, 3612, 3613, 3614, 3617, 3618, 3619 MARCASITE concr., con sfalerite concr., dono G. Friz, inv. n. 2859, 2860, 2861, 2863 concr., parzialmente alterata con sfalerite concr., dono De Paula, inv. n. 3527 PIRITE concr. stalattite, blenda concr., dono R. Zucchini, inv. n. 4549 concr., con quarzo microx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2850 concr., nella dolomia, acquistato da G. Friz, inv. n. 2848, 2849 concr., nella dolomia, dono G. Friz, inv. n. 2851 QUARZO xx, con galena e calcopirite microxx, coll. Toppo W., inv. n. 3560 SFALERITE concr., acquistato ditta Krantz, inv. n. 135 concr., con calcite microx, coll. Toppo W., inv. n. 150 concr., con dolomia, dono G. Friz, inv. n. 2854 concr., con dolomite e galena microxx, inv. n. 3545 concr., con dolomite microx, coll. Toppo W., inv. n. 149 concr., con galena e calcite microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 488 concr., con galena e calcite microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 532 concr., con galena e dolomite microx, acquistato ditta Krantz, inv. n. 155 concr., con galena e dolomite microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3539 concr., con galena microx, dono C. Morandini, inv. n. 3572 concr., con galena microx, coll. Toppo W., inv. n. 3569 concr., con marcasite concr., dono G. Friz, inv. n. 2858 concr., dono G. F. Narducci, inv. n. 0490 concr., dono G. Friz, inv. n. 2855 concr., nella dolomia, dono G. Friz, inv. n. 2852 concr., inv. n. 3541 microxx, con barite e galena microxx su dolomite microx, coll. Toppo W., inv. n. 147 microxx, con calcite e galena microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3544 microxx, con dolomite microx, dono G. F. Narducci, inv. n. 492 microxx, con dolomite microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3534, 3535 126 microxx, con dolomite microx, coll. Toppo W., inv. n. 487 microxx, con dolomite xx nella dolomia, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3530 microxx, con galena e calcite microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3538 microxx, con galena e dolomite microx, dono R. Cumini, inv. n. 3536 microxx, con galena e dolomite microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 489 microxx, con galena e dolomite microxx, dono G. Friz, inv. n. 2853 microxx, con galena e dolomite microxx, dono C. Morandini, inv. n. 3062 microxx, con galena e dolomite microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 513, 3513, 3516, 3532, 3533, 3540 microxx, con galena e dolomite microxx, coll. Toppo W., inv. n. 146 microxx, con galena e dolomite microxx, inv. n. 3520 microxx, con galena e marcasite microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3518, 3524 microxx, con galena e marcasite microxx, coll. Toppo W., inv. n. 3517 microxx, con galena microx e marcasite concr., dono C. Morandini, inv. n. 3511 microxx, con galena microx, dono C. Morandini, inv. n. 3514 microxx, con galena microx, dono Forattini, inv. n. 3519 microxx, con galena microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3537 microxx, con galena microx, marcasite e dolomite microxx, dono C. Morandini, inv. n. 3512 microxx, con marcasite e dolomia microxx, dono C. Foramitti, inv. n. 3523 microxx, con marcasite microx alterata, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3525 microxx, con marcasite microx, dono Liso, inv. n. 3528 microxx, con quarzo xx e galena microx, dono G. F. Narducci, inv. n. 495 microxx, dono G. Friz, inv. n. 2857 microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3521 microxx, levigato, dono D. di Colbertaldo, inv. n. 3522 microxx, nella dolomia, dono C. Morandini, inv. n. 3516 Stalattite di Pirite e Marcasite (a sinistra) e Plumbocalcite (?) (a destra), miniera di Raibl. 127 microxx, nella dolomia, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3543 microxx, nella dolomia, inv. n. 3529 microxx, prodotto di lavorazione, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 1002 microxx, inv. n. 4597 xx e microx, acquistato ditta Krantz, inv. n. 144 xx, con galena microx e quarzo xx, coll. Toppo W., inv. n. 3561 SMITHSONITE concr., con idrozincite incrostante, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3590 concr., con idrozincite microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 530, 531 concr., con limonite e idrozincite incrostante, inv. n. 1627 concr., con limonite e idrozincite microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3650 concr., con limonite microx, dono G. F. Narducci, inv. n. 3647 concr., con limonite microx, coll. Toppo W., inv. n. 3648 concr., dono G. F. Narducci, inv. n. 534, 1632, 3649 concr., coll. Toppo W., inv. n. 1626 microxx, alterata parzialmente in limonite, coll. M. Gortani, inv. n. 3622 microxx, prodotto di lavorazione, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 1000 WULFENITE xx, con idrozincite microx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2845 Rio Terra Rossa e dintorni, Dogna DOLOMITE xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5036 xx, con pirite xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5037 Gesso, miniera di Raibl. 128 EMATITE pisoliti, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5025, 5029, 5030, 5032, 5034, 5038 PIRITE pisoliti, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5026, 5031, 5035 xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5027, 5028, 5033 Altre località della Val Canale - Canal del Ferro AZZURRITE microxx, con calcopirite e malachite microx, siderite xx, Cuel Tarònd - Lusnizza, MalborghettoValbruna, dono A. Desio, inv. n. 1724 CALCITE xx, sul calcare, M. Jof di Montasio, Chiusaforte, dono Società Alpina Friulana, inv. n. 3636 xx, Valle Bombaso, Pontebba, dono G. Fornaciari, inv. n. 3723 DOLOMITE xx, su dolomia, Val Raccolana, Chiusaforte, dono A. Tellini, inv. n. 1775 xx, nella dolomia, M. Grauzaria, Moggio Udinese, dono C. Morandini, inv. n. 3066 xx, M. Sernio, Moggio Udinese, coll. M. Gortani, inv. n. 3651 EMATITE microxx, con calcite xx, Ugovizza, Malborghetto-Valbruna, coll. E. Feruglio, inv. n. 3597 microxx, con limonite microx, Ugovizza, Malborghetto-Valbruna, coll. Toppo W., inv. n. 3147 microxx, Val Resia, Resia, coll. E. Feruglio, inv. n. 3599 FLUORITE microxx, nel calcare, Val Aupa, Moggio Udinese, dono G. Fornaciari, inv. n. 3595, 3596 microxx, con galena microx, Val Aupa, Moggio Udinese, dono Marinoni, inv. n. 313 nel calcare, Val Aupa, Moggio Udinese, dono G. Fornaciari, inv. n. 3727, 3733 GALENA concr., Resiutta, Resiutta, coll. Toppo W., inv. n. 107 microxx, Val Aupa, Moggio Udinese, dono A. Comel, inv. n. 525 microxx, con limonite, Rio Sciad - Camporosso, Tarvisio, dono D. di Colbertaldo, inv. n. 3559 GESSO microxx, Val Aupa, Moggio Udinese, dono Società Alpina Friulana, inv. n. 3688 LIMONITE microxx, M. Jof di Montasio, Chiusaforte, coll. E. Feruglio, inv. n. 3598 microxx, M. Prisnig - Valbruna, Malborghetto-Valbruna, coll. E. Feruglio, inv. n. 1415 microxx, Forcella Terrarossa - M.te Sart - Stolvizza, Resia, coll. E. Feruglio, inv. n. 1422 nel calcare marnoso, C.ra Ponte di Muro, Pontebba, dono L. Simonetto, inv. n. 4547 ORPIMENTO, microxx, nel calcare, M. Prisnig, Tarvisio, coll. M. Gortani, inv. n. 3592 microxx, nel calcare, M. Prisnig, Tarvisio, coll. M. Gortani, inv. n. 377 microxx, con realgar microx, M. Schlaining - Camporosso, Tarvisio, dono D. di Colbertaldo, inv. n. 3591 QUARZO affumicato xx, sul calcare dolomitico, Rio Freddo, Tarvisio, dono R. Azzola, inv. n. 3882 129 REALGAR microxx, nel calcare, M. Prisnig, Tarvisio, coll. M. Gortani, inv. n. 3593 RESINITE amorfo, Rio Serai, Resiutta, dono C. Calligaris, inv. n. 5191 SFALERITE concr., nella dolomia, Val Aupa, Moggio Udinese, dono D. di Colbertaldo, inv. n. 3542 ZOLFO microxx, Passo Pramollo, Pontebba, dono Società Alpina Friulana, inv. n. 374 PREALPI CARNICHE Rio Tremugna, Peonis, Trasaghis LIMONITE dono R. Zucchini, inv. n. 3734 MARCASITE xx gem., dono R. Zucchini, inv. n. 3736, 3739 nodulo, dono R. Zucchini, inv. n. 3738 nodulo, sabbia silicea e carbone, dono R. Zucchini, inv. n. 3737 nodulo, arenaria quarzifera, dono R. Zucchini, inv. n. 3735 PIRITE nodulo, con marcasite microx, dono R. Zucchini, inv. n. 0524 microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 4946 Altre località delle Prealpi Carniche CALCITE xx, nella dolomia, Preone, dono F. M. Dalla Vecchia, inv. n. 3631 xx, Preone, dono F. M. Dalla Vecchia, inv. n. 3474 QUARZO microxx, M. S. Simeone, Bordano, coll. E. Feruglio, inv. n. 1237, 3605 microxx, M. Festa, Cavazzo Carnico, coll. E. Feruglio, inv. n. 3608 VIVIANITE su dolomia, Rio Seazza, Preone, dono C. Rosenfeld, inv. n. 3886 PREALPI GIULIE E VALLI DEL NATISONE CALCITE Corno di Rosazzo, dono G. Fornaciari, inv. n. 3728 xx, Cava di Vernasso, Cividale del Friuli e San Pietro al Natisone, dono C. Calligaris, inv. n. 5016, 5017, 5018, 5019 EMATITE microxx, M. Hork, Uccea, Resia, coll. E. Feruglio, inv. n. 3600. microxx, con limonite, M. Musi, Roncat, Resia, coll. E. Feruglio, inv. n. 3601 microxx, M. Musi, Roncat, Resia, coll. E. Feruglio, inv. n. 3602 130 PIRITE xx, nel calcare, Venzone, coll. M. Gortani, inv. n. 3582 PSILOMELANO dend., Castelmonte, Prepotto, dono G. Fornaciari, inv. n. 1328 QUARZO microxx, Valle del Grivò, Faedis, coll. E. Feruglio, inv. n. 3609, 3610 microxx, C.re Zaona - Cuel di Lanis, Gemona del Friuli, coll. E. Feruglio, inv. n. 3606 microxx, Cuel di Lanis, Gemona del Friuli, coll. E. Feruglio, inv. n. 3607 microxx, in nucleo, M. Bernadia, Tarcento, dono A. Cossio, inv. n. 1240 MINERALI DI GROTTA CALCITE microxx, Grotta Ciondar des Paganis, Faedis, dono Circolo Spel. Idr. Fr, inv. n. 3640 xx, Grotta di Mersino Alto, Pulfero, dono Circolo Spel. Idr. Fr, inv. n. 3654 xx, Grotta di Mersino Alto, Pulfero, dono G. Monai, inv. n. 529 xx, Grotta Nuova di Villanova, Lusevera, dono V. Barbina, inv. n. 3632 GESSO xx, Grotta Nuova di Villanova, Lusevera, dono A. Mocchiutti, inv. n. 3729 LIMONITE microxx, “nodulo”, Grotta Pod Lanisce - Monteaperta, Taipana, dono M. Ponton, inv. n. 527, 528, 3479, 3471 microxx, “nodulo”, Grotta Pod Lanisce - Monteaperta, Taipana, dono G. Muscio, inv. n. 3726 microxx, “nodulo”, Grotta Pod Lanisce - Monteaperta, Taipana, dono Circolo Spel. Idr. Fr, inv. n. 4945 131 Bibliografia sulle miniere del Friuli - , s.d - Una importante industria mineraria nel Friuli nord orientale: la miniera di Raibl. Il tecnico: La provincia il comune enti ospedalieri aziende municipalizzate: 125-131. - , 1876 - Territorio. Costituzione Geologica. Annuario Statist. Prov. Udine: 107-110, Udine. - , 1991 - Raibl, fine di una miniera. Quarry and construction, Boll. Ass. Naz. Ing. Min. AA. VV., 1868 - Statistica mineraria del Regno d’Italia. Firenze. AA. VV., 1873 - Relazione dei giurati sulla esposizione Universale di Vienna del 1873. Industrie minerarie, 8: 29-30, Roma. AA. VV., 1881 - Bericht über die Tätigkeit des k. k. Ackerbau-Ministeriums, 1881, in der Zeit vom 1. Jänner 1877 bis 31. Dezember 1880. Österr. Zeit. für Berg-u. Hüttenwesen, 45, 10: 584-586, Wien. AA. VV., 1976 - Atti della giornata di studio su “La Miniera di Raibl”. Ass. Min. Subalpina, Torino. ACERBI, 1829 - Cenni geologici e mineralogici sulle Provinecie venete e sul Tirolo. Vicenza. ALBERTI A. & CESSI R., 1927 - La politica mineraria della Repubblica Veneta. Ministero dell’Economia Nazionale, s. 8, pp. 455, Roma. ALBERTI LEANDRO F., 1500 - Descrittione della Italia: 430-431. ANDREATTA C., 1930 - Bianchite, nuovo minerale. Rend. R. Acc. Lincei, Sc. Fis. Mat. e Nat., s. 6, 16: 64-69, Roma. ANGEL F., 1912 - Mineralfazies und Mineralzonen in den Alpen. Jahrb. Univ. Graz, Graz. ANSELMI B., BENVEGNÙ F., BRONDI A., FERRETTI O. & POLIZZANO C., 1979 - Prospezione mineralogicoalluvionale nel Friuli-Venezia Giulia (1968-1970). Geol. Tecnica, 4. ARBOIT A., 1871 - Memorie della Carnia. Blasig, pp. 248, Udine. ARDUINO G., 1789 - Memoria sopra varie miniere metalliche e sopra altre specie fossili delle montane provincie di Feltre, di Belluno, di Cadore, della Carnia ecc. Atti Soc. It. Sc. Nat., 3, Milano. ASSERETO R., BRIGO L., BRUSCA C., OMENETTO P. & ZUFFARDI P., 1976 - Italian ore/mineral deposits related to emersion surfaces: a summary. Mineralium Deposita, 11: 170-179, Berlin. ASSERETO R., BRUSCA C., GAETANI M. & JADOUL F., 1977 - Mineralizzazioni Pb-Zn nel triassico delle Dolomiti. Quadro geologico e interpretazione genetica. L’ Industria Mineraria, 28: 367-402, Roma. BECK R., 1901 - Lehre von den Erzlagerstätten. Pp. 134, 203, 205, 593, 596, Berlin. BENVEGNÙ F., BRONDI A., DALL’AGLIO M., GRAGNANI R. & POLIZZANO C., 1974 - Prospezione geochimica e mineralogica della regione Friuli Venezia Giulia. Mineralium Deposita, 9, Berlin. BEUST C., 1872 - Die Zukunft des Metallbergbaues in Österreich. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 22: 143-147, Wien BEUST C., 1872 - Über die Streckungslinien der Hauptgänge in den nichtungarischen Ländern. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 22: 21-22, Wien. BIANCHI A. & DAL PIAZ G.B., 1939 - La monografia geologico petrografica sull’Alto Adige e Regioni limitrofe. Relazione dei risultati ed aggiornamento critico. Period. di Min., 10 (2): 119-189, Roma. BIANCHI G., 1844 - Documenti per la storia del Friuli dal 1317 al 1325, Udine. BIANCHI G., 1845 - Documenti per la storia del Friuli dal 1326 al 1332, Udine. BIANCHI G., 1861 - Documenta historiae foroiuliensis saeculi XIII ad anno 1200 ad 1299, summatim regesta,Wien. BIASUTTI A., 1973 - Il giacimento di marcasite del Rio Fuina (Val Pesarina - Carnia). Tesi di laurea ined., pp. 86, a. acc. 1972-73. BIBOLINI A., 1933 - Formazioni sedimentarie ramifere del Goriziano. Period. di Min., 4: 490, Roma. BILLOWS E., 1919 - Lessico mineralogico per la Regione Veneta. Cooper. Tipogr., pp. 54, Padova. BIRINGUCCIO V., 1540 - De la pirotechnia. Curtis Navo, Venezia. BONAZZI A. & TUNIS G., 1990 - Mineralogy of pelites from cretaceous-terziary basins of the eastern sudalpino. Plinius, 3: 33-34, Roma. 132 BONETTI E., 1956 - L’evoluzione della produzione e dei centri minerari nel bacino montano del Tagliamento e nella Val Canale. Ist. Geogr. Univ. Trieste, pub. n. 15, Trieste BONORA M., 1939 - Miniere e minerali in Friuli. Le materie prime d’Italia e dell’Impero, pp. 252. BRIGO L., BRUSCA C., OMENETTO P. & PERNA G., 1975 - Alpi centro-orientali. Memoria illustrativa della carta mineraria d’Italia. Servizio Geologico d’Italia, 16, Roma. BRIGO L. & CERRATO P., 1994 - Trace element distribution of middle-upper triassic carbonate-hosted lead-zinc mineralizations: The example of the Raibl deposit (Eastern Alps, Italy). Spec. Publ. n. 10, Soc. Geol. Applied to Mineral Deposits, Springer-Verlag, Berlin. BRIGO L. & DI COLBERTALDO D., 1972 - Un nuovo orizzonte metallifero nel Paleozoico delle Alpi Orientali. 2nd Intern. Symposium on the Miner. Dep. of the Alps: 109-124, Ljubljana. BRIGO L. & OMENETTO P., 1976 - Le mineralizzazioni piombo-zincifere della zona di Raibl: Nuovi aspetti giacimentologici. L’Industria Mineraria, 27: 49-56, Roma. BRIGO L. & OMENETTO P., 1978 - The lead and zinc ores of the Raibl (Cave del Predil - Northern Italy) zone: new metallogenic data. Verh. Geol. B.-A., 3: 241-247, Wien. BRIGO L. & OMENETTO P., 1978 - The lead and zinc ores of the Raibl (Cave del Predil - Northern Italy) zone: new metallogenic data. Österr. Ak. Wissensch., 3: 103-110, Wien. BRIGO L. & OMENETTO P., 1979 - Metallogene der Italienischen Ostalpen. Verh. Geol. B.-A., 3: 249266, Wien. BRIGO L., DAL PIAZ G.V., FERRARIO A., OMENETTO P. & ZUFFARDI P., 1978 - Correlazioni fra paleogeografia e mineralizzazioni: alcuni esempi delle Alpi. Mem. Soc. Geol. It., 19: 727-734, Roma. BRIGO L., KOSTELKA L., OMENETTO P., SCHNEIDER H.J., SCHROLL E., SCHULZ O. & STRUCL I., 1977 - Comparative reflections on four alpine Pb-Zn deposits. In: Time and strata-bound ore deposits, SpringerVerlag: 273-293, Berlin. BRIGO L. & OMENETTO P., 1985 - Lithogeochemical Observations on some Ore-Bearing Triassic Sequences of the Italian Southern Alps. Monograph Series on Mineral Deposits, 25: 95-104, Gebrüder Borntraeger, Berlin Stuttgart. BRONDI A. & POLIZZANO A., 1976 - Prospection minière dans la région Friuli-Venezia Giulia (Alpes Orientales). Mineralium Deposita, 11: 311-322. BRUCHLECHNER A., 1884 - Die Mineralien des Herzogtums Kärnten. Kleinmeyer, pp. 130, Klagenfurt. BRUCHLECHNER A., 1885 - Mineralogische Notizen. Jahrb. Naturhist. Mus. Kärnten, 18: 227, Klagenfurt. BRUCKMANN, 1727 - Magnalia dei in locis subterraneis. Braunschweig, 1: 63. BRUNETTA S. & PASTORINI A., 1972 - Situazione, problemi e prospettive dell’industria mineraria nella regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. 2nd Intern. Symposium on the Miner. Dep. of the Alps, Ljubljana. BRUSCA C., GAETANI M., JADOUL F. & VIEL G., 1981 - Paleogeografia ladino-carnica e metallogenesi del sudalpino. Mem. Soc. Geol. It., 22: 65-82, Roma. BUSACHI A., 1921 - Miniera demaniale di piombo e zinco di Raibl. Riv. Serv. Miner., 1919: 257-259, Roma. CANCIAN G., 1994 - Osservazioni su un fenomeno di concrezionamento gessoso-calcitico in una grotta calcarea d’alta quota (M. Cavallo, Alpi Carniche). Studi e ricerche, 1994: 15-27, Fogliano di Redipuglia. CANDUSSIO R., 1975 - Elementi nutritivi ed elementi inquinanti come fattori di fisiopatie negli animali di allevamento (con particolare riguardo alla situazione nella regione Friuli-Venezia Giulia). CARULLI G.B., 1970 - Le rocce, i minerali e le pietre utili. Ist. Enc. Friuli-Venezia Giulia, Il Paese, 1: 233-242, Udine. CARULLI G.B., 1981 - Antiche miniere della Carnia. Antichità Altoadriatiche, 20. CARULLI G.B., FERUGLIO G., SALVADOR L. & STOLFA D., 1972 - Risultati preliminari di una ricerca geomineraria nelle Alpi Carniche (Val d’Aupa e Val Pesarina). 2nd Intern. Symposium on the Miner. Dep. of the Alps: 393-403, Ljubljana. CASTALDO F. & STAMPANONI G., 1975 - Memoria illustrativa della carta mineraria d’Italia. Servizio Geologico d’Italia, 16, Roma. 133 CATULLO T.A., 1860 - Delle miniere delle Alpi venete. Atti R. Istituto Veneto Sc. Lettere Arti, s. 3, 6, Venezia. CATULLO T.A., 1927 - Saggio di Zoologia fossile ovvero Osservazione sopra li petrefatti delle Provincie Austro-Venete con la descrizione dei monti entro i quali si trovano. Seminario Padova, pp. 348, Padova. CAVINATO A., 1942 - Depositi minerari, con speciale riguardo alle miniere ed ai materiali utili italiani. Levrotto e Bella, pp. 883, Torino. CECCHI A., 1976 - Considerazione intorno alla miniera “Raibl”. L’Industria Mineraria, 27: 115-120 CECCHI A., 1986 - Il problema del monte Avanza. Identità, 5 (2): 74-85, Udine. CERRATO P., 1984 - Geologia del settore meridionale del giacimento a piombo e zinco di Raibl (Udine). Tesi di laurea, Università di Ferrara, pp. 156. CICONI G.D., 1862 - Udine e sua provincia. Tip. Trombetti-Murero, pp. 150, Udine. CLAR E., 1954 - Über die Herkunft der Ostalpinen Vererzung. Geol. Rundschau, 42: 109-127, Stuttgart. COMEL A., 1948 - Presenza di mercurio nel flysch eocenico di Gorizia. Boll. Soc. Geol. It., 57: 189193, Roma. COMEL A., 1951 - Un ulteriore documento sulla presenza di mercurio nel flysch eocenico di Gorizia. Boll. Soc. Geol. It., 59: 364-365, Roma. COMIN CHIARAMONTI P., 1973 - Segnalazione di una mineralizzazione a prevalenti marcasite e pirite e di una formazione tufitica nell’Anisico del rio Fuina (Val Pesarina - Carnia). Atti Mem. Acc. Patav. Sc. Lettere ed Arti - Sc. Mat. e Nat., 85(2), Padova. COPPADORO A., 1902 - Su le antiche miniere di Timau. In Alto, 13: 51-53, Udine. CORONELLI, 1688 - Carta topografica del Friuli. Venezia. CORPO REALE DELLE MINIERE, 1935 - Carta mineraria d’Italia aggiornata al giugno 1934. Distretto di Trieste. Scala 1:500.000. Ministero delle Corporazioni, Roma. CORTESE E., 1912 - Filoni di galena presso Pontebba. COTTA B. (VON), 1863 - Über die Bleierz- und Zinkerzlagerstätten Kärnthens. Berg- u. Hüttenm. Zeit.: 9-12, 33-35, 41-44 e 53-55, Freiburg. D’ARGENIO B., FUCHS Y. & OMENETTO P., 1981 - Controls on carbonate platform and basin systems development. Mem. Soc. Geol. It., 22: 19-22, Roma. DE CAPITANI S., 1927 - Le miniere di Raibl. Le vie d’Italia e dell’Amer. Lat., 4: 430-431, Milano. DEL PONTE D., 1970 - L’insediamento umano delle Cave del Predil (Raibl-Udine). Tesi di laurea ined., pp. 214, a. acc. 1969-70. DESSAU G., 1967 - Gli elementi minori nelle blende e nelle galene della miniera di Salafossa (S: Pietro e S. Stefano di Cadore, Alpi Orientali Italiane). Confronti con i giacimenti. Atti Giornata di Studi Geominerari: 123-134, Agordo. DI COLBERTALDO D., 1947 - Il giacimento piombo-zincifero di Raibl. Italia Partigiana, giugno 1947: 16-17, Roma. DI COLBERTALDO D., 1947 - Stalattiti e stalagmiti subacque nella miniera di Raibl. L’Universo, 27(5), pp. 8, Firenze. DI COLBERTALDO D., 1948 - Il giacimento piombo-zincifero di Raibl in Friuli. Rend. Soc. Min. It., 5: 103-112, Pavia. DI COLBERTALDO D., 1948 - Il giacimento piombo-zincifero di Raibl in Friuli. Atti XVIII Congr. Geol. Intern., Roma. DI COLBERTALDO D., 1948 - Il giacimento piombo-zincifero di Raibl in Friuli. Atti Congr. Min. It. 1948, pp. 11, Cagliari. DI COLBERTALDO D., 1949 - La teoria dell’impounding di R. A. Mackay nei riguardi di alcuni giacimenti piombo zinciferi nelle Alpi Orientali. Rend. Soc. Min. It., 6: 60-94, Pavia. DI COLBERTALDO D., 1950 - La miniera di piombo e zinco di Raibl nel Friuli. Italia Cattolica, num. spec. “Année Sainte 1950”, Roma. DI COLBERTALDO D., 1950 - The lead and zinc deposit at Raibl in Friaul. XVIII Intern. Geol. Congr., Great Britain (1948), 7: 277-289, London. 134 DI COLBERTALDO D., 1951 - Illustrazione del giacimento di Raibl. Rend. Soc. Min. It., 8: 23-25, Pavia. DI COLBERTALDO D., 1952 - I giacimenti piombo zinciferi di Grigna e Pian da Barco nelle Alpi Orientali. Congrès gèologique international, Alger. DI COLBERTALDO D., 1952 - Su particolari strutture di alcuni solfuri nel giacimento di Raibl. Rend. Soc. Min. It., 8: 113-120, Pavia. DI COLBERTALDO D., 1952 - Sul calcare metallifero alpino. Alcune precisazioni in merito a una nota dell’Ing. Arnaldo Zabelli. L’Industria Mineraria, 10, Roma. DI COLBERTALDO D., 1953 - A proposito dell’interpretazione data ai giacimenti di Raibl dal prof. A. Cavinato. L’Industria Mineraria, 1, pp. 3, Roma. DI COLBERTALDO D., 1953 - I giacimenti piombo zinciferi di Grigna e Pian da Barco nelle Alpi Orientali (Italia). Ren. Soc. Min. It., 9: 244-250, Roma. DI COLBERTALDO D., 1954 - La micrografia composta e le sezioni lucide senza rilievo. L’Industria Mineraria, Roma. DI COLBERTALDO D., 1954 - Questions diverses de gèologie appliquée. Gîtes plombo-zincifères dans les alpes orientales. Congrès gèologique international, Alger. DI COLBERTALDO D., 1954, - Marcasite idiomorfa del giacimento di Raibl. Rend. Soc. Min. It., 10: 369372, Pavia. DI COLBERTALDO D., 1955 - Minerali di origine sedimentaria in giacimenti alpini tipo “Bleiberg”. L’Industria Mineraria, 1, Roma. DI COLBERTALDO D., 1955 - Osservazioni microscopiche sugli specchi di faglia. Rend. Soc. Min. It., 11: 78-81, Pavia. DI COLBERTALDO D., 1955 - Strutture e tessiture di galena, blenda e pirite in alcuni giacimenti delle Alpi Orientali. Mem. Ist. Geol. Univ. Padova, 18, pp. 20, Padova. DI COLBERTALDO D., 1956 - Raibl è un giacimento di origine magmatica. Rend. Soc. Min. It., 12: 83104, Pavia. DI COLBERTALDO D., 1956 - Sulla nuova ipotesi dell’origine sedimentaria dei giacimenti alpini tipo Bleiberg. Rend. Soc. Min. It., 13: 205-217, Pavia. DI COLBERTALDO D., 1956 - Über den magmatische Ursprung der Raibler Lagerstätte. Zeit. f. Erzbeg. u. Metallhüttenw., 9 (5), Freiburg. DI COLBERTALDO D., 1957 - Le manifestazioni a fluorite blenda e galena della Val d’Aupa nelle Alpi Carniche. Atti I Congr. Friul. Sc. Nat. (Udine, 1955): 92-128, Udine. DI COLBERTALDO D., 1958 - Il Metallifero nelle Alpi Carniche e Giulie a sud della linea alta Fella alta Sava (riassunto). Rend. Soc. Min. It., 15: 382, Pavia. DI COLBERTALDO D., 1958 - Ricerche geo-minerarie sui giacimenti metalliferi delle Alpi Orientali. La Ricerca Scientifica, 28 (4): 786-793, Roma. DI COLBERTALDO D., 1959 - Ricerche sui giacimenti e sulle manifestazioni metallifere delle Alpi Centro-Orientali. La Ricerca Scientifica, 9, Roma. DI COLBERTALDO D., 1960 - Le risorse di minerali metallici in Friuli. L’Industria Mineraria, 11: 559569, Roma. DI COLBERTALDO D., 1961 - Le teorie sulla genesi dei giacimenti alpini e la loro evoluzione. Atti Acc. Sc. Lett. Arti, S. 7, 1, Udine. DI COLBERTALDO D., 1961 - Sull’origine estrusivo sedimentaria dei giacimenti piombo-zinciferi delle Alpi calcaree. Raibl Soc. Mineraria del Predil e Ist. Min., Petr. Geochim. Università Milano: 725-729, Udine, Milano. DI COLBERTALDO D., 1963 - Entsehung der Blei- und Zinklagerstätten in den Ostalpen. Berg- und Hüttenmannische Monatshefte. Sonderabdruck aus Jahrgang, 108 (10): 354-358, Wien. DI COLBERTALDO D., 1964 - Sulla genesi dei giacimenti piombo-zinciferi nelle Alpi Orientali. Notiziario de La Ricerca Scientifica, 4 (3): 201-208, Roma. DI COLBERTALDO D., 1965 - Il pensiero di O. M. Friedrich sulla genesi dei giacimenti piombo-zinciferi nelle Alpi Orientali. Rend. Soc. Min. It., 21: 91-98, Pavia. 135 DI COLBERTALDO D., 1967 - La genese des gites mineraux a plomb-zinc dans les Alpes centre- orientales. Economic Geology Publ. Co., Monograph 3: 308-315. DI COLBERTALDO D., 1968 - Aspetti sedimentari in giacimenti epigenici e loro interpretazione. Geol. Tecnica, 15 (2): 41-46, Milano. DI COLBERTALDO D., 1970 - Giacimenti minerari. CEDAM, Padova. DI COLBERTALDO D., 1971 - Sostituzioni idrotermali di silicati da parte di minerali metallici osservate in sezioni lucide e sottili. Atti Soc. It. Sc. Nat., 15: 184, Milano. DI COLBERTALDO D., 1972 - Sostituzione e metasomatismo nel campo giacimentolgico. Rend. Soc. Min. It., 28: 519-544, Milano. DI COLBERTALDO D. & FERUGLIO G.B., 1963 - I minerali tubolari di Raibl. Atti. Soc. It. Sc. Nat., 102: 53-85, Milano. DI COLBERTALDO D. & FERUGLIO G.B., 1964 - Le manifestazioni metallifere di Comeglians nella media Val Degano (Alpi Carniche). Atti. Soc. It. Sc. Nat., 103: 165-196, Milano. DI COLBERTALDO D. & SCHNEIDERHÖHN H., 1958 - Die Bleizinkerzlagerstätte von Raibl. N. Jahrb. f. Min., Monastshefte: 217-224, Stuttgart. DI COLBERTALDO D. & VAGHETTI A., 1971 - Microstructures, Reflectivity and Microhardness of Sphalerites and Galenas of Ore Deposits, in the Italian Eastern Alps. Min. Soc. Japan. Spec. Pap. 1: 165-173. DI COLBERTALDO D. & VAGHETTI A., 1971 - Microstrutture, potere di riflessione e microdurezza delle blende e galene di alcuni giacimenti situati nelle Alpi orientali. Rend. Ist. Lomb. Sc. Let., cl. Sc. (A), 105, Milano. DI MANZANO F., 1850-1879 - Annali del Friuli ovvero raccolta delle cose storiche appartenenti a questa regione. Seitz, 6: 34, 105, 168, Udine. DOMENIG R., 1986 - Il palazzo veneziano di Malborghetto. Tip. Missio, pp. 129, Udine. DOMENIG R., 1990 - Tradizioni e leggende della Valcanale: L’uomo e la sua vita. Tip. Missio, Udine. DOMENIG R., 1992 - Tradizioni e leggende della Valcanale: L’organizzazione sociale. Tip. Missio, Udine. DOMPÈ G., 1967 - Appunti di folklore minerario in Italia. L’Industria Mineraria, 1: 19-21, Roma. DONI G., 1968 - Appunti di folklore minerario in Italia. L’Industria Mineraria. Dicembre, gennaio e febbraio 1967-68. ELLERO G. & BARBINA G. (a cura di), 1991 - Tarvis. Società Filologica Friulana FERUGLIO E., 1920 - Il giacimento d’ematite rossa del Roncàt (Valle del Rio Bianco, bacino dell’Isonzo). In Alto, 31(2): 3-7, Udine. FERUGLIO E., 1932 - Il giacimento di ematite rossa del Roncàt (Valle del Rio Bianco, bacino dell’Isonzo). Giorn. Geol., 7: 83-89, Bologna. FERUGLIO G.B., 1964 - Su alcune miniere abbandonate del Friuli. Atti Conv. contributi geologia e geofisica nell’econ. regione F.V.G., Contr. Oss. Geof. Sper., 148b: 15-24, Trieste. FERUGLIO G.B., 1966 - Il giacimento cuprifero del Monte Avanza in Carnia. Symp. Int. Giac. Min. Alpi, Trento. FERUGLIO G.B., 1969 - Sui metacristalli di quarzo nel giacimento cuprifero del monte Avanza in Carnia. Atti Acc. Sc. Lett. e Arti, s. 7, 8: 1-46, Udine. FERUGLIO G.B., 1970 - Il giacimento ferro-manganesifero del monte Cocco (Alpi Carniche). Museo Friulano di Storia Naturale, pub. n. 18, pp. 43, Udine. FIORENTINI M.C., 1956 - La microsonda elettronica come mezzo complementare di indagine nello studio dei giacimenti minerari. Rend. Soc. Min. It.,13: 251-267, Pavia. FOETTERLE F., 1861 - Über das Fahlerzvorkommen in Avanza-Graben im Venetianischen. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 12: 107-108, Wien. FORTI P., 1987 - Studio mineralogico ed evolutivo dei noduli ferrosi della grotta Pod Lanisce (Friuli). Mondo Sotterraneo, n.s., 11(1-2): 15-30, Udine. F RIEDERICH O.M., 1951 - Zur Erzlagerstättenkarte der Ostalpen. Radex Rundschau: 371-407, Radentheim. FRIZ C., 1958 - Osservazioni sulla serie paleozoica e sulla mineralizzazione uranifera della Carnia e del Comelico. Studi e Ricerche divisione geomineraria CNR, 1(2): 673-690, Roma. 136 FUCHS Y., 1981 - Les minéralisations des milieux carbonatés de la plateforme èpicontinentale. Mem. Soc. Geol. It., 22: 35-51, Roma. FUCHS W., 1846 - Beiträge zur Lehre von den Erzlagerstätten. Pp. 18, Wien. GHETTI S. & BRIGATTI M.F., 1990 - Minerals in a cretaceous carbonatic section of the Friuli platform. Plinius, 3: 60-62, Roma. GOEBL W., 1903 - Geologisch bergmännische Karten mit Profilen von Raibl, nebst Bildern von den Bleiund Zinkerzlagerstätten in Raibl. K. k. Ackerbauministerium, pp. 39, Wien. GORTANI M., 1912 - Rilevamento geologico della tavoletta “Pontebba” (Alpi Carniche). Bollettino del R. Comitato Geologico d’Italia, 43 (1), Roma. GORTANI M., 1925 - Condizioni economiche. In: Guida della Carnia e del Canal del Ferro, S.A.F.: 119-120, Udine. GORTANI M. & DESIO A., 1927 - Miniere e Cave. Note ilustrative della Carta Geologica delle Tre Venezie, foglio “Pontebba”. Uff. Idr. Mag. Acque, pp. 86, Padova. GRASSI N., 1782 - Notizie storiche della provincia della Carnia. Gallici, pp. 224, Udine. GRION G., 1899 - Guida storica di Cividale e del suo distretto. Ristampa anastatica 1990 Tipolit. Juliagraf, Premariacco. GRODDECK A., 1879 - Die Lehre von den Lagerstätten der Erze. Pp. 246. HACQUET B., 1778 - Über den Bergbau von Raibl. Oryctographia Carniolica oder physikalische Erdbeschreibung Erzogthums Krain, Istrien und der benachbarten Länder. Breittopf, Leipizg. HAUER F. (VON) & FOETTERLE F., 1855 - Geologische Übersicht der Bergbaue der Oesterreichischen Monarchie. Wien. HAUER F. (VON), 1855 - Das Quecksilbervorkommen von Gagliano bei Cividale, in der Provinz Udine. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 6: 810-814, Wien. HAUER F. (VON), 1859 - Canavals Mitteilung über den bleierzführenden Kalkstein und Muschelmarmor in Kärnthen. Verhandl. k. k. Geol. Reichsanst., 18: 212, Wien. HAUER K. (VON), 1859 - Arbeiten in dem Chemischen Laboratorium der k. k. geologischen Reichsanstalt. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 7: 603-06; 9: 172, Wien. HAUER K. (VON), 1861 - Arbeiten in dem Chemischen Laboratorium der k. k. geologischen Reichsanstalt. Zinkblendeschliche von der k. k. Gewerkschaft zu Raibl. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 12: 534, Wien. HEIN ULRICH F., 1981 - Rapporti tra anomalie di fluoro e geochimica delle fluoriti nell’ambito delle serie carbonaiche mineralizzate a Zn-Pb-F-Ba del Triassico alpino. Mem. Soc. Geol. It., 22: 83-99, Roma. HERZOG U., 1988 - Das Paläozoikum zwischen Poludnig und Osternig in den östlichen Karnischen Alpen. Carinthia II, Sond. 47, pp. 124, Klagenfurt. HOERNES R., 1876 - Das Erzvorkommen am Monte Avanza bei Forni Avoltri. Verhandl. k. k. Geol. Reichsanst.: 60-66, Wien (trad. it. in Boll. R. Com. Geol., pp. 139-46. Roma). HÖFER H., 1871 - Die Mineralien Kärntens. Jahrb. Naturhist. Mus. Kärnten, 10: 3-84, Klagenfurt. HÖFER H., 1893 - Die Entstehung der Blei-, Zink- und Eisenerzlagerstätten in Oberschlesien. Österr. Zeit. für Berg-u Hüttenwesen: 81-82, Wien. JADOUL F. & NICORA A., 1979 - L’assetto stratigrafico-paleogeografico del Trias Medio-Superiore della Val d’Aupa (Carnia Orientale). Riv. It. Paleont. Strat., 85(1): 1-30, Milano. JERVIS G., 1873 - I tesori sotterranei d’Italia. I. Le Alpi, pp. 337-47, Torino. KOBELL F. (VON), 1878 - Über des Vorkommen von Lithium und Thallium in dem Zinkerze von Raibl in Kärnthen. Sitzungsberg. k. Bayer Ak. Wiss., Math.-Nat., 8: 552, München. KRAJICEK E., 1951 - Die Blei- und Zinkerzlagerstätte Raibl. Min. Mitt. Bl. Jonneum: 45-46, Graz. KRAUS M., 1913 - Das staatliche Bleizinkerz- Bergbauterrain bei Raibl in Kärnten. Berg- u. Hüttenm. Jahrb., 61, pp. 82, Wien. KRAUSS M., 1913 - La regione mineraria piombo-zincifera della miniera statale di Raibl in Carinzia. LAGNY P., 1965 - La position stratigraphique des minéralisations à fluorine, blende, galène dans le Ladinien du haut Val d’Aupa (Alpes Carniques Orientales, Italie). C.R.S.S. Soc. Geol. France, 3: 79-80, Paris. LARICE G.B., 1861 - Una miniera della Carnia. Bull. Ass. Agr. Friul., 6(30): 244-245, Udine. LAZZARINI A., 1905 - Le grotte di Timau. In Alto, 14: 31-33 e 40-42, 15: 8-9, Udine. 137 LEITMEIER H., 1953 - Orogenese und Vererzung im Rahmen der Ostalpen. Festschr L. Kober, pp. 228. LIPOLD M. (VON), 1862 - Über die Bleierz - und Zinkerzlagerstätten von Raibl in Kärnthen. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 12: 292-293, Wien. LIPOLD M. (VON), 1883 - Über die Blei- und Zinkerze Kärnthens. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 13: 25-26, Wien. LIPOLD M. (VON) & STUR D., 1865 - Das Kohlengebiet in den nordöstlichen Alpen. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 15, Wien. LUDWIG E., 1871 - Zinkspat von Raibl. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 30: 55, Wien. LUDWIG E., 1872 - Analyse von Zinkspat von Raibl in Kärnthen. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 21: 55, Wien. MACKAY R.A., 1926 - The influence of superimposed strata on the deposition of certain lead-zinc ores. Transaction of the institution on mining and metallurgy. Thirty Fifth session 1925-1926, 35, London. MAGNANI M., 1946 - Su un presunto giacimento di minerali di stagno nelle Alpi Carniche. Rend. Soc. Min. It., 3: 139-149, Pavia. MAINO C. A., 1951 - Illustrazione delle coltivazioni minerarie di Raibl. Rend. Soc. Min. It., 7: 27-32, Pavia. MANCINI A., 1951 - La laverie di Raibl. Rend. Soc. Min. It., 7: 33-39, Pavia. MARINELLI G., 1906 - Descrizioni locali ed itinerari. In: Guida della Carnia, S.A.F., pp. 312-317, Udine. MARINELLI O., 1876 - Costituzione geologica. Annuario Statist. Prov. Udine, 1: 106-107, Udine. MARINELLI O., 1892 - Raibl e le sue miniere. In Alto, 4: 63-64, Udine. MARINONI C., 1881 - Piano di un lavoro sull’industria mineraria nel Friuli. Atti Acc. Sc. Lett. e Arti, 5: 240-242, Udine. MARINONI C., 1881 - Sui minerali del Friuli e sulle industrie relative. Annuario Statist. Prov. Udine, 2 e 3: pp. 118, Udine. MERONI B. & TAFFELLI I., 1996 - Recupero dell’area industriale mineraria dismessa di “Raibl”, Cave del Predil (UD). Tesi di laurea ined., pp. 363, a. acc. 1995-96. MICHELUTTI M. (a cura di), 1994 - In Guart. Società Filologica Friulana, Udine. MITTEMPERGHER M., 1966 - Le mineralizzazioni ad uranio delle Alpi italiane. Symp. Int. Giac. Min. Alpi, 2: 319-333. MOCCHIUTTI A., 1991 - Segnalazione di mineralizzazioni gessose e noduli ferrosi all’interno della grotta Doviza (Monti La Bernadia, Friuli). Mondo sotterraneo, n. s., 15(1-2): 11-17, Udine. MOCCHIUTTI A., 1992 - Cristallizzazione di calcite in grotta delle valli del Natisone. Mondo sotterraneo, n. s., 16(1-2): 3-10, Udine. MORGANTE S., 1932 - Sulla Goslarite della miniera di Raibl (Cave del Predil). Atti Acc. VenetoTrentino-Istriana, 22: 49-52, Padova. MORLOT A. (VON), 1849-50 - Raibl. Ber. Freunde Naturwiss., 6: 127; 7: 127, 113; 12: 13, Wien. MORLOT A. (VON), 1850 - Über die geologischen Verhältnisse von Oberkrain. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 1: 389-411, Wien. MORLOT A. (VON), 1850 - Über die geologischen Verhältnisse von Raibl. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 1: 255-267, Wien. MOSETTI F., 1961 - Ricerche geofisiche per taluni problemi geominerari in zone di topografia accidentata. Oss. Geof. Sper., n. s., pub. 130b, pp. 14, Trieste. NEMINAR E.F., 1875 - Über die Entstehungsweise der Zellenkalke und verwandter Gebilde. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 25: 251-282, Wien. NIEDERRIST, 1852 - Geognostisch bergmännische Beschreibung des Blei- und Galmeibergbaues zu Raibl. N. Jahrb. f. Min., Stuttgart. OMENETTO P. & BRIGO L., 1976 - Metallogenesi nel quadro dell’orogene ercinico delle Alpi (con particolare riguardo al versante italiano). Mem. Soc. Geol. It., 13: 1-24, Roma. OMENETTO P. & ZUFFARDI P., 1984 - Recenti progressi nelle ricerche sui processi metallogenetici in Italia. In: Cento anni di geologia italiana. Vol. I centenario, S.G.I.: 377-391, Bologna. 138 OMENETTO P., 1970 - Revisione dei metodi di studio dei giacimenti stratiformi a Pb-Zn (con esempi delle Alpi orientali e del Marocco). Boll. Ass. Min. Subalpina, 7(1-2), Torino. OREGLIA E., 1915 - Notizie sull’industria mineraria nella Venezia sotto il Dominio della Repubblica. Riv. Serv. Miner., 1913: 82, Roma. PAGANIN G. & PELIZZARO A., 1974 - Prospezione mineralogica effettuata nella formazione arenacea permiana alpina per galena, uranio, blenda, barite, fluorite e cinabro. Boll. Serv. Geol. It., 95: 135-150, Roma. PALLADII DE OLIVIS H., 1654 - Rerum Forojuliensium. 1: 16, Udine. PARK C.F. & MAC DIARMID R.A., 1982 - Giacimenti minerari. Liguori, Napoli. PARONUZZI P., 1991 - La miniera di Raibl. Guida del Friuli VII. Val Canale, S.A.F.: 102-115, Udine. PASCHINI P., 1960 - Notizie storiche della Carnia da Venzone a Monte Croce e Camporosso Aquileia, II ed., Udine-Tolmezzo. PELLATI N., 1868 - Miniera d’Avanza, Statistica del Regno d’Italia. L’Industria Mineraria, pp. 146, Firenze. PELLIS V., 1926 - Le polemiche su Cave del Predil. Patria del Friuli del 21/9/26. PELTERS & POTIOREK, 1863 - Über die Blei- und Zinkerzlagerstätten Kärntens. Österr. Zeit. f. Berg- u. Hüttenwesen.: 173, 187, 204, 373, 382, Wien. PERNA G., 1973 - Giacimenti della regione alpina. Il Frantoio, 8: 15-19. PERRIER C., 1915 - Idrozincite di Raibl. Contributo allo studio dell’idrozincite. Atti Soc. It. Sc. Nat., 54: 194-196, Milano. PETERS K., 1856 - Einige Bemerkungen über Blei- und Zinkerzführende Lagerstätten in Kärnthen. Berg- u. Hüttenm. Zeit.: 125. Freiburg (anche su Österr. Zeit. f. Berg- u. Hüttenwesen: 187, Wien). PETRASCHEK W., 1922 - Kohlengeologie der österreichischen Teilstaaten. I. Die kohlenführenden Formationen. Berg- u. Hüttenm. Jahrb., 69-70: 1-40, Wien. PETRASCHEK W., 1926 - Die Steinkohlen der Alpen (deutsch-österreichisches und italienisches Gebiet). Zeit. oberschles. Berg- u. Hüttenm. Ver. zu Katowice, 65: 516-520 e 593-605, Katowice. PETRASCHEK W., 1927 - Die Kohlenlager der dinarischen Gebirge Altöesterreichs (Jugoslawien und Italien). Zeit. Oesterr. Berg- u. Hüttenw.: 9-217, Katowice. PETRASCHEK W., 1928 - Übersicht der Karbonablagerungen im Bereiche der ehemaligen ÖsterreichUngarn. C. R. Congr. de Stratigraphie Carbonifère: 513-515, Liège. PIEMONTE G.D., 1982 - Pontebba e la sua storia. Arti Grafiche Friulane, Udine. PIRONA G.A., 1855 - Miniera di Mercurio a Poloneto presso Cividale del Friuli. Il Collettore d. Adige 5 (42): 130-131, Verona. PLAZER M. (VON), 1927 - Das Canal- und Fellathal in Kärnten. Traduzione in it. di G. Lorenzoni in Annuario per l’anno scolastico 1926-27. Tip. G. Vatri. POSEPNY F., 1893 - Über die Entstehung der Blei- und Zinkerzlagerstätten und aufloslinchen Gesteinen. Zeit. für praktische Geologie: 399-401, Berlin. POSEPNY F., 1893 - Zur Geologie der Erzlagerstätten in auflöslinchen Gesteinen. Zeit. f. Prakt. Geol.: 399-401. Berlin. POSEPNY F., 1870 - Über alpine Erzlagerstätten. Verhandl. k. k. Geol. Reichsanst.: 124-126, Wien. POSEPNY F., 1870 - Zur Genesis der Galmeierzlagerstätten. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 20: 247249, Wien. POSEPNY F., 1871 - Über Höhlen und Hohlraumbildungen. Verhandl. k. k. Geol. Reichsanst.: 58-62 e 94, Wien. POSEPNY F., 1873 - Die Blei- und Galmeierzlagerstätten von Raibl. Jahrb. k. k. Geol. Reichsanst., 23: 371-424, Wien. POSEPNY F., 1873 - Über die sogenannten Röhrenerze von Raibl. Verhandl. k. k. Geol. Reichsanst.: 84-87, Wien. POSEPNY F., 1874 - Zur Geologie der Erzlagerstätten von Raibl. Verhandl. k. k. Geol. Reichsanst.: 171-172, Wien. 139 POSEPNY F., 1902 - The genesis of the ore-deposits. Inst. Office Secret.: 102, 134, New York. RADCLIFFE A. F., 1936 - The Raibl mine. Cave del Predil. The Mining Magazine, 54: 73-83, London. RAGUIN E., 1940 - Gèologies des gîtes minéraux. Masson, Paris. RAGUIN E., 1961 - Géologie des gites minéraux. Masson, pp. 598, Paris. RIDGE J. D., 1990 - Annotated Bibliographies of Mineral Deposits in Europe. Pergamon Press: 409-417. RIMOLI G., 1979 - Cavità relitto a concentrazioni metallifere presso Pontebba (UD). Atti IV Cong. Speleol. Fruli-Venezia Giulia: 35-40, Pordenone. RIMOLI G., 1981 - Un paleokarst a concentrazioni polimetalliche nelle Alpi Orientali Italiane. Italo Svevo: 15-31, Trieste. RIMOLI G., 1982 - La concentrazione trasgressiva. L’industria Mineraria, 6: 15-31. ROMAGNOLI P.L., 1966 - Contributo alla conoscienza del giacimento di Raibl. Atti Symp. Inter. sui Giacimenti Miner. delle Alpi, 1, Trento. ROUTHIER P., 1963 - Les gisements métallifères. Masson, 2: 939, Paris. SANDBERGER F., 1880 - Untersuchungen über Erzgänge. Berg- u. Hüttenm. Zeit, Leipzing. SANDBERGER F., 1882 - Untersuchungen der Erzgänge. 1: 4, Wiesbaden. SANGSTER D.F., 1983 - Mississippi Valley-type deposits. Intern. Conf. Mississippi Calley Type LeadZinc Deposits, University of Missouri: 7-19. SASSANO G.P. & CARCANO C., 1988 - Geologia economica e giacimenti minerari: 381-383. SCHMIDT A. (von), 1870 - Geognostischbergmännische Skizze von Raibl. Berggeist, 48 e 51. SCHNEIDER H.J., 1964 - Facies differentiation and controlling factors for the depositional lead-zinc concentration in the Ladinian geosyncline of the eaestern alps. In: G. C. AMSTUTZ - Sedimentology and ore genesis. SCHNEIDERHÖHN H., 1941 - Lehrbuch der Erzlagerstättenkunde. I. Die Lagerstätten der magmatischen Abfolge. Fischer Verlag, pp. 858, Jena. SCHNEIDERHÖHN H., 1951 - La laverie di Raibl. Rend. Soc. Min. It., 7: 109-114, Pavia. SCHNEIDERHÖHN H. & RAMDOHR P., 1934 - Lehrbuch der Erzmikroskopie. Verlag v. Gebr. Borntraeger, Berlino. S CHROLL E., 1954 - Bemerkungen zur “Alpine Metallogenese” der kalkalpinen Blei und Zinklagerstätten. Tschermaks Min. Petrogr. Mitt., 5, Wien. SCHULZ O., 1959 - Studien an Zinkblenden im Bereich der erzführenden Raibler Schichten der Grube Max, Kreuth (Kärnten). Berg- u. Hüttenm. Monatshefte: 187-193, Wien. SCHULZ O., 1964 - Mechanische Erzanlagerungsgefüge in den Pb-Zn-Lagerstätten Mezica = Mies (Jugoslawien) und Cave del Predil = Raibl (Italian). Sonderabdruck aus Jahrgang, 109 (12): 385-389. SCHWEINITZ, 1910 - Blei- und Zinkbergbau in Raibl. Ungar. Ind.-Handelsz., Budapest. SCHWEINITZ, 1910 - Blei- und Zinkbergbau in Raibl. Glückhauf, pp. 687, Essen. SEELAND F., 1878 - Der Bergbau auf Rotheisenstein und Braunstein auf dem Kok, nordwestlich von Uggowitz. Verhandl. k. k. Geol. Reichsanst.: 36-37, Wien. SENONER A., 1863 - Enumerazione sistematica dei minerali delle provincie venete. Schizzo geologico delle provincie venete. Atti Ist. Ven. di Sc., Lett. ed Arti, s. 3, 8, pp. 94, Venezia. SETZ W., 1902 - Der erzführende Kalk im Kaltwassergraben und in der Seisera westlich von Raibl. Montan Zeit.: 255, Graz. SINTICH G., 1956 - Das Raibler Bergwerk in Cave del Predil, Italien. Montan-Rundschau, Sonderheft Ostalpine Bergbau- u. Hüttembetriebe, Wien. SINTICH G., 1956 - Das Raibler Bergwerk in Cave del Predil, Italien. Montan-Verlag, Wien. SPALLETTA C., VAI G.B. & VENTURINI C., 1981 - Controllo ambientale e stratigrafico delle mineralizzazioni in calcari devono-dinantiani delle Alpi Carniche. Mem. Soc. Geol. It., 22: 101-110, Roma. SQUARZINA F., 1963 - Notizie sull’industria mineraria nel Veneto e nel Friuli-Venezia Giulia. L’Industria Mineraria. STELLA A., 1921 - I giacimenti ferriferi delle Alpi Venete. In: Le miniere di ferro dell’Italia. Lattes: 171-178, Torino. 140 STUR D., 1868 - Beiträge zur Kenntniss der geologischen Verhältnisse der Umgebung von Raibl und Kaltwasser. Jahrb. Geol. Reichsanst., 18: 71-122, Wien. STUR D., 1868 - Beiträge zur Kenntniss der geologischen Verhältnisse der Umgebung von Raibl und Kaltwasser. Verhandl. k. k. Geol. Reichsanst.: 57-58, Wien. SUESS E., 1868 - Geologische Verhältnisse von Raibl. Verhandl. k. k. Geol. Reichsanst.: 169, Wien. TARAMELLI T., 1868 - Osservazioni stratigrafiche sulle valli dell’Aupa e del Fella. Ann. scient. del r. Istituto tecnico, 2: 45, Udine. TARAMELLI T., 1869 - Osservazioni stratigrafiche sulle valli del Degano e della Vinadia in Carnia. Ann. scient. del r. Istituto tecnico, 3, Udine. TARAMELLI T., 1870 - Osservazioni stratigrafiche sulle valli del But e del Chiarsò in Carnia. Ann. scient. del r. Istituto tecnico, 4, Udine. TARAMELLI T., 1876 - Costituzione geologica della provincia di Udine. Annali scient. della prov. di Udine, 1: 102, Udine. TARAMELLI T., 1877 - Catalogo ragionato delle rocce del Friuli. Atti Acc. Lincei, s. 5, 1, Roma. TARAMELLI T., 1881 - Spiegazione della Carta Geologica del Friuli. TARICCO M., 1926 - Il congresso della società geologica italiana in Friuli. La miniera italiana: 294-301. TAUPIZ K. CH., 1954 - Erze sedimentärer Entstehung auf alpinen Lagerstätten des Typus “Bleiberg”. Zeit. f. Erzberg u. Metallhüttenw., ag. 1954. TOLLER M., 1973 - Vicende storiche delle miniere in Friuli. La Panarie, 22: 14-21. TORNQUIST A., 1928 - Die geologischen Probleme der Blei- Zinkvererzung der Ostalpen. Verhandl. Geol. Bundesanst.: 234-240. Wien. TORNQUIST A., 1929 - Die Vererzungsperioden in den Ostalpen. Metall u. Erz., 26: 241-244, Halle. TORNQUIST A., 1931 - Die Vererzung der Zink- Bleierzlangerstätten von Raibl (Cave del Predil). Jahrb. Geol. Bundesanst., 81. TORNQUIST A., 1932 - Die Blei- Zinkvererzung der Ostalpen. Metall. u. Erz, 29: 532, Halle. TORNQUIST A., 1932 - Eine Erzlagerstätte vom typus Raibl-Bleiberg in den Dolomiten. Akad. Wiss., Math.-naturwiss. kl., Wien. TORNQUIST A., 1932 - Neue Untersuchngen ostalpiner Erzlagerstätten. Metall. u. Erz., 29: 431-434, Halle. TORNQUIST A., 1930 - Perimagmatische Typen ostalpiner eìErzlagerstätten. Sitzungsber. Akad. Wiss., Math.-naturwiss. kl., Abt. I, 131: 291-308, Wien. TREU P., 1974 - La miniera di Raibl. Il Tarvisiano: 175-202. TREU P., 1958 - Il villaggio minerario di Cave del Predil (Udine). Rass. Tec. Reg. Fr.-V. G., 5-6. TREU P., 1961 - La più antica miniera del Friuli. Iulia Gens, 8: 13-17, Udine. USONI L., 1926 - Miniera di Raibl. Coniunctis Dextris, LX anniversario della società operaia generale di mutuo soccorso ed istruzione. Pp. 2, Udine. USONI L., 1926 - Ancora sulla poleminca di “Cave del Predil”. La Patria del Friuli, 25.09.1926. USONI L., 1970 - Relazione sull’attività svolta nel primo anno di campagna in attuazione della convenzione tra Consiglio Nazionale delle Ricerche e Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia per ricerche interessati le risorse minerarie nel territorio della regione. C.N.R., pp. 95, Roma. VALE G. 1943 - Itinerario di Paolo Santonino in Carintia, Stiria e Carniola negli anni 1485-1487 (Codice Vaticano Latino 3795). Città del Vaticano. VALVASON DI MANIAGO J., 1866 - Descrizione della Cargna. Tip. Jacob e Colmegna, pp. 28. VALVASON DI MANIAGO J., s.d. - Descrizione del Friuli. Manoscritto della Biblioteca di S. Daniele, collezione manoscritti Fontanini, pp. 18. VENERANDI I., 1966 - Sulla presenza di jordanite nel giacimento di Raibl. Atti Symp. Inter. sui Giacimenti Miner. delle Alpi, 1, Trento. VENERANDI PIRRI I., 1978 - Le paragenesi a Zn, Cu, Pb, Sb, Hg, Ni, As, fluorite, barite nel Devonico della catena Carnica. Rend. Soc. It. Min. Petr., 33 (2): 821-844, Milano. VENTURINI C., 1990 - Geologia delle Alpi Carniche centro orientali. Pub. Museo Friul. St. Nat., 36, pp. 222, Udine. 141 VIDUS L. & ZUCCHINI R., 1997- Testimonianze di vita nelle miniere del M.te Cocco durante la seconda guerra mondiale. Natura nascosta, 14: 5-12, Monfalcone. V IOLO M., 1974 - La zonalità nei giacimenti metalliferi; una conseguenza delle variazioni paleogeografiche durante la sedimentazione e la diagenesi. Rend. Soc. It. Min. Petr., 30(2): 11091132, Milano. VOLZ E., 1979 - Der geologische Rahmen der Fluorit-Lagerstätte Rio dell’Andri, Val d’Aupa/Prov. Udine, N-Italien. Dipl.-Kartierung, Freie Universität Berlin, pp. 36, Berlin. WAAGEN L., 1935 - Die bishergen Ergebnisse und künftigen Aussichten von Erdölbohrungen in Oberitalien. Verhandl. Geol. Bundesanst.: 183-185, Wien. WAAGEN L., 1936 - Die Erdölgebiete Oberitaliens. Bohrtechniker-Zeitung, 54 (1): 1-11, Wien. WALTL V., 1891 - Das Vorkommen von Hydrozinkit in Raibl. Österr. Zeit. für Berg-u Hüttenwesen: 81-82, Wien. WIESSNER H., 1951-53 - Geschichte des Kärntner Bergbaues. Kleinmayr, I, II e III, Klagenfurt. WINKLER-HERMADEN A., 1937 - Der Bau der Ostalpen und ihre Bodenschätze. Ber. Freiberger Geol. Ges., 16, Freiburg. ZELLER M., 1970 - Tektonik, Gebirgsschläge und Vererzung im Blei- Zinkbergbau Raibl (Cave del Predil), Italien. In. dis. FU, pp. 114, Berlin. ZUFFARDI P., 1981 - Ambienti minerrogenici e trappole metallogeniche dei domini sedimentari. Mem. Soc. Geol. It., 22 (1981): 23-33, Roma. ZUFFARDI P., 1982 - Giacimentologia e prospezione mineraria. Pitagora, Bologna. RELAZIONI, DATTILOSCRITTI, ECC. -., 1873 - Relazione dei giurati italiani sulla esposizione Universale di Vienna del 1873. Industrie minerarie, 8: 29-30, Milano. AA. VV., 1920 - Rivista del Servizio Minerario-Relazioni del Distretto di Vicenza. Dal 1879 al 1918. Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, Roma. AA. VV., 1936 - Relazione sul Servizio Minerario e Statistico delle Industrie Estrattive in Italia. Distretto Minerario di Trieste: 1934-1949. Roma, Ministero delle Corporazioni (poi dell’Industria e del Commercio). AA. VV., 1936 - Relazioni del Distretto Minerario di Trieste. Dal 1926 al 1933. Ministero dell’Economia Nazionale (poi delle Corporazioni), Roma. AA. VV., 1955 - Relazioni sul Servizio Minerario e Statistico delle Industrie Estrattive in Italia. Distretto Minerario di Trieste. Dal 1934 al 1949. Ministero delle Corporazioni (poi dell’Industria e del Commercio), Roma. AA. VV., 1982 - I giacimenti Pb-Zn del Permo Triass nelle Alpi Meridionali e nelle Apuane. SamimPertusola, Contratto C.R.E.S.T. 092.79.7, MPPI, Relazione finale. ASSERETO R. & BRIGO L., 1973 - La ricerca geomineraria nella zona di Raibl tra la valle di rio del Lago e la Valbruna. Manoscritto, pp. 14. BOVICINI S., 1922 - Relazione sullo stato attuale e sulla convenienza di ricoltivazione della miniera di rame e argento del Monte Avanza - Carnia - Udine. Dattiloscritto. BRIGO L. & OMENETTO P., 1988 - Studi integrativi sul giacimento di Raibl - Rapporto di sintesi. Dattiloscritto. BROGLIO LORIGA C., DOGLIONI C. & NERI C., s.d. - Studi stratigrafici e strutturali nell’area mineraria di Raibl. Dattiloscritto. DE PANGHER-MANZINI R., 1951 - I solfuri misti in ganga baritica di Comeglians. Dattiloscritto. DI COLBERTALDO D., 1958 - Esame statistico in luce polarizzata riflessa di una nuova serie di concentrati della laveria di Raibl e considerazioni. Pubblicazione interna della Raibl Società Mineraria del Predil. Dattiloscritto. FERUGLIO G.B. - Sulle mineralizzazione in Friuli. Dattiloscritto. GORTANI M. & BONVICINI S., 1944 - Rapporto sulla visita effettuata i giorni 21-22-23 marzo 1944 alla miniera di rame e solfuri vari M.te Avanza in località Pierabec, comune di Forni Avoltri - Udine. Dattiloscritto. 142 GORTANI M., sd. - Relazione della Commissione nominata dal Consiglio Provinciale Friulano dell’Economia. Dattiloscritto. MINISTERO D’AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, 1881 - Notizie statistiche sulla industria mineraria in Italia dal 1860 al 1880. Pp. 413, Roma. MINISTERO DELLE CORPORAZIONI, 1936 - Carta mineraria d’Italia. Distretto minerario di Trieste. Roma. MOSETTI F., 1954 - Risultati della prospezione geoelettrica eseguita nelle miniere di Saps (Val d’Aupa) per le ricerche di fluorite. Osservatorio Geofisico Sperimentale. Dattiloscritto, Trieste. MOSETTI F., s.d. - Possibilità di sfruttamento delle risorse naturali nella regione Friuli- Venezia Giulia. Osservatorio Geofisico, Trieste. PONSI G. & MASI F., 1873 - Catalogo ragionato dei prodotti minerari italiani ad uso edilizio e decorativo spediti dal Ministero di Agricoltura Industria e Commericio all’Esposizione internazionale di Vienna. Roma. PONZI G. & MASI F., 1873 - Catalogo sommario dei prodotti minerari italiani. Roma. RELAZIONI SUL SERVIZIO MINERARIO, 1927 - Relazioni del distretto minerario di Trieste. Dal 1926 al 1933. Ministero dell’Economia Nazionale (poi delle Corporazioni), 1927-1936, Roma. RIVISTA DEL SERVIZIO MINERARIO, 1879 - Relazioni del Distretto di Vicenza. Dal 1879 al 1918, Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, 1882-1920, Roma. RIVISTA DEL SERVIZIO MINERARIO, 1919 - Relazioni del Distretto di Trieste. Dal 1919 al 1925, Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, Roma, 1921; anche in Ministero dell’Economia Nazionale, 1922-1926. TARAMMELLI T., 1870 - Cenni geologici e dati riguardanti le carte presentate alla esposizione internazionale marittima di Napoli circa i giacimenti minerari della provincia di Udine. Manoscritto inedito. USONI L., 1967 - Il problema della ricerca mineraria nella regione Friuli-Venezia Giulia. Consiglio Nazionale delle Ricerche Centro di studi per la preparazione dei minerali, conferenza tenuta in Udine il 28 novembre 1967 presso l’Associazione degli Industriali. Bibliografia relativa alla stesura del catalogo —, 1556 - Schwazer Bergbuch. Codex Vindobonensis 10.852. Copia anastatica a cura del Verlag glükauf - Essen e Akademische Druck- und Verlagsanstalt, 1988, Graz —, s.d. - Determinative Table. E. Schweizerbart’sche Verlagsbuchhandlung, Stuttgart. AA.VV., 1967 - Genesis of stratiform lead-zinc-barite-fluorite deposits. Monograph 3, Brown J.S., Lancaster. AA. VV., 1972 - Itinerari mineralogici della Lombardia. Mus. Civ. Sc. Nat., Soc. It. Sc. Nat., Milano. AA. VV., 1978 - I minerali d’Italia. Rizzoli Editore, Milano. AA. VV., 1981 - Atlante stradale d’Italia - Nord. Touring Club Italiano, Milano. AA. VV., 1983 - Enciclopedia delle Scienze De Agostini. Geologia-rocce-minerali. Volumi I-II. Istituto Geografico De Agostini, Novara. AA. VV., 1983 - I nostri minerali. SAGEP, Genova. AA. VV., 1997 - Ori delle Alpi. Quaderni della Sezione Archeologica Castello del Buonconsiglio, Provincia Autonoma di Trento, Servizio Beni Culturali, Trento. AMSTUTZ G. C. & BERNARD A. J., 1973 - Ore in sediments. VIII International Sedimentological Congress Heidelberg, 1971. Springer-Verlag, Berlin Heidelberg New York. AMSTUTZ G. (ed.), 1964 - Sedimentology and ore genesis. 2, Elsevier publishing co., New York. ANTOFILLI M., BORGO E. & PALENZONA A., 1983 - I nostri minerali: geologia e mineralogia in Liguria. Sagep Editrice, Genova. ANTOLINI P., 1977 - Guida-catalogo dei minerali e rocce. Pub. Soc. Mus. Civ. Rovereto, LXXVIII, Rovereto. ARTINI E., 1975 - I minerali. Editore Ulrico Hoepli, Milano. BARIAND P., CESBORN F. & GEFFROY J., 1977-1985 - Les Mineraux: leurs gisements, leurs associations. 3 volumi. Bureau de Recherches Géologiques et Minieres, Orléans. BATEMAN A.M., 1950 - Economic mineral deposits. John Wiley & Sons, New York. 143 BERCE B., 1962 - The problem on structure and origin of the Hg ore-deposit Idrija. Rend. S. M. I., 18: 7, Milano. BERRY L.G., MASON B. & DIETRICH R.V., 1983 - Mineralogy. 2° ed. W.H. Freeman and Company, San Francisco. BERTOLIO S., 1908 - Cave e miniere. Editore Ulrico Hoepli, Milano. BIANCHI POTENZA B. & DE MICHELE V., 1992 - Criteri di ortografia mineralogica italiana. Natura, 83: 3-39. BORGO E. & PALENZONA A., 1988 - I nostri minerali: geologia e mineralogia in Liguria, aggiornamento 1988. Sagep editrice, Genova. BOSCARDIN M., DE MICHELE V. & SCAINI G., 1972 - Itinerari mineralogici della Lombardia. Mus. Civ. St. Nat., Soc. It. Sc. Nat., Milano. CASON E., 1987 - Alla ricerca di resti delle miniere in Val di Zoldo. Dai monti alla laguna, Venezia. CAVENAGO-BIGNAMI MONETA S., 1980 - Gemmologia. 3 volumi. Editore Ulrico Hoepli, Milano. CAVINATO A., 1964 - Giacimenti minerari. U.T.E.T., Torino. CROUCHER R. & WOOLLEY A.R., 1982 - Fossils, minerals and rocks. Collection and preservation. British Museum (Natural History), Cambridge University Press, London. CUCAGNA A., 1961 - Le industrie minerarie, metallurgiche e meccaniche del Cadore, Zoldano e Agordino durante i secoli passati. Saggio di geografia storica. Istituto di Geografia, Trieste. DANA J.D. & DANA E.S., 1962 - The system of mineralogy: volume III, Silica minerals. John Wiley & sons, New York. DE ANGELIS G. & MARAS A., 1982 - La classificazione delle specie mineralogiche. Quaderno del Museo di Mineralogia, 3, Roma. DEER W.A., HOWIE R.A. & ZUSSMAN J., 1978 - Rock-Forming Minerals, volume 2A: Single-Chain Silicates. 2, ed. Longman, London. DEER W.A., HOWIE R.A. & ZUSSMAN J., 1982 - Rock-Forming Minerals, volume 1A: Orthosilicates. 2, ed. Longman, London and New York. DEER W.A., HOWIE R.A. & ZUSSMAN J., 1986 - Rock-Forming Minerals, volume IB: Disilicates and Ring Silicates. 2° ed. John Wiley & Sons, New York. DEL CALDO A., MORO C., GRAMACCIOLI C.M. & BOSCARDIN M., 1983 - Guida ai minerali: come collezionarli, come riconoscerli, dove cercarli. Gruppo Editoriale Fabbri, Milano. DI COLBERTALDO D., 1952 - I giacimenti piombo-zinciferi di Grigna e Pian da Barco nelle Alpi Orientali. Mem XIX Ses. Congr. Int. Geol., Algeri. DI COLBERTALDO D., 1967-1970 - Giacimenti minerari. 2 voll., Padova. DI COLBERTALDO D. & SLAVIK S., 1961 - Il giacimento cinabrifero di Idria in Jugoslavia. Rend. S.M.I., 17, 301, Milano. DI COLBERTALDO D. & FRANCESCHETTI G., 1960 - Il giacimento piombo-zinciferi di Salafossa nelle Alpi Orientali italiane. Int Geol. Congr., XXI Ses., Copenhagen. FOLIE K. (a cura di), 1984 - I minerali del Trentino e dell’Alto Adige. Editore Tappeiner, Merano. FORNACIARI G., 1973 - Il Museo di Storia Naturale in Udine. Pubbl. Mus. Fr. St. Nat., 23, Udine. F RYE K., 1981 - The Encyclopedia of mineralogy. Hutchinson Ross Pub. Co., Stroudsburg, Pennsylvania. GNATI S. & VIANELLI A., 1985 - Guida alla conoscenza delle septarie. Calderini, Bologna. GORDDECK A. (VON), 1884 - Traité del gites métallifères. Dunod, Parigi. GRAMACCIOLI C.M., 1975 - Minerali alpini e prealpini. Voumi I-II. Ist. Ital. Ed. Atlas, Bergamo. GRAMACCIOLI C.M., 1985 - Conoscere i minerali: I radioattivi. Istituto Geografico De Agostini, Novara. GRAMACCIOLI C.M., 1985 - Conoscere i minerali: I solfosali. Istituto Geografico De Agostini, Novara. GRAMACCIOLI C.M., 1985 - Conoscere i minerali: I fosfati. Istituto Geografico De Agostini, Novara. GRILL E., 1963 - Minerali industriali e minerali delle rocce. Editore Ulrico Hoepli, Milano KERRP F., 1977 - Optical mineralogy. 4th edition. McGraw-Hill Book Company, New York. KLEIN C. & HURLBUT C.S. JR., 1985 - Manual of mineralogy. 20° ed., John Wiley & sons, New York. KLOCKMANN F., 1978 - Lehrbuch der Mineralogie. 16° ed. überarb. u. erw. von Paul Ramdohr u. Hugo Strunz. Ferdinand Enke Verlag, Stuttgart. 144 KOURIMSKY J. & TVRZ F., 1988 - Enciclopedia illustrata dei minerali. Fratelli Melita Ed., La Spezia. KOURIMSKY J. 1984 - Encyclopédie des minéraux. Gründ, Paris. KROPAC J., 1912 - Über die Lagerstättenverhältnisse des Bergbaugebietes Idria. Manzsche k.u.k. HofVerlgs-und Universitats-Buchehandiung, Wien. LINDGREN W., 1933 - Mineral deposits. McGraw-Hill Book Company, New York. MANZONI M., 1974 - Dizionario di geologia. Zanichelli, Bologna. MCKINSTRY H. E., 1948 - Mining Geology. Prentice-Hall inc., New York. MORANDINI C., 1984 - Il Museo Friulano di Storia Naturale. Museol. Scient., 1: 119-127. MOREAU G., 1894 - Gites métallifères. Ch. Bèranger, Parigi. MUSEO CIVICO DI SCIENZE NATURALI DI BRESCIA (a cura di), 1989 - Minerali della collezione Mario Lussignoli. Brescia. MUSILLI A., 1984 - Nuovo dizionario dei Comuni e frazioni di Comune con le circoscrizioni amministrative. 29a edizione. Soc. ed. Dizionario Voghera dei Comuni, Roma. PARK C.F., & MACDIARMID R.A., 1982 - Giacimenti minerali. Liguori, Napoli. PHILIPSBORN (VON) H., 1967 - Tafeln zum Bestimmen der Mineralien nach äusseren Kennzeichen. E. Schweizerbart’sche Verlagsbuchhandlung, Stuttgart. RAGUIN E., 1961 - Géologie des gites minéraux. Masson e C., Parigi. ROBERTS W.L., CAMPBELL T.J. & RAAP G.R. JR., 1990 - Encyclopedia of minerals. 2nd edition. Van Nostrand Reinhold Company, New York. ROUTHIER P., 1963 - Les gisementes mètallifères. 2 volumi. Masson e C., Parigi. SAGGERSON E.P., 1975 - Identification Tables for Minerals in Thin Sections. Longman, London & New York. SASSANO G.P. & CARCANO C., 1988 - Geologia economica e giacimenti minerari. Chiandetti L., Udine. SCHNEIDERHÖHN H., 1941 - Lehrbuch der Erzlagerstättenkunde. Verlag Von Gustav Fischer, Jena. SPRY P.G. & GEDLINSKE B.L., 1987 - Tables for the Determination of Common Opaque Minerals. The Economic Geology Publishing Co., New Haven. STOPPANI F.S. & CURTI E., 1982 - I minerali del Lazio. Editoriale Olimpia, Firenze. STRUNZ H., 1982 - Mineralogische Tabellen. 8° ed., Akademische Verlagsgesellschaft Geest & Portig K.G., Leipzig. TELLINI A., 1897 - Il Gabinetto di Storia Naturale del R. Istituto Tecnico “A. Zanon” in Udine. Annali R. Istituto Tecnico di Udine, vol. 14, Udine. TRÖGER W.E., 1979 - Optical Determination of Rock-Forming Minerals. Part 1. TSCHERMAK G., 1883-1885 - Trattato di Mineralogia. 2 voll., Succ. Le Monnier, Firenze. VERGANI R., 1991 - Progressi e ritardi nelle tecniche venete: l’estrazione mineraria e la metallurgia dal XV al XVIII secolo. Atti Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, vol. 149, Venezia. WHITTEN D.G.A. & BROOKS J.R.V., 1978 - Dizionario di geologia. Arnoldo Mondadori, Milano. WINCHELL A.N., 1946 - Elements of optical mineralogy. John Wiley & sons, Inc., New York. ZUCCHINI R., 1994 - Catalogo della collezione mineralogica generale del Museo Friulano di Storia Naturale, parte generale. Pub. Museo Friul. St. Nat., 38, Udine. 145 146 Indice Presentazione ........................................................................................ p. 5 Le ricerche minerarie ................................................................................ p. 6 Tecniche di scavo e di lavorazione ........................................................... p. 9 Miniere e lavorazione dei metalli .............................................................. p. 15 Storia dell’attività mineraria ....................................................................... p. 20 Antiche leggi minerarie .............................................................................. p. 29 Documenti sulle miniere del Friuli .............................................................. p. 37 Lineamenti geologici .................................................................................. p. 47 I giacimenti e le mineralizzazioni della provincia ........................................... p. 56 I minerali ................................................................................................. p. 105 Glossario .................................................................................................. p. 110 La collezione mineralogica friulana ............................................................. p. 111 Bibliografie0 ............................................................................................... p. 132 147