Morte di un commesso viaggiatore

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Morte di un commesso viaggiatore
Recensioni teatrali | Teatro.Persinsala.it
Luciano
Ugge
aprile 30, 2015
A differenza dei sogni d’amore di Johnny Hates Jazz, qui è
l’American Dream con le inziali maiuscole a infrangersi per
sempre. Nel 1949, come oggi, il binomio
consumismo/capitalismo è messo alle corde: ieri da Arthur
Miller, in questi giorni dalla magnifica interpretazione di Elio De
Capitani.
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Arriva anche a Pistoia il capolavoro di Arthur Miller, Morte di un
Commesso Viaggiatore, nella versione targata Elfo Puccini (dove lo
spettacolo ha debuttato nel gennaio dell’anno scorso). Il ruolo di Willy
Loman e la regia sono di Elio De Capitani, che conferma non solamente il
suo indubbio talento attorale ma anche quella visione espressionista del
fare teatro, intessuta di volute forzature interpretative e un insieme di luci,
suoni e musiche che sottolineano ogni passaggio, dalle sfumature umorali
ai cambi di scena a vista, dalla discesa nell’incubo caotico di una mente
sconvolta (il sottotitolo, Inside his head) alla risalita verso un Eden
perduto, disseminato di dolci ricordi e possibilità non colte.
La ricerca dell’Elfo Puccini nella drammaturgia statunitense del Novecento
è seria e sicura ma quello che colpisce, nello spettacolo, è l’attualità del
testo di Miller: nulla sembra cambiato da quel 10 febbraio del 1949 (data
del debutto a Broadway). Il sogno americano è stato infranto più volte,
ormai, eppure risorge sempre dalle sue ceneri per ricreare, ogni volta,
nuove sciagure personali e collettive (perché se il Vietnam sembrava un
punto di non ritorno, la perdita dell’innocenza per un’intera generazione e
almeno per quella successiva, gli oltre vent’anni di continue guerre nel
bacino del Mediterraneo e in Medio Oriente ci insegnano che la coscienza
occidentale fa presto ad assopirsi e a dimenticare).
Qui, il sogno americano di diventare ricchi (perché la barzelletta è sempre
quella: se sei in gamba, negli States, di certo “ce la farai”), sentito fin nel
midollo da Willy Loman, commesso viaggiatore sul viale del tramonto, si
confronta con i limiti di quella ricchezza agognata – che non può essere
tale se non è anche supportata dal successo e dalla fama. Non basta,
infatti, aver finito di pagare le rate del mutuo? Possedere gli
elettrodomestici che ci rendono la vita “più facile”? Avere due figli sani con
tutta una vita davanti a sé? La risposta è no, perché – come nella canzone
di Jerry Hannan, Society: “I think I need to find a bigger place/Cause when
you have more than you think/You need more space” – questo genere di
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esistenza è in realtà un circolo vizioso: se si ha una casa, si vuole la villa o
la seconda al mare; o, per scendere negli abissi della nostra infima follia
quotidiana, se si ha un iPhone 5, bisogna comprare l’iPhone 6 – o non si è.
Sì, perché l’alternativa è proprio questa: l’essere o non essere di amletica
memoria si è ormai ridotto al possedere oggetti, che appena compriamo ci
hanno già stancato e che dobbiamo sostituire in fretta per essere “come
gli altri” – in questa nostra costruzione di un io personale che è il pallido
riflesso di quell’io mediatico da Grande Fratello che, lungi dal condizionarci
a una visione socialista del mondo, ci rinchiude ogni giorno di più nel lager
arido delle nostre piccole esistenze di consumatori frustrati.
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Ma i livelli, in Miller così come in tutte le produzioni del Teatro dell’Elfo (e
ci permettiamo di togliere Puccini perché vogliamo tornare a quella
matrice fassbinderiana che ha caratterizzato per oltre trent’anni l’attività
di uno dei teatri più validi e innovativi di Milano), sono sempre molti e, al
di sotto del sogno irrealizzato e irrealizzabile di grandezza, vi è la pietosa
critica umana, quella compassione per l’uomo Willy Loman, per il padre di
famiglia, che sceglie il suicidio, pensando di realizzare almeno i sogni di
coloro che ama: il successo per l’adorato Biff, il pagamento dell’ultima rata
del mutuo per l’affezionata moglie, Linda. Perché un uomo non vale per se
stesso, bensì in quanto valore di mercato e quello dell’ultrasessantenne
Willy Loman – come dei milioni di statunitensi ed europei che stanno
pagando con le proprie vite la crisi economica (che, ricordiamoci, è figlia
della speculazione e del liberismo selvaggio made in Us) – è pari a zero.
Business is business, gli affari sono affari, e in Italia possiamo anche
indorare la pillola parlando di mobilità, invece che di licenziamento secco,
ma il risultato è lo stesso. Inutile inventarsi sempre nuovi termini (una
delle attività preferite dai nostri politici rampanti), quando sei fuori sei
fuori – e a sessant’anni, ma anche a cinquanta, il mondo del lavoro ti
rifiuta. Perché la tua capacità di produrre quel margine economico – che
un capitalismo sempre più feroce pretende – si riduce troppo e tu non vali
abbastanza e, quindi, non conti più nulla.
Dall’altro lato, il filo di speranza, la possibilità di riscatto, Miller li indica nel
rifiuto di quel sogno, nell’accettazione di se stessi come esseri umani, e li
esprime nelle ultime battute di Biff (ottimamente interpretato da Angelo Di
Genio). Perché, se nel 1949 un uomo valeva un dollaro all’ora, oggi non
vale molto di più, come dimostrano le ultime vicende statunitensi, di quel
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Lo spettacolo continua:
Teatro Manzoni
corso Gramsci, 127 – Pistoia
mercoledì 29 e giovedì 30 aprile, ore 21.00
venerdì 1° maggio, ore 16.00
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Paese tanto agognato dove l’assistenza sanitaria è ancora un miraggio per
milioni di cittadini, così come una paga in grado di garantire loro la
sopravvivenza. E non a caso, negli States, Obama non solo non è riuscito a
fare una riforma seria del sistema sanitario – copiando, per una volta, noi
europei – ma nemmeno a imporre l’innalzamento del salario minimo per
tutti i lavoratori (mentre non ha avuto problemi a finanziare, guerre,
industrie degli armamenti e banche in crisi).
Gli elementi per uno spettacolo con le gambe lunghe ci sono tutti – testo,
regia, interpretazione, scene (di Carlo Sala, estremamente funzionali), luci,
costumi, musiche e suoni: ci auguriamo, quindi, che la tournée continui a
lungo.
Morte di un commesso viaggiatore
di Arthur Miller
traduzione Masolino d’Amico
regia Elio De Capitani
scene e costumi Carlo Sala
scene realizzate nel Laboratorio del Teatro dell’Elfo
luci di Michele Ceglia
suono di Giuseppe Marzoli
con Elio De Capitani [Willy Loman], Cristina Crippa [Linda Loman], Angelo
Di Genio [Biff Loman], Marco Bonadei [Happy Loman], Federico Vanni
[Charley], Andrea Germani [Bernard], Gabriele Calindri [Ben], Alice Redini
[La Donna/Letta], Vincenzo Zampa [Howard Wagner/Stanley], Vanessa
Korn [Miss Forsythe/Jenny] produzione Teatro dell’Elfo con il contributo di
Fondazione Cariplo
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